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SETE di PAROLASETE di PAROLAdal 31 maggio al 6 giugno dal 31 maggio al 6 giugno 20152015

nona settimana del Tempo Ordinarionona settimana del Tempo OrdinarioSantissima Trinità

Vangelo del giornoVangelo del giornoCommentoCommentoPreghieraPreghieraImpegnoImpegno

Domenica, 31 maggio 2015SANTISSIMA TRINITÀ

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Liturgia della ParolaDt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».…È MEDITATAGesù ci svela che Dio è Trinità. Ci dice che se noi vediamo "da fuori" che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l'uno verso l'altro da essere totalmente uniti.Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, il sommo egoista che basta a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, danza, compassione, dono, amore, tensione dell'uno verso l'altro. Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l'intima gioia, l'intimo tormento di Dio: la comunione. E la Scrittura oggi ci ricorda come, a partire da Israele, questa amicizia tra l'uomo e Dio sia cresciuta fino al dono dello Spirito stesso di Dio in noi. Che significa questa scoperta? Cosa cambia nella nostra quotidianità? Se Dio è comunione, e in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci

abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione. Se giochiamo la nostra vita da solitari non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto. Sartre diceva: l'inferno sono gli altri. Gesù ci ribadisce: Siate perfetti nell'unità. E se anche fare comunione è difficile, farla ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.-------------------------------------Il passo di Matteo ci aiuta a prendere coscienza della concezione cristiana di Dio: un Dio che è amore e dialogo, non solo perché ci ama e dialoga, ma perché in se stesso è un dialogo d'amore. Ma questo non rinnova soltanto la nostra concezione di Dio, bensì anche la verità di noi stessi. Se la Bibbia ripete che

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dobbiamo vivere nell'amore, nel dialogo e nella comunione, è perché sa che siamo tutti «immagine di Dio». Incontrare Dio, fare esperienza di Dio, parlare di Dio, dar gloria a Dio, tutto

questo significa - per un cristiano che sa che Dio è Padre, Figlio e Spirito - vivere in una costante dimensione di amore, di dialogo e di dono.

…È PREGATAO Trinità beata, fonte di eterno amore, che nel Verbo fatto carne hai redento l’uomo e liberato il mondo,  riempi la nostra vita con l’infinita ricchezza delle tue virtù e la gioiosa compagnia della tua Presenza.Concedi a noi la forza di imitare:- da te, o Padre, la bontà e l’accoglienza,la saggezza e il perdono;- da te, o Figlio, la tua consacrazione al Padre che è obbedienza e sacrificio, ascolto e abbandono;- da te, o Spirito Santo, l’amore fraterno e i discernimento,la missionarietà e l’audacia della profezia.

…MI IMPEGNA"Vedi la Trinità, se vedi la carità" (S. Agostino): Gesù è venuto a trapiantare sulla terra la civiltà, la cultura della Trinità che è l'amore scambievole. E' venuto a insegnarci "l'arte di amare" che è specifica della famiglia di Dio.Ogni rinuncia all'egoismo, ogni gesto d'amore vero contribuisce a rendere la nostra comunità familiare, ecclesiale e sociale sempre più immagine e trasparenza della Trinità.

Lunedì, 1 giugno 2015San Giustino – MartireFlavia Neapolis (attuale Nablus, Palestina), inizio II secolo - Roma, ca. 164La sua famiglia è di probabile origine latina e vive a Flavia Neapolis, in Samaria. Nato nel paganesimo, Giustino

studia a fondo i filosofi greci, e soprattutto Platone. Poi viene attratto dai Profeti di Israele, e per questa via arriva a farsi cristiano, ricevendo il battesimo verso l'anno 130, a Efeso. Ma questo non significa una rottura con il suo passato di studioso dell'ellenismo. Negli anni 131-132 lo troviamo a Roma, annunciatore del Vangelo agli

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studiosi pagani. Al tempo stesso, Giustino si batte contro i pregiudizi che l'ignoranza alimenta contro i cristiani. Famoso il suo «Dialogo con Trifone». Predicatore e studioso itinerante, Giustino soggiorna in varie città dell'Impero; ma è ancora a Roma che si conclude la sua vita. Qui alcuni cristiani sono stati messi a morte come "atei" (cioè nemici dello Stato e dei suoi culti). Scrive una seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, e si scaglia contro il filosofo Crescente. Ma questo sta con il potere, e Giustino finisce in carcere, anche lui come "ateo", per essere decapitato con altri sei compagni di fede, al tempo dell'imperatore Marco Aurelio. 

Liturgia della ParolaTb 1,1a.2; 2,1-9; Sal 111; Mc 12,1-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.  Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

…È MEDITATAGesù, di fronte al rifiuto dei capi del popolo di accogliere la sua autorità sulla loro vita e su quella d'Israele, narra la parabola dei vignaioli omicidi. Gli ascoltatori sanno benissimo cosa sia la vigna: il popolo d'Israele. Spesso i profeti

ne hanno parlato. E sanno anche chi è il padrone che l'ha piantata, custodita e coltivata: il Signore Iddio. Con un rapidissimo sguardo sulla storia del popolo d'Israele, Gesù si presenta come il figlio inviato per salvare la vigna. E la

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salva anche a costo di essere cacciato e ucciso. Con queste parole Gesù chiarisce agli ascoltatori da dove nasce la sua autorità: dall'amore di Dio per il suo popolo. E' l'amore senza limiti che Gesù vive per il popolo di Dio che fonda la sua autorità e quella della sua Parola. Non è il ruolo che sostiene l'autorità di Gesù, bensì il suo amore e il servizio sino alla morte. È questa la legge che presiede la vita della comunità cristiana. E Gesù ne è la manifestazione più alta. Egli ama i suoi, quelli che il Padre gli ha dato, più della sua stessa vita. Per questo ha autorità sulla vigna. Cercarono di catturarlo, ma ebbero paura, scrive Marco. E' per sottolineare che non sono loro a metterlo a morte; è Gesù stesso che si "consegna" perché la vigna non sia abbandonata, ma cresca e porti frutto. Come non accogliere un uomo che ama in una maniera così grande?----------------------------------Il Prefetto Rustico disse: «Sei dunque cristiano?». Giustino rispose: «Si, sono cristiano».Il prefetto disse a Giustino: «Ascolta, tu che sei ritenuto sapiente e credi di conoscere la vera dottrina; se dopo di

essere stato flagellato sarai decapitato, ritieni di salire al cielo?». Giustino rispose: «Spero di entrare in quella dimora se soffrirò questo. Io so infatti che per tutti coloro che avranno vissuto santamente, è riservato il favore divino sino alla fine del mondo intero». Il prefetto Rustico disse: «Tu dunque ti immagini di salire al cielo, per ricevere una degna ricompensa?». Rispose Giustino: «Non me l'immagino, ma lo so esattamente e ne sono sicurissimo». Il prefetto Rustico disse: «Se non ubbidirete ai miei ordini, sarete torturati senza misericordia».Giustino rispose: «Abbiamo fiducia di salvarci per nostro Signore Gesù Cristo se saremo sottoposti alla pena, perché questo ci darà salvezza e fiducia davanti al tribunale più temibile e universale del nostro Signore e Salvatore». Altrettanto dissero anche tutti gli altri martiri: «Fà quello che vuoi; noi siamo cristiani e non sacrifichiamo agli idoli». Il prefetto Rustico pronunziò la sentenza dicendo: «Coloro che non hanno voluto sacrificare agli dei e ubbidire all'ordine dell'imperatore, dopo essere stati flagellati siano condotti via per essere decapitati a norma di legge». I santi martiri glorificando Dio, giunti al luogo solito, furono decapitati e portarono a termine la testimonianza della loro professione di fede nel Salvatore.

…È PREGATAO Dio, che hai donato al santo martire Giustino una mirabile conoscenza del mistero del Cristo, attraverso la sublime follia della Croce, per la sua intercessione allontana da noi le tenebre dell’errore e confermaci nella professione della vera fede.

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…MI IMPEGNA…e noi, siamo capaci di essere ascoltatori attenti nel seguire i suoi insegnamenti? O ascoltiamo la Parola e la interpretiamo come meglio ci conviene? Ognuno di noi è vigna del Signore; siamo depositari di innumerevoli benefici che abbiamo il dovere di coltivare e custodire perché portino frutti di santità e di giustizia. Come coltiviamo la nostra vita? Con quale fedeltà offriamo al Signore i frutti delle lode, del ringraziamento per i doni ricevuti?

Martedì, 2 giugno 2015Liturgia della Parola

Tb 2,10-23; Sal 111; Mc 12,13-17LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.…È MEDITATALa giornata di Gesù continua ancora. Questa volta sono i farisei e gli erodiani che gli si avvicinano. E gli pongono la questione del tributo a Cesare. Fin dall'inizio si nota la loro doppiezza. Essi adulano Gesù per poi tendergli un tranello. Ma non è con la furbizia che ci si accosta al Vangelo. La parola di Gesù non si compra con le proprie astuzie o con raggiri. Essa è chiara e buona, senza infingimenti e sotterfugi. Gesù non accetta la falsità e sposta la questione. Se nella moneta c'è l'immagine di

Cesare sia ridata a lui. Ma bisogna altresì ridare a Dio tutto ciò che ha la sua impronta, la sua immagine. È su questo che Gesù chiede la decisione: date a Dio quel ch'è di Dio. E l'uomo è di Dio, perché è nell'uomo che è iscritta l'immagine di Dio. L'uomo, ogni uomo, anche il più piccolo e indifeso, appartiene a Dio e a Dio deve tornare. C'è un primato assoluto di Dio sulla vita dell'uomo che va difeso ad ogni costo. Come pure si deve rispetto alla società civile e alle sue leggi. Questa pagina evangelica deve

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aiutare al rispetto e alla tolleranza, sapendo però che nessuno può ferire e umiliare la vita dell'uomo. Solo Dio è Padre e Signore di tutti.-------------------------------------------Dobbiamo chiarire alle nostre coscienze chi è Dio è chi è Cesare,

impegnandoci a mettere al centro di tutto Colui che della storia è il Signore, perché ci indichi cosa è gradito ai suoi occhi e ciò che è conforme ai suoi voleri, al di là di ogni ideologia o, peggio, delirio di onnipotenza. 

…È PREGATASignore, rendi pura la mia anima e fa’ che io scelga Te, sempre, che non ci siano falsi dei nella mia vita, ma sempre e solo tu, unico Dio, al di sopra di tutto. Guidami con il tuo Spirito,  perché non solo con le parole, ma con le opere e la vita  possa renderti testimonianza  e così entrare nel regno dei cieli. 

…MI IMPEGNAChiederò al Signore il dono della sapienza perché sappia stare salda nel primato di Lui nella mia vita. Chiederò anche il dono della profezia perché sappia cercare nel Vangelo quelle risposte adeguate che le sollecitazioni della storia esigono dalla mia coscienza cristiana.

Mercoledì, 3 giugno 2015San Carlo Lwanga e Compagni, martiri - Tra il 1885 e il 1887, in Uganda i cristiani subirono una violenta persecuzione. Le vittime furono un centinaio. Tra loro Carlo, domestico del re Muanga dell'antico regno indipendente del Buganda, bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3 giugno 1886. Carlo Lwanga, capo dei paggi reali, era stato battezzato durante l'evangelizzazione

attuata dai Padri Bianchi, fondati dal cardinale Lavigerie. Inizialmente la loro opera, avviata nel 1879, venne ben accolta dal re Mutesa così come dal successore Muanga, che però si fece influenzare dal cancelliere del regno e dal capotribù. Tanto che decise la soppressione fisica dei cristiani, alcuni dei quali uccise con le proprie mani. Oggi il calendario ricorda ventidue martiri dell'Uganda, beatificati il 6 giugno 1920 da Benedetto XV e canonizzati da Paolo VI l'8 ottobre 1964. A loro è stato inoltre dedicato un grande santuario a Namugongo consacrato da Paolo VI nel 1969.

Liturgia della ParolaTb 3,1-11.24-25; Sal 24; Mc 12,18-27

LA PAROLA DEL SIGNORE

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…È ASCOLTATAIn quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».  Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».…È MEDITATAAi sadducei della vedova in questione importa meno di zero. Loro, gli aristocratici, conservatori di Gerusalemme, considerano novità tutto ciò che non è contenuto nella Torah, bizzarrie tutto ciò che non proviene da Mosè. Allergici e impermeabili alle novità, non disdegnano, però, di accordarsi con l'invasore romano. L'idea della resurrezione dai morti, per loro, è una moda recente e non condivisibile: biasimano e irridono quella che reputano un'inutile novità. E, così, decidono di porre a Gesù un caso limite, per ridicolizzarlo. Il valore della tribù e della famiglia era così forte, agli inizi della storia di Israele, che una vedova senza figli era invitata ad unirsi a uno dei fratelli del defunto per avere un figlio che avrebbe

tramandato il nome del padre ai posteri. Ed ecco il caso della vedova "ammazzamariti": sette volte vedova, sette volte senza figli. Di chi sarà moglie, alla resurrezione dei morti? Gesù accetta la provocazione e testimonia di credere alla resurrezione dai morti. Meglio, usando quella Scrittura che i suoi avversari brandiscono come un'arma, Gesù allarga gli orizzonti: il Dio di Mosé, che loro credono di venerare, non è imbalsamato come la loro fantasiosa teologia...-------------------------------------------Gesù afferma quindi che Dio è il creatore e il Signore della vita e protegge i suoi figli salvandoli dal potere della morte. In queste parole evangeliche c'è come l'apertura di uno spiraglio sulla

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Gerusalemme del cielo: in essa i credenti, liberati dai vincoli della carne, vivranno "come angeli", ossia saranno animati dallo Spirito che è più forte della carne.

Ma questa vita dei cieli inizia già da questa terra quando i credenti si lasciano guidare dalla parola del Signore che è seme di eternità e di incorruttibilità.

…È PREGATAO Signore, donami la luce e la forza per credere che i legami affettivi vissuti nello Spirito, sono più forti di quelli del sangue e che niente potrà mai separarci dal Tuo Amore. Amen.

…MI IMPEGNAA pensare a qualche persona cara defunta, non con tristezza, ma nella serena certezza che ora è nella Gioia piena. Reciterò per lei una eterno riposo.

Giovedì, 4 giugno 20151° giovedì del mese: preghiera per le vocazioni

Liturgia della ParolaTb 6,10-11a; 7,1.9-17; 8,4-10; Sal 127; Mc 12,28b-34

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

…È MEDITATAUno scriba si avvicina a Gesù e gli chiede qual è il primo dei comandamenti. In genere lo scriba

è un buon conoscitore della Legge; questi tuttavia si avvicina al Maestro non per metterlo alla

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prova, bensì per apprendere da lui questo importante insegnamento. Aveva ragione: nessuno può essere maestro a se stesso. Tutti abbiamo bisogno di continuare a chiedere al Signore il senso profondo delle Scritture per la nostra vita. E Gesù risponde che il "primo comandamento" è duplice: amare Dio e amare il prossimo. Sono due amori inscindibili; anzi, formano un solo amore, una cosa sola. Scrive l'apostolo Giovanni: "Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Gv 4, 20). Gesù che ha amato Dio sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, e che ugualmente ha amato gli uomini sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, ci offre l'esempio

più alto del "primo" comandamento. Quello scriba, soddisfatto della risposta di Gesù, si sentì dire che non era lontano dal regno di Dio. Molto di più che a quello scriba è stato dato a noi. Apprendiamo da lui almeno la sua disponibilità a chiedere e la sua prontezza a ricevere. -------------------------------------Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei... Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai.

…È PREGATASignore, ti ringrazio per il dono dell’Amore. Fa’ che le mie mani, la mia bocca, il mio sguardo, le mie braccia, siano sempre pronte e attente nel donare amore.

…MI IMPEGNA "Amerai il prossimo tuo come te stesso!" Se nella vita coniugale, nella vita familiare e comunitaria, nei gruppi ecclesiali e nella società civile fossimo guidati da questa norma, valida per tutti gli uomini, il mondo diventerebbe un paradiso, la famiglia un'oasi di pace, i gruppi ecclesiali centri di gioiosa accoglienza, le comunità monastiche e religiose calamiti irresistibili di simpatia e di aggregazione. Sono sogni? Gesù ci invita non solo a sognare... ma anche a realizzare e mettere in pratica le sue parole...

Venerdì, 5 giugno 2015San BonifacioBonifacio o Winfrid sembra appartenesse a una nobile famiglia inglese del Devonshire, dove nacque nel 673 (o 680).

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MESSAGGERO DELLA BUONA NOVELLA . Un monaco viene mandato e si affretta ad annunciare la Buona Novella; un contemplativo viene trasformato in uomo d'azione, incaricato di fondare la Chiesa. Ciò che Gregorio Magno aveva fatto mandando Agostino in Inghilterra, Gregorio II lo ripete mandando Bonifacio in Germania. Prima di organizzare la Chiesa sulla riva destra del Reno pensò alla fondazione, tra le regioni di Hessen e Turingia, di un'abbazia, che divenisse il centro propulsore della spiritualità e della cultura religiosa della Germania. Nacque così la celebre abbazia di Fulda. Come sede arcivescovile scelse la città di Magonza. Morì nel 754. ANNUNCIARE IL VANGELO. Sec. VIII, epoca particolarmente dura: le invasioni barbariche hanno disgregato totalmente l'impero romano; l'eresia ariana ha fatto vacillare la fede. Diventa urgente ridare nuova vita alle Chiese, metterle in comunione fra loro e con Roma. Sarà l'opera di Bonifacio come missionario del Vangelo. In ogni epoca la Chiesa può vivere soltanto accogliendo lo Spirito che le comunica il suo slancio missionario.

Liturgia della ParolaTb 11,5-17; Sal 145; Mc 12,35-37

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo: “Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi”.Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?». E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.…È MEDITATAGesù non smette di parlare, nonostante le opposizioni e le minacce. E neppure rifiuta di affermare l'autorevolezza con cui insegna: lui è il vero pastore, colui che si prende cura del gregge e lo guida verso "pascoli erbosi". La gente - come nota Marco - lo ascolta volentieri perché finalmente ha trovato un maestro che sa dire parole autentiche e concrete per la vita. Gesù, appunto, come maestro buono, esorta tutti ad abbandonare la via degli "scribi", che è la via della superbia, dell'autosufficienza, dell'orgoglio che porta sempre ad essere buoni con se stessi e cattivi

con i deboli. E? facile per tutti sentirsi "scribi", ossia persone sagge e sapienti che sanno quel che conta nella vita e per questo degne di essere rispettate ed ascoltate. La vera sapienza è mettersi ogni giorno alla sequela del Vangelo, alla scuola dell'unico Maestro, il Signore Gesù venuto sulla terra perché tutti abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza. Con lui non si perde nulla, si guadagna tutto.---------------------------------------------------Se infatti hai accolto in te la parola di Dio, se hai ricevuto da

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Gesù l'acqua viva e l'hai ricevuta con fede diventerà in te fonte di acqua che zampilla per la vita

eterna nello stesso Gesù Cristo nostro Signore. Origene

…È PREGATASignore Gesù, anch' io, come la folla, ti ascolto volentieri! Dammi coraggio nelle prove della vita, quando sono tentato a vivere superficialmente la mia fede, aiutami a rimanere saldo nella tua parola..

…MI IMPEGNAAnche noi ascoltiamo volentieri le parole del Rabbì, perché sono semplici, luminose, dirette, parlano al cuore, fanno crescere. Coltiviamo la Parola, lasciamo che ci illumini, portiamola nella nostra vita, nelle nostre scelte, nelle nostre riflessioni...

Sabato, 6 giugno 2015Liturgia della Parola

Tb 12,1.5-15.20; Cant. Tb 13,2.6-8; Mc 12,38-44LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».…È MEDITATAÈ l'ultimo episodio nel tempio. Marco lo pone a conclusione della vita pubblica di Gesù e del suo insegnamento. Il giovane profeta di Nazareth ha appena tracciato un

ritratto impietoso degli scribi, i quali "divorano le case delle vedove". Mentre sta parlando vede avvicinarsi una povera vedova verso la cassetta ove si gettano le

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elemosine. Nessuno fa caso al piccolo gesto che ella compie. Del resto, in un mondo fatto di calcolo e di misure, di mercanteggio e di dare e avere, cosa poteva valere quello spicciolo gettato furtivamente nella cassetta del tempio? Eppure Gesù, che guarda nel profondo, la osserva e la propone ad esempio per tutti, facendo emergere la sua grandezza di cuore e la sua generosità: "ha gettato tutto ciò che aveva, non ha trattenuto nulla per sé". Per Gesù, quella donna povera e indifesa è modello di vita per i discepoli di ogni tempo. Ecco perché nessuno è tanto povero da non poter aiutare altri più poveri di lui. Quel che conta è il cuore. E il cuore toccato da Dio sa compiere miracoli.----------------------------------------------

-----I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli o a chi busserà domani. La santità: piccoli gesti pieni di cuore. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.Come la vedova povera, quelli che sorreggono il mondo sono gli uomini e le donne di cui i giornali non si occuperanno mai, quelli dalla vita nascosta, fatta solo di fedeltà, di generosità, di onestà, di giornate a volte cariche di immensa fatica. Loro sono quelli che danno di più.

…È PREGATASignore Gesù, dammi la fede coraggiosa della vedova per seguirti sempre più! È per me una esigenza di amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani senza misura, con una confidenza infinita, poiché tu sei il Padre mio.

…MI IMPEGNA Non è mai irrisorio, mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non possedere nulla, ha in sé qualcosa di divino.

PAPA FRANCESCOUDIENZA GENERALE Mercoledì, 20 maggio 2015

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La Famiglia - Educazione

Oggi, cari fratelli e sorelle, voglio darvi il benvenuto perché ho visto fra di voi tante famiglie, buongiorno a tutte le famiglie! Continuiamo a riflettere sulla famiglia. Oggi ci soffermeremo a riflettere su una caratteristica essenziale della famiglia, ossia la sua naturale vocazione a educare i figli perché crescano nella responsabilità di sé e degli altri. Quello che abbiamo sentito dall’apostolo Paolo, all’inizio, è tanto bello: «Voi figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” (Col 3, 20-21) . Questa è una regola sapiente: il figlio che è educato ad ascoltare i genitori e a obbedire ai genitori i quali non devono comandare in una maniera brutta, per non scoraggiare i figli. I figli, infatti, devono crescere senza scoraggiarsi, passo a passo. Se voi genitori dite ai figli: “Saliamo su quella scaletta” e prendete loro la mano e passo dopo passo li fate salire, le cose andranno bene. Ma se voi dite: “Vai su!” – “Ma non posso” – “Vai!”, questo si chiama esasperare i figli, chiedere ai figli le cose che non sono capaci di fare. Per questo, il rapporto tra genitori e figli deve essere di una saggezza, di un equilibrio tanto grande. Figli, obbedite ai genitori, ciò piace a Dio. E voi genitori, non esasperate i figli, chiedendogli cose che non possono fare. E questo bisogna fare perché i figli crescano nella responsabilità di sé e degli altri. Sembrerebbe una constatazione ovvia, eppure anche ai nostri tempi non mancano le difficoltà. E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi dal lavoro. Quelli che hanno la fortuna di avere lavoro! E’ ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione: poverini, hanno avuto difficoltà, si sono separati e tante volte il figlio è preso come ostaggio e il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male. Ma io dico ai genitori separati: mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio! Vi siete separati per tante difficoltà e motivi, la vita vi ha dato questa prova, ma i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma. Per i genitori separati questo è molto importante e molto difficile, ma possono farlo. Ma, soprattutto, la domanda: come educare? Quale tradizione abbiamo oggi da trasmettere ai nostri figli? Intellettuali “critici” di ogni genere hanno zittito i genitori in mille modi, per difendere le giovani generazioni dai danni – veri o presunti – dell’educazione familiare. La famiglia è stata accusata, tra l’altro, di autoritarismo, di favoritismo, di conformismo, di repressione affettiva che genera conflitti. Di fatto, si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca. I sintomi sono molti. Per esempio, nella scuola si sono intaccati i rapporti tra i genitori e gli insegnanti. A volte ci sono tensioni e sfiducia reciproca; e le conseguenze naturalmente ricadono sui figli. D’altro canto, si sono moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più

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intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi. Privati del loro ruolo, essi diventano spesso eccessivamente apprensivi e possessivi nei confronti dei loro figli, fino a non correggerli mai: “Tu non puoi correggere il figlio”. Tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è gravissimo! Oggi ci sono casi di questo tipo. Non dico che accada sempre, ma ci sono. La maestra a scuola rimprovera il bambino e fa una nota ai genitori. Io ricordo un aneddoto personale. Una volta, quando ero in quarta elementare ho detto una brutta parola alla maestra e la maestra, una brava donna, ha fatto chiamare mia mamma. Lei è venuta il giorno dopo, hanno parlato fra loro e poi sono stato chiamato. E mia mamma davanti alla maestra mi ha spiegato che quello che io ho fatto era una cosa brutta, che non si doveva fare; ma la mamma lo ha fatto con tanta dolcezza e mi ha chiesto di chiedere perdono davanti a lei alla maestra. Io l’ho fatto e poi sono rimasto contento perché ho detto: è finita bene la storia. Ma quello era il primo capitolo! Quando sono tornato a casa, incominciò il secondo capitolo… Immaginatevi voi, oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli “esperti” dicono che i bambini non si devono rimproverare così. Sono cambiate le cose! Pertanto i genitori non devono autoescludersi dall’educazione dei figli. E’ evidente che questa impostazione non è buona: non è armonica, non è dialogica, e invece di favorire la collaborazione tra la famiglia e le altre agenzie educative, le scuole, le palestre… le contrappone. Come siamo arrivati a questo punto? Non c’è dubbio che i genitori, o meglio, certi modelli educativi del passato avevano alcuni limiti, non c’è dubbio. Ma è anche vero che ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare, perché possono compensarli in un modo che è impossibile a chiunque altro. D’altra parte, lo sappiamo bene, la vita è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi. Molti genitori sono “sequestrati” dal lavoro - papà e mamma devono lavorare - e da altre preoccupazioni, imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale, - che è così, dobbiamo accettarla com’è - e si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare. Il problema, però, non è solo parlare. Anzi, un “dialoghismo” superficiale non porta a un vero incontro della mente e del cuore. Chiediamoci piuttosto: cerchiamo di capire “dove” i figli veramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vogliamo sapere? Siamo convinti che essi, in realtà, non aspettano altro?

Le comunità cristiane sono chiamate ad offrire sostegno alla missione educativa delle famiglie, e lo fanno anzitutto con la luce della Parola di Dio. L’apostolo Paolo ricorda la reciprocità dei doveri tra genitori e figli: «Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino». Alla base di tutto c’è l’amore, quello che Dio ci dona, che «non manca di rispetto, non

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cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, … tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,5-6). Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza per sopportarsi! Ma è così la vita. La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà. Lo stesso Gesù è passato attraverso l’educazione familiare. Anche in questo caso, la grazia dell’amore di Cristo porta a compimento ciò che è inscritto nella natura umana. Quanti esempi stupendi abbiamo di genitori cristiani pieni di saggezza umana! Essi mostrano che la buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo. La sua irradiazione sociale è la risorsa che consente di compensare le lacune, le ferite, i vuoti di paternità e maternità che toccano i figli meno fortunati. Questa irradiazione può fare autentici miracoli. E nella Chiesa succedono ogni giorno questi miracoli! Mi auguro che il Signore doni alle famiglie cristiane la fede, la libertà e il coraggio necessari per la loro missione. Se l’educazione familiare ritrova la fierezza del suo protagonismo, molte cose cambieranno in meglio, per i genitori incerti e per i figli delusi. E’ ora che i padri e le madri ritornino dal loro esilio - perché si sono autoesiliati dall’educazione dei figli -, e riassumano pienamente il loro ruolo educativo. Speriamo che il Signore dia ai genitori questa grazia: di non autoesiliarsi nell’educazione dei figli. E questo soltanto lo può fare l’amore, la tenerezza e la pazienza.

AMAMI COME SEI

"Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei... Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non ricommettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei...Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di

amore? Non sono io l'Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che io Ti ami, voglio il tuo cuore.

Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore di poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: "Gesù ti amo". Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno ne' della tua scienza, ne' del tuo talento.

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Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai... perché ti ho creato soltanto per l'amore.

Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia... Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare... Ma ricordati... amami come sei... Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro.

Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai... Va..."

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