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SCOPO DEI TEST Le fasce, sistema recettore sensibile nella vita quotidiana, sono sede di numerose tensioni la cui origine può essere: - traumatica - cattiva postura - chirurgicale (cicatrici,aderenze) - ostetrica - infiammatoria - accidentale - tensioni, cattive posture ( ad esempio professionali) - falsi movimenti - stress queste aggressioni provocano una modifica biochimica all’interno del tessuto connettivo traducendosi, così come abbiamo visto, per modificazione delle proprietà viscoelastiche, queste stesse all’origine di modificazioni della struttura: densificazione ed orientamento delle TEST DELLE FASCE 6

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Test delle fasce

SCOPO DEI TEST

Le fasce, sistema recettore sensibile nella vita quotidiana, sono sede di numerose tensioni la cui origine può

essere:

- traumatica

- cattiva postura

- chirurgicale (cicatrici,aderenze)

- ostetrica

- infiammatoria

- accidentale

- tensioni, cattive posture ( ad esempio professionali)

- falsi movimenti

- stress

queste aggressioni provocano una modifica biochimica all’interno del tessuto connettivo traducendosi, così

come abbiamo visto, per modificazione delle proprietà viscoelastiche, queste stesse all’origine di

modificazioni della struttura: densificazione ed orientamento delle fibre di collagene che segue le linee di

forza, perdita di elasticità tissutale. Tutti questi disturbi al livello delle fasce saranno all’origine di

acmbimenti palpabili, quantificabili qualche volta visibili.

Lo scopo del test fasciale è dunque quello di indagare grazie all’estrema sensibilità delle nostre mani i diversi

problemi apparsi al livello dei tessuti al fine di apportare, in un secondo momento, una risposta terapeutica

efficace.

TEST DELLE FASCE 6

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Test delle fasce

MODALITA’ DEI TEST

La ricerca delle lesioni all’interno delle fasce avviene in maniera manuale. Possiamo dire che il test è una

tecnica di fascia contro fascia la prima rivela le distorsioni l’altra è al suo ascolto per registrarle e

comprenderle.

Noi abbiamo parlato “di una memoria delle fasce”, che consiste nel registrare all’interno del tessuto

connettivo l’impronta dei diversi traumi, su tutti i livelli, subiti dall’individuo. Il nostro scopo è quello

indagare su questa impronta e se è possibile eliminarla o almeno attenuarla.

Le fasce abbiamo visto sono dotate di un meccanismo di contrazione generate dal meccanismo

d’innervazione oltre che dalla fase embriologica. Questo meccanismo ha indotto un micro movimento

perpetuo la cui frequenza l’abbiamo delimitata tra gli 8 e 14 periodi per minuto. Ma le fasce giocano anche

un ruolo di corde e di pulegge per trasmettere la motricità. Ciò ci porta a descrivere due modalità di test:

- i test d’ascolto

- i test di mobilità

questi due test non sono in opposizione. Il test d’ascolto è infatti anche un test di mobilità, ma nella sua

espressione più sottile manifestata tramite un micro movimento, non indotto e non visibile ma sentito.

Il test di mobilità come lo indica il nome indica uno spostamento indotto molto più importante, visibile, con

messa in tensione.

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Test delle fasce

TESTS D’ASCOLTO

Consistono nel porre la mano su qualsiasi regione del corpo per registrare gli eventuali cambiamenti

sottostanti. La mano deve rimanere completamente passiva in stato di ricezione al fine di poter valutare i

movimenti nella scala di micron.

Delle misurazioni fatte al livello della sensibilità della mano hanno mostrato che essa può percepire dei

movimenti dell’ordine di 10 micron e che la differenza tra i valori percepiti con la mano e i valori percepiti

grazie ad apparecchi sofisticati non è che del 5%.

A- PROTOCOLLO DEL TEST

Per essere efficace un test d’ascolto richiede alcune precauzioni elementari in mancanza delle quali esso sarà

completamente inutile. È evidente che un test d’ascolto non si realizza spontaneamente. Esso richiede molto

esercizio per perfezionarlo e la predisposizione da parte del terapeuta ad ammettere che una mano può

rilevare alcuni movimenti sottili. Il buon svolgimento del test dipenderà:

- dal contatto manuale

- dalla capacità del terapeuta di entrare in sintonia con il paziente

- dalla neutralità del terapeuta.

1) il contatto manuale

dato che dobbiamo testare movimenti dell’ordine di alcuni micron, è evidente che il minimo “granello di

sabbia” può falsificare il test. In primo luogo evitare di avere le mani fredde per non scatenare un riflesso di

difesa. La mano deve essere collocata in modo piatto sulla zona da individuare e stabilire il più ampio

contatto con i tessuti del paziente; ciò per due ragioni principali:

- quanto più la superficie di contatto è grande, tanto più grande sarà il numero di recettori che ci daranno

informazioni

- più la mano è piatta, più le fasce del paziente ci forniranno informazioni precise.

Bisogna evitare ad ogni costo un contatto con la punta delle dita, poiché i tessuti sono di una sensibilità

estrema. Se la palpazione è aggressiva, otterremo un “silenzio” da parte loro, poiché essi reagiranno con uno

spasmo riflesso e molto spesso basta poco per scatenare questo ultimo.

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La pressione deve essere moderata poiché se è troppo consistente, supererà il livello d’ascolto desiderato e

noi non potremo più percepire il movimento. Sono soprattutto i recettori alla pressione che vengono

stimolati.

La mano deve riposare naturalmente sui tessuti esclusivamente con il suo peso, ma al contempo possedere

una aderenza decisa come se volessimo darle effetto ventosa. La mano rimane “incollata” ai tessuti per

seguirli più facilmente nella loro motilità.

2) capacità del terapeuta di entrare in sintonia con il paziente

il test di ascolto rappresenta ciò che vi è di più sofisticato come possibilità di palpazione. I tessuti hanno la

memoria del passato, quindi il nostro scopo è quello di leggere la storia del paziente che si è impregnata nei

tessuti. Si stabilisce così un dialogo passivo; il paziente non domina l’informazione che le sue fasce ci

trasmettono poiché ciò accade al livello inconscio. Se non siamo capaci di ottenere il giusto “contatto”, non

ci saranno risposte di ritorno. Dobbiamo considerare il paziente attraverso i suoi tessuti con molto rispetto e

agire come se dovessimo chiedere il permesso di dialogare con questi.

3) neutralità del terapeuta.

La lettura dei tessuti deve essere svolta con la maggiore neutralità per essere efficace. Il terapeuta deve

trattarli senza alcun preconcetto e rimanere completamente passivo ed esclusivamente in “ascolto”. Egli

deve rispettare il ritmo del paziente e non imporre il suo ritmo altrimenti la risposta non arriverà o sarà

completamente falsata. Ciò non è così evidente, per mancanza di pratica o semplicemente perché se la

motilità tarda a manifestarsi, si tende a proiettare il proprio ritmo sui tessuti del paziente e a questo punto si

testerà solo il proprio movimento. Tutta la sua attenzione deve essere portata esclusivamente su ciò che

accade al contatto e deve lasciarsi guidare perfettamente dai tessuti sottostanti. Ciò richiede la massima

disponibilità e concentrazione poiché solo allora la risposta sarà molto rapida. Solo quando tutti parametri

saranno rispettati, il test inizierà veramente. E solo allora che i tessuti accetteranno di dialogare con il

terapeuta e riveleranno le loro distorsioni, la loro sofferenza: la loro storia. Se sapremo metterci all’ascolto

del nostro paziente, rimarremo meravigliati di constatare che molto presto i tessuti i inizieranno a “

dialogare”. Più rapidamente una condizione di fiducia si instaurerà, più la risposta sarà veloce. Avremo

dunque l’impressione di movimenti di grande ampiezza, come se il fatto di esser in sintonia con il paziente

costituisse un amplificatore del micro movimento ricercato. Ma sarà sufficiente anche un semplice momento

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di distrazione, un gesto troppo brusco o uno stato d’animo particolare perché il dialogo si interrompa. Non è

necessario utilizzare un tempo troppo lungo per testare la motilità. Potremmo rimanere delle ore in contatto

con un tessuto senza ricavarne la minia informazione.

B- I TEST D’ASCOLTO

Essi hanno per scopo di rivelarci un’anomalia all’interno dei tessuti molli. Un’anomalia può definirsi solo in

rapporto alla normalità cercheremo; dunque di definire, per quanto possibile, la normalità.

1) la normalità

essa comprende diversi parametri che la mano deve registrare spontaneamente:

- la temperatura dei tessuti; benché la pelle possa avere delle differenze di temperatura a seconda delle

zone considerate, essa deve essere compresa in un range normale perché si possa paragonare con un’altra

zona del corpo.

Spesso ci capiterà di constatare un aumento di temperatura al di sopra del valore normale che tradurrà una

reazione sottostante. Può accadere anche che ci troviamo al di sotto di tale soglia; tale eventualità si riscontra

spesso in corrispondenza di piedi e mani

- la consistenza dei tessuti; essi devono essere morbidi, piacevoli al tatto, lasciarsi facilmente comprimere,

possedere un’elasticità e non essere né troppo tesi né troppo flaccidi. Tale elasticità varierà in rapporto

alla fasce considerate.

- Il movimento dei tessuti; sebbene alcuni tessuti abbiano una direzione di movimento preferita , come

vedremo pi in là, possiamo considerare la normalità di un tessuto se il suo movimento è armonico in tutti

i piani dello spazio. Quando si poggia la mano sul tessuto dobbiamo avere la sensazione di un

galleggiamento su tutti i piani come se posassimo la mano su un corpo fluttuante sull’acqua. Nessuna

direzione deve essere privilegiata rispetto ad un’altra e se si realizza un micro spostamento attivo, i

tessuti sottostanti devono seguire senza alcuna restrizione

- Il ritmo dei tessuti; abbiamo detto che i tessuti sono la sede di un movimento ritmico la cui periodicità

varia da 8 a 14 cicli per minuto. Tutti i valori trovandosi al disopra o al di sotto di tale range saranno

considerati nella maggior parte dei casi anomali. Ricordiamo che alcuni pazienti possono essere al di

fuori ti tali valori senza per questo entrare nella normalità.

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Test delle fasce

Bisogna sapere che questo ritmo può essere variabile a seconda della condizione del paziente e che può

essere facilmente colto in alcune zone:

parte anteriore degli arti inferiori, torace, cranio; in altre regioni è difficile o addirittura impossibile da

mettere in evidenza: faccia posteriore degli arti inferiori; coscia, glutei, dorso e addome. Una parentesi per

quel che riguarda l’addome va aperta poiché quanto più è difficile sentire il ritmo della fascia superficiale

tanto più è relativamente facile diagnosticare attraverso l’addome il ritmo delle diverse fasce intraddominali.

L’anatomia umana a volte ci riserva alcune contraddizioni incomprensibili, ma che non sono meno reali.

2) l’ascolto in stazione eretta

molto spesso facciamo precedere i nostri test da un ascolto in posizione eretta.

- il soggetto è in piedi, con le gambe divaricate, sguardo orizzontale, occhi chiusi

- il terapeuta si posiziona dietro al paziente, e poggia delicatamente la mano piatta sulla testa del paziente,

senza fare compressione. Spesso constatiamo un movimento del corpo in flessione anteriore, antero-

laterale o posteriore. Il fatto di aver creato un punto fisso sul cranio creerà una coppia tra il suolo e la

testa e le fasce comprese tra questi due punti potranno mettersi in movimento, se si ha un punto di

fissazione. È per questa ragione che appariranno delle inclinazioni completamente involontarie, poiché

il punto di fissazione costituirà un punto di focalizzazione delle tensioni che a loro volta trascineranno

una flessione del corpo verso questo punto. Ciò permette di notare che un problema può esistere nel

quadrante in cui si situa, ben inteso che da questo solo test non è possibile trarre una diagnosi formale.

Infatti esso illustra bene la dinamica delle fasce nella meccanica generale del corpo. Nelle persone

depresse le fasce in generale sono implicate; bisogna essere vigili con questi pazienti poiché hanno la

tendenza a cadere in dietro.

3) ascolto degli arti inferiori

per quanto riguarda i test d’ascolto in generale, la modalità consiste nel porre la mano su una regione del

corpo con lo scopo di rivelare un’anomalia sottostante. Si possono anche mettere le due mani separate ad una

certa distanza e sentire se la motilità che si stabilisce tra questi due punti di contatto è normale o perturbata.

La finalità sarebbe, se accompagnata da una grande esperienza e sensibilità, di porre le mani su una qualsiasi

regione del corpo per essere informati su ogni restrizione a distanza. Ciò non è un semplice augurio alcune

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persone acquisiscono tale capacità, sebbene bisogna ammettere siano rare. Tornando agli arti inferiori,

possiamo descrivere il protocollo dei test con le sue differenti varianti:

il soggetto è in decubito supino e perfettamente rilassato. Mettere le mani piatte sul dorso dei piedi, notare

l’armonia dei movimenti o eventualmente un’attrazione particolare verso una certa zona. Questa trazione

preferenziale costituirà un asse lesionale; infatti un cambiamento di struttura dei tessuti connettivi in seguito

ad un trauma qualunque a creato un vettore preferenziale di movimento non fisiologico. Bisognerà seguire

dunque a poco a poco la direzione della tensione per arrivare esattamente al punto o zona interessata.

Per confermare ciò che si avverte passivamente è sufficiente creare un micro spostamento della mano più

intenzionale che concreto. Se si va nel senso della restrizione ciò si realizzerà molto facilmente. Se si va nel

senso inverso presto avvertiremo una tensione che ci impedirà di andare oltre. Le modalità e i principi dei

test di motilità saranno gli stessi per qualunque regione del corpo, perciò non dovremo più descriverli

ulteriormente. Tutti i test d’ascolto si realizzano in decubito supino a partire dal piede risaliremo a poco a

poco al bacino.

a) ascolto delle articolazioni del ginocchio e della caviglia

- caviglia: una mano collocata sul dorso del piede, l’altra sul bordo inferiore della tibia. In condizione di

normalità dobbiamo avvertire tra le nostre mani un movimento che diventa armonici in tutti i piani dello

spazio come se mobilizzassimo una rotula.

- ginocchio: una mano in corrispondenza delle tuberosità tibilai (fig 88) l’altra sulla parte inferiore del

femore ad esclusione della rotula. In condizione di normalità si sentirà una libertà di movimento nella

traslazione laterale, superiore, inferiore, così come nelle rotazioni, con una predominanza di queste.

b) ascolto coscia gamba (fig 89)

- una mano piatta nel mezzo della coscia

- l’altra sulla faccia antero-esterna della tibia

- la mano cefalica registrerà un movimento di rotazione interno ed esterno con predominanza con

predominanza della rotazione interna,

- la mano caudale registrerà un movimento con predominanza di rotazione esterna.

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Abbiamo visto che le fasce dell’arto inferiore erano composte da fibre con direzioni diverse; nel meccanismo

congiunto coscia gamba sono le fibre con direzione obliqua ed interna a predominare in corrispondenza della

coscia e quelle a direzione obliqua esterna in corrispondenza della gamba.

c) ascolto globale degli arti inferiori (fig.90)

- il terapeuta si colloca lateralmente al soggetto, guardando cefalicamente.

Porre una mano bene a piatto sulla faccia antero laterale della parte inferiore della coscia.

Si registrerà un movimento generale dell’arto inferiore con predominanza della rotazione esterna, in effetti le

fasce sono nel loro insieme più spesse e resistenti nella parte antero esterna.

L’ascolto si farà in maniera bilaterale.

4) ascolto degli arti superiori

come abbiamo già detto, l’ascolto tissulare dell’arto superiore sarà nettamente più delicato di quanto fatto

sull’arto inferiore, risulterà impossibile in alcuni casi. Questo segmento ha la particolarità come di essere

avvitato al resto del corpo. Se mettiamo la nostra mano sul dorso del mano del paziente in condizione di

normalità l’indicazione di motilità è minore che nell’arto inferiore, risulterà la stessa cosa per l’ascolto

segmentario.

a) Ascolto braccio, avan-braccio (fig 91)

- una mano sulla faccia antero-esterna del braccio al di sotto della “V” deltoidea

- l’altra mano al di sotto della plica del gomito sui muscoli epicondiloidei

- la mano cefalica registra un movimento a predominanza di rotazione esterna

- la mano caudale registrerà un movimento a predominanza di rotazione interna

b) ascolto globale degli arti superiori ( fig 92)

- il terapeuta si posiziona lateralmente al soggetto, guardando cefalicamnete.

- La mano prende contatto sulla parte inferiore dell’omero in corrispondenza dell’articolazione del gomito

- Il movimento si manifesterà con una predominanza di rotazione interna.

- L’ascolto si farà bilateralmente.

È ciò dovuto ai potenti pettorali e alle loro fasce che sollecitano l’arto superiore in rotazione interna?

Abbiamo già segnalato la tendenza naturale dell’arto superiore in rotazione interna. Sembra dunque che

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l’arto superiore funzioni nella sua motilità, in senso inverso dell’arto inferiore. Tutto ciò è per creare un

equilibrio al fine di avere un bilancio funzionale?

5) ascolto dell’addome

non andremo a descrivere sistematicamente l’ascolto dell’addome poiché è stato già fatto in altre opere.

Insisteremo solamente sulla difficoltà che si presenta in questo punto. Difficoltà legata in particolare al

numero delle strutture che si frappongono sotto la mano: peritoneo, fasce, legamenti, meso ed organi.

Difficoltà legata anche alla profondità del campo di esplorazione. Quanti strati si interpongono tra una fasce

superficiale ed una fascia renale! Il principio generale in corrispondenza dell’addome è quello di porre la

mano piatta intorno all’ombelico e di registrare eventuali tensioni. Per perfezionare la diagnosi bisognerà

spostare la mano in direzione della tensione avvertita per determinarne l’origine nel modo più esatto

possibile. In linea di massima la motilità dell’addome raggiunge quella generale dei tessuti, cioè la mano

fluttua al di sopra della cavità addominale con libertà in tutti i piani dello spazio.

6) ascolto del torace

ci rivolgiamo qui ad una regione dove la motilità dei tessuti è molto evidente. La difficoltà consisterà nel

realizzare un test discriminante tra la superficie e la profondità dove si situano due importanti fasce, il

pericardio, la pleura così come nella parte inferiore del torace il diaframma. Il paziente sarà in decubito

supino e il terapeuta si colloca alla testa.

a) la parte inferiore del torace (fig 93)

le mani ampiamente aperte saranno poste sulla parte laterale del torace, le dita seguono posteriormente la

direzione delle coste. I pollici orientati medialmente. Dovremo testare il torace nella sua globalità, poi

analogamente un semitorace rispetto all’altro. Nella normalità è elastico e sembra che si possa posizionare in

tutti i piani senza alcuna restrizione. Una variante a questa tecnica consiste nel porsi di lato al paziente

guardando cefalicamente.

b) la parte superiore del torace (fig 94)

in questa regione la difficoltà aumenta, tenuto conto del fatto che le aponeurosi superficiali si aggiungono al

pericardio, al domo pleurico in modo che le fasce prendano relais in corrispondenza della cintura scapolare.

b1) test bimanuale

- le mani ampiamente aperte saranno collocate sulle parti laterali del torace,

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- la radice delle mani al disotto delle clavicole

- le dita largamente aperte ricopriranno i pettorali, i pollici in direzione mediale. In condizione di

normalità un movimento armonico sarà avvertito sotto le nostre mani. In caso di tensioni esse saranno: in

direzione mediale per un problema riguardante la fasce superficiale che ricoprirà direttamente lo sterno;

è in direzione mediale ma con sensazione di affossamento della mano se il problema si situa al livello

pericardico; in direzione verticale se il problema è localizzato nel domo pleurico; infine in direzione

supero esterna se il problema riguarda la regione periscapolare.

b2) test dello sterno

l’esperienza ci dimostra che i problemi del torace superiore sono particolarmente localizzati in

corrispondenza dello sterno in corrispondenza di questo.

- mettere una mano sullo sterno inglobandolo totalmente

- la radice della mano si situerà in corrispondenza del manubrio sternale

- la mano sarà il più possibile a contatto con i tessuti come una ventosa; a partire da questo momento la

motilità delle fasce sottostanti e dello sterno potrà essere facilmente rilevata. Bisogna immaginarsi lo

sterno come un sacro rovesciato. Un micro spostamento della mano potrà far “viaggiare” lo sterno in

tutti i piani dello spazio e ci permetterà di localizzare molto facilmente il punto di restrizione.

7) ascolto globale della cintura scapolare (fig 95)

- il soggetto è sempre in decubito supino

- il terapeuta è alla testa del paziente

- pone i due pollici sul bordo anteriore dei trapezi vicino alla trasversa di C7

- la mano aperta riposa sul domo pleurico, sulle clavicole e sul moncone della spalla.

I pollici registreranno le restrizioni intorno alla prima costa. Le mani quelle relative alle inserzioni fasciali

intorno alla clavicola, così come le eventuali tensioni periarticolari. È frequente notare un leggero squilibrio

tra la destra e la sinistra, nel destrimane il complesso spalla clavicola destra ha una tendenza ad orientarsi in

avanti e verso l’interno. Nel mancino l’opposto. Se questa tendenza è molto evidente, avremo una

disfunzione.

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Test delle fasce

8) l’ascolto del bacino (fig 96)

il soggetto è in decubito prono. Questa regione è il punto di articolazione tra le potenti fasce lombo sacrali e

quelle dell’arto inferiore con forti rinforzi legamentosi: i piccoli e grandi legamenti sacroischiatici. Bisognerà

aggiungere tutte le strutture intracavitarie del dipendono dal piccolo bacino. Infine non si deve dimenticare

l’inserzione terminale della dura madre al livello del sacro. Avremo così un’idea dell’insieme di

informazioni che possono transitare in questa regione informazioni che a complicare l’ascolto.

- il terapeuta si pone di lato al paziente guardando cefalicamente.

- La mano ingloba il sacro, facendo “effetto ventosa” con il tallone in corrispondenza degli angoli inferiori

del sacro.

- Se la zona è funzionale, il sacro fluttuerà liberamente tra gli iliaci

In caso di disfunzione:

- se le dita della mano sono attirate cefalicamente il problema si situa probabilmente in corrispondenza

della cerniera lombo sacrale o della fascia lombare.

- Se il tallone della mano è attratto caudalmente, la disfunzione potrà risiedere in corrispondenza del

coccige o del grande legamento sacroischiatico.

- Se la mano ha tendenza ad infossarsi tra gli iliaci, bisognerà pensare a restrizioni riguardanti il piccolo

bacino.

- Se la mano è attratta lateralmente, la restrizione potrà essere d’origine sacro iliaca, del piccolo legamento

sacroischiatico o addirittura dell’anca e pelvitrocanterici.

- Se il tallone della mano è attratto verso il tavolino e in modo cefalico, bisognerà pensare ad una tensione

anormale al livello della dura madre.

9) ascolto delle fasce dorsali (fig 97)

- il paziente è in decubito prono

- l’osteopata è seduto lateralmente guardando cefalicamente

- le mani sono poste bilateralmente rispetto all’asse vertebrale oppure una sola mano ingloba il rachide e le

parti laterali

- la motilità è difficile da apprendere nella regione dorsale bassa. Infatti a questo livello avremo una

risposta in caso di una distorsione

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Test delle fasce

- al livello dorsale superiore è molto più facile mettere in evidenza la motilità

- le due mani saranno posizionate sulle scapole. Molto rapidamente si percepirà un movimento di queste

come se fluttuassero sulla gabbia toracica. L’interposizione delle scapole rispetto al torace sembra

costituire un amplificatore del movimento. In caso di distorsione la scapola sarà attratta in modo

particolare verso la zona in restrizione.

10) l’ascolto del cranio

in questa regione diversi parametri possono essere testati, il che costituisce la complessità e la difficoltà della

diagnosi. Dovremo in effetti tener conto del:

- membrane intracraniche

- membrane esocraniche e dei loro prolungamenti, le aponeurosi cervicali

- meningi rachidee

- l’asse aponeurotico centrale

la posizione del test sarà in decubito supino qualunque sia l’asse testato.

a) le membrane intracraniche

non abbiamo affatto intenzione di descrivere le tecniche craniche. Pensiamo che la tecnica a cinque dita sia

molto adatta ad un ascolto cranico generale. In caso di distorsione, può essere completato da una tecnica

falce tentorio del cervelletto.

- l’occipite riposa sul palmo della mano sinistra con i pollici e l’anulare diretti lateralmente come per

avvolgere la tenda del cervelletto

- l’altra mano è messa sulla volta cranica con il medio che indica l’asse sagittale della falce del cervello.

Una delle difficoltà di percepire le membrane intracraniche è dovuta all’interposizione tra la mano e le

membrane aponeurotiche esocraniche e di tutto il piano osseo.

Abbiamo visto che l’interno del cranio è in relazione con l’esterno e viceversa, un parametro può dunque

influenzare l’altro sarà necessario per un ascolto intracranico proiettarsi all’interno del cranio.

b) le membrane esocraniche e i loro prolungamenti

la posizione è la stessa di quella vista in precedenza. È evidente che le aponeurosi esterne possono essere in

restrizione. Non bisognerà dunque trascurarle e in caso di tensione superficiale, sarà necessario cercare il

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Test delle fasce

punto di restrizione poiché questo ultimo sarà perturbante per la meccanica cranica e cervico scapolare, come

vedremo più tardi.

Abbiamo visto che la base del cranio è il punto di partenza dei tiranti aponeurotici in particolare delle

aponeurosi cervicali. In caso di lesione ascendente essi costituiranno un punto frenante per la motilità

cranica. Ciò è particolarmente vero per le aponeurosi degli s.c.o.m. e soprattutto per l’aponeurosi cervicale

posteriore che ha tendenza a portare il temporale in lesione. Al momento della presa cranica, avvertiremo

una attrazione caudale della nostra mano che seguirà la direzione delle fibre in questione.

c) le meningi rachidee ( fig 98,99)

- la presa sarà sotto occipitale con le dita poste le une sulle altre in “V” molto aperta

- indurre una leggera trazione seguendo l’asse intravertebrale

- aumentare leggermente tale trazione per scendere progressivamente fino al livello sacrale. La dura madre

prende dei soliti attacchi al livello di C2 C3 ma con l’intermediario di prolungamenti radicolari prende

anche dei soliti attacchi al livello dei fori di coniugazione bilateralmente. Questi attacchi non sono

teorici; la dura madre è solidamente ancorata al periostio vertebrale che costituisce così un mezzo di

protezione midollare e delle radici intrarachidee. Abbiamo potuto verificare la loro solidità sul maiale

dove per disinserile bisogna applicare una forza importante. Nella normalità una leggera trazione sulla

dura madre non avrà risposta affermativa positiva. Questa è inestensibile; in corrispondenza di ogni

fissazione sarà possibile avvertirla poiché non sara più libera nel suo condotto osseo. Con una certa

pratica è abbastanza facile diagnosticare le restrizioni sia in maniera scaglionata che lateralmente.

d) asse aponeurotico centrale (fig100)

- il punto di partenza di questo asse è al livello del bordo esterno del foro occipitale. Quando il potere

frenante dei diversi elementi posti lungo il suo percorso verrà oltrepassato, ogni restrizione si

ripercuoterà su qualunque punto del suo tragitto alla base del cranio.

- Per l’ascolto di questo asse la presa è la stessa che per l’asse duramerico; dirigeremo i pollici verso

l’angolo mandibolare

- In condizione di normalità tale asse è perfettamente libero

- In caso di restrizione due constatazioni si impongono:

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Test delle fasce

una sensitiva in quanto le mani sono attratte caudalmente con la sfera cranica seguendo un movimento

ritmico dato dalla respirazione;

l’altra visuale in quanto se si guarda l’asse centrale, constatiamo un movimento ritmico caudale cefalico e in

caso di fissazione importante vedremo la parte viscerale del collo affossarsi all’interno dell’imbuto toracico

con una ampiezza di diversi centimetri.

12) lo stress

in alcune persone particolarmente stressate i tessuti hanno una motilità perturbata. Il movimento è rallentato

la sua ampiezza ridotta. La sensazione percepita è una mancanza di libertà nel fluttuare dei tessuti, come se

questi fossero indecisi in riferimento alla direzione verso cui muoversi. Avremo in tal caso una sensazione di

retrazione, la mano avrà tendenza a richiudersi. Ciò può essere avvertito in tutte le parti, ma particolarmente

nel cranio, nella regione toracica, e in modo evidente nello sterno.

13) zone particolari

alcune zone del corpo sono più vulnerabili e lasciano dei ricordi indelebili al momenti di traumi. In queste

zone potremmo dire che le fasce hanno una memoria particolarmente durevole. È sufficiente poggiare le

mani su queste zone per individuare tensioni fasciali spesso successive a degli choc antichi. Queste regioni

sono particolarmente localizzate nel cranio, nelle cervicali, nelle dorsali superiori, nello sterno, nel coccige,

nella regione epigastrica, nelle cicatrici e nei punti di impatto di choc.

a) cranio e cervicali

importante crocevia della circolazione per le vie nervose e vascolari, questa regione è dotata di una grande

mobilità sia per uno scopo di un migliore funzionamento che per uno scopo adattamento compensazione. Al

livello delle cervicali superiori e dell’occipite avremo uno sfociare di una moltitudine di sforzi. Questa

regione è in stato di riassestamento permanente al fine di assicurare un funzionamento il più perfetto

possibile ai centri superiori di informazione e di comando.

In caso di traumi rilevanti le cervicali e la cerniera costituiscono l’ultimo punto di ammortizzamento. Non

c’è da meravigliarsi dunque se riscontriamo delle tensioni fasciali così come delle restrizioni di mobilità a

questo livello. È in modo particolare la zona occipito cervicale ad essere maggiormente coinvolta. Si

potrebbe quasi affermare che è raro non trovare delle restrizioni a questo livello. Le prime tensioni ad

imprimersi alla nascita. Non è raro constatare una traslazione laterale delle cervicali con compensazione

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Test delle fasce

occipito atlantoidea causato da un vecchio incidente d’auto o da uno choc laterale violento, la maggior parte

delle volte dimenticato dal paziente ma non dai suoi tessuti.

c) dorsali superiori

zona di supporto delle cervicali esse spesso subiscono gli sforzi imposte da queste ultime. Così a seguito di

un colpo di frusta è spesso questa regione a dover assorbire la maggior quantità di energia dello choc in

seguito ad entrare in disfunzione. Uno degli choc più traumatici è quello relativo alle cadute a peso morto

sul dorso soprattutto se subite durante l’infanzia. Questo choc è all’origine di un smarrimento molto

importante seguito da spasmo respiratorio, angoscia o addirittura panico. Il trauma si impone sui tessuti così

come lo stress che lo accompagna. Quando andremo a poggiare la mano su questa zona si percepirà una

consistente rigidità così come una tensione del tessuto, come se la pelle fosse troppo tesa e sufficiente

interrogare il paziente perché vi riveli spontaneamente il suo trauma, dato che ha lasciato un segno

indelebile.

La regione dorsale superiore è così come l’abbiamo vista un importante crocevia fasciale, continuamente

sollecitata. Sotto il peso di traumi, choc, stress e tensioni, questa zona diventa la sede di restrizioni sempre

più importanti che sono causa di modificazioni della statica. Il dorso si svuota le spalle si arrotolano in

avanti, di qui l’espressione abbastanza eloquente: “ ho l’impressione di portare il mondo sulle spalle.

c) lo sterno

è una zona d’elezione per le tensioni successive allo stress ripetuto e non compensato. Al momento

dell’ascolto a questi livelli i tessuti sono tesi, fissi, e ritraendosi verso il centro, lasciano la sensazione di una

mano che ha tendenza a incavarsi quando lo sterno si ritrae successivamente. La cintura di sicurezza al

momento degli incidenti lascia un’impronta tangibile che al momento dell’ascolto, sotto forma di una

attrazione obliqua, barra il torace superiore.

d) il coccige

così come una caduta di impatto sulla schiena lascia un ricordo indimenticabile, allo stesso modo un soggetto

che cade sul coccige non lo dimenticherà mai. Se c’è un posto dove l’espressione “vedere le stelle” si

applica perfettamente è proprio in questa regione. Oltre al traumatismo locale, la caduta sul coccige è molto

spesso accompagnata da un squilibrio che può risalire sino al cranio, ma anche riguardare l’addome o il

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Test delle fasce

torace. Non è raro constatare, dopo un tale trauma, la comparsa di una tensione dolorosa al livello centrale di

un organo in ptosi.

Il coccige, al momento dello choc, va più frequentemente in flessione e lateroflessione. La palpazione a

questo livello rivelerà lo choc anche diversi anni più tardi e, benché la zona sia diventata silente, possiamo

dire che questo trauma lascia il segno a vita.

e) la regione epigastrica

diverse persone somatizzano lo stress al livello epigastrico; da quì l’espressione “avere un nodo allo

stomaco”. Questo stress va ad eccitare il plesso solare, che, a sua volta causa una disfunzione di tutta la

regione sotto mesocolica.

Al momento dell’ascolto a questo livello, abbiamo la sensazione di una zona dura ipertesa che non si lascia

facilmente comprimere e che causa un fastidioso dolore. Alla palpazione abbiamo effettivamente

l’impressione di avere una palla sotto la mano. Gli organi sono fissati e distesi e il fatto di posare la mano fa

eco ai battiti aortici che sono molto amplificati e che innervosiscono particolarmente il paziente.

f) le cicatrici

tutte le cicatrici non sono che all’origine di una disfunzione, ma come abbiamo già visto, numerose sono

quelle che causano delle perturbazioni. Esse devono ,dunque, essere sistematicamente testate, poiché quando

diventano perturbanti costituiscono la causa primaria di disfunzioni meccaniche o fisiologiche.

L’ascolto di una cicatrice retratta ci rivelerà molto facilmente la direzione delle tensioni che avrà indotto.

g) i punti di impatto degli chocs

quando il corpo subisce uno choc, esso deve essere ammortizzato perché, se non venisse ammortizzato,

potrebbe ledere gravemente le strutture fragili.

Al momento di uno choc diretto, un colpo per esempio, viene ammortizzato inizialmente dalla pelle, le fasce,

e il pannicolo adiposo. Quando giunge su una zona poco protetta come la tibia o il cranio, la zona tissutale di

ammortizzamento è nettamente ridotta. Lo choc va dunque ad imprimersi sulle fasce e a costituire un punto

di fissazione che è l’inizio di un processo lesionale. Dobbiamo ricercare minuziosamente questi “segni” di

punti di impatto, poiché sono spesso la chiave del nostro trattamento.

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Test delle fasce

Uno choc al livello del cranio, soprattutto nella parte postero laterale, va all’origine di un cambiamento del

tessuto connettivo che dà origine ad una catena lesionale discendente che si trasmetterà progressivamente

alla cerniera occipito-cervicale, le cervicali, la cerniera cervico-dorsale ed infine alla spalla.

All’ascolto percepiremo una fissazione ,la maggior parte delle volte, puntiforme. Ma uno choc importante

come quello causato da un incidente stradale o da una caduta sul polso, per esempio, va a superare le

possibilità dei tessuti mossi e dovrà dunque essere preso in carico da un tessuto sempre più solido, ossia

l’insieme periostio-osso. L’osso è capace di una certa plasticità, la cui struttura è costituita in modo da

assorbire gli choc. Quando questi ultimi sono troppo violenti, lasciano un’ impronta sul tessuto osseo, punto

di partenza di un processo patologico. Es. ci viene in mente un paziente visitato recentemente in seguito ad

un incidente frontale d’auto. Questo soggetto si è aggrappato al volante e la gran parte dell’energia è stata

assorbita dal radio sinistro.

All’ascolto dava l’impressione di essere piegato, come se una parte delle fibre ossee si fossero

compenetrate.Iinfatti l’osso era giunto al limite della rottura.

TESTS PALPATORI E DI MOBILITA’

A- TESTS PALPATORI

Il test d’ascolto è completamente passivo e si realizza con tutta la superficie della mano.

Il test palpatorio si farà con il polpastrello delle dita e implicherà una pressione più o meno accentuata

seguendo la zona da testare.

Prima di andare oltre apriamo una parentesi:

è necessario, prima di porre la mano sul paziente, osservare la zona da testare, poiché l’osservazione è fonte

di informazioni molto utili; colore e stato della pelle (fine, spessa, presenza di macchie, tumefazioni, ecc.).

Al livello della linea alba ,per esempio, se constatiamo una deviazione laterale di questa con una curva di

piccola ampiezza, questa segnerà un problema nel quadrante corrispondente alla deviazione.

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Test delle fasce

Ricordiamo ,citando “i cilindri” di Hine, che la pelle è il rivelatore di quello che accade in profondità. Lo

scopo della palpazione è di mettere in evidenza ogni cambiamento che possa essere intervenuto all’interno

del tessuto. Questi cambiamennti possono essere di diversi ordini:

1. cambiamenti di struttura

2. zone dolorose

1. cambiamenti di struttura

saranno constatate, al livello della pelle, fasce sottostanti secondo una cronologia che va dalla superficie alla

profondità.

a) al livello della pelle

una pelle normale deve essere liscia regolare ed elastica. In caso di cambiamenti potrà sembrare:

indurita

infiltrata

edematosa.

In tal caso saranno constatati al livello dell’elasticità con diminuzione o perdita di questa. In questi casi sarà

impossibile creare una plica cutanea mentre in altri, si constaterà una durata anormale della scomparsa di

questa plica che si traduce con un’alterazione dei legami transversali.

b) al livello delle fasce sottostanti

le fasce sottostanti al rivestimento cutaneo devono essere percepite come delle strutture dotate di una certa

fermezza; essa varia di consistenza a seconda delle zone considerate, infatti si passa da zone facilmente

comprimibili ,come le fasce intorno al collo, a delle zone dalla resistenza più forte come al livello di

inserzione delle fasce, dei legamenti o di alcuni meso.

In linea di massima una fascia funzionale può presentare delle ondulazioni oppure no ed è costituita da

strisce parallele orientate verso lo stesso senso. Al momento della distorsione va ad alterare le proprietà

viscoelastiche, modificado in tal modo le sensazioni palpatorie.

La perdita di elasticità costituirà un fastidio alla palpazione, che, risalirà lungo la fascia tesa in maniera

anomala e necessiterà di una forza più grande per penetrare in profondità.

I mutamenti delle fibre di collagene metteranno in evidenza all’interno della fascia:

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Test delle fasce

- delle bande fasciali ben individuabili molte più tese delle strutture circostanti, con un bordo tagliente ben

distinto, aventi un orientamento obliquo o perpendicolare alla direzione generale delle fibre. Queste strisce

sono i rivelatori di sforzi anomali il cui percorso si stabilisce in funzione della direzione delle linee di forza.

Sono facilmente apprezzabili al tatto che compaiono chiaramente alla dissezione sotto forma di fasci più

densi ed dall’ aspetto madreperlato.

delle bande fasciali più tese, avvolte sul loro asse longitudinale sono costituite, seguendo l’asse generale

della fascia, da una maggiore lunghezza rispetto alle bande oblique o trasversali.

Alcune fasce, come la fascia lata, hanno un aspetto ondulato. Al momento di grandi tensioni, queste

ondulazioni hanno tendenza ad aumentare assumendo l’aspetto di una lamiera ondulata, come se fossero

state accorciate alla maniera di un’increspatura di tenda.

In altre circostanze si percepiranno all’interno di una banda fasciale o all’interno di una fascia normale dei

granuli ovulari della misura di un grano di riso, di caffè o addirittura di un nocciolo di oliva. Essi possono

essere persino arrotondati delle dimensioni di un granello di sabbia o di sale grosso.

I granuli ovulari saranno in modo particolare localizzati al livello delle membrane che separano i diversi

muscoli, mentre tutti gli altri possono risiedere dappertutto. La loro consistenza potrà essere molto dura,

prossima a quella dei tessuti ossei.

infine si potranno palpare delle zone molte indurite, se non addirittura calcificate. Queste si formeranno su

un percorso di alcuni millimetri, 1 cm sino ad arrivare a 2 cm.

Si localizzeranno in modo particolare al livello della spalla, del gomito, dei legamenti vertebrali profondi e

del grande legamento plantare.

Tali zone hanno la consistenza dell’osso, infatti assistiamo a questi livelli alla trasformazione da un tessuto

molle ad uno osseo. Per far fronte a degli sforzi più grandi la fascia, il legamento o il muscolo si calcificano.

Questo fenomeno di trasformazione da un tessuto molle ad uno osseo è stato studiato dall’ equipe di Reddi,

che, ha concluso che il passaggio dal tessuto muscolare a quello osseo è possibile grazie all’ osteogenina.

Come vedremo in seguito, questo processo non è sempre irreversibile, per fortuna.

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Test delle fasce

2) Il dolore

si dice che il dolore sia menzognero e che bisogna effettivamente considerarlo con cautela, considerata la

variabilità che può presentare da un soggetto ad un altro; oppure eventualmente quando nasconde un

problema, può rivelarsi un buon alleato, se lo consideriamo con le dovute precauzioni.

Una fascia solitamente non causa dolore ad una pressione normale. In caso di lesione, la sua sensibilità è

nettamente aumentata al punto da diventare molto dolorosa a livello delle fasce o dei punti nodulari; se non

addirittura appena tollerabile ad una palpazione leggera nelle zone di calcificazione o all’interno di alcuni

legamenti.

Il dolore va legato ad una liberazione di prostaglandine. L’aspirina e gli antidolorifici bloccano la sintesi

delle prostaglandine impedendo in tal modo la produzione di questa sostanza critica che segnala il danno al

tessuto.

Quanto alla pelle può essere la sede di dolori molti forti come bruciature spesso causate da un semplice

sfioramento. Dopo un trattamento appropriato è sempre riscontrata una di una diminuzione dei punti dolorosi

se non la loro scomparsa. Questo ha un altro vantaggio, quello di far sentire nettamente al paziente l’effetto

benefico del trattamento, il che non potrà che tranquilizzarlo.” Non lo sperimenta perché ha male in quel

punto?”. Insistiamo ancora nel dire che il dolore può essere che la punta di un iceberg poiché è parte

integrante di diversi fattori che costituiscono la lesione osteopatica.

B- TESTS DI MOBILITA’

I test di mobilità seguono in modo naturale i tests palpatori. Essi sono strettamente connessi.

1) scopo del test

è di mettere in evidenza una perturbazione della mobilità sia al livello della pelle, di un legamento, di un

viscere che di una articolazione. Ha lo scopo di confermare il test di ascolto.

Dato che si può applicare in qualsiasi parte del corpo, esso richiede una conoscenza dell’anatomia molto

avanzata. Più le nostre conoscenze anatomiche palpatorie sono complete e più preciso sarà il test di mobilità

più efficace sarà il trattamento che ne deriverà.

Il test di mobilità si farà seguendo due modalità:

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Test delle fasce

- a gran leva

- segmentario

1) test a gran leva

riguarda i segmenti o alcune parti più estese. Una restrizione all’interno di una articolazione o di tutta una

zona può essere di origine locale, ma anche provenire da tensione fasciale che crea una lunga catena di

lesionale i test a gran leva sono quanto di più classico esista: flessione plantare, flessione dorsale, flessione

anteriore della testa e del tronco ecc.

La modalità di esecuzione non presenta alcuna difficoltà. È tuttavia più difficile determinare di primo acchito

se la restrizione sia puramente di origine locale o a gran leva fasciale. Con una certa pratica si può fare

facilmente la differenza. È importante fare questa distinzione poiché le tecniche correttive varieranno in

funzione dei parametri restrittivi ma anche delle zone considerate.

I test a gran leva sfortunatamente sono spesso trascurati o incompleti. Essi dimostrano al soggetto il

miglioramento apportato dal trattamento grazie al recupero di mobilità ottenuto, recupero che spesso va di

pari passo con il cambiamento della sensazione dolorosa.

2) test segmentario

è un test specifico a stabilire una diagnosi molto precisa sulla parte lesionata. Permette di precisare la natura

della sua fissazione, punto di localizzazione e la sua profondità. Fa seguito al test d’ascolto e alla palpazione.

Permette di confermare o di confutare i diversi dati già registrati. Sfocerà infine direttamente nel trattamento

che sarà tanto più preciso ed efficace quanto più il test segmentario sarà stato realizzato con la più grande

precisione. Richiede naturalmente da parte del terapeuta una grande pratica palpatoria è una grande

precisione nella conoscenza dell’anatomia topografica.

Passeremo dalla superficie alla profondità cioè dalla pelle alla fasce periferiche per poi arrivare alle fasce

profonde: i visceri come è noto.

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Test delle fasce

a) a livello cutaneo

la pelle è connessa in profondità alle fasce superficiali. Abbiamo visto che un problema profondo si

ripercuote al livello cutaneo, creando delle modifiche o persino un unione lesionale di fissazione che va dalla

superficie alla profondità. La tecnica consisterà nel mobilizzare con i polpastrelli di due o tre dita o con l’

intera mano l’estensione della zona considerata ; mobilizzando leggermente la pelle in tutte le direzioni. Si

tratta semplicemente di far scivolare un piano di tessuti su un altro. Nel soggetto sano lo scivolamento sarà

equivalente in tutti i sensi. In caso di restrizione, lo spostamento nel senso opposto si rivelerà più difficile se

non addirittura impossibile, il che ci evidenzierà immediatamente la zona di fissazione e la sua direzione. Ed

esercitando una pressione più accentuata, potremo indirizzarci verso zone più profonde e testare così piani

più profondi.

b) Test delle fasce periferiche

Non descriviamo, ben inteso, i test di tutte le fasce, le modalità saranno approssimativamente le stesse

seguendo i segmenti considerati. Ne descriveremo alcuni che sono più frequentemente usati e che potranno

essere la chiave di lettura dei nostri trattamenti

b1) al livello dell’arto inferiore

b11 il grande legamento plantare (fig.102)

- il soggetto è prono

-piegare il ginocchio, poi esercitare una pressione al livello del legamento plantare. Con facilità sentirete una

corda sotto il dita, se accentuate la pressione il dolore diventerà sempre più vivo sino a diventare

insopportabile.

- n un secondo tempo si andrà ad agganciare il bordo interno del legamento delle ultime tre o quattro dita per

mobilizzarlo verso l’esterno. In caso di lesione il movimento è ridotto e particolarmente doloroso.

B12 la fascia antero interna della gamba

Consiste nel poggiare direttamente sulla tibia.

Il soggetto è in decupito supino.

Far scivolare il polpastrello di due o tre dita lungo la fascia a partire dalla caviglia fino al ginocchio.

Fig. 103 test della fascia anterointerna della gamba

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Test delle fasce

In caso di fissazione, percepiremo una zona cutanea edematosa che blocca lo scivolamento del dito. A questo

livello mobilizzeremo la pelle e la fascia sottostante. Questa mobilizzazione è molto limitata e additittura

dolorosa la fascia sembra incollata al periostio. Avvolte percepiremo una banda fasciale sulla quale si

aggancia il dito. Vedremo nel trattamento l’interesse di testare questa zona.

B13 loggia anteroesterna e postero interna della gamba (fig. 104 105)

Si tratta di testare i piani di giustapposizione tra le zone aponeurotiche –muscolari e la tibia.

- Il paziente è in decubito supino, arto inferiore piegato, il piede poggiato sul lettino.

- on il polpastrello dei due pollici, testare dal basso verso l’alto lo spazio osteo-muscolare della loggia

anteroesterna.

-Con il polpastrello delle dita testare inseguito lo spazio osteo-muscolare posteriore.

In caso di fissazione è molto difficile far penetrare le dita in profondità causando dolore al paziente.

Questo test può essere molto utile in seguito a postumi di nevralgia dello sciatico, frattura, strappi muscolari

o di dolori del polpaccio.

B14 la fascia del nervo sciatico (fig 106-106bis)

Il nervo sciatico qualunque sia il suo modo di separazione è circondato da una fascia che l’accompagna in

tutta la sua lunghezza. In condizione di normalità, il nervo sciatico non è avvertito al momento di una

palpazione profonda. In caso contrario ne risulta una patologia.

- Il paziente è in decupito prono

- Il terapeuta si colloca al lato del paziente.

Cominciare la palpazione approssimativamente sotto la plica glutea.

L’asso del nervo sciatico è l’asse longitudinale della coscia cioè il piano di clivaggio tra il bicipite da una

parte e semimembranoso e semitendinoso dall’altra.

- penetrare progressivamente con il polpastrello delle dita in profondità poi mobilizzare i piani profondi

seguendo un asse longitudinale e trasversale.

- Scendere progressivamente fino al cavo popliteo poi fino al tendine di Achille passando tra i due gemelli.

A questo livello a volte è utile mettere la gamba in leggera flessione.

In caso di patologia del nervo sciatico la mobilizzazione dei piani profondi è difficile e dolorosa.

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Test delle fasce

In generale le fissazioni si situano in particolar modo sulla parte superiore della coscia e in mezzo al

polpaccio. Si tratta molto spesso di una zona estesa di qualche centimetro. A volte incontreremo un solo

punto dio fissazione molto corto e localizzato alla giunzione 1/3 superiore 2/3 inferiori della coscia.

b2 al livello dorsale

b21 glutei e paravertebrali

- il paziente è in decupito prono

- il terapeuta si colloca lateralmente

con il polpastrello delle dita, testare i punti di inserzione glutea superiori sotto la cresta iliaca (fig. 107).

Molto spesso a questo livello troviamo le bande fasciali molto tese e molto dolorose che perturbano la

meccanica del bacino.

- risalire poi con il polpastrello lungo i paravertebrali fino alla zona cervico dorsale e cervico occipitale fig

108.

È frequente percepire, se andiamo sufficientemente in profondità, sotto le dita dei fasci arrotolati che

possono raggiungere la misura di un dito.

Una zona di tensione può iniziare al livello lombare e risalire senza interruzione verso le dorsali. È

interessante seguirla, poiché spesso il suo punto finale è rivelatore di una lesione dorsale in relazione con la

fissazione lombare.

Al livello dorsale superiore delle bande fasciale oblique possono essere percepite, sono in rapporto con i

legami muscolari mediali della scapola e i piccoli dentati posteriori e superiori.

Arriviamo qui al livello della cintura, punto di cambiamento di direzione e di incrocio delle fasce.

B22 la scapola ( fig 109)

- Il paziente è in decupito prono.

- collocarsi lateralmente al paziente, poi poggiare le due mani piatte sulle scapole.

- Mobilizzarle in seguito in tutte le direzioni per testare lo scivolamento dei punti sottoscapolari.

- Testare in seguito con il polpastrello la zona sovraspinosa e sottospinosa.

Al livello del sottospinoso troveremo delle zone di tensione dolorosa situate tra i fasci muscolari in direzione

orizzontale.

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Test delle fasce

Al livello sottospinoso le zone di tensione saranno oblique in direzione della spalla, i punti più evidenti si

situano al bordo esterno e superiore della scapola.

In caso di problemi alle spalle, queste regioni sono frequentemente in lesione.

B 3 in decupito ventrale

Andiamo ad analizzare soprattutto due zone particolarmente sollecitate:

- lo sterno

- la clavicola

b31 lo sterno (fig 110)

- il paziente in decubito supino

- il terapeuta posto lateralmente.

- Porre la mano piatta sullo sterno come per l’ascolto, ma in più, quando si avrà lo sterno sotto la mano,

mobilizzarlo in tutte le direzioni. Si può, per una maggiore facilità, porre le due mani in opposizione, la

radice della mano superiore al livello della forchetta sternale, l’altra al livello dell’appendice xifoidea.

Al livello dello sterno la fascia è direttamente a contatto con l’osso come per la tibia.

Con il polpastrello delle dita scivolare lungo lo sterno.

- in caso di lesione le dita saranno arrestate da una barriera fibrosa in direzione orizzontale. Dei punti di

fissazione spesso iperalgici saranno riscontrati al livello della linea mediana tanto quanto al livello degli

sterno-condrali.

Lo sterno è una zona di ipersollecitazione tanto ascendente quanto discendente. Le disfunzioni fasciali vi

saranno dunque frequenti. Inoltre, come abbiamo già segnalato, questa regione ad ogni sorta di stress.

B 32 la clavicola (fig 111)

Punto di relais fasciale, la clavicola è una zona in costante sollecitazione. In più, tramite i suoi legami

sottostanti, può costituire un elemento perturbante per il plesso brachiale, l’arteria sotto clavicolare così

anche per le strutture sottostanti.

Il test si rivolgerà soprattutto alle strutture sottoclavicolare.

- aponevrosi clavi-pecto-ascellare, leg conoidi, trapezoidi e acromion-clavficolari.

- Il terapeuta si pone lateralmente al paziente; il pollice e l’indice sono posizionati al disopra al disotto della

clavicola, introdursi progressivamente sotto la clavicola per testare i tessuti molli.

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Test delle fasce

In caso di rilassamento totale le due dita possono venire in contatto tra loro.

In caso di lesione, la penetrazione sarà rapidamente arrestata dalle tensioni e apparirà il dolore.

Per una maggiore praticità si può sollevare la spalla con l’altra mano o meglio ancora mettere il paziente in

decubito laterale, il che provoca la massima 26etenzione. In caso di grande tensione questa posizione

permette una migliore palpazione.

B4 al livello del collo

Descriveremo unicamente un test delle cartilagini e l’aponeurosi perifaringea.

Questa zona è molto importante poiché controlla la faringe, la laringe e la tiroide. Abbiamo visto in anatomia

che essa si articolava con le cervicali e che l’osso ioide rivestiva un ruolo importante in quanto fungeva da

ammortizzatore e ripartitore delle tensioni, trasmesse dall’asse centrale.

Lo ioide e la cartilagine tiroidea sono meccanicamente legate nel fenomeno della voce, in quanto la tiroide

ha bisogno di fissarsi sullo ioide per permettere il gioco delle cartilagine aritenoidi e fare così vibrare le

corde vocali.

Queste hanno una vibrazione ci circa 20.000 periodi, la quale può arrivare fino a 36.000 nei soprani più

dotati.

È evidente che ogni perturbazione meccanica a questi livelli potrà ripercuotersi sulla voce.

B 41 test globale (fig 112)

- il paziente è in decubito supino

- il terapeuta si pone di lato

- porre la mano sinistra sulla fronte del paziente

- prendere l’asse viscerale del collo tra tre dita dal lato contro laterale e il pollice dall’omolaterale

- fare una rotazione sinistra della testa e contemporaneamente esercitare una trazione verso la destra con il

polpastrello delle dita

- fare dunque una rotazione destra e con il pollice spingere leggermente verso la sinistra

- per una maggiore precisione, si potrà prendere l’asse del collo tra il pollice e l’indice e mobilizzare in

maniera più segmentaria.

In caso di fissazione lo spostamento su un lato è molto limitato di conseguenza il dolore potrà essere vivo.

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Test delle fasce

È molto frequente scatenare un riflesso di tosse, soprattutto al livello tiroide-cricoide, quando si mobilizza il

lato fissato.

Durante questo test, non è raro constatare i seguenti fenomeni:

- rumore di sfregamento che può essere in alcuni casi molto rilevante.

In alcuni pazienti tale rumore è completamente banale, non è normale quando al rumore si accompagna

dolore soprattutto nella parte retrofaringea e si proietta sulle cervicali.

- un dolore vivo provocato al momento dello stiramento al livello della vertebra cervicale spesso corrisponde

ai sintomi descritti dal paziente.

Non dimentichiamo che l’asse viscerale del collo è collegato ai tubercoli anteriori delle apofisi trasverse con

dei tratti fibrosi in direzione antero posteriore.

B 42 test dello ioide (fig 113)

Grazie all’osso ioide potremo essere informati su diverse strutture: l’aponeurosi cervicale superficile e

media, l’aponeurosi perifaringea, la sua relazione con la spina del temporale attraverso il fascio di Riolan, la

sua relazione con la scapola attraverso l’omo-ioideo.

Lo ioideo è una fibrocartilagine a forma di ferro di cavallo. Questa configurazione che ci distingue

dall’animale ( in quest’ultimo lo ioide è molto aperto) ci ha permesso nel corso dell’evoluzione di essere

dotati dell’uso della parola.

Tuttavia non è raro trovare delle variazioni di forma, completamente normali, che vanno da uno molto chiuso

come un diapason, comune nelle donne, ad uno molto aperto dove si percepisce la punta dei corni

caratteristica del sesso maschile.

- il paziente è in decubito prono

- prendere lo ioide tra il pollice e l’indice al livello delle facce laterali

- mobilizzarlo a destra, a sinistra, in avanti e in dietro poi in inclinazione laterale, mettendo un dito nella sua

parte inferiore e l’opposto nella sua parte superiore. È molto frequente trovare un lato più alto dell’altro,

spesso a sinistra, se non c’è grossa tensione si può essere considerare esso come in condizione di normalità.

- Si prenderà in seguito tra il pollice e l’indice la cartilagine tiroidea e la si mobilizzerà rispetto alla tiroide

fig 114

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Test delle fasce

b 43 altre cartilagini

- il paziente in decubito supino

- si prenderà una cartilagine tra il pollice e indice e la si mobilizzerà rispetto all’altra

si testerà così la tiroidea rispetto allo ioide e la tiroidea rispetto alla cricoide.

B 5 al livello del cranio

Al livello del cranio il test di mobilità consisterà in una mobilizzazione del cuoio capelluto rispetto al piano

osseo sottostante.

In condizione di normalità il piano cutaneo scivola sopra il sottostante senza tensione ne dolore. È evidente

che questa mobilità è più importante al livello frontale e occipitale. In caso di fissazioni notoriamente dovute

a choc, come abbiamo già segnalato avremo diverse possibilità:

- una banda fasciale molto tesa e nettamente individualizzabvile, a volte avvertita come una piccola

cordicella che si estende per diversi centimetri. Questo genere di tensioni è la maggior parte delle volte

localizzato al livello parieto-temporale.

- Una zona edematosa infiltrata della misura di una moneta di 5 centesimi e che spesso presenta una

depressione al suo centro, costituente il punto di fissazione al periostio. Questa zona è molto difficile da

mobilizzare, e sede di dolore paragonabile alla puntura che può rivelarsi eccessivamente acuto.

- Un vuoto al livello dell’osso. Questa situazione si riscontra al livello delle suture e delle ossa vormiane.

Esso appare sotto le dita come una zona depressa come se la fascia fosse stata aspirata dall’interno ancora

una volta la mobilizzazione dei tessuti è dolorosa.

C- TEST DELL’ADDOME

non è nostra intenzione descrivere i differenti test dei visceri. Vogliamo semplicemente insistere

sull’importanza della palpazione e dei tessuti di mobilità al livello viscerale.

Se c’è una zona del corpo dove le tecniche osteopatiche sono una pura applicazione dell’anatomia questa

certamente è la zona addominale. Per una diagnosi precisa e un trattamento efficace è necessario conoscere

l’anatomia topografica e palpatoria. I test d’ascolto sono di una grande utilità per l’orientamento diagnostico,

ma non sono sufficienti. Saranno per tanto completati dalla palpazione e dai test di mobilità.

Oltre al fatto che metterà in evidenza una zona sensibile o fissata, la palpazione è un mezzo per conoscere lo

stato della zona in restrizione rivelata dall’ascolto.

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Test delle fasce

È evidente che se avvertiamo sotto le nostre dite dei bozzi, un indurimento, una deformazione, questo deve

farci adottare un atteggiamento di grande riserva e indirizzare il paziente verso uno specialista. Questi

cambiamenti morfologici saranno messi in evidenza da una palpazione precisa e completa.

Il problema che si presenta con l’addome è legato alla profondità della palpazione e l’interposizione delle

diverse strutture; di qui la difficoltà di stabilire una diagnosi differenziale. Tuttavia con la pratica e una

perfetta padronanza dell’anatomia ciò diventa più facile.

La palpazione, abbiamo detto, deve essere il più possibile precisa. Seguendo la struttura da palpare dovrà a

volte essere profonda e, malgrado la difficoltà di interposizione, farsi direttamente sulla zona mirata e non

con una semplice proiezione. Se sappiamo essere pazienti e trovare la giusta direzione, le fasce ci lasceranno

praticamente attraversare, così si potra palpare senza grossa difficoltà un mesentere un muscolo di Treitz o

un rene per via anteriore …

Questa palpazione sarà direttamente seguita dal test di mobilità dell’organo, del meso o del legamento

testato.

La mobilità viscerale è variabile poiché segue i segmenti considerati. Questo va da uno stato molto fluidico

per l’intestino ad una mobilità più ristretta per il fegato o i legamenti, se non addirittura una mobilità quasi

nulla per quanto riguarda un muscolo, la fascia di Treitz o un mesentere. Ciò nonostante ricordiamoci che

ogni tessuto, qualunque esso sia, è dotato di una certa elasticità. È dunque quest’ultima che bisognerà mettere

in evidenza quando ci si indirizzerà ad una zona di mobilità inferiore.

La palpazione e il test di mobilità addominale possono rivelarsi sgradevoli se non addirittura dolorosi.

Tuttavia l’apparizione di un dolore vivo deve farci adottare la più grande riserva. Infatti contrariamente alle

fasce periferiche, che sono la sede di dolori spesso al limite del sopportabile, senza che ciò indichi un

problema grave, lo stesso fenomeno al livello viscerale spesso indica un problema grave.

D- CICATRICI ED ADERENZE

d 1) le cicatrici

come abbiamo già segnalato, alcune cicatrici possono includere nel tessuto cicatriziale corpi estranei che

possono risultare perturbanti nei processi fisiologici e biologici. In oltre, le cicatrici possono essere la sede di

fissazioni o aderenze; esse possono causare sicuramente un cambiamento della visco elasticità dei tessuti e

trascinare un segmento, un organo in disfunzione. È dunque testare sistematicamente ogni cicatrice.

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Test delle fasce

- oltre al fatto di palpare il tessuto superficiale e il cordone cicatriziale bisognerà mobilizzare anche il tessuto

cicatriziale sottostante.

- Con l’aiuto del polpastrello di uno o due dita mobilizzeremo la zona circostante alla cicatrice in tutti i punti

dello spazio accertandoci di andare in profondità seguendo la sua localizzazione.

In caso di fissazione o di aderenza avvertiremo molto facilmente una briglia più o meno resistente che

impedisce lo spostamento. Molto spesso la fissazione si svolge in particolar modo su un solo asse.

d 2) le aderenze

Successive alle cicatrici, infezioni o infiammazioni, sono in questi due ultimi casi meno “visibili” e non

potranno essere messe in evidenza dalla palpazione e dalla mobilità. In linea di massima, le aderenze

risiedono al livello viscerale: piccolo bacino, addome, torace. La dissezione spesso mostra dei punti fibrosi

che si sono stabiliti tra la pleura e il polmone. La difficoltà con questa zona è che essa non è direttamente

accessibile.

C- CASI PARTICOLARI

Un discorso a parte va fatto circa i test di alcuni legamenti, poiché la loro patologia è molto frequente e

spesso la chiave del successo del trattamento osteopatico. Tali legamenti sono:

- i leg ileo lombari;

- i piccoli e grandi leg sacro ischiatici;

e in misura minore:

- il leg comune vertebrale anteriore;

- il leg cervico-pleurale.

1) i legamenti ilio-lombari (fig 115)

esempio per il leg destro

- il soggetto è in piedi gambe divaricate

- il terapeuta è dietro il soggetto e a contatto con lui

- e con un braccio passa sotto il braccio sinistro e cinge la parte bassa del torace del paziente

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Test delle fasce

- fa scivolare il pollice detsro lungo la parte discendente della cresta iliaca per poi dirigersi in basso e in

avanti al livello dello spazio L4-L5 , cresta iliaca qui entra in contatto con il leg ileo-lombare e ne apprezza

l’elasticità.

In alcuni pazienti questo è particolarmente deteso e difficilmente percettibile.

Nella maggior parte dei casi è teso, della misura di una matita perfettamente individualizzabile e leggermente

sensibile.

In un’altra parte, infine, è talmente teso che sembra come se calcificato, difficilmente mobilizzabile e

dunque di una estrema sensibilità.

Per facilitare la palpazione possiamo, se necessario, fare una traslazione sinistra del bacino accompagnata da

una inclinazione destra del tronco se non addirittura associata ad una rotazione destra. Il paziente si appoggia

sul nostro braccio sinistro per essere perfettamente rilassato.

Il test di questo legamento per essere veramente efficace e rivelatore si fa in piedi.

In posizione supina “dice poco”. Intervenendo soprattutto nella statica, tale legamento ha certamente bisogno

del carico per entrare in azione ed essere dunque testato più facilmente. Alla dissezione il leg ileo-lombare

appare spesso come una struttura piuttosto circolare della misura di una matita e di un aspetto madreperlato

che traduce i cambiamenti al livello del tessuto connettivo, in seguito a sollecitazioni molto importanti.

2) i piccoli e grandi leg sacro-ischiatici

ricordiamo semplicemente che la loro palpazione si farà in decubito prono, poiché essi sono la sede di

tensioni grandi che possono farli sentire in alcuni casi come strutture dure. Il piccolo leg è più difficile da

evidenziare, poiché è ricoperto da un importante massa muscolare. Ricordiamo i loro rapporti con il

piramidale etra loro il nervo sciatico. Infine non dimentichiamo che i leg ischiatici sono in rapporto con la

regione intrapelvica.

3) il leg comune vertebrale anteriore (fig 116)

in caso di patologie lombosacrali spesso è utile andare a testare questo legamento

- il paziente è in decubito supino e gambe piegate

- il terapeuta si pone lateralmente

- posiziona il polpastrello delle dita di entrambe le mani sulla parte inferiore della linea bianca

- penetra progressivamente e in modo dolce in profondità fino al contatto osseo

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Test delle fasce

- realizza uno stiramento longitudinale aprendo in senso opposto le dita di entrambe le mani .

- in modo dolce fa uno stiramento trasversale

la palpazione di questo legamento a volte può rivelarsi molto doloroso e si accompagna ad una diffusione di

questo dolore a livello lombosacrale o addirittura al livello di un percorso radicolare.

È evidente che questo test può essere applicato solo a pazienti magri con un addome facilmente

comprimibile. E’ inutile applicarlo su un soggetto pletorico.

Nella donna si applicherà molto più facilmente. Inutile precisare che questa palpazione si fermerà alla

biforcazione aortica.

3) i legamenti cervico-pleurici (fig 117)

del numero di tre fissano il diaframma cervico-toracico alla prima costa e alle cervicali. Vanno da dietro in

avanti:

- il leg costo-pleurale

- il leg trasverso-pleurale

- il leg vertebro pleurale

in caso di normalità questi legamenti sono difficilmente individualizzabili. In caso di tensione esii possono

essere percepiti facilmente.

- il paziente è in decubito supino

- il terapeuta è alla testa del paziente

- per facilitare la palpazione es. a destra:

- sollevare leggermente la testa del paziente con una lateroflessione dx

- con il pollice destro, passando d’avanti al trapezio, venire al livello della trasversa di D1 dunque del leg

costo-pleurale, poi descrivendo un arco di cerchio da dietro in avanti, cercare di individualizzare gli altri

fasci. Questa palpazione può essere realizzata da seduti ma sarà più difficile da realizzare per il fatto che le

tensioni fasciali che si avranno. Ricordiamo che il ganglio stellare è situato in prossimità del leg costo-

pleurico e che questo ultimo termina in modo bifido, forma che libera il passaggio della radice D1.

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Test delle fasce

CRONOLOGIA DEI TEST

Quando dobbiamo testare una zona qualunque del corpo, è buona regola seguire una certa cronologia per ottimizzare le informazioni.

- prima di tutto bisogna saper osservare e ,come abbiamo già detto, ciò può rivelarsi molto istruttivo.

- In seguito fare il test di motilità che permette a sua volta di rassicurare il soggetto e di entrare ion

contatto con i suoi tessuti.

- Poi procedere al test palpatorio e di mobilità.

Ci teniamo a ribadire che sarebbe pericoloso accontentarsi di un solo parametro. La diagnosi osteopatica

deve essere una diagnosi di convergenza, e deve cercare di accomunare il massimo di informazioni cliniche,

radiologiche, biologiche, test d’ascolto, di mobilità, per poi affermare con il minimo di possibilità di errore

l’origine del dolore del paziente.