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Capitolo 7

Il modello B & S:complementi

“Every financial axiom I’ve ever seen is demonstrably wrong.”

(P. Wilmott, [53], p. 1)

7.1 Introduzione

Questo capitolo mescola problemi di taglio teorico e di taglio pratico sul mo-dello b&s. Apro coi primi occupandomi del cosiddetto principio di linearitàdelle valutazioni. Passo poi ai secondi parlando di stima della volatilità, dialcuni parametri, detti i greci , usati per controllare il valore di un portafoglio,nonché della relazione di parità put-call e delle tecniche di copertura. Chiudoinfine con qualche stringata riflessione teorica sollevata da alcune critiche alleipotesi del modello.

7.2 Principio di linearità delle valutazioni

Parlando del modello di b&s standard ho visto che è possibile replicare una calleuropea mediante un paf che contiene varie attività finanziarie in proporzioniopportune. Senza rendermene conto, per trovare un portafoglio del genere hosfruttato il seguente

Teorema 7.2.1 (Proprietà di linearità delle valutazioni) . Siano Φ1 eΦ2 le funzioni di contratto per i derivati semplici X1 = Φ1 (ST ) e X2 = Φ2 (ST )e siano α1 e α2 numeri reali. Infine il mercato sia arb.free. Allora vale laseguente relazione di valutazione:

F (t,α1Φ1 + α2Φ2) = α1F (t,Φ1) + α2F (t,Φ2) .

Dimostrazione. Mi basta usare la formula di valutazione arb.free (6.4.5)e la linearità di E [ · ].

Nel séguito utilizzerò a man bassa questa proprietà di linearità, almenofinché potrò. La stessa viene spesso usata anche per valutare un T -derivato

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complesso, che viene decomposto in una opportuna combinazione lineare diattività semplici, che di solito comprendono: azioni, bond e opzioni europeecall o put con vari prezzi di esercizio e/o scadenze.

7.3 Volatilità

L’utilizzo pratico della formula di b&s (6.5.4) richiede da un lato l’osservazionedi St, r (dati che leggo sul mercato), (T − t) e K (li leggo nel contratto), e dal-l’altro la stima della volatilità σ dei rendimenti dell’azione sottostante, 1. Sem-plificando, per quest’ultima ci sono 4 approcci: quelli della volatilità storica,della volatilità implicita, della superficie di volatilità, della volatilità stocastica,che ora riassumo. Tornerò poi nel par. 7.7.6 sull’argomento.

7.3.1 Volatilità storica

Il 1◦ approccio stima σ sulla base della variabilità delle quotazioni in un recentepassato. Per esempio, se la mia opzione scade tra 3 mesi, userò i dati storici delprezzo dell’azione sottostante nell’ultimo trimestre. Apro allora una parentesi.Riscrivo la solita eds che regge St nella forma

dStSt

= αdt+ σ dWt, ovvero : d lnSt = α dt+ σ dWt,

anzi, nella corrispondente equazione alle differenze

∆ (lnSt) = α (∆t) + σ (∆Wt) ,

cioè

ln (St+∆t/St) = α (∆t) + σ (Wt+∆t −Wt) .

Ora calcolo media e varianza di ln (St+∆t/St) ricordando che α e σ sonocostanti e che (Wt+∆t −Wt) ha media nulla e varianza ∆t:

E [ln (St+∆t/St)] = α (∆t) , var [ln (St+∆t/St)] = σ2 (∆t) ,

dunque

α =E [ln (St+∆t/St)]

∆t, σ =

rvar [ln (St+∆t/St)]

∆t.

Io voglio fare i miei conti sulla quotazione S (t) alla chiusura di ciascunodegli ultimi n giorni lavorativi dell’ultimo trimestre nei quali l’azione è stata

1Si tratta dello scarto quadratico medio non delle quotazioni dell’azione, ma di quelladei rispettivi rendimenti. Accontentandomi di valutazioni a spanne, valori plausibili su baseannua di σ per titoli azionari stanno tra 0.05 e 0.50 (di solito è σ ≥ 0.2).

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7.3. Volatilità 85

quotata, sul totale degli N giorni lavorativi dell’intero anno. Di solito si prenden = 63 e N = 252. Prendo allora ∆t = 1 giorno, cioè 1

252 di anno. Passo acalcolare gli n tassi di rendimento giornalieri

α1 = lnS (t1)

S (t0), α2 = ln

S (t2)

S (t1), . . . , α63 = ln

S (t63)

S (t62),

dei quali calcolo media m e varianza v2 (giornaliere):

m = E [αi] = 163

P63i=1 αi, v2 = var [αi] =

163

P63i=1 [αi −m]2 ,

dalle quali mi escono α e σ:

α =m

1/252= 4

P63i=1 αi, σ =

sv2

1/252= 2

qP63i=1 [αi −m]2,

stavolta calcolati su base annua, come sempre intenderò salvo avviso contrario.Alcuni modificano questo metodo classico usando pesi che smorzano l’effet-

to di rendimenti anomali (cioè troppo lontani dam) o troppo lontani dalla datadella stima. I metodi di perequazione (smoothing) sono vari. Uno speciale, cheera usato dalla J.P. Morgan [41], sceglie i pesi in modo da rendere minima lasomma dei quadrati degli scarti tra la volatilità storica e quella implicita cheora vedo.

7.3.2 Volatilità implicita

La volatilità storica riassume il comportamento passato della volatilità. Tutta-via essa di fatto non è per nulla costante, ma varia, e di parecchio, nel tempo.Qui salta fuori un problema di fondo. Al contrario di molti sistemi fisici chiusinei quali le condizioni iniziali governano il futuro, nei mercati questo dipendepesantemente da eventi futuri che oggi sfuggono al mio controllo e da informa-zioni che oggi non conosco e non posso prevedere, sicché mi devo accontentare,almeno quando ci riesco, di capire ciò che la gente immagina possa succedere.A tale proposito, alcuni, dopo aver sottolineato che “la storia non si ripetemai”, affermano che è più serio trovare un modo per stimare σ che sia d’ac-cordo con le aspettative di mercato sulla volatilità, cioè la cosiddetta volatilitàimplicita. Con riferimento ad una call europea, si tratta di:

• rilevare tutti i dati (T − t), r, St e K, nonché il prezzo di call europeediverse per il prezzo di esercizio K e/o la diversa durata (T − t), peròper il resto eguali a quella che voglio valutare;

• supporre che il prezzo dell’opzione sia sempre determinato con la formuladi b&s (6.5.4);

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• trovare la volatilità implicita, cioè l’unico σ che risolve quest’equazione 2.

Il successo della formula di b&s è testimoniato dal fatto che spesso alcuneazioni sono proprio quotate in termini della rispettiva volatilità implicita. Inteoria (cioè se ho una fiducia cieca nel modello di b&s e nel mercato) la so-luzione σ non dovrebbe variare coi diversi valori di K. In pratica si osservainvece il fenomeno detto volatility smile (il sorriso mi ricorda quello del gattodi Cheshire in “Alice nel Paese delle Meraviglie”), nel quale σ è descritto, alvariare di K, da una curva a U che ha un minimo per le opzioni at the money(cioè con St = K), mentre si alza man mano che mi sposto verso le opzionisempre più out the money (St < K) o in the money (St > K). In qualche raraoccasione la curva diventa invece a U rovesciato (cioè _ anziché ^, e allorasi parla non di smile ma di frown: faccia di disapprovazione, smorfia), oppurecrescente o decrescente, o anche irregolare. Infine, quasi sempre la volatilitàimplicita calcolata sui prezzi effettivi delle call è un po’ diversa da quella cheesce dai prezzi delle put. In tutti questi casi emergono imperfezioni del modellodi b&s, cioè sospetti sulla sua capacità di descrivere perfettamente l’effettivocomportamento del mercato. O meglio: il modello magari funziona, ma nonè più vero che σ è indipendente dal resto, in particolare da K, o dal rapportoSt/K.

7.3.3 Superfici di volatilità

Posso supporre che la volatilità σ varii nel tempo durante la vita dell’opzione,però ancora in modo deterministico. In questo caso, se indico con σz il valore

di σ all’istante z ∈ [t, T ], mi calcolo la media (σ)2 = 1

T − tR Tt (σz)

2 dz e nella

formula di b&s (6.5.4) al posto di σ scrivo σ e con questa semplice variantetutto resta in piedi. Se σz è definita soltanto per alcuni z ∈ [t, T ], è comuneridefinire σ immaginando che σz sia lineare a tratti sugli altri valori. Natural-mente, essendo ignota la legge che governa σz, devo arrangiarmi cercando diestrarla dalle informazioni che ho, battendo la seguente strada, che è un po’ piùraffinata di quella della volatilità implicita. Considero le quotazioni di tuttele call e le put europee, di varie scadenze T e con diversi valori del prezzo diesercizio K, che oggi vengono trattate sul mercato. Da ognuna delle quotazio-ni estraggo la rispettiva volatilità implicita σ, che dunque varia con la coppia(T,K), diciamo σ (T,K). Questa funzione misura la volatilità per una specificacoppia (T,K), e gli addetti ai lavori la battezzano forward volatility (termineun po’ ambiguo). Della funzione σ (T,K) conosco solo alcuni punti, quelli checorrispondono ai soli contratti che oggi sono conclusi. Il problema che a questo

2La stretta monotonia del valore F della call e della put europea rispetto a σ (nel par.7.4.1 vedrò infatti che è ∂F/∂σ > 0) garantisce che questa radice è unica. La posso calcolareanche per via breve usando i programmi freeware indicati nella nota di pag. 113.

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7.3. Volatilità 87

punto mi si presenta è un problema di interpolazione, che dunque va risoltocon tutti i trucchi e le ingenuità (palesi o nascoste) tipici di ogni problema delgenere. Ad esempio, se la griglia dei valori disponibili di (T,K) presenta pochibuchi, posso costruire la cosiddetta superficie delle volatilità locali interpolan-do linearmente tra i valori noti di σ (T,K). In caso contrario sono costretto adassumere una qualche ipotesi sul tipo di funzione che può descrivere σ (T,K)ed ecco che il problema iniziale, cacciato dalla porta (conoscere la legge chegoverna σ), rientra dalla finestra. Sia come sia, la superficie delle volatilità èun prodotto con scadenza molto più breve di quella del latte fresco. La colpanon sta nei difetti del metodo che posso usare per costruirla, bensì nel fattoche il punto di vista del mercato sulla volatilità futura può benissimo cambiareanche nel giro di un quarto d’ora.

7.3.4 Volatilità stocastica

Ovviamente, visto che l’appetito vien mangiando, sono stati messi a puntomodelli di volatilità stocastica, nel senso che il comportamento di questa vienedescritto da una eds (modelli a due fattori), coi suoi bravi termini di deriva edi diffusione. Prendendo a prestito termini della teoria dei tassi di interesse, neimodelli con volatilità variabile la curva di σ al variare di t viene battezzata daquelli del mestiere volatility term structure: struttura a termine della volatilità.In una delle versioni più semplici ma già decenti, questo approccio associaall’eds che regge St un’altra eds che regge σt, per esempio(

dSt = αSt dt+ σtSt dWt,

dh(σt)

2i= η

h(σ0)

2 − (σt)2idt+ θ (σt)

2 dW ∗t ,

(7.3.1)

con Wt e W ∗t p.s. di Wiener, η, θ e σ0 parametri > 0. Il termine di deri-

va ηh(σ0)

2 − (σt)2idt segnala che la volatilità effettiva σt può anche scostarsi

dalla volatilità di lungo periodo (o volatilità media) σ0, ma viene richiama-ta verso questo valore grazie al parametro di aggiustamento η, 3. L’addendo³θ (σt)

2 dW ∗t

´indica invece movimenti imprevedibili nella volatilità, stocasti-

camente indipendenti dal livello di St. Questo θ è, ridicolo a dirsi, la volatilitàdella volatilità. L’unica cosa che posso dire per chiudere il discorso è che lavolatilità resta, comunque e purtroppo, una variabile non osservabile o quasi,per giunta parecchio capricciosa (sinonimo di volatile), dunque sommamenteinstabile. Debbo anche osservare che, se la volatilità è stocastica, costruire un

3Questo effetto di richiamo è tipico delle cosiddette eds del tipo mean reverting (ovvero deiprocessi di Ornstein-Uhlenbeck). Una caratteristica importante di queste eds è la positivitàdi ogni traiettoria che parte da un valore iniziale S0 > 0. Sono anche imparentate coimodelli econometrici del tipo garch(1, 1), cioè riconducibili all’equazione alle differenze finite(σt+1)

2 = ω + a (σt)2 + b (rt)

2, con rt v.a. che definisce il tasso di rendimento, al netto deldrift r, del sottostante, nella forma St+1/St − (1 + r) = σtrt.

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portafoglio di perfetta copertura diventa una grana: una miscela di derivatoe di attività sottostante non basta più, occorre miscelare (ma la cosa è moltopiù semplice da dirsi che da farsi) diversi derivati.

7.4 I greci

7.4.1 Cosa sono

Considero il valore V = V (t, St) a t di un portafoglio che contiene un (unico)sottostante, il cui prezzo a t indico con S = St, oltre ad 1 o più derivati suquel sottostante. Ha forte interesse pratico misurare la sensitività di V rispettosia a cambiamenti di prezzo nel sottostante (per misurare la mia esposizioneal rischio rispetto a variazioni in S), sia a mutamenti in t e nei parametri delmodello (per capire cosa succede se ne ho specificato male i parametri). Aquesto scopo vengono introdotti i seguenti oggetti, detti i greci (qualcuno dice:le greche) perché battezzati tutti (salvo l’ultimo, che si chiama anche k, κ o z)con lettere dell’alfabeto greco:

Ndelta

=∂V

∂S, Γ

gamma=

∂2V

∂S2, ρ

ro=

∂V

∂r,

Θtheta

=∂V

∂t, V

vega=

∂V

∂σ.

(7.4.1)

Definiti questi simboli 4, posso divertirmi a riscrivere l’edp (6.2.6) del mo-dello di b&s, cioè

Ft|{z}Θ (theta)

+ rS (FS)|{z}N (delta)

+ 12σ2S2 (FSS)| {z }

Γ (gamma)

− rF = 0,

nella forma stenografica

Θ+ rSN+ 12σ2S2Γ− rF = 0.

Un portafoglio insensibile a piccole variazioni in S (dico piccole perché,attenzione!, si tratta di un discorso soltanto locale!) è detto N-neutrale (leggi:delta-neutrale). Con N( · ) e ϕ ( · ) funzioni di distribuzione e di densità dellagaussiana standardizzata, nel caso di una call europea ottengo (basta derivare

4Come fanno tutti, ho usato un po’ dovunque il simbolo ∆ per indicare incrementi, adesempio ∆t o ∆St. Nel par. 6.1 ho poi introdotto con la (6.1.2) il simbolo N, che qui ritrovocome stenografia di ∂V/∂S (o di ∂F/∂S, se il portafoglio contiene soltanto una call europeache vale F ). Lo so che N è un simbolo semplicemente orrendo (di solito si scrive ∆ per ∂V/∂Ste si tira via), ma ci tenevo ad evitare confusioni e non sapevo come regolarmi diversamente.

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7.4. I greci 89

i 2 membri della formula di b&s (6.5.4), ma è noiosissimo):

N = N(d1)

con d1 = lnStK+

µr +

σ2

2

¶(T − t)

σ√T − t

,Γ =

ϕ (d1)

Stσ√T − t

³con ϕ (z) = 1√

2πe−z

2/2´,

ρ = K (T − t) e−r(T−t)N(d2)³con d2 = d1 −

√T − t

´,

Θ =−σStϕ (d1)2√T − t − rKe

−r(T−t)N(d2) ,

V = St√T − tϕ (d1) .

Nel caso dell’esercizio (6.5.5) ho

N ' 0.226385, Γ ' 0.060191,ρ ' 5.49982, Θ ' −3.889531, V ' 15.047798.

Per una put europea Γ e V sono gli stessi della call e gli altri greci sono

N = N(d1)− 1,ρ = −K (T − t) e−r(T−t)N(−d2) ,

Θ =−σStϕ (−d1)2√T − t + rKe−r(T−t)N(−d2) .

7.4.2 Delta- e gamma-hedging

Ho il portafoglio P, che a t vale V = V (t, S), e voglio immunizzare il suovalore contro piccole variazioni nel prezzo S = St del sottostante, nell’ovviaipotesi che il suo delta, che chiamo NP = ∂V

∂S , non sia nullo e, beninteso, senzaliquidare tutto per investire il ricavato in bond privi di rischio. Un’idea seria èdi aggiungere al mio portafoglio P un nuovo prodotto (derivato o sottostante):essendo il suo prezzo correlato con S, posso forse dosare questa correzione inmodo che il nuovo portafoglio sia N-neutrale. Indico con x la quantità di questoprodotto, con F = F (t, S) il suo prezzo e con NF = ∂F/∂S 6= 0 il suo delta.Il valore V (t, S) del nuovo portafoglio è

V (t, S) + xF (t, S)

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90 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

e per averlo N-neutrale devo scegliere x in modo che sia

∂ [V (t, S) + xF (t, S)]

∂S= 0, ovvero

∂V

∂S+ x

∂F

∂S= 0,

cioè: x = −∂V/∂S∂F/∂S

, diciamo x = −NPNF .

Mi metto in un esempio. Avendo sottoscritto un derivato (ne sono writer,perciò l’ho scritto in Bilancio al Passivo) con la funzione di prezzo F (t, S),voglio ora coprirmi usando il sottostante, del quale acquisto x unità, con xda scegliere in modo che la variazione nel valore del mio portafoglio sia nulla.Poiché all’Attivo ho xS ed al Passivo ho F (t, S), il valore del mio portafoglioè xF (t, S)− V (t, S) ed imponendo che la sua derivata rispetto ad S sia nullaottengo

∂ [xS − F (t, S)]∂S

= 0, cioè: x =∂F (t, S)

∂S;

ecco che il N del derivato, cioè ∂F (t, S) /∂S, mi indica proprio la quanti-tà del sottostante che devo detenere per immunizzare il mio portafoglio P: èesattamente lo stesso trucco usato da b&s nel modello b&s ’73 (par. 6.1).

Naturalmente, le variazioni che così riesco a controllare sono soltanto locali.Dunque, visto che tutti i valori cambiano man mano che il tempo passa, perfare le cose seriamente dovrei procedere con un ribilanciamento (N-hedging , N-copertura) continuo, cioè istante per istante. Trattandosi di cosa costosissimae di fatto impraticabile, mi accontento allora di un ribilanciamento discreto,cioè fatto ogni tanto (ne riparlo nel par. 7.6). Se il mio portafoglio P ha valoreV (t, S), mi converrà sorvegliare anche il Γ di P, che è proprio ∂2V (t, S) /∂S2, ecercare di rendere P anche Γ-neutrale. Ci ragiono su. Il N e il Γ del portafogliointegrativo, cioè dell’azione sottostante, sono dati da

NS = 1, ΓS = 0,

perciò non posso usare l’azione per controllare il Γ del portafoglio. Dunque,per rendere il portafoglio sia N- che Γ-neutrale ho bisogno di 2 diversi derivati,per esempio 2 call con valori diversi di K o di T . Indico con: G (t, S) e H (t, S)i valori dei 2 diversi derivati (coi N e Γ che sono NG, NH , ΓG, ΓH), xG exH le loro quantità, V = V (t, S) il valore del mio portafoglio originale daimmunizzare, V = V (t, S) quello del portafoglio immunizzato. Ho dunque

V (t, S) = V (t, S) + xGG (t, S) + xHH (t, S) .

Averlo N- e Γ-neutrale vuol dire che xG e xH devono rendere

∂V

∂S= 0,

∂2V

∂S2= 0,

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7.5. Relazione di parità put-call 91

cioè che devono risolvere il sistemino lineare 2× 2 nelle incognite (xG, xH)(NP + xGNG + xHNH = 0,ΓP + xGΓG + xHΓH = 0,

che posso gestire senza diventare matto. Problemi analoghi sorgono per la neu-tralità rispetto ad altri parametri. Avverto che per una call o una put europeadi solito il parametro Γ esplode quando si avvicina la scadenza dell’opzione.

7.5 Relazione di parità put-call

Un esempio ben noto che illustra il principio di linearità delle valutazioni delpar. 7.2 è quello del seguente

Teorema 7.5.1 (parità put-call) . Siano p (t, St) e c (t, St) i prezzi di unacall e di una put europee, entrambe con scadenza T , prezzo di esercizio K econ St quotazione a t del sottostante. Allora è

p (t, St)valore a tdella put

= Ke−r(T−t)valore a t del

prezzo di esercizio

+ c (t, St)valore a tdella call

− Stvalore a t

del sottostante

. (7.5.1)

Dimostrazione. Considero il portafoglio in cui:• sto lungo con un bond di scadenza T e valore nominale K;• sto lungo con una call europea con scadenza T e prezzo di esercizio K;• sto corto con una azione (cioè la vendo allo scoperto: è al Passivo).Questo portafoglio alla scadenza T mi dà

Kbond

+max (ST −K, 0)ricavo dalla call

− STazione

=

(K + ST −K − ST = 0, se ST ≥ K,K + 0− ST = K − ST , se ST < K,

esattamente quanto offre la put con le stesse caratteristiche, cioè:

max (K − ST , 0) =(0, se ST ≥ K,K − ST , se ST < K,

mentre a t il portafoglio vale Ke−r(T−t) + c (t, St)− St. Per evitare arbitraggiil prezzo a t della put deve eguagliare questo valore, perciò vale la (7.5.1).

Ad esempio, nell’esercizio (6.5.5) era

St = 100, K = 105, (T − t) = 0.25, r = 0.04, σ = 0.1,

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perciò il prezzo della call a t era

c (t, St) ' 0.6392584982;

usando questo risultato la (7.5.1) mi fornisce il prezzo (già anticipato alla finedel par. 6.5.2) dell’analoga put:

p (t, St) = 105e−0.04×0.25 + 0.6392584982− 100 ' 4.5944910422.

7.6 Copertura statica (buy and hold) e dinamica

La valutazione di una opzione è parecchio delicata quando essa non è quotatasu un mercato, sicché fallisce il trucco di immaginare un paf di replica. Per chiha sottoscritto un’opzione del genere emerge poi, come sempre, il problema ditrovare una qualche forma di controllo e di copertura dei rischi assunti. Sem-plificando, le tecniche di copertura sono di 2 tipi: copertura statica e coperturadinamica.

Si può usare una tecnica di copertura statica, fatta con un programma diacquisti e vendite iniziali di attività finanziarie, deciso una volta per sempree inteso a creare un portafoglio il cui valore finale duplicherà quello dell’op-zione. Questo portafoglio viene anche detto del tipo buy and hold (compra edetieni , oppure copriti e dimentica) perché non necessita di alcun successivoribilanciamento.

Se mi chiedo quali derivati possono essere coperti con un portafoglio com-posto soltanto da bond, call, put e azioni, trovo la risposta nel seguente:

Teorema 7.6.1 . Considero un derivato semplice la cui funzione di contrattoΦ sia continua e con immagine chiusa e limitata. Allora esiste un portafoglioche lo replica con precisione arbitraria e che contiene soltanto bond, opzionicall e put e il sottostante. Usando anche opzioni binarie (par. 9.1) ciò valeanche per derivati con funzione di contratto Φ che, anziché essere continua,presenta un numero finito di salti (discontinuità di 1a specie).

Dimostrazione. Ogni funzione continua Φ del tipo indicato può essereapprossimata bene quanto si vuole con funzioni lineari a tratti, come sonoquelle dei contratti di base. Se Φ presenta salti, mi basta aggiungere alla“cassetta dei ferri” le opzioni binarie, proprio perché, come vedrò nel par. 9.1,la funzione di contratto di un’opzione di questo tipo presenta un salto.

Questo risultato consente di ottenere portafogli che replicano perfettamentequalunque funzione di contratto Φ che sia a tratti rettilinea. Dei profili piùcomuni, nonché dei relativi portafogli di replica dirò qualcosa nei par. 9.1 e9.3. Il testo [32] li gestisce tutti ed è anche una vera e propria miniera permolti altri argomenti qui neppure sfiorati, (come, ad esempio, alcune notevoli

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7.7. Critiche ed estensioni 93

limitazioni sui prezzi di opzioni call e put), oppure discussi in modo sbrigativo(ad esempio, i forward e i futures: par. 9.7).

Le tecniche di copertura dinamica prevedono invece la costruzione di unportafoglio che viene revisionato durante tutta la vita dell’opzione, in rapportoal comportamento del sottostante e degli altri dati, esattamente come ho vistonei par. 6.1 su un portafoglio assoluto e 6.2 su un portafoglio relativo. Comesi può immaginare, emerge subito la necessità di un compromesso decente tral’accuratezza della copertura, che è garantita soltanto da un ribilanciamentodiscreto molto frequente (ma quanto frequente? In teoria dovrebbe essere unribilanciamento continuo, dunque da ripetere ad ogni istante: ipotesi del tuttoimpraticabile) ed un livello accettabile dei costi accessori di transazione che siincontrano ad ogni revisione.

La distinzione tra copertura statica e dinamica è grossolana e di comodo.Nel par. 7.7.7 torno sull’argomento.

7.7 Critiche ed estensioni

Il modello di b&s si è rivelato nella pratica davvero flessibile (nel cap. 8 trovoalcune varianti) ed incredibilmente robusto, cioè capace di sopportarne di tuttii colori quanto a riformulazioni nelle ipotesi e nelle caratteristiche tecnichedel contratto. Ciò nonostante, la critica alle sue ipotesi prosegue tuttora, neltentativo di ottenere varianti più flessibili e/o più convincenti. Qui di séguitorendo conto, sia pure in modo molto sbrigativo, di alcune critiche ed estensionidel modello b&s standard in aggiunta a quelle che ho già presentato o almenosfiorato.

7.7.1 Attenti alle scorciatoie!

Di opzioni, intese in senso generico, ne trovo di tutti i colori in ogni momento.Ad esempio, se ho un’automobile vecchia di 5 anni, ho sempre l’opzione (cioèla possibilità ma non l’obbligo) di comprarne una nuova, con tutti i costi e ivantaggi del caso. Anche se quest’opzione ha un suo valore (controprova: èmeglio averla che non averla), capisco subito che il modello di b&s non miserve per valutarla. Per usarlo dovrei infatti controllare, una per una, tuttele ipotesi su cui esso si regge, ricevendo altrettante delusioni. Questa banaleosservazione serve per invitare il mio prossimo a stare attento alle scorciatoie,cioè a rifiutare l’idea che qualunque opzione possa essere valutata col modellodi b&s (o con strade analoghe, per esempio col modello binomiale), pur diconoscere la relativa formula, cioè pur di sapere “come si fa” anche se non soperché: un po’ come voler curare qualunque malattia con un unico farmaco.Purtroppo, questa scorciatoia è diventata molto popolare. In altre parole, molticredono non solo alla Befana (poco male!), ma anche all’idea che ogni opzione

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94 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

la si possa valutare con una qualche formula, disinteressandosi di tutto quelloche sta alle spalle di quest’ultima. Per evitare illusioni è dunque bene che miponga sempre qualche domanda. Comincio subito: chi è il mio sottostante? Cel’ha o no un mercato arb.free sul quale osservare i suoi prezzi? È sensata l’ideache questi si muovano con un moto browniano geometrico? Posso comprare evendere (magari allo scoperto) il sottostante su quel mercato? Davvero possocostruire un portafoglio privo di rischio, che posso man mano ribilanciare permantenerlo tale e che in ogni caso replica la mia opzione? E via di questopasso. Se la risposta ad ogni domanda è “sì”, allora la formula di b&s è il miocacio per i miei maccheroni. In caso contrario è meglio che la lasci perdere.Caso particolare: se sono un ciarlatano, non mi faccio nessuna domanda e usosempre quella formula non appena trovo qualcuna che la beve.

7.7.2 Copertura dinamica e costi di transazione

Ho già accennato poche righe sopra sia ai problemi che sorgono quando sicerca la copertura dinamica di un portafoglio sorvegliando il comportamentodel sottostante, sia alla necessità di trovare un compromesso tra accuratezzadella copertura e costi di transazione. Analogo discorso vale per tecniche dimonitoraggio e di copertura quali il delta- e il gamma-hedging del par. 7.4.2 ela regola di platino che vedrò nel par. 12.3.4. In ogni caso non posso scordareche in tutti questi casi si lavora sempre su risultati locali che devo augurarmisiano “non troppo locali”, dunque accettabili quando mi limito a variazionicomprese in una banda di valori plausibili.

7.7.3 Linearità addio?

La presenza di costi di transazione tradisce le ipotesi di base del par. 2.1.2,perché esalta il fenomeno del bid-ask spread e riduce la liquidità del mercato.Modellizzare i costi di transazione è anche possibile, tuttavia farlo in modorealistico non è proprio cosa facile (la proposta, forse un po’ ingenua, chevedrò nel par. 12.3.4 è solo una delle tante). Sia come sia, i costi di transazionehanno anche un effetto secondario importante, quello di alterare la linearitàdelle valutazioni (teorema 7.2.1) del modello di base. Devo infatti tener contoche quei costi provocano vere e proprie economie di scala, nel senso che i loroeffetti sono relativamente moderati nei portafogli di grosse dimensioni, invecesensibili in quelli di dimensioni modeste, col risultato che l’effettivo valore di underivato o di un portafoglio finisce per dipendere dal soggetto che lo gestisce.Questa perdita di linearità si riflette anche nella non-linearità delle edp chedescrivono la dinamica dei valori (ne dico qualcosa nel par. 7.7.6). Ma quinon è proprio il caso, come talvolta si legge, di sottolineare questo effetto in

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7.7. Critiche ed estensioni 95

modo drammatico. In fondo, c’è sempre gente disposta a guadagnarsi il panerisolvendo per via numerica edp rognose 5.

7.7.4 Sono tutti price-taker?

Un’altra grana molto seria nasce dal fatto che, nella pratica, in mercati nonperfettamente liquidi, le stesse transazioni che gli operatori effettuano a scopodi copertura e ribilanciamento finiscono spesso per spostare il prezzo dei benisottostanti. Ciò contrasta con l’idea che quelle transazioni seguano le variazio-ni, per giunta del tutto casuali, in quei prezzi. In altre parole, nella realtà ilmeccanismo teorico

St cambia ⇒ gli operatori reagiscono

viene ad essere modificato inserendo una sorta di effetto di feed-back , cioèdiventa

⇒ St cambia ⇒ gli operatori reagiscono ⇒⇑ ⇓⇐ ⇐ ⇐ ⇐ ⇐ ⇐ ⇐ ⇐ ⇐

Specialmente in un mercato che ha già di suo problemi di liquidità, questonuovo schema può diventare perverso, cioè creare non solo instabilità e oscil-lazioni, ma addirittura occasioni non banali di arbitraggio, bolle speculative ecrolli.

7.7.5 Incertezza nei parametri

Ho già avvertito nel par. 7.3 che, di fatto, il parametro σ del modello di b&snon solo è variabile col tempo e col prezzo del sottostante (poco male se questadipendenza restasse deterministica), nonché col prezzo di esercizio K (fenome-ni del tipo smile, frown e simili), ma è addirittura non deterministico, sicchéandrebbe modellizzato in modo un po’ più credibile, cioè come un vero e pro-prio p.s.. In realtà osservazioni simili valgono anche per gli altri parametridel modello, in particolare per il tasso istantaneo di interesse r e per il flussoistantaneo di dividendi (li introduco nel par. 8.1). Anche senza definire nuovimodelli che li trattano non come parametri ma come p.s. ben definiti, è comun-que prudente fare sempre i conti immaginando che ogni parametro si muova inuna sua banda di valori plausibili, spesso chiamata banda di certezza (alcunidicono banda di incertezza). In questo ordine di idee la prudenza suggerisceanche di esplorare un intero ventaglio di diversi scenari futuri che si posso-no presentare, dal peggiore al migliore (worst case e best case analysis). Le

5Esistono parecchi metodi per risolvere edp, tutti curiosi e interessanti. Non potendooccuparmene qui, mi limito a rinviare ai cap. 46—50 di [53] ed ai testi [12] e [44].

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96 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

idee che presenterò nel par. 12.3.4 per gestire un derivato o un portafoglio incondizioni di crash rientrano in questo schema, al pari di ciò che racconto neiprossimi 2 paragrafi.

7.7.6 Volatilità incerta

Alcuni sostengono (e hanno ragioni da vendere!) che la volatilità è così bizzosa,imperscrutabile e non osservabile che è impossibile stimarla in modo appenaappena affidabile, tanto meno modellizzarla in modo decente. Aggiungonoperciò che l’unica cosa da fare è questa:

• fisso, sulla base dell’esperienza passata dei rendimenti del sottostante chemi interessa, una banda ragionevolmente ristretta di valori [σ−,σ+];

• suppongo che in futuro σ non possa mai uscire da questa banda;• suppongo che, di fatto, le cose vadano sempre nel peggiore dei modi, cioèche, ad ogni istante futuro, σ assuma il valore che, in quell’istante, è perme il più sfortunato: come dire che vale sempre la legge di Murphy 6.

Vedo di ragionarci sopra. Ritorno al modello b&s ’73 del par. 6.1. All’i-stante t il mio portafoglio ha queste caratteristiche:

• ho una posizione lunga (perciò all’Attivo) su N azioni, ognuna di valorecorrente St, ed una corta (perciò al Passivo) su un T -derivato che hovenduto (cioè sottoscritto) su quelle azioni;

• questo derivato ha il valore F = F (t, St), ancora incognito, e scade a Tcol suo pay-off Φ (ST );

• ho già fatto delta-hedging, cioè ho già provveduto a rendere privo dirischio il mio portafoglio scegliendo N = ∂F/∂St, sicché il valore V (t) delportafoglio e il suo differenziale dV (t) sono descritti dalle (6.1.3)-(6.1.4),che qui ricopio:

V (t) = FSSt − F, (7.7.1)

dV (t) =h−Ft − 1

2FSS (Stσ)2idt. (7.7.2)

6Per quanto priva di fondamento razionale, è una legge popolarissima nella quale moltissi-mi credono. Ne esistono varie versioni, che tutte rispondono a domande come questa: se stospalmando un po’ di burro su una fetta di pane e questa mi casca per terra, quale lato finiràa contatto col pavimento? Oppure: se al supermercato sono in coda davanti ad una cassa,con una coda come quelle delle altre casse, in quale cassa finirà il rotolo di carta, oppure uncliente cercherà di pagare con una carta di credito non valida bloccando la fila?

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7.7. Critiche ed estensioni 97

A questo punto faccio il pessimista (per darmi delle arie: faccio della worstcase analysis) supponendo che, ad ogni istante, σ assuma nella banda [σ−,σ+]il valore per me peggiore, cioè quello che più di tutti deprime dV (t), cioè quelloche massimizza FSS (Stσ)

2. In altre parole suppongo sia σ = σ+ se è FSS > 0,invece σ = σ− se FSS < 0, infine un valore qualunque in [σ−,σ+] se FSS = 0.Insomma, σ non è più una costante deterministica ma diventa una funzioneσ (FSS) fatta così:

σ (FSS) =(posizione corta)

(σ+, se FSS ≥ 0,σ−, se FSS < 0.

(7.7.3)

Per chiamare cose diverse con nomi diversi indico con F+ il corrispondentevalore del derivato e con Γ il suo gamma, cioè F+SS . Questa notazione puòsembrare stravagante, ma mi serve proprio per sottolineare che σ viene sceltoin modo da deprimere il valore V (t) della mia posizione netta, nel mio ca-so gonfiando il valore F (t, St) del derivato che sta al Passivo del mio StatoPatrimoniale, prospetto che qui ricopio dal par. 6.1:

Stato PatrimonialeAttivo F+S St Debiti F+

Netto (F+S St − F+) V (t)totale F+S St totale F+S St

Ora proseguo come nel par. 6.1: per l’ipotesi di non arbitraggio, il mioportafoglio dovrà avere lo stesso rendimento (tasso istantaneo r) di un titoloprivo di rischio e di pari valore V (t), cioè impongo che sia

dV (t) = rV (t) dt;

poi riscrivo le (7.7.1)-(7.7.2) con F+ al posto di F , semplifico quanto basta earrivo al problema

F+t + rF+S St +

12Γ [Stσ (Γ)]

2 − rF+ = 0,F+ (T, ST ) = Φ (ST ) ,

σ (Γ) =(posizione corta)

(σ+, se Γ = F+SS ≥ 0,σ−, se Γ = F+SS < 0.

(7.7.4)

che è del tutto simile a quello di b&s (6.2.6), però col parametro di volatilitàσ che adesso non è più costante ma è σ (Γ), cioè si muove con la legge delpessimismo (7.7.3).

Finora ho immaginato di stare corto (cioè debitore) su un derivato, e il miopessimismo ha visto σ massimizzare il valore del derivato. Se invece avessi una

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98 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

posizione lunga sul derivato (cioè se avessi: il suo valore F all’Attivo e FSSt alPassivo), allora al posto delle (7.7.1) e (7.7.2) avrei

V (t) = F − FSSt,dV (t) =

hFt +

12FSS (Stσ)

2idt.

In questo caso il mio pessimismo mi spinge ancora a deprimere il valore diV (t), ma per ottenere questo risultato stavolta devo cercare il σ che minimizzaF , valore che indicherei con F−. In altre parole, con una posizione lunga sulderivato rovescerei la regola (7.7.3), ottenendo così, al posto del sistema (7.7.4),il sistema:

F−t + rF−S St +

12Γ [Stσ (Γ)]

2 − rF− = 0,F− (T, ST ) = Φ (ST ) ,

σ (Γ) =(posizione lunga)

(σ−, se Γ = F−SS ≥ 0,σ+, se Γ = F−SS < 0.

(7.7.5)

Posso osservare quanto segue:

• se indico con FBS (t, St) il valore che il derivato assume nel consuetomodello di b&s con un σ fisso scelto in [σ−,σ+], allora risulta

F− (t, St) ≤ FBS (t, St) ≤ F+ (t, St) ;

• adottare una visione pessimista sul comportamento di σ mi assicura che,continuando a fare delta-hedging, il rendimento della mia posizione saràalmeno r; anzi, più di r se non avrò sfortuna massima in ogni istantefuturo;

• il discorso che ho raccontato diventa delicato per le opzioni il cui gammapuò cambiare segno; al contrario, nelle call e put europee, che hannosempre questo “greco” positivo, posso usare la consueta formula di b&scon volatilità σ costante, cioè con σ = σ+ o σ = σ− a seconda dei casi(posizione corta o lunga), ritrovando in entrambi un caso particolare delle(7.7.4) e (7.7.5);

• non essendoci più un unico valore di σ ma un’intera banda di valori[σ−,σ+], non esiste più il valore del derivato, ma esistono i due valoriF− (t, St) e F+ (t, St); in più è diversa nei 2 casi l’edp che devo risolvereper calcolare il valore del mio derivato;

• nei problemi (7.7.4) e (7.7.5) ho a che fare con una edp non lineare,dunque una sua soluzione per quadrature me la scordo, la devo trovareper via numerica;

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7.7. Critiche ed estensioni 99

• a questo punto devo dire addio anche al principio di linearità delle valu-tazioni (teorema 7.2.1);

• il problema (7.7.4), al pari di suo fratello (7.7.5), è stato costruito daAvellaneda e altri (in [4] e [5]) apposta per gestire il caso di volatilitàincerta; tuttavia ad un problema dello stesso tipo vengo condotto anchequando l’incertezza riguarda non σ ma il tasso di interesse r privo dirischio o il flusso di dividendi pagati dall’azione sottostante, oppure pergestire la presenza di costi di transazione (vedi [3]);

• i sistemi (7.7.4) e (7.7.5) servono per valutare in modo pessimista il deri-vato sul quale mantengo, rispettivamente, una posizione corta (e allora èF = F+) ed una lunga (e allora è F = F−); per gestire in modo unificatoi 2 casi senza andare in oca, posso lavorare come segue:

— assegno a Φ (ST ) il suo segno naturale, cioè Φ (ST ) indica un incassose Φ (ST ) > 0, un pagamento se Φ (ST ) < 0;

— definisco una posizione sul derivato come corta se F (t, St) < 0, comelunga se F (t, St) > 0;

— unifico i 2 sistemi nella formaFt + rFSSt +

12Γ [Stσ (FΓ)]

2 − rF = 0,F (T, ST ) = Φ (ST ) ,

σ (FΓ) =

(σ−, se FΓ ≥ 0,σ+, se FΓ < 0,

(7.7.6)

nella quale, per farla corta, sono tornato alla notazione standardF per indicare il valore del derivato, in ogni caso calcolato sottol’ipotesi pessimista che vede σ comportarsi, ad ogni istante, in mododa rendere minimo il valore V (t) della mia posizione netta.

7.7.7 Copertura statica ottimale

Fermo il resto, più è ampio l’intervallo [σ−,σ+] e più ampio è lo scarto traF− (t, St) e F+ (t, St). È però possibile adottare qualche contromisura perridurre questo possibile spazio di contrattazione sul derivato. Ora vedo come.Suppongo che mi venga chiesto di definire:

• il minimo prezzo al quale vendere un derivato non quotato (lo si chiamaprezzo del venditore, seller’s price, bid price, short price, prezzo denaro),oppure:

• il massimo prezzo al quale comprare il derivato (prezzo del compratore,buyer’s price, ask price, long price, prezzo lettera).

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100 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

Non avendo informazioni affidabili su σ (magari il derivato non è neppurequotato!), fisso una banda [σ−,σ+] di valori per la volatilità σ e ci lavoro. Useròle convenzioni sul segno di F e del payoff Φ già indicate poco prima della (7.7.6)e tratterò un’entrata o un’uscita di cassa derivanti da una compravendita dialtri derivati con la stessa convenzione scelta per Φ. Riassumendo, userò questeconvenzioni:

+ per :½attività (crediti, posizioni lunghe)entrate di cassa

− per :½passività (debiti, posizioni corte)uscite di cassa

Per fissare le idee immagino che mi si chieda di vendere un derivato conpay-off Φ (ST ) ≤ 0 alla scadenza T . Correre rischi non è mai piacevole, perciòcerco di trovare una qualche forma di copertura. Suppongo che siano trattatisul mercato n derivati semplici con scadenza T , scritti anch’essi sullo stessosottostante quotato St e che posso acquistare e/o vendere nelle quantità de-scritte dal vettore x = [x1, . . . , xn] con componenti di segno libero. Per farlacorta, indico con Φi (ST ) il pay-off del derivato i-esimo in quantità unitariaxi = 1 e con ci il suo prezzo di mercato, elemento del vettore colonna c di Rn.Una volta fissato il mio portafoglio integrativo di copertura x, esso genera ilcorrispondente flusso di cassa

−xc = −Pni=1 xici,

e sarà xc > 0 o xc < 0 a seconda che in x prevalgano gli acquisti (cioè i costi)o le vendite (cioè i ricavi). Il pay-off finale generato da x, cioè

Pni=1 xiΦi (ST ),

va ad aggiungersi al pay-off Φ (ST ) del derivato che voglio vendere, sicché ilpay-off della mia posizione (posizione complessiva, cioè: derivato di partenza+ portafoglio integrativo x) è il cosiddetto pay-off integrato o residuale

Φ (ST ) +Pni=1 xiΦi (ST ) , (7.7.7)

che, per semplicità, posso supporre non sia identicamente nullo e non cambisegno al variare di ST , in modo da capire subito se la mia posizione è lunga(Φ+

Pi xiΦi ≥ 0) oppure corta (Φ+

Pi xiΦi ≤ 0).

Per valutare la mia posizione a t devo allora:

• Valutare il mio portafoglio di (n+ 1) derivati, al quale compete il pay-off(7.7.7). Beninteso, questa valutazione la condurrò con la stessa visionepessimista che ho esposto nel par. 7.7.6, arrivando al valore, che chiamo

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7.7. Critiche ed estensioni 101

G = G (t, St), che risolve il sistemaGt + rGSSt +

12GSS [Stσ (GGSS)]

2 − rG = 0,G (T, ST ) = Φ (ST ) +

Pni=1 xiΦi (ST ) ,

σ (GGSS) =

(σ−, se GGSS ≥ 0,σ+, se GGSS < 0,

(7.7.8)

che ottengo dal sistema (7.7.6) usando G al posto di F (difatti ora c’èun pay-off diverso) e scrivendo in chiaro GSS per Γ. Naturalmente avròG > 0 o G < 0 a seconda che la mia posizione sia lunga o corta.

• Visto che a G ci arrivo grazie al portafoglio integrativo x, non devoscordarmi di aggiungere a G il valore di x, cioè xc, ottenendo la somma

f (x) = G (t, St)| {z }valore (pessimista) a t dellaposizione coperta con x

+ (−xc)| {z }ricavo (se >0) o costo

(se <0) della copertura x

. (7.7.9)

• A questo punto il minimo prezzo di vendita del derivato che devo quotarenon è altro che [−f (x)].

• Finora x era fissato, ma posso farmi furbo, cioè cercare, tra tutte lepossibili scelte di x, il portafoglio integrativo x∗ che rende massimo f (x)(difatti devo rendere minimo [−f (x)]):

f (x∗) = maxxf (x) . (7.7.10)

L’idea che sta sotto a tutto quanto è: devo trovare un x∗ che riduce, comemeglio non potrei fare, il prezzo di vendita al quale offro il derivato. Resta inte-so che sulla mia posizione complessiva dovrò poi fare, se lo desidero, coperturadinamica. È ovvio che il valore del mio portafoglio di (n+ 1) derivati risulteràtanto meno sensibile all’incertezza della volatilità quanto più il pay-off residuo(7.7.7) è ridotto. Addirittura, se x∗ rendesse nullo, ∀ST , il pay-off integrato,allora G (t, St) sarebbe nullo ed x∗ sarebbe il (miglior) portafoglio che replicail derivato da vendere, derivato il cui valore sarebbe semplicemente x∗c.

Una volta che conosco il prezzo minimo al quale offrire il derivato, possoanche calcolarmi la volatilità implicita σ nella quotazione alla quale lo offro.Beninteso, la vera volatilità σ era aleatoria e tale rimane, perciò questo σ ha,della vera volatilità implicita, l’apparenza più che la sostanza.

Nel caso che debba calcolare il massimo prezzo al quale acquistare il de-rivato, l’unica cosa che cambia in quanto ho già detto è che questo prezzo èf (x∗).

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102 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

7.7.8 Un esercizio

Racconto ora di un esempio super-semplificato, adattato da [55], cap. 32. Sulmercato sono trattate sul mercato 2 call europee, con scadenza tra 6 mesi(dunque (T − t) = 0.5) ma con diverso prezzo di esercizio K. Entrambe sonoscritte su un’azione, oggi quotata St = 100, che non eroga dividendi nel se-mestre, e il tasso istantaneo privo di rischio è r = 0.05. La call con K = 90quota F = 14.42, mentre quella con K = 110 quota F = 4.22. A conti fatti, lavolatilità implicita è ' 0.25:

S = 100, r = 0.05, (T − t) = 0.5, σ ' 0.25,(K = 90 ⇒ F = 14.42,

K = 110 ⇒ F = 4.22.

Mi chiedono di fare la mia miglior offerta per vendere una call che non èquotata sul mercato ma che ha le stesse caratteristiche di quelle quotate, peròprezzo di esercizio K = 100. Poiché non mi fido del valore σ = 0.25, suppongo

σ ∈ £σ−,σ+¤ = [0.20, 0.30] .Dato che la call ha sempre il Γ > 0, la (7.7.3) mi fa scegliere subito σ =

σ+ = 0.30 e il problema (7.7.4), con Φ (ST ) = max (ST − 100, 0), mi porta nellebraccia della formula di b&s, che mi dà un prezzo di 9.63. Se invece dovessiacquistare l’opzione, allora nel problema (7.7.5) sceglierei σ = σ− = 0.20,ottenendo il prezzo di 6.89. Lo scarto tra i 2 prezzi è molto ampio.

Suppongo sempre di vendere l’opzione (posizione corta) con K = 100 nonquotata, ma di coprirmi acquistando le opzioni call con K = 90 e K = 110nelle quantità 1

2 e12 , generando così il flusso di cassa di

−cx =− ¡1214.42 + 124.22

¢= −9.32.

A T avrò sia l’uscita di cassa prevista dall’opzione che vendo, sia le entratedel portafoglio integrativo x =

£12 ,12

¤che acquisto, complessivamente il flusso

di cassa (in entrata)

Ψ (ST ) = −max (ST − 100, 0)| {z }per la call che vendo

+ .12 max (ST − 90, 0) + 12 max (ST − 110, 0)| {z }

per le 2 call che acquisto

della figura che segue, tipico del cosiddetto portafoglio farfalla (butterfly) (vedial par. 9.3.3).

Vedo che questo portafoglio integrativo di copertura x ha trasformato la miaposizione corta di partenza in una complessiva lunga, perché il pay-off residualenon presenta mai uscite, bensì un’entrata per i valori di ST ∈ (90, 110). Il suo

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7.7. Critiche ed estensioni 103

valore lo ottengo risolvendo il problema (7.7.8), ottenendo il valore G (t, St) =+0.62. Sommandolo alla spesa per l’acquisto di x ottengo

f (x) = −9.32 + 0.62 = −8.70,sicchè il minimo prezzo al quale vendo la mia call è −f (x) = 8.70, importo chealcuni definiscono marginal value.

Pay-off Ψ (ST ) del portafoglio integrato con x =£12 ,12

¤.

Se fossi chiamato a quotare una posizione lunga sulla stessa call (cioè a farela mia migliore offerta per acquistarla, anziché per venderla), e immaginandodi acquistare il portafoglio integrativo x =

£−12 ,

−12

¤(cioè di vendere 1

2 diciascuna delle call quotate), dovrei calcolarmi G (t, St) lavorando ancora sulsistema (7.7.8) ma usando la condizione al contorno G (T, ST ) = −Ψ (ST )(non per magia, ma perché il pay-off si rovescia), e otterrei il valore (−1.65).Sommandolo al ricavo di 9.32 per la vendita delle call ottengo il valore delnuovo portafoglio integrato, cioè f (x) = 9.32 − 1.66 = 7.66, sicché con quelportafoglio integrativo x, il prezzo massimo di acquisto della call è 7.66, comenella tabella che segue, nella quale c indica il prezzo della call che vendo o cheacquisto e σ indica la volatilità implicita in c.

call(con K=100)

non coperta coperta con

x=[1/2,1/2](−cx=−9.32)

x=−[1/2,1/2](−cx=+9.32)

x∗=[0.57,0.57](−cx∗=−10.62)

x∗=−[0.88,0.37](−cx∗=+14.25)

posizione: c σ c σ c σ c σ c σcorta

(per vendere)9.63bid

0.30 8.70bid

0.27 8.66bid

0.26

lunga(per acq.are)

6.89ask

0.20 7.66ask

0.23 7.71ask

0.23

Ritorno al caso in cui devo formulare la mia migliore offerta per venderela call non quotata. Il portafoglio x =

£12 ,12

¤che ho usato finora non è x∗,

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104 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

cioè non è il migliore che posso scegliere. Se uno si diverte a fare tutti i continecessari, alla fine si accorge che per la posizione corta è x∗ = [0.57, 0.57], conun bid price di 8.66 (un filo meglio di 8.70), mentre per la posizione lunga èx∗ = [−0.88,−0.37], con un ask price di 7.71 (un filo meglio di 7.66). I risultatisono riassunti nella tabella che sta sopra.

Qualche osservazione.

• La copertura dell’opzione non quotata riduce lo scarto tra prezzo bid eprezzo ask, perciò anche quello tra le corrispondenti volatilità implicite.

• Se vedo che per una qualche copertura x la corrispondente volatilitàimplicita σ esce dalla banda [σ−,σ+], allora leggo la cosa come segnaledella presenza di opportunità di arbitraggio; caso mai capitasse, possoapprofittarne, sperando però di non farmi pelare dai costi di transazione.

• Quello che qui ho visto è un adattamento del cosiddetto modello di coper-tura statica ottimale o modello λ-uvm (Lagrangian uncertainty volatilitymodel).

• Ho supposto che tutte le attività del portafoglio integrativo x avesserola stessa scadenza T dell’opzione non quotata, ma solo per semplicità;in caso contrario posso calcolare i miei valori con lo stesso trucco che siusa per valutare opzioni che prevedono l’erogazione di dividendi discreti(par. 8.1.2).

• Sulla strada del realismo posso anche supporre che i prezzi dei deriva-ti integrativi mostrino un bid-ask spread , cioè che un’unità dell’i-esimoabbia un prezzo di vendita (bid price) c−i ed uno di acquisto (ask price)c+i > c

−i ,7. In questo caso xc cede il posto a

Pni=1 xici (xi) , con ci (xi) =

(c+i , se xi > 0(acquisto) ,

c−i , se xi < 0(vendita) .

• Un’altra generalizzazione interessante sul piano del realismo la posso ot-tenere imponendo che la scelta di x, perciò di x∗, debba sottostare aparticolari vincoli (per esempio sulla massima dimensione delle singoleposizioni integrative, sulle vendite allo scoperto, sul rapporto di leva evia di questo passo), così che il problema (7.7.10) diventa di minimo nonpiù libero ma vincolato.

7L’esistenza di un bid-ask price viola le ipotesi sull’unicità del prezzo, una delle tantedichiarate fin dal principio (par. 2.1.2). Lo so bene, ma questo è il prezzo da pagare perinserire qualche pizzico di realismo nel modello di b&s.

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7.7. Critiche ed estensioni 105

• Lo stesso modello si può riformulare, con fatica ma con successo, pervalutare e coprire altri derivati (magari path-dependent) non quotati.Aggiungo che fare copertura statica ottimale di derivati del genere me-diante uno o più derivati di tipo standard quotati sul mercato è prassicomunissima.

• Anche se si parla di copertura statica ottimale, la scelta x∗ non è persempre, la posso rivedere non appena cambiano i miei dati.

• A parte la circostanza, già segnalata sopra, sulla non esistenza di un unicovalore del derivato, qui salta fuori che i suoi prezzi bid e ask, anzichéessere caratteristici dello stesso derivato, dipendono in modo essenzialedai prodotti che posso scegliere per costruire, nel miglior modo possibile,un portafoglio per la sua copertura. Come dire che il valore di un benenon va visto come se questo fosse isolato (si dice: stand-alone), perchéin realtà dipende dall’ambiente in cui lo colloco. Si tratta, è vero, di unastoria vecchia come il Cucco, ma sentirsi ripetere ogni tanto che il mondoè e resta complicato non fa male.

7.7.9 Wiener non basta

Anche la continuità delle traiettorie generate dal prezzo St del sottostante èun’ipotesi che in pratica è tradita: mi basta pensare alle occasioni del tipo“Venerdì nero”, quando l’intero mercato registra un crollo improvviso, un cra-sh. L’idea che ogni prezzo segua un processo di diffusione di Wiener (par.3.1) va dunque rivista, dato che quel processo non ammette discontinuità (aparte quelle connesse alla distribuzione di dividendi per le azioni, oppure alpagamento di cedole e di rimborsi in conto capitale per gli altri titoli). Unadelle proposte più note per rimediare a questo guaio incorpora nel modelloun processo di Poisson (vedi al par. 14.4.16), che sembra capace di gestire inmodo abbastanza decente i fenomeni di discontinuità. Purtroppo però questoarricchimento del modello rende del tutto pia (eufemismo per illusoria) l’ideache in qualche modo sia ancora possibile ottenere un vero e proprio portafogliodi copertura.

7.7.10 Reti neurali artificiali

Nel par. 3.1 ho riassunto il principale tentativo (ricorso alla legge dei grandi nu-meri del par. 14.4.13) che viene proposto a sostegno del ruolo che la tradizioneassegna ad un processo di Wiener nel descrivere il comportamento del prezzoSt di un’azione. Nel par. 4.2 ho poi aggiunto qualche riga piena di scetticismosu questo tentativo. Qualcuno ci ha pensato sopra, specialmente dopo avernotato che le evidenze statistiche su vari mercati non confermano l’idea chela distribuzione dei rendimenti di quei titoli sia normale (infatti presenta code

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106 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

più spesse di una normale), come invece dovrebbe essere quando si parte da unmoto browniano geometrico: rivedi la (4.2.4). Più in generale, molti sostengo-no che non si può più credere alla Befana, cioè mostrano insofferenze di variotipo nei confronti sia delle ipotesi di mercato perfetto e privo di opportunità diarbitraggio, sia sulla stessa idea di un modellino parametrico che, come quellodi b&s, trasformi dati e parametri nella quotazione di un derivato.

Per rimediare a questa situazione inquietante sono emerse molte proposte,più o meno ingenue e/o radicali. Se tra queste ne devo citare una sola, allorascelgo quella che sfrutta le reti neurali artificiali , approccio che ora qui riassumoin 4 parole riferendomi all’architettura più elementare e tagliando via gli aspettidi metodo più delicati. Per prima cosa definisco un vettore colonna di inputz (t) che elenca le variabili da z1 (t) a zn (t), tutte osservabili, che sospettopossano avere qualche rilevanza sul prezzo y (t) del derivato all’istante t:

z (t) 7→ y (t) = f (z (t)) .

Poi scelgo una funzione (funzione di attivazione) di comodo ϕ ( · ), nonlineare, di solito di classe C1 e di espressione semplice. Si tratta di una specialefunzione che trasforma z (t) in ϕ (pz (t)) = ϕ (

Pni=1 pizi (t)):

z (t) 7→ ϕ (pz (t)) = ϕ (Pni=1 pizi (t)) , (7.7.11)

essendo p un vettore riga di pesi da p1 a pn, ancora da definire. Una funzionemolto comune è la cosiddetta tangente iperbolica, quella che trasforma x ∈ Rin

ϕ (x) = tanh (x) =ex − e−xex + e−x

= 1− 2

1 + e2x,

funzione che ha lo stesso segno dell’argomento, è strettamente crescente ed haimmagine (−1, 1): vedi il grafico che segue. Ovviamente, ci sono anche altreproposte.

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7.7. Critiche ed estensioni 107

Un neurone artificiale è un oggetto che effettua la trasformazione (7.7.11),ora vedo come. A diverse date t da t1 a tm osservo z (t) ed i corrispondentivalori che si affermano sul mercato per il prezzo y (t) del derivato. Il cosiddettoaddestramento del neurone consiste nella ricerca del vettore p∗ di pesi cheminimizzano Pm

j=1 [y (tj)− ϕ (pz (tj))]2 ,

cioè la somma dei quadrati degli scarti tra y (t) e ϕ (pz (t)) per t che corre dat1 a tm, con m relativamente grande rispetto ad n. Poi scarto le variabili zi (t)che hanno un peso p∗i così piccolo da suggerirmi che zi (t) non è una variabileabbastanza significativa.

Questa mia semplice rete è sottoposta poi ad un test di validazione, checontrolla la sua capacità previsiva su nuovi input (anch’essi noti) z (t), cont > tm, che vengono trasformati in nuove previsioni ϕ (p∗z (t)), da confrontarecoi corrispondenti valori y (t). Se tutto va bene posso finalmente usare la miarete a scopi previsivi. Coltivo infatti la speranza che la funzione ϕ (p∗z (t))approssimi bene la funzione deterministica f (z (t)) (che mai conoscerò: se laconoscessi non starei qui a perder tempo!) che trasforma z (t) in y (t), benintesoal netto delle variazioni di natura puramente casuale. In realtà ogni funzionef (z (t)) può essere approssimata con la precisione che si desidera mediante unarete neurale purché:

• il vettore z (t) ospiti tutte le variabili esplicative;• abbia le mani libere nello scegliere l’architettura delle rete, in particolareil numero dei neuroni (finora 1) del cosiddetto strato nascosto, neuroniche, in parallelo e in modo indipendente, trasformano l’input z (t) inoutput intermedi, che vengono poi pesati (con pesi anch’essi da scegliere)e sommati in un neurone di output finale.

Volendo, posso anche inserire dei collegamenti in retro-azione (feed-back).Avverto che i problemi più seri li ho nascosti, come: la scelta dell’architetturagenerale della rete, della sua complessità (numero degli input), dell’algoritmodi apprendimento (come modificare via via i pesi e trovare p∗), del criteriocol quale terminare la fase di apprendimento (quando fermarsi, soprattuttoper evitare il fenomeno di overfitting , cioè che la rete interpreti variazionicasuali per legami di struttura), e via dicendo. L’ideale sarebbe avere unarete parsimoniosa, cioè con pochi input e pochi neuroni intermedi, perciò conaddestramento rapido, eppure dotata di buone capacità previsive: è l’idea sullaquale stanno lavorando seriamente in molti. Il Gruppo Econometrico dellaFacoltà di Economia dell’Università di Pavia è tra questi ed ha già ottenutorisultati confortanti nel costruire reti davvero parsimoniose ma efficienti pervalutare derivati e per condurre delta-hedging sui medesimi.

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108 Capitolo 7. Il modello B & S: complementi

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Capitolo 8

Opzioni con dividendi, suvalute e su merci

“These are exciting, complex, dangerousand profitable times on the financial markets.”

(W.T. Ziemba, Editorial, Newsflow, 20, 1999)

In questo breve capitolo faccio vedere come si può adattare l’eds (6.2.5)del modello b&s ’73 per gestire alcune semplici varianti relative alla presenzadi dividendi, oppure al caso di opzioni su valute o su merci.

8.1 Opzioni con dividendi

Nel caso che vengano incassati dividendi, cambia ben poco nello schema de-scritto nel cap. 5 per seguire la dinamica del valore V x (t) del portafogliox (t) = [x1 (t) , . . . , xn (t)] coi prezzi S (t) = [S1 (t) , . . . , Sn (t)]

0. Sia Di (t) iltotale dei dividendi (dividendi cumulati) pagati in (0, t] dalla i-esima delle nattività finanziarie del portafoglio x (t). Se esiste un processo δi (t) tale che sia

dDi (t) = δi (t) dt,

allora dico che l’attività i paga un dividendo istantaneo δi (t) ed i dividendipagati in (0, t] sono pari a Di (t) − Di (0), con Di (t) =

R t0 δi (τ) dτ . Ride-

finisco come auto-finanzianti il portafoglio assoluto x e quello relativo y serispettivamente risulta

x (t) è un paf ⇔ dV x (t) =Pni=1 xi (t) [dSi (t) + dDi (t)] ,

x (t) è un paf ⇔ dV x (t) = V x (t)Pni=1 yi (t)

dSi (t) + dDi (t)

Si (t),

cioè tutto come nelle (5.1.1) e (5.2.1), però con [Si (t) +Di (t)] al posto di Si (t).Distinguo 2 casi. Nel 1◦, che è il più teorico ma il più facile da gestire,

immagino che i dividendi pagati in (t, t+ dt] dallo stock siano misurati da

dD (t) = δ (St) dt,

109

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110 Capitolo 8. Opzioni con dividendi, su valute e su merci

con il dividendo istantaneo δ (St) funzione deterministica e continua di St; perfarla corta mi limito addirittura al caso più semplice in cui è δ (St) = δSt conδ > 0 costante. Nel 2◦, di maggior interesse pratico ma più rognoso da gestire,immagino invece che i dividendi siano distribuiti solo agli istanti successiviT1 > T0 = 0, T2, . . . , Tn < T , nella seguente misura:

date T0 T1 T2 · · · Tn−1 Tn T

dividendi δ1 δ2 · · · δn−1 δn

Per evitare di distrarmi, in entrambi i casi adotto l’ipotesi semplificatricein cui deriva α (t, St) e diffusione σ (t, St) sono costanti e considero una calleuropea.

8.1.1 Dividendi continui

Mi metto nel 1◦ caso, nel quale la call europea è scritta su un’azione che prevedeun flusso continuo di dividendi δSt. Se ho la pazienza di rifare i conti del par.6.2, mi accorgo che la musica cambia in un punto ben preciso: essendo previstidividendi, dSt va sostituito da dGt, con Gt processo di guadagno definito da

dGt = dSt + dDt = dSt + δStdt.

Ne segue che l’equazione [ySα+ yFαF = r] va riscritta nella forma

yS (α+ δ) + yFαF = r

e rifacendo i conti successivi si arriva, alla fine della fiera, a questa variante delproblema (6.2.6):

Ft + (r − δ)SFS(non più rSFS)

+ 12S

2σ2FSS − rF = 0,

F (T, ST ) = Φ (ST ) .

Lo stesso discorso si ripropone per il teorema 6.4.1, nel quale la (6.4.6) variscritta nella variante

dSt = (r − δ)St dt+ Stσ dWt,

e le formule di b&s (6.5.4) e (6.5.6) per la call e put europee diventano:

F (t, St)(call)

= Ste−δ(T−t)N(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) ,

F (t, St)(put)

= −Ste−δ(T−t)N(−d1) +Ke−r(T−t)N(−d2) ,

con: d1 =lnStK+¡r − δ + 1

2σ2¢(T − t)

σ√T − t , d2 = d1 − σ

√T − t

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8.1. Opzioni con dividendi 111

Ovviamente, ci sono anche analoghe edp sia per il caso di un dividendoistantaneo non proporzionale a St, sia per il caso in cui δ (St) non è una funzionedeterministica, bensì un p.s. con le sua brava deriva e volatilità α (t, St) eσ (t, St).

8.1.2 Dividendi discreti

Il solo incasso a Tk del dividendo δk produce una riduzione di pari importonel valore dell’azione, cioè un salto di ampiezza (−δk). Del resto, se così nonfosse si aprirebbe subito una possibilità di arbitraggio. Mi conviene adottarela convenzione in cui S (t) indica il prezzo tel quel dell’azione a t, cioè al lordodel rateo di dividendo (eventualmente) previsto a t. Si può dimostrare che ilvalore F della mia call europea può essere calcolato seguendo questa (noiosama semplice) procedura ricorrente a ritroso:

• Prendo l’ultimo intervallo (Tn, T ] e con la consueta procedura, cioè usan-do la formula pratica di b&s (6.5.4), calcolo il valore F (t) del deri-vato per t ∈ (Tn, T ], utilizzando la solita condizione sul valore finaleF (T ) = Φ (T, ST ). Essendo F (t) definita solo per t ∈ (Tn, T ] e non an-che per la data t = Tn di inizio dell’intervallo, definisco il valore inizialeF (Tn) usando la condizione di salto che traduce la riduzione di valoredell’azione provocata dall’incasso del dividendo δk:

F (Tn) = F¡T+n¢+ δn. (8.1.1)

• Mi metto nell’intervallo (Tn−1, Tn] e calcolo con la consueta procedurail valore F (t) del derivato per t ∈ (Tn−1, Tn], utilizzando la condizionesul valore finale F (Tn) che ho già calcolato con la (8.1.1). Definisco poiil valore iniziale F (Tn−1) usando la condizione di salto, del tutto similealla (8.1.1),

F (Tn−1) = F¡T+n−1

¢+ δn−1.

• Ripeto la solfa in ciascuno degli intervalli (Tn−2, Tn−1], (Tn−3, Tn−2], . . . ,(T0, T1], ogni volta comportandomi come segue:

— uso come condizione finale dell’intervallo (Tk−1, Tk] il valore di F (Tk)che ho già ottenuto lavorando nel precedente intervallo (Tk, Tk+1]quando ho imposto la condizione di salto F (Tk) = F

¡T+k¢+ δk;

— definisco il valore iniziale dell’intervallo (Tk−1, Tk] imponendo lacondizione di salto F (Tk−1) = F

¡T+k−1

¢+ δk−1.

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112 Capitolo 8. Opzioni con dividendi, su valute e su merci

Posso anche adattare al mio caso il teorema 6.4.1 sulla valutazione neutra-le rispetto al rischio: mi basta aggiungere la stessa condizione di salto nella(6.4.5). Ovviamente, ci sono anche edp che gestiscono uno o più dei seguenticasi: δ (S (t)) è un p.s., α (t, S (t)) e σ (t, S (t)) non sono costanti, sono previstisia dividendi continui che dividendi discreti.

8.2 Opzioni su valute

L’opzione può essere scritta su un bene il cui prezzo è espresso in una valutaestera, sulla quale si ricevono interessi al tasso (istantaneo) r∗. Posso assimilarequesti interessi a un flusso costante di dividendi e dunque modificare l’eds(6.2.5) nella forma

Ft + (r − r∗)SFS(non più rSFS)

+ 12S

2σ2FSS − rF = 0.

Lo stesso discorso si ripropone per il teorema 6.4.1, nel quale la (6.4.6) variscritta nella variante

dSt = (r − r∗)St(non più rS)

dt+ Stσ dWt.

8.3 Opzioni su merci

Discorso simile vale per un’opzione scritta su merci, la cui detenzione spessoprovoca costi addizionali per custodia, assicurazione, cali naturali (basta pen-sare ai prosciutti che stagionano), ecc. (si parla di cost of carry). Se li suppongocostanti e pari a cS (t) nell’unità di tempo, con lo stesso trucco già usato sopraposso modificare l’eds (6.2.5) nella forma

Ft + (r + c)SFS(non più rSFS)

+ 12S

2σ2FSS − rF = 0

e riscrivere la (6.4.6) nella variante

dSt = (r + c)St(non più rS)

dt+ Stσ dWt.

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Capitolo 9

Alla fiera dei derivati

“Math finance is a relatively young subjectand there is plenty of room for people to experiment.”

(P. Wilmott, [53], p. 2)

In questo capitolo prendo in sommaria rassegna: alcuni tipi di opzioni similialle europee, certi speciali portafogli di opzioni europee, le opzioni americanee un campionario di opzioni di tipo non standard (dette opzioni esotiche),nonché gli speciali derivati detti forward e futures.

Quelli che qui indicherò costituiscono soltanto un frettoloso giro d’orizzontesu un ginepraio sempre più intricato; per un discorso più completo esistonomanuali, atlanti di formule 1, riviste specializzate e software specifico 2. Soloalcuni dei contratti dei quali dirò sono T -derivati, cioè del tipo X = Φ (ST ),sicché sopportano l’approccio presentato nel cap. 6. Negli altri contratti ilvalore finale dipende invece non solo da ST ma da tutta la traiettoria che Stdescrive su [0, T ]; inoltre alcuni di essi sono replicabili, però è difficile trovareun’espressione semplice del paf che li replica. In molti casi esistono comunqueformule per la loro valutazione, esatta o approssimata.

9.1 Opzioni binarie

Le opzioni binarie sono particolari T -derivati che hanno valori finali discontinuirispetto a ST . Ad esempio, nell’opzione call cash or nothing (contanti o niente)

1Ad esempio i testi [30] e [43]. Anche i testi [51], [53] e [55] non scherzano.Il primo capitolodel testo [47] prende in rassegna 120 tipi di derivati.

2Ce n’è per tutti i gusti: pacchetti applicativi di interesse professionale, di costo ovvia-mente inavvicinabile, apposite routine in linguaggio C++ e per programmi di calcolo comeMapleTM , MathematicaTM , MatlabTM (come nei manuali [12], [47] e [44]), nonché rispettabilie divertenti programmi di interesse didattico, spesso freeware, come quelli allegati ai testi[13], [22], [32] (sta anche in: www.mgmt.utoronto.ca/∼hull) e [53]. Ad esempio, oltre cheper gli scopi già indicati nella nota al par. 6.5.3, questi programmi si possono usare per gestirealcuni problemi numerici che nascono dalle incertezze sui parametri del modello b&s, comequelli dei par. da 7.7.6 a 7.7.8. In Internet sono poi accessibili (gratis) diversi “calcolatori”per derivati.

113

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114 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

si fissa un importo Y e si pone

Φ (ST ) =

(0, se ST < K,

Y, se ST ≥ K.Con Y = 1 si ha la cosiddetta opzione digitale, il cui valore finale è

Φ (ST )per la call

=

(0, se ST < K,

1, se ST ≥ K,

Φ (ST )per la put

=

(1, se ST ≤ K,0, se ST > K,

ovvero, come scrivono i Fisici,

Φ (ST ) =

(H (ST −K) per la call,H (K − ST ) per la put,

essendo H (·) la cosiddetta funzione di Heaviside, che vale 0 se il suo argomento(·) è < 0, invece 1 se è ≥ 0.

Una call digitale verifica l’eds di b&s (6.2.5) di sua sorella europea, peròrichiede la condizione finale

F (T, ST ) = H (ST −K)al posto della solita (F (T, ST ) = Φ (ST )) presente nel problema (6.2.6). Ciòconsente di trovare il valore a t di una call digitale: coi simboli della (6.5.4),è e−r(T−t)N(d2). Esiste anche analoga formula per la put digitale, che possoperò trovare stabilendo una sorta di relazione di parità tra la call digitale e laput digitale, di rispettivi prezzi c (t, St) e p (t, St). Comprandole entrambe a t,a T mi trovo in mano tra (T − t) anni 1 in ogni caso, dunque

c (t, St) + p (t, St) = e−r(T−t),cioè : e−r(T−t)N(d2) + p (t, St) = e−r(T−t),

dunque : p (t, St) = e−r(T−t) [1−N(d2)] .

Ad esempio, coi dati indicati nella (6.5.5), cioè con

St = 100, K = 105, (T − t) = 0.25, r = 0.04, σ = 0.1,

ottengo questi risultati

opzione standard opzione binariacall 0.63926 0.20952

put 4.59449 0.78053

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9.2. Opzioni leaps e flex 115

Una strana variante della call binaria è l’opzione supershare (ma che belnome!), nella quale, scelto un numero h > 0, la funzione di contratto è

Φ (ST ) =1

h[H (ST −K)−H (ST −K − h)] ,

cioè paga 1h se K ≤ ST < K + h, invece 0 in caso contrario.

9.2 Opzioni leaps e flex

Leaps è la sigla di long-term equity anticipation securities. Sono opzioni call eput a lunga scadenza, fino a 3 anni. Scadono sempre nel mese di Gennaio, han-no 3 diversi prezzi di esercizio (0.8St, St e 1.2St) e sono regolarmente quotate.Sono state proposte alla fine degli anni ’80 alla Borsa derivati di Chicago. Flexè la sigla di flexible exchange traded options: hanno scadenza fino a 5 anni esono derivati un po’ più flessibili dei precedenti, cioè meno standardizzati neiprezzi di esercizio e nelle scadenze.

9.3 Portafogli di opzioni europee

Usando opzioni europee call e put a mo’ di tesserine del LegoTM , posso costruirealcuni giocattoli, cioè portafogli (o strategie) di opzioni, alcuni dal nome strano.

9.3.1 Portafogli spread

Un portafoglio spread si ottiene con 2 opzioni call, oppure 2 put, con la stessascadenza ma con prezzi di esercizio diversi. Compongo un portafoglio bullspread comprando una call e vendendo un’altra call, coi rispettivi prezzi diesercizio K e K 0 > K. La funzione di contratto è

Φ (ST ) = max (ST −K, 0)−max¡ST −K 0, 0

¢e la posso disegnare facilmente partendo dai grafici del par. 5.3.

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116 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

Un portafoglio bear spread lo ottengo invece vendendo una put e comprandouna put, coi rispettivi prezzi di esercizio K e K 0 > K. La sua funzione dicontratto è

Φ (ST ) = −max (K − ST , 0) + max¡K 0 − ST , 0

¢e la posso disegnare in modo simile. Chi compone un portafoglio bull spreadspera in un rialzo nella quotazione del titolo sopra a K, chi compone un bearspread spera invece che essa resti sotto K 0. Ciò spiega i nomi: bull è rialzistae bear è ribassista, mentre spread è lo scarto (K 0 −K).

Esistono anche i portafogli spread calendario: sono composti come i prece-denti, ma comprendono opzioni con scadenze diverse. Li lascio stare.

9.3.2 Portafogli straddle e strangle

Sono portafogli detti combinazioni perché comprendono sia una call che unaput. Lo straddle comprende l’acquisto di una call e di una put di comunescadenza e prezzo di esercizio, e genera a T il risultato

Φ (ST ) = max (ST −K, 0)(call)

+max (K − ST , 0)(put)

=

(K − ST , se 0 < ST < K,ST −K, se ST ≥ K.

È il portafoglio ideale per chi spera che la futura quotazione del titolo stiaalla larga da K, non importa se sopra o sotto. Chi invece spera che ST esca daun intervallo [K,K 0] compone un portafoglio strangle, coi prezzi di esercizio Kper la put e K 0 > K per la call. Ecco il grafico delle funzioni di contratto.

9.3.3 Altri animali dello zoo

Lavorando con più di 2 opzioni, con scadenze comuni o diverse, si possonocomporre portafogli con altre strane funzioni di contratto e dai nomi suggestivi,come i portafogli butterfly (o farfalla: ne ho visto un esempio nel par. 7.7.8) econdor . In questo zoo esistono parecchi altri animali.

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9.4. Warrant e bond convertibili (rinvio) 117

9.4 Warrant e bond convertibili (rinvio)

Ne parlo nei par. 12.2.3 e 12.2.4.

9.5 Opzioni americane (in pillole)

La valutazione della call e delle put americana è molto (ma molto) più ro-gnosa di quella dell’europea. Peccato, perché moltissime attività finanziarieassomigliano più ad opzioni americane che europee.

Comincio con la call. Se l’opzione viene acquistata all’istante t, ogni mo-mento z in (t, T ] è buono per esercitare l’opzione. È dunque ovvio che il prezzodi una call americana sia almeno pari a quello dell’europea: infatti, oltre allascelta z = T tipica di sua sorella europea, essa mi dà anche il diritto di sceglie-re un’altra data di esercizio più corta. Restando nel caso in cui non vengonodistribuiti dividendi, trovare il momento ottimale nel quale esercitare l’opzioneamericana (beninteso, sempre se ne varrà la pena) vuol dire trovare la scadenzaottimale z = z∗, quella che risolve in z il problema, detto di tempo di arrestoottimale,

maxz∈(t,T ]

³e−r(z−t)EQt,St [Φ (Sz)]

´. (9.5.1)

9.5.1 Call americana: meglio viva o morta?

Non essendo attrezzato per affrontare di petto il problema (9.5.1), mi accon-tento del seguente confortante risultato, dovuto a Merton:

Teorema 9.5.1 . La scadenza ottimale per l’eventuale esercizio di una callamericana che non distribuisce dividendi è quella finale. Perciò il suo prezzocoincide sempre, a parità di scadenza, prezzo di esercizio e sottostante, conquello della call europea.

Dimostrazione. Scelgo un istante z ∈ [t, T ] e indico con c (z, Sz) eC (z, Sz) il valore a z ∈ [t, T ] di una call europea e di una americana, comuniper scadenza T , prezzo di esercizio K e sottostante, senza dividendi previstiin (t, T ]. Dato che l’americana conferisce, oltre ai diritti della europea, anchequello di esercizio anticipato, (o esercizio precoce) sarà

C (z, Sz) ≥ c (z, Sz) , ∀z ∈ [t, T ] . (9.5.2)

Sia A il portafoglio che a z contiene soltanto una call europea; esso a zvale Vz = c (z, Sz) ed il suo valore a T sarà VT = max (ST −K, 0). Ecco la

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118 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

situazione del detentore:

Portafoglio A: 1 call europea

Valore di A :

a z : Vz = c (z, Sz) ,

a T :

VT = (ST −K) , se ST ≥ K,VT = 0, se ST < K.

Sia invece A il portafoglio che a z contiene all’Attivo un’azione e al Passivoun debito che andrà rimborsato a T pagandoK, dunque che a z valeKe−r(T−z).Il valore (netto) a z di A è dunque Vz = Sz −Ke−r(T−z) ed il suo valore a Tsarà VT = (ST −K). Ecco la situazione del detentore:

Portafoglio A :

attivo: 1 azione

passivo: K da pagare a T

Valore di A :

a z : Vz = Sz −Ke−r(T−z),

a T :

VT = (ST −K) , se ST ≥ K,VT = (ST −K) < 0, se ST < K.

È evidente che A non ha mai esiti finali peggiori di A, sicché l’ipotesi diassenza di arbitraggi impone Vz ≥ Vz, cioè

c (z, Sz) ≥ Sz −Ke−r(T−z), ∀z ∈ [t, T ]

ed anche, essendo r > 0,

c (z, Sz) > (Sz −K) ,∀z ∈ [t, T ) .

Grazie alla (9.5.2), ciò mi consente di ottenere la relazione

C (z, Sz) > (Sz −K) ,∀z ∈ [t, T ) ,

nella quale leggo: al 1◦ membro il valore a z della call americana se la tengo inmano, al 2◦ ciò che incasso a z se la esercito. Dunque l’esercizio anticipato nonè mai conveniente e di fatto l’opzione verrà esercitata soltanto a T (benintesose sarà ST > K), proprio come sua sorella europea. Ad ogni z i 2 prezzi, cioèC (z, Sz) e c (z, Sz), devono allora coincidere.

Questo sorprendente teorema, che (attenzione!) non vale per le put ameri-cane, viene commentato dicendo che, se non sono previsti dividendi, una callamericana vale più da viva che da morta. Se invece sono previsti dividendi a

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9.5. Opzioni americane (in pillole) 119

certe date (par. 8.1.2), questa conclusione sopravvive con una variante ragio-nevole: conviene esercitare la call (se ne varrà la pena) soltanto alla data finaleT oppure ad una delle date di distribuzione dei dividendi.

Ora considero una put americana. Usando i consueti argomenti che fannoperno sull’ipotesi di assenza di arbitraggi, si può (faticosamente) dimostrareche al posto del problema di valori al contorno (6.2.6) tipico del modello dib&s ’73, cioè (

Fz + rSFS +12σ2S2FSS − rF = 0, ∀z ∈ [t, T ]

F (T, ST ) = max (K − ST , 0) ,esce quest’altro:

Fz + rSFS +12σ2S2FSS − rF ≤ 0

(non più equazione ma disequazione!)

, ∀z ∈ [t, T ] ,

F (z, Sz) ≥ max (K − Sz, 0)(condizione nuova!)

, ∀z ∈ [t, T ] ,

F (T, ST ) = max (K − ST , 0)(solita condizione al contorno)

,

(9.5.3)

da completare col vincolo che, al momento dell’esercizio dell’opzione, il suovalore F e il corrispondente delta N = ∂F/∂S devono essere entrambe funzionicontinue di S = Sz. Per i Fisici un problema di questo tipo rientra nei cosiddettiproblemi di valori a frontiera libera, assai più delicati di quello che ho già gestitoper la call europea.

Per risolvere il problema (9.5.3) mi conviene sfruttare queste dritte:

• Per ogni istante z ∈ [t, T ] esiste un valore critico minimo S∗ del prezzodel sottostante al quale conviene esercitare la put. Il problema nasce dalfatto che S∗ esiste ma non lo conosco. Tuttavia per scoprirlo posso peròlavorare come segue:

• Quando mi conviene tenere viva la put, allora dev’essere(Fz + rSFS +

12σ2S2FSS − rF = 0,

F (z, Sz) > max (K − Sz, 0) .

• Al contrario, quando mi conviene esercitarla dev’essere(Fz + rSFS +

12σ2S2FSS − rF < 0,

F (z, Sz) = max (K − Sz, 0) .

• Infine, quando Sz = S∗ sono al momento buono per l’esercizio ottimale,ma deve comunque risultare

N = ∂F

∂S= −1. (9.5.4)

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120 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

La condizione (9.5.4) è detta condizione di contatto morbido (smooth pa-sting), perché traduce il fatto che, nel loro raccordo, la curva F e la retta(K − Sz) si toccano ed hanno lo stesso coefficiente angolare.

Devo solo aggiungere che il metodo più semplice (anche se più faticoso) perdecidere quando è il caso di esercitare opzioni americane consiste nel gestire ilproblema con lo schema dell’albero binomiale del par. 2.2. Ne trovo un esempionel prossimo par., e ne troverò un altro nella valutazione degli zcb convertibilicallable del par. 12.2.4.

9.5.2 Quando uccidere una put americana e perché

Si può valutare una put americana, per semplicità che non eroga dividendi,usando lo stesso metodo (albero binomiale) impiegato per valutare put e calleuropee nel par. 2.2.4. Le modifiche da inserire per la possibilità di esercitareuna put americana in anticipo sulla scadenza finale, sono semplicissime. Eccole,comprensive delle convenzioni precisate nel par. 2.2.5:

• Richiamo le convenzioni

u = eσ√∆t, qu =

er(∆t) − du− d .

• Scelgo la data iniziale 0 ed r, tasso istantaneo di interesse privo di rischio.• Affetto l’intera durata T della put in n passi di ampiezza (∆t) e faccioviaggiare la data t sulle date dei nodi, cioè nell’insieme

{0, (∆t) , 2 (∆t) , 3 (∆t) , . . . , n (∆t) = T} .

• Indico con Φt il pay-off che il detentore incasserebbe a t se in quella dataesercitasse la sua put.

• Ripesco dall’ultima delle (2.2.5) la relazione

F (t) =

(Φt, per t = T,

e−r(∆t)£F+t+1qu + F

−t+1 (1− qu)

¤, per t < T.

• Lavorando a ritroso sulle date, all’istante t < T decido di esercitare laput in anticipo (la uccido) se mi conviene, cioè se l’incasso del suo pay-offa t supera il valore F (t) che essa invece ha se la detengo (cioè se la lascio

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9.6. Opzioni esotiche 121

viva). In altre parole, il valore F (t) della put lo calcolo così:

F (t) =

Φt, per t = T,valore alla data finale

max

e−r(∆t) £F+t+1qu + F−t+1 (1− qu)¤| {z }valore se la tengo viva

, Φt|{z}valore sela uccido

, per t < T.

Tutto qua. Devo solo aggiungere 2 cosette. La prima è questa: la pos-sibilità di esercizio anticipato aggiunge un’enfasi speciale alla necessità che ilnumero dei passi sia abbastanza grande da garantirmi risultati approssimatima non approssimativi. La seconda è questa: anche per questo motivo, nellavalutazioni di una put americana molti preferiscono risolvere il problema difrontiera libera indicato nel par. 9.5 per via numerica (insomma: via il dente,via il dolore!). Ad esempio, usando uno dei programmi freeware (vedi nota apag. 113), vedo che una put americana coi dati

S0 = 100, K = 95, T = 312 , σ = 0.22, r = 0.05

a 0 vale F (0, 100) ' 1.897, mentre sua sorella europea vale soltanto F (0, 100) '1.856.

9.6 Opzioni esotiche

Una volta che tutti hanno imparato a valutare correttamente i derivati stan-dard del tipo b&s (sono anche detti di tipo plain vanilla, cioè vaniglia liscio3),l’ingegneria finanziaria ha inventato le opzioni esotiche, cioè nuovi tipi di de-rivati che servono a coprire altri tipi di rischio ritagliati su misura del singolocliente, ma soprattutto a scopo speculativo. Devo dire che molte opzioni unavolta classificate esotiche vengono ora ricomprese nei prodotti vaniglia. In più,certi prodotti vengono talvolta qualificati come derivati di frontiera, (avanzati ,di avanguardia, innovativi , alternativi , dinamici , ecc.), anche se spesso il loromarketing nasconde minestre riscaldate. Oltre alle opzioni americane standard,ecco alcuni altri derivati del tipo call (quelli del tipo put sono simmetrici), trai più noti:

• Contratti forward e contratti futures: ne dirò qualcosa nel par. 9.7.3Anche negli usa, in tutte le gelaterie si trovano gelati di vari gusti, alcuni con qualche

variante, per esempio al cioccolato con sopra la panna. Tutte però tengono sempre il gelatoalla vaniglia senza varianti, che si chiama vaniglia liscio (plain vanilla). In tutti i mercatiche trattano derivati su prodotti finanziari si trovano sempre derivati standard del tipo b&sgeneralizzato: pur non trattandosi di gelati, per analogia vengono battezzati con quel termine.

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122 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

• Opzione asiatica o opzione valor medio: è quella con

Φ (XT ) = max

µ1

T − tZ T

tSz dz −K, 0

¶.

Un’opzione del genere può avere un interesse genuino dal punto di vista assicu-rativo, come nel caso di una raffineria che, nell’arco di un mese, acquista ognigiorno il greggio a prezzi (prezzi spot, cioè a pronti) variabili e vuole garantirsiche in ogni caso il costo mensile del greggio non superi una soglia di sicurezzaK. La formuletta usa la media aritmetica, che nell’esempio è sensata, ma sipossono usare medie diverse; quella geometrica ha il piccolo vantaggio di ren-dere più facile la valutazione (ma qui la necessità di alleggerire i conti fa aggiosulla natura stessa del contratto: scandaloso!).

• Opzione lookback : è quella con

Φ (XT ) = max

µmaxz∈[t,T ]

(Sz)−K, 0¶.

• Opzioni a barriera. Fissata a t una barriera superiore S+ > St e/o unainferiore S− < St, il valore finale del derivato dipende dal fatto che una e/ol’altra delle 2 barriere venga visitata da Sz durante l’intervallo [t, T ] di vitadel derivato. Ecco alcuni esempi: nel contratto down and out (giù e fuori), seSz resta sempre sopra S−, allora a T il derivato produce un incasso Φ (ST ),mentre in caso contrario non succede nulla; simmetricamente, nel contratto upand out (su e fuori) l’incasso è subordinato al fatto che Sz resti sempre sottoS+. Ovviamente, ci sono anche i contratti down and in (giù e dentro) e upand in (su e dentro), nei quali il contratto acquista efficacia solo a partire dalladata in cui per la prima volta Sz tocca la barriera S−, oppure S+. Le opzionia barriera che “vivono”, cioè che producono effetti finali, solo se Sz visita unabarriera si dicono knock-in options (o in options, o in attesa di validazione),quelle che invece “muoiono” al contatto con la barriera si chiamano knock-outoptions (o out options, o soggette a cancellazione). Se occorre che Sz stiaoltre S+ oppure sotto a S− almeno per un assegnato periodo, escono le opzioniparigine. Può essere previsto un abbuono (rebate) nel caso che una opzione“in” non vive o una opzione “out” muore. L’opzione stop-loss è un’opzioneperpetua (cioè con scadenza T = +∞) a barriera, nella quale, se Sz raggiungeS+ ma poi scende al livello αS+, con 0 < α < 1, allora l’opzione paga αS+

al detentore. Le opzioni a barriera il cui prezzo viene sorvegliato solo in unsottoinsieme di [t, T ] sono dette partial barrier options (a barriera parziale). Disolito le opzioni a barriera si valutano trovando portafogli di replica (perfettao approssimata). Ne escono formulette pratiche utili ma molto noiose, che mirifiuto di riprodurre qui.

• Opzioni arcobaleno (rainbow) o opzioni paniere (basket): il loro valore finaleè legato a quello di un particolare portafoglio di attività. Per esempio, nella

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9.6. Opzioni esotiche 123

Libor contingent Fx option il valore finale è positivo solo se alla scadenza Til tasso Libor (London interbank offered rate) risulta compreso in una bandaprefissata.

• Opzioni di scambio (exchange options), dove acquisto il diritto di scambiareun’azione di un tipo con un certo numero di azioni di un altro.

• Opzioni a rate (instalment options). Sono quelle dove il detentore può pro-lungare man mano la scadenza pagando a date prescritte una rata predefini-ta. Quando smette di pagare, l’opzione decade. Ce ne sono di europee e diamericane.

• Opzioni americane non standard . Presentano qualche variante, più o menostravagante, rispetto all’opzione americana plain vanilla. Ecco alcuni esempi:

• l’esercizio anticipato è possibile solo in un sottoinsieme di [0, T ],ad esempio a certe date t1, . . . , tn = T (opzione Bermuda o mid-atlantic): qualcosa a metà strada tra l’opzione europea e quellaamericana;

• i warrants (di tipo americano) emessi da una Società per Azionisulle proprie azioni: ne dico qualcosa nel par. 12.2.3;

• le opzioni col prezzo di esercizio K = K (t) che varia col tempo;

• le opzioni shout , nelle quali ad un certo istante z < T il detentorepuò adeguare il prezzo di esercizio K al livello Sz, se Sz > K,pagando però un importo funzione di (Sz −K), di solito (Sz −K).• l’opzione americana perpetua, cioè con T = +∞, call o put; perla put Merton propone il premio

K

µ2r + σ2

2rKSt

¶−2r/σ2;

• l’opzione one-touch (versione americana della binaria) e double-touch (come la one-touch, ma con pagamenti quando St esce dauna certa banda di quotazioni);

• l’opzione russa (il nome è un mistero), nella quale, al momentoz del suo esercizio, il detentore paga il prezzo di esercizio K maincassa non Sz bensì max

t∈[0,z](St), cioè il più alto valore raggiunto

fino a quel momento dalla quotazione del sottostante.

• Opzioni con decorrenza posticipata (forward start options): il loro prezzoviene pagato subito a t, ma decorrono da una certa data futura t∗ > t.• Opzioni range note: conferiscono al detentore il diritto di ricevere un paga-mento proporzionale al tempo durante il quale il prezzo del sottostante sta inuna banda assegnata.

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124 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

• Opzione passaporto (passport option, perfect trader option): ingegnosa op-zione che paga al detentore il max (−ZT , 0), essendo ZT il saldo a T del contosul quale finiscono i guadagni e le perdite derivanti dalle compra-vendite di untitolo effettuate nell’intervallo [t, T ] per giocare sui rialzi e ribassi giornalierinelle quotazioni.

• Opzioni composte (compound options): sono opzioni, call o put, scritte non suun’attività sottostante, bensì su un’altra opzione, call o put. Per esempio, chiha in mano una call scritta su una call può esercitare, ad una prima scadenzaT1 e pagando un prezzo di esercizio K1, il diritto di ottenere una call che gliconferisce il successivo diritto di acquistare, ad una scadenza T2 > T1, l’attivitàsottostante al prezzo di esercizio K2. Ovviamente, varrà la pena di esercitarea T1 la prima opzione solo se il valore a T1 della seconda opzione supera K1.

• Opzione call pay-later : il premio iniziale è nullo (come nei contratti forwarde futures del par. 9.7); alla scadenza, se è ST ≤ K non succede nulla, mentrecon ST > K il detentore da un lato incassa (ST −K), ma dall’altro paga unassegnato importo, diciamo z. Il pay-off finale può dunque essere negativo.

• Opzione come vi pare (as you like it , you choose, chooser): passato un certotempo T1 < T , il detentore che ha in mano l’opzione decide se si tratta diuna call o di una put. Secondo me sono il massimo finora raggiunto dallaperversione (ma chi può escludere che domani escano opzioni esotiche scrittesu opzioni esotiche?).

• Cat bond : sono bond in cui l’ammontare delle cedole e/o del capitale dirimborso di un debito dipende dal fatto che si verifichino eventi catastrofici (catstenografa catastrofe) che provocano danni superiori a un certo limite a caricodel Conto Economico dell’acquirente. Prodotti simili, detti weather derivativeso derivati sul tempo (atmosferico), hanno per oggetto gli effetti negativi diavverse condizioni climatiche (esempi: la minor produzione di energia da partedi una centrale idroelettrica, le maggiori spese per spalare la neve o per ilriscaldamento, i minori raccolti agricoli).

9.7 Forward e futures (cenni)

9.7.1 Forward

Un contratto forward (in breve: un forward) è un derivato piuttosto simile aduna opzione. Ecco le sue caratteristiche:

• la compra-vendita del bene sottostante è stipulata all’epoca iniziale t;• sia la consegna del bene, sia il pagamento del prezzo forward o prezzodi consegna K, sono differite alla scadenza finale T (data di consegna,scadenza);

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9.7. Forward e futures (cenni) 125

• il prezzo di consegna K è predeterminato già in partenza e viene sceltoin modo da azzerare il valore a t del contratto.

Come sempre, chi compra (holder , detentore) ha una posizione lunga, chivende (writer , sottoscrittore) ha una posizione corta.

Di solito il bene da ricevere a T ha un prezzo aleatorio X, per esempio èun’azione che a t vale Xt = St e che a T varrà XT = ST . Un forward è dunqueun particolare T -derivato Y del tipo

Y = X −Ke, poiché il contratto è congegnato in modo che il suo valore iniziale sia nullo,il principio di linearità delle valutazioni (par. 7.2) impone che sia

F (t, Y ) = 0, cioè F (t,X −K) = 0, ovvero F (t,X) = F (t,K) , (9.7.1)

così che il valore iniziale delle prestazioni di una parte coincida con quello dellacontro-prestazione dell’altra. Ne segue che accendere il contratto non costanulla, perché a t non si muove denaro ma solo un pezzo di carta. Il contrattopuò essere però valutato, e magari ceduto, dopo la firma, dunque per una dataz ∈ (t, T ] può essere F (z, Y ) 6= 0. Inoltre il guadagno finale per chi detieneil contratto è Y = (XT −K), di qualunque segno esso sia, sicché i contraentisopportano entrambi il rischio concreto di incorrere in una perdita.

È dunque la scelta di K che assicura questo equilibrio, e per indicare questacircostanza mi conviene scrivere

K = f (t, T,X) .

Essendo maniaco dell’ipotesi che il mercato sia arb.free, posso trovare l’im-porto del prezzo forward K che fa quadrare i conti. Il valore a t di K, cioèF (t,K), non è altro che Ke−r(T−t), mentre quello della prestazione aleatoriaX è e−r(T−t)EQt,Xt [XT ]. Perciò la (9.7.1) impone

Ke−r(T−t) = e−r(T−t)EQt,Xt [XT ] , ovvero K = EQt,Xt [XT ] .

Nel caso che il bene sia un’azione, posso anche immaginare di costruir-mi, nella qualità di sottoscrittore del forward, un vero e proprio portafoglio dicopertura così: a t prendo a prestito l’importo St, col quale acquisto il sotto-stante, che a T varrà proprio ST e che consegnerò onorando i miei impegni conl’acquirente; il prezzo forward K che incasserò a T deve servirmi giusto giustoper chiudere il prestito pagando Ster(T−t). L’unico modo di fissare K evitandoarbitraggi è dunque

K = Ster(T−t). (9.7.2)

Ovviamente, a questo importo vanno poi sommate eventuali altre spese(custodia, assicurazione, ecc.), per ottenere K come il delivery price (costo diconsegna).

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126 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

9.7.2 Futures

I forward non sono standardizzati e non escludono il rischio di insolvenza diuna delle parti: ecco perché sono trattati fuori dalla Borsa (si dice over thecounter , sigla otc, letteralmente: sopra il banco, cioè in forma privata) e disolito solo tra soggetti di grosse dimensioni. Al contrario, un contratto futuresè un particolare forward, con caratteristiche tecniche (scadenza, importo, ecc.)molto ben standardizzate, trattato in Borsa e gestito col cosiddetto mecca-nismo detto marking to market o marginazione, che spalma su tutta la vitadel contratto il guadagno o la perdita finale, importo che si realizzerà in viadefinitiva alla scadenza. Si prevede cioè che, fissate certe scadenze, di soli-to giornaliere, t1 > t = t0, t2, . . . , tn = T , ad ogni tk il detentore paga alsottoscrittore l’importo

f (tk, T,X)− f (tk−1, T,X) , t ∈ {t1, t2, . . . , tn = T} .

Questi pagamenti sono effettuati attraverso una specie di clearing house (stan-za di compensazione). Su appositi conti essa amministra anche il cosiddettomargine iniziale, che è un importo, in denaro o titoli, che le parti le versanoinizialmente, che è fruttifero di interessi, ma che resta vincolato a garanzia delbuon fine del contratto. Quando il saldo di un conto scende sotto al margine,è necessario reintegrarlo con un ulteriore margine di mantenimento; quandoinvece sale sopra al margine, il conto sopporta prelievi. Grazie al meccanismodel marking to market, il valore di un futures è sempre nullo, sicché ciascunodei 2 contraenti può decidere, quando vuole e gratis, di uscire dal contratto.Ciò spiega come mai quasi tutti i futures vengono chiusi in anticipo sulla datafinale.

Per indicare il volume di contratti futures trattati sugli mercati convieneusare la notazione esponenziale (potenze di 10). La fortuna di questi contrattideriva da diversi fattori, soprattutto dal fatto che essi consentono la coperturasul prezzo del bene sottostante (ma anche, più spesso, di specularci sopra)senza essere obbligati a detenere fisicamente il bene: un futures su un benenon finanziario ma fisico (derrate alimentari, metalli, ecc.) è un classico casodel genere.

In linea generale e salvo complicazioni, quando il tasso di interesse è preve-dibile, il prezzo di un futures coincide con quello del forward corrispondente.

9.7.3 Opzione su un futures

Voglio valutare un derivato scritto su un derivato, precisamente un’opzione calleuropea scritta a t non su un bene sottostante, bensì su un contratto futuresche copre il successivo periodo [T, T 0] e che riguarda un sottostante che a t vale

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9.7. Forward e futures (cenni) 127

St:

t T T 0

• ← call → •← futures → •

Facendo un po’ di conti e usando la formula di b&s (6.5.4), si può dimo-strare che, indicato con f = f (T, T 0,X) il prezzo futures a T , il premio c dellacall è

c = e−r(T−t) [fN(d1)−KN(d2)] ,

con: d1 =ln f

K +12σ2 (T − t)

σ√T − t , d2 = d1 − σ

√T − t.

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128 Capitolo 9. Alla fiera dei derivati

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Capitolo 10

Derivati su più beni

“Mais malheur a l’auteur qui veut toujours instruire!Le secret d’ennuyer est celui de tout dire.”

(Voltaire, De la Nature de l’Homme)

10.1 Introduzione

Ora mi occupo dell’estensione del modello di b&s nella quale, oltre al bond, ilcui valore Bt = B (t) si muove con la solita dinamica

dBt = rBt dt, (10.1.1)

ci sono n attività finanziarie sottostanti (azioni o altro), coi rispettivi processidi prezzo descritti dal vettore S = S (t) = St = [S1 (t) , . . . , Sn (t)]

0 e tratta-ti ognuno sul suo bravo mercato. Impongo che il processo di prezzo F delT -derivato X = Φ (ST ) sia ancora del tipo F = F (t,St), con F funzione de-terministica, il tutto all’interno di un modello che sia arb.free e che generi ununico prezzo F . In sintesi, cercherò di ritrovare risultati che sono i fratellimaggiori di quelli trovati nel par. 6.2 per il modello con n = 1, semplicementeripercorrendo, con ovvii adattamenti, la strada là percorsa 1.

Mi conviene assumere che ci siano n fonti di rischio, cioè n p.s. di Wie-ner, per semplicità stocasticamente indipendenti, descritti dal vettore W =W (t) = [W1 (t) , , . . . ,Wn (t)]

0. Esiste infatti una “regola del pollice”, di tipoeuristico, nella quale, indicati con f il numero delle fonti di rischio e con (n+ 1)quello delle attività (compreso il bond), il caso n ≥ f equivale all’assenza diarbitraggio, mentre il caso f ≤ n equivale alla completezza, sicché con f = nmi trovo con un mercato arb.free e completo: 2 piccioni con una fava, anzi 3,perché, come si può dimostrare, la misura di martingala Q è unica se e solo seil mercato è completo (si veda alla fine del par. 15.1).

Ritorno allo schema del par. 3.7.2 e adotto/adatto le sue notazioni

a, C, Ci, dW (t) , M = [mij ] = CC0,

Ft =∂F

∂t, Fi =

∂F

∂Xi, Fij =

∂F

∂Xi ∂Xj, (∇F ) = [F1, F2, . . . , Fn] ,

1Questo capitolo ed il successivo devono molto al manuale di Björk [9].

129

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130 Capitolo 10. Derivati su più beni

e riprendo l’eds vettoriale (3.7.5), cioè

dXi (t) = ai dt+Ci dW (t) , i ∈ {1, 2, . . . , n} .Poiché ora ogni Xi (t) misura il prezzo Si (t) di un’attività finanziaria, ac-

cetto che ogni Si (t) segua un moto browniano geometrico. Ricopio alloraquesta eds con gli adattamenti necessari, ottenendo le seguenti equazioni, chedescrivono la dinamica di Si (t) (sotto la misura vera P ):

dSi (t) = aiSi (t) dt+ Si (t)Ci dW (t) , i ∈ {1, 2, . . . , n} . (10.1.2)

La dinamica del prezzo F = F (t,S (t)) del derivato la tiro fuori dallaformula di Itô multi-dimensionale (3.7.7), che adatto al mio caso (sempre perchéogni Si (t) segue un moto browniano geometrico). Usando la solita notazionestenografica ottengo la relazione

dF =³Ft +

Pni=1 aiSiFi +

12

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij

´dt+

+Pni=1 SiFiCi dW.

La riscrivo nella forma

dF = F

1F ³Ft +Pni=1 aiSiFi +

12

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij

´| {z }

aF

dt+

+F

1F Pni=1 SiFiCi| {z }cF

dW,

e cioè

dF = FaF dt+ FcF dW, (10.1.3)

avendo definito, come nelle didascalie,

aF =1

F

³Ft +

Pni=1 aiSiFi +

12

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij

´, (10.1.4)

cF =1

F

Pni=1 SiFiCi. (10.1.5)

Costruisco ora un paf relativo y usando le n attività, il bond e il derivato,coi rispettivi pesi yi (per la i-esima attività), yF (per il derivato) e yB (per ilbond). Scrivo il vincolo di somma sul portafoglio relativo y nella forma

yB = 1− (Pni=1 yi + yF ) .

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10.1. Introduzione 131

La dinamica del valore V = V (t) del mio portafoglio è

dV = V

µPni=1 yi

dSiSi

+ yFdF

F+ yB

dB

B

¶,

ovvero, esprimendo yB in termini degli altri pesi,

dV = V

µPni=1 yi

(dSi)

Si+ yF

(dF )

F+ [1− (Pn

i=1 yi + yF )](dB)

B

¶. (10.1.6)

Ora sostituisco a dSi, dF e dB le loro espressioni (10.1.2), (10.1.3) e(10.1.1), ottenendoPn

i=1 yi(dSi)

Si=Pni=1 yiai dt+

Pni=1 yiCi (dW) ,

yF(dF )

F= yFaF dt+ yFcF (dW) ,

[1− (Pni=1 yi + yF )]

(dB)

B= (r − rPn

i=1 yi − ryF ) dt,

robaccia che inserisco nella (10.1.6) per avere

dV = V [Pni=1 yiai dt+

Pni=1 yiCi (dW) + yFaF dt+

+ yFcF (dW) + (r − rPni=1 yi − ryF ) dt] .

Assemblo i termini con dt e quelli con dW:

dV = V [Pni=1 yiai + r − r

Pni=1 yi − ryF + yFaF ] dt+

+ V [Pni=1 yiCi + yFcF ] (dW)

e riordino:

dV = V [Pni=1 yi (ai − r) + yF (aF − r) + r] dt+

+ V [Pni=1 yiCi + yFcF ] dW.

Pongo

yS = [y1, . . . , yn] , u = [1, . . . , 1]0 ,

e riscrivo:

dV = V [yS (a− ru) + yF (aF − r) + r] dt+ V [ySC+ yFcF ] dW.

Ora scelgo i pesi in modo da azzerare il contributo del termine stocastico:

ySC+ yFcF = [0] , ovvero [yS , yF ]C

cF= [0] (10.1.7)

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132 Capitolo 10. Derivati su più beni

e da imporre una proprietà che nega l’ipotesi di assenza di arbitraggio, cioèche il mio portafoglio, alla faccia del teorema 5.3.1, renda più del bond:

yS (a− ru) + yF (aF − r) + r > r. (10.1.8)

In questo modo ho creato con le (10.1.7)-(10.1.8) il sistema lineare in[yS , yF ]:

ySC+ yFcF = [0] ,

yS (a− ru) + yF (aF − r) > 0,[yS, yF ] senza vincoli di segno,

che l’ipotesi di mercati arb.free rende insolubile. Applico il pacchetto di regoleche gestiscono i teoremi dell’alternativa per sistemi lineari (par. 14.1.2, teorema14.1.3) ed ottengo che è solubile il sistema 2

Cλ = a− ru,aF = r + cFλ,

λ con segni liberi.

(10.1.9)

Posso interpretare le componenti λi del vettore λ come prezzi di mercato delrischio del ben noto modello capm (capital asset pricing model): ci ritornerònel par. 11.1.

10.2 Valutazione

Se assumo l’ipotesi che la matrice di volatilitàC sia non singolare (cioè det (C) 6=0), posso risolvere in λ il 1◦ sistema nella (10.1.9), ottenendo

λ = C−1 (a− ru) ,

che sostituisco nel 2◦ per scrivere, sfruttando la definizione (10.1.5) di cF :

aF = r + (cF )C−1 (a− ru) = r +

µ1

F

Pni=1 SiFiCi

¶C−1 (a− ru) .

2Per tradurre il mio sistema nella forma standard (14.1.2) richiesta in quelle regole devoprima moltiplicare per (−1) i 2 membri della sua disequazione e girarne il verso. Applicandoquelle regole ottengo che è solubile il sistema

x1 senza vincoli di segno, x3 > 0,

C

cFx1 = x3

a− ruaF − r ,

dal quale, ponendo λ = (1/x3)x1, ottengo la (10.1.9).

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10.2. Valutazione 133

Essendo CC−1 = I, riscrivo, con ui i-esimo vettore base riga di Rn:

aF = r +1

F

Pni=1 SiFiu

i (a− ru) = r + 1

F

Pni=1 SiFi (ai − r) .

Se in questa relazione sostituisco ad aF la sua espressione (10.1.4) e usola notazione M = [mij ] = [CC0], ottengo, dopo semplificazioni da poppante,l’edp

Ft + rPni=1 SiFi +

12

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij − rF = 0,

da completare con la consueta condizione al contorno F (T,S (T )) = Φ (S (T )).Questa eds deve valere ∀t e per ogni possibile vettore di prezzi S = S (t). Ecosì ho portato a casa il seguente

Teorema 10.2.1 . In un mercato arb.free con n p.s. di Wiener non correlati,posto M = [mij ] = [CC0], con C matrice di volatilità invertibile, la funzionedi prezzo F = F (t,S (t)) di un T -derivato X = Φ (S (T )) deve risolvere ilproblema di valori al contorno(

Ft + rPni=1 SiFi +

12

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij − rF = 0,

F (T,ST ) = Φ (ST ) .

Noto che anche adesso, come nel caso n = 1, il vettore a (che descrive itassi di rendimento delle n attività) non compare nell’equazione, perciò nellasoluzione. Ma questa è una vecchia storia!

Di questo teorema esiste anche la seguente versione:

Teorema 10.2.2 . Il teorema 10.2.1 vale anche se, al posto di a e C costanti,ho a = a (t,S (t)) e C = C (t,S (t)), purché C sia invertibile comunque siscelga (t,S (t)).

Come per il caso n = 1, dal teorema 4.3.1 di rappresentazione di Feynman-Kac esce qualcosa, cioè questo teorema:

Teorema 10.2.3 . La funzione F (t,S (t)) del teorema 10.2.1 ha la rappre-sentazione

F (t,S (t)) = e−r(T−t)EQt,S [Φ (S (T ))] ,

il valor medio essendo calcolato sotto la misura di martingala Q, quella chegoverna il prezzo Si (t) con l’eds

dSi (t) = rSi (t) + Si (t)Ci dW (t) , i ∈ {1, 2, . . . , n} .Al solito, W (t) è un p.s. di Wiener sotto Q ed il valor medio è calcolato sottoQ, assegnata le condizione iniziale S = S (t). Posso anche caratterizzare Qcon una delle seguenti condizioni, tra loro equivalenti:

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134 Capitolo 10. Derivati su più beni

1. Sotto Q ogni processo di prezzo F (t, St) (di derivato o di sottostante)gode della proprietà di valutazione neutrale rispetto al rischio

F (t, St) = e−r(T−t)EQt,S [Φ (S (T ))] ;

2. Sotto Q ogni processo di prezzo F (t, St) (di derivato o di sottostante) har come suo tasso locale di rendimento, cioè la dinamica di F (t, St) sottoQ è

dF (t, St) = rF (t, St) + F (t, St)σF (t) dW (t) ,

essendo il vettore di volatilità σF (t) lo stesso sotto P e sotto Q;

3. Sotto Q ogni processo di prezzo F (t, St) (di derivato o di sottostante) ètale per cui il corrispondente processo normalizzato F (t, St) /B (t) è unamartingala, cioè ha coefficiente di deriva nullo.

Per tutti questi risultati valgono le stesse avvertenze già dette per glianaloghi con n = 1.

10.3 Copertura

Il seguente teorema insegna a costruire un paf per il mio modello.

Teorema 10.3.1 . Se la matrice di volatilità C è invertibile, allora:

• il mercato è completo, cioè ogni derivato è replicabile;• per un T -derivato X = Φ (S (T )) i pesi yS (t) = [y1 (t) , . . . , yn (t)] e yB (t)del portafoglio relativo di replica sono:

yi (t) =Si (t)Fi (t, S (t))

F (t, S (t)), i ∈ {1, 2, . . . , n} ,

yB (t) = 1−Pni=1 yi (t) ,

con F = F (t,S (t)) soluzione dell’edp del teorema 10.2.1.

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Capitolo 11

Mercati incompleti

“A reader who survives this book feels strong.”

D.E. Knuth, T. Larrabee, P.M. Roberts,Mathematical Writing, Stanford Univ., 1987, p. 24

Nei modelli non completi non sono sicuro di poter duplicare il derivato,perciò valutarlo è una bella rogna: può persino capitare che il suo prezzo nonesista o non esista unico. Non si tratta di un problema soltanto teorico, perchénella realtà dei mercati finanziari l’ipotesi che il derivato abbia un mercato èinnocente per molti derivati (esempio: quelli plain vanilla), invece assurda peraltri, che non vengono trattati in modo pubblico e standard, su base regolare,bensì otc (over the counter , “sopra il banco”). Qui mi limito a un caso specialedi mercato incompleto, cioè al cosiddetto modello a fattori , nel quale immaginoche ci siano alcuni oggetti non trattati. Rinvio poi al par. 15.2 per un approcciosuper-semplificato.

11.1 Un’attività sottostante non trattata

Assumo che sul mercato:

• esista un bene, il cui prezzo indico con X = Xt, che non è trattato sulmercato, anche se il p.s. X = Xt è osservabile (dunque Xt è noto a t) edha la dinamica

dXt = µdt+ σ dWt,

con Wt p.s. di Wiener scalare sotto P , e con

µ = µ (t,Xt) , σ = σ (t,Xt) ;

• c’è un bond con rendimento deterministico r e con dinamicadBt = rBt dt;

• anche se il bene con prezzo X non è trattato, si può trattare qualunquederivato (cioè il mercato dei derivati è liquido).

135

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136 Capitolo 11. Mercati incompleti

Considero un T -derivato Y scritto su X

Y = Φ (XT ) ,

con Φ funzione deterministica e continua. Voglio seguire il processo di prezzoF (t, Y ) di questo derivato. Per fissare le idee e sottolineare che il bene diprezzo Xt non è trattato, di solito si fa l’esempio 1 in cui Xt è la temperaturain gradi centigradi all’istante t nell’atrio della Borsa Derivati di Chicago e sisuppone di stipulare una polizza che pagherà (un derivato così stupido non puòesistere, però adesso mi serve!)

Y = Φ (XT ) =

(100, se XT ≤ 20◦,0, se XT > 20◦.

Bene, voglio trovare il prezzo arb.free di questo derivato Y , che per ipotesiè trattato, mentre X non lo è. Le somiglianze col modello di b&s sono molte:c’è un bond e c’è un p.s. assegnato a priori; c’è un bene sottostante (di prezzoXt qui, St là) e c’è anche una funzione Φ che ne trasforma il valore finale a Tin un flusso di cassa Φ (XT ). Mi aspetto dunque che il processo di prezzo delderivato Y sia determinato in modo univoco dalla dinamica del p.s. sottostante.E invece mi sbaglio, perché, non essendo Xt il prezzo di un bene trattato, nonposso formare un paf che replichi il derivato ed il cui costo sia l’unico prezzoarb.free del derivato.

Tuttavia, visto che i guai nascono dalla mancanza di sottostanti trattati,mi basterà aggiungerne uno affinché il mercato diventi finalmente completo, adesempio un’assicurazione simile a quella sopra, però con capitale assicurato

Y ∗ = Φ∗ (XT 0) =

(100, se XT 0 ≤ 25◦,0, se XT 0 > 25◦,

magari con T 0 = T , comunque con Φ∗ 6= Φ funzione deterministica e anch’essacontinua. A questo punto ci sono: prendo 1 dei 2 derivati Y e Y ∗ (contratti diassicurazione contro il freddo), lo considero benchmark (termine di riferimento)e cerco di esprimere il prezzo dell’altro non in modo autonomo, bensì in funzionedel prezzo del benchmark. Indico con

F (t,Xt)prezzo a t di Y

, G (t,Xt)prezzo a t di Y ∗

i prezzi di mercato a t dei derivati Y e Y ∗, e procedo come ho fatto nel par. 6.2per il modello di b&s, cioè: cerco di formare un loro portafoglio, coi rispettivipesi yF e yG con somma 1 e tali che il portafoglio sia non rischioso, dunque

1Vedi, ad esempio, [32] par. 19.1 o [9] par. 10.2.

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11.1. Un’attività sottostante non trattata 137

che debba rendere r. Usando la formula di Itô e stenografando la notazione,comincio a calcolare

dF =¡Ft + µFx +

12σFxx

¢dt+ σFx dW,

dG =¡Gt + µGx +

12σGxx

¢dt+ σGx dW,

diciamo

dF = FFt + µFx +

12σFxx

F| {z }αF

dt+ F σFxF|{z}

σF

dW, (11.1.1)

dG = GGt + µGx +

12σGxx

G| {z }αG

dt+GσGxG| {z }

σG

dW,

insomma:

dF = FαF dt+ FσF dW,

dG = GαG dt+GσG dW.

Ora formo un paf, lo chiamo Ψ, miscelando F e G nelle proporzioni yF eyG, con somma 1. Per la (5.2.1) o per il teorema 5.2.1, la dinamica del valoreV di Ψ è

dV = V

µyFdF

F+ yG

dG

G

¶,

cioè, sostituendo,

dV = V [yF (αF dt+ σF dW ) + yG (αG dt+ σG dW )] =

= V [(yFαF + yGαG) dt+ (yFσF + yGσG) dW ] .

Ora scelgo yF e yG in modo che Ψ diventi non rischioso:(yFσF + yGσG = 0,

yF + yG = 1,a conti fatti:

yF =

−σGσF − σG

,

yG =σF

σF − σG.

Infilo questi valori nella dinamica di V , che oramai è deterministica:

dV = V

µ −σGσF − σG

αF +σF

σF − σGαG

¶dt

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138 Capitolo 11. Mercati incompleti

e perciò deve rendere esattamente r, sennò c’è posto per arbitraggi (teorema5.3.1):

−αFσGσF − σG

+αGσF

σF − σG= r,

a conti fatti:

αG − rσG

=αF − rσF

.

Noto che il 1◦ membro di questa relazione non dipende da F e il 2◦ nondipende da G, anche se, dovendo fare hedging continuo, cioè ∀t, le grandezzeche esso coinvolge variano con t.

Questo risultato lo posso dunque commentare così:

Teorema 11.1.1 . Se il mercato dei derivati è arb.free, allora esiste un pro-cesso λ (t) tale che risulta

λ (t) =αF (t)− rσF (t)

=αG (t)− rσG (t)

,∀t. (11.1.2)

In altre parole, come ho già detto a commento della (10.1.9), per tutti iderivati c’è un comune valore di λ, grandezza che si merita il nome di prezzo dimercato del rischio, in quanto rapporto tra il premio per il rischio (rendimentooltre quello di attività prive di rischio) e la volatilità.

Ora inserisco nella (11.1.2) le espressioni di αF e σF della (11.1.1) edottengo:

αF (t)− r = λ (t)σF (t) ,

Ft + µFx +12σFxx

F− r = λ (t)σ

FxF,

Ft + [µ− λ (t)σ]Fx +12σFxx − rF = 0,

cioè un’edp, che completo con la condizione al contorno nel seguente

Teorema 11.1.2 (equazione di valutazione) . In un mondo arb.free lafunzione di prezzo F = F (t, x) del T -derivato Φ (XT ) verifica il seguente pro-blema (al solito, la dipendenza da (t, x) da parte di F , delle sue derivate, di µ,σ e λ è sottintesa):(

Ft + (µ− λσ)Fx +12σ

2Fxx − rF = 0,F (T, x) = Φ (x) , x ∈ R, (t, x) ∈ (0, T )×R.

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11.1. Un’attività sottostante non trattata 139

Poiché non conosco λ = λ (t, x), non riesco a trovare il prezzo unico delderivato risolvendo questo problema. Se però conosco cosa fa G, posso estrarreλ (t, x) dalla (11.1.2) ponendo

λ (t, x) =αG (t)− rσG (t)

,

poi inserire questa λ (t, x) nella edp e risolverla in F .Posso anche ottenere i seguenti risultati, del tutto analoghi a quelli conte-

nuti nel teorema di rappresentazione 10.2.3:

Teorema 11.1.3 (valutazione neutrale rispetto al rischio) . In un mer-cato arb.free la funzione di prezzo F (t,Xt) del T -derivato Φ (XT ) è

F (t,Xt) = e−r(T−t)EQt,Xt [Φ (XT )] ,

essendo la dinamica di X sotto Q data da

dXt = (µ− λσ) dt+ σ dWt,

con Wt p.s. di Wiener sotto Q (al solito, la dipendenza da (t,Xt) da parte di µ,σ e λ è sottintesa). Inoltre Q è caratterizzata da una delle seguenti proprietà,tra loro equivalenti:

• il tasso medio locale di rendimento del processo di prezzo Π (t) di qualun-que derivato è r, cioè l’eds che governa Π (t) sotto Q è

dΠ (t) = rΠ (t) dt+ σΠΠ (t) dWt,

con Wt p.s. di Wiener sotto Q e σΠ che è lo stesso sia sotto P che sottoQ;

• per qualunque derivato il processo Π (t) /B (t) è una martingala sotto Q,cioè ha deriva nulla.

Valgono, al solito, le consuete cautele (non è vero che il mondo è neutralerispetto al rischio, ecc.). Inoltre: c’è corrispondenza 1 : 1 tra la misura dimartingala e il prezzo di mercato del rischio, perciò scegliere una distribuzioneQ vuol dire scegliere un λ. La caratterizzazione di Q è quella del teorema10.2.3. Di nuovo ora c’è che devo conoscere λ per calcolare il valore attesodel teorema, perciò, al contrario che nel modello di b&s, Q non è determinataall’interno al modello, bensì fuori, cioè dalla domanda e offerta aggregate chesi formano sul mercato (con la sua avversione al rischio, la sua liquidità, lesue aspettative, ecc.). Posso osservarne i prezzi ed estrarne informazioni, cioècalibrare il modello ai dati del mercato, ovvero trovare i valori dei parametriimpliciti nel mercato. In proposito è comune scegliere una famiglia di funzioni

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140 Capitolo 11. Mercati incompleti

λ = λ (t, x,β), con β vettore di k parametri i cui valori devo scegliere in modo darendere minima la somma dei quadrati degli scarti tra prezzi osservati e prezziteorici. Dato che una procedura di questo tipo la si usa anche nei modelli perla stima dei tassi (par. 13.5.2), la si chiama, sia là che qui, inversione dellacurva dei rendimenti .

11.2 Più attività sottostanti non trattate

Ora vedo il caso di più beni sottostanti non trattati. Richiamo le notazioniintrodotte nel par. 3.7.2 e già riprese nel par. 10.1. Assumo che, accanto aun bond, con la solita dinamica dBt = rBt dt, ci siano n p.s. empiricamenteosservabili (detti fattori), da X1 a Xn, raccolti nel vettore colonna X = X (t).Questi possono anche non essere i processi di prezzo di beni trattati, e la lorodinamica sotto P è

dXi (t) = ai dt+Ci dW (t) , i ∈ {1, 2, . . . , n} ,

in sintesi:

dX (t) = adt+CdW (t) ,

come nella (4.3.6), con

ai = ai (t,X (t)) , C = C (t,X (t)) , Ci = Ci (t,X (t)) , W =W (t) ,

coefficiente di deriva, matrice delle volatilità per ipotesi invertibile, sua rigai-esima, vettore di n p.s. di Wiener stocasticamente indipendenti.

Nel valutare un T -derivato

Y = Φ (X (T )) ,

con processo di prezzo del tipo F = F (t,X (T )), mi aspetto qualcosa di simile aquanto già visto nel par. 11.1, in particolare che per avere prezzo unico occorraconoscere il prezzo di altri n derivati da usare come benchmark per esprimereil prezzo F = F (t,X (t)) di Y . Al solito, suppongo che, per ognuno di questici sia un mercato liquido, che l’i-esimo derivato abbia la sua brava funzione dipay-off finale Φi (X (T )):

Yi = Φi (X (T )) , i ∈ {1, 2, . . . , n} ;

ed un processo di prezzo del consueto tipo

F i = F i (t,X (t)) , i ∈ {1, 2, . . . , n} ,

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11.2. Più attività sottostanti non trattate 141

avendo usato (attenzione!) l’indice i di spalla per riferirmi al prezzo dell’i-esimoderivato Yi.

Posso ora ripercorrere la stessa strada del par. 11.1, con gli ovvii adattamen-ti (ad esempio, devo usare il lemma di Itô nella versione (3.7.7)). Omettendoqui i (noiosissimi!) dettagli, non solo mi escono proprio le relazioni (10.1.9),con l’interpretazione là proposta. ma emerge anche la possibilità di valutarei derivati in termini dei prezzi benchmark. Ovviamente occorre che valganole condizioni al contorno F (T,X (T )) = Φ (X (T )), e che la matrice C dellevolatilità sia invertibile ∀ (t,X), di modo che l’insieme dei derivati benchmarkpossa generare l’intero spazio dei derivati. Ottengo poi i seguenti teoremi, deltutto simili a quelli del par. precedente.

Teorema 11.2.1 (equazione di valutazione) . Se il mercato è arb.free, ilprezzo del derivato Y = Φ (X (T )) è dato dalla funzione F = F (t,X (t)) cherisolve(

Ft +Pni=1 (ai −Ciλ)Fi + 1

2

Pni=1

Pnj=1mijSiSjFij − rF = 0

F (T,X (T )) = Φ (X (T )) ,

con: M = [mij ] = [CC0], C matrice di volatilità invertibile, gli n p.s. di Wiener

non correlati ed i λj universali, nel senso che non dipendono dalla scelta delderivato.

Teorema 11.2.2 (valutazione neutrale rispetto al rischio) . Se il mer-cato è arb.free (e gli n p.s. di Wiener non sono correlati), allora esiste unamisura di martingala Q tale che la funzione F del teorema 11.2.1 ha la rap-presentazione

F (t,X (t)) = e−r(T−t)EQt,X [Φ (X (T ))] ,

la Q-dinamica dei processi di prezzo X essendo data da

dX = (a−Cλ) dt+C ¡dW¢,

coi λi universali. Valgono inoltre, su Q e sul tasso medio locale di rendimentodi qualunque derivato, le osservazioni già indicate nel teorema (10.2.3).

Osservazione: il modello ospita anche il caso in cui alcuni Xi, diciamo daX1 a Xm, sono trattati, dunque con prezzi assegnati in modo esogeno, mentregli altri da Xm+1 a Xn non sono trattati. Nel caso m = n ritorno al caso delmercato completo.

Nel caso che r si muova con X (t), cioè sia

r = r (X (t)) ,

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142 Capitolo 11. Mercati incompleti

rifacendo tutto daccapo i teoremi precedenti ne escono 2 nuovi: il 1◦ si ottieneriscrivendo il 11.2.1 con [−r (X)F ] al posto di [−rF ]; il 2◦ si ottiene riscrivendoil 11.2.2 così: tolgo e−r(T−t) davanti a EQ [ · ] e porto dentro a EQ [ · ] il fattoreexp

h− R Tt r (X (z)) dzi.

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Capitolo 12

Applicazioni di interesseaziendale

“Financial modeling is both an art and a science.”

(P. Wilmott, [53], p. 1)

Questo capitolo racconta di alcune applicazioni di interesse aziendale dellateoria dei derivati. È organizzato così: nel par. 12.1 presento qualche cenno aiderivati sui tassi di interesse, mentre nel par. 12.2 mi occupo di qualche tipicaapplicazione a problemi tipici della Corporate Finance; infine, nel par. 12.3raccolgo vari argomenti relativi a problemi di misura e gestione del rischio.

12.1 Alcuni derivati sui tassi

12.1.1 Introduzione

Il più semplice modello sui tassi di interesse che mi può venire in mente prevededi “riciclare” il modello di b&s, cioè che il tasso rt, inizialmente pari a r0, seguail moto browniano geometrico con coefficienti di deriva α e di volatilità costanti

drt = αrt dt+ σrt dWt,

proprio come nella consueta eds (4.2.1), qui riscritta con le necessarie variantidi notazione. Come ho cercato di chiarire nel par. 4.2, questa ipotesi equivalead assumere che rt abbia distribuzione log-normale (vedi par. 14.4.6). In realtàquest’ipotesi, mentre appare ragionevole per descrivere il comportamento dellequotazioni di un’azione, per la dinamica dei tassi è invece un po’ stravagante,anche se qualcuno la adotta. Mi conviene allora ripiegare su una scelta piùsemplice e un po’ più sensata, quella dove il tasso rt ha una distribuzionenormale, cioè si muove come nell’eds

drt = α dt+ σ dWt. (12.1.1)

Avverto subito che sulla dinamica dei tassi di interesse esistono modelliassai meno ingenui di questo (stanno nel cap. 13), che qui adotto solo per

143

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144 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

semplicità e per la possibilità che esso mi offre di utilizzare una variante delconsueto schema per la valutazione di opzioni standard. Per intenderci, unavolta che accetto l’ipotesi (12.1.1) e con pazienza ripercorro la strada seguitada b&s (par. 6.5 e 6.5.2), arrivo alla seguente formula di valutazione

Formula di valutazione di Black:

F (t, St)(call)

= e−r(T−t) (StN(d1)−KN(d2)) ,

con:

d1 =

lnStK+ 1

2σ2 (T − t)

σ√T − t ,

d2 =lnStK− 1

2σ2 (T − t)

σ√T − t = d1 − σ

√T − t,

(12.1.2)

che sostituisce la solita formula di b&s (6.5.4) e che ora, dovendo valutarederivati sui tassi, utilizzerò sostituendo St con rt, visto che adesso il valore delsottostante è proprio rt.

Per ottenere formalmente la nuova formula di Black (12.1.2) partendo daquella di b&s (6.5.4) c’è un trucco semplice: basta usare quest’ultima con r = 0e attualizzare poi il risultato moltiplicandolo per e−r(T−t). Questo trucco miconsente anche di utilizzare la vecchia formula di b&s per ottenere i risultatiche mi aspetto dalla nuova 1.

12.1.2 Contratti cap, floor, collar

Mi occupo della valutazione dei contratti, molto diffusi, detti cap (cappello,soffitto), floor (pavimento) e collar (collare).

Il contratto cap è molto semplice. Esso conferisce al suo titolare il dirittodi pagare interessi futuri al minimo tra un tasso aleatorio variabile, diciamo dianno in anno, ed un assegnato tasso fisso, detto cap rate o tasso cap. Mi spiegocon un esempio. Contraggo oggi, epoca 0, un mutuo di 100, da rimborsarein 7 anni con restituzione finale del capitale e pagamento annuo delle quoteinteressi. Queste verranno man mano adeguate al tasso aleatorio, nel senso cheesse verranno calcolate sul capitale di 100, secondo tassi annuali che sarannonoti solo un anno prima della scadenza delle quote. Decido di sopportare ilrischio che le variazioni di tasso aumentino le prime 4 quote interessi, mentrevoglio coprirmi per quelle che scadono tra 5, 6 e 7 anni. Gli interessi da pagaretra 5, 6 e 7 anni dipenderanno dunque, rispettivamente, dai tassi r4, r5, er6, che conoscerò tra 4, 5 e 6 anni. Voglio assicurarmi contro il rischio chequalcuna di queste uscite aleatorie per interessi finisca per superare l’8% sul

1Nei par. 12.1.2 e 12.1.4 potrò dunque usare ancora, in alternativa ai conteggi che esporrò,il programma bs.exe (vedi nota di pag. 113) per valutare call e put europee.

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12.1. Alcuni derivati sui tassi 145

capitale 100, cioè l’importo 8. Per ottenere questo risultato acquisto 3 opzionicall europee che rispettivamente mi pagheranno

tra anni

5 : max (100r4 − 8, 0) ,6 : max (100r5 − 8, 0) ,7 : max (100r6 − 8, 0) ,

(12.1.3)

e che eserciterò, rispettivamente, tra 4, 5 e 6 anni. In questo modo, ad esempio,tra 4 anni, nel momento in cui eserciterò la 1a opzione, saprò se l’anno dopopagherò 8 (se sarà r4 ≥ 0.08), oppure invece soltanto 100r4 (se sarà r4 < 0.08),cioè conoscerò il flusso di cassa previsto per l’epoca 5, cioè:

−100r4quota interessi I5

+max (100r4 − 8, 0)pay-off della call

=

(−8, se r4 ≥ 0.08,−100r4, se r4 < 0.08.

Il contratto che mi garantisce i 3 importi nella (12.1.3) è detto cap e le 3opzioni call che esso contiene sono dette caplet (non sono cappelletti in brodoma sotto-contratti). Il contratto intero è così assimilato ad un portafoglio checontiene i 3 caplet.

Calcolo ora il valore V4 oggi del 1◦ caplet: è il valore della call europea chescade tra 5 anni, con prezzo del sottostante r0, prezzo di esercizio 8, tasso diinteresse r0. Se suppongo r0 = 7.85% e che rt abbia volatilità σ = 0.2, percalcolare V4 posso usare la formula di valutazione di Black (12.1.2), benintesocon queste sostituzioni:

b&s oravalore del sottostante St 7.85

prezzo di esercizio K 8

volatilità σ 0.2

tempo alla scadenza (T − t) 4

tasso di interesse r r0 = 0.0785

valore opzione F (t, St) V4

tenendo conto delle quali mi trovo

d1 =ln7.858 +

12 (0.2)

24

0.2√4

' 0.152680, d2 = d1 − 0.2√4 ' −0.247320,

N(d1) =1√2π

R 0.15268−∞ e−z

2/2 dz ' 0.560675,N(d2) =

1√2π

R −0.24732−∞ e−z

2/2 dz ' 0.402330.Poi calcolo il valore V4 del 1◦ caplet:

V4 = e−0.0785(5) [7.85N (d1)− 8N (d2)] == e−0.0785(5) (7.85× 0.560675− 8× 0.402330) ' 0.798728,

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146 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

valore che ottenuto attualizzando per 5 anni anziché per 4, visto che quest’op-zione la esercito a 4 ma mi paga a 5, cioè col ritardo di 1 anno. Assumendoche anche per gli altri 2 caplet la volatilità del tasso di interesse sia ancora 0.2,con lo stesso metodo (mi basta rifare i conti con (T − t) = 5, = 6, = 7), calcoloi valori

V5 ' e−0.0785(6) × 1.328458 ' 0.829459,V6 ' e−0.0785(7) × 1.459641 ' 0.842561,

la cui somma con V4 mi dà il valore iniziale del contratto cap:

V4 + V5 + V6 ' 2.470748.In modo simmetrico posso gestire il contratto floor, nel quale il tasso di

interesse dei pagamenti effettivi non potrà scendere al di sotto di un assegnatotasso, detto floor rate, e al posto dei caplets saltano fuori i floorlets, che sonoopzioni put. Un contratto collar prevede sia un cap sui tassi che un floor. Tuttiquesti contratti esistono anche nelle varianti, dette set-up cap (e set-up floor)con tasso cap (o floor) variabile nel tempo secondo una legge deterministicafissata in partenza.

12.1.3 Mutui a tasso variabile con opzione cap

Qualora, durante l’ammortamento di un mutuo, il tasso di interesse pattuitodiventi troppo oneroso per il debitore, le nostre leggi prevedono la possibilità direstituzione anticipata, mediante il pagamento del debito residuo, maggioratodi una penale prevista in contratto, sicché il debitore è titolare di un’opzionedi rimborso anticipato. In realtà è diventata più comune una forma di tutelaalternativa, che si ottiene inserendo nel contratto di mutuo con tasso di in-teresse adeguabile, un’opzione cap sul medesimo, opzione da esercitarsi allascadenza delle varie rate, secondo lo schema già visto nel par. 12.1.2, al qualedunque rinvio per brevità. Trattandosi di un’opzione che non viene trattataseparatamente, bensì è incorporata nel contratto, si parla di opzione implicita(embedded option).

12.1.4 Swaption sui tassi

Swap vuol dire scambio e swaption stenografa swap option. È un contratto chemi conferisce:

• il dovere di pagare i futuri interessi ©I−t ª, con t ∈ {t1, t2, . . . , tn}, calcolatiad un certo tasso fisso r su un capitale prefissato C;

• il diritto di incassare i futuri interessi ©I+t ª, ognuno dei quali sceglieròtra gli interessi calcolati su C al tasso fisso r e quelli calcolati su C ad untasso aleatorio variabile.

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12.1. Alcuni derivati sui tassi 147

Mi spiego con un esempio. Suppongo che gli interessi annui che dovròpagare sul capitale C = 100 tra 3, 4, 5 e 6 anni siano tutti calcolati al tassofisso r = 8% annuo, dunque siano tutti pari ad 8, mentre quelli da incassarealle stesse scadenze siano da scegliere tra 8 e gli interessi annui su 100 calcolatiai rispettivi tassi aleatori r2, r3, r4, r5, ognuno dei quali sarà noto 1 anno primadel pagamento degli interessi. A ciascuna delle scadenze 2, 3, 4 e 5, eserciterò,scegliendo per il meglio, la mia opzione, che però mi pagherà con 1 anno diritardo. Ho indicato con rt il tasso aleatorio variabile e valido per il periodo[t, t+ 1]. Gli interessi I−t da pagare e quelli I+t da incassare tra t anni sonocioè calcolati con le regole:

tra t anni, con t ∈ {3, 4, 5, 6} :(I−t = 100× 0.08 = 8,I+t = max (100rt−1, 8) .

(12.1.4)

Prevedo allora per l’istante t l’incasso netto(I+t − I−t = max (100rt−1, 8)− 8 = max (100rt−1 − 8, 0) ,t ∈ {3, 4, 5, 6} . (12.1.5)

Il valore del contratto è dunque la somma dei valori di 4 call europee.Quella che paga max (100rt−1 − 8, 0) tra t anni la esercito tra (t− 1) anni.Supponendo r0 = 7.5% e che rt abbia volatilità σ = 0.2, mi metto alla scadenza2, quando conoscerò il tasso r2, relativo al periodo [2, 3], tasso che mi serviràper calcolare, seguendo la (12.1.5), l’incasso netto previsto per la scadenza 3.Devo calcolare il valore V2 a t = 2 di una opzione call europea con: valore delsottostante 7.5, prezzo di esercizio 8, volatilità σ = 0.2, tempo alla scadenza 2e tasso di interesse r0 = 7.5%. Per calcolare V2 posso usare la formula di Black(12.1.2), con queste sostituzioni:

b&s oravalore del sottostante St 7.5

prezzo di esercizio K 8

volatilità σ 0.2

tempo alla scadenza (T − t) 2

tasso di interesse r r0 = 0.075

valore opzione F (t, St) V2

Mi trovo

d1 =ln7.58 +

12(0.2)

22

0.2√2

' −0.086757, d2 = d1 − 0.2√2 ' −0.369600

N (d1) =1√2π

R −0.086757−∞ e−z

2/2 dz ' 0.465432,N(d2) =

1√2π

R −0.3696−∞ e−z

2/2 dz ' 0.355840,

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148 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

e poi calcolo

V2 = e−0.075(3) [7.5N (d1)− 8N (d2)] == e−0.075(3) (7.5× 0.465432− 8× 0.35584) ' 0.51426,

valore che ottengo attualizzando per 3 anni anziché per 2, visto che quest’op-zione la esercito a 2 ma mi paga a 3, cioè col ritardo di 1 anno. Con lo stessometodo (mi basta rifare i conti con (T − t) = 3, = 4, = 5) valuto le altre 3opzioni, ottenendo

V3 ' e−0.075(4) × 0.83395 ' 0.617805,V4 ' e−0.075(5) × 0.994263 ' 0.683346,V5 ' e−0.075(6) × 1.135272 ' 0.723881,

la cui somma con V2 mi dà il valore iniziale del contratto:

0.51426 + 0.617805 + 0.683346 + 0.723881 = 2.539292.

Una variante: se, al contrario di quanto stabilito con la (12.1.4), il contrattoconferisce il diritto ad incassare futuri interessi a tasso fisso contro il pagamentodi futuri interessi a tasso aleatorio, cioè se si prevede che sia

tra t anni, con t ∈ {3, 4, . . . , 8} :(I+t = 100× 0.08 = 8,I−t = max (100rt−1, 8) ,

allora le opzioni che esso contiene non sono call europee, bensì put europee ecome tali vanno gestite e calcolate. In particolare, al posto della formula diBlack (12.1.2) per valutare call, dovrò usare sua sorella per valutare put 2

Formula di valutazione di Black:

F (t, St)(put)

= e−r(T−t) [KN(−d2)− StN(−d1)] ,

con: d1 =lnStK+ 1

2σ2 (T − t)

σ√T − t , d2 =

lnStK− 1

2σ2 (T − t)

σ√T − t = d1 − σ

√T − t.

Il contratto set-up swaption prevede che il tasso r, finora considerato fisso,varii nel tempo secondo una legge deterministica fissata in partenza.

I contratti di swaption sui tassi sono molto popolari. In particolare vengonoapprezzate le seguenti proprietà: sono strumenti meno costosi della cessionee dell’acquisto dell’attività finanziaria che genera interessi attivi o passivi (disolito un mutuo a scadenza media o lunga); possono servire a modificare laduration della stessa (par. 15.4.2); infine sono strumenti per gestire il rischiosoltanto sui flussi futuri di interesse e non anche sul capitale.

2 In alternativa alla formula che segue, posso sfruttare il trucco esposto alla fine del par.12.1.1 per usare il programma bs.exe .

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12.1. Alcuni derivati sui tassi 149

12.1.5 Contratti equity linked

È comune il contratto nel quale una Società finanziaria (o Compagnia di as-sicurazione) investe il capitale, lo chiamo U , ricevuto da un cliente all’epocainiziale 0, acquistando quote di un fondo di investimento. In cambio, ad un’e-poca futura prefissata T il cliente si troverà in possesso del valore di tali quote,lo chiamo UST ; in più incasserà, cammin facendo, gli eventuali proventi chesaranno man mano distribuiti dal fondo (cedole, dividendi, ecc.). Dato che ininglese quota e collegato si dicono unit e linked , il contratto è detto unit linked .Sono sempre più diffusi anche i contratti equity linked , nei quali viene garanti-ta, in aggiunta, una prestazione minima indipendente dal comportamento delfondo, precisamente viene garantito per T il capitale

UKT = Uer∗T , (12.1.6)

cioè il montante di U , calcolato ad un tasso istantaneo di rendimento minimogarantito r∗. In altre parole la Compagnia garantisce per la scadenza T ilcapitale

CT = max (UST , UKT ) = UKTcerto

+max

µUSTaleatorio

− UKTcerto

, 0

¶=

= U [KT +max (ST − KT , 0)] .

La garanzia che la Finanziaria presta è una prestazione rischiosa, tant’èche se alla scadenza T il valore maturato dalle quote del fondo non avrà rag-giunto il livello garantito UKT , la Finanziaria dovrà pagare di tasca propriaU (KT − ST ). Voglio ora calcolare il valore iniziale U∗ del contratto equitylinked che comprende anche la garanzia accessoria. U∗ è il valore di mercatodi Ct, dunque U∗ è pari alla somma tra U e il valore iniziale F dell’obbligo digarantire per T l’importo max (UST − UKT , 0). Perciò F è il valore iniziale diuna call accesa a 0, che scade a T , scritta su un sottostante di valore inizialeUS0 = U e con prezzo di esercizio UKT = Uer

∗T , sicché

U∗ = Ucapitaleinvestito

+ Fsovra-premioper la garanzia

.

Suppongo che St sia governato da un moto browniano geometrico con derivaµ e volatilità σ: (

dSt = µSt dt+ σSt dWt,

S0 = 1,(12.1.7)

e che non siano previste prestazioni intermedie da parte del fondo. È evidenteche la scelta S0 = 1 è di comodo e che ben poco cambierebbe se scegliessi per

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150 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

la quota del fondo un valore iniziale diverso. Per calcolare F posso allora usarela formula di b&s (6.5.4)

F (t, St)(call)

= StN(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) ,

con: d1 =ln StK +

¡r + 1

2σ2¢(T − t)

σ√T − t , d2 = d1 − σ

√T − t,

però con questi adattamenti:

b&s quiistante iniziale t 0

istante finale T T

valore iniziale sottostante St US0 = U

prezzo di esercizio K UKT = Uer∗T

Dunque ho

d1 =ln U

Uer∗T +¡r + 1

2σ2¢T

σ√T

=

¡r − r∗ + 1

2σ2¢√T

σ, d2 =

¡r − r∗ − 1

2σ2¢√T

σ,

F = UN(d1)− Uer∗T e−rTN(d2) = U³N(d1)− e(r∗−r)TN(d2)

´.

Ad esempio, con

U = 100, T = 4, r∗ = 4.5%, r = 4%, σ = 0.10,

ho

d1 = 0, d2 = −0.2,N(d1) =

1√2π

R 0−∞ e

−z2/2 dz = 0.5,

N(d2) =1√2π

R −0.2−∞ e−z

2/2 dz ' 0.420740,F = 100

³0.5− e(0.045−0.04)4 × 0.420740

´= 7.076049,

perciò

U∗ = U + F = 100capitaleinvestito

+ 7.076049sovra-premioper la garanzia

= 107.076049.

Se sono previste prestazioni intermedie (deterministiche) posso inserire nelmio schema le varianti già previste nel par. 8.1 per il caso di dividendi. Inmodo simile, le eventuali spese (deterministiche) di gestione del fondo le possogestire come ho già fatto nel par. 8.3 per il cosiddetto cost of carry .

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12.1. Alcuni derivati sui tassi 151

Molto spesso la garanzia dei contratti equity linked è inserita in contrat-ti assicurativi. A mo’ di esempio, considero una polizza mista di durata T ,stipulata a t = 0 su un assicurato di età iniziale x, polizza con le seguentiprestazioni:

• se l’assicurato sarà vivo tra T anni, tra T anni verrà pagato CT ;• in caso contrario verrà pagato Ct, t ∈ (0, T ], alla fine dell’anno di mortedell’assicurato.

In questa polizza la garanzia prestata non è una sola, ma interessa tutte ledurate intere t tra 1 e T . Posso dunque pensare al sovra-premio F come allasomma tra i sovra-premi F1, F2, . . . , FT , per le garanzie relative ad ognunadelle scadenze da 1 a T . Ft è ancora il valore della call accesa a 0, che scade at, scritta su un sottostante di valore iniziale US0 = U e col prezzo di esercizio(12.1.6). Inoltre devo tener conto che la prestazione addizionale è aleatoria, cioèè subordinata all’evento previsto per quella data nella polizza, cioè: decesso trale età (x+ t− 1) e (x+ t) dell’assicurato per t ≤ T , invece sua sopravvivenzaall’età (x+ T ) per t = T . Se indico le relative probabilità coi simboli tipici

t−1/1qx e Tpx, ottengo

U∗ = U +PTt=1 Ft

¡t−1/1qx

¢sovra-premio

in caso di premorienza

+ FT (Tpx)sovra-premio

in caso di sopravvivenza| {z }sovra-premio per la garanzia equity linked

.

Un esempio recente di prodotto unit linked è il prestito obbligazionarioquinquennale bnl 2001—2006 ‘‘bis’’, emesso il 27 Febbraio 2001 dalla BancaNazionale del Lavoro e collocato in esclusiva dalle Poste Italiane S.p.A.. Emessoalla pari, con taglio minimo di 1 000 C, prevede a scadenza la restituzione delcapitale, assieme al 69% dell’incremento, qualora positivo, che nel quinquenniosarà registrato dal valore di un paniere di riferimento (basket , per gli anglofili)composto, in quote prefissate, da 30 fondi comuni di investimento azionari(aree: usa 24%, Europa 34%, Giappone 12%, tecnologici 5%, Paesi Emergenti5%) e obbligazionari (area Europa 20%) gestiti da 13 gestori internazionali.

Il marketing di questo prodotto strizza l’occhio al risparmiatore abituato aivecchi Buoni Postali e gli suggerisce che può lanciarsi su investimenti più mo-derni e appetitosi, però senza rischiare di perdere un centesimo del suo capitale.Adesso cerco di far di conto, usando sempre le ipotesi, notazioni e convenzio-ni già precisate, compresa la (12.1.7). A fronte di un investimento iniziale diU , alla scadenza T = 5 avrò diritto sia al rimborso del capitale investito, sia

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152 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

all’importo U (ST − 1) 0.69, qualora positivo. In definitiva incasserò

U|{z}(certo)

+ max

0, U (ST − 1) 0.69| {z }(aleatorio)

.Mi farà comodo indicare con α la porzione di rendimento assegnata all’in-

vestitore, nel mio caso α = 0.69. Scelgo un tasso privo di rischio r pari al tassoeffettivo netto riconosciuto su titoli di stato quinquennali, tasso che suppongosia il 3.8%, cioè il tasso istantaneo

r = ln 1.038 ' 3.73%,

L’operazione oggi costa U e fra 5 anni mi darà diritto a

U +max (0, U (ST − 1)α) = U + U max (0, STα− α) , (12.1.8)

perciò il capitale iniziale di U genera questi incassi futuri:

• incasso certo di U fra 5 anni, il cui valore attuale, al tasso privo di rischio,è

Ue−5r = e−5×0.0373U ' 0.82986U ;

• il pay-off di U opzioni call europee con la stessa scadenza, scritte su Stαe con prezzo di esercizio α.

Se indico con c il valore odierno di una di queste call, ho dunque

U = Ue−5r + Uc,

cioè

c = 1− e−5r ' 1− 0.82986 = 0.17014.

È meglio che rifletta un momento sul tipo di investimento che effettuo. Semi accontentassi di ottenere tra 5 anni U mi basterebbe impiegare in titoli distato quinquennali l’importo Ue−5×0.0373 ' 0.82986U . Impiegando invece Unel prestito bnl 2001—2006 ‘‘bis’’ spendo in più U − 0.82986U = 0.17014U ,e questo importo extra è proprio il valore odierno del mio diritto a partecipareal 69% dei frutti (se positivi) del paniere di fondi. La morale è dunque chele Poste Italiane non sono un ente di beneficenza (ma lo sapevo già). Possoora chiedermi se il gioco (che oggi vale cU) vale la candela (che oggi mi costa0.17014U). Se conoscessi la volatilità σ del paniere di fondi nel quale finiscono

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12.1. Alcuni derivati sui tassi 153

i miei soldi, potrei rispondere. Ma questo σ non lo conosco e mi devo accon-tentare di scovare la volatilità implicita σ, che calcolerò (come più volte farònel seguito) come indicato nel par. 7.3.2. Devo solo stare attento ad adattarela formula di b&s (6.5.4) al mio caso:

b&s oraistante attuale t 0

tempo a scadenza (T − t) 5

tasso interesse istantaneo r 0.0373

volatilità σ σ

valore del sottostante St S0α = α = 0.69

prezzo di esercizio K α = 0.69

valore della call F (t, St) 0.17014

Ottengo σ ' 18.06%. Per giudicare se questo valore è equo, oppure se inveceposso sospettare che l’Emittente abbia usato la mano pesante nell’applicare unaqualche forma di caricamento, dovrei avere altre informazioni (sulla volatilitàdei vari fondi che comporranno il paniere), che sui due piedi non ho. Possocercare di capire quanto sensibile è il valore della call al variare di σ: mi bastacalcolare il valore del parametro vega, ottenendo V ' 0.493848, un valoredavvero alto. Meglio ancora: vedo come reagisce la volatilità implicita σ alvariare della quota di partecipazione α. Rifacendo daccapo i conti per altrivalori di α ottengo questa tabellina

100α 60 65 68 69 70 75 80 90100σ 23.14 20.17 18.57 18.06 17.57 15.26 13.16 9.27∆ (100σ)

∆ (100α)−0.60 −0.53 −0.51 −0.49 −0.46 −0.42 −0.39

L’ultima riga mi dice che ogni punto %-ale in più in α si traduce in unariduzione tra i 6

10 e i410 di punto %-ale nella volatilità implicita σ, quindi la

quota α è molto sensibile a variazioni anche modeste in σ. Certo, se potessiavere una stima decente della vera volatilità del paniere di fondi potrei indi-viduare la quota α per la quale il gioco varrebbe esattamente la candela. Adesempio, se fosse σ = 15.26% dovrei avere α = 75%.

Se proseguissi a fare altri conti come nella tabellina, vedrei che, man manoche α si sposta verso il 100% la volatilità implicita si avvicinerebbe allo zero,ma nello stesso tempo tutto il discorso cascherebbe, perché posso pretenderel’uovo (il capitale sicuro) oppure la gallina (partecipazione integrale ai frutti delpaniere, se positivi), ma non entrambe: come a tutti, mi piacciono le cilieginesulla torta, ma non posso avere un etto di quelle ciliegine pagandolo come unetto di torta.

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154 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

12.2 Applicazioni di Corporate Finance

Nell’intento di controllare la propria esposizione al rischio e/o situazione pa-trimoniale, le imprese utilizzano prodotti derivati sia di tipo plain vanilla, siadi tipo diverso, come i forward e i futures , le opzioni asiatiche (alcune createapposta per ridurre i rischi connessi, ad esempio, alla variabilità dei prezzi spotdei materiali o dei prezzi di vendita), le swaption sui tassi, i contratti cap efloor ed i mutui a particolari condizioni contrattuali: ne ho già parlato nei par.9.6, 9.7 e 12.1.

Questo paragrafo contiene invece alcune applicazioni di specifico interesseaziendale della teoria dei derivati, dunque di interesse più diretto per il corsodi Matematica per le Decisioni della Finanza Aziendale al quale si accennanella Prefazione. La presenza qui di quelle applicazioni si spiega sottolinean-do, come oramai fanno i manuali di Finanza Aziendale che, sotto ben notecondizioni 3, i valori di mercato delle azioni ordinarie e dei bond emessi daun’impresa quotata non sono altro che i valori di speciali opzioni sul valore dimercato dell’impresa stessa, così che molte decisioni aziendali sulla strutturafinanziaria è bene analizzarle proprio sotto la lente delle opzioni.

I primi temi dei quali mi occupo riguardano la valutazione di debiti rischiosi,del capitale di un’impresa, di warrant e di bond convertibili. A questi seguonoalcuni cenni alle cosiddette opzioni reali e a problemi di misura e gestione delrischio.

12.2.1 Avvertenze

Vanno tenute in conto le seguenti 2 Avvertenze. La prima di esse è del tuttoovvia per chi ha già seguìto corsi di Finanza Aziendale:

Avvertenza 1 La moderna Finanza Aziendale sottolinea che le diversevoci del Passivo di un’impresa (in breve: Debiti e Netto) corrispondono adiritti che i creditori e gli azionisti (o i titolari di quote di proprietà) vantanosull’Attivo dell’impresa, cioè sui vari mezzi (cassa, crediti, immobilizzazionitecniche, ecc.) di cui essa dispone. Di conseguenza, ogni modello di valutazionedi tali diritti deve basarsi non sui valori in qualche modo storici delle variabiliin gioco, quali appaiono dal Bilancio, bensì sui valori di mercato, economici ,effettivi . Questo punto è stato chiarito da tempo nel ben noto schema divalutazione di Miller e Modigliani ([39], [40]) e nella letteratura che ne è seguita.In particolare, per le imprese azionarie le cui azioni e obbligazioni sono quotate,il valore di mercato (o economico) dell’impresa non è altro che la somma tra ilvalore delle sue azioni (numero × quotazione) e delle sue obbligazioni (numero× quotazione), sicché le principali variabili sono variabili osservabili . A queste

3Sono quelle sotto le quali valgono le cosiddette Proposizioni del ben noto modello diMiller e Modigliani : si veda, ad esempio, [46], pp. 776, 802, 920, [13], par. 17.1-2 e [33], cap.19

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 155

sole imprese mi limiterò nel séguito, avvertendo dunque che, quando userò leparole Attivo, Debiti e Netto, talvolta inserendole in uno schema tipograficosimile a quello di uno Stato Patrimoniale sintetico, queste vanno lette comevalore di mercato (o economico), rispettivamente, di Attivo, Debiti, Netto.Questi valori li indicherò con le consuete lettere A (come Attivo o Assets), Do B (come Debito o Bond) 4 ed E (come Equity , Netto).

Avvertenza 2 È ormai consueto assumere che il valore dell’Attivo Atsi muova secondo un moto browniano geometrico (par. 4.2), cioè sia descritto,almeno nei casi più comuni, dall’eds

dAt = αAt dt+ σAt dWt, (12.2.1)

con α e σ costanti e indipendenti dalla composizione del capitale dell’impresa(cioè dal rapporto tra fondi esterni e fondi propri), equazione che corrispondeproprio, salvo la notazione (At al posto di Xt), alla (4.2.1). In questo modosi sposa l’ipotesi che At abbia distribuzione log-normale e che valgano tuttele altre ipotesi del modello di b&s indicate nel par. 2.1.2, oltre all’assenza dipossibilità di arbitraggio. La giustificazione della (12.2.1) viene fatta risalirea lavori di Merton del ’77 (vedi, ad esempio, [38]), nei quali si richiede che lequotazioni Et e Bt delle azioni e degli altri titoli (obbligazioni o altri bond),emessi dall’impresa per procurarsi fondi, siano valori di mercato osservabili , alpari dunque della loro somma At = (Et +Bt). In effetti, Merton ha dimostratoche, sotto le ipotesi appena richiamate, è possibile costruire un paf in gradodi replicare i flussi di cassa previsti da titoli emessi dall’impresa. Ciò vienedi solito ritenuto sufficiente per descrivere con la (12.2.1) il comportamentodell’Attivo di un’impresa per ogni istante t al quale i flussi certi di cassa (di-videndi, rimborso di prestiti, nuove emissioni, ecc.) hanno saldo nullo. Saldinon nulli si traducono in salti di pari ampiezza nella traiettoria di At, gestibilicome ho già visto nel par. 8.1.2. In realtà, trovare una giustificazione sem-plice e completa, rigorosa e convincente, dell’ipotesi (12.2.1) è un affare serio.Comunque, visto che il resto del mondo accetta che At segua l’eds (12.2.1),anch’io mi adeguo, beninteso riservandomi il classico “diritto di mugugno”, cheeserciterò più avanti nel par. 12.2.6.

Di solito si accettano altre 2 ipotesi di comodo, e cioè: (a) anzi tutto esisto-no solo azioni ordinarie; (b) inoltre, in caso di insolvenza, non esistono debitisubordinati ad altri. Naturalmente si possono scegliere ipotesi più realistiche, apatto però di accettare analisi un po’ più complesse (e noiose), che non possonotrovare spazio qui.

Nel séguito supporrò, anche senza esplicita menzione, che le variabili inte-ressanti siano osservabili, che At segua l’eds (12.2.1) e che valgano le ipotesi

4Dal par. 2.1 in giù ho sempre indicato con Bt o B (t) il valore a t di un bond privo dirischio. In tutto questo capitolo indico invece con Bt il valore a t del debito rischioso.

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156 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

di comodo appena segnalate. Ovviamente, mi rendo conto che ciò significa la-vorare su un modello super-semplificato di equilibrio parziale, che taglia fuoritutte le altre variabili, deterministiche e stocastiche, che di fatto governano laformazione del valore dell’impresa (ad esempio, l’evoluzione dei tassi di inte-resse o i mutamenti nelle prospettive di reddito indotti dalla gestione stessadell’impresa).

12.2.2 Valutazione di un’impresa

Suppongo che all’istante 0 il capitale di una spa (Società per azioni) sia divisotra mezzi propri, di valore E0, e capitali di terzi, rappresentati da un debito(del tipo zcb) con scadenza T , valore nominale DT e valore di mercato B0. Tdefinisce anche, almeno per ora, l’orizzonte temporale fissato per la valutazionedell’impresa. Il valore economico iniziale della stessa, cioè del suo Attivo, èdunque A0 = (B0 +E0):

Attivo A0 Debiti B0Netto E0

A0 = (B0 +E0) (B0 +E0)

Suppongo che il mercato sia arb.free, che l’impresa non emetta nuove azionie che il debito sia rischioso, nel senso che i creditori sopportano il rischio diinsolvenza, totale o parziale, dell’impresa loro debitrice.

Mi metto alla scadenza finale T e confronto l’Attivo AT col valore nominaleDT dei Debiti. Se l’Attivo supera i Debiti, ai creditori viene pagato DT perintero ed agli azionisti resta il Netto ET = (AT −DT ). Se invece il debito DTda rimborsare supera l’Attivo, i creditori devono accontentarsi dell’importoBT = AT e agli azionisti non resta nulla. In sintesi:

AT > DT ⇒(BT = DT ,

ET = (AT −DT ) ,

AT ≤ DT ⇒(BT = AT ,

ET = 0.

È dunque evidente che i valori finali BT del Debito e ET del Netto dipen-dono da quello che sarà il valore finale AT dell’impresa, come segue:

ET = max (AT −DT , 0) =((AT −DT ) , se AT > DT ,0, se AT ≤ DT ,

BT = min (AT ,DT ) = DT −max (DT −AT , 0) =(DT , se AT > DT ,

AT , se AT ≤ DT .

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 157

come nei grafici seguenti (mi aiuto con quelli del par. 5.3):

A questo punto vedo che:

• il valore Et del Netto a t si comporta come quello di una call europeascritta a t sull’Attivo At dell’impresa, con prezzo di esercizio DT (valorenominale del debito) e scadenza T ;

• se il debiti fossero garantiti, il loro valore a t sarebbe semplicementeDT e

−r(T−t), cioè il valore attuale del valore nominale DT ; essendo invecerischiosi, per tener conto del rischio di insolvenza devo sottrarre a quelvalore il valore pt di una put europea firmata a t dai creditori e calcolatocon gli stessi dati su sottostante, prezzo di esercizio e scadenza.

Queste cose, che costituiscono il cosiddetto approccio strutturale alla valu-tazione di impresa, vengono a galla bene se uso il teorema 7.5.1 sulla paritàput-call. Trascrivo qui (con variante tipografica minima) la sua relazione diparità (7.5.1) nella forma originaria:

pt (St,K)valore a tdella put

= Ke−r(T−t)valore a t del

prezzo di esercizio

+ ct (St,K)valore a tdella call

− Stvalore a t

del sottostante

;

poi uso la notazione

ptvalore a tput creditori

= pt (At,DT ) , Etvalore a t

call azionisti

= Et (At,DT ) ,

per sottolineare che Et e pt dipendono sia da At (valore del sottostante) chedal prezzo di esercizio DT . Infine adatto la relazione di parità al mio caso,ottenendo:

pt (At,DT ) = DT e−r(T−t) +Et (At,DT )−At

o, meglio, usando didascalie che parlano da sole:

Atvalore a tdell’impresa

= DT e−r(T−t)

val. a t del debito comese fosse non rischioso

− pt (At,DT )valore a t dellaput dei creditori| {z }

valore Bt a t del debito rischioso

+ Et (At,DT )valore a t del Netto(call degli azionisti)

. (12.2.2)

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158 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Le stesse conclusioni valgono anche se tengo aperta la possibilità di evitarela liquidazione dell’impresa a T in caso di insolvenza semplicemente emettendoa quella data nuove azioni e/o contraendo nuovi debiti. Infatti, questa non èuna possibilità praticabile, bensì soltanto una pia illusione, perché con At ≤ DTl’impresa non merita più fiducia, sicché nessuno sottoscrive nuove azioni o leconcede nuovo credito.

Ho visto che i valori Et del Netto e Bt dei Debiti all’istante t ∈ [0, T ]si calcolano valutando una call e una put europee scritte a t sull’Attivo Atdell’impresa, con prezzo di esercizio DT e scadenza T . Posso dunque usare leclassiche formule di b&s (6.5.4) e (6.5.6), cioè

d1 =lnStK +

³r+12σ

2´(T−t)

σ√T−t , d2 = d1 − σ

√T − t,

F (t, St)(call)

= StN(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) ,

F (t, St)(put)

= Ke−r(T−t)N(−d2)− StN(−d1) ,

però con queste sostituzioni:

b&s oravalore del sottostante St Atprezzo di esercizio K DTvalore della call (call) F (t, St) Et (At,DT )

valore della put (put) F (t, St) pt (At,DT )

In altre parole devo calcolare

Et (At,DT ) = AtN(d1)−DT e−r(T−t)N(d2) ,

Bt = DT e−r(T−t) − pt (At,DT ) =

= DT e−r(T−t) −

³−AtN(−d1) +DT e−r(T−t)N(−d2)

´,

con : d1 =lnAtDT

+³r+12σ

2´(T−t)

σ√T−t , d2 = d1 − σ

√T − t.

Sia, ad esempio,

At = 100, DT = 60, (T − t) = 8, r = 0.05, σ = 0.30.

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 159

Bene, mi calcolo prima

d1 =ln10060 +

³0.05+

12 (0.3)

2´(8)

0.3√8

' 1.497682,d2 = 1.497682− 0.3

√8 ' 0.649154,

N(d1) =1√2π

R 1.497682−∞ e−z

2/2 dz ' 0.932892,N(d2) =

1√2π

R 0.649154−∞ e−z

2/2 dz ' 0.741881,per ottenere Et:

Et = 100× 0.932892− 60× e−0.05×8 × 0.741881 ' 63.4513.Poi calcolo

N(−d1) = 1√2π

R −1.497682−∞ e−z

2/2 dz ' 0.067108,N(−d2) = 1√

R −0.649154−∞ e−z

2/2 dz ' 0.258119,per ottenere

Bt = 60e−0.05×8 − ¡−100× 0.067108 + 60× e−0.05×8 × 0.258119¢ '= 40.2192− (3.6705) = 36.5487.

A questo punto la (12.2.2) diventa

At100

= DT e−r(T−t)

40.2192− pt (At,DT )

3.6705| {z }Bt(At,DT )=36.5487

+ Et (At,DT )63.4514

e posso riassumere tutto quanto nel prospetto seguente:

Attivo (At)100 Debiti:valore nominale (DT ) 60.0000deduzione per interessi (8 anni) −19.7808valore attuale (senza rischio) (DT e−0.05×8) 40.2192riduzione per rischio (pt (At,DT )) −3.6705valore di mercato del debito (Bt) 36.5487

Netto (Et = Et (At,DT )) 63.4513

totale 100 totale 100.0000

Una curiosità: è ovvio che un credito rischioso abbia un rendimento supe-riore a quello (r = 0.05) privo di rischio. Nel mio caso all’istante t i creditoridetengono un titolo che vale 36.5487 e sperano di incassare DT = 60 tra 8 anni.Se la fortuna li assiste essi realizzeranno il tasso di rendimento istantaneo xche risolve 36.5487e8x = 60, cioè x ' 0.06196 > 0.05. Il corrispondente tassoannuo è ex − 1 ' 6.392%, contro quello privo di rischio e0.05 − 1 ' 5.127%.

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160 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

12.2.3 Warrant

Un warrant è un titolo, emesso da una spa, che conferisce il diritto, ma nonil dovere, di acquistare in futuro una ben precisa quantità di sue azioni ad unprezzo prefissato. Si tratta dunque di una vera e propria opzione di tipo call 5.A differenza delle opzioni ordinarie, le cui scadenze di solito non superanoi 9 mesi, i warrant sono emessi con scadenze fino a parecchi anni, 5 o più,addirittura esistono warrant perpetui. Inoltre mentre l’esercizio di una callordinaria dà diritto ad acquistare azioni in circolazione (si opera infatti sulmercato secondario), l’esercizio di un warrant comporta l’emissione di nuoveazioni (si opera dunque sul mercato primario).

Ci sono warrant di tipo europeo e warrant di tipo americano. Nei primi ildiritto di conversione del warrant in azioni può essere esercitato solo ad unascadenza fissa T . Nei secondi quel diritto può essere esercitato entro la data T ,oppure ad un istante scelto in un ventaglio di prefissate scadenze (un po’ comenelle opzioni americane Bermuda del par. 9.6), eventualmente con eserciziosequenziale, cioè “a rate”, di tale diritto.

Mi occupo ora della valutazione di un warrant di tipo europeo. Suppongoche all’istante iniziale t il capitale proprio dell’impresa sia diviso in a azioni or-dinarie, mentre quello di terzi sia rappresentato soltanto da w warrant europei,convertibili alla data finale T . A T ogni warrant che sarà convertito consentiràal titolare di acquistare z azioni pagando il prezzo k per azione.

Indico con St e W i valori a t di un’azione e di un warrant. W è incognitoe cerco qui di determinarlo, magari per confrontarlo poi con la sua quotazioneeffettiva. A t il valore del Netto è aSt e quello dei Debiti è wW, perciò il valoreAt dell’Attivo dell’impresa a t è

At = aSt + wW,

come nel prospetto

Attivo a t At = aSt + wW Debiti a t wWNetto a t aSt

At = aSt + wW aSt + wW(12.2.3)

Mi metto a T e indico con AT il valore dell’Attivo dell’impresa e con ST ilvalore di un’azione. Se a T tutti i warrant vengono convertiti, a T l’impresaincassa wzk e il valore del suo Attivo passa da AT a (AT + wzk), da riferire peròad (a+ wz) azioni, non più alle vecchie a. Molte grandezze variano, soprattutto

5 tant’è che nei primi tempi l’opzione veniva chiamata warrant. Oggi sono molto di modai covered warrant , che tuttavia, nonostante il nome, sono particolari opzioni call e put conscadenza di solito oltre l’anno (vedi nel sito della Consob www.consob.it), che vengonotrattate sul mercato telematico gestito dalla Borsa Italiana SpA.

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 161

St. La tabella che segue riassume questi cambiamenti tra T− (appena primadella conversione) e T+ (appena dopo):

a T− → a T+

n.◦ azioni a → (a+ wz)

n.◦ warrant w → 0

valore Debiti wW → 0

valore Netto aST− → (a+ wz)ST+

valore Attivo AT → (AT + wzk)

idem per azioneATa

→ AT +wzk

a+wz

e dunque, appena dopo la conversione, cioè a T+, le cose stanno così:

Attivo a T+ (a+ wz)ST+ Debiti a T+ 0Netto a T+ (a+ wz)ST+

(a+ wz)ST+ (a+ wz)ST+

Il possessore di un warrant a T paga zk ma ha diritto a z azioni, per unvalore zAT+wzka+wz , dunque ha la posizione netta

zAT + wzk

a+ wzincasso

− zkpago

=z

a+ wz[AT + wzk − k (a+ wz)] = za

a+ wz

µATa− k

¶.

È ovvio che a T varrà la pena di convertire un warrant (ogni warrant) solose la conversione converrà, cioè se risulteràµ

ATa− k

¶guadagno di conversione

> 0,

dunque l’incasso complessivo netto a T del possessore del warrant è

max

µza

a+ wz

µATa− k

¶, 0

¶=

za

a+ wzmax

·µATa− k

¶, 0

¸.

Il valore di un warrant è dunque quello di zaa+wz opzioni call europee scritte

sul valore

Ata=aSt + wW

a= St +

w

aW,

con prezzo di esercizio k e scadenza T . Se accetto le consuete ipotesi del modellodi b&s indicate nel par. 2.1.2, oltre all’assenza di possibilità di arbitraggio,

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162 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

posso dunque usare la classica formula di b&s (6.5.4) per il valore di una calleuropea, cioè

F (t, St) = StN(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) ,

d1 =lnStK +

³r+12σ

2´(T−t)

σ√T−t ,

d2 = d1 − σ√T − t,

(12.2.4)

però con questi ovvii adattamenti:

• come sottostante, al posto del prezzo St dell’azione ora hoAta=³St +

w

aW´;

ciò equivale ad assumere che questa quantità si evolve seguendo un motobrowniano geometrico;

• al posto del prezzo di esercizio K nel modello b&s ora ho k;

• al posto della volatilità σ nel modello b&s ora ho quella dell’Attivo Atdell’impresa, indicato nella (12.2.1), però diviso per a, perché il valoredel sottostante non è At ma At

a ;

• al posto del valore F (t, St) dell’opzione ora ho W;• tutto quanto va poi moltiplicato per za

a+wz , numero delle opzioni,

insomma:

b&s oravalore del sottostante St At/a = St + (w/a)W

prezzo di esercizio K k

volatilità σ σ/a

valore della call F (t, St) W

numero opzioni 1 za/ (a+ wz)

Fatte queste sostituzioni mi esce

W =za

a+wz

n³St +

w

aW´N(d1)− ke−r(T−t)N(d2)

o, (12.2.5)

d1 =

lnSt +

σ

aW

k+

µr + 1

2

³σa

´2¶(T − t)

σ

a

√T − t

, (12.2.6)

d2 = d1 − σ

a

√T − t, (12.2.7)

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 163

cioè non una formula esplicita per il calcolo di W, bensì una formula che pur-troppo mi dà W in funzione di W: un’equazione in W, la sua soluzione vacalcolata numericamente 6.

Faccio un esempio. Sia

a = 100, St = 100, k = 90, z = 2, w = 75,

(T − t) = 4, σ = 0.2, r = 0.05.

Calcolo d1 e d2 usando le (12.2.6)-(12.2.7):

w

a= 75

100 = 0.75,za

a+ wz= 2×100

100+75×2 =200250 = 0.8,

d1 =ln100+0.75W

90 +³0.05+

12(0.2/100)

2´(4)

(0.2/100)√4

= 250 ln 100+0.75W90 + 50.002

d2 = d1 − (0.2/100)√4 = 250 ln 100+0.75W90 + 49.998

A questo punto la (12.2.5) diventa

W = 0.8©(100 + 0.75W)N (d1)− 90× e−0.05×4N(d2)

ª,

cioè

(80 + 0.6W)N (d1)− 90e−0.2N(d2)−W = 0, (12.2.8)

relazione davvero poco invitante, perché in essa N(d1) e N(d2) dipendono daW:

N(d1) = 1√2π

R 250 ln 100+0.75W90 +50.002

−∞ e−z2

2 dz,

N(d2) = 1√2π

R 250 ln 100+0.75W90 +49.998

−∞ e−z2

2 dz.

Inserisco queste espressioni nella (12.2.8) e ottengo l’equazione

(80 + 0.6W)R 250 ln 100+0.75W90 +50.002

−∞ e−z2

2 dz+

−90e−0.2 R 250 ln 100+0.75W90 +49.998

−∞ e−z2

2 dz −√2πW = 0

di aspetto abominevole, però dotata della soluzione

W ' 15.7856.6Dunque stavolta non posso usare programmi standard come quelli della nota a pag. 113,

i conti me li devo fare proprio io, ad esempio usando il metodo di bisezione .

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164 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Questa mi consente di calcolare i valori

Netto = aSt = 100× 100 = 10000,Debiti = wW = 75× 15.7856 ' 1183.92,Attivo = aSt + wW ' 10000 + 1183.92 = 11183.92,

coi quali costruisco il prospetto (12.2.3) alla data iniziale t:

Attivo a t 11183.92 Debiti a t 1183.92Netto a t 10000.00

11183.92 11183.92

A partire da questo posso anche aggiornare il prospetto di bilancio alladata finale T , appena dopo la conversione: con questa il debito di 1183.92 peri warrant scompare e va ad aumentare il Netto, mentre l’incasso di conversioneper 75× 2× 90 = 13500 incrementa Attivo e Netto, dunque:

Attivo a T+ 24683.92 Debiti a T+ 0Netto a T+ 24683.92

24683.92 24683.92

Il numero delle azioni passa da 100 a (100 + 75× 2) = 250 ed il valore diciascuna scende da St = 100 a ST+ = 24683.92/250 ' 98.73568. La riduzionedi valore ripartisce sulle 250 azioni la differenza tra l’abbuono sulle azioni ceduteai nuovi azionisti (150× (100− 90) = 1500) e il debito rilevato (1183.92):

ST = St − (St − k)wz − wWa+ wz

= 100− (100− 90) 75× 2− 1183.92100 + 75× 2 =

= 100− 1500− 1183.92250

= 98.73568.

Commento: se a t un warrant è quotato sopra/sotto il livello W = 15.7856,è sovra/sotto-quotato.

Prima di chiudere quest’argomento è bene che, seguendo la raccomandazio-ne del par. 7.7.1, rifletta un momento su alcune scorciatoie che inconsapevol-mente si prendono quando si valutano warrant con la procedura che ho appenavisto. Il sottostante sul quale è scritto un warrant non vale St, ma

¡St +

waW

¢.

Dunque, per poter applicare la regola di valutazione di b&s sono costretto adassumere l’ipotesi, discutibilissima, che

¡St +

waW

¢abbia la stessa distribuzio-

ne (log-normale) di St. In più ho lavorato su un sottostante stranissimo, che èla somma tra un’azione ed una certa quantità (wa ) di warrant, cioè di un deri-vato scritto sulla stessa azione. Ciliegina sulla torta: addirittura qui l’eserciziodel derivato finisce per spostare il valore dell’azione, che difatti a T passa daST− ad ST+ .

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 165

12.2.4 Bond convertibili

Introduzione

I titoli obbligazionari che incorporano particolari diritti per una o per entram-be le parti sono spesso detti obbligazioni strutturate. È del tutto ovvio chenella loro valutazione questi diritti, che rappresentano opzioni implicite, va-dano tenuti in conto. Si parla di bond (o obbligazione) convertibile 7 quando,pagando un eventuale premio di conversione, il titolo può essere convertito dalsuo possessore in un certo numero di azioni di nuova emissione.

Un bond convertibile comprende dunque una particolare opzione di conver-sione, che ovviamente verrà esercitata solo se il creditore troverà convenientile condizioni di conversione. Sono perciò presenti aspetti tipici sia delle obbli-gazioni che dei warrant. L’opzione può essere di tipo europeo o, più spesso,americano. Nel 1◦ caso la si può esercitare solo ad un certo istante prefissa-to T , di solito lontano; nel 2◦ la si può esercitare entro T , in ogni caso nonoltre la scadenza finale del bond, talvolta ad un istante scelto in un ventagliodi possibili date (variante Bermuda del par. 9.6). È ovvio che all’atto dellaconversione il creditore, diventando azionista, perde ogni diritto a percepireulteriori eventuali cedole e il capitale di rimborso. Dato che un bond converti-bile può essere quotato, la sua valutazione è di solito seguita da un confrontocon la quotazione effettiva di mercato, come nel caso di un warrant.

Il bond convertibile si dice non-callable se è il creditore che può decidere laconversione. È invece callable quando l’Emittente può imporre al creditore lascelta tra la conversione in azioni e il rimborso anticipato (riscatto del debito)ad un prezzo pattuito in partenza (magari variabile nel tempo). L’Emitten-te utilizza spesso la proposta di riscatto per forzare la conversione del bondin anticipo rispetto al momento nel quale il creditore intenderebbe convertire.Un bond convertibile callable incorpora così due tipi di opzione: quella di con-versione (a favore del creditore) e quella di riscatto (a favore dell’Emittente).Detto in altro modo, chi acquista un titolo callable assume una posizione lunganell’opzione di conversione ed una corta in quella di riscatto. Queste 2 opzio-ni non sono tra loro indipendenti (l’esercizio di una di esse annulla l’altra!),perciò nel valutare un titolo di questo tipo è scorretto valutarle separatamentee sommare poi i risultati. Esistono anche alcuni bond che hanno invece unacaratteristica opposta, che ne aumenta il valore, nel senso che il creditore ètitolare di un’opzione put che gli conferisce il diritto (ma non il dovere) dirivendere il titolo all’Emittente ad una certa data (o ad una tra certe date)ad un prezzo prefissato, fisso o variabile con t. Nel séguito trascuro però taleopzione.

Per ragioni di brevità, nella valutazione dei bond convertibili assumerò che

7Talvolta si usa la sigla cb (convertible bond), che di solito indica invece i coupon bond ,cioè i bond dotati di cedole, oppure i callable bond , definiti appena sotto.

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166 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

il tasso di interesse sia deterministico e noto, per semplicità addirittura costan-te. Ovviamente questo tasso potrebbe essere deterministico ma variabile neltempo, oppure addirittura aleatorio. Gestirò per primo il caso più semplice diuno zcb (niente cedole) non-callable, poi di uno zcb callable, infine sbrigheròalla svelta il caso di un cb (con cedole). In tutti i casi, visto che il compor-tamento dei creditori è uniforme, per farla corta mi conviene pensare ad ununico creditore che ha in mano tutti gli n bond.

Zcb convertibili non callable

Suppongo che all’istante t il Passivo di una spa (Società per azioni) comprendasoltanto N azioni ed n zcb, con scadenza T e valore nominale complessivoDT . I bond convertibili potranno essere scambiati a T con altrettante azioniordinarie, esercitando a quella data il diritto di conversione, ciò che porterà ilnumero delle azioni da N ad (N + n), delle quali N in mano ai vecchi azionistied n di nuova emissione da consegnare ai nuovi azionisti, ex creditori, cheovviamente pagheranno da bere. Il credito è rischioso, nel senso che, in caso dinon-conversione, il suo valore finale sarà, come già visto nel par. 12.2.2,

BT =

(AT , se AT ≤ DT ,DT , se AT > DT .

Se a T i bond sono convertiti, il creditore rinuncia al suo credito per diven-tare proprietario della frazione n

N+n del Netto ET , cioè nella quantitàn

N+nET .Il complemento all’unità di questa frazione viene detto

fattore di diluizione:µ1− n

N + n

¶=

N

N + n.

Ma in caso di conversione risulta anche ET = AT , perché con essa il debitosi azzera e il Netto diventa pari all’Attivo. Perciò il creditore che converterinuncia al proprio credito, di valore BT , e si trova in mano azioni di valoren

N+nAT . È ovvio che la conversione avverrà solo se il gioco nN+nAT varrà

almeno la candela, che è min (AT ,DT ), sennò non vale la pena di convertire ibond. A T il creditore dovrà dunque scegliere tra:

• non convertire i bond, tenendosi il loro valore finale min (AT ,DT );• convertire i bond in cambio di azioni di valore complessivo n

N+nAT .

Ovviamente sceglierà l’importo maggiore, sicché il valore finale dei suoidiritti è l’importo

BTvalore finale dei bond

= max

"min (AT ,DT )se non converto

, nN+nATse converto

#,

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 167

che posso riscrivere (controllarlo è solo un gioco di pazienza 8) come

BTvalore a T deibond convertibili

= min (AT ,DT )| {z }valore a T dei bond rischiosicome se fossero non convertibili

+ max³

nN+nAT −DT , 0

´| {z }guadagno di conversione

.

(12.2.9)

Vedo dunque che Bt, valore di mercato a t dei bond convertibili, lo possoesprimere come la somma

Bt = Vt + V∗t ,

nella quale:

• Vt misura il valore a t dei bond rischiosi, trattati come se fossero nonconvertibili; so già dal par. 12.2.2 come calcolarlo usando la (12.2.2) perottenere

Vt = e−r(T−t)DTval. a t del credito comese fosse non rischioso

− pt (At,DT )(put dei creditori )

;

• V ∗t è il valore di una call europea con valore del sottostante nN+nAt e

prezzo di esercizio DT , sicché per sottolineare questa dipendenza scrivo:

V ∗t = V∗t

³n

N+nAt;DT

´.

A questo punto ho tutti gli elementi per valutare Bt. Tanto per fissare leidee, immagino che sia

At = 100, DT = 60, (T − t) = 8, r = 0.05, σ = 0.30, N = 105, n = 45.

Anzi tutto riprendo dal par. 12.2.2, il valore

Vt = e−r(T−t)DT − pt (At,DT ) = e−0.05×860− pt (100, 60) =

' 40.2192− 3.6705 = 36.5487.Poi calcolo V ∗t usando ancora la (12.2.4), cioè la consueta formula di b&s

(6.5.4)

F (t, St) = StN(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) ,

d1 =lnStK +

³r+12σ

2´(T−t)

σ√T−t , d2 = d1 − σ

√T − t,

8Basta considerare, per ciascuno dei casi³DT <

nN+n

AT´,³

nN+n

AT ≤ DT < AT´e

(AT ≤ DT ), i valori assunti da min (AT ,DT ) e da maxh

nN+n

AT −DT , 0ie confrontare poi

la loro somma con maxhmin (AT ,DT ) ,

nN+n

ATi.

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168 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

però con:

valore del sottostante nN+nAt =

45105+45100 = 30

prezzo di esercizio DT = 60

tempo alla scadenza (T − t) = 8volatilità σ = 0.3

tasso annuo r = 0.05

Dunque d1 =ln3060+

³r+12σ

2´(T−t)

σ√T−t , d2 = d1 − σ

√T − t,

V ∗t = V ∗t (30, 60) = 30N (d1)− e−r(T−t)60N (d2) ,

cioè

d1 =ln 0.5+

³0.05+

12(0.3)

2´(8)

0.3√8

' 0.078787,d2 = 0.078787− 0.3

√8 ' −0.769741,

N(d1) =1√2π

R 0.078787−∞ e−z

2/2 dz ' 0.531399,N(d2) =

1√2π

R −0.769741−∞ e−z

2/2 dz ' 0.220727,

V ∗t = V∗t (30, 60) = 30× 0.531399− 60× e−0.05×8 × 0.220727 ' 7.0645.

Risulta perciò

Bt = Vt + V∗t = 36.5486 + 7.0645 = 43.6131.

e alla fine della fiera posso riassumere tutto in questo prospetto:

Attivo (At)100 Debiti:valore nominale (DT ) 60.0000deduzione per interessi (8 anni) −19.7808valore attuale (DT e−0.05×8) 40.2192riduzione per rischio −3.6705valore debito non convertibile (Vt) 36.5487valore opzione di conversione (V ∗t ) +7.0645valore di mercato del debito (Bt) 43.6132

Netto (Et) 56.3868

totale 100 totale 100.0000

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 169

Zcb convertibili callable

Valutare zcb convertibili callable è un po’ più complicato. Uso ancora i simboliSt(valore di mercato a t di un’azione), Bt (di un bond), N (numero delle azioni)ed n (dei bond). Indico poi con Kt il prezzo di riscatto di un bond e con αil numero di azioni che ottengo convertendolo. Inoltre Vt indica il valore at di un bond non convertito. Alla data finale Vt è dato semplicemente dalvalore nominale del bond, mentre alle date precedenti, per evitare possibilitàdi arbitraggio, Vt deve essere pari al valore atteso a t del valore futuro Bt+1del bond.

Mi metto a t e distinguo 2 casi. Nel 1◦ suppongo che a t il bond non vengaconvertito. Allora il suo possessore si trova in mano un titolo che vale Vt sel’Emittente non ne impone il riscatto, invece Kt in caso contrario. Dunque ilbond non convertito vale min (Vt,Kt). Nel 2◦ caso suppongo che il possessoredel bond decida la conversione. Per calcolare il valore del bond devo fare unpaio di conti ragionando sulla frazione

NSt + nVtN + αn

,

che è la versione del fattore di diluizione aggiornata al mio caso. Essa rap-presenta il valore di una singola azione appena dopo la conversione. Infattia numeratore trovo il valore dell’Attivo dopo la conversione, dato dalla som-ma fra il vecchio Attivo NSt e l’incremento che esso subisce per effetto dellatrasformazione di un debito di importo nVt in nuovo capitale netto mediantel’emissione di αn nuove azioni. A denominatore compare il numero totale diazioni: le N vecchie più le αn di nuova emissione. Perciò, visto che la con-versione mi dà in mano α azioni, questa mi lascia in mano azioni di valorecomplessivo αNSt+nVtN+αn . Dunque, visto che Emittente e creditore si comportanoin modo razionale, il valore al tempo t del bond convertibile callable è

Bt = max

valore del bondmin (Vt,Kt)non convertito

,

valore del bond

αNSt + nVtN + αnconvertito

(12.2.10)

L’effetto di questo fattore sul valore delle azioni dipende dal segno di(Vt − αSt) come segue:

Vt < αSt ⇒ NSt + nVtN + αn

< St,

Vt > αSt ⇒ NSt + nVtN + αn

> St.

Vt = αSt ⇒ NSt + nVtN + αn

= St.

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170 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Il 1◦ caso rappresenta una diluizione del Netto a causa della conversione edè l’unico caso significativo, perché nel 2◦ non c’è conversione (al creditore nonconviene!) e nel 3◦ c’è indifferenza. Ragiono sulla (12.2.10). Se risulta Vt > Kt,cioè min (Vt,Kt) = Kt, all’Emittente conviene riscattare il debito perché pagasoltanto Kt per ogni bond che, se non convertito, vale Vt, cioè di più. Quandomin (Vt,Kt) < αNSt+nVtN+αn , il creditore trova conveniente convertire un bond in αazioni del valore NSt+nVtN+αn , realizzando così un guadagno di conversione positivo.

Mi diverto ora riprendendo un esercizio dal par. 23.5 di [32], adattandoloper gestire l’effetto diluizione. Una spa oggi emette n = 500 zcb. Ciascuno havalore nominale di 100, scade tra 9 mesi ed è convertibile, al termine del 3◦, o6◦ o 9◦ mese (abbrevio con: t = 1, 2, 3), in α = 2 azioni oppure rimborsabilea Kt = 115 se il creditore non abbocca. Ad una (una sola) di queste 3 datel’Emittente può dunque proporre la conversione (dammi il bond in cambio di2 nuove azioni) e il creditore dovrà allora scegliere se accettarla oppure invecerifiutarla, nel qual caso il bond verrà rimborsato (dammi il bond in cambio di115). L’Emittente ha in circolazione N = 10000 azioni e non vengono previstidividendi nei prossimi 9 mesi. Suppongo poi che il tasso (istantaneo) privo dirischio sia il 10% annuo costante, così che il fattore di capitalizzazione relativoad un trimestre è

exp¡0.10× 3

12

¢= e0.10×0.25 ' 1.0253.

Essendo l’opzione di conversione di tipo americano (Bermuda), farò le mievalutazioni usando lo schema dell’albero binomiale del par. 2.2. Suppongoallora che il prezzo dell’azione, oggi pari a S0 = 50, si evolva in t = 1, 2, 3,secondo lo schema binomiale coi parametri

u = 1.1618, d = 0.8607, (1 + r) = 1.0253,

così che le probabilità neutrali calcolate con le (2.1.11) e (2.1.12) sono

qu ' 0.5467, qd ' 0.4533. (12.2.11)

Costruisco l’albero binomiale qui sotto, che descrive le possibili quotazionidell’azione di trimestre in trimestre (la lettera sopra è l’etichetta del nodo)calcolando la successione St al solito modo: per esempio nel nodo (H) ho

S3 = S0uud = 50× 1.16182 × 0.8607 ' 58.09.

Poi riscrivo la (12.2.10), che nel mio caso diventa

Bt = max

½min (Vt, 115) , 2

10000St + 500Vt11000

¾,

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 171

in breve:

Bt = max

½min (Vt, 115) ,

20St + Vt11

¾. (12.2.12)

(A)

S0 = 50

t=0

%

&

(B)

S1 = 58.09%

&

(C)

S1 = 43.04%(C)&

t=1

(D)

S2 = 67.49%

&

(E)

S2 = 50.00%

&

(F )

S2 = 37.04%

&t=2

(G)

S3 = 78.42

(H)

S3 = 58.09

(I)

S3 = 43.04

(L)

S3 = 31.88

t=3

Vedo subito che con Vt > 115 all’Emittente conviene riscattare il debito eche con 20St+Vt

11 > min (Vt, 115) al creditore conviene convertire i suoi bond inazioni.

La valutazione procede a ritroso, cominciando dalla data finale t = 3. Adognuno dei suoi nodi (G, H, I ed L) Vt = V3 coincide col valore nominale100 del bond. I conti su Bt li faccio, come per il séguito, arrotondando alcentesimo più prossimo. Ovviamente (raccomandazione che vale anche peril seguito), ogni volta che mi colloco su un nodo e faccio i miei conti, devoimmaginare che il bond sia ancora vivo alla data del nodo, cioè che non siaancora stato convertito o riscattato.

Nodo G : S3 = 78.42, V3 = 100,B3 = max

©min (100, 115) , 20×78.42+10011

ª ' max {100, 151.67} = 151.67;Nodo H : S3 = 58.09, V3 = 100,B3 = max

©min (100, 115) , 20×58.09+10011

ª ' max {100, 114.71} = 114.71;Nodo I : S3 = 43.04, V3 = 100,B3 = max

©min (100, 115) , 20×43.04+10011

ª ' max {100, 87.35} = 100;

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172 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Nodo L : S3 = 31.88, V3 = 100,B3 = max

©min (100, 115) , 20×31.88+10011

ª ' max {100, 67.05} = 100.In nessuno di questi nodi all’Emittente conviene riscattare il debito, perché

risulta sempre V3 < 115. La conversione conviene al creditore solo nei primi 2(G e H), perché solo in questi risulta 20St+Vt

11 > min (Vt, 115), cioè 20St+10011 >

100, ovvero St > 50.

Ora passo a t = 2, cioè ai nodiD, E ed F . Per calcolare il valore V2 del bondnon convertito devo, in ogni nodo, attualizzare i valori del bond presenti nei 2nodi successivi, usando le probabilità (12.2.11) ed il tasso opportuno. Ricordoinfatti che, in ogni data intermedia t, Vt deve essere pari al valore atteso a tdel valore futuro Bt+1 del bond. Qui si presenta un problema delicato. L’usodel tasso (istantaneo) del 10% per operazioni prive di rischio ha senso solo se ilbond viene convertito in azione, perché il principio che porta alla valutazione diun derivato con tasso neutrale rispetto al rischio non dipende dalla reputazionesulla solvibilità dell’impresa. Al contrario, se il bond non viene convertito, hainvece senso usare il tasso per operazioni rischiose al quale il mercato valutale obbligazioni dell’impresa, in modo che il valore attuale del bond venga acoincidere con quello di mercato. Per trovare il tasso opportuno, lo chiamo x,seguo allora la seguente strada, proposta dalla Goldman Sachs [26]:

• se ad un nodo con data t si converte, allora il valore del bond associato alnodo (che equivale al valore di 2 azioni) verrà attualizzato alla data (t− 1)del nodo precedente usando il tasso (istantaneo) 10% per operazioni privedi rischio;

• se ad un nodo intermedio (t < 3) non si converte, allora il valore del bondassociato al nodo verrà attualizzato alla data (t− 1) usando un tasso cheè la media aritmetica dei tassi associati ai 2 nodi previsti per t, ponderatacon le probabilità qu e qd della (12.2.11);

• se ad un nodo finale (t = 3) non si converte, allora l’attualizzazione a(t− 1) va fatta usando il tasso per operazioni rischiose, tasso che, perfissare le idee, suppongo pari al 15%.

Per non confondermi annoto nella tabella che segue i risultati già ottenutie quelli che otterrò. In essa i 3 numeri che vedo ad ogni nodo sono, dall’altoal basso, l’etichetta del nodo, il prezzo St dell’azione a t (misurato in trimestrie relativo al nodo), il valore Bt del bond. I tassi vicini alle frecce sono quellida usare per attualizzare alla data del nodo i capitali che scadono a quellosuccessivo.

Comincio col nodo D. Poiché in entrambi i nodi G ed H che lo seguono siconverte, allora uso il tasso x = 10% per attualizzare B3 a t = 2 ed ottenere

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 173

V2, infine uso la (12.2.12):

Nodo D : S2 = 67.49, x = 10%,V2 = (151.67× 0.5467 + 114.71× 0.4533) exp (−0.1× 0.25) ' 131.58,B2 = max

©min (131.58, 115) , 20×67.49+131.5811

ª ' max {115, 134.67} = 134.67.Al creditore conviene dunque la conversione (tira a casa 134.67) più del riscatto(ne tira a casa 115).

(A)

S0=50B0 = 104.76

t=0

%

&

(B)

S1=58.09B1 = 116.33

xB=10%

%

&

(C)

S1=43.04B1 = 97.59xC=13.51%

%

&t=1

(D)

S2=67.49B2 = 134.67

xD=10%

%

&

(E)

S2=50.00B2 = 104.78xE=12.27%

%

&

(F )

S2=37.04B2 = 96.32xF=15%

%

&t=2

(G)

S3=78.42B3 = 151.67

xG=10%

(H)

S3=58.09B3 = 114.71xH=10%

(I)

S3=43.04B3 = 100xI=15%

(L)

S3=31.88B3 = 100xL=15%

t=3

Passo al nodo E. I nodi che lo seguono sono H e I. In H si converte e inI no. Associo loro i rispettivi tassi del 10% e 15%. Uso i soliti pesi qu e qd siaper calcolare il tasso x, sia V2, poi uso la (12.2.12):

Nodo E : S2 = 50, x = 0.10× 0.5467 + 0.15× 0.4533 ' 12.27%,V2 = (114.71× 0.5467 + 100× 0.4533) exp {−0.1227× 0.25} ' 104.78,B2 = max

©min (104.78, 115) , 20×50+104.7811

ª ' max {104.78, 100.43455} = 104.78,e vedo che non conviene all’Emittente il riscatto, né al creditore la conversione.

Lo stesso risultato trovo al nodo F , che è seguito da I e L, in nessuno deiquali si converte. Nell’attualizzazione a t = 2 uso il 15%, mentre uso ancora i

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174 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

soliti pesi qu e qd per calcolare V2:

Nodo F : S2 = 37.04, x = 15%,V2 = (100× 0.5467 + 100× 0.4533) exp (−0.15× 0.25) ' 96.32,B2 = max

©min (96.32, 115) , 20×37.04+96.32

11

ª ' max {96.32, 76.10} = 96.32.Passo alla data t = 1. Considero il nodo B, che è seguito dal nodo D, ove

si converte (tasso 10%), e dal nodo E, ove non si converte (tasso 12.27% cheho già associato sopra al nodo). Dunque

Nodo B : S1 = 58.09, x = 0.10× 0.5467 + 0.1227× 0.4533 ' 11.03%,V1 = (134.67× 0.5467 + 104.78× 0.4533) exp (−0.1103× 0.25) ' 117.83,B1 = max

©min (117.83, 115) , 20×58.09+117.83

11

ª ' max {115, 116.33} = 116.33.Essendo V3 < 115 all’Emittente conviene il riscatto. Tuttavia al creditoreconviene di più la conversione, che gli offre infatti 116.33, più del ricavo 115del riscatto.

Il nodo C è seguito da E ed F , in nessuno dei quali si converte. Nell’at-tualizzazione a t = 2 uso i rispettivi tassi 12.27% (che ho già associato sopraal nodo) e 15%:

Nodo C : S2 = 43.04, x = 0.1227× 0.5467 + 0.15× 0.4533 ' 13.51%,V1 = (104.78× 0.5467 + 96.32× 0.4533) exp (−0.1351× 0.25) ' 97.59,B1 = max

©min (97.59, 115) , 20×43.04+97.59

11

ª ' max {97.59, 87.13} = 97.59.Qui non conviene né il riscatto per l’Emittente, né il riscatto per il creditore.

Vengo al nodo iniziale A, che è seguito dal nodo B, ove si converte (tasso10%), e dal nodo C, ove non si converte (tasso 13.51% che ho già associatosopra al nodo). Dunque:

Nodo A : S0 = 50, x = 0.10× 0.5467 + 0.1351× 0.4533 ' 11.59%,V0 = (116.33× 0.5467 + 97.59× 0.4533) exp {−0.1159× 0.25} ' 104.76,B0 = max

©min (104.76, 115) , 20×50+104.76

11

ª ' max {104.76, 100.43} = 104.76.Il valore a t = 0 del bond convertibile callable è dunque B0 = V0 = 104.76.

Poiché quello del titolo privo di tale facoltà è soltanto

100× exp ¡0.15× 312

¢= 100e−0.15×0.75 ' 89.36,

il valore delle opzioni implicite è

B0 − 100e−0.75×0.15 ' 104.76− 89.36 = 15.40,

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 175

come nella tabellina riassuntiva

valore nominale del bond (come se fosse non convertibile) 100.00sconto per mesi 9 al 15% annuo −10.64valore attuale a t = 0 bond (come se fosse non convertibile) 89.36valore opzioni implicite +15.40valore a t = 0 del bond convertibile 104.76

Cb convertibili callable

Se il bond prevede cedole, lo schema dell’esercizio ora svolto sta ancora inpiedi: basta che, ad ogni nodo, semplicemente aggiunga al valore del titolo ilpagamento periodico previsto per la data del nodo, dunque il dividendo o lacedola (se il loro importo è già previsto in partenza), a seconda che il bond siagià stato convertito, oppure no.

Altri casi e rinvio

Ovviamente, esistono molti altri casi di cb e di zcb, callable e no, la cuivalutazione è più complessa di quella dei casi che ho appena visto. Mi limitoa segnalare che nella valutazione di un cb convertibile non callable ci si regolacome già detto nel par. 8.1.2 per il caso di dividendi discreti: basta assimilarea questi le cedole periodiche, beninteso se il loro importo è già previsto inpartenza. Per gli altri casi devo accontentarmi di un semplice rinvio ai manualicitati nei Riferimenti bibliografici. Segnàlo poi che il saggio [48]: anche se unpo’ datato, offre una bella “visita guidata” su quasi tutti gli argomenti discussinell’intero par. 12.2.

12.2.5 Opzioni reali

Questo argomento esercita sul management un grosso fascino semplicementeperché (e scusate se è poco!) esso propone modelli per valutare la flessibili-tà in diverse decisioni di capital budgeting da prendersi in condizioni di forteincertezza, quali la scelta di differire o di attuare subito un investimento (adesempio, in un impianto), nel contrarne o espanderne le dimensioni, nell’at-tuarlo in più stadi successivi (esempio: impianto pilota, seguito da un altroper la produzione in serie), nell’abbandonarlo o sospenderlo cammin facendo,nell’accelerarne o rallentarne l’esecuzione, nel saltare da un progetto ad unaltro, nel cambiarne le modalità operative, ecc.. Un’altra caratteristica è laforte complessità: le concrete opzioni reali che interessano un’impresa in realtàformano quasi sempre una vera e propria catena di opzioni da esercitare a datesuccessive, sicché il calcolo del loro valore è una faccenda parecchio più compli-

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176 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

cata dei 2 o 3 semplicissimi esempi dei quali qui parlerò 9. Su questo argomentosono state scritte parecchie migliaia di pagine; il Lettore curioso può divertirsicominciando dai testi [20] e [49], meglio ancora da [24] e [25], per un discorsopiù serio.

Di solito il nome di opzione reale, contrapposto a opzione finanziaria opura, lo si usa per sottolineare che si tratta di opzioni che riguardano attivitànon finanziarie, come azioni o bond, bensì reali (esempi: impianti produttivi,terreni, giacimenti minerari). In realtà ci sono altre differenze rilevanti: mentrele opzioni finanziarie sono oggetto di specifici contratti, quelle reali di solito no,e riguardano piuttosto situazioni soggettive nelle quali l’operatore va a cacciarsiconsapevolmente, come la decisione di edificare un terreno fabbricabile. Inoltreil valore di opzioni finanziarie deriva da quello (osservabile) di titoli quotati ed èpossibile costruire portafogli di replica in un contesto arb.free; quello di opzionireali di solito no, perché il loro valore deriva da altre variabili, come la futuradomanda del prodotto; viene meno anche la possibilità di hedging e non esisteun sottostante da comprare e vendere. Infine un’opzione reale è di normairreversibile, nel senso il suo titolare non la può smobilizzare, mentre in quellefinanziarie basta liquidarla vendendola.

Opzione su investimenti follow-on

Di solito si racconta di un’impresa che acquista un nuovo impianto e lo sfruttaper conseguire maggiori ricavi. Spesso questo investimento, lo chiamo A, incor-pora un’opzione, ad esempio la possibilità di effettuarne più tardi un altro, lochiamo A∗, beninteso se vedrò che ne varrà la pena. Faccio un esempio. Possoacquistare un impianto A sostenendo il costo oggi di 200 per conseguire dopo2 anni il ricavo di 216. L’impianto mi serve per costruire i primi prototipi diuna piccola stampante portatile (pesa 150 gr., batterie incluse). Se valuto ilprogetto col criterio del valore attuale al tasso del 20% annuo, mi accorgo chesi tratta di un malaffare, perché

−200 + 216/1.202 = −50 < 0.

Dunque, se l’alternativa è tra attuare A e non fare nulla, allora è meglionon fare nulla, cioè attuare il progetto nullo (capitali nulli alle 2 scadenze).In realtà le cose si mettono diversamente, perché tra 2 anni tirerò le sommee capirò se varrà la pena di attuare il progetto A∗ per costruire in serie ilprodotto. A∗ prevede un costo di 1700 tra 3 anni da oggi, seguito da ricavi il

9È famosa questa osservazione (vedi [24]): Il problema è che le opzioni reali generalmentesono più contorte da valutare che le opzioni finanziarie ‘pure’. Mentre Wall Street continuaa sviluppare e trattare nuove opzioni esotiche, le opzioni reali che si incontrano naturalmen-te negli investimenti delle Società tipicamente tendono ad essere più complesse ed esoticheche le loro controparti finanziarie. (Alexander Triantis, Finance Department, University ofMaryland).

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 177

cui valore (medio) alla stessa data è di 2200, perciò il valore attuale (medio adoggi) di A∗ è

−1700/1.23 + 2200/1.23 ' −984 + 1273 = 289.

I ricavi di A∗ sono aleatori, nel senso che hanno una volatilità pari a 0.25.Attuando oggi A acquisisco dunque la possibilità, ma non l’obbligo, di attuareA∗. Divento cioè titolare di una call su A∗, che scade tra (T − t) = 3 anni, suun sottostante (il valore dei ricavi futuri di A∗) che oggi vale St = 2200/1.23 '1273, e con un prezzo di esercizio (il costo per l’attuazione di A∗) K = 1700.Ora calcolo il valore odierno c di quest’opzione al tasso (istantaneo) privo dirischio r = 0.10, usando ancora la (12.2.4), cioè la consueta formula di b&s(6.5.4) per valutare una call europea:

d1 =ln StK +

¡r + 1

2σ2¢(T − t)

σ√T − t =

ln 12731700 +³0.10 + 1

2 (0.25)2´(3)

0.25√3

'

' 0.241328, d2 = d1 − σ√T − t ' −0.191685,

N(d1) =1√2π

R 0.241328−∞ e−z

2/2 dz ' 0.595350,N(d2) =

1√2π

R −0.191685−∞ e−z

2/2 dz ' 0.423994,

c = StN(d1)−Ke−r(T−t)N(d2) == 1273× 0.595350− 1700× e−0.10(3) × 0.423994 ' 224.

Tiro le somme. Attuare A da solo è un malaffare. Se invece attuarlo vuoldire accedere all’opzione di attuare più tardi A∗, allora le cose cambiano, e migenerano un valore odierno complessivo di −50 + 224 = 174, in altre paroleacquisto una call che vale 224 pagandola 50: un affarone!

A questo punto coloro che si occupano di opzioni reali si mettono a tiraresassate sul criterio del valore attuale, la cui applicazione condurrebbe a nonfare nulla (A ha valore attuale −50!), piuttosto che attuare A acquistandocosì l’opzione su A∗ che esso incorpora. In realtà questo è un atteggiamentodavvero poco sportivo, un po’ da imbroglione: le sassate andrebbero tirate nonsu quel criterio, ma su coloro che lo applicano coi paraocchi, cioè guardandoal progetto A come se fosse immerso nel vuoto spinto, ignorando che A è ilpassaporto per A∗, cioè che dietro l’angolo di A mi si apre un’opportunità A∗

per domani, che anch’essa va valutata assieme ad A.Nel mio esempio A∗ è un investimento che sarà poi effettuato tra 3 anni da

oggi, ma se e solo se il gioco varrà la candela. Poiché A∗ segue nel tempo A,A∗ viene detto investimento follow-on e con lo stesso nome si indica la relativaopzione, talvolta detta anche opzione di espansione.

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178 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Opzione di abbandono

Un altro tipo di opzione è l’opzione di abbandono, cioè la possibilità di abban-donare per strada l’attuazione di un progetto per evitare danni ulteriori o perridurre le perdite già sofferte. Imbastisco un esempio. Devo decidere oggi seprodurre i miei fertilizzanti usando un impianto A, più automatizzato ma conminori costi di manodopera, oppure un impianto B, più tradizionale, con costidi manodopera più elevati. B è più flessibile, perché le sua attrezzature, ditipo più tradizionale, possono essere, all’occorrenza, utilizzate in altro modo,realizzando un ricavo di 9. Al contrario, gli impianti di A non sono convertibiliad altri usi, sicché, qualora A venga abbandonato, non valgono più nulla. Tra2 anni vedrò come si saranno messe le cose. In ogni caso prevedo fin d’orache la somma algebrica di tutti i costi e ricavi, attualizzati a 2 anni da oggi,dipenderà da come sarà la domanda dei miei prodotti, come nella tabella divalori medi previsti che segue 10.

valor medio dei costi e ricavitutti attualizzati tra 2 anni

A B

con domanda alta 20 18

con domanda bassa 5 3

ricavo di abbandono 0 9

Se non tenessi conto della possibilità di abbandonare B, la scelta tra A e Bcol criterio del valore attuale premierebbe A, perché in A le cose vanno sempremeglio che in B. Tenendo invece conto di quella possibilità le cose possonocambiare. Difatti, attuando B divento detentore di una put europea che miconferisce il diritto, qualora la domanda futura si riveli bassa, di abbandonareil progetto tra 2 anni (come se lo vendessi) per un prezzo di esercizio di 9: èun po’ come avere una polizza di assicurazione contro i rischi della domandatroppo bassa. Riassumo in una tabellina le decisioni che prenderò tra 2 anni eil valore (medio) V che in quel momento mi ritroverò tra le mani:

con A con Btra 2 anni: decisione V decisione V

con domanda alta continuo 20 continuo 18

con domanda bassa continuo 5 abbandono 9

Per valutare correttamente B devo allora aggiungere al suo valore attuale ilvalore odierno dell’opzione put di abbandono, valore che traduce in soldoni lamaggior flessibilità del progetto. Il valore odierno St del sottostante è il valoreattuale di V nel caso che prosegua. Usando, ad esempio, il tasso annuo del 20%ho St = 18/1.22 = 12.5. Suppongo poi una volatilità di 0.35 e un tasso istan-taneo (privo di rischio) r = 0.04 e calcolo il valore odierno p di quest’opzione

10L’esempio è adattato da [13], cap. 21.

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 179

put usando la formula di b&s (6.5.6) per valutare una put europea:

d1 =ln StK +

¡r + 1

2σ2¢(T − t)

σ√T − t =

ln 12.59 +³0.04 + 1

2 (0.35)2´2

0.35√2

'

' 1.072790, d2 = d1 − σ√T − t ' 0.577815

N (−d1) = 1√2π

R −1.072790−∞ e−z

2/2 dz ' 0.141683,N(−d2) = 1√

R −0.577815−∞ e−z

2/2 dz ' 0.281695,

p = −StN(−d1) +Ke−r(T−t)N(−d2) == −12.5× 0.141683 + 9× e−0.04×2 × 0.281695 ' 0.569298.

Opzioni di differimento

Molti investimenti non sono del tipo “o adesso o mai più”; inoltre hanno unavvenire incerto, ad esempio perché i loro ricavi futuri dipenderanno dal prezzodei prodotti che otterrò. Occorre dunque decidere il momento migliore al qualeintraprendere il progetto. Se da un lato la tattica prudente “aspetta e vedia-mo” non mi garantisce nulla e perciò può anche finire in un buco nell’acqua,dall’altro posso sperare che differire l’attuazione del progetto mi consentirà difare previsioni più affidabili sui suoi ricavi e di sperare in un loro aumento. Unesempio è la possibilità di sfruttare una cava di sabbia o un’area fabbricabile,cosa che potrà diventare conveniente se e quando il prezzo della sabbia o deifabbricati salirà al di sopra di un livello critico. Un investimento differibilecontiene dunque un elemento di flessibilità assente in quello del tipo “o adessoo mai più”. Contiene cioè un’opzione call, da esercitare più tardi se e solo se nevarrà la pena. Valutare l’opzione significa assegnare un preciso valore a questaflessibilità.

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

Mi conviene fermarmi un attimo per tirare il fiato. Usando il modello di b&sper valutare opzioni reali ho firmato una cambiale, quella nella quale mi impe-gno a ritrovare nei miei esercizi tutte le ipotesi fondamentali di quel modello.Seguendo allora la raccomandazione “Attenti alle scorciatoie!” del par. 7.7.1,mi faccio qualche domanda. È sensato affermare che il mio sottostante (erail valor attuale medio di costi e ricavi futuri), si muove con un moto brow-niano geometrico? Era qualcosa che potevo comprare, vendere (magari alloscoperto) su qualche mercato arb.free? Il suo prezzo era osservabile sul suobravo mercato? Davvero potevo costruire un portafoglio che replicava la miaopzione reale? Con queste domande imbarazzanti questo paragrafo non potevafinire peggio, ma ho preferito invitare a riflettere sui guai nei quali, seguendo la

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180 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

tradizione prevalente, mi posso cacciare piuttosto che far finta di nulla. Oltretutto, quello delle consulenze sulle opzioni reali è un mercato un po’ dopato: leattese sono enormi (basta leggere il manuale [1] per rendersene conto), dunqueci gira un sacco di soldi, e qualche volta si incontrano anche bufale che con unpo’ di marketing si vendono come il pane.

12.2.6 Il valore dell’impresa: un rompicapo?

Adesso esercito il diritto di mugugno che mi sono riservato a commento dell’Av-vertenza 2 del par. 12.2. Questo paragrafo contiene opinioni personali davveropoco ortodosse, tratte da [19], perciò il mio prossimo non è obbligato a crederci.

In tutte le applicazioni del par. 12.2 si assume l’ipotesi che il valore Atdell’Attivo dell’impresa segua il moto browniano geometrico (12.2.1), cioè

dAt = αAt dt+ σAt dWt, (12.2.13)

con Wt p.s. di Wiener e coi coefficienti di deriva α e di volatilità σ costan-ti e indipendenti dalla composizione (si dice anche: struttura) del capitaledell’impresa, cioè dal rapporto di leva

qt =BtEt, (12.2.14)

cioè da come l’Attivo At viene diviso tra capitale proprio Et e di terzi Bt:

At = Bt +Et. (12.2.15)

Sotto quest’ipotesi ce ne sta un’altra: l’azzeramento della somma algebricadi tutti i futuri prevedibili flussi di cassa dall’impresa agli azionisti e credi-tori o viceversa (come interessi, dividendi, nuove emissioni, rimborsi in contocapitale) che possono muovere qt, 11.

Emerge un problema molto delicato: al contrario di un titolo quotato inBorsa, in pratica At è una grandezza non osservabile, pertanto, anche se sullasua dinamica accetto l’ipotesi (12.2.13), non riuscirò mai a stimare direttamen-te i parametri α e σ. Aggiungo che, purtroppo, i dati che leggo nella successionedei bilanci passati non mi aiutano, perché contengono valori storici che riassu-mono il passato, mentre mi servono valutazioni collegate alle prospettive futuredell’impresa. Nonostante il suo rilievo, l’obiezione della non-osservabilità di Atè rarissima in letteratura; in più, quando è riconosciuta, di solito essa viene su-perata segnalando che si può ricorrere ad una qualche variabile (detta attivitàgemella) il cui valore sia fortemente correlato con At. Mi sembra che questa sia

11Una cattiveria: se la famosa Prima Proposizione del modello di Miller-Modigliani assicurache il valore At dell’impresa non dipende da qt, che bisogno c’è di congelare tutto ciò che puòmuovere qt?

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 181

una scappatoia un po’ penosa, perché misurare la correlazione tra 2 variabili,una delle quali non è mai osservabile, ha semplicemente del miracoloso.

A questo punto sorge l’idea di sfruttare la prima delle 2 Avvertenze del par.12.2.1, cioè di calcolare At come la somma tra 2 variabili osservabili: il valore Etdelle sue azioni (numero × quotazione) e Bt delle sue obbligazioni (numero ×quotazione). Questi 2 valori avranno le loro dinamiche, per semplicità riassuntenelle eds (

dEt = αEEt dt+ σEEt dWt,

dBt = αBBt dt+ σBBt dWt,(12.2.16)

con Wt processo di Wiener (per semplicità comune), ed avendo le costantipositive αE, αB, σE e σB ovvii significati. Grazie all’identità (12.2.15) ottengol’equazione

dAt = (αEEt + αBBt) dt+ (σEEt + σBBt) dWt,

dalla quale, sfruttando la (12.2.14), mi esce quest’altra

dAt = αAt dt+ σAt dWt (12.2.17)

non appena definisco

α =αE + αBqt1 + qt

, σ =σE + qtσB1 + qt

. (12.2.18)

L’eds (12.2.17) sembra proprio la (12.2.13), ma stavolta i coefficienti α eσ dipendono (eccome!), da qt. In più appare qualcosa di strano: dato che Atha una dinamica non autonoma, bensì derivata da quella di Et e di Bt, e datoche Et e Bt sono derivati scritti su At, l’Attivo finisce per essere un’attivitàsottostante il cui valore è però la somma tra i valori di 2 derivati scritti su diessa: come dire che questo sottostante non è un sottostante. Tuttavia questorisultato un po’ (parecchio) inquietante viene praticamente sempre ignorato,e si va avanti ottenendo i risultati del par. 12.2.2, con un’operazione che . . .spazza la polvere sotto il tappeto. In più va detto che, a conti fatti, a ciascunodegli infiniti valori di At > 0 corrisponde un’unica coppia (Et, Bt) che segue leregole di valutazione del par. 12.2.2 e proprio non me la sento di scommettereche tale coppia la possa leggere nelle quotazioni di mercato coinvolte nelleequazioni (12.2.16).

Emergono anche altri guai, che ora cerco di riassumere. Se sottraggo daµAt, cioè dal risultato operativo lordo (medio), i costi finanziari It per interessisui debiti, ottengo i profitti netti Pt (medi) per il capitale proprio:

µAt = Pt + It. (12.2.19)

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182 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Interessi e profitti possono essere, in tutto o in parte, ritenuti, cioè nondistribuiti, nel qual caso la parte rpPt degli utili netti è passata a riserva e laparte riIt degli interessi passivi viene accreditata ai creditori ma non viene loroliquidata. Ovviamente è rp ∈ [0, 1] e ri ∈ [0, 1]. Detto questo, posso stabilire i2 seguenti teoremi.

Teorema 12.2.1 . Siano At, qt e Pt positivi. Se nell’eds (12.2.13) voglio chei parametri α e σ non dipendano da qt, allora occorre che non vengano maipagati né dividendi né interessi.

Dimostrazione. Indico con (Et, Bt) e (E∗t , B∗t ) i valori del Netto e dei De-biti appena prima e appena dopo che il risultato operativo viene contabilizzatoe ripartito in profitti netti Pt e interessi It. Gli importi rpPt ed riIt vanno adaumentare il Netto ed il Passivo, perciò risulta

(E∗t , B∗t ) = (Et + rpPt, Bt + riIt)

Grazie alle (12.2.15) e (12.2.19), l’aumento dell’Attivo

A∗t −At = rpPt + riIt (12.2.20)

coincide con µAt se e solo se risulta

(1− rp)Pt + (1− ri) It = 0.

It > 0 segue dall’ipotesi qt > 0 ed essendo anche Pt > 0 occorre che siarp = ri = 1.

Teorema 12.2.2 . Valgano le stesse ipotesi del teorema 12.2.1 e µ dipendada qt perché non tutti i redditi Pt e It vengono integralmente ritenuti. Alloraqt non muta, dunque neppure µ può cambiare, nei soli 2 casi seguenti:

(a) tutti gli interessi e dividendi vengono completamente erogati non appenasono contabilizzati;

(b) il rapporto tra interessi ritenuti e dividendi ritenuti ricopia il rapporto dileva qt = Bt/Et tra Debiti e Netto.

Dimostrazione. Usando la stessa notazione del teorema 12.2.1, calcolo ilvecchio ed il nuovo valore del rapporto di leva:

qt =BtEt, q∗t =

B∗tE∗t

=Bt + riItEt + rpPt

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12.2. Applicazioni di Corporate Finance 183

ed osservo che, grazie alla definizione (12.2.14), q∗t = qt equivale a qtrpPt = riIt.Ciò vuol dire

ri = rp = 0, oppureriItrpPt

= qt. (12.2.21)

Se ri = rp = 0, allora la (12.2.20) evidenzia che la crescita dell’Attivo è nulla,come si afferma nel punto (a). Se (riIt) / (rpPt) = qt, allora qt si mantienecostante e µ non può cambiare, come si afferma nel punto (b). Se la (12.2.21)non è verificata, allora qt cambia e, per il teorema 12.2.1, anche µ si muove.

Riassumendo, la struttura del capitale (cioè qt) non ha alcun rilievo nelladinamica dell’Attivo in pochi casi soltanto, tutti dotati di verosimiglianza dav-vero discutibile: o non distribuisco mai redditi per interessi It e dividendi Pt,o li distribuisco integralmente appena li contabilizzo (sottinteso: seguendo ilcriterio di competenza dell’Economia Aziendale), oppure infine li distribuiscosecondo un bilancino riassunto nella regola riIt = qtrpPt.

A questo punto l’ipotesi che At segua la dinamica (12.2.13) può essere as-similata ad una favola o almeno paragonata al pattinaggio sul ghiaccio sottile.Per vuotare il sacco fino in fondo, avanzo addirittura il sospetto che tutto ilmodello di valutazione adottato nel par. 12.2.2 derivi la sua popolarità, in sedenon solo accademica ma anche pratica, dal semplice fatto che la teoria di b&s,quando usata per valutare derivati su azioni, si è rivelata credibile, robustaed anche, grazie alle formule pratiche di valutazione che essa offre, di imme-diato interesse pratico: niente crea successo come il successo! Probabilmente,per valutare Debiti e Netto in modo più convincente non basta adattare quelmodello, occorre allontanarsene. In letteratura esistono pochissimi tentativiche battono questa strada (ad esempio: [23], [2]). In essi si usano ancora eds,però con parametri osservabili e per descrivere il comportamento di variabiliosservabili, (ad esempio, i ricavi di vendita), non necessariamente riferite adimprese con azioni e debiti tutti quotati. In più non si assumono le ipotesiclassiche sull’assenza di arbitraggi e sulla possibilità di fare delta-hedging inun mercato perfetto. Il mio sospetto è che questa sia la strada giusta.

12.2.7 Pattinaggio sul ghiaccio sottile

Adesso seguo la raccomandazione del par. 7.7.1 (Attenti alle scorciatoie!). Leosservazioni del par. 12.2.6 sono nate dalla necessità di riflettere sulle ipotesiimplicite che sono costretto ad assumere quando, seguendo l’andazzo tradizio-nale, si applica il modello di b&s alla valutazione di oggetti diversi dai derivatisu un’azione. Ne ho parlato con riferimento alla valutazione delle passivitàdi un’impresa, tuttavia critiche simili sono emerse anche nella valutazione diwarrant (par. 12.2.3) e di opzioni reali (par. 12.2.5). In sostanza, posso direche il classico modello di b&s per la valutazione di opzioni su titoli azionari(campo nel quale se la cava benino), è stato adottato con disinvoltura (più

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184 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

che adattato) anche per valutare opzioni su altri oggetti, con scarsa attenzioneverso le caratteristiche specifiche di questi. È bene ricordarsi che, se a questopunto possono sorgere divergenze anche forti tra il modello e la realtà, pensareche la realtà sia sbagliata è comodo ma assurdo, piuttosto è il modello chedeve darsi una regolata. Ora, è vero che in molti casi il modello che fa acqua èpurtroppo l’unico disponibile, sicché lo si adotta/adatta per disperazione (unmodello scassato ma unico è il migliore ed è comunque meglio di nessun mo-dello); tuttavia l’unica cosa seria da fare non è lamentarsi, ma darsi da fareper costruire un modello più sensato.

12.3 Misura e gestione del rischio

Questo paragrafo contiene alcuni sviluppi, più o meno recenti, sui problemi dimisura e di gestione del rischio, da considerare complementari a quelli classicidella selezione del portafoglio (approccio media-varianza, modelli capm e apt,ecc.) che si incontrano in altri corsi.

12.3.1 Il VaR: value at risk

Chiunque assume posizioni rischiose rischia, poco o tanto, tosto o tardi, diincontrare guai, che talvolta non escludono il fallimento. Un indicatore delrischio di guai è il VaR, acronimo di Value at Risk , ovvero valore (o capitale)a rischio, o sotto rischio. Esso è una stima, condotta con un assegnato livellodi confidenza, della massima perdita che il valore V del mio portafoglio potràsubire durante un prefissato periodo, che indico con (∆t). Ad esempio, se soche, con probabilità del 90%, la perdita che potrò incontrare nel prossimo mese(dunque (∆t) = 1 mese) non supererà 32 milioni, posso dire che 32 milioni è ilVaR relativo ad un mese, con livello di confidenza del 90%:

VaR = 32 milioni ⇒ P [∆V ≥ −VaR] = 90%;detta in altro modo: la probabilità che nel prossimo mese la perdita superi 32milioni è il 10%:

P [∆V ≤ −VaR] = 1− 90% = 10%.Naturalmente, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, nel senso che il calcolo

del VaR richiede la preliminare conoscenza della distribuzione di probabilitàdi ∆V . L’ipotesi più comune, che è anche la più criticata, assume che ∆Vabbia distribuzione gaussiana (cfr. par. 14.4.6). In questo caso è facile, unavolta fissato un livello di confidenza c, individuare per quale valore della v.a.la funzione di distribuzione assume il valore (1− c). Conviene esprimere talevalore della v.a. indicandone la distanza dalla media in multipli dello scartoquadratico medio σ. Ad esempio, con c = 0.90 la coda della distribuzione (cioè

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12.3. Misura e gestione del rischio 185

della sua funzione di densità) con peso (1− c) = 0.1 va da −∞ al valore chesta a (−1.282σ) dalla media. Dunque il 90% dei valori della variabile stannoa destra di tale valore e la probabilità di errore nello scommettere che nonsi presentino scarti dalla media peggiori di (−1.282σ) è proprio del 10%. Latabella che segue indica i valori più popolari del livello di confidenza c nelcalcolo del VaR.

livello di confidenza c (1− c) coda della funzione di densità0.90 0.10 tra −∞ e (media− 1.282σ)0.95 0.05 tra −∞ e (media− 1.645σ)0.975 0.025 tra −∞ e (media− 1.960σ)0.98 0.02 tra −∞ e (media− 2.054σ)0.99 0.01 tra −∞ e (media− 2.326σ)

Il VaR può essere calcolato per un’attività finanziaria singola (esempio:un’azione), oppure per un derivato o per un intero portafoglio. Essendo unindicatore del rischio, può anche essere usato come indicatore dell’efficienzanella gestione di un portafoglio, ad esempio rapportando il reddito realizzatoin un periodo di ampiezza (∆t) al relativo VaR.

Suppongo di avere all’istante t un portafoglio del valore di Vt = 200 milioni,composto da 10000 azioni del valore unitario di St = 20000, con tasso direndimento annuo α = 12% e scarto quadratico medio σ = 0.20. Fisso c = 0.99e calcolo il VaR del prossimo mese ( 112 di anno). Il valore medio tra 1 mese delmio portafoglio è

Vt¡1 + 0.12

12

¢= 202 (milioni)

e la sua variabilità nel mese è misurata da

σ 1√12Vt =

0.20√12200 ' 11.547 (milioni),

perciò mi aspetto, con un livello di confidenza c = 0.99, una perdita (rispettoal valor medio) non peggiore di

2.326× 11.547 = 26.858 (milioni).Il peggior valore tra 1 mese è dunque

202− 26.858 = 175.142 (milioni),sicché la perdita massima del mese è

VaR = 200− 175.142 = 24.858 (milioni),ovvero circa 24.858 milioni su un portafoglio che oggi ne vale 200, 12.

12Alcuni suggeriscono la formula approssimata VaR = 2.326 (Vt)³112α− 1√

12σ´, che nel

mio caso mi dà VaR ≈ 22.206 (milioni).

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186 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

Di solito il periodo di tempo (∆t) cui si riferisce il VaR è molto breve,sicché (∆t)α è così modesto che lo si trascura. In questo caso, indicata conx∗ la soluzione dell’equazione che eguaglia la funzione di ripartizione F (x) ad(1− c), cioè

1√2π

R x∗−∞ e

−z2/2 dz = (1− c) ,

si calcola il VaR con la formuletta

VaR = x∗Vtσp(∆t);

ad esempio, con (∆t) = 1 settimana ( 152 di anno), coi dati sopra ottengo

VaR = 2.326× 200 0.2√52' 12.902 milioni.

A questo punto alcuni amano calcolare il valor medio della perdita (expectedshortfall) che sopporterò in caso di sfortuna, cioè qualora si presenti una perditapeggiore del VaR. Nel mio esempio gestisco una v.a. X con valor medio 202 escarto quadratico medio 11.547, dunque con densità (vedi il par. 14.4.6)

f (x) =1

11.547√2πexp

Ã− (x− 202)

2

2 (11.547)2

!;

la perdita media è dunque

E [x|∆X < −VaR] = E [x|X < 175.142] ,

cioè

1

11.547√2π

175.142R−∞

z exp

Ã− (z − 202)22× (11.547)2

!dz ' 1.714 milioni.

Se invece scelgo c = 0.95, ottengo x∗ = −1.645 ed il peggior valore tra 1mese è

202− (1.645× 11.547) = 183.005 (milioni),sicché la perdita media diventa

1

11.547√2π

183.005R−∞

z exp

Ã− (z − 202)22× (11.547)2

!dz ' 8.906.

I risultati non cambierebbero (almeno con l’approssimazione che ho adottato)qualora sostituissi l’estremo inferiore di integrazione con lo zero, visto che, seè vero che una gaussiana può assumere ogni valore reale, in realtà il peggiorvalore che di fatto rischio è proprio zero.

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12.3. Misura e gestione del rischio 187

Posso anche calcolare il VaR di un portafoglio che comprende n attivitàfinanziarie (niente derivati). Il valore Vi della i-esima abbia la volatilità σi edil coefficiente di correlazione col valore Vj dell’attività j-esima sia ρij . Allorail VaR del portafoglio per un periodo di ampiezza (∆t) è

VaR = x∗p(∆t)

qPni=1

Pnj=1 ViVjσiσjρij .

L’ipotesi di normalità che il VaR assume ha incontrato doverose e pesan-ti critiche, nonostante le comode scorciatoie che essa consente e dalle qualideriva la popolarità del VaR. Queste critiche sono ancora più pesanti per unportafoglio di più attività e diventano insopportabili nel caso che almeno unadi queste sia un derivato 13. L’unico modo per ottenere, stando alla larga daquelle ipotesi e critiche, qualcosa che possa essere chiamato VaR consiste nelfare della simulazione, attività che posso organizzare come segue. Per primacosa inserisco in un data-base, per ciascuno dei g giorni di passate quotazioni,le quotazioni di ciascuna attività finanziaria (sottostante o derivati) del mioportafoglio attuale e calcolo i tassi di incremento di valore di ogni attivitàrispetto al giorno precedente. Estraggo dal mio data-base un giorno a casoed aggiorno i valori iniziali delle componenti del mio portafoglio applicando itassi di incremento del giorno estratto. Poi ripeto la procedura con successiveestrazioni casuali, i cui risultati man mano utilizzo per aggiornare i valori dellemie attività che nel frattempo ho già ottenuto. Infine creo altri campioni ripe-tendo daccapo la solfa e mi faccio così un’idea della distribuzione dei risultati,sulla quale calcolo il mio VaR. Ovviamente, esistono appositi indicatori stati-stici per giudicare l’affidabilità dei risultati della simulazione. Esistono anchealtre tecniche simili ma più raffinate. Alcuni chiamano metodo di campiona-mento bootstrap quello che ora ho riassunto. Ovviamente esso presenta diversipregi e difetti. Tra i primi sta il fatto che esso elimina quelle che sono dettele correlazioni seriali , cioè tra le quotazioni dello stesso titolo a date diverse.Tra i secondi: il metodo eredita le eventuali correlazioni cross-section tra lequotazioni di titoli diversi (questo è il caso, ad esempio, di titoli emessi dasocietà dello stesso gruppo finanziario, oppure dello stesso settore); inoltre ilmetodo assume l’ipotesi implicita che il passato sia destinato a ripetersi. Maquesta critica rispolvera una vecchia storia che ho già visto nel par. 7.3.4 perla volatilità stocastica.

Al pari di tutte le altre misure del rischio, il VaR viene utilizzato come stru-mento di risk management specialmente, ma non soltanto, presso le imprese as-sicurative e bancarie. Da ciò scende l’attualità del tema sul piano sia teorico cheapplicativo. Chi vuole stare al corrente consulti il sito www.gloriamundi.org.

13Se ci penso un attimo e non sono ipocrita, mi rendo conto che la distribuzione del valorefuturo di un derivato ha ben poco di gaussiano: è una funzione non lineare (nelle opzionibinarie non è manco continua) del valore futuro di un’attività sottostante (azione o altro) lacui distribuzione di solito si suppone log-normale!

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188 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

12.3.2 Il sistema RiskMetricsTM

La banca statunitense J.P. Morgan offre dalla fine del 1984 il cosiddetto siste-ma RiskMetricsTM [41]. Comprende un enorme data-base (consultabile gratisnei siti www.riskmetrics.com e www.reuters.com) che calcola, per circa 400strumenti finanziari dei tipi più vari, la volatilità storica (rivedi il par. 7.3.1)e i coefficienti di correlazione tra le quotazioni di strumenti diversi. Su questodata-base si innestano poi vari programmi (a pagamento) che forniscono la sti-ma di diversi parametri e indici, compreso il VaR (per l’orizzonte di 1 giorno,di 1 mese e per gli standard imposti dalla Bank for International Settlements).Col 2.1.2001 la J.P. Morgan & Co. si è fusa con la banca Chase ManhattanCo., ma il vecchio sito www.jpmorgan.com va ancora bene.

12.3.3 Il sistema CreditMetricsTM

Sempre sul sito www.jpmorgan.com la J.P. Morgan offre anche il cosiddettosistema CreditMetricsTM [41]. Suo scopo è l’incremento della liquidità dei mer-cati attraverso la creazione di un benchmark per la valutazione dei rischi suicrediti. Il data-base comprende, per una vasta gamma di bond, tra loro diversiper scadenza e per livello di rischio (misurato dal rating di affidabilità dell’a-genzia Standard & Poor’s), le serie storiche che misurano, per vari anni: i tassidi rendimento annuo, le correlazioni tra le revisioni di rating dei vari bond,nonché la matrice di transizione (o di migrazione) tra i possibili rating di ognibond 14. A partire da questi dati il sistema calcola (mi pare a pagamento) ladistribuzione dei possibili valori futuri di un bond o di un portafoglio.

12.3.4 In caso di crash: la regola di platino

L’ipotesi che le quotazioni di un’azione seguano, come descritto nel par. 4.2, unmoto browniano geometrico è destinata a saltare, almeno per un po’, quando ilmercato si trova in condizioni critiche estreme, diciamo in condizioni di crollo(crash). È però possibile adattare in anticipo qualche contro-mossa difensiva,una delle quali presento qui di séguito.

Considero un portafoglio composto all’istante t da uno o più derivati scrittisu un’azione quotata St. Indico con V = V (t, St) il suo valore a t e assegnoun incremento (∆St) a St, fermo restando t. Poiché V è una funzione deter-ministica dei suoi argomenti, posso usare la consueta formula di Taylor per

14Le 8 classi di affidabilità dell’agenzia Standard & Poor’s, ordinate per affidabilità decre-scente, sono aaa, aa, a, bbb, bb, b, ccc, default (fallimento). Etichettate queste classi conl’indice i che va da 1 a 8, la matrice di transizione A = [aij ] è una matrice 8× 8 nella qualeaij indica la probabilità (stimata statisticamente ex-post) che un bond della classe i vengainserito l’anno dopo nella classe j.

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12.3. Misura e gestione del rischio 189

approssimare la variazione (∆V ) nel valore del portafoglio come

(∆V ) =∂V

∂St(∆St) +

12

∂2V

∂S2t(∆St)

2 ,

ovvero, usando i simboli (7.4.1) dei greci ,

(∆V ) = N (∆St) + 12Γ (∆St)

2 . (12.3.1)

Ovviamente, questa relazione è valida solo localmente, cioè è tanto piùaffidabile quanto più modesto è (∆St). Per fissare le idee suppongo che sia,come per la call europea del par. 7.4.1, N > 0 e Γ > 0. Il 2◦ membro della(12.3.1) è un polinomio di 2◦ grado in (∆St) che è nullo per (∆St) = 0 e per(∆St) = −2N/Γ; inoltre assume il proprio valore minimo per (∆St) = −N/Γ,minimo che vale −12N2/Γ:

min∆St

(∆V ) = Nµ−2NΓ

¶+ 1

µN− 2N

Γ

¶2= −N

2

2Γ,

come nella curva sottile del grafico:

Questo valore, in quanto di minimo assoluto, misura una valutazione pes-simista della perdita di valore del portafoglio che può essere provocata da unavariazione (∆St) nel prezzo del sottostante su cui sono scritti i derivati chestanno nel portafoglio. Trattandosi di un discorso soltanto locale, sarò cosìprudente da far variare (∆St) in un intervallo [a, b] di valori plausibili.

A questo punto posso cercare di capire come usare un portafoglio integra-tivo, lo chiamo P, i cui N e Γ indico con N e Γ (anch’essi > 0 come N e Γ).Immagino di acquistare o vendere x unità di P al valore unitario p, generando2 distinti flussi di cassa:

• px, cioè il costo di acquisto (se x > 0) o il ricavo di vendita (se x < 0);• un costo addizionale c per ogni unità acquistata o venduta del portafoglio

integrativo P: si tratta del cosiddetto bid-ask spread e/o dei costi di transazione(ne ho parlato nel par. 7.7.2).

Posso trascurare px, perché l’incremento > 0 (< 0) di valore del portafogliocomplessivo derivante da un acquisto (vendita) viene perfettamente bilanciatoda una corrispondente riduzione (aumento) di liquidità, sicché gli effetti patri-moniali e reddituali complessivi sul mio portafoglio sono nulli. Al contrario,

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190 Capitolo 12. Applicazioni di interesse aziendale

non posso trascurare i costi addizionali. Anzi, per evitare che con x < 0 (ven-dita) il costo xc si trasformi in un ricavo, per misurarli non scrivo xc bensìkxk c. La variazione nel valore ¡V + xV ¢ nel portafoglio integrato ¡P + xP¢ èdunque approssimabile con l’espressione

(N+ xN) (∆St) + 12

¡Γ+ xΓ

¢(∆St)

2 − kxk c, con: (∆St) ∈ [a, b] . (12.3.2)

Anche l’espressione (12.3.2) è un polinomio di 2◦ grado in (∆St) dotato diminimo assoluto. A questo punto posso seguire la cosiddetta regola di platino,cioè scegliere x in modo che il valore peggiore di

¡V + xV

¢, cioè il suo valore

minimo, sia il più alto possibile: come dire che devo capire come mollare un po’di osso per salvare, nel caso peggiore che può capitarmi, più polpa che posso,frase che riassume alla buona il significato del problema di ottimo (del tipocosiddetto max-min)

maxx

µmin

(∆St)∈[a,b]

h(N+ xN) (∆St) + 1

2

¡Γ+ xΓ

¢(∆St)

2 − kxk ci¶.

Nel grafico sopra, la curva con tratto più pesante potrebbe descrivere lavariazione di valore che viene subita dal portafoglio così integrato.

12.3.5 CrashMetricsTM

La tattica di copertura statica ora descritta ha carattere un po’ assicurativo edè tipica del pessimista (della serie “cintura e bretelle”). Della regola di platinoesistono diverse estensioni, ad esempio al caso di portafogli che comprendonoanche derivati scritti su più beni. In questo campo, che è un’area di ricercapiuttosto recente ed in fermento, esiste anche software specializzato, come ilprogramma CrashMetricsTM . Il relativo data-base comprende le correlazioni,tutte calcolate nei soli periodi di crash dal 1985, tra gli incrementi relativi(espressi in %) delle quotazioni di molte azioni e gli analoghi di certi indicatorie benchmark, come l’indice Standard & Poor’s 500 (fortunatamente il data-base va aggiornato di rado). Il data-base, con alcuni documenti tecnici e unademo (versione dimostrativa) del programma CrashMetricsTM sono di pubblicodominio e stanno nel sito www.crashmetrics.com.