65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

363
Estratti relazioni Comunicazioni brevi • Poster 65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVAC RIMINI 28-30 MAGGIO 2010 Palacongressi di Rimini SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIA SOCIETÀ FEDERATA ANMVI in collaborazione con

description

65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Transcript of 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Page 1: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Estratti relazioniComunicazioni brevi • Poster

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010Palacongressi di Rimini

SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARIPER ANIMALI DA COMPAGNIA

SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

in collaborazione con

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 1

Page 2: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 2

Page 3: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 3

Page 4: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ESTRATTI RELAZIONICOMUNICAZIONI BREVI

POSTER

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVAC

RIMINI 28-30 MAGGIO 2010Palacongressi di Rimini

SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARIPER ANIMALI DA COMPAGNIA

SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

in collaborazione con

QUESTO VOLUME DI ATTI CONGRESSUALI RIPORTA FEDELMENTE QUANTO FORNITO DAGLI AUTORI CHE SI ASSUMONO LA RESPONSABILITÀ DEI CONTENUTI DEI PROPRI SCRITTI.

THESE PROCEEDINGS REPORT FAITHFULLY ALL ABSTRACTS PROVIDED BY THE AUTHORS WHO ARE RESPONSIBLE OF THE CONTENT OF THEIR WORKS.

organizzato da Soc. Cons. a r.l.

Azienda con sistema qualità certificato ISO 9001:2008

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 4

Page 5: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La SCIVAC ringrazia le Aziende sponsor per il sostegno e il contributoprestati alla realizzazione del 65° Congresso Internazionale.

LABORATORIO PER MEDICI VETERINARI

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 5

Page 6: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 6

Page 7: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 7

Page 8: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COMITATO SCIENTIFICO

Anestesia - Adriano Lachin

Animali esotici - Giordano Nardini

Cardiologia - David Chiavegato

Chirurgia - Luca Formaggini

Citologia/Patologia Clinica - Walter Bertazzolo

Dermatologia - Fabia Scarampella

Diagnostica Per Immagini - Federica Rossi

Fisioterapia - Ludovica Dragone

Gastroenterologia - Ugo Lotti

Medicina Comportamentale - Raimondo Colangeli

Medicina Felina - Silvia Rossi

Medicina Interna - Tommaso Furlanello

Nefrologia - Paola Scarpa

Neurologia - Mariateresa Mandara

Odontostomatologia - Dea Bonello

Oftalmologia - Alberto Crotti

Oncologia - Paolo Buracco

Ortopedia - Aldo Vezzoni

Riproduzione - Manuela Farabolini

CHAIRMEN - MAIN SESSIONS

Anestesia - Federico Corletto, Adriano Lachin

Animali Esotici - Giordano Nardini, Paolo Selleri

Cardiologia - Francesco Migliorini, David Chiavegato

Chirurgia - Luca Formaggini, Giorgio Romanelli

Citologia - Walter Bertazzolo

Dermatologia - Fabia Scarampella, Luisa Cornegliani

Diagnostica per Immagini - GianMarco Gerboni, Giliola Spattini

Endoscopia - Roberta Caccamo

Fisioterapia - Ludovica Dragone

Gastroenterologia - Ugo Lotti

Medicina Comportamentale - Raimondo Colangeli

Medicina Felina - Stefano Bo, Saverio Paltrinieri

Medicina Interna - Tommaso Furlanello

Nefrologia - Monica Cherubini, Paola Scarpa

Neurologia - Stefania Gianni, Mariateresa Mandara

Odontostomatologia - Maria Teresa Semeraro

Oftalmologia - Maurizio Mazzucchelli

Oncologia - Paolo Buracco, Laura Marconato

Ortopedia - Filippo Maria Martini, Massimo Petazzoni

Practice Management - Marco Viotti, Francesco Carrani

Riproduzione - Manuela Farabolini

CONSIGLIO DIRETTIVO SCIVAC

DEA BONELLO Presidente

MASSIMO BARONI Presidente Senior

FEDERICA ROSSI Vice Presidente

GUIDO PISANI Tesoriere

MARCO BERNARDINI Segretario

ALBERTO CROTTI Consigliere

BRUNO PEIRONE Consigliere

COMMISSIONE SCIENTIFICA

Massimo Baroni

Davide De Lorenzi

Giorgio Romanelli

Fulvio Stanga

COORDINATORE SCIENTIFICO

CONGRESSUALE

FULVIO STANGA

Med Vet, Cremona

RESPONSABILE SEGRETERIA

SCIENTIFICA

MONICA VILLA

Segreteria scientifica e organizzativa

Tel: +39 0372 403504

E mail: [email protected]

RESPONSABILE UFFICIO

MARKETING

FRANCESCA MANFREDI

E ILARIA COSTA

Tel: +39 0372 403538

E mail: [email protected]

RESPONSABILE SEGRETERIA

ISCRIZIONI

PAOLA GAMBAROTTI

Tel: +39 0372 403508

Fax: +39 0372 403512

E mail: [email protected]

ORGANIZZAZIONE CONGRESSUALE

EV - Eventi Veterinari - Via Trecchi 20

26100 CREMONA (I)

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 8

Page 9: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 9

Page 10: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 10

Page 11: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DIANE ADDIEDr Vet Med, PhD, BVMS, Etchebar (F)

La Dr.ssa Diane D. Addie è un virologo veterinario che si in-teressa in particolar modo delle malattie infettive del gatto.Dopo essersi laureata alla University of Glasgow, ha eserci-tato per 8 anni la professione sui piccoli animali. I suoi so-gni sono di eradicare la peritonite infettiva felina (FIP), al-meno fra i gatti di razza e quelli dei rifugi, e trovare una cu-ra per la gengivostomatite felina cronica. È Honorary SeniorResearch Fellow at the University of Glasgow, dove, fino al2006, è stata direttrice del Diagnostic Veterinary Virology la-boratory. Ha fondato il Feline Institute Pyrenees, dedicatoalla ricerca sulla FIP e sostenuto da donazioni offerte da sin-goli individui. È autrice del sito web www.catvirus.com sulla FIP e la gen-givostomatite felina (FGS). Nel 2003 ha ricevuto l’Amorosoaward per i notevoli contributi agli studi sui piccoli animalida parte di un membro non clinico dello staff universitario.Ha fatto parte per 20 anni del Council of Cats Protection edoggi è uno dei patrocinatori del Celia Hammond AnimalTrust. È membro del European Advisory Board of Cat Dis-ease, i cui convegni sono finanziati da Merial, ma i cui mem-bri veterinari sono volontari non retribuiti. È ricercatrice in-dipendente, non possedendo azioni né avendo cariche di am-ministratore in alcuna compagnia commerciale di interesseveterinario o comunque correlata agli animali. Tutti i suoistudi sono stati condotti su animali colpiti da infezioni spon-tanee e desidera cogliere questa opportunità per ringraziaretutti i veterinari, gli operatori ed i gatti stessi che hanno resopossibile la sua ricerca.

LUCA ARESUMed Vet, Padova

Luca Aresu si è laureato in Medicina Veterinaria a Torinonel 2004.Nel 2007 ha conseguito il dottorato di Ricerca in Patolo-gia Veterinaria con “Study of Inflammatory Kidney Disea-ses in Dog” in collaborazione con il centro di PatologiaUmana dell’ospedale di Ginevra, CMU.Dal 2007 è ricercatore in Patologia e Anatomia PatologicaVeterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria diPadova.Dal 2000 collabora a tempo pieno con l’attività diagnosti-ca istopatologica e necroscopica. È responsabile del setto-re di patologia sperimentale presso la facoltà di Padova. Ilsuo principale ambito di interesse è lo studio dei meccani-smi della fibrosi renale e la ricerca di biomarcatori pla-smatici nelle neoplasie linfoidi del cane.È membro della “WSAVA renal standardization studygroup” e responsabile per l’attività della microscopia elet-tronica del servizio diagnostico della facoltà di MedicinaVeterinaria di Utrecht.È autore di numerose pubblicazioni nell’ambito della pa-tologia renale e neoplastica nel cane e nel gatto.

ALESSANDRO BELLESEMed Vet, Venezia

Laureato in Medicina Veterinaria a Bologna l’8-11-1994.Da sempre appassionato di zoologia in generale e di ento-mologia ed erpetologia in particolare. Da quando ha intra-preso la professione medico veterinaria, si è interessato inmodo sempre più esclusivo agli animali da compagnia “nonconvenzionali”, fino, allo stato attuale di dedicarsi intera-mente alla medicina e chirurgia di questi ultimi, in partico-lare di rettili e mammiferi. Esercita principalmente a Spinea(VE) e Lido di Venezia (VE) e collabora con colleghi dellaprovincia. È il veterinario responsabile della Casa delle Far-falle di Bordano (UD). Iscritto dal 1995 dapprima al GAE (Gruppo di studio ani-mali Esotici) della SCIVAC, poi SIVAE. Socio fondatore econsigliere dell’AAE (Associazione Animali Esotici). Hascritto il volume divulgativo Voglio Un Serpente, GruppoCastel Negrino Editore 2008 ed il paragrafo “Esami colla-terali nei cheloni” nel volume “Diagnosi e terapia negli ani-mali esotici” della Dr. M. Avanzi. Scrive articoli di argo-menti medico veterinari per la rivista per appassionati Te-studo magazine.

MARCO BERNARDINIMed Vet, Dipl ECVN, Padova

Si laurea presso l’Università di Bologna nel 1988. Cominciaad occuparsi di neurologia nel 1992, frequentando in Lus-semburgo e Svizzera i corsi dell’European School for Ad-vanced Veterinary Studies (ESAVS). Effettua un Residencyin Neurologia presso l’Università di Berna (Svizzera) e nel1995 consegue il diploma dell’European College of Veteri-nary Neurology (ECVN). Dal 1997 al 2001 è docente di Neurologia Veterinaria pressol’Università di Barcellona (Spagna) e responsabile del Ser-vizio di Neurologia e Neurochirurgia presso l’Ospedale Ve-terinario della stessa facoltà. Nel biennio 2002-03 è Oberassistent in Neurologie pressol’Università di Berna (Svizzera). Attualmente esercita la li-bera professione esclusivamente come referente di casi neu-rologici in Emilia Romagna. Inoltre, è docente a contratto diNeurochirurgia Veterinaria presso l’Università di Padova.Autore di articoli e del libro “Neurologia del cane e del gat-to” (Poletto Editore, Milano).

DAVID LEONARD BLOWAcupuncturist, Roma

Nasce a Waratah, Australia il 26 Ottobre 1958. Cittadino Au-straliano. Laurea “Tradizional Chinese Medicine” Univer-sity of Technology, Sydney Australia 1988. Presidente Asso-ciazione NADA Italia (dal 1994) e Fondatore Ass. NADAItalia (1994). Presidente e Fondatore Associazione TapingNeuromuscola-re Institute Italia (dal 2005). Taping Neuromuscolare Trainer(2000), Taping Neuromuscolare Institute.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

11

CURRICULA VITAE DEI RELATORI

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 11

Page 12: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

JOHN D. BONAGURADVM, Dipl ACVIM, Ohio, USA

John Bonagura è Professor of Veterinary Clinical Sciences edirettore del Cardiology Service all’Ohio State UniversityCollege of Veterinary Medicine, dove ha lavorato per lamaggior parte della sua carriera. È stato Visiting ResearchFellow alla Edinburgh University nel 1989 ed è stato Gil-breath-McLorn Endowed Professor of Cardiology alla Uni-versity of Missouri. È autore di oltre 200 lavori e capitoli dilibri correlati alla cardiologia clinica. È anche editor di Kir-k’s Current Veterinary Therapy. È stato riconosciuto comeOhio State University Distinguished Teacher.

DEA BONELLOMed Vet, Spec Rad Vet, Dipl EVDC, Torino

Si laurea nel 1989 alla Facoltà di Medicina Veterinaria di To-rino, dove poi si specializza nel 1997 in Radiologia Veteri-naria e nel 2000 consegue il titolo di Dottore di Ricerca inMedicina Interna Veterinaria. Ha lavorato come ricercatore acontratto presso il Dipartimento di Patologia Animale dellaFacoltà di Medicina Veterinaria di Torino dal 2001 al 2003.Dal 1989 si dedica all’odontostomatologia veterinaria ed inquesto settore svolge attività di consulenza per i piccoli ed igrossi animali. Nel 1996 e nel 1998 si è recata, a scopo di ag-giornamento, presso l’Università di Davis, California. Nel1998 consegue il Diploma dell’European College of Veteri-nary Dentistry. Relatore a numerosi congressi in Italia ed al-l’estero e autore di pubblicazioni inerenti l’odontostomato-logia veterinaria e comparata. Dal 1998 al 2002 è stata Se-gretario dell’EVDC e Coordinatore del Gruppo di Studio diOdontostomatologia della SCIVAC.

ENRICO BOTTEROMed Vet, Cuneo

Si laurea in Medicina veterinaria presso l’università di Tori-no nel 1997 con una tesi sulle periodontopatie nel cane.Esperienze professionali presso numerosi ambulatori e clini-che nell’ambito della clinica dei piccoli animali. Relatoredal 2003 al corso Scivac di citologia. Istruttore e relatore acorsi di endoscopia flessibile nel 2004 e nel 2005. Istruttoree relatore a corsi di gastroenterologia nel 2006 e 2007. Re-latore al congresso nazionale Scivac del 2006, del 2007, del2008 e del 2009. Vicepresidente della Siciv (Società Italianadi Citologia Veterinaria).Direttore del corso di endoscopia digestiva Scivac nel 2009.È autore e coautore di articoli su riviste nazionali ed inter-nazionali. Attualmente lavora come libero professionistanell’ambito dell’endoscopia flessibile presso numerosi am-bulatori e cliniche in Piemonte, Liguria e Lombardia.

ANTONELLO BUFALARIMed Vet, Dr Ric, Perugia

Laureato in Medicina Veterinaria (1989). Professore Asso-ciato dal 2006 presso l’Università di Perugia, con incarichidi insegnamento in Anestesiologia e Clinica Chirurgica. Vi-siting Fellowship e Post-doctoral Associate presso la CornellUniversity, per 2 anni. Titolo di PhD presso Faculty of Vete-rinary Medicine, Helsinki. Co-investigator di una ricer-

ca sperimentale su analgesici presso la Cornell. Dal 1991 èmembro SISVet e SCIVAC, dal 1993 è membro AVA, dal1994 è membro SICV. Dal 2003, docente ai corsi SCIVAC-di anestesiologia e dal 2004 è membro del consiglio diretti-vo SIARMUV. Autore/co-autore di 100 pubblicazioni di cuiuna decina su riviste internazionali. Relatore a numerosicongressi e seminari nazionali e internazionali. Co-autore diun capitolo su Veterinary Clinics of North America. Autoredel manuale: “Concetti di base per l’artroscopia diagnosticae operativa nel cane”.

PAOLO BURACCOMed Vet, Dipl ECVS, Torino

È nato a Torino il 16-8-1956. È professore straordinario diSemeiotica e Clinica Chirurgica Veterinaria presso la Facol-tà di Med. Vet. di Torino. Nel periodo settembre 1987-di-cembre 1988 è stato Visiting Assistant Professor presso laSchool of Vet. Med. (Purdue University, Indiana), con Borsadi Perfezionamento Ass. It. Ric. Cancro. È diplomato dalgiugno 1998 al Collegio Europeo dei Chirurghi Veterinari,piccoli animali (E.C.V.S.). È membro della Veterinary Can-cer Society, della Società Ital. di Chir. Vet., dell’Europ. Soc.of Vet. Oncology e dell’European College of Veterinary Sur-geons. È stato relatore in numerosi convegni nazionali ed in-ternazionali ed è autore di circa 100 pubblicazioni su rivisteitaliane ed estere.

FRANCESCA CAZZOLAMed Vet, San Martino, Novara

Laureata in Medicina Veterinaria nel 2003 presso l’Univer-sità degli studi di Torino e abilitata alla professione nellostesso anno. Nel 2004 ha lavorato presso il Centro di riabi-litazione “Villa Beria” (Mathi, Torino). A novembre dellostesso anno ha iniziato a lavorare presso l’ospedale veteri-nario ANUBI di Moncalieri (Torino) dove ha esercitato fi-no a febbraio 2010. I suoi principali campi d’interesse so-no rappresentati da fisiatria e fisioterapia, traumatologia edortopedia. Da novembre del 2009 svolge la sua attività pro-fessionale presso la Clinica S. Martino di Novara. Nel gen-naio 2007 ha frequentato il corso di idroterapia presso laWestcoast Products Ltd a Diss, Norfolk, Inghilterra. Rela-trice a diversi corsi nazionali di fisoterapia e ai CongressiInternazionali SCIVAC. Ha partecipato al corso di taping neuromuscolare nei mesidi gennaio e febbraio 2010 e, da allora, fa parte del ‘Tapingneuromuscolare Institute’. Da maggio del 2008 fa parte delconsiglio direttivo del gruppo di studio di fisioterapia e par-tecipa attivamente a tutti gli incontri.

DAVID CHIAVEGATOMed Vet, Dr Ric, Padova

Laureato nel 1984 alla Facoltà di Medicina Veterinaria diBologna, con 110/110. Si occupa di cardiologia e diagnosti-ca ecografica nei piccoli animali da circa 15 anni. È relatorea corsi SCIVAC di “ Cardiologia”, e di “Ecografia” di “Eco-cardiografia”. Coordinatore del Gruppo di studio di “Dia-gnostica per immagini” della SCIVAC nel 1999/2001, attua-le Presidente della SICARV (Soc. Italiana di CardiologiaVet.). Autore e coautore di articoli e relazioni in congressi

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

12

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 12

Page 13: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 13

Page 14: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 14

Page 15: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

nazionali e internazionali. È stato relatore al corso di Eco-cardiografia (advanced course “cardiology III”-ESAVS). Èstato docente al Master di II livello presso la Facoltà di Me-dicina Veterinaria dell’Università di Parma e presso la Fa-coltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino. Nel2009 ha conseguito il titolo di “Dottore di Ricerca” in Scien-ze Cliniche Veterinarie. Lavora a Padova come libero pro-fessionista.

JAMES COOKDVM, PhD, Dipl ACVS, Missouri, USA

James (Jimi) Cook ha conseguito la laurea (DVM) alla Uni-versity of Missouri, ha condotto un periodo di internato allaUniversity of Minnesota ed è tornato alla University of Mis-souri per un PhD-Small Animal Surgery Residency. Dopoaver ottenuto questo PhD nel 1998, nel 1999 è diventato Di-plomate ACVS. Nello stesso anno, è stato co-fondatore delComparative Orthopaedic Laboratory, un laboratorio di ri-cerca che coinvolge il College of Veterinary Medicine, laSchool of Medicine ed il College of Engineering. Oggi, ol-tre 30 scienziati sono coinvolti nella ricerca del COL nei set-tori dell’osteoartrite, dell’ingegneria tissutale e della fisiolo-gia della cartilagine articolare. È autore di oltre 100 pubbli-cazioni peer-reviewed, ha ricevuto più di 10 milioni di dol-lari per finanziare la sua ricerca ed è stato insignito di nu-merosi riconoscimenti, come l’America’s Best Veterinariannel 2007. Il Dr. Cook è stato presidente della Veterinary Or-thopedic Society nel 2008-2009. Detiene 8 brevetti US Pa-tents ed ha visto due dispositivi biomedici superare l’appro-vazione FDA. Attualmente ricopre un duplice ruolo alla Uni-versity of Missouri in Small Animal Orthopaedics and Or-thopaedic Surgery (umana), ed è Director of The Compara-tive Orthopaedic Laboratory and the William & Kathryn Al-len Distinguished Professor in Orthopaedic Surgery. È ancheco-fondatore e co-direttore di Be The Change Vacations,un’organizzazione non-profit dedicata alla costruzione discuole nei paesi del terzo mondo in modo che ai bambini ditutto il pianeta possano venire offerte le opportunità che so-lo l’educazione è in grado di dare.

FEDERICO CORLETTODVM, CertVA, Dipl ECVAA, MRCVS, Six Mile Bottom (UK)

Laureato con lode in medicina Veterinaria presso la Facoltàdi Padova nel 1997. Ha compiuto un residency in AnestesiaVeterinaria presso l’Animal Health Trust (Newmarket, UK).Nel 2002 ha conseguito il Certificate in Anestesia veterina-ria, rilasciato dal Royal College of veterinary Surgeons e nel2003 il Diploma di specializzazione rilasciato dal CollegeEuropeo di Anestesia ed Analgesia Veterinaria (Dipl. EC-VAA). È stato ricercatore presso la Facoltà di Medicina Ve-terinaria di Padova, Clinical Anaesthetist presso l’AnimalHealth Trust e Research Fellow presso la divisione di ane-stesia dell’ospedale di Addenbrooke’s, finanziato dal Well-come Trust. Attualmente è responasible del serivizio di ane-stesia presso la referral practice del Prof. Dick White, a SixMile Bottom, in Suffolk. Autore di pubblicazioni su rivistenazionali ed internazionali, ha partecipato a congressi e cor-si in qualità di relatore ed è autore del “Manuale di anestesiadel cane e del gatto”, pubblicato da Poletto Editore.

LUISA CORNEGLIANIMed Vet, Dipl ECVD, Milano

Laureata in Medicina Veterinaria presso l’Università di Mi-lano nel 1991, lavora come libero professionista nel settoredei piccoli animali dove si occupa di dermatologia dal 1995.Ha frequentato periodi d’aggiornamento all’estero ad indi-rizzo dermatologico presso strutture private ed universitarie.Full member dell’ESVD, sta attualmente seguendo la via al-ternativa per conseguire il diploma del College Europeo diDermatologia Veterinaria. È inoltre autore di numerosi arti-coli su riviste nazionali ed internazionali, nonché traduttoredi testi di dermatologia veterinaria e co-autore di un cd mul-timediale dedicato alla dermatologia. Attualmente lavoraeseguendo visite dermatologiche di referenza a Milano, To-rino, Novara.

ALBERTO CROTTIMed Vet, Genova

Membro della Società di Oftalmologia Veterinaria Italianadalla sua costituzione, componente del Consiglio direttivodal 1993, ricopre attualmente la carica di President seniordella società. Membro del consiglio direttivo SCIVAC e Re-sponsabile del coordinamento delle Società specialistichedal 2007. È membro del Gruppo di Studio sulla Leishma-niosi canina Scivac. Ha frequentato negli anni 1992, 1993 e1994 il corso specialistico in oftalmologia dell’European So-ciety for Advanced Veterinary Studies. Dal 2006 è coordina-tore dell’Itinerario didattico in Oftalmologia della Scuola diFormazione post universitaria SCIVAC e direttore del I cor-so del triennio di studi. Ha partecipato in qualità di relatorea numerosi congressi ed incontri su temi di oftalmologia.È titolare dal 1984 di uno studio associato in Genova dove sioccupa esclusivamente di oftalmologia degli animali da af-fezione.

DOUGLAS DEBOERDVM, Dipl ACVD, Wisconsin, USA

Il Dr. DeBoer ha studiato alla University of California-Da-vis ed alla Michigan State University. Nel 1986, è entratoa far parte del personale docente della School of VeterinaryMedicine, University of Wisconsin-Madison, dove attual-mente è Professor of Dermatology. Gli interessi clinici e diricerca del Dr. DeBoer sono incentrati sull’immunologiadelle dermatopatie recidivanti e croniche, con particolareriguardo alle malattie allergiche del cane ed alla dermato-fitosi del gatto. È Diplomate of the American College ofVeterinary Dermatology ed ha ricevuto l’ACVD Award ofExcellence nel 2003. Il Dr. DeBoer ha fatto parte del comitato scientifico edito-riale dell’American Journal of Veterinary Research e di Ve-terinary Dermatology, ed attualmente è il presidente dellaInternational Task Force on Canine Atopic Dermatitis.

DAVIDE DE LORENZIMed Vet, SMPA, Dipl ECVCP, Dott Ric, Padova

Laurea con lode in Medicina Veterinaria a Bologna nel 1988;specializzazione in Clinica e Patologia degli Animali da Af-fezione a Pisa nel 1995; Diploma Europeo in Patologia Cli-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

15

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 15

Page 16: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

nica Veterinaria nel 2005. Autore e coautore di oltre 40 arti-coli scientifici, ha curato l’edizione italiana di testi di citolo-gia veterinaria ed ha scritto capitoli su libri sia nazionali cheinternazionali di citologia ed endoscopia. Docente in masteruniversitari, è regolarmente relatore invitato a congressi na-zionali ed internazionali. Svolge attività di rewiever scienti-fico per varie riviste nazionali e internazionali ed attualmen-te svolge un Dottorato di Ricerca presso la Facoltà di Medi-cina Veterinaria di Perugia relativo allo studio del lavaggiobronco-alveolare. Esercita a Forlì ed a Padova occupandosidi patologie respiratorie e otorinolaringoiatriche, endoscopiae citologia diagnostica.

DANIELE DELLA SANTAMed Vet, PhD, Dipl ECVDI, Pisa

Laureato con lode presso la Facoltà di Medicina Veterinariadi Pisa nell’anno 2000. Ha ottenuto il titolo di dottore di ri-cerca presso la medesima Università nell’anno 2005. Dal1998 al 2003 ha trascorso alcuni periodi di studio negli Sta-ti Uniti e in Europa (Michigan State University, ColoradoState University, Università di Berna). Dal 2004 al 2008 hasvolto il programma di training per il College Europeo diDiagnostica per Immagini presso l’Università di Pisa e Ber-na (Svizzera). Diplomato al college Europeo di Diagnosticaper Immagini Veterinaria (ECVDI) nel 2008. È autore di nu-merose pubblicazioni nazionali e internazionali inerenti ladiagnostica per immagini. Attualmente svolge attività liberoprofessionale occupandosi esclusivamente di diagnostica perimmagini in Toscana.

ALESSANDRA FONDATIMed Vet, Dipl ECVD, Dr Ric, Roma

Alessandra Fondati si è laureata in Medicina Veterinariapresso l’Università degli Studi di Pisa nel 1981. Si è occu-pata di dermatologia veterinaria come libero professionistadal 1984 al 1997, prima a Firenze quindi a Roma. Nel 1998ha ottenuto il Diploma del College Europeo di DermatologiaVeterinaria (ECVD) e dal 1998 al 2003 ha lavorato comeProfessore Associato di Dermatologia presso l’UniversitàAutonoma di Barcellona (Spagna). Nel 2003 ha completatoun PhD sulla patogenesi del complesso del granuloma eosi-nofilico felino presso l’Università Autonoma di Barcellona.Attualmente si occupa di dermatologia veterinaria, come li-bero professionista, a Roma.

ALAIN FONTBONNEDr Vet Med, PhD, Dipl ECAR, Ass Pr, Alfort, Francia

Il Dr. Alain Fontbonne si è laureato alla facoltà di MedicinaVeterinaria di Nantes nel 1985 e poi è entrato a far parte del-la Scuola di Veterinaria di Alfort (Parigi) dove ha seguito unperiodo di internato sulla medicina interna dei carnivori du-rato 2 anni. Dopo 7 mesi di esercizio della pratica professio-nale a tempo pieno in una clinica veterinaria vicino a Parigi,fra il 1988 ed il 1993 ha lavorato per il Kennel Club france-se. Nel 1993 è diventato Assistant Professor presso il Dipar-timento di Riproduzione della Scuola Veterinaria di Lione,dove ha aperto un centro di ricerca che si occupa della ri-produzione e dell’allevamento del cane e del gatto e la se-

conda banca del seme del cane in Francia. Nel Settembre2000, è passato alla Scuola di Veterinaria di Alfort, Parigi.Oggi è direttore dell’Unità Didattica di Biologia e Patologiadella Riproduzione ed Ostetricia e del CERCA (Centre d’E-tude en Reproduction des Carnivores) e si occupa principal-mente di inseminazione artificiale e fertilità/infertilità nelcane, nel gatto e nei felidi selvatici. È Diplomate of the European College of Animal Repro-duction ed ha supervisionato la residenza di tre giovanidiplomati (un italiano e due francesi). Attualmente, altridue residenti (un francese ed uno spagnolo) stanno lavo-rando sotto la sua guida.Alain Fontbonne è anche Past-President della EVSSAR (Eu-ropean Veterinary Society for Small Animal Reproduction) ePast Vice-President del gruppo specialistico.

LUCA FORMAGGINIMed Vet, Dormelletto (NO)

Si laurea a Milano nel Febbraio 1991. Dal 1996 lavora pres-so la Clinica Veterinaria “Lago Maggiore” di cui è socio fon-datore. È relatore SCIVAC per argomenti di chirurgia, medi-cina d’urgenza e terapie postoperatorie; ha tenuto relazioni adiversi congressi e seminari in Italia e all’estero; è autore eco-autore di vari testi scientifici pubblicati in Italia e su rivi-ste internazionali. È stato accettato a sostenere l’esame delloEuropean College of Veterinary Surgeons. Dal 2008 è Presi-dente della Società di Chirurgia Veterinaria Italiana (SCVI).I principali campi d’interesse sono rivolti a tutti gli aspettidella traumatologia (pronto soccorso, chirurgia e terapia in-tensiva), alla chirurgia dei tessuti molli e alla chirurgia mini-invasiva laparoscopica e toracoscopica. I suoi hobbies com-prendono la corsa, la pesca e lo snowboard. Da osservatoreama il basket e il calcio.

FEDERICO FRACASSIMed Vet, Dott Ric, Bologna

Laureato con lode in Medicina Veterinaria presso l’Univer-sità degli Studi di Bologna nel 2001. Nel 2005 ha consegui-to il titolo di Dottore di Ricerca. Dal 2006 ricopre il ruolo diRicercatore Universitario presso il Dipartimento Clinico Ve-terinario dell’Università di Bologna. Dal 2005 svolge un “al-ternative residency” in medicina interna presso l’Universitàdi Zurigo sotto la guida della Prof. Claudia Reusch. È membro dell’European Society of Veterinary Endocrino-logy (ESVE) e dell’European Society of Veterinary InternalMedicine (ESVIM). Dal 2007 è componente del consiglio direttivo della SocietàItaliana di Medicina Interna Veterinaria (SIMIV). Autore dipubblicazioni su riviste nazionali e internazionali e relatorea congressi nazionali ed internazionali. Il suo principalecampo di ricerca è la medicina interna ed in particolare l’en-docrinologia dei piccoli animali.

GIANMARCO GERBONIMed Vet, Samarate (VA)

Laureato presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Uni-versità di Parma nel 1998.Ha svolto un periodo di tirocinio intensivo con il dr Roma-nelli Dipl.ECVS e un anno di intenship sotto la supervisione

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

16

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 16

Page 17: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

del dr Santilli Dipl ECVIM-ca. Dal 1999 lavora presso la Cli-nica Malpensa (Varese) come responsabile della Terapia in-tensiva (UTI), occupandosi di medicina interna, pronto soc-corso ed ecografia addominale. Dal 1999 si occupa di studiScintigrafici del cane e del gatto. È stato istruttore e relatorea diversi corsi pratici nazionali. Autore di alcuni articoli suriviste veterinarie nazionali ed estere e traduttore di alcunitesti di Ecografia addominale. Dal 2007 ricopre la carica disegretario della S.V.I.D.I – Società Veterinari Italiana Dia-gnostica per Immagini.

SABRINA GIUSSANIMed Vet Comportamentalista, Dipl ENVF, Busto Arsizio (VA)

Si laurea cum laude presso la facoltà di Medicina Veterina-ria di Milano. Dal 1998 si occupa di Medicina Comporta-mentale. È consigliere SISCA (Società Italiana di ScienzeComportamentali Applicate) dal febbraio 2002. Ha parteci-pato a seminari, corsi di base, corsi avanzati di MedicinaComportamentale sia in Italia sia in Francia. Si è diploma-ta Medico Veterinario Comportamentalista presso l’EcoleNationale Française nel novembre 2002. È stata relatore a giornate regionali, seminari, corsi di ba-se e avanzati in Italia. Ha pubblicato articoli inerenti laMedicina Comportamentale su riviste del settore scienti-fico ed è autore, insieme al Dott. Colangeli, del libro” Me-dicina comportamentale del cane e del gatto” edito da Po-letto nel 2004. Consegue nel dicembre 2004 il Master di specializzazionedi 2° livello organizzato dall’Università di Medicina Veteri-naria di Padova in “Etologia applicata al benessere anima-le”. È professore a contratto nel 2005 nel Master inerentealla Medicina Comportamentale organizzato dall’Universi-tà di Medicina Veterinaria di Torino. È socio di Zoopsy e diESVCE.

DANIELE GRASSIDM, Modena (I)

Direttore del Servizio di Urologia Funzionale, Urologia Fem-minile/Uroginecologia e Chirurgia Ricostruttiva Pelvica del-l’Hesperia Hospital Via Arquà, 80 di Modena.1985: Laurea con Lode in Medicina e Chirurgia, Universi-tà di Modena. 1990: Specializzazione con Lode in Urolo-gia, Università di Verona. 1993: Abilitazione in Urologia Comunità Europea. 1989-91: Assistente Medico di Urologia; 1991-97: Aiuto Corre-sponsabile Ospedaliero in Urologia (U.L.SS. n.4). 1997-2002: UO di Urologia del Policlinico di Modena. 2002-: At-tività libero-professionale presso strutture sanitarie private,come l’Hesperia Hospital (Modena) dove fonda il Centro diUrologia Funzionale, Urologia Femminile / Uroginecologiae Chirurgia Ricostruttiva Pelvica. Stages e corsi di aggior-namento Internazionali: 1988-2008 in USA, Europa, Au-stralia. Attività didattica: 1990-2006 vari insegnamenti suargomenti di urologia ed uro-ginacologia. Relatore in oltre200 Congressi nazionali ed internazionali. Autore di 67 pubblicazioni nazionali ed internazionali suargomenti di Urologia Funzionale, Uroginecologia, Chi-rurgia Ricostruttiva Pelvica. Membro del Comitato Scien-tifico della Fondazione Italiana Continenza (FIC).

THOMAS K. GRAVESDVM, MS, PhD, Dipl ACVIM, Illinois, USA

Il Dr. Graves si è laureato in medicina veterinaria (DVM) al-la Cornell University nel 1991 e poi ha portato a termine unperiodo di internato alla The Ohio State University, seguitoda uno di residenza in medicina interna dei piccoli animalialla Michigan State University. Diplomato ACVIM, ha an-che conseguito il titolo di MS e PhD in farmacologia allaUniversity of Rochester School of Medicine and Dentistry.Attualmente è Associate Professor and Chief of Small Ani-mal Internal Medicine allo University of Illinois College ofVeterinary Medicine, dove è anche Assistant DepartmentHead for Curriculum and Instruction. Ha pubblicato più di50 articoli su riviste refereed, 30 capitoli di libri ed oltre 140atti congressuali ed abstract, principalmente nel campo del-l’endocrinologia dei piccoli animali. Il Dr. Graves ha svoltoun’estesa attività didattica in tutto il Nord America, in SudAmerica, in Asia e in Europa. La sua attività di ricerca, fo-calizzata sulla medicina geriatrica e sull’endocrinologia, èstata finanziata da American Association of Feline Practitio-ners, American Animal Hospital Association, Feline WinnFoundation e National Institutes of Health.

LESLEY G. KINGDVM, MRCVS, MVB, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

La Dr.ssa Lesley King si è laureata alla Faculty of VeterinaryMedicine, University College Dublin, Ireland, nel 1986. Do-po aver trascorso un anno come House Surgeon in Dublin, laDr.ssa King si è trasferita alla School of Veterinary Medici-ne della University of Pennsylvania, dove nel 1989 ha porta-to a termine un periodo di residenza in medicina interna deipiccoli animali. Dopo la residenza, la Dr.ssa King è rimastaa far parte dello staff della Intensive Care Unit della Univer-sity of Pennsylvania, ed attualmente è Professor in the Sec-tion of Critical Care, e Director of the Intensive Care Unit. ÈDiplomate of the American College of Veterinary Emer-gency and Critical Care, the American College of VeterinaryInternal Medicine, and the European College of VeterinaryInternal Medicine (Companion Animal). Gli interessi dellaDr.ssa King nel campo della ricerca sono rappresentati datutti gli aspetti della terapia intensiva dei piccoli animali, conparticolare attenzione alla medicina polmonare ed alla pre-visione dell’esito nei piccoli animali in condizioni critiche.

ADRIANO LACHINMed Vet, Venezia

Laureato presso l’Università degli Studi di Parma nel 1996.Nel 1997 ha intrapreso un periodo di tirocinio della durata ditre anni nel reparto di Chirurgia Generale dell’Ospedale“Villa Salus” di Mestre (Ve) frequentando attivamente la sa-la operatoria, successivamente, con le medesime modalità,ha frequentato per due anni il reparto di Chirurgia Generaledell’Ospedale di Dolo (Ve).Relatore a Corsi nazionali, Congressi e seminari.Ha collaborato alla stesura di un capitolo del libro “Medici-na d’urgenza e terapia intensiva del cane e del gatto” (Mas-son-2004); nel 2005 ha curato l’edizione Italiana dell’operain lingua tedesca (J. Henke e W. Erhardt) di “Terapia del do-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

17

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 17

Page 18: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 18

Page 19: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 19

Page 20: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

lore negli animali da compagnia” (Masson 2006). Collaboracon la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università deglistudi di Perugia mediante attività di consulenza scientifico-didattica. Dal Gennaio 2006 ha iniziato un periodo di tiroci-nio presso la divisione di Anestesia e Rianimazione dell’O-spedale di Padova frequentando il reparto di Chirurgia Pe-diatrica. Attualmente svolge l’attività libero professionale esi occupa esclusivamente di Anestesia.

RICHARD A. LECOUTEURDVM, BVSc, PhD, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ECVN, California, USA

Il Dr. LeCouteur si è laureato alla University of Sydney, Au-stralia, nel gennaio 1975. Dopo aver esercitato per un annoin una struttura privata per piccoli animali a Sydney, in Au-stralia, ha portato a termine un Periodo di Internato e Resi-denza in Chirurgia alla University of Guelph in Canada. Inseguito, il Dr. LeCouteur ha completato un periodo di Resi-dency in Neurology and Neurosurgery alla University of Ca-lifornia, Davis. Da luglio 1980 a gennaio 1984, ha consegui-to un PhD in Comparative Pathology alla University of Ca-lifornia in Davis. Il campo dello studio erano le Lesioni delMidollo Spinale. Da gennaio 1984 ad agosto 1989, il Dr. Le-Couteur ha fatto parte del corpo docente della Colorado Sta-te University. Nel settembre 1989 è tornato a Sydney, in Au-stralia, per aprire una struttura specialistica in Neurologia eNeurochirurgia. Nel gennaio 1995 è tornato negli USA perassumere l’incarico di Professor of Neurology and Neurosur-gery alla University of California at Davis. Il Dr. LeCouteurè Diplomate of the American College of Veterinary InternalMedicine (Neurology), e Diplomate of the European Colle-ge of Veterinary Neurology (ECVN). Attualmente, è Chairof the Board of Regents of the ACVIM e fa parte del Boardof the North American Veterinary Conference (NAVC).

OLIVIER LEVIONNOISDVM, Dr Med Vet, Dipl ECVAA, Berna (CH)

Il Dr. Olivier Levionnois si è laureato in medicina veterina-ria a Nantes, in Francia, nel 2000. Ha poi effettuato un pe-riodo di internato in Equine Medicine a Montreal, QE(2001), seguito da uno di residenza in Veterinary Anaesthe-sia a Berna, CH (2002-2005) ed ha anche ultimato due tesidi laurea in medicina veterinaria (F, CH). Dopo 2 anni(2006-2008) come assistente in Anestesia Veterinaria all’O-spedale Veterinario di Berna, è divenuto Diplomate of theEuropean College of Veterinary Anaesthesia and Analgesia(Dip.ECVAA) ed ora lavora come Assistente Direttore Me-dico a Berna, sul punto di terminare la sua tesi di PhD. Unodei suoi centri di interesse professionale è rappresentato dal-la farmacocinetica e farmacodinamica degli anestetici vete-rinari come la ketamina o il propofolo.

GIOVANNI MAJOLINOMed Vet, Parma

Laureato in Medicina Veterinaria conseguita presso l’Uni-versità di Parma, nel 1991 specializzato in “Malattie dei Pic-coli Animali” presso l’Università di Pisa nel 1994. Past-Pre-sident e Socio Fondatore della SIRVAC (Società Italiana Ve-terinari per la Riproduzione degli Animali di Compagnia)

Socio della Società Europea di Riproduzione Animali daCompagnia. Relatore a Congressi e Corsi di carattere Na-zionale ed Internazionale sui temi della Riproduzione degliAnimali da Compagnia, campo di maggior interesse la “Ri-produzione dei Piccoli Animali” con particolare riferimentoal cane. Iscritto all’Ordine provinciale di Genova al n°231.Giovanni, oltre ad essere uno stimato veterinario, ha un alle-vamento amatoriale di Labrador neri e chocolate ai quali siè aggiunto ultimamente anche un bellissimo cocker spanielmaschio bianco/nero, Greg. I Labrador “Della Lontra” sonocani amabili e versatili, allevati in un clima sereno e socia-lizzati al meglio, grazie anche all’aiuto indispensabile di Pie-tro e Teresa, gli assistenti primari della famiglia Majolino.

MASSIMO MARISCOLIMed Vet, Dipl ECVN, Teramo

Laureato presso la facoltà di Medicina Veterinaria dell’Uni-versità degli Studi di Bologna nel 1990. Dal 1992 al 1994 hapartecipato ai corsi teorico-pratici di Neurologia Veterinariaalla European School for Advanced Veterinary Studies(ESAVS). Si è diplomato all’European College of VeterinaryNeurology nel 1996 dopo il Conforming Residency Programin Neurologia e Neurochirurgia Veterinaria presso l’Univer-sità di Berna. Ha partecipato come relatore a numerosi con-gressi, corsi, seminari nazionali ed internazionali. È statoProfessore a contratto presso la Facoltà di Medicina Veteri-naria dell’Università degli Studi di Padova e Parma e dal1998 è docente (ssd vet/09) presso il Dip.to di Scienze Cli-niche Veterinarie dell’Università degli Studi di Teramo. Èautore o co-autore di numerose pubblicazioni scientificheinerenti la neurologia e la neurochirurgia veterinaria.

ALESSANDRO MELILLOMed Vet, Roma

Laureato in Medicina Veterinaria presso l’Ateneo degli Stu-di di Pisa nel 1997 con tesi sperimentale dal titolo: “Aneste-sia di alcuni ordini di Mammiferi esotici e selvatici: Marsu-piali, Chirotteri, Roditori, Lagomorfi, Primati e Carnivori”.Da sempre si interessa e si occupa in maniera quasi esclusi-va di “Nuovi Animali da Compagnia” con particolare atten-zione agli Uccelli, al Coniglio e al Furetto: ha sempre rite-nuto fondamentale l’aggiornamento e il confronto coi colle-ghi, cercando quindi di frequentare attivamente corsi, conve-gni e congressi, nonché periodi di tirocinio presso strutturespecializzate in vari aspetti della Medicina e della Chirurgiadegli Animali non Convenzionali in Italia e all’estero, fra cuiricorda la clinica veterinaria del Loro Parque sotto la dire-zione del dr. Lorenzo Crosta. Dal 2000 è socio della ClinicaVeterinaria Omniavet di Roma dove è responsabile del set-tore “Nuovi Animali da Compagnia”.

PERE MERCADERDVM, MBA, DAS (Economics and Management),Barcelona (E)

Pere Mercader si è laureato presso l’Università degli Studi diBarcellona nel 1988. Ha conseguito un Master in Ammini-strazione e Finanza (MBA –Master in Business Administra-tion presso la scuola IESE nel 1991) e ha completato un dot-torato in Economia e Gestione Finanziaria (DAS) nel 2003.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

20

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 20

Page 21: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Dal 1991 al 2001 ha lavorato in un’azienda globale di ali-menti per animali, dove ha occupato varie posizioni come di-rettore Marketing sia in Spagna che in Europa. Nel 2001 hafondato la sua società indipendente di consulenza in PracticeManagement, un ruolo che aveva sviluppato da sempre. Pereattualmente fa regolarmente consulenza presso cliniche vete-rinarie e ospedali in Spagna e Portogallo. Ha tenuto molteconferenze e lezioni di Practice Management a veterinari dipiccoli animali europei e sudamericani. È anche professoreuniversitario, avendo insegnato in vari corsi di Economia. At-tualmente coordina le lezioni di Marketing e Strategia delcorso di Veterinaria MBA organizzato dall’AVEPA (Associa-zione Spagnola Veterinari per Animali da Compagnia) pressol’Università di Barcellona (UAB). Pere ha condotto studi suprezzi e profitti nell’ambito del settore delle cliniche per pic-coli animali in Spagna, anche in collaborazione con AVEPA.Ha pubblicato di recente il suo primo testo di PM (Manage-ment Solutions for Small Animal Veterinary Practices). Pereè anche socio fondatore e direttore degli Studi di GestioneVeterinaria (www.estudiosveterinarios.com), la primaazienda di ricerca di mercato specializzata nel canale dellecliniche per piccoli animali. Quest’azienda attualmente offreun sistema di raffronto continuo dei rendimenti finanziari trai vari concorrenti in Spagna e non solo delle cliniche.

ISABELLA MEROLAMed Vet, Milano

Isabella Merola si laurea cum laude presso la facoltà di Me-dicina Veterinaria di Napoli nel 2005. Lavora come liberoprofessionista dal 2005. Riceve il titolo di Itinerario forma-tivo in Medicina Comportamentale del cane e del gatto nel2006, ed il titolo di Master in Etologia Applicata e Benesse-re Animale, presso la Facoltà di Medicina Veterinaria del-l’Università di Bologna nel 2007. Ha seguito vari corsi econgressi, in Italia e all’estero sulla medicina comportamen-tale. È relatrice in corsi e seminari di patologia comporta-mentale in Italia. Si occupa di Medicina del Comportamen-to del cane e del gatto dal 2005. È socio SISCA dal Febbraio2006. Attualmente esercita come medico veterinario com-portamentalista a Milano e segue un Dottorato di Ricerca inPsicologia Comparata presso la Facoltà di Medicina dell’U-niversità di Milano nel Dipartimento di Scienze e Tecnolo-gie Biomediche con un progetto di ricerca sulla relazioneuomo-cane; uomo-gatto.

GIORDANO NARDINIMed Vet, Modena

Laureato a Bologna nell’Aprile 2004 con tesi sull’importan-za della farmacocinetica degli antibiotici nei rettili. Sociofondatore della Clinica Veterinaria MODENA SUD a Spi-lamberto (MO), dove ricopre il ruolo di Responsabile dellaMedicina e Chirurgia degli animali esotici e non convenzio-nali. Da marzo 2008 ricopre l’incarico di consigliere dellaSIVAE (Società Italiana Veterinari Animali Esotici). È tito-lare di un dottorato di ricerca in Morfofisiologia e PatologiaVeterinaria presso l’Università degli Studi Bologna. Dal2007 è membro del Comitato Internazionale dell’ARAV(Association of Reptilian and Amphibian Veterinarians). DaOttobre 2006 è Professore a contratto presso l’Università di

Teramo: “Gestione degli Animali da Compagnia Non Con-venzionali” - Corso di Laurea in Tutela e Benessere Anima-le. Nel periodo luglio 2004 – dicembre 2006 è stato il vete-rinario responsabile dell’Ospedale delle tartarughe marinedella Fondazione Cetacea (Riccione) di cui tutt’ora è con-sulente. È stato relatore a corsi e congressi nazionali ed in-ternazionali sulla medicina e chirurgia degli animali nonconvenzionali. È autore di pubblicazioni di interesse nazio-nale ed internazionale sulla medicina degli animali esotici.Svolge attività di consulenza per animali esotici presso cli-niche veterinarie dell’Emilia Romagna, centri di recuperodella fauna selvatica e parchi italiani ed esteri.

STEFANO NICOLIMed Vet, Reggio Emilia

Laureato presso l’università di Bologna nel 1994, fino al2004 ha svolto attività libero-professionale presso la Casa dicura veterinaria S. Geminiano di Modena; dal 2004 ad oggicollabora alcune strutture tra cui la Clinica Veterinaria Pira-ni di Reggio Emilia occupandosi di chirurgia dei tessuti mol-li con particolare interesse per la chirurgia delle alte vie uri-narie, la chirurgia dell’apparato endocrino, la chirurgia va-scolare, la microchirurgia e la radiologia interventistica. Èsocio della Società Italiana di Microchirurgia.Dal 1 Ottobre 2008 è chirurgo a contratto presso l’ospedaledidattico della facoltà di Medicina Veterinaria dell’Universi-tà di Torino; sta seguendo il percorso per il conseguimentodel titolo di Dottore di ricerca. Ha presentato numerose rela-zioni in congressi nazionali ed internazionali ed è coautoredi alcune pubblicazioni su riviste indicizzate.

GAETANO OLIVAMed Vet, Napoli

Si è laureato in Medicina Veterinaria presso l’Università de-gli Studi di Napoli Federico II, il 31/07/1984.Dal 1984 al 1987 ha trascorso un periodo di formazionepresso l’Istituto di Clinica Medica Veterinaria della Facoltàdi Napoli. È stato borsista per tre mesi (novembre 1990- feb-braio 1991) presso il Department of Clinical Sciences ofCompanion Animals, dell’Università di Utrecht, Olanda.Dal 1987 al 1991 è stato Funzionario Tecnico Laureato pres-so l’Istituto di Clinica Medica Veterinaria della Facoltà diMed Vet, Napoli. Dal 1991 al 2001 è stato Professore Asso-ciato di Terapia Medica Veterinaria presso la stessa Facoltà.Dal 2001 è Professore Ordinario; attualmente ricopre la cat-tedra di Clinica Medica Veterinaria. Dal 2001 il Prof Oliva èil Presidente del Corso di Laurea Specialistica in MedicinaVeterinaria della Facoltà di Napoli. I suoi interessi didatticie di ricerca sono nel campo della Medicina Interna degli ani-mali da Compagnia, con particolare riguardo agli aspetti dia-gnostici, clinici e terapeutici delle malattie trasmesse da vet-tori. È autore di 110 lavori a stampa, su riviste nazionali edinternazionali.

DOMENICO OTRANTOMed Vet, BVetMed, Dr Ric, Dipl EVPC, Bari

Professore Ordinario di Parassitologia e Malattie Parassita-rie presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari. Di-plomato all’European Veterinary Parasitology College

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

21

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 21

Page 22: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

(EVPC). Fellow Royal Entomological Society, London(FRES). Nel Giugno 2006 ha ricevuto il premio internazio-nale dell’Accademia Nazionale dei Lincei per le ricerchesvolte nel campo della Zoologia ad indirizzo evoluzionisti-co. Ha svolto la sua attività di ricerca nell’ambito dellaparassitologia e dell’entomologia medico veterinaria in Ita-lia e all’estero (Francia e Germania). Ha ricoperto numerosiincarichi d’insegnamento presso la Facoltà di Medicina eChirurgia e di Medicina Veterinaria dell’Università degliStudi di Bari nell’ambito della parassitologia e delle malat-tie parassitarie. È responsabile di progetti bilaterali del Mi-nistero degli Esteri Italiano con la Cina, l’Albania e il Bel-gio ed è stato consulente dell’European Food Safety Agency(EU). È referee per riviste mediche del settore e componen-te dell’Editorial Board di Medical and Veterinary Entomo-logy. I campi di ricerca hanno riguardato: Siero-diagnosi dinumerose miasi. Studio dell'infezione oculare degli animalie dell’uomo da Thelazia spp. Differenziazione molecolare ela definizione dei rapporti filogenetici di larve di Oestridaecausa di miasi obbligatorie degli animali domestici. Studi dicampo per l’efficacia di prodotti farmacologici per il con-trollo degli ectoparassiti. È coautore di pubblicazioni scien-tifiche e autore di capitoli di libri del settore.

VALERIA PANTALEOMed Vet, Padova

Si laurea a pieni voti in Medicina Veterinaria presso l’Uni-versità di Padova nel 2000 con una tesi in neuroanatomia daltitolo “Il peptide vasoattivo intestinale nella ghiandola pi-neale di ovini normali e ganglionectomizzati”. Dal 2001 al2003 lavora come internista in un ambulatorio veterinario.Dal 2003 al 2005 completa un programma di fellowship inEmodialisi e Medicina Renale presso il Veterinary TeachingHospital dell’Università di Davis sotto la guida del dottorLarry D. Cowgill e Thierry Francey.Ha presentato diverse short comunications a congressi inter-nazionali e ha pubblicato un lavoro scientifico relativo all’e-modialisi nel cane e nel gatto. Dal 2006 svolge la sua attivi-tà di medico internista con interesse particolare alla nefrolo-gia e urologia negli animali da compagnia presso la ClinicaVeterinaria San Marco di Padova.

VALENTINA PAPAMed Vet, Dr Ric, Roma

Laureata presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’U-niversità degli Studi di Teramo nel luglio 2001 con la tesi“Manifestazioni neurologiche associate alle sindromi para-neoplastiche del cane”. Dopo un periodo di formazione presso la Klinik für kleineHaustiere, Tierärztliche Hochschule (Università di Hanno-ver, Germania) e presso il Departement für klinische Vete-rinarmedizin, Abteilung fur Neurologie (Università di Ber-na, Svizzera) ha svolto un residency in neurologia veteri-naria, un dottorato in medicina e terapia d’urgenza veteri-naria e un post-dottorato di due anni presso l’Università de-gli Studi di Teramo. Attualmente svolge la sua attività aRoma come libero professionista presso la Clinica delleEmergenze Veterinarie (CEV) occupandosi di neurologia eneurochirurgia veterinaria.

FRANK PASMANSDVM, PhD, Dipl ECZM (herpetology), Ghent (B)

Frank Pasmans si è laureato in medicina veterinaria nel 1998alla Università di Ghent, in Belgio. Nel 2002 ha ottenuto ilPhD sulle infezioni da Salmonella nei rettili. Nel 2009 è sta-to diplomato fondatore dell’European College of ZoologicalMedicine nella sottospecialità “Erpetologia”. Attualmente, èresponsabile della medicina di rettili e anfibi alla Facoltà diMedicina Veterinaria dell’Università di Ghent. Inoltre, è di-rettore del laboratorio di batteriologia e micologia veterina-ria della stessa facoltà. Questa fortunata combinazione gliconsente di svolgere attività di ricerca nel campo delle ma-lattie batteriche e micotiche dei rettili e degli anfibi.

MANUELA PEREGOMed Vet, Samarate, Varese

Laureata presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Mila-no nel 2003.Lavora presso la Clinica Veterinaria Malpensa in Samarate(Varese) dove svolge attività clinica occupandosi di medici-na interna con particolare interesse alla cardiologia. È autri-ce di numerose pubblicazioni di cardiologia su riviste nazio-nali ed internazionali. È stata istruttrice ai corsi di aritmolo-gia clinica organizzati dal G.A.C.V.I. e dalla S.C.I.V.A.C.Ha presentato lavori di cardiologia a congressi nazionali edinternazionali. È coautrice del libro Elettrocardiografia nelcane e nel gatto: genesi ed interpretazione del ritmo cardia-co, edito da Elsevier Masson e del CD sulle aritmie del caneedito da Merial. Il suo settore di ricerca è lo studio della dia-gnosi e terapia delle aritmie.

MICHELE POLLIDVM, Dr Ric, Milano

Laureato in Medicina Veterinaria ha conseguito il Dottoratodi ricerca presso l’Università degli Studi di Milano, da sem-pre si occupa di genetica molecolare e patologie ereditarienegli animali domestici. È docente di genetica per il corso dilaurea in Allevamento e Benessere Animale e per l’insegna-mento di malattie geneticamente trasmissibili negli animalid’affezione per il corso di laurea in Medicina Veterinaria diMilano. Svolge da anni la sua attività di ricerca presso il Di-partimento di Scienze Animali dell’Università degli Studi diMilano. La sua attività di ricerca ha permesso l’identifica-zione di mutazioni causative di alcune malattie ereditarie ne-gli animali di interesse veterinario e il conseguente sviluppodi alcuni brevetti. È Presidente e amministratore di VetoGe-ne, laboratorio di genetica molecolare, spin-off-Universitàdegli Studi di Milano. La sua attività di ricerca è finalizzatasoprattutto al controllo genetico delle malattie ereditarie perla preservazione della salute e del benessere degli animalid’affezione. È responsabile della certificazione diagnosticaforense VetoGene. Attualmente gli interessi di ricerca sono mirati soprattuttoallo sviluppo della medicina veterinaria forense relativa alleanalisi del DNA, all’identificazione di geni candidati re-sponsabili di malattie ereditarie riferite a differenti specieanimali, allo studio dell’evoluzione, filogenesi e biodiversi-tà delle principali razze canine e di alcune specie di canidi.È autore di circa 140 pubblicazioni scientifiche.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

22

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 22

Page 23: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 23

Page 24: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 24

Page 25: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

GIORGIO ROMANELLIMed Vet, Dipl ECVS, Milano

Laureato in Medicina Veterinaria nel 1981 presso l’Istitutodi Clinica Chirurgica della Facoltà di Medicina Veterinariadell’Università di Milano, relatore il Prof. Renato Cheli. Su-bito dopo la laurea partecipa ad un programma di chirurgiasperimentale sul trapianto di cuore e di pancreas. Libero pro-fessionista lavora in provincia di Milano occupandosi total-mente di casi di riferimento di oncologia e chirurgia dei tes-suti molli. Charter Member e, dal luglio 1993, diplomato al-l’European College of Veterinary Surgeons. Presidente SCI-VAC nel periodo 1993-1995. Presidente SCVI nel periodo1998-2004. Segretario SIONCOV. Ha presentato relazioniad oltre 85 congressi e meeting nazionali ed internazionali.Editor e coautore del testo “Oncologia del cane e del gatto”edito da Elsevier-Masson. Ha soggiornato per periodi di stu-dio presso le università di Cambridge (UK), North Carolina(USA) e Purdue-Indiana (USA) I suoi hobbies sono la pescaa mosca e la coltivazione di alberi bonsai.

FEDERICA ROSSIMed Vet, SRV, Dipl ECVDI, Sasso Marconi (BO)

Laureata nel 1993 a Bologna, con lode, ha ricevuto il “Pre-mio Rotary Corsi di Laurea” per il miglior Curriculum diLaurea nell’Anno 92/93. Ha trascorso diversi periodi di for-mazione all’estero.Nel 1997 ha conseguito il Dipl di Spec. in Radiologia e nel2003 il Dipl del College Europeo in Diagnostica per Imma-gini (ECVDI). È autrice di oltre 40 pubblicazioni nazionalied internazionali, revisore e coautore di testi scientifici. ÈPres, della Soc. Italiana ed Europea di Diagnostica per Im-magini (SVIDI ed EAVDI). Ha lavorato come Ober-assistentalle Univ. di Berna e Philadelphia. Dal 2008-2009 è Prof. acontratto e consulente per la TC per la Facoltà di Med. Vet.dell’Univ. di Torino. Dal 1993 lavora a Sasso Marconi (BO),svolgendo attività di referenza in Radiologia, Ecografia e TCe di ricerca nel campo dei mezzi di contrasto ecografici.

MASSIMO SERRERIMed Vet, Olbia

Laurea in medicina veterinaria anno 2000.Master economia del turismo università Bocconi anno 2008.Master Sole 24 ore management & leadership anno 2009.Consulente per gruppo vetservice & cinoservice Sardegna.Consulente per Gruppo “Martini Holding” Gruppo Alberghiero.Consulente Consorzio Costa Smeralda per serv. veterinariCosta Smeralda. Consulente gruppo L&D grossa Distribu-zione. Business Advisor per R&S vet management.

GILIOLA SPATTINIMed Vet, Dipl ECVDI, Dr Ric, Reggio Emilia

Si laurea in Med Vet con Lode a Parma nel 1998. Nel 1999vince una borsa di studio di specializzazione per l’estero e sireca al Royal Veterinary College di Londra dove nel 2000 in-traprende il training del College Europeo di Diagnostica perImmagini. Ha integrato il piano di studi con stage trimestra-li nelle Università di Utrecht, Tufts, Pennsylvania e Berna. Èautrice di pubblicazioni nazionali ed internazionali. Nel

2004 e 2005 ha ricoperto la carica di Junior Docent presso idipartimenti di Diagnostica per Immagini delle Università diUppsala ed Utrecht. Nel 2006 ha intrapreso un dottorato di ricerca presso il di-partimento di Diagnositca per Immagini dell’Università diParma, conseguito nel 2009. Nel 2008 ha conseguito il Di-ploma Europeo di Diagnostica per Immagini Veterinaria. La-vora come libera professionista presso la Clinica VeterinariaCastellarano (RE).

ENRICO STEFANELLIMed Vet, Roma

Si laurea con lode in Medicina Veterinaria a Bologna nel1994, inizia l’attività professionale occupandosi quasi esclu-sivamente di odontostomatologia ed anestesiologia. Nel1995 trascorre un periodo di tirocinio pratico negli Stati Uni-ti presso la Colorado State University e si reca successiva-mente all’estero più volte per brevi corsi di specializzazione.Dal 1996 è referente per l’odontostomatologia e l’anestesio-logia di numerose strutture veterinarie private in Italia. Re-latore invitato in Congressi e Seminari Nazionali e istruttorea numerosi corsi pratici nazionali. Nel 2006 consegue il Ma-ster internazionale universitario, II livello, in Gastroentero-logia ed endoscopia digestiva degli animali d’affezione pres-so l’Università di Teramo.È stato socio fondatore e vice presidente della prima Socie-tà Italiana Veterinaria di Anestesia Locoregionale e Terapiadel Dolore. Dal 2006 è responsabile dell’attività formativapost laurea in anestesia di Dormire Sognare. Attualmentesvolge la propria professione dividendosi tra la gestione delreparto di Anestesia e Odontostomatologia della Clinica Ve-terinaria Gregorio VII di Roma e l’attività didattica nell’am-bito della Educazione Continua in Medicina.

JÖRG M. STEINERDr Med Vet, PhD, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM-CA,Texas, USA

Jörg Steiner si è laureato nel 1992 all’Università Ludwig-Maximilians di Monaco, Germania. Dal 1992 al 1993 hafatto il suo internato in medicina e chirurgia dei piccoli ani-mali all’Università della Pennsylvania e dal 1993 al 1996 ilsuo residency in medicina interna dei piccoli animali allaPurdue University. Ha ricevuto nel 1995 il diploma di Dr.med. vet. alla Università Ludwig-Maximilians di Monaco,Germania, con uno studio sulla tripsina felina e l’immuno-reattività tripsinosimile felina. Nel 1996 si è diplomato all’American College of VeterinaryInternal Medicine e all’European College of Veterinary In-ternal Medicine. Nel 2000 il Dr. Steiner ha ricevuto il PhDdalla Texas A&M University per il suo lavoro sulle lipasi di-gestive del cane ed il loro utilizzo pratico per la diagnosi diaffezioni gastrointestinali nel cane. È attualmente Professore Assistente Clinico presso il Di-partimento di Medicina e Chirurgia di piccoli animali allaTexas A&M University. Il Dr. Steiner è inoltre responsabi-le, quale co-direttore, del Laboratorio di Gastroenterologiadella Texas A&M University ed è impegnato nella ricerca esviluppo di nuovi test diagnostici per i disturbi dell’appara-to gastrointestinale.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

25

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 25

Page 26: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRACY STOKOLDVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

La Dr.ssa Stokol si è laureata (BVSc) nel 1987 alla Univer-sity of Melbourne, Australia. Dopo la laurea, ha lavorato co-me veterinario associato in una struttura per piccoli animalinell’area metropolitana di Melbourne, prima di tornare allaUniversity of Melbourne per iniziare un PhD sotto la guidadel Dr. Bruce Parry. Nel 1993 discusse con successo la pro-pria tesi sulla “Malattia di von Willebrand nei cani in Au-stralia”. Nello stesso anno, passò alla Cornell University co-me istruttore di Patologia Clinica. Nel 1995 ottenne il certi-fication in Clinical Pathology e rimase alla Cornell Univer-sity fino al 2000.A questo punto, si spostò a Boston ed assunse il ruolo dipost-doctoral fellow presso il Department of Pathology alBrigham and Women’s Hospital, Harvard University. Nelmaggio 2002 tornò alla Cornell University come AssistantProfessor nel Department of Population Medicine and Dia-gnostic Sciences. I suoi interessi di ricerca comprendono le malattie dell’emo-stasi e dell’emopoiesi negli animali e la ricerca di base suimeccanismi delle metastasi neoplastiche.

SHELLY VADENDVM, PhD, Dipl ACVIM, Raleigh (NC)

La Dr.ssa Shelly Vaden è Professor of Small Animal InternalMedicine al North Carolina State University College of Ve-terinary Medicine, USA. Si è laureata alla University ofGeorgia, College of Veterinary Medicine, ed in seguito hasvolto un periodo di internato alla Cornell University ed unodi residenza in Small Animal Internal Medicine alla NorthCarolina State University. È Diplomate of the American Col-lege of Veterinary Internal Medicine. Ha anche conseguito un PhD presso la North Carolina StateUniversity. L’attività accademica della Dr.ssa Vaden è stataprincipalmente incentrata sulle malattie del rene e delle bas-se vie urinarie del cane e del gatto. Negli ultimi anni, questoè diventato anche il principale centro di interesse della sua at-tività clinica. Ha pubblicato oltre 100 lavori peer-reviewed edoltre 100 non-peer reviewed, capitoli di libri e relazioni con-gressuali.

LUIGI VENCOMed Vet, Torino

Nato nel 1961 consegue la laurea in Medicina veterinaria edi seguito il Diploma di specializzazione in Clinica dei pic-coli animali presso la Facoltà di Medicina veterinaria del-l’Università degli studi di Milano. Frequenta il Corso di car-diologia presso la Facoltà di Medicina veterinaria dell’Uni-versità degli studi di Torino. Soggiorna per periodi di studio,ricerca ed insegnamento all’estero presso le Università diAthens (GA), Philadelphia (PEN), Fort Collins (CO), Davis(CA) negli USA e Gifu (Giappone).È autore e coautore di più di venti articoli inerenti la fila-riosi cardiopolmonare e la cardiologia su International peerreviewed Journal (recensiti da PubMed), Editore ed autoredella Monografia sulla Filariosi cardiopolmonare pubblica-ta da SCIVAC ed autore di capitoli in Dirofilariasis in Hu-

mans and Animal (Università di Salamanca) e D. immitisand D. repens in dog and cat and human infections (Uni-versità di Napoli). Dal 2006 è diplomato dell’European Ve-terinary Parasitology College.Lavora a Pavia presso l’Ospedale veterinario Città di Paviadove svolge attività prevalente di referenza inerente le ma-lattie parassitarie e la cardiologia, collabora nel settore dellaricerca parassitologica con le sezioni di parassitologia delleUniversità degli Studi di Salamanca e Milano, ed è consu-lente nel settore della cardiochirurgia.

ANTONELLA VERCELLIMed Vet, CES derm, CES oft, Torino

Laureata in medicina veterinaria presso la facoltà di Torinonel 1985. Ha conseguito Il diploma francese in oftalmolo-gia (CES 1989 ENV Toulouse) e il diploma francese in der-matologia (CES 1992 ENV Nantes-Lyon). È Full memberdella ESVD (Società Europea di Dermatologia veterinaria)ed è stata board member della medesima società negli anni1999-2001. È past President della società di oftalmologiaveterinaria italiana (Sovi) dal 2001. È membro fondatoredella Sidev (Società italiana di dermatologia veterinaria) dicui è attualmente Past President.Lavora dal 1985, come libero professionista, presso l’Am-bulatorio Veterinario Associato di Torino dove si occupa didermatologia ed oftalmologia dei piccoli animali ed è di-rettore del laboratorio analisi per piccoli animali per il qua-le si occupa di istopatologia.È autore di numerose pubblicazioni sia su riviste nazionaliche internazionali. Ha partecipato alla realizzazione di cor-si e congressi nazionali ed internazionali in dermatologiaed oculistica come relatore e come organizzatore. È autoree co-autore di atlanti e CD dedicati alla dermatologia vete-rinaria. È stata professore a contratto presso la facoltà diMedicina Veterinaria di Grugliasco (TO) per l’insegna-mento: CIP medicina del cane e del gatto: esercitazioniteorico pratiche inerenti le applicazioni dei chemioterapicinella dermatologia dei piccoli animali, negli anni accade-mici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006, 2006-2007.

MASSIMO VIGNOLIMed Vet, SRV, Dipl ECVDI, Bologna

Laureato a Bologna su: “displasia dell’anca nel cane”. Spe-cializzato a Torino su: “Kodak insight nella radiologia tora-cica del cane”. Resident Prize ECVDI, Murcia 2002: “biopsie TC-guida-te nello scheletro”. Autore di 73 lavori scientifici (44 internazionali). Diplo-mato College Europeo Diagnostica per Immagini (Dipl.ECVDI). Dal 2005 Coordina l’itinerario di diagnostica perimmagini della Scuola di Formazione Post Universitaria aCremona. Coautore del libro “Radiologia del cane e delgatto”. Presidente SVIDI 2001-2004. Professore a contr. aNapoli, 2007, 2008, 2009. Docente 2007, 2008 Scuola diSpec. Patol. e Clinica An. Affez. e Master di Oncologia aPisa. Lavora presso la Clinica Veterinaria dell’Orologio eCentro Oncologico Veterinario a Sasso Marconi (BO), do-ve si occupa di diagnostica per immagini e radioterapia.Sta completando PhD all’Università di Ghent.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

26

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 26

Page 27: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MARCO VIOTTIMed Vet, Torino

Laureato a Torino nel 1994 con una tesi sperimentale sul-l’embriogenesi cardiaca,si occupa esclusivamente di pic-coli animali.Ha frequentato numerosi corsi di aggiorna-mento scivac, nonché congressi e seminari.Attualmente vicecoordinatore del Gruppo di Studio di Prac-tice Management, membro del consiglio direttivo di AmnviPiemonte,si occupa esclusivamente di medicina interna epractice management.

ROBERT N. WHITE BSc (Hons) BVetMed, CertVA, DSAS (Soft Tissue)Dipl ECVS, MRCVS, Nottingham (UK)

Il Dr. White si è laureato al Royal Veterinary College nel1989. Ha conseguito il RCVS Diploma in Small Animal Sur-gery (Soft Tissue) ed è Diplomate of the ECVS. È ancheRCVS and European Specialist in Small Animal Surgery.Nel 2002 gli è stato assegnato il BSAVA Simon Award per isuoi notevoli contributi alla chirurgia veterinaria. È SpecialProfessor of Small Animal Soft Tissue Surgery alla Nottin-gham University. Nel 1998 è stato cofondatore della DaviesWhite Veterinary Specialists. In seguito, nel 2004, ha fonda-to un proprio Surgical Consultancy Service offrendo i propriservizi chirurgici, su base itinerante, a strutture veterinariegeneriche, centri specialistici ed università di tutto il Regnounito. Nell’agosto del 2009 è entrato a far parte del WillowsVeterinary Centre and Referral Service per contribuire a fon-dare un nuovo servizio di chirurgia dei tessuti molli nella lo-ro nuova struttura di Solihull, nel Regno unito, che rappre-senta lo stato dell’arte.

MIKE WILLARDDVM, MS, Dipl AVCIM, Texas, USA

Il Dr. Willard si è laureato nel 1975 alla Texas A&M Uni-versity. Dopo aver effettuato un periodo di residenza in me-

dicina interna alla Michigan State University, ha rivestito di-verse cariche nel corpo docente della Michigan State Uni-versity, della Mississippi State University, ed ora della TexasA&M University. È professor of Small Animal Clinical Science e specialista ingastroenterologia, epatologia, pancreatologia ed endoscopia.Il Dr. Willard ha condotto ricerche sui cani da slitta in Ala-ska e sta collaborando con il gruppo di lavoro WSAVA diistopatologia gastroenterica. Ha tenuto oltre 2.100 ore di lezione di aggiornamento post-lauream ed ha oltre 70 pubblicazioni refereed e più di 100capitoli di libri. I suoi hobby sono le passeggiate, giocare ascacchi (male, ma divertendosi comunque) e lavorare nell’a-zienda agricola di famiglia.

ANDREA ZATELLIMed Vet, Reggio Emilia (I)

Laureato con lode presso la Facoltà di Medicina Veterinariadi Parma nel 1990. Dal 1991 al 1998 trascorre periodi di ag-gior namento in Europa e Stati Uniti su tematiche di medici-na interna e diagnostica per immagini. Incarichi SCIVAC:socio dal 1991, relato re dal 1998, consulente scientifico dal2001. Relatore a congressi nazionali ed internazionali ha te-nuto numerosi seminari scien tifici e corsi di perfeziona-mento su nefro logia, ecografia addominale e medicina d’ur -genza. È autore di numerose pubblicazioni su riviste nazio -nali ed internazionali. Dal 2006 al 2007 è stato coordinatore della Società Italianadi Nefro logia Veterinaria e dal 2005 al 2009 Chairman delBoard del Gruppo di Studio sulla Leishma niosi Canina. Nel2005 ha ricevuto l’IRIS (Inter national Renal Interest So-ciety) AWARD. Attualmente svolge la libera pro fessione aReggio Emilia, dove dal 2002 è Direttore Sanitario di una re-ferral practice. I suoi prin cipali settori di interesse sono le nefropatie e letecniche innovative nel settore dell’ecografia interventisticae dell’ecocontrastografia.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

27

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 27

Page 28: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 28

Page 29: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

00_Pagine_iniziali_65:Pagine_iniziali_65_CD 12-05-2010 10:11 Pagina 29

Page 30: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ESTRATTI DELLE RELAZIONIGli estratti sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome del relatore e quindi in ordine cronologico di presentazione.

LECTURES ABSTRACTSThe abstracts are listed in alphabetical order by surname and then in chronological order of presentation.

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 30

Page 31: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Feline calicivirus (FCV) is one of the cat flu viruses. MostFCV infections are completely asymptomatic, with only afew cats developing the oral ulcers and mild upper respira-tory tract signs usually associated with FCV.18 Althoughthere were sporadic reports of FCV associated with unusualand fatal clinical manifestations,22,23 it was after Pedersen etal12 reported the 1998 outbreak in the USA that the syn-drome of virulent systemic FCV (VS-FCV) became widelyrecognised. Since that initial report, several others followedin the USA,10, 13, 20 the UK,5 Belgium7 and France.19

In every FCV infection, an evolutionary race beginsbetween the virus and its host: FCV is an RNA virus thatexists in each infected cat as a quasispecies (that is a cloudof viruses which vary genetically and antigenically).6, 16, 17

Infected cats generate antibodies capable of neutralising thepredominant FCV strain and other variants are then able topredominate6, 16 i.e. the virus alters rapidly in order to avoidthe immune system. Coyne et al6 showed that mutationsoccurred more rapidly in a population than in an individual.There are 4 consequences of the ability of FCV to mutateand recombine frequently:1. The emergence of new diseases (Virulent Systemic FCV,

VS-FCV)2. Viral persistence (e.g. in feline chronic gingivostomatitis,

FGS)3. Failure of reverse-transcriptase polymerase chain reaction

(RT-PCR) tests to detect all FCV subtypes4. Evolution of field strains of FCV away from vaccinal

strains, leading to the eventual failure of existing vaccinesto protect

Virulent systemic FCV disease Out of the diversity ofFCV strains present, particularly in multicat environments,strains capable of causing virulent systemic disease (VS-FCV) arise de novo in each new outbreak, therefore theclinical presentation tends to be unique to that outbreak.Nonetheless, there are a number of clinical signs whichappear frequently, which can give rise to suspicion that one isdealing with a VS-FCV outbreak: pyrexia, anorexia, jaun-dice, oedema, skin lesions, death.5, 7, 10, 12 13, 18, 19, 20 The ramifi-cations of an outbreak are very serious – frequently resultinghigh mortality and in the closure of the veterinary hospital inwhich the diagnosis was made while the virus is eliminatedfrom the environment19 therefore clinicians must constantlybe extremely alert to the possibility of VS-FCV. Treatmenttends to be symptomatic, and recent evidence suggests thatinterferon may help.4

Persistent (chronic) FCV infection. In most FCV infec-tions, the cat wins the evolutionary race between itself andthe virus – the half-life of FCV shedding is 75 days althoughthe cat is then susceptible to re-infection by new variants ofthe original calicivirus strain. 6 However, occasionally thevirus wins, finding an antigenic niche to which the cat can-not mount a successful immune response, therefore the catbecomes persistently infected. Most FCV carrier cats areasymptomatic. Strains of FCV from cats with feline chronicgingivostomatitis (FGS) are notoriously difficult to neu-tralise. 14 However, the role of FCV in FGS is unclear – it ispresent in almost 100% of cases, but is it the cause or mere-ly an opportunistic infection? FGS is multifactorial in aeti-ology: other causes include an abnormal immune reaction bythe cat (too much humoral, not enough cellular, response) tooral antigens; and commercial cat food.

Corticosteroids should not be used to treat FGS for thefollowing reasons:1. steroids suppress the Th1 response as well as the Th2,

ruining the cat’s chances of ever clearing FCV.2. steroids thin the epithelium.3. immunosuppression allows concurrent infections such as

feline herpesvirus, feline infectious peritonitis, leishmaniato emerge.

4. chronic use leads to obesity and diabetes.The most effective treatment is to remove all the teeth, but

one must be extremely careful to avoid penetration of dentalinstruments into the eyeball.21 FGS treatment also involvesrecombinant feline interferon omega (Virbagen Omega, Vir-bac, France); meloxicam (Metacam, Boehringer) and changeto an organic and additive free diet.2 For further informationsee www.dr-addie.com/stomatitis.html.1

Recovered cats should not be given a live FCV vaccine forfear of re-inducing the disease.

FAILURE OF RT-PCR TESTS TO DETECTALL FCV SUBTYPES

PCR tests are becoming widely available for the detectionof many feline infections. PCR requires accurate primerswhich closely recognise the sequence of the virus beingdetected, in addition, in real-time (Taqman or quantitative)PCR, accurate probes are also required. Therefore it is diffi-cult to develop an accurate assay for a virus which changesrapidly genetically, so assay sensitivity is a big issue – falsenegative results can occur. Since FCV is an RNA virus, a

Update on feline calicivirus

Diane D. Addie

Dr Vet Med, PhD, BVMS, Etchebar (F)

31

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 31

Page 32: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DNA copy of the RNA must first be made in a reverse tran-scriptase (RT) step. RNA is very sensitive to environmentalenzymes which degrade it – again resulting in false negativeresults. For these reasons, virus isolation in cell culture canbe more sensitive than PCR for FCV.

EVENTUAL FAILURE OF EXISTING VACCINES TO PROTECT

FCV vaccination may ameliorate clinical signs of FCV,but does not prevent asymptomatic carrier states. Rapid evo-lution of FCV is driven by immune selection pressure fromthe cat – this was elegantly demonstrated by Radford et al 16

who took a laboratory strain of FCV and passed it 95 timesin cell culture – the virus after 95 passages was remarkablysimilar to that put into the first culture. However, the samestrain of FCV put into a cat evolved rapidly – in less than 39days the virus had changed such that it was no longer neu-tralised by antibody the cat had developed, and the cat hadto respond immunologically all over again to the new strainof FCV which had emerged. 16 It is believed that this processhas been repeated on a national scale, resulting in straindiversity such that the FCV strains used in vaccines are notlikely to protect equally well against all field strains, espe-cially where vaccines are used widely. 8, 11, 24 Therefore newvaccinal FCV strains are required regularly. In vitro, antiserato new FCV strains G1 and 431(Purevax RCP, Merial) neu-tralised more field strains than did antisera to older FCVvaccinal strains 3, 15 including most VS-FCV strains. 15 Inaddition, dual-strain FCV vaccines stimulate broader cross-neutralization antibodies than single-strain vaccines andlessen clinical signs in vaccinated cats.9

Key messages of this lecture:- Be alert for VS-FCV clinical signs (jaundice, oedema, skin

lesions, death)- Prepare your veterinary hospital NOW for the event of an

outbreak of VS-FCV- Never treat cats with FGS with corticosteroids- Put cases of FGS onto as natural a diet as possible- Be aware that RT-PCR will not detect all strains of FCV- Revise your vaccination policy regularly to take advantage

of new vaccinal strains

ACKNOWLEDGEMENTS

I am grateful to Merial, Italy, for sponsoring my appear-ance at SCIVAC.

References

1. Addie D.D. www.dr-addie.com/stomatitis.html2. Addie D.D., Radford A., Yam P., Taylor D.J. 2003 Cessation of feline

calicivirus shedding coincided with resolution of clinical signs in a caseof chronic lymphocytic plasmacytic gingivostomatitis. JSAP. 44 (4)172-176.

3. Addie D.D, Poulet H, Golder M, McDonald M, Brunet S, Thibault, JC,Hosie MJ. 2008 The ability of antibodies to two new caliciviral vaccinestrains to neutralise feline calicivirus isolates from the UK. Vet Rec.163(12):355-7.

4. Bo. S. 2008 Use of recombinant feline interferon (rFeIFN) in the treat-ment of upper respiratory tract infections. Veterinary Interferon Hand-book 2nd edition. Ed. K. de Mari. Virbac SA, BP 27, O6510 CARROS,France. 95-105.

5. Coyne KP, Jones BR, Kipar A, Chantrey J, Porter CJ, Barber PJ, Daw-son S, Gaskell RM, Radford AD. 2006 Lethal outbreak of disease asso-ciated with feline calicivirus infection in cats. Vet Rec. 158(16):544-50.

6. Coyne KP, Gaskell RM, Dawson S, Porter CJ, Radford AD. 2007 Evo-lutionary mechanisms of persistence and diversification of a caliciviruswithin endemically infected natural host populations. J Virol.81(4):1961-71.

7. Declercq J. 2005 Pustular calicivirus dermatitis on the abdomen of twocats following routine ovariectomy. Vet Dermatol. 16(6):395-400.

8. Hohdatsu T, Sato K, Tajima T, Koyama H. Neutralizing feature of com-mercially available feline calicivirus (FCV) vaccine immune seraagainst FCV field isolates. J Vet Med Sci. 1999 61(3):299-301.

9. Huang C, Hess J, Gill M, Hustead D. 2010 A dual-strain feline cali-civirus vaccine stimulates broader cross-neutralization antibodies thana single-strain vaccine and lessens clinical signs in vaccinated catswhen challenged with a homologous feline calicivirus strain associatedwith virulent systemic disease. J. Fel Med Surg. 12(2):129-37.

10. Hurley K, Pessavento P, Pedersen NC, Poland A, Foley J. 2004 An out-break of hemorrhagic calicivirus in cats in southern California, summer2002. JAVMA 224 241-249.

11. Lauritzen A., Jarrett O., Sabara M. 1997. Serological analysis of felinecalicivirus isolates from the United States and United Kingdom. VetMicrobiol. 56 55-63.

12. Pedersen NC, Elliott JB, Glasgow A, Poland A, Keel K. 2000 An iso-lated epizootic of hemorrhagic-like fever in cats caused by a novel andhighly virulent strain of feline calicivirus. Vet Microbiol. 73(4):281-300.

13. Pesavento PA, MacLachlan NJ, Dillard-Telm L, Grant CK, Hurley KF.2004 Pathologic, immunohistochemical, and electron microscopicfindings in naturally occurring virulent systemic feline calicivirusinfection in cats. Vet Pathol. 41(3):257-63.

14. Poulet H, Brunet S, Soulier M, Leroy V, Goutebroze S, Chappuis G.2000 Comparison between acute oral/respiratory and chronic stomati-tis/gingivitis isolates of feline calicivirus: pathogenicity, antigenic pro-file and cross-neutralisation studies. Arch Virol 145(2):243-61.

15. Poulet H, Jas D, Lemeter C, Coupier C, Brunet S. 2008 Efficacy of abivalent inactivated non-adjuvanted feline calicivirus vaccine: relationbetween in vitro cross-neutralization and heterologous protection invivo. Vaccine. 26(29-30):3647-54.

16. Radford AD, Turner PC, Bennett M., McArdle F., Dawson S., GlennMA., Williams RA, Gaskell RM. 1998. Quasispecies evolution of ahypervariable region of the feline calicivirus capsid gene in cell cultureand in persistently infected cats. J. Gen. Virol. 79 1-10.

17. Radford AD, Dawson S, Ryvar R, Coyne K, Johnson DR, Cox MB,Acke EF, Addie DD, Gaskell RM. 2003 High genetic diversity of theimmunodominant region of the feline calicivirus capsid gene in endem-ically infected cat colonies. Virus Genes. 27(2):145-55.

18. Radford AD, Addie D, Belak S, Boucraut-Baralon C, Egberink H, Fry-mus T, Gruffydd-Jones T, Hartmann K, Hosie MJ, Marsilio F, Lloret A,Lutz H, Pennisi MG, Thiry E, Truyen U, Horzinek MC. 2009 Felinecalicivirus infection. ABCD guidelines on prevention and management.JFMS. 11 7 556-564.

19. Reynolds BS, Poulet H, Pingret J-L, Jas D, Brunet S, Lemeter C,Etievant M, Boucraut-Baralon C. 2009 A nosocomial outbreak of felinecalicivirus associated with systemic disease in France. JFMS11(8):633-44.

20. Schorr-Evans EM, Poland A, Johnson WE, Pedersen NC. 2003 An epi-zootic of highly virulent feline calicivirus disease in a hospital settingin New England. JFMS. 5(4):217-26.

21. Smith MM, Smith EM, La Croix N, Mould J. 2003 Orbital penetrationassociated with tooth extraction. J Vet Dent. 20(1):8-17.

22. Turnquist SE, Ostlund E. 1997 Calicivirus outbreak with high mortali-ty in a Missouri feline colony. J Vet Diagn Invest. 9(2):195-8.

23. van Vuuren M., Geissler K., Gerber D., Nothling JO, Truyen U. 1999Characterisation of a potentially abortigenic strain of feline calicivirusisolated from a domestic cat. Vet Rec 144 23 636-638.

24. Weeks ML, Gallagher A, Romero CH. 2001 Sequence analysis offeline caliciviruses isolated from the oral cavity of clinically normaldomestic cats (Felis catus) in Florida. Res Vet Sci. 71(3):223-5.

Address for correspondence:Diane Addie - Honorary Senior Research Fellow, University of Glasgow Veterinary School, UK - Feline Institute Pyrenees,Etchebar, 64470, Francewww.catvirus.com

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

32

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 32

Page 33: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le patologie renali di origine congenita ed ereditaria sonocaratterizzate da una elevata incidenza sia nel gatto sia nelcane. Negli ultimi anni il miglioramento delle tecniche dia-gnostiche clinico-patologiche ha permesso in molti casi diavere diagnosi maggiormente dettagliate. Tecniche di immu-noistochimica, immunofluorescenza e microscopia elettroni-ca hanno affinato quelli che erano i problemi relativi allaclassificazione delle patologie; studi sulle razze, molecolarie su profili genetici, soprattutto in comparato con la patolo-gia umana hanno evidenziato ampie comparazioni. Il cane eil gatto rimangono ancora due specie, in cui la studio dellepatologie renali,è tutt’ora in continua evoluzione. Nellabibliografia delle patologie renali ereditarie e congenite dientrambe le specie troviamo situazioni legate ad anomalie disviluppo quantitative e qualitativo di origine congenito ofamiliari/ereditarie. Esse sono tali che in molti casi sonoincompatibili con la vita, ma la bilateralità dell’organo rene,e dall’altra parte anche la capacità intrinseca compensatoriapossono supplire per brevi e lunghi periodi a delle anomaliedi sviluppo. Tra le anomalie di sviluppo quantitativo sicura-mente annoveriamo: agenesie renali, ipoplasie e duplicazio-ne renale. In generale si considera sotto un’unica terminolo-gia le lesioni classiche di anomalia qualitativa di sviluppo:displasia renale. Termine assai generico, che nella bibliogra-fia moderna deve trovare ancora una corretta classificazioneper tutte quelle lesioni che derivano da fenomeni displasticidei diversi elementi del blastema metanefrico nel suo svi-luppo embrionale. Nel cane, esistono diverse descrizioni sul-la displasia renale con numerosi case report per classificarel’origine di tale patologia. Nel gatto è presente una descri-zione sommaria associata a patologie di origine infettivo econgenite. Studi sull’evoluzione di questa patologia forni-rebbero importanti dati a livello clinico, infatti la diagnosi didisplasia renale viene identificata troppo tardi evolutivamen-te, molto spesso quando l’animale presenta uno stato diinsufficienza cronica irreversibile. Tra le anomalie di forma,posizione ed orientamento nei gli animali domestici si clas-sificano le ectopie renali, la lobulazione fetale ed anche ilrene a ferro di cavallo.

Sempre il gatto è diventato nell’ultimo decennio modelloper le patologie policistiche nell’uomo. Il gatto persiano rap-presenta la razza più colpita con una incidenza del 38%. Inquesti casi, come anche in alcune razze di cani, l’esperienzadel veterinario aiuterebbe significativamente a ridurre la fre-quenza di tale patologie. La prevenzione e l’informazione,soprattutto nei confronti di allevatori di alcune razze, per evi-tare possibili incroci oppure estromettendo dalla riproduzio-

ne quegli animali con chiari segni di patologia. Nella razzaWest Highland White Terrier e nella razza Persiano, la pato-logia è collegata ad un gene autosomico recessivo, il termineanglossassone è di polycystic kidney disease (PKD). Sempretra le patologie razze specifiche, nel pastore tedesco è benericordare l’associazione tra la dermatofibrosi cutanea (pato-logia cronica prevalentemente a livello delle zampe) e ilcistoadenocarcinoma renale (tumore maligno a crescita espan-siva ed infiltrativa). Tale patologia è una malattia autosomicadominante che colpisce animali in età media/avanzata, nellefemmine è importante controllare anche l’utero, per possibiliforme di leiomioma. L’eziopatogenesi è legata a dei fattori dicrescita (Transforming Growth Factor Beta e Tumor NecrosisFactor) che causano la soppressione del cromosoma 5.

Tra le anomalie qualitative e quantitative renali si puòannoverare l’idronefrosi, condizione molto spesso seconda-ria a fenomeni ostruttivi. La definizione di idronefrosi è di“dilataizione della pelvi e dei calici renali con progressivaatrofia del parenchima renale con successiva dilatazionecistica”. Le principali cause di tale ostruzione meccanicasono: urolitiasi, ipertrofia prostatica, errata chirurgia addo-minale (legatura ureteri), masse uretrali o retroperitoneali,ostruzione vie urinarie inferiori. Se l’ostruzione permane perpiù di tre settimane la lesione diventa irreversibile.

L’amiloidosi rappresenta una patologia su base familia-re/ereditaria in alcune razze come beagle, samoiedo e razzabasenji. L’amiloide è un materiale proteinaceo, eosinofilico,omogeneo, fibrillare che si deposita prevalentemente a livel-lo dei capillari glomerulari, nelle cellule mesangiali e nel-l’interstizio renale. A livello clinico il dato più rappresenta-tivo è dato dalla grave proteinuria con possibili edemi dovu-ti a condizioni di ipoproteinemia. L’eziopatogenesi dell’ami-loidosi origina da tre tipi: 1) amiloidosi reattiva sistemica,legata alla produzione di proteina sierica AA prodotta dalfegato in condizioni di infiammazione cronica, 2) amiloido-si da produzione da immunoglobuline, sindrome paraneo-plastica in seguito a mieloma multiplo, 3) amiloidosi fami-liare sia nel cane sia nel gatto.

In ultimo, le nefropatie familiari nella razza canina rap-presentano un vasto campo in evoluzione, soprattutto per imeccanismi che ne sono causa. Gruppi di ricerca sulle pato-logie renali hanno utilizzato il bull terrier e il dalmata comemodelli per la sindrome di Alport: patologia legata ad undeficit del collagene IV. Sono note nefropatie ereditarie nel-la razza samoiedo (glomerulopatia ereditaria), nefrite eredi-taria nel cocker spaniel e nel bull terrier e glomerulonefro-patia nel bovaro del bernese.

Nefropatie ereditarie e congenite del cane e del gatto:aspetti clinico-patologici

Luca Aresu

Med Vet, Dr Ric, Padova

33

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 33

Page 34: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

A livello tubulare, la bibliografia è testimone di alcunepatologie prettamente cliniche, che a livello istologico nonsono diagnosticabili. La più conosciuta è la sindrome di Fan-coni, la quale risulta ereditaria nella razza Basenji, caratteri-stica di questa malattia è una condizione clinica mista datada: poliuria, polidipsia, isostenuria, normoglicemia, iperfo-sfaturia, proteinuria, aminoaciduria e glicosuria. Sempre trale disfunzioni tubulari in alcune razze è presente una formadi diabete nefrogenico insipido.

Bibliografia

Chandler ML, Elwood C, Murphy KF, Gajanayake I and Syme HM, (2007),Juvenile nephropathy in 37 boxer dogs. J Small Anim Pract, 48:690-694.

Greco DS, (2001), Congenital and inherited renal disease of small animals.The Vet Clin North America. Small animal practice, 31: 393-399.

Hoppe A and Karlstam E, (2000), Renal dysplasia in Boxers and Finnishharriers. J Small Anim Pract, 41: 422-426.

Lulich JP, Osborne CA, Lawler DF, O’Brien TD, Johnston GR, O’Leary TP,(1987), Urologic disorders of immature cats. The Vet Clin of NorthAmerica. Small animal practice. 17: 663-696.

Moe L and Lium B, (1997), Hereditary multifocal renal cystadenocarcino-mas and nodular dermatofibrosis in 51 German sheperd dogs. J SmallAnim Pract, 38, 498-505.

Picut, C.A. and Lewis, R.M. (1987), Microscopic features of canine renaldysplasia. Veterinary Pathology 24,156-163.

White SD, Rosychuk RAW, Schultheiss P and Scott KV, (1998), Nodulardermatofibrosis and cystic renal disease in three mixed-breed dogsand a Boxer dog. Vet Dermat, 9, 119-126.

Indirizzo per la corrispondenza:Luca AresuDipartimento di Sanità Pubblica, Patologia Comparata ed Igiene VeterinariaUniversità di Padova - Viale dell’Università 1635020 Agripolis Legnaro PD - ItaliaE-mail: [email protected]: +39 049 8272963 - Fax: +39 049 8272604

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

34

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 34

Page 35: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SINDROME DA STASI GASTROENTERICA

La sindrome da stasi gastroenterica è una delle entità cli-niche più frequenti nel coniglio da compagnia. Primaria-mente consiste in un rallentamento del transito gastroenteri-co di vario grado fino alla stasi completa che si manifestacon mancata emissione di feci e anoressia. Le cause sonovarie così come le manifestazioni cliniche. Saranno prese inconsiderazione e analizzate le scelte gestionali e terapeuti-che per il trattamento di questa sindrome tenendo conto del-la bibliografia, dei protocolli “classici” e delle osservazionianeddotiche e personali di professionisti che si occupanoregolarmente di medicina e chirurgia del coniglio da compa-gnia. La stasi gastroenterica può essere definita come un dis-ordine acquisito della motilità gastrointestinale. La motilitàsubisce un rallentamento che nelle forme più gravi arrivaalla stasi o ileo completo.

Dal punto di vista eziologico può essere classificata in pri-maria e secondaria. Primaria: causata da alterazione della fun-zionalità dei neuroni mioenterici o della muscolatura lisciagastrica. Secondaria: causata e favorita da molteplici fattori.

Fattori causali• Dieta• Stress emozionali• Fattori stressanti vari• Fattori algici (anoressia e stress)• Mancanza di esercizio• Anestesia• Aderenze postchirurgiche• Dismicrobismo/Enterotossiemia (causa ed effetto) secon-

dario a:- Antibiotico terapia- Eccesso di carboidrati- Stasi ciecale

• Patologie (stress, dolore)• Patologie gastrointestinali• Patologie dentali• Patologie uterine

Fattori dieteticiCarenza di fibra lunga• Riduzione stimolo meccanico distensivo del colon• Aumento di butirrati e proprionati a scapito degli acetati

nel cieco• Questo comporta una compromissione della motilità

intestinale.

Eccesso di carboidrati• Inibizione secrezione motilina, ormone prodotto dalle cel-

lule enterocromaffini del duodeno e del digiuno, che favo-risce la peristalsi stimolando la muscolatura gastroenterica.

• Aumento produzione acidi grassi volatili, diminuzione pHciecale, dismicrobismo: inibizione normale flora, prolife-razione Clostridi (C. spiriforme) ed E. coli. Questi pato-geni determinano produzione di gas e tossine che vengo-no assorbite. Il che porta a tossicosi endogena e ipomoti-lità (enterotossiemia) e stasi intestinale causata dal meteo-rismo. Il meteorismo inoltre provoca dolore che aggravaulteriormente il quadro.

Fattori stressantiLa secrezione di motilina può essere ridotta anche dal-

l’aumento di catecolamine che si può verificare in seguitoad un evento stressante.

Gli eventi stressanti causali possono essere di vario tipo:• Stress emozionali

- Cambio di ambiente- Introduzione di un nuovo coniglio o altro animale in

casa- Perdita di un compagno- Presenza di coniglio dominante- Arrivo di persone estranee in casa- Rumori eccessivi e/o improvvisi- Degenza

• Stress algici- Patologie dolorose- Traumi

• Stress termici: temperatura ambiente troppo calda o trop-po fredda

TERAPIA

La terapia dovrà essere indirizzata sia alle entità causali efavorenti la sindrome, ma anche e soprattutto a contrastare isintomi e le conseguenze che di per sé aggravano la situa-zione e sono potenzialmente letali.

Conigli anoressici vanno sempre trattati il prima possibilee questa è un’informazione che va data al proprietario già inprima visita e tutte le volte che se ne presenta l’occasione.Conigli che non si alimentano da più di 3 giorni vanno sem-pre considerati come emergenza.• Fluidotetrapia• Alimentazione

Gestione della stasi gastrointestinale nel coniglio

Alessandro Bellese

Med Vet, Venezia

35

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 35

Page 36: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

- Correzione degli errori dietetici- Valutazione a seconda della dieta attuale- Valutazione a seconda della reale possibilità di mastica-

zione- Gestione dietetica- Alimentazione assistita- Alimentazione forzata (sonda naso-gastrica)- Formule per erbivori- Formule per nutrizione enterale umana

• Esercizio fisico• Gestione ambientale (ambiente caldo e tranquillo)• Terapia farmacologica

- Analgesia- Procinetici- Antimeteorici- Complesso vit B- Colestiramina- Antibiotici- Probiotici- Antiacidi- Chirurgia

FluidoterapiaLa somministrazione parenterale e orale di fluidi è essen-

ziale nel trattamento della stasi gastrointestinale del coni-glio. La somministrazione orale aiuta a reidratare il conte-nuto gastrico compattato.

Conigli con quadro clinico lieve o moderato possonorispondere bene alla somministrazione orale o sottocutaneadi fluidi, accompagnata da aumento della fibra lunga nelladieta, da somministrazione di procinetici ed eventualmenteanalgesici.

Pazienti con quadro clinico più grave richiedono sommi-nistrazione endovenosa o intraossea possibilmente continuain pompa da infusione per evitare somministrazioni tropporapide particolarmente pericolose in questi pazienti.

Possono essere utilizzate soluzioni elettrolitiche bilancia-te come Ringer lattato a 100 mL/kg/24 h.

La somministrazione di colloidi va considerata in casod’ipoproteinemia o d’ipotensione se i cristalloidi non riesco-no a ripristinare i normali valori pressori (90-120 mm Hg).

Durante la gestione della stasi l’assunzione orale di fluidideve sempre essere incoraggiata utilizzando acqua fresca oaromatizzata con succhi di frutta ed eventualmente bagnan-do i vegetali.

Gestione dieteticaL’assunzione di cibo deve continuare durante il trattamen-

to. La mancata introduzione di cibo aggrava l’ipomotilità efavorisce il dismicrobismo intestinale. Il digiuno inoltre puòindurre rapidamente lipidosi epatica, e questo processo meta-bolico una volta avviato è difficilmente reversibile.

Il supporto dietetico assistito o forzato dovrebbe esserepreso in considerazione quando vi è una perdita acuta dipeso del 10% o cronica del 20%.

Bisogna cercare sempre di indurre il coniglio ad alimen-tarsi volontariamente possibilmente di alimenti ricchi difibra; vanno sempre lasciati a disposizione fieno, erbe sel-vatiche e verdure fresche se il soggetto è già abituato aglialimenti freschi.

Per favorire l’idratazione, le erbe e le verdure fresche pos-sono essere inumidite.

In caso di errori dietetici gravi, come la somministrazionedi mangimi misto semi senza verdure, il cambio dietetico deveessere molto graduale e si continuerà almeno inizialmente asomministrare la vecchia dieta perché l’obiettivo è comunqueindurre il coniglio a mangiare.

In caso di perdita di peso eccessiva e di rifiuto di assun-zione di cibo si ricorrerà alla alimentazione assistita.

Possono essere utilizzate formulazioni specifiche per erbi-vori eventualmente mescolate a succhi di frutta, oppure pel-let di buona qualità miscelati e frullati assieme a verdure,omogeneizzati alle verdure, succhi di frutta ed acqua.

I volumi consigliati sono 10-15 mL/kg q 6-8 ore, ma sipossono utilizzare volumi maggiori e più frequenti, se sonoaccettati dal paziente.

L’uso di procinetici dovrebbe stimolare la peristalsi e favo-rire il transito intestinale. L’utilizzo di procinetici è controindi-cato in caso di occlusione intestinale.

Se l’alimentazione assistita non è accettata e non si riesce asomministrare una quantità efficace, si ricorrerà all’alimenta-zione forzata mediante sondino naso gastrico.

Il prima possibile la dieta va corretta, tenendo conto per latempistica della dieta precedente e della oggettiva possibili-tà di masticare il fieno. Un coniglio con tavole molari grave-mente alterate non riesce a masticare il fieno.

Esercizio fisicoSe il paziente non è particolarmente debilitato si dovreb-

be incoraggiare l’esercizio fisico per almeno 10-15 minutoogni 6-8 ore per stimolare la motilità gastrica.

Terapia farmacologicaIn linea di massima in pazienti con motilità gravemente

compromessa se possibile preferire la via di somministra-zione parenterale, perché le medicazioni introdotte via oralepotrebbero non essere adeguatamente assorbite.

Analgesia:La sindrome provoca dolore, l’utilizzo di antidolorifici è

imperativo, una volta alleviato il dolore ed equilibrato lo sta-to di idratazione il coniglio potrebbe cominciare a muoversied a mangiare (possibilmente il fieno o l’erba), stimolandola motilità gastrointestinale.

Meloxicam- 0,2 mg/kg SC, IM q 24h- 0,2-0,5 mg/kg PO q24h

I FANS vanno usati con cautela se si sospetta compromis-sione renale o possibilità di ulcerazione gastrica.

Buprenorfina0,01-0,05 mg/kg SC, IM, EV q8-12h

Butorfanolo0,1-0,5 mg/kg SC, IM, EV q4-6hDurante le chirurgie prestare sempre particolare attenzio-

ne all’analgesia, anche per evitare la possibilità di ipomotili-tà postchirurgica.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

36

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 36

Page 37: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Procinetici:Utili soprattutto per favorire lo svuotamento gastrico. Il

farmaco più usato è il Clebopride. Altri farmaci utilizzatisono Trimebutina maleato e Metoclopramide. Sono con-troindicati in caso di sospetto di ostruzione intestinale.

Clebopride0,05-0,1 mg/kg PO q 8-12h

Metoclopramide0,2-1 mg/kg PO, SC q6-8hLa reale efficacia soprattutto in seguito di somministra-

zione orale è messa in dubbio.

Antimeteorici:Il meteorismo intestinale provoca dolore e dilatazione del-

le pareti aggravando così l’ipomotilità.

Simeticone65-130 mg soggettoInizialmente in casi gravi, ogni ora per 3-6 trattamenti.Poi ogni 6-8 ore, valutare comunque a bisogno.

Antibioticoterapia:la stasi gastroenterica, in particolare del cieco, indipenden-

temente dalla causa, provoca una situazione che favorisce ladisbiosi che provoca proliferazione di batteri patogeni in par-ticolare clostridi e quindi endotossiemia, meteorismo e aggra-vamento della stasi. Questa situazione è più probabile in coni-gli anorettici da più giorni. L’antibiotico terapia è indicatasoprattutto in pazienti con diarrea, citologia fecale anormale esangue nelle feci (che indicano lesione della mucosa intestina-le). L’antibiotico di scelta dovrebbe agire su G- ed anaerobi. Ingenere si utilizzano antibiotici ad ampio spettro come Tretro-pin-sulfa e fluorochinoloni. Se si sospetta una crescita eccessi-va di Clostridi, si può utilizzare Metronidazolo. Tenere pre-sente comunque che anche se si utilizzano antibiotici “sicuri”,la somministrazione orale per lunghi periodi di qualsiasi anti-biotico, soprattutto in condizioni gastroenteriche non ottimalipuò causare o favorire dismicrobismo, pertanto in caso disegnali quali diarrea o anoressia la terapia va interrotta.

Trim-Sulfa30 mg/kg PO q12hEnrofloxacina5-20 mg/kh PO, SC, IM q 12-24h

Marbofloxacina2-5 mg/kg q24h SC, IM, PO

Azitromicina30 mg/kg PO q24h

Metronidazolo20 mg/kg PO q12hPer contrastare l’endotossiemia causata dai clostridi inte-

stinali che può essere favorita dal rallentamento intestinalecausato dall’anestesia chirurgica, sembra sia utile la sommi-nistrazione EV o IO di fluidi e antibiotici per diversi giorninel periodo peri e post operatorio.

Probiotici:la loro efficacia non è dimostrata ma vengono spesso uti-

lizzati in corso di patologie gastrointestinali nel coniglio.

Colestiramina:la Colestiramina è una resina a scambio ionico, la sua fun-

zione è quella di legare le enterotossine prodotte dai clostri-di. Ridurrebbe la mortalità in caso di enterotossiemie daterapia antibiotica inappropriata, viene da alcuni consigliatain qualsiasi sospetto di dimicrobismo con possibile crescitaeccessiva di clostridi. Può causare costipazione soprattuttose non è curata adeguatamente l’idratazione.

Colestiramina2 g/animale in 20 ml di acqua PO q24h per 18-21 giorni

Complesso vitaminico B:terapia di supporto per stimolazione appetito e per contra-

stare la lipidosi epatica, da considerare sempre in corso dianoressia.

Antiacidi:indicati in caso di sospetto di lesioni o ulcere gastriche (ad

esempio se presenti tricobezoari).

Cimetidina5-10 mg/kg PO, SC, IM, EV q6-12h

Ranitidina2 mg/kg EV q24h

Lubrificanti intestinali:non sono di alcuna utilità; non servono a far avanzare

eventuali tricobezoari e non servono a contrastare nessunodei fattori predisponenti o causali della sindrome.

Enzimi proteolitici:spesso viene suggerito l’utilizzo di enzimi pancreatici o la

somministrazione di succo fresco d’ananas o papaya (enzi-ma papaina) per sciogliere i tricobezoari. La cheratina non èintaccata da questi enzimi che al più possono sciogliere lacomponente mucipara dei tricobezoari. In ogni caso questesostanze se usate, vanno impiegate con precauzione perchépossono esacerbare lesioni mucosali. Inoltre non fanno nul-la per contrastare la stasi che è la causa della formazione deitricobezoari, a parte per quanto riguarda i succhi a idratare.

ChirurgiaNella maggior parte dei casi la chirurgia non è necessaria;

indicata in caso di ostruzione pilorica o se si sospetta un pro-cesso necrotico o ischemico a carico della parete intestinaleper azione compressiva e/o abrasiva (es corpo estraneo). Inquesto caso la chirurgia è l’unica scelta nonostante la pro-gnosi sia spesso infausta.

Indirizzo per la corrispondenza:Alessandro BelleseLido di Venezia-VE- Spinea-VEE-mail: [email protected] site: www.alessandrobelleseveterinario.eu

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

37

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 37

Page 38: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I glucocorticoidi sono frequentemente utilizzati in neuro-logia veterinaria. Seppure le loro potenzialità siano molte-plici, questi farmaci sono usati principalmente per il loroeffetto antinfiammatorio e immunosoppressivo1. Gli effettibenefici della terapia steroidea, particolarmente per quelloche riguarda le malattie dell’encefalo e del midollo spinale,includono la protezione dai radicali liberi, la riduzione dellapressione intracranica attraverso la riduzione della produzio-ne di liquido cefalorachidiano (LCR) e il mantenimento del-l’integrità della normale microvascolarizzazione.

In alcuni casi, il loro uso è appropriato; in molti altri, alcontrario, vengono utilizzati in maniera empirica (dosi noncorrette, periodi di tempo troppo lunghi o troppo corti), finoad un vero e proprio abuso. Essi presentano numerosi effet-ti collaterali a breve e lungo termine; la loro somministra-zione dovrebbe perciò essere limitata a specifiche situazioninelle quali i benefici siano maggiori dei rischi connessi.

La causa più frequente di utilizzo scorretto consiste nellamancanza di una diagnosi. Ciò è in parte imputabile alla dif-ficoltà che il suo conseguimento comporta, legato alla scar-sa disponibilità sul territorio delle attrezzature necessarie.Tuttavia, un’altra causa, molto frequente e meno giustifica-bile, consiste nella diffusa abitudine di tentare di risolvere ilproblema in atto con una terapia corticosteroidea associataad un antibiotico, della durata di qualche giorno. Di frontead un problema neurologico in atto, tale terapia non presen-ta alcuna possibilità di successo mentre, al contrario, spessoritarda e complica la diagnosi. Scopo di questa presentazio-ne è quello di definire il corretto utilizzo di tali farmaci nel-la maggior parte delle malattie neurologiche del sistema ner-voso centrale.

A livello cerebrale, le più frequenti patologie vascolarisono gli infarti encefalici da occlusione di una delle arteriecerebrali. Nella zona infartuata, cessa la produzione di ATP,si instaura acidosi da glicolisi anaerobia, aumenta il Ca++intracellulare e si formano radicali liberi; rapidamente, siassiste a morte neuronale2. Tali infarti sono detti “infartibianchi”, in contrapposizione con i cosiddetti “infarti rossi”,caratterizzati da emorragia secondaria alla rottura del vaso.Un vasto edema, visibile con la Tomografia Computerizzata(TC) e la Risonanza Magnetica (RM), interessa la zonainfartuale. Non esiste una terapia specifica per le formeinfartuali: nonostante i meccanismi patogenetici scatenatidall’ischemia e la presenza di edema, non è dimostrato che

l’uso di corticosteroidi favorisca il recupero del paziente. Alivello midollare, la più frequente patologia vascolare è lamielopatia ischemica, un’ischemia necrotizzante focale elateralizzata del midollo spinale, il più delle volte dovutaall’occlusione di un vaso da parte di materiale fibrocartilagi-neo3. La RM, grazie alla sua capacità di visualizzare ilmidollo spinale e la presenza di edema, permette di effettua-re una diagnosi diretta di mielopatia ischemica. Non esistealcuna terapia specifica: nelle primissime ore si può interve-nire, per limitare l’estensione dell’edema midollare, sommi-nistrando farmaci antinfiammatori.

Tra le malattie infiammatorie di origine infettiva4, si anno-verano prevalentemente meningoencefalomieliti virali, bat-teriche, fungine e protozoarie. In questi casi, l’uso di gluco-corticoidi può essere pericoloso, se effettuato a dosi alte,immunosoppressive. A dosaggi appropriati, ma in assenza didiagnosi, su pura base sintomatica, la terapia corticosteroi-dea frequentemente ritarda la diagnosi e ostacola l’esecuzio-ne di importanti test (esame del LCR), oltre a non averediretti effetti curativi sull’agente sottostante. Tra le malattieinfiammatorie di origine non infettiva, che spesso ricono-scono un meccanismo immunomediato, quali le meningoen-cefaliti di origine sconosciuta (MUO) e la meningite-arteri-te che risponde agli steroidi (SRM-A), i glucocorticoidisomministrati a dosaggio elevato e per lunghi periodi di tem-po possono essere curativi o allungare considerevolmente itempi di sopravvivenza. Tuttavia, somministrati a dosi con-tenute, spesso per mancanza di diagnosi, tendono a masche-rare, ma non a contrastare, l’evoluzione della patologia,ritardandone la diagnosi: quando questa viene finalmenteconseguita, la patologia si presenta in una forma già avanza-ta e la terapia può essere inefficace.

In caso di traumi cranici5, la terapia da effettuare è con-troversa per la mancanza di studi basati su ampie casistichein medicina veterinaria. In teoria, l’uso di glucocorticoidi èutile per inibire la perossidazione dei lipidi, evitando i dannisecondari, ridurre la formazione di edema e modulare larisposta infiammatoria. In realtà, studi clinici in campo uma-no non supportano tale evenienza e attualmente non esisto-no i presupposti per raccomandare nei pazienti con traumacranico una terapia corticosteroidea, che potrebbe inoltreessere responsabile di coagulopatie ed iperglicemia. In casodi traumi spinali6, l’uso di metilprednisolone sodio succina-to (MPSS) è stato a lungo consigliato. Tuttavia, i ristretti ran-

Cortisonici e malattie neurologiche: un rapporto di amore-odio

Marco Bernardini

Med Vet, Dipl ECVN, Padova

Daniela Candini, Med Vet, Zola Predosa (BO)

Federica Balducci, Med Vet, Zola Predosa (BO)

38

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 38

Page 39: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ge temporali in cui utilizzarlo e l’estrapolazione di protocol-li per gli animali da quelli umani senza prove cliniche dellaloro efficacia rendono questionabile il suo impiego.

Fra le anomalie congenite, l’idrocefalo rappresenta la formapiù comune. L’uso di glucocorticoidi può migliorare la condi-zione clinica, sia diminuendo la formazione di LCR, sia agen-do sull’edema che può interessare il parenchima nervoso peri-ventricolare. Una terapia a lungo termine è possibile, ma spes-so si deve ricorrere ad altri farmaci o alla terapia chirurgica.

In caso di neoplasie del sistema nervoso, la terapia corti-costeroidea è considerata di tipo palliativo7. Tuttavia, puòagire sulle lesioni secondarie alla presenza del tumore (idro-cefalo, edema), che spesso sono le vere responsabili dellasintomatologia evidenziata dal paziente e migliorare note-volmente il quadro sintomatologico per un periodo di alcunesettimane o mesi. Può essere indicata anche durante terapieradianti e facilitare l’asportazione chirurgica della massa.

Bibliografia

1. Platt SR, Abramson CJ, Garosi LS, (2005), Administering corticoste-roids in neurologic diseases, Comp Contin Ed, 27: 210-220.

2. Garosi LS, McConnell JF, (2005), Ischaemic stroke in dogs andhumans: a comparative review. J Small Anim Pract, 46: 521-529.

3. Cauzinille L, (2000), Fibrocartilaginous embolism in dogs. Vet ClinNorth Am Small Anim Pract, 30: 155-167.

4. Dewey C, (2008), A Practical Guide to Canine and Feline Neurology,John Wiley & Sons, 168.

5. Dewey CW, (2000) Emergency management of the head traumapatient: Principles and practice, Vet Clin North Am Small Anim Pract,30: 207-255.

6. Olby N, (1999), Current concepts in the management of acute spinalcord injury. J Vet Intern Med, 13: 399-407.

7. Platt SR, Garosi L, Adams V, et al, (2003), Canine intracranial menin-gioma outcome following corticosteroids, hypofractionated radiothe-rapy or multimodality therapy: 60 cases, Proc 16th Annual ECVNSymposium.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

39

Indirizzo per la corrispondenza:Marco BernardiniDip. Scienze Cliniche Veterinarie - Università degli Studi di PadovaLegnaro (PD) - Tel. +39.049.8272609 - Fax +39.049.8272954 - E-mail: [email protected]

Ospedale Veterinario “I Portoni Rossi” - Zola Predosa (BO) Tel. +39.051.755233 - Fax +39.051.755876 - E-mail: [email protected]

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 39

Page 40: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’innovativa tecnica di Taping Neuromuscolare si basa sul-le naturali capacità di guarigione del corpo, stimolate dall’atti-vazione del sistema “neuro-muscolare” e “neuro-sensoriale”.Si tratta di una tecnica correttiva meccanica e/o sensoriale chefavorisce una migliore circolazione sanguigna e linfatica nel-l’area da trattare. La tecnica “Taping Neuromuscolare” offre alterapista un approccio nuovo alla radice di ogni patologia.

Taping Neuromuscolare è un nuovo approccio alla curadi muscoli, nervi e organi nelle situazioni post-traumatiche.Ai muscoli viene attribuito non solo il movimento del cor-po ma anche il controllo della circolazione venosa e linfati-ca e della temperatura corporea, di conseguenza se i musco-li sono danneggiati o traumatizzati si avranno vari tipi disintomi. Trattando i muscoli con un nastro elastico che per-mette il pieno movimento muscolare e articolare, si attiva-no le difese corporee e si aumenta la capacità di guarigionedi nervi muscoli e organi.

Nella fase riabilitativa la taping neuromuscolare si appli-ca con tecniche miranti a: rimuovere la congestione dei flui-

di corporei; migliorare la circolazione sanguigna e linfatica;ridurre l’eccesso di calore e di sostanze chimiche presentinei tessuti; ridurre l’infiammazione; ridurre anche l’anorma-le sensibilità e dolore della pelle e dei muscoli. Inoltre la“Taping Neuromuscolare” mira ad azionare i sistemi analge-sici endogeni ed a stimolare il sistema inibitore spinale ediscendente. La taping neuromuscolare infine mira a correg-gere i problemi delle articolazioni, ridurre gli allineamentiimprecisi causati da spasmi e muscoli accorciati; normaliz-zare il tono del muscolo e l’anormalità di fascia delle artico-lazioni, migliorare la rom. L’efficacia del taping neuromu-scolare è dimostrata da numerosi casi clinici trattati dall’In-stitute di Taping NeuroMuscolare in Italia.

Indirizzo per la corrispondenza:David BlowNeuroMuscular Taping Institute, Rome, Italywww.tapingneuromuscolare.eu

Taping neuro muscolare - Applicazioni in fisioterapia e riabilitazione - animali da compagnia

David Blow

Acupuncturist, Roma, Italia

40

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 40

Page 41: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUCTION

Acquired heart diseases of dogs include chronic degener-ative valvular diseases (endocardiosis), pericardial diseases,cardiac neoplasia, dilated cardiomyopathy (DCM), arrhyth-mogenic cardiomyopathy, pulmonary hypertension (PH),infective endocarditis, and heart rhythm disturbances, someof which represent primary electrical disorders. These con-ditions can lead to clinical signs of limited exercise capaci-ty, congestive heart failure (CHF), weakness/collapse, orsudden cardiac death.

CHF is a clinical syndrome characterized by a cardiaclesion that limits cardiac output, creates arterial under-fill-ing, and evokes maladaptive compensations to restore bloodpressure. Most compensatory responses triggered in heartfailure, including those of the sympathetic nervous system,renin-angiotensin-aldosterone system, and proinflammatorycytokines, injure heart muscle and blood vessels. Further-more, CHF is characterized by renal sodium retention thatpromotes elevated venous pressures behind the failing sideof the heart. Effective treatment controls these compensa-tions with multifaceted medical therapy.

CAUSES AND DIAGNOSIS OF HEART FAILURE

The most common causes of CHF requiring medical treat-ment are valvular endocardiosis, DCM, and PH. Valvularendocardiosis is characterized by progressive mitral/tricus-pid valvular degeneration and typical murmurs of mitralregurgitation (MR) and tricuspid regurgitation (TR). Atrialarrhythmias, left mainstem bronchus compression, PH, andrarely atrial tearing may complicate the clinical picture. Sys-temic hypertension from renal or Cushing’s disease increas-es the regurgitant fraction and represents a comorbid condi-tion. In contrast to endocardiosis, infective endocarditis is amultisystemic inflammatory disorder originating from a car-diac infection and is a relatively rare cause of CHF in dogs.DCM is a primary myocardial disorder caused by an inex-plicable loss of myocardial contractility. This idiopath-ic/genetic disease is often associated with cardiac arrhyth-mias, such as atrial fibrillation (AF) and ventricular tachy-cardia (VT). Occult or preclinical DCM refers to theechocardiographic finding of reduced left ventricular (LV)ejection fraction in the absence of CHF. Left- and right-sidedCHF as well as sudden cardiac death are common outcomes

of DCM. Arrhythmogenic cardiomyopathy, especially com-mon in boxers, English bulldogs, and Doberman pinschers,may predate the development of DCM in some cases. PHstems most often from chronic left heart failure, dirofilaria-sis, and severe interstitial lung diseases; PH also can be idio-pathic (primary) in dogs. PH is very common in dogs withchronic mitral regurgitation (MR) and typically leads tosigns of low cardiac output, a progressively louder murmurof tricuspid regurgitation, and signs of right sided failure(ascites and exertional syncope).

Pericardial effusion is a frequent cause of heart failure indogs but often is misdiagnosed. Right-sided CHF, includingpleural effusion, can occur in chronic cardiac tamponade.Often cardiac related neoplasia is involved (hemangiosarco-ma, chemodectoma, mesothelioma, ectopic thyroid neopla-sia). Treatment does not involve drugs but pericardiocentesisoften followed by surgical procedures.

Cardiac arrhythmias often complicate these disor-ders and may precede development of heart failure. Tach-yarrhythmias, if relentless (as with sustained atrial flutter orreentrant supraventricular tachycardia) induce a reversibledecrease in ventricular function, additive to preexisting dis-ease. Bradyarrhythmias such as sinus arrest and atrioventric-ular block are more often related to primary disease of theconduction system in dogs. Cardiac arrhythmias are consid-ered author elsewhere. Treatments involve drug therapy, pac-ing, or catheter interventions.

The diagnosis of heart disease and the recognition ofCHF require a careful clinical examination. No historicalfindings are diagnostic of CHF. Exercise intolerance can beidentified and respiratory signs are common in left-sidedCHF. In right-sided CHF, the abdomen may be distended byhepatomegaly and ascites. Auscultation may indicate a heartmurmur, arrhythmia, or gallop sound, and the lungs mayauscult abnormally. Key radiographic findings of left-sidedCHF include left-sided cardiomegaly; pulmonary venouscongestion or distension; and pulmonary infiltrates compat-ible with cardiogenic edema. Pleural effusions also may beevident. A diagnosis of right-sided CHF is usually madefrom physical examination (jugular venous distention,hepatomegaly, ascites and abnormal auscultation); recogni-tion of cardiomegaly; and echocardiography. The EKG inCHF may delineate cardiac-enlargement patterns or arrhyth-mias but is too often within normal limits (slow sensitivity).Elevated blood troponin (cTnI) indicates heart muscle injuryand high circulating NT-pro-BNP (brain natriuretic hor-mone) is a marker of canine CHF; there are emerging data

Management of chronic canine heart disease (Parts 1 & 2)

John D. Bonagura

DVM, MS, Dipl ACVIM (Cardiology, Internal Medicine) Ohio, USA

41

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 41

Page 42: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

the use of these tests but still much overlap between cardiacfailure and respiratory disease. Azotemia is relatively com-mon in CHF patients, from pre-existing disease or drug ther-apy. Blood pressure may be low in profound CHF or sur-prisingly high, indicating a complicating condition of sys-temic hypertension. Echocardiography is the noninvasivegold standard for diagnosis of heart disease and is very help-ful in many cases of suspected CHF.

DRUGS USED IN THERAPY OF CHF

A large number of drugs affect heart and vascular func-tions. Some treatments for CHF are affect ventricular pump-ing or loading conditions; some demonstrate rapid hemody-namic effects; and others more gradually modulate neuro-hormonal or inflammatory mediators of CHF (cardioprotec-tive treatments). The clinician should be mindful of the clin-ical pharmacology of these agents and that most drug useconstitutes extra-label prescribing.

Diuretics – Diuretics and dietary sodium restriction arecritical for management of CHF. Furosemide (2–6 mg/kg IV,IM, SQ, PO) is a potent loop diuretic used firstly for mobi-lization of edema and chronically to prevent fluid retention(on a b.i.d.–t.i.d. basis). Spironolactone (2 mg/kg PO daily inone or two divided doses) is a cardioprotective and potassi-um sparring but otherwise very weak diuretic given as co-therapy with furosemide in chronic management of CHF.Adverse effects of diuretics include polydipsia, polyuria,reduction in blood pressure, azotemia, electrolyte depletion,and elevated blood potassium (with spironolactone).

Vasodilators/ACE-Inhibitors – The ACE-inhibitors andvasodilators are mainstays of CHF therapy. Venodilationpools blood in systemic veins and reduces venous pressures,while arterial dilation reduces ABP and LV afterload. Mitralregurgitation is usually reduced by arterial vasodilation andlowering of diastolic blood pressure. ACE-inhibitors,including benazepril, enalapril, and ramipril are typicallydosed at (0.5 mg/kg once or twice daily, PO; check region-al labeling instructions). These drugs also reduce aldos-terone and protect cardiac muscle and other tissues. Directvasodilator drugs include 2% nitroglycerine ointment (¼ toone inch topically q12h), sodium nitroprusside (0.5–5micrograms/kg/minute with systolic BP titrated to 85 to 90mm Hg), and sildenafil (0.5–3 mg/kg PO q12h). Thesedrugs are useful for hospital therapy of CHF (nitrates) ormanagement of PH (sildenafil). Amlodipine (0.05–0.1mg/kg PO q12h in dogs with CHF) is a calcium channelblocker used mostly for intercurrent systemic hypertension.The main adverse effect of all arterial vasodilator drugs issystemic hypotension. Some drugs, including amlodipineand hydralazine (1–3 mg/kg PO q12h), also may causereflex neurohormonal activation.

Inotropic Drugs – The positive inotropic drugs includecatecholamines (dobutamine, dopamine), digoxin, andpimobendan. Dobutamine (2.5–10 micrograms/kg/minute)is reserved for dogs with cardiogenic shock (ABP <80 to 85mm Hg; hypothermia; CHF) and is infused for 24 to 48hours. Digoxin (0.005–0.0075 mg/kg PO q12h with normalrenal function) is a modest positive inotropic drug that also

slows heart rate. The main indication for digoxin isadvanced CHF or CHF with AF where its vagal stimulat-ing effect helps to slow AV nodal conduction and heart rate.Adverse effects of digoxin – anorexia, vomiting, diarrhea,depression, and cardiac arrhythmias – are best avoided bymonitoring therapy with a serum digoxin level. Pimobendan(0.2–0.3 mg/kg PO q12h) is a potent, orally administeredinotropic drug with vasodilator properties. It is classified asa calcium sensitizer with phosphodiesterase III inhibition.In our practice, pimobendan is combined with furosemide,an ACE-inhibitor, and spironolactone (and sometimes abeta-blocker in LV systolic dysfunction) for management ofchronic CHF due to dilated cardiomyopathy or chronicvalvular heart disease.

Beta-adrenergic Blockers – Beta-blockers, particularlycarvedilol, metoprolol (long acting), bucindolol (in clinicaltrial) and atenolol are increasingly prescribed to protectthe heart muscle. The hope is that with chronic use,myocardium will be protected, and LV ejection fractionwill improve (as observed in human patients). In caninemodel studies, beta-blockers are cardioprotective, but thiseffect was not evident in a preliminary clinical study ofdogs with DCM. While beta-blockers should never beused in uncontrolled CHF, gradual dose up-titration is pos-sible in some dogs following stabilization. Dog withadvanced heart disease but not yet in CHF tolerate beta-blockade the reasonably well. Concurrent use of pimoben-dan in particular seems to offset some of the negativeinotropic effects of beta-blockers in dogs with heart fail-ure. Major adverse effects are weakness, hypotension,bradycardia, and worsening of edema or effusions.

Antiarrhythmic Drugs – Antiarrhythmic drugs are notused specifically for treatment of CHF. However, in AFheart rate control is usually gained by combination ofdigoxin plus diltiazem (starting dose of 0.5 mg/kg PO q8huptitrated to as high as 2 mg/kg PO q8h). Once stabilized,the addition of a beta-blocker (if tolerated) will furtherslow the ventricular rate response to AF, allowing for adose-reduction of diltiazem. Both drugs are negativeinotropes and must be used carefully. Target in-hospitalheart rate is 120-160/minute. Holter monitoring can bedone to objectively assess rate control. DC synchronizedcardioversion also can be considered, but in our experi-ence is more effective and lasting for dogs without struc-tural heart disease. Management of ventricular arrhyth-mias in the setting of CHF is very difficult. IV lidocaine(2–4 mg/kg IV boluses to 8 mg/kg; 50 microgram/kg/minute constant rate infusion) can be used in the hos-pital, and mexiletine (5–8 mg/kg PO q8h) may be effec-tive if adverse effects (anorexia, vomiting, and tremors)are not severe and t.i.d. dosing is acceptable. Sotalol (1–2mg/kg PO q12h) is a negative inotrope and best avoidedin CHF if possible, but is sometimes the only reasonablechoice. Amiodarone is increasingly used (10 mg/kg POonce daily for two weeks; thereafter 4–6 mg/kg PO oncedaily). However, liver enzymes/function tests and a com-plete blood count should be followed in dogs receivingamiodarone owing to potential toxicities. Management ofrhythm disturbances are discussed in more detail else-where.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

42

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 42

Page 43: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TREATMENT PLANS FOR CONGESTIVEHEART FAILURE

A number of standard treatment approaches that haveproven useful for management of established CHF in dogs.More controversial is treatment of asymptomatic valvulardisease or cardiomyopathy.

Typical Left-Sided CHF – The combination of furosemide,oxygen, nitroglycerine (or sodium nitroprusside) & sedationwith butorphanol (0.25 mg/kg IM, repeated in 30 to 60 min-utes if needed) followed by oral administration of pimoben-dan (0.25 mg/kg q12h) represents the initial treatment planapplicable to most cases of CHF regardless of cause. Withthis protocol, diuresis is initiated; oxygen saturation isincreased; ventricular load preload is reduced; the tendencytowards pulmonary edema is decreased; myocardial contrac-tility is supported; and anxiety is relieved. If patients areheavily sedated, the torso is positioned in sternal recumben-cy, the chin supported with a towel or soft pad, and nasaloxygen prongs are inserted for better oxygenation. A rela-tively high initial furosemide dose (4–5 mg/kg, IV) isadministered in cases of severe CHF as renal blood flowmay be reduced. Once diuresis ensues, the dose is reduced to2 mg/kg q8–12h, IV or IM. In life-threatening pulmonaryedema, a constant rate infusion of furosemide and afterloadreduction with nitroprusside (or oral hydralazine) should beconsidered. Administration of pimobendan in this acutetreatment setting also is helpful, as it is a preload and after-load reducer as well as a potent inotrope. Less-potent andless controllable alternatives to nitroprusside include lowdose oral hydralazine (starting at 0.5 to 1 mg/kg q12h) orhospital initiation of an ACE-inhibitor such as benazepril orenalapril (0.25 mg/kg PO, q12h).

Cardiogenic Shock – The finding of cardiogenic pul-monary edema or pleural effusion with severe hypotension(ABP <80 mm Hg) and other indicators of low cardiac out-put (pallor, hypothermia, depression, elevated blood lactate)is highly suggestive of cardiogenic shock. Dogs with CHFdue to dilated cardiomyopathy (often Doberman pinschers)represent the typical case of cardiogenic shock. Other poten-tial causes of cardiogenic shock include myocardial infarc-tion and massive pulmonary embolus as might occur follow-ing treatment for adult heartworms or after a spontaneouspulmonary embolism. Initial treatment is the same as dis-cussed above with Furosemide-Oxygen-Nitrate-Pimoben-dan. As these patients are hypotensive and often verydepressed, sedation is not often needed. Determine if cen-tesis is necessary, as dogs with cardiogenic shock may haveboth pulmonary edema and large cavity effusions. Volumeinfusion is inappropriate to raise ABP in this setting, as itwill only worsen edema. In most cases, there is a need tostimulate myocardial contractility to improve pump functionand facilitate diuresis. Dobutamine (or dopamine) is admin-istered as a constant rate intravenous infusion, starting at 2.5micrograms/kg per minute and increasing the infusion every30 minutes until systolic ABP is 90 mm Hg. The typical end-point is 5–10 micrograms/kg/minute. Once the ABP is stable(systolic pressure in the 90 to 100 mm Hg range), othervasoactive drugs, either nitroprusside or an ACE-inhibitor,can be added to unload the left ventricle. The approach aside

from catecholamine therapy is similar to that discussed inthe previous section. After 24 to 48 hours of dobutaminetherapy, reduce the dobutamine rate by 50% every 2–4hours, and after reaching 1.25 micrograms/kg for 2-4 hours,stop the infusion.

Home Therapy of CHF – The transition from hospital tohome therapy of CHF usually begins within 24 hours ofadmission. During that interval, the initial diagnosticworkup should have been completed. The typical transitionto “Home Therapy”: 1) Parenteral furosemide is replacedwith oral furosemide; 2) Oxygen is discontinued; 3) Nitro-glycerine is replaced with an ACE-inhibitor; 4) Pimobendanis continued; digoxin is used only for rate control in AF; 5)Spironolactone is initiated mainly for cardioprotection at thetime of release or at first follow-up; 6) the client is counseledregarding a sodium-restricted diet and pros/cons of nutriceu-ticals; and 7) for those dogs with echocardiographic evi-dence of LV systolic dysfunction, beta-blockade can be con-sidered at the first or second follow up examination, assum-ing the dog is “dry” and very stable; 8) in special cases ofsevere PH with symptoms such as exertional collapse, silde-nafil is discussed with the owner; and when AF complicatesCHF, diltiazem is added to the treatment plan to gain betterheart rate control.

Strategies for managing refractory edema or ascitesinclude first reviewing and optimizing the dosages of cur-rently prescribed drugs. Pimobendan dosage is generallyincreased to 0.25 mg/kg PO q8h (extra-label). Client admin-istration of subcutaneous furosemide is suggested (begin bysubstituting one oral dose of furosemide for a subcutaneousinjection, three times weekly then go to every other day ifnecessary). Alternatively, a low dose of hydrochlorothiazidecan be started (1 mg/kg daily or every other day) with mon-itoring of serum biochemistries within a week (or earlier).Abdominal paracentesis should be done considered toreduce tense ascites. Sildenafil (Viagra®) plus L-argininesupplementation (250 to 500 mg PO three times daily) areoffered when severe PH is documented. Drug dosing andadverse effects of all drugs are discussed with the client.

Follow up evaluations for dogs with chronic CHF arescheduled initially at 10-14 days after release, then onemonth later, then every 3 to 4 months if possible. Emphasisis on quality of life (eating, sleeping, walking/mobility, fam-ily interaction, resting respiratory rate, and clinical signs ofdisease or toxicity); physical examination findings; body-weight; BP; renal function; heart rhythm; and thoracic radi-ography if respiratory symptoms are still present.

ASYMPTOMATIC HEART DISEASE

Early introduction of CV drug therapy in “preclinical” or“asymptomatic” dogs with heart disease is controversial.Most studies of valvular heart disease have failed to showclear benefit. When there is obvious LV systolic dysfunctionby echo or severe remodeling, there is some evidence thatcardioprotective drugs may be useful. There is some evi-dence that early “cardioprotective” therapy is of value todogs with well defined, occult DCM. In these dogs, an ACE-inhibitor such as enalapril or benazepril is initiated at a min-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

43

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 43

Page 44: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

imal dose of 0.5 mg/kg daily and more often increasing thatto twice daily. Consideration also should be given to the useof a beta-blocker considering these are likely to be well tol-erated at this time. Use of inotropic drugs (i.e., pimobendan)is not recommended in this setting unless radiographs indi-cate that pulmonary edema is imminent, there is demon-strable exercise intolerance, or LV systolic dysfunction isunequivocally reduced (e.g. LV shortening fraction less than~15%). Large breed dogs with chronic mitral regurgitationand demonstrable cardiomegaly or LV dysfunction are treat-ed as if they have occult DCM.

In small dogs with degenerative valvular heart disease, theuse of ACE-inhibitors has not proven to delay onset of CHFand beta-blockers and pimobendan as of yet are not suffi-ciently studied. In the author’s practice, an ACE-inhibitor isonly begun if there are other indications (e.g., systemichypertension, glomerular disease), or if six-monthly intervalevaluations indicate a marked increase in cardiac size (eithervertebral heart score or echocardiography) or impendingCHF. The onset of clinical signs in dogs with advancedvalvular endocardiosis is often very gradual but heralded byintermittent coughing related to compression of the left main-stem bronchus between descending aorta and dorsal left atri-um with and radiographically normal lung fields. This featureof chronic MR in dogs is not synonymous with left-sidedCHF, but can be difficult to distinguish from pulmonary ede-ma from left-sided CHF or from or coughing due to primaryairway diseases (tracheal collapse or chronic bronchitis). Theauthor’s approach to management is treatment with enalapril(0.25 mg/kg q12h for one week then 0.5 mg/kg q12h there-after) and low dose furosemide (1-2 mg/kg PO once daily).In most cases the cough improves if it’s due to bronchial com-pression (or early CHF). If the cough returns week to monthslater or if respiratory rate increases at home (>40/min), fullCHF therapy (see above) is initiated.

Failure of the cough to respond to diuretic/ace-inhibitortherapy should prompt reconsideration of the diagnosis; inparticular, the clinician should rule out chronic bronchitis,other airway diseases (laryngeal disease, tracheal collapse),and pulmonary disorders (pneumonia, neoplasia, heartwormdisease, etc.). Sometimes a trial course of doxycycline orprednisone may be useful. Cough suppressants can be pre-scribed as a last resort for symptom relief.

PROGNOSIS IN CHF

The prognosis of canine CHF depends on the cause,severity, and care received. Many dogs survive > 1 year fol-lowing the first signs of CHF provided they receive optimalveterinary and home care. It may take weeks to obtain opti-mal stabilization of seriously ill dogs with CHF: not everydog will be well overnight. As patients become well man-aged, other problems may become evident. Some dogs withchronic left-sided CHF appear to develop pulmonary fibro-sis at an accelerated rate – this should be recognized, notmisdiagnosed as uncontrolled CHF (usual findings aretachypnea + crackles + “clear lung fields” radiographically).Dogs with chronic airway disease (tracheal or primarybronchus collapse, chronic bronchitis) may become sympto-matic due to these diseases requiring other treatments forcontrol. Development of chronic renal failure is a poor prog-nosis, especially if diuretic dosages cannot be reduced due tofluid accumulation.

Address for correspondence:John D. BonaguraVeterinary Clinical Sciences, The Ohio State UniversityColumbus, Ohio, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

44

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 44

Page 45: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SINUS RHYTHMS

Physiologic rhythms during routine exam include normal(regular) sinus rhythm and sinus arrhythmia. Sinus rhythmdisorders are often due to high vagal or sympathetic tone;any patient with sinus bradycardia or tachycardia should beevaluated with this in mind. Additionally, drugs, anesthetics,temperature, and endocrine status (thyroid or adrenal) canaffect sinus node rate. Dogs with respiratory disease canshow pronounced sinus arrhythmia with wandering pace-maker; the short cycles can resemble premature atrial com-plexes. Management of sinus rhythm disturbances is focusedfirst on treating any underlying conditions. Occasionallyinappropriate sinus tachycardia is treated with a beta-block-er. Sinus bradycardia can be treated in the hospital withatropine or glycopyrrolate. Chronic, progressive, sinus nodedysfunction is common in miniature Schnauzers, West High-land white terriers, and cocker spaniels. Insufficient escapeactivity may result in collapse or syncope (“sick sinus syn-drome”). The best long-term therapy for this syndrome is notdrugs like anticholinergics or terbutaline but permanenttransvenous pacing. Pacemaker programming is critical foroptimal system performance (e.g. VVIR mode) and long-term outcomes are generally excellent.

SUPRAVENTRICULAR ARRHYTHMIAS

Supraventricular rhythm disturbances are among the mostcommon and difficult of all ECG diagnoses. These arrhyth-mias include premature atrial complexes, atrial tachycardia,atrial flutter, atrial fibrillation (AF), re-entrant supraventric-ular tachycardia (SVT), and atrial standstill. Supraventricu-lar arrhythmias can be transient, recurrent, or permanent. Inmost cases, recurrent or permanent arrhythmias are causedby structural heart diseases associated with congenital,chronic valvular, myocardial, or pericardial disease. Somegiant canine breeds develop chronic atrial arrhythmias with-out overt structural disease. Lone AF in Irish wolfhounds isan example.

The ventricular rate response in a SVT is determined by thetype of arrhythmia and AV conduction: the ventricularresponse can be slow or fast; regular or irregular. In high-sym-pathetic states, AV conduction of supraventricular arrhythmiascan be very rapid, as with AF in the setting of congestive heartfailure (CHF). Organized, regular SVT associated with atrialtachycardia, atrial flutter or re-entrant SVT often induce ven-

tricular responses of 300 to 400 per minute! In 2:1 AV con-duction of atrial tachycardia or flutter, the rate may suddenlydouble or half as the conduction ratio (P’:QRS) changes. Sub-tle electrical alternans is a common finding in regular SVTsregardless of mechanism. This finding may help to separate apathologic SVT from a “fast” sinus tachycardia (whereinalternans is uncommon). Supraventricular tachyarrhythmiasalso can be conducted with bundle branch block, and theresultant QRS complexes can be confused with PVCs or ven-tricular tachycardia (VT).

Recurrent atrial premature complexes or atrial tachycardiaare often treated with drugs that suppress ectopic rhythms,including lidocaine (acutely), sotalol, and amiodarone. Whenefforts to suppress these ectopics fail, ventricular rate controlis the goal. When atrial tachyarrhythmias are associated withCHF, digoxin is chosen first, but otherwise, diltiazem or abeta-blocker are more effective for rate control, and some-times these drugs will convert the rhythm back to sinus.Combined therapy with digoxin and diltiazem is often usedin chronic AF associated with CHF. Synchronized DC car-dioversion of atrial flutter/fibrillation is another approach,particularly in dogs with lone atrial fibrillation. Amiodaroneor sotalol are often prescribed after cardioversion to maintainsinus rhythm. These drugs should be continued for at leastthree months if possible to prevent reversion to atrial fibrilla-tion; however, amiodarone therapy can lead to severe hepato-toxicity in dogs.

Reentrant SVTs employ circuits that develop at the microand macro levels. The best characterized in dogs use a cir-cuit involving the atria, AV node, and an accessory AV path-way that bypasses (or longitudinally separates) the AV con-duction system. The tachycardia is often triggered by a sud-den change in sinus cycle length, a premature atrial or ven-tricular complex. In most cases the circuit is “orthodromic”;down the AV node with an associated normal (narrow) QRS.Retrograde P’-waves may be identified in the ST segment(an R–P’). In some dogs periods of sinus rhythm are associ-ated with ventricular pre-excitation, a helpful clue to thepresence of an accessory pathway. Pre-excitation is charac-terized by a short PR interval and early ventricular activation(the delta wave) with wide QRS and T-waves. Managementof reentrant SVT is done with drugs initially (diltiazem andprocainamide can be tried), but referral to a specialist forcatheter ablation of the accessory path is the best treatment.

Atrial standstill indicates that the atrial muscle is inex-citable. This condition is caused transiently by high serumpotassium or persistently by atrial muscle disease or severe

Management of cardiac arrhythmias

John D. Bonagura

DVM, MS, Dipl ACVIM (Cardiology, Internal Medicine) Ohio, USA

45

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 45

Page 46: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

atrial dilation (in cats). In these cases, no P-waves are evi-dent (atrial standstill) or very tiny, non-conducted or broad-low amplitude P waves are evident. Persistent standstill ismost common in English Springer spaniels, but can alsooccur in larger retriever breeds. In cats apparent atrial stand-still can be observed with severe forms of cardiomyopathy.

VENTRICULAR ARRHYTHMIAS

Arrhythmias arising in the ventricle parallel those of theatria in terms of nomenclature. But there are important dif-ferences: 1) the AV node need not be activated to generate aQRS complex, and 2) there is greater potential for suddendeath if the rhythm degenerates to ventricular fibrillation orasystole.

Idioventricular “escape” complexes are rescue mecha-nisms for sinus node arrest or AV block and should not besuppressed. The typical idioventricular rhythm in the dog dis-charges at 20 to 40/minute, but in the cat the rate is muchfaster, approaching 130/minute in many cats with completeAV block. Premature ventricular complexes (PVCs, VPCs)arise early, and can be uniform or multiform in morphology.A fusion complex between a PVC and a sinus impulse alsocan create intermediate QRS forms and are less serious. Ven-tricular tachycardia (VT) can be “slow” or “fast”; paroxysmalor sustained (>30 secs); monomorphic or polymorphic; orrapidly varying in orientation (torsade de pointes). The ven-tricles also can flutter (producing sine waves), or fibrillate (adisorganized and lethal activation). In very sick animals or inthose with CHF, death can occur from asystole, which isessentially ventricular standstill.

Clearly PVCs are among the most common rhythm dis-turbances. Causes include primary electrical or structuralheart diseases, electrolyte and metabolic disturbances, auto-nomic imbalance, drugs, toxins, and the “usual suspects”,such as splenic masses and gastric dilatation. It can be diffi-cult to decide if PVCs are “clinically significant” or not, butthe issue is important. For example, most cats with chronicventricular ectopy have structural heart disease (cardiomy-opathy) or an elevated serum troponin suggestive of activemyocardial injury or myocarditis. A Doberman pinscher (atleast one from North America) with PVCs on a routine ECGis likely to progress towards overt dilated cardiomyopathy.Furthermore, when an ECG demonstrates even a few PVCsin a Doberman pinscher that has collapsed or fainted, therisk of sudden cardiac death within the year is very high.Such information may prompt antiarrhythmic therapy, rec-ognizing that there is no proof treatment will prolong life.Conversely, some boxers have PVCs for years without signsand are best assessed by history and ambulatory (Holter)ECG monitoring.

ECG diagnosis of PVCs or of VT is generally straightfor-ward. In many cases a full workup including drug history,history of clinical signs (weakness, collapse or syncope),Echo findings, laboratory tests (CBC, chemistries, serum tro-ponin-I), and abdominal ultrasound may be needed to deter-mine the likely cause and significance. The Holter ECG canhelp assess the severity of ventricular arrhythmias, complex-ity of the complexes, and response to therapy. The absolutenumber of “normal” PVCs (not simply ectopics) per day iscontroversial, but in the author’s (arbitrary) opinion >10/dayin cats and >50/day in dogs should be considered abnormal.Day to day variation is common (up to ~85%) and this mustbe taken into account when considering both severity and“response” to any treatment.

Management of ventricular ectopic rhythms involves deter-mining the most likely cause, advancing an educated guessabout the clinical significance, considering the need for thera-py, and possibly choosing one or more drugs. All antiarrhyth-mic drugs carry the potential for side-effects and worsening ofthe arrhythmia (proarrhythmia). Lidocaine remains the drugof choice for acute management, with IV procainamide,esmolol, magnesium salts, and amiodarone as back up treat-ments. For chronic therapy, sotalol is generally the best toler-ated (except for negative inotropic effects in CHF), but it notalways as effective as mexiletine plus sotalol, mexiletine plusatenolol, or amiodarone. Amiodarone deserves respect, espe-cially in terms impairing liver function.

CONDUCTION DISTURBANCES

In addition to sick sinus syndrome, persistent atrial stand-still, and ventricular pre-excitation (each discussed above),conduction disturbances include the AV blocks; bundle branchblocks, and intraventricular conduction disturbances. The AVblocks are classified as first, second (Mobitz I, Mobitz IIA andIIB), and complete (third-degree block). Treatment of symp-tomatic AV blocks generally involves referral for permanentpacing. Single or dual chamber pacing systems can be used,depending on a variety of patient and technical factors. Long-term prognosis depends mainly on etiology of the brad-yarrhythmia (best prognosis for SSS and AV block withoutother structural diseases and worst for persistent atrial stand-still). Persistent bundle branch block or phasic aberrant ven-tricular conduction can be encountered in structurally normalhearts or in those with disease of the bundle branches.

Address for correspondence:John D. BonaguraVeterinary Clinical Sciences, The Ohio State UniversityColumbus, Ohio, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

46

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:13 Pagina 46

Page 47: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUCTION

Myocardial diseases are the most important causes of heartmurmurs, gallop sounds, arrhythmias, cardiomegaly, conges-tive heart failure (CHF), arterial thromboembolism (ATE),and sudden cardiac death (SCD) in cats. Cardiomyopathiesare classified based on morphology and function of the ven-tricles, etiology, and associated functional disturbances. Bothprimary (idiopathic, genetic) and secondary myocardial dis-eases are encountered.

Hypertrophic cardiomyopathy (HCM) is a genetic dis-order characterized by thickening of the left ventricle (LV).This hypertrophy is unexplained by congenital heart disease,hypertension, or endocrinopathy. The pattern of ventricularthickening, ranging from focal to segmental to concentric,can be demonstrated by high quality 2D echocardiography.Functional consequences include variably: dynamic LV mid-ventricular and outflow tract obstruction, mitral regurgita-tion, and ventricular diastolic and systolic dysfunction.

Restrictive cardiomyopathy (RCM) in the cat representsa heterogeneous disorder, and some prefer the term unclas-sified cardiomyopathy (UCM). The key pathologic featuresare diffuse or multifocal myocardial fibrosis and striking leftatrial dilation. The latter is probably a consequence of dias-tolic stiffness and LV systolic dysfunction. Arrhythmias arecommon. The pathogenesis or RCM is uncertain, but priormyocarditis or “burned out” HCM are likely causes.

Other types of cardiomyopathy (CM) are recognized.Dilated cardiomyopathy (DCM) is uncommon today. Tau-rine deficiency can cause DCM in cats, but most cases areidiopathic or due to myocarditis. Nonsuppurative endomy-ocarditis occurs sporadically in cats. Some cats manifestventricular arrhythmias and other dies suddenly or developprogressive RCM, CHF, or thromboembolism. Diagnosis isdifficult, but entertained when cardiac signs are coupledwith markedly elevated blood troponin and imaging studiesexclude HCM or RCM. Right ventricular cardiomyopathyhas been observed in cats, characterized by extensive fibro-fatty replacement of the RV myocardium. The clinical find-ings are results of right-heart failure, tricuspid regurgitation,arrhythmias, and pleural effusion with chylothorax. Asciteshave been observed

Secondary cardiac hypertrophy associated with thyrotox-icosis is likely multifactorial, related to the hypermetabolicstate, peripheral vasodilation, increased demands for cardiacoutput, sympathetic activation, systemic hypertension, anddirect hormonal effects on myocardium. Biventricular CHF

is typical of advanced hyperthyroidism in cats. Other condi-tions including severe anemia, volume overload, and chron-ic bradycardia can also lead to CHF in cats. Systemic hyper-tension counts the heart as a target, along with the brain,eyes, kidneys, and small arterioles. Clinical signs are typi-cally related to another target organ, but cardiac signsincluding gallops, murmurs, and CHF can occur. LV hyper-trophy may resolve in part with effective controll of bloodpressure (BP).

CLINICAL EVALUATION OF CARDIOMYOPATHY

Risk factors for HCM include feline breed and geneticmutations for which there is limited testing available. CHFcan be precipitated by stress, treatment with long-acting cor-ticosteroids, anesthesia, or intravenous fluid therapy. Com-mon signs of cardiomyopathy are murmur, gallop, findingsof CHF, or signs of ATE. SCD may occur. Laboratory stud-ies of use may include the CBC, serum biochemistries, thy-roxine, creatine kinase, and cTnI. The role of plasma NT-proBNP for predicting a diagnosis of heart disease is evolv-ing. The ECG carries a low negative but higher positive pre-dictive value for diagnosis of heart disease. Radiographs aremost useful when there are respiratory signs or suspicion ofCHF. Echocardiography is the method of choice for assess-ing cats with cardiomyopathies and Doppler studies canshow diastolic heart failure and estimate the risk for CHF.Left atrial size and auricular contractile function are partic-ularly critical when assessing short-term prognosis and risksfor CHF or ATE.

THERAPY OF FELINE CV DISEASES

Most treatments for feline myocardial diseases have evolvedempirically and are based on clinical experience with no pub-lished trial data available.

Treatment of preclinical HCM is controversial. Clini-cians often use beta-blockers, diltiazem, ACE inhibitors,spironolactone, aspirin, and clopidigrel in asymptomaticcats with HCM; however, there are no data to show clearclinical benefit in terms of major outcome events (CHF,ATE, SCD). Atenolol is often used in cats with LV outflowtract (LVOT) obstruction and is superior to diltiazem forslowing heart rate, reducing obstruction, and decreasing

Update on feline cardiomyopathy

John D. Bonagura

DVM, MS, Dipl ACVIM (Cardiology, Internal Medicine) Ohio, USA

47

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 47

Page 48: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

intensity of murmurs. Atenolol and diltiazem each reducemyocardial oxygen demand and prolong ventricular fillingtime. Diltiazem may improve diastolic function in somecats, but clinical benefit is unproven. Atenolol has a lowerside-effect profile (compared to diltiazem). Atenolol dosingis based on exam heart rate (target: 120-160/min). Beta-blockers are contraindicated in hypotension, bradycardia,thromboembolism, and CHF of recent onset.

When HCM is associated with significant left atrial dila-tion (>19 mm diameter by 2D imaging) either benazepril orenalapril (0.25 to 0.5 mg/kg PO daily) is prescribed by theauthor. The author also treats these cats with antithromboticmedications (see below) and doses of atenolol that do notlead to bradycardia or impair auricular contractile functionon Doppler studies. Combining atenolol and diltiazem cancause bradycardia and hypotension and generally is not rec-ommended.

Treatment of acute CHF in cats begins with gentle han-dling. Most cats are managed successfully with the

F-O-N-S regimen: Furosemide is administered (2 mg/kgIV, IM initially); Oxygen is delivered by cage oxygenator;Nitroglycerin (2%) ointment is administered for venodila-tion (¼ inch) and Sedation is induced with butorphanol (0.25mg/kg IM or SQ; it can be mixed with acepromazine dosedat 0.025 to 0.05 mg/kg, provided rectal temperature >100degrees F and blood pressure >100 mm Hg). Thoracocente-sis is performed for moderate to large pleural effusions arepresent.

The cat with cardiogenic shock (hypothermia, bradycar-dia, systolic ABP <70 mm Hg) is often suffering from anacute ischemic myocardial injury. These cats are treated withpassive warming and IV dobutamine infusion for 24 to 48hours (regardless of type of CM). Dosing is initiated at 2.5micrograms/kg/minute and increased to between 5 to 10micrograms/kg/min). The final infusion rate targets a rectaltemperature of >100o, heart rate >180/minute, and systolicABP >90 mm Hg. The dose is reduced by 50% every 2-3hours before discontinuing the drug. Furosemide is given forCHF and an ACE-inhibitor is started once ABP exceeds 90mm Hg. Cats can survive with aggressive treatment.

Home therapy of chronic CHF due to CM centers onfurosemide (1 to 2 mg/kg, PO once or twice daily), combinedwith an ACE-inhibitor such as benazepril or enalapril (0.25 to0.5 mg/kg, PO once or twice daily). Occasionally furosemideis given subcutaneously on a regular schedule (1 mg/kg SQonce to three times weekly in place of an oral dose) for poor-ly responsive pulmonary edema or pleural effusion. Spirono-lactone (6.25 mg, once daily) can be given for possible car-dioprotection and potassium sparring effects (beware: anorex-ia, skin lesions). Atenolol and diltiazem should not be admin-istered to cats with recent onset CHF. When CHF develops ina cat with HCM receiving chronic atenolol or diltiazem ther-apy, the daily dosage is reduced by 25% to 50%, but theblocker is not stopped unless the cat shows cardiogenic shock.In cats with clearly defined dynamic outflow obstruction, after

one month of stable medical therapy, cautious up-titration ofatenolol may be initiated to reduce the gradient. Alternatively,diltiazem may be added if deemed useful for ventricular dias-tolic function. Rutin (250 mg q12h) is prescribed when thereis chylothorax. The extralabel use of the inodilator pimoben-dan (~0.25 mg/kg PO q12h) provides an additional treatmentapproach for some cats with chronic CHF. Digoxin is rarelyused today. Famotidine (2.5 to 5 mg once or twice daily forone to two weeks) represents an empirical treatment for catswith partial anorexia. In general, progressive azotemia indi-cates the effects of diuretics plus an ACE-inhibitor, and whenpossible, the dosages should be reduced.

A number of approaches have been used when preven-tion of ATE is deemed important, especially in cats withLA>19 mm; echogenic LA smoke; poor LA contractility(velocity <0.2 m/s); or prior embolic event. Possible drugsinclude: aspirin (~10 mg daily combined with clopidogrel18.75 mg daily; or 81 mg aspirin q72h if used alone). Moreaggressive treatement involves enoxaparin or dalteparin (100Units/kg once or twice daily, SQ) with or without micro-dose aspirin or clopidogrel.

Management of ATE demands high quality critical andnursing care. Strong analgesia is needed for 24–48 hours.We use a fentanyl CRI (1 to 5 mcg/kg/hour); buprenorphineis an alternative. Very small doses of acepromazine (0.025mg/kg subcutaneously if BP is >100 mm Hg) will sedate thecat. Heparin is administered (300 units/kg IV, then 150 to200 U/kg SQ q8h for 48–72 hours). Aspirin (one 81 mgdose) can be given if the cat presents within 3 hours of theembolic event. The cat should be monitored for fatal hyper-kalemia from potassium leaked from necrotic muscles. Mostcats that improve are better within 72 hours of admission.Frequent follow up is needed to prevent limb injury or con-traction in a nonfunctional position.

Cardiac arrhythmias can complicate cardiomyopathiesin some cats. Isolated atrial or ventricular premature com-plexes are left untreated. Ventricular tachycardia is managedwith either lidocaine, atenolol, or sotalol. Negative inotropiceffects may limit the application of these beta-blockers. Dil-tiazem is an effective blocker of AV nodal conduction andrepresents an excellent choice for rate control in cats withatrial fibrillation or SVT.

The best outcome in treating hypertensive heart diseaseinvolves managing systemic hypertension to prevent targetorgan injury. Amlodopine (¼ of a 2.5 mg tablet once ortwice daily) is the drug of choice; an ACE-inhibitor such asbenazepril (0.5 mg/kg/day) can be useful for mild hyperten-sion or a cotherapy in cats with hypertension and primaryrenal disease.

Address for correspondence:John D. BonaguraVeterinary Clinical Sciences, The Ohio State UniversityColumbus, Ohio, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

48

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 48

Page 49: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La semplicità della diagnosi: un approccio orientato al problema

La complessità del trattamento: gli errori più frequenti

I nostri errori professionali: le azioni legali per imperizia, negligenza e imprudenza

Dea Bonello

Med Vet, Spec Rad Vet, Dipl EVDC, Torino

49

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

ATTI NON PERVENUTI

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 49

Page 50: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’esame endoscopico del tratto digerente è una metodicadiagnostica e terapeutica attualmente disponibile nella mag-gior parte delle strutture veterinarie. Gli errori nella suaapplicazione possono essere divisi in tre categorie: errori diimpostazione, errori interpretativi ed errori operativi. In que-sta relazione la descrizione degli errori più frequenti seguiràla localizzazione anatomica. L’esofagoscopia è un’indaginerapida e semplice. I disturbi della motilità e segnatamente ilmegaesofago sono una patologia che va diagnosticatamediante esame radiografico. Emettere una diagnosi dimegaesofago solo in base al riscontro endoscopico è un gra-ve errore di impostazione in quanto la condizione anestesio-logica altera sempre la funzionalità fisiologica dell’esofago.Nei cani brachicefali inoltre l’esofago è normalmente più tor-tuoso e dilatato, questo può trarre in inganno l’operatore ine-sperto e far così ipotizzare un diverticolo esofageo. Nei caniadulti, affetti da megaesofago congenito, la progressiva dila-tazione che si verifica nell’esofago in porzione precardiacanon deve essere confusa o diagnosticata come diverticolo.L’ernia iatale è una patologia infrequente che non è facilediagnosticare, soprattutto quando è intermittente; l’esameendoscopico non è sempre esaustivo e nella maggior partedei casi evidenzia solo un’esofagite precardiale. Quindi lamancata evidenziazione dell’ernia non permette di escluder-la, questo sarebbe infatti un falso negativo. Nel gatto duran-te la premedicazione può verificarsi un’emesi farmaco-indotta, l’esame endoscopico successivamente eseguito puòrilevare pliche gastriche nell’esofago toracico. L’interpreta-zione di questa condizione come ernia iatale o intussusce-zione gastro-esofagea è un grave errore interpretativo. I cor-pi estranei esofagei sono una patologia grave che va rapida-mente affrontata mediante approccio endoscopico ed even-tualmente chirurgico. Il principale errore di impostazioneconsiste nell’affrontare tale situazione senza una correttastrumentazione ancillare. Il principale errore operativo con-siste nell’applicare una forte forza traente sul corpo estraneosenza prima averlo dislocato correttamente e completamen-te. Durante la manovra è poi necessario monitorare semprel’iperinsufflazione gastrica che può compromettere la capa-cità respiratoria del paziente. L’esame endoscopico dellostomaco si può eseguire sia nel cane che nel gatto; con la tec-nologia attualmente a disposizione del medico veterinariol’attraversamento del piloro è possibile in tutti i pazienti diogni razza e dimensione. La non esecuzione di tale manovradeve essere considerata un errore. La stenosi pilorica è unapatologia estremamente rara, ma che deve essere tenuta pre-sente in caso di mancato attraversamento del piloro. In cor-

so di tale patologia anche attraversare lo sfintere con la pin-za bioptica può essere difficoltoso. Non bisogna confonderequesta patologia con il piloro spasmo. Questa condizione èfrequentemente rilevata in corso di endoscopia ed è unanormale contrazione reattiva della muscolatura pilorica. Lebiopsie duodenali vanno sempre eseguite, anche facendopassare alla cieca la pinza oltre lo sfintere pilorico. Lebiopsie dello stomaco devono essere numerose ed eseguitecon pinze di forma e dimensione adeguata. Ci sono lesionigastriche, che macroscopicamente sono suggestive di unadiagnosi: ad esempio le ulcere gastriche a margini rilevatilocalizzate nel terzo distale sono frequentemente di origineneoplastica. L’operatore deve comunque eseguire numerosebiopsie per ottenere la conferma istologica. Il prelievo biop-tico va eseguito sempre sui margini della lesione e non nel-la porzione centrale che potrebbe essere necrotica. Biopsarequesta porzione potrebbe non essere diagnostico oltre cheindurre una perforazione. Il leiomioma o leiomiosarcomagastrico possono non essere diagnosticati mediante biopsiamucosale, quindi in corso di lesioni compatibili o sospette èpossibile eseguire ago infissioni sottovisione che bypassinola mucosa. Inoltre in questi casi è consigliabile eseguire unabiopsia a pieno spessore mediante tecnica chirurgica. L’a-sportazione dei corpi estranei gastrici è una frequente appli-cazione dell’endoscopia. In caso di corpi estranei di tessutoper una corretta asportazione è necessario utilizzare pinzedormia in quanto l’uso di pinze a coccodrillo o a dente ditopo può indurre strappamento del tessuto che è imbibito dalcontenuto liquido gastrico. In caso di corpo estraneoostruente il piloro la gestione del paziente deve essere chi-rurgica in quanto non è endoscopicamente possibile stimarela condizione intestinale. I corpi estranei taglienti devonoessere asportati rapidamente e sempre sotto visione, a volteè possibile usare un sovra tubo per proteggere il cardias ol’esofago durante la manovra estrattiva. Le biopsie duodena-li sono una manovra diagnostica fondamentale che si rendenecessaria al termine dell’iter diagnostico. La diagnosi diIBD ( inflammatory bowel disease) non può infatti prescin-dere dall’esame istologico. Recentemente sono stati pubbli-cati dalla WSAVA dei criteri diagnostici, operativi ed istolo-gici che hanno l’obiettivo di uniformare l’approccio clinicoalla malattia infiammatoria intestinale. Le biopsie duodenalidevono essere eseguite utilizzando le pinze di maggiordimensioni possibili, questo agevola il campionamento dimaggior tessuto istologicamente valutabile. La biopsia deveessere eseguita ponendo la pinza endoscopica il più perpen-dicolarmente possibile rispetto alla mucosa, questo agevola

Errori interpretativi e operativi in endoscopiadell’apparato gastroenterico

Enrico Bottero

Med Vet, Cuneo

50

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 50

Page 51: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

il campionamento anche delle porzioni mucosali più profon-de. In un recente articolo viene considerata esaustiva unabiopsia che comprenda almeno 3 villi intestinali integri finoalla muscolaris mucosae. Un limite di molti prelievi esegui-ti con tecnica scorretta è il campionamento solo degli apicivillari, questo non permette al patologo di valutare le altera-zioni strutturali della mucosa e quindi rende vano tutto l’iterdiagnostico. Anche il numero di biopsie è importante inquanto maggiore è la qualità delle biopsie minore è il nume-ro necessario, ma per definire le condizioni patologiche piùgravi ed infrequenti sono necessarie biopsie più numerose.Un recente articolo pone l’accento sulla necessità di esegui-re anche biopsie dall’ileo e non solo dal duodeno. Ci sonoper ora solo pochi dati, ma è condivisibile che maggiore sial’area esplorata maggiori siano le informazioni ottenibili;quindi va considerato un errore operativo il mancato cam-pionamento dell’ileo in tutti i casi in cui ci sia diarrea sia delgrosso che del piccolo intestino. Inoltre nei casi in cui lacondizione clinica e le alterazioni laboratoristiche fanno ipo-tizzare un coinvolgimento ileale le biopsie andrebbero ese-guite. La strumentazione attualmente disponibile in endo-scopia permette l’esplorazione ileale sia nel cane che nelgatto. Nei felini l’attraversamento della valvola ileo-colica èdecisamente più agevole che nel cane. La colonscopia èun’indagine che viene spesso eseguita per ricercare cause diematochezia; se il colon non è adeguatamente preparato l’o-peratore commette un errore operativo in quanto potrebbenon individuare la causa del sanguinamento. Quindi accetta-re di eseguire l’indagine può essere considerato un errorepreanalitico. In corso di diarrea cronica del grosso intestino

è utopistico esaminare un colon pulito; in questo frangentel’obiettivo è il campionamento mucosale diffuso, quindi l’o-peratore può eseguire l’indagine anche in assenza di unapulizia completa. L’asportazione dei polipi rettali o colicimediante ansa è una manovra semplice ed eseguibile, masolo con la certezza che l’istotipo della neoformazione siabenigno, altrimenti è sempre da preferirsi l’asportazione pervia chirurgica che garantisce una migliore e più ampia escis-sione.

Bibliografia

1. Bottero E., Bertoncello D., De Lorenzi D. Studio retrospettivo su 23casi di corpi estranei ossei a sede esofagea nel cane e nel gatto tratta-ti per via endoscopica. Veterinaria, anno 21, n. 4, Agosto 2007.

2. Guilfort WG: Upper Gastrointestinal Endoscopy. In Veterinay Endo-scopy for the Small Animal Practictioner, ed. Elsevier-Saunders, St.Louis, 2005, pp. 279-321.

3. Tams TR: Disease of the esophagus. In Handbook of Small AnimalGastroenterology, 2nd ed.Saunders, St. Louis, 2003, pp. 118-158.

4. The WSAVA International Gastrointestinal Standardization Group:R.J. Washabau, M.J. Day, M.D. Willard, E.J. Hall, A.E. Jergens, J.Mansell, T. Minami, and T.W. Bilzer. Endoscopic, Biopsy, and Histo-pathologic Guidelines for the Evaluation of Gastrointestinal Inflam-mation in Companion Animals. J Vet Intern Med 2010;24:10–26.

Indirizzo per la corrispondenza:Bottero EnricoClinica Veterinaria Albese per Animali da [email protected] - 017335122

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

51

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 51

Page 52: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La rinosinusite cronica felina è una patologia molto fre-quente e frustrante sia per il veterinario che per il paziente.Il Calicivirus (FCV) e l’Herpevirus (FeHV) sono i due prin-cipali agenti eziologici; nei pazienti giovani la diagnosi vie-ne emessa sulla base dei segni clinici che tipicamente sono:scolo nasale, sternuti, congiuntivite e ulcerazione del cavoorale. L’esame endoscopico può evidenziare flogosi, iper-emia e materiale catarral-purulento; in alcuni casi si rilevaaumento dello spazio respiratorio. L’esame istologico dabiopsia endoscopica conferma e descrive la condizione flo-gistica cronica, ma non individua gli agenti eziologici cau-sativi. La poliposi nasale del gatto è una patologia infre-quente la cui fisiopatologia non è conosciuta con certezza.Colpisce per lo più soggetti giovani, di età inferiore ad unanno ed è stata segnalata soprattutto in Italia. Il gatto affettopuò presentare scolo nasale anche ematico, sternuti, defor-mazione del profilo fronto-nasale ed anche protrusione dellaneoformazione dalla narice. L’esame endoscopico rileva tes-suto neoformato di colore rosso vinoso, costituito da tessutofibroso misto a cisti a contenuto siero-ematico che facilmen-te si sfaldano. Può essere colpita solo una delle due cavitànasali ed il tessuto polipoide si può estendere anche al rino-faringe. Seppur l’aspetto endoscopico sia suggestivo, è sem-pre necessario avere una conferma istologica dopo adeguatoprelievo bioptico. La presenza di coaguli ematici potrebbemacroscopicamente mimare la poliposi nasale. I polipi rino-faringei sono neoformazioni benigne; colpiscono per lo piùgatti di giovane età, senza predisposizione di razza o sesso.I polipi si sviluppano in prossimità dell’apertura interna del-le trombe di Eustachio e viene ipotizzato che l’occlusione diqueste ultime sia una condizione predisponente al loro svi-luppo. Queste neoformazioni possono accrescersi in direzio-ne dell’orecchio medio, dell’orecchio esterno e, meno fre-quentemente, del rinofaringe; a volte sono contemporanea-mente presenti in più sedi. I segni clinici sono influenzatidalla sede di accrescimento e comprendono: otite esterna,otorrea, otite media, manifestazioni neurologiche e segnirespiratori come scolo nasale, stertore e dispnea. L’esameendoscopico per via anterograda può evidenziare rinite, iper-emia, materiale muco-catarrale o anche normalità. Le cavitànasali possono essere, o meno, colpite da infezione seconda-ria alla presenza del polipo rinofaringeo. La valutazione delrinofaringe permette di evidenziare il polipo. In alcuni casipossono evidenziarsi due o tre neoformazioni, mentre in altriil polipo è completamente ostruente il rinofaringe. Questisoggetti sono quelli clinicamente più compromessi conrespirazione a bocca aperta e tendenza alla dispnea. In que-

sti casi l’apertura del cavo orale permette la visualizzazionediretta del polipo, che appare come rigonfiamento teso delpalato molle in direzione ventrale. L’asportazione del polipomediante pinza endoscopica non è di facile esecuzione; inquanto i polipi hanno una consistenza fibrosa; è quindi con-sigliabile utilizzare la tecnica tradizionale mediante pinzacurva e trazione. La biopsia endoscopica può essere utile neicasi dubbi per discriminare tra una condizione polipoidebenigna ed una neoplastica. Le neoplasie nasali nel gattosono maligne in circa il 90% dei casi. Nel gatto il linfoma èla neoplasia più frequente mentre carcinomi e sarcomi sonopiù rari. Il decorso clinico è tipicamente lento ed insidioso,in quanto nelle prime fasi la condizione clinica apparemigliorare con la terapia antibiotica ed antiinfiammatoria. Itumori nasali hanno la caratteristica di essere localmentemolto aggressivi, ma di avere un basso indice metastatico.Nelle fasi avanzate è possibile vedere deformazione fronto-nasale, invasione del sistema nervoso centrale, distruzionedel setto nasale e coinvolgimento dei linfonodi sottomandi-bolari, prescapolari etc.. Le micrometastasi sonno spessopresenti fin dall’inizio, ma tendono a rimanere subclinicheanche diversi mesi dopo. Inoltre i segni clinici sono sovrap-ponibili alla maggior parte delle rinopatie croniche: scolonasale unilaterale, epistassi, sternuto, diminuzione del flussod’aria e, meno spesso, deformazione del profilo fronto-nasa-le, stertore, esoftalmo ed epifora. La diagnosi di neoplasiaendonasale si avvale con successo della diagnostica perimmagini, ma non può prescindere dall’esame istopatologi-co. L’esame tomografico è sicuramente più sensibile della rxper individuare invasione della lamina cribrosa, dell’ossoorbitale e per valutare l’estensione della massa; imprescindi-bile per una corretta stadiazione prechirurgica. L’esameendoscopico è la tecnica di elezione per la diagnosi di neo-plasia endonasale; permette infatti la diretta visualizzazionedella neoformazione ed anche l’esecuzione di prelievi mul-tipli. Le biopsie endoscopiche possono essere eseguitemediante pinza inserita nel canale di lavoro oppure utiliz-zando pinze fatte passare esternamente all’endoscopio edutilizzate poi sotto visione endoscopica. Il vantaggio di que-sta metodica è che permette la raccolta di campioni di mag-giori dimensioni, anche se può indurre copiosi sanguina-menti. Non esiste un aspetto macroscopico caratteristico peri diversi istotipi neoplastici. Nel gatto anziano è poi relativa-mente frequente il riscontro di neoplasia linfoide localizzataesclusivamente nel rinofaringe, questi soggetti possono pre-sentare scolo nasale, sternuti e soprattutto stertore. In questisoggetti è necessario eseguire la biopsia per via endoscopi-

Patologie respiratorie del gatto: come l’endoscopia ci aiuta nell’iter diagnostico corretto

Enrico Bottero

Med Vet, Cuneo

52

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 52

Page 53: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ca, tramite strumento flessibile, che deve avere un canale dilavoro sufficiente per un prelievo sottoponibile ad esameistologico (2 mm.). Infatti non sempre il rinofaringe di gattoè raggiungibile per via anterograda. La stenosi rinofaringeadel gatto è una condizione patologica rara. È stato ipotizzatoche tale patologia sia una conseguenza di pregresse condi-zioni infiammatorie nasali e rinofaringee; non si evidenziacorrelazione tra le malattie infettive retro virali e la stenosirinofaringea. L’età di insorgenza dei sintomi o comunque ilmomento in cui questi soggetti sono condotti alla visita puòessere molto variabile. Il sintomo principale delle stenosi èlo stertore, provocato dal passaggio forzato dell’aria inspira-ta ed espirata attraverso un rinofaringe ridotto. L’esameradiografico può evidenziare la deviazione dorsale del pala-to molle o una radiopacità tissutale dorsalmente al palatomolle. In corso di stenosi rinofaringea l’endoscopia permet-te una diagnosi rapida e certa. La terapia della stenosi puòessere chirurgica, endoscopica o una associazione delle duetecniche. La terapia tramite dilatazione pneumatica è mini-mamente invasiva ed efficace sia per via anterograda che pervia retrograda. I fattori prognostici negativi sono le piccoledimensioni o l’occlusione completa della stenosi, l’età avan-zata dei soggetti colpiti e la cronicità dei segni clinici. Vistala tendenza alla recidiva è consigliabile eseguire dilatazioniseriali. La paralisi laringea nel gatto è un disturbo funziona-le raro, esistono una forma congenita ed una acquisita; que-st’ultima è la più frequente. I segni clinici variano da altera-zioni della vocalizzazione e impossibilità di fare le fusa agravi crisi dispnoiche. Anche nel gatto l’esame endoscopicoè l’ausilio diagnostico più efficace per rilevare la mancata

abduzione delle cartilagini aritnoidi. A livello laringeo sipossono rilevare anche neoformazioni sia di natura benigna,come i granulomi, che maligna. Tra queste il linfoma ed ilcarcinoma squamo cellulare sono gli istotipi più frequenti.La trachea può essere sede di processi infiammatori edostruttivi. I corpi estranei rappresentano una vera e propriaurgenza clinica e l’esame endoscopico può essere risolutivose eseguito con tempestività e con attrezzatura adeguata. Leneoformazioni endotracheali possono essere sia di naturabenigna che maligna. il soggetto colpito può presentarsi allavisita con grave dispnea inspiratoria. L’esame endoscopicopermette di eseguire un prelievo bioptico, diagnosi e stadia-zione, ma anche di asportare la neoformazione sotto visionemediante anse da polipectomia. Le patologie infiammatoriedelle vie aeree inferiori nel gatto sono una condizione clini-ca frequente; l’asma felino viene sospettato sulla base deisegni clinici e della risposta alla terapia, ma la conferma dia-gnostica richiede l’esecuzione di un lavaggio bronco-alveo-lare e l’individuazione di flogosi eosinofilica. L’esame endo-scopico risulta un utile e sicuro ausilio diagnostico per que-sti obiettivi; inoltre in alcuni casi può avere anche un ruolooperativo in caso di corpi estranei. In corso di condizionineoplastiche focali o diffuse il lavaggio bronco-alveolareraramente identifica la patologia primaria.

Indirizzo per la corrispondenza:Bottero EnricoClinica Veterinaria Albese per Animali da [email protected] - 017335122

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

53

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 53

Page 54: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il rigurgito ed il vomito sono due segni clinici importan-ti e frequenti. Per i proprietari differenziarli con certezzapuò essere difficile, quindi un’accurata raccolta anamnesti-ca è fondamentale per approcciare correttamente l’iter dia-gnostico. Il rigurgito è un processo passivo di espulsione delcontenuto esofageo. Avviene quasi senza sforzo e non cisono segni premonitori a parte lo ptialismo, se è presenteesofagite o ostruzione. Il materiale espulso è spesso semi-formato e può odorare come cibo fermentato. Il vomito è ilrisultato dello sforzo coordinato dell’apparato gastroenteri-co, del sistema muscolo-scheletrico e del sistema nervosoper espellere cibo, fluidi o scorie dall’apparato digerente. Ifattori causativi di rigurgito sono molteplici, ma interessanocomunque in maniera primaria o secondaria l’esofago. Alcontrario i fattori causativi di vomito sono molto numerosie non sono ascrivibili ad un solo organo o apparato. Ne con-segue che l’iter diagnostico del vomito è più complesso edovrebbe essere accurato e standardizzato. Una volta stabi-lito che il sintomo è rigurgito il clinico deve approfondirnele caratteristiche e valutare attentamente il segnalamento.Molte patologie esofagee sono infatti congenite e l’insor-genza dei sintomi avviene in concomitanza con lo svezza-mento. Questo si verifica ad esempio in caso di megaesofa-go congenito o di anomalie dell’anello vascolare. Nel Fox-terrier e nello Schnauzer nano la trasmissione genetica delmegaesofago è stata dimostrata. Se il rigurgito si verificasubito dopo l’ingestione del cibo, le condizioni ostruttivecome stenosi o corpi estranei vanno sospettate per prime. Incaso di megaesofago invece la distanza dal pasto può esse-re molto variabile. L’esame emato-biochimico spesso è nor-male in corso di esofagopatia. L’esame radiografico è unpassaggio fondamentale nell’indagare il rigurgito. Le radio-grafie in bianco possono evidenziare i corpi estranei esofa-gei, la dilatazione esofagea diffusa o localizzata ed ancheradiopacità precardiale, da riferire a ernia iatale. La stenosiacquisita benigna, l’esofagite e l’ernia iatale possono inve-ce avere un quadro radiografico aspecifico. L’esame radio-grafico con contrasto è un ausilio diagnostico imprescindi-bile, si può utilizzare il bario liquido oppure anche il pastobaritato; in molti casi dubbi di megaesofago, corpi estranei,di stenosi o di ernia iatale questa manovra permette di ave-re una conferma diagnostica. L’esame ecografico in corso dirigurgito ha un’applicabilità limitata, soprattutto perché l’a-ria in torace non permette il corretto passaggio degli echi.Al contrario nel caso di masse mediastiniche compressivesull’esofago causative di rigurgito l’ecografia permettevisualizzazione e diagnosi mediante agoaspirazione eco-

guidata. L’esame endoscopico rappresenta spesso l’apicedell’iter diagnostico in caso di rigurgito. Le condizionipatologiche esofagee più frequenti sono l’esofagite ed ilmegaesofago. L’esofagite è una patologia probabilmentesotto diagnosticata, che ha tipicamente una sintomatologiaaspecifica e altalenante con rigurgito, disoressia e scialor-rea. La causa più importante di esofagite è il reflussogastro-esofageo, ma l’impossibilità in veterinaria di utiliz-zare phmetro e manometro esofageo rende questa diagnosicomplessa. Attualmente il riscontro di esofagite precardialee incompetenza cardiale durante l’endoscopia rappresenta ilgold standard diagnostico. Il megaesofago può essere con-genito od acquisito; anche per quest’ultima forma nellamaggior parte dei casi la causa è idiopatica (80% dei casi),ma è necessario comunque escludere la Myastenia gravistra i fattori causativi primari (80% dei casi delle forme nonidiopatiche). Il sintomo vomito si basa su un meccanismocomplesso la cui comprensione è decisiva per la diagnosi eper il trattamento precoce ed efficace. Il vomito può esseresuddiviso in tre fasi: nausea, conati ed esplulsione. Questocomplicato processo presume una coordinazione funziona-le tra gli organi coinvolti e un coordinamento centrale. Que-st’ultimo avviene nel midollo allungato nel cosiddetto cen-tro del vomito. I recettori periferici sono localizzati in varieparti del corpo: il maggior numero si trova nel duodeno che,proprio per questo motivo, è definito l’organo della nausea.Vi sono recettori anche nella parete gastrica, tuttavia questa,soprattutto nel cane, è assai più distendibile di quella inte-stinale. Altri recettori sono localizzati lungo tutto l’intesti-no, il faringe, il peritoneo e i muscoli gastrici.

I recettori centrali sono localizzati nella zona chemorecet-toriale sul pavimento del quarto ventricolo. Poiché la barrie-ra emato-encefalica a questo livello non è completa, è quiche si stimola il vomito farmaco-indotto; anche le endocri-nopatie come l’iperadrenocorticismo, il diabete mellito, l’i-pertiroidismo etc… stimolano l’emesi in questa sede. Anchel’apparato vestibolare possiede recettori centrali, che posso-no stimolare il vomito in corso di patologia a questo livello.Oltre alla conoscenza del contesto fisiopatologico dell’eme-si, la consapevolezza dei meccanismi che lo inducono è diimportanza decisiva anche ai fini terapeutici. ll medico vete-rinario in base all’anamnesi ed alla visita clinica può deci-dere se impostare un trattamento sintomatico o se iniziaresubito l’approfondimento diagnostico. Per prima cosa ènecessario definire se si tratta di vomito acuto o di vomitocronico. Il vomito viene definito acuto se insorto da meno di5 – 7 giorni. Questa condizione si verifica ad esempio in cor-

Rigurgito e vomito: due sintomi simili per patologiediverse. Approccio clinico e diagnostico

Enrico Bottero

Med Vet, Cuneo

54

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 54

Page 55: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

so di indiscrezioni della dieta o di alimentazione scorretta.Anche l’esposizione ad agenti infettivi come la parvovirosipuò indurre vomito acuto. In alcuni casi il vomito acuto puòessere il primo sintomo di un patologia cronica come l’ibd,oppure di una patologia grave di un altro apparato comeun’infezione uterina. L’anamnesi deve investigare la durata,la frequenza, il contenuto e l’associazione del vomito conaltri sintomi. La relazione con il pasto è un parametro moltoimportante che può dare informazioni importanti; ad esem-pio il vomito alimentare molto ore dopo l’ingestione deve faripotizzare un ritardato svuotamento, che sarà da definire sedi natura funzionale o meccanica. Il vomito intermittentecronico è un segno compatibile con le condizioni flogistichecroniche come l’IBD, disordini metabolici, parassitosi, rea-zioni avverse al cibo etc... La visita clinica deve prendere inconsiderazione lo stato del sensorio, le alterazioni posturali,la valutazione delle mucose, l’esame dei linfonodi, dellacute e del turgore cutaneo. L’auscultazione cardiaca, delrespiro, la palpazione e l’auscultazione dell’addominale edanche l’esplorazione rettale devono far parte della visita cli-nica. La diagnostica di laboratorio aggiunge informazioniimportanti sia per la diagnosi sia per l’impostazione tera-peutica. Ad esempio il riscontro di leucopenia in corso divomito acuto in animali giovani può indirizzare alla diagno-si di Parvovirosi mentre la linfocitosi e l’eosinofilia si pos-sono riscontrare in caso di Addison. Le malattie infiamma-torie croniche inducono tipicamente un’anemia microciticanormo o ipocromica. Gli esami biochimici permettono di

valutare la funzionalità di alcuni organi; si deve considerareparte degli esami di base la valutazione degli elettroliti. Ilmorbo di Addison è infatti l’endocrinopatia che tipicamentesimula patologie gastroenteriche causative di vomito acuto.La diagnostica per immagini comprende esame radiograficoed ecografico. In corso di vomito acuto la radiografia inbianco può evidenziare corpi estranei radiopachi o condizio-ni ostruttive intestinali; però, sopratutto in corso di vomitocronico, non dà indicazioni. L’esame ecografico permette divalutare gli organi intraddominali, evidenziando ad esempionel cane pancreatite o colecistite. Inoltre dà informazionisulla presenza di neoformazioni intraddominali e sulla peri-stalsi intestinale. Ovviamente è una tecnica influenzata dal-la capacità dell’operatore e dall’adeguatezza della strumen-tazione, inoltre la presenza di gas endoluminale nell’intesti-no può impedire la corretta visualizzazione ecografica. Allafine dell’iter diagnostico, quando le varie cause di vomitosono state progressivamente escluse l’esame endoscopicopermette di prelevare campioni bioptici gastrici, duodenali,ileali e colici. Questa manovra permette di individuare lepatologie infiammatorie croniche dell’apparato gastroenteri-co che sono una causa importante di vomito e di diarrea.

Indirizzo per la corrispondenza:Bottero EnricoClinica Veterinaria Albese per Animali da [email protected] - 017335122

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

55

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 55

Page 56: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La diarrea è un segno clinico frequente in corso di pato-logie che, primariamente o secondariamente, interessano iltratto digerente. La diarrea è definibile come una tropporapida evacuazione di feci troppo molli. La percezione dimolti proprietari è che la diarrea sia solo l’evacuazioneacquosa e profusa; invece ogni variazione in frequenza econsistenza delle feci è potenzialmente anormale. La fisio-patologia della diarrea coinvolge più meccanismi: osmosi,ipersecrezione, aumento della permeabilità mucosale e ano-mala motilità. La diarrea osmotica e da ipersecrezione sonoconsiderate le più frequenti. Ad esempio in caso di sovrali-mentazione, cambi di dieta o ingestione di cibi alterati lapresenza di soluti osmoticamente attivi nel lume intestinalerichiama liquidi che esitano poi in diarrea. La diarrea daipersecrezione deriva dall’eccesiva stimolazione degli ente-rociti delle cripte. Questo avviene spesso in corso di malat-tie infettive come colibacillosi o salmonellosi ma anchedurante la sovracrescita batterica. La diarrea ipersecretoriapuò causare effetti devastanti sull’equilibrio idrico, elettro-litico e acido-basico, soprattutto nei neonati. Il meccanismoche induce un’aumentata permeabilità è causato ed accom-pagnato, normalmente, da fenomeni infiammatori, erosivied anche ulcerativi della mucosa intestinale. Questo si veri-fica ad esempio in corso di ibd e neoplasie. La diarrea daalterata motilità è spesso secondaria a stimolazione nervosache aumenta la motilità con diminuzione delle contrazionisegmentarie; questo provoca un trasporto delle ingesta trop-po rapido per permettere un’adeguata digestione deinutrienti ed un adeguato assorbimento dei liquidi, creando ipresupposti per una diarrea osmotica. Nella maggior partedei casi i meccanismi fisiopatologici della diarrea si interse-cano e si sovrappongono. In tutti i pazienti il segnalamentova sempre valutato con attenzione. Esistono patologie tipi-che della razza come la colite istiocitaria del Boxer o l’en-teropatia glutine sensibile del Setter Irlandese, etc... Inoltresono epidemiologicamente evidenti anche delle predisposi-zioni di razza come l’insufficenza pancreatica nel PastoreTedesco o la linfangectasia primaria nello York-shire Ter-rier. L’approccio clinico deve prevedere un’accurata raccol-ta anamnestica ed una visita clinica approfondita. Il primoobiettivo è capire le condizioni generali del paziente e se lasintomatologia è acuta o cronica. In secondo luogo è neces-sario definire se la diarrea deriva dal piccolo o dal grossointestino o da entrambi. L’urgenza defecatoria, l’aumentatafrequenza, la presenza di muco, tenesmo e sangue non dige-rito sono più tipici della diarrea del grosso intestino. Il volu-me fecale, aumentato in corso di diarrea del piccolo intesti-

no, è invece un parametro che può trarre in inganno il pro-prietario. Anche i segni clinici associati come il dimagra-mento, la presenza di vomito o rigurgito etc… vanno appro-fonditi e va cercato un possibile collegamento con la diar-rea. Alcune patologie, tra cui l’ibd, possono indurre segniclinici sia del piccolo che del grosso intestino. In caso didiarrea acuta non preoccupante, se le condizioni generali delpaziente sono buone, si può scegliere di intraprendere unaterapia medica sintomatica. In alcuni casi la diarrea acutapuò essere rischiosa per la vita del paziente. Questo accadein caso di malattie infettive come la Clostridiosi o la Sal-monellosi, ma anche in corso di intussuscezione ileo-colicao HGE (Gastro-enterite emorragica). Quest’ultima patolo-gia si presenta in pazienti adulti / anziani di taglia piccolache presentano ematemesi ed ematochezia associate adabbattimento. In questi pazienti si rileva un ematocrito mol-to elevato associato a proteine totali normali o poco aumen-tate. Anche il morbo di Addison può indurre grave vomito ediarrea acuta in pazienti molto depressi che tipicamenterispondono bene alla fluido terapia. In corso di diarrea cro-nica l’approccio clinico deve essere sistematico e standar-dizzato. Esistono vari algoritmi diagnostici e non è possibi-le dire quale sia il migliore; l’importante è sceglierne uno edapplicarlo correttamente. L’esame delle feci va eseguito inmaniera sistematica mediante flottazione su campioni rac-colti per almeno tre giorni consecutivi. È comunque corret-to eseguire una sverminazione ad ampio spettro, ad esempiomediante Fenbendazolo a 50 mg/kg PO per 5 giorni conse-cutivi. Le indagini di laboratorio di base comprendono l’e-mocromocitometrico ed il profilo biochimico. In corso didiarrea cronica è possibile individuare anemia di grado lie-ve normocitica e normo o ipocromica. In molti casi l’emo-cromo è normale. Il profilo biochimico può dare informa-zioni sulla condizione epatica, renale e metabolica. Se incorso di diarrea il soggetto presenta ipoalbuminemia biso-gna escluderne l’origine renale o epatica prima di focalizza-re le indagini sull’intestino. In base al quadro clinico si pos-sono eseguire indagini di laboratorio più approfondite. Esi-stono esami specifici per valutare la funzionalità epaticacome gli acidi biliari pre e post prandiali, il test di stimola-zione con ACTH per il morbo di Cushing e il morbo diAddison, la valutazione del T4 e free T4 per la funzionalitàtiroidea etc… Quando l’iter diagnostico ha focalizzato lacausa della diarrea nel tubo digerente è possibile eseguireesami biochimici specifici per questo apparato. Il Tli per-mette di valutare la funzionalità pancreatica. Nei soggetticon quadro clinico, segnalamento ed anamnesi compatibile

La diarrea. Un sintomo frustrante per il cane e per il proprietario. Approccio clinico e diagnostico

Enrico Bottero

Med Vet, Cuneo

56

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 56

Page 57: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

questo esame viene eseguito già alla prima visita. La c-PLIe la f-PLI sono test sensibili e specifici per individuare lapancreatite. La valutazione della Cobalamina e dei Folatimira ad individuare la sede del malassorbimento, rispettiva-mente nella porzione caudale e craniale del tenue. La dia-gnostica per immagini viene utilizzata, a seconda dellasituazione clinica, prima o dopo i test biochimici. L’esameradiografico può dare informazioni riguardo alla presenza dicorpi estranei radiopachi e segni di ostruzione totale o par-ziale; purtroppo non esistono criteri radiografici sensibiliper individuare le patologie infiammatorie, quindi in corsodi diarrea cronica molto spesso l’esame radiografico è nor-male o poco significativo. L’esame contrasto grafico consolfato di bario può dare informazioni riguardo alle condi-zioni ostruttive, ma non è un test efficace per valutare lamorfologia mucosale dell’intestino; in quanto è soggetto atroppe variabili sia nella fase esecutoria che in quella inter-pretativa. L’esame ecografico dà informazioni sulla capaci-tà peristaltica intestinale, sulla presenza di neoformazioni oalterazioni del parenchima degli organi addominali e dei lin-fonodi mesenterici. Esistono recenti pubblicazioni che indi-viduano alterazioni ecografiche tipiche e ripetitive in corsodi patologie infiammatorie. In genere la perdita della strati-grafia permette di discriminare le condizioni neoplasticheda quelle infiammatorie. La presenza di gas è una frequentecomplicazione dell’indagine ecografica addominale. Laseconda fase dell’iter diagnostico nel paziente gastro-ente-ropatico cronico mira ad escludere la diarrea dieta-responsi-va e antibiotico-responsiva. La diarrea dieta-responsivacomprende sia l’allergia che l’intolleranza alimentare. Ènecessario sottoporre il paziente a dieta ad eliminazione da

scegliere rigorosamente in base all’anamnesi alimentare.Bisogna variare non solo il contenuto, ma anche la formula-zione dell’alimento. In caso di allergia alimentare per con-fermare la diagnosi è necessario dimostrare la recidiva deisintomi dopo la reintroduzione del vecchio alimento; questova reintrodotto un ingrediente per volta. Nel gatto recente-mente un articolo ha evidenziato come circa il 50% dei gat-ti curati con steroidi per patologia infiammatoria intestinaleaveva una risoluzione dei sintomi con il cambio di dieta. Perdiagnosticare la diarrea antibiotico responsiva non esiste untest laboratoristico esaustivo. La coltura del succo duodena-le, utilizzato in medicina umana, non è un test sensibile néspecifico; così come la valutazione dell’idrogeno nell’espi-rato o l’esame istologico. La diagnosi di ARD (diarrea anti-biotico responsiva) si raggiunge quindi tramite la valutazio-ne clinica e la risposta ex-juvantibus alla terapia antibiotica.Il metronidazolo, la tilosina e l’ossitetraciclina sono i prin-cipi attivi maggiormente utilizzati. A questo punto se ladiarrea persiste bisogna eseguire un esame endoscopico del-l’apparato gastroenterico. Le biopsie devono essere nume-rose, eseguite con tecnica appropriata e sottoposte a valuta-zione istologica. La diagnosi di malattia infiammatoria inte-stinale rappresenta spesso il punto di arrivo dell’iter diagno-stico della diarrea cronica, visto che si tratta di una diagno-si per esclusione che necessita della conferma istologica.

Indirizzo per la corrispondenza:Bottero EnricoClinica Veterinaria Albese per Animali da [email protected] - 017335122

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

57

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 57

Page 58: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

L’uso della lidocaina cloridrato in infusione endovenosa incorso di anestesia generale nel cane è relativamente recente.

La lidocaina è uno degli anestetici locali più utilizzati inmedicina veterinaria in virtù del suo basso costo, dell’ampiomargine di sicurezza e della rapida comparsa del blocco. Oltrealla sua spiccata azione antiaritmica, recentemente si è dimo-strata utile ausilio in anestesia generale quando somministra-ta in infusione endovenosa. Studi clinici, in medicina umana eveterinaria, hanno evidenziato che l’utilizzo di questo aneste-tico per via endovenosa determina una riduzione della con-centrazione media di alogenato e un certo grado di analgesia.

Le prime valutazioni, condotte intorno agli anni ’60 ’70,vennero rapidamente interrotte per i gravi effetti collaterali acarico del sistema nervoso e cardiocircolatorio, conseguentiad accumulo e sovradosaggio del farmaco. Dagli studi piùrecenti, invece, si evince che la gestione anestesiologica deisoggetti trattati con lidocaina a concentrazioni plasmaticheadeguate (2-7 µg/ml), risulti scevra di importanti effetti col-laterali.

La lidocaina è risultata un valido supporto nel trattamen-to del dolore intra- e post-operatorio ed inoltre, determinan-do la diminuzione della concentrazione media di alogenato,consente di mantenere stabili i principali parametri cardio-vascolari. Il suo utilizzo infine può essere di valido aiutocome stabilizzante di membrana delle cellule cardiache perprevenire le disaritmie più facilmente riscontrabili durantel’anestesia generale.

È stato evidenziato inoltre, l’importante ruolo della lido-caina come antiossidante attraverso la modulazione dellarisposta infiammatoria. Potrebbe quindi risultare interessan-te il suo impiego nel prevenire i danni da riperfusione post-ischemica, nella sindrome da risposta infiammatoria sistemi-ca (SIRS) e in quella da disfunzione multipla di organo(MODS).

MECCANISMO D’AZIONE

La lidocaina, alla stessa stregua degli altri anestetici loca-li, previene o elimina il dolore interrompendo la trasmissio-ne dello stimolo lungo la fibra nervosa.

La normale conduzione nervosa prevede la propagazionedi un segnale elettrico generato dal rapido movimento di pic-cole quantità di ioni (sodio e potassio) attraverso la mem-brana della cellula nervosa. Il passaggio degli ioni attraversole membrane avviene tramite alcune proteine speciali dettecanali ionici. Sia il potenziale di riposo che la generazione etrasmissione di un impulso nervoso dipendono dalla diversaconcentrazione ionica ai due lati della membrana della cel-lula nervosa (membrana semipermeabile). La membrananeurale, allo stato di riposo è in grado di mantenere una dif-ferenza di voltaggio (da 60 a 90 mV) tra il suo lato esterno equello interno. Questo stato di riposo detto anche potenzialedi riposo o transmembranario (stato di “polarizzazione”)dipende da:

-Differente composizione ionica fra l’esterno e l’interno-Presenza di una membrana che suddivide i due compar-timenti comportandosi selettivamente riguardo la per-meabilità ai singoli ioni

In condizioni di riposo la membrana neurale è relativa-mente impermeabile agli ioni Na+ e selettivamente permea-bile agli ioni K+ (la concentrazione del potassio è più altaall’interno della cellula rispetto all’esterno, mentre per ilsodio è l’esatto contrario).

Un meccanismo attivo (pompa Na+-K+), energia dipen-dente (ATP) mantiene questa differenza di potenzialemediante una costante estrusione di Na+ dall’interno dellacellula in cambio di un riassorbimento di K+. Il canalerapido del sodio è il recettore specifico su cui agiscono glianestetici locali. L’ipotesi più accreditata suggerisce chequesti agiscano legandosi alle subunità proteiche dei cana-li per il Na+, impedendo di fatto l’ingresso massivo di ioniNa+ e quindi la fase di depolarizzazione. Quando un nume-ro adeguato di canali del Na+ è bloccato, il potenziale d’a-zione non raggiunge il livello soglia e nessun impulso vie-ne condotto.

Il meccanismo che sta alla base dell’effetto anestetico nonspiega completamente l’effetto analgesico. Sono state avan-zate diverse ipotesi. L’analgesia centrale dovuta alla sommi-nistrazione sistemica di anestetico locale potrebbe ancheessere spiegata attraverso la presenza di meteboliti attivi, chesvolgerebbero azione glicino-simile.

Lidocaina in infusione continua per il controllo del dolore intra e perioperatorio, facciamo un po’ di chiarezza: utile…inutile…o pericolosa?

Antonello Bufalari

Med Vet, PhD, Perugia

Luigia Bonifazi, Med Vet, Perugia - Ilaria Cerasoli, Med Vet, Perugia

Chiara Maggio, Med Vet, Perugia - Rossana Barontini, Med Vet, Perugia

58

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 58

Page 59: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Sicuramente la lidocaina riduce il dolore interagendo coni recettori degli oppioidi µ e k, modulando la formazione diAMP-C.

La lidocaina, inoltre, ha un minimo effetto inotropo nega-tivo ed è priva di effetti sul sistema nervoso autonomo.

EFFETTI COLLATERALI

La lidocaina, a concentrazioni plasmatiche ottimali (2-7µg/ml), non determina significativi effetti collaterali. A dosag-gi superiori possono comparire manifestazioni gastroenteri-che ed il vomito è il primo sintomo di tossicità. A dosaggiancora superiori possono manifestarsi segni neurologici qualisonnolenza, agitazione, disorientamento, diminuzione dell’u-dito, tremori muscolari e convulsioni, fino ad arresto respira-torio, cardiocircolatorio e morte.

Inizialmente l’anestetico locale provoca una depressioneselettiva dei neuroni inibitori della corteccia cerebrale, libe-rando di conseguenza la funzione dei neuroni facilitatori,con attività eccitatoria e convulsiva. Un aumento della con-centrazione di anestetico locale porta all’inibizione sia suicircuiti inibitori che facilitatori e segue rapidamente un qua-dro di depressione globale sul SNC. Durante l’anestesiagenerale o in presenza di farmaci che deprimono il SNC, puòavvenire depressione del SNC senza una fase eccito-convul-siva precedente.

Gli effetti cardiovascolari compaiono per concentrazioniplasmatiche molto superiori a quelle necessarie a provocareeffetti tossici sul SNC. Gli effetti sul cuore possono essere diorigine elettrofisiologica (riduzione della velocità di depola-rizzazione con conseguente bradicardia ed altri tipi di arit-mie) e meccanica (azione inotropo negativo); entrambi pro-vocano una riduzione della gittata cardiaca. L’effetto sullamuscolatura liscia vasale periferica può risultare bifasico. Abasse concentrazioni l’anestetico può provocare vasocostri-zione, per contro l’effetto clinico più comune, soprattutto aconcentrazioni più elevate, è un leiomiorilasciamento conconseguente vasodilatazione. Quest’ultima e la ridotta gitta-ta cardiaca determinano ipotensione.

IMPIEGO CLINICO DELLA LIDOCAINA IN INFUSIONE

Gli effetti della lidocaina somministrata in infusione endo-venosa sono stati oggetto di numerosi studi condotti negli ulti-mi anni sia sull’uomo che sugli animali.

L’infusione continua di lidocaina si è rivelata vantaggiosaper numerosi aspetti: nell’uomo ha dimostrato di essere effi-cace nel trattamento del dolore post-operatorio e dopo chi-rurgia addominale, nonché nel trattamento dell’iperalgesia;nel ratto affetto da dolore neuropatico, se somministrata inpremedicazione, sembra ritardare la comparsa di iperalgesia.

Nel cane è stato riportato che l’infusione di lidocainadiminuisce la MAC di anestetico inalatorio (a seconda deglistudi presi in esame) dal 18% fino al 44% e proprio questanotevole riduzione sembra dimostrare l’effettivo potere anal-gesico della lidocaina somministrata in infusione.

La lidocaina in infusione nel gatto è sconsigliata per lamarcata depressione cardiovascolare che si può verificare,pertanto i vantaggi in termini di riduzione della MAC nongiustificano il suo impiego in questa specie.

La somministrazione sistemica di lidocaina per il control-lo del dolore intraoperatorio nel cane prevede l’utilizzo diuna dose di carico (2 mg/kg, EV) seguita da un’infusionecontinua pari a 50-250 µg/kg/min (3-15 mg/kg/h).

Bibliografia

Doherty T.J., Frazer D.L. Effect of intravenous lidocaine on halothane mini-mum alveolar concentration in ponies. Eq. Vet. J. 1998, 30: 300-303.

Hirota K. et al., Interaction of local anaesthetics whit recombinant, κ and δopioid receptors espresse in Chinese hamster ovary cells. BritishJournal of Anaesthesia, 2000.

Pypendop BH, Ilkiw JE, et al. (2006). Effects of intravenous administrationof lidocaine on the thermal threshold in cats. Am J Vet Res.

Ravasio G., Ferrando A., et al. Effetto analgesico della somministrazione ininfusione continua di lidocaina cloridrato nella chirurgia perineale delcane. XII Congresso Nazionale Società Italiana di Chirurgia Veteri-naria, S.I.C.V., Pisa 2005: 163-165.

Smith L.J., Bentley E., et al. Systemic lidocaine infusion as an analgesic forintraocular surgery in dogs: a pilot study. Vet. Anesth. Analg. 2004,31: 53-63.

Smith L.J. et al.,Continual systemic infusion of lidocaine provides analge-sia in an animal model of neuropathic pain. Pain 2002, 97:267-273.

Tanelian DL., Maciver MB., 1991. Analgesic concentration of lidocainesuppress tonic A-δ and C-fiber discharges produced by acute injury.Anesthesiology 74, 934-936.

Valverde A., Doherty T.J., et al. Effect of lidocaine on the minimum alveo-lar concentration of isoflurane in dogs. Vet. Anesth. Anal. 2003,30: 100-120.

Indirizzo per la corrispondenza:Sezione di Clinica Chirurgica e Radiodiagnostica VeterinariaFacoltà di Medicina Veterinaria di PerugiaVia S. Costanzo 4, 06126Tel/fax 075/5857710 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

59

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 59

Page 60: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le isole di Langerhans comprendono cellule α (20%; glu-cagone), β (60-75%; insulina), δ (somatostatina) e F (o P,polipeptide pancreatico). Il tumore più frequente è l’insuli-noma; molto più rari sono gastrinoma, glucagonoma, soma-tostatinoma e carcinoidi1.

INSULINOMA. Raro, prevale in cani di taglia medio-grandedi 9-10 anni ma può colpire anche soggetti più giovani o piùanziani. Nel gatto è molto raro e rappresenta invece il 20%dei tumori nel furetto.

La maggior parte degli insulinomi canini è maligna, conmetastasi (soprattutto linfonodi regionali e fegato) alla pre-sentazione nel 50% dei soggetti. La produzione di insulina èin genere autonoma. Il quadro clinico è dominato dall’ipo-glicemia i cui segni (neurologici) si accentuano con eserci-zio, digiuno e, talvolta, con l’assunzione di cibo; in seguito,per l’adattamento del SNC, anche a valori di 20-30 mg/dl isegni divengono meno gravi. La maggior parte degli insuli-nomi è diagnosticata, secondo uno studio, nei mesi estivi2.

La diagnosi è presuntiva1 e basata su: segni clinici e ipo-glicemia/insulinemia alta o normale (valore alto del range dinormalità). La somministrazione di glucosio risolve i segniclinici (3° segno della triade di Whipple; oltre a ipoglicemiae iperinsulinemia). Opportuno escludere altre cause di ipogli-cemia: artefatti, altri tumori pancreatici (ad es. peptidomi) odi altra sede (epatoma, muscolatura liscia dell’intestino, sali-vari, melanoma maligno, etc), etc.. Il prelievo di sangue vaeseguito a digiuno (monitoraggio della glicemia almeno ogniora) per la valutazione contemporanea di glicemia e insuli-nemia (quando la glicemia è < 60 mg/dl). Se la glicemia ènormale ma il sospetto di insulinoma è fondato, si è segnala-to che la determinazione delle fruttosamine e dell’emoglobi-na glicosilata può essere di aiuto (entrambe ridotte in caso diinsulinoma)3,4. La valutazione del rapporto glucosio:insulinao insulina:glucosio (anche corretto) può fornire risultati fal-samente positivi. L’ecografia addominale è utile per lesioni diuna certa dimensione e per le metastasi. Lavori recenti, anchese basati su pochi casi, hanno dimostrato l’utilità dell’angio-grafia in fase arteriosa con TC5,6, con alta corrispondenza coni rilievi chirurgici. Altre possibili tecniche riportate per l’in-dividuazione prechirurgica dell’insulinoma sono: scintigrafia(incostante), blu di metilene endovena (incostante e possibilieffetti collaterali) ed ecografia intraoperatoria. La ricerca del-le metastasi polmonari è in genere negativa. La diagnosi defi-nitiva è istopatologica (anche immunoistochimica - cromo-granina A e enolasi neurospecifica) e la stadiazione TNM èpost-chirurgica (Tab. 1)7.

La glicemia va stabilizzata prima della chirurgia. L’ipo-glicemia si tratta con zucchero (sciroppo, tavolette o miele);se in clinica, per infusione endovenosa di glucosio. In alter-nativa, è descritta l’infusione continua di glucagone (5-15ng/kg/min). Per le convulsioni sono indicati diazepam edeventualmente barbiturici. Necrosi cerebrale sottocorticaleresponsabile di fenomeni convulsivi non responsivi a tratta-mento si può produrre a seguito di intense crisi ipoglicemi-che8. La fluidoterapia intra- e post-operatoria aiuta a preve-nire la pancreatite iatrogena, così come il digiuno postchi-rurgico per 1-2 giorni. Il pancreas e tutto l’addome sono esa-minati mediante ispezione e palpazione. Il rilievo del tumo-re primario è in genere agevole mentre alcune metastasi pos-sono potenzialmente essere omesse. Ogni area sospetta varimossa o biopsiata. Se la/e lesione/i è/sono a livello del cor-po del pancreas, l’escissione è marginale, se a carico di unodei lobi si procede a pancreatectomia parziale. Dopo l’inter-vento la glicemia va controllata 2-3 volte/die nei primi 4-5giorni. Il successo dell’intervento è documentato dall’iper-glicemia, in genere transitoria (alcuni giorni fino ad alcunimesi e raramente è necessario somministrare insulina). Lapersistenza dell’ipoglicemia indica non completa escissionetumorale; se ciò accade il soggetto è gestito con terapia

Neoplasie del pancreas endocrino: approccio diagnostico e terapeutico ragionato

Paolo Buracco

Med Vet, Dipl ECVS, Torino

60

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

TABLE 1 - Stadio clinico (tnm) dell’insulinoma7

T Tumore pancreatico primarioT1 tumore localizzatoT2 tumore a invasività intermediaT3 tumore invasivo

N Linfonodi Regionali (LR) (portali, splenici, epatici,etc)N0 nessuna evidenza di coinvolgimento linfonodaleN1 LR coinvoltiN2 LR bilaterali coinvolti

M Metastasi lontaneM0 nessuna evidenza di metastasi lontaneM1 evidenza di metastasi lontane - specificare sede

...................

Stadio I T(1)N0M0Stadio II T(1-3)N1M0Stadio III T(1-3)N0(1)M1

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 60

Page 61: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

medica2. Quest’ultima, come singolo presidio o in associa-zione alla chirurgia, si basa su: ambiente tranquillo, 3-5 pastial giorno (ricchi in carboidrati complessi); successivamente,prednisone (0,3-2,5-3 mg/kg per os.), alla dose minima utilea prevenire i segni clinici. Farmaci più specifici per l’ipogli-cemia sono diazossido, somatostatina e octreotide (analogodella somatostatina) i cui risultati sono però incostanti. Far-maci anti-insulinoma più specifici sono streptozotocina edallossano, entrambi caratterizzati da notevole tossicità.

La giovane età e il grado di iperinsulinemia sembrano gio-care un ruolo negativo sulla sopravvivenza. La chirurgia èdifficilmente curativa; comunque, la maggior parte dei sog-getti nel postoperatorio diventa progressivamente euglicemi-ca ma alcuni sviluppano diabete mellito e/o insufficienzapancreatica esocrina (per rimozione di gran parte dellaghiandola o per resezione di entrambi i dotti). La sopravvi-venza media dei cani trattati in forma medica è circa 1 anno.Per quelli trattati chirurgicamente, la sopravvivenza media-na è più lunga9 per quanto influenzata dallo stadio clinico: inparticolare da 6 mesi (stadio III) a 18 mesi (stadi I e II). Lesopravvivenze oltre 2 anni sono possibili anche nei soggettigià metastatici alla presentazione ma il ricorso alla terapiamedica diventa essenziale2. Nello studio di Polton, lasopravvivenza mediana dei 28 cani esaminati è stata di 547giorni, mentre per i 19 sottoposti a pancreatectomia parzialedi 785 giorni mentre per quelli trattati in forma medica di452 giorni; in quelli, infine, che hanno ricevuto, al momen-to della recidiva postchirurgica, anche prednisone (o predni-sone e diazossido) di 1316 giorni. In questo lavoro, l’eugli-cemia post-operatoria piuttosto che lo stadio clinico sembraaver maggiormente influenzato la sopravvivenza (forse per illimitato numero di casi considerati e tutti T1). La chirurgia,secondo tali autori, è giustificata anche negli stadi II e III.

GASTRINOMA E GLUCAGONOMA (1). Tumori molto rari edentrambi maligni e metastatici, secernenti gastrina il primo(con conseguenti vomito ed ulcerazioni gastriche fino allapotenziale peritonite), e glucagone il secondo (in associazio-ne a lesioni cutanee peculiari - dermatite necrolitica superfi-ciale, dermatopatia diabetica, sindrome epatocutanea, erite-ma migrante necrolitico con ipercheratosi dei cuscinettiplantari, dermatosi erosive, eritematose e crostose intornoagli occhi e su muso, genitali, perineo, orecchie, etc).

Le SINDROMI DELLE NEOPLASIE ENDOCRINE MULTIPLE,caratterizzate da coinvolgimento della componente APUD dipiù ghiandole a secrezione interna (tiroide, paratiroide, pan-creas, surrene e, meno frequentemente, ipofisi) con conse-guente aumento di specifici ormoni, rappresentano eventisporadici nei nostri animali1.

Il trattamento è in genere riservato alla condizione endo-crino-metabolica e al tumore che mettono maggiormente arischio la vita dell’animale.

Bibliografia

1. Polton GA, White RN, Brearley MJ, et al., (2007), Improved survivalin a retrospective cohort of 28 dogs with insulinoma. J Small AnimPract 48:151-6.

2. Buracco P., (2007), Tumori endocrini. In Oncologia del cane e delgatto, a cura di Romanelli G., Elsevier Masson.

3. Elliot DA, Nelson RW, Feldman EC, et al., (1997), Glycosylatedhemoglobin concentrations in the blood of healthy dogs and dogswith naturally developing diabetes mellitus, pancreatic beta-cell neo-plasia, hyperadrenocorticism, and anemia. JAVMA 11: 723-7.

4. Mellanby RY, Herrtage ME., (2002), Insulinoma in a normoglycae-mic dog with low serum fructosamine. J Sm Anim Pract 43:506-8.

5. Mai W, Cáceres AV.,(2008), Dual-phase computed tomographicangiography in three dogs with pancreatic insulinoma. Vet RadiolUltrasound, 49(2):141-8.

6. Iseri T, Yamada K, Chijiwa K, et al., (2007), Dynamic computedtomography of the pancreas in normal dogs and in a dog with pan-creatic insulinoma. Vet Radiol Ultrasound 48(4):328-31.

7. Caywood DD, Klausner JS, O’Leary TP, et al., (1988), Pancreaticinsulin-secreting neoplasms: clinical, diagnostic, and prognostic fea-tures in 73 dogs. JAAHA 24:577-84, 1988.

8. Shimada A, Morita T, Ikeda N, et al., (2000), Hypoglycaemic brainlesions in a dog with insulinoma. J Comp Pathol 122:67-71.

9. Tobin RL, Nelson RW, Lucrov MD, et al., (1999), Outcome of surgi-cal versus medical treatment of dogs with beta cell neoplasia: 39cases (1990-1997). JAVMA 215: 226-30.

Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buraccoprof. ordinario di Clinica Chirurgica VeterinariaFacoltà di Medicina VeterinariaVia Leonardo da Vinci 44, 10095, Grugliasco (Torino)Tel. 011 6709063Fax 011 6709165E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

61

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 61

Page 62: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il taping neuro muscolare è una tecnica correttiva mecca-nica e sensoriale che favorisce la circolazione sanguigna elinfatica nell’area trattata e coadiuva il lavoro fisiatrico nel-la risoluzione di alcune patologie muscolari ed articolaridegenerative e traumatiche2, 10. Questa tecnica consiste nel-l’applicazione di un nastro adesivo elastico sulla cute al finedi ottenere effetti benefici sia sul sistema muscolo-scheletri-co che sugli organi interni. La stimolazione cutanea ha inol-tre un effetto indiretto anche sugli strati sottostanti. Il TapingNeuro Muscolare è indicato nelle infiammazioni e rigiditàarticolari, nell’affaticamento muscolare e nei postumi ditraumi1, cioè in tutte quelle situazioni ove si verifichi com-pressione dello spazio linfatico e limitazione della circola-zione della linfa e del microcircolo. La compressione com-porta, infatti, una pressione sui recettori del dolore sotto-stanti la pelle. Questo tipo di dolore è conosciuto come mial-gia o più semplicemente come dolore muscolare2. L’applica-zione del nastro, riduce la compressione sollevando la cute,facilita la circolazione linfatica e il microcircolo sanguigno,permettendo, in questo modo, il migliore drenaggio degliessudati. L’azione del nastro agisce sul dolore5, alleviando-lo, e determina una forte riduzione dell’affaticamentomuscolare così da consentire il miglioramento della rispostamotoria4. Da queste brevi premesse ben si può intuire ilcarattere innovativo della tecnica in questione, la quale nonpuò in alcun modo essere equiparata ai bendaggi attualmen-te in uso in medicina veterinaria, i quali hanno quale unicoscopo la limitazione drastica del movimento dei muscoli odelle articolazioni interessate. Non sempre la riduzione del-la mobilità ottenuta dai bendaggi è utile al fine perseguito. Inalcuni casi, infatti, le condizioni di immobilità determinanodanni sia a livello articolare7 (ectasia della capsula articola-re, rigidità articolare e degenerazione cartilaginea) chemuscolare8 (ipotrofia ed ipotonia muscolare). La stimolazio-ne del Taping Neuro Muscolare permette, invece, un movi-mento controllato, rispettando i limiti fisiologici del movi-mento articolare e muscolare. Il nastro utilizzato per ilTaping è costituito da uno strato di cotone di pochi millime-tri con adesivo acrilico (latex free) steso ad onde; la superfi-cie adesiva è protetta da carta removibile. È caratterizzato daun’elasticità (solo in lunghezza) simile a quella cutanea.Queste sue caratteristiche rendono la scelta del nastro di par-ticolare rilevanza per la buona riuscita dell’applicazione.

Inoltre, a seconda del tipo di tecnica, si avranno risultati ecampi d’applicazione differenti. La tecnica ‘decompressiva’prevede l’utilizzo del tape senza sfruttarne l’elasticità; inquesto caso, infatti, il nastro non verrà tirato; al contrario, la

cute dell’area interessata dalla lesione dovrà essere tesamediante lo stiramento del muscolo e delle articolazioniinteressate. Dopo l’applicazione, quando i muscoli e la pel-le saranno tornati nella loro posizione d’origine, il nastroformerà delle ‘grinze’ cutanee che durante il movimentopassivo o attivo dell’arto, determineranno continui micro-movimenti3. Questi stimoleranno i recettori della cute e deglistrati sottostanti, inviando stimoli propriocettivi a livello delsistema nervoso centrale e determinando una rispostamuscolare riflessa. Le tecniche di correzione articolare sfrut-tano, invece, le capacità di allungamento del nastro. Il gradodello stimolo è determinato dalla percentuale della trazioneapplicata al nastro durante l’applicazione e dal grado di ten-sione. Determinante per la cura della patologia è anche lascelta del taglio del ‘tape’. Il cerotto può essere infatti appli-cato come striscia unica, a forma ‘Y’, ‘X’ o a ventaglio. Lastriscia unica sarà applicata per agire su muscoli profondi, la‘Y’ o la ‘X’ per i muscoli di media profondità, il ventagliosarà invece molto utile per le zone più superficiali e per favo-rire il drenaggio linfatico. I nastri possono essere di colorediverso, sebbene alla diversa colorazione non corrispondauna differenza sostanziale né per le caratteristiche del nastro,né per l’applicazione a cui è destinato. Il colore del nastro,quindi, non influisce in alcun modo sulla patologia e sulbuon esito della terapia. Per una corretta attuazione della tec-nica è necessario seguire alcune regole fondamentali: ilpaziente va rasato e la pelle va accuratamente lavata, disin-fettata e asciugata. Il ‘tape’ va poi applicato direttamente sul-la cute avendo cura di toccare il nastro il meno possibile inmodo da preservarne l’adesività. Il Taping neuro muscolarepuò essere un valido ausilio per la riabilitazione; nel parti-colare troviamo una sua corretta applicazione in caso diematomi, edemi, congestione linfatica o sanguigna, contrat-ture, stiramenti o danni del muscolo, infiammazioni, lieviinstabilità articolari e deficit esterocettivi o propriocettivi11.È inoltre un valido aiuto per migliorare la postura nei pazien-ti neurologici9, per ridurre il dolore articolare e per miglio-rare l’escursione articolare nei pazienti ortopedici6.

Questa tecnica, già molto utilizzata in medicina Umana,ha trovato alcune applicazioni anche in Medicina Veterinarianel cavallo, mentre non risultano fino ad oggi in letteraturaapplicazioni cliniche nei piccoli animali. L’esperienza del-l’autore, invece, ha permesso di testare e verificare l’effica-cia della tecnica anche su cani e gatti, pur non senza parti-colari accorgimenti. Infatti le prime difficoltà incontratedurante l’utilizzo del Taping neuro muscolare negli animalidomestici riguardano l’adesività del nastro sulla cute dei pic-

Campi di applicazione del TNM in Medicina Veterinaria

Francesca Cazzola

Med Vet, San Martino, Novara

62

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 62

Page 63: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

coli animali su cui, come è noto, qualunque tipologia dicerotto aderisce in modo meno efficace, sia per le caratteri-stiche peculiari della cute rispetto a quella dell’uomo che perle caratteristiche della colla del nastro, studiata per la pelledell’uomo. Altra importante differenza rispetto all’applica-zione in umana riguarda la capacità di scorrimento della cutesui tessuti sottostanti che essendo maggiore nei piccoli ani-mali potrebbe interferire negativamente sull’efficacia dellaterapia. Sarà quindi utile per ottenere dei buoni risultati nel-la pratica dei piccoli animali, prestare particolare cura eattenzione al posizionamento del nastro sulla cute che dovràessere sostituito più frequentemente rispetto all’uomo. L’ap-plicazione del tape richiederà inoltre particolare collabora-zione da parte del paziente. Data la grande versatilità dellatecnica di taping, è comunque possibile applicarlo sia suigatti che su cani di diverse dimensioni e affetti da diversepatologie.

Bibliografia

1. Bialoszewski D, Wozniak W, Zarek S ‘Clinical efficacy of kinesio-logy taping in reducing edema of the lower limbs in patients treatedwith the ilizarov method—preliminary report.’ Ortop TraumatolRehabil. 2009 Jan-Feb;11(1):46-54.

2. Blow David, ‘Taping NeuroMuscolare e fatica muscolare’. Newslet-ter “Taping - Neuro Muscolare TNM.

3. Blow David, ‘Taping Neuromuscolare nella riabilitazione della Ernia’del disco lombare’. Newsletter Taping - Neuro Muscolare TNM.

4. Catucci Maria, Università degli studi di Ferrara, Facoltà di Medicinae Chirurgia ‘Studio lombalgia con controllo sulla mobilità articolaree VAS del dolore con Taping NeuroMuscolare’. Newsletter “Taping -Neuro Muscolare TNM.

5. Janet H.L. Keet, Janine Gray, Yolande Harley and Mike I. Lambert:‘The effect of medial patellar taping on pain, strength and neuromu-scular recruitment in subjects with and without patellofemoral pain‘Physiotherapy’ Volume 93, Issue 1, March 2007, Pages 45-52.

6. Mariani Virginio, fisioterapista e docente di TNM: ‘Il taping neuromuscolare nelle patologie articolari ed extra-articolari’ NewsletterTaping - Neuro Muscolare TNM.

7. Millis L., Levine D, Taylor A. ‘Canine Rehabilitation and physicaltherapy’ pp 113-122 ed. Saunders Elseviers 2004.

8. Millis L., Levine D, Taylor A. ‘Canine Rehabilitation and physicaltherapy’ pp 123 -130 ed. Saunders Elseviers 2004.

9. Ozer D, Senbursa G, Baltaci G, Hayran M ‘The effect on neuromu-scular stability, performance, multi-joint coordination and proprio-ception of barefoot, taping or preventative bracing’ 2009 Dec; 19(4):205-10.Epub 2009 Sep 18.

10. Raul Oliveira, P.T., MSc, Scuola Superiore di Sanità - Dipartimentodi Terapia Fisica, Facoltà di Cinetica Umana - Università Tecnica diLisbona: ‘Danni ai tessuti molli in sportivi - il contributo della tecni-ca Kinesiotaping’.

11. Robbins S, Waked E, Rappel R ‘Ankle taping improves propriocep-tion before and after exercise in young men.’ Br J Sports Med 1995;29:242-247 doi:10.1136/bjsm.29.4.242.

Indirizzo per la corrispondenza:Francesca CazzolaClinica Veterinaria San Martino (NO)E mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

63

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 63

Page 64: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La malattia valvolare cronica mitralica o endocardiosimitralica, è la malattia cardiaca acquisita di più frequenteriscontro nella specie canina. La patologia è caratterizzata daun ispessimento nodulare dei lembi e dall’allungamento del-le corde tendinee con conseguente protrusione in atrio dellembo interessato con aspetto tipo ballooning o prolasso del-la valvola con o senza rigurgito. Le lesioni dei lembi valvo-lari sono caratterizzate da alterazioni strutturali con caratte-re mixomatoso con gravità spesso correlata alla progressio-ne del prolasso. Sia l’ispessimento che il prolasso condizio-nano l’estensione, e pertanto l’entità, del rigurgito. Quandola patologia colpisce un unico lembo, quello più frequente-mente coinvolto appare il lembo anteriore, tuttavia va rileva-to che il quadro patologico più comunemente osservato èquello del prolasso bivalvolare.

L’espressione clinica della malattia degenerativa mitralicacronica avviene sostanzialmente attraverso due vie che appaio-no strettamente correlate fra loro: la riduzione della portata conattivazione neuro-ormonale sistemica e l’aumento cronico del-la pressione polmonare.

Il cronico aumento della pressione atriale e della pressio-ne venosa polmonare rappresenta, secondo quanto ampia-mente dimostrato dall’equazione di Starling, la causa di rac-colta di liquido nell’interstizio polmonare. Nelle fasi inizia-li della malattia si osserva un passaggio dal lume dei capil-lari all’interstizio di liquido che viene compensato da unaumento della capacità drenante del circolo linfatico. Solonelle fasi successive, cioè quando il circolo linfatico non èpiù in grado di far fronte alla richiesta di drenaggio si osser-va la comparsa di edema interstiziale con insorgenza dellasintomatologia clinica tipica.

Essendo nella malattia valvolare mitralica la quota di rigur-gito il principale fattore condizionante la gittata anterograda,appare verosimile che la comparsa dell’attivazione neuro-ormonale, come risposta dell’organismo al mantenimento del-l’omeostasi pressoria e volumetrica, sia correlabile all’entitàdella malattia mitralica stessa.

In che momento dell’evoluzione della malattia valvolaremitralica in realtà avvengano l’attivazione simpatica e delRAAS e quanto la liberazione dei peptidi natriuretici atrialee cerebrale (ANP e BNP) ne possano condizionare il mecca-nismo di cascata è ancora molto discusso e controverso.Secondo alcuni autori l’attivazione neuro ormonale avver-rebbe solo nelle fasi più avanzate mentre, in apparente con-traddizione, Pedersen et al. avrebbero dimostrato l’attivazio-ne del RAAS sin nelle fasi più precoci di malattia. L’attiva-zione e la dinamica delle variazioni neuroormonali rappre-

sentano pertanto un buon indice evolutivo della malattia val-volare mitralica con significati riferibili anche a condizioniprognostiche.

Accanto all’attivazione sistemica del RAAS assume sem-pre più rilevanza la risposta infimmatoria con liberazione dicitochine con prevalenza del fattore di necrosi tumorale(TNFα) e la risposta vascolare endoteliale che si esprimecon un aumento dell’attività endotelinica ed una riduzionedell’ossido nitrico. Il rimodellamento cardiaco, la fibrosimiocardica e la vasocostrizione periferica sembrano rappre-sentare le principali conseguenze di questa condizione.

Per controbilanciare questa cascata di eventi svolgono unruolo determinante gli ormoni natriuretici atriale (ANP) eventricolare (BNP) con la peculiare finalità di favorire ladiuresi e la vasodilatazione contrastando l’attivazione delRAAS, inibendo l’attivazione simpatica ed endotelinica efavorendo la produzione di NO.

RISPOSTA ADRENERGICA

Rappresenta la principale risposta compensatoria dell’or-ganismo con un’attivazione “rapida” per via barorecettorialee chemorecettoriale. L’attivazione dei β1 recettori è associa-ta ad un’azione cronotropa ed inotropa positiva, mentre la sti-molazione degli alfa e beta recettori periferici determina unavasocostrizione ed un aumento delle resistenze periferiche. Illivello di catecolamine circolanti riflette il grado di scompen-so cardiaco e, pertanto nelle fasi più avanzate, anche il gradodi compromissione della funzione sistolica ventricolare sini-stra e di diminuzione della portata. L’alta concentrazione dinoradrenalina può esitare però in una eccessiva stimolazionerecettoriale con conseguente downregulation dei beta recetto-ri, ed effetto cardiotossico. La condizione di attivazione cate-colaminica non rappresenta solo la risposta dell’organismo inuna condizione di stress emodinamico, ma anche, soprattuttoin condizioni di stimolazione cronica, causa indiretta dellacompromissione della risposta recettoriale compensatoria.

SISTEMA RENINA ANGIOTENSINAALDOSTERONE (RAAS)

Sempre con la finalità di preservare l’equilibrio emodi-namico dell’organismo segue all’attivazione del sistemasimpatico l’attivazione dell’asse renina angiotensina edaldosterone.

Attivazione neuro-ormonale in corso di insufficienza mitralica

David Chiavegato

Med Vet, Dr Ric, Padova

64

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 64

Page 65: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’Angiotensina II causa vasocostrizione periferica, fibro-si o ipertrofia miocardica, apoptosi miocardica e favorisce laliberazione di endoteline con un effetto di peggioramen-to della funzione miocardica ed un aumento delle resi-stenze periferiche.

L’aldosterone, oltre a svolgere una potente attività di riten-zione di sodio, interveniene nell’attivazione dei fenomeni difibrosi miocardica, sulla funzione endoteliale e sull’attivitàperossidativa partecipando alla progressione della disfunzio-ne diastolica ventricolare ed alla modificata risposta endote-liale all’ossido nitrico. Sembra sempre più provata la corre-lazione fra alti livelli di aldosterone e condizioni prognosti-che negative. Uno dei fenomeni più studiati è quello del-l’”aldosterone escape” condizione per cui nonostante l’inibi-zione del sistema ACE avverrebbe una produzione di aldo-sterone favorita da vie chimasiche o alternative al sistema diproduzione tradizionale.

RISPOSTA INFIAMMATORIA

Lo stress determinato dalla malattia cardiaca, l’ipossia,la stimolazione adrenergica e la liberazione di endotelinesembrano essere la causa della liberazione da parte di leu-cociti e delle cellule endoteliali di fattori proteici di variopeso molecolare infiammatorio, che sono genericamentechiamate citochine. Una delle citochine che maggiormenteha richiamato l’attenzione in campo cardiologico, in quantoapparentemente coinvolta nel meccanismo fisiopatogeneticodello scompenso cardiaco, è il TNF-alfa. Qurst’ultima oltrea svolgere un’azione anoressizzante e cachetizzante sarebbein grado di modificare il processo di accoppiamento betare-cettori adenilciclasi con effetto cardiodepressante e di svol-gere un’azione favorente la produzione perossidativa faili-tando il meccanismo apoptotico. Nonostante però che nume-rosi siano i modelli animali di studio non è ancora del tuttochiarito completamente il ruolo del meccanismo infiammato-rio nei vari stadi dello scompenso.

ENDOTELINE

Sono peptidi prodotti direttamente dalle cellule endotelialicon un effetto di vasocotrizione 10 volte superiore a quello del-l’angiotensina II. Esse si contrappongono all’azione di vasodi-latazione svolta dall’ossido nitrico. La loro produzione è favo-rita dalla condizione di ipossia, dalla liberazione di angiotensi-na II, vasopressina e fattori dell’infiammazione (interleuchinee TNFα). L’incremento sierico delle endoteline è stata correla-ta con l’evoluzione dello scompenso cardiaco e con la pro-gressione della malattia cardiaca con una corrispondente ridu-zione della produzione ed attività dell’ossido nitritico.

PEPTIDI NATRIURETICI ANP E BNP

La loro azione è rivolta precipuamente alla conservazionedell’omeostasi dell’organismo. Svolgono un’azione inibito-ria del RAAS, inibiscono l’attivazione endotelinica e favori-scono la produzione di ossido nitrico ed infine agiscono sulrimodellamento cardiaco grazie ad una diretta inibizionedella produzione del collagene ed all’attivazione delle metal-loproteasi sintetasi.Proprio per la loro stretta correlazionicon le fasi evolutive dello scompenso l’uso clinico dei pep-tidi natriuretici può rappresentare in futuro un utile strumen-to per consentire in primo luogo un monitoraggio della pro-gressione della malattia cardiaca, ed in secondo luogo pervalutare l’efficacia della risposta terapeutica. Ancora discus-so se i peptidi natriuretici si modifichino già nelle fasi asin-tomatiche di malattia o solo in condizioni di scompenso.

Bibliografia disponibile presso l’autore

Indirizzo per la corrispondenza:David ChiavegatoClinica Veterinaria Arcella V. C. Callegari, 48 Padova E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

65

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 65

Page 66: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Forelimb lameness in adult dogs is often easy to see anddifficult to determine a diagnosis for. The cause of the lame-ness may involve the bones, joints, muscles, tendons, liga-ments, and/or nerve supply. It is always important for theveterinarian to consider and investigate all possible causes.However, this lecture will focus on the shoulder joint. Themajor problems affecting the shoulders of adult dogs thatwe commonly see include:

• Supraspinatus calcification• Bicipital tenosynovitis• Infraspinatus contracture• Shoulder instability• TraumaAgain, it is important to remember that many other prob-

lems involving the shoulder region can and do occur,including humeral osteosarcoma and neurologic disorders.Therefore, a complete orthopaedic and neurologic examina-tion and work-up are essential.

Calcification or mineralization of the supraspinatustendon of the canine shoulder is a well-documented condi-tion yet remains controversial with respect to its etiopatho-genesis, relationship to clinical signs and treatment. Sever-al reports now document the occurrence of calcification ofthe supraspinatus tendon in dogs. Adult Labrador retrievers,Rottweilers and German Shepherd Dogs are the most fre-quently reported affected animals, however this may indi-cate breed popularity rather than true prevalence. Other thanthe speculation of localized tissue hypoxia within the avas-cular portion of the supraspinatus tendon, no definitive riskfactors have been determined in reported canine popula-tions. The relationship between the presence of calcificdeposits in the supraspinatus and clinical signs is not clear.Supraspinatus calcifying tendinopathy may be an incidentalfinding and result in no clinical signs.

Pain may or may not be elicited upon palpation of thetendon of insertion of the supraspinatus over the greatertubercle and upon shoulder flexion. The most commondiagnostic tool is radiography. However, mineralization ofthe supraspinatus may be indistinguishable from that of thebiceps tendon if only mediolateral radiographs are taken.Therefore, a flexed cranioproximal-craniodistal tangentialview of the intertubercular groove, or ‘skyline’ view shouldalso be taken to distinguish the location of the calcific den-sity. Ultrasonography can be used successfully to detect dis-ruption or inflammation within tendon fibers. Furthermore,if present, calcification is easily recognized as hyperechoic

foci with distal acoustic shadowing. If magnetic resonanceimaging is utilized, T1-weighted images will show calcifi-cations as areas of decreased signal intensity and T2-weighted images may demonstrate a perifocal band ofincreased signal intensity associated with edema.

Various treatments have been described for lamenessattributable to calcification of the supraspinatus in the dogincluding conservative management, surgical removal ofthe calcific deposits and extracorporeal shock wave therapy.Surgery consists of accessing the deposits through longitu-dinal incisions in the tendon for their subsequent removal.Interestingly, in a long-term follow up study of four operat-ed cases, Laitinen noted that that the calcific deposits hadreoccurred in all the dogs after a mean follow-up time of 5.1years after surgery. However, despite the reformation of thecalcium-based deposits, resolution of lameness has beenreported following their surgical removal in the majority ofcases. Current opinions include recommendations for aperiod of conservative management including rest, adminis-tration of non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs)and physical therapy for 3 months from the time of diagno-sis prior to attempting surgery. Another treatment strategythat has been reported in the dog is extracorporeal shockwave therapy. Success with this technique in alleviatingclinical signs has been demonstrated in a small population.Other potential techniques to consider include ACP or PRPinjections, ultrasound guided needle aspiration and lavage,and arthroscopic assisted aspiration and debridement.

Contracture of the infraspinatus represents a chronicprocess by which initial injury to the muscle and tendoneventually results in severe fibrosis and adherence to theunderlying joint capsule. The condition is a well-recognizeddisorder occurring in medium to large-breed working dogs.The initiation of the process can either be self-inflictedthrough vigorous activity or from a traumatic event. A pre-sumptive diagnosis can be made based on patient history,the characteristic positioning of the affected limb and ortho-pedic examination. Dogs affected by this condition will car-ry the limb in a characteristic fashion during ambulation inwhich the lower limb swings out in a circumducted fashionwhile advancing the foot forward. Careful palpation willreveal atrophy of the infraspinatus and possibly thesupraspinatus muscles with subsequent prominence of thescapular spine and acromial process. Attempts to internallyrotate or adduct the proximal humerus will result in notice-able scapular excursion away from the thoracic wall. Radi-

Shoulder diagnosis and treatment

James L. Cook

DVM, PhD, Dipl ACVS, Dipl ACVSMR, Missouri, USA

66

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 66

Page 67: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ographs of the shoulder may be normal or reveal a narrow-ing of the scapulohumeral joint space, particularly evidenton the craniocaudal view. Ultrasonographic examination ofthe infraspinatus muscle and tendon can be completed tosubstantiate the diagnosis. If the disorder can be diagnosedin the early stages, in which the tendon has been strainedprior to any secondary fibrotic response, management con-sisting of rest, NSAIDs and physical rehabilitation can besuccessful. Once the muscle and tendon have undergonefibrosis and contracture, only surgical release has beenshown to be successful. Prognosis with this treatmentappears to be good to excellent.

Pathologic conditions of the biceps tendon reported tooccur in dogs include tenosynovitis, partial or completerupture, avulsion, tendinitis, tendinosis, displacement, andbipartite tendon. Most often, these conditions occur in mid-dle-aged medium and large breed dogs that participate inathletic activities. Apart from rupture or avulsion, dogs withbiceps tendon pathology are presented for unilateral fore-limb lameness of insidious onset. Dogs are typicallyweightbearing on the affected limb. Rupture or avulsionmay result in more acute and more severe lameness. Physi-cal examination of dogs with biceps tendon pathology isvery similar regardless of specific cause. The most consis-tent examination findings reported include lameness, mildto moderate atrophy of the affected spinatus muscles, painon shoulder flexion (especially with the elbow extended),and pain on direct palpation of the biceps tendon and/ormanual tensioning of the biceps muscle. Definitive diagno-sis and characterization of type of pathology of the bicepstendon typically requires more advanced imaging modali-ties such as contrast arthrography, ultrasonographic evalua-tion and/or arthroscopic visualization. Plain radiographicviews of the affected shoulder joint provide relevant infor-mation regarding secondary bone and soft tissue changesand should be included in the diagnostic database. “Sky-line” radiographic views may aid in evaluating the bicepsgroove. Ultrasonography is helpful for determining the typeand severity of the pathology in the majority of cases.Arthroscopic evaluation of the shoulder joint allows forvisualization and assessment of all intra-articular structuresproviding definitive evidence of visible biceps pathology aswell as involvement of other tissues. More advanced imag-ing techniques such as computed tomography and magnet-ic resonance imaging are currently being investigated fortheir usefulness for diagnosis of shoulder joint pathology indogs. When biceps tendon pathology is determined to be asignificant cause of pain, lameness, and/or dysfunction indogs, treatment is indicated. Non-surgical management ofbiceps tendon pathology consisting of activity modification,non-steroidal anti-inflammatory drugs, analgesics, and/orintra-articular injections may be effective in many cases.Exercise restriction appears to be a critical component forsuccessful non-surgical management. Success rates for non-surgical treatment of biceps tenosynovitis range from 41%to 73%. Surgical management is deemed necessary in a sig-nificant number of dogs with biceps tendon pathology. Thereported surgical treatment options for biceps tendon dis-ease include tenodesis, tenotomy, primary repair, debride-

ment, transposition, and lavage. The published literatureregarding surgical treatment of biceps tendon pathologysuggests postoperative protection of the repair or treatment,weight management, and physical rehabilitation are criticalfor a successful outcome when treating biceps tendon prob-lems using any modality. It is important to counsel ownersregarding the facts that maximal function may not bereached until 6 months following surgery in the majority ofcases, and that these are typically chronic problems requir-ing compliance in treatment, careful monitoring, and, mostof all, patience. However, when these factors are addressed,the prognosis for the vast majority of biceps tendon disor-ders is good to excellent for pain-free “pet-level” function,and guarded to good for high-level athletic function.

Shoulder instability due to peri-articular soft tissuepathology is a commonly diagnosed problem in humans.Bardet has described a shoulder instability syndrome indogs. Although lateral and multi-directional shoulder insta-bilities have been described, medial shoulder instability(MSI) appears to be the predominate type of shoulder insta-bility seen in dogs. Dogs diagnosed with MSI are mostcommonly middle-aged, large breed dogs with a history ofchronic unilateral forelimb lameness. Dogs with MSI typi-cally have an intended purpose of work, performance, orvery active pet-level function. The etiology of MSI is notknown, but available data suggest that this problem occursas a result of chronic overuse injury with episodes of“micro” trauma to the shoulder occurring during the devel-opment of disease. The pathology associated with MSIincludes lameness, shoulder joint laxity, pain on manipula-tion of the shoulder, and abnormalities of the medial jointcapsule, subscapularis tendon, and medial glenohumeralligament observed via arthroscopy. Signalment, completehistory, complete orthopaedic and neurologic examination,blood work, radiographs, and ultrasonography are integralto the comprehensive diagnostic approach. Ultrasonograph-ic evaluation is recommended for all potential MSI patientsto rule out primary or concurrent musculotendinous pathol-ogy. Definitive diagnosis of MSI is based primarily on pal-pation and exploratory arthroscopy. Palpation under seda-tion is a key component of pre-operative diagnosis of MSI.Range of motion in flexion, extension, and rotation, the“shoulder drawer sign” as described by Bardet, and theshoulder abduction test should be assessed in each limb.Shoulder abduction angles measured under sedation havebeen reported to provide objective data for diagnosis of MSIin dogs. Shoulders with clinical and arthroscopic evidenceof MSI have significantly higher angles (53.7 ± 4.7o) com-pared to shoulders considered normal (32.6 ± 2.0o). Cur-rently, arthroscopic exploration provides the most definitivediagnosis of MSI and allows assessment of cartilage dam-age and other key structures in the shoulder joint. Arthro-scopic identification of tearing and laxity of the subscapu-laris tendon, medial glenohumeral ligament, and joint cap-sule are consistent findings in reported cases of MSI. Treat-ment recommendations are based on extent and severity ofinstability, concurrent shoulder pathology, concurrentorthopaedic problems, the overall health of the patient, theintended use of the patient, and the commitment of the own-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

67

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 67

Page 68: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

er. No study in which any of the treatments for MSI werecompared has been reported to date.

A wide variety of traumatic injuries can affect theshoulder joint of dogs. These injuries can result from rela-tively minor trauma like jumping from a height or verysevere trauma from motor vehicle accidents. The primarypathology can involve bone, tendon, ligament, joint cap-sule, and muscle. It is also important to remember that theshoulder joint is in close proximity to the chest andbrachial plexus. Therefore, concurrent thoracic and neuro-logic trauma are common. Complete evaluation is impor-tant for determining injuries to the shoulder resulting from

trauma. Careful gait evaluation, palpation, radiographic,and ultrasonographic exams are part of the minimum data-base for assessing the traumatized shoulder. Early andaccurate diagnosis and treatment are vital for success inthese cases. The prognosis varies with the extent and natureof the injuries, the timing and type of treatment, and theintended use of the dog.

Address for correspondence:Comparative Orthopaedic LaboratoryUniversity of Missouri, Columbia, MO, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

68

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 68

Page 69: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Ultrasound is a widely available diagnostic tool in bothhuman and veterinary medicine. It is becoming a more com-monly used modality in veterinary medicine for muscu-loskeletal imaging. The musculoskeletal soft tissues, bothintra- and extra-articular, as well as the superficial bone, canbe imaged with ultrasound. The advantages of ultrasoundinclude soft tissue differentiation, capabilities for detailedassessment of the internal architecture of structures, avail-ability, ability to perform without the need for general anes-thesia, relative ease of follow-up examinations, and cost com-pared to other advanced imaging modalities. Another majoradvantage of ultrasound is the ability to use it for ultrasoundguided aspirations, injections, or biopsies of musculoskele-tal-related fluids or tissues. The major disadvantages of mus-culoskeletal ultrasound are related to the required knowledgeof normal and abnormal sonographic characteristics of eachtissue in each joint of interest, and the expertise to interpretthe findings of the ultrasonographic examination. It is rela-tively difficult to become proficient and develop expertise inmusculoskeletal ultrasound. Interpretation of the lesions maybe complicated by imaging artifacts. Artifacts can be createddue to the imaging plane, position of the transducer withrespect to the structure being imaged, orthopaedic implantscausing distal acoustic shadowing over the area of interest,and by remodeling changes surrounding or within the tissuesof interest. In addition, pathology is often bilateral in theorthopaedic disorders we typically use ultrasound for, so thatthe contralateral limb is not a valid reference for normalsonographic appearance for comparison.

For musculoskeletal imaging, no or light sedation, is typ-ically all that is required for well-controlled patients. Hair isclipped over the area of interest. The patient is positioned ona padded examination table such that all aspects of the jointor limb of interest are accessible. A 10-14 MHz linear trans-ducer is used for all small animal musculoskeletal imagingin our hospital. Relevant anatomic structures are evaluatedfor sonographic characteristics, and images and data record-ed in the patient’s medical record.

Extra-articular soft tissues (ligaments, tendons, muscles)are the easiest structures to image and assess. The ligaments,tendons and muscles can be imaged for echogenicity, inter-nal architecture, shape, size and location (displacement). Inacute injuries, these structures may be thickened due to hem-orrhage and edema within or surrounding the tissue, and thefibers may be disrupted. In chronic injuries, the fibers mayrealign or may heal with less organized fibrous tissue. Dys-

trophic mineralization within or along the surfaces of thesestructures may also be noted. The diameter of the structuremay be decreased compared to normal due to replacementwith fibrous tissue and contraction of the tissues as it heals.

Our work in sonographic assessment of extra-articularstructures has been focused on the shoulder of dogs. We areable to consistently image and diagnose pathology in bicepsmuscle-tendons, supraspinatus muscle-tendons, infraspina-tus muscle-tendons, subscapularis muscle-tendons, and themedial glenohumeral ligament. Sonographic assessment ofthese structures is very sensitive (86%) and specific (91%)for diagnosis of shoulder disorders (other than primary liga-mentous instabilities) causing lameness in adult dogs. Basedon our clinical studies, we have concluded that sonographicevaluation of soft tissues associated with the shoulder jointin dogs is clinically useful for ruling in and ruling out shoul-der pathology and localizing the source of forelimb lame-ness. We have also used ultrasound clinically for imaging ofthe common calcanean tendon complex, gracilis and semi-tendinosis muscle-tendons, iliopsoas muscle-tendons, tri-ceps muscle-tendons, collateral ligaments of the carpus, sti-fle, and hock, and digital flexor and extensor tendons.

Our work in sonographic assessment of intra-articularstructures has been focused on the stifle joint, and particu-larly the menisci. In the stifle joint of dogs, we are consis-tently able to image and diagnose pathology in patellar andcollateral ligaments, infrapatellar fat pad, synovium, lateraland medial menisci, long digital extensor tendons and cra-nial cruciate ligaments. In addition, the presence or absence,location, and amount of joint fluid is often very helpful forindicating the presence and even type of pathology presentin joints. Our work in meniscus has revolutionized the waywe handle stifle cases in our practice. We have reported theability of meniscal ultrasound to accurately determine pres-ence and type of meniscal pathology in stifles of dogs, con-current or subsequent to CCL deficiency and surgical treat-ment of CCL deficiency, based on evaluation of meniscalechogenecity, shape, and location (displacement), and thepresence of peri-meniscal fluid. We reported a sensitivityand specificity for ultrasonographic diagnosis of meniscalpathology of 90.0% and 92.9%, respectively, and showedthat ultrasonography was better than stifle MRI in our handsfor diagnosis of meniscal pathology associated with CCLdeficiency in dogs. We have also assessed changes in sono-graphic characteristics of menisci following repair, replace-ment, release, and various types of CCL surgeries and corre-

Use of ultrasound for orthopaedics

James L. Cook

DVM, PhD, Dipl ACVS, Dipl ACVSMR, Missouri, USA

Cristi R. Cook, DVM, MS, Dipl ACVR, Missouri, USA

69

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 69

Page 70: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

lated these findings with second-look arthroscopy, clinicaloutcomes, and postmortem examinations. Based on all of thiswork, we have found meniscal ultrasound to be very accu-rate, reliable, and precise for assessment of canine menisci inall respects.

In other intra-articular applications, we have also foundultrasound useful for assessing OC/OCD of the humeral head,medial aspect of the humeral condyle, femoral condyles, andtalar ridges, FMCP, and various chip fractures. Ultrasound isalso very sensitive to changes in superficial bone in or aboutjoints. Early remodeling changes in bone may be detectedwith ultrasound prior to visualization with standard radiogra-phy. Early osteomyelitis or neoplasia may be identified withultrasound as irregular bone margins or loss of the normalcortical echo, and a soft tissue mass effect within or adjacent

to the cortex with surrounding cortical edema are findingsthat suggest further diagnostics should be performed to inves-tigate a potentially major problem.

In our hospital, ultrasound is an excellent tool for com-prehensive assessment of patients. We use it routinely fordiagnosis, clinical decision making, treatment monitoring,and prognostication for our orthopaedic cases. The time ittakes to attain expertise in this area is certainly worth it inthe long run based on the numerous clinical benefits of mus-culoskeletal ultrasonography.

Address for correspondence:Comparative Orthopaedic LaboratoryUniversity of Missouri, Columbia, MO, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

70

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 70

Page 71: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Arthroscopic procedures are the mainstay of joint surgeryin human orthopaedics, and are rapidly becoming a majorcomponent of veterinary joint surgery. The advantages ofarthroscopic surgery over open arthrotomies are significantand well-documented. In general, arthroscopic surgery pro-vides increased visualization and access to the joint, whilealso resulting in less patient morbidity, shorter anestheticand surgery times, lower complication rates, shorter hospitalstays, and more rapid and functional recoveries. The disad-vantages are few, and primarily involve the expertise andequipment required to perform arthroscopic surgery at anappropriate level.

INSTRUMENTATION

A 2.7 mm 30o foreoblique arthroscope works well in mostdogs’ joints, however, 1.9 mm or even smaller scopes arehelpful for elbows, carpi, hocks, and for arthroscopy in smalldogs and cats. Video arthroscopy is required. Fluid flow isrequired and can be delivered through a pump, by gravityflow, or through pressurized bag and gravity flow. I preferthe latter. A motorized shaver and a variety of arthroscopicprobes, graspers, basket forceps, and knives are needed inorder to be able to perform a full range of arthroscopic pro-cedures in the shoulder joint. A radiofrequency generatorand probes can be useful, but are not required and extremecare must be taken when using these devices as they cancause severe harm to the joint. Another “instrument” that Ihighly recommend for everyone doing small animalarthroscopy is the book by Beale, et al.

BASIC TECHNIQUE

The affected limb is prepared for aseptic surgery using ahanging limb technique. Patient and limb positioning willvary based on affected limb, location of pathology, requiredmanipulations, and personal preference. It is helpful to havean assistant scrubbed in to provide distraction, flexion andextension, and rotation of the joint as needed for completevisualization and access. All manipulations are typically per-formed by using one or more arthroscope portals and one ormore instrument portals. Some arthroscopists employ the useof an egress cannula, however, I do not find this necessary oradditive in my experience. As the relevant anatomy allows,place the arthroscope in the portal farthest from the area of

interest (i.e. craniolateral for the caudal humeral head, cau-dolateral for the bicipital tendon) and the instrument portalnearest the area of interest (vice versa). This will allow foroptimal triangulation and visualization without impinging oninstrument manipulation. If possible, all aspects of the jointshould be viewed and evaluated in a systematic fashion, andthis should be documented with images and/or video andrecorded in the medical record of the patient.

SHOULDER ARTHROSCOPY

Arthroscopy of the shoulder is typically performed throughcraniolateral and caudolateral portals initially. Once you havebecome comfortable with this arthroscopic technique for theshoulder, then the hanging limb arthroscopic technique will beimportant to master so that the medial compartment can bedirectly accessed, lateral compartment pathology can be morefully visualized, additional arthroscopically-guided tech-niques can be performed, and concurrent shoulder and elbowarthroscopy can be performed more easily and efficiently. Forthe lateral approach, the patient is positioned in lateral recum-bency with the affected limb up, the joint is distended withisotonic saline, a camera portal is established in the craniolat-eral or caudolateral portal and a 2.7 mm long 30o foreobliquearthroscope with camera is inserted. Fluid flow is maintainedthrough the camera cannula. The joint should be explored andassessed using a standard compartmental approach as follows:• Cranial compartment – biceps tendon, bicipital groove,

synovium, supraglenoid tubercle• Medial compartment – synovium, subscapularis tendon,

medial glenohumeral ligament, medial “labrum”• Caudal compartment – caudal glenoid, caudal “labrum”,

synovium• Lateral compartment – lateral glenohumeral ligament,

synovium, lateral “labrum”• Articular cartilage of glenoid cavity and humeral head

ELBOW ARTHROSCOPY

Arthroscopy of the elbow is typically performed throughcraniomedial (instrument) and caudomedial (camera) por-tals. Although other portals have been described and may behelpful for very specific applications, the standard medialportals allow access to the entire joint in most cases. Thepatient is placed in dorsal recumbency so that the medial

Arthroscopy in small animal orthopaedics

James L. Cook

DVM, PhD, Dipl ACVS, Dipl ACVSMR, Missouri, USA

71

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 71

Page 72: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

aspects of each elbow can be accessed without repositioning.A 1.4, 1.9, or 2.7 mm short 30o foreoblique arthroscope canbe used based on equipment availability and patient size.

COMBINED SHOULDER AND ELBOWARTHROSCOPY

For adult dogs with forelimb lameness that cannot bedefinitively localized to a single joint, we now commonlyperform arthroscopy of both shoulders and both elbows as acomprehensive approach to diagnosis and understanding offorelimb lameness in dogs. Complete shoulder arthroscopyis performed first in all dogs with the dog in dorsal recum-bency and the limbs in the hanging position as described byDevitt, et al. If treatment of shoulder pathology is deemednecessary, this is completed prior to elbow arthroscopy. Thelimbs are then taken out of the hanging position and com-plete arthroscopic assessment of both elbows is performedusing caudomedial and craniomedial arthroscope and instru-ment portals. Importantly, each dog is carefully rolledtoward the side of the elbow undergoing arthroscopy foreach joint to avoid undue stresses on the shoulder joints, par-ticularly abduction, which may have detrimental effects onperiarticular tissues and/or surgical treatments performed onthe shoulders. Each joint is fully examined arthroscopicallyand each major articular structure assessed, imaged, andrecorded in the medical record.

HIP ARTHROSCOPY

Hip arthroscopy is performed through craniolateral andcaudolateral portals. The patient is placed in lateral recum-bency with the affected limb up. We routinely use a 2.7 mm30o fore oblique arthroscope for the hip.

The arthroscope can be placed in either portal, with theremaining portal used for instruments if necessary. Distaltraction on the limb aids in entering the joint and for subse-quent manipulations. We routinely perform hip arthroscopyon all TPO candidates to assess the articular surfaces andintra-articular structures for degree and extent of pathology.Based on Holsworth, et al’s work, pre-TPO arthroscopyappears to provide vital information regarding patient selec-tion, and perhaps prognosis, that other means of pre-opera-tive assessment may not address. We have also used hiparthroscopy as a means of exploration for diagnosis andbiopsy. The 2.0 mm blade on the mini-shaver, small curettes,and small grasping and basket forceps are the instruments ofchoice for hip arthroscopy.

STIFLE ARTHROSCOPY

Arthroscopy of the stifle is typically performed throughcraniolateral and caudolateral portals using a 2.7 mm short30o fore oblique arthroscope. The affected limb is preparedfor aseptic surgery using a hanging limb technique. The dogis placed in dorsal recumbency with the hindlimbs extend-ing past the edge of the patient table. In this manner, the sur-

geon can position the limb such that the paw is in contactwith his or her torso, allowing flexion and extension of thestifle to be achieved while the hands are left free to manip-ulate the arthroscope and instruments. The portals that I usefor the stifle are a modification of what has been reportedby Beale, et al. The portals are placed medial and lateral tothe patellar ligament at a point slightly proximal to the mid-point of the patella-to-tibial tuberosity distance. This allowsmaximum initial visualization while minimizing theamount of fat pad that must be removed to access the rele-vant structures. Some arthroscopists employ the use of anegress cannula placed in the proximal aspect of the joint.However, I do not find this necessary or additive in myexperience. The craniolateral camera portal is establishedby inserting the obturator and cannula directed from thecraniolateral skin incision across the joint to the medialcompartment. The camera can then be inserted and initialvisualization and orientation can be established. Completeexploration of the joint can be performed by moving thearthroscope and changing the direction of view with the 30o

foreoblique scope. We typically explore the stifle joint inthe following order:

• Medial articular compartment (medial femoral and tib-ial condyles, cranial horn of medial meniscus)

• Medial joint pouch (medial trochlear ridge and jointcapsule)

• Intercondylar notch (cruciate ligament, notch) – oftenrequires debridement of fat pad and proliferative syn-ovium

• Lateral articular compartment (lateral femoral and tibialcondyles, cranial horn of lateral meniscus)

• Lateral joint pouch (lateral trochlear ridge, joint cap-sule, long digital extensor tendon of origin)

• Proximal compartment (patella, trochlear groove)

HOCK ARTHROSCOPY

Arthroscopy of the hock can be performed through dorso-lateral, dorsomedial, plantar-medial, and plantar-lateral por-tals. Currently, we have performed arthroscopy on the hockfor OC/OCD flap removal, debridement, and curettage; explo-ration for diagnostics including synovial biopsy; chip fractureremoval; and arthroscopic assisted talar fracture repair.

The hock is a very difficult joint to manipulate instru-ments in, especially with respect to the typical OC lesionsencountered, and care must be taken to avoid damagingintra-articular structures, as well as the equipment. Mostoften, the patient is placed in sternal recumbency with thehindlimbs hanging off the end of the table, as the plantar-lateral and plantar-medial portals are most commonly used(medial talar OC lesions, talar fractures, exploratory withbiopsy). The dog is placed in dorsal recumbency using ahanging limb preparation technique when the dorsal portalsare to be used (lateral talar OC lesions). Rarely, the dog isplaced in lateral recumbency using a hanging limb prepara-tion technique with the affected limb up if both dorsal andplantar portals are needed (complete exploratory). We use a1.9 or 2.7 mm short 30o fore oblique arthroscope fordepending on the size of the patient. A mini-shaver with a

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

72

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 72

Page 73: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

2.0 mm shaver blade is extremely useful in the hock. Smallcurettes and graspers are also very useful for manipulationin this joint.

POSTOPERATIVE CARE

As the operative aspect of small animal arthroscopy becom-ing more innovative, advanced, and creative, it is vital that weaddress the postoperative aspects of treatment with the sameenthusiasm, insight, and rigor. Activity modification, woundcare, and physical rehabilitation must all be tailored to the

patient, client, and problem. The postoperative care protocolmust be discussed with the client prior to surgery in order toensure feasibility and compliance. It will be vital for surgeonsto maintain our commitment to development of appropriateand optimal protocols for postoperative care of our patientsthat go hand-in-hand with the development of new surgicaltechniques and modalities.

Address for correspondence:Comparative Orthopaedic LaboratoryUniversity of Missouri, Columbia, MO, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

73

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 73

Page 74: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Cranial cruciate ligament (CCL) deficiency is a commonand costly problem in dogs for which there are multipletreatment modalities. While numerous techniques havebeen investigated, none have proven optimal in terms oftechnical ease, associated costs, prevention of secondarypathology, complication rate or types, or long term out-comes. To the authors’ knowledge, no technique for treat-ment of CCL deficiency has been shown superior to othersin terms of functional outcome. In fact, recent evidence sug-gests that there is no appreciable difference in short or long-term functional outcomes among commonly used CCLtreatment techniques. Therefore, we sought to investigate astifle stabilization technique that had the potential toaddress perceived shortcomings of current techniques -specifically to be minimally invasive, technically feasible,address all aspects of instability, minimize secondarypathology, and consistently result in functional outcomeswith a low complication rate in a cost effective manner.After initial testing for safety and efficacy via in vitro, exvivo, and animal model studies, we prospectively comparedthe outcomes of a novel technique, the Tightrope CCL (TR)(Arthrex Vet Systems, Naples, FL), to Tibial Plateau Level-ing Osteotomy (TPLO) (Slocum Enterprises, Eugene, WA)in dogs with CCL deficiency. After this prospective cohortclinical trial was completed, TR was released for clinicaluse. As part of a commitment to critically assess outcomesassociated with TR, we enrolled veterinarians using TR in amulticenter outcomes study to further assess clinical safetyand efficacy in over 1,000 cases.

The study design for the prospective clinical trial waswithin the guidelines of our institution’s animal care and usecommittee for privately-owned canine patients. Dogs pre-senting to the University of Missouri Veterinary MedicalTeaching Hospital from October 2006 through April 2007for hindlimb lameness subsequently diagnosed to be causedby CCL deficiency were considered for study inclusion.Dogs were included in the study when the owners consentedto TR or TPLO being performed on their dogs, and to allow-ing relevant data to be collected, analyzed, and reported.After diagnosis of CCL deficiency and consent to treatment,the affected stifle(s) of each dog was (were) arthroscopical-ly evaluated and treated as deemed necessary based on CCL,articular cartilage, and meniscal pathology noted. TR orTPLO was then performed to address stifle instability. Allsurgical procedures were performed by a single surgeon(JLC). Pre-operative and postoperative treatments includinginstructions for aftercare and recheck examinations were

standardized for all dogs in the study. Intra-operative find-ings and treatments, as well as all intraoperative and postop-erative complications, were determined and recorded. Alldogs were evaluated 6 months postoperatively using theTexas A&M clinical questionnaire developed by Hudson, etal (AJVR 2004) as the primary outcome measure. Subjectiveradiographic assessment of stifle osteoarthritis (OA)changes using the system developed by Roy, et al (Vet Surg1992) was performed to determine amount of radiographicchange over the study period. Statistical analyses were per-formed with significance set at p < 0.05.

Twenty-four stifles in the TR group and twenty-three sti-fles in the TPLO group met inclusion criteria. There were nosignificant differences in age, weight, pre-operative TPA, orpre-operative radiographic score between groups. The over-all complication rates (12.5% TR vs 17.4% TPLO) were notsignificantly different between groups. This included docu-mented subsequent meniscal tear rates (8.3% TR vs 8.7%TPLO). No significant differences were noted between TRand TPLO for scores for each of the 11-point Texas A&MClient Questionnaire Outcome Measures. Scores variedbetween groups as to which was numerically “better” foreach outcome measure. No significant differences were not-ed between TR and TPLO for change in radiographic OAscore or total radiographic score at the 6-month postopera-tive study end point. Both groups had numerically higherradiographic scores 6 months after surgery, however, the dif-ferences were not significant compared to preoperativescores for either group.

Centers from around the world interested in performingand evaluating TR clinically were then enrolled based ontheir voluntary commitment to prospectively collect andsubmit outcomes data for all dogs that they treated with TRfor which ≥ 3-month follow-up data were available. Defini-tions and criteria for reporting time frame, outcome, andcomplications associated with TR cases were from a systemproposed for clinical orthopaedic studies in veterinary med-icine (Vet Surg, in press) and were set and given to each par-ticipating center a priori. Data were reported by each partic-ipating center directly to the author and were combined fordescriptive analyses. ANOVA with significance set at p<0.05was used to test for differences among time frames.

Twenty-nine centers participated in the study. Data from1,004 TR cases were collected. Dogs ranged in weight from2-93 kg. Time frame of assessment ranged from 3 months to3 years with 58.7% being short term (3-6 mos), 31.1% beingmid term (6-12 mos), and 10.2% being long term (>12 mos)

Repair of CCL with new materials

James L. Cook

DVM, PhD, Dipl ACVS, Dipl ACVSMR, Missouri, USA

74

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 74

Page 75: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

follow-up. Subjective clinical outcomes as assessed by thereporting DVM were determined to be successful in 93.9%of cases. At follow-up, 54.1% of cases were judged to have“full function”, 39.8% were judged to have “acceptablefunction”, and 6.1% were judged to have “unacceptablefunction”. No catastrophic complications were reported inthis study. Major complications were reported in 9.9% ofcases and consisted of subsequent meniscal tears (4%),infection (2.8%), and failure (3.1%). Minor complicationswere reported in 10.1% of cases, the majority of whichinvolved seroma formation. No significant differences inlevels of function or rates and types of complications werenoted among follow-up time frame categories.

These data suggest that Tightrope CCL can be success-fully performed in medium, large, and giant breed dogs withCCL deficiency and result in 6-month outcomes which arenot different than TPLO in terms of client-evaluated leveland degree of pain and function, as well as subjectiveassessment of radiographic progression of osteoarthritis.The Tightrope CCL technique was felt to be minimally inva-sive, relatively easy to perform, and cost effective in com-parison to TPLO. The multicenter data show that TightropeCCL can be expected to be associated with successful out-comes in approximately 94% of patients that are typicallypresented to veterinary clinics for signs of CCL disease.Clients should be advised that complications requiring fur-ther surgical or medical treatment based on current standards

of care can be expected to occur in approximately 10% ofTR cases. While no catastrophic complications occurred andthe major complication rate is the lowest reported in thepeer-reviewed literature for any CCL surgical technique tothe author’s knowledge, the rate and types of complicationsnoted should be fully disclosed to clients during preopera-tive discussions regarding treatment of CCL disease in dogs,including the fact that approximately 6% of patients will bejudged to have unacceptable function as a final outcome.Based on the prospective, multicenter nature of this study,these subjective data indicating safety and efficacy ofTightrope CCL for treatment of dogs with CCL disease canbe broadly applied.

Acknowledgments: My sincerest thanks to the conscien-tious veterinarians at the 29 participating centers who helpedbring TightRope to clinics in a safe and effective manner andhonestly reported their data.

Disclosure: JL Cook is a paid consultant for Arthrex andreceives royalties from sales of Tightrope. Tightrope deviceswere provided by Arthrex for the initial clinical study.

Address for correspondence:Comparative Orthopaedic LaboratoryUniversity of Missouri, Columbia, MO, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

75

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 75

Page 76: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

The current success of veterinary orthopaedic surgerycannot distract us from the need to continue to elevate thestandards of practice. To the contrary, the increasing cost ofsurgical care and the financial success of surgical specialistsmake us accountable for more critically assessing the safe-ty and efficacy of the treatments we provide. The applica-tion of the results from clinical efficacy studies to patientcare is referred to as evidence based medicine.

The concept of evidence-based medicine is being adopt-ed in the human medical field and to some degree in veteri-nary medicine. Unfortunately, veterinary orthopaedics doesnot currently meet the highest standards in terms of produc-ing data of high evidentiary value or developing and imple-menting new devices and procedures in a systematicmethodology that ensures safety and efficacy prior to anyclinical use. We need to pursue studies and processes thatprovide the ‘‘best’’ evidence or data for valid decision mak-ing, ethical application of diagnostics and treatments,ensuring patient safety, and accurately weighing the cost-benefit ratio for our clients.

Studies of high evidentiary value include both clinicaland basic science research and can have a variety of out-come measures; however, they need to be applicable interms of time frame, species, model, application, and defi-nition of success. The troubling fact is that the overwhelm-ing majority of clinically applicable studies in veterinarysurgery fail to meet this or even lower levels of clinical evi-dence. Subsequently, decision making is based extensivelyon substandard clinical studies, dogma, and the ‘‘personalexperience’’ of ourselves or our mentors.

A vast array of lameness scores, palpation methods, andclient questionnaires, none of which to our knowledge havebeen rigorously validated are reported in veterinary surgicalpublications. Every surgeon, myself included, is guilty ofusing these measures, applying data from these measures,and/or making potentially inappropriate decisions based onthese measures. Outcomes instruments are standardizedmethods and questionnaires used for determining the clini-cal safety and efficacy of a technique or medication. Devel-opment of rigorous outcomes instruments is not simple orinexpensive, however, we believe that the rapid growth oforthopaedic surgery and the economic success of veterinarysurgeons performing these techniques necessitates thedevelopment, validation, and consistent implementation ofstandardized outcomes assessment instruments as quicklyas possible. Accomplishing this goal would enable us toprovide solid evidence for the procedures we perform on a

daily basis: to truly compare diagnostics, treatments, andprotocols, and optimally inform our clients. The develop-ment and validation of outcomes instruments is well docu-mented in human orthopedics. Excellent examples includethe SF-36 Health Survey from Medical Outcomes Trust,Inc., Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score(KOOS), and the Western Ontario and McMaster Universi-ties Osteoarthritis (WOMAC) Index. The need for validatedoutcomes instruments goes beyond assessment of our ownperformance. As veterinary surgeons, we have a responsi-bility to our clients to advise them on the safety and effica-cy of pharmaceuticals, nutritional supplements, and alterna-tive and complementary medicine techniques. Whereaspharmaceutical manufacturers must meet FDA standards,few studies go beyond these requirements to criticallyassess the long term value of medications for improving thefunction and quality of life of our patients. As clinicians, webelieve that the procedures we perform are efficacious andserve the welfare of our clients and patients. But today it isnot adequate to simply believe that our techniques are effec-tive, we must prove it.

The Canine Orthopedic Outcomes Measures Program isa dedicated effort designed to address the perceived need inveterinary orthopedics for development of standardized andvalidated outcomes instruments allowing clinically relevantcomparison studies of surgical, medical, and alternativetreatments in veterinary medicine. The authors initiated thisprogram to accomplish that objective. Dr. Dottie Brown hasbeen actively researching owner assessment outcomeinstruments for the last 4 years through her NIH K08 grant.Building on Dottie’s initial research, we will develop a clin-ically relevant owner (or lay observer) based outcomesinstrument to assess measures of quality of life, pain, andfunction (including limb-specific measures). Our plan is tofirst develop this owner (lay observer) based assessmenttool, followed closely by development of a clinician-basedinstrument covering the same measures. Prof. John Inneswill be the lead investigator on the clinician-based tool.Over the past year, Drs. Kurt Schulz and I have garneredmajor sponsorship for this work from Pfizer, Merial, andNovartis, and additional sponsorship from Arthrex, Bio-medtrix, Fort Dodge, and IMEX. These sponsors have pro-vided sufficient funding to actively pursue the work of theOMP. All funds are being routed through the ACVS Boardof Regents and the ACVS Foundation, enabling us to main-tain credibility, accountability and oversight for this pro-gram. The final instruments will be available free of charge

Evidence-based orthopaedics for practitioners

James L. Cook

DVM, PhD, Dipl ACVS, Dipl ACVSMR, Missouri, USA

76

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 76

Page 77: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

via the web to all investigators wishing to use them for clin-ical, translational, and comparative studies.

We have enlisted an incredible group of advisors whohave agreed to provide input regarding the developmentand applicability of the instruments. Dr. Amy Kapatkinwill be the primary liaison for the advisory group. Impor-tantly, we have also received initial philosophical “buy-in”from the ACVS, FDA, NIH, and numerous corporate enti-ties supporting the substantial need for these instrumentsand our proposed mechanism for their development, vali-dation, and application. We are dedicated to the success ofthis project so that the end result will be instruments usedbroadly throughout the veterinary field. Additionally wehope to further the understanding among veterinarians andother scientists that validated and standardized outcomesinstruments are valuable and necessary tools for our pro-fessions.

References

1. Schulz KS, Cook JL, Kapatkin AS, Brown DC. Evidence-based sur-gery: Time for change. Vet Surg 2006;35:697-699.

2. Cook JL. Outcomes based patient care in veterinary surgery: What isan outcome measure? Vet Surg 2007;36:187-189

3. Brown DC. Outcomes based medicine in veterinary surgery: Gettinghard measures of subjective outcomes. Vet Surg 2007;36:289-292

4. Kapatkin AS. Outcomes based medicine and its application in clini-cal surgical practice. Vet Surg 2007;36:515-518

5. Innes JF. Outcomes based medicine in veterinary surgery: Levels ofevidence. Vet Surg 2007;36:610-612

6. Schulz KS. The outcomes measures program: What’s in it for you?Vet Surg 2007;36:715-716

Address for correspondence:Comparative Orthopaedic LaboratoryUniversity of Missouri, Columbia, MO, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

77

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 77

Page 78: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I farmaci anti infiammatori non steroidei (FANS) cositui-scono il fondamento della terapia del dolore domiciliare inmedicina veterinaria. Il loro uso, tuttavia, non è scevro dacomplicazione, in particolare interessanti l’apparato gastroen-terico. La comparsa di tali complicazioni (nausea, emesi,ulcerazioni gastriche, ematochezia) spesso limita l’impiego ditali farmaci in alcuni pazienti, risultando in un considerevoleimpatto sulla qualità della vita dell’animale.

Lo sviluppo di farmaci con migliore gastrotollerabilità èstato ed è tuttora oggetto di ricerca da parte delle compagniefarmaceutiche, sia in medicina umana che veterinaria. Lacaratterizzazione delle due isoforme dell’enzima ciclossige-nasi (COX-1 e COX-2), ha aperto la strada allo sviluppo difarmaci con minori effetti collaterali e migliore gastrotolle-rabilità a lungo termine. Mentre la COX-1 è prevalentemen-te implicata nel mantenimento dell’omeostasi, la COX-2sembra essere responsabile delle modificazioni indottedurante il processo infiammatorio. La situazione clinica èrisultata essere, tuttavia, notevolmente più complessa, con laCOX-1 e la COX-2 entrambe implicate nel mantenimentodell’omeostasi e nel processo infiammatorio.

Ciononostante, lo sviluppo di farmaci con prevalente selet-tività nei confronti della COX-2 è continuato e l’evidenza rac-colta in laboratorio su modelli sperimentali e in trial clinicisupporta una migliore gastrotollerabilità dei farmaci COX-2selettivi rispetto ai FANS tradizionali di prima generazione,mentre il confronto con i farmaci più recenti suggerisce unrischio di effetti colalterali gastroenterici simile. I farmaciCOX-2 selettivi sembrano influenzare in misura minore laproduzione di prostanoidi a livello duodenale nel cane, rispet-to ai FANS tradizionali ed il carprofen, tuttavia la limitataconoscenza dell’esatto ruolo di tale riscontro rende particolar-mente difficile speculare sul ruolo di tale differenza nello svi-luppo di complicazioni gastroenteriche. In medicina umana lamigliore gastrotollerabilità è stata notevolmente ridimensio-nata alla luce dei possibili effetti collaterali cardiocircolatoririscontrati in pazienti in terapia cronica con coxibs.

In base alle attuali conoscenze sulla produzione di eicosa-noidi pro infiammatori, è lecito supporre che lo sviluppo deiFANS abbia raggiunto un plateau, che potrebbe essere supe-rato solo nell’eventualità di ulteriori scoperte che consentanodi modificare significativamente le ipotesi correnti sulle vieinfiammatorie e quindi identificare un nuovo target per lo svi-luppo di nuove molecole. Considerata tale situazione, laricerca farmacologica e clinica si è quindi spostata nella dire-

zione della migliore caratterizzazione della tollerabilità a lun-go termine di questi farmaci e dell’identificazione di nuovemetodologie di somministrazione, in particolare consideran-do la necessità di somministrazione cronica e la palatabilità.

Il coxib il cui uso è stato meglio caratterizzato in condi-zioni cliniche, dimostrando una notevole efficacia con mini-ma incidenza di complicazionigastrointestinali è, probabil-mente, il firocoxib, il cui uso è autorizzato, nel cane, fino adun periodo di 90 giorni. Considerando più recenti sviluppinella farmacologia dei coxib, sono degni di nota la com-mercializzazione di un FANS COX-2 selettivo a lunga dura-ta di azione (mavacoxib) e di un FANS COX-2 selettivo cheha breve emivita plasmatica, ma persiste a livello del sitoinfiammatorio (robenacoxib).

Il mavacoxib rappresenta una possibile soluzione al pro-blema delle somministrazioni ripetute in animali in terapiacronica con FANS, in particolare i cani con osteoartrite. È unfarmaco che, differentemente dai FANS comunemente dis-ponibili in medicina veterinaria, è stato registrato per l’usoin cani con patologie degenerative articolari nei quali un trat-tamento per più di un mese è indicato. Il termine della licen-za è, quindi, sostanzialmente differente dal comune usoperioperatorio ed il farmaco è, quindi, stato sviluppato per ilsolo trattamento cronico. È interessante notare che la biodi-sponibilità aumenta notevolemte quando il farmaco è som-ministrato per via orale con il cibo. La lunga durata di azio-ne è determinata dal lento metabolismo, con emivita di eli-minazione superiore a 16 giorni in condizioni sperimentali,mentre in condizioni cliniche l’emivita sembra essere note-volmente più lunga (39 giorni) e in alcuni casi (<5%) puòsuperare gli 80 giorni. Per conseguire concentrazioni pla-smatiche stabili, il farmaco deve essere somministrato algiorno 0, quindi 14, quindi ogni mese, per un massimo di 6mesi e mezzo. L’uso è controindicato in animali con meno diun anno di età e in caso di patologie gastroenteriche, renali,insufficienza cardiaca, gravidanza, patologie della coagula-zione. Gli studi clinic su larga scala effettuati dal produttorehanno mostrato simile tollerabilità al carprofen, per quantoriguarda gli effetti colalterali gastroenterici. Il principaleproblema relativo a tale formulazione è rappresentato dal-l’impossibilità di antagonizzare il farmaco in caso di effetticollaterali, nel qual caso la lunga durata di azione diviene unnotevole svantaggio, e dal rischio di somministrazione con-comitante o ravvicinata di altri FANS o steroidi, con notevo-le rischio di gastrotossicità.

I coxib di nuova generazione possono davverorivoluzionare il trattamento del dolore?Il ruolo di questi farmaci per l’anestesista che si occupa di dolore

Federico Corletto

DVM, CertVA, Dipl ECVAA, MRCVS, Six Mile Bottom (UK)

78

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 78

Page 79: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il robenacoxib è un coxib relativamente recente altamen-te selettivo, sviluppato con lo scopo di ottenere una rapidaeliminazione dal torrente circolatorio e dai tessuti non affet-ti da processi infiammatori, mentre il farmaco tende ad accu-mularsi nei tessuti infiammati. Il robenacoxib può esseresomministrato cronicamente nel cane, e i termini della regi-strazione a livello Europeo non pongono un limite tempora-le. Nel gatto, a differenza che nel cane, il farmaco può esse-re somministrato per un periodo di 6 giorni. In caso di som-ministrazione cronica, il produttore suggerisce di effettuareregolarmente test per valutare la funzione epatica e renale.Dal punto di vista clinico, la gastrotollerabilità è simile aquella degli altri FANS. La licenza per l’uso di questo far-maco è interessante, poiché consente, almeno nel cane, l’u-so perioperatorio e quello cronico, non limitando l’ambito diutilizzo ad una sola situazione.

Dal punto di vista prettamente teorico sono quindi dispo-nibili almeno due prodotti che possono essere usati, nelcane, in modo cronico per trattare il dolore. Considerata

il notevole ruolo dei FANS nella gestione del dolore daosteoartrosi ed il fatto che tale patologia rappresenta la piùcomune indicazione terapeutica per l’utilizzo di analgesici inmodo cronico, la disponibilità di coxib consente interventianalgesici rispettando i termini della licenza di commercia-lizzazione del farmaco. Nonostante la relativa tollerabilitàdel carprofen, per esempio, è necessario considerare che l’u-so di questo farmaco è autorizzato per un periodo fino a 5giorni nel cane.

Per quanto riguarda la possiblità di “rivoluzionare” il trat-tamento del dolore, probabilmente i coxib rappresentano unaevoluzione di una classe di farmaci già importante nellagestione del dolore infiammatorio, ma sicuramente non pos-sono essere considerati la soluzioni a tutti i tipi di dolore cherichiedono terapia cronica. La complessa fisiopatologia deldolore è responsabile di una notevole variabilità nella rispo-sta individuale agli analgesici, e la valutazione del pazientecon un approccio logico e oggettivo rappresenta il passo fon-damentale nel pianificare una terapia analgesica efficace.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

79

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 79

Page 80: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

A differenza di alter classi di farmaci (antibiotici, anti-infiammatori, antiparassitari), lo sviluppo di nuovi aneste-tici generali iniettabili sembra aver raggiunto un puntomorto. La domanda che ci si deve porre a questo punto è laseguente: lo sviluppo si è fermato perché disponiamo giàdel farmaco ideale, e non lo abbiamo riconosciuto, oppureè possibile sviluppare nuovi agenti anestetici nel futuroimmediato?

Provando a considerare le caratteristiche ideali degli ane-stetici iniettabili, è possibile stabilire se i farmaci di cui dis-poniamo rispondono a tali caratteristiche:- Costo basso- Lunga conservabilità- Assenza di istolesività - Effetto prevedibile e di durata breve

• Rapida perdita di coscienza• Assenza di fenomeni eccitatori durante l’induzione ed

il risveglio dall’anestesia• Durata del risveglio non influenzata dalla quantità di

farmaco somministrata- Minimo accumulo dopo somministrazione di boli ripetuti

o infusione endovenosa- Minima depressione cardiocircolatoria- Minima depressione respiratoria- Metabolismo indipendente dalla funzione renale ed epatica

Al momento nessun farmaco presenta tutte le caratteri-stiche sopra elencate e dal punto di vista pratico il princi-pale problema incontrato nello sviluppo di nuove moleco-le anestetiche è rappresentato dal fatto che l’esatto sito emeccanismo di azione dei farmaci anestetici non è ancorastato identificato. È quindi impossibile ideare un farmacose non si conosce l’esatto recettore o meccanismo di azio-ne che si desidera ottenere. La produzione di un farmacocon le caratteristiche ideali richiederebbe l’esatta com-prensione dei meccanismi del sonno e l’induzione di unostato di sonno controlalto farmacologicamente, in modoche non vi sia una significativa alterazione dei meccanismineurovegetativi.

I farmaci anestetici attualmente disponibilii sono il tio-pentale (ormai in disuso), il propofol e la ketamina (e tile-tamina). Mentre per il tiopentale e le cicloesamine risultanotevolemente difficile conseguire le caratteristiche dell’a-nestetico ideale, il propofol è probabilmente il farmaco cheattualemente più si avvicina ad esse, pur non riuscendo aragiungere la perfezione. La ketamina risulta essere, inve-ce, più utile come ausilio nell’analgesia intraoperatoria. Le

conoscenze farmacocinetiche e farmacodinamiche piùrecenti hanno conseguito di raffinare la modalità di som-ministrazione del propofol, per esempio utilizzando model-li PK/PD per conseguire in modo rapido e prevedibile, econ minimo rischio di sovradosaggio, una concentrazioneplasmatica o a livello del sito effettore. Il farmaco è quindidosato in modo più accurato, minimizzando gli effettiindesiderati derivanti dal temporaneo sovradosaggio almomento dell’induzione dell’anestesia. La somministra-zione di propofol mediante sistemi guiti da computer oanche manualmente, ma rispettando il modello PK/PD,consente di mantenere uno stato di ipnosi con minimadepressione cardiocircolatoria e, almeno nel cane, il risve-glio è rapido e di durata prevedibile. Ovviamente è neces-sario inquadrare tale tecnica nell’ambito di un’anestesiabilanciata, pertanto la componente analgesica deve essereconseguita mediante l’utilizzo di altre tecniche (anestesialocoregionale) o farmaci (oppioidi). Per quanto riguarda ilgatto, il propofol, essendo un composto fenolico, non pre-senta caratteristiche farmacocinetiche che lo rendono uncomposto ideale per la somministrazione in infusione: ladurata della fase di risveglio, già dopo singolo bolo, è note-volmente maggiore rispetto al cane.

Di più recente introduzione nel mercato Australiano edInglese è il neurosteroide alfaxalone. L’alfaxalone era pre-cedentemente commercializzato, anche in Italia (Althe-sin), in combinazione con lo steroide alfadolone e con vei-colo oleoso (olio di ricino). L’utilizzo di tale formulazio-ne causava, tuttavia, un inaccettabile incidenza di reazionianafilattoidi nell’uomo, pertanto l’anestetico è stato ritira-to dal commercio. Nel Regno Unito, tuttavia, è stato uti-lizzato per anni in una formulazione ad uso veterinario(Saffan) nel gatto e negli animali estoci. L’elevata inci-denza di reazioni anafilattoidi nel cane ne ha precluso l’u-tilizzo in questa specie, ma è bene ricordare che il Saffancausava liberazione di istamina in molti gatti. Lo sviluppodel farmaco non è stato tuttavia abbandonato, poiché l’al-faxalone, la molecola principalmente responsabile delmeccanismo di azione anestetico presenta un notevolemargine di sicurezza e minimi effetti cardiocircolatori,come dimostrato da studi con dosi cliniche e sopraclinichenel cane e nel gatto. La farmacocinetica dell’alfaxalone,inoltre, rende questa molecola un farmaco particolarmen-te interessante per l’uso in infusione, soprattutto nel gatto.Consoderato ciò, è stata recentemente sviluppata e com-mercializzata, prima in Australia e poi nel Regno Unito,una nuova formulazione dell’alfaxalone, in ciclodestrine.

Tiopentale prima, propofol poi, … e ora?! Cosa c’è di nuovo all’orizzonte?

Federico Corletto

DVM, CertVA, Dipl ECVAA, MRCVS, Six Mile Bottom (UK)

80

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 80

Page 81: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Tale farmaco, nonostante un costo relativamente elevato eparagonabile a quello del propofol appena introdotto inmedicina veterinaria, è particolarmente interessante perl’anestesia veterinaria: non solo può essere dosato inmaniera incrementale per ottenere un effetto che va dallasedazione all’anestesia, ma sembra indurre meno depres-sione ventilatoria rispetto al propofol e può essere sommi-nistrato in infusione nel gatto senza rischio di accumulo.Può essere, inoltre, somministrato anche per via intramu-scolare in animali nei quali non sia possibile ottenere unaccesso venoso; l’uso di tale via di somministrazione è,

tuttavia, limitato dal volume da somministrare in animalicon peso superiore a 5-6 kg.

In conclusione, è probabile che nuove molecole nonsaranno immesse sul mercato a breve termine, tuttavia ilraffinamento delle tecniche di somministrazione dei farma-ci già commercializzati può consentire di migliorare lasicurezza dei protocolli anestetici.

È ausipcabile, inoltre, che la nuova formulazione dell’al-faxalone sia introdotta anche in Italia, considerata il poten-ziale di questo agente anestetico nell’anestesia totalmenteiniettabile nel gatto.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

81

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 81

Page 82: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

IL SOLE E LE RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE (UV)

I raggi ultravioletti (UV) sono radiazioni elettromagneti-che con lunghezza d’onda inferiore alla luce visibile, mamaggiore dei raggi X; sono più piccole e rapide della lucevisibile colorata, che ha una lunghezza d’onda da 400 a 700nm (nanometri), e costituiscono meno del 5% della radia-zione solare. La gamma delle lunghezze d’onda UV vienesuddivisa in: UVA (400-320 nm), UVB (320-290 nm) eUVC (inferiore a 290 nm).

La maggior parte dei raggi nocivi è assorbita dallo stratod’ozono, dalle impurità atmosferiche e dai vetri delle fine-stre. Tuttavia una parte di queste radiazioni raggiunge lasuperficie terrestre e rappresenta un potenziale rischio per lasalute della cute.

L’esposizione ai raggi solari aumenta al crescere dell’alti-tudine e per ogni 1000 metri si ha un incremento del 10-12%. La cute deve essere protetta dall’eccessiva esposizioneai raggi UV sia al mare sia in montagna, soprattutto nellegiornate limpide e durante le ore più calde1,2,3.

PREVENZIONE: QUALCHE SUGGERIMENTO UTILE

La prevenzione è una la migliore terapia. Bisognerebbeevitare lunghe passeggiate nelle ore più calde e, nella sta-gione estiva, tra le 10 e le 16. Gli animali, come le persone,hanno cuti differenti secondo età e razza: gli animali a pelocorto e chiaro sono a maggiore rischio per malattie foto-indotte. In questi casi, la dove non è possibile limitare le atti-vità del cane o del gatto (animali con accesso al giardino) ènecessario utilizzare protettivi solari prima delle esposizioni.

Cosa sono i protettivi solari e comefunzionano

I protettivi solari sono divisi in fisici e chimici. I primisono pigmenti organici che proteggono la cute impedendo airaggi solari di penetrarla attraverso la formazione di una bar-riera opaca che li riflette, mentre gli altri assorbono i raggiUV. I protettivi solari fisici sono l’ossido di zinco ed il dios-sido di titanio. Entrambi forniscono una protezione totale enon sono state segnalate reazioni avverse alla loro applica-zione. I protettivi chimici sono una famiglia di prodotti abase di acido aminobenzoico (PABA) e derivati del benzofe-none. Il PABA è un buon assorbente degli UVB, ma sono

state segnalate reazioni allergiche all’applicazione e nonprotegge la cute già lesionata. Negli ultimi anni, sono sta-ti introdotti prodotti con maggiori capacità di assorbimento(UVB ed UVA-II) e limitati effetti collaterali. La maggiorparte dei dati sull’applicazione derivano dalla medicinaumana e dagli studi di laboratorio. In generale è importantericordare che vanno applicati ogni 2-3 ore. Si ottiene unamigliore protezione applicando il prodotto 20-30 minuti pri-ma dell’esposizione ai raggi solari e 15-30 dopo. I punti cri-tici sono muso e parte distale degli arti, ma anche addome edinguine sono a rischio4.

ECCESSIVA ESPOSIZIONE AI RAGGI UV:MECCANISMI DI DIFESA DELLA CUTE E MALATTIE DERMATOLOGICHE ASSOCIATE

Il mantello è la prima barriera fisica ai raggi solari e neimpedisce il contatto diretto con la cute. I raggi UV possonoindurre foto-ossidazione ed un cambiamento nella composi-zione chimica del pelo. L’alterazione della struttura cutico-lare comporta la diminuzione e/o perdita di coesione tra lelamelle cornee. Ne consegue indebolimento del pelo, perdi-ta di lucidità ed opacamento. Questi eventi sono abbastanzarari in dermatologia veterinaria e possono essere limitati dalbuonsenso, soprattutto nel cane. In dermatologia umana, esi-stono anche tumori del fusto pilare foto-indotti, ma neglianimali non sono mai stati dimostrati.

Gli animali a pelo corto, glabri o a pelo bianco sono arischio maggiore di sviluppare dermatite solare, ustioni etumore squamocellulare. La cute adotta numerosi meccani-smi per difendersi dall’esposizione ai raggi UV: sintetizzaenzimi, antiossidanti e “stress protein” che proteggono lecellule epidermiche dai danni ossidativi. Altri enzimi con-sentono di riparare il DNA cellulare eventualmente danneg-giato. Inoltre, tramite la produzione di melanina, da parte deimelanociti dello strato basale dell’epidermide, le radiazioniultraviolette sono assorbite con relativa diminuzione deldanno cellulare1,2,3,5,6.

Malattie dermatologiche foto-indotteLa dermatite solare è una reazione fototossica ed interessa

principalmente le aree glabre e/o a pelo corto degli animali.La sua gravità dipende dal tempo d’esposizione ai raggi UVe si ha la formazione di cheratinociti vacuolizzati dell’epi-dermide superficiale, cheratinociti apoptotici, dilatazione dei

Terapia preventiva delle malattie dermatologiche indotte dall’eccessiva esposizione solare

Luisa Cornegliani

Med Vet, Dipl ECVD, Milano

82

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 82

Page 83: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

vasi, incremento dei componenti vasoattive, delle citochineinfiammatorie e dell’ossigeno reattivo. Questa serie di eventiinduce una progressiva alterazione del DNA con possibiletrasformazione cellulare neoplastica (cheratosi attinica vscarcinoma squamocellulare). Con l’esposizione ripetuta,dopo l’iniziale eritema, si formano lesioni dermatologichespesso ad evoluzione carcinomatosa. L’elastosi è un eventoimportante a livello del collagene dermico ed implica unadiminuzione dell’elasticità cutanea1,2,3,5,6.

Nel gatto bianco, le lesioni croniche sono rappresentate dauna dermatite attinica su orecchie, dorso del naso, ecc. Neicasi più gravi la malattia progredisce in carcinoma squamo-cellulare. La neoplasia è localmente invasiva; la gravità del-la lesione e la sua localizzazione, spesso rendono necessarieinterventi chirurgici debilitanti.

Nel cane si possono sviluppare follicoliti e cisti follicola-ri attiniche su tronco ed arti. Le complicanze batteriche nelcane (piodermite), peggiorano i sintomi clinici e prolunganola risoluzione delle lesioni dermatologiche1,2,3,5,6.

Malattie dermatologiche foto-aggravateL’esposizione eccessiva ai raggi solari è un fattore di peg-

gioramento di malattie immunomediate. In particolare modoè da evitare in corso di lupus cutaneo e/o sistemico, lupusvescicolare dello Sheltie Sheep dog, dermatomiosite, pemfi-go complex e penfigoide. In queste malattie, l’esposizioneagli UV può aumentare la liberazione di antigeni, generarealcune molecole di DNA alterato dai cheratinociti epidermi-ci e creare numerose citochine e molecole di adesione. Lemolecole di DNA alterato fissandosi alla membrana basaledell’epidermide, alla presenza di autoanticorpi, formanonuovi immunocomplessi e causano la recrudescenza dellamalattia. È importante informare i proprietari riguardo airischi che i loro animali corrono se esposti erroneamente airaggi UV, per evitare recidive e conseguenti modifiche delprotocollo terapeutico in atto1,2,3,5,6.

Altri effetti dei raggi UVAnimali in terapia con alcuni antibiotici, come per esem-

pio le tetracicline, devono evitare l’esposizione ai raggi sola-ri: questi possono causare una reazione di foto-tossicità efoto-allergia per i “cataboliti” dei farmaci.

L’eccessiva esposizione ai raggi UV, altera la normaleazione delle cellule di Langerhans influenzando la produzio-ne di citochine, la normale protezione nei confronti degliantigeni estranei inducendo una diminuita protezione verso

le infezioni virali ed aumentando la suscettibilità per i tumo-ri cutanei5,6.

TERAPIA: QUANDO NON È STATA FATTAPREVENZIONE E SI DEVONO LIMITARE IDANNI

Il trattamento farmacologico consiste, per i casi meno gra-vi, nella protezione dai raggi solari e l’idratazione cutanea;alcuni autori suggeriscono beta-carotene a 30 mg/kg/die peros. Se presenti lesioni dermatologiche di maggiore gravità èpreferibile aggiungere corticosteroidi per via sistemica adosi antinfiammatorie (prednisolone 1 mg/kg/die) per 7-10giorni; in alcuni casi può essere utile acitretina 0,5-1mg/kg/die nel cane e 5-10 mg/gatto. Negli animali con infe-zione batterica si utilizzano antibiotici ad ampio spettro(durata secondo la gravità dell’infezione). Alla presenza dineoplasie cutanee è meglio consultare il veterinario oncolo-go per la terapia più idonea5,6. Negli animali con malattieimmunomediate, dove gli UV abbiano indotto peggioramen-to o recrudescenza della sintomatologia, è utile consultare ildermatologo per modificare la terapia.

Bibliografia

1. Bensignor E, (1999), Soleil et peau chez les carnivores domestique,1- effects des raynnements solaires sur les structures cutanées, LePoint Veterinaire, 30: 225-228.

2. Bensignor E, (1999), Soleil et peau chez les carnivores domestique.2-Affections photo-induites et photo-aggravées, Le Point Veterinaire,30: 229-236.

3. Calmont JP, (2002), Dermatoses solaires (1re partie): photodermato-ses et dermatoses photo-aggravées. Prat Méd Chir Anim Comp, 37:185-193.

4. Gasparro FP, Brown D, Diffey BL, Knowland JS, Reeve V (2003):Sun protective agents: formulations, effects and side effects. In Fitz-patrick’s Dermatology in general medicine, McGraw-Hill ed. cap247: 2344-2359.

5. Noli C, Scarampella F, (2004), Malattie ambientali, in Dermatologiadel cane e del gatto, ed Poletto, 327-330.

6. Scott DW, Miller WH, Griffin CE, (2001), enviromental skin disea-ses, in Muller and Kirk’s small animal dermatology. WB Saunders,Filadelfia, cap 16: 1073-1081.

Indirizzo per la corrispondenza:Clinica Veterinaria S. Siro, MilanoE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

83

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 83

Page 84: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

Herpesvirus felino di tipo 1 (FHV-1) è un Alphaherpesvi-rus con epiteliotropismo. FHV-1 è un comune patogeno deigatti domestici principalmente associato a rinite acuta e cro-nica, cheratocongiuntivite ulcerativa ed eosinofilica, seque-stri corneali ed uveite della camera anteriore1. FHV-1 èanche responsabile di stomatiti, dermatiti erosive e ulcerati-ve facciali e nasali2.

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Le dermatiti ulcerative causate da FHV-1 sono poco fre-quenti e a localizzazione prevalentemente facciale. Sonocaratterizzate da erosioni e ulcerazioni al muso, associate avari gradi di eritema, essudazione, ulcerazione e croste.Sono state osservate anche lesioni vescicolari. Le aree fac-ciali più frequentemente interessate dall’infezione sono iltartufo, il filtro, canna nasale, le labbra e le regioni perior-bitali1,2.

Un limitato numero di gatti può presentare lesioni faccia-li simmetriche che mimano malattie autoimmuni. Altri ani-mali manifestano lesioni ulcerative nella porzione distaledegli arti, forse per il contatto diretto con le secrezioni e/o learee ulcerate durante l’azione di pulizia di toelettatura. Ilprurito generalmente è moderato o assente, ma la concomi-tante presenza di infezioni microbiche secondarie può ren-derlo più manifesto1,2.

DIAGNOSI DIFFERENZIALI

Negli animali giovani, provenienti da colonie o gruppi digatti non vaccinati, difficilmente possono essere sospettatemalattie differenti dalla forma virale, considerando anche ilconcomitante coinvolgimento sistemico (febbre, ecc). Nelleforme croniche le lesioni cliniche possono essere compatibi-li con molte malattie dermatologiche1,2.

Le diagnosi differenziali includono: ipersensibilità almorso di insetti, reazione allergica al cibo, malattie eosino-filiche feline raggruppate come complesso granuloma eosi-nofilico, infezioni batteriche, altre dermatiti virali, pemfigofogliaceo ed alcune malattie neoplastiche (es. carcinomasquamocellulare)1,2,3.

DIAGNOSI

Le metodiche diagnostiche a disposizione sono varie e lascelta del tipo di esame va effettuata in base al quadro clini-co del soggetto e al materiale campionabile.

Sulle biopsie cutanee la diagnosi definitiva richiede l’iden-tificazione degli inclusi intranucleari classici di FHV-13. Qua-lora questi non siano identificabili, ma permane il sospettoclinico, è possibile ricercare il virus tramite metodiche diffe-renti come per es. reazione a catena della polimerasi (PCR) oimmunoistochimica (IIC).

Esame istopatologicoLa dermatite da FHV-1 è caratterizzata istologicamente da

severa necrosi e ulcerazione dell’epidermide con estensionedella necrosi nel derma sottostante. C’è generalmente unamassiva essudazione che forma estese croste serocellularisuperficiali. L’epidermide adiacente all’ulcera è acantotica. Cipossono essere spongiosi, degenerazione balloniforme e occa-sionalmente vescicolazione superficiale. La necrosi e la spon-giosi possono estendersi nei follicoli superficiali, spesso finoall’istmo. L’epitelio follicolare intatto è generalmente iperpla-stico. Gli eosinofili spesso migrano nell’epitelio necrotico del-la parete follicolare e degranulano in questa sede. In tutti icasi, i corpi inclusi intranucleari possono essere presenti e/oassenti. Questi ultimi sono meglio identificati nell’epiteliointegro vicino ai foci di necrosi; più in profondità si possonotrovare dentro le ghiandole sebacee. I corpi inclusi intranu-cleari sono metallici o amfofilici, generalmente omogenei emarginano la cromatina. Nelle lesioni acute, il derma è gene-ralmente invaso da eosinofili e neutrofili (localizzazione daperivascolare a diffusa) con presenza di aggregati di linfociti eplasmacellule. I corpi inclusi sono difficilmente identificatiall’interno dell’infiltrato infiammatorio. Dal punto di vistaistopatologico, la dermatite erpetica può essere indistinguibi-le da quella d’ipersensibilità al morso d’insetti o altre malattieeosinofiliche, se i corpi inclusi non possono essere identifica-ti. Nella placca eosinofilica istologicamente si riscontranospongiosi e mucinosi, senza coinvolgimento dell’epidermide edei follicoli superficiali. Nell’ulcera indolente spesso si rilevaintensa degranulazione degli eosinofili. La dermatite erpeticaulcerativa neutrofilia può essere simile alle infezioni batteri-che croniche o all’infezione da cowpoxvirus (anche se in que-sto caso i corpi inclusi di tipo A sono intracitoplasmatici edeosinofilici)3. In generale, si consiglia di eseguire biopsie mul-tiple per aumentare la possibilità d’identificazione dei corpiinclusi nelle istologie1,2.

Dermatite erpetica felina

Luisa Cornegliani

Med Vet, Dipl ECVD, Milano

84

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 84

Page 85: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Isolamento viraleL’isolamento del virus si esegue con colture cellulari da

linee cellulari feline in cui è possibile rilevare l’effetto cito-patico causato dalla replicazione di FHV-1. L’isolamentovirale può essere utile in corso d’infezione acuta, visto l’ele-vata capacità replicativa virale. Nelle infezioni croniche talemetodica è difficoltosa ed è considerata meno sensibile del-la PCR4. Inoltre è difficoltoso trovare un laboratorio con ade-guata attrezzatura per eseguire tale isolamento1.

Reazione a catena della polimerasiLa PCR consente d’identificare alcune sequenze virali, tra-

mite primer specifici, permettendo il riconoscimento delvirus nel campione in esame, con l’amplificazione di unaspecifica sequenza nucleotidica del DNA. Nei laboratori didiagnostica per l’identificazione di FHV-1 si utilizzano: PCRconvenzionale, nested-PCR e real-time PCR. I primer speci-fici amplificano una regione del gene della timidina chinasiche rappresenta uno dei target preferenziali per la diagnosi diherpesvirus tramite PCR1,5. In questo momento, la PCR èconsiderata il metodo di elezione per identificare l’FHV-1 neicampioni biologici, e sembra più sensibile dell’isolamentovirale o dell’immunofluorescenza indiretta.

Tuttavia l’impiego di questa metodica nei gatti con der-matiti ulcerative, dove si sospetta un’eziologia virale, puòavere dei limiti. L’integrazione del DNA virale nel DNA cel-lulare dell’ospite non consente la corretta distinzione trainfezione attiva o latente. Un altro limite nell’impiego dellaPCR è che la sensibilità varia secondo il tipo di PCR impie-gata, dal numero di cicli, dal tipo di primer, dal tampone,dalla temperatura e dall’eventuale contaminazione. In gene-rale, con l’aumentare della sensibilità aumenta anche la pos-sibilità di ottenere falsi positivi. La loro presenza può dipen-dere da un’errata interpretazione dei risultati. L’alta sensibi-lità della PCR è quindi anche il suo limite. Un risultato posi-tivo va sempre interpretato con cautela e correlato al quadroclinico1.

ImmunoistochimicaL’identificazione di FHV-1 può avvenire tramite tecniche

immunodiagnostiche che utilizzano l’anticorpo virus speci-fico. Tali metodiche permettono il riconoscimento dell’anti-gene con l’utilizzo dell’anticorpo coniugato con cromogeno.L’immunocomplesso è coniugato con un enzima che, rea-

gendo con un substrato cromogeno, lo fa precipitare nel pun-to dove la reazione antigene-anticorpo è avvenuta6.

L’immunoistochimica è considerata un metodo diagnosti-co sensibile e specifico per identificare le proteine di herpe-svirus nelle biopsie. Di fatto, l’identificazione di proteinevirali significa la presenza di antigeni virali, di attiva trascri-zione e trasduzione dell’mRNA virale. L’immunoistochimi-ca può discriminare tra un’infezione attiva o latente, quandosolo poche proteine virali sono trasdotte1,6.

CONCLUSIONI

La PCR rivela il DNA virale, ma non è possibile correlar-lo a un’infezione attiva nei campioni presi in esame. Per que-sto può essere considerato uno screening preliminare.

L’immunoistochimica rileva l’espressione proteica cheindica la transcrizione virale, l’attivazione del virus e la pos-sibile eziologia virale delle lesioni cliniche. Può essere con-siderata più sicura per dimostrare la correlazione tra virus elesioni dermatologiche.

Bibliografia

1. Persico P, Roccabianca P, Vercelli A, Cornegliani L, (2009), Felinecutaneous herpesvirus: aethio-pathogenesis, clinical lesions and dia-gnostic methods, Veterinaria, 23 (3): 25-32.

2. Hargis AM, Ginn PE, (1999), Feline herpesvirus 1- associated facialand nasal dermatitis and stomatitis in domestic cats. Vet Clin NorthAm Sm Anim Pract 29: 1281-1290.

3. Gross TL, Ihrke PJ,Walder EJ,Affolter VK (2005): Ulcerative andcrusting disease of the epidermis. In: Gross TL, Ihrke PJ,Walder EJ,Affolter VK eds. Skin diseases of the dog and cat. Clinical and histo-pathologic diagnosis, Ed. Blackwell Science, 116-135.

4. Nassise MP,Weigler BJ, (1997), The diagnosis of ocular herpes virusinfection. Vet Comp Ophtalmol 7: 44-51.

5. Holland JL, Outerbridge CA, Affolter VK:, (2006), Detection of feli-ne herpesvirus 1 DNA in skin biopsy specimens from cats with orwithout dermatitis. J Am Vet Med Ass 9: 1442-1446.

6. Suchy A, Baudes B, Gelbmann W, et al (2000): Diagnosis of felineherpesvirus infection by immunohistochemistry, polymerase chainreaction, and in situ hibridization. J Vet Diag Invest 12: 186-191.

Indirizzo per la corrispondenza:Ambulatorio Veterinario Associato, TorinoE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

85

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 85

Page 86: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

Con il termine emergenza oftalmologica si intende unostato clinico, molto frequentemente ad insorgenza acuta, nelquale il ritardo nella diagnosi e conseguentemente nel tratta-mento mette a rischio la struttura anatomica e di conseguen-za il corretto funzionamento delle componenti oculari conpossibile perdita parziale o totale della funzione visiva.

Molto spesso le urgenze oftalmologiche sono la conse-guenza di eventi traumatici esterni quali ferite, corpi estra-nei, causticazioni corneali e la proptosi bulbare anche se inalcuni casi quali ad esempio il glaucoma acuto la causa è daricercarsi in patologie intraoculari.

LA VISITA OCULISTICA

Uno degli errori più comuni che viene commesso alla pre-sentazione di un soggetto con emergenza oftalmica in atto èla mancata valutazione dello stato generale e una osserva-zione completa della struttura oculare. A fini esemplificativipossiamo osservare come nel caso di un soggetto che hasubito proptosi del bulbo in seguito a trauma automobilisti-co non si può non considerare la possibile concomitante pre-senza di trauma cranico, così come la sola valutazione di unaulcera corneale non può esimere dalla ricerca dell’eventualepresenza di un corpo estraneo causa dell’ulcera stessa.

Per tali motivi quando un soggetto viene portato per unemergenza in campo oftalmologico è imperativo effettuareuna accurata, anche se il più possibile rapida, visita oculistica.

CONTROLLO DEL DOLORE

Il controllo del dolore durante le fasi di emergenza èessenziale sia per svolgere una visita completa sia per scon-giurare possibili autotraumatismi. In corso di lesioni cor-neali l’uso di farmaci cicloplegici, riducendo lo spasmo del-la muscolatura ciliare contribuisce al controllo del dolorementre a tale scopo viene sconsigliata la somministrazionedi anestetici locali quali ossibuprocaina o benoxidate cloru-ro perché considerati istolesivi per le cellule epiteliali cor-neali. L’uso topico di derivati della morfina sarebbe invece,secondo alcuni autori, appropriato data l’assenza di tali effet-ti collaterali.

A scopo analgesico possono essere utilizzati per via siste-mica i fans quali il carprofene o l’ac. tolfenamico e tra gli

oppiacei il butorfanolo, il metadone, il tramadolo ed il fen-tanyl.

In soggetti particolarmente agitati va valutata l’utilizza-zione di farmaci sedativi dopo attenta valutazione dello sta-to generale.

Per evitare gli autotraumatismi è sempre opportuno rac-comandare l’uso di un collare elisabettiano o altri mezzi dicontenzione appropriati.

LE ULCERE CORNEALI

L’ulcera corneale consegue alla perdita di integrità dellasuperficie corneale. Le cause possono essere molteplici ma itraumi esterni in seguito a ferite da graffio o morsicature, ilcontatto con sostanze caustiche quali ad esempio gli alcali,la presenza di corpi estranei non diagnosticati come fram-menti vegetali rappresentano le evenienze più comuni. Ilgrado di urgenza e il tipo di trattamento sono determinatidalle dimensioni e dalla estensione in profondità della lesio-ne. Lesioni epiteliali e stromali superficiali possono nonessere considerate reali emergenze anche se non devonoessere sottovalutate. Al contrario lesioni profonde dello stro-ma o localizzate alla membrana di Descemet obbligano ilveterinario ad agire con rapidità o a riferire il caso ad unospecialista soprattutto se si ritiene opportuna la terapia chi-rurgica della quale questo tipo di patologie molto spessonecessita ai fini del loro trattamento. In questi casi la solaterapia medica può non essere sufficiente alla risoluzione delproblema ed il ritardo nella eseguzione della corrette manua-lità può rappresentare un rischio per la funzionalità oculare.Dal punto di vista medico l’ulcera va curata sempre con tera-pia antibiotica topica con tobramicina, chinolonici o genta-micina in associazione alla sistemica quale amoxicillina edac. clavulanico, tetracicline o cefalosporine. L’uso di farma-ci midriatici-cicloplegici come l’atropina 1% contribuisce,come già detto, a determinare una riduzione dello spasmodella muscolatura ciliare e di conseguenza del dolore, stabi-lizza la barriera ematoacquea e determinando midriasi evital’insorgenza di sinechie irido lenticolari che possono poten-zialmente dare origine a gravi complicanze secondarie. Incaso di contatto con soluzione caustiche il lavaggio dell’oc-chio con soluzioni irriganti quali Ringer lattato o soluzionesalina bilanciata (BSS) in modo prolungato è assolutamenteindispensabile per limitare il contatto tra l’agente tossico e lasuperficie corneocongiuntivale riducendo in tal modo le con-seguenti lesioni.

Le emergenze oftalmologiche: diagnosi e trattamento

Alberto Crotti

Med Vet, Genova

86

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 86

Page 87: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il ricorso alla terapia chirurgica si avvale di tecniche qua-li la sutura corneale semplice, l’uso di flap peduncolati con-giuntivali di vario tipo, il trapianto corneale lamellare, la tra-sposizione sclero corneale e corneo congiuntivale. Talimanualità necessitano di esperienza e strumentazione ade-guata e vanno pertanto riferite a chirurghi oculisti.

IL GLAUCOMA ACUTO

Il glaucoma acuto è causato dalla rapida insorgenza diaumento della pressione intraoculare in esito ad un fenome-no infiammatorio o per un alterazione anatomica preesisten-te dell’angolo di filtrazione iridocorneale in razze predispo-ste. Spesso la persistenza dell’ipertensione anche solo peralcune ore può determinare danni irreversibili al nervo otti-co e alla retina con gravi ripercussioni sullo stato visivo finoa provocare cecità completa. I sintomi clinici ad insorgenzaacuta sono caratterizzati da fotofobia, blefarospasmo, dolo-re, epifora, procidenza della terza palpebra, iperemia con-giuntivale, congestione dei vasi episclerali, edema cornealee pupilla fissa e lievemente dilatata. Dal punto di vista tera-peutico è essenziale provvedere con la massima rapidità adinstaurare una terapia che può essere inizialmente di tipomedico con inibitori dell’anidrasi carbonica quali la dorzo-lamide o la brinzolamide associati a betablocanti come ilbetaxololo e prostaglandinici come ad esempio il latanoprostcon l’ausilio eventualmente di farmaci iperosmotici quali ilmannitolo 20%. Nel caso la terapia medica di attacco non siain grado di riportare in modo rapido e con stabilità la pres-sione entro i limiti della norma occorre optare per il ricorsoalla terapia chirurgica.

È essenziale in caso di glaucoma primario monolateraleinstaurare una terapia profilattica sull’occhio controlateralesano.

LA PROPTOSI BULBARE

Si ha proptosi bulbare quando il globo oculare si sposta insenso anterogrado con conseguente suo blocco oltre il mar-gine palpebrale. Le razze più frequentemente colpite sono lebrachicefaliche e la causa è sempre riconducibile ad unevento traumatico esterno acuto quale lotte tra animali, inve-stimento d’auto ma può conseguire anche a manualità dicontenzione improprie. Non è possibile la risoluzione della

patologia con terapia medica ed il ricorso alla chirurgia deveessere il più possibile tempestivo. La prima fase della ridu-zione del prolasso consta nella cantotomia laterale ai fini diampliare la rima palpebrale. La seconda fase prevede, attra-verso una manovra da effettuarsi con delicatezza, la riposi-zione del globo nella sua naturale sede anatomica orbitale.Questa manovra viene effettuata dopo aver apposto in pros-simità della rima palpebrale alcune suture passanti ed utiliz-zando il manico di un bisturi o una spatola di Jager per eser-citare una spinta delicata sul globo stesso. In seguito secon-do la scelta del chirurgo può essere posto o meno in opera unflap della terza palpebra a scopo protettivo e contenitivo edinfine occorre raffrontare i margini palpebrali tramite tarsor-rafia temporanea dopo aver provveduto alla sutura della can-totomia laterale. La terapia medica sistemica presupponel’utilizzo di antibiotici come l’amoxicillina ed ac clavulani-co ed antiinfiammatori steroidei quali prednisone e predni-solone o fans tipo carprofene ed antibiotici topici ad esem-pio tobramicina, enrofloxacina, gentamicina, cloramfenico-lo da applicarsi in forma di collirio attraverso la rima palpe-brale parzialmente suturata dalla tarsorrafia. Come prece-dentemente citato dovrebbero essere utilizzate terapie antal-giche e deve essere sempre applicato un collare elisabettianoper circa due settimane fino alla rimozione delle suture.Spesso la prognosi per la funzionalità visiva, nonostantel’intervento tempestivo e le corrette terapie può risultareriservata o infausta dal momento che in seguito all’eventotraumatico si ha frequentemente danno alle fibre del nervoottico in seguito alla sua trazione mentre può essere buonaper il recupero anatomico se le cure sono state rapide. Lepossibili complicanze sono nel breve termine emorragieintraoculari, edemi ed emorragie retrobulbari, malacia cor-neale ed exotropia. Nel lungo termine si può avere enoftal-mo o esoftalmo, limitata mobilità bulbare, degenerazioniretiniche, danni su base neurologica alla ghiandola lacri-male principale con cheratocongiuntivite secca secondaria,ipoestesia corneale, tisi bulbare, cheratite da esposizionesecondaria a lagoftalmo.

Indirizzo per la corrispondenza:Alberto CrottiStudio Veterinario AssociatoVia Paolo Revelli Beaumont 43 16143 GenovaTel. 010 5221411 - Fax 010 501338E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

87

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 87

Page 88: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

To every veterinarian’s frustration, staphylococcal skininfections can be stubbornly recurrent in some dogs. Theclient (and the veterinarian) must understand that staphylo-coccal bacteria are in essence normal flora; infection cannotoccur unless something has gone wrong with the skin or itsdefense systems. Thus particularly in recurrent infections,the first step is to attempt to define the underlying cause withappropriate diagnostic investigation. In younger dogs withrecurrent infections, common causes of recurrence includeexternal parasites and allergic disease. Older animals canalso develop recurrent infections from hypothyroidism, orany other underlying systemic disease. Despite thoroughtesting, some patients with recurrent infections defy diagno-sis – their infections respond completely to antibiotic treat-ment, yet continue to recur soon after such treatment is dis-continued. For such patients with “idiopathic recurrent pyo-derma” there are several measures that may help to preventor limit recurrence.

HOST FACTORS, BACTERIAL FACTORS,COMPLICATING FACTORS

Advanced techniques have allowed a more careful exam-ination of the host factors AND the bacterial factors that maybe important in the pathogenesis of recurrent pyoderma. Thefirst step in infection is adherence of the bacterium to thecells or tissue of interest. Recent studies have shown that itis much easier for staphylococci to adhere to canine skincells than to feline skin cells. Perhaps this helps explain whyinfection occurs more often in dogs. As another example, theepidermis, as part of its normal defense system, secretes bac-tericidal peptides called defensins. It is now well-establishedin humans that individuals with atopic dermatitis may havedecreased production of these substances, when comparedwith non-allergic people; this may explain the predispositionto recurrent infection in atopic patients. These factors arecurrently being studied in dogs. With regard to bacterial fac-tors, several studies have attempted to find some character-istic of the organism itself (for example, the particularspecies or strain of Staphylococcus) that makes it particular-ly virulent, or prone to cause recurrent infection. So far,these factors have not been uncovered, leading one to spec-ulate that the most important factors may be those associat-ed with the host. There has been a recent increase in reportsof multi-drug resistant staphylococcal strains. In particular,the methicillin-resistant staphylococci (MRS) are of concern

and of course, presence of a highly resistant bacterial strainmay complicate treatment.

In some cases of recurrent pyoderma, there are complicat-ing factors. We must consider several forms of pyodermawhere there are additional factors contributing to the patho-genesis, and making treatment difficult. Examples includeGerman Shepherd Dog Pyoderma/Cellulitis — a specialcase of deep pyoderma, where there is evidence of a geneti-cally-determined cellular immunodeficiency. Also, interdig-ital pyoderma - in addition to staphylococcal infection, thedeep infection that occurs between the toes is in part foreignbody reaction to hair shafts, perhaps entrapped in scar tissue,and recent evidence suggests that at least some cases trulybegin as cystic structures that become secondarily infected.

IDIOPATHIC RECURRENT PYODERMA:CLINICAL PERSPECTIVE

From a clinician’s perspective, the main underlying caus-es of a recurring pyoderma can be divided into 4 groups,depending on the response to antibiotic treatment. Routineprocedures such as skin scrapings for mites, dermatophyteculture, careful history, and physical examination should beconducted first to eliminate common and obvious causes ofrecurrence. Following this, the patient’s response to antibi-otic treatment is a valuable clue to underlying factors, andwill aid greatly in planning logical diagnostic evaluation touncover the predisposing factors for each patient. The clini-cian must treat with antibiotics ALONE, for 3 to 4 weeks,then observe the clinical response. We can examine the 4groups of underlying causes more carefully, depending onresponse.

• If the response is a complete clearing of lesions, yetwith substantial remaining pruritus, allergic causesshould be strongly considered as underlying causes.

• If the response is a partial clearing of the lesions, butthe skin is not totally normal and pruritus remains,underlying factors to consider include inadequate treat-ment, parasitism, food allergy, primary seborrhea, ordermatophytosis. Diagnostic steps in this case mightinclude repeated skin scrapings, empirical treatment forscabies mites, a hypoallergenic diet trial, fungal culture,and skin biopsy.

• If there is little or no clinical response to antibiotictreatment at all, factors such as antibiotic resistance orpoor client compliance should be considered. It’s also

Idiopathic recurrent pyoderma in dogs

Douglas J. DeBoer

DVM, Dipl ACVD, Wisconsin USA

88

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 88

Page 89: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

possible the diagnosis is wrong - non-pyoderma pustu-lar diseases like pemphigus foliaceus may be present.Bacterial culture and sensitivity testing, fungal culture,and skin biopsy would be indicated with this responsepattern.

• If the response is a complete clearing of both lesionsand pruritus, the main underlying factors to considerinclude systemic disease, very early allergic disease, oridiopathic recurrent superficial pyoderma. In this event,diagnostic evaluation consists of evaluation for sys-temic disease with blood and urine analyses, and possi-ble evaluation for allergic disease. Failing to find a spe-cific cause, the diagnosis of “idiopathic recurrent pyo-derma” can be made; several treatment options areavailable for attempting long-term control and preven-tion of recurrence.

STRATEGIES FOR PREVENTINGRECURRENCE

Antimicrobial topicals are the first line of defense withrecurrent skin infections. Shampoos containing chlorhexi-dine, benzoyl peroxide, or phytosphingosine appear espe-cially helpful when used twice weekly and allowed toremain on the pet for 5-10 minutes before rinsing. Obvious-ly, any product that is formulated to remain on the skin, orthat has a prolonged antimicrobial action, is preferred here.For localized areas, treatment with 2% mupirocin ointmentis highly effective and avoids the need for systemic antibi-otics. For broader regions of the skin, spray-on or “leave-on”conditioner products containing chlorhexidine and/or phy-tosphingosine are recommended. Recently, products con-taining saccharide molecules that interfere with attachmentof bacteria and yeast to the skin (“glycotechnology”) havebecome available, and may be of benefit in limiting colo-nization. The overall principle here is to limit, to the extentpossible, prolonged or repeated courses of antibiotic treat-ments so as to minimize the potential for development ofantibiotic resistance

Immunomodulatory therapy can be remarkably effectivefor some patients with idiopathic recurrent superficial pyo-derma. Its use for recurrent deep pyoderma, or for recurrentpyoderma associated with allergic disease, is less well stud-ied. Immunomodulatory drugs, such as levamisole andcimetidine, do not appear to be effective for this use. On theother hand, staphylococcal bacterin products are very useful.These “staph vaccines” are either available commercially(Staphage Lysate SPL®) or are prepared by a local laborato-ry as autogenous bacterins. They generally must be usedlong-term to prevent recurrence, however, their use avoids

the necessity of prolonged antibiotic treatment in some pets.SPL has a variety of immunomodulatory actions; unfortu-nately, these have mostly been studied in mouse models orin vitro and rarely in dogs. Recent gene-expression microar-ray studies in dogs suggest that SPL may exert its effect viaupregulation of interferon-gamma production. SPL isadministered at 0.5 cc subcutaneously, twice weekly, for atrial period of 10 weeks. During the first 6 weeks of injec-tions, antibiotics are administered concurrently. After 6weeks, the antibiotics are stopped, and the injections contin-ued. Success is manifested as failure to relapse, much milderrelapse, or infrequent relapse as compared to before use ofthe SPL. If SPL is effective, it can usually be reduced to onceweekly injection, and sometimes once every 2 weeks.

Continuous antibiotic treatment via “pulse therapy” hasalways been a last-resort treatment for IRSP, and is rapidlybecoming less and less advisable. The emergence of MRShas virtually guaranteed that such treatment will eventuallyresult in colonization by a resistant strain, a phenomenonthat is growing worldwide. Thus every effort should be madeto use alternatives to “pulse therapy” with antibiotics.

IDIOPATHIC RECURRENT SUPERFICIALPYODERMA (IRSP) – DOES IT EXIST?

Finally, it is useful to reconsider whether IRSP actuallyexists in dogs. Many veterinary dermatologists, includingthis author, have noted that the diagnosis of IRSP is beingmade less and less often as our clinical diagnostic acumenbecomes better and better. There is some discussion that, inthe past, many dogs with IRSP are actually atopic dogs.These dogs have either very mild AD, or are a subset of ADpatients whose major manifestation of their atopic state isrecurrent infection and pruritus that is largely controlledwith antibiotics. This is an intriguing possibility, because itopens the possibility that such dogs could eventually betreated with, for example, allergen immunotherapy. Interest-ingly, it is known that administration of injections of canineinterferon-gamma to dogs with AD can provide significantclinical benefit. If by using staphylococcal bacterins forIRSP, we are stimulating the dog’s own IFN-gamma produc-tion, perhaps these dogs really just have AD, and we are justindirectly treating the AD with the dog’s “own” interferongamma! This is but one of many mysteries about recurrentpyoderma that remains to be elucidated.

Address for correspondence:School of Veterinary Medicine, University of WisconsinMadison, Wisconsin USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

89

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 89

Page 90: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Atopic dermatitis (AD) is a complex, multifaceted diseasewith many possible manifestations, and many possible treat-ment modalities. Modern research continually reveals newfindings about the pathogenesis of AD, which is incomplete-ly understood even in man. It is important to understandwhat is known about the pathogenesis of AD in order tounderstand the logical diagnosis and treatment of this dis-ease. The objective of this lecture is to review new findingsabout AD, particularly regarding epidermal barrier function,and to discuss how these findings affect how we approachmanagement of AD.

ATOPIC DERMATITIS: INSIDE-OUTSIDE?

Historically, AD was considered to be caused by an IgE-mediated, immediate-type hypersensitivity response to aninhaled allergen – “allergic inhalant dermatitis.” The IgEproduced would sensitize cutaneous mast cells; the mastcells degranulate upon further allergen exposure, with sub-sequent mediator release causing clinical signs. Taking onestep backwards, we emphasized that the important factorunderlying this hypersensitivity response was a basic alter-ation in the immune response, caused by a combination ofgenetic and environmental factors. Thus, we viewed AD as adisease that began on the “inside” of the individual – theimmune system – and that following this, “outside” influ-ences such as allergens, irritants, bacteria, and yeast wouldcause development and worsening of symptoms (“inside-outside”). Many years and thousands of research studiesfocused on defining the abnormalities in the “inside” - theimmune system and inflammatory response. Our diagnosticapproach was focused on evaluating the immunologic IgEand immediate hypersensitivity response, and our treatmentapproach consisted mostly of attempting to modify theimmune system and inflammatory response.

ATOPIC DERMATITIS: OUTSIDE-INSIDE?

More recently, this “inside-outside” view has come intosome question, and a different view is evolving. For exam-ple, we began to recognize that atopic dermatitis may notalways be IgE-mediated, or at least we could not prove thisin some patients. Some authorities even theorized that thatthe presence of IgE was merely an ‘epiphenomenon’ ormarker of the true underlying disorder. In humans, about 70-

80% of patients with AD have demonstrable allergen-specif-ic IgE in serum or are positive on “allergy tests”; 20-30% donot and are NOT positive on these tests…we can find no“inside” abnormality! Therefore, it seemed that other mech-anisms were clearly involved, at least in some patients.Some examples of other mechanisms that were shown to beimportant in human AD, and which came under investiga-tion in animal allergy, include decreased epidermal barrierfunction, reduced production of antimicrobial peptides byepidermal cells, the role of toxins secreted by micro-organ-isms, identification of genetic polymorphisms, and recogni-tion that environmental conditions can modify developmentof allergy in a genetically-predisposed individual.

It was thus noted that many of the factors being discov-ered involved the epidermis itself and “outside” influences,and a new view developed – perhaps AD may begin first asa defect in the “outside” – for example, in the epidermal bar-rier – and following this, the barrier function problems resultin development of an altered immune response and inflam-matory cascade. Thus, the “outside-inside” view came intobeing. For clinicians, the importance of all this discussion isthat we now recognize that AD has a very complex patho-genesis. We can now see clearly how diagnosis and treat-ment will be more difficult that we used to think!

THE EPIDERMAL BARRIER

Because many of the abnormalities recently identified inAD patients involved some aspect of the epidermal barrier,it is useful to examine this concept more closely. The “epi-dermal barrier” is primarily a function of the stratumcorneum, the uppermost layer of the epidermis consisting ofdead, keratinized cells held tightly together by intercellular“glue” consisting of a complex mixture of lipid and protein.This structure has often been compared to a wall made of“bricks and mortar.”

The stratum corneum is formed by the process of cornifi-cation (or keratinization), which is an extremely complexprocess of cell division, maturation, and differentiation dur-ing which dozens of new proteins are synthesized to producetough, resistant, fully mature corneocytes (‘bricks’) and theintercellular material (“mortar”) that holds them togetherand prevents passage of material into or out of this toughbarrier. The intercellular material is produced by the corneo-cytes themselves. Within the cells, lipid-rich “lamellar bod-ies” form, which are then transported to the cell surface and

Skin barrier repair and canine atopic dermatitis

Douglas J. DeBoer

DVM, Dipl ACVD, Wisconsin USA

90

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 90

Page 91: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ejected out into the intercellular space to form a regular, lay-ered structure of “lipid lamellae” which act as physical gas-kets between the cells.

The epidermal barrier has many functions, including pro-tection against mechanical trauma and ultraviolet radiation,prevention of water loss through the skin, and preventingentry of external substances (toxins, drugs, irritants, aller-gens…) into the body. A recent view is to consider the epi-dermal barrier to consist of two basic elements: a physicalpermeability barrier, as described above, but also an antimi-crobial barrier. It is now recognized that the epidermis andassociated glandular structures are also very active in secret-ing a wide variety of substances involved in defense againstcutaneous micro-organisms. These substances includeantimicrobial lipids and specific immunoglobulins, as wellas antimicrobial peptides such as the defensins. Togetherwith the tough mechanical structure of the stratum corneum,these molecules provide a formidable defense against colo-nization and infection…or at least, they will provide this innormal individuals!

There is no question that the epidermal barrier functionsare abnormal in atopic people. Early research on morpho-logic evaluations (as performed by electron microscopy),analysis of lipid components of the epidermis, and func-tional evaluations (as performed by the technique oftransepidermal water loss) consistently showed that thestratum corneum in atopic human beings is defective or“leaky” compared with normal people. As research pro-gressed, it was determined that not only the permeabilitybarrier, but also the antimicrobial barrier was defective – theskin of atopic people produces much less antimicrobial pep-tide than normal. More recently, genetic analysis hasrevealed specific genetic defects in critical functional pro-teins in the epidermis. Most notably, a mutation in the genecoding for the epidermal protein filaggrin was recentlyshown to be highly associated with allergy in certain groupsof people. In fact, the more the concept of “barrier function”is examined, the more it becomes obvious that barrier func-tion is abnormal in AD, and this is a critical part of thepathogenesis of the disease.

Do these same concepts extend to allergy in animals? Ear-ly morphologic studies showed remarkable differences in theintercellular lamellar lipid structure between normal andatopic dogs. Studies on lipid composition and functional eval-uations are in their beginning stages, but as results becomeavailable, it appears that the situation will likely parallel exact-

ly what is seen in human beings. Some groups of investigatorsare also beginning to evaluate antimicrobial peptides, filag-grin, and other possible specific defects in canine skin.

From a clinician’s standpoint, the obvious question becomes“can we improve clinical signs of AD by somehow improvingbarrier function?” This is actually two questions in one: (1) canwe somehow modify barrier function through therapy?; and(2) if so, does such modification result in clinical benefit? Inhuman AD, application of emollient preparations to the skin isan important and basic element of treatment, and unquestion-ably helps relieve symptoms over time. In dogs, studies haveshown that the lipid composition of the stratum corneum canbe modified by either dietary or topical means. Manipulationof the diet by altering its fatty acid composition affects thecomposition of skin lipids. A series of studies of micronutrientsdemonstrated convincingly that certain nutrients can stimulateproduction of barrier components and can measurably enhancebarrier function in dogs. Some of these studies suggested thatthe modifications in epidermal composition were accompaniedby relief of allergy clinical signs.

Topical modification of barrier function is an active area ofresearch in veterinary medicine. Early research has shown thatapplication of topical lipid emulsion preparations can result in“normalization” of the intercellular lipid lamellar structureand composition. If these therapies result in remission of clin-ical signs, they will become an important and necessary partof the therapy of AD. To summarize experience to date, bar-rier function can indeed be modified through dietary or topi-cal means. Modifying barrier function is an important andeffective part of treatment in human AD, and may become amainstay of therapy in animals in the near future.

With recognition of the complexity of the pathogenesis ofAD, we now also recognize that treatment approaches mustbe individualized and flexible, must combine several modesof therapy, and must be aimed at both the primary diseaseand at secondary complications, to maximize success andclient satisfaction. Within this “integrated approach,” we seeeach of the potential therapy possibilities as “tools.” Ourgoal with each patient is to find just the right combination oftools to provide lifelong therapy that is effective, affordable,convenient, and with as few adverse effects as possible.

Address for correspondence:School of Veterinary Medicine, University of WisconsinMadison, Wisconsin USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

91

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 91

Page 92: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MALASSEZIA OTITIS: INFECTION OR OVERGROWTH?

Malassezia yeast are considered normal inhabitants ofcanine skin and ear canal – they will be present in variousnumbers depending upon the presence of favorable or unfa-vorable growth conditions in the local environment. If weaccept this fact, we then must accept that yeast otitis israrely, if ever, a primary “infection,” but actually an “over-growth” of normal flora that has arisen because the environ-ment of the ear canal has in some way changed, to allowexcessive multiplication of the organism. We must thereforeaccept that treatment should be aimed in part at inhibitingmultiplication of the yeast, but more importantly, correctionof the underlying disease condition that has allowed suchmultiplication.

The underlying conditions that can predispose a dog todevelopment of yeast otitis are many, and it is likely thatsome of these conditions are not yet known or are poorlydefined. Anatomical conditions or changes that create earcanal stenosis, promote retention of cerumen and moisture,or inhibit air circulation in the ear canal predispose to yeastovergrowth. Primary inflammatory disease of the ear canal,such as may occur as part of atopic dermatitis or adversefood reactions, not only contributes to stenosis but alsoincreases cerumen secretion, and is a common cause ofrecurrent yeast otitis. Ceruminous otitis occurring as part ofprimary seborrhoea is also a common cause, as is most evi-dent in Spaniel breeds. With atopic dermatitis, recent atten-tion has been focused on the role of reduction in naturalimmunity, i.e. normal antimicrobial properties of skin, in thepathogenesis of recurrent infection. Logically, some of thesefactors could also apply to recurrent ear infections, thoughthis concept is largely unstudied.

Thus, our first difficulty in dealing with recurrent Malasseziaotitis in dogs is to recognize that underlying predisposingconditions are of critical importance in this disease, yetthat our understanding of these conditions is far fromcomplete.

YEAST OTITIS AND THE ROLE OF INFLAMMATION

Another incompletely explored aspect of recurrent yeastinfections is the likely complex relationship between theyeast organisms and the inflammatory response. Evidence

suggests that this relationship may be a “chicken or egg” sit-uation, at least in some animals. While it seems clear thatprimary inflammatory disease (such as with AD) may set thestage for initial development of Malassezia otitis, it is alsoclear that hypersensitivity to yeast antigens develops in somedogs, which could either cause or aggravate an existinginflammatory response. Does inflammation lead to yeastovergrowth, or does yeast overgrowth lead to inflammation?Probably, both are true but to varying extents in each patient,and may lead to a “positive feedback” or “vicious cycle”effect in the ear canal.

In particular, the nature of the hypersensitivity responseto yeast in dogs is deserving of further study. Passive-trans-fer experiments, detection of yeast allergen-specific IgE insome canine patients, and demonstration of positive imme-diate intradermal test (IDT) reactions to yeast extract clear-ly demonstrate that IgE-mediated, immediate-type hyper-sensitivity to yeast may develop in some patients. However,if a patient has no detectable IgE against yeast and is nega-tive on IDT, can we then conclude that yeast hypersensitiv-ity is not present? Rather extensive evidence in humans, andinitial studies in dogs, suggest that delayed-type hypersen-sitivity to yeast antigens is reasonably common. Suchhypersensitivity could only be detected by e.g. 48-hourpatch testing or perhaps observation of 48-hour IDT reac-tions – and how many of us routinely do these tests? Anal-ogous to flea allergy dermatitis, it is likely that either imme-diate, delayed, or both types of hypersensitivity may devel-op to yeast allergens in dogs. However, in contrast to the sit-uation with FAD where the offending allergen can be elim-inated, yeast is “normal flora” and cannot be eliminatedfrom the host. The challenge of providing treatment to apatient who is allergic to something that will remain presentalmost regardless of what is done therapeutically representsan obvious challenge!

Thus, our second difficulty in dealing with recurrentMalassezia otitis is to recognize that “yeast allergy” isinvolved in many, if not most patients, but that we havelimited ability to evaluate its presence, and limited under-standing of how and when it should be treated.

PRIMARY TREATMENT: ANTIFUNGAL OR ANTI-INFLAMMATORY?

Given this relationship between the organism and thehost, what should be the primary aim of treatment, especial-

Recurrent Malassezia otitis in dogs

Douglas J. DeBoer

DVM, Dipl ACVD, Wisconsin USA

92

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 92

Page 93: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ly in cases of recurrent Malassezia otitis? Shall we attack theyeast, attempting to limit its numbers and thereby limitpotential hypersensitivity reactions? Or, shall we attack theinflammatory response, thus normalizing conditions withinthe ear canal and making it less hospitable to growth ofyeast? Of course, the answer is probably “both,” but theauthor’s bias is strongly that directing therapy at the under-lying inflammatory response is generally much more impor-tant than finding something to kill yeast. Veterinarians areoften overly concerned about “what’s the best antifungal” touse, be it topical or systemic, and falsely believe that the rea-son they have not been successful in controlling recurrentyeast otitis is that they simply have not yet found the rightproduct that will “get rid of the yeast.” The truth is, yeast isnormal flora, and one will never be able to rid the ear canalof yeast – or perhaps temporarily, but nature will quicklyreplace the organisms at the first opportunity. Treatment ofyeast otitis with antifungal products alone is often unsatis-factory. However, treatment of yeast otitis with corticos-teroids alone is often highly effective – following control ofthe inflammatory response, conditions in the canal improve,ear secretions are lessened, and the yeast population diesdown on its own.

Thus, our third difficulty in dealing with recurrentMalassezia otitis is to understand there is some controversythat antifungal treatment may not be the best primary treat-ment, and that anti-inflammatory treatment may be actuallymore important.

TREATING RECURRENT YEAST OTITIS:GOALS AND METHODS

Treatment of recurrent yeast otitis must begin with theunderstanding that yeast are normal flora, and there is noth-ing we can do to completely and permanently eliminatethem from the animal, and also that the hypersensitivi-ty/inflammatory response is a critical part of pathogenesis inmany dogs.

Though elimination of accumulated debris and “depopu-lation” of the canal with cleaning and antifungal treatment isno doubt helpful for initial treatment of yeast otitis, in thisauthor’s view, longer-term success depends primarily oncontrol of the inflammatory response, and secondarily onmaking conditions within the ear unfavorable for yeastgrowth over a long period of time. Unfortunately, neither ofthese two main goals has been adequately researched in ourspecialty.

Nearly all studies on the effect of topical or systemicproducts on Malassezia otitis have focused on the relativeabilities of various preparations to initially kill the yeast. Lit-tle or no study has been made regarding our true goal... cre-ating conditions within the ear canal that are unfavorable toregrowth or recolonization of the ear canal with yeast over

the long term. With recurrent otitis, it doesn’t really matter ifProduct A provides better initial kill than Product B – themore important question is, which product has a more per-sistent action over the longest time? Given the fact that own-er compliance is very poor over the long term if medicationsmust be applied frequently, our true goal is to find a treat-ment that can inhibit growth of yeast for at least severaldays, if not a week. Is this best accomplished with topicaltreatments? Is it better to use pulse-dosing of oral antifun-gals? How well do these migrate into the external ear canalsecretions, and do some of them accumulate in secretionsover a prolonged period? These questions remain unan-swered, but are crucial to our success in managing chronicyeast otitis.

What about the inflammatory response? The author rou-tinely finds that long-term, regular use of a topical corticos-teroid-only preparation in the ear canal is highly beneficialfor recurrent yeast otitis; typically, use of a moderate-poten-cy steroid such as dexamethasone every 2-7 days as a main-tenance treatment is helpful. However, is this the best treat-ment? Are there any long-term consequences of such treat-ment, if used for many years? In theory, use of “softsteroids” might be ideal in this situation, but ear productswith such drugs are not available, or are available only ascombination antimicrobial-steroid combinations that areunwise to use long-term. The possible benefit of topical cal-cineurin inhibitors such as tacrolimus is largely unexplored.

The finding of hypersensitivity opens the possibility ofimmunotherapy to “desensitize” the individual against rele-vant yeast allergens. One problem here is that fungal organ-isms may express different antigens under different stages ofgrowth or growth conditions. We have no idea if the “rele-vant” allergens of yeast are uniformly produced when theorganism is grown in bulk culture, and thus whether com-mercially-available yeast extracts are potentially useful. Asecond problem may relate to the type(s) of hypersensitivitypresent; subcutaneous immunotherapy as currently per-formed is primarily aimed at mitigating IgE-mediatedprocesses, and though it may have effects on other aspects ofthe immune response, we don’t know if it might help (forexample) delayed-type hypersensitivity to yeast. Alternativeallergen-immunotherapy regimens with known effectivenessin DTH, such as sublingual immunotherapy, or specificimmunomodulatory adjuvants, may be important to explore.

Thus, our final and most important difficulty in dealingwith recurrent Malassezia otitis is that we have only limitedknowledge about the best way to accomplish our two mostimportant therapeutic goals. There is clearly a need forgreater understanding and research in these important areas.

Address for correspondence:School of Veterinary Medicine, University of WisconsinMadison, Wisconsin USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

93

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 93

Page 94: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

One of the most exciting new classes of drugs in medicineis the tyrosine kinase inhibitors (TKIs). These drugs repre-sent a new and completely different way to change cellularfunction. Development of TKIs is only in very early stagesof infancy. It is likely that many drugs in this group will bedeveloped over the coming years, aimed at treating a varietyof neoplastic, inflammatory, and immunologic diseases.Thus, it is important for veterinarians to understand the basisof these new and exciting molecules.

WHAT ARE TYROSINE KINASES?

Very simply, tyrosine kinases (TKs) are enzymes that cat-alyze transfer of phosphate groups onto the amino acid tyro-sine. TK enzymes function to grab an ATP molecule, andtransfer a phosphate group from it onto a tyrosine residue intheir target protein. When this tyrosine becomes phosphory-lated, the shape of the protein changes somehow, in such asway that it goes from an “inactive” to “active” state.

TKProtein (inactive) + ATP → Protein-P (active) + ADP

By phosphorylating this tyrosine, the shape of the proteinmolecule is altered such that the protein becomes activatedand is capable of performing its function. This phosphoryla-tion is a very basic way that cells regulate many differentbiochemical processes. There are many, perhaps hundreds,of different TKs that exist within cells; each TK is slightlydifferent and controls a specific cell process. Some TKs arewithin the cytoplasm or nucleus of the cell. Others, termed“receptor tyrosine kinases” are actually part of a cell surfacereceptor and form part of the “triggering” mechanism forthat receptor. The TK within the receptor is what transmitsthe signal from the outside of the cell to the inside. Thus,TKs are a diverse group of molecules that are at the verycore of cellular signaling and regulation.

EXAMPLES OF TYROSINE KINASES

Dozens of TKs have been identified, and most of themhave been given the typical confusing, abbreviated namesthat biochemists seem to love! Here are five examples ofTKs which are currently particularly important in clinicalmedicine:

Kit – a receptor TK found on mast cells, hematopoietic stemcells, and melanocytes.Kit is the receptor for Stem Cell Factor (SCF) and isimportant for growth and division of mast cells andsome other hematopoietic cells.

EGFR (Epithelial Growth Factor Receptor)This is the receptor for EGF, and is important ingrowth and differentiation of a variety of cells.

VEGFR (Vascular Endothelial Growth Factor Receptor) andPDGFR (Platelet Derived Growth Factor Receptor)

These two receptors function to promote angiogene-sis, and are important mechanisms by which tissuesstimulate angiogenesis to provide themselves withblood supply.

Abl – a cytoplasmic TKAbl is important in growth and differentiation of cer-tain myeloid cells.

WHY ARE TYROSINE KINASESINTERESTING?

From a clinical standpoint, TKs are important for one sim-ple reason: occasionally something goes wrong with a TK,and that causes disease. Sometimes, a mutation will occur ina TK which stops its normal functioning. Other times, amutation will cause the TK to become “overactive.” Eithersituation can result in disease.

One common situation is for a cellular TK to becomemutated, and as a result become constantly activated – itloses the ability to regulate cell function because it isalways “turned on.” Many times, the result is uncontrolledcellular proliferation, perhaps with uncontrolled angiogene-sis to the tissue as well – in short, CANCER. On the otherhand, if a mutation occurs which stops all activation of theTK – turns it “off” - then the cell may be unable to divideand function normally, leading to situations such as immun-odeficiency diseases.

You can imagine that if we could, pharmacologically, par-tially or selectively inhibit specific TKs, it is possible that wecould create a rather dramatic effect in the patient!

TYROSINE KINASE INHIBITORS

Small molecule drugs have been developed which arecapable of inhibiting TKs. It is helpful to think that the TK

Tyrosine kinase inhibitors: theoretical possibilities ininflammatory diseases and skin tumors

Douglas J. DeBoer

DVM, Dipl ACVD, Wisconsin USA

94

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 94

Page 95: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

enzyme has a “pocket” within its structure into which theATP must fit. In most cases, these drugs fit into the ATP-binding “pocket” of the enzyme and thus prevent it frombinding ATP and performing its normal action. Muchresearch is centered on understanding exactly the shape ofthe pocket so that drugs can be developed that very specifi-cally fit in the pocket, thus inhibiting only a small subset ofTKs and leaving the rest unchanged. This seems to be thekey: find a very specific TK that is involved in the processyou wish to inhibit, and find a drug that binds ONLY in thepocket of this very specific TK enzyme, and not in others.

SOME SPECIFIC EXAMPLES OF TKIs

Currently available TKIs were developed for treatment ofcancer, and are secondarily being explored for their possibleanti-inflammatory effects. Each has a unique profile ofaction and a unique set of potential toxicities.

Imatinib (Gleevec, Novartis; human drug) blocks Abl andKit. Many cases of human chronic myelogenous leukemiaare caused by an “always-on” mutation in Abl, resulting inuncontrolled myeloid cell growth. Blocking this TK withimatinib results in a 95% remission rate in such patients!Imatinib has been used to treat mast cell tumors, systemicmastocytosis, and sarcomas in dogs and cats. A small num-ber of dogs develop idiosyncratic hepatotoxicity, but itappears very well tolerated in cats. Other “human” TKIssuch as sunitinib (Sutent, Pfizer) and gefitinib (Iressa,AstraZeneca) are mostly unstudied in veterinary medicine.

Toceranib (Palladia, Pfizer) is a US veterinary drug thatblocks VEGFR, PDGFR, and Kit – thus one would predictit has both anti-angiogenic and direct antitumor effects. Ithas demonstrated efficacy in mast cell tumors, sarcomas,carcinomas, melanoma, and myeloma and is currently in awide range of clinical trials to further define its efficacy inanimal cancers. GI side effects are reasonably common;less common toxicities include neutropenia and musclecramping. There are no reports of its use in inflammatorydisease.

Masitinib (Kinavet, AB Science) is a European veterinarydrug that targets Kit, PDGFR, and a few other TKs. Its pri-mary indication is control of mast cell tumors in dogs, but itis also undergoing intensive study in other cancers such asmelanoma and hemangiosarcoma, as a single agent or ascombination therapy. Importantly for veterinary dermatol-ogy, it has shown effectiveness in cutaneous T-cell lym-phoma. It is also being studied extensively for action in

inflammatory disease, including arthritis, inflammatorybowel disease, and asthma. A pilot study demonstrated sig-nificant efficacy in canine atopic dermatitis, and we eagerlyawait the results of a pivotal study in this disease to bereleased soon. GI toxicity occurs occasionally; uncommon-ly protein-losing nephropathy or hemolytic anemia mayoccur and the drug must be carefully monitored.

FOR THE FUTURE – WHY DERMATOLOGISTS SHOULDUNDERSTAND THESE DRUGS

Beyond possible uses of current anticancer TKIs for treat-ing skin cancers or inflammatory skin diseases, there aremany TK targets that remain to be explored for possible drugdevelopment. One example is Bruton’s TK (Btk) in B-lym-phocytes and mast cells. Btk is a crucial molecule involvedin B-lymphocyte receptor signaling. In fact, a hereditarycondition exists in man with mutation in Btk such that theenzyme is inactive or “off”. This mutation leads to a failureto develop mature B-cells and a severe immunodeficiencystate known as Bruton’s agammaglobulinemia. Interestingly,Btk is also critically involved in IgE-mediated activation ofmast cells.

A small molecule inhibitor of Btk has been developed(PCI-32764; Pharmacyclics). This drug covalently binds toBtk and irreversibly inhibits its action. However, the drughas a short half-life, and in normal tissues new Btk is quick-ly regenerated by the cell. Thus, it is possible that the com-pound may inhibit an “extreme” cellular response whileallowing “normal” responses to proceed. PCI-32764 inhibitsB-cell activation, providing a profound anti-inflammato-ry/immunosuppressive action. At the same time, it is capableof nearly completely inhibiting IgE-mediated mast cell acti-vation. This combination of actions results in significantinhibition of inflammatory responses. In mouse models, thedrug is able to inhibit arthritic inflammation and inflamma-tion associated with lupus. Obviously, its mechanism sug-gests that it may have value in allergic inflammation as well.This is one small example of the potential of these drugs fortreatment of inflammatory skin disease, and we await furthertrials with PCI-32764 and similar drugs in the future.

Address for correspondence:School of Veterinary Medicine, University of WisconsinMadison, Wisconsin USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

95

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 95

Page 96: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

“The question is not if cystoscopy is indicated in managementof lower urinary tract disease, but rather when is cystoscopyindicated in management of lower urinary tract disease”

T. McCarthy in Veterinary Endoscopy for the Small Animal Practitioner

Le patologie del tratto urinario inferiore sono comuni nelcane e nel gatto; in un buon numero di casi le valutazionilaboratoristiche (esame ematobiochimico, esame delle urine,urocoltura) e le radiografie addominali permettono di conse-guire una diagnosi definitiva e di impostare una terapia ade-guata. Alcuni casi necessitano di valutazioni addizionaliquali le radiografie a contrasto singolo o doppio e l’ecogra-fia addominale associate, quando possibile, a prelievi citolo-gici e/o istologici. Esistono tuttavia dei casi nei quali unadiagnosi conclusiva oppure la conferma di un sospetto basa-to su rilevi laboratoristici e di diagnostica per immaginirichiede una valutazione diretta delle superfici mucosali ure-trali, vescicali e delle papille ureterali con prelievi diretti pervalutazioni istologiche e colturali. In questi casi l’esameendoscopico (uroendoscopia trans-uretrale) rappresenta unesame di insostituibile valore consentendo una ispezionediretta dell’anatomia e delle caratteristiche mucosali, per-mettendo prelievi sotto visione diretta per valutazioni cito-istologiche e procedure interventistiche anche di una certacomplessità.

INDICAZIONI

L’esame endoscopico può risultare utile in una ampiagamma di patologie molto differenti del tratto urinario infe-riore: cistite cronica o recidivante, ematuria, stranguria, pol-lachiuria, incontinenza urinaria, alterazioni del getto urina-rio, cellule neoplastiche o sospette tali nel sedimento urina-rio e, in generale, anomalie non spiegate rilevate in corso diradiografia o ecografia.

STRUMENTARIO

A causa della notevole diversità anatomica fra maschi efemmine, gli strumenti da impiegarsi variano notevolmentea seconda del paziente da esaminare. Nei cani femmina ven-gono generalmente impiegate ottiche rigide associate a guai-ne operatorie. Questo strumento può essere impiegato perispezionare altri distretti come le cavità nasali, la laringe, il

primo tratto tracheale e il condotto uditivo. Personalmenteimpiego una ottica di 2.7 mm di diametro, 18 cm di lun-ghezza e angolo di visione frontale di 30° e con questo stru-mento è possibile eseguire l’ispezione del tratto urinarioinferiorie in cagne dagli 8-10 kg in su. Questa ottica devenecessariamente esse impiegata in associazione ad una guai-na operativa che consenta l’irrigazione e la dilatazione dellavagina, dello sfintere uretrale e dell’uretra, facilitando così laprogressione dell’endoscopio. La guaina che viene impiega-ta aumenta il diametro dell’ottica da 2.7 mm a circa 5 x 3.6mm e questo va tenuto presente perché in animali molto pic-coli può essere difficile se non impossibile entrare nell’ure-tra. In cagne di dimensioni medio-grandi, è anche possibileimpiegare un fibroscopio originariamente utilizzato per lebroncoscopie (5.5 mm di diametro) che permette una mag-giore manovrabilità della punta dell’endoscopio a scapitoperò di una peggiore qualità dell’immagine. Nel canemaschio il diametro uretrale realtivamente ridotto, la presen-za dell’osso penieno, la lunghezza e la conformazione ure-trale non rettilinea rendono gli strumenti fino a qui descrittinon utilizzabili, se non attraverso uno stoma uretrale peri-neale, eventualità di assoluta eccezionalità nella pratica cli-nica. Per una adeguatua visualizzazione del tratto urinarioinferiore nel cane maschio è necessario utilizzare uno stru-mento flessibile, sottile e di lunghezza adeguata, con possi-bilità di orientare la punta in due direzioni, necessariamentedotato di canale di lavoro che permetta di irrigare, aspirare eutilizzare strumenti per la raccolta di campioni. A questoproposito si impiegano uretrocistoscopi di diametro inferio-re a 3 mm e lunghezza variabile da 60 a 100 cm. Personal-mente ho utilizzato per un lungo periodo un fibroscopio pro-dotto da Storz (mod 60003VB) con un diametro esterno di2.5/2.8 mm, una lunghezza di 100 cm, un canale di lavoro di1.2 mm di diametro, e possibilità di deflessione su-giurispettivamente di 170 e 90 gradi. Se da un lato questo endo-scopio ha il vantaggio di associare notevole lunghezza, dia-metro ridotto e possibilità di deflessione dall’altro la qualitàdell’immagine risulta modesta a causa della modesta quanti-tà di luce che può essere veicolata da un così sottile stru-mento; oltre a questo, la manovrabilità della punta risultàfortementte limitata dalla presenza di uno strumento all’in-terno del canale di lavoro. Più recentemente utilizzo unostrumento, sempre di produzione della ditta Storz (mod URS1178 Flex-X2) originariamente disegnato per eseguire lito-tripsie laser, sotto visione endoscopica, negli ureteri e neibacinetti renali dell’uomo. Questo uretero-pieloscopio pre-senta numerosi vantaggi rispetto al modello 60003 VB: la

Un uso poco comune dell’endoscopio:uretrocistoscopia

Davide De Lorenzi

Med Vet, Dr Ric, SMPA, Dipl ECVCP, Padova

96

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 96

Page 97: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

visione è migliore grazie ad una più sosfisticata tecnologiaapplicata alla punta, lo strumento è più robusto e resistente esoprattutto è in grado di eseguire una deflessione su-giu di270 gradi e questa notevolissima possibilità di controllare lapunta non è che minimamente limitata dall’inserimento diuno strumento nel canale di lavoro. In cani di peso superio-re ai 20-25 kg è possibile esaminare oltre al tratto urinarioinferiore, compresa la parete vascicale con visione retrofles-sa, anche un tratto più o meno lungo degli ureteri.

Per quello che riguarda il gatto, la questione si complicanotevolmente a causa delle dimensioni estremamente ridottedei distretti da esaminare; nelle femmine adulte è possibileutilizzare ottiche rigide di 1.5-1.8 mm di diametro mentrenel maschio questo strumento può essere utilizzato unica-mente in animali uretrostomizzati. In gatti maschi con uretraintegra possono essere utilizzati unicamente strimenti a fibradi 1-1.2 mm di diametro che non hanno canale di lavoro opossibilità di deflessione della punta.

Un sistema di irrigazione risulta indispensabile per con-sentire un flusso costante di liquido che consenta di dilatareuretra e vescica e di allontanare detriti e sangue eventual-mente presenti permettendo una adeguata visualizzazionedelle strutture esaminate; io utilizzo uno spremisacca pneu-matico con una sacca di soluzione fisiologica tiepida colle-gata all’endoscopio tramite un deflussore. Attraverso l’aper-tura e la chiusura delle valvole collegate all’endoscopio èpossibile irrigare e aspirare alternativamente.

Sono inoltre descritte tecniche di esame endoscopico “per-cutaneo” prepubico, inserendo l’ottica attraverso micro-accessi praticati alla parete addominale e alla vescica ma trat-tazione di questo argomento non rientra nelle finalità di que-sta relazione.

PREPARAZIONE DEL PAZIENTE E INIZIO DELL’ESAME

L’esame endoscopico viene eseguito in anestesia genera-le e questo allo scopo di rendere più facili le manovre, evi-tare traumatismi e minimizzare il disagio del paziente (edell’operatore!). Il paziente viene posizionato, a seconda

delle preferenze dell’operatore, in decubito dorsale, lateraledestro o laterale sinistro. La mia personale preferenza va aldecubito laterale sinistro, principalmente per la disposizio-ne della sala endoscopica dove lavoro ma questa posizionenon risulta essere più vantaggiosa di altre. Nella femminal’area perineale viene rasata e disinfettata avendo cura diminimizzare l’irritazione in aree perivulvari infiammate inanimali con perdita cronica di urina. Si indossano guantisterili e si inserisce lo strumento dotato di guaina e collega-to alla sacca per l’irrigazione nel vestibolo vaginale, facen-dosi aiutare da un assistente nel tenere chiuse le labbra vul-vari per ridurre l’uscita di liquido irrigato che ha la funzio-ne di dilatare l’organo e permetterci di individuare il meatouretrale. A questo punto lo strumento viene fatto progredirecon attenzione lungo l’uretra dilatandola con fisiologicafino ad entrare a livello vescicale; qui viene aspirata tuttal’urina e la vescica viene gradualmente riempita con liqui-do limpido migliorando in maniera notevole la qualità del-l’osservazione. Nel cane maschio la procedura è simile aquella utilizzata per inserire un catetere urinario: il prepuzioviene retratto manualmente e l’endoscopio, leggermentelubrificato con apposito gel, viene inserito nel meato ure-trale e fatto progredire lungo tutta l’uretra irrigando con-temporaneamente con fisiologica sterile e tiepida per dilata-re l’uretra fino ad entrare nella vescica.

Nel corso della presentazione verranno mostrati i quadriendoscopici normali e patologici più frequentemente incon-trati nel cane maschi e femmina.

Letture consigliate

Cannizzo KL, McLoughlin AM, Chew DJ, DiBartola SP. Uroendoscopy:evaluation of the lower urinary tract. In Melendez L ed The Veteri-nary Clinics of North America: Small Animal Practice – Endoscopy.(2001); 31:789-807.

McCarthy TC. Cystoscopy. In McCarthy TC ed. Veterinary Endoscopy forthe Small Animal Practitioner. (2005); 49-135.

Indirizzo per la corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

97

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 97

Page 98: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’endoscopio rappresenta uno strumento di inestimabileutilità nell’ispezione di parti dell’organismo difficilmenteesaminabili se non attraverso procedure chirurgiche com-plesse, dolorose, rischiose e costose. In effetti l’utilizzo prin-cipale che viene fatto di questo strumento è quello di esami-nare strutture quali cavità nasali, rinofaringe, albero tracheo-bronchiale, esofago, stomaco, intestino, uretra e vescica.

Nel corso delle indagini endoscopiche un passaggio quasiobbligatorio è rappresentato dall’esecuzione di biopsie; sitratta in effetti della più frequente e più semplice fra proce-dure interventistiche eseguibili con l’endoscopio. Ma l’ap-parente semplicità della manovra non deve però trarre ininganno: una grande quantità di campionamenti endoscopiciricevuti dai laboratori di istologia risultano non significativia causa o delle dimensioni inadeguate o da artefatti daschiacciamento e coartazione dei campioni.

A seconda dei distretti da campionare, le tecniche impie-gabili sono differenti: se stiamo esaminando le cavità nasalicon un’ottica rigida, i campionamenti possono essere ese-guiti tramite una pinza inserita all’interno del canale di lavo-ro della guaina operatoria entro la quale si inserisce l’otticaoppure utilizzando una pinza da biopsia esterna fatta scorre-re parallelamente all’endoscopio. Quest’ultima procedura,anche se di esecuzione più complessa, è quella che perso-nalmente preferisco impiegare tutte le volte che il diametrodella narice lo consente poiché permette la raccolta di cam-pioni di maggiore volume e quindi più probabilmente signi-ficativi. Il sanguinamento che consegue a biopsie di mag-giori dimensioni su mucosa nasale colpita da patologi neo-plastiche e/o infiammatorie può essere a volte preoccupan-te: in questi casi irrigazioni con fisiologica fredda e applica-zioni di ghiaccio sulla superficie nasale esterna spesso per-mettono una riduzione dell’emorragia. Nel caso che il san-guinamento continui la mia preferenza va alla zaffatura contamponi lunghi che vengono inseriti profondamente, unodopo l’altro, nella cavità nasale fino a riempirla completa-mente. Questi tamponi vengono quindi rimossi uno alla vol-ta, uno ogni 2-3 minuti, fino a verificare la sospensione delsanguinamento.

Le biopsie al tratto gastroenterico vengono praticamentesempre eseguite utilizzando pinze lunghe flessibili attraver-so il canale di lavoro dell’endoscopio. Ovviamente, anche inquesto caso, maggiore è la dimensione dello strumento dabiopsia migliore risulta la qualità del campione ma la sceltadella pinza è forzatamente determinata dal diametro di lavo-ro dell’endoscopio. Personalmente preferisco pinze con lecoppe ovali, fenestrate e prive di ago centrale: questa tipolo-

gia di strumento ha infatti il vantaggio di minimizzare gliartefatti da schiacciamento e di raccogliere biopsie di mag-giori dimensioni. In generale, anche in assenza di alterazio-ni evidenti, è buona regola raccogliere 8-10 biopsie da sto-maco, duodeno, retto e colon. Prima di eseguire il campio-namento gli organi devono essere parzialmente sgonfiati inmodo che la mucosa risulti meno tesa è più facilmente cam-pionabile. A questo punto la punta dello strumento vieneorientata in modo che la pinza fuoriesca a branche aperte indirezione più perpendicolare possibile rispetto alla superfi-cie da campionare; la pinza viene spinta conto la superficiemucosa, le branche vengono chiuse e lo strumento viene riti-rato con uno scatto nel canale di lavoro. Un piccolo sangui-namento è generalmente presente dopo ogni biopsia ed ilcampione così ottenuto deve essere messo in una appositacassettina, orientandolo, a sua volta immersa in formalina. Inpresenza di lesioni quali ulcere, erosioni o masse le biopsiedevono essere raccolte seguendo delle procedure standardiz-zate: i campioni più significativi vengono in genere raccoltieseguendo prelievi dai margini delle ulcere ed erosioni men-tre le aree centrali risultano spesso costituite unicamente datessuto necrotico e cellule infiammatorie. In queste zone,inoltre, è maggiore il rischio di perforazione a causa dellaminore consistenza del tessuto necrotico. In presenza dimasse, specialmente quando sottomucose, la probabilità diraccogliere campioni non significativi è piuttosto elevata acausa delle piccole dimensioni delle pinze da biopsia. Inquesti casi è buona regola eseguire numerosi campionamen-ti sempre nello stesso punto, cercando di raccogliere tessutodagli strati più profondi, dove con maggiore probabilità sitrova il tessuto patologico.

L’estrazione di corpi estranei, della più svariata natura enelle più svariate localizzazioni, rappresenta uno dei piùclassici esempi di endoscopia interventistica.

Come regola generale, in assenza di perforazione, ognicorpo estraneo (CE) incastrato a livello esofageo deve esse-re rimosso il prima possibile anche se raramente un CE eso-fageo deve essere considerato come reale emergenza; in ognicaso l’estrazione deve essere tentata 4-6 ore dall’identifica-zione del CE e l’endoscopia rappresenta la scelta inizialemigliore per ogni corpo estraneo esofageo; non deve esserefatto nessun tentativo di spingere nello stomaco “alla cieca”un CE esofageo con un tubo o strumento analogo per ilrischio di lacerazioni o di ulteriore incarceramento del CEnell’esofago. L’estrazione deve essere eseguita con il pazien-te in anestesia generale e posizionato sul fianco sinistro conapribocca, posizione standard per quasi tutte le procedure

Endoscopia interventistica dalla B (biopsia) alla L (laser)

Davide De Lorenzi

Med Vet, Dr Ric, SMPA, Dipl ECVCP, Padova

98

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 98

Page 99: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

endoscopiche del tratto gastroenterico superiore; nel corsodel tentativo di estrazione, specialmente nei casi più com-plessi, il paziente viene spesso ruotato per consentire un otti-male impiego degli strumenti viavia impiegati.

Ogni corpo estraneo ha caratteristiche peculiari che diffe-riscono di volta in volta a seconda anche del tempo di per-manenza, delle dimensioni del paziente, di precedenti tenta-tivi di estrazione o dislocazione (classico esempio è l’amoingerito che viene tirato per la lenza dal proprietario) per cuiregole assolute di comportamento durante l’estrazione nonesistono; vi sono però regole generali che devono essere divolta in volta adattate alle varie situazioni. Una volta indivi-duato il CE bisogna evitare di tentare la sua dislocazione uti-lizzando la punta dell’endoscopio perché si possono deter-minare danni gravissimi allo strumento (perforazione, graf-fiatura e dislocazione della lente, occlusione degli ugelli diinsufflazione e irrigazione); personalmente il primo tentati-vo che faccio, dopo una accurata ispezione e lavaggio del-l’area circostante il CE, vede l’impiego di un’ansa o una pin-za inserita nel canale di lavoro dello strumento con lo scopodi agganciare una protuberanza del CE (nella maggior partedei casi un osso) e saggiarne il movimento. In rari casi que-sta tecnica consente di rimuovere il CE ma nella maggiorparte dei casi è necessario l’impiego di pinze più forti, comequelle da laparoscopia. Una volta tentata la mobilizzazionedel CE è possibile applicare forze traenti progressivamentepiù intense, facendo però attenzione che le pinze da presalaparoscopiche sono in grado di sviluppare una trazioneestremamente energica, sicuramente in grado di lacerare l’e-sofago. La maggior parte dei CE gastrici può essere estrattaendoscopicamente: le difficoltà maggiori si possono incon-trare con corpi estranei sferici e lisci e con corpi estraneitaglienti e appuntiti; oggetti di plastica rotti con la mastica-zione e deglutiti (ad es palloni) possono indurirsi moltissimoa contatto con i succhi gastrici e diventare quasi impossibilida estrarre. Spesso l’ingestione di corpi estranei può essereconseguenza di aberranti abitudini alimentari: una buonaregola è quella di eseguire in ogni caso, dopo l’estrazione delCE, una endoscopia completa, duodeno compreso, e di ese-

guire le biopsie da stomaco e duodeno anche in assenza dilesioni endoscopicamente rilevabili. I corpi estranei bron-chiali rappresentano un evento relativamente frequente incerte tipologie di cani. Si tratta quasi esclusivamente di CEvegetali (reste di avena selvatica, spighe di grano o orzo,rametti di pruni, etc,) che vengono aspirati dai cani da cac-cia mentre corrono a bocca spalancata in campi durante bat-tute di caccia o allenamento.

Se si sospetta un CE endobronchiale, deve essere esegui-ta una broncoscopia completa, indipendentemente da quelloche la diagnostica per immagini ci mostra; questo perchéspesso il cane aspira più di un CE ed è possibile che sola-mente uno dei CE endobronchiali dia anomalie radigrafica-mente evidenti.

La maggior parte delle volte dal bronco spuntano le “code”dell’avena selvatica, più lunghe e di colore nero o marrone:a questo punto sarebbe ideale prendere con una pinza tipoalligatore inserita nel canale di lavoro dell’endoscopio,entrambe le code e più in basso possibile in modo da ave-re una presa forte e stabile sul CE. Si mantiene la presaalcuni istanti senza fare alcuna trazione poi si inizia conmolta lentezza a fare una modesta trazione sul CE, facen-dosi aiutare dai movimenti respiratori dell’animale che infase inspiratoria allontana il CE dall’endoscopio esercitan-do una lieve e ritmica trazione.

Nel corso della relazione verranno mostrati ulteriori esem-pi di interventi più o meno semplici eseguito in corso di endo-scopia: dilatazione di stenosi, intubazioni selettive e impiegodi laser a diodi.

Letture Consigliate

Sobel D, Lulich J: An introduction to laser enosurgery. In Lhermette P,Sobel D eds. BSAVA Manual of Canine and Feline Endoscopy andEndosurgery. BSAWA Gloucester, UK (2008): 220-227.

Indirizzo per la corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

99

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 99

Page 100: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’endoscopia è una procedura con la quale uno strumen-to specificamente progettato viene utilizzato per ispeziona-re l’interno di una cavità corporea. Il principale utilizzo diquesta tecnica di ispezione strumentale in gastroenterolo-gia veterinaria è senza dubbio quello di raccogliere cam-pioni da mucosa esofago-gastro-enterica senza la necessitàdi eseguire procedure chirurgiche sebbene anche l’ispezio-ne diretta delle superfici mucosali o la rimozione di corpiestranei rappresentino ulteriori importanti indicazioni perl’esame endoscopico.

In campo veterinario la gastroduodenoscopia rappresental’indagine endoscopica più frequentemente utilizzata.

Le principali indicazioni per questa procedura sono rap-presentate da necessità di

- valutazioni istologiche delle superfici mucosali in pazien-ti con vomito, diarrea, perdita di peso, anoressia, ipoalbu-minemia;

- identificare e rimuovere corpi estranei;- identificare la presenza e la natura di una eventuale osta-

colo al deflusso gastrico;- identificare aree di sanguinamento al tratto GE supe-

riore;- identificare la presenza di una esofagite o di una altera-

zione anatomica esofagea;- dilatare stenosi esofagee benigne;- inserire tubi da gastrostomia con tecnica endoscopica;- rimozione di polipi;L’esame endoscopico deve essere inserito in un iter dia-

gnostico standardizzato, che prevede indagine anamnesticaaccurata e approfondita, specialmente incentrata sulle infor-mazioni relative alle abitudini alimentari recenti e remote delpaziente; a questo devono necessariamente seguire valuta-zioni cliniche e laboratoristiche estese (ematobiochimica,urine, esame feci) e diagnostica per immagini. In generale,le informazioni più significative ai fini di una eventuale pro-cedura endoscopica si ricavano da indagine eco-addominale,che consente di rilevare alterazioni non alla “portata” di unaispezione endoscopica; fra queste ricordiamo la presenza diliquido o gas liberi in addome che possono suggerire unaperforazione, la presenza di lesioni nodulari o masse addo-minali e anomalie digiuno-ileali.

Poiché l’esame ecografico rappresenta una tecnica relati-vamente specifica ma non altrettanto sensibile per l’identifi-cazione di patologie infiammatorie e infiltrative gastrointe-stinali, la valutazione endoscopica risulta comunque indica-ta anche in assenza di alterazioni ecografiche, evento questonon insolito in presenza di IBD o di linfoma.

A causa dell’estrema variabilità morfologica dei pazien-ti, sarebbe ideale potere disporre di 2 o 3 endoscopi a dia-metro e lunghezza variabili per potere passare agevolmen-te il piloro, momento questo fondamentale per ogni proce-dura endoscopica al tratto gastroenterico superiore. Ingenerale, strumenti abbastanza lunghi (130-140 cm) perl’ispezione in cani di grossa taglia hanno un diametro chenon consente agevoli manovre o il passaggio pilorico incani di razza toy o in gatti mentre strumenti a diametroridotto risultano spesso troppo corti e con canale di lavorocosì piccolo da non permettere l’utilizzo di pinze da biop-sia di adeguate dimensioni. Personalmente impiego un sin-golo strumento, che raccoglie in sé quasi tutte le caratteri-stiche ideali di lunghezza e diametro a scapito forse di uncanale di lavoro di dimensioni sufficienti anche se nonideali. Si tratta di un video-endoscopio di marca Storz, catn° PV-SG 22-140 con diametro esterno di 9 mm, lunghez-za 140 cm, canale di lavoro di 2.2 mm, deflessione giu-destra-sinistra di 120° e su di 180°/220°, angolo di visionefrontale di 140°.

I pazienti con problemi gastroenterici cronici, special-mente con vomito, possono avere un ritardato svuotamentogastrico e per questa ragione è importante, prima di esegui-re la procedura endoscopica, fare osservare un periodo didigiuno di circa 24 ore e di sospensione idrica di circa 10-12ore; è anche importante non avere somministrato bario osucralfato nelle 48 ore precedenti l’endoscopia poiché talisostanze, oltre ad aderire tenacemente alle superfici mucosa-li possono, se aspirate, tappare il canale di lavoro impeden-do uno svolgimento adeguato della procedura.

Il paziente, una volta anestetizzato e intubato, viene posi-zionato disteso sul fianco sinistro, con un apribocca in posi-zione e il collo leggermente esteso.

Lo strumento viene quindi inserito sotto visione direttaoppure alla cieca e, appena entrati nell’esofago, si inizia adinsufflare aria allo scopo di distendere moderatamente l’e-sofago per potere ispezionare adeguatamente la superficiemucosale. Una volta giunti allo sfintere esofago inferiore,se questo risulta chiuso, ci si pone con la punta dello stru-mento al centro dello sfintere forzando leggermente e insuf-flando al contempo per favorirne l’apertura. Una voltaentrati nello stomaco risulta di fondamentale importanzaadottare una procedura ispettiva che esamini metodicamen-te tutta la superficie gastrica una volta dilatato l’organo conaltra aria insufflata. Per prima cosa, appena passato lo sfin-tere esofageo inferiore, si ispeziona il corpo dello stomacofacendo muovere la punta con un movimento lento e rego-

Il ruolo dell’endoscopia nelle patologie causative di rigurgito e vomito

Davide De Lorenzi

Med Vet, Dr Ric, SMPA, Dipl ECVCP, Padova

100

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 100

Page 101: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

lare. Lo strumento viene quindi avanzato e la punta vieneretroflessa al massimo delle caratteristiche dello strumento,così da esaminare il cardias ed il fondo dello stomaco, areaquesta spesso “dimenticata” da coloro i quali si sono dedi-cati alla tecnica endoscopica da poco tempo. Quindi lo stru-mento viene riportato in posizione rettilinea e fatto scorrerelungo la grande curvatura dentro l’antro fino al piloro cheviene visualizzato in profondità e a sinistra del pianomediano. Dopo avere accuratamente ispezionato questa par-te dello stomaco lo strumento viene fatto progredire fina adarrivare a ridosso del piloro direzionandolo fino a mantene-re il piloro al centro del campo di osservazione. A questopunto spesso tutto il campo di visione viene occupato daimmagini sfumate di colore rossastro e questo è causato dal-la eccessiva vicinanza della punta dello strumento con lamucosa pilorica; l’endoscopio viene a questo punto retrattocontemporaneamente insufflando al fine di dilatare la pic-cola apertura pilorica per favorirne l’ingresso nel duodeno.Una volta passato il piloro il duodeno piega bruscamente adestra (dal punto di vista dell’operatore che guarda il moni-tor) per cui di nuovo tutto il campo di osservazione risultaoccupato da aree sfocate rosate; per guadagnare il centrodell’organo è opportuno retrarre lo strumento di alcuni mminsufflando contemporaneamente per dilatarlo. Una voltaraggiunto il centro lo strumento viene fatto avanzare sfrut-tando al massimo la sua lunghezza ed ispezionando accura-tamente tutta la circonferenza duodenale, ricordando che, acausa della particolare friabilità della mucosa, è molto faci-le creare delle erosioni lineari con la punta dell’endoscopioche non devono essere scambiate per lesioni già presentiprima dell’indagine. A questo punto vengono raccolte lebiopsie, seguendo le indicazioni già date in un’altra relazio-ne presentata a questo congresso (vedi: Endoscopia Inter-ventistica dalla B (biopsia) alla L (laser).

Esofago: la mucosa esofagea normale nel cane è di aspet-to liscio, tenuemente rosata o grigiastra, senza vasi sottomu-cosi apparenti. Alcune delle strutture periesofagee lascianouna impronta sulla flaccida parete esofagea: la trachea vienedistintamente identificata in corrispondenza della parete eso-fagea ventrale, quindi è possibile identificare l’arco aorticopulsare e poco oltre l’impronta del bronco principale di sini-stra. In alcuni pazienti è possibile rilevare inoltre le pulsazionidell’arteria succlavia di sinistra, dell’atrio sinistro e della venaazygos. Nel gatto è possibile evidenziare la vascolarizzazionesottomucosa ed inoltre nel terzo distale sono perfettamenteevidenti pliche mucosali di aspetto concentrico che arrivanofino allo sfintere esofageo inferiore; in questa specie è inoltrepossibile evidenziare, in fase di uscita dello strumento, unrestringimento al passaggio fra esofago e faringe chiamatolimen faringoesofageo. Il passaggio fra mucosa esofagea emucosa gastrica è ben evidente a livello di giunzione gastroe-sofagea dove la mucosa squamosa e chiara dell’esofago vienesostituita da quella cubica e di colore rosso dello stomaco.

Una volta entrati nello stomaco è possibile vedere le pli-che gastriche ammassate e rilevate; con l’insufflazione lepliche vengono gradualmente distese fino a evidenziare lamucosa gastrica che risulta liscia, rosa scuro o rossastra, piùchiara nella zona antrale e pilorica e la vascolarizzazione benevidente in corrispondenza dell’area fundica. In condizioninormali di adeguato digiuno pre-esame, lo stomaco risultavuoto o al massimo con modesta quantità di fluido.

Nel corso della relazione verranno illustrate,oltre allecaratteristiche normali sopra descritte, le più frequenti ano-malie rilevabili endoscopicamente in pazienti che presenta-no come segno clinico principale rigurgito e vomito.

Indirizzo per la corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

101

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 101

Page 102: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’esame endoscopico del tratto digerente inferiore per-mette di valutare l’aspetto e di raccogliere campioni biopticida retto, colon e ileo e pertanto è indicato sia in casi nei qua-li si sospetta una patologia a principale coinvolgimento del-l’intestino tenue che nei casi che si sospettano a principale oesclusivo coinvolgimento dell’intestino crasso.

Pertanto, le principali indicazioni per eseguire questa inda-gine sono rappresentate da:

-) raccogliere campioni bioptici da ileo in pazienti consospette patologie a carico dell’intestino tenue;

-) raccogliere campioni bioptici da colon in pazienti chenon hanno risposto a terapia dietetica e sintomatica oche mostrano gravi segni sistemici di malattia;

-) identificare una causa di ematochezia o dischezia persi-stente;

-) esaminare pazienti con sospetto di neoformazioni algrosso intestino e al retto.

Uno dei principali obbiettivi da porsi, una volta decisoche il paziente deve essere sottoposto a questo tipo di pro-cedura è quello di “pulire” adeguatamente tutta l’area daesaminare. La preparazione necessaria per ottenere questorisultato è decisamente più complessa di quella richiesta incaso di ispezione al tratto gastroenterico superiore. Il digiu-no richiesto è di circa 36 ore e al paziente deve essere som-ministrata una soluzione in grado di “lavare” il tratto inte-stinale da esaminare.

Sono riportati vari protocolli per il lavaggio del trattoenterico inferiore: personalmente utilizzo una soluzione diglicole polietilenico (Isocolan® Bracco) da 17.4 grammi, dasciogliere in 250 ml di brodo di carne, che risulta general-mente gradito ai cani, somministrato al mattino del giornoprima dell’endoscopia. La quantità da somministrare è dicirca 1/2 litro di questa soluzione ogni 10 kg di peso, even-tualmente da ripetersi a metà pomeriggio se le feci non sonoacquose e frequenti dopo la prima somministrazione. In caniche non vogliono assumere il farmaco è possibile sommini-strare la soluzione con sonda orogastrica. Prima dell’esameio eseguo un clisma con acqua tiepida, circa 1 litro ogni 15kg di peso e 20 ml in totale nel gatto, eventualmente da ripe-tere fino a quando il liquido di lavaggio risulta pulito.

Nonostante il retto ed il colon discendente possano essereesaminati e campionati anche con strumenti rigidi specifica-mente progettati, chi scrive ha sempre utilizzato endoscopiflessibili, in particolare utilizzo lo stesso strumento con ilquale eseguo endoscopie al tratto gastroenterico superiorecioè un video-endoscopio di marca Storz, cat n° PV-SG 22-140 con diametro esterno di 9 mm, lunghezza 140 cm, cana-

le di lavoro di 2.2 mm, deflessione giu-destra-sinistra di120° e su di 180°/220°, angolo di visione frontale di 140°.

La procedura deve necessariamente essere eseguita inanestesia generale, con paziente intubato e in decubito late-rale sinistro, in modo che il colon discendente sia appoggia-to ventralmente, cosa questa che facilita la progressione del-l’endoscopio nel colon trasverso e nel colon ascendente. Laparte terminale dello strumento deve essere lubrificata conapposito gel lubrificante, allo scopo di diminuire l’attrito efavorire la progressione dell’endoscopio. Lo strumento vie-ne inserito e viene insufflata aria in modo da distendere lepliche rettali e del colon discendente; in questa prima fase èpossibile che molta aria fuoriesca dall’ano, rendendo diffici-le o impossibile la dilatazione del tratto retto-colico per cuirisulta indispensabile un aiuto che mantenga la cute analestretta attorno alla punta dello strumento mentre viene insuf-flata aria. Lo strumento deve essere fatto progredire sola-mente quando il lume interno del tratto da esaminare è chia-ramente visibile e le pliche sono ben distese, evitando dispingere la punta contro pliche mucose non distese, rischian-do di non visualizzare alterazioni importanti o, peggio, dicausare perforazioni accidentali al tratto esaminato. Non dirado una quantità variabile di fluido torbido ricopre parte delcolon discendente: questo materiale deve essere rimosso tra-mite aspirazione evitando però di eseguire questa operazio-ne se sono presenti particelle solide che potrebbero ostruireil canale di aspirazione dell’endoscopio. Qualora il materia-le sia di consistenza poltacea o addirittura solido, la proce-dura deve essere interrotta per eseguire un nuovo clistere neltentativo di rendere adeguatamente accessibile la superficieintestinale. Se anche questo tentativo fallisce, l’esame deveessere sospeso e rimandato dopo più adeguata preparazione.

La mucosa del colon discendente risulta di colore rosachiaro, con vascolarizzazione sottomucosa evidente; èimportante esaminare con attenzione la mucosa del colonmentre si procede con lo strumento poiché il contatto del-l’endoscopio con la superficie mucosale può causare trau-matismi iatrogeni che possono essere confusi con lesioni pri-marie e refertate come tali. La struttura anatomica del colonè molto semplice, trattandosi di un tubo che presenta dueflessioni, una al passaggio fra colon discendente e colon tra-sverso e una al passaggio fra colon trasverso e colon ascen-dente. Queste flessioni vengono ben evidenziate in corso diendoscopia: l’endoscopio deve essere piegato nella direzio-ne della curva e avanzato lentamente, nel contempo insuf-flando per allontanare la mucosa che tende ad impedire lavisione. Il colon ascendente è breve e termina a livello di

Qual è il ruolo dell’endoscopia nelle patologie enteriche?

Davide De Lorenzi

Med Vet, Dr Ric, SMPA, Dipl ECVCP, Padova

102

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 102

Page 103: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

giunzione ileo-cieco-colica, facilmente riconoscibile per lapresenza della valvola ileo-colica che mostra aspetto rileva-to, globoso, a fungo, quasi costantemente chiusa e dall’ini-zio del cieco. Qualora sia indicato anche esaminare l’ileo, lapunta dello strumento viene orientata verso il centro dellavalvola insufflando e spingendo leggermente; il passaggiodella valvola è però spesso problematico a meno di non esa-minare un cane di dimensioni molto grandi oppure di utiliz-zare un endoscopio di diametro ridotto. Nel caso non siriesca a passare la valvola con lo strumento è comunque pos-sibile eseguire campionamenti alla cieca facendo proseguirela pinza oltre l’apertura della valvola.

A questo punto l’endoscopio viene lentamente sfilato, evengono raccolte le biopsie, 2 o 3 per ognuno dei tratti inte-stinali, retto compreso per un totale di 10-12 campionamenti.

ASPETTI ENDOSCOPICI PATOLOGICI

Colite: la colite rappresenta la forma più frequente dipatologia del grosso intestino e spesso coinvolge tutto l’or-gano, non di rado in associazione con alterazioni anche delpiccoli intestino. Le coliti vengono poi ulteriormente classi-ficate sulla base delle linee cellulari coinvolte nel processoinfiammatorio per cui campionamenti bioptici assumonouna importanza fondamentale. L’aspetto endoscopico èvariabile, andando da un diffuso edema associato a eritema,modesti aspetti di irregolarità mucosale e perdita del lettovascolare sottomucoso a quadri più gravi, con erosioni a san-guinamento spontaneo, a diffusa iperplasia linfoide con pre-senza di rilevatezze piatte, biancastre, con piccolo craterecentrale. In casi più rari, l’infiammazione coinvolge solo untratto del colon assumendo, a volte, l’aspetto di una neofor-mazione ulcerata. È importante sottolineare come in endo-scopia non esistano quadro patognomonici per cui l’esameistopatologico risulta sempre e comunque fondamentale.

Neoplasia: le neoplasie più frequentemente identificatenel colon di cani e gatti sono rispettivamente adenocarcino-ma e linfoma anche se altre neoplasie (ad. es. plasmocitoma,

leiomioma, leiomiosarcoma) sono state più raramentesegnalate. Il linfoma ha aspetto spesso sovrapponibile a qua-dro gravi di colite linfo-plasmocitaria, con diffuso ispessi-mento e irregolarità mucosale. Il carcinoma si presenta gene-ralmente come proliferazione localizzata spesso ulcerata esanguinante, che provoca spesso riduzione del lume intesti-nale; più raramente questa neoplasia assume aspetto di ste-nosi circonferenziale che può arrivare a determinare unasub-occlusione del tratto intestinale coinvolto.

Polipi rettali: Sono una causa relativamente comune ditenesmo ed ematochezia nel cane; l’indagine endoscopicapuò risultare complicata perché spesso queste neoformazio-ni si trovano a ridosso dell’ano per cui può essere difficileinsufflare adeguatamente il tratto da esaminare. Una tecnicache può essere utilizzata a questo proposito consiste nell’in-serire l’endoscopio, ben lubrificato, per circa 10-15 cm, farechiudere l’ano da un assistente quindi insufflare e sfilare len-tamente lo strumento, valutando l’aspetto della mucosa “inuscita”. Le neoformazioni polipose hanno generalmenteaspetto proliferativo, sono friabili e facilmente sanguinanti etendono ad occludere l lume del retto. Numerose biopsie, daaree differenti delle lesioni sono indispensabili per poteredifferenziare con buona accuratezza le forme benigne daquelle maligne

Letture consigliate

Simpson J.W.: Flexible endoscopy: lower gastrointestinal tract. In Lher-mette P, Sobel D eds. BSAVA Manual of Canine and Feline Endo-scopy and Endosurgery. BSAWA Gloucester, UK (2008): 73-83.

Willard M.D.: Colonscopy, proctoscopy and ileoscopy. In Melendez L ed.The Veterinary Clinic of North America, small animals: Endoscopy.WB Saunders (2001): 657-669.

Richter K.P.: Endoscopic evaluation of the colon. In McCarthy T.C.: Vete-rinary Endoscopy for Small Animal Practitioner. Elsevier Saunders(2005): 323-356.

Indirizzo per la corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

103

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 103

Page 104: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il ruolo della diagnostica per immagini nei pazienti consospetta neoplasia endocrina è duplice: da una parte infattil’obiettivo è confermare o smentire il sospetto clinico di neo-plasia endocrina, dall’altra (qualora il sospetto clinico siaconfermato) stadiare accuratamente il paziente allo scopo dipianificare il trattamento più adatto al caso in esame.

La presentazione clinica classica delle neoplasie tiroideenel cane è quella di una tumefazione cervicale variamenteassociata con dispnea/disturbi respiratori, disfagia, alterazio-ne della voce, rigurgito, dimagramento. Le domande che ven-gono poste al radiologo sono: la tumefazione è effettivamen-te di natura tiroidea? L’eventuale lesione tiroidea è localmen-te invasiva? La lesione è benigna o maligna? Sono presentimetastasi a distanza?

Le metodiche di diagnostica per immagini che abbiamo adisposizione sono la radiologia, l’ecografia, la tomografiacomputerizzata, la risonanza magnetica e la scintigrafia.

L’ecografia consente di valutare l’aspetto della lesione edelle strutture anatomiche circostanti (allo scopo di esclu-derne un’origine extratiroidea), la vascolarizzazione, l’even-tuale invasività locale e consente di eseguire prelievi ecogui-dati cito/istologici. I campioni citologici sono solitamentesufficienti per appurare la natura tiroidea della lesione, masolitamente non consentono di determinarne la benigni-tà/malignità. Poiché l’esecuzione di una biopsia è correlataad un certo rischio di emorragia iatrogena, questo fattoredovrebbe essere tenuto in considerazione. Va tuttavia ricor-dato che, soprattutto in presenza di lesioni occupanti spaziodi grandi dimensioni, può essere difficile accertare con sicu-rezza la natura tiroidea della lesione osservata.

L’esame radiografico del torace è utile come metodica distadiazione di screening prima di rivolgersi a metodiche più“impegnative” come la tomografia computerizzata. In pre-senza di dolore osseo, può essere utile l’esecuzione di unostudio radiografico dello scheletro; va tuttavia ricordato chenon sempre le metastasi scheletriche sono visibili radiogra-ficamente quindi questa metodica non consente di escluder-ne completamente la presenza.

La scintigrafia tiroidea con 99mTc è una metodica moltoutile, ma che trova la maggiore limitazione nella scarsa dis-ponibilità sul territorio nazionale. Il maggiore vantaggio del-la scintigrafia è quello di poter determinare la natura tiroideadi eventuali noduli ectopici funzionali. Un’ulteriore applica-zione è la valutazione postchirurgica in caso di sospetta exe-resi incompleta o recidiva. I carcinomi tiroidei canini sonosolitamente delle neoplasie funzionali caratterizzate daaumento di dimensioni della tiroide e pattern eterogeneo

(aree calde e fredde); più raramente sono neoplasie “fredde”in cui il tessuto tiroideo è completamente sostituito da tessu-to neoplastico che non risulta visibile con la scintigrafia. Leneoplasie tiroidee nel gatto sono solitamente di natura beni-gna (adenomi: spesso bilaterali), mentre solo raramente sonomaligni. Nonostante i carcinomi e gli adenomi possano ave-re aspetto scintigrafico simile, molti carcinomi tendono adavere un pattern eterogeneo con margini irregolari; unalesione caratterizzata da uptake del composto radiofarma-ceutico multifocale al di fuori dei limiti tiroidei, ha maggioriprobabilità di essere un carcinoma. L’accumulo del radioiso-topo a livello polmonare è solitamente associato con una neo-plasia maligna, ma non necessariamente tiroidea in quantoanche alcune neoplasie polmonari primarie possono accumu-lare il radioisotopo.

La TC total body è fondamentale in quanto consenteun’eccellente visualizzazione dell’anatomia della lesione(condizione sine qua non per una pianificazione chirurgicaottimale) e un’adeguata stadiazione sia dei tessuti molli tora-cici/addominali, sia dei tessuti duri. Studi riguardanti l’im-piego della RMN nella caratterizzazione delle neoplasietiroidee nel cane sono al momento in corso.

Una neoplasia paratiroidea è solitamente sospettata incaso di ipercalcemia o in presenza di una massa cervicale.L’ecografia è la metodica di prima scelta per la valutazionedelle paratiroidi in quanto consente di valutarne le dimensio-ni, forma ed, eventualmente, invasività locale. Sulla base diquesti parametri (in particolare le dimensioni e il coinvolgi-mento di una o più paratiroidi) e dei dati clinici/laboratoristiciè infatti possibile distinguere con una buona accuratezza dia-gnostica un adenoma/adenocarcinoma paratiroideo da un’i-perplasia paratiroidea primaria o secondaria. La scintigrafiaparatiroidea (nonostante sia comunemente usata in medici-na umana dove è caratterizzata da un’elevata sensibilità nel-l’individuazione degli adenomi paratiroidei), ha scarsa uti-lità in medicina veterinaria in quanto richiede l’impiego dicomposti radiofarmaceutici scarsamente disponibili (Tc-sestamibi) e ha accuratezza diagnostica limitata. La TC e laRMN sono attualmente scarsamente impiegate nello studiodelle paratiroidi.

Le neoplasie surrenaliche nel cane possono interessaresia la componente midollare (feocromocitoma, più raramen-te neuroblastoma, ganglioneuroma) che la componente cor-ticale (adenoma, adenocarcinoma, metastasi). L’ecografiaaddominale è il mezzo diagnostico di screening per lo stu-dio dei surreni, che dovrebbero essere cercati e valutati inogni paziente esaminato. L’aspetto ecografico di una mas-

Diagnostica per immagini delle neoplasie endocrine

Daniele Della Santa

Med Vet, PhD, Dipl ECVDI, Pisa

104

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 104

Page 105: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

sa/nodulo surrenalico non è indicativo di una specifica neo-plasia (benigna o maligna) o di un’iperplasia nodulare; cio-nonostante l’ecografia consente di valutarne le dimensioni(ingrandimento unilaterale vs bilaterale) e la forma/struttura(forma e struttura rispettate vs massa surrenalica). Inoltre, inpresenza di un nodulo/massa surrenalica si possono studiaremargini, invasività locale (vasi, reni, spazio retroperitonea-le), eventuale presenza di metastasi a distanza (fegato, linfo-nodi, milza) e di emorragia retroperitoneale/peritoneale. Inpresenza di lesioni surrenaliche di grandi dimensioni puònon essere possibile accertarne con certezza l’origine conquesta metodica. La TC consente una migliore visualizza-zione delle lesioni (in particolare dell’eventuale invasionevascolare la cui valutazione ecografica può essere difficilespecialmente in presenza di mineralizzazioni surrenaliche);nei casi dove la natura della lesione osservata è dubbia, èspesso possibile ottenere una più certa localizzazione anato-mica. Va tuttavia sottolineato che lesioni particolarmentevoluminose possono essere particolarmente difficili da stu-diare anche con la TC a causa della distorsione anatomica edella compressione della vena cava caudale cui si associano.La diagnosi definitiva richiede un esame cito/istologico chepuò essere ottenuto sia per via eco- che TC-guidata.

In presenza di sintomatologia clinica e laboratoristica sug-gestiva di iperadrenocorticismo ipofisario e sintomatologianeurologica può essere utile cercare di verificare la presenzadi un adenoma ipofisario. Gli adenomi ipofisari si classifi-cano in microadenomi (<10 mm) o macroadenomi (>10mm). La presenza di un macroadenoma può solitamenteessere evidenziata sia con la TC che con la RMN dopo som-ministrazione di mezzo di contrasto (le due metodiche forni-scono informazioni paragonabili); viceversa i microadeno-

mi, in virtù delle loro ridotte dimensioni, possono esseremolto difficili da diagnosticare con certezza con entrambe lemetodiche. Quando si voglia confermare la presenza di unmicroadenoma ipofisario, la metodica diagnostica di primascelta è la TC dinamica dell’intera ghiandola pituitaria.

In presenza di sospetto clinico di insulinoma, la metodi-ca diagnostica di screening usata più frequentemente è l’e-cografia addominale: questa metodica può consentire di evi-denziare lesioni nodulari sospette a livello pancreatico chesolitamente appaiono come lesioni nodulari solide ipoecoge-ne di dimensioni variabili. L’accuratezza diagnostica dell’e-cografia nella visualizzazione della lesione primaria e delleeventuali metastasi epatiche e/o linfonodali è variabile neidiversi studi pubblicati. Una metodica diagnostica alternati-va è l’angio-TC attraverso cui spesso si riescono ad eviden-ziare lesioni non rilevabili all’esame ecografico. Gli insuli-nomi tendono a mostrare un marcato enhancement durantela fase arteriosa in cui risultano particolarmente iperdensirispetto al tessuto pancreatico adiacente e quindi ad esserepiù facilmente distinguibili.

La diagnostica per immagini svolge quindi un ruolo fon-damentale nella valutazione dei pazienti affetti da una neo-plasia endocrina, ma solo una corretta interazione tra onco-logo clinico e radiologo consente l’individuazione dellemetodiche più appropriate al caso in esame, condizione asua volta fondamentale per una diagnosi e stadiazione accu-rate.

Indirizzo per la corrispondenza:Daniele Della Santa E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

105

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 105

Page 106: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

In condizioni fisiologiche solo poche strutture anatomicheintratoraciche sono esplorabili ecograficamente in quantol’aria contenuta a livello polmonare rende impossibile la tra-smissione del fascio ultrasonoro necessario alla formazionedell’immagine. Viceversa in condizioni patologiche, spessosi rendono disponibili numerose finestre acustiche (normal-mente non presenti in condizioni fisiologiche) che consento-no di studiare anche le strutture anatomiche posizionate inprofondità nella cavità toracica e quindi non visibili in con-dizioni fisiologiche.

Uno dei miti da sfatare inerenti l’ecografia toracica è chesia necessario l’impiego di sonde phased-array: in realtà, conl’eccezione delle sonde convex il cui impiego risulta spessodifficoltoso e non associato a particolari vantaggi quanto aqualità delle immagini ottenute, possono essere usate sia son-de microconvex, sia sonde lineari. La maggiore qualità del-le immagini ottenute con una sonda lineare è spesso di gran-de ausilio diagnostico. L’uso della sonda lineare, comunquepossibile in quasi tutti i nostri pazienti, è particolarmente uti-le nel gatto, nei cani di piccola taglia e nei soggetti giovani,specialmente nel caso in cui debbano essere studiate struttu-re non particolarmente profonde o la parete toracica. L’inter-ferenza esercitata dalle coste/cartilagini costali (specialmentese mineralizzate) è costantemente presente, ma non è solita-mente tale da precluderne l’impiego.

L’esecuzione di un esame radiografico del torace in dueproiezioni ortogonali prima dell’ecografia toracica è ungrandissimo ausilio nell’esecuzione dell’esame ecografi-co in quanto, specialmente in alcune situazioni cliniche qua-li ad esempio il versamento pleurico, consente spesso dilocalizzare il processo patologico e quindi di eseguire unesame ecografico più mirato con maggiori probabilità disuccesso dal punto di vista diagnostico.

Durante l’esecuzione di un’ecografia addominale, èsempre indicato eseguire una rapida verifica dell’eventualepresenza di alterazioni intratoraciche visibili: non è infattiraro identificare versamento pericardico, pleurico o lesionioccupanti spazio polmonari durante la scansione del fegato.Lo stesso concetto vale per l’ecocardiografia in quanto èsempre buona norma osservare il fegato e le strutture anato-miche addominali eventualmente visibili quando si esegue lascansione sottocostale.

Il posizionamento del paziente per l’esecuzione di un’e-cografia toracica è variabile dipendentemente da numerosifattori i più importanti dei quali sono la struttura anatomicadi interesse e le condizioni cliniche. L’esame con il pazientein piedi o in decubito sternale è solitamente ben tollerato

anche dai pazienti dispnoici e consente un’adeguata esplora-zione di entrambi gli emitoraci. Se il paziente è stabile dalpunto di vista respiratorio può essere posizionato anche indecubito laterale: questa posizione presenta il vantaggio diessere più stabile e quindi spesso consente di ottenere delleimmagini di migliore qualità; inoltre consente all’operatoredi lavorare in una posizione più comoda (aspetto rilevantesoprattutto per l’esecuzione di prelievi ecoguidati). Ovvia-mente per eseguire un esame completo è necessario esegui-re l’esame ecografico di entrambi gli emitoraci, sia dellaporzione ventrale che della porzione dorsale; questo aspettoriveste particolare importanza nella ricerca di eventualilesioni polmonari.

Può accadere che le radiografie toraciche mostrino unalesione polmonare che non risulta poi direttamente acces-sibile con l’ecografia in quanto non in diretto contatto conla superficie pleurica; in questi casi può essere utile prova-re a tenere per qualche minuto il paziente in decubito late-rale con la lesione dal lato declive in modo da provocare l’a-telettasia del parenchima polmonare adiacente. In questomodo può essere possibile riuscire a rimuovere l’aria inter-posta tra la sonda e la lesione e quindi riuscire a visualiz-zarla: in questo caso sarà quindi possibile studiarla ed even-tualmente prelevare dei campioni biologici da analizzare.Se questa metodica non ha successo perché la lesione èlocalizzata troppo in profondità nel parenchima polmonare,è necessario ricorrere a metodiche di diagnostica per imma-gini diverse quali ad esempio la TC.

Anche i linfonodi tracheobronchiali (laterali e mediano)possono essere, specialmente in assenza di versamentopleurico, difficilmente accessibili ad una valutazione eco-grafica. In alcuni casi possono rendersi visibili impiegandoil cuore come finestra acustica ma spesso, anche se di gran-di dimensioni, per una loro adeguata valutazione è neces-sario un esame TC. I linfonodi mediastinici craniali posso-no più facilmente essere visibili anche in assenza di versa-mento pleurico in quanto possono dislocarsi ventralmente.Anche l’esofago è una struttura anatomica che solo occa-sionalmente risulta visibile ecograficamente per la cuivalutazione è necessario un esame radiografico con mezzodi contrasto, un’endoscopia, una TC o una combinazione diqueste metodiche.

Una finestra acustica non molto usata, ma talvolta utile èquella attraverso la base del collo, ottenuta posizionando lasonda in prossimità del manubrio dello sterno e dirigendoil fascio ultrasonoro in direzione caudale. Questo approc-cio consente una visione ottimale della porzione craniale

Ecografia toracica: la tecnica e i trucchi che aiutano l’ecografista

Daniele Della Santa

Med Vet, PhD, Dipl ECVDI, Pisa

106

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 106

Page 107: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

del torace e in particolare delle strutture vascolari con cuidi ottiene un buon allineamento per l’esame Doppler (altri-menti di difficile esecuzione con il classico approcciointercostale). Può infatti risultare utile in caso di volumi-nose masse mediastiniche e sospetta sindrome della venacava craniale.

La tecnica per l’esecuzione di prelievi cito/istologici nonpresenta particolari differenze rispetto a quella comune-mente impiegata a livello addominale. Un’attenzione parti-colare deve essere rivolta alle masse mediastiniche cranialiin quanto queste possono determinare una dislocazionelaterale della vena toracica interna tale da interferire conl’esecuzione del prelievo. L’esame con il doppler a codicedi colore consente di evidenziare facilmente eventuali vasidi dimensioni significative interposti tra la lesione e la pare-te toracica (se possibile è conveniente impiegare l’approc-cio dall’altro emitorace).

Il sito dove eseguire una toracentesi ecoguidata (diagno-stica o terapeutica) varia dipendentemente dalla localizza-zione del versamento pleurico (a sua volta variabile anchecon la posizione del paziente). In pazienti dispnoici solita-mente questa viene eseguita in stazione o in decubito sterna-le. L’esecuzione di una pericardiocentesi è indicata in casodi tamponamento pericardico e/o di una sospetta pericarditesettica. L’approccio preferito è solitamente quello interco-stale destro con il paziente in decubito laterale sinistro. Qua-lora sia necessario interrompere la procedura prima di avercompletato il drenaggio, può essere conveniente aspettarequalche minuto prima di eseguire una nuova pericardiocen-tesi in quanto può accadere che il liquido pericardico residuofuoriesca a livello pleurico attraverso la perforazione peri-cardica e quindi una nuova procedura non sia necessaria.

L’eventuale ricerca di una massa cardiaca dovrebbe ideal-mente essere eseguita prima del drenaggio pericardico per-ché l’assenza del liquido riduce la sensibilità dell’ecocardio-grafia in particolare nella ricerca delle lesioni atriali destre.

Le principali limitazioni dell’ecografia toracica sonolegate ai falsi negativi e allo scarso valore della metodica dalpunto di vista della stadiazione. Per falsi negativi si intendo-no quei casi in cui l’esito dell’esame eseguito è negativo(ossia non sono state riscontrate lesioni), ma queste sonoeffettivamente presenti. Nel caso dell’ecografia toracica, ènecessario sottolineare che alcune lesioni sono per loro natu-ra inaccessibili agli ultrasuoni (ad esempio perché localizza-te in profondità nel parenchima polmonare); ne deriva che illoro mancato rilievo non ne esclude la presenza. Per lo stes-so motivo, l’ecografia toracica non costituisce il mezzo dia-gnostico di elezione per la stadiazione del torace nei pazien-ti neoplastici in quanto la visione che si può ottenere dellediverse strutture intratoraciche (in particolare dei polmoni) ècomunque incompleta.

Allo stesso tempo, in virtù della sua ridotta invasività eampia disponibilità sul territorio, comunque associati ad unelevato valore diagnostico, l’ecografia toracica costituisceun valido complemento all’esame radiografico del toracenella pratica clinica che, qualora non già diagnostico di persé, aiuta nella selezione dei pazienti in cui è necessario eindicato ricorrere a metodiche diagnostiche più avanzatequali la tomografia computerizzata.

Indirizzo per la corrispondenza:Daniele Della Santa E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

107

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 107

Page 108: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Pododermatite papulo-nodulare nel cane

Piodermite da MRS nel cane

Piodermite muco-cutanea nel cane

Alessandra Fondati

Med Vet, Dipl ECVD, PhD, Roma

108

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

ATTI NON PERVENUTI

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 108

Page 109: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Vaginal endoscopy is nowadays one of the best techniquethat makes possible to explore the post-uterine genital tractof the bitch. It also allows diagnosing endometritis in thisspecies.

Indeed in the bitch there is a limited use of speculum orotoscope and a limited visualisation cranial to the cingulum.

This lecture will be highly illustrated by clinical cases.

1. MATERIALS AND METHODS

Vaginal endoscopy in the bitch is usually performed usingrigid endoscopes. Rigid cystourethroscopes (Karl Storz Ltd- Germany) have been adapted for dogs6. They consist of anoptic fibre inserted in a protective sheath (Lenght 29 cm /Diameter 22 fr). An obturator helps to insert the endoscopein the vagina without being bothered by fluid backflow.

Human rectoscopes or cystoscopes have been used but nowa-days most veterinarians use equipment specifically designed for

dogs. At the Alfort Veterinary College, we also use rigid humanuretero-renoscopes (Karl Storz Ltd -Lenght 34 cm / Diameter9.5 fr) without obturators.

Few veterinarians use flexible fibroscopes, however, thistechnique may be re-considered as it may reveal to be quitepractical to use.

Video-endoscopy will be preferred as it provides a superi-or image quality than optic fiber viewing.

A camera control unit is needed, with a cold light source,C02 insufflator (controversial depending on differentauthors), camera and eventually PCMCIA card.

To pass the cervix, we recommend the use of humanureteral catheters, ch6. which are thin, rigid (steel guided)and very long. Depending on the size of the bitch, differentendoscopes may be required4:- Bitches less than 10 kg: 18 cm long / 2.7 mm scope with

a 14.5 Fr (< 5 mm) diameter.- Bitches above 10 kg: 36 cm long / 3.7 mm scope with a

17 Fr (< 6 mm) diameter.What will we see (normal anatomy of a normal bitch):

Approaching the endoscopic vaginal examination.Why to use this kind of diagnostic investigation

Alain Fontbonne

DVM, PhD, Dipl ECAR, Alfort (F)

109

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

- vestibulum and cingulum:

- cranial vagina with the dorsal median fold:

- caudal vagina:

- uterine cervix:

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 109

Page 110: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

2. INDICATIONS

There are several indications of this technique:

2.1. Follow up of the œstrous cycle:Vaginal endoscopy allows to determine the stage of the

œstrous cycle in the bitch, and may represent an alternativeto the use of vaginal cytology. Different appearances of thevagina under endoscopy have been described depending onthe stage of the cycle. In infertile bitches, some authors thinkthat it may be useful in better etermining the optimal matingtime, detecting behavioral troubles, detecting split-heats oranovulatory cycles, prolonged inter-oestrus and prolongedpro-oestrus.

2.2. Artificial Insemination (AI):Vaginal endoscopy allows to carry out transcervical intra-

uterine artificial inseminations, which are required whenperforming AIs with frozen semen or when using bad quali-ty semen or a very low inseminating dose (low number ofspermatozoa)5.

2.3. Diagnosis of vaginal pathology:Vaginal endoscopy is a useful tool to diagnose vestibular and

vaginal stenosis or malformations, traumatisms and foreignbodies, vestibular and vaginal tumors, vestibulitis, vaginitis andcervicitis. It also allows performing biopsies;

2.4. Diagnosis of endometritis:Using a vaginal endoscope, a transcervical catheterization

may be performed using a human ureteral catheter (diameter5fr). Flushing of the uterine lumen is performed with sterilesaline fluid (NaCl 0.9%, 2 mL/10 kg instilled then reabsorbed)and collected samples may be used for uterine cytology andbacteriology1,3,5. This is useful in case of infertile bitches;

2.5. Obstetrics:Vaginal endoscopy may be used in obstetrics to visualize

the degree of cervical dilatation and/or in case of dystocia.- Pre-partum period: detection of abnormalities/stenosis /

anatomical modifications- During pregnancy: evaluation of cervical dilatation? /

detection of uterine inertia?- Post-partum period: due to the opening of the cervix, hys-

teroscopy is feasible until > 20 days post-partum. Potential detection of: metritis / placental retention / sub-invo-lution of placental sites/ post-partum uterine rupture.

3. POTENTIAL COMPLICATIONS OF VAGINOSCOPY

Some complications may arise when these techniques areperformed.- Vaginoscopy alone: risk of vaginal rupture: avoid anoestrus

period?- Detection of endometritis through vaginoscopy: avoid

dioestrus period? / Use of antibiotics ± PGF2α treatmentsafter the procedure? Concomittant use of luteolytic com-pounds / aglepristone1

4. A RECENT TECHNIQUE:HYSTEROSCOPY IN THE BITCH2

Whereas it is widely used in equine and human medicine inthe diagnostic workup of infertility, few reports have focussedon hysteroscopy in the bitch. From a preliminary study, itappeared that diestrus may be the best period for diagnosinguterine problems1. Hysteroscopy may be performed using arigid uretero-renoscope (27002K; 9.5Fr, 43cm length, Storz®,Germany). A ureteral catheter (Ureteral CRU®, 5Fr, Rusch,France) inserted inside the operating channel is used for cervi-cal catheterization and remained close to the cervical opening.Then filtered air is insufflated (GastroPack®, Storz, Germany)through the catheter to allow distension of the cervix in orderto allow the passage of the scope inside the uterus.

Recently, 6 attempts were realised in 5 different bitches (3beagles, 1 German Shepherd, 1 Afghan), 5 of them being indiestrus and one of them in oestrus. Bitches were sedatedusing medetomidine (Domitor®, Pfizer, France, 0.5µg/kg IV)before examination. The endometrium was then visualizedand lesions that may be related to the procedure were noti-fied. Bitches were then given meloxicam (Metacam®,Boehringer Ingelheim, France, 0.1 mg/kg SC) during threedays. In order to prevent occurrence of pyometra, the Germanshepherd bitch was also administered aglépristone (Alizine®,Virbac, France, 10 mg/kg SC) once a week during 4 weeks.Bitches were monitored by uterine ultrasound during threeweeks following the procedure. The bitch that was in heat atthe time of the procedure was inseminated after timing ovu-lation. Observation of the uterine body and horns was suc-cessfully performed in 5/6 attempts; it was unsuccessful inthe Afghan Hound. In one bitch, we were able to reach thecranial end of the horns but no clear visualization of theuterotubal junction was obtained. Petechias were observed atthe endometrial level at the end of the procedure, but weremainly localized in small and defined aeras and did not affectan important proportion of the uterus. During follow up, noabnormal vaginal discharge and no fluid uterine contentunder ultrasound were observed and none of the bitchesdevelop uterine diseases. Moreover, the bitch that was insem-inated was pregnant. In conclusion, hysteroscopy may be auseful tool in order to perform a direct visual exploration ofuterine troubles in the bitch. These preliminary data arepromising and need to be completed by a larger scale.

References1. Fontaine E. et al. Diagnosis of endometritis in the infertile bitch: a new

approach. 2009. Accepted to be published in Reproduction in DomesticAnimals.

2. Fontaine E. et al. Development of a transcervical hysteroscopic techni-que in the bitch. Proceed. EVSSAR symposium Louvain la Neuve (Bel-gium). 13-15th May 2010.

3. Günzel-Apel AR. et al. Development of a technique for transcervical col-lection of uterine tissue in bitches. J Reprod Fertil Suppl. 2001; 57:61-5.

4. Lulich JP. Endoscopic vaginoscopy in the dog. Theriogenology, 2006(66), 588-591.

5. Watts JR et al. Investigating uterine disease in the bitch: uterine cannula-tion for cytology, microbiology and hysteroscopy. J. Small Anim. Pract.,1995. 35: p. 201-206.

6. Wilson M. Endoscopic transcervical insemination in the bitch.www.ivis.org

Address for correspondnce: Alain Fontbonne Ass.Pr. Head of Animal Reproduction DepartmentAlfort Veterinary College. Paris. France - [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

110

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 110

Page 111: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

La malattia/sindrome di Cushing viene definita come l’in-sieme delle alterazioni cliniche e laboratoristiche connessead uno stato ipercortisolemico cronico e patologico.

SEGNALAMENTO

La Sindrome di Cushing si manifesta generalmente insoggetti di età compresa tra i 6 e i 16 anni (media circa 10-11 anni). L’incidenza delle neoplasie ipofisarie è maggiorenei soggetti di peso inferiore ai 20 kg (75%). Le neoplasiesurrenaliche, invece, mostrano un’incidenza del 50% in sog-getti di peso superiore ai 20 kg. Le razze più a rischio sonoil Barbone Nano, il Bassotto, il Beagle, il Boxer, il Labrador,il Pastore Tedesco e i vari Terrier.

PATOGENESI

In base all’eziopatogenesi è possibile parlare di ipercorti-solismo ACTH dipendente e ACTH non dipendente:

Ipercortisolismo ACTH dipendenteIpercortisolismo ipofisi-dipendente “pituitary depen-

dent hypercortisolism” (PDH) o malattia di Cushing Cir-ca l’85% dei cani presenta questa forma. È sostenuta da unaneoplasia pituitaria ACTH-secernente. L’eccessiva secrezio-ne di ACTH determina un’iperplasia surrenalica bilateraleed una conseguente ipersecrezione di glucocorticoidi surre-nalici. Nella maggior parte dei casi si tratta di tumori beni-gni che normalmente sono microadenomi e nel 15-25%macroadenomi.

Ipercortisolismo da produzione ectopica di ACTH Nel-l’uomo tale patologia è ben conosciuta ed è caratterizzatadalla produzione di ACTH da parte di neoplasie non ipofisa-rie (solitamente carcinomi polmonari). Ciò determina un’ab-norme stimolazione delle surrenali con conseguente iperpla-sia bilaterale ed iperproduzione di cortisolo. Tale forma èstata recentemente segnalata in un cane.

Ipercortisolismo non ACTH dipendenteIpercortisolismo surrenalico (ADH) È sostenuto da ade-

nomi o carcinomi a carico della corticale delle surrenali chesecernono un’eccessiva quantità di cortisolo indipendente-mente dal controllo pituitario. Solitamente la neoplasia è

monolaterale, tuttavia sono segnalati anche casi di tumori acarico di entrambe le ghiandole.

Ipercortisolismo iatrogeno Tale situazione si verifica inseguito alla somministrazione prolungata e/o eccessiva diglucocorticoidi esogeni. Viene inibito l’asse ipotalamo-ipo-fisi-surrene con conseguente atrofia della corticale surrenali-ca e sviluppo della classica sintomatologia da Cushing.

Ipercortisolismo alimento indotto Recentemente è statadescritta in un cane una rara forma di ipersecrezione di corti-solo da parte delle surrenali in seguito all’espressione recetto-riale da parte delle surrenali di un peptide gastrico (GIP).

SEGNI CLINICI

Poliuria e polidipsia: l’80-85% dei soggetti ne è affetto esono spesso il motivo principale che spinge il proprietario arichiedere il consulto veterinario. Polifagia è presente in circa il90% dei casi. “L’Addome a botte” è presente in circa l’80% deicani con ipercortisolismo. Le classiche manifestazioni cutaneesono rappresentate da alopecia simmetrica bilaterale, assotti-gliamento cutaneo, comedoni, infezioni secondarie, calcinosiscutis. Altri sintomi sono rappresentati da astenia muscolare eletargia, dispnea, atrofia testicolare e anestro, miotonia e sinto-mi neurologici da macroadenoma ipofisario.

ESAMI DI LABORATORIO

Esame emocromocitometrico “Leucogramma da stress”:l’80% dei soggetti ha una linfopenia ed eosinopenia e il 20-25% mostra un lieve aumento dei leucociti totali. La trom-bocitosi è un rilievo comune.

Profilo Biochimico L’eccesso di cortisolo endogeno deter-mina un aumento della fosfatasi alcalina (SAP) corticosteroi-do-indotta. L’85% dei soggetti affetti da ipercortisolismo pre-senta valori di fosfatasi alcalina superiori a 150 UI/L e non èraro che tali valori superino i 1000 UI/L.

Gli enzimi epatici, soprattutto ALT e GGT sono general-mente aumentati (epatopatia e induzione enzimatica).Aumento della lipemia e del colesterolo sierici sono repertifrequenti. Nel 5-10% dei soggetti è presente lieve iperglice-mia. Va ricordato che i cani con ipercortisolismo presentanoun aumento dell’aptoglobina.

Urine Riduzione del peso specifico. Nell’85% dei cani,infatti, il peso specifico urinario risulta inferiore a 1.020. Cir-ca il 40-50% dei soggetti presenta infezioni alle vie urinarie.

Iperadrenocorticismo ipofisario e surrenalico: indagini di laboratorio e approccio medico ragionato

Federico Fracassi

Med Vet, Dott Ric, Bologna

111

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 111

Page 112: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DIAGNOSI

Test di soppressione con desametasone a basse dosi(LDDS) Questo test è sia diagnostico che discriminante epuò pertanto permette di differenziare forme di PDH daforme di ADH sfruttando il feedback negativo del cortiso-lo sulla liberazione di ACTH. In un cane sano la sommini-strazione di desametasone blocca la produzione di ACTH equindi di cortisolo:l’effetto si avverte già dopo 2-3 ore dal-la somministrazione e può perdurare per 8-48 ore. Il proto-collo di esecuzione del test prevede la misurazione dellacortisolemia basale e dopo 4 e 8 ore dalla somministrazio-ne endovenosa di 0.01 mg/kg di desametasone. Il test vie-ne considerato negativo se la cortisolemia all’ottava orarisulta inferiore a 1 µg/dl. Valori compresi tra 1 µg/dl e 1.4µg/dl indicano una risposta dubbia mentre valori superioria 1.4 µg/dl confermano la diagnosi di ipercortisolismo. Unabbassamento della cortisolemia a 4 ore <1,4 µg/dl o infe-riore del 50% rispetto al valore basale permette di dire chesi tratta di un PDH. Bisogna ricordare che in circa il 40%dei cani con PDH non si osserva la caratteristica diminu-zione della cortisolemia a 4 ore. Nei soggetti affetti daADH, invece, non si ha alcuna soppressione della produ-zione di cortisolo da parte delle surrenali. Da molti endo-crinologi questo viene considerato il singolo test con lamigliore sensibilità e specificità per la diagnosi di ipercor-tisolismo spontaneo nel cane.

Test di stimolazione con ACTH Il test di stimolazionecon ACTH è il più comunemente utilizzato per confermarela diagnosi di ipercortisolismo nel cane. Si tratta di un testsemplice, relativamente poco costoso e veloce. Ha tuttavia losvantaggio di non essere particolarmente sensibile e specifi-co. Il protocollo più comunemente utilizzato prevede lamisurazione del cortisolo ematico basale e dopo 1 ora dallasomministrazione endovenosa o intramuscolare di 0,25 mgdi ACTH sintetico (Synachten®). Un soggetto sano presentauna cortisolemia basale compresa tra 0.5 e 6.0 µg/dl e poststimolazione compresa tra 6 e 17 µg/dl. Valori post-stimola-zione compresi fra 17 e 22 µg/dl sono considerati dubbi enon diagnostici, invece, valori post-stimolazione superiori a22 µg/dl sono indicativi di ipercortisolismo. Soggetti affettidai ipercortisolismo iatrogeno mostrano valori basali di cor-tisolo ematico bassi o normali che tuttavia non subisconovariazioni in seguito alla somministrazione di ACTH esoge-no. Questo test permette di confermare un ipercortisolismonell’80-85% dei cani affetti da PDH e nel 50-60% dei caniaffetti da ADH.

Test di soppressione con desametasone ad alte dosi(HDDS) Questo test è esclusivamente differenziale e dopo

l’avvento dell’ecografia ha perso molto di importanza. Sieffettua misurando la cortisolemia prima e dopo 3-4 ore lasomministrazione endovenosa di 0,1 mg/kg di desametaso-ne. Va usato in quei casi in cui, pur sospettando un PDH, nonsi è ottenuta soppressione della cortisolemia a 4 ore al test disoppressione a basse dosi. Il test è indicativo di PDH se lacortisolemia a 4 ore è <1,4 µg/dl o inferiore del 50% rispet-to al valore basale. Non bisogna dimenticare che anche conquesto test, circa il 15-25% dei casi di PDH non presentaalcuna soppressione, comportandosi quindi come ADH.

Rapporto Cortisolo urinario/Creatinina (UC:CR) Insoggetti affetti da ipercortisolismo, l’escrezione urinaria dicortisolo aumenta come conseguenza di una maggior secre-zione da parte delle surrenali. Le urine vanno prelevate almattino a casa dal proprietario. Lo stress influenza in modoimportante l’esito del test. Questo test è dotato di una bassaspecificità, tuttavia ha una sensibilità elevata. Esiste anche lapossibilità di eseguire un test di soppressione con desameta-sone (assunto per bocca) misurando il cortisolo urinario.

Ecografia addominale In corso di PDH, nella maggiorparte dei casi, forma, contorni, ecogenicità ed ecostrutturadelle ghiandole surrenali appaiono normali all’esame ecogra-fico, tuttavia con un aumento simmetrico delle dimensioni. Incorso di ADH, invece, l’ecogenicità della surrenale colpitadalla neoplasia appare variabile ed eterogenea, con distorsio-ne dei contorni e un aumento irregolare delle dimensioni, lasurrenale controlaterale, invece, può apparire atrofica o nor-male. Bisogna ricordare che possono esistere anche tumorisurrenalici bilaterali.

Tomografia computerizzata/Risonanza magnetica LaCT e la RMN sono estremamente utili per evidenziare ano-malie sia a carico dell’ipofisi che delle surrenali. Tali tecni-che permettono di evidenziare macroadenomi a carico del-l’ipofisi.

Bibliografia

Clinical Endocrinology of Dogs and Cats. Eds Rijnberk A., Kooistra H.S.,Schlütersche, Hannover 2010.

Canine and Feline Endocrinology and Reproduction. Eds Feldman E.C.,Nelson R.W., Saunders, St. Louis, Missouri 2004.

Indirizzo per la corrispondenza:Federico Fracassi DVM, PhDDipartimento Clinico VeterinarioUniversità degli Studi di BolognaVia Tolara di Sopra 50, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO)Tel. 051 2097590 - Fax 0512097593E-mail: federico.fracassi @unibo.it

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

112

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 112

Page 113: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

Le neoplasie tiroidee possono manifestarsi in due modi.Nel cane la presenza fisica del tumore è in genere il primoelemento a essere scoperto dal proprietario. Tuttavia, se iltumore produce ormone tiroideo, aumentando di dimensio-ni, le quantità di ormone prodotto possono essere tali da pro-vocare lo sviluppo dei sintomi dell’ipertiroidismo. Ciò siosserva piuttosto frequentemente nel gatto e solo occasio-nalmente nel cane. Dal momento che gli aspetti clinici dellaneoplasia tiroidea variano notevolmente tra cane e gatto, ver-ranno discussi separatamente.

IPERTIROIDISMO NEL GATTO

L’ipertiroidismo è una condizione clinica derivante daun’eccessiva produzione, secrezione e, quindi, dall’aumentodella concentrazione ematica di tiroxina (T4) e triiodotironi-na (T3) da parte della ghiandola tiroide. Nel gatto l’iperti-roidismo è quasi sempre conseguenza di una condizione pri-maria (quindi indipendente da un problema ipotalamico oipofisario) ed è spesso correlato a neoplasie che coinvolgo-no uno o entrambi i lobi tiroidei. Il gozzo adenomatoso mul-tinodulare è la più comune lesione istologica descritta in gat-ti ipertiroidei. Nella maggior parte dei soggetti sono coin-volti entrambi i lobi della ghiandola. I noduli multifocalisono dispersi in tutta la tiroide, che assume un aspetto simi-le a un grappolo d’uva, e hanno dimensioni che vanno dameno di un centimetro a più di tre centimetri. Molti nodulisono solidi ma una piccola percentuale può essere cistica epiena di liquido. I noduli sono composti da follicoli destrut-turati pieni di colloide ben distinguibili dal tessuto normaleche a volte può risultare compresso. Il carcinoma tiroideo,causa principale di ipertiroidismo nel cane, è poco frequen-te nel gatto; si riscontra in circa il 3% dei gatti ipertiroidei.L’incidenza della malattia è in crescita. La patogenesi dell’i-perplasia adenomatosa della tiroide nel gatto non è chiara.La condizione assomiglia al gozzo nodulare tossico (morbodi Plummer) nell’uomo. Nel gatto ipertiroideo, la tiroidecontiene noduli iperplastici multipli circondati da un tessutofollicolare inattivo. Il trapianto sperimentale del tessuto ade-nomatoso nel topo nudo ha dimostrato che la sua crescitanon dipende dalla stimolazione umorale extratiroidea. Alcontrario, le anomalie cellulari intrinseche devono essereresponsabili della sua crescita e funzione sregolate. Unaserie di fattori sono stati correlati allo sviluppo di ipertiroi-

dismo: l’alimentazione con “pet food”, in particolare conalimenti in scatola, il trattamento con “sprays” antipulci,l’utilizzo della lettiera ed eventuali concomitanti patologieautoimmuni. Gli effetti principali degli ormoni tiroidei sonol’aumento del metabolismo basale e il potenziamento dell’a-zione delle catecolamine. Tale disendocrinia è una patologiache colpisce i gatti anziani con più di otto anni, non ci sonopredisposizioni di razza, tuttavia sembrano essere maggior-mente colpiti i soggetti non di razza. Gli apparati più colpitidall’eccesso di ormoni tiroidei sono il gastroenterico e il car-diocircolatorio. Il cuore viene coinvolto in una fase avanza-ta della patologia. I tipici segni clinici sono rappresentati dadimagramento, polifagia, iperattività, poliuria/polidipsia,vomito, diarrea, tachicardia, pelo poco curato e a volte apa-tia, debolezza e anoressia. Una manualità importante da ese-guire nel corso della visita clinica di un gatto anziano,soprattutto se si sospetta l’ipertiroidismo è la palpazione del-la regione cervicale ventrale. Questa permette di valutare lapresenza di un nodulo tiroideo che si riscontra nella maggiorparte dei gatti ipertiroidei. La diagnostica di laboratorio dibase fornisce informazioni utili, anche se non specifiche, diipertiroidismo. Le alterazioni più frequenti sono l’aumentodelle transaminasi e dei parametri renali. Un esame più spe-cifico è il dosaggio del T4, che risulta aumentato in oltre il90% dei gatti ipertiroidei. Nonostante non siano disponibiliin tutte le cliniche, gli studi sulla captazione di radioiodiocon 131l o 123l o pertecnetato possono contribuire a stabilire ladiagnosi. Nel gatto ipertiroideo si osserva una rapida capta-zione del tracciante a valori più alti rispetto al gatto norma-le. Anche la diagnostica per immagini fornisce utili infor-mazioni, in particolare, consente di valutare il coinvolgi-mento dell’apparato cardiovascolare e la gravità dell’even-tuale patologia cardiaca. Esistono tre possibilità per elimina-re la produzione in eccesso di T4: (1) ablazione con radioio-dio della tiroide, (2) tiroidectomia chirurgica e (3) inibizio-ne della secrezione mediante i farmaci antitiroidei. Quandole strumentazioni non rappresentano un fattore limitante, laprima opzione è quella da preferire.

TUMORI TIROIDEI NEL CANE

La neoplasia tiroidea è responsabile dell’1-2% di tutti itumori canini. I tumori benigni (adenomi) sono per la mag-gior parte di piccole dimensioni e, in genere, non vengonoscoperti nel corso della vita. Solo in qualche caso diventanocistici e quindi grandi abbastanza da essere individuati dal

Neoplasie tiroidee del cane e del gatto

Federico Fracassi

Med Vet, Dott Ric, Bologna

113

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 113

Page 114: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

proprietario. Un tumore benigno della tiroide può altresìessere individuato a causa dei sintomi che suggeriscono l’i-pertiroidismo. Una palpazione accurata del collo può rivela-re una tiroide leggermente ingrossata. Inoltre l’85% dei casi,i tumori tiroidei canini individuati clinicamente sono didimensioni piuttosto grandi (diametro >3 cm), solidi e mali-gni. La loro natura maligna può risultare già evidente duran-te l’esame obiettivo, a causa delle alterazioni quali l’adesio-ne alle strutture adiacenti e la diffusione di metastasi ai lin-fonodi regionali. Gli esami microscopici dimostrano che lamaggior parte dei tumori consiste di tessuto sia solido siafollicolare.Tra i tumori tiroidei degli animali domestici,quello del cane – in particolare il tipo follicolare – assomi-glia molto al carcinoma follicolare umano. Le similitudininon includono solamente il comportamento clinico deltumore ma anche l’andamento dei livelli circolanti di tireo-globulina e la conservazione dei recettori del TSH nei tumo-ri primari (molto meno nelle metastasi). I tumori della tiroi-de non originano solo dall’epitelio follicolare ma anche dal-le cellule C parafollicolari, tuttavia tali tumori midollarisono estremamente rari. La metastasi dei carcinomi epitelia-li tiroidei canini è relativamente frequente e interessa solita-mente i polmoni e i linfonodi regionali. Nella maggior partedegli studi vene riportata un età di sviluppo sui 9-10 anni.Boxer, Beagle e Golden Retrivers sembrano essere le razzemaggiormente rappresentate. La maggior parte dei tumoritiroidei viene scoperta dai proprietari che individuano unamassa non dolente nella regione medio- o ventrocervicaleche non causa alcun fastidio. Tuttavia, quando la dimensio-ne aumenta, si manifestano i sintomi correlati alla pressioneesercitata, come disfagia, raucedine e ostruzione tracheale.Un tumore esteso e invasivo può danneggiare persino il tron-co simpatico cervicale, causando la sindrome di Horner. Nelcane, l’ipersecrezione degli ormoni tiroidei si verifica in cir-ca il 10% dei casi con sintomi simili a quelli del gatto (dima-gramento, poliuria/polidipsia, irrequietezza, diarrea, tachi-cardia, intolleranza al caldo e a volte astenia). Nei rari casidi ipersecrezione da parte del tessuto tiroideo ectopico può

non essere possibile palpare la massa tiroidea. Lo stato fun-zionale può essere testato attraverso la misurazione delleconcentrazioni plasmatiche di T4 e di TSH. Livelli plasmati-ci di T4 bassi e livelli plasmatici di TSH elevati sono indica-tivi di ipofunzionamento e si possono riscontrare in cani incui il tessuto tiroideo normale è sostituito da un carcinomatiroideo bilaterale o da una tiroidite pregressa. I tumori tiroi-dei iperfunzionanti comportano valori plasmatici di T4 ele-vati e di TSH bassi. Le tecniche di diagnostica per immagi-ni quali l’ecografia, la TC e la RM possono essere di note-vole aiuto nell’individuazione di cisti, metastasi dei linfono-di regionali, emorragia, necrosi, calcificazione, spostamentovascolare e invasione. I dubbi in merito all’origine tiroideadi una massa sono di solito fugati per mezzo della scintigra-fia con pertecnetato o ioduro. Le metastasi polmonari si pos-sono evidenziare mediante la radiografia e, se necessario, laTC. Queste metodiche sono più sensibili per tali scopirispetto alla scintigrafia in quanto le metastasi, in particola-re se sono solide o anaplastiche, non sono in grado di capta-re il pertecnetato. L’analisi citologica della massa attraversoago aspirato può risultare estremamente utile nonostante siafrequente la contaminazione ematica.

Bibliografia

Rijnberk A, Kooistra HS, (2010): Thyroids. In: Clinical Endocrinology ofDogs and Cats. Eds Rijnberk A., Kooistra H.S., Schlütersche, Han-nover 55-91.

BARBER LG (2007). Thyroid tumors in dogs and cats. Vet Clin SmallAnim Pract 37:755–773.

Indirizzo per la corrispondenza:Federico Fracassi DVM, PhDDipartimento Clinico VeterinarioUniversità degli Studi di BolognaVia Tolara di Sopra 50, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO)Tel. 051 2097590 - Fax 0512097593E-mail: federico.fracassi @unibo.it

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

114

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 114

Page 115: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ACROMEGALIA

L’acromegalia è una patologia non frequente, osservatain cane, gatto e uomo. Questo disturbo consiste in un’i-persecrezione di ormone della crescita (GH). Gli animalicolpiti manifestano aumento di volume di testa (prognati-smo, aumento degli spazi interdentali), arti, addome e organiinterni, difficoltà respiratorie, intolleranza all’esercizio, iper-glicemia ed altre alterazioni ematochimiche. Nell’uomo e nelgatto l’eccessiva secrezione di GH, deriva solitamente dauna neoplasia ipofisaria ormono-attiva. Nel cane, invece, l’a-cromegalia da tumore ipofisario è estremamente rara e, adoggi, in letteratura è descritto in un solo caso, un dalmata di10 anni presentato alla visita per aumento del volume dellatesta e della lingua ridondanti pieghe cutanee, aumento del-lo spazio interdentale e rigidità nel deambulare. Nel gatto èprobabilmente una patologia sottostimata e in letteratura tro-viamo segnalati più di 100 casi. Sono maggiormente colpitii soggetti maschi castrati in un età che va dai 6 ai 15 anni. Lealterazioni cliniche sono simili a quelle del cane anche semeno pronunciate (aumento di peso, lieve prognatismo,aumento di volume delle zampe e a volte zoppia). Quasi tut-ti i gatti colpiti presentano un diabete mellito insulino-resi-stente. La poliuria/polidipsia e l’intensa polifagia sono soli-tamente legati allo stato diabetico. In alcuni soggetti è pre-sente un soffio cardiaco e negli stati avanzati si può arrivarea un’insufficienza cardiaca congestizia. Le alterazioni agliesami ematobiochimici di base sono quelle compatibili conun diabete mellito mal controllato. Per la diagnosi definitivaè possibile misurare il GH sierico che purtroppo viene misu-rato in pochissimi laboratori al mondo. Una valida alternati-va è rappresentata dalla misurazione delle IGF-I che nei gat-ti con acromegalia supera solitamente i 1000 µg/l. Un van-taggio nella determinazione delle IGF-I è rappresentato dalfatto che presenta minori fluttuazioni nell’arco della giorna-ta rispetto al GH. I gatti acromegalici non in terapia insuli-nica presentano valori più bassi di IGF-I rispetto a gatti interapia. Pertanto, per non rischiare di incorrere in risultatifalsi negativi è opportuno testare i gatti diabetici almeno unmese dopo l’inizio dell’insulinoterapia. Le possibilità tera-peutiche sono rappresentate dall’ipofisectomia (un unicocaso riportato in letteratura) o la radioterapia. Gli analoghidella somatostatina (octreotide) potrebbero avere un poten-ziale ruolo terapeutico, tuttavia gli studi preliminari nonsono particolarmente incoraggianti. Normalmente il diabetemellito di questi soggetti deve essere trattato con dosi moltoelevate di insulina.

ALDOSTERONOMA

Nel cane due sono le segnalazioni di iperaldosteronismoprimario mentre nel gatto sono stati riportati almeno 20 casiin cui la patologia era dovuta a tumori corticosurrenalici,solitamente unilaterali, con vari gradi di malignità. L’ecces-so di mineralcorticoidi tende a essere associato a espansionedel liquido extracellulare, ipertensione e aumentata gittatacardiaca. La progressiva deplezione di potassio e lo svilup-po di ipokaliemia influenzano diversi sistemi di organi, madiventano particolarmente manifesti nel sistema neuromu-scolare influendo sulla polarizzazione delle membrane dinervi e muscoli. L’eccesso di mineralcorticoidi si verifica inetà medio-adulta. I principali sintomi di presentazione sonodebolezza episodica e una caratteristica ventroflessione delcollo, che in alcuni casi porta a paresi flaccida accompagna-ta da iporiflessia e ipotonia muscolare. In altri gatti, la sinto-matologia è dominata da distacco della retina ed emorragieretiniche e intravitreali dovute all’ipertensione. Il repertolaboratoristico più costante è l’ipokaliemia. A volte è pre-sente un’alcalosi metabolica ipovolemica (di solito lieve).Nell’eccesso di mineralcorticoidi primario, la concentrazio-ne plasmatica di aldosterone è elevata e l’attività reninicaplasmatica (ARP) è notevomente bassa. Poiché l’ipokalie-mia è un fattore predominante nella riduzione della concen-trazione di aldosterone, in presenza di ipokaliemia modera-tamente elevata i valori di aldosterone possono essere rite-nuti impropriamente alti. Deve essere presa in considerazio-ne anche la ARP. La combinazione di una concentrazione dialdosterone di grado elevato o elevato-normale e una ARPbassa è indizio di una sintesi di aldosterone persistente inpresenza di una stimolazione ridotta o nulla del sistema reni-na-angiotensina. Il rapporto aldosterone/renina (ARR) è inmedicina umana il miglior indice per valutare uno stato diiperaldosteronismo e sembra essere adeguato anche nel canee nel gatto. L’ecografia e la tomografia computerizzata sonostate utilizzate nei cani e nei gatti per individuare e caratte-rizzare i tumori surrenalici. Come per l’uomo, i reperti nonsono sempre immediatamente decisivi. L’adrenalectomiaunilaterale è il trattamento di elezione per l’iperaldosteroni-smo primario unilaterale confermato. L’ipokaliemia deveessere controllata nel miglior modo possibile, sia prima siadurante l’intervento, mediante supplementazioni per via ora-le ed endovenosa. A volte può rendersi necessaria una tera-pia temporanea con fludrocortisone. Tuttavia, nei casi ripor-tati, queste misure postchirurgiche non sono state necessariee la loro omissione non sembra avere avuto effetti deleteri.

APU…che???Neoplasie endocrine rare

Federico Fracassi

Med Vet, Dott Ric, Bologna

115

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 115

Page 116: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Se non è possibile eseguire l’intervento chirurgico o se lapatologia corticosurrenalica è bilaterale, il trattamento medi-co è possibile con lo spironolattone, antagonista dei recetto-ri per i mineralcorticoidi e supplementazioni orali con glu-conato di potassio. L’ipertensione arteriosa persistente puòessere trattata con l’amlodipina.

GASTRINOMA

Nella maggior parte dei cani il gastronoma ha una loca-lizzazione pancreatica. I gastrinomi sono in genere malignie in oltre il 70% dei casi alla diagnosi si possono riscontraremetastasi. Sono colpiti cani di età medio-avanzata, con etàmedia di circa 9 anni. Sono estremamente rari nel gatto. Isintomi sono legati alla stimolazione diretta della secrezionedi acido cloridrico da parte delle cellule parietali gastriche eindiretta attraverso il rilascio di istamina da parte delle cel-lule entorocromaffino-simili del fondo gastrico, e agli effet-ti trofici sulla mucosa gastrica. L’ipersecrezione di acidocloridrico e la gastrite ipertrofica provocano anoressia,vomito e calo ponderale. Può essere presente diarrea inter-mittente e lo sviluppo di esofagite erosiva e ulcere gastro-duodenali può indurre ematemesi. Alcuni manifestano sinto-mi di dolore addominale. Le ulcere perforanti possono cau-sare segni e sintomi da addome acuto e shock settico. Ilsospetto può nascere se l’endoscopia rivela la presenza diesofagite, gastrite ipertrofica e ulcerazione gastrica e/o duo-denale. La diagnosi presuntiva di gastrinoma si basa sullapresenza di reperti clinici ed elevate concentrazioni di gastri-na in circolo in assenza di altre cause di ipergastrinemiacome ad esempio l’insufficienza renale cronica o la sommi-nistrazione di anti H2. L’individuazione, la localizzazione ela stadiazione precise del tumore primitivo e delle metastasisono essenziali per la selezione dei candidati idonei all’in-tervento chirurgico. L’utilizzo a tale scopo dell’ecografia,della TC e della risonanza magnetica non è ancora statovalutato, ma le ridotte dimensioni di questi tumori sembranoporre un limite all’utilità di tali tecniche di diagnostica perimmagini. L’ecografia addominale, tuttavia, può essere uti-

lizzata per l’individuazione di eventuali metastasi ed è inol-tre possibile esaminare l’ispessimento della parete gastrica eulcere di grandi dimensioni. L’ispezione e la palpazioneintraoperatorie degli organi interessati continuano ad esserele tecniche standard per la localizzazione e la stadiazione diquesti tumori. ll trattamento ideale del gastrinoma è la rese-zione chirurgica tuttavia l’elevato grado di malignità deigastrinomi rende infausta la prognosi a lungo termine.

GLUCAGONOMA

I tumori pancreatici secernenti glucagone o glucagonomi,sono stati descritti solo raramente nel cane. La sintomatolo-gia è caratterizzata da letargia, anoressia, calo ponderale,rash cutanei (eritema necrolitico migrante), stomatite, ane-mia lieve, iperglicemia (diabete mellito lieve), ipoaminoaci-demia e iperglucagonemia. La diagnosi presuntiva può esse-re confermata dal riscontro di un’elevata concentrazione pla-smatica di glucagone in assenza di ipoglicemia. La resezio-ne chirurgica è la prima opzione terapeutica. La terapiamedica con analoghi della somatostatina potrebbe rappre-sentare un’alternativa. I corticosteroidi dovrebbero essereevitati, in quanto lo sviluppo del diabete mellito aggravereb-be la situazione.

Bibliografia

Clinical Endocrinology of Dogs and Cats. Eds Rijnberk A., Kooistra H.S.,Schlütersche, Hannover 2010.

Canine and Feline Endocrinology and Reproduction. Eds Feldman E.C.,Nelson R.W., Saunders, St. Louis, Missouri 2004.

Indirizzo per la corrispondenza:Federico Fracassi DVM, PhDDipartimento Clinico VeterinarioUniversità degli Studi di BolognaVia Tolara di Sopra 50, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO)Tel. 051 2097590 - Fax 0512097593E-mail: federico.fracassi @unibo.it

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

116

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 116

Page 117: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

Il costante progredire delle conoscenze nel campo della dia-gnostica per immagini e l’avvento di apparecchiature sempre piùsofisticate ha incrementato le capacità diagnostiche di questemetodiche, aumentando però la variabilità del loro utilizzo nellapratica clinica. La realtà odierna è caratterizzata da una notevo-le difformità di utilizzo delle metodiche e spesso dalla inade-guata conoscenza delle potenzialità diagnostiche e cliniche del-le diverse tecniche. Nell’ultimo decennio l’ecografia dell’addo-me è diventata l’ausilio fondamentale nel campo della medicinainterna dei piccoli animali, consolidando il ruolo di esame di pri-mo livello anche in virtù della rapidità di esecuzione, dell’inno-cuità ed economicità. I limiti principali rimangono la necessitàdi un’immediata interpretazione delle immagini e la dipendenzadall’abilità e dalle conoscenze dell’operatore (scarsa riproduci-bilità dell’esame). In letteratura esistono grandi quantità di datisu applicazioni ormai non più recenti; al contrario, non emergo-no spesso dati sufficienti su nuove prove foriere di nuove tecni-che. Per migliorare l’adeguatezza diagnostica il medico veteri-nario ha la necessità di aggiornarsi sull’innovazione tecnologicadegli ecografi di ultima generazione, ma soprattutto di mantene-re un atteggiamento attento ad acquisire informazioni sulle nuo-ve possibili applicazioni. Gli argomenti trattati non svelano quin-di nessun “segreto”, ma illustrano alcune tecniche di esplorazio-ne basate sui fondamenti dei principi fisici dell’indagine adultrasuoni e applicazioni meno comuni, spesso non affrontatedai principali testi di ecografia ma solo ricercate da alcuni auto-ri come nuove frontiere dell’ecografia addominale.

Proiezione attraverso la finestra trans-epatica

L’esplorazione classica del fegato avviene con l’animale indecubito dorsale utilizzando piani di scansione latero-laterali(piani traversali) o cranio-caudali (piani sagittali o longitudi-nali). Con questo approccio è possibile esaminare i tre ele-menti principali della struttura epatica: parenchima, trattibiliari e vasi. Nelle razze dolicomorfe, nei pazienti conmicroepatia o con versamento peritoneale questo approccionon è soddisfacente e si deve utilizzare l’intercostale destro alivello di 11° e 12 ° spazio. Con questa scansione si ottimizzala visione della vena cava caudale, delle vene epatiche, dellavena porta, del dotto biliare e dei linfonodi epatici. Il paren-chima epatico è delimitato cranialmente dal diaframma cheappare come una linea curva tanto più ecogenica quanto più ilfascio di ultrasuoni lo intersecano perpendicolarmente. Con lasonda inclinata di circa 30° cranio-dorsalmente a partire dallaposizione mediana posteriormente alla cartilagine xifoidea é

possibile esaminare alcune strutture che si localizzano cranio-dorsalmente al fegato, attraversano il diaframma o prendonocontatto con esso. La vena cava, l’esofago e l’apice cardiacosono le strutture che possiamo identificare attraverso la fine-stra epatica, mentre lesioni o masse del torace caudale sonoidentificabili solo se entrano in contatto con il muscolo dia-frammatico. Le scansioni attraverso il parenchima epaticosono ottimizzate dall’atto inspiratorio poiché il movimentosposta caudalmente gli organi addominali. Con il paziente indecubito dorsale è utile applicare una leggera pressione perfavorire il contatto con queste strutture. La vena cava si repe-risce grazie alla sua posizione dorsale e spostata a destrarispetto alla vena porta, ed è l’unico grande vaso che attraver-sa il diaframma. Negli animali magri è possibile seguirla finoall’immissione nell’atrio destro. Il diametro della vena cavasubisce della variazioni fisiologiche con la respirazione ed èinfluenzato dalle patologie cardiache che modificano la pres-sione venosa. L’esofago diventa visibile nella suo tratto dista-le a livello di iato fino al cardias ed è localizzato a sinistra delpiano mediano. Questa proiezione consente di studiarne lospessore parietale, la stratigrafia e la motilità o apprezzare lapresenza di lesioni occludenti il lume. Sempre a sinistra delpiano mediano l’apice cardiaco prende contatto con il dia-framma ed il passaggio degli ultrasuoni consente di identifi-care l’eventuale presenza di liquido nel pericardio. Attraversola finestra acustica trans-epatica è possibile valutare l’integri-tà del diaframma, ricercando la presenza di eventuali porteerniarie, la dislocazione di organi addominali in torace e lapresenza di liquido nello spazio pleurico. L’effetto specchio èil comune artefatto considerato segno di integrità del diafram-ma. Lesioni o strutture ecogeniche occupanti spazio nelmediastino caudale o nei lobi polmonari caudali vengono sco-perte se generano un sufficiente contatto con il diaframma.

Tecnica di esplorazione delle ghiandolesurrenali

La visualizzazione delle ghiandole surrenali per dimen-sioni e posizione anatomica richiede una buona conoscenzadei punti di repere e la cooperazione dell’animale esamina-to. A volte questo non basta perché la presenza di gas inte-stinale, abbondanti feci nel colon o una massa addominalenon ne consentono l’dentificazione. In queste condizionioccorre adottare per entrambe le ghiandole un approccio conscansione esclusivamente da destra o sinistra. La ricerca sieffettua sempre a partire dai grossi vasi, aorta e vena cavacaudale, ricordando che la vena cava è l’elemento chiave perla ricerca della surrenale destra e che l’aorta è il repere del-la sinistra. Quando si verifica un impedimento nell’emiad-

Tecniche e segreti per ottenere il massimo dall’ecografia addominale

Gian Marco Gerboni

Med Vet, Samarate, Varese

117

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 117

Page 118: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

dome di sinistra bisogna si posiziona il paziente in decubitodorsale o laterale sinistro e con la sonda posta cranialmentea destra dietro l’ultima costa, si esegue una scansione para-sagittale, dopo aver visualizzato il polo craniale del renedestro si ricerca cranialmente la vena cava secondo un pianolongitudinale. Compiendo piccoli spostamenti laterali la sur-renale destra appare in longitudinale a livello dell’insorgen-za dell’arteria celiaca e dall’arteria mesenterica. Dallo stes-so piano di scansione compiendo un movimento di inclina-zione della sonda si sposta il fascio ultrasonoro medialmen-te e verso sinistra per visualizzare in asse longitudinalel’aorta e in sezione trasversale le arterie mesenterica e celia-ca. La ghiandola surrenale sinistra appare caudale all’arteriamesenterica e craniale all’arteria renale sinistra.

Proiezione in decubito laterale destro perottenere lo spostamento del colondiscendente

In decubito dorsale si utilizza la finestra acustica creatadalla vescica per la visione dell’utero, del linfocentro ileo-sacrale e della biforcazione dell’aorta e vena cava caudalenelle arterie e vene iliache. Il colon con il suo contenuto gas-soso altamente riflettente a contatto con la parete dorsaledella vescica può rendere difficoltoso l’esame di questaregione. Portare il paziente dal decubito dorsale a quellolaterale destro consente di “far cadere“ il colon verso la par-te ventrale dell’addome e di posizionare la sonda nella regio-ne dorso-caudale per una scansione longitudinale dei grandivasi. L’aorta appare come il vaso più vicino alla sonda men-tre la vena cava si localizza nel campo distale, la facilità diidentificazione dei reperi vascolari senza interposizione diorgani favorisce l’ispezione dei linfonodi iliaci ed ipogastri-ci. Eliminando l’artefatto creato dal riverbero anche l’esamedella vescica risulta agevolato.

Ecografia dell’uretra penienaUtilizzando una sonda lineare ad alta frequenza è possibile

identificare l’uretra canina in scansione longitudinale come unsottile struttura tubulare. In scansione trasversale appare circo-lare, priva di lume e contenuta nella forma a “V” dell’osso. Nel-la parte prossimale del pene se non dilatata è difficile distin-guerla dai tessuti molli che la circondano (corpo cavernoso, cor-po spongioso e muscoli). Le più comuni affezioni del pene sonol’ostruzione da calcoli uretrali, fratture, neoplasie e stritture.Con l’esame ecografico dell’uretra peniena si identificare lapresenza dei calcoli che appaiono come strutture riflettenti acono d’ombra acustico posteriore. L’instillazione di soluzionesalina eseguita sotto visione ecografica consente di identificaretratti stenotici. Anche le manualità di idropulsione degli urolitiostruenti può avvenire sotto visione ecografica.

Riconoscimento del flusso ureterale invescica “jet ureterale”

Nella regione del trigone vescicale in condizioni fisiologi-che gli ureteri non sono visibili fino al loro ingresso nellapapilla ureterale. L’emergenza del Jet ureterale nella regionedel trigone appare come una nubecola ecogenica, apprezza-bile solo se la composizione dell’urina vescicale è differen-te da quella proveniente dagli ureteri. Quando non si ottienela visone del Jet con la valutazione in B-mode si può utiliz-

zare il Doppler colore. La rilevazione di un flusso attraversoil Doppler di norma differenzia i vasi sanguigni dalle strut-ture tubulari non vascolari (dotti biliari, ureteri, dotto pan-creatico), ma in alcuni casi è utilizzato per riconoscere flus-si non ematici (Jet ureterale). Nella pratica clinica veterina-ria non si eseguono studi quantitativi del flusso ureterale sufenomeni ostruttivi e le principali valutazioni sono qualitati-ve per gli ureteri ectopici e reimpiantati.

Artefatto scintilla o Twinkling artifactIl Twinkling artifact è un fenomeno che si osserva distal-

mente ad interfacce acustiche altamente riflettenti gli ultra-suoni come le mineralizzazioni di parenchimi o i calcoli del-l’apparato urinario. Si genera per l’Aliasing del Doppler cau-sato dalla moltiplicazione del segnale prodotto dalle piccoleinterfacce della struttura riflettente. Applicando il Doppler acolore si visualizza un mosaico di pixel colorati all’interno,intorno e spesso lungo il cono d’ombra della formazione litia-sica. Il rilievo di questo artefatto è influenzato dalle perfor-mance e dal settaggio dell’ecografo, in particolare dal guada-gno del colore oltre che dalle dimensioni e dalla forma degliuroliti. Risulta utile per differenziare i calcoli urinari veri daaltro materiale iperecogeno spesso presente in vescica.

Utilizzo del Doppler a codice di coloreNel Color Doppler il flusso sanguigno viene rappresentato

con la media delle velocità e viene visualizzato come una map-pa di colore sovrapposta all’immagine in B-mode. Il colore ros-so codifica il flusso diretto verso la sonda, mentre l’azzurro èassegnato a quello che si allontana. Il principale vantaggio diquesta modalità di visualizzazione risiede nella sua semplicitàed intuitività di interpretazione. Questa modalità non è in gradodi dare informazioni quantitative ma solo qualitative sul flusso:un rosso molto intenso o un blu molto intenso significherannoflussi molto veloci in avvicinamento o in allontanamento e lapresenza di un mosaico di colori in un vaso testimoniano unflusso di tipo turbolento. Senza possedere un conoscenza appro-fondita della metodica Doppler si può effettuare un uso “sem-plificato” del Doppler colore per stabilire la direzione di un flus-so e riconoscerne la natura venosa o arteriosa. Nello studio del-la normale circolazione portale si rileva un flusso venoso di tipocontinuo diretto verso il fegato detto epatopetale, l’uso del Dop-pler consente di riconoscere con facilità la presenza di un flus-so che si allontana dal fegato detto epatofugo, apprezzabile inalcuni pazienti cirrotici o affetti da fistola artero-venosa epatica.Anche nello studio delle comunicazione porto-cavali il colore sirivela utile per identificare le turbolenze generate da questeaberrazioni all’interno del lume della vena cava caudale. Levalutazioni con colore sono di aiuto nel caratterizzare le lesionitrombotiche o neoplastiche che occludono il lume delle struttu-re vascolari, evidenziando il flusso residuo, le turbolenze crea-te dall’ostruzione e la eventuale presenza di circolo all’internodella lesione invadente.

Bibliografia disponibile su richiesta

Indirizzo per la corrispondenza:GianMarco Gerboni - Clinica Veterinaria MalpensaViale Marconi, 27 – 21017 Samarate, Varese, ItalyTel. 0331-228155 (3) – Fax. 0331-220255E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

118

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 118

Page 119: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I comportamenti di eliminazione inappropriata e di mar-catura urinaria sono una delle principali cause di richiesta diconsulto da parte di un Medico Veterinario Comportamenta-lista. L’eliminazione inappropriata e la marcatura urinaria,infatti, sono tra i sintomi più manifesti nelle patologie delcomportamento del gatto. L’origine di questo comportamen-to può riconoscere molteplici cause scatenanti: uno studioeffettuato tramite un questionario su un campione di 800gatti di proprietà, ha evidenziato che il 24% di questi sog-getti (192) presentava un problema di tipo eliminatorio (P.L.Borchelt, V.L. Voith 1986).

Per eliminazione inappropriata si intende l’emissione diurine in luogo inappropriato e, quindi, al di fuori della cas-setta igienica. Il normale comportamento di minzione del gat-to prevede una sequenza comportamentale particolare checonsiste nello scavare una piccola depressione con le zampeanteriori, urinarvi assumendo postura accucciata (analoga sianel maschio che nella femmina), girare su se stesso ed annu-sare ed infine coprire le deiezioni con terra o un substratoadeguato utilizzando nuovamente gli arti anteriori. Il com-portamento di eliminazione inappropriata comporta l’emis-sione di una grande quantità di urina su un substrato oriz-zontale, preferibilmente assorbente, ma al di fuori della cas-setta igienica e con una sequenza che può essere quella pri-ma descritta oppure essere alterata.

Per marcatura urinaria si definisce invece l’eliminazione diurina, al fine di lasciare un messaggio di tipo olfattivo e visi-vo, rivolto ai cospecifici (comunicazione) o a soggetti appar-tenenti ad altre specie (indizio), non correlata allo svuotamen-to fisiologico della vescia. Il comportamento di marcatura uri-naria è un comportamento normale nella comunicazione delgatto: è solitamente più frequente nei maschi, ma può esseremesso in atto anche dalle femmine. Durante una marcaturaurinaria il soggetto rilascia un segnale di comunicazione visi-va, ma soprattutto di tipo olfattivo e feromonale.

Le marcature urinarie sono effettuate emettendo unospot di urina del diametro di 10-20 centimetri (che costi-tuisce quindi un segnale visivo) ad un’altezza di circa 30-50 centimetri su di un supporto verticale. Sono caratteriz-zate da una specifica sequenza comportamentale che le dif-ferenzia dagli altri tipi di minzione: il gatto ricerca olfatti-

vamente il luogo in cui effettuerà lo spot, rimane in stazio-ne quadrupedale (non si accuccia), muove alternativamen-te i piedi (“petrissage”) e, mentre la coda tenuta in posi-zione verticale vibra, effettua la marcatura urinaria. Inseguito esplora olfattivamente i feromoni emessi grazie alcomportamento di Flehmen.

Il comportamento di eliminazione inappropriata e quello dimarcatura urinaria possono essere messi in atto sia per causeorganiche, che per cause comportamentali. Spesso le causeorganiche rivelano un’insorgenza improvvisa in soggetti chenon avevano mai messo in atto questo comportamento in pas-sato. Le patologie del comportamento, invece, riferisconostorie anamnestiche relative a questo comportamento: il sin-tomo era presente sporadicamente in varie fasi di vita delsoggetto o successivo a modificazioni ambientali o a modifi-cazioni del gruppo familiare con cui il soggetto vive.

Le patologie del comportamento sono dei veri e propriquadri clinici corredati da un insieme di sintomi ben identi-ficabili, che si manifestano in un individuo riferendosi aduna difficoltà psichica del soggetto.

Tutte le patologie del comportamento se caratterizzateda uno stato patologico di tipo fobico, ansioso, depressivo,ecc. possono presentare i sintomi di eliminazione inappro-priata e/o di marcatura urinaria. Le cause di queste patolo-gie possono ritrovarsi in un’alterazione dell’omeostasi sen-soriale nei primi mesi di vita del gattino, oppure in cam-biamenti ambientali e/o limitazioni dello spazio nei, o mol-to frequentemente in situazioni di convivenza tra gatti sen-za il rispetto delle esigenze etologiche di questa specie.Anche nelle patologie legate all’invecchiamento è possibi-le riscontrare questi tipi di comportamenti tra i vari sinto-mi presentati dal soggetto.

I maschi e le femmine sono ugualmente rappresentati nel-le popolazioni che presentano i sintomi in oggetto. Non èdescritta alcuna predisposizione di sesso per quanto riguar-da i disturbi eliminatori nel gatto.

È importante sottolineare che anche in medicina compor-tamentale da un solo sintomo non è possibile emettere unadiagnosi: è necessario realizzare una visita clinica e com-portamentale in cui i differenti sintomi potranno essere ricol-legati in un quadro patologico.

Eliminazione inappropriata e marcatura urinaria:sintomo di malattia comportamentale

Sabrina Giussani

Med Vet Comportamentalista, Dipl ENVF, Busto Arsizio (VA)

Isabella Merola

Med Vet Comportamentalista, Milano

119

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 119

Page 120: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le entità nosografiche maggiormente rappresentate comecausa di eliminazione inappropriata sono la Sindrome daPrivazione e l’Ansia da Coabitazione, mentre per le marca-ture urinarie le cause più frequenti sono da ricondurre adAnsia da Coabitazione e stati ansiosi legati alla modificazio-ne del territorio o da Ansia da luogo chiuso.

La Sindrome da Privazione Sensoriale è un’alterazionedell’omeostasi di un individuo che è cresciuto durante i pri-mi tre mesi di vita in un ambiente ipostimolante rispetto alluogo in cui vivrà, creando un soggetto che farà fatica a svi-luppare strategie adattative in questo nuovo contesto. L’An-sia da coabitazione è uno stato ansioso che si sviluppa in unsoggetto o in più soggetti appartenenti ad un gruppo di gattiche non hanno una relazione tra loro, ma che condividonouno stesso ambiente. Spesso l’introduzione di un nuovo gat-to, il raggiungimento della maturità sessuale di uno o piùsoggetti, o il ricovero e la reintroduzione di un individuopossono essere le cause scatenanti di questo stato ansioso.L’Ansia da modificazione del territorio è uno stato ansiosodi un individuo causato da modificazioni ambientali come ilcambio di casa, o lavori all’interno di un appartamento, lachiusura di alcune stanze dell’appartamento o l’introduzionedi nuovi componenti nel gruppo familiare. L’Ansia da luogochiuso è invece uno stato ansioso che si presenta quando ungattino che viveva in ambiente e sterno o che aveva accessoad un ambiente esterno viene a vivere in un appartamentocon spazi ridotti, oppure in soggetti che risiedono in appar-tamento in assenza del soddisfacimento delle esigenze eto-logiche e comportamentali.

Tra le cause comportamentali dell’eliminazione inappro-priata fanno eccezione, rispetto alle patologie del compor-tamento, i possibili errori gestionali da parte del proprieta-rio sull’utilizzo della cassetta igienica: sulla scelta del tipodi lettiera, del tipo di sabbia, del numero di cassette rispet-to al numero dei gatti e/o alla non corretta pulizia delle stes-se, o alla loro posizione all’interno dell’appartamento. Inqueste situazioni il gatto emette un comportamento di eli-minazione inappropriata causata da questo “errore gestiona-le”, ma che può con il passare del tempo mettere in seriadifficoltà il gatto creando uno stato ansioso ed il conse-guente quadro di una vera e propria patologia del compor-tamento. Solitamente in queste situazioni la sequenza com-

portamentale della minzione è emessa in modo corretto, masu superfici diverse dalla lettiera.

Un’altra causa di eliminazione inappropriata che si riscon-tra di frequente nei gattini orfani è il non corretto apprendi-mento alla sequenza di eliminazione e/o alla mancanza diapprendimento del corretto substrato di eliminazione. Questotipo di comportamento può essere riscontrato anche in gattidi alcune razze allevati su superfici non idonee e in assenzadi una lettiera (pratica che spesso avviene in gatti a pelo lun-go) in cui la madre non può mostrare ai piccoli le corretesequenze di eliminazione. In questi soggetti solitamente ilsintomo si presenta molto precocemente e la sequenza com-portamentale di minzione può essere alterata: alcuni sogget-ti,ad esempio, non coprono le minzioni e/o non scavano pri-ma di emetterle. In questa particolare situazione è importan-te accompagnare il gattino sulla lettiera fin da quando è mol-to piccolo e mostrare la corretta sequenza ed il corretto luo-go di eliminazione. La presenza di altri gatti adulti può faci-litare l’apprendimento del comportamento per imitazione.

Bibliografia

P.L. Borchelt, V.L. Voith, Elimination behavior problems in cats, The Com-pendium on Continuing Education, 1986, 8: 197-205.

R. Colangeli, S. Giussani, Patologie del comportamento legate alla modi-ficazione del territorio. In R. Colangeli, S. Giussani, Medicina com-portamentale del cane e del gatto, 2004, Poletto editore, Milano,311-34.

K.L. Overall, Disturbi eliminatori del gatto, In K.L. Overall, La clinicacomportamentale del cane e del gatto, 2001, C.G. Edizioni MedicoScientifiche, Torino, 235-279.

Indirizzo per la corrispondenza:Sabrina GiussaniTel. 3331861226 E-mail: [email protected]

Isabella MerolaTel. 3343597003 E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

120

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 120

Page 121: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le patologie del comportamento sono caratterizzate daveri e propri quadri clinici corredati da un insieme di sin-tomi ben identificabili che si manifestano in un individuo esi riferiscono ad una difficoltà psichica del soggetto: l’in-dividuo inizia a mettere in atto comportamenti che non piùadattativi rispetto alle variazioni dell’ambiente che lo cir-conda. Queste patologie riconoscono differenti diagnosinosografiche e prevedono trattamenti terapeutici moltodiversi tra loro.

In particolare, una volta diagnosticate, queste patologiepossono prevedere per il loro trattamento una terapia di tipoferomonale, e/o una terapia farmacologica, entrambe sempresupportate da una terapia di tipo comportamentale.

I feromoni (dal greco “portare” e “stimolare”) sono sostan-ze in grado di provocare modificazioni emozionali che posso-no essere condivise tra più individui appartenenti alla stessaspecie o a specie diverse. I feromoni sono prodotti da struttu-re ghiandolari diffuse su tutto il corpo (soprattutto su guance,dorso, cuscinetti plantari e zona anale). Alcuni feromoni sonopercepibili a breve distanza, altri a grande distanza a secondadel tipo di composizione chimica. La comunicazione del gat-to utilizza i feromoni attraverso le marcature facciali, graffia-ture e marcature urinarie.

Il gatto percepisce i feromoni grazie al comportamentodel Flehmen o Lip-curl che consiste nel sollevamento dellabbro superiore con la bocca semiaperta in fase inspiratoriacompletato da movimenti della lingua. Questo comporta-mento provoca una trazione verso l’alto del labbro superiorecui fa seguito l’apertura di un opercolo cartilagineo checopre parzialmente il meato incisivo. Di conseguenza illume di questo ultimo si dilata e nello stesso tempo si assi-ste ad un collasso del corpo vascolare erettile dell’OrganoVomeronasale che permette l’accesso delle molecole allamucosa olfattiva che tappezza le pareti dell’OVN stesso.Grazie ad un legame con le proteine, le molecole feromona-li possono raggiungere i recettori olfattivi. Gli impulsi elet-trici generati dai recettori seguono il nervo vomeronasale,giungono al bulbo olfattivo accessorio e da qui al sistemalimbico. Alcuni feromoni, invece, non scatenano il Flehmen,mentre altri sono percepiti contemporaneamente sia grazie alFlehmen sia attraverso la via nasale.

In commercio esistono feromoni di sintesi (© Feliway) siain forma spray che in forma di diffusore per l’ambiente,

estremamente utili per la terapia e la riduzione della sinto-matologia legata ad un disturbo dell’eliminazione. Questiferomoni possono avere un ruolo nell’incoraggiare la mar-catura facciale del gatto in modo che questi riconosca sem-pre meglio il territorio in cui vive in modo da ridurre il sin-tomo della non corretta minzione. È stato, infatti, osservatoche il gatto evita di marcare con urina le aree dove ha prece-dentemente effettuato una marcatura facciale.

Inoltre, i feromoni possono determinare una stabilizzazio-ne emozionale e di conseguenza ridurre la marcatura urina-ria e le eliminazioni inappropriate.

Sono stati effettuati diversi studi sull’efficacia del tratta-mento con feromoni in corso di eliminazione inappropriatae/o di marcatura urinaria ed i risultati suggeriscono un miglio-ramento nell’60-90% dei soggetti, ed una completa risoluzio-ne nel 15-30% degli animali. L’utilizzo dei feromoni nonsembra inoltre aver avuto effetti collaterali o complicazioni.

In presenza o in assenza di una terapia di tipo feromona-le, talvolta può essere necessaria una terapia di tipo farma-cologico.

I farmaci maggiormente utilizzati in terapia comporta-mentale sono gli antidepressivi appartenenti al gruppo deitriciclici, gli inibitori selettivi della ricaptazione della sero-tonina SSRI ed i timoregolatori. Tra i primi di particolarerilievo è la Clomipramina un farmaco utilizzato come ansio-litico ed in presenza di fobie. Questa molecola agisce prin-cipalmente come inibitore della ricaptazione della serotoni-na ed in seconda istanza bloccando gli autorecettori presi-naptici della noradrenalina. Secondo uno studio realizzatoda Dehasse (1997) la somministrazione di Clomipraminaper una sola settimana ha portato nel 35% dei casi ad unatotale scomparsa del comportamento di marcatura ed ad unariduzione significativa (superiore al 75%) nell’80% dei gat-ti studiati.

Effetti collaterali di questo farmaco sono a carico delsistema cardiovascolare, del sistema nervoso, sulla sfera ses-suale ed alcuni effetti anticolinergici legati, appunto, alle sueattività anticolinergiche. Nel gatto la dose complessiva è di0,2 – 0,8 mg/kg, suddivisa in una o due somministrazioni algiorno.

La fluoxetina è il farmaco maggiormente utilizzato tra gliinibitori selettivi della serotonina, in presenza di sintomicome la minzione inappropriata e le marcature urinarie.

121

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Terapia farmacologica e feromonale dell’eliminazioneinappropriata e della marcatura urinaria

Sabrina Giussani

Med Vet Comportamentalista, Dipl ENVF, Busto Arsizio (VA)

Isabella Merola, Med Vet Comportamentalista, Milano

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 121

Page 122: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Nello studio condotto da Pryor et Hart (2001) è stata valu-tata l’efficacia della fluoxetina nella riduzione della marca-tura urinaria. Questa molecola appartiene alla famiglia deifarmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina(SSRI) e permette di aumentare la concentrazione del neu-rotrasmettitore nello spazio sinaptico.

In tale studio i gatti trattati con fluoxetina hanno mostratouna riduzione significativa del numero di marcature se con-frontati con un gruppo di controllo che ha ricevuto un place-bo: tutti i gatti trattati hanno, infatti, avuto una riduzionemaggiore o uguale al 90% del numero di eliminazioni.

Gli effetti secondari della somministrazione della fluoxe-tina possono essere: sedazione, tendenza all’anoressia, ipo-ressia, sedazione, instabilità emotiva ed impulsività. Dosag-gi eccessivi di farmaco possono portare tremori della testa esonnolenza marcata. Nel gatto la dose complessiva è 0,5 – 1mg/kg al mattino.

La Selegilina è un farmaco appartenente alla classe deitimoregolatori ed è un inibitore delle monoaminoossidasi B(IMAO) enzimi responsabili della metabolizzazione dellecatecolamine, che blocca in modo irreversibile e specifico.

La Selegilina ha effetti collaterali se associata ad altri far-maci. In particolare è sconsigliata l’associazione ad altriantidepressivi, a cortisonici ed antibiotici (cefalosporine eaminoglicosidi). Nel gatto la dose complessiva è 1 mg/kg,al mattino.

È importante ricordare che la somministrazione per viaorale di farmaci può essere un evento particolarmente stres-sante per molti gatti e per i rispettivi proprietari. Per questoè opportuno mostrare la corretta procedura di assunzionedella molecola in modo da evitare che il gatto metta in attoun comportamento di evitamento, di aggressione o rifiuti diassumere l’alimento (poiché mescolato al farmaco).

È importante sottolineare che la terapia farmacologia fun-ge da ponte tra le difficoltà del soggetto ed il nuovo equili-brio che questi dovrà raggiungere: è necessario associareuna terapia di tipo comportamentale in modo da ridurre i fat-tori stressogeni per il soggetto, e da accrescere le capacità di

risposta agli stessi in modo che il trattamento risulti efficaceanche una volta sospesa la terapia farmacologica.

La terapia comportamentale può dividersi in modificazionieffettuate sull’ambiente in cui il soggetto vive, conosciute conil nome di arricchimento ambientale (volte a rispettare le esi-genze etologiche del soggetto) e modificazioni di tipo relazio-nale che mirano a creare una relazione stabile tra il pazienteed i componenti della famiglia in cui questo vive andando asoddisfare le esigenze relazionali e sociali di questa specie.Un soggetto in cui è presente una difficoltà emotiva e psichi-ca, la costruzione di una relazione corretta e stabile porterà aridurre il disagio ed aiuterà il paziente a costruire una “sicu-rezza” emotiva e ad accrescere le abilità cognitive.

Non è possibile quindi scindere i tipi di terapia, ma ènecessario valutare l’intero complesso (animale personaed ambiente) in modo da poter scegliere la terapia più effi-cace e soddisfacente per quel sistema.

Bibliografia

J. Dehasse, Feline urine spraying, Journal of Feline Medicine and Surgery,1997, 52: 365-371.

R. Colangeli, S. Giussani, Patologie del comportamento legate alla modifica-zione del territorio. In R. Colangeli, S. Giussani, Medicina comporta-mentale del cane e del gatto, 2004, Poletto editore, Milano, 311-34.

P.A. Pryor, B.L. Hart, Effects of a selective serotonin reuptake inhibitor onurine spraying behavior in cats, Journal of the American VeterinaryMedical Association, 2001, 219: 1557-1561.

Indirizzo per la corrispondenza:Sabrina GiussaniTel. 3331861226E-mail: [email protected]

Isabella MerolaTel. 3343597003E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

122

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 122

Page 123: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

HYPERCALCEMIA

Clinical signs of hypercalcemia can be difficult to detect.Usually, hypercalcemic animals have no clinical signs otherthan those referable to the underlying disease causing the cal-cium derangement. There are usually no signs due to hyper-calcemia itself. In some cases, however, signs of hypercal-cemia are present, and include polyuria/polydipsia (this is themost common sign), constipation, vomiting, anorexia, neuro-logical signs, muscle wasting, fatigue, and, if calcium con-taining uroliths are present due to longstanding hypercalci-uria, lower urinary tract signs can be present.

Hypercalcemia of MalignancyParathyroid hormone-related peptide (PTHrp) is secreted

by a wide variety of neoplastic cells and has similar actionsto those of PTH on bone but not on the kidney. Hypercal-cemia is much less common in feline lymphoma than in itscanine counterpart. Other causes of hypercalcemia of malig-nancy include any tumor that has osteolytic activity. Suchtumors include multiple myeloma and osteosarcoma. Thesetumors are thought to secrete cytokines that activate osteo-clasts, thereby resorbing bone and elevating serum calciumconcentrations.

Primary HyperparathyroidismPrimary hyperparathyroidism is caused by an autonomously

hyperfunctioning adenoma of the chief cells of the parathyroidgland. Carcinoma of the parathyroid gland is also possible, butit is uncommon and is usually not invasive. While it does occur,primary hyperparathyroidism is uncommon in cats.

The physical examination findings in animals with primaryhyperparathyroidism are usually normal. An enlargedparathyroid gland can be palpated about half of the time incats with the disease. The problem with cervical palpation incats is the difficulty in distinguishing a parathyroid adenomafrom a thyroid nodule. Clinical signs of primary hyper-parathyroidism are usually related to the effects of prolongedhypercalcemia rather than to the PTH-secreting mass itself.

Urinalysis is critical to the work-up of the disease. Calci-um-containing crystals, isosthenuria, hematuria, and/orpyuria can be present. CBC is usually normal, but is neces-sary to rule out other causes of hypercalcemia. The serumchemistry profile, besides hypercalcemia, shows a normal orlow serum phosphorus concentration. Azotemia can be pres-ent because of the deleterious effects of hypercalcemia onthe kidney (renal mineralization).

In hypercalcemia of any cause, treatment of hypercal-cemia is needed if the product of calcium x phosphorusexceeds 75. Fluid therapy is used to cause calciuresis and toincrease glomerular filtration rate. Furosemide can also beused to promote urinary calcium loss. Glucocorticoids canbe useful to promote urinary calcium excretion and to inhib-it absorption of calcium from the gut, but extreme care mustbe taken to ensure that a diagnosis of lymphoma has beenexcluded. The phosphonate drug pamidronate can also beused to decrease bone resorption, so it is a logical choice inthe treatment of hypercalcemia of malignancy.

To treat the primary condition, surgical parathyroidecto-my is indicated. At the time of surgery, all four parathyroidglands must be inspected, although solitary gland involve-ment is by far the most common finding. Recurrence ofhyperparathyroidism is extremely uncommon following sur-gery, and surgery is, therefore, almost always curative.

Post-operative care following a parathyroidectomy is crit-ical because of the very high likelihood of post-operativehypocalcemia (iatrogenic hypoparathyroidism) even whennormal parathyroid glands are left in place during surgery. Inanticipation of this problem, vitamin D should be adminis-tered beginning two days prior to surgery and for a variableperiod afterwards. Vitamin D is commonly available in twoforms (dihydrotachysterol (DHT) and calcitriol). DHT is theprecursor to active vitamin D (1, 25-dihydroxycholecalcifer-ol, or aka vitamin D3), and must be hydroxylated in the kid-ney to become active. The dose is 0.02 to 0.03 mg/kg/daydivided BID, and it can take a week to become effective.Furthermore, it has a long half-life, so should vitamin D tox-icity occur, it takes longer to subside. My preference is touse calcitriol (tradename is Rocaltrol), which is active vita-min D3. It does not require renal activation, has a quickeronset of activity, and the short half-life makes it much easi-er to manage iatrogenic vitamin D toxicity. The dose is 0.03to 0.06 µg/kg/day divided BID. Along with vitamin D, calci-um supplementation must be given. In an acute hypocal-cemic crisis following treatment of hyperparathyroidism, IVcalcium gluconate is given at a dose of 1 ml/kg of 10% solu-tion slowly IV. This calcium preparation must be given slow-ly and the veterinarian should monitor for cardiac arrhyth-mia. Oral calcium supplementation is easier. Several calci-um salts are available for oral administration, but the onewith the most elemental calcium, and the one that is leastexpensive and most readily available is calcium carbonate.Cats are given 1 gm of calcium day. Because calcium car-bonate contains 40% elemental calcium, one 750 tablet con-

Feline calcium disorders

Thomas K. Graves

DVM, MS, PhD, Dipl ACVIM, Illinois, USA

123

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 123

Page 124: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

tains 300 mg of calcium, so a cat would need approximately3 tablets daily for calcium supplementation.

The duration of treatment for iatrogenic hypocalcemia isvariable. Treatment should be withdrawn slowly and ionizedcalcium measurements should be monitored periodically. Iprefer to withdraw treatment gradually at 2-week intervalsbeginning with the vitamin D therapy. BID calcitriol isreduced to once a day treatment, then to every other daytreatment, then to every 4 day treatment. When the vitaminD therapy is at the every-fourth-day schedule, calcium sup-plementation is slowly withdrawn over several weeks. Itmust be noted that every animal is different, and the returnof normal parathyroid gland function is impossible to pre-dict. For this reason, calcium must be monitored frequently,and owners should be made aware of the clinical signs ofhypocalcemia.

Renal FailureThe first elelctrolyte abnormality in renal failure is usual-

ly hyperphosphatemia due to decreased renal blood flow,and calcium concentrations can drop by mass action. Hyper-phosphatemia also stimulates PTH secretion from theparathyroid glands which can increase serum calcium con-centrations. PTH also activates vitamine D and can causebone resorption and increased calcium. Renal hydroxylationof vitamin D, however, is often impaired in renal disease,leading to relative vitamin D deficiency. Vitamin D deficien-cy leads to poor intestinal calcium absorption and furtherlack of PTH inhibition, helping to add to the syndrome ofrenal secondary hyperparathyroidism. This is a complicatedsystem, and the pathogenesis of renal secondary hyper-parathyroidism is incompletely understood. The end result,however, is that calcium is usually normal in dogs and catswith renal failure, and it does not require treatment.

Vitamin D ToxicityMost cases of vitamin D toxicity are iatrogenic, and occur

following parathyroidectomy. In the past, vitamin D-con-taining rodenticides were used and were a more commoncause of hypervitaminosis D, but those products are nolonger marketed. Some pet owners can over-supplementtheir pets with vitamin D preparations intended as dietarysupplements, and there are plants, notably the day bloomingJessamine (Cestrum diurnum) that contain vitamin D andcan be associated with toxicity when ingested. Still, hyper-vitaminosis D is a rare cause of hypercalcemia.

Idiopathic HypercalcemiaIdiopathic hypercalcemia has been described in cats, with

Persians being over-represented. Similar syndromes occur inpeople, and advances in molecular medicine have removed the“idiopathic” label in many cases. Efforts are ongoing to definethe molecular biology of idiopathic hypercalcemia in cats.

HYPOCALCEMIA

Hypocalcemia is less common than hypercalcemia, andis often actually pseudohypocalcemia associated with

hypoalbuminemia. In these cases, ionized calcium concen-trations are normal. Clinical signs of hypocalcemia includetetany, ataxia, facial twitches, seizures, arrhythmia, facialpruritis, PU/PD, anorexia, vomiting, diarrhea, and posteri-or lenticular cataracts. There are several causes of hypocal-cemia worth noting:

Primary HypoparathyroidismNormally, the parathyroid gland responds rapidly to

hypocalcemia by secreting PTH. This results in activation ofvitamin D, increased renal resorption of calcium, and mobi-lization of calcium from bone, thereby normalizing ionizedcalcium in the extracellular fluid. In primary hypoparathy-roidism, the parathyroid glands are destroyed by immune-mediated mechanisms, rendering the response to hypocal-cemia impossible.

Physical examination findings in cats with primaryhypoparathyroidism are usually normal. Historically, seizuresoccur in about 50% of cases. CBC and urinalysis findings areusually normal. Electrocardiography can show wide T waves,as well as prolongation of ST and QT intervals. The disorderis diagnosed by finding of low concentrations of PTH in theserum, and is treated as is iatrogenic hypoparathyroidism (seeabove).

Post-thyroidectomy HypoparathyroidismAs discussed above, hypocalcemia is common following

surgical therapy for parathyroid gland adenoma or carcino-ma. The most common type of iatrogenic hypoparathy-roidism, however, is associated with thyroidectomy for treat-ment of feline hyperthyroidism. This occurs in roughly 10percent of cats undergoing thyroidectomy, but it is largelydependent upon the skill of the surgeon performing the pro-cedure. In my experience, the first clinical sign of post-thy-roidectomy hypocalcemia is anorexia.

Calcium should be monitored closely following any thy-roidectomy, and treatment of hypocalcemia is the same asfor post-parathyroidectomy hypocalcemia. The duration ofcalcium and vitamin D supplementation is difficult to pre-dict. Some cats require post-operative supplementation forup to 6 months, but eventually normal parathyroid glandfunction returns.

Suggested Reading

Savary, K.C., Price, G.S., Vaden, S.L. Hypercalcemia in cats: a retrospectivestudy of 71 cases (1991–1997). J Vet Intern Med 2000;14(2):184-189.

Midkiff, A.M., Chew, D.J., Randolph, J.F., Center, S.A., DiBartola, S.P. Idio-pathic hypercalcemia in cats. J Vet Intern Med 2000;14(6):619-626.

Schenck PA, Chew DJ. Hypercalcemia: a quick reference. Vet Clin NorthAm Small Anim Pract. 2008;38:449-453.

Schenck PA, Chew DJ.Hypocalcemia: a quick reference. Vet Clin North AmSmall Anim Pract. 2008;38:455-458.

Address for correspondence:Department of Veterinary Clinical MedicineCollege of Veterinary MedicineUniversity of Illinois at Urbana-ChampaignUrbana, IL 61802

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

124

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 124

Page 125: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Once considered an insignificant clinical problem, systemichypertension has emerged as a common finding, especially ingeriatric cats. Although many veterinary practitioners have yetto adopt the practice of routinely measuring blood pressure incats, blood pressure measurement is becoming more and morecommonplace. As a result our knowledge of hypertension isexpanding, and questions about diagnosis and management ofhypertension continually arise.

DIAGNOSIS OF HYPERTENSION IN CATS

The diagnosis of hypertension in cats with hyperthyroidismis not always straight-forward. In normal cats, measurementof blood pressure is fairly reliable, whether using oscillometryor Doppler ultrasonography (Jepson et al. 2005). Both corre-late well with intra-arterial measurements (Brown et al, 2007).Measurement of blood pressure requires experience, skill,and patience, and when blood pressure is measured in a rel-atively calm environment, and by a skilled operator, 150mmHg is generally used as a cutoff for normal systolicpressure, and 95 mmHg is considered the upper limit ofnormal for diastolic pressure. Blood pressure classifica-tions have been proposed in an American College of Vet-erinary Internal Medicine consensus statement (Brown etal. 2007), and are presented in Table 1.

False-positive blood pressure measurements are commonin cats. When a high blood pressure reading is encountered,there are several strategies to determine if the finding is dueto a stress-induced temporary rise in blood pressure, or if itis real. Some practitioners simply have the cat returned tothe clinic on another day to re-test. Putting the cat in a quietarea of the hospital for several hours and measuring theblood pressure again is sometimes helpful. When in doubt, it

is important to look for other physical exam findings that areconsistent with true hypertension. Chronically hypertensivecats often have heart murmurs (due to the hypertrophiceffects of hypertension on the heart). Palpably abnormal kid-neys could be found in a cat with hypertension due to renaldisease. Fundic examination is one of the most helpful tests.Chronically hypertensive cats can have areas of retinal hem-orrhage and detachment.

CAUSES OF HYPERTENSION

Renal diseaseChronic renal disease is probably the most common cause

of hypertension in cats, and renal disease can cause hyper-tension prior to the development of overt azotemia. For thatreason, and because chronic hypertension can have deleteri-ous effects on the kidneys, thorough investigation of the kid-neys is necessary in hypertensive cats. Control of blood pres-sure and control of proteinuria is key to the management ofchronic renal insufficiency in cats. (Brown et al. 2007)

Primary HyperaldosteronismPrimary hyperaldosteronism is probably an underdiag-

nosed disease in cats (Schulman 2010). The disease is usu-ally caused by an aldosterone-secreting adenoma of theadrenal gland, but can sometimes be associated with bilat-eral adrenal hyperplasia. The disease typically is associat-ed with hypokalemia, and cats with the disease can becomeprofoundly weak as a result of hypokalemic myopathy.Diagnostic work-up of a cat with suspected hypoaldostero-nism includes measurement of serum electrolytes, ultra-sonography of the adrenal glands, and measurement ofserum aldosterone concentrations or urinary aldos-teron:creatinine ratio. Cats with primary hyperaldostero-

Diagnostic investigation of cats with hypertension

Thomas K. Graves

DVM, MS, PhD, Dipl ACVIM, Illinois, USA

125

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

TABLE 1 - Classification of Blood Pressure based on risk of target-organ damage (TOD), from Brown et al. 2007

SYSTOLIC DIASTOLIC

Category I: Minimal risk of TOD < 150 mmHg < 95 mm Hg

Category II: Mild risk of TOD 150-159 mmHg 95-99 mm Hg

Category III: Moderate risk of TOD 160-179 mmHg 100-119 mm Hg

Category IV: Severe risk of TOD > 180 mmHg >120 mm Hg

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 125

Page 126: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

nism are treated by surgical adrenalectomy, or by medicalmanagement with spironolactone, amlodipine, and potassi-um gluconate supplementation.

HyperthyroidismThe “white coat effect” is difficult to recognize in vet-

erinary medicine, but it may be even more important in catswith hyperthyroidism. The earliest study on hypertensionin cats with hyperthyroidism showed the prevalence ofhypertension to be as high as 87% (Kobayashi et al. 1990).In that study, 34 of 39 cats with hyperthyroidism werehypertensive, but the cutoff values for definition of hyper-tension may have been unrealistically low. It should be not-ed, however, that the study was well-controlled, withhyperthyroid cats being compared to groups of both normalcats and cats with chronic renal failure, so the finding thatcats with hyperthyroidism have significant elevations inblood pressure is difficult to dispute. While a decline inboth systolic and diastolic pressure was documented in catsafter treatment of hyperthyroidism, not all cats were re-evaluated, so strong conclusions could not be made.

Subsequent studies have shown much lower prevalencerates of hypertension in cats with hyperthyroidism (Stepienet al. 2003, Syme and Elliott 2003). Prevalence of hyperten-sion was between 5% and 20%. Stepien et al. showed thatthe “white coat effect” is pronounced in cats with hyperthy-roidism and no decrease in blood pressure was seen aftertreatment of hyperthyroidism. Syme and Elliot, however,showed a marked increase in the prevalence of hypertensionafter treatment of hyperthyroidism. For that reason, it isimportant that blood pressure be monitored carefully for thedevelopment of post-treatment hypertension.

In people with hyperthyroidism, hypertension is rarely aproblem. When it occurs, the hypertension is usually sys-tolic only. Thyroid hormone causes a pronounced decreasein peripheral vascular resistance. Hemodynamic effects ofthyrotoxicosis include increased heart rate and increasedstroke volume. It has been proposed that increased heartrate causes a summation of pressure in peripheral arterieswith the pressure from systole, resulting in overall systolichypertension (Biondi et al. 2002). This phenomenon mayexist also in cats with hyperthyroidism, but the reason forthe increase in diastolic pressure in some hyperthyroid catsis unclear. The answer might be found in the kidney. Chron-ic renal insufficiency is common in cats with hyperthy-roidism (Graves 1997), and hypertension is common in catswith renal insufficiency, evidence of which can be maskedby hyperthyroidism.

It is difficult to tell if hyperthyroidism really does causehypertension in cats. There is an association between thetwo, but a cause and effect has not been established. Ifhyperthyroidism is a significant cause of hypertension, itmay not be as common a cause as some clinicians mightbelieve. In one study, only 5 of 30 cats with hypertensionwere diagnosed with hyperthyroidism (Elliott et al 2001). Ina study of cats with hypertensive retinopathy, only 5 of 69cats were hyperthyroid (Maggio et al. 2000). Conversely,another study found no evidence of ocular changes consis-tent with hypertensive damage in cats with hyperthyroidism(van der Woerdt and Peterson 2000).

Other DisordersLess common causes of hypertension in cats include

pheochromocytoma and hypercortisolism. While hyperten-sion is common in people and in dogs with diabetes melli-tus, it is not a prominent clinical feature of diabetic cats(Sennello et al. 2003).

TREATING HYPERTENSION IN CATS

While the diagnosis of hypertension in cats with hyper-thyroidism may sometimes be difficult, once the diagnosis isestablished, the need for treatment is clear. Persistent hyper-tension damages the kidneys (Brown et al. 2007), and the co-morbid condition of hyperthyroidism and renal failure iswell-documented in cats. Drugs used to treat hypertension incats are presented in Table 2. Drugs used to treat hyperten-sion in cats fall into 3 categories: angiotensin-convertingenzyme (ACE) inhibitors, calcium-channel antagonists, andbeta adrenergic antagonists.

AmlodipineAmlodipine is a calcium channel antagonist, and it prob-

ably the most frequently used anti-hypertensive drug incats. It is considered the drug-of-choice for treatment ofsevere hypertension. The drug acts by inhibiting calciumentry into smooth muscle cells, resulting in arterial musclerelaxation. As evidence of the importance of hypertensionin the progression of renal disease in cats, a large study of141 cats with systolic hypertension showed that treatmentwith amlodipine causes a significant reduction in patholog-ic proteinuria (Jepson et al. 2007). It is interesting to notethat proteinuria is associated with decreased survival timesin hypertensive cats, but a concurrent diagnosis of hyper-thyroidism is not.

ACE InhibitorsThe use of ACE inhibitors in treating hypertension in cats

with hyperthyroidism seems compelling. There is mountingevidence that benazapril has highly beneficial effects on thekidneys (Lefebvre et al. 2007, Mizutani et al. 2006, Watanabeet al. 2007). Like amlodipine, it is associated with decreasedproteinuria, and it has been shown to slow the progression ofglomerulosclerosis in cats with chronic renal disease. Becausehyperthyroidism and renal disease occur together, benazaprilwould seem a wise choice for treatment of hypertension in acat with hyperthyroidism. In general, enalapril and benazaprilare less effective anti-hypertensive agents that amlodipine.Because hypertension in cats with hyperthyroidism might notbe persistent and severe, ACE inhibitors may well afford anadequate anti-hypertensive effect in these cats.

Ramipril is not widely used by veterinarians in the UnitedStates but has been evaluated for use in hypertensive cats.(Coulet et al. 2003, Graff and Herve 2003). This drug ismore potent than other ACE inhibitors, requiring smallerdoses of the drug to achieve an effect. Pharmacokinetic stud-ies show that it can be given once daily. The drug is well-tol-erated. One study of 12 hypertensive cats showed effectivecontrol of blood pressure with ramipril in all cases (Graffand Herve 2003). Another study of 54 cats with cardiomy-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

126

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 126

Page 127: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

opathy showed good control of hypertension when present(Schille and Skrodzki 2002). No adverse side effects werenoted in either normotensive or hypertensive cats with car-diomyopathy in that study, and it is interesting to note thathypertension was effectively controlled in 4 cats of thatstudy that were also diagnosed with hyperthyroidism andtreated with carbimazole

Beta Adrenergic AntagonistsBeta blockers have long been used in cats with hyperthy-

roidism. Propanolol has not been shown to be effective in thecontrol of hypertension in cats (Jensen et al. 1997). Atenolol,is a beta-1 selective adrenergic antagonist recommended fortreatment of tachycardia in cats with hyperthyroidism(Trepanier 2007). If, as in some human patients, cats withhyperthyroidism have systolic hypertension due to tachycar-dia, the use of atenolol would be ideal. A question arises inthe use of atenolol in a hypertensive hyperthyroid cat withunderlying renal disease. ACE inhibitors and beta blockershave been compared in human patients with non-diabeticnephropathies. Some studies have shown ACE inhibitors tobe superior for use in patients with renal failure (Himmll-mann et al. 1996), whereas other studies have shown no dif-ference (van Essen et al. 1997). Because the effects of betablockers on renal function in cats, and especially those withhyperthyroidism and renal disease, have not been reported,atenolol should probably be used with caution in hyperten-sive cats with hyperthyroidism.

References

Biondi B, Palmieri EA, Lombardi G, Fazio S. Effects of thyroid hormoneon cardiac function: the relative importance of heart rate, loadingconditions, and myocardial contractility in the regulation of cardiacperformance in human hyperthyroidism. J Clin Endocrinol Metab.2002;87:968-74.

Brown S, Atkins C, Bagley R, Carr A, Cowgill L, Davidson M, Egner B, ElliottJ, Henik R, Labato M, Littman M, Polzin D, Ross L, Snyder P, StepienR; American College of Veterinary Internal Medicine.Guidelines for theidentification, evaluation, and management of systemic hypertension indogs and cats. J Vet Intern Med. 2007;21:542-58.

Coulet MNG, Sionneau MB, Harnois G, Burgaud S. Effect of feeding onthe pharmacokinetics of ramipril and ramiprilat following a singleoral administration to healthy cats. J Vet Pharmacol Therap 2003;26(suppl1):118-119 (Abstract 49).

Elliott J, Barber PJ, Syme HM, Rawlings JM, Markwell PJ. Feline hyper-tension: clinical findings and response to antihypertensive treatmentin 30 cases. J Small Anim Pract. 2001;42:122-9.

Graff JF, Herve C. Efficacy of ramipril in the treatment of arterial hyper-tension in cats. Proceedings of the 13th ECVIM-CA Congress, 4-6September 2003, Uppsala, Sweden: 165.

Graves TK. Hyperthyroidism and the Feline Kidney. In August JR (ed).Consultations in Feline Internal Medicine 3. W.B. Saunders Co.,Philadelphia 1997, pp.345-348.

Himmelmann A, Hansson L, Hansson BG, Hedstrand H, Skogström K,Ohrvik J, Furängen A.Long-term renal preservation in essentialhypertension. Angiotensin converting enzyme inhibition is superiorto beta-blockade.Am J Hypertens. 1996;9:850-3.

Jensen J, Henik RA, Brownfield M, Armstrong J. Plasma renin activityand angiotensin I and aldosterone concentrations in cats with hyper-tension associated with chronic renal disease. Am J Vet Res. 1997;58:535-40.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

127

TABLE 2 - Drugs used to treat hypertension in cats

DRUG DOSAGE NOTES

Amlodipine 0.625 mg/cat Calcium channel antagonist.Every 24 hours Useful for severe hypertension.

Decreases proteinuria.Well-tolerated

Benazapril 0.5 mg/kg ACE InhibitorEvery 12-24 hours Not as effective as amlodipine

Decreases proteinuriaDelays progression of renal diseaseWell-tolerated

Enalapril 0.5 mg/kg ACE InhibitorEvery 12-24 hours Not as effective as amlodipine

No negative effects on kidneysWell-tolerated

Ramipril 0.125 mg/kg ACE InhibitorEvery 24 hours Effective in controlling hypertension

Hepatic metabolismRenal effects unknownWell-tolerated

Atenolol 3.125-6.25 mg/cat Selective Beta-1 antagonistEvery 12 hours Controls tachycardia

Useful in hyperthyroidism Limited use for hypertension

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 127

Page 128: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Jepson RE, Elliott J, Brodbelt D, Syme HM. Effect of control of systolicblood pressure on survival in cats with systemic hypertension. J VetIntern Med. 2007;21:402-9.

Jepson RE, Hartley V, Mendl M, Caney SM, Gould DJ. A comparison ofCAT Doppler and oscillometric Memoprint machines for non-inva-sive blood pressure measurement in conscious cats. J Feline MedSurg. 2005;7:147-52.

Kobayashi DL, Peterson ME, Graves TK, Lesser M, Nichols CE. Hyper-tension in cats with chronic renal failure or hyperthyroidism. J VetIntern Med. 1990;4:58-62.

Lefebvre HP, Brown SA, Chetboul V, King JN, Pouchelon JL, Toutain PL.Angiotensin-converting enzyme inhibitors in veterinary medicine.Curr Pharm Des. 2007;13:1347-61.

Maggio F, DeFrancesco TC, Atkins CE, Pizzirani S, Gilger BC, DavidsonMG. Ocular lesions associated with systemic hypertension in cats: 69cases (1985-1998). J Am Vet Med Assoc. 2000;217:695-702.

Mizutani H, Koyama H, Watanabe T, Kitagawa H, Nakano M, Kajiwara K,King JN. Evaluation of the clinical efficacy of benazepril in the treat-ment of chronic renal insufficiency in cats. J Vet Intern Med.2006;20:1074-9.

Schille F, Skrodzki M. The efficacy, tolerance and safety of the angiotensinconverting enzyme inhibitor ramipril in cats with cardiomyopathywith or without hypertension. Proceedings of the 27th World SmallAnimal Veterinary Association Congress, Vol II, 3-6 October 2002,Grenada, Spain:166.

Schulman RL. Feline primary hyperaldosteronism. Vet Clin North Amer2010; 40:353-359.

Sennello KA, Schulman RL, Prosek R, Siegel AM. Systolic blood pressure incats with diabetes mellitus. J Am Vet Med Assoc. 2003;223:198-201.

Stepien RL, Rapoport GS, Henik RA, Sartor LL, Wenholz L. Effect of meas-urement method on blood pressure findings in cats before and aftertreatment for hyperthyroidism. J Vet Intern Med 2003;17:754 (abstract).

Syme HM, Elliott J. The prevalence of hypertension in hyperthyroid cats atdiagnosis and following treatment. J Vet Intern Med 2003;17:754-755(abstract).

Trepanier LA. Pharmacologic management of feline hyperthyroidism. VetClin North Am Small Anim Pract. 2007;37:775-88.

van der Woerdt A, Peterson ME. Prevalence of ocular abnormalities in catswith hyperthyroidism. J Vet Intern Med. 2000;14:202-3.

van Essen GG, Apperloo AJ, Rensma PL, Stegeman CA, Sluiter WJ, deZeeuw D, de Jong PE. Are angiotensin converting enzyme inhibitorssuperior to beta blockers in retarding progressive renal functiondecline? Kidney Int Suppl. 1997;63:S58-62.

Watanabe T, Mishina M. Effects of benazepril hydrochloride in cats withexperimentally induced or spontaneously occurring chronic renalfailure. J Vet Med Sci. 2007;69:1015-23.

Address for correspondence:Department of Veterinary Clinical MedicineCollege of Veterinary MedicineUniversity of Illinois at Urbana-ChampaignUrbana, IL 61802

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

128

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 128

Page 129: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

The term “insulin resistance” is used differently in humanand veterinary medicine. In terms of pathophysiology, insulinresistance is defined as peripheral antagonism to insulin. Iftarget tissues cannot respond to insulin secreted by the pan-creatic beta cells, diabetes ensues. Insulin resistance can bedue to degradation of insulin, insulin receptor defects, post-receptor defects, or glucose transport defects. In veterinarymedicine, we use the term insulin resistance to describe per-sistent hyperglycemia in the face of insulin dosages in excessof 2 to 2.5 units/kg. This may or may not reflect true insulinresistance at the cellular level.

It should be noted that “apparent” insulin resistance isprobably the most common form of the condition. Thingsthat mimic insulin resistance include inappropriate handlingand storage of insulin, improper administration of insulin,improper care and feeding, use of the wrong type of insulin,or insulin-induced hyperglycemia.

CAUSES OF INSULIN RESISTANCE

Elevations in hormones other than insulin can causeinsulin resistance. For example, hypoglycemia, stress, andother factors can induce counter-regulatory hormones thatact to raise blood glucose. Glucagon and catecholaminesare examples of these hormones. Anti-insulin antibodiescan render insulin administered to a diabetic patient lesseffective or ineffective. Because cats receive insulin prepa-rations based on the amino acid sequences for insulin ofother species, some might develop antibodies to insulin.

Infection is associated with hyperglucagonemia in humanpatients, leading to insulin resistance. Although this mecha-nism of insulin resistance has not been studied in dogs andcats, it may still be present. For this reason, control infectionmay help decrease insulin resistance. Dental disease isextremely common and cats, and may contribute to insulinresistance in diabetics. Occult urinary tract infections arefairly common in cats with diabetes, so urinalysis and cul-ture should always be part of the work-up for insulin resist-ance. In addition to infection indirectly causing hyper-glycemia, it is thought that hyperglycemia can cause infec-tions in a variety of organ systems. This phenomenon iswell-described but not well understood. It is thought thatdiabetic patients have altered host defenses making themmore prone to infections.

Glucocorticosteroid hormones can cause insulin resist-ance. Glucocorticoids cause increased gluconeogensis in

the liver, and thus raise blood glucose concentrations.These hormones also inhibit glucose transport, increaseglucagons secretion, interfere with insulin receptor bind-ing, and cause abnormalities in insulin secretion from betacells. Exogenous steroid-induced diabetes may be lesscommon in cats than in dogs, but it can occur. Dogs withnaturally-occurring Cushing’s can have diabetes second-ary to their hypercortisolemia, but his problem is evenmore striking in cats. All of the cats with hyperadrenocor-ticism reported in the veterinary literature have beensevere insulin-resistant diabetics.

Hyperthyroidism is associated with glucose intolerancein people. Thyroid hormone excess augments hepatic glu-cose production. My clinical impression is that cats withboth hyperthyroidism and diabetes mellitus have lowerinsulin requirements when their hyperthyroidism is con-trolled. Diagnosis of diabetes mellitus in hyperthyroid cats,however, is sometimes challenging. The stress associatedwith hyperthyroidism often causes hyperglycemia. In somecats, stress-induced hyperglycemia can even result in gly-cosuria. Normally, stress-induced hyperglycemia can bedifferentiated from diabetes by measuring serum frus-tosamine, which reflects persistent hyperglycemia over a 2– 3 week period. In cats with hyperthyroidism, however,protein catabolism is increased and fructosamine concen-trations can be falsely lowered. A normal fructosamineconcentration in a hyperglycemic cat with hyperthy-roidism does not necessarily exclude a diagnosis of dia-betes mellitus.

Growth hormone is an insulin antagonist. Cats withacromegaly are commonly insulin-resistance diabetics.

DIAGNOSTIC WORK-UP OF INSULINRESISTANCE

The first step in evaluation of insulin resistance in a dogor cat is careful review of insulin administration proce-dures. Feeding history, diet, insulin storage, injection tech-niques, and insulin handling must be evaluated to rule out“apparent” insulin resistance. To rule out other disordersunderlying insulin resistance, animals receiving inappro-priately high doses of insulin in the face of poor glycemiccontrol should have a CBC, urinalysis, urine culture, serumchemistry profile, and, in the case of cats, a serum T4determination performed. Because many animals with dia-betes, hyperthyroidism, or hypercortisolism are hyperten-

Insulin resistance in cats

Thomas K. Graves

DVM, MS, PhD, Dipl ACVIM, Illinois, USA

129

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 129

Page 130: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

sive, blood pressure should be measured. Pituitary-adrenalaxis function testing should be performed if there are suf-ficient clinical data to make a diagnosis likely. It should beremembered that false positive ACTH stimulation or dex-amethasone suppression test results are common in ani-mals with diabetes. For this reason, astute clinical skills arerequired to diagnose hypercortisolism in diabetics. Diag-nostic imaging for insulin resistance may include CT orMRI of the pituitary gland. In one recent study (Elliott etal, JAVMA 2000;216:1765-8) 16 of 16 cats with insulinresistance diabetes mellitus had pituitary masses. Disor-ders like acromegaly and hypercortisolism may be morecommon in cats than we think.

Suggested Reading

Elliott DA, Feldman EC, Koblik PD, Samii VF, Nelson RW. Prevalence ofpituitary tumors among diabetic cats with insulin resistance. J Am VetMed Assoc. 2000;216:1765-8.

Graves TK. Hypercortisolism in cats (feline Cushing’s syndrome). In Ettin-ger SJ, Feldman EC (eds), Textbook of Veterinary Internal Medicine,7th edition, Saunders Elsevier, Philadephia pp 1840-1847, 2010.

Lowe AD, Campbell KL, Graves T. Glucocorticoids in the cat. Vet Derma-tol. 2008;1 9(6):340-347.

Lowe AD, Graves TK, Campbell KL, Schaeffer DJ. A pilot study compa-ring the diabetogenic effects of dexamethasone and prednisolone incats. J Am Anim Hosp Assoc. 2009;45:215-224.

Scott-Moncrieff JC. Insulin resistance in cats. Vet Clin North Am SmallAnim Pract 2010; 40:241-257.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

130

Address for correspondence:Department of Veterinary Clinical Medicine, College of Veterinary MedicineUniversity of Illinois at Urbana-Champaign, Urbana, IL 61802

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 130

Page 131: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Obesity is at epidemic proportions in the United Statesand worldwide. Despite major public health initiatives span-ning several decades, human obesity has reached prevalencerates nearing 40% in some states. Obesity in dogs and catshas followed this trend. Obesity is loosely defined as bodyweight 20% above the ideal, or as accumulation of body fatto the extent that it affects the animal’s health.

RISK FACTORS FOR OBESITY

There are several risk factors for obesity in dogs. Theseinclude breed (e.g., Labrador Retriever, Cairn Terrier, Cav-alier King Charles Spaniel, Scottish Terrier, CockerSpaniel); neutering; and several owner behavioral andsocioeconomic factors. Owner factors include over-human-izing pets, owner obesity, time spent observing pet eating,and lower income.1 Interestingly, the type of food a dog isfed is not associated with obesity. A recent study showedthat cats gained 40% of their body weight by being fed free-choice food for 3 months after spaying.2 To maintain pre-spay body weight, food intake had to be reduced by 30%.Similar studies have demonstrated increased obesity inneutered dogs as well. The simple reason for obesity is thatenergy intake exceeds energy expenditure. This can occurwhen a dog has excessive caloric intake (food and treats) orreduced energy expenditure (e.g., reduced activity, illnessor injury resulting in less exercise).

Some medical conditions (endocrinopathies, such ashypercortisolism and hypothyroidism) and drugs (steroidsand anticonvulsants) are associated with obesity. Medicalconditions should be considered carefully in the clinicalapproach to an obese animal. Hypothyroidism is diagnosedcommonly in dogs and is often suspected as a prime dif-ferential in obese dogs. This disease, however, is widelyoverdiagnosed, and owners are often frustrated when theirdogs fail to lose weight despite thyroid hormone supple-mentation. Hypercortisolism (Cushing’s syndrome), on theother hand, may be underdiagnosed. Glucocorticosteroidhormones, endogenous or exogenous, are known to causeincreased body fat in many species, and it is important toconsider this syndrome as a differential in obese dogs.While genetic factors are also probably involved in the pre-disposition of some breeds to obesity (e.g., Labradorretrievers have a higher incidence of obesity than is seen inother breeds of like size), the role of inheritance in canineobesity needs more study.

ENDOCRINOLOGY OF ADIPOSE TISSUEAND OBESITY

Based on the current understanding of fat endocrinology,it is reasonable to consider obesity a true medical disorderrather than simply a lifestyle/willpower issue. Fat is anendocrine organ that secretes a variety of hormones andcytokines.3 These are collectively termed “adipokines.”Leptin and adiponectin are the best characterized fat-derived hormones. Leptin is important in regulation ofenergy balance and satiety. Leptin concentrations in thecirculation increase in obesity, but this is because of leptinresistance, so the beneficial effects of leptin are lost.Adiponectin is a hormone with several functions, but themost important is probably in conferring insulin sensitivi-ty. As body fat increases, adiponectin concentrations drop,contributing to the insulin resistance of obesity. The effectsof adiponectin and leptin have been documented in dogs.4-

6 Other hormones secreted by fat cells include resistin andvistatin, which are involved in insulin resistance, andapelin, which may contribute to hypertension in obesity.These hormones have not been well-studied in dogs andcats. Vistatin affects insulin secretion.

In addition to hormones, inflammatory cytokines aresecreted by adipose tissue. Abnormally increased concentra-tions of adipose-derived tumor necrosis factor-alpha, forexample, provides an illustration of obesity as a systemicinflammatory condition.

Other proinflammatory adipokines are present in obesityas well.

Gut-derived hormones, which are critical for appetite con-trol and glucose homeostasis, are also abnormal during obe-sity.7 In particular, ghrelin, a powerful orexigenic hormonesecreted by the gastrointestinal tract, remains elevatedlonger post-prandially in obese human patients,8 althoughstudies of this effect have not been reported in dogs or cats.As a result of ghrelin dysregulation, obese patients need lessfood but are more hungry, illustrating the vicious cycle ofobesity and loss of appetite control.

In addition to the abnormal endocrine functions of adi-pose tissue itself, other endocrine systems are affected byobesity. Increased serum thyroid hormone concentrations,9

believed to reflect thyroid hormone resistance, have beendocumented in canine obesity, as have increases in circulat-ing concentrations of prolactin,10 insulin, and insulin-likegrowth factor 1.11 Obese dogs secrete more cortisol inresponse to ACTH stimulation than do lean dogs,10 further

The endocrinology of obesity

Thomas K. Graves

DVM, MS, PhD, Dipl ACVIM, Illinois, USA

131

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 131

Page 132: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

illustrating the multisystemic nature of the medical disorderof obesity.

OBESITY-ASSOCIATED DISEASE

Obese human beings generally do not live as long as theirlean counterparts and are much more prone to such diseasesas type 2 diabetes, coronary artery disease, osteoarthritis,hypertension, and some types of cancer. Obese dogs and catsare susceptible to the same detrimental effects, includingdecreased lifespan and development of a variety of disor-ders. This was best illustrated in a study of two groups ofLabrador Retrievers, in which one group had a 25% lifelongreduction in caloric intake compared with the other group. Inthat study, dogs fed less food were leaner and significantlyoutlived the other dogs. In addition, incidence of osteoarthri-tis and hip dysplasia was decreased, and glucose tolerancewas improved in the food-restricted group.

There are numerous other obesity-related diseases in dogsand cats—some are caused by obesity and others are exac-erbated by it. Such disorders include orthopedic diseases,lipid disorders, diabetes, urinary incontinence, and a varietyof respiratory disorders. Even some types of neoplasia havebeen strongly associated with obesity in dogs. Veterinariansare familiar with the dramatic decline in the incidence ofmammary cancer resulting from ovariohysterectomy inbitches, but that protective effect is often lost as a result ofobesity.12 Obesity has also been established as a risk factorfor transitional cell carcinoma in dogs.13

WEIGHT LOSS STRATEGIES

Weight loss can be difficult in veterinary patients. Suc-cessful weight loss requires either decreasing energy intakeor increasing metabolism—usually both are required.Increasing energy expenditure can be hampered by muscu-loskeletal problems associated with obesity, or by the petowner’s lifestyle. Decreasing the amount of food given to anobese dog can also be difficult. Most pet owners find theirpets’ food-seeking behavior hard to resist. Recently, a phar-maceutical approach to canine obesity has been used. Dir-lotapide is a drug that increases release of peptide YY, apowerful centrally acting appetite suppressant, from intes-tinal cells following a meal. When used in dogs, dirlotapidesignificantly decreases appetite and is associated with sig-nificant weight loss.14 When prescribing dirlotapide, it isimportant to have careful case follow-up to ensure compli-ance and to monitor weight loss. Drug dosages are adjustedto maintain a slow, steady rate of weight loss.

References

1. Kealy RD, Lawler DF, Ballam JM, Mantz SL, Biery DN, Greeley EH,Lust G, Segre M, Smith GK, Stowe HD. Effects of diet restriction onlife span and age-related changes in dogs. J Am Vet Med Assoc.2002;220:1315-1320.

2. Kienzle E, Bergler R, Mandernach A.A comparison of the feedingbehavior and the human-animal relationship in owners of normal andobese dogs. J Nutr. 1998 Dec;128(12 Suppl):2779S-2782S. Noabstract available.

3. Belsito KR, Vester BM, Keel T, Graves TK, Swanson KS. Impact ofovariohysterectomy and food intake on body composition, physicalactivity, and adipose gene expression in cats. J Anim Sci.2009;87:594-602

4. Vázquez-Vela ME, Torres N, Tovar AR. White adipose tissue as endo-crine organ and its role in obesity. Arch Med Res. 2008;39:715-728

5. Gayet C, Leray V, Saito M, et al. The effects of obesity-associatedinsulin resistance on mRNA expression of peroxisome proliferator-activated receptor-gamma target genes, in dogs. Br J Nutr.2007;98:497-503.

6. Ishioka K, Omachi A, Sagawa M, et al. Canine adiponectin: cDNAstructure, mRNA expression in adipose tissues and reduced plasmalevels in obesity. Res Vet Sci. 2006;80:127-132.

7. Jeusette IC, Lhoest ET, Istasse LP, et al. Influence of obesity on pla-sma lipid and lipoprotein concentrations in dogs. Am J Vet Res.2005;66:81-86.

8. Wren AM, Bloom SR.Gut hormones and appetite control. Gastroen-terology. 2007;132:2116-2130. Review.

9. Erdmann J, Leibl M, Wagenpfeil S, Lippl F, Schusdziarra V. Ghrelinresponse to protein and carbohydrate meals in relation to food intakeand glycerol levels in obese subjects. Regul Pept. 2006;135:23-29.Epub 2006 Apr 27.

10. Yamka RM, Friesen KG, Frantz NZ. Identification of canine markersrelated to obesity and the effects of weight loss on the markers ofinterest. Intern J Appl Res Vet Med. 2006;4:282-292.

11. Martin LJM, Siliart B, Dumon HJW, et al. Hormonal disturbanceassociated with obesity in dogs. J Anim Physiol Anim Nutr. 2006;90:355-360.

12. Gayet C, Bailhache E, Dumon H, et al. Insulin resistance and chan-ges in plasma concentration of TNF, IGF-1, and NEFA in dogs duringweight gain and obesity. J Anim Physiol Anim Nutr. 2004;88:157-165.

13. Sonnenschein EG, Glickman LT, Goldschmidt MH, McKee LJ. Bodyconformation, diet, and risk of breast cancer in pet dogs: a case-con-trol study. Am J Epidemiol. 1991;133:694-703.

14. Glickman LT, Schofer FS, McKee LJ, Reif JS, Goldschmidt MH.Epidemiologic study of insecticide exposures, obesity, and risk ofbladder cancer in household dogs. J Toxicol Environ Health.1989;28:407-414.

15. Wren JA, Ramudo AA, Campbell SL, et al. Efficacy and safety of dir-lotapide in the management of obese dogs evaluated in two placebo-controlled, masked clinical studies in North America. J Vet Pharma-col Ther. 2007;30[Suppl 1]:81-89.

Address for correspondence:Department of Veterinary Clinical MedicineCollege of Veterinary MedicineUniversity of Illinois at Urbana-ChampaignUrbana, IL 61802

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

132

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 132

Page 133: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ORGANISMS CAUSING BACTERIALPNEUMONIA IN DOGS

Variable bacterial isolates have been reported in cases ofbronchopneumonia in small animals. Most dogs with bacte-rial pneumonia are infected with a single organism, but somemay have multiple isolates. In dogs, the majority (>80%) ofbacteria cultured in pneumonia are gram negative aerobicrods such as E. coli, Pseudomonas spp, Klebsiella spp,Enterobacter spp, Pasteurella spp, and Bordetella bron-chiseptica. A minority of pneumonia cases culture positivefor gram positive aerobic cocci such as Enterococcus spp,Streptococcus spp, and occasionally Staphylococcus spp.The incidence of anaerobic infections in dogs with bron-chopneumonia is unclear, but may be up to 20%.

Except in acute, low-grade infections, representative cul-tures should be obtained from the respiratory tract prior toinitiation of antibiotic therapy. Antimicrobial therapy shouldbe initiated immediately after obtaining the tracheal washfor culture, and can then be fine-tuned once the result isobtained. This author has found that tracheal cultures areusually positive and useful even if the animal has receivedone or two doses of antibiotics.

OBTAINING CULTURES FROM THELUNGS

To confirm the diagnosis of bacterial pneumonia, and tohelp direct therapy, it is important to obtain a sample fromthe lungs for cytology and culture. This can be important tohelp distinguish pneumonia from other causes of radiograph-ic alveolar disease such as hemorrhage or neoplasia. A cyto-logic finding of suppurative inflammation can help confirmthe diagnosis and can suggest chronicity if macrophages arefound in addition to neutrophils. Cultures will subsequentlyconfirm the presence of bacteria, and help to direct antibiot-ic therapy. In order to obtain samples that are free of pha-ryngeal contamination, techniques that by-pass the pharynxmust be used to obtain the sample. Cultures may beobtained by transtracheal or endotracheal tube washes, bybronchoalveolar lavage, or by fine needle aspiration of con-solidated areas of lung.

To perform an endotracheal lavage (ETL, anesthesia isinduced using a short-acting injectable drug. Propofol (1-4mg/kg) is often used, although care must be taken to avoidany periods of apnea and to monitor cardiovascular function

carefully when using this drug. The animal is intubatedusing a sterile endotracheal tube, with the operator wearingsterile gloves and taking great care to avoid contaminationby touching the oral mucosa during intubation. Once the ani-mal has been intubated, then a sterile catheter is placed downthrough the endotracheal tube into the airways. Ideally, thetube should reach far enough to pass the carina, althoughplacement is blind. Catheters commonly used include redrubber urinary or suction catheters. Increments of 5 or 10mls of sterile saline are injected into the airway through thetube, and then aspirated back out. Typically, the yield is only0.5-1 mls per aspirate. Aspiration can be performed usingsuction on the syringe used to inject the saline, or usingmechanical suction devices through a mucus specimen trap.After the wash, the animal should receive several largebreaths with 100% oxygen prior to extubation. Careful mon-itoring should follow extubation, and oxygen supplementa-tion should be provided during anesthesia recovery.

FIRST-LINE ANTIBIOTIC THERAPY FORDOGS WITH PNEUMONIA

The initial antibiotic choice should provide broad-spec-trum coverage for the most likely organisms, bearing inmind the possibility of polymicrobial infection. Cytologicresults may assist in antibiotic choice, by documentingwhether the bacterial organisms are gram positive or gramnegative, rods or cocci. Rational antibiotic choices shouldinitially provide broad spectrum coverage effective againstboth gram negative and positive organisms. Once cultureand sensitivity results are available, a specific and narrowspectrum antibiotic can then be chosen for ongoing care.

The route of antibiotic administration for a pneumoniapatient depends on the severity of illness. If the dog is sys-temically quite healthy, has no evidence of hypoxemia, iseating and drinking well and is active, then oral antimicro-bials are appropriate. Good oral first line choices for a sta-ble, normoxemic pneumonia patient could include

• Amoxicillin or amoxicillin/clavulanate• Fluoroquinolones• Trimethoprim/sulfaOn the other hand, if the dog is anorexic, febrile or hypox-

emic, then it should probably be hospitalized for administra-tion of parenteral antibiotics, ideally intravenously. In a sickpatient, it is not reasonable to rely on drug absorption from aGI tract that may have poor perfusion and low motility. When

Treating canine bacterial pneumonia: more than just antibiotics

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

133

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 133

Page 134: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

a penicillin is combined with an aminoglycoside, a synergis-tic effect provides excellent broad spectrum coverage in seri-ous respiratory infections. Ticarcillin is a semi-syntheticpenicillin, which when used in combination with clavulanate(Timentin®), which can be a good parenteral choice forsevere pneumonia. Other new beta lactam drugs such asimipenem are also becoming available. First generationcephalosporins such as cephalexin, do not have an adequategram negative spectrum for patients with serious pneumoniawhen they are used alone. They should be combined withaminoglycosides for a broader aerobic spectrum. Alternative-ly, second or third generation cephalosporins can be consid-ered. Fluoroquinolones are useful because of their efficacyand excellent distribution to the cells and tissues of the lung.If concern exists about renal function, fluoroquinolones orextended spectrum beta lactam antibiotics should be usedinstead of aminoglycosides. Therefore, parenteral choices fora sick pneumonia patient with hypoxemia could include oneof the following more aggressive combinations (bearing inmind the need for broad spectrum coverage):

• Ampicillin and a fluoroquinolone• Ampicillin and an aminoglycoside• Clindamycin and a third generation cephalosporin• A potentiated penicillin such as ticarcillin/clavulanateThis author recommends that parenteral antibiotic thera-

py, as directed by the results of the culture and sensitivity,should be continued until the animal is no longer hypox-emic and has normal GI tract function. Once oxygenationhas returned to normal and the animal is eating well, thenoral antibiotics can be substituted based on the results ofsensitivity testing, and the animal can be discharged fromthe hospital.

AIRWAY HYGIENE AND CLEARANCE OF SECRETIONS

Clearance of secretions from the airways occurs via themucociliary escalator and cough reflex, and is delayed if thesecretions are extremely viscous and tenacious. In dogs andcats with pneumonia, large amounts of viscous secretionsare produced, and attempts to resolve the infection mustinclude attention to the character of the respiratory secre-tions. Productive coughing must be actively encouraged,and the secretions must be maintained as liquid as possible.More than 90% of the mucus in the respiratory tract iswater, so even a mild degree of dehydration leads to dryingof the secretions. The most important means by which thisis achieved is by parenteral fluid therapy. Unless extremerespiratory distress is present, these patients should not beallowed to become dehydrated, and diuretic use should beavoided.

The tenacity of mucus also depends on the structure of themucopolysaccharides that it contains. N-acetylcysteine canbe administered orally, and acts as a mucolytic by openingdisulfide bonds, thereby decreasing the viscosity of themucus. It can also be administered by nebulization, but it cancause bronchospasm by this route, which is usually mani-fested by coughing. If coughing or dyspnea occurs, thepatient may be pre-treated with bronchodilators prior to neb-

ulization. Orally administered expectorants such as ammoni-um bicarbonate and potassium iodide act by irritating themucosa of the gastrointestinal tract, thereby stimulating avagal gastropulmonary reflex that results in increased secre-tion by the bronchial glands. Phenolic compounds such asguaiacol, and inhaled volatile oils such as Eucalyptus oil,may directly stimulate production of increased amounts ofwatery mucus.

Nebulization is a technique in which tiny sphericaldroplets of water are generated and inhaled by the patient.The droplets then “shower out” at various levels of the res-piratory tract, depending on their size, due to changes indirection of air flow, brownian motion, and gravity. Dropletsgreater than 10 microns reach only the upper airway and tra-chea. In the range of 1-10 microns, the smaller the droplet,the deeper it is able to penetrate into the respiratory tract.Droplets less than 0.5 microns reach the alveoli and areexhaled. Most ultrasonic nebulizers create droplets in the 2-5 micron range.

Once the respiratory tract secretions have been moistenedand increased in volume, clearance of the material dependson normal function of the other respiratory defense mecha-nisms. Atelectasis predisposes to pneumonia because bacte-ria can be trapped and proliferate in collapsed airspaces andcannot effectively be cleared by the mucociliary escalator. Inaddition, animals with prolonged or recurrent atelectasis areoften recumbent, and because they are weak and sometimespainful they may also have a depressed cough reflex, furtherimpairing their ability to clear organisms and material fromtheir airways. In particular, the cough reflex is a vital part ofrecovery from serious pneumonia. The simplest method ofstimulating coughing is simply to stimulate an increasedtidal volume during respiration, usually by mild exercise.Dogs with pneumonia should not be allowed to lie in oneplace for long periods of time. The amount of exercise need-ed to increase the tidal volume and respiration rate is vari-able depending on the severity of disease. In some, simplyturning the animal from one side to the other in lateralrecumbency is enough. The next step may be to stand thepatient for brief periods of time, then to take a few steps,gradually building strength and mobility. Mild to moderateexercise often stimulates productive coughing which shouldbe encouraged by coupage.

Coupage is the action of firmly striking the chest wall ofthe patient with a cupped hand, which helps to stimulate thecough reflex and to “break up” secretions in the airways.Coupage should be performed several times daily, especial-ly in patients that are unable to stand and move around. It isusually well tolerated, except in patients that have experi-enced thoracic trauma or thoracic surgery.

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley KingSchool of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

134

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 134

Page 135: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ETIOLOGY OF PNEUMONIA IN PUPPIES

Puppies are often physiologically stressed by changes inownership and new environments. In addition, poor nutri-tion, overcrowding, poor hygiene, and concurrent diseasessuch as parasitism all predispose them to development ofsymptomatic contagious respiratory tract infections. Theycan be exposed to a variety of infectious organisms, includ-ing viruses such as parainfluenza, adenovirus, canine dis-temper virus and (in the USA) canine influenza virus; andbacteria such as Bordetella, Streptococci, and Mycoplasmasp., which usually cause infectious tracheobronchitis, butcan progress to pneumonia if the load of infectious agents ishigh, or if the puppy is immunosuppressed. In addition toinfectious pneumonia, puppies with gastrointestinal tractdisease caused by parasites or viruses can experience vomit-ing, which can predispose them to aspiration pneumonia.

The youngest, most immunosuppressed puppies, or thoseof breeds such as English bulldogs with congenital abnor-malities including brachycephalic airway syndrome orhypoplastic trachea, have a decreased ability to resolve res-piratory tract infections. In these patients, infectious pneu-monia is a real and life-threatening risk when they areexposed to overwhelming loads of these infectiouspathogens. Puppies with infectious bronchopneumonia (i.e.infections of the lower respiratory tract) can be recognizedbecause they are usually systemically sick, often febrile, andthey may have significant respiratory distress. These puppiesrequire aggressive and careful management. In contrast,puppies that have infections confined to the upper respirato-ry tract (tracheobronchitis and rhinitis) are usually clinicallyhealthy, eating and afebrile. Most of these less severelyaffected puppies will respond favorably to time, good hus-bandry, and antibiotic therapy.

ANTIBIOTIC THERAPY AND CULTURES

Representative cultures should ideally be obtained fromthe respiratory tract prior to initiation of antibiotic therapy.In most puppies, cultures are best obtained by endotracheallavage. Once samples have been obtained for culture, antibi-otic therapy should be instituted immediately. The initialantibiotic should provide broad-spectrum coverage for themost likely organisms, bearing in mind the possibility ofpolymicrobial infection. Cytologic results may assist inchoice of the best antibiotic, by documenting whether the

bacterial organisms are gram positive or gram negative, rodsor cocci. Although Bordetella bronchiseptica is often impli-cated especially when the puppy has a history consistentwith possible exposure (obtained from a pet store or shelter),it is important not to forget that aspiration pneumonia canalso occur in this population. Aspiration pneumonia is usu-ally caused by gram negative enteric aerobes such as E. coli,Klebsiella, or Enterobacter.

As a general rule, oral antibiotics can be used if the pneu-monia puppy is systemically healthy and is not dyspneic.Antibiotics should be administered by parenteral routes (ide-ally intravenously) in puppies that are dyspneic, febrile,debilitated, or depressed. Intravenous antibiotics are the bestway of ensuring that adequate plasma concentrations areachieved, because there is no guarantee of adequate absorp-tion of drugs from the gut in such sick animals.

For puppies with mild upper respiratory disease, we rec-ommend oral azithromycin therapy. Puppies with severepneumonia require much more aggressive therapy, and weusually begin with a combination of ampicillin and anaminoglycoside (once dehydration has been corrected), inaddition to azithromycin which provides optimal coveragefor Bordetella. When ampicillin is combined with an amino-glycoside, a synergistic effect provides excellent broadspectrum coverage in serious respiratory infections. Otheroptions such as enrofloxacin or tetracyclines should ideal-ly be avoided because of their respective adverse effects onjoints and teeth.

Interestingly, the beta lactams such as amoxicillin, ampi-cillin and ticarcillin do not penetrate well into the mucuslining the bronchi, and therefore are often less effective inpuppies with Bordetella pneumonia. Once culture and sen-sitivity results are available, a specific and narrow spec-trum antibiotic can then be chosen for ongoing care.

SUPPORTIVE CARE

Oxygen supplementation should be delivered as requiredto keep the puppy comfortable. Many of the sickest puppiesrequire oxygen supplementation for prolonged periods oftime, sometimes as long as 2-3 weeks. Puppies with severerespiratory distress may not be able to sleep because theyneed to remain sternal with their head and neck stretched outin order to breathe. In these puppies, the provision of a pil-low or teddy bear can help them to find a comfortable posi-tion in which to sleep.

Infectious pneumonia in puppies: Bordetella and beyond

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

135

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 135

Page 136: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Nutritional support must also be considered in these pup-pies, particularly if they are too dyspneic to eat sufficientcalories to support their resting energy expenditure. Ideal-ly, if voluntary food intake is possible, they should eat ahigh calorie diet designed for recovery from illness or ahigh quality puppy food. Careful calorie counting should beperformed to ensure that they are eating enough, and thepuppy should be weighed daily to confirm that growth isoccurring. Alternatively, a feeding tube may be placed,although this can be risky in these small patients who pres-ent significant anesthetic risks. Nasoesophageal feedingtubes are not usually a good choice in these dyspneicpatients. Total parenteral nutrition is another possibleoption when it is available.

RADIOGRAPHIC MONITORING AND FOLLOW-UP

Puppies with pneumonia must be monitored carefully toensure that they are continuing to respond appropriately totherapy. Radiographs of the chest should be obtained peri-odically during hospitalization (about every 4-7 days) toconfirm that the alveolar disease is resolving. Failure toachieve clinical or radiographic improvement should promptreconsideration of antibiotic therapy, repeat tracheal washculture, or repeated attempts to resolve the underlying causeof the pneumonia.

Once the lung function has returned to normal, the radi-ographs are improving, and the puppy is feeling better, eat-ing well, and is active and alert, oral antibiotic therapy canbe instituted and discharge from the hospital can be consid-ered. In most adult dogs, this occurs 3-14 days from hospi-tal admission, but in puppies it can be a very protractedprocess sometimes requiring as long as 3-4 weeks of hospi-talization and oxygen supplementation.

The puppy should be re-examined about one week afterdischarge with chest radiographs to confirm that the pneu-monia is continuing to resolve. In severe cases, severalweeks or even months of therapy are required for completeresolution of radiographic signs of pneumonia. As long asthe animal is doing well clinically, it should be radiographedapproximately every 2 weeks until the radiographs are nor-mal. Oral antibiotic therapy should be continued for a further2 weeks after radiographic resolution of the disease, in orderto assure that the bacterial infection has been completelyeliminated. The total duration of antibiotic therapy may beas long as 3-6 months in severely affected puppies.

PERSISTENT LUNG LOBEABNORMALITIES DESPITE TREATMENT

In animals with pneumonia, review of a series of sequen-tial radiographs should reveal a gradual progression ofimprovement and eventually resolution if all is going well.Occasionally, a patient may have persistent alveolar diseasethat eventually plateaus and fails to improve further despiteongoing appropriate therapy. If the alveolar disease persists,then several possibilities should be considered:

1. Incorrect antibiotic choice: If a culture is not obtained, empir-ic antibiotic therapy may prove to be incorrect. For example,if a dog has pneumonia caused by E. coli, then use of a firstgeneration cephalosporin such as cephalexin (primarilyeffective against gram positive organisms) is likely to be inef-fective.

2. Failure to optimize airway defenses during treatment: If theanimal is dehydrated, weak or recumbent, then it will beunable to remove secretions from its airways and pneumo-nia can persist in spite of appropriate antibiotic therapy.

3. Insufficient duration of therapy/follow-up: If antibiotictherapy is not continued for a long enough duration oftime, then recurrence of disease is possible. This is aneasy trap to fall into, as many of these animals can feelvery well and show minimal signs of disease, despite stillhaving abnormal radiographs.If radiographic evidence of disease persists in one lung

lobe, and each of these three possibilities has been consideredand ruled out, other options must be investigated. It is possi-ble that severe inflammation in one lung lobe has caused somedegree of fibrosis or chronic changes that will never com-pletely resolve and do not represent an active pneumonia. Ifthis is the case the radiographic changes in that lung lobe,while appearing as alveolar disease, are usually wispy andminor. Alternatively, one lung lobe may appear completelyatelectatic, with movement of the mediastinum towards thatside of the thorax because the lung lobe is smaller than nor-mal. If treatment has appeared to be clinically effective andthe animal is doing well, then a decision must eventually bemade about whether to discontinue antimicrobial therapy eventhough the radiographs have not completely returned to nor-mal. If antibiotic treatment is terminated prematurely, there isa risk of recurrence of pneumonia and the animal should bemonitored carefully. In this situation, a bronchoalveolarlavage or repeat tracheal wash after antibiotics have been dis-continued can provide useful information.

Alternatively, if a significant amount of alveolar diseasepersists but is consistently localized to one lung lobe, espe-cially if the animal continues to have clinical signs of respi-ratory disease, then further investigation should be consid-ered. An area of lung necrosis or abscessation may be pres-ent, which can occasionally be associated with aspiration ofa foreign body. It is also possible that the diagnosis of bac-terial pneumonia was incorrect, and other diagnoses such asneoplasia or lung lobe torsion should be considered. Bron-choscopy and bronchoalveolar lavage can provide usefulinformation that may help direct therapy. Ultimately, if thedisease is localized, is severe, and is failing to resolve withappropriate therapy, then surgical exploration and resectionof the offending lung lobe may be required in order to com-pletely resolve the problem.

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley King - School of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

136

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 136

Page 137: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Coughing is a non-specific response to inflammation orstretch of the airways following a variety of insults, includ-ing viral, bacterial or other infections, allergic or hyper-sensitivity responses, foreign material, external compres-sion, accumulation of edema fluid, structural abnormali-ties, or neoplasia. When the airways become inflamed, theclinical manifestations include erythema and hyperemia,mucosal edema, increased mucus production with prolifer-ation of goblet and Clara cells, and infiltration of inflam-matory cells. Normally, the mucociliary escalator, the alve-olar macrophages, and the bronchus associated lymphoidtissue are the most important protective mechanisms of thelower airways. The cough reflex comes into play whenthese responses have been overwhelmed by an increasedvolume of edema, exudate or mucus, or by the presence offoreign material. The cough reflex may also be triggered byrepeated local trauma or stretch, such as might occur indogs with structural abnormalities such as collapsing tra-chea or compression of the left mainstem bronchus as aresult of left atrial enlargement.

The cough reflex is triggered locally in the airways, andcontrolled by cough centers in the brainstem. A coughbegins as a maximal inspiration, followed by initial forcedexhalation against a closed glottis. Sudden opening of theglottis results in rapid expulsion of air under considerablepressure, which assists in removal of debris, foreign mate-rial, and mucus from the respiratory tract. This is furtherassisted by simultaneous contraction of the bronchialsmooth muscle, which narrows the airways, furtherincreasing the force with which material is expelled.Coughing may be defined as productive or non-produc-tive. A productive cough occurs when material is expecto-rated from the trachea into the pharynx. In dogs and catsthis material is usually swallowed, but it can occasionallybe expectorated to the exterior. Clinically, a productivecough sounds moist and low-pitched, and the animal oftenswallows immediately afterwards. In contrast, non-pro-ductive coughing is usually harsh, high-pitched or evenhonking. Expectoration of mucus may occur occasionally,but is usually not a feature.

Dogs with heart disease may cough because of the pres-ence of pulmonary edema fluid within the pulmonary air-spaces if they are in congestive heart failure. Alternatively,they may not be in congestive heart failure, but may coughbecause an enlarged left atrium is pressing upwards againstthe left mainstem bronchus, directly compressing and irritat-ing the airway.

DISTINGUISHING CARDIAC FROMPULMONARY DISEASE IN COUGHINGANIMALS

In dogs, coughing may be caused by either cardiac or air-way disease. In cats, cardiac disease and congestive heartfailure rarely cause coughing. Therefore, coughing in cats ismuch more likely to be caused by feline asthma/bronchialdisease. The signalment can provide useful information:coughing in older dogs can be caused by congestive heartfailure or by inflammation in chronic bronchitis or collaps-ing trachea. Younger patients may be more likely to sufferfrom infectious or parasitic infestations, especially if theyare in a high-stress environment. Breed predispositions existfor certain disorders such as collapsing trachea in YorkshireTerriers and Miniature Poodles. A previous history of vom-iting or regurgitation can indicate the presence of chronicaspiration pneumonia or systemic neoplasia. Chronic bron-chitis may be a sequela of infectious tracheobronchitis ornecrotizing tracheitis due to smoke inhalation. Recent travelto areas endemic for lungworms, heartworms or fungalinfections may be of diagnostic significance.

Observation of the patient at rest can provide vital infor-mation. Most patients with mild to moderate chronic bron-chitis, collapsing trachea, or airway compression/obstructionare normal at rest between paroxysms of coughing. In con-trast, patients with severe airway disease or congestive heartfailure often have increased respiratory rate and effort at rest.They may have a considerable abdominal component to theirrespiration, with nasal flare and postural adaptation. Themost severely affected patients have paradoxical respirationand signs of respiratory muscle fatigue.

The whole airway, particularly the cervical trachea,should be carefully palpated. Attention should be paid to thepresence of any kind of compressive mass lesion in the neckor thoracic inlet. The trachea itself should be palpated andcompressed to induce coughing. In normal dogs and cats, thetrachea is cylindrical and the dorsal membrane can only bepalpated with difficulty. Dogs with collapsing trachea mayhave obvious softening of the tracheal cartilage and airwaydeformity (rings become C-shaped). A brief, dry cough canbe induced in most normal dogs and cats when the trachea iscompressed. In contrast, paroxysms of coughing and wheez-ing may be precipitated in patients with pre-existing inflam-mation caused by tracheal collapse, chronic bronchitis orfeline asthma. Induction of a moist or productive coughshould prompt suspicions of bronchiectasis, bronchopneu-

Medical management of the coughing dog: heart failure versus lung disease?

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

137

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 137

Page 138: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

monia, or other serious lung disease. The jugular veinsshould be evaluated for excessive distention or jugular puls-es, which can indicate right-sided heart disease.

Auscultation is a vital part of the evaluation of any patientwith a cough. The first important question, particularly in dogs,is whether or not there is evidence of heart disease. The heartmust be carefully ausculted to detect any evidence of a murmuror arrhythmia. Coughing can be an early sign of left-sided con-gestive heart failure in dogs with mitral regurgitation or dilat-ed cardiomyopathy. It is important to recognize that the merepresence of a murmur is not enough to prompt a diagnosis ofcongestive heart failure. Many patients that are actually suffer-ing from chronic bronchitis or collapsing trachea also havesome degree of mild mitral endocardiosis, but are not actuallyin heart failure. Therapy for heart disease in such patients willnot result in resolution of the cough, which instead should betreated with anti-tussives and bronchodilators. Some patientswith mitral regurgitation may have significant enlargement ofthe left atrium due to regurgitant flow. In this instance, com-pression of the left mainstem bronchus may result in coughingthat is unrelated to heart failure.

Next, all lung fields and the cervical trachea should be care-fully ausculted for the presence of abnormal sounds. The mostcommon finding is increased upper airway sounds, particular-ly in patients with chronic bronchitis, collapsing trachea, or air-way obstruction. In patients with tracheal obstruction, thesounds are loudest when the bell of the stethoscope is placedover the cervical trachea. Wheezes (musical sounds producedby movement of air through narrowed airways) are often aus-culted in cats with feline asthma. Dull areas may indicate thepresence of collapsed or consolidated lung lobes, masses, orpleural effusion. Soft crackles are a serious finding, suggestingthe presence of fluid such as cardiogenic edema or pneumonia.Dogs with chronic end-stage bronchial or lung disease mayalso have generalized coarse crackles which are probablycaused by early closure and opening of small bronchi.

A complete physical examination, paying particular atten-tion to abdominal palpation, should be performed. Abdominaldistention attributable to hepatomegaly can contribute tocoughing due to craniad pressure on the diaphragm by abdom-inal contents. A fluid wave may indicate ascites and right-sidedheart failure.

Diagnostic testingEvery patient that has been coughing for more than 2

months, deserves at least a basic workup to determine the bestcourse of management, and to attempt to prevent progressionof the disease. Many of these disorders, whether they are car-diac or respiratory in origin, are slowly progressive and mostdo not resolve spontaneously. Early treatment is often the mostimportant tool to delay progression and minimize morbidity.Many of these animals require life-long therapy, and most havegradually progressive disease. In particular, management ofdisorders such as collapsing trachea, chronic bronchitis, andcongestive heart failure can be extremely frustrating for bothowner and veterinarian. Before committing to life-long thera-py for these chronic illnesses it is vital that a correct diagnosisis made, and that reversible or curable disorders are ruled out.

A basic clinical workup should include a complete bloodcount, chemistry panel, urinalysis, and heartworm testing. The

intent is to determine the presence of organic or systemic diseasethat may be contributing to chronic cough. For example, patientswith fungal pneumonia may have eosinophilia or increasedwhite blood cell count, and those with neoplasia or hypera-drenocorticism may have increased liver enzymes. If therapywith drugs such as corticosteroids, angiotensin-convertingenzyme inhibitors, or digoxin is to be considered, then knowl-edge of liver and kidney function, and electrolyte status, is vital.

Thoracic and possibly also cervical radiographs are vital inevaluation of patients with chronic coughing. If the patient hasa heart murmur, the radiographs should be carefully screenedto rule out any evidence of pulmonary venous distention oralveolar disease caused by pulmonary edema. If there is evi-dence of pulmonary edema or pulmonary venous distention,then congestive heart failure is likely to be contributing to thecoughing in a dog. The cardiac silhouette should be checkedfor enlargement, which could be global or only of one cham-ber, usually the left atrium. If the left atrium is enlarged andpressing dorsally against the left mainstem bronchus, this canbe a cause of coughing that relates to the heart disease, but isnot congestive heart failure.

Dogs with chronic bronchitis or collapsing trachea usuallyhave normal radiographs or a peribronchial pattern. Some-times a collapsing trachea can be demonstrated by radi-ographs obtained during inspiration and during exhalation, orby using flexed and extended neck views. Caution should beexerted in interpretation of these views, however. Patients withchronic tracheal collapse or bronchitis usually do not haveevidence of pulmonary alveolar disease. If there are any signsof alveolar disease, other disorders such as bronchopneumo-nia, neoplasia, or congestive heart failure should be consid-ered. Bronchiectasis can be evident as a cylindrical dilation ofbronchi as they extend to the periphery of the lung lobes,rather than their usual tapering. Masses may be evident inlung lobes or compressing the airways. Radio-opaque foreignbodies may be seen. Lastly, intraluminal masses, abscesses,parasitic nodules or foreign bodies may be outlined by thenegative contrast of air in the major airways.

Fluoroscopy is a very useful additional modality to confirma diagnosis of collapsing trachea or mainstem bronchus. Bron-choscopy is a very useful tool for evaluation of the chronicallycoughing dog. Dynamic collapse of the airways can be easilyseen, and bronchoscopy is the “gold standard” for diagnosis ofcollapsing trachea. Foreign bodies may be visualized and evenremoved. The airways can be evaluated for the presence ofinflammation and exudate, and samples can be obtained direct-ly from affected areas. Bronchoalveolar lavage is a useful tech-nique which can provide diagnostic information in the pres-ence of fungal or neoplastic lung disease. Bronchoscopy canonly be carried out under general anesthesia, which limits itsuse to the stable patient. Left-sided congestive heart failuremay require evaluation with echocardiography and electro-cardiography. Some dogs or cats with chronic coughing mayhave mass lesions in the lung, which may require surgicalexploration and resection. Some of these patients may alsobenefit from additional imaging modalities such as comput-ed tomography or magnetic resonance of the thorax.

References available from the author on request

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

138

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 138

Page 139: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Pleural space disease is a frequent cause of respiratorydistress in cats, and less common in dogs. Clinical signsinclude:

• Increased respiratory rate and effort, “restrictive” breathingpattern

• Dyspnea• Cough may occur• Dull or diminished lung sounds on auscultation• Fever may occur• Weight loss and lethargy

Clinical examination of any animal with respiratory diffi-culty should include auscultation of the thorax, Sometimes itis difficult to hear air movement in all or part of the lungfields. If lung sounds cannot be heard in one localized areaof the chest, this suggests absence of air movement throughone particular lung lobe, such as might occur with a consol-idated lung lobe, neoplastic masses, or lung lobe torsion. Ifthe sounds are dull all over the chest, one might considerpleural disease such as pleural effusion, pneumothorax, ordiaphragmatic hernia. In some cases, a fluid line may be aus-culted above which air movement can be easily heard, butbelow which the sounds are dull. Heart disease is anextremely important cause of dyspnea and pleural effusionin cats, therefore the heart should be carefully ausculted ineach case. Although some cats with congestive heart failurehave normal cardiac auscultation, most will have evidence ofa murmur or an arrhythmia. Discovery of an abnormal soundon cardiac auscultation elevates heart failure on the list ofdifferentials and provides the clinician with an importanttherapeutic direction.

DIFFERENTIAL DIAGNOSES FORPLEURAL SPACE DISEASE

Fluid (Pleural effusion)• pyothorax• non-bacterial exudates eg FIP• chylothorax• hemothorax• transudates (pure and modified) eg right heart failure• neoplastic effusions• lung lobe torsion

Air (Pneumothorax)• traumatic pneumothorax• spontaneous pneumothorax

Soft tissue lesions• diaphragmatic hernia• pleural neoplasia or mass• lung lobe torsion

THORACOCENTESIS

Thoracocentesis should be performed in any animal thathas evidence of pleural effusion on clinical examination oron a thoracic radiograph, and in any animal with a clinicallysignificant pneumothorax that is affecting respiratory func-tion. Thoracocentesis is a readily available and practicaltechnique that is often of immense diagnostic as well aspotentially life-saving therapeutic value, and in most casesno other technique or therapy can be substituted for its use.Since all fluids within the pleural cavity appear the samesoft-tissue density radiographically, it is vital to obtain sam-ples in order to reach a diagnosis. Large amounts of pleuralfluid or air are likely to significantly impair respiration, sotheir removal can often be a life-saving procedure. In thecase of an animal with pyothorax, drainage of even moder-ate amounts of purulent fluid may also be life-saving byminimizing the risk of sepsis. In an emergency when an ani-mal presents in respiratory distress, obtaining radiographsmay be time-consuming and stressful. In this instance, diag-nostic and therapeutic thoracocentesis may be performedimmediately to rule out a pneumothorax or pleural effusion,since this procedure is easy and may be life-saving. This isof particular importance if auscultation of the chest revealsdull or absent lung or heart sounds.

Sedation is not usually required in dogs, but some catsmay require short-acting or reversible sedatives in order tocarry out thoracocentesis. The dog or cat is restrained by oneor two assistants in a sternal position if possible. It can bemore difficult to perform a successful thoracocentesis if theanimal is in lateral recumbency, since fluid will tend to draindownwards towards the dependent side. The usual site forthoracocentesis is the 7th or 8th intercostal space, which canbe located by counting backwards from the 13th rib. If fluidis present in the pleural space, the needle is inserted lowdown, near the costrochondral junction, to maximize thechance of obtaining a sample. If a pneumothorax is thoughtto be present, the needle should be inserted more dorsally inthe intercostal space. The clinician should attempt to insertthe needle cranial to the rib, since the intercostal blood ves-sels run caudal to the rib.

Pleural space disease: an update

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

139

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 139

Page 140: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Once the site has been located, it should be clipped andscrubbed. The needle and extension tubing are attached tothe 3-way stopcock and the syringe. The needle is theninserted perpendicular to the skin and advanced slowlythrough the intercostal muscles. Once the needle is in theintercostal muscles, an assistant can begin to create somenegative pressure using the syringe. As soon as the needlepasses through the pleura into the intercostal space, fluidwill be seen within the tubing, and the needle should then bekept stationary as fluid is aspirated into the syringe. If apneumothorax is present, when the needle penetrates theintercostal muscles the assistant will find the syringe fillingwith air. The needle should be kept stationary as long as flu-id or air continue to be obtained. If a scraping or bumpingsensation of the needle is felt, the needle should be with-drawn slightly. Eventually negative pressure will be reachedand the needle can be removed. The same procedure maythen be repeated on the other side of the chest.

In some patients, especially if fluid is loculated within thepleural cavity by fibrin tags and fibrous adhesions, it can bedifficult to clear all of the fluid by aspirating from one site.These animals can be very frustrating to treat since multiplesites must then be used, either selected at random or usingthoracic radiographs for guidance. In these cases, ultrasono-graphic guidance can be very helpful, by helping to locatefluid pockets within the chest.

Thoracocentesis is not a particularly stressful or painfulprocedure, but some animals in respiratory distress (espe-cially cats) may object to the restraint that is required. Ifexcessive struggling occurs in the dyspneic animal, this canbe life-threatening. Sedation or anesthesia may be vital inthis situation in order to allow thoracocentesis. If the clini-cian elects to use chemical restraint, respiration must beobserved carefully, and ideally the animal should be intubat-ed and ventilated with oxygen if it is anesthetized.

The incidence of complications with thoracocentesis isgenerally low, and primarily relates to damage by the nee-

dle within the thoracic cavity. Lacerations of lungs leadingto pneumothorax, or coronary vessels leading to hemor-rhage, may occur. This can be minimized by careful controlof the needle tip, and by reducing struggling by the animal.Coagulopathies are a relative contraindication of thoraco-centesis - but sometimes the procedure cannot be avoided,especially in the case of life-threatening pleural hemor-rhage. Occasionally air may escape into the pleural cavitythrough the needle, but this usually leads to only minorpneumothorax.

EMERGENCY MANAGEMENT OFANIMALS WITH PLEURAL SPACEDISEASE

Provide oxygen supplementationRest the patient and avoid stressObtain vascular access if it does not induce too muchstressPerform thoracocentesis, analyze fluidThoracic radiographs if possible after thoracocentesisFluid analysis:

• Cell counts• Cytology• Aerobic and anaerobic culture• Biochemical analysis if indicated (triglycerides)

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley KingSchool of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

140

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 140

Page 141: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

BRONCHIAL INFLAMMATION

Bronchial inflammation occurs in numerous species,and is mediated by neutrophils, monocytes/macrophages,eosinophils, mast cells and lymphocytes, IgE, histamine,PAF, leukotrienes, prostaglandins, interleukins and TNF. Inthe bronchi, inflammation causes mucosal edema and hyper-emia, infiltration of inflammatory cells, and proliferation ofgoblet cells with increased mucus production, all of whichlead to narrowing of the bronchial lumen. In addition, bron-choconstriction may occur to varying degrees.

Chronic inflammation and narrowing of the small bronchican lead to a number of serious changes in the lung. Thelesions in the small bronchi primarily affect expiration.Since the negative pressure exerted by the lung parenchymaon the small bronchi during inspiration tends to “stent” theairways open, inhalation can occur normally. When exhala-tion occurs, however, the small bronchi tend to collapsebecause they are narrowed and weakened by inflammation.Early closure of small bronchi during exhalation results inair trapping in the lung and an expiratory respiratory diffi-culty. Clinically, lung over-distention with air may be recog-nised by the presence of over-inflated lungs and a flatteneddiaphragm on thoracic radiographs (especially in cats). Asthe lungs become overdistended, emphysema (breakdown ofalveolar septal walls) can develop at the periphery of thelungs, leading to decreased alveolar surface area for gasexchange. Persistent mucous plugs in narrowed airways maylead to the development of absorbtive atelectasis (manifest-ed as an alveolar pattern) as the lung collapses distal to theobstructive airway. The right middle lung lobe is particular-ly susceptible to collapse in asthmatic cats.

CANINE CHRONIC BRONCHITIS

Chronic bronchitis represents one of the most commondiagnoses in dogs with chronic coughing. Inflammation of thesmall bronchi sometimes has an initial inciting cause, such asBordetella infection as a puppy or exposure to lungworms ortoxic inhaled substances. Hypersensitivity may be suspectedin some cases. More often, however, the inflammation is idio-pathic and there is no known etiology. Bronchial inflamma-tion is usually neutrophilic, but the presence of eosinophilsmay prompt concerns about hypersensitivity or parasites.Aside from Bordetella, primary bacterial infection is usuallynot a significant feature of chronic bronchitis.

Chronic bronchial inflammation (Chronic ObstructivePulmonary Disease, COPD) is associated with thickening ofthe bronchial walls due to infiltrates of inflammatory cells(neutrophils, eosinophils, macrophages), hyperemia withincreased vascularity, edema, and proliferation of gobletcells with increased mucus production. In addition tobecoming thickened, the lumen of the small bronchi may benarrowed by cartilage weakness and collapse. Early closureof the small bronchi therefore occurs during exhalation. Pha-sic collapse of the mainstem bronchi can also occur duringcoughing and during breathing, which can cause clinical“overlap” between a diagnosis of chronic bronchitis and col-lapsing trachea. Dogs with collapse of the mainstem bronchiusually have a non-productive honking cough similar to thatof collapsing trachea patients.

Bronchiectasis is abnormal dilation of the bronchi, whichis most commonly cylindrical but occasionally saccular.Most cases of bronchiectasis occur as a sequela of chronicinflammation in dogs with chronic bronchitis, (although it isan uncommon sequela of chronic airway inflammation). Inrare cases, bronchiectasis can be congenital as a componentof ciliary dyskinesia. In either case, the distortion of thebronchial wall results in defective mucus clearance from thelungs, which prompts repeated bacterial infections and apredisposition to pneumonia. Dogs with bronchiectasis usu-ally have productive coughing.

Physical examination findings in dogs with chronic bron-chitis are often unremarkable. Typically, the history involvesa stable or progressive history of coughing over a prolongedperiod of time (eg months). The cough is usually harsh andnon-productive, and may be precipitated by exercise orexcitement. A productive cough should prompt concerns ofmore complex disease such as bronchiectasis, neoplasia, orpneumonia. Dogs with mild bronchial disease usually havea normal respiratory pattern and do not have exercise intol-erance. Those with severe bronchial disease often have nor-mal inspiration, but show an “expiratory” abdominal push,as they attempt to overcome early collapse of the smallbronchi during exhalation, and they may also have exerciseintolerance. Auscultation of the lungs may reveal harsh/increased bronchovesicular sounds in mildly affected ani-mals. Dogs with severe bronchial disease may have harshcrackles on auscultation as the small airways snap open andclosed during breathing.

From a clinical perspective, the diagnosis of chronic bron-chitis is often one of exclusion. It is important to perform abasic initial workup to rule out important differentials such

Understanding eosinophilic/inflammatory airway disease in dogs and cats

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

141

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 141

Page 142: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

as neoplasia, pneumonia and parasites. Fecal Baerman test-ing for lungworms, and blood testing for heartworms, shouldbe considered. Thoracic radiographs in dogs with uncompli-cated chronic bronchitis should show minimal evidence ofalveolar disease. The predominant radiographic finding isusually a pattern of peri-bronchial infiltrates known as“donuts and tramlines”. Radiography must be interpretedwith caution however, because some dogs with chronicbronchitis have normal radiographs, and some peribronchialinfiltrates are completely normal in geriatric dogs.

Following radiography, the next diagnostic steps becomemore invasive. The definitive diagnosis is obtained by tra-cheobronchoscopy, which reveals thickened airway mucosa,partially collapsed airways, and/or increased mucus accu-mulation. Samples can be obtained for cytology and culture.In absence of endoscopy, a tracheal wash can be performedto obtained blind samples from the airways. Bacterial cul-tures are often negative, but may grow gram negative organ-isms such as Bordetella or Pseudomonas. Bordetella shouldbe treated as it is a primary pathogen of the airways. Othergram negative enteric rods may be colonizing the inflamedairway rather than causing a primary problem. In that case,antibiotic therapy may result in partial or transient improve-ment, but typically does not resolve the problem. Cytologicfindings usually confirm inflammation and/or excessivemucus, or the presence of lungworm larvae, but are oftennon-specific.

FELINE BRONCHIAL DISEASE “ASTHMA”

Feline asthma arises from a heterogeneous and poorlycharacterized group of inflammatory conditions of thebronchi. Like dogs, cats with bronchial disease have inflam-mation characterized by edema, hyperemia, infiltrates ofinflammatory cells, and increased mucus production. Inaddition, the hallmark of “asthma” in the cat is the presenceof excessive but reversible bronchospasm (sudden constric-tion of the smooth muscle of the small bronchi), which istriggered by the underlying inflammatory process. Inflam-mation in the airway may be brief and transient, or may be achronic ongoing process. Cats with asthma, like people,seem to have hyper-responsiveness of the airway smoothmuscle, and a given stimulus or degree of inflammationleads to a greater degree of bronchospasm in asthmatic catsthan it does in normal cats. Clinical signs include coughingand dyspnea, caused by inflammation and bronchospasm.

Acute and/or chronic inflammation of bronchi occurs innumerous species: canine chronic bronchitis, equine ‘heaves”,feline asthma/bronchitis and human asthma/bronchitis. Inter-estingly, smooth muscle hyper-reactivity to inflammationdoes not occur in all species. It is well documented in cats,horses, and humans, but does not appear to occur in dogs.

The reasons for this lack of bronchospasm in the smoothmuscle of canine airways are not well understood. One the-ory involves differences in the innervation of the airwaysmooth muscle between species. In all species, the airwaysare innervated by parasympathetic cholinergic pathwayswhich mediate bronchoconstriction, and by sympatheticadrenergic pathways which mediate bronchodilation. Mostspecies also have miscellaneous pathways includingtachykinin-containing nerves, rapidly and slowly adaptingreceptors, and unmyelinated C fibers. In addition, cats, hors-es and people (but not dogs) have a non-adrenergic vagalinhibitory pathway (NANC) which causes bronchodilation,for which vasoactive intestinal peptide (VIP) and nitricoxide appear to be the mediators. NANC appears to be aremnant of a primitive inhibitory nervous system, which ispresent in both the GI and the respiratory tracts. In humans,absence of GI NANC leads to loss of inhibition and spasmof GI smooth muscle (Hirschsprung’s disease). It is possiblethat a defect in the NANC system in the feline respiratorytract could result in the hyper-reactive airways we see infeline asthma. Since NANC does not appear to exist in thecanine respiratory tract, this could explain the absence of aparallel disease in the dog.

Classical acute feline asthma is often an eosinophilicinflammatory disorder. These cats have marked acute bron-choconstriction and inflammation that may be triggered byspecific allergens. They can present with acute and severedyspnea. In these cases, once the acute phase has passedand bronchospasm resolves, the animal can return to per-fectly normal function, and thoracic radiographs takenafter resolution of the crisis will be normal. Clinical signsin these cats are primarily caused by bronchospasm, withan additional contribution from the inflammation. Othercats have more chronic inflammation of the bronchi withinfiltrates of inflammatory cells (including neutrophils,eosinophils, or macrophages) that surround the bronchi. Inthese cats, a chronic cough is often recognised because theinflammation is ongoing. Intermittent reversible exacerba-tions of disease may occur, but the underlying inflammato-ry disease seems to persist between each exacerbation.Thus, thoracic radiographs obtained between incidences ofrespiratory distress may show varying amounts of peri-bronchial inflammation.

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley KingSchool of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

142

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 142

Page 143: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Dogs and cats presenting with signs consistent of chronicbronchitis and asthma require some diagnostic testing toconfirm the diagnosis, rule out other disorders, and directtherapy. If a cat presents in a respiratory crisis caused bybronchospasm, diagnostic testing to confirm the diagnosisshould be postponed till after the cat has been stabilized.

Physical examinationOn auscultation, wheezes may be heard indicating nar-

rowing of small airways, sometimes crackles are auscultedrepresenting the sound of small airways snapping open andclosing.

Blood testsMost of these patients deserve a basic clinical workup

including a complete blood count, chemistry panel, urinaly-sis, and heartworm testing. The intent is to determine thepresence of organic or systemic disease that may be con-tributing to chronic cough. Testing for Feline LeukemiaVirus and Feline Immunodeficiency Virus may be indicated.

RadiographsThoracic radiographs are vital in evaluation of small ani-

mals with bronchial disease. Typically, radiographs are nor-mal or have a peribronchial pattern. The lungs may behyperinflated, evidenced by a flattened diaphragm and anincreased distance between the caudal border of the heartand the diaphragm. Although atelectasis can occur becauseof occlusion of small airways in cats with asthma, the find-ing of alveolar disease should prompt consideration of oth-er disorders such as bronchopneumonia, neoplasia, or con-gestive heart failure. Bronchiectasis can be evident as acylindrical dilation of bronchi as they extend to the periph-ery of the lung lobes, rather than their usual tapering. Mass-es may be evident in lung lobes or compressing the airways.Radio-opaque foreign bodies may be seen. Lastly, intralu-minal masses, abscesses, parasitic nodules or foreign bodiesmay be outlined by the negative contrast of air in the majorairways.

Fecal flotation for parasites In areas where lungworms are endemic, a Baermann

preparation should be performed to detect the presence oflungworm larvae in the stool. It must be remembered thatlungworm larvae may not be present in the stool, as theirnumbers may be low or they may be intermittently shed.

Usually fecal samples are evaluated three days in a row, andif there is a strong suspicion of the presence of lungworms,anthelminthic therapy may be initiated even if the results arenegative.

Cultures and respiratory cytologyWhen a bronchoscope is not available, diagnostic samples

may be obtained by endotracheal washing. Because of theinherent risks associated with anesthesia and increased tra-cheal and bronchial inflammation, this technique should beused cautiously in cats with feline asthma. When available,bacterial and fungal cultures from the airway may be diag-nostic if bronchopneumonia or bronchiectasis is present, butshould not be over-interpreted in the presence of chronicbronchitis. Although positive bacterial cultures are obtainedin some patients with chronic airway disease, the bacteriamay be colonizing the inflamed airway rather than primarypathogenic agents.

Cytologic samples may show evidence of toxoplasmatachyzoites, fungal yeast forms, or lungworm larvae, andthey occasionally reveal neoplastic cells. The type of inflam-matory cell can also provide useful information, for examplethe presence of a predominant population of eosinophils intracheal wash fluid.

Other Congestive heart failure is a common cause of chronic

coughing in dogs, but is unlikely to cause coughing in cats.However, congestive heart failure is a common cause of dys-pnea in cats, and is therefore an important differential forfeline asthma. Heart disease may require evaluation withechocardiography and electrocardiography.

EMERGENCY STABILIZATION

Cats that present with severe dyspnea associated withbronchospasm require aggressive but careful management.They should be immediately placed in an oxygen cage, andmanipulated as little as possible to minimize stress, max-imise oxygen delivery, and minimize oxygen consumption.Observation of the cat while it is resting in oxygen allowsdetermination of the respiratory pattern. Classically, catswith asthma have expiratory dyspnea with increased abdom-inal effort on exhalation. Clinically, however, almost anyrespiratory pattern may be recognised.

Treating feline asthma and canine chronic bronchitis

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

143

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 143

Page 144: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DRUG THERAPY

There are three main therapeutic aims. First, bronchodila-tion must be achieved. Secondly, the inflammation that is theunderlying cause of the bronchoconstriction must beaddressed. Finally, cough suppressants may be required, par-ticularly in dogs with chronic bronchitis. It is important thatdrugs not be given orally to the dyspneic patient.

The goal of therapy is to manage clinical signs and mini-mize the rate of progression of the disease. The client shouldbe educated that these are longterm diseases that will need tobe managed for the life of the pet. Typically, a trial and errorapproach is necessary to discover the best combination ofdrug therapies for each individual patient.

BronchodilatorsBronchodilators are indicated for management of dogs

with chronic bronchitis and bornchiectasis, and for cats withfeline asthma. Two classes of bronchodilators are widelyused: methylxanthine derivatives and beta 2 agonists.Methylxanthine derivatives such as aminophylline (4-5.5mg/kg PO TID) and theophylline (dog 9 mg/kg PO BID-QID; cat 4 mg/kg PO BID-TID, extended release 20 mg/kgq24-48 hrs) are well absorbed from the gastrointestinal tract.These are phosphodiesterase inhibitors that cause bron-chodilation by decreasing the intracellular breakdown ofcAMP. Recent studies suggest that they may also act at thelevel of the diaphragm to increase its contractility and to ren-der it less susceptible to fatigue. Thus, these agents may alsoprove useful in cases of chronic respiratory tract disease forreasons other than bronchodilation. The beta 2 agonists suchas terbutaline sulfate (1.25-5 mg PO BID-TID) and albuterol(50 mg/kg PO BID-TID) activate adenylate cyclase andtherefore they also induce bronchodilation by increasingintracellular cAMP. For many patients, the beta 2 agonistsprovide a more effective degree of bronchodilation thanphosphodiesterase inhibitors.

For cats presenting in an asthmatic crisis, we have foundthat the ß2 agonists, particularly terbutaline (0.01 mg/kg IVor IM) are particularly helpful in management. Other bron-chodilators such as aminophylline can be used intravenous-ly, but are often less effective and must be diluted in largevolumes for parenteral administration. In cats with agonalrespiration that fail to respond to terbutaline, epinephrine(0.5-0.75 ml of a 1:10,000 solution can be given IM or SQ)can be used in an aggressive attempt to achieve bronchodi-lation by its ß effects.

Before administration of a bronchodilator, the cat shouldbe carefully evaluated to confirm that there is no evidence ofheart disease. Parenteral administration of a beta agonist toa cat with hypertrophic cardiomyopathy could result inworsening of dyspnea and tachycardia, with progression ofcongestive heart failure. If a murmur or gallop rhythm isdetected on physical examination, then this category ofdrugs should be avoided, and instead corticosteroids becomethe most important therapeutic modality.

Bronchodilators are an important part of long term thera-py, especially if corticosteroids are contraindicated or if thedisease is not responding to steroids alone. Recognizing thatinflammation is the underlying cause of bronchospasm, it is

recommended that cats should not receive bronchodilatorsalone (without corticosteroids) for asthma therapy.

CorticosteroidsCorticosteroids play an important role in therapy, but con-

sidering their negative side-effects, their use should beundertaken with caution. Anti-inflammatory doses of pred-nisone can be beneficial for treatment of bronchial inflam-mation in both dogs and cats. This dose can be effective indecreasing the inflammatory response, leading to reductionof secretions, and decreases in mucosal edema, airway thick-ening and bronchospasm. This results in clinical improve-ment in many patients, with decreased coughing and betterexercise tolerance. Corticosteroids may be less effective indogs with bronchiectasis because of the risk of secondaryinfections in these patients.

At the beginning of treatment, most clinicians begin witha fairly high dose (Prednisone 1-2 mg/kg PO BID), and rap-idly taper to a low maintenance dose. Dogs and cats shouldbe maintained on the minimum dose that controls their clin-ical signs of disease, ie minimizes clinical evidence ofcoughing. Some animals can gradually be completelyweaned from steroids, with resumption of therapy whentheir disease recurs, while others require life-long therapy tocontrol clinical signs. If the owner has difficulty administer-ing pills, inhaled steroids or repository steroid administra-tion can be considered.

For cats with dyspnea caused by feline asthma, anti-inflammatory to immunosuppressive doses of short-actingcorticosteroids should also be administered to counteract theunderlying inflammation that is resulting in bronchocon-striction. Dexamethasone sodium phosphate (0.2-1 mg/kgIV or IM) is our drug of choice because of its low cost andeasy availability. By addressing the underlying inflammato-ry process, corticosteroids decrease edema, minimise mucusproduction, and minimise the subsequent bronchospasm.Steroids are well tolerated by most cats, and do not causemany of the unwelcome side-effects that are recognised indogs and people. Although corticosteroids have been impli-cated as an acute cause of increased intravascular volumewhich can precipitate progression to congestive heart failure,a single dose of steroids does not seem to cause clinicalproblems in the dyspneic cat, and if there is concern then alow dose of furosemide can be administered concurrently.The dose of corticosteroids is variable, depending on thecondition and requirements of the individual cat.

Anti-tussivesAnti-tussive agents are one of the cornerstones of therapy

of chronically coughing dogs. They are especially importantwhen the cough is non-productive, and are often of consider-able benefit when longterm coughing is interfering with thepatient’s ability to exercise and even to sleep. In such cases,the continued airway irritation caused by coughing can lead tomore coughing, and thus can perpetuate a vicious cycle,which can be temporarily broken by anti-tussive agents.

The primary drugs effective as anti-tussives are centrallyacting opiate derivatives, which act on the cough center ofthe brain to depress its response to cough stimuli.Hydrocodone bitartrate (1.25-5 mg PO up to QID) is effec-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

144

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 144

Page 145: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

tive and widely used. It is a DEA Schedule CIII drug. Itsmain side effect is mild sedation, which can, however, proveto be helpful in some patients. Other prescription drugs, suchas butorphanol tartrate (0.05-0.1 mg/kg PO, BID-QID) arealso effective, with less central nervous system depression.Non-prescription drugs such as dextromethorphan (1-2mg/kg PO, TID-QID) are available in various human propri-etary cough mixtures, and play a useful role in symptomatictreatment of chronic cough.

Aerosolization of drugs Bronchodilators (albuterol) and corticosteroids (fluticas-

one) are both available as inhalers which can be adminis-tered on a long-term basis at home to chronically coughingdogs and cats. The advantages of inhaled therapy are theadministration of drugs locally to the respiratory tract, withminimal systemic absorption and therefore minimal toxici-ty. Possible disadvantages include insufficient distributionto the most diseased areas of the lung, and increased costand labor intensity to the client. Administration involves theuse of a face-mask and a spacer into which the drugs areaerosolized.

Drugs may not effectively be distributed to all parts of thelower respiratory tract if the patient is dyspneic, and themask may not be tolerated by animals that are having diffi-culty breathing in the midst of a respiratory crisis. Thus, inan emergency aerosol administration should not be usedinstead of parenteral drug therapy, but rather as an adjunct inaddition to parenteral drugs.

If there is concern about possible cardiomyopathy in cats,inhaled albuterol may be a good option for bronchodilationthat avoids systemic drug levels. Similarly, aerosolization offluticasone may represent a good option if corticosteroidsare contraindicated, eg in a diabetic cat.

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley KingSchool of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

145

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 145

Page 146: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Patients with varying degrees of partial airway obstructionusually have a fairly typical presentation. The hallmark clin-ical sign of upper airway obstruction is the presence of anaudible noise during breathing. Forced movement of airthrough narrowed airways results in generation of loudsounds that can easily be heard without a stethoscope. Ani-mals with laryngeal disease often make a rasping noise thatis worse during inspiration, which is termed stridor. In con-trast, animals with nasal, pharyngeal or soft palate diseasetend to make of a snoring noise that can occur during eitherinspiration or exhalation, which is termed stertor. Animalswith laryngeal disease often have a history of a change insound quality of their bark.

The pattern of respiration can also provide some usefulinformation about the location of the respiratory disease.Animals with dynamic upper airway obstruction (for exam-ple laryngeal paralysis) tend to have prolonged inspiratoryefforts as they try to move air into the lungs through the nar-rowed part of the airway. The respiratory rate may not begreatly increased above normal, but there is increased respi-ratory effort, sometimes associated with rhythmical openingof the mouth towards the end of each inspiration. In theseanimals, the expiratory phase of respiration is often com-pletely normal as the pressure changes in the airway tend to“blow open” the larynx during exhalation. In contrast, ani-mals with fixed upper airway obstructions, for examplebrachycephalic dogs or those with airway masses, tend tohave trouble during both inhalation and exhalation.

The condition of animals with upper airway obstructionis often considerably worsened by stress or exercise. Evenslight increases in oxygen demand can result in seriousproblems for some of these patients. Increased respiratorydrive stimulates an increase in respiratory effort, whichresults in generation of greater negative pressure within theairway. Negative pressure within the airway tends to exac-erbate collapse of the upper airway at the site of the obstruc-tion, much as would happen if attempts are made to suck ona straw that is blocked at the end. The more the animal triesto inhale against the obstruction, the worse the airwayobstruction becomes. A vicious cycle of progressive obstruc-tion and dyspnea therefore ensues, that can spiral out of con-trol within minutes.

Dyspnea can also be profoundly worsened by the pres-ence of hyperthermia. Increased activity of the respiratorymuscles, combined with stress associated with high ambienttemperatures and excitement, often results in significant ele-vation of the body temperature of these patients. Normal

thermoregulation in the dog involves evaporative cooling aswater evaporates from the surface of the tongue during pant-ing. In animals with upper airway obstruction, there may beminimal to no movement of air over the surface of thetongue, considerably restricting their ability to thermoregu-late. The higher the body temperature becomes, the morethey attempt to pant, resulting in generation of even greaterswings in airway pressure, and further worsening of the air-way obstruction. Extreme hyperthermia can have seriousconsequences including disseminated intravascular coagula-tion and shock.

Animals with upper airway obstruction are prone to thedevelopment of secondary pulmonary complications thatcan also exacerbate respiratory distress. The most commoncomplication is aspiration pneumonia, particularly if thelaryngeal function is abnormal and the airway is thereforeunprotected. Regurgitation and vomiting are common con-sequences in these patients as a result of aerophagia, furtherexacerbating the risk of aspiration. The other common pul-monary complication is the development of non-cardio-genic pulmonary edema due to profound negative pressurewithin the thorax and poorly understood changes in vascu-lar permeability.

Thus, animals with partial airway obstructions frequentlypresent with a chronic history suggesting that airway diseasehas been present for a prolonged period of time. The acutepresentation is often associated with a sudden and rapiddecompensation to respiratory distress that is often triggeredby stress, exercise, excitement, hyperthermia, or the devel-opment of pulmonary complications.

INITIAL STABILIZATION

Upper airway obstruction can represent a crisis that mustbe managed aggressively but very carefully. The first priori-ty is to provide immediate oxygen supplementation, usingmethods that will be tolerated by the patient. Dyspneic ani-mals may not accept placement of a mask over the muzzle,and typically are not calm and stable enough for nasal can-nula placement. Alternate methods that are usually reason-ably well tolerated include “flow-by” oxygenation, oxygenhoods and oxygen cages. Care must be taken that the chosenmethod of oxygen supplementation does not result in a fur-ther increase in body temperature. Its also important to rec-ognize that increasing the percent of inspired oxygen doesnot actually change the volume of air being moved past the

Upper airway obstruction: emergency stabilization

Lesley G. King

MVB, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Pennsylvania, USA

146

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 146

Page 147: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

obstruction per minute, therefore the carbon dioxide levelsin the blood do not go down. Thus, although oxygenationmay improve, the sensation of dyspnea in the patient is usu-ally unchanged.

One of the next highest priorities is to obtain secure vas-cular access, if possible, without causing too much addition-al stress to the patient. As soon as possible, a short cathetershould be placed in a peripheral vein such as the cephalic orsaphenous. Obtaining vascular access allows intravenousdrug administration and provides a route for crisis manage-ment should the patient decompensate or even suffer a respi-ratory arrest. This is of particular importance if stressful diag-nostic testing such as radiography is being attempted. Place-ment of the catheter also is an opportunity to obtain a smallblood sample from the hub of the catheter to run an emer-gency database consisting minimally of a PCV, TS, bloodglucose and azostix. If available, venous blood gases andelectrolyte determination can also provide valuable informa-tion at the same time.

Rectal temperature should be measured as soon as pos-sible, and hyperthermia treated aggressively to minimizethe additional respiratory drive generated by attempts topant. The occurrence of heat-induced complications isdirectly related to the degree of temperature elevation andthe duration of hyperthermia. Cooling methods can includesoaking the patient with cool water, placement of icepacks, administration of cool intravenous fluids, alcohol onthe pads of the feet, and placement of fans blowing cool airon the patient. The rectal temperature should be re-meas-ured every 15 minutes, as the temperature can drop veryquickly using these methods. Cooling should be discontin-ued once the temperature reaches 103ºF, as the temperatureoften continues to drop a few degrees, and hypothermiashould be avoided.

Since stress and excitement also exacerbate respiratorydistress, sedatives play an important role in management ofthese patients. Calming the animal decreases the respiratorydrive and therefore partially relieves the obstruction of theairway. If possible, the animal should be placed in a quietenvironment and handling kept to a minimum. Sedativedrugs must be administered cautiously, however, because ofthe risk of complications in these unstable animals. Highdoses of sedatives can result in decreased blood pressure ifhypovolemia is present. Similarly, excessive decreases inrespiratory drive can sometimes precipitate respiratoryarrest. Narcotics can sometimes cause panting which shouldbe avoided if possible. If any sedative is to be administered,preparations should be made to deal with a respiratory orcardiac arrest, should it occur. The most effective and firstline sedative in this population is usually acepromazine,administered in much lower doses than usual (start with 0.01mg/kg IV, repeat if needed every 10 minutes up to a totaldose of 0.05 mg/kg IV). Acepromazine, even if given intra-venously, has a slow onset of action and will require at least

10 minutes to reach its full effect. If acepromazine alonedoes not provide enough sedation, the addition of diazepam(0.25-0.5 mg/kg IV) and/or butorphanol (0.2-0.5 mg/kg IV)will often have an excellent calming effect in these patients.If sedation does not result in an improvement in the patient’scondition within 20-30 minutes, general anesthesia may berequired (see below).

Efforts should be made to decrease inflammation withinthe upper airway, pharynx and larynx. Short-acting intra-venous corticosteroids therefore have an important role inmanagement of these patients. A single anti-inflammatorydose of corticosteroids rarely has serious negative effects,but caution should be exercised if aspiration pneumonia orother serious infections might be present. The author oftenadministers a single dose of dexamethasone sodium phos-phate (0.1 mg/kg IV) at presentation. Other short-actingsteroids at equipotent doses may also be used.

Intravenous fluid therapy is important in animals withsigns of hypovolemia. Considerable fluid losses can occur inthese patients associated with hypersalivation, vomiting orregurgitation, and overheating. In addition, vasodilation as aresult of hyperthermia can result in relative hypovolemia.Hypovolemic and/or distributive shock are common. Theaggressiveness of fluid therapy depends on the severity ofcardiovascular distress and also the presence of lung com-plications. If there is no lung disease, the patient can betreated with shock doses of intravenous fluids. If aspirationpneumonia or non-cardiogenic pulmonary edema are pres-ent, then fluid therapy should be considerably restricted andcatecholamines such as dopamine should be used to supportcardiovascular function.

Finally, in patients that are collapsed or heavily sedated,good patient positioning can significantly improve their abil-ity to move air past an obstruction. Placement in sternalrecumbency allows maximal ability to move both sides of thechest wall and optimizes ventilation:perfusion matching. Lat-eral and dorsal recumbency should be avoided if possible.Stretching out the head and neck decreases airway resistancein the trachea by avoiding kinking. Propping the mouth openfurther decreases airway resistance, as does pulling thetongue forward out of the mouth to decrease pharyngealobstruction by the base of the tongue. This type of patientpositioning can be used during the initial stabilization of thepatient, and also during recovery from anesthesia.

References available from the author on request

Address for correspondence:Lesley KingSchool of Veterinary MedicineUniversity of Pennsylvania, Philadelphia, PA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

147

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 147

Page 148: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La scarsa conoscenza nei confronti degli strumenti delnostro lavoro è una carenza purtroppo comune non solo tragli anestesisti veterinari ma anche tra i colleghi medici ane-stesisti.

Le moderne macchine per l’anestesia hanno raggiunto unlivello di precisione ed efficienza fino a qualche anno faimpensabile: macchine per l’anestesia dotate di procedure diautocontrollo e autotest gestiti da software sempre più sofi-sticati in grado di verificare, ad ogni accensione, il correttofunzionamento di ogni componente del sistema, di flussime-tri di precisione gestiti elettronicamente, sistemi di eroga-zione degli anestetici inalatori sempre più precisi anche conflussi di gas freschi minimi e di ventilatori in grado di offri-re le più avanzate modalità ventilatorie, sono troppo spessomale o perlomeno sotto utilizzate, nella maggior parte deicasi l’anestesista si limita ad agire con abbondanza di flussidi gas freschi sull’erogazione fornita (regolata con finequanto inutile precisione dai moderni flussimetri, elettronicio meno) in alcuni casi sulla ghiera del vaporizzatore, in mol-ti altri sulla regolazione delle pompe infusionali per la som-ministrazione del farmaco ipnotico.

Non tutti conoscono le importanti differenze funzionalitra un circuito a non rirespirazione ed un circuito rotatoriocon calce sodata e soprattutto, le enormi potenzialità in ter-mini di efficienza che quest’ultimo è in grado di offrire nel-la gestione delle tecniche di anestesia a bassi flussi.

Cosa si intende per “anestesia a basso flusso”?: Sevogliamo tenere conto non solo del volume dei flussi freschierogati ma anche dell’efficienza del sistema respiratorio uti-lizzato e dell’uptake totale del paziente, dobbiamo fare rife-rimento alla quota di rirespirato piuttosto che ai FGF

Possiamo quindi indicare una tecnica di anestesia a bassoflusso come una tecnica di anestesia inalatoria dove il FGF vie-ne ridotto in maniera tale da portare la percentuale di “rebrea-thing” pari almeno al 50% del volume dei gas espiratori.

Solitamente vengono distinte tre tecniche di anestesia abasso flusso:a) Anestesia a basso flussob) Anestesia a flusso minimoc) Anestesia in circuito chiuso

Nell’anestesia a basso e minimo flusso:La percentuale di rirespirazione è maggiore del 50%

Nell’anestesia a circuito chiuso:a) Il volume espirato viene rirespirato completamente nella

successiva inspirazione (previa eliminazione della CO2)

b) Il FGF è uguale al volume totale di gas consumato dalpaziente più le eventuali perdite del circuito

c) La percentuale di rirespirazione è pari al 100%.In ossequio alla legge sulla costante di tempo, rapidi aumen-

ti della concentrazione di anestetico nel circuito respiratorio,richiedono aumenti opportuni del flusso di gas freschi.

Ognuna di queste tecniche è comunque caratterizzata dauna prima fase breve, di induzione, dove vengono utilizza-ti alti FGF per saturare il circuito ed eliminare quasi com-pletamente l’azoto, alla quale poi segue la fase di manteni-mento, in cui viene effettivamente impiegata una delle diffe-renti tecniche a bassi flussi

Le tecniche di anestesia inalatorie contemplano storica-mente l’utilizzo del protossido d’azoto nella composizionedel FGF, allo stato attuale, con il continuo perfezionarsi del-le tecniche di anestesia bilanciata, gli effetti di potenzia-mento sull’ipnosi ed analgesia offerti da questo gas posso-no vantaggiosamente essere sostituiti da altri farmaci som-ministrati in infusione continua quali ad esempio oppioidied α2-agonisti ed aumentando adeguatamente la concentra-zione di alogenato.

I vantaggi in termini di sicurezza per il paziente e gli ope-ratori derivanti dalla eliminazione del protossido d’azotosono indiscutibili, senza contare il non trascurabile rispar-mio economico.

ANESTESIA A BASSI FLUSSI

In questa tecnica di anestesia il FGF durante la fase dimantenimento è pari a 1 L/min; a fronte di una fase inizialedella durata di circa 10 min. dove viene utilizzato un FGF dicirca 4 L/min (miscela di aria e ossigeno) – dopo 10 min. ilFGF viene ridotto a 1 L/min. (miscela aria ossigeno) e tale,salvo diverse esigenze, viene mantenuto.

La tecnica di anestesia a bassi flussi, avendo a disposizioneun monitoraggio multi-gas completo, è alla portata di tutti,anche non disponendo di macchine per l’anestesia all’avan-guardia e particolarmente sofisticate, è ovviamente importan-te che il sistema sia affidabile, il più possibile privo di perditee soggetto a manutenzione accurata.

Ritengo comunque indispensabile anche in questa tecnicadi anestesia a bassi flussi considerata di facile esecuzione,l’utilizzo di un monitoraggio completo dei gas, di una scato-la flusso metrica di precisione e di un vaporizzatore ben cali-brato ed in grado di erogare correttamente anche a flussiinferiori ai 500 ml.

Cara vecchia anestesia per inalazione... forse né cosìvecchia né così cara. L’utilizzo dell’anestesia a bassi flussi in medicina veterinaria

Adriano Lachin

Med Vet, Venezia

148

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 148

Page 149: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Per quanto riguarda la composizione in percentuale dellamiscela aria/ossigeno un importante parametro di riferimen-to è costituito dal monitoraggio dell’ossigeno inspirato la cuipercentuale non deve scendere al di sotto del 30%, con unapercentuale auspicabile compresa tra il 35-45%.

ANESTESIA A FLUSSO MINIMO

In questa tecnica di anestesia il FGF durante la fase di man-tenimento è ridotto a 0,5 L/min.

Secondo Virtue che la introdusse nel 1974, si procede conuna prima fase caratterizzata dalla somministrazione di altiFGF (1,5 L/min O2 e 3,5 L/min N2O) della durata di 15-20minuti, alla quale segue una seconda e duratura fase dove ilFGF viene ridotto a 0,5 L/min. (0,3 L/min O2 e 0,2 L/min N2O).

Eliminando il protossido d’azoto e sostituendolo con aria,la prima fase può durare solo 10 minuti.

Questa tecnica permette, rispetto a quella a bassi flussi, unmigliore utilizzo dei sistemi a non-rirespirazione, ottenendoil migliore compromesso tra la semplicità e la facilità di ese-cuzione della tecnica a bassi FGF e i vantaggi estremi offer-ti dalla complessa ed avanzata tecnica a circuito chiuso.

ANESTESIA A CIRCUITO CHIUSO

L’anestesia a circuito chiuso rappresenta una estremizza-zione delle tecniche di anestesia a bassi flussi, dove, una vol-ta terminata la fase iniziale ad alto flusso, l’erogazione diaria viene interrotta mente l’ossigeno viene erogato in quan-tità esattamente uguale a quella consumata dal paziente, lavalvola di scarico dei gas in eccesso resta chiusa e l’interovolume espirato viene nuovamente immesso nel circuito pre-via assorbimento della CO2.

Il consumo di ossigeno corrisponde circa a quello basaleed è quasi costante e si può calcolare in maniera approssima-tiva con la formula di Brody, mentre il consumo di protos-sido d’azoto, qual’ora lo si volesse utilizzare, può essere cal-colato con la formula di Severinghaus, ma è soprattutto ilconsumo di anestetico a rappresentare la maggiori incognitee variabili, anche se può essere calcolato anch’esso in manie-ra approssimativa dalla formula di Lowe; si tratta comunquesempre di un approccio “non quantitativo” all’anestesia a cir-cuito chiuso, l’anestesia a circuito chiuso “quantitativa” puòessere praticata solo se la somministrazione di gas anesteticiviene regolata elettronicamente con un sistema di controllo afeed-back, dove la composizione di gas freschi ed il suo volu-me, corrispondono esattamente all’uptake del paziente.

Vi sono macchine per l’anestesia a completa gestione elet-tronica appositamente dedicate all’anestesia in circuito chiu-so di tipo quantitativo, mentre per cercare di gestire un ane-stesia a circuito chiuso non quantitativa occorre utilizzaresistemi che garantiscano almeno i seguenti requisiti:a) Alto grado di impermeabilità sia del sistema respiratorio

che del ventilatore

b) Flussimetri di alta precisione nel range di regolazione aibassissimi flussi

c) Ventilatore che lavori correttamente indipendentementedal FGF erogato

d) Possibilità di poter utilizzare anestetici inalatori come ilSevofluorano o ancor meglio Desfluorano

Le considerazioni da fare sarebbero ancora numerose e difondamentale importanza per una corretta comprensione diquesta particolare tecnica di anestesia inalatoria; l’anestesiaa circuito chiuso resta comunque una tecnica di anestesiaavanzata, che richiede sistemi per l’anestesia avanzati e unmonitoraggio inderogabilmente completo di tutte le funzio-ni respiratorie, una approfondita conoscenza da parte dell’o-peratore delle leggi che regolano la farmacocinetica e la far-macodinamica dei gas anestetici oltre che una maturataesperienza delle tecniche di anestesia a bassi e minimi flus-si, esperienza che deve essere a mio avviso considerata pro-pedeutica all’utilizzo del circuito chiuso.

Vantaggi delle tecniche di anestesia a bassi flussia) Riduzione dei costi per risparmio dei gas anesteticib) Minore inquinamento ambientalec) Migliore climatizzazione delle vie aereed) Maggiore attenzione nei confronti del pazientee) Acquisizione di una maggiore preparazione nei confron-

ti dell’anestesia inalatoriaf) Miglioramento della qualità della macchina per l’anestesiag) Acquisizione di un sistema di monitoraggio strumentale

completoh) L’elevata costante di tempo rappresenta un eccellente fat-

tore di sicurezza nei confronti di errori di impostazioneaccidentali del vaporizzatore

Requisiti tecnici per una conduzione sicuradell’anestesia a FGF ridottiUna macchina per l’anestesia moderna ed affidabile ingrado di garantire:a) Flussimetri calibrati, capaci di erogare con precisione

flussi di gas molto bassib) Vaporizzatori compensati in funzione del FGF erogato

e della temperatura ed in grado di compensare l’effetto“pompa”

c) Circuiti respiratori privi di perdite (<100 mxmin-1 a unapressione di 20 mbar)

d) Presenza di un pallone di riserva per compensare even-tuali perdite di volume nel corso dell’anestesia

e) Ventilatori in grado di lavorare correttamente a FGFridotti e di eseguire la compensazione dei flussi, il calco-lo della compliance ed il test delle perdite in manieraaffidabile

Un monitoraggio completo del paziente:a) Monitoraggio continuo della pressione di picco e del

volume espiratob) Monitoraggio completo dei gas respirati (Fi / Fe di CO2,

gas anestetici, ossigeno)

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

149

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 149

Page 150: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Nel 1954, la sintesi del’alotano fu una importante scoper-ta e il suo successivo utilizzo clinico ha sicuramente rivolu-zionato l’anestesia generale inalatoria, in seguito, tra gli anni60 e 70, vennero sintetizzati numerosi composti alogenati etra questi l’isofluorano, che presentava e presenta tuttora del-le ulteriori caratteristiche migliorative rispetto all’alotano.

Ultimamente nuovi anestetici sono stati messi a disposi-zione dell’anestesista, quali il sevofluorano e più recente-mente il desfluorano.

Il sevofluorano è caratterizzato da una solubilità sangue-tessuti molto bassa che gli conferisce delle ottime capacità diindurre rapidamente sia l’ipnosi che il risveglio, nonché lapossibilità di passare rapidamente da un piano anestesiologi-co ad una altro anche lavorando a bassi flussi di gas freschi.

Questa caratteristica l’ha reso il primo anestetico volatilerealmente idoneo per le tecniche di anestesia a bassi flussi.

La bassa solubilità unitamente ad un odore non irritante enon sgradevole, lo rende particolarmente idoneo per l’indu-zione in maschera in quelle specie ove questa opzione possaessere praticabile.

Il Sevofluorano reagisce con la calce sodata con forma-zione del composto A (potenzialmente nefrotossico e neuro-tossico).

Purtroppo il costo decisamente più elevato rispetto all’i-sofluorano, lo rende ancora poco diffuso nella pratica ane-stesiologica veterinaria.

Nel desfluorano, grazie ad una solubilità ancora più bas-sa rispetto al sevofluorano, la velocità con cui è possibileapprofondire od alleggerire il piano anestesiologico, anchecontinuando a lavorare a flussi minimi, è ancora maggiore:

il basso coefficiente di ripartizione sangue/gas del desflura-ne determina che una bassa quota di farmaco si solubilizzanel sangue; ciò induce una più rapida salita o discesa nellaconcentrazione alveolare di questo alogenato ogni qualvoltasi desideri modificarne rapidamente il piano anestesiologico;altro non trascurabile vantaggio del desfluorano rispetto adaltri anestetici volatili a rapida insorgenza d’azione, è che ildesflurane risulta spiccatamente resistente alla degradazio-ne da parte della calce sodata, appare quindi evidente comeil questo moderno anestetico inalatorio rappresenti allo sta-to attuale la migliore opzione farmacologica per la condu-zione di una anestesia inalatoria con la tecnica a “circuitochiuso”.

A concentrazioni superiori a 6-7%, il desfluorano risultairritante per le vie aeree producendo apnea, tosse, ipersecre-zione e/o laringospasmo all’induzione, rendendolo così pocoidoneo per l’induzione in maschera.

Il desflurane possiede un metabolismo d’organo prati-camente assente che ne permette l’impiego in qualunquepaziente con grave patologia renale ed epatica; possiedeinoltre limitati effetti collaterali sul sistema cardiovascolaree respiratorio sempre comunque facilmente e rapidamentereversibili titolandone la concentrazione inspiratoria.

La pressione di vapore del desfluorano a 20 °C è di 669mmHg ed il punto di ebollizione a pressione atmosferica è di22,8 °C: caratteristiche che richiedono uno specifico vapo-rizzatore, pressurizzato e riscaldato.

Purtroppo il costo di questo anestetico è realmente proibiti-vo per la nostra realtà lavorativa, considerando anche il fattoche occorre acquistare specifici vaporizzatori termostatati.

L’alotano rappresenta ormai il passato, l’isofluorano il presente, ed il futuro?... sevofluorano e desfluorano:il ruolo dei moderni anestetici inalatori in anestesia veterinaria

Adriano Lachin

Med Vet, Venezia

150

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 150

Page 151: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Intracranial tumors occur relatively frequently in dogs,and are less common in cats. With the availability of com-puted tomography (CT) and magnetic resonance imaging(MRI), accurate determination of location and extent ofbrain tumors in companion animals has become more fre-quent. Following these advances in imaging, precise CT-guided stereotactic techniques for both tumor biopsy andintratumoral drug delivery have been developed for use incats and dogs. Also, tumor identification methods, such ascrush preparation examination, have facilitated rapid tumoridentification.

The use of improved diagnostic techniques has resulted inan increasing demand for effective therapies for brain tumors.While surgical removal and irradiation remain importanttreatment considerations in the management of brain tumorsof cats and dogs, the development of targeted therapies, andgene therapy strategies, for treatment of intracranial tumorsoffers fascinating promise, although research in this arearemains preliminary in nature.

The major goals of brain tumor therapy are: (1) to elim-inate a tumor, or at least reduce its size, and (2) to controlsecondary effects of a tumor (e.g., increased intracranialpressure [ICP] or cerebral edema).

Palliative therapy for animals with a brain tumor consistsof glucocorticoid administration for edema reduction, and insome cases (e.g., lymphoma), for retardation of tumorgrowth. Should seizure therapy be required, phenobarbital isthe drug best suited for the control of generalized seizures indogs and cats.

CONVENTIONAL THERAPY

Conventional therapeutic approaches to brain tumors haveinvolved a combination of surgical debulking/resection,chemotherapy, and radiation therapy. A large body of clini-cal data exists in human medicine pertaining to the relativeefficacy of these therapies for specific tumors, together withthe expected prognosis.

Very little similar objective information is available for thedog, even relating to the normal progression of brain tumorsin the absence of treatment. Small case study series, lack ofante mortem (or post mortem) diagnoses, differing treatmentplans, the high degree of variability associated with an endpoint often defined by euthanasia, and variation in clinicalseverity at presentation have made the comparison of canineand human data very difficult.

ADVANCES IN CONVENTIONAL THERAPY

Improved pre-surgical imaging capabilities, together withimproved surgical techniques and equipment, are likely tolead to some modest improvements in prognosis, particular-ly for readily accessible extra axial tumors.

Conventional chemotherapy has advanced very little inboth the human and veterinary fields in the last 2 decades.Use of adjunctive chemotherapy such as hydroxyurea in thetreatment of meningioma, either following surgery or fol-lowing recurrence post surgery may be beneficial, howeverno objective data are available at this time. The only “new”chemotherapeutic agent to be approved for the treatment ofhuman glioma in the last 2 decades is the alkylating agenttemozolamide (Temodar), however clinical gains are small.It is unclear whether Temodar offers any significant advan-tages over standard (much cheaper!) alkylating agents suchas CCNU in dogs with gliomas.

Although few data are available to make specific con-clusions, radiation therapy is generally accepted to be themost useful adjunctive or sole therapy (where surgery isnot possible), particularly for intra-axial tumors. Standardradiation treatment involves 15-20 fractionated doses ofradiation over a 3-4 week treatment course, and significantexpense. Advances in the ability to deliver radiation totumors while sparing normal brain (e.g., intensity modulat-ed radiation therapy or IMRT) are likely to result inimproved survival, and are becoming available at a limitednumber of veterinary institutions. More advanced stereo-tactic radio-surgical techniques such as the Gamma Knifeand LINAC knife deliver very high doses of radiation totumors in a single treatment while sparing normal tissues.These facilities are available to veterinarians at only asmall number of research facilities, however this is likelyto change in the next several years. Radiation involving asingle treatment, and therefore a single anesthesia, hasmany potential benefits for veterinary patients. Preliminarystudies in dogs with brain tumors suggested that singledose radiosurgery may be as effective as standard fraction-ated radiation treatment in selected tumors.

MOLECULAR DIAGNOSTICS ANDTARGETED THERAPY

Over the past 15- 20 years, there has been a large effort tounderstand the specific molecular abnormalities underlying

Brain tumors: where are we now?

Richard A. LeCouteur

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ECVN, California, USA

151

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 151

Page 152: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

the development and progression of human primary braintumours. Many of these abnormalities involve tumor sup-pressor genes, oncogenes, and pathways involved in cellcycle regulation and angiogenesis. This has had an impact intwo major ways.

1. By defining tumors in terms of their molecular character-istics, it has been possible to further classify apparentlyhistologically identical tumors into separate groups. Thishas had a major impact on the ability to predict prognosisand response to conventional therapies.For example, many oligodendroglial tumors exhibit lossof chromosomes 1p and 19q. Loss of 1p or combined lossof 1p and 19q is associated with increased chemosensitiv-ity and increased survival. Over expression of the epider-mal growth factor receptor (EGFR) insulin like growthfactor receptor (IGF1R) in gliomas is associated withradio resistance; similarly, over expression of the vascularendothelial growth factor (VEGF) and its receptors(VEGFR) is associated with a poor prognosis. The ability to predict response to treatment based on thepresence or absence of specific molecular markers hastaken clinical pathology/histology to a new level and notonly helps to select appropriate patients for specific treat-ments, but also helps to more realistically assess efficacyof therapeutic regimens which may have appeared inef-fective when applied to a “mixed” population of unchar-acterized and potentially inappropriate tumors.

2. Because of the relatively poor response of many primarybrain tumors to conventional therapies, many novelapproaches have been designed. Many of these approach-es target the molecular abnormalities known to be presentin specific tumors such as replacing abnormal or absenttumor suppressor gene function (e.g., TP53), or inhibitinggrowth factors known to be important in angiogenesis ortumor growth (e.g., VEGF, EGF). If appropriate pathwaysare present, such targeted treatments can be extremelyeffective, as has been shown in the remarkable success ofST1571 (“Gleevac”) in the treatment of chronic myeloidleukemia. (ST1571 targets the constitutively activatedBCR-ABL tyrosine kinase receptor).Many similar treatments are currently in developmentand clinical trials in brain tumor patients. Additionally,over expression of markers specific to brain tumors canbe used to target non-specific therapeutics such as toxinsor more conventional chemotherapeutic agents. Genetherapy using viral vectors such as adenovirus, retrovirusand adeno-associated virus has also been assessed inboth experimental and clinical tumors. The ability ofmany viruses to transduce tumor cells (or normal brain)depends on many factors including appropriate cell sur-face targets. Generation of promoter specific viral con-structs also adds an additional targeting step helpingensure that therapeutic gene expression occurs only inthe appropriate cell types.

There is little published data documenting the molecularcharacteristics of canine brain tumors, however severalresearch groups currently are involved in work in several

areas including expression and altered regulation of growthfactor pathways; tumor suppressor gene function; telom-erase activity, gene array expression profiling and chromo-somal alterations. The recent release of the canine genomedata will help enormously in promoting this basic researchand help ensure that the veterinary profession is able to ben-efit from current and future advances in human brain tumortherapy, as well as potentially playing an integral part in bothbasic and applied clinical research.

DELIVERY OF THERAPEUTIC AGENTS

A wide variety of methods have been employed to deliv-er therapeutic agents to brain tumors. Many strategies haveinvolved systemic delivery of agents either orally or intra-venously. Some drugs (e.g., standard chemotherapeuticagents) are relatively non-specific with respect to theirpotential targets, whereas others (e.g., small molecule tyro-sine kinase inhibitors such as Gleevac) may have a moreprecisely defined target despite the systemic delivery. Evenwith the use of targeted therapies, the likelihood of signif-icant systemic side effects is a major concern with drugsdelivered in this manner. Ability of drugs to cross the bloodbrain barrier is also a factor that can significantly limit theefficacy of systemically delivered therapies, and many fac-tors such as molecular weight, permeability of vasculature,drug stability and diffusion characteristics as well as tumorrelated factors are critical to attain effective cellular levelsof anti tumor drugs. Local “targeted” delivery of therapiesdirectly into tumor tissue has been advocated as a way toincrease both the efficacy of many therapeutic agentswhilst at the same time decreasing the likelihood of signif-icant systemic toxicity.

Therapeutic agents may be delivered directly at surgeryfollowing excision/debulking of tumors, or by stereotacticinjection. Recent advances in injection of agents by con-vection enhanced delivery (CED) (over several hours),have shown great promise, and may allow highly accurateand comprehensive delivery of therapeutics to a definedarea of tumor and/or surrounding brain.

Preliminary results with CED using a novel chemothera-peutic agent CPT-11 (topoisomerase I inhibitor) in an ongo-ing clinical trial in dogs with spontaneous gliomas areencouraging, and demonstrate the feasibility of targeteddelivery in veterinary patients.

Recommended Reading

Higgins R.J., McKisic M., Dickinson P.J., Jimenez D.F., Dow S.W., TrippL.D., LeCouteur R.A. Growth inhibition of an orthotopic glioblas-toma in immunocompetent mice by cationic lipid-DNA complexes.Cancer Immunol Immunother 2004;53:338-344.

Varenika V, Dickinson PJ, Bringas J, LeCouteur RA, Higgins RJ, Park J,Fiandaca M, Berger M, Sampson J, Bankiewicz K. Real-Time Imag-ing of CED in the Brain Permits Detection of Infusate Leakage. JNeurosurg 2008;109:874-880.

Dickinson PJ, Sturges BK, Roberts BN, Leutenegger CM, Bolen AW,LeCouteur RA. Vascular endothelial growth factor mRNA expressionand peritumoral edema in canine primary central nervous systemtumors. Vet Pathol 2008;45:131-139.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

152

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 152

Page 153: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Sturges BK, Dickinson PJ, Bollen AW, Koblik PD, Kass PH, Kortz GD,Vernau KM, Knipe MF, LeCouteur RA, Higgins RJ. Magnetic reso-nance imaging and histological classification of intracranial menin-giomas in 112 dogs. J Vet Int Med 2008;22 (3):586-595.

Westworth DR, Dickinson PJ, Vernau W, Johnson EG, Bollen AW, Kass PH,Sturges BK, Vernau KM, Le Couteur RA, Higgins RJ. Choroidplexus tumors in 56 dogs (1985-2007). J Vet IntMed2008;22(5):1157-1165.

Dickinson PJ, Surace EI, Cambell M, Higgins RJ, Leutenegger CM, BollenAW, LeCouteur RA, Gutmann DH. Expression of the tumor suppres-sor genes NF2, 4.1B and TSLC1 in canine meningiomas. VetPathol;46:884-892.

MacLeod AG, Dickinson PJ, LeCouteur RA, Higgins RJ, Pollard RE.Quantitative assessment of blood volume and permeability in cerebralmass lesions using dynamic contrast-enhanced computed tomogra-phy in the dog. Acad Rad;16:1187-1195.

Valles F, Fiandaca M, Bringas J, Dickinson PJ, LeCouteur RA, Higgins RJ,Berger M, Forsayeth J, Bankiewicz. Anatomical compression due to

high volume convection-enhanced delivery J Neurosurg 2009; 65(3):579-586.

Higgins R J, Dickinson PJ, LeCouteur RA, Bollen AW, Wang H, Corely LJ,.Moore LM, Zang W,Fuller GN. Spontaneous canine gliomas: over-expression of EGFR, PDGFRalpha and IGFBP2 demonstrated by tis-sue microarray immunophenotyping J Neuro-oncol 2010;(E Pubahead of print).

Dickinson PJ, LeCouteur RA, Higgins RJ, Bringas J, Larson RF, YamashitaY, Krauze MT, Forsayeth J, Noble CO, Drummond DC, Kirpotin DB,Park JW, Berger MS, Bankiewicz KS. Canine spontaneous glioma: Atranslational model system for convection-enhanced delivery. Neuro-oncol 2010; (In Press).

Address for correspondence:Richard A. LeCouteurUniversity of California, Davis, California, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

153

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 153

Page 154: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Seizure disorders occur frequently in dogs and cats. Esti-mates of seizure incidence during a lifetime vary from 0.5%to 5.7% of all dogs, and from 0.5% to 1.0% of all cats. Dis-cussion of seizure disorders of all types must precede con-sideration of the clinical management of epilepsy. Such abroad approach is necessary because dogs and cats with aseizure disorder frequently have similar histories and physi-cal signs despite a wide variety of underlying causes of cere-bral dysfunction (including epilepsy). Similarities in clinicalhistories of dogs or cats with a seizure disorder reflect thesimilar pathophysiological mechanisms that underlie seizuredisorders of all types.

DIAGNOSTIC APPROACH

A comprehensive case history, complete physical andneurological examinations, and a minimum data base con-sisting of results of hematological and serum chemistryanalyses should be obtained for all animals suspected ofhaving a seizure disorder, even if only one seizure has beenobserved. On the basis of this information a list of differen-tial diagnoses should be made. Further clinical laboratory,toxicological, or radiographical procedures may be indicat-ed after the results of these initial tests are known [Table 1].

ANTICONVULSANT THERAPY

Appropriate therapy for a seizure disorder depends on accu-rate determination of the cause of the seizures. Treatment withanticonvulsants is indicated for animals with idiopathic epilepsy.Seizures resulting from a structural brain disorder (progressiveintracranial disease) require additional therapy, depending on thecause of the disease (eg, neoplasia or inflammation). Anticon-vulsants usually are contraindicated in animals with extracranialcauses of seizures, where therapy should be directed towards theprimary cause of the seizures (eg, hypoglycemia).

Objectives of Anticonvulsant Therapy. While the overallgoal of anticonvulsant therapy is to eradicate all seizureactivity, this goal is rarely achieved. Most dogs and cats ben-efit from anticonvulsant medication by reduction in frequen-cy, severity, and duration of their seizures. A realistic goal isto reduce seizure frequency to a point that is acceptable to anowner without intolerable or life-threatening adverse affectsto the animal.

General Principles of Anticonvulsant Therapy. Preventionof seizures in cats or dogs with epilepsy is a pharmacologi-cal problem in clinical veterinary medicine. Surgical therapyfor uncontrolled epilepsy as applied in humans has not yetbeen reported for use in animals.

Prior to initiation of therapy for seizures induced by epilep-sy, every reasonable effort must be made to rule out eitherextracranial or progressive intracranial causes for the seizures.

Decisions Regarding the Need for Anticonvulsant Thera-py. Many factors must be considered prior to the initiation ofanticonvulsant therapy. The most important considerationsare seizure frequency, seizure character, and owner factors.

Seizure Frequency. The seizures observed in epileptic ani-mals occur with varying frequency, and two general approach-es exist regarding the institution of anticonvulsant therapy.Some authors state that therapy should not be started beforethe recurrent nature of the disease has been established. Thismeans that at least two seizures should have been observed.Otherwise animals may be treated that would not have hadadditional seizures. However, there may be sound biologicalreasons for beginning treatment after the first seizure. Experi-ence in human epilepsy indicates that when this is done,seizure control may be more effective.

Character of Seizures. In certain instances, early and aggres-sive control of seizures is required. For example, in those ani-mals where preictal and postictal phases are characterized byintolerable changes in personality (eg, aggression) or in excre-tory behavior.

Owner Factors. In veterinary practice, the decision for oragainst anticonvulsant therapy ultimately must be made bythe owner of an epileptic dog or cat. This decision should bebased on information and advice provided by a veterinarian.An owner should be fully informed about the nature of thedisease and its treatment in terms that are easily understand-able. The owner should have a realistic knowledge of theobjectives of anticonvulsant therapy because frequently anowner will expect successful therapy to be curative withcomplete elimination of seizures. An owner must appreciatethe need for regular administration of an anticonvulsant drugand also understand that an animal may require medicationfor the remainder of its life. Cost of medication and regularassessments by a veterinarian should be discussed. Alter-ations in dosage without prior consultation must not occur.

Refractory epilepsy: a rational e practical approach

Richard A. LeCouteur

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ECVN, California, USA

154

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 154

Page 155: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

155

TABLE 1 - Diagnostic Approach for Seizures.

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 155

Page 156: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Omission of a single dose may result in severe relapses andsometimes status epilepticus. Although seizure frequencyand severity will be reduced in the majority of cats or dogsthat receive anticonvulsant medications, a proportion of ani-mals (perhaps as high as 20-30%) may not be controlledadequately despite intensive medical management. Withhigh dosages of anticonvulsant medications, the risk of drug-induced complications increases and must be weighedagainst the benefits of therapy. Once therapy has begun, aprescribed dosage schedule must be followed exactly. Anowner should have a detailed knowledge of expected unde-sirable effects of anticonvulsant medications. Knowledge ofthese factors is essential for a high and intelligent degree ofcooperation between an owner and veterinarian. Euthanasiaof an animal should be considered when an owner cannotcommit to supervision and lifetime treatment of a dog or catwith severe epilepsy.

GENERAL RECOMMENDATIONS FORANTICONVULSANT THERAPY

In general, owners should be encouraged to begin anti-convulsant medication in epileptic dogs or cats that areknown to have had one or more seizures within an eightweek period. Treatment is not routinely advised in animalswith seizures that occur less frequently than once every eightweeks, as owners of such animals often do not followinstructions diligently and may treat animals only intermit-tently. Certain owners, however, are so distressed by seizuresthat occur in their pet that they are willing to medicate ananimal daily despite a history of infrequent seizures.

In animals that have had only one seizure, institution oftherapy may be delayed. Such a delay may permit the seizureinterval to become apparent, thereby providing a basis for adecision regarding the need for therapy and also for an assess-ment of the efficacy of therapy once it is initiated.

Exceptions to these recommendations are made for ani-mals that have seizures in clusters or episodes of statusepilepticus even though the interval between clusters may begreater than eight weeks. The seizure episodes have a ten-

dency to become more frequent and severe in such animalswhen control is not attempted.

When seizures have not occurred in a dog or cat for a peri-od of 6-12 months, a cautious reduction of dosage may beattempted. Such a reduction must be done slowly. In rareinstances, a dog or cat may remain free of seizures afterwithdrawal of drug therapy. There are few alternatives to theuse of pharmacological agents in the control of seizures.Acupuncture, either as a sole therapy or in conjunction withconventional anticonvulsant therapy, has been recommendedby several authors. Results of these reports are encouraging,and it is likely that acupuncture will be used with increasingfrequency as an adjunctive therapy to conventional anticon-vulsant therapy in dogs in the future.

SELECTION OF AN ANTICONVULSANTMEDICATION

The efficacy of an anticonvulsant depends on its serumconcentration, because this determines its concentration inthe brain. Therapeutic success can be achieved only whenserum concentrations of a given anticonvulsant are consis-tently maintained within a therapeutic range. Therefore, anti-convulsants that are eliminated slowly must be employed.The elimination half lives of the various anticonvulsants dif-fer considerably between different species. Few of the anti-convulsant drugs used for the treatment of epilepsy in peopleare suitable for use in dogs and cats.. This is largely becauseof differences in pharmacokinetics of antiepileptic drugs inanimals and in humans. Some drugs are metabolized so rap-idly that it is not possible to reach consistently high serumconcentrations, even with very high doses. For many drugs,pharmacokinetic data and/or clinical experience is lacking incats, which usually metabolize anticonvulsants more slowlythan dogs.

Address for correspondence:Richard A. LeCouteurUniversity of California, Davis, California, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

156

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 156

Page 157: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Recent advances in molecular genetics have enabled theongoing development of genetic tests that may be used forthe diagnosis and prevention of neurological diseases inhumans and animals.

THE CANINE GENOME

The original compiled dog genome was released to thepublic in July 2004. To date, approximately 98% of the doggenome has been sequenced. Information contained in thecanine genome enhances the ability of scientists to examinethe genetic basis for traits and diseases by providing a basicblueprint to work with.

In addition, the dog genome may be compared with thatof other mammals, including human beings, and data fromsuch studies may be used to determine the evolution of var-ious species (comparative genomics).

The implications for veterinary medicine of the sequencingof the canine genome are many, and include: improved diag-nostic capabilities using genetic testing, increased understand-ing of disease and trait pathogenesis, and new opportunities todevelop gene therapy strategies.

THE FELINE GENOME

The feline genome currently is being sequenced. Asopposed to dogs, where selective breeding for many centurieshas created hundreds of distinct breeds, most cat breeds havebeen created within the past century. In addition, breed devel-opment often has been based on single gene traits, such as coatcolor or type. Thus, cat breeds, and their genes, tend to be morehomogeneous than dog breeds, resulting in fewer breed specif-ic genetic diseases and morphologic differences.

GENETIC TESTS

Recent advances in technology have permitted scientiststo identify the genetic basis for many diseases and traits indogs and cats. Currently there are more than 100 breed- andDNA-based testing combinations for inherited diseases andtraits in dogs, and several such combinations are availablefor cats. Many such tests are used for the identification ofdisorders affecting the nervous system. Examples of dis-eases that affect the nervous system, where commercial testsare available for inherited diseases and traits, are listed fordogs (Table 1) and cats (Table 2).

Neurology in the genetic tests era: how can they help in daily practice?

Richard A. LeCouteur

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ECVN, California, USA

157

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

TABLE 1 - Examples of inherited traits and diseases of dogs where commercial tests are available.

Disease/Trait Breeds

Canine globoid cell leukodystrophy Cairn terrier, West Highland white terrier

Canine muscular dystrophy Golden retriever

Centronuclear myopathy Labrador retriever

Ceroid lipofuscinosis Border collie

Degenerative myelopathy Boxer, Cardigan Welsh corgi, Chesapeake Bay retriever, German shepherd, Pembroke Welsh corgi, Rhodesian ridgeback, Standard poodle

“Exercise induced collapse” Labrador retriever

Fucosidosis English Springer spaniel

Globoid cell leukodystrophy Cairn terrier, West Highland white terrier

GM1 gangliosidosis Portugese water dog

Myotonia congenita Miniature Schnauzer

Narcolepsy Dachshund, Doberman Pinscher, Labrador retriever

Neuronal ceroid lipofuscinosis Border Collie

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 157

Page 158: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DNA TEST FOR DEGENERATIVEMYELOPATHY

The collaborative efforts of Dr Joan Coates and Dr GaryJohnson and associates at the University of Missouri and DrKirsten Lindblad-Toh and Dr Claire Wade and associates atthe Broad Institute at MIT/Harvard have resulted in identifi-cation of a mutation that is a major risk factor for the devel-opment of degenerative myelopathy in many breeds of dogs.

This DNA test clearly identifies dogs that are clear (have2 normal copies of the gene), those who are carriers (haveone normal copy of the gene and one mutated copy of thegene), and those who are at much higher risk for developingDM (have 2 mutated copies of the gene).

A gene has been discovered that is a major risk factor fordegenerative myelopathy (DM). In the gene, the DNA occursin two possible forms (or alleles). The “G” allele is the pre-dominant form in dog breeds in which DM seldom or neveroccurs; you can think of it as the “Good” allele. The “A” alleleis more frequent in dog breeds for which DM is a commonproblem; you can think of it as the “Affected” allele.

Since an individual dog inherits two alleles (one from thesire and one from the dam) there are three possible testresults: two “A” alleles; one “A” and one “G” allele; and,two “G” alleles. Test results can be A/A, A/G, or G/G.

In the seven breeds studied so far (Boxer, Chesapeake BayRetriever, German Shepherd Dog, Pembroke Welsh Corgi,Cardigan Welsh Corgi, Rhodesian Ridgeback, and StandardPoodle), dogs with test results of A/G and G/G have neverbeen confirmed to have DM. Essentially all dogs with DMhave the A/A test result. Nonetheless, many of the dogs withan A/A test result have not shown clinical signs of DM. Dogswith DM can begin showing signs of disease at 8 years ofage, but some do not show signs until they are as old as 15years of age. Thus, some of the dogs that have tested A/A andare now normal may still develop signs of DM as they age.However, a few 15-year-old dogs that tested A/A are notshowing the clinical signs of DM. Unfortunately, at this pointthere is not a good estimate of what percent of the dogs withthe A/A test result will develop DM within their lifespan.

In summary, dogs that test A/G or G/G are very unlikelyto develop DM. Dogs that test A/A are much more likely todevelop DM.

The “A” allele is very common in some breeds. In thesebreeds, an overly aggressive breeding program to eliminatethe dogs testing A/A or A/G might be devastating to thebreed as a whole because it would eliminate a large fractionof the high quality dogs that would otherwise contributedesirable qualities to the breed. Nonetheless, DM should be

taken seriously. It is a fatal disease with devastating conse-quences for the dogs and a very unpleasant experience forthe owners who care for them. Thus, a realistic approachwhen considering which dogs to select for breeding wouldbe to consider dogs with the A/A or A/G test result to have afault, just as a poor top-line or imperfect gait would be con-sidered faults. Dogs that test A/A should be considered tohave a worse fault than those that test A/G. Dog breederscould then continue to do what conscientious breeders havealways done: make their selections for breeding stock inlight of all of the dogs’ good points and all of the dogs’faults. Using this approach over many generations shouldsubstantially reduce the prevalence of DM while continuingto maintain or improve those qualities that have contributedto the various dog breeds.

It is recommended that dog breeders take into considera-tion the DM test results as they plan their breeding pro-grams; however, they should not over-emphasize this testresult. Instead, the test result is one factor among many in abalanced breeding program.

GENE THERAPY

Gene therapy involves the introduction of genes (DNA)or RNA by various means to restore the normal (or almostnormal) phenotype to an individual with an inherited dis-ease. Opportunities for the correction of inherited diseaseshave resulted from increased knowledge regarding themolecular basis of inherited diseases in dogs, and to a less-er degree in cats. For example, gene therapy has been suc-cessful for lysosomal storage diseases in dogs and cats,permitting subsequent clinical trials in humans. Gene ther-apy also may be used for the treatment for diseases withouta defined inherited basis.

SUMMARY

The wealth of of genetic resources available to veteri-narians is continually expanding. Many screening anddiagnostic genetic tests are available to assist veterinariansin providing informed medical advice to animal owners.With the sequencing of the canine, and soon the feline,genome, more genetic tests are likely to become availablefor use in dogs and cats. Such genetic information will notonly facilitate diagnosis and prevention of diseases throughselective breeding, but may also lead to clinically feasiblegene therapies.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

158

TABLE 2 - Examples of inherited traits and diseases of cats where commercial tests are available.

Disease/Trait Breeds

Glycogenosis type IV Norwegian Forest cat

Mannosidosis Domestic long-haired and short-haired, Persian

Mucopolysaccharidosis VI Siamese

Spinal muscular atrophy Maine Coon

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 158

Page 159: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

References

Awano T, Johnson GS, Wade CM, Katz ML, Johnson GC, Taylor JF, Per-loski M, Biagi T, Baranowska I, Long S, March PA, Olby NJ, Shel-ton GD, Khan S, O’Brien DP, Lindblad-Toh K, Coates JR: Genome-wide association analysis reveals a SOD1 mutation in canine degen-erative myelopathy that resembles amyotrophic lateral sclerosis. ProcNatl Acad Sci U S A. 106(8):2794-9, 2009.

Bannasch DL and AL Hughes: Recent advances in small animal genetics.Vet Clin Small Anim 36:461-474, 2006.

Guttmacher AE and FS Collins: Genomic medicine – A primer. N Engl JMed 347:1512-1520, 2002.

Metallinos DL: Canine molecular genetic testing. Vet Clin Small Anim31:421-431, 2001.

Ostrander EA and RK Wayne: The canine genome. Genome Res 15:1706-1716, 2005.

Troyer DL, JE Smith and HW Leipold: Implications of genetic markers andmaps for veterinary medicine. J Am Vet Med Assoc 197:1376-1380,1990.

Address for correspondence:Richard A. LeCouteurUniversity of California, Davis, California, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

159

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 159

Page 160: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ETIOLOGY AND PATHOGENESIS

Lumbosacral vertebral canal stenosis (also called lum-bosacral instability, lumbosacral malformation/ malarticula-tion, lumbar spinal stenosis, lumbosacral spondylolisthesis,and cauda equina syndrome) is a term that encompasses aspectrum of disorders that result in narrowing of the lum-bosacral vertebral canal with resulting compression of thecauda equina. The term cauda equina syndrome describes agroup of neurologic signs that results from compression,destruction, or displacement of those nerve roots and spinalnerves that form the cauda equina by a variety of causes,including lumbosacral vertebral canal stenosis.

The term lumbosacral vertebral canal stenosis is used bythis author to describe an acquired disorder of large breedsof dog that results from several or all of the following: typeII disk protrusion (dorsal bulging of the annulus fibrosus),hypertrophy and/or hyperplasia of the interarcuate ligament,thickening of vertebral arches or articular facets, and (infre-quently) subluxation/instability of the lumbosacral junc-tion. It is likely that several separate disorders currently areincluded within this single syndrome. Other terms have beenused to describe this syndrome, including lumbosacralspondylolisthesis, lumbar spinal stenosis, and lumbosacralinstability. In humans, the term spondylolisthesis refersspecifically to a forward (anterior) movement of a lower lum-bar vertebra relative to a lumbar vertebra or sacrum directlybelow it. This problem rarely occurs in dogs, in which themost frequently encountered problem is a ventral “slippage”of the sacrum relative to the body of the L7 vertebra. Theterm retrolisthesis has been proposed to describe this“reverse spondylolisthesis” of dogs. Lumbar spinal stenosisis a term that perhaps is best used to describe a congenital(“idiopathic”) syndrome reported to occur in young dogs.Lumbosacral instability is a misleading term, as instability isnot demonstrated consistently in association with lumbosacralvertebral canal stenosis.

Certain similarities between vertebral and soft tissuealterations seen in dogs with lumbosacral vertebral canalstenosis and Doberman pinscher dogs with caudal cervicalspondylomyelopathy have been noted. As the etiology andpathogenesis for either condition are incompletely under-stood, such comparisons are of little significance at thepresent time. Recently, an association has been reportedbetween lumbosacral stenosis and transitional vertebrae inGerman shepherd dogs. In another recent report, more than30 per cent of German shepherd dogs with clinical signs of

cauda equina compression had radiographic and pathologicabnormalities compatible with osteochondrosis of the sacralend-plate.

CLINICAL FINDINGS

Acquired degenerative lumbosacral vertebral canal steno-sis occurs most commonly in largebreed dogs especially Ger-man shepherd dogs. Males appear to be affected more fre-quently than females. Dogs with the congenital (“idiopath-ic”) form appear to be of the smaller breeds. Affected dogs inboth categories are between 3 and 7 years of age, althoughthe problem may occur at any age. Degenerative lumbosacralvertebral canal stenosis rarely is recognized in cats.

Signs of cauda equina compression seen frequently inaffected dogs include the following: apparent pain on palpa-tion of the lumbosacral region, on caudal extension of thepelvic limbs, or on elevation of the tail; difficulty rising;pelvic limb lameness (often unilateral); pelvic limb muscleatrophy; paresis of the tail; scuffing of the toes; urinaryand/or fecal incontinence, or “inappropriate” voiding due toan inability to assume a voiding posture; self-mutilation ofthe perineum, tail, or pelvic limbs; and rarely, paraphimosis.These signs most often are insidious in onset and progressgradually over months, and they are easily confused withthose of hip dysplasia or degenerative myelopathy.

Abnormalities detected on neurologic examination includegait deficits related to sciatic nerve paresis (e.g., dragging oftoes). In addition, depression or loss of conscious propriocep-tion, normal or slightly exaggerated patellar reflexes (“pseu-doexaggeration” related to loss of antagonism to femoralnerve-innervated muscles by sciatic nerve-innervated mus-cles), depressed or absent flexion reflexes in pelvic limbs,decreased anal tone and anal sphincter reflexes, atonic blad-der, hypesthesia of the perineum and tail, and muscle atro-phy may be seen. These abnormalities relate to deficits ofthe sciatic, pudendal, caudal, and pelvic nerves, whose nerveroots comprise the cauda equina.

DIAGNOSIS

Characteristic clinical findings may be consistent with adiagnosis of degenerative lumbosacral vertebral canal steno-sis. Careful mapping of areas of loss of cutaneous sensationmay assist in determining involved nerve roots. However,

Lumbosacral instability and foraminal stenosis: solved or unsolved problems?

Richard A. LeCouteur

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVIM (Neurology), Dipl ECVN, California, USA

160

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 160

Page 161: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

presence of this syndrome must be confirmed by means ofplain radiographs and special radiographic procedures. Rarelycan this condition be diagnosed on the basis of plain radi-ographic findings alone.

Plain radiographic findings include spondylosis defor-mans ventral and lateral to the lumbosacral articulation, scle-rosis of vertebral end-plates, “wedging” or narrowing of theL7Sl disk space, and secondary degenerative joint disease inthe region of L7-S1 articular facets. Ventral displacement ofthe sacrum with respect to L7 (“retrolisthesis’’) and dimin-ished dorsoventral dimensions of the lumbosacral spinalcanal may be seen; however, such findings must be inter-preted with caution, as they may be seen in normal dogs inassociation with slight rotation of the vertebral column onlateral radiographs. Every effort must be made to ensure thatsuch rotation does not occur during exposures for lateralradiographic projections. General anesthesia is mandatoryfor obtaining radiographs of the lumbosacral vertebral col-umn. A ventrodorsal projection also is recommended.

“Stressed” plain radiographic projections (flexed andextended views), completed with careful attention to avoidrotation, often assist in determining the presence of instabil-ity or “retrolisthesis. Several attempts to separate normaldogs from dogs with lumbosacral vertebral canal stenosis bymeans of objective measurements made from radiographshave not been successful. Appearance on plain radiographshelps to eliminate other causes of cauda equina syndrome(e.g., diskospondylitis or vertebral neoplasia). Linear tomog-raphy, when available, may provide specific informationregarding the diameter of the lumbosacral vertebral canalthat cannot be obtained from plain radiographs.

Electromyography may complement information avail-able from a neurologic examination and from plain spinalradiographs by confirming denervation in muscles innervat-ed by the nerves of the cauda equina. Motor nerve conduc-tion velocity determinations in sciatic and tibial nerves andmeasurement of evoked spinal cord potentials may also pro-vide indirect evidence of cauda equina dysfunction.

Several contrast radiographic techniques exist for exami-nation of the lumbosacral vertebral canal. Use of such tech-niques is necessary for demonstration of soft tissue vertebralcanal stenosis.

Myelography most often is useful in the diagnosis of lum-bosacral problems, as the terminal portion of the subarachnoidspace of dogs may fill with contrast material at this level.Transosseous vertebral sinus venography (filling of vertebralsinuses with contrast material) and epidurography (filling ofthe lumbosacral epidural space with contrast material) havebeen used by many investigators in an attempt to outline softtissue stenosis of the lumbosacral vertebral canal. Resultsobtained with either of these techniques must be interpretedcautiously, as falsely positive studies occur with both.

A technique that is useful for confirmation of lumbosacralsoft tissue stenosis is diskography. Diskography consists ofradiography completed following the injection of contrastmaterial into the nucleus pulposus of an intervertebral disc.

This technique has special application to the lumbosacraldisk space.

Computed tomography, either alone or combined with thecontrast techniques listed above, and MRI, may provide fur-ther information regarding soft tissue stenosis of the lum-bosacral vertebral canal, particularly with regard to the L7-S1 intervertebral foramen.

Surgical exploration may be indicated in dogs (with appro-priate history and clinical signs) in which results of ancillarydiagnostic tests do not provide a definite diagnosis of soft tis-sue stenosis.

TREATMENT

Some affected dogs in which clinical signs are mild or inwhich apparent lumbosacral pain is the sole problem improvetemporarily after strict confinement and restricted leash exer-cise for a period of 4 to 6 weeks. Use of analgesic drugs orcorticosteroids has been recommended; however, their usemust be accompanied by strict confinement.

Clinical signs commonly recur in affected dogs treatedonly by means of medical therapy. Dogs with recurrence ofsigns, or dogs that are moderately to severely affected at thetime of initial presentation (especially those with urinary/fecal incontinence), should be considered candidates for sur-gical therapy. Dorsal decompressive laminectomy of L7 andS1 vertebrae is recommended. This procedure may be com-bined with foraminotomy or facetectomy in dogs in whichcompression of spinal nerves at the level of the intervertebralforamina is suspected. In animals with radiographically con-firmed instability or significant retrolisthesis, fusion of thelumbosacral articulation may be necessary. A dorsal approachfor fusion has been recommended.

Dogs should be confined for 2 to 4 weeks postopera-tively. Postoperative complications include seroma forma-tion at the surgical site and formation of a laminectomyscar at the site of the laminectomy. Both may be avoidedby use of appropriate surgical technique and postoperativepatient management.

Attention to bladder emptying may be necessary in dogswith bladder atony prior to surgery. The bladder should bemanually expressed three times daily in such dogs. Urineshould be submitted for culture and sensitivity testing priorto and 2 weeks after completion of surgery, and appropriateantibiotic therapy instituted as indicated by results.

Prognosis for affected dogs is dependent on the severityof signs prior to surgery. Return to normal function may beexpected in dogs that are mildly affected prior to surgery.Dogs with bladder atony or a flaccid anal sphincter priorto surgery have the poorest prognosis.

Address for correspondence:Richard A. LeCouteurUniversity of California, Davis, California, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

161

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 161

Page 162: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

“No doubt most anesthesiologists have long since deliber-ately forgotten the nomenclature nightmare of stereochem-istry, once learned from the pages of their now dusty organ-ic chemistry textbooks. Stereochemistry, and more specifi-cally chirality, are more relevant to anesthesia practice todaythan ever before”(Egan 1996).

“Isomers are molecules that have the same numbers of thesame kind of atoms arranged in different ways. There aretwo major categories of isomers: constitutional (or structur-al) isomers and stereoisomers. Stereosisomers have identi-cal sets of atoms that are configured in the same positionsbut are arranged differently spatially. Enantiomers arestereoisomers bearing a mirror image relationship. Thepharmacological complication caused by drug racemates isthat their component enantiomers usually have differentpharmacodynamic effects and different pharmacokineticproperties. Enantioselective pharmacology can occur at anysite in the body where a drug interacts with an endogenouschiral centre. The purpose of this presentation is to givesome examples where drug chirality is pharmacologicallysignificant to potency, uptake, distribution and elimination”(Mather 2005). The chosen examples are the anesthetic andanalgesic drugs, atracurium as structural isomers, and medeto-midine, methadone, bupivacaine, ropivacaine and ketamine asstereoisomers.

“There are 3 main sets of nomenclature used to describestereochemistry in drugs.

OPTICAL ACTIVITY (ca 1830s): right (or clockwise)and left (or counter-clockwise) planepolarized light rotatingsubstances can be referred as (+) and (-), respectively, anddextro- (or d-, dex-) and laevo- (or l-, lev-, levo-), respec-tively. This is arbitrary, and the same molecule may rotateplane-polarized light in one direction when dissolved in onesolvent and in the opposite direction when dissolved inanother solvent.

THE FISCHER CONVENTION (ca 1919): a molecule’sconfiguration at its asymmetric centre is related to, or couldbe degraded to, (+)-glyceraldehyde, which was arbitrarilyassigned a “D” configuration; if the direction of planepolar-ized light rotation was the reverse of (+)- glyceraldehyde, itwas assigned an “L” configuration. “D” and “L” are stillwidely used in sugar and amino acid chemistry.

THE CAHN-INGOLD-PRELOG CONVENTION (1955),the preferred and currently recommended nomenclature, isunequivocal: this method gives a sequence of priority to the4 atoms or chemical groups attached to a tetrahedral chiralcentre from largest to smallest size. If, when viewed from

the side opposite the atom or chemical group with the small-est atomic number, the remaining 3 have a highest to lowest(molecular weight) arrangement is in a clockwise direc-tion, the molecule is assigned an R- (Rectus = right) config-uration and if, highest to lowest is anticlockwise, the mole-cule is assigned an S- (Sinister = left) configuration.

Unfortunately, many currently available drugs may be ref-erenced in the literature as (+) or (-), d or l, dex- or levo-, Dor L and R or S with corresponding racemates referred to as(±)-, dl-, D,L- and RS-, or just rac-. Thus, the nomenclatureof drugs in the literature is a mixture of all three systems”(Mather 2005).

Most naturally occurring substances and body receptorsare stereoselective. Artificially synthetised drugs are not,because chemical processes used to produce them have thesame probability to deliver one or the other enantiomer as anend-product, leading to racemic mixtures. “The pharmaco-logical complication caused by drug racemates is that theircomponent enantiomers usually have different pharmacody-namic effects and different pharmacokinetic properties.Moreover, the body itself is a chiral environment due to itsstructures being made of numerous chiral components (e.g.natural amino acids, sugars). Thus, although the racemate isadministered as “a pure drug”, the body recognizes the race-mate as 2 (or more) different drugs and allows them tobehave as essentially independent entities with respect totheir actions, distribution and elimination. Hence the effect /side-effect profile depends upon the dominating local con-centration of the dominating enantiomer, i.e. both pharma-cokinetic and pharmacodynamic properties of both enan-tiomers need to considered” (Mather 2005).

“The development of clinically useful isomers can, then,be foreseen as a progress, when a therapeutic advancementcan be defined and proved to be linked to the application ofone of the pure isomers” (Kochs 1997).

The benzylisoquinolinium muscle relaxants, such asatracurium, have two identical heterocyclic groups linkedthrough an ester-containing carbon chain. Each of the hetero-cyclic groups contains a planar ring with groups that may bearranged in either the trans- or cis- conformation. Atracuriumis formulated as a mixture of 10 stereoisomers, resulting fromthe presence of four chiral centres. Cis-atracurium is one ofthe 10 stereoisomers present in atracurium. This group ofmuscle relaxant is often favored according to their advanta-geous pharmacokinetic like their relatively independencyfrom liver and renal metabolism. However, their high poten-tial for anaphylactoïd reactions leads to cardiovascular com-

Pure isomers instead of racemic mixtures: is this thefuture of anaesthesia or just an expensive fashion?

Olivier L. Levionnois

DVM, Dr Med Vet, Dipl ECVAA, Berna (CH)

162

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 162

Page 163: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

plications. Cis-atracurium shows the least potentential forhistamine- and tryptase-release, and therefore the better car-diovascular stability (Soukup, Doenicke et al. 1997). “Thisisomer, cis-atracurium, offers clinical advantages over theatracurium mixture, principally due to the lack of histamine-releasing propensity and the higher neuromuscular blockingpotency” (Nigrovic, Diefenbach et al. 1997).

“The α2-agonist medetomidine is an equal mixture of twooptical enantiomers, dexmedetomidine and levomedetomi-dine. The latter is generally considered to be pharmacological-ly inactive. The selectivity of the active isomer dexmedetomi-dine is greater for the α2-receptor than the α1-receptor, com-pared with the racemate” (Murrell and Hellebrekers 2005).However, complete inactivity of the isomer levomedetomi-dine is controversial, even if it has been clearly establishedthat only very high dose may lead to potential sedative andanalgesic effects.

Results on comparison between medetomidine anddexmedetomidine in several species generally shows very lit-tle differences regarding sedative, analgesic or physiologicaleffects. Some studies suggest that if levomedetomidine effectsare not observable in conscious dogs, it reduces the sedativeand analgesic effects of dexmedetomidine, and enhancesbradycardia. Therefore, dexmedetomidine is hypothesized toshow a better pharmacodynamic profile than the racematemedetomidine (Kuusela, Vainio et al. 2001).

Methadone is also a racemic mixture of two enantiomers.Levomethadone has long been described as the pharmaco-logically active form. Interestingly, dexmethadon has beendemonstrated to bear high binding affinity to N-methyl D-aspartate (NMDA) receptors, when its affinity to mu opioid-receptors is very low. If levomethadon can be recommendedwhen only opioid effects are targeted, the racemic mixturecould actually provide some benefits for analgesic therapycombining opioid and NMDA-antagonistic properties.

“For bupivacaine, a widely used amide local anaesthetic,important enantiomeric differences can be found for toxici-ty, clinical effect and pharmacokinetics. In particular, S-(-)-bupivacaine (levobupivacaine) has an improved central ver-vous system and cardiac safety profile. This is partlyexplained by the pharmacokinetic differences. Based onthese differences, ropivacaine, a propyl homologue of bupi-vacaine, has been produced sololy as the S-(-)-enantiomer.The available evidence suggests significantly improved safe-ty for this agent over racemic bupivacaine” (Sidebotham andSchug 1997). “The incidence of intoxication by these drugsis a rare but catastrophic event – Ropivacaine appears to be

the safest long-acting local anaesthetic” (Graf 2001). More-over, “ropivacaine provides more differential block whengiven epidurally, allowing for a better separation betweensensory and motor block. This feature can be used to itsadvantage in obstetrics and in postoperative epidural painrelief“ (Stienstra 2003).

Ketamine is well known as a racemic mixture of S(+)- andR(-)-ketamine. “Studies in rats and mice have shown thatS(+)-ketamine is approximately 3 times more potent thanR(-)-ketamine. Studies in man have indicated that, withequi-anaesthetic doses, R(-)-ketamine anaesthesia is associ-ated with a greater incidence of restlessness, tachycardia andpsychic emergence reactions” (Enantioselective behavior ofdrugs used in domestic animals: a review. Landoni J vetpharmacol 1997 1-16). The hypothesis that S(+)-ketamineenhances more desirable effects (analgesia, anaesthesia) andR(-)-ketamine more undesirable one (tachycardia, excita-tion, increased intracranial pressure) could be validated inseveral species, even thought the results are often mild orunclear. S(+)-ketamine was also found in several species toexhibit a shorter elimination half-life, leading to less poten-tial for accumulation and a better profile for continuousintravenous administration.

Bibliografia

Egan, T. D. (1996). “Stereochemistry and anesthetic pharmacology: joininghands with the medicinal chemists.” Anesth Analg 83(3): 447-50.

Graf, B. M. (2001). “The cardiotoxicity of local anesthetics: the place ofropivacaine.” Curr Top Med Chem 1(3): 207-14.

Kochs, E. (1997). “Editorial: Progress in anaesthesiology via stereoiso-mers.” Der Anaesthesist 46: 1024-5.

Kuusela, E., O. Vainio, et al. (2001). “Sedative, analgesic, and cardiovascu-lar effects of levomedetomidine alone and in combination with dex-medetomidine in dogs.” Am J Vet Res 62(4): 616-21.

Mather, L. E. (2005). “Stereochemistry in anaesthetic and analgetic drugs.”Minerva Anestesiol 71(9): 507-16.

Murrell, J. C. and L. J. Hellebrekers (2005). “Medetomidine and dexmede-tomidine: a review of cardiovascular effects and antinociceptive pro-perties in the dog.” Vet Anaesth Analg 32(3): 117-27.

Nigrovic, V., C. Diefenbach, et al. (1997). “[Esters and stereoisomers].”Anaesthesist 46(4): 282-6.

Sidebotham, D. A. and S. A. Schug (1997). “Stereochemistry in anaesthe-sia.” Clin Exp Pharmacol Physiol 24(2): 126-30.

Soukup, J., A. Doenicke, et al. (1997). “[Cisatracurium—is the stereoiso-mer an “ideal” relaxant? Histamine liberation and tryptase determi-nation after bolus administration of cistracurium: a comparison withvecuronium].” Anaesthesist 46(6): 486-91.

Stienstra, R. (2003). “The place of ropivacaine in anesthesia.” Acta Anae-sthesiol Belg 54(2): 141-8.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

163

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 163

Page 164: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Ketamine is a drug that has been around for a long, longtime. In many ways, it is a drug that provides a “complete”anesthetic in that it combines sedation, amnesia and painrelief. At the same time, it has fewer tendencies to depressairway reflexes than some of the other commonly used anes-thetic agents, a property still appreciated from veterinarypractitioners when the animal is left without endo-trachealtube. With improving minimal safety requirements, develop-ment of invasive surgical procedures and development ofnewer intravenous induction agents with short duration ofaction made the use of isoflurane anaesthesia growing, andketamine tends to lose its leader position. On the other side,ketamine became again a new subject of discussion in thepast decade as its mechanism of action and clinical proper-ties are better understood (Kohrs and Durieux 1998).

ANALGESIC ADJUVANT/PRE-EMPTIVEANALGESIA?

It has always been clear that ketamine provides analgesia viaa different mechanism when compared to opioids. More andmore evidence is piling up that this antagonistic action onNMDA receptors has beneficial effects. For example, it is acommon observation clinically that some patients have painthat is resistant to opioids. There is some evidence to suggestthat this resistance is the result of the activation of NMDAreceptors in the perioperative period.Several studies in man showed ketamine in low dose is aneffective adjunct for analgesia. The study also showed thatthere was a lack of significant side effects at the low dosesgiven. What is interesting is that they found that the effectsof low dose ketamine lasted past the known plasma half-lifeof ketamine. This suggests that ketamine may play a role inpreventing opioid tolerance and reducing central sensitiza-tion in the face of pain.

Similar findings have been reported elsewhere. The pos-tulation that ketamine can provide analgesia while at thesame time inhibiting NMDA activation (that might then pre-vent central sensitization and future hyperalgesia) is anactive area of interest for many current researchers. Earlyresults are promising - but much work remains to be done.More and more, analgesic infusion rate for peri- and post-operative continuous intravenous delivery are recommend-ed. However, these dosages are extrapolated from studiesconducted in man. Newer information on ketamine pharma-

cokinetic also helps to provide species-specific dose regimenbased on evidence rather than based on non-verified extrap-olations (Kohrs and Durieux 1998; Eide 2000).

KETAMINE ENANTIOMERS, S(+)-KETAMINE BETTER THAN KETAMINE?

As discussed in the previous abstract, ketamine is a racemicmixture of S(+)- and R(-)-ketamine. It has been shown thatthe use of S(+)-ketamine could improve the pharmacokinet-ic profile with a shorter duration of action and a lesser poten-tial for accumulation.

Moreover, S(+)-ketamine would induce less of the com-mon side-effects of ketamine like excited recovery, tachy-cardia and increased intra-cranial pressure. Even thoughthese advantages are still poorly investigated in clinical set-ting for domestic species, this could contribute to improvethe use of ketamine (Adams and Werner 1997; Himmelseherand Pfenninger 1998).

KETAMINE AND NEUROLOGIC PATIENTS

When an important amount of animals enter veterinaryemergency services with history of road accident or othercause of head trauma, the dogma established from long datecontraindicating the use of ketamine in patient at risk for ele-vated intracranial pressure contributed to its limitations.However, it seems that its neuroprotective actions have led toa reevaluation of this issue. When effects of ketamine onintracranial pressure, on cerebral blood flow and on neuro-protection and neuroregeneration are studied, it has been sug-gested that ketamine may be appropriate therapy in patientswith acute cerebral ischemia/hypoxia. The literature suggestthat S(+)- ketamine especially may have neuroregenera-tive properties.

On another side, an important concern regarding the useof ketamine in early stages of life (neonates to young indi-viduals) and potential neurodegenerative effects on develop-ing central nervous system have been pointed out. Theawareness pointing on Ketamine in this regard came fromthe large amount of preclinical studies conducted in labora-tory animals. However, there are no data to support recom-mending that any anesthetic or regimen is safer than any oth-er (Himmelseher and Durieux 2005).

Let’s talk about ketamine… again. Can we teach an old dog new tricks?

Olivier L. Levionnois

DVM, Dr Med Vet, Dipl ECVAA, Berna (CH)

164

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 164

Page 165: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

KETAMINE AS ADJUNCT IN CENTRALBLOCKADE?

Ketamine has also been described as an effective adjunct forepidural and spinal anaesthesia. Preservative-free ketaminehas been studied to prolong the duration of effect of bupiva-caine, and can be expected to add anti-hyperalgesic effectsvia its NMDA-antagonist activity. Several clinical studiesreported beneficial effects of ketamine as adjunct to localanaesthetics or opioids by epidural route. However, reportsof potential neuryxial toxicity of ketamine are present andlead to a controversial issue.

De Limaa et al. to conclude, that while it would be pru-dent then to continue to advise caution when administeringketamine intrathecally or epidurally, and to recommendstrongly against the inclusion of any preservative/anti-oxi-dant in such injections, the continued study of low doses ofketamine (in low concentrations) in epidural injections andinfusions in both animals and humans should be encouragedand not proscribed (Pedraz, Calvo et al. 1991; Himmelseher,Ziegler-Pithamitsis et al. 2001).

KETAMINE AS ADJUNCT IN PERIPHERALBLOCKADE?

Low dose ketamine also appears to be a useful adjunctwhen the primary form of pain relief is peripheral nerveblock. ketamine added to local anesthetic for regional blockhas been shown to be beneficial. Indeed, the combination of

these two drugs provided pain relief for some surgeriesbeyond the duration of either the ketamine or the local anes-thetic. Specifically, the need for supplemental post-operativeanalgesia was reduced. Details on mechanism of action andeffective benefits remain to be studied. Also, the optimaldose of ketamine as an adjunct to peripheral nerve block isunknown. However, the suggestion that a very low dose ofketamine (low enough to avoid side effects) might have sig-nificant implications for post-operative care is once againintriguing (Kohrs and Durieux 1998).

Bibliografia

Adams, H. A. and C. Werner (1997). “[From the racemate to the eutomer:(S)-ketamine. Renaissance of a substance?].” Anaesthesist 46(12):1026-42.

Eide, P. K. (2000). “Wind-up and the NMDA receptor complex from a clin-ical perspective.” Eur J Pain 4(1): 5-15.

Himmelseher, S. and M. E. Durieux (2005). “Revising a dogma: ketaminefor patients with neurological injury?” Anesth Analg 101(2): 524-34,table of contents.

Himmelseher, S. and E. Pfenninger (1998). “[The clinical use of S-(+)-ket-amine—a determination of its place].” Anasthesiol Intensivmed Not-fallmed Schmerzther 33(12): 764-70.

Himmelseher, S., D. Ziegler-Pithamitsis, et al. (2001). “Small-dose S(+)-ketamine reduces postoperative pain when applied with ropivacainein epidural anesthesia for total knee arthroplasty.” Anesth Analg92(5): 1290-5.

Kohrs, R. and M. E. Durieux (1998). “Ketamine: teaching an old drug newtricks.” Anesth Analg 87(5): 1186-93.

Pedraz, J. L., M. B. Calvo, et al. (1991). “Pharmacokinetics and distributionof ketamine after extradural administration to dogs.” Br J Anaesth67(3): 310-6.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

165

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 165

Page 166: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I cicli riproduttivi della cagna e della gatta presentanonotevoli differenze dal punto di vista fisiologico e quindianche clinico e pratico.

Nella cagna la pubertà avviene mediamente intorno ai 9mesi (dai 6 ai 24 mesi), con notevoli differenze a secondadella taglia di appartenenza e di tipo razziale oltre che sog-gettivo. Nelle piccole taglia è più facile che si abbia unapubertà più precoce anche attorno ai 6 mesi mentre al con-trario nelle taglie giganti è più facile che tale limite possaessere posticipato anche dopo l’anno di età. Si ritiene pato-logico un anaestro primario oltre i 24 mesi.

Nella gatta la pubertà è condizionata dalla stagione in cuiil soggetto ha l’età minima per poter avere la prima manife-stazione estrale. Nella gatta i calori si manifestano durante lestagioni con maggior ore di luce (fotoperiodismo) mentrenel tardo autunno e inverno si ha una fase di riposo ovariofisiologico. Se la gatta raggiungerà i 6 mesi di età durante ilperiodo di maggior fotoperiodismo sarà stimolata ad andarein calore precocemente, al contrario se tale età è raggiuntadurante la stagione autunnale-invernale attenderà la prima-vera per entrare in pubertà. Eccezione può essere fatta inquei soggetti che possono essere stimolati da ore di luce arti-ficiale supplementari, anche durante il periodo invernale.

Nella cagna il ciclo si articola in 4 fasi: Proestro-Estro-Diestro-Anaestro.

Il periodo di “calore” comprende le fasi di Proestro edEstro a cui segue una fasi di Diestro seguita a sua volta da unafase, piuttosto lunga, di Anaestro, definita di riposo ovario.L’intervallo tra i cicli è mediamente di 6 mesi, con un rangeche và dai 3 mesi ai 12 e più.

Il Prostro dura mediamente 9 giorni inizia con le primeperdite ematiche vaginale accompagnate da un turgore vul-vare e vaginale, in questa fase c’è già attrazione sessuale daparte dei maschi anche se la cagna rifiuta i tentativi di mon-ta. Il Proestro è caratterizzato, dal punto di vista ormonale,da un aumento degli estrogeni.

Il termine del Prostro e l’inizio dell’Estro si ha in funzio-ne di un graduale aumento del Progesterone e una corri-spondente graduale diminuzione del tasso ematico degliEstrogeni. La vulva appare meno edematosa e la cagna sidimostra più disponibile alle attenzioni del maschio. Nellafase di estro conclamato la cagna accetta l’accoppiamento el’ovulazione è preceduta di 48 ore da un aumento del tassoematico del Progesterone a 2 ng/ml corrispondente al piccodell’Lh (Ormone Luteinizzante). L’ovulazione è testimonia-ta da un aumento del tasso del Progesterone ad un livello trai 5 e 8 ng/ml.

Il termine dell’Estro e l’inizio del Diestro è segnalato dalprimo giorno in cui la cagna non accetta più la monta e dalpunto di vista ormonale, tale fase, è caratterizzata da unaumento del tasso ematico del Progesterone e un suo gra-duale declino nell’arco di 9 settimane circa.

L’Anaestro inizia quando il progesterone ritorna ad unvalore basale sotto i 2 ng/ml per mantenersi sotto 1 ng/ml percirca 4 mesi.

Nella Gatta la stagione riproduttiva inizia non appena leore di luce tendono ad aumentare (mediamente in febbraio)e dura fino a circa settembre.

Il ciclo inizia con un aumento degli estrogeni testimonia-ti da un inequivocabile comportamento estrale della gattache emette vocalismi ripetuti compiendo spesso movimentidi rollio sulla schiena e ricerca del maschio, il periodo di“calore” è contraddistinto da un brevissimo periodo di pro-estro (2-3 giorni) a cui segue una fase estrale vera e propriacon recettività del maschio che dura alcuni giorni (3-5 gior-ni). Durante la fase estrale vera e proria la gatta si accoppiainnumerevoli volte e il coito determina attraverso una stimo-lazione delle pareti vaginali l’ovulazione. Differenza sostan-ziale tra le due specie è che nella Cagna l’ovulazione è spon-tanea e nella gatta nell’85% dei casi indotta dal coito.

Nel caso in cui la gatta non si accoppi durante la faseestrale seguirà un breve periodo di diestro a cui segue unnuovo periodo di “calore”. Nel caso in cui avvenga l’ac-coppiamento seguirà gravidanza e dopo il parto facilmentela gatta tornerà in calore. In alcuni soggetti l’allattamentocaratterizzato da alte concentrazioni di Prolattina non per-mette il ritorno in calore ma in alcuni soggetti (30%) è pos-sibile avere un ritorno in calore anche a breve distanza dalparto anche inj corrispondenza dell’allattamento.

Le cause d’Infertilità nella Cagna sono molteplici e pos-sono essere suddivise in cause di tipo infettivo, batteriche,virali, di tipo fisico, di tipo ormonale, di tipo genetico; talecause rossore essere valide anche nel caso d’insuccessonella gatta.

Le cause di tipo batterico possono essere sia presistentiall’accoppiamento: endometrite sub-clinica, che con l’au-mento del progesterone conseguente all’ovulazione, posso-no indurre uno stato infettivo dell’utero fino a sfociare inpiometra (vedi relazione “Patologie uterine”), sia cause chesubentrano durante la gravidanza x passaggio e colonizza-zione dell’utero da parte di batteri che fanno ingresso duran-te l’estro con l’apertura della cervice. Le cause di tipo infet-tivo virale sono rappresentate per lo più dall’Herpes Virusche può determinare infertilità, riassorbimento, aborto o

Cenni di fisiologia del ciclo riproduttivo della cagna edella gatta e principali cause d’infertilità

Giovanni Majolino

Med Vet, SMPA, Collecchio (Parma)

166

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 166

Page 167: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

motalità peri-natale. L’Herpes Virus è specie specifico e ilsuo contagio è banalmente attraverso il contatto tra le muco-se sia oro-nasali che genitali. La localizzazione dell’Herpesè sulle mucose esterne in quanto il virus non sopravvive aduna temperatura superiore ai 37°.

Nella gatta anche l’azione del virus della Leucemia Feli-na e dell’Immuno deficienza Felina nonché della PeritoniteInfettiva possono determinare infertilità.

Le cause di tipo fisico possono essere riconducibili adalterazioni di tipo anatomico del tratto riproduttivo di tipocongenito od acquisto sia a carico di vagina che utero. Nelcaso di anomalie dell’utero possono essere conseguenza diproblemi del puerperio in seguito a gravidanze pregresse acui conseguono alterazioni dell’endometrio che non consen-tono un annodamento degli ovuli fecondati o un manteni-mento della gravidanza stessa.

Le cause di tipo ormonale possono essere dovute a qual-siasi alterazione endocrina che si ripercuote sulla fertilità(Ipotiroidismo, Iper e Ipo-Adrenocorticismo, Diabete) o perinsufficiente produzione di Progesterone per poter mantene-re la gravidanza: Ipoluteinidismo. Quest’ultima condizionepuò essere diagnosticata mediante un attento monitoraggiodei tassi ematici durante la gravidanza ed eventuale terapiasostituitiva, in caso di diagnosi certa, mediante somministra-zione di progesterone naturale o di sintesi.

Le cause d’infertilità di tipo genetico andrebbero sempreprese in condizione, con attenzione, in caso d’insuccessoavendo escluso tutte le altre possibili cause. Le alterazioni di

tipo genetico possono essere ricondotte a incompatibilitàgenetica tra il corredo cromosomico dei due partner o alte-razioni genetiche cariotipiche che possonoe rendere i poten-ziali riproduttori sterili.

Nel caso d’Infertilità del maschio le cause possono esserele stesse viste per la femmina. La sede di problemi di tipoinfettivo potrà essere quella testicolare e/o prostatica.

Per poter applicare un corretto iter diagnostico nel casodell’infertilità della cagna e della gatta è necessario una rac-colta di dati anamnestici più completa possibile, seguita unavisita clinica accurata sia generale che particolare del trattoriproduttivo. La visita ginecologica della cagna infertile pre-vede anche l’uso di un endoscopio rigido per la valutazionedel tratto vaginale e della cervice, nonché di tamponi cami-ciati per le colture cervicali e di un attento esame ecograficodi ovaie e utero. Nel caso del maschio infertile oltra a dosag-gi ormonali le informazioni maggiori saranno dedotte da unospermiogramma completo altre che dall’esame ecograficodel tratto riproduttivo.

Bibliografia disponibile su richiesta.

Indirizzo per la corrispondenza:Giovanni Majolinowww.bancasemecanino.comE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

167

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 167

Page 168: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il progesterone è prodotto dai corpi lutei (struttura extra-ovarica) che si formano in conseguenza dello scoppio dei fol-licoli. Tale ormone rimane a concentrazioni elevate durantetutto il diestro nella cagna e durante l’intera gravidanza sianella cagna che nella gatta.

Nella cagna le concentrazioni sieriche del Progesterone,se rapportate alla superficie corporea, sono le più alte, con-frontate con le femmine delle altre specie animali e per unperiodo molto lungo (9 settimane di diestro o gravidanza).

Tale caratteristica giustifica la percentuale elevata di dis-ordini diestrali nella cagna indotte dal progesterone. (vedirelazione: “PATOLOGIE UTERINE (IPERPLASIA ENDO-METRIALE CISTICA, ENDOMETRITE, PIOMETRA)”

Il tasso ematico del Progesterone nella cagna aumenta, daun valore inferiore a 1 ng/ml prima dell’inizio del calore,fino ad un picco di 30-60 ng/ml raggiunto tra i 15-25 giornidopo l’inizio dell’estro. Il tasso ematico nel sangue periferi-co scende bruscamente sotto i 2 ng/ml tra le 36-48 ore primadel parto.

Nella gatta le concentrazioni plasmatiche del progestero-ne sono basali durante l’anaestro, inter-estro, pro-estro eestro prima dell’ovulazione.

Nelle gatte gravide o pseudogravide il progesterone pla-smatico inizia ad aumentare dopo l’ovulazione, iniziando tra24 ore e 50 ore dopo il picco dell’LH.

Il picco ematico di tale ormone nella gatta è raggiunto trai 20 e 25 giorni dopo l’accoppiamento raggiungendo delleconcentrazioni di 30-65 ng/ml.

Nelle gatte pseudogravide le concentrazioni plasmatichedel progesterone diminuiscono attorno al 25° giorno dal gior-no dell’ovulazione raggiungendo concentrazioni basali attor-no al 30°-40° giorno.

Questo abbassamento graduale delle concentrazioni delprogesterone è la caratteristica delle gatte in pseudogravi-danza ovvero con ovulazione spontanea, o con ovulazioneindotta dal coito senza che si insaturi una gravidanza reale.

Nella cagna in stato di pseudogravidanza l’unica differen-za nei confronti della cagna gravida è che il tasso ematicodel progesterone diminuisce gradualmente, ma sempre intor-no alle 9 settimane post-ovulazione.

Le principali azioni del Progesterone sono:a carico del-l’endometrio:

- favorisce lo sviluppo delle ghiandole endometriali,- stimola un certo grado di iperplasia endometriale,- permette l’inserzione della placenta con l’endometrio

stesso, - rende quiescente l’utero inibendone la motilità del mio-

metrio.Le azioni del Progesterone sono però anche di indurre un

aumento del tasso ematico dell’ormone della crescita (GH)sia nella cagna che nella gatta. L’aumento del GH si riper-cuote nelle due specie in modo diverso. Nella cagna l’Or-mone Somatotropo ha come effetto quello di creare un certogrado di insulino-resistenza, nella gatta lo stesso ormone hacome organo bersaglio il tessuto mammario. Le conseguen-ze di tale andamento ormonale nella cagna sono di predi-sporla a una iperglicemia durante la fase diestrale, con pos-sibilità di condizione diabetica con esordio nel diestro.

Nella gatta l’aumento dei tassi plasmatici del Progesterone edi conseguenza del Gh può predisporre ad una fibroadenoma-tosi benigna o iperplasia mammaria benigna. (vedi relazione:“IPERGLICEMIA/DIABETE CON ESORDIO NEL DIE-STRO NELLA CAGNA E FIBROADENOMATOSI BENI-GNA NELLA GATTA, COSA HANNO IN COMUNE”)

Bibliografia disponibile su richiesta.

Indirizzo per la corrispondenza:Giovanni Majolinowww.bancasemecanino.comE-mail: [email protected]

Progesterone nella cagna e nella gatta, sua funzione e differenze nelle due specie

Giovanni Majolino

Med Vet, SMPA, Collecchio (Parma)

168

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 168

Page 169: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La piometra è un’infezione localizzata all’interno dell’u-tero con raccolta di pus più o meno abbondante.

Tale patologia fino a qualche anno fa veniva risolta sola-mente dal punto di vista chirurgico, rimovendo l’utero inquanto sede dell’infezione.

L’ovaristerectomia (asportazione di ovaie e utero) ponevafine irrimediabilmente alla carriera rproduttiva della fattrice

EZIOPATOLOGIA

La Piometra nei Piccoli Animali è un disordine diestraleormone-mediato, in particolare le alte concentrazioni delprogesterone, tipiche del periodo post-ovulatorio e per unperiodo prolungato di due mesi, tale è il diestro nella cagna,sensibilizzano l’endometrio nello sviluppare tale patologia.

Conseguenza della sollecitazione progestinica sarà l’au-mento della secrezione ghiandolare endometriale, la sop-pressione dell’attività del miometrio reso quiescente dal pro-gesterone, ne deriva che l’accumulo della secrezione uteri-no-ghiandolare è un ottimo substrato per la crescita di batte-ri, soprattutto Escherichia Coli.

La colonizzazione da parte di Escherichia Coli all’internodell’utero determinerà la polidipsia che caratterizza la maggiorparte delle piometre. Sembra che il meccanismo con cui siinstaura la polidipsia è dovuto ad una tossina prodotta dall’E-scherichia Coli che interferisce con il riassorbimento del Na eCl nell’ansa di Henle con minor ipertonicità renale midollaree conseguente necessità di bere da parte della paziente. Altrateoria è che la tossina elaborata dal battere determini un dan-no tubulare con conseguente mancata risposta all’azione del-l’ADH da parte del tubulo renale.

La Piometra conclamata sarà accompagnata da leucocitosi,anemia normocitica normocromica non rigenerativa, iperpro-teinemia e iperglobulinemia, iperazotemia pre-renale, aumen-to dei livelli dell’ALT, ALP in funzione del danno epato-cel-lulare e ipostenuria.

Il complesso iperplasia cistica endometriale/endometrite/piometra è stato per lo più considerato una condizione pato-logica dell’utero che pressoché inevitabilmente portavaall’infertilità, se non altro per l’approccio chirurgica (ovari-sterectomia) che ha sempre caratterizzato la risoluzione ditale condizione.

Recentemente sono stati proposti protocolli terapeutici vol-ti a salvaguardare l’utero con la speranza di salvaguardare lafertilità della paziente, essendo riconosciuta come causa pri-maria del disordine l’azione del progesterone sull’endometrio,

i protocolli terapeutici erano basati sull’utilizzo delle prosta-glandine naturali prima e sintetiche più recentemente.

L’azione delle prostaglandine era duplice: indurre luteoli-si e conseguente crollo delle concentrazioni del progestero-ne, e indurre contrazioni di tipo peristaltico del miometriocon conseguente svuotamento del contenuto dell’utero.

Gli effetti collaterali ben noti delle prostaglandine (scia-lorrea, tachipnea, spasmi della muscolatura liscia addomina-le con vomito e diarrea, prostrazione) non rendono tale pro-tocollo privo di effetti indesiderati, seppure a breve termine,e non applicabile a tutte le pazienti.

La soppressione dell’azione del Progesterone sull’endote-lio uterino può essere ottenuta mediante la somministrazio-ne di un farmaco con azione anti-progesterone: l’AGLEPRI-STONE.

Tale molecola ha un meccanismo d’azione di tipo recetto-riale spiazzando il progesterone endogeno dai suoi siti recet-toriali, occupa i siti del progesterone senza attivarli, talemeccanismo d’azione è assolutamente innovativo e privo dieffetti collaterali. Tale farmaco è già ben conosciuto cometerapia per il trattamento della gravidanza indesiderata ma lasua spiccata affinità per i siti recettoriali uterini, fino a 3 vol-te superiore rispetto al progesterone endogeno, lo rende par-ticolarmente adatto anche per la terapia medica della piome-tra sia nella cagna che nella gatta.

Tale farmaco riveste una importanza notevole per potertrattare non solo cagne di alto pregio genealogico per le qua-li deve essere fatto tutto il possibile per salvaguardarne lafertilità, ma anche per quelle pazienti con piometre “chiuse”e/o a rischio anestesiologico per le quali l’intervento chirur-gico può rappresentare un problema aggiuntivo.

L’efficacia del trattamento aumenta notevolmente se siassocia un farmaco che favorisca le contrazioni uterine perpromuovere lo svuotamento del contenuto dell’utero, a talproposito il protocollo qui proposto prevede l’utilizzo delcloprostenolo (prostaglandina sintetica) che potrà essereutilizzata a dosaggi molto ridotti minimizzando, quindi, glieffetti collaterali.

Sarà possibile far precedere la somministrazione del clo-prostenolo con una pre-medicazione che antagonizza quasidel tutto gli effetti collaterali seppure già modesti.

Il protocollo proposto è il seguente:- giorno 0: aglepristone 10 mg/kg/sc- giorno 1: aglepristone 10 mg/kg/sc- giorni 2-3-4-5-6-7: cloprostenolo 1,5 microgrammi/kg/sc

preceduto da pre-medicazione- giorno 8: aglepristone 10 mg/kg/sc

Patologie uterine del diestro nella cagna e nella gatta

Giovanni Majolino

Med Vet, SMPA, Collecchio (Parma)

169

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 169

Page 170: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

- giorno 15: aglepristone 10 mg/kg/sc in funzione delcontrollo ecografico e del dosaggio del progesteronesierico

- durante il trattamento è bene associare una terapia disostegno con fluidoterapia, se necessario, e antibioticoterapia con farmaci che ben si concentrino a livello ute-rino quali i chinolonici di ultima generazione associati ono a cefalosporine, in funzione della gravità dell’infe-zione.

La pre-medicazione al cloprostenolo prevede l’utilizzo diatropina solfato (0,025 mg/kg/im) e bromuro di prifinium(0,75 mg/kg/im) nella stessa siringa da somministrarsi circa15 minuti prima di ogni singola somministrazione di clopro-stenolo.

Sarà possibile, nei casi più gravi, associare una medicazio-ne antibiotata, a base di rifampicina, localmente in utero, conpreparato a base di schiuma che dovrà essere applicato attra-verso un sottile catetere di soli 2 mm di diametro, attraversoun endoscopio rigido, che visualizzando l’ostio cervicale per-metterà il passaggio del catetere attraverso la cervice.

La sperimentazione di tale protocollo ha evidenziato unottima efficacia e ottima tollerabilità dei farmaci utilizzati,con effetti collaterali del tutto nulli per l’aglepristone emodesti e del tutto tollerabili per bassi dosaggi di cloproste-

nolo ma soprattutto hanno reso possibile il recupero dellafertilità in quasi tutti i soggetti trattati.

L’azione anti-progesterone di tipo recettoriale dell’agle-pristone, atta a rimuovere la causa ormonale primaria dellapiometra, risulta fondamentale nell’ottenere il risultato. L’a-zione congiunta di una molecola con effetto contratturante ilmiometrio per promuovere attivamente lo svuotamento del-la raccolta endo-uterina, fa si che il risultato sia più facil-mente ottenibile.

Ritengo che la terapia di sostegno e in particolar modo l’u-tilizzo di un medicamento antibiotato che espande le cornauterine diffondendo bene all’interno dell’utero combattendola causa batterica del processo infettivo aumenti ulteriormen-te le possibilità di successo di una terapia che si pone comealternativa ad un intervento chirurgico senz’altro più invasivoe soprattutto incompatibile con una mantenuta fertilità.

Bibliografia disponibile su richiesta.

Indirizzo per la corrispondenza:Giovanni Majolino - www.bancasemecanino.comE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

170

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 170

Page 171: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Iperplasia fibroepiteliale della ghiandola mammaria,iperplasia mammaria benigna, fibroadenomatosi dellamammella sono tutte definizioni diverse di una stessa con-dizione patologica a cui possono andare incontro alcunifelini sia in modo spontaneo sia per cause iatrogene, inquest’ultimo caso possono essere interessati sia le femmi-ne che i gatti maschi.

Si tratta di una patologia ad andamento benigno che col-pisce solo esclusivamente la specie felina.

Fu descritta per la prima volta da Allen nel 1973.Si tratta di una ipertrofia-iperplasia mammaria benigna

di una o più ghiandole mammarie senza coinvolgimentodei linfonodi tributari e solitamente non accompagnata dasecrezione lattea e senza un coinvolgimento dello statogenerale.

Solitamente sono colpite gatte al di sotto dell’anno di etàe subito dopo il primo calore in cui si accoPpiano, per laforma spontanea;mentre per la forma indotta farmacologi-camente possono essere colpite gatte di qualsiasi età dopola prima somministrazione di progestinici di sintesi atti ainterrompere il ciclo riproduttivo. È possibile che tale con-dizione si presenti nel gatto maschio trattato in precedenzacon progestinici di sintesi.

Và ricordato che nella specie Felina l’ovulazione èindotta dal coito e solo circa il 5% delle ovulazione avvie-ne per via spontanea, quindi l’Iperplasia mammaria beni-gna segue di solito un accoppiamento accompagnato daovulazione con conseguente aumento del progesterone. Insoggetti predisposti le prime sollecitazioni da Progesteronepossono determinare il quadro sintomatologico di seguitodescritto.

Gli effetti collaterali noti del Progesterone naturale o disintesi sono: aumento di peso, iperplasia cistica endome-triale, diabete mellito, rischio di neoplasie mammarie persomministrazione perpetuate nel tempo, eventuali disturbicomportamentali e aumento della secrezione del GH(ormone Somatotropo) conosciuto anche come Ormonedella Crescita.

L’aumento dei livelli di GH, in risposta all’aumento deltasso sierico di Progesterone, comporta conseguenze diversea seconda della specie animale che viene considerata, nelgatto l’organo bersaglio è il tessuto mammario, mentre nelcane l’azione dell’Ormone Somatotropo induce un’insulinaresistenza che predisporrà ad una condizione diabetica o ten-derà a peggiorare una condizione diabetica pre-esistente.

L’azione dell’Ormone Somatotropo, conosciuto anchecome Ormone della Crescita, è tale da determinare, sul tes-suto mammario del paziente felino, proliferazione dei dot-ti epiteliali e dello stroma ghiandolare fino ad arrivare adeterminare IPERPLASIA FIBROEPITELIALE a carico,di solito, delle mammelle più inguinali per poi estendersiall’intera fila mammaria bilateralmente.

Raramente il quadro evolve con ulcerazione del tessutoma in molti casi l’edema mammario e le ripercussioni dalpunto di vista circolatorio possono arrivare a determinareemorragie e/o necrosi del tessuto mammario coinvolto.

La diagnosi differenziale, per l’estensione delle lesioni eper la gravità delle stesse, dovrà prendere in considerazio-ne la Neoplasia Mammaria, ma considerando che l’età del-le gatte colpite è solitamente intorno all’anno e dopo il loroprimo calore, è difficile che queste condizioni siano asso-ciate alla patologia tumorale.

Altra patologia che dovrà essere considerata è la Masti-te che presuppone però una lattazione in corso con ingorgomammario che nel caso della Fibroadenomatosi benignanon c’è, la fase del ciclo in cui si verifica l’Iperplasia Mam-maria Benigna o (Fibroadenomatosi benigna) è la gravi-danza o il diestro post-ovulazione spontanea, fasi in cuipredomina l’azione del progesterone, nelle mastiti la fasedel ciclo è l’anaestro che inizia quando il progesterone tor-na al suo valore basale e quando aumenta il tasso ematicodella prolattina.

Un’attenta anamnesi circa l’età del soggetto e il cicloriproduttivo ci guiderà nella diagnosi differenziale. Nelcaso della Fibroadenomatosi benigna l’anamnesi segnaleràla presenza di un calore con accoppiamento nei due mesiprecedenti oppure una somministrazione di progestinici disintesi.

TRATTAMENTO

PATOGENESI “SPONTANEA” per gravidanza o ovula-zione spontanea:• Ovariectomia in quanto l’asportazione delle ovaie elimi-

nerà la causa ormonale, ovvero il progesterone, nel casodi gravidanza avanzata oltre i 15 giorni sarà necessarial’ovaristerectomia (ovariectomia/ovaristerectomia con-troindicate per la notevole iperplasia mammaria e per iltraumatismo chirurgico che ne deriverebbe)

Iperglicemia/diabete con esordio nel diestro nellacagna e iperplasia fibroepiteliale della ghiandolamammaria nel gatto, cosa hanno in comune?

Giovanni Majolino

Med Vet, SMPA, Collecchio (Parma)

171

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 171

Page 172: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

• Aborto indotto farmacologicamente (aglepristone) inquanto rimuove l’azione del progesterone medianteantagonismo diretto di tipo recettoriale

• Anti-Prolattinico per sfruttare l’azione inibente il corpoluteo e azione anti-infiammatoria sul tessuto mammario

• Antinfiammatorio anti-edemigeno (arnica) per combat-tere l’infiammazione del tessuto mammario (co-adiu-vante)

PATOGENESI “NON SPONTANEA” per somminitrazio-ne di progestinici di sintesi:• Cessare somministrazione progestinici• Aglepristone per rimuovere l’azione dei progestinici

mediante antagonismo recettoriale diretto• Anti-Prolattinico per sfruttare l’azione inibente il corpo

luteo e azione anti-infiammatoria sul tessuto mammario• Antinfiammatorio anti-edemigeno (arnica) per combat-

tere l’infiammazione del tessuto mammario (co-adiu-vante)

• Mastectomia totale (troppo invasivo)

TERAPIA MEDICA

Il trattamento di tale patologia sarà volto a rimuovere lacausa primaria che sostiene tale condizione ovvero il Pro-gesterone. Il farmaco d’elezione è l’AGLEPRISTONE chegrazie alla sua affinità per i siti recettoriali del progestero-ne, 5 volte superiore rispetto al progesterone endogeno,spiazzerà il progesterone naturale o di sintesi dai siti recet-toriali senza attivarli.

Lo schema terapeutico sarà diverso a seconda che si trattidi una forma spontanea o indotta dalla somministrazione diprogestinici di sintesi, di solito con lunga durata d’azione.

FORMA SPONTANEA: abbiamo detto che nella formaspontanea, dopo l’accoppiamento che determinerà l’ovula-zione, il progesterone prodotto dal corpo luteo rimarrà avalori elevati (da 5 a 40 ng/ml) per tutto il periodo dellagravidanza. Tale aumento del progesterone indurrà unaumento del GH che stimolerà in maniera abnorme il tes-suto mammario per tutta la durata della gravidanza. Va dasé che il trattamento volto a rimuovere l’azione del proge-sterone sortirà due effetti: interrompere inevitabilmente lagravidanza e eliminare la sollecitazione ormonale sul tes-suto mammario, purtroppo le due azioni non possono esse-re disgiunte.

Lo schema terapeutico prevede due somministrazioni diAGLEPRISTONE: 15 mg/kg/sc a distanza di 24 ore, taletrattamento garantirà una sospensione dell’azione del pro-gesterone endogeno per sette giorni. Ogni sette giorni ver-rà ripetuta una singola somministrazione di AGLEPRI-STONE allo stesso dosaggio di 15 mg/kg fino a quando iltessuto mammario non sarà rientrato nella norma. In que-sto caso il trattamento non può durare oltre i 2 mesi, dalmomento che dopo due mesi dall’ovulazione fisiologica-mente il progesterone scende a valori basali. Un ottimoindicatore per sapere per quanto eventualmente proseguirela somministrazione settimanale di AGLEPRISTONE è il

dosaggio del Progesterone sierico mediante prelievo disangue da effettuarsi al sesto giorno dopo l’ultima sommi-nistrazione di Aglepristone, se il valore del progesteronesarà maggiore di 2 ng/ml con iperplasia mammaria ancorapresente, sarà bene al settimo giorno somministrare Agle-pristone. Le stesse gatte così trattate nel corso della loroprima gravidanza non è detto che nelle gravidanze succes-sive debbano avere lo stesso andamento, ma nel caso lastessa situazione si ricreasse nella gravidanza successivasarebbe corretto considerare un’ovariectomia come risolu-zione definitiva.

Lo stesso risultato potrebbe essere perseguito attraversosomministrazione di altre molecole che inducano abortocon conseguente abbattimento delle concentrazioni emati-che di progesterone come Cabergolina/Metergolina o pro-staglandine.

Per quanto riguarda Cabergolina/Metergolina indurreb-bero l’aborto attraverso un meccanismo indiretto ovveroattraverso la loro azione antiprolattinica, essendo la prolat-tina l’ormone che sostiene il corpo luteo che produce ilprogesterone che a sua volta mantiene la gravidanza. Taleterapia è stata abbandonata in quanto la risposta non erasempre costante e soprattutto i tempi in cui poteva agireerano dopo la prima metà della gravidanza. Le Prostaglan-dine invece agiscono attraverso un’azione luteolitica diret-ta e inducendo contrazioni del miometrio volte ad espelle-re il contenuto dell’utero (embrioni/feti), tale molecola hadegli effetti collaterali non trascurabili pertanto potevaessere considerato l’utilizzo quando non esisteva un’alter-nativa abortigena priva di effetti collaterali.

FORMA INDOTTA FARMACOLOGICAMENTE: taleforma sostenuta da somministrazione di progestinici conazione depot prevede che la terapia con il farmaco anti-Progesterone sia protratta per l’intero periodo di azione delprogestinico di sintesi utilizzato. A tal proposito va ricor-dato che il tempo di azione dell’AGLEPRISTONE nell’oc-cupare i siti recettoriali del Progesterone non và oltre aisette giorni, per cui lo schema terapeutico dovrà prevederedue somministrazioni di AGLEPRISTONE: 15 mg/kg/sc adistanza di 24 ore e una somministrazione singola ogni set-te giorni fino al termine dell’azione del progestinico di sin-tesi. Purtroppo in questo caso il controllo della Progestero-nemia non può essere considerato un indicatore valido inquanto non può rilevare il progestinico di sintesi ma soloquello endogeno.

Nel protocollo terapeutico può essere eventualmenteaggiunto un anti-Prolattinico (come la Metergolina oCabergolina) in modo da sfruttare anche l’azione iniben-te il corpo luteo e l’azione anti-infiammatoria sul tessutomammario.

Le alte concentrazioni sieriche di progesterone indu-cono un aumento dell’ormone somatotropo circolante(GH) e conseguentemente, nella cagna, si ha un antago-nismo all’insulina (Pierluissi e Campbell, 1980, Eingen-mann, 1981).

L’alto tasso di somatotropo ridurrebbe il numero dei recet-tori per l’insulina a livello delle membrane cellulari, ne alte-rerebbe l’affinità per l’ormone, e ne altererebbe anche le rea-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

172

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 172

Page 173: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

zioni normali che scaturirebbero dall’attivazione del recetto-re da parte dell’ormone (Ganong, 1981)Anche la sommini-strazione di progestinici di sintesi è in grado di stimolareattivamente la liberazione di ormone della crescita.

La cagna diabetica deve essere sterilizzata per evitarequesto scompenso ormonale indotto dal progesterone cheattraverso l’ormone somatotropo si traduce in una insulino-resistenza.

Spesso l’esordio della condizione diabetica nella cagnaintera coincide con l’inizio del diestro.

Una condizione pre-diabetica o latenza di una pre-dispo-sizione diabetica si concretizza in diabete conclamato,durante il diestro.

Per evitare di sterilizzare una cagna quando altamentescompensata, l’aglipristone può offrire un ottima armaterapeutica per riportare la paziente a valori normo-glice-mici per poi programmare la sterilizzazione più tardi.

Aglipristone con il suo meccanismo recettoriale anti-progesterone si è dimostrato efficace nell’antagonizzare glieffetti del progesterone nel determinare insulino-resistenza

Possibilità di effettuare la sterilizzazione nella pazientediabetica quando si è stabilizzata e in condizioni generalimigliori rispetto a quelle dell’esordio della patologia duran-te il diestro• Inappropriata somministrazione di insulina• Insulina inattiva o scaduta• Metabolismo rapido dell’insulina • Iperglicemia insulino-dipendente• Iperadrenocorticismo • Iperprogesteronemia• Acromegalia• Feocromocitoma• Programma alimentare inadeguato• Condizioni stressanti infettive e non• Anticorpi anti-insulina• Eccessiva degradazione dell’insulina nella sede d’inoculo

si intende un antagonismo “periferico” agli effetti del-l’ormone, con conseguente iperglicemia persistente (>300mg/ dl), glicosuria,poliuria, polidpsia, polifagia e dimaga-ramento, nonostante la terapia insulinica.

All’aumento del dosaggio dell’insulina anche oltre le2UI/ kg non corrisponde alcun miglioramento della sinto-matologia e quindi della glicemia

L’insulino resistenza progesterone indotta (attraversol’aumento del Gh progesterone indotto) può essere trattatacon somministrazione di AGLEPRISTONE che attraversola sua azione anti-progesterone, occupa i siti recettorialidel Progesterone senza attivarli. Mancando la possibilitàdel progesterone circolante di espletare la sua azione verràmeno anche l’azione di aumento del Gh e quindi anchel’Insulino resistenza cesserà.

Il protocollo, se il progesterone è superiore a 2 ng/ml,prevede:

AGLEPRISTONE: 10 mg/kg sottocute da ripetere dopo24 ore, e una monosomministrazione di AGLEPRISTONE:10 mg/kg sottocute ogni 7 giorni per tutta la durata del die-stro (fino a quando il progesterone non scende sotto i 2ng/ml). Contestualmente alla terapia anti-progesterone

bisognerà adeguare la terapia insulinica all’andamento del-la glicemia facendo molta attenzione ad evitare ipoglice-mie repentine dovute alla mancata azione del progesterone.

OLIVIA: husky femmina 9 anni di età•Ultimo caloremetà marzo 2005• Calore molto lungo (30 giorni di perdite vaginali)• Interestri ed espletamento dei calori precedenti nella

norma• 2 settimane dopo la fine del calore: polidpsia, poliuria,

polifagia, perdita di peso, condizioni generali molto sca-denti, abbattimento

• Glicemia: 480 mg/dl• Alkp: 1015 U/L (10-100)• ALT: 322 U/L (10-100)• AST: 13 U/L (0-50)• AMILASI: 2300 U/L (<1800)• LIPASI: 2023 U/L (200-1800)• PROGESTERONE: 13,9 ng/mlTerapia iniziale:• 22 UI caninsulin con mono soministrazione giornaliera

per un peso corporeo di 17 kg• Glicemia oscillante tra 415 e 312 • Polidipsia e poliuria MANTENUTE• Condizioni generali scadenti• Dimagramento ed apatia

Terapia impostata dopo consulto:• Protophane: prima 1,5 UI/Kg BID per passare a 2,2 UI/

Kg BID• Fluidoterapia per (amilasi, lipasi, alt, got, alkp elevate)• Glicemia oscilla tra 430-220 mg/dl• Terapia insulinica con 2,2 UI/kg• Compenso glicemico molto scadente• Unica possibilità per controllare la glicemia a 221 mg/dl

mediante somministrazione ev di insulina rapida (actra-pid)

Trattamento aglipristone:• 23-aprile: glicemia 343 mg/dl (mattina) –

316 mg/dl (sera) con 40 UI…. insulina protophane BID

• 23-aprile: aglipristone: 10 mg/kg• 24-aprile: aglipristone: 10 mg/kg• 24-aprile: progesterone: 14,6 mg/dl (diestro)

Risultati della terapia con Aglipristone sull’andamentodella glicemia:• 25-aprile: glicemia hr.9,30: 104

hr.15,00: 138hr.22,00: 214progesterone: 10,8 ng/ml (diestro)

• Dopo 2 giorni riduzione del dosaggio di insulina da 40UI a 30 U/I

• Dopo 4 giorni: 25 UI• Dopo 6 giorni: 18 UI• Dopo 7 giorni: progesterone: 8,06 (diestro)

ripetuto aglipristone: 10 mg/kg• Dopo 8 giorni: 16 UI (0,8 UI/Kg)• Dopo 10 giorni:progesterone: 2,5 (ultimi giorni diestro)

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

173

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 173

Page 174: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

CONCLUSIONI

La fibroadenomatosi benigna del gatto è una condizionepatologica spesso non riconosciuta in quanto tale e/o spes-so non inquadrata correttamente nel suo meccanismo ezio-patogenico ma la gravità delle lesioni spesso associate atale condizioni a carico del tessuto mammario ghiandolareimpone una diagnosi e una terapia tempestiva che porteràcome risultato un sollievo alla paziente o al paziente e unaltrettanto sollievo al proprietario preoccupato per le con-dizioni del proprio animale.

La terapia proposta ha avuto un ottimo successo portan-do alla risoluzione tutti i casi clinici così trattati. Conclu-dendo i punti di maggio forza e interesse circa il farmacoproposto ed utilizzato (Aglepristone) sono:

Blocco degli effetti del GH sul tessuto mammario spiaz-zando il progesterone (naturale o di sintesi) dai suoi sitirecettoriali, senza attivarli.

L’azione anti-progesterone è da considerarsi fondamen-tale nel trattamento dell’iperplasia fibroadenomatosa delgatto.

L’aglepristone determinerà aborto nelle gatte che hannosviluppato fibroadenomatosi benigna durante la fase gravi-dica e si è rilevato un ottimo ausilio nelle gatte non gravi-

de o gatti maschi affetti da tale condizione.Nel caso della iperglicemia nella cagna in diestro, indot-

ta indirettamente dall’aumento del tasso plasmatico delprogesterone la terapia con una molecola con spiccataazione anti-progesterone si è dimostrata estremamente effi-cace nel controllo dell’insulino resistenza. Adeguando laterapia insulinica alle reali necessità della paziente.

Concludendo, anche per questa condizione, i punti dimaggio forza e interesse circa il farmaco proposto ed uti-lizzato (Aglepristone) sono:

Blocco degli effetti del GH che crea insulino-resistenza,spiazzando il progesterone (naturale o di sintesi) dai suoisiti recettoriali, senza attivarli.

L’azione anti-progesterone è da considerarsi fondamen-tale nel trattamento dell’iperglicemia nella cagna diabeticadurante il periodo diestrale.

Bibliografia disponibile su richiesta.

Indirizzo per la corrispondenza:Giovanni Majolino - www.bancasemecanino.comE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

174

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 174

Page 175: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il numero di animali da compagnia non convenzionali,soprattutto conigli e furetti, è in progressivo aumento negliultimi anni. Ne consegue che tali animali vengono riferiticon sempre maggiore frequenza allo specialista per patolo-gie neurologiche anche se le segnalazioni riportate in biblio-grafia sono piuttosto limitate. In letteratura la maggior partedelle pubblicazioni riguardano per lo più singoli casi clinicie descrivono in prevalenza gli aspetti anatomopatologici cor-relandoli a scarsi dati clinici. La descrizione degli aspettisemiologici neurologici e della loro interpretazione è invecein letteratura veterinaria piuttosto scarsa.

Partendo dallo schema classico dell’esame neurologico loscopo del nostro lavoro è stato quello di valutare in furetti econigli sani i test funzionali maggiormente attendibili nellavalutazione del sistema nervoso.

Sono stati esaminati 50 furetti e 20 conigli che non pre-sentavano in anamnesi possibili patologie a carico del siste-ma nervoso ed è stato videoregistrato, con il consenso deiproprietari, l’esame neurologico completo. I risultati sonostati raccolti in un database ed stata effettuata una statisticadescrittiva monovariata.

L’esame dello stato del sensorio, ossia la capacità dell’a-nimale di interagire con l’ambiente esterno, è risultato age-vole in tutti gli animali esaminati, considerando le normalidifferenze esistenti nelle due specie. I furetti infatti durantela visita neurologica hanno dimostrato marcato interesse alnuovo ambiente, manifestando una maggiore tendenza all’e-splorazione e all’interazione con l’operatore. Come riporta-to in letteratura i furetti non sono neofobici e un ambientenuovo non li inibisce, generalmente quando vengono postisul tavolo da visita non si immobilizzano ma iniziano adesplorare l’ambiente.

I furetti non tollerano lunghe manipolazioni e abbiamoconstatato che l’offerta di alimenti molto appetibili comepaste aromatizzate per furetti o prodotti multivitaminici pergatti, così come attirare la loro attenzione con il gioco pos-sono essere utilizzati per effettuare determinate manovrecome ad esempio alcune reazioni posturali.

Durante la visita i conigli hanno mostrato una notevolevariabilità nel comportamento, infatti dopo l’approccio ini-ziale la maggioranza sono rimasti immobili, (13/20), alcunihanno mostrato una certa tendenza all’esplorazione (5/20),

mentre altri hanno manifestato una certa aggressività (2/20).Vista la loro sensibilità allo stress i conigli devono esserevisitati in un ambiente tranquillo e maneggiati con moltacura durante l’esame poiché questo aumenta l’attendibilitàdelle risposte ottenute ed evita lesioni traumatiche acciden-tali, soprattutto alla colonna vertebrale lombare.

Nel coniglio la valutazione della postura della testa e delcollo è particolarmente importante poiché in questa specie siosservano frequentemente sindromi vestibolari periferiche,come nel caso dell’otite media-interna da Pasteurella multo-cida, che centrali, come ad esempio nel caso della menin-goencefalite sostenuta da Encephalitozoon cunicoli.

La postura della testa, caratterizzata da un asse orizzonta-le parallelo al terreno, è risultata costante in tutti gli animalicosì come la postura degli arti, anche se nel coniglio risul-ta più difficile da valutare per le piccole dimensioni e per l’at-teggiamento con gli angoli articolari posteriori chiusi tipicadi questa specie. Particolarmente interessante è la postura delrachide nel furetto dove la cifosi assunta anche durante lalocomozione è da ritenersi normale.

In uno studio sulla postura del rachide e sui suoi movi-menti è stato osservato, utilizzando la cineradiografia, chein questa specie durante la locomozione il rachide vienemantenuto in posizione arcuata tanto da raggiungere unaproporzione tra lunghezza degli arti e tronco simile ai pic-coli animali.

Nella valutazione dell’andatura abbiamo valutato la presen-za di eventuali segni di debolezza, di incoordinazione moto-ria, dismetrie e movimenti di maneggio. Nei coniglio la fisio-logica andatura caratterizzata da una andatura saltellante sugliarti posteriori rende difficile evidenziare eventuali lievi distur-bi nella coordinazione del movimento. Il furetto normale assu-me l’atteggiamento cifotico sopra descritto e mantiene unaandatura diagonale simile a quelle del cane o del gatto.

Nella valutazione della propriocezione e delle reazioniposturali, ossia la capacità del soggetto di riconoscere laposizione del tronco e degli arti nello spazio, abbiamo effet-tuato i test funzionali descritti nel cane e nel gatto.

La prova del saltellamento, che consiste nel sollevare l’a-nimale in maniera tale da farlo saltellare su un solo arto ante-riore o posteriore, è risultata di facile esecuzione ed inter-pretazione in 46 furetti su 50 e in tutti i conigli.

175

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Valutazione neurologica nei nuovi pets

Massimo Mariscoli

Med Vet, Dipl ECVN, Teramo

Valentina Papa

Med Vet, Dr Ric, Roma

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 175

Page 176: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La spinta posturale estensoria, che consiste nel sollevarel’animale e successivamente avvicinarlo al terreno per valu-tare l’iniziale estensione degli arti posteriori prima di tocca-re il suolo e la capacità di effettuare alcuni passi, è risultatasimile al cane e al gatto in 41 furetti su 50 mentre è stato pos-sibile effettuarla solo in 6 conigli su 20 rendendo questo testpoco attendibile e per di più pericoloso se non si sostienecon grande attenzione il rachide.

La carriola con visione consiste nel valutare la capacitàdell’animale di camminare solo con gli arti anteriori. Questareazione posturale è stata eseguita con successo in 38 furet-ti su 50 e in 11 conigli su 20, mentre effettuandola elimi-nando la componente visiva la sua attendibilità è marcata-mente diminuita in entrambe le specie (8/50 furetti, 3/20conigli). Nel furetto però utilizzando un alimento appetibileper distogliere l’attenzione dell’animale durante l’esecuzio-ne della carriola a collo esteso è stato possibile effettuare iltest in modo corretto in 22 soggetti su 50.

Il posizionamento propriocettivo, ossia la valutazione del-la capacità dell’animale di riposizionare correttamente l’e-stremità distale dell’arto se posizionato sul dorso del piede,è risultato immediato in 22 furetti su 50 e in 6 conigli su 20.

Per quanto riguarda la valutazione dei nervi cranici, ilriflesso palpebrale, la sensibilità facciale e il riflesso delladeglutizione sono risultati di facile esecuzione e interpreta-zione e sovrapponibili a quelli del cane e del gatto in pres-soché la totalità dei soggetti esaminati. La valutazione deldiametro pupillare, del riflesso pupillare diretto e indiretto edel nistagmo fisiologico sono risultati piuttosto difficili acausa della pigmentazione scura dell’iride e della piccoladimensione del globo oculare soprattutto nei furetti. La rea-zione alla minaccia che consiste nell’effettuare un gesto diminaccia e nel valutare la completa chiusura della palpebraè risultata anormale in 45 furetti su 50 e in tutti i conigli.Questo dato contrasta con la maggior parte dei dati da noireperiti in bibliografia.

Nella valutazione dei riflessi spinali abbiamo trovato par-ticolare difficoltà nell’esecuzione dei riflessi miotatici, qua-li il riflesso patellare e il tibiale craniale, mentre il riflessoflessorio è risultato di facile esecuzione in 47 furetti su 50 ein 18 conigli su 20. In quest’ultima specie, a differenza delfuretto, il riflesso flessorio è stato evocato in alcuni soggettidopo ripetute stimolazioni.

La difficoltà nell’esecuzione dei riflessi miotatici, inentrambe le specie, risiede a nostro giudizio oltre che nella dif-

ficoltà nel contenere il soggetto in decubito laterale, anche nel-le piccole dimensioni dell’animale. La percussione di un ven-tre muscolare determina infatti un movimento passivo dell’ar-to piuttosto ampio difficilmente distinguibile da un riflesso.

Riassumendo il nostro studio suggerisce che l’esame neu-rologico del furetto deve prendere in considerazione la valu-tazione della postura, dell’andatura e tra le reazioni postura-li il saltellamento, la carriola e la spinta posturale estensoria.I nervi cranici e il riflesso flessorio negli arti sono attendibi-li e di facile esecuzione, mentre la reazione alla minaccianon risulta attendibile. Nel coniglio la valutazione dellapostura, delle reazioni posturali quali il saltellamento e lacarriola, dei nervi cranici e il riflesso flessorio rappresenta-no i test più rappresentativi in questa specie.

Bibliografia

Antinoff N. Musculoskeletal and neurological diseases. In: QuesenberryKE, Carpenter JW, editors. Ferrets, rabbits and rodents: clinical medi-cine and surgery. 2nd edition. Philadelphia: W.B. Saunders; 1997. p.115-20.

Avanzi M. et al. (2008) Diagnosi e terapia delle malattie degli animali eso-tici. Ed. Masson, Milano.

Diaz-Figueroa O. and Smith M. (2007) Clinical Neurology of Ferrets. VetClin Exot Anim 10 759–773.

Lewington J.H. Ferret husbandry,medicine, and surgery. 2st edition.Woburn (MA): Butterworth Heinemann; 2000. p. 129–52.Moritz S.et al. (2007) Three dimensional fibre-type distribution in the paraver-tebral muscle of domestic ferret (mustela putorius f. furo) with rela-tion to functional demands during locomotion. Zoology 110, issue 3197-211.

Vernau K. M. et al. (2007) Examination and Lesion Localization in theCompanion Rabbit (Oryctolagus cuniculus). Vet Clin Exot Anim 10731-758.

Indirizzo per la corrispondenza:Valentina PapaClinica delle emergenze veterinarie, Viale Etiopia 16 RomaTel. 0697614877 E-mal: [email protected]

Massimo MariscoliDipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie Università degli Studi Di TeramoViale Crispi 212, TeramoTel. 0861266982E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

176

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 176

Page 177: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La malattia renale è sicuramente una delle patologie piùsottodiagnosticate nel coniglio: uno studio ha evidenziatouna prevalenza di oltre il 30% di nefropatie nei soggettimacellati. Purtroppo una diagnosi precoce è difficile perdiversi fattori: la poliuria è difficilmente riconosciuta neisoggetti che vivono principalmente in gabbia e ancor più inquelli mantenuti all’aperto; anche la polidipsia spesso ini-zialmente passa inosservata e così il calo ponderale che èmascherato dalla folta pelliccia e dall’aspetto raccolto tipicodi questa specie. Anche nel caso di proprietari attenti cherichiedono controlli periodici del loro coniglio, la biochimi-ca clinica è poco sensibile per quanto riguarda la funzionali-tà renale; e gli esami delle urine, che sarebbero più informa-tivi, vengono spesso sottoutilizzati. Di conseguenza in molticasi i soggetti nefropatici cronici (CRF) vengono presentatial veterinario ad uno stadio molto avanzato della patologia incui le possibilità di intervento sono ridotte. Viceversa, lepatologie renali acute (ARF) evolvono molto rapidamente,spesso in conseguenza di quadri patologici acuti e gravi, espesso sono già ad uno stadio irreversibile quando l’animaleviene portato all’attenzione del veterinario.

L’insufficienza renale acuta (ARF) è un patologia estre-mamente grave e comporta una prognosi da riservata adinfausta. La gestione della ARF comincia con la prevenzionedella stessa: i pazienti a rischio (traumatizzati gravi, pazienticon patologie da immunocomplessi, animali che devono sub-ire anestesia generale, pazienti che necessitano di terapienefro tossiche) dovrebbero sempre ricevere fluidoterapia emonitoraggio adeguati per scongiurare l’insorgenza di questagrave condizione.

La produzione di urina e la qualità della stessa dovrebbeessere obbligatoriamente controllata in ogni coniglio malatopresentato a visita, soprattutto se la sintomatologia è acuta:anche il controllo dell’azotemia e degli elettroliti è consi-gliato. Un protocollo diagnostico e terapeutico mirato e tem-pestivo è fondamentale per la prognosi di un coniglio pre-sentato con iperazotemia acuta.

L’iperazotemia pre-renale dipende da diminuita filtrazioneglomerulare (GFR) ed è accompagnata da urina concentrata oin casi gravi da anuria: dipende di solito da grave disidratazio-ne, ipovolemia o ipotensione. Nel coniglio è molto comune inseguito a dilatazione gastrica da ostruzione pilorica/duodenalecome pure in seguito a copiose emorragie nelle coniglie conaneurisma o neoplasie uterine sanguinanti. Anche il colpo dicalore, l’esteso danno muscolare (come in seguito all’attaccodi un predatore) o un grave stress che riduce la circolazione alivello renale sono cause comuni di ARF.

L’iperazotemia post-renale consegue ad ostruzione dellevie urinarie o rottura delle stesse per cui il deflusso dei pro-dotti di scarto è interrotto. L’iperazotemia post-renaledovrebbe risolversi una volta eliminata l’ostruzione a menoche quest’ultima sia durata così a lungo da causare dannotubulare per eccesso di pressione a valle. Durante la risolu-zione dei problemi ostruttivi è fondamentale monitorare ladiuresi post-ostruttiva che può essere imponente e deve esse-re supportata da adeguata fluidoterapia, pena disidratazionee iperazotemia pre-renale. Le sindromi ostruttive nel coni-glio non sono particolarmente frequenti e la formazione dicalcoli o plug uretrali spesso consegue ad una malattia rena-le preesistente.

La nefropatia primitiva con autentico danno al parenchi-ma renale è caratterizzata da iperazotemia con urine isoste-nuriche. Cause comuni di danno acuto al parenchima renalenel coniglio sono infezioni batteriche, aminoglicosidi eFANS (soprattutto in concomitanza di anestesia generale) edalcune tossine vegetali, fra cui le liliacee e le foglie di quer-cia. Ischemia del parenchima renale può conseguire a ipo-tensione, ipovolemia, sepsi e insufficienza organica multiplacome in seguito a grave trauma.

Una volta che l’ARF è sospettata è importante agire rapi-damente: radiologia, ecografia e risposta alle prime terapiesono utili complementi all’ematochimica e all’esame delleurine quando presenti per emettere una prima prognosi. Se lacausa della condizione non è immediatamente evidente, l’u-rinocultura è utile per individuare pielonefriti e trattarle dasubito in maniera mirata. Se si sospetta una causa tossicaingerita, può essere indicata una lavanda gastrica e la som-ministrazione di carbone attivo.

Il primo parametro da monitorare in caso di ARF è lapressione sistemica: questa non è sempre semplice da misu-rare nei conigli, soprattutto se di piccola taglia, ma dovreb-be essere controllata almeno quotidianamente, come purealtri segni di ipertensione, come lesioni della retina. La pro-duzione di urina è un parametro importante ma l’applicazio-ne di cateteri urinari permanenti è stressante per il coniglio.

Dal momento che la disidratazione persistente prolungal’ipossia renale e aumenta la mortalità delle cellule tubulari,ristabilire un volume circolatorio normale è essenziale. Ipazienti severamente ipovolemici beneficiano inizialmente diboli (45-90 ml/kg diviso in quarti e somministrato fino allarisoluzione dello shock): la soluzione fisiologica è il fluido diprima scelta soprattutto in caso di iperkaliemia, ma bisognafar attenzione al pH in quanto la fisiologica può aggravarel’acidosi. Utilizzare una soluzione salina/glucosata in parti

La terapia nel coniglio nefropatico

Alessandro Melillo

Med Vet, Roma

177

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 177

Page 178: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

uguali (quindi con Na 0,45% e glucosio 2,5%) è indicato neipazienti ipernatriemici e può aiutare la ricaptazione del potas-sio da parte delle cellule. Nei pazienti normokaliemici èmeglio utilizzare il Ringer lattato o acetato. Il volume dainfondere può essere calcolato moltiplicando il peso corporeoin kg x la % di disidratazione stimata.

La reidratazione dovrebbe durare almeno 4 ore (più a lun-go in caso di cardiopatia compresente) ed essere attenta-mente monitorata: infondere grandi volumi di liquidi rapida-mente può determinare iperidratazione e conseguente edemapolmonare che in un soggetto anurico è estremamente diffi-cile da risolvere.

Monitoraggio degli elettroliti: l’ipernatriemia di soli-to dipende dalla scelta dei fluidi. La maggior parte dei coni-gli nefropatici è ipercalcemico: ristabilire la diuresi è di soli-to sufficiente per contrastare questa tendenza nei casi acuti.L’iperkaliemia è invece una condizione molto pericolosa perla sopravvivenza del paziente. Se i livelli di potassio sonocompresi fra 6 e 7 mEq/l, di solito la diluizione con fluidisenza potassio ed il ristabilirsi della diuresi sono sufficienti;viceversa, con livelli di potassio > 7 mEq/l, o anche inferio-ri ma già accompagnati da alterazioni ECG, è necessariointervenire con farmaci che abbassino la potassiemia o con-trastino gli effetti del potassio sulla conduzione dell’impul-so cardiaco. Il bicarbonato di sodio non solo contrasta l’aci-dosi ma abbassa la potassiemia inducendo lo scambio di ioniidrogeno intracellulari per quelli potassio plasmatici. È peròpericoloso somministrare bicarbonato di sodio senza un rego-lare controllo dello stato acido/base: ipocalcemia e edemacerebrale sono potenziali complicazioni. In caso di emergen-za per contrastare le aritmie da iperkaliemia si può usare ilcalcio gluconato 10% alla dose di 0,5-1 ml/kg in 10-15minuti: il calcio contrasta gli effetti cardiotossici ma noncorregge l’iperpotassiemia.

Purtroppo la maggior parte dei conigli presentati in con-dizioni di oliguria o anuria non riprendono ad urinare sem-plicemente perchè il volume circolatorio è stato ristabilito,l’uso di diuretici è quindi frequente. Il mannitolo al 10 o al20%, somministrato alla dose di 0,5-1 gr/kg in bolo lentoendovena è probabilmente l’agente più efficace per stimola-re la diuresi: è un agente osmotico e come tale riduce l’ede-ma delle cellule tubulari, facilitando il flusso nei tubuli e pre-venendone l’ostruzione; appare anche avere una moderataattività vasodilatatoria a livello glomerulare come pure nel-l’eliminazione dei radicali liberi. I risultati del bolo di man-nitolo si dovrebbero vedere già nel giro di un’ora: in casocontrario, la somministrazione può essere ripetuta ma conmaggiori rischi di iperespansione del volume circolatorio econseguente edema polmonare. Se invece otteniamo la diu-

resi, la somministrazione può essere continuata in CRI allafrequenza di 1-2 mg/kg/min per 24-48 ore.

La furosemide è il diuretico più usato nella pratica con ilcane e con il gatto e si usa anche nel coniglio, sebbene inquesta specie risulti leggermente meno efficace: può esseresomministrato a boli di 2-6 mg/kg ogni 8 ore, ma nel cane èdimostrata una maggior efficacia in CRI a 0,66 mg/kg/hrdopo un primo bolo, risultando in maggiore diuresi ed eli-minazione di sodio e calcio (non invece di potassio). Anchela furosemide agisce principalmente come diuretico osmoti-co a livello di ansa di Henle, ma ha anche una modesta atti-vata vasodilatatoria a livello renale.

La dopamina è una catecolamina precursore dell’epinefri-na ed è stata usata per migliorare la perfusione renale som-ministrata a dosaggi molto bassi (1-3 microgr/kg/min IV): adosaggi più alti l’effetto sistemico (stimolazione dei recetto-ri beta e alfa, effetto inotropo positivo e aumento delle resi-stenze periferiche con conseguente diminuita perfusione!) èinvece prevalente. Di fronte alla concreta possibilità di effet-ti avversi e alla segnalazione di limitata se non assente dif-ferenza nella prognosi di pazienti umani affetti da ARF trat-tati con dopamina, l’uso di questo farmaco è diventato menofrequente.

Le conseguenze gastrointestinali dell’iperazotemia sonospesso sottovalutate nei conigli dato che questi animali nonvomitano: tuttavia la gastrite uremica affligge anche questaspecie e il controllo di essa è tanto più importante in questaspecie che reagisce con l’ileo a quasi tutte le condizionipatologiche e stressanti. Metoclopramide e ranitidina oppu-re omeprazolo sono le molecole più usate: attenzione perchégli integratori della pompa protonica possono favorire le clo-stridiosi frequenti nei conigli alimentati con dieta scorretta estressati.

A questo proposito, il supporto nutrizionale con frullativegetali ricchi di fibra lunga è indispensabile per contrastarela gastrite, reidratare in maniera fisiologica e stimolare lamotilità intestinale: l’utilizzo di fermenti lattici per contra-stare il dismicrobismo intestinale è del tutto aneddotico malargamente utilizzato e non dannoso.

I conigli che sopravvivono all’ARF richiedono di solitodiverse settimane di sostegno prima di riguadagnare una fun-zione renale normale e molti purtroppo residuano un dannopiù o meno grave, che può condurre ad una situazione diinsufficienza renale cronica (CRF) in seguito.

Indirizzo per la corrispondenza:Alessandro MelilloClinica Vet OMNIAVET, Roma

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

178

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 178

Page 179: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

This lecture will address the following questions:1) What is a profitable veterinary practice?2) How to calculate and analyze the profitability of my prac-

tice?3) How can I analyze the productivity of my team of veteri-

narians and support staff?4) Which is the cost of just opening my clinic every day5) How many patients do I need to see every day just in

order to cover my costs?6) Which is the cost for my clinic of every minute that a vet-

erinarian spends with one client in the consultation room?7) Is it economically rational to buy a new piece of equip-

ment (i.e. an ecograph)In order to answer the first question (“What is a profitable

veterinary clinic”?) we first need to answer the followingfive questions:

• Does the revenue of this clinic allow to pay the oppor-tunity cost of the facilities (i.e. does it pay a market val-ue rent to the owner/s)?

• Does the revenue of this clinic allow to pay a market val-ue salary to the owner/s (proportional to her/his expertise,experience, dedication and level of responsibility)?

• Does the revenue of this clinic allow to pay a marketvalue salary to all the staff (proportional to their expert-ise, experience, dedication and level of responsibility)?

• Does the revenue of this clinic allow to fairly compen-sate the owner/s for their investment in assets and fortheir business risk?

• Does the revenue of this clinic allow for a consistentpolicy of reinvestment in equipment and facilities?

A profitable veterinary clinic is one that can answer affir-matively (and honestly) these questions. Usual profitabilitymeasures in some countries (UK, US, Spain, Portugal) will bediscussed.

The structure of the key financial statements will bereviewed: Profit and Loss statement, and Balance Sheet.

Profit and Lost statement analysis (we will discuss the fol-lowing):

• How to properly account for the key income and expensecategories; - income in medical services (consultations, vaccines,

hospitalization, surgeries, diagnostic tests, lab andanalysis, emergencies...)

- income in product sales (therapeutic and wellnessdiets, prescription and otc drugs, accessories)

- expenses: payroll costs, purchases, structure (facili-ties), overhead and administration...

• How to account for the owner’s salaries, for the owner-ship of the facilities...

• What is a purchase and what is an investment? Why doesit make a difference? What is the impact of inventory?How do inventory variations affect my cost of purchases?

• What is a depreciation / amortization? Does it affect mycash-flow? Why should I bother?

• How to analyze the quality of my revenues? What is a“normal” percentage of income coming from medicalservices, from consultations, from vaccines, from sur-gery, from diagnostic tests, from hospitalization...Benchmarking sources? What is the role of pricing inmy income numbers?

• How to analyze my expenses? Are they too high? Whichones? Why? Which are typical ranges for expenditure inpurchases, staff, overhead? Why could these show anupward deviation? Corrective measures?

• How can I know if my payroll expenses are too high?Which is the right proportion between income,salaries, prices? How much should a veterinarian “pro-duce”? Which factors influence this productivity in apositive and in a negative manner? Which are the impli-cations of this productivity requirements in terms ofpay schemes: does this mean that we should all moveto variable pay?

Address for correspondence:www.estudiosveterinarios.com

Is my clinic profitable? What is a profitable clinic? How can i measure it?

Pere Mercader

DVM, MBA, DAS (Economics and Management), Barcelona (E)

179

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 179

Page 180: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

This lecture deepen the concepts introduced on the firstone (“What is a profitable clinic”). The main goal will be to“open your eyes” about a number of important economic“laws” and proportions that must be respected and under-stood if you want your clinic to be a viable project.

Money is not a goal per se, but is a necessary condition tobe able to practice good medicine. If you own a practice, youare not only responsible to your patients any more… Nowyou are also responsible to other parties: partners, employ-ees, suppliers, clients, administration. You need to improveyour understanding of business if you want to perform suc-cessfully in this new dimension.

Some of the issues covered and discussed will include:• Fixed costs in a veterinary clinic; which are they? What is

my break-even point? How can I calculate it? Why are theyso high? Is it necessary / important to explain this to myteam? Which are the expectations of my team about prof-itability? How much do they think that I make? We willshow an educational tool designed to raise the awarenessof your team about these economic dimensions.

• How can I properly evaluate an investment in a newpiece of equipment? Which are all the costs (not just theacquisition costs)? How can I simulate different vari-ables (number of procedures performed, price, etc.) toevaluate the economic logic of the investment? Should Ionly take into account economic considerations in thisdecision? Again, what and how should I explain to myteam? What kind of commitment should I try to obtainon their side?

• Key patient metrics: do I have enough clients/patients incomparison with my structure (facilities, staff, costs...)?do my clients visit me more/less frequently? What is a“normal” number for patients per veterinarian, yearlyvisit frequency, annual expenditure per patient? Whereshould my growth come from in the coming years: morepatients, more visits, or more spending per visit??

• How can I calculate the real cost of one minute of vet-erinarian? What should I take into account? How canthis calculation be helpful to raise the awareness of mytime about the business side of their work? How can ithelp me in establishing a sound pricing policy?

• The lethal effect of wrong pricing / discounting poli-cies: what is the impact on an average clinic? What isthe root of this problem? How can I know if my pricingpolicy makes sense? Have I ever discussed this with myteam (a simple exercise)?

• Managing during recession times: which are the keythings to keep an eye on during recession? How to keeppurchases / stocks under control? How to make sure thatwe charge for all the services / products that we deliv-er? How to make sure that we minimize client losses?Should we call to recover clients? Is this a sin? Is thisunprofessional? What do other companies in other sec-tors do? (= “are we from Mars??”)

Address for correspondence:www.estudiosveterinarios.com

Key financial (and non financial) calculations for understanding the economics of your clinic

Pere Mercader

DVM, MBA, DAS (Economics and Management), Barcelona (E)

180

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 180

Page 181: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Why is it important for you to understand the economicvalue of your clinic? Is this only relevant if you are in theprocess of buying or selling a clinic?

There are a number of situations when it becomes neces-sary having a good understanding about this matter:

• When one or more of the partners of a veterinary clinicwants to / needs to leave the business

• When one of the partners has a legal problem (i.e.divorce) that requires valuation of her/his economicposition

• When there is a chance that one or more employeesbecome partners

• When the managers/owners of the clinic want to evalu-ate the long-term performance of the business

• When the owner/owners want to start planning for suc-cession / retirement

During many years there has been a wrong “legend” in themarket stating that a veterinary clinic is valued at 1,5 timesthe annual sales… This is an absurd, false and dangerousmisconception. This will be proven with an example. Empir-ical observation of practice transactions in the UK and US inthe last years confirm that this so called “method” is totallyerroneous and has no relationship with reality at all…

The economic value of a company depends on its abilityto produce a predictable, steady flow of earnings (preferablycash) in the future. This is why the first step in any profes-sional practice valuation must be determining the real prof-itability level of the clinic.

The valuation will be determined by two components:1) The easy one; the tangible assets such as facilities, stocks,

equipment, once we have substracted the correspondingexternal financing (debts, credits…)

2) The difficult one; also called “goodwill” (which is an intan-gible asset of the business). Goodwill is the result of know-

how, reputation in the market, client loyalty, good internalorganization, etc. and must be proven (if we want to getpaid for it) in the form of profits above a certain level. Tothe extent that a clinic has done things well in the past(from a management perspective) it will be able to gener-ate profits.A professional appraiser (valuator) will determine the

total value of the clinic by adding the value of both tangi-ble and intangible assets. The intangible part will be calcu-lated by multiplying adjusted earnings (to be explained inthe lecture) by a multiple which will be affected by the fol-lowing;

• Physical location of the clinic• State of facilities• Pricing level• Level of management (i.e. quality of information)• Salary levels• Selling part plans and commitments• Income and expense trends over the last 3 years• Intensity of competition in the local market• Etc.A special case takes place when the purpose of the valua-

tion is to allow for the transition of an employee into a part-ner. In this case, it will also be necessary to agree (apart fromthe value of the shares) on a number of relevant issues:

• Which will be the future compensation for owners (bytiers: salary, rent of facilities, management role…)

• How to handle part-time dedication of a partner• Rights and duties of a partner who decides to sell• Re-investment in the business: which is the policy?

Address for correspondence:www.estudiosveterinarios.com

Practice valuation: what is the economic value of mypractice? Should anyone be interested in buying it?

Pere Mercader

DVM, MBA, DAS (Economics and Management), Barcelona (E)

181

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 181

Page 182: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

In order for a veterinary clinic to be economically healthy,not more than a 40-45% of income should be allocated tocost of payroll (including owners). Another important “eco-nomic law” states that a veterinarian should generate income(in medical services plus prescription and otc drugs) at leastequivalent to 5 times her/his net salary. The lecture willexplain how and why these proportions are calculated.

The reasons for lower productivity of veterinarians can bemultiple:

• Bad organization (wrong scheduling, wrong proportionof support staff to veterinarians)

• Insufficient client / patient traffic in the practice• Misscharging / discounting• Wrong pricing• Bad example by owner/s• Low training, lack of protocols..It is important to reach a good diagnostic before we can

take any corrective measures for this problem. Is this a gen-eral problem in our clinic, or is it specific or one or two peo-ple? Are these veterinarians junior or senior? Have theyreceived proper training? Do they have an attitude problem,a skills problem or both?

What is the role of variable compensation in this problem?Is it the solution? Does it always work? What kind of peopleis more responsive to it? Can it have any collateral effects?Which are the alternatives?

One of the classical coexisting problems of low produc-tivity is wrong pricing. For this reason it is useful to revisitthe most common pricing mistakes made by veterinariansfrom all over the world:

1) Misunderstanding of the real costs of a veterinary clinic.We will share data on actual costs.

2) Inability to share with their team the critical importance(for everyone in the clinic) of a sound pricing policy.We will cover an example of an exercise that can helpopen your team’s eyes.

3) Wrong perception about the real profitability of veteri-nary clinics.

4) Giving away money to clients (without even tellingthem…). Discounting, miss-charging… Do we havea policy in our clinic? Who, why, when, and how muchcan be discounted?

5) Not understanding the value of time (veterinarian’s timebut also client’s time). We will review the cost perminute of veterinarian calculation

6) Trying to manage the client’s pocket. What do we wantto be: doctors, or bankers?

7) Prejudging the client’s willingness to invest in her/hispet’s health because of external signs (clothes, car, etc).Spending is determined by emotional attachment to thepet, not by social class.

8) Confusing value and price, and spending much moretime worrying about price than worrying about deliver-ing value. We tend to be terrible “marketers” of our serv-ices, unable to explain the value of what we do…

9) Overestimating the importance of price for clients. Wewill see actual research data about this matter.

10) Ignoring the logical relationships between prices, pro-ductivity and salaries. With this we will go back to thebeginning of the lecture and close the loop.

Address for correspondence:www.estudiosveterinarios.com

Productivity, internal organization, prices and salaries:where is the missing link?

Pere Mercader

DVM, MBA, DAS (Economics and Management), Barcelona (E)

182

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 182

Page 183: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le cause che danno vita a quadri sintomatologici dellemalattie del comportamento sono varie, ma un aspetto da nonsottovalutare è quello legato all’origine di un sintomo di tipocomportamentale come conseguenza di un disagio fisico.

Con il termine “stress” si intende uno stato di alterataomeostasi provocato da fattori di natura fisica o psichicadefiniti stressori.

L’organismo reagisce mettendo in atto meccanismi cheinnescano una serie di funzioni fisiologiche, immunitarie ecomportamentali al fine di adattarsi alla nuova situazione eripristinare l’omeostasi iniziale. Si tratta di un meccanismofisiologico altamente adattativo che consente all’animale direagire rapidamente nei confronti di un evento che puòminacciare la sua sopravvivenza. In questa situazione, l’or-ganismo attiva le risorse per rispondere al cambiamentocon un’ottimizzazione dello stato di vigilanza e di reattivi-tà e con l’attivazione del sistema immunitario allo scopo didifendersi da possibili agenti patogeni e stressori. La rispo-sta allo stress è la conseguenza della stretta comunicazionetra il Sistema Nervoso Centrale, il Sistema dello Stress edil Sistema Immunitario.

Tale risposta può diventare problematica quando un ani-male è incapace di controllare la situazione o sottrarsi allostressore tramite una corretta risposta comportamentale. Inquesto caso, si evidenziano effetti negativi sulla salute fisicaed emotiva dell’individuo caratterizzati sia da alterazionedella funzionalità immunitaria (e conseguente maggioresuscettibilità dell’organismo alle patologie) sia da rispostecomportamentali inappropriate o anomale che hanno lo sco-po di ridurre gli effetti nocivi di una prolungata risposta allostress. Lo stress può essere indotto anche dal dolore: lamalattia contribuisce ad aumentare il distress del pazientetrasformandosi in un agente stressore.

Da tutto ciò si evince che in un soggetto in cui il dolore ela malattia sono presenti, aumenterà il distress e quindi ildisagio emotivo alterando non solo lo stato fisico del pazien-te ma anche quello psichico, peggiorandoli entrambi.

La medicina comportamentale si occupa di valutare l’a-spetto funzionale di un comportamento o di un insieme dicomportamenti che hanno perso la funzione adattativa rispet-to alle variazioni dell’ambiente in cui il soggetto vive.

Le cause che danno vita ai quadri sintomatologici del-le malattie del comportamento sono varie, ma un aspetto

da non sottovalutare è quello legato all’origine di un sinto-mo di tipo comportamentale come conseguenza di un dis-agio fisico. Talvolta nel paziente felino la diagnosi precocedi una patologia organica può essere difficile: i sintomi cli-nici possono celarsi in un soggetto che presenta un disagiospesso manifestato solo attraverso sintomi di tipo comporta-mentale. Talvolta patologie cliniche, anche se diagnosticatee trattate in modo corretto, possono dare origine ad uno sta-to ansioso in un soggetto già emotivamente instabile primadel trattamento. Altre volte il tipo di trattamento terapeuticoo il ricovero possono essere stati particolarmente invasivi egenerare uno stato ansioso.

Alcuni studi hanno mostrato che la valutazione dell’esamedelle urine di soggetti sottoposti ad una visita comportamen-tale, ha presentato una positività nel 47% dei casi lasciandointuire la presenza di uno stato clinico alterato contempora-neamente al problema comportamentale.

Secondo alcuni Autori (GUNN-MOORE 2007), quando ilgatto con alterazione del comportamento eliminatorio non èsintomatico al momento degli esami fisici e di laboratorio, laripetizione di queste indagini quando i segni clinici sono evi-denti, può rivelare una patologia vescicale. Molte patologiedell’apparato urinario possono, quindi, presentarsi inizial-mente con modificazioni comportamentali e viceversa pato-logie a carico dell’apparato urinario possono creare statiansiosi che danno origine a patologie del comportamento.Anche altri quadri clinici possono essere collegati all’altera-zione del comportamento eliminatorio al di là di quelli cheriguardano in modo diretto l’apparato urinario: disturbi inte-stinali, artriti od altre patologie ortopediche possono determi-nare ad esempio l’insorgenza di una avversione alla lettiera.

Spesso i sintomi legati alla patologia organica sembranopermanere anche in seguito alla risoluzione della malattia.Ad esempio lo stato ansioso originato dall’associazione tradolore e lettiera, favorisce la permanenza di un comporta-mento di eliminazione inappropriata.

È di fondamentale importanza effettuare un esame delleurine ed un approfondito esame ecografico nei soggetti sot-toposti a visita comportamentale per sintomi legati ad unaalterazione del comportamento eliminatorio e, viceversa, èindispensabile accompagnare la terapia clinica ad una tera-pia di tipo comportamentale in modo da prevenire l’insor-genza di alterazioni comportamentali sia in soggetti “nor-

183

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

La terapia comportamentale: un punto di incontro tra specialisti

Isabella Merola

Med Vet Comportamentalista, Milano

Sabrina Giussani, Med Vet Comportamentalista, Dipl ENVF, Busto Arsizio (VA)

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 183

Page 184: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

mocomportamentali” che in quelli particolarmente fragili daun punto di vista emotivo. La pulizia giornaliera della lettie-ra, la preferenza di sabbie agglomeranti e non profumate,l’aumento del numero delle cassette in base al numero digatti presenti nell’abitazione, la disposizione delle stesse inambienti tranquilli, sono informazioni indispensabili da for-nire perché garantiscono al gatto il soddisfacimento delleesigenze etologiche.

In corso di patologie dell’apparato urinario il clinico pro-porrà, quando è necessario, una visita comportamentale,mentre il comportamentalista dovrà avvalersi di esami colla-terali per escludere la contemporanea presenza di patologieorganiche ma sarà compito di entrambi fornire gli strumentidi prevenzione per queste patologie.

Un altro punto di incontro tra la terapia clinica e la terapiacomportamentale riguarda la sterilizzazione e la castrazionedel gatto.

L’intervento chirurgico può prevenire e soprattutto ridurrel’emissione delle marcature urinarie, ma quando non è effet-tuato entro 8-15 giorni dall’esecuzione delle prime marcatu-re da “adulto” e del cambiamento di odore delle urine pro-dotte dal soggetto, il comportamento permane anche in segui-to all’ovariectomia o all’orchiectomia.

La sterilizzazione “tardiva” può provocare la diminuzionedella frequenza delle marcature e l’attenuazione dell’odoreurinario quando emesse da un individuo di sesso maschile. Èimportante ricordare che il comportamento di marcatura uri-naria può essere appreso dai cospecifici per imitazione: ungatto sterilizzato o castrato può mettere in atto questo com-portamento dopo aver osservato lo stesso comportamento inun individuo della stessa specie. È importante ricordare che

la realizzazione di marcatura urinarie costituisce un messag-gio all’interno del sistema di comunicazione del gatto la cuifrequenza di emissione aumenta in presenza ad esempio diuno stato ansioso. È opportuno, quindi, proporre la steriliz-zazione precoce (poco prima della pubertà) come mezzo diprevenzione dell’emissione di marcature urinarie e fornire alproprietario gli strumenti per ridurre il rischio di uno statoansioso o di un disagio del gatto che può provocare la mes-sa in atto di un comportamento patologico.

Bibliografia

D.A. Gunn-Moore, Feline lower urinary tract disease (FLUTD), Atti del 55°Congresso nazionale SCIVAC, 2007, Milano, 230-285.

Claudia Sodini, Grazia Guidi Disturbi della minzione nel gatto: cause orga-niche e comportamentali 2005 Pisa.

R. Colangeli, S. Giussani, Patologie del comportamento legate alla modifi-cazione del territorio. In R. Colangeli, S. Giussani, Medicina compor-tamentale del cane e del gatto, 2004, Poletto editore, Milano, 311-34.

Indirizzo per la corrispondenza:Sabrina GiussaniTel 3331861226 E-mail [email protected]

Isabella MerolaTel 3343597003 E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

184

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 184

Page 185: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’utilizzo di laser bio-medicali in medicina veterinaria èuna tecnologia dei primi anni del ’900 utilizzata in varie pra-tiche veterinarie. L’incremento dell’uso del laser in medici-na veterinaria è dovuto all’interesse di scoprire nuove possi-bilità terapeutiche e all’evoluzione delle apparecchiaturelaser verso una maggiore applicabilità ed un minore costo diacquisto. Attualmente il laser a CO2 e quello a diodi sono itipi di laser maggiormente utilizzati in medicina veterinaria.La luce prodotta da un laser differisce dalla luce incande-scente in quanto monocromatica, coerente e intensa(LASER è l’acronimo di “Light Amplification by StimulatedEmission of Radiaton”). L’effetto di un raggio laser in untessuto è dipendente dalle proprietà ottiche e meccaniche deltessuto stesso, dalla lunghezza d’onda, dalla potenza e daltempo dell’esposizione al laser. La luce laser interagendocon il tessuto biologico induce effetti diversi che possonoessere riassunti come: effetti fotofisici: indotti dall’intera-zione della luce monocromatica con il cromoforo bersaglio(emoglobina, mioglobina, melanine, carotene, acqua…).Solo la luce assorbita è in grado di produrre un effetto sultessuto. Effetti fotochimici: il processo di assorbimento èseguito da una serie di reazioni chimiche che modificano ilsubstrato biologico. Effetti fototermici: sono dovuti allaconversione dell’energia utilizzata in calore. Durante ilriscaldamento del tessuto colpito, il calore viene distribuitoper conduzione ai tessuti adiacenti. Tale processo è denomi-nato “rilasciamento termico”, da esso deriva il “Tempo diRilasciamento Termico” (TRT), che è il tempo necessario altessuto irradiato per rilasciare il 50% del calore accumulato.Questo indice risulta fondamentale nella prevenzione deidanni tissutali. Effetti fotomeccanici: dovuti alla focalizza-zione di impulsi ultracorti di elevata potenza di picco suvolumi molto piccoli, in questo modo si ottengono vere eproprie vibrazioni meccaniche del tessuto bersaglio che sipropagano e che sono capaci di indurre su cristalli lesionistrutturali e rotture (litotripsia e facoemulsificazione). I varieffetti tissutali possono essere controllati attraverso dueimportanti caratteristiche della luce laser: l’Intensità o den-sità di potenza (W/cm2): esprime la quantità di energia rila-sciata per unità di area di tessuto irradiato. Si determina divi-dendo la potenza di uscita del laser (Watt) per la dimensionedello spot (cm2). La Fluenza o densità di energia (J/cm2):per indurre un effetto clinico è necessario che una certaquantità di energia venga assorbita dal tessuto. Questo valo-re viene misurato dalla densità di energia che è l’energia rila-sciata per unità di area del tessuto irradiato. Si calcola divi-dendo il prodotto tra potenza e tempo di esposizione (Joule),

per l’unità di area (cm2). Modalità di emissione. Il raggiolaser può essere gestito in tre diversi modi: 1. emissione incontinuo (cw): flusso costante del raggio laser. Il flusso con-tinuo non permette di avere un adeguato TRT inducendo cosìnei tessuti un danno termico aspecifico direttamente propor-zionale ai Watt utilizzati e al tempo di esposizione. 2. emis-sione in super pulsato (spw): è un’emissione di energia apicchi, quindi non costante caratterizzata da una durata del-l’impulso da 0,05 sec a 1 sec. e una potenza massima di pic-co pari ai Watt usati. 3. emissione in pulsato (pw): si haun’emissione di raggio laser con potenze non più di piccoma potenze medie che derivano dall’opportuna impostazio-ne dei parametri Hz (frequenza) e Duty-cycle. Il primo para-metro permette di regolare il numero di impulsi/sec., ilsecondo di impostare i tempi di emissione e di pausa.

L’impiego dei laser ad alta potenza negli animali esoti-ci. L’utilizzo del laser chirurgico nella medicina degli esoti-ci è relativamente nuovo ed è una disciplina in espansione;per questo devono essere sviluppati protocolli per migliora-re le tecniche chirurgiche in quanto i parametri sono moltodifferenti dagli altri animali. Laser a CO2: rappresenta illaser di elezione per la vaporizzazione e il taglio chirurgicodi lesioni cutanee. L’introduzione in dermatologia del laserCO2 in regime super pulsato e in particolare ultrapulsato per-mette la vaporizzazione di lesioni cutanee con minima diffu-sione dermica ai tessuti adiacenti. Il cromoforo principale èrappresentato dall’acqua. I vantaggi dell’utilizzo del laserCO2 negli esotici includono una minor perdita di sanguerispetto alla chirurgia tradizionale (fattore molto importantenelle piccole specie esotiche). L’uso del laser CO2 nella chi-rurgia diminuisce inoltre il dolore in quanto cicatrizza le ter-minazioni nervose mentre taglia. Questo riduce i fenomenidi auto-traumatismo dopo la chirurgia e conseguentementeriducendo il dolore diminuisce paura e ansietà post-chirurgi-ca. Il laser rende la chirurgia degli animali esotici più sicurae permette tempi di ricovero più brevi. Il CO2 può essere uti-lizzato focalizzato (migliore vaporizzazione e taglio) o defo-calizzato (vaporizzazione, coagulazione). Applicazioni:Ascessi: molti animali esotici sviluppano una capsula circo-stante agli ascessi, se questa capsula non è rimossa o lo èsolo parzialmente si verifica un’alta probabilità di recidiva.Il laser permette una più semplice e completa ablazione del-la capsula. Ascessi cutanei di conigli e roditori: 4W conti-nuo/pulsato. Ascesso del seno infraorbitale degli uccelli.Ascesso auricolare delle tartarughe: 3 W sp (super pulsa-to); 4-6 W continuo Adrenalectomia del furetto: 6 W spper la cute; 5 W continuo (cw) per l’adrenalectomia. Insuli-

Impiego dei laser a bassa e ad alta potenza: nuova e utile integrazione alle terapie tradizionali

Giordano Nardini

Med Vet, Spilamberto, Modena

185

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 185

Page 186: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

noma del furetto: 6 W continuo. Sacculectomia anale delfuretto: 6 W sp. Mastectomia e masse cutanee nei piccolimammiferi: 4 W continuo (cw). Ablazione di masse cuta-nee: semplificata con minima perdita di sangue.

Il laser a diodi supera il laser a CO2 in molti usi clinici neipiccoli animali. La maggior parte dei modelli è equipaggia-ta con un manipolo e fibre ottiche di diverso diametro (200,400, 600 µm). La lunghezza d’onda del diodi è nel rangeinfrarosso (810-980 nm). La capacità di assorbimento del-l’acqua a questa lunghezza d’onda è minima. Il laser a diodiriconosce come cromoforo principale l’ossiemoglobina.Specificatamente il laser a diodi, rispetto al CO2 ha i seguen-ti vantaggi: maggiore capacità emostatica (capacità di chiu-dere vasi fino a 2 mm di diametro rispetto ai 0,6 mm dellaser a CO2), possibilità di utilizzo in ambienti fluidi adesempio tratto intestinale, addome ripieno di liquidi, vesci-ca. Il laser a diodi è inoltre utilizzabile in endoscopia (endo-scopio rigido o flessibile). Applicazioni: Uccelli (uso endo-scopico): ablazione testicolare e ovariectomia per viaendoscopica: 4-6 W continuo. Papilloma cloacale: 4-6 Wcontinuo. Rettili: cistotomia, enterotomia, enterectomia,amputazione di dita zampe o arti, chirurgia orale (stomatiti,ascessi,..), enucleazione, asportazione endoscopica di lesio-ni del tratto respiratorio e in celoma. Mammiferi: asporta-zione endoscopica di neoformazioni del tratto respiratorio,lesioni del cavo orale, lesioni cutanee, caudectomia patolo-gici. I vantaggi del Laser a Diodi utilizzato nella chirurgia,sono legati alla possibilità di intervenire su tessuti altamenteirrorati, senza il rischio di eccessivi sanguinamenti riducen-do i rischi su animali di piccole dimensioni (criceti, gerbilli,piccoli rettili…) e di operare attraverso cavità naturali qualil’orecchio e il naso soto al guida endoscopica.

Utilizzo dei Laser a bassa potenza: la Laserterapia.L’impiego di laser a bassa potenza sta trovando negli ultimianni un più vasto impiego negli animali esotici per i costimaggiormente contenuti rispetto ai laser chirurgici e per lamolteplicità delle applicazioni terapeutiche. La Laserterapiaè inoltre una tecnica completamente indolore e quindi nonstressante per l’animale. Non presenta alcun rischio se effet-

tuata da personale competente e può essere fatta in associa-zione a qualsiasi altra terapia. L’azione del Laser non è lega-ta al semplice riscaldamento dei tessuti, ma su effetti foto-chimici e foto biologici nelle cellule e nei tessuti. Il Laser inparticolare: 1. aumenta la produzione di ATP (la principalefonte di energia utilizzata dalle cellule) attraverso meccani-smi diretti e indiretti, stimolando la cellula a livello mito-condriale e permettendo in caso di danno di origine trauma-tica, degenerativa o infiammatoria un più rapido ritorno allaattività fisiologica. 2. Permette una rigenerazione più rapidadi tessuti danneggiati. 3. Attiva il microcircolo, permettendoun maggior apporto di sostanze nutrienti ai tessuti. 4.Haeffetto antiedemigeno, dilatando i vasi linfatici e riducendola permeabilità vascolare. Ha effetto analgesico, agendodirettamente sulle fibre nervose, stimolando la produzione diendorfine e riducendo edema e gonfiore. L’effetto anti-ede-migeno è basato sulla dilatazione dei vasi linfatici e sullariduzione della permeabilità dei vasi sanguigni. La lasertera-pia trova ampia applicazione in: Traumatologia: stiramentie strappi muscolari, distorsioni, tendiniti, contusioni. Orto-pedia: artrosi, artriti, miositi (es. muscoli masticatori). Der-matologia: edemi (es. postoperatori, reazione tissutale opre-operatori: preparazione chirurgica degli ascessi cloacalidelle tartarughe), dermatiti (es. allergiche), cicatrizzazioneper seconda intenzione (es. in seguito a chirurgie complesseo ferite lacere di grandi dimensioni). La Laserterapia puòessere applicata a scansione o a contatto. In quest’ultimamodalità, in cui la sorgente Laser è posta direttamente a con-tatto con la cute del paziente, la massima efficacia terapeuti-ca viene ottenuta quando vengono trattati i punti trigger.

Bibliografia disponibile presso l’autore.

Indirizzo per la corrispondenza:Giordano NardiniClinica Veterinaria Modena Sud, Piazza dei Tintori, 141057 Spilamberto (Modena) - Tel 059783272E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

186

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 186

Page 187: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La chirurgia spesso rappresenta il trattamento di elezionein caso di patologie dell’apparato endocrino. Si tratta ditrattamento risolutivo che, però, richiede la presenza di unchirurgo esperto in quanto estremamente operatore-dipen-dente. Per affrontare al meglio la chirurgia delle ghiandoleendocrine è necessaria un’adeguata conoscenza dell’anato-mia, della fisiopatologia, delle tecniche chirurgiche e delleregole da seguire in corso di chirurgia oncologica. Non fon-damentale ma spesso molto utile, soprattutto nella gestionedi eventuali complicanze intraoperatorie, è la preparazionespecifica dell’operatore in chirurgia vascolare e in microchi-rurgia. Tutto ciò ancora non basta. Il trattamento delle neo-plasie che colpiscono le ghiandole endocrine può esserevisto come un mosaico del quale l’atto chirurgico rappre-senta un tassello. La fase diagnostica è estremamente impor-tante e spesso fornisce notizie di grande utilità per evitareinconvenienti durante la chirurgia (per esempio segnalandola presenza di vascolarizzazione anomala, di trombi neopla-stici cavali o di aree di colliquazione/necrosi). Il periodopost operatorio poi riveste un’importanza drammatica. Spes-so, a causa della chirurgia, questi pazienti vanno incontro adalterazioni metaboliche che richiedono trattamenti immedia-ti e il ricovero, nei giorni che seguono l’intervento, in unitàdi terapia intensiva è cruciale. In definitiva, è necessaria unagrande sinergia tra le figure dell’internista, dell’anestesista,del chirurgo e dell’intensivista per realizzare le maggioripossibilità di successo.

Surrenalectomia: la surrenalectomia o adrenalectomiaviene eseguita per asportare tumori della corticale (adeno-ma; carcinoma) o della midollare (feocromocitoma) surrena-lica. Può anche essere utilizzata per trattare un iperadreno-corticismo pituitario-dipendente non rispondente a terapiamedica (adrenalectomia bilaterale). Le ghiandole surrenali sitrovano nello spazio retroperitoneale in posizione cranio-mediale rispetto al rene corrispondente. Spesso avvolte daun pannicolo adiposo, sono posizionate tra le vene frenico-addominali ventralmente, che rappresentano il miglior repe-re anatomico per la loro identificazione, e le arterie frenico-addominali dorsalmente. La ghiandola destra è in posizioneleggermente più craniale e mediale rispetto alla contro-late-rale e si trova addossata alla vena cava caudale in modo cosìintimo che spesso la tunica esterna della vena cava e la cap-sula surrenalica si fondono a formare una struttura unica. Ilpolo caudale si trova in vicinanza dei vasi renali che spesso,in seguito ad aumenti di volume della ghiandola, vengonospostati caudalmente o, peggio, coinvolti nel processo pato-geno. La preparazione del paziente riveste grande importan-

za; oltre agli esami di routine, se si sospetta un feocromoci-toma devono essere monitorate la pressione ematica e la fun-zionalità cardiaca che, se alterate, devono essere controllateprima della chirurgia. In caso di chirurgia eseguita per iper-adrenocorticismo l’asportazione della surrenale patologicapuò causare un crollo nella cortisolemia. Per questo motivola somministrazione di glucocorticoidi è spesso consigliatanelle fasi preoperatorie. L’accesso chirurgico può essere ese-guito sulla linea ventrale mediana, con approccio retroperi-toneale. L’approccio ventrale è, in genere, da preferire per-ché permette di evidenziare entrambe le ghiandole e tutti gliorgani addominali. Alcune volte può essere di aiuto esegui-re un accesso combinato tra celiotomia mediana ventrale eincisione paracostale al fine di ottenere una migliore visua-lizzazione della ghiandola. L’isolamento della surrenaledeve essere fatto con grande attenzione al fine di non lesio-nare le strutture adiacenti, spesso con anatomia modificata,e di non causare la rottura della capsula ghiandolare. Lachiusura dei vasi è estremamente facilitata dall’uso di clipvascolari, il cui utilizzo rende, inoltre, la procedura moltopiù veloce. A mio parere, anche l’uso di mezzi di magnifica-zione ottica (loupe) agevola la procedura in quanto facilital’evidenziazione e il trattamento delle diverse strutture ana-tomiche. Talvolta, le neoplasie surrenaliche sono associate adisseminazione sotto forma di trombo cavale, per lo piùattraverso la vena frenico-addominale. Di norma, un accura-to percorso diagnostico preoperatorio consente di visualiz-zare il trombo cavale, nonostante ciò è buona norma in sedechirurgica esaminare attentamente la vena cava. In caso diinvasione cavale è necessario eseguire una venotomia checonsenta di rimuovere il materiale trombotico. Al terminedella procedura può essere utile il posizionamento di mate-riale emostatico al fine di controllare eventuali piccole emor-ragie residue. L’attento monitoraggio del paziente nel perio-do post-operatorio è fondamentale per riconoscere e trattarecelermente segni di insufficienza surrenalica e le altreimportanti complicanze potenzialmente legate a questa chi-rurgia. Tra queste ricordiamo l’ipoadrenocorticismo, il trom-boembolismo, le emorragie retro peritoneali e la pancreatitedovuta a manipolazione chirurgica. Utile, inoltre, ricordareche i pazienti affetti da iperadrenocorticismo possono pre-sentare cicatrizzazione rallentata e questo va considerato siain fase di sutura, per la scelta del materiale, sia in fase dirimozione della stessa. Il tasso di mortalità in seguito a sur-renalectomia riportato in letteratura varia, a seconda deireport, dal 10 al 20% e i decessi sono per lo più concentratinel periodo perioperatorio; nonostante questo, gli autori

Il ruolo del chirurgo nella resezione di neoplasieendocrine: surrenalectomia, tiroidectomia (…)

Stefano Nicoli

Med Vet, Reggio Emilia

187

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 187

Page 188: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

sono concordi nel considerare la chirurgia come il tratta-mento di elezione almeno in caso di lesione monolaterale.

Tiroidectomia La ghiandola tiroide nel cane e nel gatto ècostituita da due lobi separati situati in posizione ventro-laterale alla trachea cervicale. Il lobo dx è in posizione leg-germente più craniale e va dalla laringe al quinto anello tra-cheale, il sinistro dal terzo all’ottavo anello. L’arteria caroti-de comune, la vena giugulare e il tronco vago-simpaticodecorrono in posizione dorso-laterale. Le ghiandole parati-roidi sono intimamente unite alla capsula tiroidea sul polocraniale. Sono coperte ventralmente dai muscoli sternoioi-deo e sternocefalico, lateralmente dal muscolo sternotiroi-deo. L’apporto vascolare è assicurato dalle arterie tiroideecraniali e caudali e il sangue refluo è drenato dalle vene tiroi-dee craniali e caudali. Le neoplasie tiroidee hanno, nel canee nel gatto, caratteristiche molto diverse, sia della tipologiaistologica, sia per sintomatologia e trattamento.

Nel cane le neoplasie tiroidee sono relativamente comunicon una frequenza che varia da 1.2 a 3.8% sul totale deitumori rappresentati in questa specie. Le forme maligne(carcinomi) sono preponderanti (circa 88%) e si presentanospesso come grandi masse, a volte rivestite da una capsulasottilissima, con grande invasività locale. Le forme monola-terali sono maggiormente rappresentate (67-75%). Nel canesolo il 25% delle neoplasie tiroidee è secernente quindi, nel-la maggior parte dei casi, la malattia decorre senza segni cli-nici o ematologici. La disseminazione metastatica a distanzaè relativamente comune. Il trattamento dipende dalla condi-zione clinica del paziente. Probabilmente, il miglior parame-tro per pianificare l’iter terapeutico è dato dalla mobilità del-la neoformazione. In caso di masse mobili la chirurgia è laterapia d’elezione mentre in caso di masse non mobili sonoda preferire chemioterapia, radioterapia o terapia con radioi-sotopi. L’approccio chirurgico avviene sulla linea medianaventrale del collo, con il paziente posizionato in decubitodorsale, con testa estesa e collo leggermente inarcato. Dopoaver separato i muscoli sternoioidei sulla linea mediana siraggiungono i lobi tiroidei. I vasi tiroidei devono essereidentificati e legati e, in caso di tiroidectomia monolaterale,non è necessario preservare la ghiandola paratiroide ipsilate-rale. Se coinvolti, i grossi vasi del collo possono essere sacri-ficati senza conseguenze così come il tronco vago-simpaticola cui asportazione, però, può esitare in una sindrome diHorner monolaterale. La complicanza più importante nelperiodo peri e post-operatorio è l’emorragia, causata dallafragilità della neovascolarizzazione, dalla distruzione dellarete vascolare ghiandolare, da coagulopatie e dalla presenzadi trombi neoplastici. Per questa ragione è molto importanteavere a disposizione sangue fresco in caso necessiti una tra-sfusione. La sopravvivenza media di cani con carcinomatiroideo non trattato è di soli 3 mesi. Al contrario, il tempodi sopravvivenza dei pazienti con neoplasia mobile trattatichirurgicamente è buono (medio 36 mesi) con tassi disopravvivenza del 75 e 70% dei pazienti a 1 e 2 anni rispet-tivamente. La sola chirurgia nei cani con neoplasia fissa por-ta a risultati meno confortanti (tempo medio di sopravviven-za di 10 mesi) con il 25% dei pazienti ad un anno ed il 10%a due. Se alla tiroidectomia si associa radioterapia il valore

aumenta sensibilmente (sopravvivenza media 24.5 mesi) conl’80% dei casi ad un anno ed il 72% a due anni. In un report,32 cani trattati solo con isotopi radioattivi (Iodio 131) hannoavuto un tempo di sopravvivenza medio di 30 mesi. Un altrofattore importante che influenza la prognosi è dato dalledimensioni della neoplasia, infatti all’aumentare del volume(e di conseguenza dell’invasività locale) della neoformazio-ne corrisponde una prognosi via via sempre più scadente.

Nel gatto le neoplasie tiroidee sono per la quasi totalitàbenigne (98%) e spesso sono secernenti quindi, al contrariodi quanto accade nel cane, i pazienti sviluppano sintomi cor-relabili ad ipertiroidismo. Nel 70% dei casi la malattia è bila-terale ma, clinicamente, spesso appare alterato un solo lobo.La terapia chirurgica è certamente indicata quando la pato-logia è monolaterale mentre, in caso di invasione bilaterale,la necessità di risparmiare almeno una ghiandola paratiroi-de può esitare in recidiva di ipertiroidismo se la capsularesidua contiene ancora cellule tumorali. Prima di affronta-re l’intervento è opportuno preparare il paziente al fine direnderlo eutiroideo somministrando metimazolo, che èanche utilizzato per la terapia non chirurgica, ma che non èprivo di effetti collaterali (vomito, depressione, anoressia,leucopenia, trombocitopenia, coagulapatie, ecc). La chirur-gia può essere eseguita tramite exeresi totale (extracapsula-re) o con tecnica intracapsulare eseguita al fine di preserva-re le paratiroidi. In caso di neoplasie bilaterali o di dissemi-nazione ectopica la terapia consigliata è quella con radioiso-topi (Iodio 131) che è associata a minori complicanze e ha lacaratteristica di non necessitare di terapia ormonale sostitu-tiva in quanto provoca la distruzione selettiva delle celluleneoplastiche.

Le ghiandole paratiroidi possono essere interessate daneoplasie benigne (adenoma) o maligne (adenocarcinoma);le prime sono rappresentate con maggiore frequenza. Leparatiroidi sono quattro, due esterne, posizionate sul polocraniale di ciascun lobo tiroideo e due interne o mediali,situate medialmente e posteriormente tra la tiroide e la tra-chea bilateralmente. La chirurgia rappresenta il trattamentodi elezione e consiste nell’asportazione delle ghiandole pato-logiche. L’accesso è il medesimo descritto per la tiroidecto-mia ed è importante visualizzare tutte e quattro le ghiandolein quanto spesso soltanto una è interessata dalla patologia. Èimportante preservare il tessuto ghiandolare sano al fine dievitare uno stato di grave ipocalcemia post operatorio. Gliadenomi infiltrano raramente il parenchima tiroideo, le for-me maligne, al contrario, spesso invadono il tessuto sotto-stante e richiedono l’asportazione parziale o totale del lobotiroideo corrispondente. In un report l’ipocalcemia post ope-ratoria è stata riportata nel 58% dei casi; nonostante questo,con le adeguate terapie di supporto e/o sostitutive, la pro-gnosi di cani e gatti trattati chirurgicamente per iperparati-roidismo causato da adenoma è eccellente.

Bibliografia disponibile su richiesta

Indirizzo per la corrispondenza:Stefano [email protected]; [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

188

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 188

Page 189: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

La leishmaniosi è una infezione causata da protozoi (ordi-ne Kinetoplastida e famiglia Trypanosomatidae) presenti, inquanto parassiti intracellulari obbligati, nella forma di ama-stigote nelle cellule del sistema reticolo endoteliale (SRE) diospiti vertebrati quali roditori, carnivori domestici (cani, gat-ti) e selvatici (volpi), e uomo. La trasmissione di Leishmaniaspp. avviene quando i flebotomi vettori si alimentano su ani-mali infetti. Nel cane la leishmaniosi canina (LCan) è carat-terizzata da un ampio range di segni clinici. Leishmaniainfantum è la specie maggiormente diffusa al mondo e svol-ge un importante ruolo sia nell’ambito della medicina vete-rinaria sia della Sanità Pubblica. In Europa, la leishmaniosida L. infantum è endemica nei Paesi mediterranei anche se,negli ultimi anni, l’areale di diffusione dell’infezione si èespanso alle regioni settentrionali con focolai autoctonisegnalati in alcune aree della Svizzera e della Germania. InItalia oltre alle aree endemiche per LCan del Centro e SudItalia, isole comprese, nuovi focolai sono stati riportati nelleregioni del Nord Italia. La prevalenza dell’infezione neicani, in Italia, varia da 1.7 al 48.4% con un’incidenza annua-le del 9.52% fino al 13.1% in animali presenti in un areaendemica della Puglia. Il cane è il principale serbatoiodomestico di L. infantum. La maggior parte dei cani chevivono in aree endemiche è stato esposto alle punture di fle-botomi infetti anche se, un alta percentale di questi animali,in aree endemiche non sviluppa segni clinici. Nonostanteciò, questa categoria di soggetti rappresenta una importantefonte di infezione da L. infantum per altri animali recettiviattraverso la puntura di insetti vettori. Le caratteristiche bio-logiche ed epidemiologiche su descritte condizionano moltosia le valutazioni cliniche dei liberi professionisti che il con-trollo dell’infezione in aree endemiche.

DALLA STADIAZIONE CLINCA…

Gli animali che vivono all’aperto, che provengono da areeendemiche o che vi hanno trascorso periodi di soggiornosono maggiormente a rischio, così come, i soggetti di età

inferiore a 3 anni e quelli tra gli 8 e i 10 sono i più sensibili.L’anamnesi è quindi fondamentale nell’indirizzare il sospet-to clinico. A causa del lungo periodo d’incubazione la malat-tia non è stagionale.

Nel cane la malattia si presenta nella forma generalizzataa decorso cronico, ed il quadro sintomatologico è pleomor-fo; dopo il periodo d’incubazione (variabile da 1 mese a 4anni) possono manifestarsi inizialmente sintomi quali lievedepressione e diminuzione dell’attività fisica e, quindi, com-parire lesioni cutanee non pruriginose, alopecia progressiva,desquamazione e ulcerazioni. Alcuni cani sviluppano lesio-ni oculari quali cheratocongiuntiviti, uveiti e accrescimentoabnorme delle unghie. Si può registrare riduzione del peso,atrofia muscolare, insufficienza renale con poliuria, polidip-sia, depressione del sensorio.

La stadiazione clinica è fondamentale per decidere se ecome trattare un cane infetto da L. infantum. Un cane infet-to è un soggetto nel quale sia dimostrabile la presenza delparassita, con metodi diretti (microscopia, coltura, PCR) ocon metodi indiretti (messa in evidenza di anticorpi specifi-ci). Per rendere più agevole l’inquadramento diagnostico deicani infetti, è stata recentemente pubblicata una classifica-zione elaborata dal Gruppo di Studio sulla LeishmaniosiCanina (GSLC; www.gruppoleishmania.org). Il GSLC, oltrea pubblicare linee guida riguardanti la diagnosi e la classifi-cazione dei soggetti infetti, ha elaborato indicazioni sul trat-tamento terapeutico della LCan. Un cane infetto può esseredefinito malato quando mostra uno o più segni clinici dileishmaniosi, incluse alterazioni ematologiche, ematobio-chimiche ed urinarie. Un cane infetto da L. infantum, inoltre,prima di manifestare segni clinici di malattia, può permane-re per numerosi mesi o anni in uno stato d’infezione. Talestato può essere facilmente diagnosticabile (infezione paten-te) o essere al limite della rilevabilità, pur a seguito dell’im-piego di metodiche di diagnosi sierologica, citologiche emolecolari (infezione sub patente). Una volta che l’infezio-ne abbia dato luogo alla malattia essa può assumere espres-sioni cliniche più o meno gravi, a seconda degli organi coin-volti. La classificazione dei diversi stadi di malattia è statainvece recentemente pubblicata da un gruppo di docenti dimedicina veterinaria provenienti da numerosi paesi del mon-

Leishmaniosi canina: dalla stadiazione clinica alla prevenzione in campo

Domenico Otranto

Med Vet, Dr Ric, Dipl EVPC, Fellow R.E.S., Bari

Gaetano Oliva

Med Vet, Napoli

189

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 189

Page 190: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

do (Leishvet, Vet. Parasitology, 2009). La distinzione in 4gradi di gravità rende più agevole il compito del medicoveterinario, soprattutto ai fini terapeutici e prognostici.

… AL CONTROLLO

Controllare un’infezione causata da un protozoo intra-cellulare che elude il sistema immunitario dell’ospite attra-verso una serie di meccanismi di escape biologici e biochi-mici, è complesso soprattutto quando si tratta, come nelcaso della leishmaniosi, di un’infezione trasmessa da artro-podi. L’eutanasia dei cani infetti sintomatici è stata consi-derata per lungo tempo l’unica via per eradicare l’infezio-ne da L. infantum nella popolazione animale e umana inalcune regioni del mondo (es. India, Brasile, Cina). Tutta-via, questa misura di controllo è del tutto inadeguata poi-ché non diminuisce l’incidenza dell’infezione nelle popo-lazioni canine e umane.

Ad oggi, non sono ancora disponibili presidi vaccinaliefficaci nei confronti dell’infezione da Leishmania. Non-ostante le ricerche per la preparazione di un vaccino nei con-fronti di leishmania siano numerose e comprendano l’impie-go di vaccini inattivati, a subunità o ad antigeni ricombinan-ti, la vaccinazione ad oggi rimane un’intervento non realisti-co per il controllo dell’infezione in campo. Tra le motiva-zioni più importanti sono da annoverare, il complesso qua-dro patogenetico della LCan, soprattutto in animali infetti innatura, la molteplicità dei sintomi, la difficoltà nel discrimi-nare sierologicamente gli animali vaccinati rispetto a quelliinfetti e i costi elevati.

L’intervento sui vettori è quindi un punto cruciale per lastrategia di controllo nei confronti di L. infantum. Interventiambientali con DDT, carbammati, malathion, permetrina epiretroidi per diminuire le popolazioni di flebotomi, doveeffettuati, sono stati caratterizzati da insuccesso a causa del-le difficoltà di dosaggio degli insetticidi, dell’impossibilitàdi raggiungere i siti di riposo e riproduzione di questi inset-ti, dell’inquinamento ambientale, dell’attività residuale neiconfronti di altri organismi e, non ultimo, dei costi elevati.

Al contrario, non permettere che il flebotomo si alimentisul cane significa prevenire l’inoculazione del protozoo equindi l’infezione da Leishmania ad un ospite recettivo. Èsu questa semplice strategia che si basa quella che ad oggiè considerata la migliore soluzione per il controllo dellaLCan. I piretroidi (deltametrina, permetrine) hanno un’atti-vità non solo insetticida ma anche anti-feeding (gli ectopa-rassiti non compiono il pasto di sangue sull’ospite) che vie-

ne comunemente definita come “effetto repellente”. I colla-ri impregnati di deltametrina (Scalibor® ProtectorBands;Intervet, Netherlands) sono stati impiegati in numerose pro-ve di campo condotte in Italia per il controllo della LCan inaree endemiche e hanno fatto registrare un tasso di prote-zione pari al 50% e al 86% su animali trattati in due stagioniconsecutive. Recentemente, un’associazione di imidaclo-prid 10% e permetrina 50% -ImPer- (Advantix®; Bayer AG,Germany) spot-on è stata sviluppata per il trattamento e laprofilassi delle infestazioni da zecche e pulci e contro lepunture di zanzare e flebotomi.

Sulla scorta dei risultati ottenuti in laboratorio, l’efficaciadell’associazione ImPer spot-on come misura di controlloper prevenire la LCan è stata valutata in cani in aree ende-miche del Sud Italia, in condizioni naturali di infezione. Laprova è stata condotta in due canili situati in aree endemicheper LCan nella regione Puglia. In entrambi i canili sono sta-ti formati tre gruppi di animali: cani trattati con ImPer ogni28 giorni o ogni 14 giorni e cani controllo non trattati. Pri-ma dell’inizio dello studio, e in assenza di flebotomi, 845animali asintomatici di entrambi i sessi e di età e razze dif-ferenti sono stati testati sierologicamente e con metodichemolecolari per effettuare la diagnosi di infezione da Leish-mania. Al termine della prova di campo è stata calcolataun’efficacia di protezione dell’ImPer nei confronti di L.infantum di 89,65% e di 95,36% negli animali trattati una edue volte al mese rispettivamente. Senza dubbio l’attivitàanti-feeding dell’associazione ImPer contro i flebotomi incondizioni naturali ha dato indicazioni chiare sull’importan-za del trattamento con soluzioni repellenti per la diminuzio-ne dell’infezione da L. infantum in aree endemiche. Nondi-meno, tutte le strategie di controllo devono essere correlatead una politica ambientale adeguata che preveda il censi-mento della popolazione canina attraverso la lotta al randa-gismo e la gestione sanitaria dei canili.

Indirizzo per la corrispondenza:Domenico Otranto Dipartimento di Sanità e Benessere AnimaleFacoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di BariStr. Prov. per Casamassima Km3, 70010 Valenzano (Bari)Tel/fax: +39 080 4679839E-mail: [email protected]

Gaetano Oliva Dipartimento di Scienze Cliniche VeterinarieUniversità degli Studi di Napoli Federico IIE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

190

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 190

Page 191: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Con il termine di minzione inappropriata ci si riferisce asegni clinici quali stranguria, pollachiuria, ematuria e periu-ria (urinazione in luoghi inappropriati) causati dall’irritazio-ne della mucosa vescicale e/o uretrale. Si pensa che l’inci-denza di tale problematica si aggiri intorno all’1.5% nellapopolazione felina. Spesso la frustrazione dei proprietari ètale da indurli a cedere il loro gatto a qualcun altro o adabbandonarlo in gattili e in casi estremi a ricorrere all’euta-nasia quando i segni clinici recidivano nel corso degli annisenza miglioramento nonostante le terapie di supporto1.

Molte volte i proprietari tendono a confondere i segni cli-nici di minzione inappropriata con la poliuria. Per tali ragio-ni durante la raccolta anamnestica è molto importante porredomande mirate in maniera tale da non ottenere informa-zioni fuorvianti. Il segnalamento e l’anamnesi sono duestrumenti di fondamentale importanza per cercare di capirela natura del problema. Le cause di minzione inappropriatasono diverse da quelle di poliuria, ma alcune cause di poliu-ria possono anche essere responsabili di minzione inappro-priata. In particolare si devono ricordare da un lato malattieendocrine come l’ipertiroidismo e il diabete mellito, dal-l’altro malattie metaboliche quali l’insufficienza renale cro-nica in cui è stata evidenziata una maggiore incidenza diinfezioni urinarie (che giustificano la minzione in luogoinappropriato)2.

Nel corso degli anni sono stati condotti vari studi percercare di definire le più comuni cause di eliminazioneinappropriata. Uno studio epidemiologico che includeva unnumero elevato di gatti, ha evidenziato, che la prima causadi eliminazione inappropriata è cistite idiopatica felina,seguita dall’ostruzione uretrale, dagli uroliti (comprenden-ti calcoli vescicali e/o calcoli uretrali e/o tappi uretrali),dalle infezioni urinarie, dall’incontinenza urinaria, daidifetti congeniti e da altre cause meno importanti da unpunto di vista numerico. Inoltre, quando venivano conside-rati gatti di età superiore ai 10 anni, aumentava il rischio diinfezioni batteriche e di neoplasie e si riduceva quello dicistite idiopatica felina3.

L’approccio diagnostico al gatto con eliminazione inap-propriata prevede l’utilizzo di tre test di base: la radiografiaaddominale, l’esame delle urine e l’urinocoltura4. A secon-da del segnalamento e dei segni clinici si potrà decidere seeseguire uno o più test diagnostici per individuare la naturadel problema. Una radiografia addominale in bianco cheincluda tutto l’apparato urinario (compresa l’uretra) puòessere uno strumento molto utile; soprattutto se si pensaall’elevata incidenza di litiasi vescicale e/o uretrale respon-

sabile dei segni clinici legati ai disturbi della minzione. Nelcaso in cui fosse possibile eseguire un solo test diagnosticoè probabile che uno studio radiografico fornisca informa-zioni molto preziose.

In presenza di calcoli non radiopachi o lesioni quali mas-se, coaguli di sangue e stenosi uretrali si rendono necessaristudi di diagnostica per immagini più sofisticati. Se l’esecu-zione di un’ecografia addominale non è sufficiente a indivi-duare la natura del problema si può ricorrere a studi contra-stografici quali cistografia con doppio contrasto, uretrografiaascendente e/o tomografia computerizzata.

L’esame delle urine è un valido ausilio quando si indaga-no le cause di poliuria. L’individuazione di un peso specifi-co urinario inferiore a 1.035 per un gatto che assuma unadieta esclusivamente secca o inferiore a 1.025 per un gattoche ingerisca una dieta esclusivamente umida suggerisce l’e-secuzione di ulteriori esami di approfondimento (esame bio-chimico e misurazione del tT4 e/o fT4) per escludere la pre-senza di cause metaboliche di poliuria. È importante ricor-dare che la presenza di ematuria, piuria, proteinuria e/o cri-stalluria non è indicativa di uno specifico disordine a caricodella vescica e/o dell’uretra, e che in caso di calcolosi nonsempre la cristalluria si correla con la composizione del cal-colo. La piuria non sempre si associa a batteriuria, e occa-sionalmente si riscontra in quadri di cistite sterile. Il riscon-tro di batteri è poco frequente nel gatto giovane mentre l’in-cidenza di infezioni aumenta nel gatto anziano (>10 anni dietà). Nel caso in cui si sospetti un’infezione urinaria, la con-ferma dovrebbe sempre avvenire tramite urinocoltura.

In due terzi dei gatti affetti da patologia delle basse vieurinarie la principale causa di malattia risulta essere la cisti-te idiopatica felina. La diagnosi avviene escludendo tutte lealtre possibili cause di inappropriata minzione. Il segnala-mento, la storia clinica, la visita clinica, una diagnostica perimmagini negativa, un esame delle urine e un’urinocolturanegativi permettono di diagnosticare una forma di cistiteidiopatica. Non esistono segni clinici patognomonici che cipossano indirizzare verso tale problematica, ma si è vistoche molti gatti affetti da cistite idiopatica hanno un intensodolore che si manifesta con vocalizzazione durante la min-zione, andatura rigida, fastidio o atteggiamento di difesaquando toccati a livello addominale, ossessiva pulizia dellazona addominale e/o alterazione del comportamento (nervo-sismo, aggressività e/o tendenza a nascondersi). Per la fortesintomatologia dolorifica e per la natura idiopatica, questacistite è stata avvicinata alla cistite interstiziale che colpiscegli esseri umani. Quando in un gatto affetto da cistite idio-

Eliminazione inappropriata: sintomo di malattia organica

Valeria Pantaleo

Med Vet, Padova

191

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 191

Page 192: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

patica si esegue una cistoscopia e si riscontrano caratteristi-che petecchie emorragiche sottomucosali si può parlare dicistite interstiziale anche in questa specie. Tra i fattori predi-sponenti sono stati riconosciuti: l’appartenenza alla razzapersiana, il sovrappeso, una dieta prettamente con alimentosecco, una vita esclusivamente casalinga e la convivenza conuno o più gatti5.

La patofisiologia della malattia non è ancora ben chiara eimplicherebbe complesse interazioni tra diversi sistemi orga-nici6. Normalmente, in condizioni di stress si ha l’attivazio-ne del sistema nervoso simpatico (SNS) da un lato e dell’as-se ipotalamo-ipofisi-surrene dall’altro. Al contrario nellacistite idiopatica, in cui gli stimoli stressogeni giocano unruolo primario esacerbando i segni clinici, si ha un’iperreat-tività del SNS dovuta a inadeguato meccanismo di feed-backnegativo da parte delle ghiandole surrenali che perpetua ilprocesso di malattia. Infatti il rilascio di cortisolo nei gattiaffetti da cistite idiopatica sarebbe ridotto; non a caso ilvolume delle surrenali e la zona fascicolata (esame istologi-co) appaiono diminuite in questi soggetti7. Inoltre l’aumen-tata permeabilità uroteliale favorirebbe un maggior contattotra l’epitelio e i costituenti dell’urina con rilascio locale dineurotrasmettitori e conseguente infiammazione neurogeni-ca vescicale. La cistite idiopatica ha un andamento altale-nante. I segni clinici tendono a risolversi indipendentementedalla terapia nella maggior parte dei gatti colpiti nel giro di2-5 giorni, purtroppo circa il 50% di questi gatti avrà unarecidiva entro un anno4.

Nelle forme acute la terapia ha come fine quello di atte-nuare i segni clinici legati al dolore. Perciò a seconda dellacondizione clinica del gatto potranno essere utilizzatioppioidi, antinfiammatori non steroidei o neurolettici. Nelleforme croniche, rappresentando lo stress un possibile fattore

scatenante, si cerca di ridurre e/o eliminare gli stimoli stres-santi con strategie di arricchimento ambientale8, e solo incasi molto gravi è necessario introdurre una terapia farma-cologia complementare1.

Bibliografia

1. Chew DJ, Buffington CAT, Kendall MS et al., (1998), Amitriptylinetreatment for severe recurrent idiopathic cystitis in cats, J Am VetMed Assoc, 213: 1282-1286.

2. Mayer-Roenne B, Goldstein RE, Erb HN, (2007), Urinary tract infec-tions in cats with hyperthyroidism, diabetes mellitus and chronic kid-ney disease, J Feline Med Surg, 9: 124-132.

3. Lekcharoensuk C, Osborne CA, Lulich JP, (2001), Epidemiologicstudy of risk factors for lower urinary tract diseases in cat, J Am VetMed Assoc, 218: 1429-1435.

4. Ettinger SJ, Feldman EC, (2005), Textbook of Veterinary InternalMedicine, 6th ed, Elsevier Saunders, St. Louis, 1828-1850.

5. Cameron ME, Casey RA, Bradshaw JWS et al., (2004), A study ofenvironmental and behavioural factors that may be associated withfeline idiopathic cystitis, J Small Anim Pract, 45: 144-147.

6. Westropp JL, Buffington CAT, (2004), Feline idiopathic cystitis: cur-rent understanding of pathophysiology and management, Vet ClinNorth Am Small Anim Pract, 34: 1043-1055.

7. Westropp JL, Kass PH, Buffington CAT, (2006), Evaluation of theeffects of stress in cats with idiopathic cystitis, Am J Vet Res, 67:731-736.

8. Buffington CAT, Westropp JL, Chew DJ et al., (2006), Clinical eva-luation of multimodal environmental modification (MEMO) in themanagement of cats with idiopathic cystitis, J Feline Med Sur, 8:261-268.

Indirizzo per la corrispondenza:Valeria PantaleoE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

192

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 192

Page 193: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SALMONELLA INFECTIONS IN REPTILES

Reptiles are well known carriers of Salmonella. Especial-ly lizards, snakes and tortoises can be considered naturalreservoirs for this bacterium and each reptile should be con-sidered a Salmonella carrier until the contrary is proven.Both Salmonella enterica and Salmonella bongori, theirsubspecies and serovars can be found in reptiles (Bäumler etal., 1998). Moreover, reptiles can be infected by multipleserovars at the same time. Known host-adapted and host-restricted serovars are rarely reported from reptiles, one ofthe examples is a serovar Dublin strain that has been isolat-ed from the snake Walterinnesia aegyptia (Greenberg andSechter, 1992). Although clinical salmonellosis occasionallyoccurs in reptiles, most infections do not induce any pathol-ogy. The mechanisms Salmonella uses to persistently colo-nize the reptilian host are poorly understood. Although thereis some evidence that Salmonella might be transferred verti-cally in reptiles, the oral route of infection probably is themost common one. After infection, the bacterium mainlyresides in the gut. Colonization of the chelonian host isrestricted to the distal intestinal tract, without invasion ofintestinal tissues and colonisation of internal organs,(Dimow, 1966, Pasmans et al. 2002). In the hindgut, chelo-nians can carry and excrete Salmonella for at least one year(Dimow, 1966) and even for up to nine years (Boycott,1962). However, experimental inoculation of bearded drag-ons (Pogona vitticeps) with a Salmonella Typhimuriumstrain did result in persistent colonization of both the intes-tinal tract and liver and spleen in the absence of clinicalsigns (Pasmans, unpublished results). Indeed, Salmonellaappears to be perfectly capable of surviving and even prolif-erating intracellularly in chelonian and saurian macrophages(Pasmans et al., and unpublished results). This suggests thatthe pathogenesis of a Salmonella infection does not only dif-fer strongly between reptiles and homeothermic hosts, butprobably also between different reptilian orders. In mam-mals and birds, the so called Salmonella pathogenicityislands (SPI) are major virulence determinants, and amongother functions responsible for intestinal invasion and per-sistency in the host macrophages (for recent reviews seeSchlumberger and Hardt, 2006; Waterman and Holden,2003). In reptiles, the role of these SPI is far from clear yetbut recent results show that they do contribute significantlyto the pathogenesis of Salmonella infections in reptiles.

Clinical salmonellosis is rare in reptiles but might presentas salpingitis, dermatitis, osteomyelitis, septicaemia and

granulomatous disease. Its role in enteric disease in reptilesis not clear but at least in chelonians and bearded dragons,no signs of enteritis can be seen after experimental inocula-tion. When Salmonella is isolated from the internal organsof chelonians showing clinical signs, this condition is gen-erally associated with other predisposing factors such asstress, heavy parasitic loads, traumata, tumours and otherinfectious diseases (Cambre et al., 1980). Also in lizardsand snakes, viral infections (e.g. adenovirosis in lizards) orheavy intestinal parasitic infections often coincide withthese Salmonella associated lesions. A primary role of Sal-monella in the development of disease in reptiles has still tobe demonstrated. Even when infected intracardially, subcu-taneously or intraperitoneally with Salmonella, cheloniansmostly don’t show any clinical signs of salmonellosis(Blanc et al., 1960; Delage, 1966; Dimow, 1966). Parenter-ally infected chelonians are able of mounting an antibodyresponse towards Salmonella (Blanc et al., 1960; Dimow,1966, Pasmans et al., 2002). An intriguing series of cases ofclinical Salmonella infections with the subspecies arizonae,causing osteomyelitis in rattle snakes has been reported(a.o. Bemis et al., 2007). Until clear evidence is presented,Salmonella should be considered a facultative pathogen inreptiles, which occurs as a natural component of their intes-tinal microbiota. Hence, it is the author’s point of view thatSalmonella infections in reptiles should not be treatedunless associated with clinical signs.

ZOONOTIC IMPORTANCE

It is now generally accepted that, with the exception ofhost-restricted serovars like Pullorum or Abortusovis, mostserovars of Salmonella are able to cause salmonellosis inhumans (Aleksic et al., 1996). Because a high percentage ofreptiles excrete high numbers of Salmonella bacteria asasymptomatic carriers, they constitute a source of Salmonel-la infections to humans. Human salmonellosis and Salmo-nella infections in chelonians were linked for the first timein 1962 (Communicable Disease Center, 1963). Since then,an increasing number of reptile-associated salmonellosiswas noted. In the seventies, the source of infection ofbetween 11 and 22% of all registered human salmonellosiscases were chelonians (Lamm et al., 1972; Cohen et al.,1980). A recent study estimates that 6% of all sporadic Sal-monella infections in the USA can be attributed to reptiles.Of the top 20 increasing serovars isolated from 1987 until

Salmonella in reptiles: a real zoonotic risk?

Frank Pasmans

DVM, PhD, MSc, Dipl ECZM (herpetology), Ghent (B)

193

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 193

Page 194: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

1997 in the USA, seven were common reptile-associatedSalmonella serovars (Olsen et al., 2001). Turtle-associatedsalmonellosis was estimated to cost about 12.5 million Euroin the USA in 1987 (Stehr Green and Schantz, 1987).Sources of infection for humans are: contact with reptiles,their faeces or contaminated water and objects such asaquaria, feeding bowls etcetera (Ackman et al., 1995). Chil-dren younger than 4 years of age are most often infected,probably due to unhygienic handling of reptiles. Salmonellainfections generally cause gastro-enteritis in humans. How-ever, depending on age or immune status of the patient andthe serovar involved, generalization may occur, leading tosepticaemia, abortion and even death (Woodward et al.,1997). Especially immune deficiencies, for instance causedby leukaemia, systemic lupus erythematosus or HIV infec-tions predispose for a very severe clinical course (Ackman etal., 1995; Woodward et al., 1997).

Should we thus ban the keeping of reptiles because of thezoonotic risk they pose?

Of course not. The discussion is unfortunately very heav-ily biased and should rather be: should we ban keeping petsbecause of the possible health risk they pose? The most com-mon bacterial and mycotic zoonoses are contracted fromfood (e.g. salmonellosis, campylobacteriosis), dogs and cats(e.g. dermatophytosis, wound infections after bites andscratches), birds (e.g. ornithosis) and even fish (fish tubercu-losis). Other pet associated health risks include traumata.For example, an estimated 100000 dog bites occur yearly inthe Netherlands alone. Should we thus ban the keeping ofdogs? Of course not. Clearly, the physical and psychologicalbenefits of keeping dogs outweigh the risk they pose forpublic health. The same, however, does account for reptiles.Perhaps we should accept that a biological risk can never beeliminated when dealing with animals. As for dogs, weshould aim at reducing the risk our pet reptiles pose. Thiscan be very easily done using basic hygienic measures. Mostreptile-associated salmonellosis cases are caused by direct orindirect contact of small children with reptiles. Reptiles aresimply not suitable as pets / toys for small children and willdefinitely not benefit from being petted by a toddler. The fol-lowing guidelines are proposed regarding the handling ofreptiles and strongly reduce the risk of contracting salmo-nellosis from reptiles: thoroughly washing of the hands,using soap and or hot water after direct or indirect contactwith reptiles, separating reptile accessories from all utensilsused for human food preparation, no free-roaming of reptilesin places accessible to children and finally, keeping reptilesaway from children younger than 5 years of age, pregnantwomen and immunodeficient persons. Raising awareness ofreptile owners concerning the zoonotic risk their pet poses isan important task of any reptile veterinarian. Extensiveguidelines can be obtained from the Association of Reptileand Amphibian Veterinarians.

In conclusion, there are no sound arguments to selective-ly ban the keeping of reptiles because of the possible zoonot-ic risk they pose.

References

Ackman, D.M., Drabkin, P., Birkhead, G., Cieslak, P., 1995. Reptile-asso-ciated salmonellosis in New York State. Pediatr. Infect. Dis. J. 14,955-959.

Aleksic, S., Heinzerling, F., Bockemuhl, J., 1996. Human infection causedby Salmonellae of subspecies II to VI in Germany, 1977-1992. Zen-tralbl. Bakteriol. 283, 391-398.

Bäumler, A.J., Tsolis, R.M., Ficht, T.A., Adams, L.G., 1998. Evolutionof host adaptation in Salmonella enterica. Infect. Immun. 66,4579-4587.

Bemis, D.A., Grupka, L.M., Liamthong, S., Folland, D.W., Sykes, J.M,Ramsay, E.C. 2007. Clonal relatedness of Salmonella isolates asso-ciated with invasive infections in captive and wild-caught rattlesna-kes. Vet. Mircrobiol. 120, 300-307.

Blanc, B., Delage, B., Ascione, L., 1960. Comportement des salmonellesinoculées par voie sanguine à Testudo graeca. Bull. Soc. Pathol. Exot.53, 131-133.

Boycott, J.A., 1962. Salmonella species in turtles. Science 137, 761. Cambre, R.C., Green, D.E., Smith, E.E., Montali, R.J., Bush, M., 1980. Sal-

monellosis and arizonosis in the reptile collection at the national Zoo-logical Park. J. Am. Vet. Med. Assoc. 177, 800-803.

Cohen, M.L., Potter, M., Pollard, R., Feldman, R.A., 1980. Turtle-associa-ted salmonellosis in the United States: effect of Public Health Action,1970 to 1976. J. Am. Med. Assoc. 243, 1247-1249.

Communicable Disease Center, A., 1963. Salmonella surveillance report1963. 10, 22-24.

Delage, B., 1966. Survie des Salmonella ingérées dans le tractus digestif dequelques animaux. Bull. Soc. Pathol. Exot. 59, 943-949.

Dimow, I., 1966. Versuche Landschildkröten der Arten Testudo graeca undTestudo hermanni mit Salmonella-bakterien zu infizieren. Zentbl.Bakteriol. Parasitenkd. Hyg. Abt. I Orig. A 199, 181-184.

Greenberg, Z., Sechter, I., 1992. Salmonella serotypes isolated from snakesand other reptiles - Israel, 1953-1989. Isr. J. Vet. Med. 47, 49-60.

Lamm, S.H., Taylor, A., Gangarosa, E.J., Anderson, H.W., Young, W.,Clark, M.H., Bruce, A.R., 1972. Turtle-associated salmonellosis. Anestimation of the magnitude of the problem in the United States. Am.J. Epidemiol. 95, 511-517.

Mermin, J., Hutwagner, L., Vugia, D., Shallow, S., Daily, P., Bender, J.,Koehler, J., Marcus, R., Angulo, F.J., 2004. Reptiles, amphibians, andhuman Salmonella infection: a population-based, case-control study.Clinical Infectious Diseases 38, 253-261.

Olsen, S.J., Bishop, R., Brenner, F.W., Roels, T.H., Bean, N., Tauxe, R.V.,Slutsker, L., 2001. The changing epidemiology of Salmonella: trendsin serotypes isolated from humans in the United States, 1987 - 1997.J. Infect. Dis. 183, 753-761.

Pasmans, F., De Herdt, P., Haesebrouck, F. 2002 Pathogenesis of infectionswith Salmonella enterica serovar Muenchen in the turtle Trachemysscripta scripta. Veterinary Microbiology, 87: 315-325.

Schlumberger, M.C., Hardt, W.D., 2006. Salmonella type III secretion effec-tors: pulling the host cell’s strings. Curr. Opin. Microbiol. 9, 46-54.

Stehr Green, J.K., Schantz, P.M., 1987. The impact of zoonotic diseasetransmitted by pets on human health and the economy. Vet. Clin. N.Am. -Small 17, 5-7.

Waterman, S.R., Holden, D.W., 2003. Functions and effectors of the Sal-monella pathogenicity island 2 type III secretion system. Cell. Micro-biol. 5, 501-511.

Woodward, D.L., Khakhria, R., Johnson, W.M., 1997. Human salmonello-sis associated with exotic pets. J. Clin. Microbiol. 35, 2786-2790.

Address for correspondence:Frank Pasmans Laboratory of Veterinary Bacteriology and Mycology & Divisionof Poultry, Exotic Companion and Laboratory Animals,Department of Pathology, Bacteriology and Avian Diseases,Faculty of Veterinary Medicine, Ghent University, Belgium

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

194

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 194

Page 195: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUCTION

Skin diseases represent one of the most important reasonsfor veterinary intervention in reptile medicine. Whereasmost skin diseases in commonly kept reptile species are pri-marily caused by inappropriate husbandry and feeding, fewinfectious agents that primarily cause dermatitis are known.In this manuscript, we will focus on one bacterial (Devrieseaagamarum) and one mycotic (Nannizziopsis vriesii) agentinvolved in severe and persistent dermatological problems incollections of captive reptiles.

CANV

Dermatomycosis caused by the Chrysosporium anamorphof Nannizziopsis vriesii (CANV) is a frequently observed anda difficult to treat disease problem in several captive reptilespecies. CANV infections typically present as skin dis-colouration, whether or not associated with hyperkeratosisand the formation of granulomata. In contrast to most der-matophyte associated diseases, CANV infections, if leftuntreated, often result in systemic spread causing death of theinfected animal. CANV infections can be easily diagnosed byculture of the organism from clinical samples (skin lesions,granulomata). When culturing the fungus, one should bear inmy mind an incubation period of 7-14 days at 30°C is need-ed for visible growth. Previously, clinical cure of CANVinfection was established after itraconazole administration ina Parson’s chameleon (Chamaeleo parsonii, Paré et al., 1997)and in a bearded dragon (Pogona vitticeps, Bowman et al.,2007) and following ketoconazole treatment in two greeniguanas (Iguana iguana, Abarca et al., 2008). In salt watercrocodiles (Crocodylus porosus) debridement of dermallesion combined with iodine-based antiseptic betadine swab-bing and formalin bathing eliminated CANV infection(Thomas et al., 2002). Nevertheless, therapeutic failure hasrepeatedly been reported in reptiles suffering from CANVinfection, even in spite of the use of antimycotics (Bertelsenet al., 2005; Bowman et al., 2007; Martel et al., 2006; Nicholset al., 1999; Paré et al., 1997; Thomas et al., 2002). Thismight be at least partly explained by the lack of knowledgeconcerning drug susceptibility patterns of Chrysosporiumspecies and pharmacokinetics of antifungal drugs in reptiles.

Antimycotic resistance against itraconazole and hepato-toxicity of itraconazole have been observed (Van Waeyen-berghe et al., 2010). Voriconazole proved to be a safe andeffective antimycotic drug to treat CANV infections inlizards at a dose of 10 mg/kg BW q24h (Hellebuyck et al.,2010; Van Waeyenberghe et al., 2010). Despite the longtreatment duration needed, the higher survival rate of theinfected animals and the complete clearance of CANV cur-rently makes this the treatment of choice. However, in caseof systemic infections, prognosis remains poor. Besidesantimycotic treatment, elimination of predisposing factorsshould be achieved and a regular follow up should be carriedout to confirm the absence of the fungus.

DEVRIESEASIS

Devriesea agamarum is a Gram positive, small rod,belonging to the class Actinobacteria (Martel et al., 2008),that causes dermatitis in lizards (P. vitticeps; Hellebuyck etal., 2009a). Probably, the disease is most often secondary toe.g. poor husbandry.

D. agamarum causes chronic proliferative dermatitis,especially in agamid lizards. Lesions typically occur aroundthe oral cavity, but also the pericloacal region and the legsare frequently involved. Septicaemia is a frequent complica-tion and results in the death of the affected animal. Certainsaurian taxa appear to be highly sensitive to the disease,especially dab lizards (genus Uromastyx), rock agamas(genus Laudakia), agamas (genus Agama) and Crotaphytussp. An infection with D. agamarum in a captive collection ofone of these lizard taxa may lead to high morbidity and mor-tality. In contrast, other taxa such as bearded dragons (genusPogona) appear to be much less sensitive to D. agamarumassociated disease. We have strong indications that beardeddragons are a major asymptomatic reservoir of D. aga-marum infection for other lizard species.

We recently showed that D. agamarum is able to persistfor very long times in the environment: up to 57 days in der-mal crusts and more than 3 months in moist sand at 20 or30°C. In contrast, survival on dry surfaces is limited. Thisfinding emphasises the need for a dry environment for mostdesert lizards. Indeed, the moist retreats as proposed in olderliterature for desert dwelling lizards, are definitely not nec-

Dermatology in reptiles

Frank Pasmans

DVM, PhD, MSc, Dipl ECZM (herpetology), Ghent (B)

Tom Hellebuyck, DVM, Ghent (B)

An Martel, DVM, PhD MSc, Ghent (B)

195

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 195

Page 196: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

essary for the wellbeing of at least dab lizards. The authorshave been keeping and breeding several Uromastyx speciesfor almost 20 years, without providing any moisture, exceptfor dietary vegetables.

Diagnosis is based on a combination of clinical signs andthe isolation of the bacterium from dermatitis lesions andblood in living specimens or skin or organ lesions in deceasedanimals. D. agamarum grows in small haemolytic coloniesunder aerobic, microaerobic or anaerobic conditions at tem-peratures between 25 and 42°C.

A treatment schedule of intramuscular ceftiofur injec-tions at 5 mg/kg body weight q24h was successful in elim-inating both clinical signs and D. agamarum in experimen-tally and in naturally infected bearded dragons and dablizards within 18 days (Hellebuyck et al., 2009b). However,prognosis is mostly poor in lizards with a systemic infectionof D. agamarum. Besides antimicrobial treatment, it is ofmajor importance to correct any predisposing factors suchas husbandry shortcomings. Besides diet, proper heat, (lackof) moisture and lighting, especially dab lizards are highlyprone to cage mate associated stress. Although this is notalways obvious, social stress will lead to poor performanceof the subdued animal.

References

Abarca ML, Martorel J, Castella G, Ramis A, Cabañes FJ. 2008. Cutaneoushyalohyphomycosis caused by a Chrysosporium species related toNannizziopsis vriesii in two green iguanas (Iguana iguana). MedMycol. 2008;46:349-354.

Bertelsen MF, Crawshaw GJ, Sigler L, Smith DA. Fatal Cutaneous Myco-sis in tentacled snakes (Erpeton tenteculatum) caused by the Chryso-sporium anamorph of Nannizziopsis vriesii. J Zoo Wildl Med.2005;36:82-87.

Bowman MR, Paré JA, Sigler L, Naeser JP, Sladky KK, Hanley CS, HelmerP, Phillips LA, Brower A, Porter R. Deep fungal dermatitis in threeinland bearded dragons (Pogona vitticeps) caused by the Chrysospo-rium anamorph of Nannizziopsis vriesii. Med Mycol. 2007;45:371-376.

Hellebuyck T., Baert K., Pasmans F., Van Waeyenberghe L., Beernaert L.,Chiers K., De Backer P., Haesebrouck F., Martel A. (2010) Cutaneoushyalohyphomycosis in a girdled lizard (Cordylus giganteus) causedby the Chrysosporium anamorph of Nannizziopsis vriesii and succes-sful treatment with voriconazole. Vet. Dermatol. in press.

Hellebuyck T., Martel A., Chiers K., Haesebrouck F., Pasmans F. (2009a)Devriesea agamarum causes dermatitis in bearded dragons (Pogonavitticeps). Vet Microbiol. 134(3-4): 267-271.

Hellebuyck T., Pasmans F., Haesebrouck F., Martel A. (2009b) Designing asuccessful antimicrobial treatment against Devriesea agamaruminfections in lizards. Vet Microbiol. 139:189-192.

Martel A, Fonteyne PA, Chiers K, Decostere A, Pasmans F. Nasal Nanniz-ziopsis vriesii granuloma in an ameiva lizard (Ameiva chaitzami).Flemish Vet J. 2006;75:306-307.

Martel A., Pasmans F., Hellebuyck T., Haesebrouck F., Vandamme P. (2008)Devriesea agamarum gen. nov., sp. nov., a novel actinobacteriumassociated with dermatitis and septicaemia in agamid lizards. Int JSyst Evol Microbiol. 58: 2206-2209.

Nichols DK, Weyant RS, Lamirande EW, Sigler L, Mason RT. Fatal myco-tic dermatitis in captive brown tree snakes (Boiga irregularis). J ZooWildl Med. 1999;30:111-118.

Paré JA, Sigler L, Hunter DB, Summerbell RC, Smith DA, Machin KC.Cutaneous mycoses in chameleons caused by the Chrysosporiumanamorph of Nannizziopsis vriesii (Apinis) Currah. J Zoo Wildl Med.1997;28:443-453.

Thomas AD, Sigler L, Peucker S, Norton JH, Nielan A. Chrysosporiumanamorph of Nannizziopsis vriesii associated with fatal cutaneousmycoses in the salt-water crocodile (Crocodylus porosus). MedMycol. 2002;40:143-151.

Van Waeyenberghe L., Baert K., Pasmans F., Van Rooij P., Hellebuyck T.,Beernaert L., De Backer P., Haesebrouck F., Martel A. (2010) Vori-conazole, a safe alternative for treating infections caused by theChrysosporium anamorph of Nannizziopsis vriesii in bearded dra-gons (Pogona vitticeps). Med Mycol. in press.

Address for correspondence:Frank Pasmans Laboratory of Veterinary Bacteriology and Mycology & Divisionof Poultry, Exotic Companion and Laboratory Animals,Department of Pathology, Bacteriology and Avian Diseases,Faculty of Veterinary Medicine, Ghent University, Belgium

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

196

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 196

Page 197: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Amphibian populations are declining worldwide at analarming rate. Although the main culprit of these declinesis the human impact on the environment, infectious diseasessuch as chytridiomycosis are responsible for massive amphib-ian die offs. This paper briefly describes chytrid infections inamphibians and will then focus on how the veterinarian cancontribute to limit the impact of chytridiomycosis on amphib-ian populations.

CHYTRIDIOMYCOSIS

Chytridiomycosis is caused by a fungus (Batrachochytri-um dendrobatidis, Longcore et al., 1999), probably originat-ing from clawed frogs (Xenopus) from South Africa (Wel-don et al., 2004). This organism has spread worldwide andwould play a major role in the alarming worldwide amphib-ian population declines (Berger et al., 1998). The fungus isadapted to lower temperatures and can persist for 7 weeks inpond water (Johnson and Speare, 2003). The organismprefers temperatures of 25°C and below, temperatures above30°C are not well tolerated (Piotrowski et al., 2004). Thepathogenesis is only poorly known at present. Fungalzoospores adhere to the amphibian skin and form sporangiainside the keratinocytes. Mature sporangia produce infec-tive, motile zoospores. An infection with B. dendrobatidiscauses epidermal hyperplasia and hyperkeratosis, withoutinducing a marked inflammatory response. Probably, thealterations of the skin disturb the electrolyte and fluid bal-ances, resulting in the death of the animal (Voyles et al.,2009). In frogs and toads, symptoms include apathy, inap-petence, pressing of the belly against the substrate and,characteristically, very frequent ecdysis and, eventually,death (Nichols, 2001; Berger et al., 1999). In salamanders ofthe genus Bolitoglossa, the tail is autotomized as well (Pas-mans et al., 2004). Pathogenicity appears to vary widelybetween amphibian species and between B. dendrobatidisstrains (Blaustein et al., 2005; Fisher et al., 2009). Thecourse of an infection is hard to predict. Even when suppos-edly sensitive species are inoculated with a supposedlyhighly virulent strain, this does not necessarily result in thedevelopment of overt clinical disease (Martel et al., 2010).The complex interactions between fungus, host and envi-ronment, which eventually result in clinical chytridiomyco-sis are not yet understood.

Chytridiomycosis can be diagnosed in practice using wetmounts of sloughed skin (Longcore et al., 1999). The spo-rangia are then visible as groups of rounded structures (gen-erally in colonies) and moving zoospores can be seen. How-ever, mild infections are easily missed and sloughed skinshould be available. On dead specimens, the diagnosis canbe confirmed using histology or immunohistochemistry.Preferential sampling sites are toes and / or skin from thedrinking patch and / or thighs in. Again, mild infections canbe easily overlooked. Isolation is theoretically possible aswell but laborious and requires a lot of expertise. Besides,isolation from living specimens is currently not feasible. Atpresent, the gold standard for the diagnosis of chytridiomy-cosis is quantitative (q) PCR (Boyle et al., 2004). Livingspecimens can be sampled by rubbing a cotton tipped swabover the drinking pad area of the belly and over the under-side of fingers and toes. Swabs can be stored dry and frozenuntil further analysis. On dead specimens, the same samplescan be used as for histology.

Treatment of infected amphibians should consist of 1) treat-ment of the animal and all contact animals and 2) treatment ofthe environment. If a colony of captive amphibians is affected,all terrariums containing infected inmates must be identifiedusing qPCR on skin swabs. Then, all animals from the infectedterraria must be treated using itraconazole or voriconazole inseparate enclosures. We currently designed a safe treatmentusing voriconazole, topically applied during at least 7 days at1.25 mg/l water (Martel et al., 2010). During the animal treat-ment, the terraria with contents and all contact materials shouldbe thoroughly disinfected (e.g. by heating > 50°C and or chlo-rine). The contents of the terrarium should never be discardedof in the environment before decontamination. After treatingthe terraria and the animals, the amphibians should again betested for the presence of the fungus. In conclusion: treatmentof B. dendrobatidis infected amphibian collections is possiblebut laborious and should be done very concisely.

How can veterinarians contribute to limitthe impact of chytridiomycosis?

1) contribution to chytridiomycosis researchMost of the research into chytridiomycosis is currently

performed by non veterinarians. Although a lot of beautifulwork has been done, veterinarians can significantly con-tribute to the solution of the problem because of their train-

The role of the veterinarian in amphibian conservation:chytridiomycosis

Frank Pasmans

DVM, PhD, MSc, Dipl ECZM (herpetology), Ghent (B)

An Martel, DVM, PhD MSc, Ghent (B)

197

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 197

Page 198: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ing in clinical pathology, infectious diseases, host responses,diagnosis and treatment options etc. We strongly plea for amultidisciplinary approach to tackle this worldwide crisis(Pasmans et al., 2006).

2) raising public awarenessClients with amphibian collections should be made aware

of the possible risk their animals pose to native ecosystems.Most keepers of amphibian have no idea of the chytrid sta-tus of their collection, let alone that they would take anybiosecurity measures such as decontamination of terrariumcontents before disposal.

3) maintaining healthy, chytrid free amphibian collectionsResponsible keeping of amphibians requires the absence

of known pathogens, such as B. dendrobatidis or ranavirus-es, that might severely impact native amphibian populations.Veterinarians with amphibian collections under their veteri-nary care should try to impose entry control and appropriatequarantine measures for any new arrival, to perform necrop-sy on dead animals and to eliminate any existing chytridinfection, even if asymptomatic.

4) contribution to captive breeding projectsMeasures to cope with amphibian declines include estab-

lishing of breeding groups of endangered species in captivi-ty. Health management of these breeding groups should bedone by a qualified veterinarian and is vital for the successof these projects.

References

Berger, L, Speare, R., Daszak, P., Green, D.E., Cunningham, A.A., Goggin,C.L., Slocombe, R., Ragan, M.A., Hyatt, A.D., Mc Donald, K.R.,Hines, H.B., Lips, K.R., Marantelli, G., Parkes, H., 1998. Chytri-diomycosis causes amphibian mortality associated with populationdeclines in the rain forest of Australia and Central America. Procee-dings of the National Academy of Sciences of the United States ofAmerica 95, 9031-9036.

Berger, L., Speare, R., Hyatt, A.D., 1999. Chytrid fungi and amphibiandeclines: overview, implications and future directions. In: Campbell,A. (Ed.), Declines and disappearances of Australian frogs. Environ-ment, Canberra, Australia, pp.23-33.

Blaustein, A.R., Romansic, J.M., Scheessele, E.A., Han, B.A., Pessier, A.P.,Longcore, J.E., 2005. Interspecific variation in susceptibility of frogtadpoles to the pathogenic fungus Batrachochytrium dendrobatidis.Conservation Biology 19, 1460-1468.

Boyle, D.G., Boyle, D.B., Olsen, V., Morgan, J.A.T., Hyatt, A.D., 2004.Rapid quantitative detection chytridiomycosis (Batrachochytriumdendrobatidis) in amphibian samples using real-time Taqman PCRassay. Diseases of Aquatic Organisms 60, 141-148.

Fisher, M.C., Bosch, J., Yin, Z., Stead, D.A., Walker, J., Selway, L., Brown,A.J.P., Walker, L.A., Gow, N.A.R., Stajich, J.E., Garner, T.W.J., 2009.Proteomic and phenotypic profiling of the amphibian pathogen Batra-chochytrium dendrobatidis shows that genotypes is linked to virulen-ce. Molecular Ecology, 18, 415-429.

Johnson, M.L., Spearen R., 2003. Survival of Batrachochytrium dendroba-tidis in water: quarantine and disease control implications. EmergingInfectious diseases 9, 922 - 925.

Longcore, J.E., Pessier, A.P., Nichols, D.K., 1999. Batrachochytrium den-drobatidis gen. et sp. nov., a chytrid pathogenic to amphibians. Myco-logia 91, 219-227.

Martel, A., Van Rooij, P., Vercauteren, G., Baert, K., Van Waeyenberghe, L.,Debacker, P., Garner, T.W.J., Woeltjes, T., Ducatelle, R., Haese-brouck, F., Pasmans, F., 2010. Developing a safe antifungal treatmentprotocol to eliminate Batrachochytrium dendrobatidis from amphi-bians. Medical Mycology, in press.

Nichols, D.K., Lamirande, E.W., Pessier, A.P., Longcore, J.E., 2001. Expe-rimental transmission of cutaneous chytridiomycosis in dendrobatidfrogs. Journal of Wildlife Diseases 37, 1-11.

Pasmans, F., Zwart, P., Hyatt, A.D., 2004. Chytridiomycosis in the CentralAmerican bolitoglossine salamander (Bolitoglossa dofleini). TheVeterinary Record 154, 153.

Piotrowski, J.S., Annis, S.L., Longcore, J.E., 2004. Physiology of Batra-chochytrium dendrobatidis, a chytrid pathogen of amphibians. Myco-logia 96, 9-15.

Voyles, J., Young, S., Berger, L., Campbell, C., Voyles, W.F., Dinudom, A.,Cook, D., Webb, R., Alford, R.A., Skerratt, L.F., Speare, R., 2009.Pathogenesis of chytridiomycosis, a cause of catastrophic amphibiandeclines. Science, 326, 582-585.

Weldon, C., du Preez, L.H., Hyatt, A.D., Muller, R., Speare, R., 2004. Ori-gin of the amphibian chytrid fungus. Emerging Infectious Diseases10, 2100-2105.

Address for correspondence:Frank Pasmans Laboratory of Veterinary Bacteriology and Mycology & Divisionof Poultry, Exotic Companion and Laboratory Animals,Department of Pathology, Bacteriology and Avian Diseases,Faculty of Veterinary Medicine, Ghent University, Belgium

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

198

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 198

Page 199: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La terapia interventistica delle aritmie comprende unaserie di procedure chirurgiche mini-invasive atte a trattare idisturbi del ritmo. In particolare, le terapie interventistichead oggi in uso nella pratica clinica veterinaria possono esse-re suddivise in presidi per il trattamento delle bradiaritmie epresidi per il trattamento delle tachiaritmie. Il primo grup-po comprende l’utilizzo di pacemaker esterno temporaneoe l’impianto di pacemaker permanente, mentre il secondocomprende la cardioversione elettrica, la defibrillazione asin-crona e l’ablazione con radiofrequenza. La stimolazioneesterna temporanea (SET) rappresenta una procedura poten-zialmente salvavita in pazienti in anestesia prima dell’im-pianto di pacemaker permanente o in pazienti ad alto rischiodi asistolie prolungate nei reparti di pronto soccorso e tera-pia intensiva. La SET può avvenire mediante due modalità:la SET trans-venosa e la SET trans-cutanea. La SET trans-venosa è una tecnica che è stata ampiamente utilizzata inmedicina veterinaria e che si avvale dell’utilizzo di un elet-trodo endocardico posizionato nella camera ventricolaredestra mediante accesso venoso femorale e connesso ad unsistema generatore di impulsi elettrici. A causa delle possi-bili complicanze correlate a questa tecnica (infezione dellatasca, perforazione cardiaca, flebite), la SET trans-venosa èstata negli ultimi anni sostituita dalla SET trans-cutanea.

La SET trans-cutanea può essere effettuata mediante ungeneratore singolo o incorporato in un apparecchio defibril-latore. La metodica si avvale dell’utilizzo di piastre adesiveradiotrasparenti a bassa impedenza. Studi effettuati in cam-po veterinario hanno dimostrato che le piastre con superficiedi 20cm2 con posizionamento destra-sinistra al 5°-7° spaziointercostale rappresentano lo strumentario con maggior effi-cacia e minori effetti collaterali. Una SET trans-cutanea ade-guata viene ottenuta aumentando progressivamente la cor-rente in uscita fino ad acquisire spikes seguiti da complessiQRS larghi associati a presenza di polso femorale. Nelperiodo compreso fra gennaio 2005 ed aprile 2010, la SET èstata effettuata in 35 su 105 casi di impianto endocardicopermanente. La soglia di stimolazione della SET è statacompresa fra 30-160 mA con una frequenza di stimolazioneper minuto pari a 40-60 ppm. Le complicanze dell’utilizzodella SET sono state induzione di torsione di punte in duesoggetti e mancata cattura in due soggetti. Questi dati confer-mano che la SET trans-cutanea rappresenta uno strumentopromettente per il trattamento delle asistolie prolungate o del-le bradicardie profonde in pazienti in anestesia per impianto di

pacemaker permanente. Le complicanze correlate all’utilizzodella SET sembrano essere minime.

L’impianto di pacemaker permanente rappresenta il tratta-mento di elezione nei pazienti affetti da bradiaritmie sinto-matiche. L’elettrostimolazione permanente si avvale dell’u-tilizzo di una batteria in grado di generare impulsi elettricitrasmessi al miocardio atriale o ventricolare mediante uno odue elettrodi che contraggono rapporto con il miocardio insede endocardica od in sede epicardica. Nel periodo com-preso fra febbraio 2005 ed aprile 2010 sono stati impiantati104 stimolatori endocardici permanenti ed 1 stimolatore epi-cardio permanente. L’impianto di pacemaker si è reso neces-sario nel 66,7% dei casi per BAV III°, nel 10,5% per disfun-zione sinusale, nell’8,6% per BAV II° tipo 2:1, nel 5,7% persilenzio atriale, nel 3,8% per BAV II° avanzato, nel 1,9% perdisfunzione sinusale associata a BAV III°, nel 1,9% per trat-tamento “ablate and pacing” e nel 0,9% per il trattamento dicrisi vasogale con componente cardio-inibitoria. I pacema-ker possono essere programmati secondo diverse funzionali-tà. In particolare la sigla VVI indica un impianto monoca-merale con funzione di rilevamento e stimolazione ventrico-lare, con possibile funzione di modulazione della frequenzacon l’esercizio (VVIR). Gli impianti bicamerali sono invecesiglati VDD in caso di elettrodo singolo con sensore atrialee DDD in caso di doppio elettrodo di cui uno posizionato inauricola destra ed uno in apice ventricolare destro. La nostracasistica è caratterizzata dal 46,7% di impianti VVIR, 30,5%VVI, 12,4% VDD, 9,5% DDD e 0,9% AAI. Le complicanzerelative ad impianto di pacemaker sono costituite da compli-canze definite maggiori quali dislocazione dell’elettrocatete-re che è avvenuta nel 7,5% dei soggetti, microdislocazionedell’elettrocatetere nel 2,8% ed infezione della tasca cutaneanell’1,9%. I tassi di complicanze, in linea con quelli riporta-ti in medicina veterinaria, sembrano essere direttamente cor-relati al grado di training esercitato dall’operatore. Le com-plicanze minori hanno mostrato avere un tasso minimo parial 1,98%Il termine cardioversione elettrica indica una proce-dura secondo la quale viene rilasciato uno shock elettricotrans-toracico bifasico sincronizzato con il ritmo cardiacoatto a ripristinare l’attività sinusale in soggetti con fibrilla-zione atriale o tachicardia sopraventricolare. Questi disturbidel ritmo vengono interrotti dallo shock elettrico medianteuna depolarizzazione simultanea di tutte le cellule miocardi-che eccitabili con prolungamento del periodo refrattario. Lacardioversione elettrica avviene con il soggetto in anestesia

Terapia interventistica delle aritmie

Manuela Perego

Med Vet, Samarate, Varese

Roberto Santilli, Med Vet, PhD, Dipl ECVIM-C.A. (Cardiology), Samarate, Varese

199

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 199

Page 200: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

generale posto in decubito latero-laterale con piastre adesiveposizionate destra-sinistra al 5°-7° spazio intercostale. Primadi iniziare la procedura, è opportuno assicurarsi di aver azio-nato la modalità ”sincro” che previene il rilascio dello shockelettrico durante la fase di ripolarizzazione. L’intensità dicorrente elettrica raccomandata è di 150-200J per interrom-pere tachicardie sopraventricolari quali il flutter atriale e200J per interrompere la fibrillazione atriale. I dati a nostradisposizione provano che la cardioversione elettrica esegui-ta in 15 soggetti è risultata una procedura efficace nel ripri-stinare il ritmo sinusale nel 75% dei casi con fibrillazioneatriale e nell’unico soggetto con flutter atriale trattato. In let-teratura, viene riportata una percentuale di successo dellacardioversione elettrica in più del 90% dei soggetti affetti dafibrillazione atriale anche in presenza di importanti malattiecardiostrutturali.Con il termine di defibrillazione asincrona èindicata una procedura secondo la quale viene rilasciato unoshock elettrico trans-toracico bifasico non sincronizzato conil ritmo cardiaco e atto a ripristinare il ritmo sinusale inpazienti con tachicardia ventricolare e scompenso emodina-mico oppure in pazienti con fibrillazione ventricolare. L’uti-lizzo del defibrillatore bifasico è raccomandato ogniqualvol-ta insorgano aritmie ventricolari quali torsione di punte ofibrillazione ventricolare durante procedure di cardiologiainterventistica. In questi casi, tale procedura rappresenta l’u-nico presidio in grado di ripristinare il ritmo normale e,secondo i nostri dati ottenuti su un campione di 6 casi, pre-senta un alto tasso di successi (83%).

L’ablazione con radiofrequenza rappresenta la terapia d’e-lezione per il trattamento della tachicardia atrioventricolareortodromica reciprocante mediata da via accessoria, dellatachicardia atriale focale del flutter atriale e di alcune formedi tachicardie ventricolari. Attraverso tre introduttori vengo-no inseriti nel sistema venoso sotto visione fluoroscopia unelettrocatetere decapolare dalla vena giugulare esterna posi-zionato nel lume del seno coronarico, un elettrocatetere qua-dripolare da una vena femorale posizionato a livello delfascio di His ed un elettrocatetere ablatore dall’altra venafemorale posizionato alternativamente in atrio destro o inapice ventricolare destro. L’ablazione con radiofrequenzaconsiste nell’applicazione di energia termica ad un’areamiocardica con conseguente necrosi coagulativa ed interru-zione del meccanismo aritmogenico alla base del disturbodel ritmo. L’ablazione con radiofrequenza è stata applicatain 22 pazienti per un totale di 27 vie accessorie localizzate insede laterale destra (9), postero-settale destra (9), medio-set-tale destra (3), anterosettale destra (1). Un soggetto presen-tava due vie accessorie (laterale destra e postero-settaledestra) ed un soggetto presentava tre vie accessorie (lateraledestra, postero settale destra e antero-settale destra). La per-centuale di successo in fase acuta di 91,66% e al follow-updi 8 mesi 87,5% con un tasso di recidiva pari a 4,54%. Lecomplicanze relative all’ablazione con radiofrequenza sonorisultate correlate all’induzione di blocco atrioventricolare diIII° (9,0%). Le tachicardie atriali focali sono state studiate in20 soggetti. I focolai ectopici risultavano distribuiti per il

76,4% in corrispondenza dell’atrio destro (6 cresta termina-le, 3 triangolo di Koch, 2 annulus valvola tricuspide, 1 settointeratriale, 1 auricola destra) e per il 23,6% dei casi in cor-rispondenza dell’emergenza delle vene polmonari (4 venapolmonare superiore destra, 2 vena polmonare superioresinistra, 1 vena polmonare inferiore destra). L’ablazione conradiofrequenza ha presentato successo nel 52,9% dei casi (in7 casi con l’eliminazione di 9 focolai ectopici). Le compli-canze della procedura sono intervenute nel 17,6% dei sog-getti e sono rappresentate da morte del soggetto durante laprocedura e da un infarto cerebrale risoltosi spontaneamen-te. L’ablazione con radiofrequenza è stata utilizzata ancheper il trattamento del flutter atriale. La stimolazione atrialeprogrammata ha consentito di effettuare diagnosi di flutteratriale dipendente dall’istmo cavo-tricuspidale in due casi edi flutter atriale non dipendente dall’istmo cavo-tricuspidalein un caso. L’ablazione con radiofrequenza nei primi duecasi è avvenuta durante tachicardia posizionando la puntadell’elettrocatetere ablatore in corrispondenza della por-zione media dell’istmo cavo-tricuspidale. Nel terzo caso,il macro-circuito di rientro anatomico era dipendente dal-la porzione settale dorsale, punto di applicazione dellaradiofrequenza. L’ablazione con radiofrequenza delle vieaccessorie atrioventricolari e del flutter atriale rappresentauna procedura sicura nel cane e correlata ad elevate percen-tuali di successo in fase acuta ed in fase cronica con minimitassi di complicanze. La tachicardia atriale focale, sebbenepossa essere trattata con questa metodica, presenta percen-tuali di successo inferiori e tassi di complicanze superioririspetto alle vie accessorie ed al flutter atriale. L’utilizzo del-l’ablazione con radiofrequenza per il trattamento delle tachi-cardie ventricolari è stato applicato in un soggetto affetto dacardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro in formasegmentale che presentava tachicardia ventricolare mono-morfa incessante proveniente dalla regione antero-lateraledel tratto di efflusso ventricolare destro aneurismatico refrat-taria al trattamento farmacologico. Il mappaggio della regio-ne ha consentito l’identificazione di potenziali tele diastolicie tele sistolici alla base del circuito di rientro. L’ablazionedella zona di interesse ha consentito l’eliminazione di talipotenziali con conseguente interruzione dei disturbi del rit-mo ventricolari. La metodica di ablazione con radiofrequen-za rappresenta una metodica promettente per il trattamentodelle tachicardie ventricolari refrattarie al trattamento far-macologico in soggetti con cardiomiopatia aritmogena delventricolo destro.

Bibliografia disponibile su richiesta

Indirizzo per la corrispondenza:Clinica Veterinaria MalpensaViale Marconi, 27 – 21017 - Samarate, Varese, ItalyTel. 0331-228155 (3) – Fax. 0331-220255e-mail: [email protected] Web: www.ecgontheweb.com

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

200

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 200

Page 201: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Negli ultimi anni si è assistito ad un vorticoso aumentodegli studi genetici riguardanti la specie canina e felina,soprattutto con un approccio biomolecolare derivante dalsequenziamento del genoma di queste due specie animali. Diparticolare interesse risultano le ricerche volte alla compren-sione, a livello del DNA, dei principali disordini genetici cheinteressano il cane e il gatto. Grazie a queste tecniche è statopossibile ottenere una valida mappa del genoma che ha giàconsentito il riconoscimento di numerosi geni che sono allabase di differenti malattie ereditarie che colpiscono le diver-se razze canine e feline. Nel cane e nel gatto è ora possibiledisporre di una mappa del genoma che ci permette di ricono-scere direttamente i geni difettosi, relativi a determinatemalattie ereditarie. È quindi possibile monitorare in modopreciso fenomeni quali la perdita di eterozigosità e l’erosionegenetica1. È inoltre possibile calcolare anche i coefficienti diconsanguineità all’interno di una determinata popolazionecon l’impostazione di efficaci piani selettivi per il migliora-mento genetico di una determinata razza canina o felina.

Sono quindi oggi disponibili diversi test genetici basatisulle principali tecniche di biologia molecolare anche perl’identificazione delle più comuni nefropatie ereditarie delcane e del gatto. Le tecniche diagnostiche basate sul DNApermettono di distinguere univocamente i soggetti malati oportatori della patologia di interesse. Nel caso di patologiead “insorgenza tardiva” cioè che si manifestano in età adul-ta o a “penetranza incompleta” che si manifestano solo inuna parte dei soggetti con il genotipo difettoso, con l’anali-si del DNA è possibile l’identificazione precoce alla nasci-ta del soggetto sano, malato o portatore. Queste tecniche,congiuntamente all’identificazione del soggetto e all’anali-si della parentela permettono l’esclusione dalla riproduzio-ne degli animali malati o portatori e costituiscono pertantoun utile strumento nella convalida dei dati genealogiciriportati nel pedigree con un enorme valore aggiunto per ilmiglioramento genetico. Dagli studi effettuati presso laFacoltà di Medicina Veterinaria di Milano si è potuto con-statare un’elevata diffusione di nefropatie ereditarie soprat-tutto a carattere autosomico dominante o recessivo. Anchenel caso di nefropatie a trasmissione ereditaria più com-plessa (penetranza incompleta, insorgenza tardiva, sindro-mi, espressività variabile) con l’analisi del DNA è possibilel’identificazione precoce alla nascita del soggetto sano,malato o portatore. Queste tecniche, pertanto sono un utilestrumento nella convalida dei dati genealogici, aggiungen-do una garanzia in più alla qualità del prodotto dell’alleva-mento del cane e del gatto di razza.

I ricercatori del laboratorio della Facoltà di MedicinaVeterinaria (Vetogene - laboratorio di riferimento dell’Entenazionale della Cinofilia Italiana) hanno constatato un’ele-vata diffusione di nefropatie ereditarie, soprattutto relativealla Cistinura, nella razza terranova per quanto riguarda ilcane e della malattia policistica renale (PKD) per quantoriguarda il gatto. Per la cistinuria nell’anno 2009 sono statiesaminati circa 82 soggetti di razza terranova dei quali si èvisto, trattandosi di una patologia ereditaria a carattererecessivo, che il 36,2% è portatore dell’“allele” difettoso, undato piuttosto allarmante vista la limitata consistenza nume-rica in Italia della razza Terranova. Il test molecolare utiliz-zato si avvale di una PCR-RFLP (Polymerase chain reac-tion)2 con una successiva gel elettroforesi in agarosio cheevidenzia dei frammenti di DNA che identificano i soggettimalati, portatori o sani.

Dagli studi condotti presso la Facoltà di Medicina veteri-naria di Milano, con un approccio biomolecolare (PCR-RFLP), si è potuto constatare che la Malattia PolicisticaRenale (PKD-polycystic kidney disease) del gatto, formaautosomica dominante3, risulta interessare soprattutto la raz-za Persiana e le razze ad essa correlate. In particolare pressoil laboratorio Vetogene, sono stati esaminati a livello delDNA4 negli ultimi anni circa 500 gatti di razza. Di questi isoggetti colpiti da PKD sono risultati essere rispettivamenteil 50,6% Persiani, il 21,9% Exotic Shorthair, il 10,5% Rag-doll, l’8,4% Main Coon, il 3,7% British Shorthair. In tutte lerazze feline sopracitate, ma soprattutto nella razza persianacon il test del DNA è stato possibile riscontrare in soggettifino a 3 mesi di età un elevato numero di gatti colpiti da PKD.In particolare il dato più preoccupante è stato rilevato nei per-siani dove su 247 soggetti esaminati 75 erano malati, e su 77Exotic Shorthair sono stati riscontrati 30 soggetti positivi altest genetico. È stato quindi condotto un interessante studiocomparativo in collaborazione con Facoltà di Medicina Vete-rinaria di Parma5 (Dipartimento di Salute Animale) per veri-ficare a differenti età la capacità diagnostica dell’ecografia inrapporto al test del DNA. Sono stati quindi esaminati 70 gat-ti (63 Persiani e 7 Exotic Shorthair) di età copresa tra i 2,5 e3,5 mesi di età. Con l’ecografia il 41,4% dei soggetti esami-nati ha mostrato cisti renali, mentre il 34,3% di questi è risul-tato positivo al test del DNA. Quindi sei gatti con almeno unacisti renale sono risultati negativi al test genetico, mentre soloun gatto negativo all’ecografia è risultato positivo al test delDNA. Si è potuta constatare quindi una concordanza del testgenetico con la diagnosi ecografica del 90%. La sensibilità ela specificità dell’indagine ecografica è risultata essere rispet-

Genetica, prevenzione e diagnosi molecolare delle nefropatie ereditarie del cane e del gatto

Michele Polli

Med Vet, PhD, Milano

201

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 201

Page 202: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

tivamente del 95,8% e 86,9% dimostrando un’assoluta effi-cacia come tecnica di controllo e di eradicazione della malat-tia genetica nel gatto di razza.

Per differenti nefropatie soprattutto nel cane esistono ormaimolti laboratori di biologia molecolare internazionali di riferi-mento per il test genetico. Purtroppo tali test riguardano perora soprattutto le nefropatie a trasmissione ereditaria sempli-ce di tipo mendeliano. Per quanto riguarda alcune forme aderedità più complessa (a supposta eredità multifattoriale) nonesistono per ora riscontri efficaci a breve termine. È però pre-vedibile nei prossimi anni che gli studi molecolari basati sul-la post-genomica (proteomica), soprattutto relativi all’appli-cazione di tecniche ormai consolidate quali la “single-nucleo-tide polymorphism analysis” o la “microarray gene expres-sion analysis, possano chiarire le modalità della trasmissionegenetica e quindi rendere applicabili nuovi test molecolarianche per le nefropatie dove attualmente le modalità di tra-smissione genetica sono ancora sconosciute.

I risultati in termini di miglioramento genetico delle razzecanine colpite da disordini ereditari saranno sicuramente effi-caci con l’applicazione delle nuove tecniche biomolecolari amaggior ragione se verranno applicati tutti quei controlli attiad ottenere un rapido passaggio da un libro genealogico ana-grafico ad un libro genealogico basato sul controllo del DNA(diagnosi di parentela), con applicazione quindi delle nuovenorme tecniche (DPR 8/3/2005) da parte dell’Ente Nazionaledella Cinofilia Italiana. Anche nel gatto l’applicazione delleanalisi molecolari basate sullo studio del DNA non sarà cosìefficace senza la collaborazione dei Club di Razza o delleAssociazioni Feline italiane che dovranno promuovere unmaggior controllo di tutti i principali disordini ereditari.

Bibliografia

1. Pertica G., Strillacci M.G., Marelli S.P., Valiati P., Gandolfi B.,Cozzi. M.C., Polli M., Longeri M., Guidobono Cavalchini L. Gene-tic variabilità in Hunting dog breeds using microsatellites markersand mitocondrial DNA polymorphism. (2008) XXXI InternationalConference on Animal Genetics (ISAG) Atti ISAG Amsterdam, TheNetherlands - 20 a 24 July 2008.

2. Henthorn P.S., Jonlong L., Gidalevich T., Jikang F., Casal M.L.; Pat-terson D. F.Giger U. Canine cystinuria: polymorphism in the canineSLC3A1 gene and identification of a nonsense mutation in cystinuricNewfoundland dogs. Human genetics ISSN 0340-6717 2000, vol. 107,no4, pp. 295-303 (1 p.1/4).

3. Al-Bhalal L, Akthar M (2008) Molecular Basis of Autosomal Reces-sive Polycystic Kidney Disease (ARPKD) Advances in AnatomicPathology 15, 54-58.

4. Lyons LA, Biller DS, Erdman CA, Lipinski MJ, Young AE, Roe BA,Qin B, Grahn RA (2004) Feline polycystic kidney disease mutationidentified in PKD1. Journal of the American Society of Nephrology15, 2548-2555.

5. Bonazzi M., Volta A., Gnudi G., Cozzi M.C., Strillacci M.G., Pol-li M., Longeri M., Manfredi S., Bertoni G.: Comparison betweenultrasound and genetic testing for the early diagnosis of PolycysticKidney Disease in Persian and Exotic Shorthair cats (2009) The Jour-nal of Feline Medicine and Surgery 11:430-434. ISSN 1098-612X IF1,168.

Indirizzo per la corrispondenza:Michele PolliDipartimento di Scienze Animali Facoltà di Medicina Veterinaria Università degli Studi di Milano Via Celoria 10 - 20133 Milano Tel. 0250318056 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

202

TABELLA 1 - Malattia Policistica Renale (PKD)del gatto: Razze esaminate presso il laboratorio

di biologia molecolare Vetogene della Facoltà di Medicina Veterinaria di Milano

RAZZE N° e % CAMPIONI

British Shorthair 18 3,7%

Certosino 7 1,4%

Devon Rex 2 0,4%

Europeo 1 0,2%

Exotic Shorthair 107 21,9%

Maine Coon 41 8,4%

Persiano 247 50,6%

Ragdoll 51 10,5%

Sacro di Birmania 2 0,4%

Scottish Fold 3 0,6%

Siberiano 9 1,8%

TOTALE 488 100%

TABELLA 2 - Malattia Policistica Renale del gatto(PKD): Razze esaminate presso il laboratorio di biologia molecolare Vetogene della Facoltà di Medicina Veterinaria

di Milano: numero di soggetti sani e malati per razza

RAZZE SANI MALATI TOTALE

British Shorthair 18 0 18

Certosino 4 3 7

Devon Rex 1 1 2

Europeo 1 0 1

Exotic Shorthair 77 30 107

Maine Coon 41 0 41

Persiano 172 75 247

Ragdoll 51 0 51

Sacro di Birmania 2 0 2

Scottish Fold 3 0 3

Siberiano 9 0 9

TOTALE 379 109 488

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 202

Page 203: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

La chirurgia plastica, esattamente come tutte le altre bran-che chirurgiche, è soggetta ad una serie di complicanze,spesso di non facile risoluzione, visti gli innumerevoli fatto-ri con cui si deve avere a che fare.

Inoltre le complicanze possono essere secondarie ad unatecnica errata od imputabili al paziente o al proprietario del-l’animale.

È quindi necessario usare sempre una tecnica chirurgicacorretta, oltre ad assicurarsi di istruire adeguatamente il pro-prietario sulla necessità di usare tutte le accortezze possibiliper proteggere la ferita durante il tempo necessario alla cica-trizzazione cutanea mediante l’applicazione ed il manteni-mento di un collare elisabettiano di adeguate dimensioni e dibendaggi quando necessario.

COMPLICANZE GENERALI

Deiscenza e infezione In caso di deiscenza della ferita sussiste sempre un certo

grado d’infezione e spetta al clinico decidere se una è la con-seguenza dell’altra o viceversa.

Cause ovvie di deiscenza sono l’autotraumatismo, l’eccessodi movimento e soprattutto, l’eccesso di tensione cutanea.

In quest’ultimo caso, infatti, la cute non è in grado di adat-tarsi alla situazione di tensione e i due margini tendono a dis-taccarsi. Inoltre la vascolarizzazione è gravemente compro-messa e non è più in grado di nutrire e apportare ossigeno aibordi. L’infezione può essere immediata o evidenziarsi neltempo e, in generale, le cause sono differenti.

Considerando le varie cause d’infezione post-operatoria lepiù importanti sono:• Tecnica chirurgica non sterile (che comprende sala opera-

toria, preparazione del paziente, del chirurgo e dello stru-mentario

• Presenza nella ferita di materiale estraneo• Presenza di patogeni particolarmente virulenti (es. S.

Aureus meticillino-resistente)• Inadeguata rimozione di eventuale materiale purulento

preesistente La diagnosi è solitamente semplice e prevede un esame

citologico assieme ad un esame colturaleIl trattamento prevede l’uso di antibiotici e il courettage

chirurgico della ferita.Se le infezioni persistono, è necessario rivedere completa-

mente la propria tecnica chirurgica.

SieromaIl sieroma rappresenta l’accumulo di liquido sterile (un

filtrato del sangue) di sotto a una feritaIl liquido di un sieroma è solitamente citrino ma può anche

essere ematico e va differenziato da un ematoma o da unascesso tramite esame citologico.

Le cause di formazione sono molteplici:• Creazione di uno spazio morto eccessivo e difficoltà od

impossibilità nel colmarlo• Tecnica chirurgica troppo traumatica• Eccessivo movimento dell’animale• Ferita non adeguatamente compressa o immobilizzata• Reazione idiosincrasica ad alcuni materiali (es. reti di

sostegno o suture)I sieromi sono meglio prevenuti che trattati, ponendo par-

ticolare attenzione alla chiusura dello spazio morto o usandodrenaggi, possibilmente in aspirazione continua, in caso sipreveda che la formazione sia inevitabile.

Nel caso di formazione postoperatoria, solitamente 3-5giorni dopo l’intervento, si può provare ad aspirarne il con-tenuto ed applicare un bendaggio moderatamente compres-sivo. Se tale misura non fosse sufficiente, si deve usare undrenaggio fino a risoluzione completa.

Emorragia ed ematomaUn sanguinamento, anche minimo, nel periodo postopera-

torio può condurre ad alterazioni evidenti del processo dicicatrizzazione e in ogni momento si deve eseguire un’emo-stasi accurata del letto mediante pressione diretta, uso accu-rato dell’elettrobisturi o tramite l’uso di suture e di spugnet-te di collagene.

Le conseguenze di un ematoma, secondario ad una emo-stasi inaccurata, possono essere serie ed hanno un effettonegativo sulla cicatrizzazione per le seguenti ragioni:• Pressione meccanica sui bordi della ferita• Ostruzione fisica all’entrata dei neutrofili e macrofagi nel-

la ferita• Creazione di un ambiente a bassa tensione d’ossigeno che

rappresenta il pabulum ideale per la Moltiplicazione bat-terica

• Inibizione, da parte dell’emoglobina, sulle cellule fagoci-ticheCome per il sieroma, l’ematoma è meglio prevenuto che

trattato. In caso di evidenza postoperatoria però, il semplicedrenaggio è solitamente scarsamente efficace visto la densi-tà del sangue coagulato e, spesso, si richiede una nuova aper-tura della ferita con pulizia del letto prima dell’applicazionedi un drenaggio.

Complicanze in chirurgia plastica e ricostruttiva

Giorgio Romanelli

Med Vet, Dipl ECVS, Nerviano (MI)

203

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 203

Page 204: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Ritardo di cicatrizzazioneSi definisce come una non progressione del processo cica-

triziale dopo 7 giorni.Le cause sono molteplici:

• Tecnica chirurgica inadeguata• Infezione della ferita• Scadente stato nutrizionale del paziente ed ipoprotidemia• Carenza di alcune vitamine e di fattori trofici• Presenza di malattie che alterano il metabolismo (es. dia-

bete, morbo di Cushing)• Trattamento con cortisonici o alcuni chemioterapici

È quindi evidente che, per riavviare il processo cicatrizia-le, è necessario trattare la causa e quindi correggere lo statonutrizionale del paziente, se necessario mediante alimenta-zione forzata, enterale o parenterale.

Inoltre bisogna porre particolare attenzione all’uso di far-maci che possono contribuire alla inadeguatezza della cica-trizzazione.

COMPLICANZE NELL’USO DEI LEMBILOCALI

L’uso dei lembi locali di avanzamento, trasposizione orotazione, è solitamente riservato alla ricostruzione di difet-ti, non colmabili con una sutura diretta, sia per la posizionedel difetto (es. testa) che per le sue dimensioni.

La complicanza più frequente è la necrosi tissutale, soli-tamente evidente all’apice del lembo dove la vascolarizza-zione è maggiormente ridotta, soprattutto se il plesso sub-dermico è stato danneggiato durante l’elevazione.

In pratica tal eventualità è maggiormente evidente se sirealizza un lembo di esagerata lunghezza impedendo quindiuna corretta circolazione all’apice.

Quando si usa un lembo locale, al fine di ridurre al mini-mo le possibilità di necrosi e conseguente deiscenza, è quin-di necessario:• Realizzare lembi della minore lunghezza possibile, quan-

to basta per coprire il difetto.• Eseguire 2 incisioni convergenti, in modo che la base del

lembo sia più ampia dell’apice.• Mantenere la vascolarizzazione del plesso sub dermico. A

tal proposito è bene ricordare che il plesso è situato fra lacute ed il muscolo pellicciaio e che lo scollamento deveessere eseguito al di sotto di tale struttura anatomica.Nei siti dove il pellicciaio non è presente (es. arti distali),

la separazione fra gli strati cutanei deve essere realizzato conestrema attenzione cercando, se possibile, di incorporare unvaso cutaneo, anche se di piccole dimensioni.

Evitare trazioni esagerate della striscia cutanea.Evitare trasposizioni ad angolo troppo ampioQuando possibile, realizzare due lembi di lunghezza mino-

re piuttosto che uno solo molto lungo.

COMPLICANZE NELL’USO DEI LEMBILIBERI

Il maggior problema nell’uso di un lembo libero è legatoalla necrosi ed al distacco del lembo.

È necessario ricordare che, usando un lembo libero, perottenere un corretto attecchimento, si devono necessaria-mente rispettare 3 regole:

Limitare la possibilità di versamento tra il lembo ed il let-to ricevente

Eliminare il movimento fra le due componentiMantenere un corretto contatto fra le due superficiInfatti, un lembo libero non possiede una sua vascolariz-

zazione ma sopravvive per la formazione di una colla difibrina tra il trapianto e la superficie che funziona da sup-porto per crescita capillare e che viene poi rimpiazzata datessuto fibroso maturo.

Inizialmente la nutrizione del lembo avviene per imbibi-zione plasmatica con conseguente sviluppo di una circola-zione rudimentale e successiva rivascolarizzazione.

Qualsiasi fattore che contribuisca ad alterare il normaleprocesso di rivascolarizzazione può portare alla necrosi conconseguente distacco e perdita del lembo.

E’quindi necessario mantenere un corretto contatto fra illembo e la superficie ricevente mediante l’uso di bendaggi eimpedire la formazione di versamento di sotto il lembo, pra-ticando delle incisioni che servano da drenaggio.

COMPLICANZE NELL’USO DEI LEMBIVASCOLARIZZATI

I lembi vascolarizzati sono realizzati isolando un lembocutaneo che è nutrito da un’arteria diretta.

Come tali sono solitamente molto robusti e di facile attec-chimento.

Tuttavia si possono, anche in questo caso, evidenziare alcu-ne complicanze che sono però, per la maggior parte, facil-mente risolvibili.

I problemi maggiormente visibili sono necrosi, deiscenzae formazione di sieroma.

Le prime due eventualità sono legate spesso fra loro esono normalmente limitate mantenendo la lunghezza dellembo al minimo necessario per evitare ischemia della partepiù lontana dall’arteria nutritizia.

Il sieroma è in questi casi difficilmente evitabile viso cheè, in concreto, impossibile obliterare completamente lo spa-zio morto ed e meglio prevenuto applicando sempre un dre-naggio in aspirazione continua mantenuto per 3-5 giorni,dando così tempo alla superficie inferiore del lembo di ade-rire al letto ricevente.

Un’altra complicanza minima è l’edema del lembo, dovu-to per lo più ad una eccessiva torsione del peduncolo vasco-lare al momento del posizionamento soprattutto se lo spo-stamento è effettuato per più di 180°.

Poiché l’edema è dovuto ad una alterazione del ritornovenoso, è solitamente autolimitante e si risolve da se con laripresa del circolo collaterale.

Indirizzo per la corrispondenza:Giorgio RomanelliClinica Veterinaria Nerviano via Lampugnani, 3 20014 Nerviano (MI)E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

204

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 204

Page 205: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le difficoltà che si incontrano nella esecuzione e inter-pretazione delle radiografie del cranio e colonna dipendonoda diversi fattori:1. complessità della anatomia delle strutture scheletriche

del cranio. La sovrapposizione delle diverse ossa del cra-nio, di spessore variabile e con numerose cavità e promi-nenze, rende difficile l’identificazione con precisione ditutte le strutture nelle diverse proiezioni radiografiche.

2. variabilità della conformazione del cranio nelle diver-se razze canine. Anche se le tipologie del cranio possonoessere fondamentalmente differenziate in razze dolico-morfe, mesomorfe e brachimorfe, esistono moltissimevarianti anche al’interno del singolo gruppo. Ciò rendedifficile stabilire uno standard di normalità ed avere deiriferimenti certi anche all’interno di testi ed atlanti.

3. spessori diversi nelle varie porzioni del cranio (per esem-pio calvarium vs mandibola), che richiedono esposizionidiverse, quindi l’esecuzione di almeno due radiogrammiper una valutazione completa del cranio.

4. mancanza di collaborazione del paziente, che rendeestremamente complesso effettuare radiografie correttesenza l’anestesia generale.

5. per la colonna, difficoltà nell’allineamento perfetto del-le strutture sul piano longitudinale a causa della differen-za di spessore delle porzioni del rachide.

Le strategie che si possono messere in atto per renderemeno difficile questa parte della radiologia sono:

1. usare una TECNICA RADIOGRAFICA corretta:a. prevenire qualsiasi movimento dell’animale effettuan-

do le radiografie in sedazione o anestesia generaleb. eseguire sempre due proiezioni ortogonalic. per il cranio, utilizzare non solo le proiezioni standard

ma aggiungere altre proiezioni utili per studiare quelsettore. Le proiezioni laterale e sagittale sono spessoinsufficienti a dimostrare le lesioni in quanto le strut-ture dei due lati si sovrappongono. Le proiezioni obli-que vanno utilizzate di modo che il fascio radiogenosia tangenziale alla struttura di interesse in modo daproiettarla al di fuori delle prominenze adiacenti. Van-no sfruttare anche le proiezioni tangenziali (es. laproiezione frontale o la proiezione sky line per lo stu-dio delle bolle timpaniche nel gatto), le proiezioni abocca aperta (es. la proiezione rostro-caudale per lostudio delle bolle timpaniche), le proiezioni con fascioradiogeno inclinato (es. la proiezione rostro-caudale

per lo studio delle cavità nasali), le proiezioni con cas-setta in bocca

d. per la colonna, studiare sempre settori brevi, in modoche le strutture di interesse siano al centro del fascioradiogeno, per evitare il fenomeno della distorsionegeometrica. Ciò è particolarmente importante quan-do si devono valutare gli spessori degli spazi inter-vertebrali

e. utilizzare proiezioni con il raggio orizzontale neipazienti traumatizzati, per ridurre il rischio di ulterioridanni che potrebbero verificarsi per cambiare decubito

f. utilizzare una combinazione schermi-pellicola chegarantisca una buona risoluzione spaziale, eventual-mente un sistema per mammografia

g. utilizzare la griglia per spessori superiori a 10-12 cmh. identificare sempre il lato destro e sinistro con i mar-

ker.

2. curare sempre al massimo il posizionamento del sog-getto:a. per il cranio, avere attenzione nel posizionare in modo

simmetrico le parti nelle proiezioni sagittali. Se sieffettuano proiezioni oblique, cercare di ottenere lostesso grado di obliquità per il lato destro e sinistro. Ilcriterio del confronto tra destra e sinistra è fondamen-tale per facilitare l’identificazione delle anormalità

b. per la colonna, utilizzare supporti di gommapiuma perallineare sul piano longitudinale il rachide, in modo dapareggiare le differenze di spessore che ci sono tra ilrachide cervicale, toracico e lombare

c. posizionare gli arti in modo che siano simmetrici, inposizione neutra, oppure estesi cranialmente o caudal-mente per ridurre la sovrapposizione con i diversi seg-menti del rachide.

3. utilizzare correttamente i mezzi di contrasto:a. per il cranio, attualmente non sono molte le indicazio-

ni per l’utilizzo dei mdc. Ricordiamo la sialografiaopaca (studio del dotto di Stenone), canalografia opa-ca (studio del condotto uditivo esterno), fistulografia

b. per il rachide, la mielografia ha ancora un ruolo nellavalutazione delle patologie del canale vertebrale,anche se sempre di più questa tecnica viene sostituitada metodiche di imaging avanzate (TC ed RM)

c. Se si effettuano studi contrastrografici, vanno cono-sciuti e riconosciuti i possibili artefatti. Per esempio, sesi effettua una mielografia l’iniezione del mdc nello

È possibile rendere meno difficile la radiologia dello scheletro assiale (cranio e colonna?)

Federica Rossi

Med Vet, SRV, Dipl ECVDI, Sasso Marconi (BO)

205

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 205

Page 206: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

spazio subdurale o epidurale piuttosto che subaracnoi-deo, determina difficoltà nella interpretazione dei pat-tern anormali.

d. Se si effettua una mielografia, talvolta può essere utileeffettuare un radiogramma durante l’iniezione delmdc, per superare eventuali resistenze nel flusso delmdc e meglio delineare una lesione compressiva. Ciò ènecessario soprattutto per lesioni acute del tratto tora-co-lombare.

4. conoscere l’anatomia radiografica delle strutture fon-damentali del cranio:a. articolazioni temporo-mandibolarib. bolle timpanichec. cavità nasalid. dentie. mandibolaf. regione del palato molle, del rino e orofaringe

5. nella fase di interpretazione, ricordare di:a. esaminare con calma i radiogrammi prima di spostare

il soggetto, per poter aggiungere eventuali altre proie-zioni necessarie

b. sfruttare al massimo il criterio del confronto tra latodestro e sinistro nelle proiezioni sagittali e oblique

c. valutare anche i tessuti molli e non solo le strutturescheletriche

d. utilizzare una luce spot per valutare eventuali strutturesovraesposte

e. utilizzare una lente di ingrandimento per valutare strut-ture molto piccole

Indirizzo per la corrispondenza:Federica RossiClinica Veterinaria dell’OrologioVia Gramsci 1/4, Sasso Marconi (BO)

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

206

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 206

Page 207: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Yield management ovvero la gestione del rendimento di una azienda

Massimo Serreri

Med Vet, Olbia

207

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

ATTI NON PERVENUTI

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 207

Page 208: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

A che punto è la ripresa economica mondiale dopo quasidue anni di crisi senza precedenti, e quali sono le prospetti-ve per i prossimi anni? Quali impatti ci saranno sulla medi-cina veterinaria e sulla libera professione? quale è stata lareazione del mondo delle aziende alla crisi prima finanziariae poi dell’economia reale, e quali sono state le strategie daporre in essere per arrivare a posizionarsi nel modo miglioreper il momento in cui ci troveremo in una situazione mag-giormente equilibrata e dinamica.

Il primo obiettivo di questo lavoro è stato, innanzitutto,quello di tracciare un quadro quanto più chiaro possibile del-lo stato del contesto economico italiano e internazionale nelquale le aziende si trovano a operare. Il passaggio tra il 2009e il 2010 è certamente caratterizzato da un consolidamentodelle prospettive di ripresa economica, per quanto lievi e nonprive di contraddizioni. Secondo tutte le previsioni piùaccreditate, la ripresa si manifesterà nel 2010 in modo con-tenuto ma continuativo; non si dovrebbe verificare la ricadu-ta che molti temono (il cosiddetto “double dip”).

Un secondo elemento, almeno in prima istanza positivo, èche la ripresa non dovrebbe essere accompagnata da infla-zione. Il motivo è che i consumi, almeno nei paesi avanzati,restano e sembrano destinati a restare alquanto bassi; e lamaggior crescita che si verificherà nei Paesi emergenti riusci-rà solo in parte a compensarne la lentezza.

Dunque, crescita lenta e poco inflazionistica. Con fortiincertezze e alcuni residui rischi, difficili da decifrare e inparte da prevedere. Ad esempio, occorre chiedersi se e comel’economia e le aziende, nei paesi dove è stato più forte l’in-tervento pubblico a salvataggio delle realtà più compromes-se, potrà arrivare a una situazione di sostenibilità autonoma:tema estremamente delicato, specie se si tiene presente che iforti interventi statali si sono tradotti in maggiori deficit pub-blici e più elevato debito. E questo, oltre a porre una ipotecafutura, può determinare problemi immediati anche gravi,come dimostra il caso Grecia.

Altri punti di grave incertezza concernono il sistemafinanziario internazionale, la situazione delle banche e dellepolitiche bancarie e finanziarie conseguenti alla crisi. Sulpiano del sistema finanziario globale non c’è chiarezza suquale sia lo stato di elaborazione di nuove norme e regole,quali controlli, quali nuove istituzioni saranno preposte allasupervisione di regole e comportamenti per scongiurare ilfatto che in futuro possano ripetersi le gravi distorsioni chehanno portato alla crisi attuale. Non occorre sottolineare chetroppa regolamentazione potrebbe avere effetti altrettantonegativi di scarsa, o poco rispettata, regolamentazione.

Per ciò che riguarda le banche, molti si chiedono se oggi,a inizio 2010, le necessarie operazioni di ripulitura deibilanci dai titoli tossici siano effettivamente concluse, se lebanche potranno porsi di nuovo in tempi brevi in un climadi maggiore fiducia reciproca, se i meccanismi di conces-sione del credito al sistema produttivo potranno riprenderea marciare in modo relativamente normale. È ben noto chele imprese, specie se di minore dimensioni, lamentano inItalia come altrove una scarsa disponibilità al credito. Èanche di dominio comune che le banche procedano, spessocon ragione, in modo cautelativo. Ma è anche ormai acqui-sito che sono molti gli istituti di credito che utilizzano ilcapitale a basso costo immesso dalle banche centrali persostenere l’attività economica non a questo scopo, bensì perinvestimenti finanziari meno rischiosi (il cosiddetto carrytrade). È dunque questo un blocco di questioni di rilevanzaprimaria che occorre comprendere ed eventualmente sbloc-car rapidamente per restituire fiducia al mondo delle impre-se e dell’economia in generale.

Un’altra area di incertezza, e in qualche caso di timore, ècostituita dalle tendenze dei consumatori. Che i consumiesitino a riprendere è un dato di fatto, ma ci si domanda sequeste tendenze di maggiore austerità e sobrietà nei consu-mi siano temporanee o se siano destinate a protrarsi ancheuna volta finita la crisi. Un punto su cui le opinioni diver-gono fortemente.

Questa l’ampia gamma di questioni di vasta rilevanza che sisono affrontate nel presente lavoro dal quale emerge che vi èuna prospettiva sostanzialmente ottimistica sull’evoluzione amedio termine dell’economia internazionale. Certo, non si puònon considerare che nei prossimi anni la crescita sarà lenta, mail dato rilevante è che le politiche macroeconomiche utilizzateper far fronte alla crisi sono state, a differenza del 1929,sostanzialmente corrette, pur con errori ed omissioni. Uscia-mo, come ricordano tutti gli economisti, da un ventennio in cuila crescita ha avuto una intensità straordinaria per cui se anchenei prossimi anni lo sviluppo sarà un po’ meno dinamico ciònon costituisce una prospettiva disastrosa. Occorre però com-prenderne i caratteri nuovi, diversi dal passato.

I punti critici della ripresa sono la fragilità finanziaria, ilnecessario spostamento di domanda dal pubblico al privato ele possibili conseguenze degli squilibri commerciali.

In parte, una maggiore domanda dai paesi emergenti potràattenuare i rigori di questo quadro, specie se si conferme-ranno le dinamiche in atto in Paesi come Cina, India e altri,ma le criticità andranno comunque risolte tenendo conto deilimiti menzionati.

2010-2015 verso una nuova stabilità macroeconomicae la rivoluzione dei servizi sanitari

Massimo Serreri

Med Vet, Olbia

208

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 208

Page 209: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’Europa non sta uscendo male dalla crisi e, soprattutto,va notato quanto sia stata efficace la funzione dell’euro nel-l’evitare una dispersione potenzialmente catastrofica dellepolitiche economiche dei diversi paesi, a partire da quellidell’Europa Centrale e orientale. L’America di Obama costi-tuisce un punto interrogativo, poiché dovrà risolvere graviproblemi di squilibrio interno tra risparmio e investimenti,ma è possibile affermare che le istituzioni europee – la BCEE L’EURO- siano addirittura uscite dalla crisi rafforzate.

Per quanto riguarda l’Italia le prospettive future sarannocondizionate più che in altri Paesi da un forte debito pubbli-co che limiterà il potenziale di una politica fiscale più legge-ra per favorire la ripresa.

La transizione a una “nuova normalità” richiede, infatti,alle imprese scelte oculate e azioni rapide; senza dubbioquesta crisi è la più dura da quella del 29, ma proprio perquesto le aziende devono reagire con prontezza, effettuandoscelte difficili che però possono premiare con una maggiorelongevità, redditività e leadeship. Anche nella “nuova nor-malità”, infatti, sarà possibile crescere a ritmi sostenuti, mail rilancio va impostato ora. I manager interpellati, in unostudio da noi consultato, mostrano di condividere questaimpostazione, ma nei fatti si nota una prevalenza di compor-tamenti prudenziali, che continuano a mettere al primo postoil taglio dei costi, seguito da un recupero di flessibilità, e alterzo posto l’innovazione di prodotto.

Certo, sarebbe improponibile negare che azioni di effi-cienza rappresentino una priorità, ma la realtà dimostra chesono le aziende che puntano alla crescita ad ottenere, oggi ein prospettiva, i risultati migliori.

RIVOLUZIONE NEI SERVIZI SANITARI

Trasformare i medici in leaderil problema dell’assistenza sanitaria è costituito da una

serie human resorce con un’età media di 50 anni che hannoappreso la medicina quando ancora era più arte che finanza.Ad essi veniva insegnato ad andare in ospedale prima del-l’alba, a restare finché i loro pazienti non si erano stabilizza-ti e a concentrarsi sui bisogni dei pazienti che stavano curan-do senza preoccuparsi dei costi. Veniva detto di valutare irisultati di ogni esame con i loro occhi e non dipendere danessuno. L’unico modo di garantire la qualità era darsi ele-vati standard personali e poi cercare di soddisfarli.

Adesso molte organizzazioni sanitarie operano sotto laloro responsabilità. E questo è un problema, perché oggil’assistenza sanitaria ha bisogno di un approccio radical-mente diverso e di una nuova generazione di leader.

Le più recenti discussioni sul sistema sanitario si sonoconcentrate sul continuo aumento dei costi, ma queste diffi-coltà finanziarie sono null’altro che un sintomo. Qual è lavera malattia? i soliti sospetti hanno ruoli sorprendentemen-te secondari: l’avidità e l’incompetenza certamente esistono,ma gli economisti concordano che da sole non bastano aspiegare aumenti di costi superiori al 10% all’anno.

La buona notizia, che è anche cattiva, è il principale moti-vo per cui i costi crescono è il progresso in campo medico:nuovi farmaci, nuovi test, nuove apparecchiature e nuovimodi di usare tutto questo.

I nuovi strumenti sono spesso meravigliosi e complessi e illoro uso richiede un personale sempre più numerose e adde-strato in ambiti molto specifici. I pazienti con condizionicomplesse possono finire per essere visitati da una moltepli-cità di medici, spesso collocati in organizzazioni differenti.

Ma questa esplosione di conoscenze avviene in un siste-ma troppo frammentato e disorganizzato per assorbirla. Ilrisultato è il caos.

Terapia d’urtoPer attaccare efficacemente questo caos serve un nuovo

tipo di leadership a tutti i livelli del sistema sanitario, daigrandi sistemi integrati come Partners agli ospedali, agliambulatori e gli studi medici. Gli specifici tipi di lavoro e lemisure di performance possono variare da un contesto all’al-tro, ma le responsabilità chiave della leadership sono le stes-se. Per capire quali sono, i leader devono prima interiorizza-re tre verità dolorose.

La performance è importanteMolti medici e veterinari lavorano duramente, ma la quali-

tà del loro lavoro non va misurata dal numero di pazienti cheriescono a visitare o esaminare e dalle procedure che racco-mandano. Ciò che conta sono i risultati. Questo è controver-so perché come è noto la comparazione degli esiti è difficile.Dopo tutto, l’esito finale del processo di guarigione dipendedalla gravità della condizione iniziale del paziente. Nondi-meno, a conti fatti la cosa importante è la salute del paziente.Quali sono il tasso di sopravivenza alle malattie e la percen-tuale di recupero delle disabilità? con quale frequenza ipazienti contraggono infezioni e altre complicazioni? I lorobisogni informativi ed emotivi vengono soddisfatti?

Valore non è una parolacciaQuando i datori di lavoro usano la parola “valore”, molti

operatori sanitari sospettano che sia solo un modo di masche-rare un taglio dei costi. Ma Michael Porter della HarvardBusiness School e altri sostengono da anni che, nel campodella assistenza sanitaria “valore” significa un’altra cosa: con-seguire esiti positivi nella maniera più efficiente possibile.Questo potrebbe non essere esprimibile come un coefficientenumerico (rapporto tra qualità e costi) che favorisca un con-fronto significativo tra fornitori di servizi; ma la misura degliesiti e dei costi permetterebbe agli operatori di conseguire deimiglioramenti e di apprendere dai propri concorrenti.

Il miglioramento della performancerichiede lavoro di squadra

Singoli medici e ospedali hanno un controllo limitato suldestino dei propri pazienti. In tutte le organizzazioni cheforniscono assistenza sanitaria, il miglioramento del valoree degli esiti richiede coordinamento, condivisione delleinformazioni e lavoro di squadra a un livello interdiscipli-nare superiore.

I leader di molte organizzazioni ricordano esattamente ilmomento in cui hanno capito che il loro mondo stava cam-biando; spesso questo è avvenuto quando qualcuno, fuoridell’organizzazione, ha cominciato a misurare le loro per-formance. Uno sviluppo di questo tipo crea i presupposti peruna nuova generazione di leader, sebbene pochi fornitori di

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

209

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 209

Page 210: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

servizi sanitari lo accolgano di buon grado. I leader tradizio-nali del sistema sanitario cercano di prendere tempo, di sot-trarsi al cambiamento e di massimizzare finché possono iricavi sulla base del sistema di pagamento esistenti. I nuovileader si concentrano sui risultati e utilizzano misure di per-formance come strumento di motivazioni per organizzare ipropri colleghi e conseguire miglioramenti. Le sfide sonosimili, sia che lavorino in un grande sistema di erogazioneintegrato, in un ospedale, in un gruppo di medici multi- spe-cializzato o in un piccolo ambulatorio medico. Le loro tatti-che possono variare da un contesto all’altro, ma i ruoli che ileader devono assumere rimangono gli stessi.

Formulare visioni e valori Il processo di riorganizzazione inizia con una formulazio-

ne della logica e degli obiettivi del cambiamento. Il cambia-mento è difficile in tutti i campi e i valori altruistici alla basedella medicina rafforzano la resistenza dei medici ad altera-re lo status quo. Le persone tradizionaliste con un’età di cir-ca 50 anni sanno di essere brave persone che lavorano duroe, nel sottolineare i rischi del cambiamento, esprimono ilcoraggio delle proprie convinzioni. Quindi la vision espres-sa dai leader nel settore sanitario deve trasmettere compren-sione e determinazione; deve riconoscere l’importanza di ciòche il personale medico attualmente fa, ma anche chiarireche dovrà lavorare in maniera diversa in futuro; deve indivi-duare esplicitamente i criteri di successo che dovranno esse-re soddisfatti; e dovrà essere ottimista e realista allo stessotempo, esprimendo la convinzione che l’assistenza sanitariapuò migliorare e che l’erogazione di cure di eccellente qua-lità è la migliore strategia di business. Una vision efficaceaiuta le persone ad accettare i cambiamenti inevitabili e amettere le informazioni e gli eventi nel giusto contesto.

ORGANIZZAZIONE FINALIZZATA ALLA PERFORMANCE

L’attenzione alla performance in campo sanitario è unconcetto più radicale di quando non sembri. Nell’era che staper chiudersi era opinione dominante che la vera qualità nonpotesse essere misurata; perciò la performance veniva valu-tata in base al volume e alla redditività dei servizi erogati.Nel sistema tradizionale, la medicina è organizzata attorno allavoro dei medici anziché ai bisogni dei pazienti. Spesso unaframmentazione di unità non si limita semplicemente alladivisione organizzativa tra i medici; in molti casi le relazio-ni tra medici e amministratori sono spesso antagonistiche egli interessi finanziari sono mal allineati, o anche in direttoconflitto tra loro. L’organizzazione finalizzata ad una perfor-mance di eccellenza (anziché alla fornitura di un certonumero di unità di servizio)può contribuire ad abbattere tut-te queste barriere. Il primo passo è la co-ubicazione. Un’op-portunità di co-ubicazione viene creata dalla costruzione diuna nuova struttura dedicata ai pazienti con specifiche con-dizioni. Ma da sola la co-ubicazione non è garanzia di unprocesso ben coordinato per migliorare gli esiti dei pazienti.Il lavoro di organizzare la cura attorno ai bisogni dei pazien-ti piuttosto che dei territori e ai giochi di potere dei medicipuò dare i suoi frutti anche in strutture più piccole.

SVILUPPARE UN SISTEMA DI MISURAZIONE

La prima difficoltà nel creare un sistema di misurazionedella performance è ottenere che tutti i membri di un’orga-nizzazione parlino lo stesso “linguaggio”, cioè misurino lestesse cose allo stesso modo; in caso contrario è facile e com-prensibile per chi oppone resistenza al cambiamento metterein discussione la validità delle differenze che emergono. Mauna volta che gli operatori si convincono che i confronti ven-gono effettuati accuratamente, le pressioni del gruppo di parie altri incentivi contribuiranno a diffondere le prassi d’eccel-lenza. Quando i dati sono uniformi e attendibili, i leader pos-sono attuare uno standardizzazione delle migliori prassiall’interno dell’organizzazione. Infine un sistema di misura-zione efficace richiede metriche chiare che descrivono in det-taglio costi ed esiti per gli episodi di cura ed anche per le inte-re popolazioni di pazienti. La misurazione delle performanceorientata al valore deve diventare il punto focale degli sforzidi miglioramento interni, prima ancora che la misura vengaimposta da leader provenienti dall’esterno.

Creare team efficaciPer i medici non è facile lavorare in team, perché spesso

si considerano ancora eroici guaritori solitari. Nondimeno,lo sviluppo dei team è una funzione di leadership essenzialeper gli operatori sanitari di tutti i tipi.

Per esempio, i team di alcune delle più innovative struttu-re americane hanno contribuito a dimezzare le riammissioniin ospedale. Negli stati uniti circa il 20% dei pazienti diMedicare dimessi dagli ospedali viene ricoverato nuova-mente entro 30 gg. Queste “ricadute” vanno viste per quel-lo che sono: un fallimento del sistema sanitario di soddisfa-re i bisogni dei pazienti. Anche a posteriori molte riammis-sioni sono inevitabili, ma altre sono dovute alla confusionesui farmaci che il paziente avrebbe dovuto assumere, sui sin-tomi che potrebbero suggerire l’insorgere di una complicazio-ne, sui tempi di una visita di controllo e sulla scelta del medi-co cui rivolgesi a questo scopo.

Tale confusione crea un’opportunità per i fornitori di ser-vizi sanitari meglio organizzati. La formula del successo diqueste strutture ha un ingrediente evidente le infermiere(coordinatrici di cure) negli ambulatori del medico di basedel paziente; queste coordinatrici rimangono continuamentein contatto con i pazienti che presentano casi complessi,soprattutto quando stanno per essere dimessi dall’ospedale osono appena tornati a casa, e stabiliscono quali pazienti deb-bano vedere quali medici e quando.

Il fattore più sofisticato che garantisce il successo di que-sto modello – l’ingrediente segreto – è una cultura in cui lecoordinatrici delle cure svolgono effettivamente un ruolo dicoordinamento. Per far questo è necessario che i medici sia-no leader dei team e si prestino a lavorare in squadra. Nonmolto tempo fa, nella rigida gerarchia della medicina, leinfermiere erano generalmente considerate personale tecni-co tenuto ad eseguire gli ordini; non si dovevano prenderedecisioni senza che il medico lo sapesse e acconsentisse. L’i-dea che un infermiere potesse dare contributi cruciali e pren-dere decisioni indipendenti all’interno di un team clinicosarebbe stata assurda.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

210

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 210

Page 211: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Tutto questo sta cambiando, perché le organizzazioni cheerogano cure mediche nella maniera tradizionale non riesco-no ad eguagliare le performance delle strutture di eccellenza.

Nel gestire questi team i medici devono delegare molteresponsabilità alle infermiere; il risultato è il miglioramentodelle performance nelle metriche che contano maggiormen-te per il personale medico e per i pazienti.

Il team building è una competenza cruciale per i leader digruppi di medici, specialmente in quelli, sempre più fre-quenti, composti da almeno 25 unità composti da dottori conuna vasta gamma di specializzazioni. Molti di questi medicientrano a far parte di un gruppo non perché vogliono lavora-re con spirito collaborativo con altri al miglioramento delleperformance, ma perché vogliono trovarsi in una grandeorganizzazione in cui le seccature amministrative spettano aqualcun altro, in cui il numero di componenti fornisce unacerta sicurezza rispetto alle forze del mercato, e in cui rea-lizzare guadagni addizionali da servizi accessori come radio-logia ed esami di laboratorio.

Ma le fortune di questi gruppi e di altri in tutte le aree del-la medicina dipendono da leader che sappiano migliorare leperformance ispirando (o imponendo) il lavoro di squadra.In molti mercati gli assicuratori stanno incorporando i costie la qualità nelle caratteristiche di servizio, in modo che ipazienti debbano pagare di più – o non godano di alcunacopertura – se vogliono farsi curare da medici inquadrati ingruppi più costosi, meno efficienti o di qualità inferiore.

Migliorare i processi I team che erogano assistenza sanitaria non possono darsi

una finalità limitata nel tempo o focalizzata su un unico pro-getto. I tassi di riammissione non saranno mai abbastanzabassi, il trattamento degli attacchi cardiaci non sarà maiabbastanza rapido e i processi non saranno mai abbastanzaefficienti e attendibili. Pertanto i leader devono lavorareinstancabilmente per ridurre gli errori e gli sprechi e permigliorare i risultati, ad esempio prevenendo le riammissio-ni o riducendo il tempo tra l’arrivo di un paziente per unattacco cardiaco al pronto soccorso e l’apertura di una arte-ria ostruita. Per far questo serve una cultura orientata almiglioramento dei processi e l’uso disciplinato di metodicome il lean management la raccolta dati, il brainstrorming,l’intervento e l’analisi degli impatti, e un impegno costantealla loro applicazione. Tale cultura ed esperienza possonoessere inculcati in diversi modi.

Smantellare le barriere culturaliPerché è così difficile la collaborazione in un campo che

attrae persone idealiste che vogliono fare del bene? Perché lamisurazione e il miglioramento della performance sono cosìproblematiche per alcune delle persone più intelligenti dedi-te al lavoro e competitive della società? Perché il concetto divalore viene rifiutato da operatori che avrebbero tutto da unmiglioramento delle cure erogate? È tutta una questione diautonomia. Le barriere culturali al cambiamento nel settoresanitario (la resistenza di medici a essere misurati, il lorobisogno di essere perfetti, la riluttanza a criticare i colleghi,la resistenza al lavoro di squadra) rispecchiano la profondaconvinzione che l’autonomia del medico è indispensabileper la qualità dell’assistenza sanitaria. Per quanto preziosa

questa passione per gli interessi dei pazienti possa essere,l’autonomia del medico non è sinonimo di qualità. Affinchéi cambiamenti strutturali e organizzativi necessari (misura-zione della performance, miglioramento dei processi, lavorodi squadra) divengano la norma, i medici devono riconosce-re che prendersi cura di tutti è diverso dal sapere tutto o dal-l’avere tutto sotto controllo. Per far si che lo capiscano, i lea-der possono usare tre approcci.

FARE APPELLO A NUOVI IDEALI: le persone chescelgono di lavorare nel settore sanitario vogliono dedicarela propria vita a uno scopo nobile, ovvero aiutare i pazienti.L’altruismo è una dimensione essenziale dell’identità deimedici e di tutti coloro che lavorano in ambito sanitario; ileder della sanità non possono avere successo se non dichia-rano esplicitamente di condividere e di agir sulla base dellamedesima aspirazione.

MOSTRARE I DATI: i medici sono veloci a mettere indiscussione i dati sulla performance e a identificar eventualiproblemi metodologici: ma la verità è che sono affascinatidai dati e non riescono ad ignorarli.

DEFINIRE LA STRATEGIA ATTORNO AI BISO-GNI DEI PAZIENTI: le conoscenze e le procedure medi-che sono in continuo cambiamento, ma i bisogni dei pazien-ti rimangono gli stessi. L’assistenza sanitaria consiste nelsoddisfare questi bisogni. Il passaggio ad un sistema sanita-rio orientato al valore e votato alla performance richiede chei medici adattino e rifiutino alcuni modi di lavorare cheappartengono al passato della medicina.

UNA CURA RADICALE PER L’ASSISTENZAMEDICA

Negli stati uniti e in tutto il mondo sono state avanzatemolte proposte per curare i mali del sistema sanitario; ovve-ro nuove forme organizzative, sistemi di pagamento alterna-tivi, concorrenza i mercato, con lo scopo di affrontare unosfida universale, che è quella di migliorare la qualità dell’as-sistenza sanitaria e di ridurre o contenere i costi crescenti.Pertanto l’unica speranza realistica di ottenere un migliora-mento sostanziale dell’erogazione dell’assistenza sanitaria èche la vecchia guardia lanci una rivoluzione dall’interno. Glioperatori di attività devono riprogettare il proprio ruolo,ovvero rinnovare i progetti clinici fondamentali e le struttu-re organizzative, i sistemi di gestione e le culture che lisostengono in modo che i fornitori di servizi sanitari possa-no svolger simultaneamente tre compiti ben definiti.

Applicare rigorosamente le migliori prassi scientifica-mente affermate per la diagnosi e il trattamento delle malat-tie conosciute

Utilizzare dei processi”TRIAL AND ERROR” per il trat-tamento di condizioni complesse o scarsamente comprese

Cogliere e applicare le nuove conoscenze generate dal-l’attività quotidiana di assistenza

Se in passato la diagnosi e il trattamento erano general-mente lasciati al giudizio dei singoli medici, che conseguiva-no i migliori risultati possibili fornendo un’assistenza perso-nalizzata, in quanto la medicina era una piccola organizza-zione di artigiani autonomi, e gli ospedali erano considerati

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

211

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 211

Page 212: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

una sorta di laboratori dei medici. Oggi invece i progressiscientifici hanno accresciuto notevolmente il volume e la spe-cificità del sapere medico, che può essere tradotto in proces-si standardizzati e programmato in sistemi di supporto deci-sionale computerizzati. Però la capacità delle organizzazionidi applicare le scoperte scientifiche non ha tenuto il passo conl’evoluzione di queste ultime, poiché molte organizzazioninon sono configurate per disseminare e impiegare in modorapido le nuove conoscenze. Inoltre le organizzazioni sanita-rie non sono molto abili ad apprendere sistematicamentecome organizzare i casi più difficili, a cu è ascrivibile la mag-gior parte dei costi sanitari. Pertanto le moderne organizza-zioni sanitarie devono essere in grado di ottimizzare l’esecu-zione di processi standardizzati per affrontare i problemi noti,e imparare a risolvere i problemi sconosciuti. Infatti, alcunedelle proposte di riforma della sanità hanno un difetto che èquello di non affrontare debitamente la complessità della curadei pazienti, nella quale convivono fianco a fianco ambiguitàe prevedibilità. In termini molto pratici dovranno essere iprincipali operatori tradizionali a riconfigurare le proprieoperazioni e a fare progressi nonostante alcuni ostacoli comel’onorario, un sistema di pagamento che incoraggia l’esecu-zione delle procedure indipendentemente dal loro impatto suirisultati. Molte organizzazioni hanno compreso che le cono-scenze mediche sono oramai molto voluminose per essereimmagazzinate tutte nella testa dei singoli medici e devonoessere invece incorporate in protocolli e routine. In altre paro-le la cura delle malattie deve diventare una sorta di responsa-bilità di tipo organizzativo.

GESTIRE L’ASSISTENZA

Le decisioni, le mansioni e il WORK FLOW cruciali perl’ottimizzazione della cura del paziente devono diventare ilfocus primario dell’organizzazione. Questo non è altro cheun’importante cambio di prospettiva. Infatti per applicarealla prassi l’evidenza acquisita occorre una standardizzazio-ne, non solo della routine operativa, ma anche delle regoleper prendere delle decisioni cliniche ed eseguire i compiti.

ISOLARE LA VARIABILITÀ

Pur standardizzando il più possibile i trattamenti, si cer-ca di far si che i medici in generale si discostino dal proto-collo ogni qualvolta ritengano che questo sia nel miglioreinteresse del paziente. Infatti un altro modo di limitare lavariabilità è adottare un modello di”ospedale dentro l’ospe-dale” o “di clinica dentro la clinica”, che consiste nel crea-re due unità, ovvero una che è specializzata nei casi sempli-ci e d una che invece è specializzata nei casi più complessi.Questo modello permette alla clinica di realizzare i benefi-ci del focus operativo, come attendibilità, accuratezza edefficacia, in modo tale da assicurarsi che a nessun pazientevenga negata l’assistenza. Le organizzazioni che adottanoquesto modello di ospedale dentro l’ospedale si trovano aconfrontarsi con tre difficoltà di esecuzione. In primo luogodevono assicurarsi che tutti i pazienti e gli addetti alle cureabbiano accesso a risorse costose o scarse che devono esse-

re ovviamente condivise (questo avviene strutturando ilsistema degli incentivi in modo tale da incoraggiare i medi-ci ad operare nelle varie strutture o dipartimenti o nei variospedali). In secondo luogo devono gestire le interfacce trale unità, in modo tale che i pazienti possano passare rapida-mente e agilmente dall’una all’altra struttura a seconda del-le necessita(e questo avviene facendo affidamento alla cul-tura e alle varie procedure). In ultimo luogo si deve coordi-nare il flusso di pazienti con delle malattie complesse e mul-tiple tra i vari reparti specializzati che contribuiscono al lorotrattamento (e questo si effettua sfruttando un ambiente col-legiale che stimola la cooperazione tra i vari personali.) inbreve quindi prendersi cura dei pazienti con condizioni com-plesse o scarsamente comprese richiede dei modelli organiz-zativi alquanto complessi.

RIORGANIZZARE LE RISORSE

Il terzo principio è che, nel ripensare le procedure clini-che, le varie organizzazioni sanitarie devono anche riconfi-gurare le infrastrutture e le prasi di supporto. Sfortunata-mente molte organizzazioni non adeguano le risorse (il mixdi personale, la struttura gestionale, la misurazione delle per-formance, il sistema degli incentivi, il sistema informatico,la disposizione fisica della clinica o del reparto, le regole dicondivisione delle risorse, la tecnologia per la diagnosi deltrattamento della malattia, i programmi di formazione), conle procedure così riformulate. Di conseguenza il risultatosarò quello di avere degli specialisti altamente qualificati checontinuano a svolgere delle mansioni che potrebbero esseredelegate ad un altro personale come quello infermieristico,oppure i protocolli non vengono tradotti in semplici passi daseguire attraverso un programma informatico, o le misuredelle performance e i badget rimangono focalizzati su costie sul volume dei servizi, piuttosto che sul risultato per ilpaziente, oppure i professionisti che dovrebbero lavorare inteam lavorano dal soli. Di conseguenza le organizzazionisanitarie si devono porre la seguente domanda: quali cure sipossono offrire con le risorse che si dispongono?oppure diquali risorse si ha bisogno e come devono essere configura-te per il tipo di cure che si intende offrire?.

APPRENDERE DALLE CURE QUOTIDIANE

Il quarto principio è che la struttura e i processi di ospe-dali, ambulatori o cliniche devono essere progettati in modotale da aiutare le varie organizzazioni ad apprendere siste-maticamente dal proprio lavoro quotidiano. Però molto spes-so questo non si osserva, poiché si ha una separazione tragenerazione e applicazione delle conoscenze di tipo medico(infatti si può vedere come gli scienziati e i ricercatori clini-ci creano conoscenza che viene poi insegnata durante i cor-si di formazione continua ai vari medici.).si può vedereinfatti come alcune organizzazioni, riconoscendo che il pro-prio personale produce degli spunti e delle innovazioni, chepotrebbero avere un impatto positivo sulla performance, svi-luppano routine per la creazione, la cattura e la divulgazionedi queste preziose conoscenze.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

212

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 212

Page 213: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

IL DURO LAVORO DELLA RIPROGETTAZIONE

Non esiste una soluzione che può essere imposta dall’al-to; non c’è un modello che va bene per tutti. Infatti ogniorganizzazione deve basare il proprio modello organizzativosui bisogni della popolazione che serva, sul contesto norma-tivo locale e sulle risorse disponibili. Infatti riprogettare nonsignifica semplicemente lanciare alcuni programmi pilotadall’alto profilo; ma richiede un’enorme quantità di lavorodettagliato in ogni clinica, reparto e ambulatorio. La ripro-gettazione richiede che i medici abbandonino il proprio iso-lamento e comincino a lavorare come membri di un team, ead apprezzare il valore di progettazione e ad implementareprocedure di cura pur sapendo quando e come discostarsene.

Poi ci sono anche gli ostacoli esterni, come le burocraziepubbliche, i rimborsi basati su un onorario a prestazione cheriducono i proventi delle organizzazioni e degli individui cherealizzano miglioramenti qualitativi. Le politiche pubblichepossono agevolare la transizione,ma il duro lavoro dellariprogettazione spetta al personale clinico a ai manager chelavorano nelle organizzazioni dove i pazienti ricevono dellecure. La riforma delle cure mediche è una sfida tanto mana-geriale quanto politica.

Fonti

Centro studi Mckinsey & CompanyProf Thomas H Lee – prof. Medicina alla Harvard medical SchoolRichard M.J. Bohmer prof. di prassi managerial alla Harvard B.S.Harvard business Review

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

213

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 213

Page 214: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La sindrome del rene policistico è la più comune patolo-gia genetica ereditaria del gatto. È estremamente frequentenei gatti Persiani puri, in razze collegate ai Persiani comead esempio alcune razze esotiche, ma anche in incroci digatti Persiani. Raramente è riportata anche in gatti europeicomuni. La patologia viene trasmessa attraverso un geneautosomico dominante.

Nel 2004 è stato identificato il gene responsabile dellamutazione anche se in uno studio più recente, il 5% dei gat-ti che presentavano sia le caratteristiche ecografiche cheistologiche del rene policistico risultavano negativi al geneindividuato come responsabile.

Questo dato suggerisce che ci siano più geni coinvoltinella mutazione del rene policistico. I portatori del geneindividuato sono risultati tutti eterozigoti e si suppone chei gatti omozigoti muoiano allo stadio embrionale. In pochipazienti, il test genetico risultava positivo ma ecografica-mente il paziente non presentava reni policistici. Si suppo-ne che in alcuni casi la penetranza del gene non sia com-pleta, o che intervengano geni “silenziatori” che non fac-ciano esprimere il gene della mutazione.1

Questi casi sono allo studio ed ancora in discussione.L’esame ecografico è un esame non invasivo ed accuratoper diagnosticare la sindrome del rene policistico. La sen-sibilità aumenta con l’aumentare dell’età, in quanto inpazienti molto giovani le cisti possono essere talmente pic-cole da rimanere al di sotto della risoluzione spaziale del-l’ecografo. Per questo motivo in alcuni stati come l’Inghil-terra, la certificazione dell’esenzione dalla sindrome delrene policistico viene eseguita in gatti di età superiore ai 10mesi. In altri stati si accettano certificazioni ufficiali in gat-ti a partire dai tre mesi (Svezia) anche se la letteraturariporta che la sensibilità dell’esame ecografico è del 75%in pazienti di 16 settimane mentre sale al 91% nei pazientidi 36 settimane.2

I recenti apparecchi ecografici permettono risoluzioniecografiche superiori con l’identificazione di cisti renalianche molto piccole. In alcuni paesi, solo specialisti odiplomati in diagnostica per immagini possono rilasciarecertificazioni ufficiali per la patologia. Questo potrebbesembrare una forzatura in quanto la tecnica della valuta-zione ecografica dei reni del gatto è molto semplice, tutta-via sono necessarie minime competenze tecniche di baseper evitare errori grossolani. Se la trasmissione degli ultra-suoni attraverso la cute non è ottimale, ad esempio nel casoin cui il paziente non venga rasato attentamente, la ridu-zione della densità del fascio ultrasonoro crea immagini

molto più contrastate e la midollare risulta estremamenteanecogena. Questo potrebbe mascherare cisti molto vicinealla distinzione cortico-midollare o potrebbe fare erronea-mente scambiare aree della midollare per cisti renali.Anche l’eccessiva inclinazione della sonda rispetto allasuperficie da esaminare (off normal artifact) può fare risul-tare una parte del rene estremamente anecogena rispetto adaltre aree e generare l’erronea impressione della presenzadi lesioni cistiche o al contrario mascherare le stesse. Leaccortezze per correggere questi difetti sono molto sempli-ci: è necessario rasare sempre il paziente esaminato ed ènecessario mantenere la superficie della sonda perpendico-lare all’organo da esaminare. Per riconoscere una strutturacistica, si utilizza il rinforzo di parete posteriore, artefattogenerato dal computer dell’ecografo.

Esso infatti postulizza che l’intensità degli echi di ritor-no dai tessuti sia strettamente correlata alle caratteristichedel tessuto. In realtà, gli ultrasuoni che passano attraversouna struttura contente liquidi, vengono attenutati di menorispetto agli ultrasuoni che passano attraverso tessuti soli-di. Per questo motivo il computer rende iperecogene le areeal di sotto di una struttura liquida.

Il rinforzo di parete posteriore si verifica quando lo spes-sore della raccolta di liquidi è sufficiente a creare una dif-ferenza nell’attenuazione del fascio sonoro. Se le lesionicistiche sono molto piccole, potrebbero non essere accom-pagnate da questo artefatto. In questo caso un secondomodo per confermare che la struttura indagata contengaliquido, consiste nel saturare l’immagine impostando aimassimi livelli il gain: se la struttura contiene liquidi allo-ra tende a divenire meno ecogena ed il contrasto con i tes-suti circostanti si riduce solo di poco, se invece la strutturaè anecogena ma contiene dei tessuti solidi, il contrasto coni tessuti circostanti si riduce di molto. A volte la vascola-rizzazione renale risulta molto prominente e questo potreb-be creare l’impressione che siano presenti una o più picco-le cisti. L’utilizzo del color doppler rivela l’origine vasco-lare delle pseudo-lesioni, per cui sarebbe auspicabile inclu-dere questa metodica nell’esame.3

Ad oggi possiamo contare su due tecniche ragionevol-mente sensibili ed accurate, l’ecografia ed il test genetico.Quale metodica scegliere? I test genetici sono sempre piùaccurati e precisi anche se le metodiche di laboratorio pos-sono essere complesse ed essere soggette all’errore umano.D’altra parte abbiamo visto che possiamo avere pazientiche non hanno cisti renali ma che sono portatori del genedel rene policistico. Idealmente l’associazione delle due

Tecnica, artefatti e considerazioni nella valutazione dei reni policistici del gatto

Giliola Spattini

Med Vet, PhD, Dipl ECVDI, Castellarano (RE)

214

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 214

Page 215: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

metodiche dovrebbe permettere la riduzione della preva-lenza di questa patologia, eliminando dalla riproduzione isoggetti che risultino positivi almeno ad una metodica, ed imigliori riproduttori dovrebbero essere quelli negativi adentrambe.

Bibliografia

1. Bonazzi M, Volta A, Gnudi G, Cozzi MC, Srtillacci MG, Polli M,Longeri M, Manfredi S, Bertoni G (2009): Comparison betweenultrasound and genetic testing for the early diagnosis of polycystickidney disease in Persian and Exotic Shorthair cats. Journal of Feli-ne Medicine and Surgery, 11, 430-434.

2. Wills SJ, Barrett EL, Barr FJ, Bradley KJ, Helps CR, Cannon MJ,Gruffydd-Jones TJ (2009): Evaluation of the repeatability of ultra-sound scanning for detection of feline polycystic kidney disease.Journal of Feline Medicine and Surgery, 11, 1-4.

3. Beck C, Lavelle RB (2001): Feline polycystic kidney disease in Per-sian cats: a prospective study using ultrasonography. AustralianVeterinary Journal, 79 (3), March.

Indirizzo per la corrispondenza:Giliola SpattiniClinica Veterinaria di CastellaranoVia Fuori Ponte 1/1, Castellarano (RE) Tel/fax: 0536859701E mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

215

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 215

Page 216: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Appena dopo la scoperta dei raggi X nel 1895, ci furono iprimi tentativi di utilizzare mezzi di contrasto in radiologia.Il primo studio documentato fu effettuato su una cavia, allaquale somministrarono per via orale del piombo sub-acetatoper mettere in evidenza lo stomaco. Da allora diversi mezzidi contrasto sono stati utilizzati. Per poterli utilizzare almeglio, è necessario conoscerli e conoscere le eventuali con-tro-indicazioni degli stessi.

SOLFATO DI BARIO

Utilizzato già nel 1904, il solfato di bario è una polverecristallina, che crea delle sospensioni, avendo particelle piùgrandi di 0.1 µm. Questo è uno dei maggiori svantaggi delbario solfato in quanto essendo una sospensione e non uncolloide, se ristagna per lungo tempo, la polvere tende asepararsi dal liquido. Questo si traduce in uno studio nondiagnostico nel caso in cui si voglia indagare l’apparatogasro-enterico di un paziente con un ileo paralitico o mecca-nico con totale atonia intestinale. In questi pazienti è pre-feribile utilizzare mezzi di contrasto iodati che hanno unavelocità di transito molto superiore al bario e non sono insospensione. Il bario come ione è estremamente tossico, tut-tavia il solfato di bario è molto stabile, pochissimo solubilein acqua e scarsamente assorbito attraverso il tratto gastro-enterico. Il solfato di bario rimane il mezzo di contrasto d’e-lezione per il tratto gastro-enterico perché fornisce le miglio-ri immagini della mucosa delle anse intestinali in quanto haun’ottima adesione. In letteratura ci sono molti lavori chepermettono di standardizzare la lettura di uno studio contra-stografico al bario; queste informazioni dettagliate mancanoper gli altri mezzi di contrasto. Un notevole vantaggio delbario è che in caso di un’aspirazione nelle vie aeree, in gene-re, a parte un eccesso di tosse, ed eventualmente, una pol-monite infiammatoria locale, difficilmente si creano conse-guenze preoccupanti. Per questo motivo, anche pazienti conmega-esofago possono essere sottoposti ad un pasto baritatocon relativa tranquillità. Il maggiore svantaggio di questomezzo di contrasto è che nel caso di una perforazione media-stinica o gastro-enterica, il bario è in grado di creare una vio-lentissima mediastinite o peritonite, che può evolvere infibrosi e formazione di granulomi. Spesso il processoinfiammatorio è così violento che potrebbe essere fatale, percui si preferisce risolvere chirurgicamente una eventualecontaminazione. Altro limite di questa metodica è che se èprevista un’endoscopia, il bario potrebbe incrostare l’ottica

dell’endoscopio, per cui è preferibile aspettare almeno 48ore dalla somministrazione del mezzo di contrasto prima diprocedere con l’endoscopia. Similarmente, visto che il pre-lievo bioptico, potrebbe creare delle piccole lesioni parieta-li, si preferisce attendere almeno 24 ore prima di effettuareuno studio baritato in un paziente sottoposto ad endoscopia.Il bario non può essere usato per via endovenosa, endove-scicale, parenterale e non può essere utilizzato nello spaziosubaracnoideo. Detto questo, sorge spontanea una doman-da: ma oggi, avendo a disposizione ecografia, CT, endo-scopia, che ruolo rimane in medicina veterinaria al solfatodi bario? Innanzitutto, nonostante sia stato dimostrato cheun ecografista esperto abbia una superiore capacità di indi-viduare patologie del tratto gastro-enterico, molti colleghihanno maturato un’ammirevole esperienza nell’interpreta-zione dei pasti baritati, rendendo questa metodica assaisensibile. Rimane inoltre una metodica molto economica etecnicamente alla portata di qualsiasi struttura veterinaria.Per esperienza personale ed anche di colleghi, si è riscontra-to un effetto benefico del bario sull’intestino, associato avolte, ad un miglioramento della sintomatologia gastro-ente-rica dopo lo studio contrastografico.

MEZZI DI CONTRASTO IODATI

Per quanto riguarda gli studi del tratto gastro enterico,sebbene la qualità delle immagini prodotte sia molto supe-riore utilizzando il solfato di bario, tuttavia, in pazienti conileo paralitico, dove il bario avrebbe una progressione len-tissima, in pazienti molto prostrati o gravi, dove si vuoleottenere al più presto una risposta, ed in pazienti dove sisospetti la rottura di un viscere, si utilizza un mezzo di con-trasto iodato. Infatti se il bario in genere impiega 8 ore perspostarsi dallo stomaco al colon, i mezzi di contrasto iodatiimpiegano in media 90 minuti. Tuttavia i mezzi iodati,soprattutto quelli ionici, sono ipertonici, e quindi non si pos-sono somministrare oralmente a pazienti disidratati, o sirischierebbe di richiamare troppi liquidi nel lume intestinalee portare il paziente al collasso. Sempre a causa dell’iperto-nicità, l’aspirazione dei mezzi di contrasto iodati è poten-zialmente fatale a causa del massiccio richiamo di liquidinelle vie aeree e dell’edema polmonare conseguente. Questesituazioni si possono evitare utilizzando mezzi di contrastoiodati non ionici che hanno una lieve o nulla ipertonicità. Imezzi di contrasto iodati si dividono in due classi: i mezzi dicontrasto iodati ionici, e quelli non ionici.

Mezzi di contrasto in radiologia: trucchi pratici per le metodiche standard ed applicazioni inusuali

Giliola Spattini

Med Vet, PhD, Dipl ECVDI, Castellarano (RE)

216

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 216

Page 217: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I mezzi di contrasto iodati ionici hanno maggiore iperto-nicità, producono ioni, hanno una maggiore stimolazioneantigenica. Non possono essere utilizzati nello spazio sub-aracnoideo, sono più economici. I mezzi di contrasto nonionici, sono lievemente ipertonici o isotonici e non produco-no ioni. Hanno molti meno effetti collaterali, possono esse-re somministrati nello spazio subaracnoideo, hanno costimaggiori. Entrambi possono essere somministrati per viaendovenosa e parenterale. I mezzi di contrasto iodati nondevono essere utilizzati in pazienti diabetici.1

TRUCCHI PER ESEGUIRE UNAUROGRAFIA DISCENDENTEENDOVENOSA

Per ottenere un buon esame è necessario idratare bene ilpaziente prima, ma sospendere la somministrazione delmezzo di contrasto durante l’esame, per evitare la diluizionedello stesso. Il mezzo di contrasto va iniettato a bolo, questopotrebbe provocare conati di vomito nel paziente, ma ènecessario avere una buona concentrazione del mezzo dicontrasto o questo viene velocemente diluito dal flusso san-guigno e le immagini possono risultare scarsamente diagno-stiche. È consigliabile tenete il paziente sotto fluidi, dopol’esame contrastografico, per evitare che l’ipotensione trans-itoria che potrebbe verificarsi, arrechi danni renali.

Cosa fare se in un paziente con sospetta ostruzione di unuretere, il mezzo di contrasto non viene perfuso a livello ure-terale? Questo può capitare sia per l’effetto dell’ostruzione,ma anche per un deficit della ultrafiltrazione renale. Unametodica che può essere molto utile in questi casi è l’inie-zione del mezzo di contrasto, tramite guida ecografica, diret-tamente nella pelvi renale dilatata. Il materiale aspirato puòessere analizzato, poi si inietta con una minima pressione unquantitativo simile di mezzo di contrasto. Si scatta il radio-gramma subito dopo aver terminato l’iniezione.

NUOVE METODICHE PER VECCHIETECNICHE

La portografia mesenterica, è una metodica utilizzata perdiagnosticare anomalie vascolari epatiche, tra le quali glishunt portosistemici. Veniva eseguita cateterizzando una

vena mesenterica in sede chirurgica. Dopo aver iniettato ilmezzo di contrasto in una vena digiunale, si eseguivano iradiogrammi.

Questa metodica è stata quasi del tutto abbandonata a sca-pito della CT, più accurata e meno invasiva. Tuttavia non tut-ti i proprietari possono permettersi un esame CT. Un modopiù semplice per eseguire una portografia, consiste nell’i-niettare il mezzo di contrasto in una vena splenica. Tramitela guida ecografica, si mette un ago nella milza, il più vici-no possibile ad una vena ilare. Poi con una leggerissimapressione, stando attendi a non rompere la vena splenica, siinietta il mezzo di contrasto che confluirà nella vena portaattraverso la vena splenica.

Il chilotorace ha diverse cause. Una di queste è la rotturadel dotto toracico. Il dotto toracico è una struttura non evi-denziabile in diagnostica, se non attraverso un mezzo di con-trasto. La procedura standard prevedeva una celiotomia attra-verso la quale si individuava un linfonodo del cieco. Si iniet-tava 0.5-1.0 ml di blu di metilene in modo che 5/20 minutidopo, il colorante permette di individuare i vasi linfatici. Unvaso linfatico veniva incannulato, e poi poteva cominciare lostudio contrastografico.

Recentemente, è stata proposta una metodica che prevedel’iniezione di mezzo di contrasto iodato nel linfonodo popli-teo. Si iniettano 1 ml/kg alla velocità di 2 ml/minuto. Imigliori risultati si hanno se si ottiene la prima radiografiadopo 5 ml di mezzo di contrasto, in un tempo di 2.5 minuti.Se l’opacificazione del dotto non è sufficiente si ripete unaseconda iniezione di mezzo di contrasto immettendo altri 5millilitri di contrasto in 2.5 minuti.

Bibliografia

1. Wallack ST (2002): The handbook of Veterinary Contrast radio-graphy.

2. Naganobu K, Ohigashi Y, Akiyoshi T, Hagio M, Miyamoto T, Yama-guchi R: Volume 35, Issue 4, Pages 377-381.

Indirizzo per la corrispondenza:Giliola SpattiniClinica Veterinaria di CastellaranoVia Fuori Ponte 1/1, Castellarano (RE) Tel/fax: 0536859701E mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

217

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 217

Page 218: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Il Butorfanolo nell’ecocardiografia del cane

Enrico Stefanelli

Med Vet, Roma

218

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

ATTI NON PERVENUTI

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 218

Page 219: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUCTION

Gastrointestinal problems are one of the most commonreasons why dogs or cats are presented to a veterinarian.While gastrointestinal endoscopy often provides the basisfor a definitive diagnosis, many patients can be successfullydiagnosed and treated by use of laboratory tests. A system-atic work-up for dogs and cats with chronic diarrheaincludes a careful history and a thorough physical examina-tion. Also, patients must be evaluated for gastrointestinalparasites and treated with a broad-spectrum anthelminthicagent. Next secondary causes need to be differentiated fromprimary causes of the gastrointestinal problem. When sec-ondary gastrointestinal causes have been ruled out, the pri-mary gastrointestinal disease should be further characterizedand therapeutic trials should be employed to further definethe problem if they are not contraindicated. When thisapproach fails to resolve the problem a definitive diagnosisneeds to be sought by further work-up including abdominalultrasound and gastrointestinal endoscopy.

GENERAL CLINICAL PATHOLOGY

As mentioned above, one of the most important steps fora proper diagnosis of the gastrointestinal problem is thedifferentiation of primary and secondary gastrointestinaldiseases, which can be achieved by performing a completeblood count, a serum chemistry profile, a urinalysis, and incats above the ages of 6-7 a serum total T4 concentration.Some additional serum should always be collected andfrozen for possible future analysis.

A complete blood count may help to identify inflamma-tory, infectious, or endocrine disorders, as it may revealanemia or an inflammatory leukogram. The serum chem-istry profile, together with specific gravity from the urinal-ysis is useful to rule out chronic renal failure. Hyperkalemiaand hyponatremia may be present in dogs with hypoad-renocorticism. However, it is important to note that not alldogs with hypoadrenocorticism show these abnormalities.Some dogs do not lack mineralocorticoids and will notshow electrolyte abnormalities, but should still show a lackof an appropriate stress leukogram. Dogs that are suspectedof having hypoadrenocorticism should be evaluated with abase-line serum or plasma cortisol concentration and, ifinconclusive, with an ACTH stimulation test. Hypoadreno-corticism, if untreated, can lead to an Addisonian crisis and

death and even a weak suspicion of hypoadrenocorticismwarrants further testing. Cats with hyperthyroidism oftenhave anemia and increases of serum activities of hepaticenzymes. Results from the serum chemistry profile alsohelp to rule-out hepatic failure.

ASSESSMENT OF THE EXOCRINEPANCREAS

Exocrine pancreatic disease can also cause chronic diar-rhea. Dogs and cats with exocrine pancreatic insufficiency(EPI) often have soft stools or diarrhea as the most impor-tant clinical sign. EPI can easily be diagnosed by measure-ment of serum TLI concentration. Serum TLI concentra-tion is highly specific for EPI in both dogs and cats. Dogswith a serum cTLI of ≤ 2.5 μg/L and cats with a serumfTLI ≤ 8.0 μg/L can be diagnosed with EPI, respectively. Arecent report has shown that some German shepherd dogshave subclinical EPI with severely decreased serum cTLIconcentrations. These dogs have a lack of exocrine pancre-atic tissue at biopsy, but no or only intermittent clinicalsigns of EPI. This highlights the remarkable functionalreserve of the exocrine pancreas and the entire gastroin-testinal tract in dogs.

Also, dogs and cats with chronic pancreatitis often pres-ent for nonspecific clinical signs, such as anorexia andchronic diarrhea may be the only clinical signs reported. Ifthere is any suspicion for chronic pancreatitis, a serum pan-creatic lipase immunoreactivity concentration (PLI; asmeasured by Spec cPL® in dogs and as Spec fPL® in cats)should be evaluated. Many different cell types in the bodysynthesize and secrete lipases. In contrast to catalytic assaysfor the measurement of lipase activity, use of immunoassaysdoes allow for the specific measurement of lipase originat-ing from the exocrine pancreas. Serum PLI has been shownto be highly specific for exocrine pancreatic function. Also,the sensitivity of different minimally-invasive diagnostictests was compared in dogs with pancreatitis. The sensitivi-ty of serum TLI concentration was below 35%, that of serumlipase activity less than 55%, and ultrasound 68%. In con-trast, the sensitivity of serum cPLI concentration for pancre-atitis was above 80%. Clinical studies in cats have shownsimilar results. In a study of cats with spontaneous pancre-atitis serum fPLI concentration was more sensitive and morespecific than serum fTLI concentration or abdominal ultra-sonography. Thus, in both dogs and cats, serum PLI concen-

Endoscopy is not enough: how lab work can help in the diagnosis of gastrointestinal problems

Jörg M. Steiner

Dr Med Vet, PhD, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM-CA, Texas, USA

219

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 219

Page 220: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

tration is the most sensitive and specific diagnostic test forpancreatitis currently available.

ASSESSMENT OF SERUM FOLATE AND COBALAMIN CONCENTRATIONS

Serum cobalamin and folate concentrations are of greatdiagnostic importance as they help to further characterizethe condition. Serum folate concentration can be decreasedin proximal small intestinal disorders, while serum cobal-amin concentration can be decreased in distal small intestin-al disorders and EPI. In patients with diffuse small intestin-al disorders both serum folate and cobalamin concentrationscan be decreased. Dogs with small intestinal bacterial over-growth can have a decreased serum cobalamin concentrationand an increased serum folate concentration.

Folate and cobalamin are both water-soluble vitamins thatare plentiful in almost all commercial diets. However,dietary folate, which is mostly folate polyglutamate, needsto be deconjugated to folate monoglutamate by folate decon-jugase, a jejunal brush border enzyme. Folate monogluta-mate is absorbed by specific carriers in the proximal smallintestine. Therefore, longstanding and severe disorders ofthe proximal small intestine can lead to folate malabsorp-tion, depletion of folate body stores, and a decreased serum

folate concentration. In contrast, many intestinal bacteriaproduce folate and thus small intestinal dysbiosis can lead toincreased serum folate concentrations. Dietary cobalamin isbound to dietary protein derived from animal protein. In thestomach, dietary protein is partially digested by pepsin andHCl and cobalamin is being released. However, cobalaminimmediately binds to R-protein. The R-protein in turn isdigested by pancreatic proteases in the small intestine. Freecobalamin binds to intrinsic factor, released mostly in pan-creatic juice. These cobalamin-intrinsic factor complexes arethen absorbed through specific receptors in the ileum. There-fore, severe and longstanding disorders of the distal smallintestine as well as exocrine pancreatic insufficiency willlead to cobalamin malabsorption, depletion of cobalaminbody stores, and to a decreased serum cobalamin concentra-tion. In a recent study 61% of 80 cats with clinical signs ofchronic gastrointestinal disease had a decreased serumcobalamin concentration. Also, almost all cats and 82% ofdogs with EPI have been reported to be cobalamin deficient.

Address for correspondence:Jörg M. SteinerAssociate Professor and DirectorGastrointestinal Laboratory, Texas A&M UniversityCollege Station, TX

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

220

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 220

Page 221: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUCTION

Immunosuppression is a common and popular therapeuticoption for dogs and cats with chronic gastrointestinal dis-eases. However, it should be noted that many patients can besuccessfully managed without the use of immunosuppres-sion. Thus, if the patient does not have any systemic clinicalsigns and does not deteriorate, several therapeutic trialscould be considered before measures are taken to reach adefinitive diagnosis of the primary gastrointestinal disease(i.e., by abdominal ultrasound and/or gastrointestinalendoscopy) or a therapeutic trial with immunosuppressivedrugs are undertaken.

DIETARY TRIAL

A dietary trial is a reasonable first step in managing dogsand cats with chronic signs of gastrointestinal disease. Therehave been estimates that more than 50% of dogs and catswith chronic clinical signs of gastrointestinal diseaserespond to a dietary trial alone. Depending on the urgencyseveral different diets could be introduced in order to identi-fy an ideal diet for a particular patient. Several differenttypes of diets can be chosen. Diets should be switched slow-ly over a period of 3-5 days. Also, some improvement ofclinical signs should be observed by the owner if the dietwill be beneficial. If there is no improvement within the first10-14 days another dietary type should be tried. However,complete resolution of clinical signs could take up to 6weeks and the diet should be continued as long as some con-tinued improvement can be observed.

A limited antigen diet that contains a single novel protein-source and a single novel carbohydrate source is a good firstchoice for patients with chronic gastrointestinal disease. Ahypoallergenic diet based on hydrolyzed proteins could alsobe used. These diets are based on the fact that hydrolyzedproteins are poor immunogens and thus cannot induce anallergic reaction. There are several easily digestible diets thatoften contain a decreased amount of dietary fat and may alsocontain prebiotics, such as fructo-oligosaccharides, beet-pulp, or inulin and/or other neutraceuticals. High-fiber dietscan be used in patients that are suspected of having mainlylarge-bowel disease. However, in humans fiber supplemen-tation is mainly used in colitis patients that have constipationrather than diarrhea and the clinical usefulness of high-fiberdiets in dogs and cats with chronic large bowel disease has

not been demonstrated. Finally, cats with chronic diarrheamay benefit from a diet that is low in carbohydrates.

PROBIOTICS

Probiotics have garnered a lot of interest in both humanand veterinary medicine. Initially, probiotics were mostlyembraced by holistic physicians and veterinarians and theexpectations for probiotics were dramatic, with probioticsbeing hypothesized to be of benefit in disorders rangingfrom stress to gastrointestinal health, weight management,and even the prevention of cancer.

These unrealistic expectations have been replaced withwell-defined requirements for probiotics and controlledstudies of their beneficial effects.

The three key requirements for a probiotic for use in dogsare: 1) the probiotic must be safe; 2) the probiotic must bestable; and 3) the probiotic must be efficacious. In a recentstudy, 8 veterinary and 5 human probiotics were evaluatedand only 2 of the 13 products contained the strains and con-centrations of those strains indicated on the label. Several ofthe products contained bacterial species that could potential-ly act as pathogens. Thus, in order to ensure safety, the pro-biotic product should adhere to strict production and storagerequirements.

The probiotic also must be stable throughout transport andstorage until the product is being administered by the pet-owner. In order to ensure that a certain number of coloniesare administered to the patient, the colonies in the productshould neither proliferate nor die. Finally, a probiotic mustbe efficacious. In order to be efficacious, the bacteria mustreach the intestinal lumen. This requires that the bacterialspecies being used in the formulation are both acid- and bile-acid-resistant. Also, the bacterial species of the probioticpreparation should adhere to the intestinal mucosa to pro-long the time of interaction. Finally, the presence of the pro-biotic species must have beneficial effects in the host. Sev-eral controlled studies have been conducted in dogs that alsoshow that certain probiotics carry health benefits in dogswith gastrointestinal disorders.

ANTIBIOTICS

Oxytetracycline (10-20 mg/kg q 8-12 hrs for 4-6 weeks)used to be the therapy of choice. Unfortunately, oxytetracy-

Alternative to immunosuppression: using diet,probiotics, and other therapeutic approaches

Jörg M. Steiner

Dr Med Vet, PhD, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM-CA, Texas, USA

221

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 221

Page 222: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

cline for oral use has become largely unavailable. Tylosin(25 mg/kg q 12 hrs for 6 weeks) is the new antibiotic agentof choice. Other antibiotics, such as metronidazole can alsobe used. Tylosin is uniquely effective in many dogs and catswith chronic gastrointestinal disease, so much so, thatrecently the term of tylosin-responsive diarrhea has beencoined.

Some dogs respond to therapy rapidly and do not have arecurrence. However, other dogs do not respond to antibiot-ic therapy alone. If there is no marked improvement after 2weeks of appropriate antibiotic therapy further work-up isnecessary. Some dogs may respond to therapy with a com-plete resolution of clinical signs but may have a recurrenceof clinical signs as soon as antibiotic therapy is discontinued.These patients require a further diagnostic work-up. In someof these patients a specific underlying cause of the dysbiosiscan be identified and treated accordingly. However, in somedogs no specific cause can be identified and prolonged,maybe even life-long, antimicrobial therapy is required.

COBALAMIN SUPPLEMENTATION

Patients with severe cobalamin deficiency often do notrespond to therapy of the underlying gastrointestinal disor-der until cobalamin is supplemented. Unfortunately, onlyempirical suggestions are available concerning protocols forcobalamin supplementation in dogs or cats. However, thereis no indication that over-supplementation of cobalaminleads to clinical disease. In humans, the standard route ofcobalamin application is by parenteral administration. Thisis because cobalamin deficiency has been shown to lead tocobalamin malabsorption in the ileum. However, there arerecent data that would suggest that with certain forms ofcobalamin deficiency, oral or nasal supplementation may beefficacious. There are no such data for dogs or cats and thedata in humans is controversial. Thus, currently, the recom-mendation is to supplement cobalamin in veterinary patientsby subcutaneous injection. The most common form of cobal-

amin used for supplementation is cyanocobalamin, buthydroxocobalamin can also be used.

The author empirically uses the following dosing sched-ule: 150-250 µg per injection in cats, 250-1500 µg per injec-tion in dogs; SC q 7 days for 6 weeks, then q 14 days for 6weeks, then q 30 days for one injection, then reevaluateserum cobalamin concentration one month later. If theunderlying disease process has resolved and cobalamin bodystores have been replenished, serum cobalamin concentra-tion should be supranormal at the time of re-evaluation.However, if serum cobalamin concentration is in the normalrange, treatment should be continued at least monthly andthe owner should be forewarned that clinical signs may recursometime in the future. Finally, if serum cobalamin concen-tration at the time of recheck is subnormal, further work-upis required to definitively diagnose the underlying diseaseprocess and cobalamin supplementation should be continuedweekly or bi-weekly. In a recent study cats with chronic gas-trointestinal disease that had failed therapy and were shownto have cobalamin deficiency quickly gained weight afterinitiation of cobalamin supplementation.

It is also interesting to note that the recommended dosefor cobalamin supplementation in humans by far exceedswhat is believed to be the physiologic cobalamin require-ment in humans. Thus, there is speculation that the benefi-cial responses of cobalamin supplementation in humanpatients with cobalamin deficiency may at least in part bedue to pharmacologic effects of cobalamin. Similarly, manycats with anorexia due to gastrointestinal disease will starteating once treated with cobalamin supplementation, butwill stop eating again once cobalamin supplementation isdiscontinued, regardless of their cobalamin status.

Address for correspondence:Jörg M. SteinerAssociate Professor and DirectorGastrointestinal Laboratory, Texas A&M UniversityCollege Station, TX

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

222

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 222

Page 223: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Hemostasis is a complex physiological process involvinga fine counterbalancing act between procoagulant and anti-coagulant forces. Alterations in this delicate balance canresult in hemostatic abnormalities which manifest as eitherhemorrhage or thrombosis. Most animals with hemostaticdisorders present with clinical signs of excessive hemor-rhage. In contrast, thrombosis is far more difficult to detectclinically or by laboratory tests, particularly when it occursin internal microvessels.

When any animal presents with clinical signs of a hemo-static disorder, it is essential to do a complete physicalexamination and take a thorough history. Vital clues as tothe underlying cause of the hemostatic disorder areobtained from the signalment (age, breed and sex), history(e.g. access to toxins or drugs, evidence of multiple hem-orrhagic episodes) and clinical signs (e.g. type and locationof hemorrhage).

To understand hemostasis, it is useful to separate it into 3processes: Primary hemostasis, secondary hemostasis andfibrinolysis. However, it must be realized that all are acti-vated simultaneously (to varying degrees) and do not occursequentially in vivo.

PRIMARY HEMOSTASIS

This is defined as the formation of the primary plateletplug and involves platelets, von Willebrand factor (vWf), andthe vessel wall. With vessel injury, circulating plateletsadhere via specific receptors to exposed collagen and vWf inthe subendothelial matrix. Platelets then become activated –they undergo shape change, release granule constituents(including stored coagulation factors and platelet agonists),produce and secrete activators (e.g. thromboxane), expose thenegatively charged phospholipid, phosphatidylserine (PS), ontheir surfaces and shed membrane-derived microparticles.This serves to recruit additional platelets, provide a scaffoldand receptor surface for binding of coagulation factors, andsupport fibrin formation. Fibrinogen binds to activated recep-tors on adjacent platelets forming, the platelet plug. Naturalinhibitors are an intact endothelium and endothelial-secretedplatelet antagonists (ADPase, nitric oxide). Therapeuticinhibitors include COX inhibitors (e.g. aspirin) and ADPreceptor antagonists (e.g. clopidogrel). Since the platelet plugnormally seals off small injuries in microvessels, clinicalsigns associated with primary hemostatic disorders are: Hem-orrhage from mucosal surfaces, petechiae, purpura and

ecchymoses. Note petechiae are rare in von Willebrand dis-ease (vWD). Severe defects in primary hemostasis can resultin intra-cavity hemorrhage and hematomas.

Disorders of primary hemostasis include defects in plateletnumber (thrombocytopenia or thrombocytosis), function(thrombopathia) and vWD. The most common inherited defectis vWD, whereas the most common acquired defect is throm-bocytopenia.

Tests of primary hemostasis include: 1) Platelet counts:Smear estimate: 1 platelet per 100x oil immersion field =15,000 platelets/µL); 2) Production tests: Megakaryocytenumbers and reticulated platelets; 3) Function tests: Allaspects of function can be tested, however most are special-ized tests offered by specific laboratories. Newer testsinclude flow cytometry for P-selection and PS exposure(markers of activation); 4) vWD tests: vWf:Ag, geneticassays; and 5) Combined tests: Buccal mucosal bleedingtime (BMBT) and platelet function analyzers (e.g. PFA-100). These evaluate platelet number and function and vWf.

SECONDARY HEMOSTASIS

This is defined as the formation of insoluble, cross-linkedfibrin by an activated coagulation cascade. Secondary hemo-stasis involves coagulation factors, calcium and platelet PS(platelet factor 3). Secondary hemostasis is initiated by theextrinsic pathway (tissue factor/factor VII) on fibroblastsand amplified by the intrinsic pathway (factors XI down)(Figure 1) on platelets. This amplifcation generates largeamounts of thrombin. Thrombin cleaves fibrinogen to fibrinand activates factor XIII, which crosslinks fibrin. Fibrinincorporates into and stabilizes the primary platelet plug. Atthe same time, thrombin inhibits fibrinolysis, by activating aprotein called thrombin-activatable fibrinolytic inhibitor(TAFI). Thrombin is a powerful platelet agonist and recruitsand activates additional platelets which incorporate into thegrowing thrombus. Coagulation factors bind to PS onplatelet surfaces, thus coagulation always proceeds on cellsurfaces. Contact factors (factor XII, prekallikrein and highmolecular weight kininogen) have no role in physiologichemostasis. Natural inhibitors are tissue factor pathwayinhibitor, antithrombin, protein C (activated by thrombin)and protein S. Therapeutic inhibitors are heparin, warfarinand hirudin. Clinical signs associated with secondary hemo-static disorders are: Ecchymoses, hematomas and bleedinginto body cavities, including joints.

Hemostasis review including some newer tests

Tracy Stokol

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

223

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 223

Page 224: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Disorders of secondary hemostasis include inherited andacquired conditions. Hemophilia A or factor VIII deficiencyis the most common inherited defect. Anticoagulant rodenti-cide toxicosis, heparin overdose and disseminated intravas-cular coagulation (DIC) are the most common acquireddefects of secondary hemostasis.

Tests of secondary hemostasis include: 1) Extrinsic andcommon pathway: Prothrombin time (PT) and proteinsinduced by vitamin K antagonism (PIVKA); 2) Intrinsicand common pathway: Activated coagulation time (ACT)and activated partial thromboplastin time (aPTT); 3)Thrombin conversion of fibrinogen to fibrin: Thrombinclot time (TCT) and fibrinogen concentration; 4) Specificfactor assays; 5) Inhibitor assays: Antithrombin, ProteinC, and anti-Factor Xa activity for heparin; 6) Genetic tests.The most important aspect of testing is correct sample col-lection. This includes: Clean venipuncture, drawing blood

into a syringe containing anticoagulant, maintaining the cor-rect citrate to anticoagulant ratio (1:9) and appropriate stor-age conditions (separate promptly from cells, store plasma at4°C for 24 hours, store plasma at -20°C in a dedicated freez-er if > 24 hours).

FIBRINOLYSIS

Fibrinolysis involves dissolution of the fibrin clot byplasmin. Plasmin is generated from plasminogen by tissueplasminogen activator (tPA), which is released by injuredendothelial cells. Plasmin binds to and degrades fibrinogenand fibrin, releasing fibrin(ogen) degradation products(FDPs). Plasmin lysis of cross-linked fibrin releases D-dimer, which is a sensitive test for fibrinolysis. Note thatcontact factors promote fibrinolysis by inducing tPA releaseor converting plasminogen to plasmin. Natural inhibitors offibrinolysis include TAFI, plasminogen activator inhibitorsand anti-plasmin. Therapeutic inhibitors include epsilon-aminocaproic acid and traxenamic acid. Disorders of fibri-nolysis can cause hemorrhage (if excessive) or thrombosis(if deficient). FDPs can exacerbate hemorrhage by inhibit-ing platelet function and fibrin formation.

Disorders of fibrinolysis can be inherited or acquired, how-ever inherited defects are rare. The most common acquireddisorder of fibrinolysis in animals is DIC.

Tests for fibrinolysis include: 1) Fibrin(ogen) degrada-tion products: These will be increased with excessive fib-rinogenolysis or fibrinolysis (especially in DIC), internalhemorrhage or decreased clearance by an impairedmononuclear phagocyte system or dysfunctional/failingliver; and 2) D-dimer: This detects breakdown products ofcrosslinked fibrin (therefore, D-dimer indicates the activa-tion of thrombin – to form crosslinked fibrin – AND plas-min – to break the crosslinked fibrin down) (Figure 2).Increased values are seen with DIC and any condition caus-ing physiologic (e.g. wound healing after surgery) or patho-logic (e.g. thrombosis) fibrinolysis. Like FDPs, values mayalso increase with extravascular fibrinolysis (bleeding intobody cavities) or decreased clearance. Other tests such asmeasurement of plasminogen or tissue plasminogen activa-tor are not readily available.

A new global test of hemostasis is thromboelastography.These tests all aspects of clot formation, including plateletnumber and function, and fibrinolysis.

Bibliography

1. McMichael M (2005) Primary haemostasis. J. Vet. Emerg. Crit. Care,15:1-8.

2. Smith S (2009) The cell-based model of coagulation. J. Vet. Emerg.Crit. Care, 19:3-10.

Address for correspondence:Tracy StokolAssistant Professor, Department of Population Medicine and Diagnostic SciencesCollege of Veterinary Medicine, Cornell University, Ithaca, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

224

Figure 1

Figure 2

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 224

Page 225: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

1. To reiterate a well-known fact - DIC arises as a complica-tion of underlying diseases, particularly sepsis and neo-plasia.

2. The microvasculature (in which DIC occurs) is consid-ered a distinct physiologic organ.

3. DIC is initiated by tissue factor expression in most disor-ders.

4. Coagulation proceeds on a phosphatidylserine-rich sur-face – this surface is vastly increased in DIC by sheddingof microparticles (from monocytes and apoptotic cells)and lipoproteins. This facilitates the dissemination ofcoagulation.

5. Thrombin is pivotal in DIC – it forms fibrin clots, acti-vates other coagulation factors amplifying its own pro-duction, activates platelets, activates (by stimulating tis-sue plasminogen activator release) and inhibits (by acti-vating thrombin-activatable fibrinolytic inhibitor [TAFI])fibrinolysis, and binds to receptors on cells (protease-acti-vated receptors [PARs]), stimulating an inflammatoryresponse.

6. Anticoagulants (antithrombin [AT], activated protein C[APC]) are crucial for limiting DIC and preventing itsprogression.

7. DIC is first and foremost a hypercoagulable or thrombot-ic disorder. Hemorrhage is a late manifestation of thissyndrome.

8. Based on clinical and laboratory criteria, DIC is separat-ed into two distinct phases: non-overt and overt DIC.Essentially, non-overt DIC reflects activation of thehemostatic system that is “challenged” but still compen-sated for or controlled by anticoagulants. In overt DIC,this control goes awry and hemostasis becomes uncom-pensated – at this stage, removal of the initiating stimu-lus may not halt progression. In human patients, moreattention is being placed on recognition of non-overtDIC; this stage representing the best opportunity fortherapeutic intervention.There has been a recent trend towards thinking of DIC,

particularly that due to sepsis, as a dysregulated response ofthe hemostatic system that can be divided into 4 stages: ini-tiation, amplification and dissemination, potentiation, andendothelial dysfunction.

Initiation: DIC is primarily triggered by tissue factor, i.e.the extrinsic pathway of coagulation. In most cases, this isthrough massive tissue or endothelial injury, cytokine-induced aberrant expression of tissue factor on monocytes or

constitutive tissue factor expression on tumor cells. In DIC,inhibition of this pathway by tissue factor pathway inhibitormight be ineffective.

Amplification and dissemination: Thrombin amplifiesits own expression through the intrinsic pathway as dis-cussed in the previous lecture on hemostasis. Thrombin alsodownregulates itself by binding to a receptor on endothelialsurfaces, thrombomodulin. This complex activates proteinC, which degrades factor VIIIa and factor Va (slowing downthrombin generation), with Protein S as a co-factor. Thisstage of DIC, where coagulation is limited by anticoagu-lants, is termed non-overt DIC. The depletion of anticoag-ulants, including AT and APC, and the exposure of PS oncell surfaces and shed microparticles (which circulatewidely and are not rapidly cleared) results in coagulationproceeding unchecked throughout the vasculature andovert DIC. The importance of coagulation inhibitors, par-ticularly APC, cannot be over-stated. Clinical trials inhuman patients with DIC due to sepsis suggest that treat-ment with recombinant APC decreases mortality. This isthought to be due to the action of APC as an anticoagulantand anti-inflammatory agent.

Potentiation via links between coagulation and inflam-mation: A vicious cycle is initiated between coagulation andinflammation. Inflammation (especially that due to sepsis) isone of the main causes of DIC. Inflammatory cytokinesinduce monocytes to express tissue factor and shed tissuefactor- and phosphatidylserine-rich microparticles, whichactivates and amplifies coagulation, respectively. Inflamma-tion contributes to dissemination by decreasing anticoagu-lants (cleaved by neutrophil proteases, decreased activationthrough cytokines downregulating thrombomodulin expres-sion and cytokine-mediated reduced hepatic synthesis). Yetinflammation is also fueled by coagulation. Thrombin bindsto PARs on endothelial cells, stimulating them to releaseinflammatory cytokines and upregulate adhesion molecules,thus contributing to the inflammatory milieu in DIC and pro-moting leukocyte-mediated tissue injury. Deficiency of APCpotentiates the inflammatory state.

Endothelial cell dysfunction: When the normal adaptivemechanisms that operate to limit hemostasis to a localizedsite are overwhelmed, the endothelium itself becomes dys-functional, which clinically manifests as thrombosis or hem-orrhage.

New concepts in disseminated intravascularcoagulation (DIC)

Tracy Stokol

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

225

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 225

Page 226: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

NON-OVERT VERSUS OVERT DIC

The International Society of Thrombosis and Haemosta-sis (ISTH) has developed a scoring scheme to classifyhuman patients into non-overt and overt DIC. This systemis currently being tested in clinical human patients and ini-tial studies suggest that it might be useful, i.e. patients innon-overt DIC have a poorer outcome (fatality rate) thanthose not in DIC and a greater likelihood of progressing toovert DIC and patients in overt DIC have a higher fatalityrate than those not in DIC. The ISTH scoring scheme forovert DIC is primarily based on routine laboratory or“global coagulation tests” that reflect consumption orimpaired synthesis, including the PT, platelet counts, fib-rinogen concentration and FDP/D-dimer. This was done tomake the system feasible for everyone (because othermolecular tests, e.g. AT, APC are not routinely performed),and not on these necessarily being the best tests for inclu-sion. The distinction between non-overt and overt DIC isbased on routine hemostasis assays (which may be insensi-tive to this phase) and more specific tests of thrombin acti-vation (e.g. thrombin-antithrombin complexes) with deple-tion of inhibitors (APC, AT). Recently, identifying trendsin laboratory data over time, rather than on absolute values,

has been emphasized in non-overt DIC. Veterinarians inEurope have begun to apply the ISTH scheme in dogs.However, there is no consensus on which tests and cut-offsto include in a grading scheme in dogs and whether such ascheme is useful.

References

Hopper K, Bateman SW. An updated view of hemostasis: mechanisms ofhemostatic dysfunction associated with sepsis. J Vet Emerg Crit Care2005;15:83-91.

Hoots WK. Non-overt disseminated intravascular coagulation: definition andpathophysiological implications. Blood Rev 2002;16 Suppl 1:S3-9.

Taylor FB, Jr., Toh CH, Hoots WK, et al. Towards definition, clinical andlaboratory criteria, and a scoring system for disseminated intravascu-lar coagulation. Thromb Haemost 2001;86:1327-1330.

Toh CH, Dennis M. Disseminated intravascular coagulation: old disease,new hope. BMJ 2003;327:974-977.

Address for correspondence:Tracy StokolAssistant Professor, Department of Population Medicine and Diagnostic SciencesCollege of Veterinary Medicine, Cornell University, Ithaca, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

226

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 226

Page 227: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

In this session, three canine cases will be presented. Thesecases were chosen to encompass the following points:1) Diagnostic evaluation of a dog with excessive clinical

signs of hemorrhage: Coming up with a differentialdiagnosis list and tests used to determine the final diag-nosis.

2) Important aspects to consider regarding hemostasis test-ing: Choice of laboratory, type of analyzer used for test-ing, provided reference intervals.

3) Interpretation of hemostasis testing results, with respect tohistory, signalment and clinical signs. This also involves aconsideration of the pathophysiology of the diseaseprocess.

4) An unusual disease, which is a good example of the con-cept of the cell-based model of coagulation.

Brief case information (signalment, history, physicalexamination findings) and results for hemostasis screeningtests are given below for each case.

CASE 1 PATRICK

Patrick is a 2 year old neutered male Scottish Terrier. Hehad a prolonged history consisting of transient paraplegiaat 3 months of age and excessive bruising after neuteringat 9 months of age. On physical examination, no abnor-malities were noted. Hemostasis screening testing wasperformed at a local human hospital and results are givenbelow:

Test Patrick Reference interval

Platelet count (x 109/L) 200 200-500

PT (secs) < 8 L 11-14

aPTT (secs) 22 20-31

Consider the following questions:1. Does Patrick have an inherited or acquired defect in hemo-

stasis?2. Based on his history, is the defect in primary or secondary

hemostasis?3. What further tests should be performed?

CASE 2 WIGGLES

Wiggles is a 1.5 year old male German Shepherd. He hadsuffered from spontaneous epistaxis on several occasions.On physical examination, no abnormalities were noted.Hemostasis screening testing was performed at a specialistveterinary laboratory and results are given below:

Test Wiggles Reference interval

Platelet count (x 109/L) 315 179-483

PT (secs) 15 14-18

aPTT (secs) 12 10-17

TCT (secs) 7 5-9

Consider the following questions:1. Does Wiggles have a defect in hemostasis?2. Is his defect inherited or acquired?3. Based on his history, is the defect in primary or secondary

hemostasis?4. What further tests should be performed?

CASE 3 ROSE

Rose is a 4 year old intact female Daschund. She had eat-en a cycad bonsai 9 days previously and had vomited within2 hours of ingesting the plant. On physical examination, shehad a mild gingivitis and an abrasion on her dorsal nose.Hemogram, urinalysis, chemistry and coagulation screeningtesting was performed at a specialist veterinary laboratoryand results are given below:

Test Rose Reference interval

Platelet count (x 109/L) 129 L 179-483

PT (secs) 22 H 14-18

aPTT (secs) 23 H 10-17

Fibrinogen (g/L) 1.4 L 1.5-4.8

D-dimer (mg/L) 2.0 H < 0.25

Protein C (%) 91 > 70

227

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Challenging cases in hemostasis

Tracy Stokol

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 227

Page 228: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Hemogram: Rose was not anemic but had a mild leuko-cytosis due to a neutrophillia and a monocytosis. She alsowas eosinopenic and her plasma was slightly icteric onexamination.

Urinalysis: The urine was orange and slightly cloudy. Theurine specific gravity was 1.020. On the dipstick, there wasa large amount of bilirubin (3+). No abnormalities were seenin the urine sediment.

Chemistry: Only abnormal results are shown.

Consider the following questions:1. What type of hemostastic disorder does Rose have?2. What is the cause of this disorder?

References

Brooks MB et al. A hereditary bleeding disorder of dogs caused by a lackof platelet procoagulant activity. Blood 2002; 99:2434-2441.

Test Rose Reference interval

Urea nitrogen (mmol/L) 2.1 L 2.8-10.2

Albumin (g/L) 30 L 31-41

ALT (U/L) 1843 H 25-106

AST (U/L) 593 H 16-50

ALP (U/L) 1177 H 12-122

GGT (U/L) 42 H 0-10

Total bilirubin (µmol/L) 58.1 H 0-5.1

Direct bilirubin (µmol/L) 44.5 H 0-1.7

Indirect bilirubin (µmol/L) 13.7 H 0-5.1

Cholesterol (mmol/L) 2.8 L 3.2-8.8

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

228

Address for correspondence:Tracy StokolAssistant Professor, Department of Population Medicine and Diagnostic SciencesCollege of Veterinary Medicine, Cornell University, Ithaca, USA

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 228

Page 229: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DEFINITIONS AND USAGE OF COMMON,BUT POTENTIALLY, CONFUSING TERMS

Hematopoietic: Any cell arising in the bone marrow fromthe hematopoietic stem cell. This includes all myeloid ornon-lymphoid (definition 1 below) and lymphoid (B, T, nat-ural killer) cells.

Myeloid: Myelo- or myeloid can carry different connota-tions, depending on context:1) Cells derived from the common myeloid progenitor: This

encompasses ALL non-lymphoid marrow cells, includ-ing granulocytes (neutrophils, eosinophils, basophils),monocytes, megakaryocytes and erythrocytes. This termis used for description of leukemias, e.g. an acutemyeloid leukemia.

2) Cells derived from the myelomonocytic progenitor: Thisencompasses all granulocytes and monocytes, butexcludes megakaryocytes and erythrocytes. This term isused for marrow descriptions, i.e. M:E ratio.

3) Granulocytic lineage only: This encompasses all granu-locyte precursors, i.e. myeloblasts to segmented cells,although it is usually restricted to neutrophils since theseare the most dominant granulocyte in marrow. This term isused for describing the maturation sequence and morpho-logic features of granulocytes (primarily neutrophils) inthe marrow and for marrow interpretation, e.g. myeloidhyperplasia = neutrophil hyperplasia. When eosinophils orbasophils are abnormal in number or morphology, a mod-ifying prefix is added, e.g. eosinophilic hyperplasia.

Lymphoid: This refers to cells derived from the commonlymphoid progenitor and encompasses B cells, T cells andnatural killer (NK) cells.

HEMATOPOIESIS

Bone marrow is the main hematopoietic tissue and iscomposed of roughly equal amounts of hematopoietic cellsand fat. The bone marrow contains multiple cell types,including myeloid precursors (definition 2), erythroid pre-cursors, megakaryocytes, lymphocytes (mostly small, withsome plasma cells), stromal cells (adipocytes, macrophages,fibroblasts) and vascular sinus endothelial cells. Mosthematopoiesis occurs in flat bones and in the end of longbones in adults. During periods of increased demand, more

areas of marrow can become hematopoietically active andhematopoiesis can also occur in extramedullary sites such asthe spleen and liver (extramedullary hematopoiesis, EMH).

Granulopoiesis is the production of granulocytes. As theymature, they become smaller, with more condensed chro-matin, increased amounts of cytoplasm, undergo nuclearlobulation, and acquire specific cytoplasmic granules. With-in the marrow, there is a “pyramid effect” in their matura-tion, i.e. there are more mature than immature cells (i.e. mostneutrophil lineage cells in normal marrow are segmentedneutrophils and bands). Erythropoiesis is controlled by ery-thropoietin (produced primarily in the kidney). As erythroidprecursors mature, they become smaller, the nucleusbecomes pyknotic and is extruded, RNA is progressivelylost, and hemoglobin is acquired. As with granulocytes, ery-throid maturation is “pyramidal”, i.e. mature cells, such asmetarubricytes and polychromatophils, dominate.

Thrombopoiesis is controlled primarily by thrombopoietin.As megakarocytes mature, they become larger and undergonuclear endomitosis (become polyploidy). Platelets form fromcytoplasmic extensions which fragment into circulation.

Lymphopoiesis is the production of lymphocytes. Lym-phocytes are generated in the bone marrow and then leave tomature in the thymus (T cells) or extramedullary lymphoidtissue (B cells). Low numbers of lymphocytes (with rarelymphoblasts) and plasma cells are seen in normal marrows.

BONE MARROW SAMPLING

Indications for obtaining a bone marrow sample are:• Persistent or unexplained abnormalities in blood, e.g.

moderate to severe nonregenerative anemia, pancytope-nia, leukemia

• Neoplasia: Including staging (lymphoma, mast cell tumors)and diagnosis (occult neoplasia, multiple myeloma).

• Detection of infectious agents, e.g. deep mycoses, pro-tozoa

• Estimation of body iron stores in dogs• Fever of unknown originBone marrow can be collected by aspiration or core biop-

sy. Aspirates yield more detailed information on cell mor-phology (M:E, maturation sequence etc), results are avail-able quicker and they are easier to perform. Core biopsiesyield more accurate information on cellularity, megakary-ocyte numbers, focal infiltrates of cells, and presence ofmyelofibrosis. Cores are most useful with a hypocellular or

229

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Bone marrows:unraveling the mystery

Tracy Stokol

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 229

Page 230: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

fibrotic marrow. In general, most people perform aspiratesand cores are only done if an aspirate cannot be obtained.

Bone marrow is commonly collected from the proximalhumerus, proximal femur, and iliac crest in the dog and theproximal humerus and femur in the cat. General anesthesiaor sedation with local anesthesia (subcutaneous tissue, boneperiosteum) is required for collection and sterile techniqueshould be used. Specific needles (which contain a stylet) arerequired. For an aspirate, the needle is introduced into boneby rotating the needle until it is seated firmly in the bone.The needle is then advanced a little, the stylet is removed, a10-12 ml syringe is attached, and the plunger pulled backquickly. Ideally, anticoagulant (1 ml of CPD or several dropsof EDTA) should be placed into the syringe and the aspirat-ed marrow can be dispelled into a petri dish. The marrowparticles, which sink to the bottom of the dish, can be liftedwith a glass pipette and gentle squash smears are made.Alternatively, the un-anticoagulated marrow (which clotsquickly) can be expelled rapidly onto prepared glass slides,excess blood is dripped off and squash smears made rapidly.Smears should be rapidly dried, preserving cell morphology.For a core, the needle (a different one from the aspirate) isadvanced into bone, the stylet is removed and then the nee-dle is advanced further and then rotated to “free” up the core.A wire is placed into the bevel of the needle and advanced toexpel the core. The core can be rolled on a glass slide forcytology and placed in formalin for histologic evaluation(keep formalin fumes away from cytology slides).

BONE MARROW ASPIRATE EVALUATION

This should always be performed by a clinical pathologist.Results are always interpreted with respect to a concurrenthemogram (so always submit hemogram results with a bonemarrow request). Components of the evaluation are describedbelow to facilitate understanding of the report and result inter-pretation. There are 6 components to a report:1) Cellularity: This is estimated from an aspirate and is age-

dependent (older animals have more fat than cells).2) Megakaryocyte number and morphology: These are associ-

ated with spicules and are estimated from an aspirate. Sincenumbers in normal marrow vary widely, numbers arejudged in relation to the peripheral platelet count.

3) Myeloid to erythroid ratio (M:E ratio): This is the rela-tive numbers of myeloid lineage cells (definition 2) tonucleated erythroid precursors. This ratio is interpretedin relation to hemogram results and marrow cellularity,e.g. a high M:E ratio (normally about 1:1) can reflect amyeloid hyperplasia, erythroid hypoplasia or both.

4) Myeloid (definition 3)/RBC maturation sequence and mor-phology: The maturation sequence is assessed (i.e. normalmaturation should reflect the pyramid described before) andany abnormal features are noted, e.g. dysplasia. Left-shiftedmaturation indicates there are more immature than matureprecursors whereas the term “maturation arrest” is appliedif maturation does not extend beyond a certain stage, e.g. nopolychromatophils are seen.

5) Iron stores: Iron is stored in macrophages in the mar-row and is best assessed with a Prussian blue stain.

Iron stores are species- (none is expected in normalfeline marrow) and age- (less is seen in young animals)dependent.

6) Evaluation of other cell types and infectious agents:Lymphocytes (<5% in dogs, <15% in cats), plasma cells(<2%) and histiocytes (<1%) are normally found in mar-row. Increased numbers, abnormal appearance (e.g.increased phagocytic activity) or presence of an infiltrate(e.g. mast cells) are commented on. The marrow is alsoevaluated for infectious organisms, e.g. Histoplasma.

BONE MARROW INTERPRETATION

The bone marrow results are interpreted with currenthemogram (and chemisty) results to try and explain the hema-tologic abnormalities. Some of the more common interpreta-tions are given below.

• Erythroid, myeloid, and megakaryocytic hyperplasiaand hypoplasia: Refers to increased and decreased num-bers of these cells, respectively. Pure red cell aplasia,white cell aplasia and amegakaryocytosis means analmost complete absence of the involved cell line. Thereare many causes for these changes.

• Bone marrow aplasia: Pancytopenia due to an absenceof hematopoietic precursors. Causes are myelotoxins(e.g. estrogen, chemotherapeutics), immune mediatedconditions, and some infectious diseases (e.g. canineehrlichiosis).

• Ineffective erythropoiesis, granulocytopoiesis, and/ormegakaryocytopoiesis: This refers to the presence ofperipheral cytopenias with a hyperplastic marrow (with nomorphologic abnormalities) and implies intramedullarycell death. This is frequently attributed to drug, neoplasticor immune-mediated causes.

• Plasmacytosis, lymphocytosis, histiocytosis, mastocy-tosis: Increased numbers in marrow. This could be reac-tive or neoplastic, but is frequently reactive for plasmacells, lymphocytes and histiocytes.

• Myelodyplasia: Abnormal features in hematopoieticcells (one or more lineages). Can be neoplastic or non-neoplastic.

• Neoplasia: This could be primary hematopoietic neo-plasia (arising in the marrow, e.g. acute leukemia) oran infiltrative neoplasm, e.g. lymphoma, mast celltumor.

References

Grindem CB, Neel JA, Juopperi TA. Cytology of bone marrow. Vet ClinNorth Am Small Anim Pract 2002;32:1313-1374.

Grindem CB, Tyler RD, Cowell RL. The bone marrow. In Diagnostic Cyto-logy of the Dog and Cat, 3rd Ed. Eds, Cowell RL, Tyler RD, Mein-koth JH, DeNicola DB (2008) Mosby Elsiever, pp. 422-450.

Address for correspondence:Tracy StokolAssistant Professor, Department of Population Medicine and Diagnostic SciencesCollege of Veterinary Medicine, Cornell University, Ithaca, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

230

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 230

Page 231: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

In this session, three cases will be presented. These caseswere chosen to illustrate how bone marrow aspirate cytologyis used to facilitate diagnosis and dictate a treatment plan.

Brief case information (signalment, history, physicalexamination findings) and results of clinical pathologic testsare given below for each case.

CASE 1 TAFFY

Taffy is a 4 year old female spayed Golden Retriever. Shepresented with a several week history of lethargy, inappetanceand weakness. On physical examination, her mucous mem-branes were very pale and she had a grade II/VI heart murmur,tachycardia and tachypnea. No other abnormalities were not-ed. Pertinent hemogram results are shown below.

Test Taffy Reference interval

Hematocrit (L/L) 0.13 L 0.42-0.57

HB (g/L) 45 L 146-197

RBC (x 109/L) 1.9 L 6.1-8.5

MCV (fL) 73 63-74

MCH (pg) 24 21-26

MCHC (g/L) 330 320-370

Retic (%) 1.0 0.2-1.1

Absolute retics (x 106/L) 19 10-76

Taffy had a normal platelet count. She also had a leuko-cytosis due to a mature neutrophilia (no toxic change) witha concurrent lymphopenia and eosinopenia.

The main abnormalities on a serum chemistry panel weremildly elevated liver enzymes (ALT, AST, ALP) and ahyperferremia (high serum iron) with 100% transferrin satu-ration. Both a direct Coombs and antinuclear antibody testwere negative.

Consider the following questions:1. What further tests are indicated?2. What could be the cause of Taffy’s hematologic abnor-

malities?

CASE 2 TALBOT

Talbot is a 10 year old male German Shepherd dog.Approximately one week ago, Talbot had been in a dogfightand was wounded over his right scapula, which was treatedby the owner with betadine soaks and rinses. Talbot had beenweak and off his food for the last 24-48 hours. On examina-tion, Talbot had pale oral mucous membranes with a normalcapillary refill time (CRT). He was febrile, panting andtachycardic. The wound over his right scapula had healed.Ecchymotic hemorrhages were noted on his abdomen. Acaudal abdominal mass was suspected on abdominal palpa-tion and his prostate was enlarged on rectal examination.Only one testicle was palpated. Pertinent hematologicresults are shown in the table below. Serum chemistry analy-sis revealed a hypoalbuminemia and hyperglobulinemia, lowserum iron and low % transferrin saturation. A urinalysis(obtained by cystocentesis) revealed 1+ proteinuria, largeamounts of heme protein, 20-100 RBCs/HPF, <5 WBCs/HPFand moderate numbers of bacterial rods and squamousepithelial cells.

Test Talbot Reference interval

Hematocrit (L/L) 0.21 L 0.42-0.57

Retic (%) 0.3 0.2-1.1

Absolute retics (x 106/L) 10 10-76

WBC (x 106/L) 2.3 L 6.2-14.4

PMN (x 106/L) 0.1 L 3.4-9.7

BAND (x 106/L) 0.1 0-0.1

EOS (x 106/L) 0.1 L 0.1-2.0

PLAT (x 106/L) 15 L 179-483

Blood smear exam Moderate toxic change in neutrophils

Consider the following questions:1. What changes may be present in Talbot’s bone marrow

that would explain his hematologic abnormalities?2. Based on the history, clinical examination and laboratory

results so far, what is the most likely cause of his bonemarrow disorder?

231

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Bone marrow cases

Tracy Stokol

DVM, BVSc, PhD, Dipl ACVP, Ithaca, USA

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 231

Page 232: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

CASE 3 BUBBA

Bubba is a 14 year old castrated male Domestic Short-hair cat. He presented with a 2-3 week history of inap-petance, lethargy, weight loss and bilateral, intermittentepistaxis. On physical examination, he had pale mucousmembranes, but a normal CRT. He had moderate tachypneaand tachycardia but was not febrile. He was mildly uncom-fortable during abdominal palpation, which revealed anenlarged spleen. Hemogram results are shown in the table

below. Serum chemistry revealed a hypoalbuminemia anda marked hyperglobulinemia, hypercalcemia, hyperamy-lasemia and hypocholesterolemia. A urinalysis (by cysto-centesis) revealed a marked proteinuria (urine specificgravity of 1.025), with no other abnormalities.

Consider the following questions:1. What additional tests are indicated in Bubba?2. Based on the history, clinical examination and laboratory

results so far, what is your top differential diagnosis andhow should this be confirmed?

References

Kearns SA and Ewing P. Causes of canine pancytopenia. Comp ContinEduc Pract Vet 2006. 28:122-135.

Patel RT, Caceres A, French AF, McManus PM. Multiple myeloma in 16cats: a retrospective study. Vet Clin Pathol 2005; 34:341-352.

Stokol T, Blue JT and French TW. Idiopathic pure red cell aplasia and non-regenerative immune-mediated anemia in dogs: 43 cases (1988-1999). J Am Vet Med Assoc 2000; 216:1429-1436

Stokol T anad Blue JT. Pure red cell aplasia in cats: 9 cases (1989-1997). JAm Vet Med Assoc 1999; 214:75-79.

Address for correspondence:Tracy StokolAssistant Professor, Department of Population Medicine and Diagnostic SciencesCollege of Veterinary Medicine, Cornell University, Ithaca, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

232

Test Bubba Reference interval

Hematocrit (L/L) 0.19 L 0.32-0.52

Retic (%) 0.6 0.1-0.6

Absolute retics (x 106/L) 23 8-46

WBC (x 106/L) 2.7 L 5.3-16.6

PMN (x 106/L) 2.0 L 2.3-11.0

BAND (x 106/L) 0.1 0-0.1

PLAT (x 106/L) 149 L 201-523

Blood smear exam Marked rouleaux formation

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 232

Page 233: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Renal failure occurring in a young dog or cat could be con-genital, juvenile or familial. Congenital diseases are presentat birth and due to either a genetic abnormality or a develop-mental abnormality due to the exposure to adverse factors inutero or the early neonatal period. Juvenile renal diseases arepresent at an early age but are not necessarily detectable atbirth. Many, but not all, congenital and juvenile renal dis-eases are familial, or hereditary. Familial renal disease shouldbe suspected when a group of related dogs or cats presentwith evidence of renal disease or when an individual animalof a particular breed presents with evidence of renal diseasethat is characteristic of a previously reported familial renaldisease affecting that breed. Juvenile renal diseases havebeen reported in numerous breeds of dogs and cats, many ofwhich a familial nature has been determined but the underly-ing genetic defect has been determined in only a few of thefamilial renal diseases. The age at presentation and rate ofprogression varies between the individual diseases. Further-more, there may be considerable variation in the rate of dis-ease progression in individual animals with the same disor-der. Therapeutic interventions are usually focused on slowingthe rate of progression and treating signs of uremia.

CLINICAL PRESENTATION

Most familial renal diseases in dogs and cats can be clas-sified into 5 major categories: hereditary nephritis, amyloi-dosis, polycystic kidney disease (PKD), renal dysplasia andFanconi syndrome. The clinical presentation of each of thesediffers. However, all of these diseases tend to be progressiveleading to chronic kidney disease (CKD). Most of these dis-eases are characterized by an early age of onset of CKD,generally between 3 months and 3 years of age althoughsome of these diseases can lead to CKD at a later age. Forexample, Dalmatians and bull terriers with hereditarynephritis have been reported to initially present with CKD aslate as 7 and 10 years of age, respectively.

The clinical signs for which the affected animal presentsare determined by they type of disease, the stage of CKD aswell as individual variation. Stunted growth, weight loss andpolyuria and polydipsia are some of the more common man-ifestations. Other signs may be vomiting, anorexia ordecreased appetite, poor hair coat, malodorous breath, anddiarrhea. When a young dog develops CKD, they often seemto manifest fewer signs than would be present in an olderdogs with a similar magnitude of azotemia. Physical exami-

nation findings in animals with advanced disease are oftensimilar to those found in any animal with CKD (e.g., poorbody condition, pallor, dehydration, oral ulceration). Fibrousosteodystrophy is sometimes found when a skeletally imma-ture dog has developed advanced CKD. The kidneys ofaffected animals may be small or large, depending upon thespecific disease and the stage of that disease.

Results of laboratory testing will vary with each disease.However, the familial renal diseases generally can be asso-ciated with one or more of the following abnormalities:azotemia, hyperphosphatemia, mild hypercalcemia, anemia,metabolic acidosis, decreased urine specific gravity, protein-uria or glucosuria. Ultrasonographic evaluation of the kid-neys will often reveal nonspecific (e.g., loss of corticomedu-lary distinction, irregular cortical margins) and specific (e.g.,multiple cysts of PKD) abnormalities.

The various familial diseases require different tests fordefinitive diagnoses. Furthermore, disorders that may pro-duce similar signs need to be excluded. Few familial renaldiseases have genetic tests available (e.g., PKD); others mayrequire evaluation of a renal biopsy specimen (e.g., heredi-tary nephritis) to establish a diagnosis. Specific recommen-dations have been made for some of the diseases to allow forscreening of seemingly healthy animals that are at risk (e.g.,ultrasonography or genetic testing for PKD). The practition-er must have a thorough knowledge of the familial diseasesand the breeds they impact, as well as an understanding ofthe appropriate means to establish diagnoses.

HEREDITARY NEPHRITIS

Hereditary nephritis (HN) refers to a diverse group ofinherited glomerular diseases that are the result of a defect inbasement membrane collagen (type IV). Defective collagenleads to premature deterioration of the GBM and progressiveglomerular disease. HN is a differential diagnosis for anydog presenting with proteinuric renal disease, but particular-ly if the dog is young. HN has been reported in severalbreeds of dogs. An autosomal recessive form of diseaseoccurs in English cocker spaniels, whereas bull terriers andDalmatians develop an autosomal dominant form. An X-linked dominant form of HN has been described inSamoyeds and mixed breed dogs; carrier females may havemild disease. The report in the Samoyeds is of a single kin-dred; the disease is not considered to be common in thisbreed. HN is characterized by proteinuria, renal hematuria

Familial renal diseases of dogs and cats (Part 1 - 2)

Shelly L. Vaden

DVM, PhD, Dipl ACVIM, North Carolina, USA

233

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 233

Page 234: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

and progressive glomerular disease. Concurrent hearing andocular abnormalities, as described in people with HN,appear to be uncommon in affected dogs.

HN result from genetic mutations or deletions in type IVcollagen, which is the primary protein constituent of theGBM. The X-linked dominant disease of Samoyeds andmixed breed dogs is the result of a mutation in the COL4A5gene encoding the α5(IV)-collagen chain. The autosomalrecessive disease of English cocker spaniels is caused by amutation in the COL4A4 gene encoding the α4(IV)-colla-gen chain. The exact genetic defect leading to the autosomaldominant form that has been described in bull terriers andDalmatians has not been described but it appears that affect-ed dogs may have a functionally defective α3-α4-α5 colla-gen network.

The presence of defective collagen leads to prematuredeterioration of the GBM and progressive glomerular dis-ease. Prior to electron micrographic studies of Englishcocker spaniels, the renal lesions were described as renalcortical hypoplasia, or membranoproliferative or scleros-ing glomerulonephritis. Electron microscopy is required tomake the diagnosis of HN. There is multilaminar splittingand fragmentation of the GBM, often with intramembra-nous electron-dense deposits.

There is no specific treatment for affected dogs. Feedinga diet formulated for renal failure and administeringangiotensin-converting enzyme inhibitors have proven bene-ficial in affected dogs. Early detection of HN by screeningdogs of relevant breeds for microalbuminuria will allow ear-ly therapeutic intervention, which may slow disease pro-gression. The rate of progression is predictable in Samoyedsand English cocker spaniels, with terminal renal failure gen-erally developing before 2 years of age. However, diseaseprogression is more variable in bull terriers and Dalmatians,with some dogs surviving for as long as 10 years.

AMYLOIDOSIS

Amyloidosis refers to a group of diseases where there isextracellular deposition of fibrils formed by polymerizationof proteins that have a beta-pleated sheet conformation.Amyloidosis is one of the most common glomerular diseasesin dogs. Renal amyloidosis is familial in the Chinese SharPei and possibly familial in beagles and English foxhounds.Amyloidosis is relatively uncommon in cats, except for theAbyssinian and Siamese (especially the Oriental shorthaircolour variant).

Renal amyloidosis in Shar Peis develops at a mean age of4.1 years, which is earlier than is seen in other dogs withamyloidosis. It is more common in females and is believedto be a recessive trait. Amyloid is usually deposited in therenal medulla. Because only 64% of Shar Peis haveglomerular involvement, only 25-43% have proteinuria.Affected dogs may have signs of other organ involvement,particularly the liver. A history of recurrent fever (up to41°C) and tibiotarsal joint swelling (called ‘Shar Pei fever’or ‘Shar Pei hock’) may predate renal disease. Affected SharPeis may be an animal model of Familial MediterraneanFever (FMF) of people.

Abyssinian cats have amyloid deposited primarily in themedulla, resulting in medullary fibrosis, papillary necro-sis and chronic kidney disease. Although glomeruli canbe involved, marked proteinuria is uncommon. Siameseand Oriental shorthair cats may deposit amyloid in the liver,leading to hepatic rupture and hemorrhage. Diagnosis ofrenal amyloidosis in cats is based on a high index of suspi-cion and exclusion of other diseases or by post-mortemexamination; biopsy of the renal medulla is not advised.

When the kidney is evaluated by conventional lightmicroscopy, amyloid deposits in the glomeruli appear as acel-lular material that expands the mesangium and glomerularbasement membranes and stains homogenously eosinophilicby hematoxylin eosin. Congo red staining can be used to con-firm the diagnosis with conventional light microscopy.

The beta-pleated sheet configuration of amyloid fibrilsleads to their insolubility and resistance to proteolysis, mak-ing specific treatment historically ineffectual. In people withFMF, colchicine prevents or delays renal amyloidosis, evenin patients who continued to have recurrent febrile episodes.This has led to the recommendation that colchicine be usedin Shar Peis with renal amyloidosis. This drug should beadministered to Shar Peis shortly after recurrent fevers andswollen hocks are noted. Colchicine administration maylead to remission of proteinuria even after the appearance ofamyloid deposits. There is no evidence to support thatcolchicine is effective once renal failure is present.

POLYCYSTIC KIDNEY DISEASE

Autosomal dominant polycystic kidney disease (PKD)has been described in adult male and female longhaired, Per-sian and Himalayan cats. The prevalence of PKD in Persiancats varies in different countries. PKD was reported in 16%of other breeds tested, including American Shorthairs,Siamese, American Curls, and Scottish Folds. PKD has alsobeen reported in a number of breeds of dogs, including thebull terriers, beagle, Cairn terrier, West Highland White ter-riers, miniature poodle, and foxhound (single report); thediseases appears to be autosomal recessive in Cairn terriersand West Highland White terriers.

This disease is characterized by progressive developmentof fluid filled cysts within the renal medulla and cortex,which distort the normal renal architecture leading toenlarged and irregular kidneys. Cysts can be present in oth-er organs as well (e.g., liver); hepatic involvement is com-mon in Cairn terriers and West Highland White terriers. Thenumber, size, anatomic location and appearance of the renalcysts varies among affected cats and dogs. The cysts tend tobe larger in older cats. In people with PKD, interstitialinflammation and ultimately fibrosis is believed to be theprimary mechanism of progression to end-stage renal dis-ease. Chronic tubulointerstitial nephritis can be widespreadin affected cats.

Genetic tests, which are available in the US and UK, is thebest way to identify cats that carry this disease. Buccalmucosal swabs or EDTA blood can be collected from Britishshorthair and Persian cats as early as 8 weeks of age for thistest. The next way to diagnose PKD in cats is via ultra-

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

234

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 234

Page 235: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

sonography, which can be used to detect cysts as early as 8weeks of age but the test is not 98% accurate until after 10months of age. There is a large degree of phenotypic vari-ability with this disease. Having the genetic defect or renalcysts does not predict the age of onset of renal failure. Theaverage age of onset of renal failure in cats is 6 years. Thereis not a specific genetic test for affected dogs.

RENAL DYSPLASIA

The term renal dysplasia (RD) is applied to chronic renaldisease of young dogs manifested by disorganized develop-ment of the renal parenchyma suggestive of abnormal dif-ferentiation. It has been reported in at least 23 breeds of dogsas well as the Persian cat. In some, a familial basis has beenestablished. In other situations the term RD has been appliedto animals because they developed CKD at an early age.Some of these diseases may be other familial diseases thatneed to be classified further.

Dogs with RD are often small relative to littermates orcompared with the breed standards and eventually developrenal failure and uremia, with death often occurring before 2years of age. When examined by ultrasound, the dysplastickidney frequently has an irregular contour, dilated pelvis,hyperechoic cortex and medulla and may contain corticalcysts; the renal cortex may be thin. Kidneys may develop a“dumbbell” shape. Fetal or immature glomeruli and persist-ent mesenchymal tissue are the hallmark histopathologicfindings supportive of RD. Dilated renal tubules, renal fibro-sis, cysts and interstitial inflammation may develop second-ary to chronic and progressive renal disease. A linked DNAmarker may identify carrier dogs and reducing the incidenceof RD in Shih Tzus and Lhasa Apsos.

FANCONI SYNDROME

Fanconi syndrome can be secondary to many renalinsults; however, it is familial in the Basenji and Norwegianelkhound. Shetland Sheepdogs and Schnauzers may be pre-disposed. The disorder is caused by a partial defect in theproximal renal tubule and is manifested by reduced reab-sorption of bicarbonate, glucose and filtered proteins.Affected dogs typically present with polyuria and polydipsiaand glucosuria in the face of normoglycemia. The disease isprogressive, with renal failure eventually developing. Ametabolic screen of the urine is used to confirm the diagno-sis (http://w3.vet.upenn.edu/research/centers/penngen).

The excessive loss of bicarbonate, potassium, calciumand phosphorous and the propensity to develop urinarytract infections necessitates frequent evaluations andprompt treatment of affected dogs. An apparently effec-tive management protocol, often referred to as the Gontoprotocol, has been distributed for affected Basenji dogs(http://basenjicompanions.org/health/images/Protocol2-003.html).

MISCELLANEOUS DISORDERS

A familial syndrome of protein-losing nephropathy(PLN) and protein-losing enteropathy (PLE) has beendescribed in soft-coated wheaten terriers. The diseaseappears to be most common in the United States, where ithas been estimated to affect upwards of 15% of the breedpopulation although the exact prevalence in this breedremains undetermined. The mode of inheritance is unknown.The disease is slightly more common in female dogs. Dis-ease often is not detected until middle age (4-6 years of age).Affected dogs can have either glomerular range proteinuriaor evidence of PLE; many dogs have both. Renal pathologiclesions are consistent with an immune mediated glomeru-lonephritis. Affected dogs have a high incidence of foodallergies; while it is highly possible that the intestinalinflammation associated with the food allergies is the causeof the immune mediated glomerular disease, this hypothesisremains unproven. Effective management is aimed atantiproteinuric therapy for dogs that have PLN and dietarychanges with or without immunosuppressive therapy fordogs that have PLE. Dogs that have combined PLN and PLEmay be very difficult to manage, particularly when they arehave advanced clinical presentations.

Membranoproliferative glomerulonephritis has beendescribed in Bernese Mountain dogs and Brittany spaniels.Affected Brittany spaniels have a congenital deficiency ofthe third component of complement. The disease inBernese Mountain dogs is believed to have an autosomalrecessive mode of inheritance. Affected dogs are between 2and 7 years of age at diagnosis and have signs compatablewith glomerular disease.

Pembroke Welsh Corgies have been described withfamilial renal telangiectasia characterized by hematuriadeveloping between 2 and 8 years of age. Hematuriaappears to be episodic but can be severe enough to causeanemia. Hydronephrosis can develop secondary to obstruc-tive calculi or blood clots.

Further Reading

1. DiBartola, SP; Tarr, MJ; et al. Clinicopathologic findings in dogswith renal amyloidosis: 59 cases (1976-1986). Journal of the Ameri-can Veterinary Medical Association 1989;195:358-364.

2. Eaton, KA; Biller, DS; et al. Autosomal dominant polycystic kidneydisease in Persian and Persian-cross cats. Veterinary Pathololgy 1997;34:117-126.

3. Lees, GE;, Helman, RG; et al. New form of X-linked dominant here-ditary nephritis in dogs. American Journal Veterinary Research 1999;60:373-383.

4. Lees, GE. Familial Renal Disease in Dogs. In: Ettinger SJ, FeldmanEC, eds. Textbook of Veterinary Internal Medicine. 7th edition. St.Louis: Saunders Elsevier. 2010; 2058-2062.

Address for correspondence:North Carolina State UniversityCollege of Veterinary Medicine, Raleigh, NC, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

235

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 235

Page 236: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Management of a primary disease process is paramount inthe management of kidney diseases. Some of the diseaseshave specific treatment guidelines (e.g., antiproteinuric drugsfor hereditary nephritis; the Gonto protocol for Fanconi syn-drome). Unfortunately there is no cure for the familial renaldiseases of dogs and cats and most will progress to havingadvanced chronic kidney disease (CKD) and uremia, oftenover a fairly compressed time period (i.e., most before 3 yearsof age). As with all animals with CKD, controlling those fac-tors that are believed to slow the progression of CKD in dogsand cats is important in animals with familial renal disease.These factors are feeding a diet formulated for animals withrenal disease as well as adequate control of hypertension, pro-teinuria and renal secondary hyperparathyroidism. In addi-tion, early recognition and treatment of urinary tract infec-tions, dehydration, and hypokalemia and specific treatment ofthe components of uremia may reduce the progression and themorbidity associated with familial renal diseases.

STAGING OF DOGS AND CATS WITHCHRONIC KIDNEY DISEASE

The International Renal Interest Society (IRIS) formulateda staging system for dogs and cats with CKD (Table 1),which would also apply for dogs and cats whose CKD devel-oped because a familial disease. This staging is intended tofacilitate application of appropriate clinical practice guide-lines for diagnosis, prognosis and treatment of CKD. Thestage of CKD should be assigned based on stable serum cre-atinine measured at a time when prerenal and postrenal con-tributions to the azotemia have been eliminated. Typically,patients in stage 1 or 2 CKD do not have clinical signs ofrenal disease with the exception of polyuria and polydipsia.Dogs and cats in these stages may have clinical signs relatedto their kidney lesions (e.g., acute pyelonephritis) or otheraspects of their kidney disease (e.g., proteinuria, hyperten-sion). Nonproteinuric, nonhypertensive dogs and cats withstages 1 and 2 CKD may have stable renal function for anextended period of time. Evaluation of patients with stage 1or 2 CKD should be aimed at identifying and providing spe-cific treatment for their primary disease process. Renal func-tion should be monitored for disease progression.

Animals with stage 3 CKD may have clinical signs buttypically do not have signs of uremia. Progression duringthis stage may be due to both inherent mechanisms of pro-gression and the primary disease process. Treatment of stage

3 CKD includes specific treatment for the primary diseaseprocess and treatment designed to slow the progression ofrenal disease.

Dogs and cats with stage 4 CKD have severe azotemia andoften have uremia. In addition to treatment provided to stage3 CKD patients, patients with stage 4 CKD will require ther-apy to prevent or alleviate signs of uremia.

Effective management of familial renal diseases in dogs and cats (Part 1 - 2)

Shelly L. Vaden

DVM, PhD, Dipl ACVIM, North Carolina, USA

236

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

TABLE 1 - IRIS Classification System for Chronic Kidney Disease

Stage 1 (Nonazotemic)Markers of renal disease presentCreatinine Dogs <1.4 mg/dL, <125 uMOL/L;

Cats <1.6 mg/dL, <140 uMOL/LProteinuria: Classify as P, BP, NP*Hypertension: Classify as Stage 0-3**

Stage 2 (Mild Renal Azotemia)Markers of renal disease presentCreatinine Dogs 1.4-2 mg/dL, 125-179 uMOL/L;

Cats 1.6-2.8 mg/dL, 140-249 uMOL/LProteinuria: Classify as P, BP, NPHypertension: Classify as Stage 0-3

Stage 3 (Moderate Renal Azotemia)Creatinine Dogs 2.2-5 mg/dL, 180-439 uMOL/L;

Cats 2.8-5 mg/dL, 250-439 uMOL/LProteinuria: Classify as P, BP, NPHypertension: Classify as Stage 0-3

Stage 4 (Severe Renal Azotemia)Creatinine Dogs and Cats >5 mg/dL, >440 uMOL/LProteinuria: Classify as P, BP, NPHypertension: Classify as Stage 0-3

*P, proteinuria = Dogs UPC >0.5; Cats UPC >0.4.BP, borderline proteinuria = Dogs UPC 0.2-0.5; Cats UPC 0.2-0.4.NP, nonproteinuria = Dogs and Cats UPC <0.2.**Hypertension Stages:Stage 0 = <150/<95 mmHg (systolic/diastolic); minimal risk of organ

damageStage 1 = 150-159/95-99 mmHg; low risk of organ damageStage 2 = 160-179/100-119 mmHg; moderate risk of organ damageStage 3 = ≥180/≥120 mmHg; high risk of organ damage

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 236

Page 237: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SPECIFIC TREATMENT OF FAMILIALRENAL DISEASES IN DOGS AND CATS

Hereditary Nephritis: There is no specific treatment foraffected dogs. Feeding a diet formulated for renal failureand administering angiotensin-converting enzyme inhibitors(ACEi) have proven beneficial. If proteinuria is not sufficient-ly decreased after an ACEi has been administered for a periodof several months, additional drugs such as angiotensin recep-tor blockers (ARB) can be administered (see proteinuria sec-tion below). Early detection of HN by screening dogs of rele-vant breeds for microalbuminuria will allow early therapeuticintervention, which may slow disease progression.

Amyloidosis: The beta-pleated sheet configuration of amy-loid fibrils leads to their insolubility and resistance to proteoly-sis, making specific treatment historically ineffectual. In peoplewith Familial Mediterranean Fever, for which Shar Peis affect-ed with amyloidosis may be a model, colchicine prevents ordelays renal amyloidosis, even in patients who continued tohave recurrent febrile episodes. Colchicine has been recom-mended in Shar Peis with renal amyloidosis. This drug shouldbe administered to Shar Peis shortly after recurrent fevers andswollen hocks are noted. Colchicine administration may lead toremission of proteinuria even after the appearance of amyloiddeposits. There is no evidence to support that colchicine iseffective once renal failure is present. Investigations into the useof this drug in other forms of amyloidosis are in their infancy.

Polycystic Kidney Disease: No specific treatment existsfor PKD although many potential treatments are beingexplored in people with PKD. Affected animals are treatedfor their CKD. Cats and dogs that are exhibiting signs ofpain associated with cysts may have control of their painfollowing ultrasound-guided drainage and alcoholizationof the incriminating cysts.

Fanconi Syndrome: Dogs affected with this syndromeeventually progress to CKD and need to have therapeu-tic regimens designed that limit disease progression andmanage clinical signs. However, additional care is need-ed to restore losses of bicarbonate, electrolytes, pro-teins, vitamins and minerals per the Gonto protocol(http://basenjicompanions.org/health/images/Protocol2-003.html). This protocol recommends feeding affected dogsa meat-based maintenance dog food, unless they haveadvanced renal failure when they are fed a diet formulated fordogs in renal failure that is supplemented with amino acids. Inaddition, dogs are given calcium, phosphorus, multi-vitamin,and potassium supplements, and sodium bicarbonate.

Renal dysplasia and other miscellaneous familial renaldiseases: Goals of treatment of affected animals include lim-iting progression and control of clinical signs of uremia.

NUTRITIONAL MANAGEMENT

The nutritional management of dogs and cats with stage 3or 4 CKD of all causes has been documented to be importantin reducing the signs of uremia, preventing malnutrition and

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

237

slowing the progression of disease. This would be expected toalso be true in animals that have CKD secondary to a famil-iar disorder. Renal diets are modified as follows: restrictedquantity of high quality protein, phosphorous, and sodium,enhanced omega-3: omega-6 polyunsaturated fatty acid ratio,and increased caloric density and fiber content. Dogs withstage 3 CKD that were fed a renal diet had a 70% reductionin the relative risk of developing a uremic crisis, remainedfree of uremic signs almost 2.5 times longer, had a slowerdecline in renal function and had a median survival that wasthree times longer than dogs with stage 3 CKD that were feda maintenance diet. Likewise, cats fed a renal diet had a medi-an survival time that was 2.4 times longer than cats fed amaintenance diet. Whereas renal diets are generally recom-mended for adult dogs and cats with stage 3 or 4 CKD, theymay not be ideal for supporting growth. We generally recom-mend feeding a geriatric diet to dogs and cats that developstage 3 or 4 CKD before reaching skeletal maturity.

PROTEINURIA

Persistent renal proteinuria is associated with a greaterfrequency of morbidity and mortality from renal disease aswell as all cause mortality in dogs and cats. Renal protein-uria can occur secondary to any renal disease in which thereis functional or structural alteration of the glomeruli,tubules, or interstitium. Dogs and cats with glomerular pro-teinuria may eventually progress to have a urine protein: cre-atinine ratio >2.0 although in the early stages of disease themagnitude of proteinuria may be lower than this. Glomeru-lar disease can develop secondary to any persistent non-infectious inflammatory, infectious or neoplastic disease.Because there of similarities between acquired glomerulardisease and some of the familial glomerular diseases, per-sistent not renal disease that may be leading to immune-complex formation may need to be excluded before con-firming a familial disease is present in some breeds (e.g.,soft coated wheaten terriers, Bernese mountain dogs).

Marked proteinuria can occur in animals with familialglomerular diseases. When dogs and cats with marked renalproteinuria are treated with ACEi, the reduction in the mag-nitude of proteinuria is believed to be renoprotective. ACEimay reduce proteinuria and preserve renal function by sev-eral possible mechanisms. The decreased efferent glomeru-lar arteriolar resistance effected by ACEi leads to decreasedglomerular transcapillary hydraulic pressure and decreasedproteinuria. Other proposed mechanisms include reducedloss of glomerular heparan sulfate, decreased size of theglomerular capillary endothelial pores, improved lipoproteinmetabolism, slowed glomerular mesangial growth and pro-liferation, and inhibition of bradykinin degradation. ACEitherapy and appropriate monitoring are currently recom-mended for: 1) Dogs with CKD causing azotemia and UPC>0.5; 2) Cats with CKD causing azotemia and UPC >0.4; 3)Nonazotemic dogs or cats with persistent renal proteinuriaand UPC >1.0. More study is needed to determine if thereis a benefit to administering ACEi to non-azotemic ani-mals with lower magnitudes of proteinuria. If severehyperkalemia develops or if proteinuria is not adequatelycontrolled with an ACEi, ARB can be substituted or added.

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 237

Page 238: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Combination therapy with an ACEi and an ARB may lead toa greater reduction in proteinuria than monotherapy witheither an ACEi or an ARB. Losartan is the ARB that we haveused most often. If an ACEi is not tolerated, an ARB can beused instead of the ACEi.

HYPERTENSION

Hypertension is common in dogs and cats with CKD fromall causes and systolic pressures in excess of 170-180 mmHgcarry a greater risk of organ damage, including more rapidrate of progressive decline in renal function. Blood pressurecontrol should be considered a cornerstone to appropriatemanagement of animals with familial renal disease and hyper-tension. While guidelines are still being developed, the currentrecommendation is to use ACEi as the first line antihyperten-sive agents for dogs and cats with a calcium channel blocker(e.g., amlodipine besylate) as a second agent, when needed.Animals presenting with systolic pressures > 200 mmHg orwith evidence of target organ damage (e.g., choroidopathy)should be given both drugs because monotherapy with anACEi is unlikely to provide adequate blood pressure control.Both of these agents are vasodilators and can cause a decreasein GFR. If renal function worsens after initiating treatmentwith one of these agents, the drug should be temporarily with-drawn and reinstituted at a lower starting dose.

RENAL SECONDARYHYPERPARATHYROIDSM

Animals with CKD are less able to excrete phosphatesthrough the kidney. Phosphate retention may contribute to pro-gression of CKD through the development of renal secondaryhyperparathyroidism, nephrocalcinosis, or both. Parathyroidhormone has been described as a uremic toxin that contributesto the progression of CKD. However, increased concentrationsof parathyroid hormone may simply be a marker of vitamin Ddeficiency, which may be a in uremia.

Diet alone is unlikely to control hyperphosphatemia inmany animals with stage 3 and 4 CKD. Aluminum hydrox-ide has been the phosphate binder of choice for many years.Calcium carbonate and calcium acetate are alternatives butboth carry the risk of causing hypercalcemia; this risk maybe greater with calcium carbonate. Calcium containingphosphate binders should be used with caution in dogs orcats that have a serum calcium and phosphorous product inexcess of 60. Epakitin, an intestinal phosphate binder thatcontains chitosan, derived from crab and shrimp shells, andcalcium carbonate. Epakitin appears to be effective at reduc-ing phosphate absorption from the gut and reducing serumphosphorous concentrations. However, it has the potential toincrease the calcium x phosphorous product of the patient.Furthermore, chitosan is also marketed as an intestinal fatabsorber, leading to weight loss in people. The weight of anypatient receiving this medication should be closely moni-tored. Sevelamer HCl (RenaGel®, Genzyme Corporation,Cambridge, MA) is an intestinal phosphate binder used inpeople with CKD. Sevelamer is a polymer that is notabsorbed systemically when given to people and does not

promote hypercalcemia. Dogs given sevelamer at 100x therecommended dosage did not develop any apparent toxicity.However, the use of this agent in dogs and cats has not beenstudied and recommended doses have not been established.The agent is hygroscopic and cannot be crushed or brokenbefore ingestion because an intact gelatinous matrix is need-ed for efficient phosphate binding. This raises concernsabout compounding this drug. Furthermore, when exposedto moisture it expands to up to 8 times it size; administrationthrough a feeding tube should be avoided.

Low doses of calcitriol administered orally will reduceparathyroid hormone concentrations in dog with CKD. Pre-liminary results of a controlled clinical study suggest thatcalcitriol is effective in prolonging survival in dogs withstages 3 and 4 CKD; results of ongoing studies in cats havenot been released. Calcitriol should not be given until hyper-phosphatemia is controlled and the calcium x phosphorousproduct is less than 60. Parathyroid hormone concentrationsshould be monitored to document that renal secondaryhyperparathyroidism is adequately controlled during cal-citriol administration. The efficacy of calcitriol in cats withCKD has not been clearly established.

Guidelines have not been established for effective manage-ment of renal secondary hyperparathyroidism in animals thathave not reached skeletal maturity. This subset of patients ismore likely to develop renal osteodystrophy; therefore, itwould seem as though special attention for these animals iswarranted. Skeletally immature animals have higher referencerange for serum phosphate and the target for control of hyper-phosphatemia is unclear. Furthermore, it has been suggestedthat they would require a higher dose of calcitriol to achievethe same effect as seen in mature animals and that they wouldbenefit for concurrent calcium carbonate administration butneither of these hypotheses have been studied.

MANAGEMENT OF ANEMIA

Moderate to severe anemia may lead to weakness, lethar-gy, anorexia and cold intolerance. Sources of ongoing bloodloss (e.g., gastrointestinal hemorrhage), infection or inflam-mation should be eliminated, iron deficiencies should becorrected and blood sample collection should be minimizedin animals with CKD and anemia. Transfusions of wholeblood or packed red blood cells may be used for short-termcontrol of anemia but are less suited for long-term control.Animals requiring repeat transfusions in order to maintain aPCV above 20-25% may benefit from administration ofrecombinant human erythropoietin (rHuEPO) or darbepoet-in, a synthetic form of erythropoietin. Because systemichypertension may be exacerbated by this therapy, bloodpressure should be adequately controlled before institutingtherapy. Oral iron supplementation is needed to prevent thedevelopment of iron deficiency during treatment with eitheragent. Clinically relevant anti-rHuEPO antibodies develop inapproximately 25-30% of dogs and cats weeks to monthsafter starting rHuEPO therapy. Darbepoetin may be less anti-genic and can be given less often than rHuEPO. IncreasedPCV from these therapies results in increased appetite, ener-gy, weight gain, playfulness, strength and alertness.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

238

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 238

Page 239: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

FLUID THERAPY

The goals of fluid therapy should be to restore the patientto euvolemia and alleviate clinical signs of uremia. There isno magic number for serum urea nitrogen or creatinine thatshould be targeted during fluid therapy; rather attentionshould be given to the well being of the patient. The patient’svolume status needs to be assessed prior to initiating andduring administration of fluid therapy. Volume depletionshould be rapidly corrected because ongoing hypovolemiamay exacerbate clinical signs and contribute to further renaldamage. Some animals with stage 4 CKD, and some withadvanced stage 3 CKD, subjectively appear to have feweruremic episodes and improved appetites when given subcu-taneous fluid intermittently although others do not appear tobenefit from this therapy. The owners can give these fluids athome. However, fluids should be administered in the small-est volume and the lowest frequency that is needed to helpthe animals feel better. Because chronic sodium administra-tion may activate the renin-angiotensin-aldosterone system,exacerbate hypertension and be harmful to the kidneys, flu-ids formulated for maintenance therapy should be used tominimize the amount of sodium given to these patients.

MANAGEMENT OF ACID BASE AND POTASSIUM DISTURBANCES

Metabolic acidosis may be associated with progressiverenal injury, loss of lean muscle mass and the developmentof osteodystrophy that can occur in association with CKD.Metabolic acidosis contributes to nausea, anorexia andlethargy in patients with CKD. Alkalinization therapy shouldbe considered if the animal is consuming a renal diet and theTCO2 is <15 mEq/L. Sodium bicarbonate is commonly usedfor alkalinization therapy. However, potassium citrate mayhave an added advantage in cats with CKD or dogs with Fan-coni syndrome that have concurrent hypokalemia.

CONTROL OF UREMIC GASTROPATHY

Vomiting, nausea and anorexia in dogs and cats withCKD may be signs of uremic gastropathy. The frequency ofthese signs may decrease when the patient consumes a renaldiet. When these signs are not controlled by diet alone, his-tamine type 2 (H2) receptor antagonists (i.e., cimetidine,ranitidine, famotidine) are often used to reduce gastric acidsecretion. Proton pump inhibitors (e.g., omeprazole) aremore effective at reducing gastric acid secretion than are theH2 receptor antagonists but are also more expensive. Protonpump inhibitors should be tried in dogs and cats that havepersistent signs of uremic gastropathy despite appropriateadministration of a H2 receptor antagonist. If gastric ulcera-tion is suspected, sucralfate should also be given. Centrallyacting antiemetics (e.g., metoclopromide) may be needed tocontrol vomiting during a uremic crisis.

Suggested reading

1. Lees GE, Brown SA, Elliot J, et al. Assessment and management ofproteinuria in dogs and cats: 2004 ACVIM forum consensus state-ment (small animal). J Vet Intern Med 2005; 19:377-385.

2. Lees, GE. Familial Renal Disease in Dogs. In: Ettinger SJ, FeldmanEC, eds. Textbook of Veterinary Internal Medicine. 7th ed. St. Louis:Saunders Elsevier, 2010; 2058-2062.

3. Polzin DJ, Osborne CA, Ross S. Chronic Kidney Disease. In: Ettin-ger SJ, Feldman EC, eds. Textbook of Veterinary Internal Medicine,7th ed. St. Louis: Elsevier Saunders, 2010; 1900-2021.

4. Zatelli A, D’Ippolito P, Bonfati U, and Zini E. Ultrasound-assisteddrainage and alcoholization of hepatic and renal cysts: 22 cases. J AmAnim Hosp Assoc 2007; 43: 112-116.

Address for correspondence:North Carolina State UniversityCollege of Veterinary MedicineRaleigh, NC, USA

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

239

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 239

Page 240: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

I parassiti cardio-polmonari del cane e del gatto sono rap-presentati In Italia e più genericamente nel bacino del medi-terraneo da Nematodi con ciclo biologico indiretto (che com-prende in altre parole l’intervento di un ospite intermedio).

Per alcuni di loro (Dirofilaria immitis nel cane e nel gatto)la situazione epidemiologica così come la presentazione clini-ca, gli ausili diagnostici e terapeutici nonché la profilassi sonoben descritti in letteratura per quanto recentemente sia statoevidenziato un reclutamento di nuove aree endemiche.

In linea generale si può supporre, come evidenziato dastudi epidemiologici che la prevalenza nel gatto rifletta quel-la riscontrata nel cane attestandosi su valori pari a 10%rispetto a quelli riscontati nel reservoir del parassita1,2,3.

È inoltre di recente acquisizione il fatto che gatti infestatida Dirofilaria immitis, ancorché il parassita non riesca a rag-giungere lo stadio adulto hanno la tendenza a presentarealterazioni respiratorie (H.A.R.D.S.: Heartworm AssociatedRespiratory Disease) di difficile diagnosi (le modificazionisono caratteristiche unicamente dal punto di vista anatomopatologico)4.

Per questa specie e per il parassita in questione la profi-lassi con lattoni macrociclici rimane l’arma più efficace nel-le mani del medico veterinario)5.

Non esiste, infatti, nella pratica clinica un unico test che siain grado di svelare lo status parassitario dei gatti colpiti. I testanticorpali dotati di buona sensibilità presentano specificitàinadeguata6, al contrario dei test antigenici che altamente spe-cifici sono in grado di rilevare infestazioni da parassiti adultiin non più del sessanta per cento dei casi. L’esame ecocar-diografico, eseguito con sonde ad elevata frequenza abbi-na buona sensibilità e specificità. È però tecnica stretta-mente operatore dipendente che richiede inoltre ottima qua-lità dell’apparecchiatura.

Gli esami radiografici per il carattere polimorfo delle alte-razioni rilevabili, che rivestono inoltre carattere transitorio,pur trattandosi di parassitosi cardiopolmonare risulta invecedi scarsa utilità3, come del resto la ricerca di microfilarie cir-colanti, che essendo il gatto ospite suscettibile ma non idea-le per Dirofilaria immitis, si riscontrano molto raramentenella pratica clinica nel gatto (pur rivestendo carattere dispecificità assoluta che consente la diagnosi di infestazioneda parassiti adulti)

Per altri (Aelurostrongylus abstrusus nel gatto), a fronte didati epidemiologici incompleti, è ben evidente la tipologia disoggetti più inclini a contrarre l’infestazione7,8. Per quantoconcerne invece Angiostrongylus vasorum nel cane, il repe-rimento di casi sporadici lascia intendere che il problema sia

sottostimato. Per il mantenimento del ciclo biologico delparassita è, infatti, necessario supporre un valore di preva-lenza minimo nell’ospite definitivo (cane o canidi selvatici)ed una diffusione e frequenza dell’ospite intermedio (oltread comportamento ed attitudine predatorie ed alimentari deisoggetti colpiti).

La sporadicità dei casi che vengono tuttavia segnalati sem-pre con maggiore frequenza in Europa (oltre che in Franciache tradizionalmente è considerata area endemica al puntoda attribuire la parassita il nome “gergale” di French worm)non si correla con quelle che dal punto di vista biologico sonole conoscenze considerati basilari nell’ambito della parassi-tologia.

In particolare la scarsa frequenza con cui l’esame copro-miscopico nel cane viene eseguito con tecnica idonea a rile-vare le larve del parassita (tecnica di Baermann) può rendereconto della sporadicità delle infestazioni8,9. Tale esame infat-ti deve essere eseguito su campione fecale fresco e presuppo-ne il sospetto diagnostico della patologia in questione10,11. Èopportuno quindi (per questa come per l’altra parassitosi)rifarsi alla regola aurea: “si trova quello che si cerca” ed a sot-toporre ad esami idonei i gatti con sintomatologia proteifor-me (Dirofilaria immitis) ed i cani con ipertensione polmona-re da cause non identificate8,9.

Si tratta in ogni caso di patologie se non emergenti “inevoluzione” per quanto concerne le nostre conoscenze sullaloro incidenza nell’ambito dei problemi sanitari del cane edel gatto e gli aspetti diagnostici, terapeutici e profilatticidovrebbero essere ben noti a chi si occupa della clinica delcane e del gatto e considerati costantemente nel diagnosticodifferenziale delle sindromi cardio respiratorie12,13,14.

Esistono infatti, al di là delle difficoltà di diagnosi, impor-tanti presidi profilattici o tenutici che consentono la preven-zione o la guarigione di tali parassitosi15.

Bibliografia

1. Genchi C, Venco L, Ferrari N, Mortarino M, Genchi M. (2008) Feli-ne heartworm (Dirofilaria immitis) infection: a statistical elaborationof the duration of the infection and life expectancy in asymptomaticcats. Vet Parasitol. 158(3):177-82.

2. McCall JW, Genchi C, Kramer LH, Guerrero J, Venco L. (2008)Heartworm disease in animals and humans. Adv Parasitol.;66:193-285. Review.

3. Venco L, Genchi C, Genchi M, Grandi G, Kramer LH. (2008) Clini-cal evolution and radiographic findings of feline heartworm infectionin asymptomatic cats. Vet Parasitol. 158(3):232-7.

Parassitosi cardio-polmonari di cane e gatto: vediamo solo la punta dell’iceberg?

Luigi Venco

Med Vet, SPCA, Dipl EVPC, Pavia

240

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 240

Page 241: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

4. Dillon AR, Brawner AR Jr, Robertson-Plouch CK, Guerrero J. (2000)Feline heartworm disease: correlations of clinical signs, serology,and other diagnostics—results of a multicenter study. Vet Ther.1(3):176-82.

5. Venco L, Mortarino M, Carro C, Genchi M, Pampurini F, Genchi C.(2008) Field efficacy and safety of a combination of moxidectin andimidacloprid for the prevention of feline heartworm (Dirofilariaimmitis) infection. Vet Parasitol. 154(1-2):67-70.

6. Lorentzen L, Caola AE. (2008) Incidence of positive heartworm anti-body and antigen tests at IDEXX Laboratories: trends and potentialimpact on feline heartworm awareness and prevention.Vet Parasitol.158(3):183-90.

7. Grandi G, Calvi LE, Venco L, Paratici C, Genchi C, Memmi D, Kra-mer LH (2005) Aelurostrongylus abstrusus (cat lungworm) infectionin five cats from Italy. Vet Parasitol. 134(1-2):177-82.

8. Traversa D, Guglielmini C.(2008) Feline aelurostrongylosis and cani-ne angiostrongylosis: a challenging diagnosis for two emerging ver-minous pneumonia infections. Vet Parasitol. 157(3-4):163-74.Review.

9. Traversa D, Torbidone A, Malatesta D, Guglielmini C. (2008) Occur-rence of fatal canine Angiostrongylus vasorum infection in Italy. VetParasitol. 152(1-2):162-6.

10. Helm JR, Morgan ER, Jackson MW, Wotton P, Bell R. (2010) Cani-ne angiostrongylosis: an emerging disease in Europe.J Vet Emerg CritCare 20 (1):98-109.

11. Humm K, Adamantos S. (2010) Is evaluation of a faecal smear a use-ful technique in the diagnosis of canine pulmonary angiostrongylo-sis? J Small Anim Pract. Apr;51(4):200-3.

12. Bolt G, Monrad J, Koch J, Jensen AL. (1994) Canine angiostrongy-losis: a review Vet Rec. 135(19):447-52. Review.

13. Morgan ER, Shaw SE, Brennan SF, De Waal TD, Jones BR, MulcahyG. (2005) Angiostrongylus vasorum: a real heartbreaker. Trends Para-sitol. ;21(2):49-51. Review.

14. Taubert A, Pantchev N, Vrhovec MG, Bauer C, Hermosilla C. (2009)Lungworm infections (Angiostrongylus vasorum, Crenosoma vulpis,Aelurostrongylus abstrusus) in dogs and cats in Germany and Den-mark in 2003-2007. Vet Parasitol. 159(2):175-80.

15. Schnyder M, Fahrion A, Ossent P, Kohler L, Webster P, Heine J,Deplazes P. (2009) Larvicidal effect of imidacloprid/moxidectin spot-on solution in dogs experimentally inoculated with Angiostrongylusvasorum.Vet Parasitol. 166(3-4):326-32.

Indirizzo per la corrispondenza:Luigi Venco Ospedale veterinario Città di Paviaviale Cremona 179 - 27100 PaviaTel 0382 571510 - Fax 0392 571513E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

241

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 241

Page 242: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTRODUZIONE

La dermatite atopica (DA) è una condizione infiammato-ria cronica molto comune tra la popolazione canina, in cui sistima una prevalenza di circa il 10%. Si tratta di una malat-tia complessa, multifattoriale di difficile trattamento nellacui patogenesi intervengono fattori sia genetici che ambien-tali e richiede una gestione farmacologia complessa.

L’alimentazione può rappresentare un’arma importante nel-la cura della AD. Sono recentemente apparsi in letteratura arti-coli riguardanti il trattamento nutrizionale della DA, che pon-gono l’accento sull’uso di diete ad elevato contenuto in acidigrassi essenziali, come adiuvanti di terapie mediche.

L’uso di principi fitoterapici è alla base della medicina tra-dizionale e recentemente sono stati prodotti alimenti indu-striali per cani, integrati con estratti vegetali caratterizzati daproprietà nutraceutiche e/o curative. La bardana (Arctiumlappa), erba perenne della famiglia delle compositae, ècomunemente utilizzata per le proprietà antiinfiammatorie egastroprotettive degli estratti della sua radice Nella bardanasono presenti alcuni lignani quali: arctiina, arctigenina ediarctigenina; in particolare queste ultime due sono in gradodi inibire il tumor necrosis factor (TNF-alfa), la produzionedi ossido nitrico e la soppressione dell’attivazione del fatto-re di trascrizione NF-kB in macrofagi attivati e questo puòspiegare il loro potenziale antinfiammatorio.

Questo studio clinico è stato realizzato per valutare se lasomministrazione per 90 giorni consecutivi di un mangime abase di pesce e supplementato con estratto secco di barda-na,®), può migliorare alcune condizioni cutanee in corso diDA, quali il punteggio lesionale CADESI e il prurito valuta-to su scala analogica da 1 a 10, in soggetti in terapia di man-tenimento con ASIT.

MATERIALI E METODI

Sono state coinvolte nell’esecuzione della prova dieteticaalimentare 3 strutture veterinarie del nord Italia. Per il trialalimentare sono stati reclutati, previo consenso informatodel proprietario e secondo le “good clinical practice” (G.U.

n°289, 10-12-1996, 47-53), 22 cani (16 femmine e 6 maschi)dell’età media di 5,8 anni, con un peso compreso tra 5,5 e 63kg e con precedente diagnosi di DA. Ai proprietari è statorichiesto di somministrare la quantità di alimento prescrittae di portare l’animale a 30, 60, 90 giorni da VI, di non effet-tuare cambiamenti ambientali e di mantenere l’animale sot-to trattamento con antiparassitari.

Il mangime, fornito gratuitamente della ditta presentava laseguente composizione chimica (sulla sostanza secca): umi-dità 10%, proteina grezza 22%, estratto etereo 12%, fibragrezza 2%, ceneri 6,5%, era supplementato con: vit. A 12.000U.I, vit D3 1.200 U.I., vit. E 70 mg ed estratto secco di bar-dana (0,075%).

I cani ammessi allo studio, erano scelti in base alla pre-senza di DA con prurito annuale trattata con ASIT da più diun anno ed assenza al momento dell’inclusione nel trial dipiodermite e/o dermatite da Malassezia spp, otite, endo edectoparassitosi. Dovevano essere esclusi dal trial gli animaliconviventi con cani o gatti affetti da ecto o endoparassitosi.

La diagnosi di DA era stata eseguita applicando i criteri diWillemse e con l’eliminazione sistematica, mediante appro-priati esami complementari, delle diagnosi differenziali.

Le reazioni avverse al cibo erano state escluse, prima deitest allergologici, con un trial alimentare di 6 settimane condieta casalinga a base di cavallo e patate e con un successi-vo trial alimentare con idrolisato proteico (Z/D® Hill’s ultraallergen free) per 8 settimane.

L’immunoterapia (Artuvetrin® Holland) era stata allestitasulla base dei risultati dei test in vitro (Heska® pannelloeuropeo) per il dosaggio di IgE specifiche e dei test in vivo(intradermoreazione con allergeni Artuvetrin®).

Alla visita di selezione, si compilava la scheda per la rac-colta dati e, per ogni animale, si indicava segnalamento, siverificava con esami complementari (raschiati, scotch test,esami citologici) l’assenza di sovrainfezioni (batteriche o daMalassezia spp), otiti, endo ed ectoparassitosi. In caso d’in-fezioni cutanee, l’animale era sottoposto a un periodo diwash-out con antibiotico e antimicotico sistemico per 1mese prima della visita di inclusione (VI).

Alla VI si indicava la presenza di lesioni primarie sullascheda clinica, con la scala analogica del prurito (da 0 a 10)

Valutazione della dermatite atopica in cani trattati conimmunoterapia allergene specifica (ASIT) ed alimentaticon mangime a base di pesce e supplementato con estratto secco di Bardana (Arctium lappa)

Antonella Vercelli

Med Vet, CES derm, CES oft, Torino

Luisa Cornegliani, Med Vet, Dipl ECVD, Milano

Giorgia Meineri, Med Vet, Torino

242

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 242

Page 243: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

mediante valutazione soggettiva del proprietario, e si compi-lava la scheda CADESI (canine atopic dermatitis extensionand severity index) adottata dall’ITFCAD e si consegnava alproprietario il mangime con le dosi giornaliere.

Le visite di controllo sono state fatte il 30° giorno (V30),il 60° giorno (V60) ed il 90° giorno (V90). Durante questevisite si rivalutavano lesioni cutanee, scala analogica delprurito e punteggio CADESI. Durante tutta la durata dellaprova era richiesta una corretta conservazione del cibo el’assoluto divieto di somministrare altri alimenti. In caso d’i-nottemperanza a quanto richiesto, si escludeva l’animaledallo studio.

Al termine della prova (V90) con il mangime in uso, erarichiesta un’opinione scritta al proprietario su appetibilità delmangime e variazioni delle condizioni cutanee osservate(odore dell’animale, lucentezza del mantello, perdita di pelo).

I valori registrati sono stati quindi sottoposti ad analisidella varianza (ANOVA), usando il pacchetto statisticoSPSS (v 11.5, SPSS Inc., Chicago, IL, USA) confrontandolo stato di salute medio degli animali ai quattro tempi pre-scelti VI, V30, V60 e V90. Le risposte dei soggetti al trat-tamento dietetico sono stati comparati usando il test diDuncan con un livello di significatività di P<0,05.

RISULTATI E DISCUSSIONE

Sono state valutate in totale le schede di 22 cani. In 1 caso,il soggetto è stato escluso dallo studio per incremento delprurito e delle lesioni cutanee dopo pochi giorni dall’assun-zione del mangime in prova per sospetta intolleranza alpesce. Gli altri 21 cani hanno completato i 90 giorni di trat-tamento con il mangime in prova e sono stati sottoposti adulteriori 90 giorni di osservazione, con visite a cadenza men-sile, mentre consumavano un’alimentazione libera. Alla visi-ta di inclusione il prurito aveva un valore medio di 3,6 ± 2,1ed il punteggio CADESI medio era 23,1 ± 23. A V30, dopoun mese dall’assunzione del mangime Fito progres, il pruri-to aveva un valore medio di 1,7 ± 1,9 e il punteggio Cadesimedio era di 10,8 ± 8,7 ed erano significamente diminuiti(p<0,01%). A V60 dopo 2 mesi dall’assunzione del mangi-me, il prurito aveva un valore medio di 1,9 ± 2 ed il punteg-gio Cadesi medio era di 8,8 ± 8,6. A V90 dopo tre mesi dal-

l’assunzione della dieta in prova si manteneva una riduzionesignificativa del prurito (1,5 ± 1,9) e del punteggio Cadesi(12,4 ± 16,4) rispetto alla visita di inclusione.

CONCLUSIONE

Lo studio riguardante la somministrazione regolare incani affetti da DA, per tre mesi consecutivi di un mangimebilanciato a base di pesce ed integrato con estratti di radicedi bardana ha permesso di ottenere un miglioramento delprurito, del punteggio Cadesi e delle condizioni generali delmantello degli animali. Tale mangime può pertanto essereconsiderato un valido complemento nella complessa gestio-ne terapeutica della DA. Ulteriori studi sono comunquenecessari per verificare se dosi superiori di bardana possanoulteriormente migliorare il quadro clinico dell’AD.

Bibliografia

1. Cho J.Y., Kim A.R., Yoo E. S., Baik K.U., Park M.H. Immunomodu-latory effect of arctigenin, a lignan compound, on Tumour NecrosisFactor-ALPHA. and nitric oxide production, and lymphocyte prolife-ration. J. Pharm. Pharmacol., 1999; vol. 51, n. 11, pp. 1267-1273.

2. Cho M.K., Park J.W., Jang Y. P., Kim Y.C., Kim S.G. Potent inhibi-tion of lipopolysaccharide-inducible nitric oxide synthase expressionby dibenzylbutyrolactone lignans through inhibition of I-kappaBal-pha phosphorylation and of p65 nuclear translocation in macropha-ges. Int. Immunopharmacol., 2002; vol. 2, pp. 105-116.

3. Hayek M.G., Massimino S.P., Ceddia M.A. Modulation of immuneresponse through nutracetical interventions: implications for canine efeline health. Vet. Clin. North. Am. Small. Anim. Pract. 2004; vol. 34,pp. 229-247.

4. Olivry T, Sousa C.A. The ACVD task force on canine atopic derma-titis (XIX): general principles of therapy. Vet. Immunol. Immunopa-thol., 2001; vol. 81, pp. 311-316.

5. Olivry T., DeBoer D.J., Prélaud P., Bensignor E. Food for thought:pondering the relationship between canine atopic dermatitis and cuta-neous adverse food reactions. Vet. Dermatol., 2007; vol. 18, 390-391.

Indirizzo per la corrispondenza:Antonella VercelliAmbulatorio Veterinario AssociatoC.so Traiano 99/d - 10135 TorinoE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

243

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 243

Page 244: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La radiologia nello studio dello scheletro ed in particola-re lo studio dello scheletro appendicolare è ancora oggi lamodalità diagnostica principalmente utilizzata. Malgradonegli ultimi anni la tomografia computerizzata e la risonan-za magnetica siano decisamente più disponibili sul mercato,la radiologia la fa ancora da padrone, forte dell’ampia dis-ponibilità, bassi costi ed elevata accuratezza diagnostica.

Tuttavia in alcuni casi vi sono limitazioni tali dove la tomo-grafia computerizzata (es. studio del gomito o del ginocchio)o la risonanza magnetica (es. studio del ginocchio) divengononecessarie.

Ci sono tre momenti fondamentali per ottenere una dia-gnosi dal nostro studio radiografico:1) buona tecnica radiografica2) corretto posizionamento3) almeno due proiezioni ortogonali4) utilizzo di proiezioni radiografiche che non si eseguono

di routine (stressate o oblique).Innanzitutto, una buona tecnica radiografica è essenzia-

le per arrivare ad una diagnosi corretta.Ci sono molti fattori che influenzano la qualità delle

radiografie incluso l’unità da raggi X, l’impostazione deidati per una corretta esposizione radiografica, la cameraoscura (sia l’ambiente che la fase di processazione delleradiografie), e la scelta di equipaggiamenti radiografici ausi-liari come le proprietà delle cassette, film/schermi di rinfor-zo, utilizzo e proprietà della griglia.

E’ quindi necessario standardizzare tutte queste variabiliin modo da avere la possibilità di selezionare un’appropria-ta esposizione radiografica (mAs and kVp) per lo studioradiografico che vogliamo effettuare.

In particolare nello scheletro noi dobbiamo utilizzare unatecnica ad alto contrasto per enfatizzare le caratteristiche giàpresenti nello scheletro.

Per questo è necessario una tecnica con basso kilovoltag-gio, mentre il milliamperaggio deve essere adeguato per rag-giungere un buon annerimento (densità radiografica) dellapellicola o dell’immagine digitale. Con i nuovi apparecchidigitali, piccoli errori di esposizione si possono correggerenel “post processing”.

Un basso kilovoltaggio consente di ottenere una scala digrigi molto corta, ma con grosse differenze tra loro e ciòincrementa il contrasto delle varie strutture che compongo-no l’immagine.

Personalmente per cercare di ottenere il meglio da un radio-gramma seguo la legge di Sante del 1954 (Kirberger 1999).

Questa legge prevede un calcolo del kilovoltaggio moltosemplice.

Per il torace si calcola lo spessore in centimetri, si raddop-pia e si aggiunge 50. Ad esempio eseguo uno studio radiogra-fico del torace di un cane con uno spessore di 20 centimetri.

Il calcolo sarà: (20 x 2) + 50 = totale 90 kVp

Per l’addome si calcola lo spessore in centimetri, si raddop-pia e si aggiunge 30. Ad esempio eseguo uno studio radiografi-co dell’addome di un cane con uno spessore di 20 centimetri.

Il calcolo sarà: (20 x 2) + 30 = totale 70 kVp

Per lo scheletro, sia esso assiale o appendicolare si calco-la lo spessore in centimetri, si raddoppia e si aggiunge 40.Ad esempio eseguo uno studio radiografico del carpo di uncane con uno spessore di 4 centimetri.

Il calcolo sarà: (4 x 2) + 4 = totale 48 kVp

Ciò è legato al fatto che mentre per lo studio dello schele-tro, come anticipato sopra, cerchiamo un alto contrasto,come pure in parte nell’addome, invece nel torace si utilizzail contrasto intrinseco del gas contenuto nei polmoni e si cer-ca di ampliare la scala di grigi (ampia latitudine) al fine diottenere un maggiore dettaglio radiografico.

I milliampères si utilizzano, invece, con il solo scopo diannerire adeguatamente l’immagine, influiscono cioè sull’e-sposizione radiografica che è data dal rapporto tra mA e tem-po di esposizone calcolato in secondi (mAs). Il calcolo delmilliamperaggio prevede differenze notevoli nei vari distretti.

Ad esempio in torace, a causa dei movimenti respiratori ènecessario utilizzare tempi brevissimi (< 1/5 sec.), per cuiper ottenere un buon annerimento dell’immagine radiografi-ca è necessario avere a disposizione un’apparecchiatura conelevati mA. Personalmente utilizzo una macchina che con-sente di arrivare a 420 mA e tempi di esposizione molto bas-si, inferiori al decimo di secondo.

Per quanto riguarda lo scheletro possiamo utilizzare tem-pi più elevati, per cui anche unità da rX con inferiore mil-liamperaggio a disposizione, consentono di ottenere buoneimmagini radiografiche.

La valutazione della correttezza o meno dell’esposizioneradiografica si esegue valutando se l’annerimento è buono ono. Se è scarso (radiografia sottoesposta) dobbiamo raddop-piare i mAs, se invece è eccessivo (radiografia sovraesposta)dobbiamo dimezzare i mAs, e così via fino ad ottenere unabuona immagine.

Come ottenere il massimo dalla radiologia dello scheletro appendicolare?

Massimo Vignoli

Med Vet, SRV, Dipl ECVDI, Bologna

244

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 244

Page 245: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Una volta che i parametri riportati all’inizio (cassette, film/schermi, sviluppo/fissaggio, griglia) sono stati standardizzatiè possibile registrare le esposizioni ideali e così ci si può crea-re una tabella tecnica.

Un corretto posizionamento del paziente è fondamenta-le per riprendere delle buone immagini dello scheletroappendicolare. Per questo è solitamente necessario sedare oanestetizzare il paziente. In particolare quando sia necessa-rio ottenere proiezioni stressate o in caso il soggetto sia par-ticolarmente agitato o addolorato, non è pensabile di ottene-re immagini diagnostiche senza anestesia.

Del resto, per lo studio di alcune articolazioni nella routi-ne quotidiana (es. articolazioni coxo-femorali) non si puòottenere comunque una buona immagine radiografica senzarilassamento muscolare, in particolare in soggetti di tagliamedio-grande.

Nel nostro centro cerchiamo, tuttavia, di utilizzare proto-colli anestesiologici (spesso combinati) che consentono unarapida eliminazione dei farmaci utilizzati, così da avere ilsoggetto ben sveglio al termine dello studio radiografico.

L’anestesia del paziente, va ricordato, oltre a consentirel’ottenimento di immagini di buona qualità, consente anchedi evitare l’esposizione del personale medico o paramedicoai raggi X con semplici accorgimenti.

In particolare io utilizzo culle di gomma piuma, corde esacchi di sabbia che mi consentono di posizionare il pazien-

te correttamente e mantenere la posizione fino a che il radio-gramma sia ottenuto.

Un altro fattore importante per arrivare ad una diagnosicorretta e in particolare evitare errori grossolani, ma che avolte possono diventare molto gravi, è quello di otteneresempre almeno due proiezioni ortogonali della strutturache vogliamo studiare.

Infatti, in alcuni casi, è possibile non evidenziare lesionianche grossolane sulla base di una sola proiezione radiogra-fica.

In caso di traumi alle articolazioni o alle cartilagini diaccrescimento (fisi) o in corso di particolari patologie è indi-cato eseguire delle proiezioni stressate.

In particolare per le articolazioni si va a valutare lo statodei tessuti molli che contengono l’articolazione come adesempio i legamenti collaterali o il legamento crociato cra-niale (Fig. 1).

Nelle fisi è possibile evidenziare delle fratture che altrimen-ti potrebbero non essere viste, con le evidenti conseguenze.

Proiezioni stressate che personalmente utilizzo sono:stress articolare nel carpo o nel tarso con adduzione o

abduzione della mano o del piede per verificare lo stato deilegamenti collaterali.

Anche le proiezioni stressate in iperflessione e iperesten-sione possono essere utili per valutare i comparti dorsali epalmare/plantare.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

245

Figura 1 - L’immagine 1a rappresenta una radiografia in proiezione medio-laterale del ginocchio. L’articolazione è lasciata inposizione neutra. L’immagine 1b, invece, rappresenta l’immagine dello stesso ginocchio dopo avere eseguito l’iperflessione delpiede che consente alla tibia di scivolare cranialmente rispetto al femore in presenza di rottura del legamento crociato craniale.Per questa manovra (“tibial compression test”) il soggetto deve essere sedato profondamente o meglio anestetizzato.

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 245

Page 246: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Proiezione stressata per la verifica dello stato del lega-mento crociato craniale con iperflessione del piede che indu-ce la tibia a scivolare cranialmente rispetto al femore (“tibialcompression test”).

Stessa cosa la eseguo dove sospetto traumi delle fisi e ciòmi consente di valutare se ci sia scivolamento di un monco-ne rispetto all’altro in caso di frattura della fisi stessa.

Quando si voglia evidenziare bene i tessuti molli è indica-to riprendere un’ immagine con esposizione per le ossa edun’immagine a esposizione ridotta per evidenziare megliouna eventuale tumefazione dei tessuti molli stessi.

Alcune proiezioni oblique possono essere utile nella valu-tazione del processo coronoideo mediale ulnare o la manca-ta fusione del condilo omerale, mentre nel garretto è consi-derata talvolta utile la sky-line in corso di osteocondrosi.

Bibliografia

Kirberger RM, (1999), Radiograph quality evaluation for exposure varia-bles—a review. Vet Radiol Ultrasound, 40(3):220-6.

Thrall DE. Textbook of Veterinary Diagnostic Radiology, (2007), Fifth Edi-tion, Philadelphia.

Indirizzo per la corrispondenza:Massimo VignoliClinica Veterinaria dell’Orologio via Gramsci 1/4Tel. e fax: 051-6751232Centro Oncologico Veterinario via S. Lorenzo 1/4Tel. e fax: 051-6751871- 40037 Sasso Marconi (BO)E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

246

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 246

Page 247: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’argomento trattato è da tempo un tema ricorrente nelleconversazioni del mondo veterinario nella realtà italiana.Qualsiasi sia l’approccio che si vuole adottare, la domandadi partenza sarà comunque: “Perché cedere il farmaco vete-rinario?”

La risposta è più complessa di quanto sembri. Le motivazioni del singolo possono essere numerose e

tutte apparentemente valide. Partiamo pure dall’aspetto piùattinente la nostra prestazione medica: “cedere il farmaco”a conclusione della visita rappresenta la possibilità digarantire l’inizio della terapia con migliore tempestività ola certezza che il farmaco utilizzato sia quello realmenteprescritto; se invece diamo risalto all’aspetto più imprendi-toriale dell’attività veterinaria, diremo che anche questo èun modo per offrire un servizio aggiuntivo sicuramentegradito alla clientela; o ancora per ricercare una nuova fon-te di reddito per la struttura e adeguarsi agli standard euro-pei. Di fatto ancora una volta l’obiettivo che abbiamo inmente sarà quello duplice e strettamente connesso di fide-lizzare la clientela e aumentare i guadagni della nostra strut-tura; e per farlo abbiamo bisogno dunque di un “nuovo” ser-vizio da proporre, strettamente connesso con la nostra pro-fessione.

Se siamo disposti ad accettare questo dato di fatto, occor-re adesso verificare di cosa si tratta analizzando sia la partelegale che quella fiscale e valutando quale sia il ricavo eco-nomico in termini percentuali.

La cessione del farmaco veterinario consiste nella possi-bilità del medico veterinario di consegnare al cliente “il far-maco”, facente parte delle scorte della struttura, per inizia-re immediatamente il trattamento terapeutico che la patolo-gia diagnosticata nel corso della visita clinica, necessita.Questa operazione viene legalmente configurata come pre-stazione professionale accessoria e regolata dal decretolegislativo 193\2006 sul farmaco e dal codice deontologicoFNOVI.

Dal punto di vista fiscale, essendo i veterinari dei liberiprofessionisti ed essendo la cessione del farmaco veterina-rio una prestazione accessoria alla visita clinica, secondo laFnovi e il Ministero delle Finanze, detta prestazione deveessere necessariamente legata alla prestazione principale,cioè la visita, e assorbirne sia iva sia enpav.

Anche lo studio di settore che ci riguarda prevede un rigoapposito per la cessione del farmaco dove verrà indicatol’importo complessivo dei farmaci acquistati per la cessio-ne affinché non si sommi al reddito complessivo.

L’importo del farmaco ceduto viene dunque regolarmen-te fatturato insieme all’importo della prestazione principa-le: ad esempio, visita clinica più la dicitura “terapia”.

Il prezzo di vendita prevede invece poi la possibilità diattenersi al prezzo di fustella (rimettendoci, però, il 10% diiva) oppure di maggiorarlo in quanto si tratta di un servizioin più: se vogliamo fare un paragone è un po’ come per l’ac-qua minerale al ristorante che paghiamo più del suo valorecommerciale in quanto si tratta di un servizio aggiunto.

Fin qui abbiamo incontrato solo l’aspetto formale e tecni-co del problema con un assaggio già delle correlate insidie;tuttavia “la dispensazione del farmaco” necessita anche diun minimo di conoscenza delle tecniche di comunicazioneverso la clientela, siccome presuppone, ovviamente, la dis-ponibilità del medico veterinario a fornire spiegazioni esau-stive al cliente, soprattutto laddove si deve incominciare afornire il servizio a una clientela non avvezza. Non di menoè necessario adottare una corretta gestione del magazzinodelle scorte per evitare o un eccesso di prodotto da cedere,e quindi un immobilizzo di una somma eccessiva di capitaleoppure l’esatto contrario, trovandosi sprovvisti al momentodel bisogno.

Per ovviare a tali inconvenienti è bene che la strutturadefinisca quali farmaci usare, per esempio nel caso in cui peruna stessa molecola esistano più prodotti commerciali, inol-tre che conosca quali sono i consumi potenziali di detti far-maci, tenendo conto anche della frequenza con cui il propriofornitore è in grado di passare presso la nostra struttura.

La dispensazione deve essere effettuata dal veterinario.Secondo la legislazione vigente il responsabile del servi-

zio addestrerà gli altri colleghi definendo le regole di ces-sione, ad esempio identificando una frase adatta: “Se vuole,noi effettuiamo la cessione del farmaco veterinario: cosìnon dovrà cercare una farmacia a quest’ora e potrà iniziaresubito la terapia per il suo cane…”

Oppure: “Ecco la cura per il suo cane, possiamo vender-gliela noi o può andare in farmacia. Il farmaco comparirà infattura e potrà così scaricare le spese sostenute”.

Questi sono solo degli esempi e molti altri possiamo crear-ne a nostro piacimento.

Inoltre il responsabile del servizio, che sarebbe bene ave-re, dovrà anche definire l’elenco dei principali farmaci dicui approvvigionarsi insieme al resto dello staff.

Oltre ai farmaci tradizionali in compressa, fiala, sciroppo,bisogna ricordarsi anche dei farmaci iniettabili long acting,dal costo proporzionale alla dose, sempre di cessione si trat-

La gestione del farmaco veterinario

Marco Viotti

Med Vet, Torino

247

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 247

Page 248: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ta e ciascuno di noi, calcolato il costo per ogni singola dose,un tanto a millilitro di farmaco, potrà aggiungere l’utile cheritiene corretto, tenendo conto dei costi di stoccaggio (fla-cone multidose) e magazzino, dell’iva,dell’enpav e delletasse e del tempo necessario alla spiegazione della novitàterapeutica, non dimenticando l’efficacia che si ottiene intermini di compliance del proprietario.

Il servizio di cessione del farmaco veterinario è abba-stanza diffuso all’estero dove però viene regolamentatodiversamente: esistono vere e proprie farmacie interne allestrutture veterinarie con un addetto, in genere infermiere,che se ne occupa. In Italia, invece, il farmaco deve essereceduto dal solo veterinario e solamente dopo una visita

clinica, aprendo la confezione e somministrando la primadose.

Possiamo quindi concludere che, grazie al decreto 193\2006, siamo in grado di offrire un servizio in più allanostra clientela, controllando anche la corretta sommini-strazione del farmaco ed avendo la certezza che si utilizziil farmaco prescritto, nonché di ottenere un discreto gua-dagno.

Indirizzo per la corrispondenza:Marco Viotti E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

248

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 248

Page 249: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

“Surgical therapy is inherently risky. All surgeons seekto balance an operation’s potential benefit and risk with thedisease being treated. The best surgeons display a combi-nation of knowledge, technical skill, and clinical judge-ment. Knowledge begins with a thoughtful appraisal of themedical literature. Operative technical ability developsfrom an understanding of the process of surgery and com-prehension of both the operation’s objectives and the stepsneeded to meet them. Clinical judgement may be devel-oped individually from experience, but it is also acquiredfrom the distilled experience of others. Surgical judgementand understanding crucially depend on a detailed readingof the surgical literature and the expertise of others” (Mul-holland and Doherty 2006).

DEFINITION OF DEVICES, IMPLANTSAND GRAFTS

Devices, implants, and grafts all refer to surgical place-ment of a man-made mechanical, synthetic implantablematerial or biological implantable material into the bodyto correct a clinical condition. Advances in technologyhave dramatically increased the number of surgeries per-formed each year for grafts, implants, and devices. Com-plications refer to the development of any unexpected orunwanted postoperative conditions related to the device,graft or implant.

The most common type of grafts are skin grafts and bonegrafts. The graft can be permanent or temporary. In the caseof temporary grafts, the grafted material is graduallyrestored and replaced with new growth.

Material to form the graft can come from a variety of nat-ural and synthetic sources. When tissue is removed from onearea of the body and grafted into another area, it is called anautograft. When material is removed from another individualof the same species (either living or a cadaver) and used in aseconded individual, the graft is an allograft. When materialis removed from one species and grafted into another species(e.g., grafts of pig skin into humans), the graft is a xenograft.

The majority of implants and surgical devices are synthet-ic. Implants and devices are commonly made of a combina-tion of metal, ceramic, and polymer plastics. Complicationsvary with the type of implant or device, its location in thebody, the experience of the surgeon, and health and immuno-logical response of the individual. In man, metal sensitivityin some individuals may produce a biological response to

implantation of metallic orthopaedic devices due to metaliron exposure and release.

Most complications fall into four general categories:bleeding and surgical complications, post-operative infec-tion, immune response and rejection, and device failure.Bleeding and surgical complications can affect the patency ofthe graft, implant, or device, and may cause damage to thetissue surrounding the surgical site. For example, the mostcommon reason for failure of a skin graft is inadequate con-tact with the recipient tissue bed; bleeding may cause bloodto pool under the graft (haematoma), decreasing contactbetween the graft and the recipient’s tissue. Other complica-tions can arise from technical limitations when the graft orimplant must be placed at a difficult or suboptimal location.In some cases the recipient site is not well-vascularised,reducing the flow of needed blood and oxygen to tissue andresulting in failure of the graft or implant. As in all surgery,blood clots or thrombophlebitis may develop during or aftersurgery, although the risks of pulmonary embolism or stroke(cerebrovascular accident) are uncommon in small animals.

Infection is a potential complication of all surgical proce-dures. However, risk is even greater in individuals withburns, where large sections of the air skin barrier have beenbreached. In individuals receiving allografts, there is a lowbut real possibility that the tissue transferred from anotherindividual will cause infection or disease.

An immune response to the graft, implant, or device, andsubsequent rejection is also a common complication. Auto-grafts are least likely to be rejected, since the tissue beinggrafted is harvested from the individual receiving the graftand the cells in the graft are still recognised by the immunesystem as self-cells when the tissue is moved to anotherplace in the body. Occasionally, autograft rejections occurthe unknown reasons. A study investigating tissue reaction tosuture material in the linea alba of the cat (Freeman and oth-ers 1987) included the following causes for local inflamma-tion in response to suture material; the nature of the suturematerial, allergic reaction to the suture material, failure toclose dead space, excessive tissue handling, sutures that aretoo tight, or specific issues related to the inflammatoryresponse in the cat.

Allograft rejection is more common. Allograft tissue cancome from either a living donor or a cadaver. The tissue isoften processed in ways that help to decrease the likelihoodof an immune response and rejection by the recipient. Animmune response is even more likely when a xenograft(cross-species graft) is performed. Rejection also can occur

Complications of using foreign materials: sutures, stents, protheses and drains

Robert N. White

BSc (Hons), BVetMed, MRCVS,CertVA, DSAS (soft tissue) Dipl ECVS, RCVS, Nottingham (UK)

249

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 249

Page 250: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

because of sensitivity toward synthetic material used in theimplant or device.

Finally, devices can fail because they are improperlyimplanted, break down, wear out, or migrate out of position.Device failure can occur almost immediately or years afterthe initial surgery. In addition, implants that are intended astemporary may fail if they are not resorbed by the body asexpected.

Risk: Risk of complications depends on the type of pro-cedure, the experience of the surgeon, the health of the indi-vidual and the underlying conditions that necessitate thegraft, implant, or device. Risk of complications can rangefrom minimal for implantation of, for example, a drainagedevice, to much higher for procedures such as knee or elbowreplacement. The postoperative risk of infection and rejec-tion of devices, implants, and grafts is generally higher than

other possible complications. Infection is the most commonpostoperative complication that is reported.

Treatment: Treatment depends on the type of complica-tion, the type of graft, implant, or device used, and theunderlying condition that necessitated the graft or implant.Treatment can range from medications such as antibiotics torevision surgery to remove or replace the device.

References

Freeman L.J., Pettit G.D., Robinette J.D., Lincoln J.D. & Pearson M.W.(1987) Tissue reaction to suture material in the feline linea alba. VetSurg 16, 440

Mulholland M.W., Doherty G.M. (2006) Preface. In: Complications in Sur-gery. Lippincott Williams & Wilkins, Philadelphia. p xi

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

250

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 250

Page 251: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

GASTROTOMY/PARTIAL GASTRECTOMY

Complications of gastrotomy/gastrectomy are consid-ered rare in dogs and cats. Complications include haemor-rhage, haematemesis, dehiscence, and peritonitis. Dehis-cence is rarely a problem after gastrotomy.

There are two reasons for this; the stomach has a richarterial blood supply with extensive collateral circulationwith anastomoses, and, the large reserve capacity and highdistensibility mean that the stomach is less susceptible toissues such as narrow resection margins and/or postopera-tive stenosis.

GASTROPEXY (INCISIONAL AND BELT-LOOP)

Numerous gastropexy techniques have been described inthe veterinary literature; of these, the most popular are thecircumcostal, belt-loop and incisional techniques. Sincenone of these procedures enter the gastric lumen the risk ofdehiscence with leakage of gastric contents is minimal.Complications of all three techniques include inadvertentpenetration of the gastric lumen and recurrence of the gas-tric dilatation/volvulus.

In fact, all three of these gastropexy techniques, whenperformed correctly, result in a strong -pexy that is unlikelyto breakdown. An additional complication of the circum-costal gastropexy relates to the development of the muscu-lar tunnel around the rib – penetration of the pleural cavityduring this dissection will result in the development of aniatrogenic pneumothorax.

GASTRIC OUTFLOW PROCEDURES

Gastric outflow procedures are indicated in dogs or catssuffering from congenital or acquired antral pyloric hyper-trophy, and benign or malignant tumours in the region ofthe pylorus. Commonly performed procedures includeFredet-Ramstedt pyloromyotomy, the Heineke-Mikuliczpyloroplasty, Y-U antral advancement flap pyloroplasty,and gastroduodenostomy. Complications of such proce-dures include persistence of gastric outflow obstruction,dehiscence, traumatic pancreatitis, biliary obstruction andduodenal reflex.

ENTEROTOMY/ENTERECTOMY

Enterectomy is a common procedure used primarily forresection of small bowel or in combination with other gas-trointestinal procedures. Enterectomy has been part of theabdominal surgeons’ repertoire for much of the history ofsurgery, yet the risks and complications associated with thisprocedure have remained constant over its recent history.Complications of enterotomy/enterectomy are commonlyassociated with suture line dehiscence. They include shock,leakage, ileus, dehiscence, perforation, peritonitis, stenosis,short bowel syndrome, recurrence, and death. In man, thereported leak rates for intestinal anastomosis range from 1%to 8% (Adams 2009).

Operative steps of enterectomyStep 1 IncisionStep 2 Evaluation of small bowel from stomach/pyloric

antrum to ileocaecocolic junction. Step 3 Identification of transection sites proximal and distal

to diseased segment.Step 4 Creation of the anastomosis

• Creating a mesenteric defect• Transection of bowel• Ligation and division of small bowel mesentery • Small bowel anastomosis• Inspection of anastomosis for bleeding• Closure of enterotomy resulting from small bowel

anastomosisStep 5 Assessment of anastomosis patency by palpationStep 6 Suture closure of mesenteric defectStep 7 Closure of incision

Complications can occur at any (or all!) of the operativesteps described above.

Complications following full-thickness small intestinalbiopsy in dogs have been reviewed (Shales and others 2005).This retrospective study showed that 12% of dogs either diedor were euthanased between 3 and 9 days postoperativelydue to enteric wound breakdown. The study concluded thatfull-thickness biopsy was not a benign procedure but failedto reveal consistent predictors for the complication in thepatients studied. Risk factors for leakage of intestinal anas-tomosis in dogs and cats have also been reviewed (Ralphsand others 2003). Results suggested that a variety of factorsmight be associated with development of intestinal anasto-

Complications of gastro-intestinal surgery

Robert N. White

BSc (Hons), BVetMed, MRCVS,CertVA, DSAS (soft tissue) Dipl ECVS, RCVS, Nottingham (UK)

251

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 251

Page 252: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

motic leakage in dogs. In particular, dogs with 2 or more ofthe following risk factors were predicted to be at high riskfor developing anastomotic leakage: pre-operative peritoni-tis, intestinal foreign body, and serum albumin concentration(< or = 2.5 g/dL).

Short bowel syndrome may occur if large segments ofintestine are resected (that is, more than 70-80%). Weightloss, diarrhoea and malnutrition are the predominant clinicalsigns. The goal of treatment is to provide nutritional supportuntil intestinal adaption occurs (1-2 months), and diarrhoeais controlled.

COLOTOMY/COLECTOMY

Haemorrhage and faecal contamination of the abdomenare the most common complications of large intestinal sur-gery. Other possible complications are shock, leakage,dehiscence, perforation, peritonitis, stenosis, incontinence,abscess formation, and death.

Complications of subtotal colectomy performed for themanagement of idiopathic megacolon in cats includes all ofthe potential issues listed above. In addition, persistent diar-rhoea or recurrent constipation may be seen. In cases inwhich the ileocaecocolic junction is excised there is a sig-nificant likelihood of persistent diarrhoea as a result of bac-terial overgrowth or hypersecretion in the small intestine.Constipation after subtotal colectomy is often controllableby dietary management and/or the administration of stoolsofteners such as lactulose syrup.

COLOPEXY

Colopexy is performed to create a permanent adhesionbetween the serosal surfaces of the colon and the abdominalwall so as to prevent caudal movement of the colon and rec-tum. Colopexy is most often performed as part of the man-agement of perineal herniation and for the management ofrecurring rectal prolapse. Complications are predominantlyrelated to the breakdown and failure of the -pexy.

RECTAL SURGERY INCLUDING PULL-OUT & PULL-THROUGH

The primary indication for rectal resection is to excise aneoplastic, necrotic, traumatised (for example, prolapse, fis-tula, or diverticulum), or strictured segment of rectum. Therectum may be exposed using a ventral, dorsal, rectal pull-through, lateral, or anal approach. Mucosal lesions in thecaudal rectum are commonly exposed by either the analapproach (pull-out) or the rectal pull-through approach.

Common complications of these procedures include fae-cal tenesmus, haematochezia, rectal prolapse, stricture for-mation, dehiscence, pelvic inflammatory disease, peri-analabscessation, local peritonitis, and faecal incontinence (Hed-lund 2002).

Postoperative tenesmus and haematochezia shouldresolve in most animals after suture removal or absorption.Incontinence with extensive rectal resection results from lossof rectal afferent nerves or from disruption of the pelvicplexus at the peritoneal reflection. Removal of the distal 1.5cm of rectum may cause faecal incontinence even if theexternal anal sphincter is preserved. Faecal incontinence isuncommon when 4 cm or less of the rectum is resected, pre-serving the terminal rectal cuff. Longer rectal resections (6cm or longer) disrupt the peritoneal reflection and frequent-ly result in incontinence.

References

Adams RB (2009) Enterectomy. In: Surgical Pitfalls – Prevention andManagement. Ed. Evans S. Saunders Elsevier. p 237.

Hedlund CS (2002) Surgery of the digestive system. In: Small Animal Sur-gery. 2ndedn. Ed. Fossum TW. Mosby. p 274.

Pavletic MM, Berg J (1996) Gastrointestinal Surgery. In: Complications inSmall Animal Surgery. Eds. Lipowitz AJ, Caywood DD, Newton CD,Schwartz A. Williams & Wilkins, Baltimore. p 365.

Ralphs SC and others (2003) Risk for leakage following intestinal anasto-mosis in dogs and cats: 115 cases (1991-2000). J Am Vet Med Assoc223, 73.

Shales CJ and others (2005) Complications following full-thickness smallintestinal biopsy in 66 dogs: a retrospective study. J Small Anim Pract46, 317.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

252

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 252

Page 253: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DORSAL RHINOTOMY

Dorsal rhinotomy is indicated for the treatment of chron-ic infectious rhinitis, for removal of nasal foreign bodies,and, under certain circumstances, as a part of the treatmentof nasal neoplasia. The procedure is often a major surgeryand is associated with numerous potentially very seriouscomplications. Reported complications include intra-opera-tive and postoperative haemorrhage, subcutaneous emphyse-ma, failure to mouth breathe (especially in cats), anorexia,pain, aspiration pneumonia, persistent nasal discharge, andrecurrence/persistence of the underlying disease.

SURGICAL MANAGEMENT OFBRACHYCEPHALIC SYNDROME

• Rhinoplasty• Tonsillectomy• Soft palate resection (staphylectomy)• Folded-flap palatoplasty• Resection of the glosso-epiglottic (sub-epiglottic) fold• Excision of everted laryngeal ventricles/saccules• Arytenoid laryngoplasty (tieback) for management of

stage II or III laryngeal collapseComplications following surgical management of brachy-

cephalic syndrome are relatively common and are often poten-tially life-threatening. There are inherent risks with anaesthetis-ing brachycephalic dogs and their initial recovery from ananaesthetic is often associated with episodes of complete respi-ratory obstruction. Postoperative swelling of the cut structureswithin the throat only exacerbate this problem. In severelyaffected cases it proves necessary to place a temporary tra-cheostomy tube to alleviate the obstructive issues – it is alwaysbetter (and safer) to place a tracheostomy tube before the patienthas reached the stage of catastrophe airway obstruction; this isbetter for the patient and much less stressful for the surgeon!

Other complications include oral haemorrhage, regurgita-tion, vomiting, continued stertor and stridor, and in rareinstances issues with local suture associated infection. Per-sistent postoperative regurgitation and/or vomiting is notuncommon and is often related to the presence of an associ-ated sliding (type I) hiatal hernia. Such a complication isoften managed medical in the first instance (feeding littleand often, and oral administration of prokinetic agents andantacids). In some instances, the hernia will require surgicalintervention (fundoplication and oesophagopexy).

SURGICAL MANAGEMENT OFLARYNGEAL PARALYSIS

• Partial laryngectomy (partial arytenoidectomy and ven-triculocordectomy)

• Castellated laryngofissure• Arytenoid cartilage lateralisation proceduresComplications of the surgical management of laryngeal

paralysis vary depending on which surgical procedure isutilised in the management of the condition.

Complications include haemorrhage, aspiration pneumo-nia, transverse laryngeal webbing (partial laryngectomy),tracheostomy complications (castellated laryngofissure),cartilage laceration and fracture (castellated laryngofis-sure), inadequate arytenoid lateralisation, arytenoid carti-lage fracture, recurrence of a life-threatening stridor/respi-ratory obstruction.

The incidence of serious complications following bothpartial laryngectomy and castellated laryngofissure surgeryis very high. Most experienced authorities would not advo-cate either of the procedures for the management of idio-pathic laryngeal paralysis.

In experienced hands, the arytenoid lateralisation sur-gery results in good long-term outcome with a low inci-dence of postoperative complications. There is little doubtthat the incidence of complications is much lower when thearytenoid lateralisation surgery is performed by the moreexperienced surgeon. It is very important to recognise thatarytenoid lateralisation surgery is very unforgiving andcomplications arising from such surgery are commonlyvery serious and life threatening.

Short-term complications include haemorrhage, poorabduction/fixation of the arytenoid cartilage, inappropriatesuture placement, breaking of the suture followed by frag-mentation of the arytenoid cartilage, persistence of stri-dor/life-threatening respiratory compromise. Probably, themost concerning long-term complication of the surgery isthe increased risk/incidence of aspiration of food and/orwater. Aspiration pneumonia is reported to be present in10-15% of cases.

Dogs are at risk of aspiration for the rest of their life,although the complication is most commonly observedwith the first 24-48 hours postoperatively. The incidence ofaspiration pneumonia is more common in bilateral laryn-geal lateralisation compared to unilateral. In one study,42% of the dogs with bilateral lateralization experiencedan episode of aspiration pneumonia.

Complications of upper airway surgery

Robert N. White

BSc (Hons), BVetMed, MRCVS,CertVA, DSAS (soft tissue) Dipl ECVS, RCVS, Nottingham (UK)

253

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 253

Page 254: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SURGICAL MANAGEMENT OFLARYNGEAL/TRACHEAL MASSES

Laryngeal and tracheal wounds heal by re-epithelialisa-tion if mucosal edges are in apposition. Constant motionassociated with breathing and head movement inhibits pri-mary healing. Second intention healing occurs by the for-mation of granulation tissue prior to re-epithelialisation.This often results in the formation of granulomas, airwaystenosis and/or scarring/webbing. It has been estimated thata 20% reduction in lumen diameter may reduce trachealmucociliary clearance by more than 50%.

Laryngeal and tracheal surgery may be associated withacute respiratory obstruction caused by mucosal swelling,oedema, irritation, and increased mucus production and/orlaryngeal or tracheal collapse.

SURGICAL MANAGEMENT OF TRACHEALCOLLAPSE

Surgical or interventional management of tracheal col-lapse may be indicated in those individuals suffering fromthe condition that have failed aggressive medical and envi-ronmental management, and have had other potential causesof respiratory disease either treated or ruled out.

The most commonly performed surgery for animals withextra-thoracic tracheal collapse is the placement of extra-luminal ring prostheses. Complications of such surgery areconsidered relatively common and include, peri-operativedeath, development of iatrogenic laryngeal paralysis, therequirement of either a temporary or permanent tracheosto-my, and the persistence of life-threatening respiratory signs.

Recently, there have been a number of reports describingthe management of the condition by placement of intra-lumi-nal stents (Weisse 2009). The reported advantages of thistechnique are that it is minimally invasive and can be used tomanage intrathoracic tracheal collapse. Immediate complica-tions were typically minor although there was a reported peri-

operative mortality rate of approximately 10% in one series.Late complications include stent shortening, excessive gran-ulation tissue formation, progressive tracheal collapse, andstent fracture.

TRACHEOTOMY/TRACHEOSTOMY/PERMANENT TRACHEOSTOMY

Complications of tube tracheostomy have been describedpreviously (Hedlund CS 2002).

Complications of tube tracheostomy placement includeobstruction or dislodgement, subcutaneous emphysema,pneumomediastinum, aspiration of fluid or foreign bodies,and pneumonia. Some animals occlude the tracheostomy tubewhen the neck is flexed and when they sleep with bedding.

The main complication of permanent tracheostomy isstomal occlusion from accumulated mucus, skin folds, orstenosis.

It should be remembered that although patients with tra-cheostomies and/or tracheostomy tubes appear to cough,these events are actually ineffectual. The normal coughreflex requires the patient to generate a rapid increase inlower airway pressure against a closed glottis prior to theexplosive release of air following the synchronised openingof the glottis. The presence of an opening in the trachea pre-vents theanimal from being able to produce a sealed systemand, consequently, the patient cannot generate a significantpositive lower airway pressure prior to glottic opening.

References

Hedlund CS (2002) Surgery of the upper respiratory tract. In: Small AnimalSurgery. Ed. Fossum TW. Mosby, St. Louis. p 716.

McCarthy RJ (1996) Surgery of the head and neck. In: Complications inSmall Animal Surgery. Eds. Lipowitz AJ, Caywood DD, Newton CD,Schwartz A. p 99.

Weisse C (2009) Intra-luminal tracheal stenting. University of PennsylvaniaSchool of Veterinary Medicine website.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

254

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:14 Pagina 254

Page 255: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Aural haematoma is a common condition affecting the pin-nae. It is often managed surgically in an attempt to drain thestructure, maintain drainage and encourage healing by fibrouscontraction. Complications of surgery for this conditioninclude, cosmetic alterations, recurrence of the haematoma,and pinnal necrosis (McCarthy 1996). Lateral wall and verti-cal ear canal resections are often recommended as part ofthe management of otitis externa. Both procedures are oftenundertaken with the aim of improving the micro-environ-ment of the remaining external ear canal, thereby, reducingthe likelihood of progression of the disease and helping withthe continued medical management of the case. Surgicalcomplications of both of these procedures include incision-al dehiscence, stenosis of the remaining horizontal earcanal, infection, and failure to alleviate aural inflammation.In addition, vertical canal resections can result in facialnerve dysfunction and cosmetic alterations in ear carriage.

The incidence of a number of these complications withtheir source reference are listed in the following table 1.

Total ear canal ablation with bulla osteotomy (TECA BO)is indicated for the surgical management of end-stage otitisexterna and in many individuals suffering from otitis media.

There are many complications related to TECA BO sur-gery. In many instances, the haemorrhage is insignificant butmay hamper the surgeon’s ability to view the surgical site.Issues with this degree of haemorrhage can often beaddressed by the judicial use of electrocautery and/or surgi-cal suction. Significant intra-operative bleeding may be relat-

ed to haemorrhage from the retroglenoid vein and in a smallnumber of cases such haemorrhage can prove fatal (Smeakand DeHoff 1986, Mason and others 1988).

Post-operative complications involve soft tissue compli-cations and neurological complications and can be furtherseparated into acute and chronic complications (table 2).

Soft tissue complications involve acute wound complica-tions, pinna necrosis, and chronic fistulation. Neurologicalcomplications include exacerbation of pre-operative deficits,facial nerve deficits, hypoglossal nerve deficits, peripheralvestibular syndrome, and hearing loss. In many instances,these complications are temporary, and with appropriatetreatment, there are no long-term sequelae to the problems.

Acute wound complications are described in between 8%and 41% of reported cases; they include, acute cellulitis/abscessation, incisional haematoma, incisional dehiscence,and extended wound drainage (Lanz and Wood 2004). Theprimary long-term soft tissue complication involves recurrentotitis media and the development of a draining tract. Themost common underlying reason for recurrent infection isincomplete removal of the external ear canal and/or the secre-tory epithelium lining the tympanic bulla. Antibiotic therapyis not usually effective in the treatment for recurrence ofinfection, and surgical exploration of the region is generallyrecommended. This surgery is often very demanding andmay result in a failure to resolve the infection and/or neuro-logical complications such as damage to the facial nerve.Another chronic complication is the ongoing superficial der-

Complications of ear surgery

Robert N. White

BSc (Hons), BVetMed, MRCVS,CertVA, DSAS (soft tissue) Dipl ECVS, RCVS, Nottingham (UK)

255

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

TABLE 1 - Complications of lateral ear canal resection and vertical ear canal resection

Lateral ear canal resection Vertical ear canal resection

Gregory (%) McCarthy Tigari (n) (%)

Dogs receiving surgery 26 100 36 35 71 100

Dehiscence 7 26.9 7 0 7 9.9

Ear canal stenosis 7 26.9 4 3 7 9.9

Facial nerve palsy 0 0 1 0 1 1.4

Cellulitis/drainage 0 0 1 0 1 1.4

Haematoma 2 7.7 0 0 0 0

(From Complications in Small Animal Surgery, eds. Lipowitz, Caywood, Newton & Schwartz (1996).

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 255

Page 256: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

matitis of the pinnae secondary to the primary underlyingdermatological disease.

The anatomical differences between the tympanic bullaof the dog and the cat (i.e., the bony separation of the catbulla into a two, distinct compartments) have lead to thefeline bulla osteotomy commonly being undertaken via aventral approach. Complications of the ventral bullaosteotomy (VBO) in the cat are generally divided into neu-rological and non-neurological complications. Neurologicalcomplications are the primary complications noted withsurgical intervention. Horner’s syndrome is noted common-ly in the postoperative period (up to 80%) and is temporaryin most cases. This condition is usually caused by the dis-ruption of the sympathetic nerve fibres that are exposedalong the promontory and ventromedial portion of the bul-la. Other neurological complications include facial nerveparesis/paralysis, hypoglossal nerve paresis/paralysis, andperipheral vestibular syndrome (nystagmus, head tilt, atax-ia, etc.). Non-neurological complications include recurrentotitis media/interna, pharyngeal swelling, incisionaldrainage, and, in the case of polypoid disease, recurrence ofthe polyp/s.

References

Beckman SL, Henry WB, Cechner P (1990) Total ear canal ablation com-bining bulla osteotomy and curettage in dogs with chronic otitisexterna and media. J Am Vet Med Assoc 196, 84.

Gregory CR, Vasseur PB (1983) Clinical results of lateral ear resection indogs. J Am Vet Med Assoc 182, 1087.

Lanz OI, Wood BC (2004) Surgery of the ear and pinna. Vet Clin SmallAnim 34, 567.

Mattiesen DT, Scavelli T (1990) Total ear canal ablation and lateral bullaosteotomy in 38 dogs. J Am Anim Hosp Assoc 26, 257.

Mason LK, Harvey CE, Orsher RJ (1988) Total ear canal ablation combinedwith lateral bulla osteotomy for end-stage otitis in dogs. Results inthirty dogs. Vet Surg 17, 263.

McCarthy RJ (1996) Surgery of the head and neck. In: Complications inSmall Animal Surgery. Eds. Lipowitz AJ, Caywood DD, Newton CD,Schwartz A.

McCarthy RJ, Caywood DD (1992) Vertical canal resection for end-stageotitis externa in dogs. J Am Anim Hosp Assoc 28, 545.

Smeak DD, DeHoff WD (1986) Total ear canal ablation: clinical results inthe dog and cat. Vet Surg 15, 161.

Tigari M (1988) Long-term evaluation of the pull-through technique forvertical canal ablation for the treatment of otitis externa in dogs andcats. J Small Anim Pract 29, 165.

White RAS, Pomeroy CJ (1990) Total ear canal ablation and lateral bullaosteotomy in the dog. J Small Anim Pract 31, 547.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

256

TABLE 2 - Complications of total ear canal ablation with lateral bulla osteotomy

Matthiesen Mason Beckman White (n) (%)*

Procedures 46 39 72 100 257 100

Dogs 38 30 44 71 183 100

Facial nerve palsy 20 7 3 13 43 16.7

Cellulitis/drainage 9 11 5 0 25 9.7

Dehiscence 3 6 0 11 20 7.8

Vestibular injury 2 4 3 2 11 4.3

Fistula/abscess 1 3 0 0 4 1.6

Haematoma 2 0 0 0 2 0.8

Fatal haemorrhage 1 1 0 0 2 0.8

Hypoglossal nerve injury 0 1 0 0 1 0.4

Pinna necrosis 1 0 0 0 1 0.4

Dogs with subjective decreased or absent hearing 7 23 3 2 35 19.1

* Calculated as number of complications divided by the number of procedures performed, except for hearing, which was calculated as num-ber having decreased hearing divided by dogs receiving surgery.(From Complications in Small Animal Surgery, eds. Lipowitz, Caywood, Newton & Schwartz (1996).

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 256

Page 257: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

GENERAL COMPLICATIONS

It will come as no surprise that the dehiscence of a surgi-cal incision into the lumen of an organ making, transportingor storing urine will result in the leakage of urine into the sur-rounding adjacent tissues. Therefore, any such dehiscence ofan incision into the renal pelvis, ureter, urinary bladder orproximal urethra will result in uroabdomen and/or uroretro-peritoneum (Kyles and others 1996).

Clinical signs of uroabdomen include abdominal discom-fort, progressive lethargy, anorexia and depression, abdominaldistension and ascites, and vomiting. Dehydration willbecome evident leading and the inability to excrete urine willresult in the development of potential life-threatening hyper-kalaemia. The animal may still be able to pass small volumesof urine and the passage of some urine does not preclude thediagnosis of uroperitoneum.

The following is a summary of the complications associat-ed with some of the more common surgical procedures of theurinary tract (Kyles and others 1996).

SPECIFIC COMPLICATIONS

NephroureterectomyThe potential complications of nephroureterectomy include

haemorrhage, haemoperitoneum, injury to adjacent viscera,infection, and renal failure if the contra-lateral kidney is inca-pable of maintaining renal function. In addition, there may bemore specific complications associated with the pathologicalprocess that necessitated the removal of the kidney. For exam-ple, the excision of the renal abscess might have an increasedrisk of post-operative infection, whereas, the removal of arenal carcinoma might be associated with the likely complica-tion of local and metastatic tumour spread.

NephrotomyThe potential complications of nephrotomy include renal

failure and haematuria.Nephrotomy has been reported to reduce renal function in

the operated canine kidney by 30-50% (Gahring and others1977, Fitzpatrick and others 1980). Signs of significant renalimpairment include reduced urine output or anuria, associatedwith progressive azotaemia. Normal urine output is 0.5-1.0ml/kg/hr. Urine output can be measured with the placement ofan indwelling urethral catheter connected to a closed drainagesystem. In addition, plasma urea and creatinine concentrationsshould be measured for evidence of azotaemia.

Post-operative gross or microscopic haematuria should beexpected in the post-operative period following nephrotomy.A further complication of persistent renal haemorrhage maybe the development of blood clots and an associated urinarytract and structure.

PyelolithotomyPyelolithotomy is indicated for the removal of relatively

large calculi from its dilated renal pelvis. Pyelolithotomyresults in less renal damage and haemorrhage when comparedto nephrotomy; only the relatively avascular renal pelvis andnot the vascular renal parenchyma is incised.

Complications of pyelolithotomy include urine leakage,urolith recurrence, and ureteral stricture.

Nephrostomy catheterisationNephrostomy catheterisation provides the temporary diver-

sion of urine in patients with ureteral obstruction. The catheteris passed percutaneously through the renal parenchyma so thatit is positioned within the renal pelvis. Complications of thisprocedure in humans are common; major complications arefound in 5% of patients and minor problems in up to 70% ofpatients (Munch 1991). Common complications associatedwith nephrostomy catheterisation in dogs and cats include urineleakage (intra-abdominal, retro-peritoneal, subcutaneous and/orcutaneous) and ascending infection resulted in pyelonephritis,renal abscessation and/or peritonitis.

Renal biopsyKidney biopsies are performed in an attempt to determine

the precise cause of a patient’s renal compromise or failure.Kidney biopsies can be obtained percutaneously, laparoscopi-cally or at open surgery. Complications of the procedureinclude haemorrhage and hydronephrosis. Haemorrhage isalways associated with the procedure and its extent and sever-ity depend on the technique employed to obtain the biopsy, therenal pathology that is present, the presence of concurrentissues with blood clotting and the experience/competence ofthe person taking the biopsy.

Ureterotomy/ureteral resection and anastomosis

Ureterotomy is indicated for the surgical removal of ureteralcalculi in the dog and cat. Ureteral resection and anastomosis isindicated for ureteral trauma, stricture and neoplasia. Compli-cations of both procedures include the intra-abdominal leakageof urine and the formation of ureteral stricture/stenosis leadingto hydronephrosis and subsequent ipsilateral renal shutdown.

Complications of urinary tract surgery

Robert N. White

BSc (Hons), BVetMed, MRCVS,CertVA, DSAS (soft tissue) Dipl ECVS, RCVS, Nottingham (UK)

257

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 257

Page 258: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Ureteroneocystostomy/ureterocystostomyUreteroneocystostomy involves ligation and division of the

ureter with the re-implantation of its proximal segment intothe bladder. The procedure is most commonly indicated forthe treatment of extramural ureteral ectopia. Ureterocystosto-my is the treatment most commonly indicated for the man-agement of intramural ureteral ectopia where a new openingto the ureter is formed at the trigone and the submucosal ridgeof intramural ureter either requires removal, ligation or to be‘laid open’. The complications of ureteroneocystostomy andureterocystostomy are similar and include hydronephro-sis/hydroureter and urinary incontinence.

CystotomyCystotomy in indicated for any surgery that requires access

to the bladder lumen and/or mucosal surface of the bladder(for example, removal of cystic and urethral calculi, ureteralectopia, persistent urachal remnant, excision of bladder walltumours, etc.). Complications include the dehiscence of thecystotomy incision with resultant intra-abdominal leakage ofurine, bladder/detrussor instability associated with the cysto-tomy incision, haematuria, and cystitis.

Partial cystectomyPartial cystectomy is indicated for the excision of bladder

neoplasia, polyps, ulcers, patent urachus, urachal diverticuliand infected urachal remnants. A return to normal function isanticipated following the excision of up to 75% of the cranialpole of the bladder; the trigone should ideally be kept intact.Complications of partial cystectomy include intra-abdominalleakage of urine, bladder/detrussor instability, haematuria,cystitis, tumour recurrence, small bladder volume.

Urethrotomy in male dogsUrethrotomy is indicated in male dogs for the removal of ure-

thral calculi that partially or completely obstruct the urethra.Complications are less likely following cystotomy when com-pared to urethrotomy and, therefore, it is preferable to retro-grade flush urethral calculi into the bladder rather than performa urethrotomy. Complications include haemorrhage, subcuta-neous leakage of urine, urethrotomy stricture formation.

Urethrostomy (prescrotal, scrotal andperineal) in male dogs

Urethrostomy is indicated for irreparable urethral obstruc-tion from conditions such as urethral stricture, trauma, neo-plasia, and priapism. Complications are similar to urethroto-my and include haemorrhage, subcutaneous leakage of urine,urethrostomy stoma stricture formation, urine scalding andascending lower urine tract infection.

Perineal urethrostomy in male catsPerineal urethrostomy may be indicated as part of the man-

agement of dysuria/stranguria associated with feline lowerurinary tract disease (feline urological syndrome). Reportedcomplications include haemorrhage, wound dehiscence, sub-cutaneous urine leakage, anuria, urinary/faecal incontinence,cystitis/urethritis, and urethral stricture.

Prepubic urethrostomy in male catsPrepubic urethrostomy is indicated for the treatment of ure-

thral trauma, urethral neoplasia, and for the management of

complications of perineal urethrostomy in male cats. Thecomplications of prepubic urethrostomy are similar to thosediscussed for other urethrostomy procedures; they includeurethral obstruction, peristomal skin irritation or necrosis, uri-nary incontinence and unresolved lower urinary tract disease(Baines and others 2001).

Urethral anastomosisUrethral resection and anastomosis is indicated for the

treatment of urethral trauma or neoplasia. Access to theintrapelvic urethra is achieved by pubic symphysiotomy or bypubic osteotomy. Complications of urethral anastomosisinclude urethral stricture formation, the leakage of urine fromthe site of the anastomosis, urinary incontinence, recurrenceof the underlying condition (neoplasia, etc.), orthopaedicissues related to the symphysiotomy/osteotomy.

UrethropexyUrethropexy is indicated for the surgical management of

urethral sphincter mechanism incompetence (uSMI) in thebitch and more rarely in the male dog. Complications of thesurgery include failure to resolve the incontinence, postopera-tive urethritis/cystitis, and on rare occasions the developmentof dysuria and stranguria (White 2001).

ColposuspensionColposuspension is indicated for the surgical management

of uSMI in the bitch. Complications of the surgery includefailure to resolve the incontinence, postoperative urethri-tis/cystitis, and on rare occasions the development of dysuriaand stranguria (Holt 1985).

Urethral submucosal injection of collagenUrethral submucosal injection of collagen is indicated for

the management of uSMI in the bitch and more rarely in themale dog (Barth 2005). Complications of the procedureinclude failure to resolve the incontinence, postoperative ure-thritis/cystitis, and the development of dysuria and stranguria.In the male dog, the procedure is sometimes performed via aurinary cystotomy and in such cases, additional complicationsassociated with the cystotomy may be seen.

References

Baines SJ and others (2001) Prepubic urethrostomy: a long-term study in 16cats. Vet Surg 30, 107.

Barth A and others (2005) Evaluation of long-term effects of endoscopicinjection of collagen into the urethral submucosa for treatment of ureth-ral sphincter incompetence in female dogs: 40 cases (1993-2000). J AmVet Med Assoc 226, 73.

Fitzpatrick JM and others (1980) Intrarenal access: effects on renal functionand morphology. Br. J Urol 52, 409.

Gahring DR and others (1977) Comparative renal function studies of nephro-tomy closure with and without sutures in dogs. J Am Vet Med Assoc171, 537.

Holt PE (1985) Urinary incompetence in the bitch due to sphincter mecha-nism incompetence: surgical treatment Vet Rec 26, 237.

Kyles AE, Aronsohn M, Stone EA (1996) Urogenital surgery. In: Complica-tions in Small Animal Surgery. Eds. Lipowitz AJ, Caywood DD, New-ton CD, Schwartz A p 455.

Munch LC (1991) Techniques of nephrostomy. In: Urologic Surgery. 4th edi-tion, Glenn JF (ed), Lippincott, Philadelphia p 177.

White RN (2001) Urethropexy for the management of urethral sphinctermechanism incompetence in the bitch J Small AnimPract42, 481.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

258

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 258

Page 259: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ESOPHAGITIS

Esophagitis is much more common than many cliniciansare aware. The difficult partly arises from the fact thatesophagitis can present with clinical signs that lead one tobelieve the dog is vomiting instead of regurgitating. Further-more, mild esophagitis may only cause minor signs (mildregurgitation of mucus and phlegm) while severe esophagi-tis can cause so much pain that patients refuse to swallowwater or even saliva. Because there can be so wide a rangeof clinical signs, it is easy to forget that esophagitis is a dif-ferential for a patient. It is critical to identify that esophagi-tis is present as delayed diagnosis can have serious clinicalrepercussions. Substantial inflammation of the esophagealmucosa causes muscular weakness by interrupting the reflexarcs within the esophagus and/or between the esophagus andthe brain. However, this weakness is not always reflected byfinding megaesophagus. Most patients have very minoresophageal distention and yet can have major signs. Like-wise, barium esophagrams can have relatively minorchanges and not reflect the severity of the esophagitis.Esophagoscopy typically shows an edematous, reddened,bleeding esophageal mucosa, ± structure formation, makingit the diagnostic method of choice to find esophagitis. How-ever, in rare cases, there may be more subtle changes withthickening and discoloration (especially at the loweresophageal sphincter of cats).

Adding to this problem is the fact that there is such a widerange of causes of esophagitis. Severe esophagitis may becaused by anesthetic procedures in which animals are placedin dorsal recumbency and then have gastric acid pool in theiresophagus for relatively long periods of time. However, gas-troesophageal reflux from any cause can be responsible.Hiatal hernias occasionally are responsible for such reflux.Rare animals ingest caustic substances (e.g., lye), and somecats will like caustic disinfectants off their fur. However, asurprisingly large number of animals are administered caus-tic substances by veterinarians. In particular, tetracyclines,NSAIDs, ciprofloxacin and clindamycin are recognized ashaving substantial potential to cause esophagitis. Pills andcapsules are notorious for lodging in the esophagus of cats,and it is therefore not surprising that doxycycline is a recog-nized cause of esophageal stricture in cats. Esophagitis mayalso be secondary to any cause of protracted vomiting. Inparticular, parvovirus enteritis may cause such intense vom-iting that esophagitis results. If a vomiting animal has thecharacter of its vomitus change, which seems to suggest

regurgitation, consider the possibility that esophagitis hasoccurred secondary to the persistent vomiting. Gastrinoma(a tumor which secretes gastrin and results in massive gas-tric acid secretion) also causes esophagitis because of thevast and unending amounts of acid the esophagus is exposedto as the dog continually vomits. Gastroesophageal refluxmay be potentiated by or even caused by esophagitis (whichmay be caused by reflux in the first place). Thus, there maybe a positive feedback loop which can be hard to break (i.e.,esophagitis causes more reflux which causes more esophagi-tis which causes more reflux which causes...). Rarely therecan be spontaneous inflammation, as seen with eosinophilicesophagitis in dogs. Brachycephalic dogs seem to have anincreased incidence of gastroesophageal reflux, esophagitisand perhaps hiatal hernia. Finally, esophageal foreign bodiestypically cause varying degrees of esophagitis. The esopha-gus is far more susceptible to pressure necrosis from a for-eign body than are the stomach or intestines.

You should seek to prevent further gastroesophagealreflux by keeping the stomach as empty as possible by usingprokinetics such as metoclopramide or, preferably, cisapride.Studies in people show that cisapride is clearly more effec-tive than metoclopramide. The only real advantage of meto-clopramide is that it can be given by injection; a useful factin animals that are regurgitating profusely. In addition, gas-tric acid secretion should be minimized and preferably abol-ished. H-2 receptor antagonists (e.g., cimetidine, ranitidine,famotidine) suppress gastric acid secretion, but they do noteliminate it. This is because they are competitive inhibitors.That means that there is constantly some degree of competi-tion between the H-2 receptor antagonists and the stimuli foracid secretion. Omeprazole, lanosprazole and pantoprazoleare non-competitive inhibitors of gastric acid secretion.Therefore, these drugs can be noticeably more effective andcan cause near gastric anacidity. You can try to achievegreater efficacy with the H-2 receptor antagonists by dou-bling or tripling their dose.

Sucralfate is of uncertain value in patients with esophagi-tis. Unless there is some gastric acid reflux into the esopha-gus (which you are desperately trying to stop in the firstplace), it is doubtful that the sucralfate is of much use. If youuse it, it should be administered as a slurry.

A combination of omeprazole and cisapride seems to bethe most effective medical treatment regime. Antibiotics areused to treat secondary infections, but nobody really knowsif they do anything in this regard. Glucocorticoids have beenthought to help retard fibrous connective tissue proliferation

Esophageal diseases that are often misdiagnosed(inflammation, strictures, hernias)

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

259

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 259

Page 260: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

and cicatrix, but their effectiveness is uncertain (and theymight predispose to infection). Placing a PEG tube seems tohave some real advantages in patients with very severe dis-ease. First, we will then know that the cisapride and omepra-zole tablets will reach the stomach. Second, we will alsoknow that the animal will receive its caloric and proteinneeds, and hopefully with less irritation to the esophagusthan would have occurred otherwise.

If there is severe esophagitis, cicatrix may form andobstruction develop subsequently. Diagnosis of stricture isbest accomplished by esophagoscopy IF the operator isfamiliar with such obstructions. It is surprisingly easy topass a slender endoscope through a stricture and never rec-ognize the stricture. It is also surprisingly easy to miss a par-tial obstruction due to a stricture with a barium esophagram.If you suspect a stricture and must use a barium esophagramto make the diagnosis, use barium mixed with solid food.Balloon-dilatation or bouginage is recommended if a stric-ture has occurred. Many animals need to have 2-6 dilatationprocedures (all the while being treated for esophagitis),although some only need one procedure and some needmore than 15. Do not try to resect the stricture unless youhave had prior dilatation procedures fail.

Hiatal hernias may be more common than suspected.They can be difficult to diagnose, and one may need to putpressure on the abdomen during film exposure to try to pushthe stomach through the hernia and into the chest so that itcan be diagnosed radiographically. Shar Pei’s seem to havea relatively high incidence of hiatal hernias.

Gastrinoma is another cause of esophagitis. Dogs withthis tumor usually vomit profusely and thus burn the esoph-agus by the large volumes of gastric acid which pass throughit. Most affected dogs have vomiting, diarrhea, and weightloss. Increased serum gastrin concentrations are necessaryfor diagnosis. Aggressive H-2 receptor antagonist therapycan be used, but omeprazole is preferred.

CICATRIX

Cicatrix (i.e., scarring) may occur after an episode ofsevere esophagitis from any cause (including foreignobjects). It is particularly easy to miss this problem on a bar-ium swallow if only liquid barium is used. If radiographsusing liquid barium are nonrevealing, repeat the study usingbarium mixed with food, which is more likely to stop at apartial obstruction. Endoscopy is very good at finding theselesions; however, you must keep in mind the size of the

patient as you evaluate the esophageal lumen. A partial stric-ture will be very obvious in a 10 lb dog or cat but may notbe apparent in an 85 lb animal. Balloon-dilatation orbougienage is usually effective; it is also more likely to besuccessful than surgery and resection of the affected area. Ingeneral, surgical resection should be a last ditch resort andonly used if esophageal ballooning or bougienage has faileddespite repeated dilatations. However, you must use properesophageal balloons because Foley catheters and endotra-cheal tubes with inflatable cuffs will often not allow you todilate a dense or mature stricture. More difficult cases (i.e.,those with extensive strictures or with concurrent severeesophagitis) may benefit from several newer techniques.

Endoscopic administration of intralesional steroids mayhelp minimize reformation of the stricture. Typically weinject1-2 ml of triamcinolone at the site of the stricture eitherbefore or after ballooning. Special needles are used to per-form injections through the endoscope without damaging thebiopsy/aspiration channel.

Another technique used in difficult strictures is to make3-4 equidistant cuts into the stricture using an electro-cautery device (i.e., either a snare or a knife) prior to bal-looning. This helps the stricture to “break” open at multiplespots with the idea that there will be 3 or 4 smaller, lessdeep lacerations at the stricture site instead of one major,deep laceration which is more likely to restricture. Howev-er, you should not attempt to use electrocautery through anendoscope unless you have some training less you cause toomuch trauma to the tissues or destroy your endoscopicequipment.

Another technique is to “paint” the site where the stricturewas broken down with Mitomycin (NOT mithromycin C,there is a difference). A 5 mg bottle is reconstituted andsoaked up into a gauze sponge. Then this sponge is endo-scopically placed on the site where the stricture was brokenup for 5 min. Then it is flushed off with 60 ml of water.

Finally, for particularly difficult cases, stents may beplaced in the esophagus. Depending upon the type of stent,these must sometimes be sutured in place. Stents custommade for dogs may be obtained from the Infiniti corporation(http://www.infinitimedical.com/p_stents.html).

The device that allows you to suture the stent in place bymeans of a flexible endoscope is made by Pare Surgical Inc(http://www.infinitimedical.com/p_stents.html).

The major point to remember is that if an animal starts tohave problems days to weeks after anesthesia, considerstrongly the possibility that an esophageal stricture hasdeveloped secondary to esophagitis.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

260

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 260

Page 261: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

When there is a substantial amount of blood being eject-ed from the mouth, there tend to be 3 major reasons: coagu-lopathy, swallowing blood from elsewhere and gastrointesti-nal ulceration/erosion (GUE).

Coagulopathies: Most coagulopathies cause concomitantbleeding from the nose or accumulation of blood in bodycavities or petechia. However, there are many cases in whichthe only sign of a systemic coagulopathies is GI bleeding.Therefore, it is always appropriate to check the plateletcount and some measure of clotting factor adequacy in ani-mals with hematemesis or GI blood loss.

Ulcers and erosions: The most common causes of chron-ic, unresolving GUE that are also the easiest to check for aremast cell tumor, drug administration and “stress”.

Drugs are still a very important cause of GUE in the dog,despite all the newer, “safe” NSAIDs. High doses of dexam-ethasone also have substantial potential for significant GUE.Prednisolone by itself is generally not ulcerogenic unless it isused in very high doses (e.g., > 2-3 mg/lb/day) or is adminis-tered to a patient with other “ulcerogenic” risk factors (e.g.,hypoxia, poor perfusion), and even then it is not particularlybad. Combining steroids and non-steroidal drugs can be dev-astating. You can use ultra-low dose aspirin (0.5 mg/kg oncedaily) when treating IMHA dogs with steroids.

There continues to be a substantial problem with the use ofnonsteroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs). While thenewer Cox-2 NSAIDs (e.g., carprofen, etogesic, deracoxib,meloxicam, etc) have much less potential for causing GUEthan the older NSAIDs, you can still see GUE (and even per-foration) due to these drugs. The problem often revolvesaround using inappropriately high doses (after all, the drug isso safe that...), using the drug at the wrong time (e.g., whenthe patient is experiencing shock or has poor perfusion to thealimentary tract), and possible using the drug too soon afterstopping some other NSAID. Stress, when mentioned as acause of ulcers, specifically refers to substantial decrease invisceral perfusion (e.g., hypovolemic shock, neurogenicshock, Systemic Inflammatory Response Syndrome) that istypically obvious from history and/or physical examination;or, it can refer to extreme exertion (e.g., sled dogs running insubzero weather for 100 miles).

Mast cell tumors may look like any skin lesion. In partic-ular, they can perfectly mimic the appearance and feel oflipomas, such that the only way to distinguish them fromlipomas is by aspirate cytology.

Hepatic failure seems to be another important cause ofGUE in the dog. Anytime a dog with hepatic disease sud-denly becomes clinically worse (especially if it becomesobviously encephalopathic), you should consider the possi-bility of GUE.

Gastric tumors, leiomyomas and leiomyosarcomas in par-ticular may cause dramatic bleeding. This is especiallyimportant because this tumor is often curable with surgery,as opposed to lymphomas and carcinomas that are morecommon, have less dramatic signs, seldom cause GI bloodloss and yet have a much worse prognosis. Unfortunately, itcan be hard to adequately image the stomach with ultra-sound, and these masses can be missed if there is blood,ingesta and/or air in the stomach.

Gastrinomas are typically small pancreatic tumors whichproduce large quantities of gastrin, a hormone which causesgastric acid secretion. Multifocal duodenal ulceration/ero-sion is very suggestive of this tumor, as is a large ulcer justpast the pylorus (as for mast cell tumors).

Ingesting blood: This is a possibility that is typically for-gotten. However, it is surprisingly easy to have bleedingpulmonary lesions in which the blood is coughed up, swal-lowed, and later vomited.

Clinical approach to the patient with hematemesis orGI bleeding: There is often something in the history that issuggestive of the cause of the bleeding (e.g., use of NSAIDs,shock, etc). If that is the case, then it is often reasonable tobegin appropriate therapy after requesting basic laboratorytesting (e.g., CBC, serum chemistry panel) to determine theseverity of the bleeding and if there are other diseases (e.g.,hepatic disease, renal disease) present. Imaging (especiallyultrasound) is typically appropriate but not necessarily imper-ative at this time. If the cause of the GI bleeding orhematemesis is not obvious, if the patient has not respondedto 5-7 days of appropriate therapy, or if the bleeding is severe,then additional diagnostics are important and should be per-formed promptly.

Diagnostic approach: First, as stated above, it is wise to firsteliminate coagulopathy with a platelet count and some meas-ure of clotting factor adequacy. I typically request PT andPTT, but a mucosal bleeding time is a very useful screeningtest in these patients. Sometimes there is both a mucosaldefect and a coagulopathy. In particular, if ehrlichiosis is pos-sible, one must consider the possibility that the patient haswhat would normally be an insignificant mucosal defect but

Gastrointestinal hemorrhage - ulcers, erosions and more

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

261

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 261

Page 262: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

which is bleeding because of the effects of Ehrlichia spp.upon platelet numbers and their function. After coagulopathyhas been eliminated, then imaging should be done if it has notalready occurred, and ultrasound is especially important as itmay reveal masses that can be aspirated percutaneously, thusavoiding the need for endoscopy/surgery.

If these tests have not revealed the diagnosis, then gastro-duodenoscopy is generally performed next. The specific rea-sons to do gastroduodenoscopy in a patient with GI bleedingare to:a) determine if this is a case in which surgery can remove a

defined number of ulcers (this is for cases that are bleed-ing and have not responded to medical management orcases that are bleeding so badly that one cannot wait onmedical management). In these cases, it is important tobe sure that bleeding is not due to widespread erosionsthat cannot be cured surgically. There is no relationshipbetween the size of the mucosal defect and the amount ofbleeding; patients with lots of small erosions often bleedas bad or worse than patients with ulcers. It is also impor-tant to determine the number and location of such ulcersas they may be hard to find during a gastrotomy.

b) determine if there is a gastric tumor or some other infil-trate in a patient with GUE that is non-responsive toappropriate therapy.

c) determine the cause in a patient with GUE and no appar-ent cause on the history, physical examination, or routineblood work.

d) look for a cause of bleeding in a patient with GI bloodloss of unknown cause.

It is important to note that endoscopy will not generallyallow one to determine if an ulcer will or will not respond tomedical management. In most cases, only by treating andobserving the patient will you know.

It is important to not give carafate within 24-36 hr beforeendoscopy because it will cover the lesions and make eval-uation more difficult. It is best if food has been withheldfor at least 24 hours. Avoid prokinetics (e.g., metoclo-pramide). Endoscopy of these patients may be difficult isthere is substantial blood present in the stomach. If a causeof upper GI bleeding cannot be found in the stomach orduodenum, strong consideration should be given to exam-ining the trachea, bronchi, and choana while the patient isanesthetized. Patients with hematochezia may benefit fromcolonoileoscopy, but patients with hematemesis or melenararely benefit from lower endoscopy. If there is substantialupper GI blood loss and these tests do not allow diagnosis,then exploratory surgery is the next step. However, it is veryeasy to not be able to find the cause of the bleeding in thesepatients, so warn the owner before doing the procedure.

Medical management: If the patient is not exsanguinat-ing, the cause is known or strongly suspected, and the patienthas not had 5-7 days of appropriate medical therapy, thenmedical therapy is often reasonable as opposed to doing amajor diagnostic work up. In distinction, if the patient isexsanguinating or if the patient has not shown any apprecia-ble response to 5-7 days of appropriate medical therapy forthe ulceration, then it is usually reasonable to surgicallyresect the ulcerated area. If surgery will be considered, it isusually very wise to perform gastroduodenoscopy before thesurgery to be sure that you find all of the sites of ulceration.It is very easy to fail to detect an ulcer at surgery, andendoscopy usually allows one to easily find all areas ofulceration. Sometimes intraoperative endoscopy is necessaryto help the surgeon find the ulcer(s).

If medical management is elected, first be sure to removethe cause of the GUE. If the cause is not removed, medicalmanagement tends to be far less successful. Next, be surethat the patient is well hydrated; healing of the gut requiresor is at least benefitted by adequate perfusion. If there is sig-nificant gastroduodenal reflux of bile, metoclopramide orcisapride may be helpful in preventing bile from enteringand/or staying in the stomach and augmenting the ulcero-genic process.

H-2 receptor antagonists are commonly used. The pri-mary value of the H-2 receptor antagonists is in treatingexisting ulcers and erosions. They can be helpful in pre-venting some types of ulcers, but this is not true with alltypes of ulcers (e.g., they are not effective in preventingulcers due to NSAIDs or due to steroids).

Proton pump inhibitors are the most effective antaciddrugs we have. The dose of omeprazole is 0.7-1.5 mg/kg qd,although I have often used it at up to 2 mg/kg bid in patientswith severe reflux esophagitis or gastrinomas. The dose oflanosprazole (Previcid) and pantoprazole (Protonix) is 1mg/kg IV (not approved for use in dogs). It generally takes2-5 days for a PPI to have maximal efficacy; therefore, youwill sometimes start with an H-2 receptor antagonist whilewaiting for the PPI to attain maximal efficacy.

Misoprostol (Cytotec®) is a prostaglandin E analog whichwas primarily designed to be a prophylactic drug used toprevent GUE due to NSAIDs. The main indications to use itappear to be a) the patient that must have NSAID’s to func-tion, but which evidences side-effects from them (e.g.,anorexia, vomiting) and b) the patient that seemingly needsto receive NSAID’s that have substantial potential for suchside-effects (e.g., piroxicam).

Sucralfate seems to be extremely effective in protectingthose areas which are already ulcerated and helping themheal. The only common side-effect is constipation.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

262

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 262

Page 263: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Differential diagnoses for animals that have chronic vom-iting: Most patients with chronic vomiting that is not due tomotion sickness have either a) alimentary tract obstruction,b) peritoneal or gastrointestinal inflammation, or c) any ofseveral extra-alimentary tract (i.e., “systemic”) diseases.Occasionally, there are other causes such as CNS dysfunc-tion, but these causes are rare.

Gastric outlet obstruction may be caused by foreignobjects, tissue proliferation, malpositioning of the stomach,or may be iatrogenic (i.e., due to poorly preformed surgery,especially pyloromyotomies). Contrary to what is suggestedin some texts, you cannot diagnose or eliminate gastric out-let obstruction based upon the presence or absence of elec-trolyte changes. Even the so called “classic” hypokalemic,hypochloremic, metabolic alkalosis due to gastric vomitingis neither sensitive nor specific for gastric outflow obstruc-tion. Finding such laboratory abnormalities simply meansthat a substantial amount of gastric fluid has been lost (orthat furosemide has been administered). The specific dis-eases causing gastric outlet obstruction that are more diffi-cult to diagnose or that are easy to misdiagnose includeantral mucosal hypertrophy, gastric carcinoma, spontaneous-ly resolving partial gastric dilatation-volvulus and iatrogenicobstruction due to poor surgical technique.

Gastric antral mucosal hypertrophy grossly resembles anadenocarcinoma. Gastric antral mucosal hypertrophy is usu-ally found in older, small-breed dogs – the same signalmentthat is so suggestive of gastric tumor. However, mucosalhypertrophy has a much better prognosis because surgery(i.e., pyloroplasty, not pyloromyotomy) is curative. It is notpossible to differentiate gastric antral mucosal hypertrophyfrom cancer based upon gross appearance. Therefore, appro-priate (i.e., deep enough and large enough) biopsy is alwaysindicated before suggesting euthanasia, no matter how obvi-ous the diagnosis appears.

Gastric malignancies are infiltrative lesions that may beproliferative and/or ulcerative. Chow chows seem to havean inappropriately high incidence of these tumors. Theselesions usually have a very poor prognosis unless they arediagnosed very early. Unfortunately, these tumors are rarelydiagnosed early because the most common clinical sign ofgastric tumors (and for many patients with gastric disease,for that matter) is anorexia, not vomiting. The problem isthat when an older animal does not want to eat as well as itused to eat, the change in appetite is often attributed to thepet’s “getting along in years”. Subsequently, nothing muchis done until the problem is severe or the animal is losing

significant amounts of weight or the animal starts vomiting.This means that these animals are often not given aggres-sive diagnostic work ups early in the course of the disease,which is when the clinician would have the best chance ofcuring the disease. However, if the tumor is at the pylorus,then obstruction may occur relatively early in the course ofthe disease, making early diagnosis and curative surgerymore likely.

Abdominal ultrasound is typically the first step in suchpatients, and should generally be done before endoscopy, ifpossible. It is easy to miss infiltrative gastric lesions withan ultrasound, but if one if found, one may attempt to diag-nose it with percutaneous fine needle aspiration. While it iscommon to not obtain diagnostic samples due to so manytumors being scirrhous, it is a quick, safe technique thatoccasionally is diagnostic (especially for lymphomas).Even when endoscopy will be done, ultrasonography mayfind submucosal lesions that can be easy to miss endoscop-ically. Clinicians are often reluctant to endoscope patientsthat have anorexia as their only sign of disease; however,that is wrong. While it is true that most of the time you willfind little or nothing when you do scope patients with unex-plained anorexia, you should still recommend endoscopybecause this is your best chance of finding gastric diseases(especially malignancies) while they are more likely to betreatable. However, it is also possible to make mistakes dur-ing gastroscopy. In particular, tumors which are submucos-al (i.e., are not invading the mucosa) may have normalappearing mucosa overlying them and be missed if a biop-sy is too superficial (something very possible with flexibleendoscopy).

Gastric foreign objects are common and are usually respon-sible for vomiting, anorexia, and/or abdominal discomfortwhen they are present. However, the mere presence of a for-eign object in the stomach does not guarantee that it is caus-ing that animal’s clinical signs. If there is any doubt aboutwhether a particular foreign body is causing vomiting (e.g.,some cloth that is not obstructing the pylorus or causing a lin-er foreign body effect) you should biopsy the gastric and duo-denal mucosa while you are removing the foreign object sothat you have tissue samples for histopathology in case theanimal continues to vomit after you have removed the object.

Bilious vomiting syndrome is a situation in which other-wise normal animals vomit bile, usually in the morning,shortly after getting up. Typically, these patients are other-wise normal. This is also a diagnosis of exclusion. It appearsto be some sort of gastroduodenal reflux syndrome. Feeding

Chronic vomiting in dogs and cats

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

263

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 263

Page 264: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

the dog just before it goes to sleep, or sometimes giving aprokinetic (e.g., metoclopramide or cisapride or erythromy-cin) late at night before it goes to sleep usually solves theproblem.

Extra-alimentary tract (i.e., “systemic”) diseases thatespecially must be considered in dogs and cats that are vom-iting are: 1) renal failure, 2) adrenal hypofunction, 3) hyper-calcemia, 4) diabetic ketoacidosis, 5) acute pancreatitis, 6)hepatic inflammation/hypofunction, 7) feline hyperthy-roidism, and 8) pyometra.

Alimentary tract inflammation can be the most difficult ofthe three main categories to diagnose. You cannot rely onCBC’s or radiographs or ultrasonography; you need appro-priate biopsies in order to make this diagnosis.

Diagnosis of gastric Helicobacter infection is usuallyobtained by cytology, urease testing of gastric mucosa, and/orhistopathology of gastric mucosal biopsies. Histopathologyis more than adequate for diagnosis in almost all dogs andcats. Cytology (which is actually a bit more sensitive thanbiopsy) is performed on gastric mucosal biopsy samples oron cytology samples obtained with endoscopic brushes.Slides can be stained with new methylene blue or Diff Quickor various other techniques. Treatment in people hasinvolved a variety of combinations of drugs. Macrolides maybe the most effective antibiotics. There are anecdotal reportsof erythromycin working well as a single agent in some catsand dogs. Clarithromycin and azithromycin have been usedwith apparently good success in infected people. The cur-rently recommended dose of azithromycin appears to be 5mg/kg qd for cats and 10-40 mg/kg qd to bid for dogs.Azithromycin has fewer side effects than erythromycin but ismore effective. Use of omeprazole to eliminate gastric acid-ity seems to make antibiotics more effective. Omeprazole is,in people at least, distinctly more effective for helping toeliminate Helicobacter infections than either cimetidine orfamotidine. Combinations of omeprazole, azithromycin, andmetronidazole seemingly only need to be given for 7-12 daysto effect a cure in people. However, because dogs and catsare infected with Helicobacter species other than H. pylori,much less aggressive therapy is typically satisfactory. Famo-tidine (0.5 mg/kg bid), amoxicillin (10 mg/lb bid), andmetronidazole (10-15 mg/kg bid) for 12-14 days appears tobe more than adequate; however, re-infection or recrudes-cence seems common.

The fundamental question is whether we should treat ani-mals with upper gastrointestinal signs for Helicobacter

infections. One cannot rely upon the presence or absence ofgastric inflammatory infiltrates to be able to determine theclinical significance of the presence of Helicobacter. Onestudy found that cats that were not vomiting were just a like-ly to have these spirochetes and gastric inflammation aswere cats that were not vomiting. Because of our inability tolook at a gastric biopsy and determine if the bacteria areresponsible for the clinical signs, our current approach is tofirst determine if there are any other potential causes for thevomiting in the patient. If there is another potential causethat looks as or more likely to be causing the vomiting, wetreat it first. If this treatment does not work or if there is noother identifiable cause of vomiting, then one may treat forgastric Helicobacter and see if the patient responds. It is alsoreasonable to treat vomiting dogs and cats for Helicobactergastritis before proceeding with more aggressive diagnosticssuch as endoscopy. However, particularly ill animals shouldgenerally first have diagnostics. There is no evidence thatdogs and cats are a zoonotic risk for H. pylori infection inpeople. Helicobacter heilmannii is distinctly less commonas a human pathogen than is H. pylori, but dogs and cats maybe a risk factor for human infection with this organism. Atthe time of this writing, it is still not clear how most peoplebecome infected with Helicobacter pylor, but dogs and catsdo not appear to be involved.

Focal gastritis is a potentially confusing problem. Gastriclesions may be relatively focal and yet cause major vomit-ing. Lesions at the lower esophageal sphincter may be espe-cially hard to diagnose since they are only diagnosed by theretroflexed view when doing gastroscopy.

Lesions of the ascending colon or ileo-colic area or cecummay also cause vomiting, especially in cats. The interestingpoint is the animal may have absolutely no other signs toindicate the lower intestinal involvement (e.g., diarrhea).

Salivary gland disease has been associated with some cli-nicians as a cause of intractable gagging and vomiting. Inmany cases, there are no microscopic lesions in grosslyenlarged salivary glands (i.e., sialoadenosis) while in somepatients inflammation and/or infarction is present (i.e.,sialoadenitis). At this time, cause-and-effect have not clear-ly been established. Furthermore, we have seen vomitingpatients with large, diseased salivary glands that regressedonce a gastric foreign body was removed. All that can besaid at this time is that salivary gland enlargement can cer-tainly be the effect of and may possibly be the cause ofchronic gagging and vomiting.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

264

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 264

Page 265: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Once parasites, protein-losing enteropathy, and maldiges-tion are eliminated (i.e., you have determined that the patienthas a non-PLE malabsorptive disease), the question iswhether to recommend therapeutic trials or a major diagnos-tic work up. If the patient can tolerate a possible delay of 4-8 weeks without undue risk, then therapeutic trials are rea-sonable. If therapeutic trials are performed, they must bedesigned such that even if they fail, useful information isobtained and the clinician is further ahead than previously.Always ask yourself: “If this therapy fails, will I really knowmore about what the patient probably has, or will I be asconfused as I was before treating it?”.

Antibiotic-responsive enteropathy (ARE) seems to be arelatively common problem in dogs. It can best be describedas a syndrome in which there are substantial numbers of bac-teria in the upper small intestines AND the host responds tothem in such a manner as to cause intestinal dysfunction.These bacteria are not usually obligate pathogens. Rather,they can be of any species, and E. coli, Staph, Strep, andCorynebacterium are particularly common aerobic/ faculta-tive anaerobic bacteria found in the upper small intestines,while Clostridium and Bacterioides are especially commonanaerobic bacteria. These bacteria are probably commensalsor they may represent contamination from ingested materialwhich is not eliminated by normal host defense mechanisms.The signs they produce, if any, seemingly depend upon atleast two factors: a) which bacteria are present and b) howthe host responds to them. The relationship of ARE to IBDis unclear, but it seems very possible that bacteria could beresponsible for either initiating and/or perpetuating the intes-tinal inflammation we call IBD. The term “dysbiosis” hasbeen suggested as the bridge between ARE and IBD – that isto say that having bacteria that are somewhat prone to causeproblems (i.e., usually enterics such as E. coli) as opposed tohaving overt pathogens.

Antibiotic-responsive enteropathy is hard to definitivelydiagnose with laboratory tests. Histopathology and cytologyof the intestinal mucosa are extremely insensitive at detect-ing ARE. Serum cobalamin and folate concentrations havebeen used for diagnosis, and finding both a low serum cobal-amin and an increased serum folate concentration has beenconsidered to be relatively specific for ARE. Measuringserum cobalamin and folate concentrations is relativelyinsensitive and non-specific for detecting ARE. There aremany dogs with chronic GI disease that respond to antibiot-ic administration but which have normal cobalamin and/ornormal folate concentrations. It would seem that treatment

for ARE is justified regardless of whether the serum cobal-amin and folate concentrations are normal or abnormal,leading one to ask whether there is any benefit to measuringthem to diagnose this disorder. Finding hypocobalaminemiaor low serum folate levels is beneficial when looking for oth-erwise occult gastrointestinal disease. Supplementing cobal-amin can clearly make cats feel better and diarrhea diminish.In fact, it is almost getting to the point where it is neverwrong to give any sick cat cobalamin injections, regardlessof blood values of the vitamin. Severe hypocobalaminemiahas been suggested to be a poor prognostic signs. While thevalue of supplementing cobalamin to cats is clear (in fact, itis almost never wrong to give any sick cat supplementalcobalamin), the clinical value of administering cobalamin todogs with low serum cobalamin concentrations is veryuncertain.

Culture of the small bowel was once considered the “goldstandard”, but this test is fraught with problems. First, it istechnically hard to do it correctly. Samples must be obtainedwithout contaminating them with oral secretions. Then theymust be processed correctly in an expedient manner so asnot to lose any anaerobic bacteria while not allowing thenumbers of aerobes to increase. Many investigators havesnap frozen fluid samples to culture them later, but suchfreezing appears to kill large numbers of bacteria, especiallyanaerobic bacteria. We now know that culture only detectsabout 30% of the bacteria in the gut; the other 70% cannotbe cultured. This makes one seriously question the value ofculture unless one is searching for a specific pathogen, andeven then there are culture-less methods (e.g., PCR) thatmay be better. Finally, as has already been said, just cultur-ing bacteria from the small bowel does not allow one tomake a diagnosis of a bacterial disease of the small intes-tines. Large numbers of bacteria (i.e., > 107 CFU/ml) can bepresent in dogs without any evidence of any clinical disease.For these reasons, we very rarely culture the small intestineof dogs with chronic GI disease. However, there are rarepatients that appear to have ARE and yet are resistant totreatment with commonly used antibiotics. Seemingly, thesedogs may have one or two very resistant bacteria in their GItracts, and culture may be required to determine what antibi-otic will be effective. However, we have only seen this sce-nario twice, and we believe it to be very rare.

Because of the apparent difficulty in diagnosing ARE withlab tests, empirical antibiotic therapy is often chosen as ameans to diagnosis instead of laboratory tests. The obviousdrawbacks to this approach are a) clinical “response” of the

Chronic small bowel diarrhea - IBD is NOT the most common cause

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

265

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 265

Page 266: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

patient to the administered antibiotics may be due to theantibiotics or may be due to something else, b) if the patientdid not respond to the antibiotic, it may be that you used thewrong antibiotics, and c) even if the patient does have ARE,there may be yet another disease present (e.g., a tumor caus-ing a partial intestinal obstruction) which predisposed thepatient to the ARE.

Because any bacteria can be present in the upper smallintestine, the species of bacteria in the upper small intestinemay change from week to week, and we seldom knowwhich bacteria we are treating, broad spectrum antibioticsdesigned to lessen bacterial numbers seem to be indicated.You can never sterilize the GI tract. However, because clin-ical signs are due to a combination of large numbers plus analtered host response, simply lessening the numbers of bac-teria often seems beneficial. Oral aminoglycosides weregenerally considered a poor choice to treat ARE becauseanaerobic bacteria (which have been suggested to be moreof a problem) are resistant to aminoglycosides. However,this opinion is not clearly correct as there are occasionalpatients that clearly improve when given amikacin orally.Tetracycline is often effective; but, giving tetracycline isinconvenient. Tetracycline must be administered alone (i.e.,without any food) and yet be washed down with water toensure that the capsule to tablet does not stick in the esoph-agus and cause esophagitis. Tylosin powder has also beenuseful and is revered by many clinicians. Some clinicianslike metronidazole; however, I have not been impressedwith the efficacy of metronidazole for ARE. Metronidazoleseems to have real benefit in many GI disorders, probablybecause it is so effective in eliminating many anaerobic bac-teria. For patients that are EXTREMELY ill in which weneed to know RIGHT NOW whether or not it will respondto antibiotics (i.e., that patient is so ill that you cannot takea chance of being 2-3 weeks from now and not having aresponse to therapy), I use a combination of enrofloxacin,cephalosporin and metronidazole. I did not say that I usedthis combination for long periods of time. I use this combi-nation when I absolutely have to know whether or not I willhave a clinical response within the next 2-3 weeks or take achance on losing the patient.

Regardless of which drug is used, such a therapeutic tri-al should be performed for at least 2-3 weeks before a deci-

sion is made as to its efficacy. Remember, you must notonly suppress the numbers of bacteria, but you must alsoallow the intestinal mucosa time to heal. Finally, it appearsthat concurrently feeding a high quality elimination dietcan substantially enhance the efficacy of the antibiotictherapy. Therefore, we now routinely use both in our ther-apeutic trials.

If the patient appears to respond to this therapeutic trial ofelimination diet and antibiotics, then it appears best to con-tinue everything unchanged for an additional 2-4 weeks tobe sure that the patient responded to this therapy (as opposedto the patient having some fortuitous, transient response towho-knows-what). If the patient is still doing well at thattime, then you either a) stop the antibiotics and see if theydiet alone is sufficient to control signs or b) slowly wean theantibiotics to their lowest effective dose (e.g., once a day oreven once every other day). It all depends upon how fre-quently the clinical signs occur. If the signs occur once every2 + months, then it obviously makes sense to only treat whenthe patient is symptomatic. If the signs consistently recurwithin a few days of stopping the antibiotics, then you areprobably stuck with treating almost constantly. This lattersituation is one of the two times in veterinary medicine thatI am aware of in which it is reasonable to look for the low-est effective dose of an antibiotic. Some patients only needantibiotic administration every 2 to 3 days in order to main-tain control. In some cases, the patient will breakthrough andre-develop clinical signs after several weeks or months, anda different antibiotic must be used. If the decision is made tostop administering the antibiotics, then the owners should bewarned that it is possible that the signs are likely to recur atsome point. For ARE to occur, there is probably some defectin host defense mechanisms that allowed the commensalbacteria to cause the clinical signs, and this defect is unlike-ly to disappear. The question is how severe is the defect (i.e.,is the dog likely to have problems continually or only oncein a while)?. You should warn the clients that they are likelyto have to deal with this problem repeatedly and you need toexplain the difference between “cure” and “control”.

Other options that are becoming increasing more interest-ing are prebiotic and probiotic therapy. In particular, thesetherapies are being looked at as possible alternatives to pro-tracted antibiotic therapy.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

266

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 266

Page 267: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Perhaps the most important point of this discussion is thatwhile hypoalbuminemia has repeatedly been reported to bea poor prognostic sign in patients with chronic GI disease,there may be one or more subset(s) of patients that respondwell to appropriate therapy. Therefore, diagnosing PLE isnot necessarily cause for despair. However, since many ofthese animals have severe alimentary tract disease that needsto be diagnosed promptly to maximize the chance for suc-cessful therapy, aggressive diagnostics are typically anappropriate recommendation. Although therapeutic trialscan be chosen in place of classic diagnostic tests in many ofthe more common alimentary tract diseases (e.g., dietaryallergy, dietary intolerance, antibiotic-responsive enteropa-thy, parasites), such an approach is generally ill-advised ifthe serum albumin concentration is less than 2.0 g/dl. This istrue because it may be necessary to perform an antibioticand/or dietary therapeutic trial for 3-6 weeks in order toascertain if it is being effective, and a patient with severePLE can become markedly worse in that time, especially ifthe serum albumin concentration is falling rapidly.

Any GI disease can cause PLE if it is severe enough.Many acute GI disease cause PLE (e.g., parvoviral enteritis);however, these diseases typically are comparatively easier totreat than the chronic GI disease causing PLE. Therefore, thefocus in this lecture is PLE in animals with chronic GI dis-ease. The major causes of PLE in adult dogs tend to be intes-tinal lymphangiectasia, inflammatory bowel disease (IBD),alimentary tract lymphoma (LSA), and fungal infections(i.e., histoplasmosis and pythiosis). Other causes include ali-mentary tract ulceration/erosion, severe disease of intestinalcrypts, antibiotic-responsive enteropathy, and parasites. Themajor causes of PLE in juvenile dogs tend to be parasitesand chronic intussusception. Cats with PLE usually haveIBD or alimentary tract lymphoma.

Many dogs with PLE have hypocholesterolemia. Petswith protein-losing nephropathies usually have hypercholes-terolemia, while those with hepatic insufficiency often havehypocholesterolemia. Fecal examinations for parasites areappropriate. Although parasites are an uncommon cause ofPLE in adult animals, pets in select environments (e.g., con-fined areas where patiens can reinfect themselves) may incursubstantial parasitic loads. Once PLE has been diagnosed,intestinal biopsy is usually the ultimate means of establish-ing a diagnosis. Biopsy can be done via laparotomy,laparoscopy, or endoscopy. Feeding a small, fatty meal (usecanned food, not dry, and add in cream or corn oil) the nightbefore the procedure might (?) make it easier to diagnose

lymphangiectasia. Flexible endoscopy, when done by some-one who is trained in how to take diagnostic tissue samplesand submit them is usually more than adequate to obtaindiagnostic samples. However, if endoscopy will be used tobiopsy the small intestines, it is preferable to first ultrasoundthe abdomen to make sure that there are no focal infiltratesthat are out of reach of the endoscope, or which might bemore easily diagnosed by ultrasound-guided fine needleaspiration. Furthermore, there are ultrasonographic changes(streaks in the submucosa) that can be diagnostic. If flexibleendoscopy will be done, one should biopsy both the duode-num and ileum.

Intestinal lymphangiectasia seems particularly commonin Yorkshire terriers and Soft-Coated Wheaten terriers, butmay occur in any breed. Sometimes these dogs have distinctultrasonographic findings: “steaks” in the mucosa that rep-resent dilated lymphatics. While histopathology is obvious-ly the desired means of diagnosis, one can sometimes makea definitive diagnosis based upon grossly visible endoscopicfindings (i.e., numerous, erratic, grossly engorged lactealsseen as large white blebs on the mucosa). These lesions are“fragile” and apparently may be destroyed by biopsyingthem (both endoscopically and surgically) if the endoscopistor surgeon is not careful. It is important to note that lym-phangiectasia can be a relatively localized disease in theintestines, being present in only the ileum or only thejejunum or only the duodenum; therefore, it is important tobiopsy as much of the intestinal tract as possible. Further-more, if one biopsies the intestines and cannot find a causeof PLE, sometimes lymphangiectasia can be tentativelydiagnosed by elimination (i.e., by eliminating IBD, lym-phoma, parasites, intussusception, fungal infections, etc).

Diagnosis by means of endoscopic biopsy is certainlypossible if the endoscopist is trained in taking high qualitytissue samples. However, recent work has demonstrated thatpoor quality mucosal biopsies (e.g., primarily villus tips orsubstantial “squash” artifact) makes is much more difficultor even impossible to find the lesions. If one is taking highquality tissue samples (i.e., total length of the villi plus sub-villus mucosa down to the border of the mucosa and muscu-laris mucosa), it typically takes about 6-7 tissue samples tohave 90-99% confidence in finding lymphangiectasia. How-ever, it can take 5-7 times as many tissue samples to have thesame assurance if you are obtaining poor quality tissue sam-ples that primarily consist of villus tips.

When doing endoscopy, it is important that ileal biopsiesbe taken in addition to the typical duodenal biopsies. We are

Protein-losing enteropathy

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

267

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 267

Page 268: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

finding that ileal biopsies often reveal lesions not found onduodenal biopsies. This is true for lymphangiectasia as wellas lymphoma and other lesions. With basic training, anendoscopist should be able to obtain ileal biopsies endo-scopically at least 85% + of the time. Typically, ileal biopiesare often of higher quality than duodenal biopsies.

Therapy for intestinal lymphangiectasia revolves aroundan ultra-low fat diet, preferably with anti-inflammatory ther-apy designed to alleviate the lipogranuloma formation thatcommonly occurs within the intestinal wall and/or mesen-tery. Supplementation with medium chain triglyceride oil(MCT) used to be recommended because MCT oil suppos-edly bypasses intestinal lymphatics thus preventing furtherrupturing of the lacteals. Pancreatic enzymes were oftenadded to the diet to ensure digestion of the medium chaintriglyceride oil. MCT oil is seldom used anymore, probablybecause appropriate dietary therapy is usually more than suf-ficient. Feeding homemade diets that are highly digestibleand ultra-low in fat (e.g., white turkey meat plus potato orrice) or feeding commercial diets is often very helpful inthese patients. Commerical low fat diets can be used verysuccessfully, but they need to have the lowest possible fatcontent. Such a diet can be so successful that it might occa-sionally be appropriate to use it as a therapeutic trial. Dogswith lymphangiectasia often show a marked increase inserum albumin concentration within 7-14 days of startingsuch a diet.

The important of lipogranulomas in the intestinal wall andmesentery is uncertain. However, it is hypothesized that somepatients fail to respond to appropriate dietary therapy becauseof formation of very large or excessive numbers of lipogran-ulomas that so completely obstruct the intestinal lymphaticsthat even an ultra-low fat diet cannot prevent lacteal rupture.Therefore, once a diagnosis of lymphangiectasia is made(either by histology, grossly at endoscopy, or tentatively byresponse to an ultra-low fat diet), it seems to be appropriateto use anti-inflammatory therapy designed to prevent granu-loma formation/enlargement. Prednisolone, azathioprine,and/or cyclosporin are commonly used for this purpose. I donot like prednisolone, simply because of all the side effects ithas in these patients. Be aware that if you use cyclosporine,it is critical that you measure blood levels of the drug. Not

only is there a major difference between patients in howmuch they absorb, but the bioavailability of the same productmay change as the intestine heals.

If the serum albumin is very low (e.g., ≤ 1.3 gm/dl), oneis often tempted to administer a plasma transfusion whilewaiting to see what effect the diet will have. However, it isexceedingly difficult to increase the serum albumin concen-tration by transfusing PLE patients with plasma because somuch of the albumin is quickly lost out the gut. You wouldprobably have to give at least two units of plasma to a 15 lbdog in order to raise the serum albumin from 1.0 gm/dl to 1.8gm/dl, and sometimes you would have to give 3 or 4 units.If it is critical to raise the plasma oncotic pressure, thenadministering hetastarch may be preferred because it costsless than plasma and it stays in the intravascular compart-ment longer than albumin.

These patients may be a increased risk for hypomagne-semia which may potentiate the problem of hypocalcemia.At this time, we do not know how important it is to supple-ment magnesium to patients, but severe hypomagnesemiacan be resolved by a constant rate infusion of maganesiumsulfate.

Anecdotally, octreotide might help some patients that donot respond to more conventional therapy.

Lesions of the intestinal crypts have been recognized asbeing associated with PLE in dogs. We have identified twodifferent lesions of the small intestinal crypts that can causePLE. One type is characterized by crypts (usually duodenal)that are filled and somewhat distended with proteinaceousfluid and necrotic inflammatory cells. While such dilatedcrypts can be found in many animals, including clinicallynormal dogs, finding large numbers of them in multiple tis-sue samples seems to be consistently associated with PLE.We do not know if this is a cause-and-effect relationship, orif the dilated crypts are simply a marker for some otherprocess but are not causing the protein loss themselves. Sev-eral of these patients have responded to therapy with ele-mental diets, total parenteral nutrition, prednisolone, aza-thioprine, and/or metronidazole. We have seen this lesionassociated with IBD as well as lymphangiectasia (especiallyin Yorkshire terriers). These lesions are extremely easy tomiss if poor quality endoscopic biopsies are performed.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

268

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 268

Page 269: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Once small intestinal disease is diagnosed, the next ques-tion is whether there is a protein-losing enteropathy (PLE)or not. Check the serum albumin concentration (NOT thetotal protein) to make this determination. While it is cer-tainly possible to have PLE and a normal serum albuminconcentration (i.e., the disease has not gone on long enoughyet to cause hypoalbuminemia), we generally reserve usingthe term PLE for those dogs which have hypoalbuminemiaeven though this is not technically correct. If the patient hasa serum albumin < 2.0 g/dl that is not caused by renal lossor hepatic insufficiency, then we typically diagnose PLE bydefault.

Inflammatory bowel disease (IBD), depending upon howyou define it, is not the most common cause of chronic smallor large bowel diarrhea in dogs and may not be as common incats as was once believed. In this discussion, we will defineIBD as “idiopathic inflammation of the intestines”. Thismeans that you cannot diagnose IBD just by histopathology.You diagnose IBD by finding intestinal inflammation andshowing that it is idiopathic by eliminating diet, parasites,bacteria and fungal agents as the cause. You cannot eliminatedietary causes and bacterial causes by histopathology orblood tests; therapeutic trials are necessary. This is veryimportant because diagnosing IBD generally results in anti-inflammatory or immunosuppressive drugs being used.However, if the patient has dietary-responsive or antibiotic-responsive disease, then these drugs are generally unneces-sary. I stress this point because many patients have beenerroneously diagnosed, improperly treated, and significantlyharmed because IBD is a “fashionable” or “trendy” diagno-sis. IBD is a real syndrome and is important for the veteri-nary practitioner to understand. However, it often degener-ates into an excuse of convenience rather than a real diagno-sis. More and more evidence is accumulating that shows thatbacteria are probably a major source of the inflammation indogs and cats with this disease.

SELECT SPECIFIC SMALL INTESTINALDISORDERS

Eosinophilic gastroenteritis is usually easy to diagnosevia mucosal biopsy but does not have consistent CBCchanges. Many cases respond better to a strict eliminationdiet than to corticosteroids alone. However, if dietary therapyby itself is ineffective, then adding 2.2-4.4 mg pred-nisolone/kg body weight/day are used initially for 7-10 days.

If these drugs are effective, the dose may be slowly decreased(over several weeks) to the lowest effective dose to avoidiatrogenic hyperadrenocorticism.

Lymphocytic plasmacytic enteritis (LPE) is primarily adisease of middle-aged to older dogs. It is rarely seen inyoung dogs; I am not saying that it never occurs in youngdogs, simply that it is very rare in young dogs. If you receivea diagnosis of IBD in a 1 or 2 year old dog, I recommend asecond opinion on the histopath slides. When severe LPE ispresent, it can be more difficult to treat than eosinophilicenteritis. Some canine LPE patients respond well to elimi-nation diets, and you should always use such a diet whentreating this disorder. However, high dosages of corticos-teroids (i.e., 2.2-4.4 mg/kg/day) may be necessary. Metron-idazole (10-15 mg/kg, q12hr) should also be used because itmay be as or more useful than steroids and it usually hasfewer side-effects. Azathioprine may also be needed fordogs (NOT cats) with severe disease. Occasionally oraltylosin therapy will be effective if there is concurrent ARE.Even when you are using effective therapy, you may have towait for 2-4 weeks before seeing results.

Budesonide is a steroid that has been used in people forsome time. It administered orally and largely eliminated byfirst pass metabolism in the liver. It have been used in somecats with IBD that did not seem to respond well to more tra-ditional therapy. It is worth noting that we have seen iatro-genic hyperadrenocorticism due to this drug (i.e., the firstpass metabolism is not the silver bullet that people hoped itwould be). The dose is uncertain, but approximately 3 mg/M2

daily seems like a reasonable place to start.Cyclosporin seemingly is becoming recognized as a use-

ful therapy for canine IBD, and it may be helpful in dogswith lymphangiectasia. It does not have the side effects ofsteroids or azathioprine; however, it is critical to measureblood levels of the drug (can start at 7 days after starting thedrug) to be sure that a particular animal is absorbing suffi-cient amounts of the orally-administered drug. I typicallybegin at 3-5 mg/kg bid. This can be very expensive in largerdogs; therefore, some people simultaneously treat with keto-conazole (3-7 mg/kg bid) to inhibit metabolism of thecyclosporin and thereby achieve higher blood levels at lesscost to the client.

Granulomatous enteritis is a very difficult entity to treat(especially in dogs) and has a poor prognosis. Anti-inflam-matory therapy is often ineffective. Be sure that specialstains were done so that histoplasmosis and other organismsare truly ruled out.

Infiltrative intestinal disorders

Michael Willard

DVM, MS, Dipl AVCIM, Texax, USA

269

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 269

Page 270: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

LYMPHOMA

Lymphoma of the small intestine can obliterate the mucosaand cause malabsorption and protein-losing enteropathy.There may be peripheral involvement (e.g., lymphadenopa-thy), but the lesion is often limited to the abdomen and doesnot cause palpable masses. The prognosis is poor, but rarepatients live for years after therapy (e.g., surgery and/orchemotherapy). It can be very difficult to differentiate a well-differentiated lymphoma from lymphocytic enteritis, evenwhen you have full thickness biopsies. Some animals with“lymphoma” have been cured with dietary therapy alone,which is to say that it probably was never lymphoma in thefirst place (regardless of what the biopsy report said). It iscommon to misdiagnose the lymphoma as IBD is poor,superficial endoscopic biopsies are performed (and this ismore common than many realize). Good quality endoscopicbiopsies usually allow diagnosis of alimentary tract lym-phoma, as long as the endoscope can reach the affected por-tion of the bowel.

BIOPSIES

Endoscopic biopsy of the alimentary tract can utilizeeither a rigid scope or a flexible scope, depending upon whatorgan will be biopsied. In general rigid scopes routinelyretrieve much better tissue samples than flexible scopes;however, they can only be used for obtaining tissue samplesof the descending colon. There is almost no reason to takesurgical biopsies of the descending colon; rigid forceps canobtain diagnostic samples of almost any mucosal or submu-cosal lesion in the descending colon. There are exceptions,but they are far and few between. The advantages of rigidcolonoscopy are a) it is easy to do, b) the equipment is rela-tively inexpensive, and c) one may almost always obtaindiagnostic samples. The only disadvantages of rigidcolonoscopy are a) it is possible to perforate the colon(something that is very rare) and b) you cannot examine orsample the ascending or transverse colon.

Flexible endoscopic biopsy of the alimentary tract hasseveral advantages. It is a) quick (i.e., usually < 20 min toobtain gastric and duodenal samples), b) safe, c) of minimalstress to very ill animals and d) is typically diagnostic, ifdone correctly. However, flexible endoscopy is starting toget a bad reputation because of all the inaccurate diagnosesthat have occurred in animals that were sampled using thistechnique. This centers around the comment that flexibleendoscopy is typically diagnostic if done correctly. There isa lot of endoscopy that is incorrectly done, especially inregards to obtaining tissue samples. The problem is that

while the smaller diameter endoscopes are very easy to use(i.e., it is easy to put them into small orifices and pass themthrough small pylori), these are the scopes with the smallerbiopsy channels. It is particularly easy to obtain mediocre(or outright inadequate) tissue samples with biopsy instru-ments designed for scopes with a biopsy channel that is 2.2mm in diameter. Scopes with a biopsy channel of 2.8 mmtypically allow excellent tissue samples to be consistentlyobtained; however, these scopes are often large in diameter(e.g., ≥ 9.0 mm), making them harder to use in cats and dogs< 7 lbs. If you are practiced, you can usually get a 9.0 mmscope through the pylorus of cats > 6 lbs, but even accom-plished endoscopists cannot always do this. Therefore, theclinician must make a decision based upon how often he/shewill be performing endoscopy, because that usually deter-mines how accomplished they will become and what theycan afford. One should use fenestrated, ellipsoidal forcepswith a serrated edge. Then, you keep taking sample aftersample until you obtain good samples that encompass thefull thickness of the mucosa down to and preferentiallyincluding the submucosa. If the sample fragments easily,then it is primarily villus tips and is inadequate. You maysubmit it, but do not count it. At least 8 good tissue samplesshould be obtained in hopes that at least 2 or 3 will be welloriented. Immediately after obtaining the sample, it is care-fully removed from the biopsy forceps with a 25 gauge nee-dle and gently spread out on a tissue cassette sponge suchthat the luminal side (i.e., the side with the villi) is orientedupwards and the sample is no longer folded. The samples areallowed to adhere to the sponge, but are not allowed to dryout. The sponge with the tissue samples is placed in forma-lin promptly.

It is becoming apparent biopsying both the small and largeintestines is useful in many patients (especially cats), eventhough the clinical signs suggest that only the small or largeintestine is involved. It is desirable to use a flexible scope whenobtaining colonic samples (in addition to the rigid scope) sothat the ileo-colic valve area can be inspected and one mayobtain ileal mucosal samples. We can usually enter the ileumof dogs weighing > 10-15 lbs, but it rare that the tip of thescope can be advanced into the ileum of cats. However, even insmall dogs and cats, the biopsy forceps can usually be passedthrough the ileocolic valve and ileal tissue obtained by per-forming blind biopsies of the mucosa.

As alluded to, there are some disadvantages to flexibleendoscopy of the alimentary tract: a) it requires expensiveequipment, b) it is easy to take inadequate samples, c) somelesions are out of reach of the endoscope, and d) somelesions are so dense that you cannot obtain a diagnosticbiopsy of them with this equipment. Scirrhous carcinomasand pythiosis are the two major examples of such lesions.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

270

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 270

Page 271: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

La cistite interstiziale del gatto è una FLUTD idiopatica,dove l’acronimo FLUTD (Feline Lower Urinary Tract Dis-ease) identifica le patologie delle basse vie urinarie, general-mente suddivise in non ostruttive ed ostruttive. Le primesono conseguenti a litiasi, difetti anatomici, neoplasie, pro-blematiche comportamentali ed infezioni. Circa il 65% del-le FLUTD non ostruttive vengono diagnosticate come idio-patiche (Graf. 1). Le FLUTD ostruttive sono determinate dauroliti, anomalie anatomiche congenite, iatrogene o trauma-tiche, neoplasie, e plug. Circa il 29% delle FLUTD ostrutti-ve vengono diagnosticate come idiopatiche ed il 59% comeconseguenti a plug uretrali (Graf. 2).

Le FLUTD vengono classificate in base al riscontro di:1. Infezioni - hanno incidenza bassissima: solo il 2% cir-

ca delle FLUTD. È, dunque, utile rileggere la necessità diterapia antibiotica (troppo frequentemente impostata a fron-te di generici sintomi riferibili a disuria), e valutare l’impor-tanza di una corretta tecnica di cateterismo urinario.

2. Litiasi - nelle forme non ostruttive, l’approccio tera-peutico può essere basato su terapia dietetica di dissoluzio-ne, oppure rimozione chirurgica (cistotomia o endoscopia).Nelle forme ostruttive, l’approccio conservativo è possibile

se l’uroidropulsione consente la disostruzione uretrale; altri-menti, la scelta terapeutica è chirurgica. È sempre consiglia-bile escludere la presenza di difetti anatomici, che potrebbe-ro vanificare le gestioni dietetiche preventive. Elemento fon-damentale è favorire il turn-over vescicale di urina, stimo-lando il paziente ad assumere un maggior quantitativo diliquidi. Utili, a tal fine, i “giochi” di acqua in movimento,oppure l’acqua additivata di piccoli quantitativi di brodo dipesce/pollo, o, ancora, l’introduzione di diete umide.

3. Difetti anatomici/neoplasie - quando identificati, devo-no essere trattati in quanto causa frequente di insuccessi tera-peutici. La loro risoluzione è prevalentemente chirurgica.

4. Plug - rappresentano la più frequente causa di ostruzioneuretrale nel gatto. Composti da matrice proteica (eventualmen-te frammisti a cristalli), possono risolversi spontaneamente inseguito a contrazioni del detrusore, oppure con semplice mas-saggio del pene e dell’uretra peniena; alcuni casi necessitanodel “carotaggio” del plug e, più raramente, di uretrotomia.

5. Forme idiopatiche – sono le forme più rappresentate diFLUTD. Vengono diagnosticate dopo aver escluso tutte lealtre cause. Il meccanismo patogenetico è complesso e coin-volge fattori ambientali, caratteriali, neurologici, vascolari e

La cistite interstiziale nel gatto e nella donna: un doloroso problema comune

Andrea Zatelli

Med Vet, Reggio Emilia

Daniele Grassi

DM, Urologo, Modena

271

65° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVACRIMINI 28-30 MAGGIO 2010

Grafico 1. Eziologia delle FLUTD non ostruttive: dominanzadelle forme idiopatiche.

Grafico 2. Eziologia delle FLUTD ostruttive: dominanzadelle forme conseguenti a plug, seguite dalle forme idiopa-tiche.

idiopatiche

litiasi

difetti anatomici/neoplasiecomportamento

infezioni

plug uretraliidiopatichelitiasi vescicaliinfezioni+litiasi

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 271

Page 272: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

chimico-fisici. L’approccio terapeutico nei confronti delle for-me acute non ostruttive è dubbio, in quanto solitamente auto-limitanti (risolvono in 3-7 giorni). Da gestire, se presente, ildolore, perché determina un peggioramento della qualità divita e spesso è causa di alterazione comportamentale (finoall’aggressività). Fondamentale è la prevenzione secondaria incaso di recidive frequenti; si basa su un approccio plurimoda-le, articolato in due fasi: A. identificare ed eliminare/ridurre ifattori stressanti, B. adottare misure farmacologiche: aliamidi(Palmitoiletanolamide – PEA – somministrata per os a cicli di90 giorni da ripetersi all’occorrenza), analgesici ed antiin-fiammatori, spasmolitici, antidepressivi triciclici, regolatoridella secrezione dei GAG. Di grande importanza anche ladiluizione delle urine (maggior assunzione di liquidi). Con-cludendo, il corretto iter diagnostico e l’esclusione di infezio-ni (urinocoltura negativa per infezioni batteriche e micotiche),neoplasie (esame citologico del sedimento urinario) e difettianatomici (diagnostica per immagini dell’apparato urinario)consentono di pervenire a diagnosi di FLUTD idiopatica, ocistite interstiziale del gatto. Un disordine che rappresenta unasfida per il Medico Veterinario, ed il cui trattamento si basasulla comprensione dei meccanismi patogenetici e delle pro-blematiche comportamentali correlate (rapporto del pazientecon il nucleo familiare, il territorio e gli altri animali even-tualmente presenti) nonché sui protocolli terapeutici in gradodi agire su componenti patogenetiche, come l’iper-attivazionedei mastociti delle basse vie urinarie.

La Sindrome del Dolore Vescicale (Bladder Pain Sindrome, BPS) / CistiteInterstiziale (Interstitial Cystitis, IC) nella donna

Barbara, 41 anni: “Soffro di cistite cronica da molti anni,anche se le urinocolture risultano sempre negative. Sento incontinuazione lo stimolo ad urinare … Mi sembra sempre diavere un pallone, un mattone, un peso alla vescica. Non sen-to bruciore mentre urino, anzi la minzione mi dà un sollievomomentaneo…”.

Clinica - Nella storia di Barbara, sono presenti Sintomi delBasso Tratto Urinario – Lower Urinary Tract Symptoms –LUTS, soprattutto della fase di riempimento vescicale. Laminzione viene anticipata rispetto ad uno stimolo minzionalepiù forte, per cercare sollievo. La paziente adotta vere e pro-prie modifiche comportamentali (es. “toilette mapping”, pro-grammazione degli spostamenti in base alla disponibilità diservizi igienici), con forte impatto sulla Qualità della Vita. TaliLUTS sono caratteristici della condizione denominata Sindro-me del Dolore Vescicale – Bladder Pain Syndrome – BPS.

Diagnosi - Per arrivare a diagnosi di BPS/IC, è necessarioassicurasi che l’urinocoltura, le citologie urinarie, la diagno-stica per immagini (ed un’eventuale diagnostica endoscopi-ca dell’Apparato Urinario) siano negative per altre patolo-gie. Per la diagnosi di conferma, si può ricorrere ad una“cistoscopia in anestesia”. La presenza di petecchie emorra-giche della mucosa vescicale (“glomerulations”) ed una“conta mastocitaria” nella biopsia vescicale maggiore di 28mastociti/mm2 consentono di fare diagnosi di Cistite Inter-stiziale – Interstitial Cystitis (IC).

Dolore cronico - Quello tipico della BPS/IC è un dolorecronico: un “dolore deviato”, che ha perso quello scopo diprotezione dell’organismo, tipico del dolore acuto. Il dolore

cronico si basa sulla cosiddetta “sensitizzazione centrale”:gli stimoli sensitivi provenienti dall’area pelvica vengonoelaborati a livello midollare come “stimoli dolorosi” e, cometali, inviati alla corteccia. Qualora l’area pelvica sia teatro diripetuti episodi infiammatori o infettivi, l’infiammazionepuò coinvolgere le fibre nervose pelviche, dando origine allacosiddetta “infiammazione neurogenica”. Le “fibre-C” (pic-cole fibre nervose normalmente “silenti”) vengono attivateproducendo un’alterazione quali-quantitativa delle afferenzepelviche, così che uno stimolo intrinsecamente non doloro-so viene trasformato in “allodinia” (percezione dolorosa distimoli sensitivi non dolorosi), “iperalgesia” (stimoli doloro-si lievi vengono percepiti come dolore di forte intensità),oppure “disestesia” (deboli stimoli propriocettivi generanosensazioni sgradevoli). L’infiammazione neurogenica, a suavolta, è generata e sostenuta dall’iper-attivazione dei masto-citi, che liberano una grande quantità di mediatori ad attivi-tà pro-infiammatoria e pro-algica (es. citochine, istamina,triptasi, NGF – Nerve Growth Factor). L’infiammazioneneurogenica è alla base della “sensitizzazione centrale”. Laprogressiva attivazione di fibre-C tende ad auto-mantenersi,generando un circolo vizioso che spiega il protrarsi dellaBPS/IC, anche molto dopo la scomparsa dell’evento/deglieventi infiammatori pelvici che l’hanno generata.

Trattamento - Il trattamento è “plurimodale”, e può esse-re indirizzato a vari livelli della cascata di eventi che si rea-lizzano nella BPS/IC.

Trattamento dell’iper-attivazione mastocitaria: si utilizzaPalmitoiletanolamide (PEA), somministrata per os a lungotermine, alla dose di 15 - 20 mg/Kg/die. Si tratta di unasostanza endogena, praticamente priva di effetti indesidera-ti, che, grazie alla sua azione di regolazione mastocitaria, èconsiderata una terapia “causale” e non solo “sintomatica”.

Trattamento per il ripristino dei glicosamminogligani:nasce dal presupposto che, nella BPS/IC, lo strato di glico-samminogligani che ricopre le cellule uroteliali sia ridotto/insufficiente. Si effettua tramite immissione diretta in vesci-ca di Acido Jaluronico.

Trattamento del dolore neurogenico: si utilizzano farmacicome: antidepressivi triciclici (amitriptilina), anti-epilettici(Gabapentin/Pregabalin), ed α-litici.

Prevenzione - Fare prevenzione secondaria della BPS/ICsignifica diagnosticare la malattia in fase precoce, aumen-tando così le possibilità di una più rapida guarigione. La bat-taglia da combattere è quella volta ad abbattere il “muro deisette anni”: quelli che, mediamente, trascorrono dall’iniziodei sintomi, al momento in cui viene fatta la diagnosi. Que-sto risultato va conquistato diffondendo le conoscenze suquesta condizione, ed aumentando il livello di attenzione neisuoi confronti, per una diagnosi il più precoce possibile.

Bibliografia disponibile presso gli Autori

Indirizzo per la corrispondenza:Andrea Zatelli - Direttore Sanitario Clinica Veterinaria PiraniVia Vladimir Majakowski 2/L, 42100 Reggio EmiliaTel. 0522.309509, Fax [email protected]

Daniele Grassi - Direttore del Servizio di Urologia Funzionale,Urologia Femminile/Uroginecologia e Chirurgia RicostruttivaPelvica, Hesperia Hospital, Via Arquà, 80/A, 41100 [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

272

01_Atti_65_SCIVAC:Atti_65_SCIVAC 12-05-2010 10:15 Pagina 272

Page 273: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COMUNICAZIONI BREVILe comunicazioni sono elencate in ordine alfabetico secondo il cognome dell’autore presentatore.

SHORT COMMUNICATIONSShort communications are listed in alphabetical order by surname and then in chronological order of presentation.

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 273

Page 274: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

274

PERICARDITE SETTICA DA PROIETTILE A BASSA VELOCITÀ IN UN GATTO: TRATTAMENTO CHIRURGICO

M. Annoni, Med Vet, M. Frati, Med Vet, S. Pozzo, Med Vet, D. Zuliani, Med VetLiberi professionisti, Clinica Veterinaria Tibaldi, Milano, Italia

Area di interesse: Chirurgia

Introduzione. Le ferite da arma da fuoco derivano dalla penetrazione o dalla perforazione dei tessuti del corpo da parte di unqualsiasi tipo di proiettile, la cui forma, velocità e massa vanno a influenzare gravità e grandezza della ferita.4 Le moderne ar-mi ad aria compressa, possono sparare proiettili a velocità simile ad armi da fuoco di piccolo calibro (da 180 a 300 m/sec)3 pro-vocando danni anche fatali.4 Per le loro caratteristiche, i proiettili a bassa velocità decelerano rapidamente dopo aver percorsouna breve distanza; rallentano ancora all’impatto con la cute e la loro penetrazione è limitata dall’ipoderma e dalla muscolatu-ra sottostante. Ciò nonostante, se sparati da distanza ravvicinata, possono arrivare anche agli strati profondi. Queste lesioni dasparo, se toraciche, permettono inizialmente una terapia conservativa; l’esplorazione chirurgica è invece indicata in caso diemorragia profusa oppure in caso di gravi lesioni ad organi e strutture interne.4,5,6,7

Qui è riportato un caso di pericardite settica secondaria alla presenza di un proiettile in cavità toracica. La pericardite settica,spesso conseguenza di ferite da morso al torace, di migrazione di un corpo estraneo o di batteriemia, è causa di essudato puru-lento caratterizzato da una grande varietà di batteri aerobi e anaerobi o da miceti.1,2

Descrizione del caso. Un gatto comune europeo, femmina, sterilizzata, di otto anni, venne riferito per tamponamento cardiacoclinicamente manifesto. Adottata sette anni prima, i proprietari assicuravano che la gatta non era mai più uscita di casa da allo-ra. Alla visita l’animale appariva dispnoico con toni cardiaci attutiti, polso superficiale e mucose leggermente pallide. Le radio-grafie toraciche, oltre ad un imponente versamento pericardico occupante tutta la cavità toracica, evidenziavano la presenza diun corpo estraneo radiopaco compatibile con un proiettile, localizzato nell’emitorace destro posto fra la punta del cuore e la cu-pola diaframmatica. Venne effettuata una pericardiocentesi eco-guidata che permise di drenare 100 millilitri di un liquido torbi-do e lievemente ematico. All’esame ecocardiografico venne rinvenuta un’area iperecoica, corrispondente alla zona del corpoestraneo, il cui esame citologico compatibile con essudato settico, era sovrapponibile a quello del versamento pericardio.Una toracotomia laterale a livello del settimo spazio intercostale destro, permise di rimuovere il corpo estraneo e di effettuareuna pericardiectomia. All’ispezione della cavità toracica, il pericardio, nuovamente dilatato dall’accumulo di essudato, andavaad occupare quasi tutta la cavità, mentre i lobi polmonari caudale destro, medio ed accessorio apparivano diffusamente ateletta-sici. Più ventralmente venne visualizzata una grossa aderenza costituita dalla fusione dell’apice del lobo polmonare medio conla punta del cuore. Il proiettile, individuabile solo alla palpazione, si trovava completamente incarcerato in questo tessuto asces-suale. In primis venne drenato il versamento pericardico e poi asportato il proiettile mediante incisione dell’area interessata. Laresezione “en bloc” di tutto il tessuto infetto, richiese anche una pericardiectomia sub totale subfrenica ed una lobectomia par-ziale a carico del lobo polmonare medio. L’esame istologico definì il tessuto asportato come nodulo piogranulomatoso con se-vera e diffusa pericardite linfoplasmacellulare cronica.Conclusioni. I proiettili, una volta penetrati nei tessuti, possono migrare attraverso i piani fasciali o gravitare nelle cavità tora-cica ed addominale; in alcuni casi possono entrare nel sistema vascolare ed embolizzare. In medicina umana sono stati docu-mentati casi di proiettili penetrati a livello bronchiale e poi espulsi tossendo.5

È difficile stabilire con esattezza quale sia stato il percorso del proiettile. Potrebbe essere penetrato direttamente in torace, op-pure la sua localizzazione toracica potrebbe essere il frutto di diverse migrazioni. Non si può nemmeno escludere che, se non sifosse instaurata la pericardite settica, il proiettile sarebbe potuto rimanere in situ per altrettanto tempo. Infatti, la presenza diproiettili, è spesso un reperto radiografico occasionale.5

Una recente mobilizzazione del corpo estraneo, piuttosto che un deficit immunitario del paziente, potrebbero essere tra le cau-se della manifestazione clinica. Il caso è reso particolarmente interessante per il tipo di corpo estraneo, per la sede in cui è sta-to rinvenuto e soprattutto per il tempo trascorso tra la sua presunta penetrazione e l’insorgenza della sintomatologia; non ultimoil fatto che a conoscenza degli autori non esistono pubblicazioni in letteratura di casi clinici similari.

Bibliografia

1. Orton EC. Cardiovascular System. In: Small Animal Thoracic Surgery; 1995:177-179.2. Fossum TW. Chirurgia dell’apparato cardiocircolatorio. In: Chirurgia dei piccoli animali; 2004; 688-694.3. Slatter D. Textbook of small animal surgery 3rd ed;2003:139-140.4. Swaim SF and Henderson RA. Il trattamento delle ferite nei piccoli animali; 1995;67-72.5. Pavletic MM. Gunshot wound management. The Compendium Dec 1996;Vol.18,No.12.6. Pavletic MM. Gunshot wounds in veterinary medicine: projectile ballistics. Part I. Compend Contin Educ Prat Vet 8(1):47-60,1996.7. Pavletic MM: Atlas of small animal reconstructive surgery;1992;99-118.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Maurizio Annoni - Clinica Veterinaria Tibaldi, Viale Tibaldi 66, 20136 Milano (MI), ItaliaTel. 0258106826 - E-mail: [email protected]

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 274

Page 275: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

EFFETTO MIDRIATICO DEL ROCURONIO BROMIDE APPLICATO TOPICAMENTE NEL GHEPPIO(FALCO TINNUNCULUS)

G. Barsotti, DVM, PhD1, A. Briganti, DVM, PhD1, J. R. Spratte, VM student1, R. Ceccherelli, DVM2, G. Breghi, DVM1

1 Dipartimento di Clinica Veterinaria-Università di Pisa, Pisa, Italia2 C.R.U.M.A.-LIPU, Livorno, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Scopo del lavoro. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di valutare il potere midriatico di un bloccante neuromuscolare(BNM), il rocuronio bromide, applicato topicamente in entrambi gli occhi di rapaci diurni.Materiali e metodi. Nello studio sono stati inseriti dieci gheppi (Falco Tinnunculus) non affetti da patologie oftalmiche, ap-partenenti a entrambi i sessi, con peso tra 200 e 250 g. I soggetti sono stati sottoposti a una visita oculistica completa durante laquale la midriasi è stata ottenuta utilizzando un BNM, il rocuronio bromide (Esmeron® 10 mg/ml) applicato topicamente senzadiluizione, con una pipetta. Gli uccelli hanno ricevuto una singola dose di 0.12 mg in ciascun occhio (dose totale: 0.24mg/uccello). Durante la procedura la terza palpebra è stata trattenuta con un retrattore palpebrale per un minuto al fine di pre-venirne il movimento e quindi evitare la rapida eliminazione del farmaco dalla superficie oculare. Il diametro pupillare e il ri-flesso pupillare diretto sono stati valutati con una fonte di luce standard prima della somministrazione del farmaco (Tbase), do-po 10 minuti e poi ogni 20 minuti fino a un tempo massimo di 290 minuti. Le variazioni del diametro pupillare sono state mi-surate con un gauge pupillare con approssimazione a 0.5 mm mentre il riflesso pupillare è stato valutato con una scala di 3 pun-ti (2 normale, 1 diminuito, 0 assente). Sono stati monitorati eventuali effetti collaterali locali e sistemici. Le differenze tra i va-lori registrati a Tbase e tutti gli altri tempi, per ogni occhio, sono state analizzate con ANOVA ad una via per dati ripetuti conDunnett come test Post Hoc, mentre le differenze tra i due occhi sono stati esaminate statisticamente con ANOVA a una via contest di Tukey come Post Hoc, considerando significativi valori di P < 0.05 (Graph Pad Prism4®).Risultati. La midriasi massima è stata ottenuta a T90 ed è risultata di 6.30 ± 0.42 mm per l’occhio destro e 6.35 ± 0.41 mm perl’occhio sinistro. Una differenza statistica è stata rilevata tra Tbase e tutti gli altri intervalli di valutazione per ciò che riguardail diametro pupillare e tra Tbase e T10 fino a T110 per il riflesso fotomotore. Non sono state evidenziate differenze tra occhiodestro e sinistro sia per il diametro pupillare che per il riflesso fotomotore nei vari tempi di osservazione. Nei 20 occhi trattatiil grado di dilatazione pupillare ottenuto ha consentito una completa valutazione del fondo oculare che in 6/10 soggetti era giàpossibile a T30. Non sono stati evidenziati effetti collaterali locali e/o sistemici in nessuno degli uccelli trattati.Conclusioni. I risultati del presente lavoro suggeriscono che una singola dose di 0.12 mg di rocuronio bromide applicata topi-camente in ciascun occhio di rapaci diurni consenta di ottenere una midriasi bilaterale in assenza di effetti collaterali locali o si-stemici. Il rocuronio quindi sembra essere, alla dose impiegata, un BNM di sicuro impiego per indurre la midriasi nei gheppi.In passato l’efficacia midriatica di altri BNM è stata valutata in rapaci diurni della stessa specie oggetto di questo studio, con ri-sultati variabili1. Infatti il pancuronio bromide determina una midriasi transitoria e inconsistente mentre l’alcuronio cloride è unottimo midriatico ma causa effetti collaterali sistemici anche gravi. Soltanto il vecuronio bromide è considerato efficace in as-senza di effetti collaterali, ma per determinare midriasi necessita di somministrazioni ripetute (almeno 3 ogni 15 minuti)1. È im-portante sottolineare che nella maggior parte delle specie aviarie nelle quali i BNM sono stati impiegati topicamente a scopo mi-driatico, la somministrazione è sempre stata monolaterale poiché probabilmente la dose cumulativa necessaria per indurre la di-latazione pupillare in entrambi gli occhi poteva essere pericolosa e determinare gravi effetti collaterali1-3. In uno studio recentecondotto su rapaci notturni, il rocuronio si è dimostrato un efficace midriatico dopo una singola somministrazione topica deter-minando una dilatazione pupillare sovrapponibile a quella ottenuta con 2 somministrazioni ripetute4. Per tale motivo gli autoridel presente lavoro hanno impiegato nei gheppi una singola somministrazione di farmaco ma su entrambi gli occhi, ottenendouna midriasi bilaterale contestuale. In conclusione, l’applicazione topica di rocuronio induce una buona midriasi nei gheppi epoiché non necessita di somministrazioni ripetute nel singolo occhio per ottenere la dilatazione pupillare, può essere impiegatobilateralmente offrendo notevoli vantaggi di carattere pratico.

Bibliografia

1. Mikaelian I, Paillet I, Williams D. Comparative use of various mydriatic drugs in kestrels (Falco tinnunculus). AJVR 1994; 55: 270-272.2. Ramer JC, Paul-Murphy J, Brunson D, Murphy CJ. Effects of mydriatic agents in cockatoos, African gray parrots, and Blue-fronted Amazon parrots. JAV-

MA 1996; 208: 227-230.3. Loerzel SM, Smith PJ, Howe A, Samuelson DA. Vecuronium bromide, phenylephrine and atropine combinations as mydriatics in juvenile double-crested

cormorants (Phalacrocorax auritus). Vet Ophthalmol 2002; 5: 149-154.4. Barsotti G, Briganti A, Spratte JR, Ceccherelli R, Breghi G. Mydriatic effect of topically applied rocuronium bromide in tawny owls (Strix aluco): com-

parison between two protocols. Vet Ophthalmol accepted on 27th January 2010 (in press).

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Giovanni Barsotti - Dipartimento di Clinica Veterinaria-Università di PisaVia livornese lato monte snc, 56010 San Piero a Grado (PI), ItaliaTel. 0502210151 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

275

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 275

Page 276: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DERMATOFITOSI ANIMALE ED AMBIENTALE: MANAGEMENT DI DECONTAMINAZIONE IN DUE REALTÀ DISTINTE: NEGOZIO ED ALLEVAMENTO

M. Beccati, DVM, PhD1,2, A. Peano, DVM, PhD2

1 Libero professionista, Capriate San Gervasio (BG), Italia2 Facoltà di Medicina Veterinaria, Dip. Produzione, Epidemiologia, Ecologia. Sez. Parassitologia-Micologia, Torino, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. Descrivere e valutare la potenzialità infettiva di animali messi in commercio o ceduti direttamente ai pro-prietari e le strategie terapeutiche al fine di “sterilizzare” un ambiente contaminato da spore di funghi dermatofiti.Materiali e metodi. Realtà A) NEGOZIO DI ANIMALI: Nello spazio di vendita erano presenti 6 gattini comune europei, 12cuccioli di coniglio, 1 cincilla. Ogni specie soggiornava in un apposito box specie specifico, tuttavia per eventuali spostamentida gabbia a box veniva usato un singolo trasportino per animali. 4/12 gattini presentavano lesioni dermatologiche. Né i conigliné il cincillà evidenziavano lesioni dermatologiche apparenti. Per tutti gli animali sono stati eseguiti dei prelievi di pelo constrappamento e spazzolature tramite spazzolino da denti sterile e posti in coltura utilizzando piastre da contatto contenenti ter-reno selettivo per dermatofiti. I risultati delle colture risultavano positivi per Microsporum canis in 6/6 gatti, 2/12 conigli, 2/3Box di stallo 1/1 gabbia di trasporto. Di conseguenza si impostava una terapia di stamping out per tutti i conigli e cincillà. I gat-ti venivano gestiti con Itraconazolo (5 mg/kg/die) per os con terapia continuativa ed Econazolo topico. I box venivano spostatidall’area di vendita ad un area privata con accesso consentito al solo personale, il quale effettuava giornalmente lavaggi dei boxcon ipoclorito di sodio. Il box di trasporto veniva eliminato così come tutti gli strumenti di toelettatura (pettini, tappeti, giochietc. etc.). Nessuno tra i componenti del personale riferiva di lesioni cutanee riferibili a dermatofitosi. Realtà B) ALLEVAMEN-TO: Erano presenti 31 cuccioli di cane e 6 gatti. I cuccioli soggiornavano in due aree suddivise in box; era presente inoltre un’a-rea di quarantena e due spazi di passaggio/lavoro (lavandini, deposito mangime e materiali di consumo.) Tutti gli animali veni-vano sottoposti a visita clinica. 22/31 cani presentavano lesioni cutanee rappresentate da aree alopeciche focali e multifocali, uncane risultava affetto da alopecia pruriginosa. Tra i gatti nessuno presentava lesioni cutanee evidenti, mentre in 4 si riscontravaotite ceruminosa bilaterale. Tutti gli animali venivano campionati (prelievo di pelo e spazzolino) con successive colture in ter-reno DTM. Risultavano positivi 22/31 cani, 6/6 gatti. Tutti i soggetti venivano trattati con Itraconazolo (Itrafungol®) 5 mg/kg/dieper os in terapia continuativa e spugnati ogni due giorni con Enilconazolo (Imaverol® 20 cc/litro di acqua tiepida). L’ambienteed i box venivano trattati con ipoclorito di sodio e due volte a settimana con Enilconazolo fumigazione (Clinafarsmoke®). Nes-suno del personale riferiva di lesioni cutanee riferibili a dermatofitosi.Risultati. Dopo 10 giorni di terapia i gatti del negozio (A) permanevano positivi a colture micotiche. Le lesioni cutanee risul-tavano ridotte. Il box risultava negativo a più campionamenti distanziati nel tempo. Tali pazienti venivano considerati esenti dadermatofitosi dopo 25 giorni di terapia continuativa alla luce di 2 piastre colturali negative consecutive. Nell'allevamento (B),un mese circa dopo l’inizio della terapia, risultavano positivi diversi ambienti (es. pavimento, aree attigue ai box, pareti, gabbiedi quarantena). Erano positivi anche diversi campioni di aria ambientale. È da sottolineare come detti ambienti fossero positivinonostante trattamenti fumiganti con prodotti antifungini e lavaggi con candeggina eseguiti nei giorni precedenti. 22/31 cani evi-denziavano miglioramento clinico tuttavia, 4/22 mantenevano positività colturale. I gatti continuavano a mantenersi esenti da le-sioni ma risultavano tutti ancora coltura-positivi.Conclusioni. Lo studio eseguito dimostra, in effetti, che diversi ambienti, anche quelli non direttamente frequentati da animali,possono essere contaminati. L’aria potrebbe ad esempio essere un buon marker dello status sanitario (per ciò che concerne i der-matofiti) dell’allevamento/negozio. Lo studio dimostra anche che disinfezioni ambientali possono non bastare ad annullare com-pletamente la carica dermatofitica. Per questi motivi, quando possibile, sarebbe ottimale effettuare dei periodi di vuoto sanita-rio completo per permettere disinfezioni accurate l’assenza di animali. La pratica dei campionamenti ambientali è poco diffusama risulta di notevole interesse perché permette un corretto inquadramento del livello di contaminazione e la localizzazione de-gli ambienti più “meritevoli” di un trattamento intensivo di disinfezione. Inoltre, rappresenta, come dimostrato nello studio, unottimo metodo per verificare l’effettiva efficacia dei trattamenti ambientali intrapresi. In conclusione la decontaminazione da in-fezioni dermatofitiche di ambienti, animali e personale risulta a tutt’oggi una pratica difficile, dispendiosa sia in termini di tem-po che di denaro; tuttavia, può essere possibile se si riesce ad ottenere una compliance da parte dei gestori/allevatori dei negozie/o allevamenti infetti.

Bibliografia

Douglas J. DeBoer: Management of catteries with dermatophytosis. Atti congresso nazionale AIVPA. Modena Ottobre 2008.P. Bordeau, et al: Dermatophytosis in a dog: factors associated with post treatment persistent carriage. Atti VI° Congresso mondiale di dermatologia. Hong Kong

Novembre 2008.Jenise Daigle: Pediatric dermatology. Atti congresso 24° North American Veterinary Dermatology. Savannah Aprile 2009.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Massimo Beccati - Centro Medico Veterinario Adda, Via Roma, 3, 24042 Capriate San Gervasio (BG), ItaliaTel. 02/90962787 - Cell: 388 3563468 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

276

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 276

Page 277: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRATTAMENTO DI 2 CASI DI COLLASSO TRACHEALE DI IV GRADO NEL CANE MEDIANTE STENT AL SILICONE TIPO DUMON

D. Bertoncello, DMV, D. De lorenzi, DMV, PhD, SCMPA, DECVCPCinica Veterinaria San Marco, Padova, Italia

Area di interesse: Malattie respiratorie

Introduzione. Il collasso tracheale (CT) è una patologia caratterizzata da appiattimento dorso- ventrale degli anelli tracheali,con lassità della membrana tracheale dorsale. Si ritiene che ciò possa dipendere dall’associazione di un anomalia primaria del-la cartilagine unita ad una o più cause secondarie aggravanti. Il CT colpisce prevalentemente cani di razze toy e di piccola ta-glia tra i quali lo yorkshire terrier (YT), il barboncino toy, il pinscher, il chihuahua. La tosse è il segno clinico principale: è sec-ca, aspra, sonora a volte simile al verso di un anatra. La diagnosi di CT è essenzialmente endoscopica e vengono definiti stadidi gravità crescente (dal I al IV) a seconda della riduzione del diametro tracheale. La terapia è prevalentemente medica anchese negli stadi più gravi è necessario impiegare tecniche chirurgiche o endoscopiche per ripristinare il diametro tracheale. At-tualmente in veterinaria si impiegano stents di nitinolo non ricoperti ma il loro utilizzo è vietato in medicina umana a causa de-gli inconvenienti gravi (rottura, occlusione da mucosa iperplastica, impossibile rimozione) che si verificano in elevata percen-tuale di casi nel medio-lungo termine. Al loro posto, nei pazienti umani, vengono routinariamente utilizzate protesi siliconiche,applicate sotto visione endoscopica diretta e con appositi introduttori. Lo scopo di questa presentazione è di descrivere, per laprima volta in medicina veterinaria, la nostra esperienza nel trattamento di due casi di collasso tracheale di IV grado nel canetramite stent al silicone tipo Dumon®.Descrizione del caso. Lasty YT di 7 anni? intero e Micky YT di 4 anni? sterilizzata, sono stati portati a visita per tosse cronicae dispnea rispettivamente nel gennaio e marzo 2009. Dopo routinaria valutazione ematobiochimica e delle urine, i pazienti so-no stati sottoposti a radiografie LL e VD di collo e torace e a indagine endoscopica per confermare il sospetto clinico e radio-grafico di CT. L’endoscopia evidenziava collasso tracheale di IV grado esteso da metà del collo a circa un terzo del tratto tora-cico. Al primo paziente è stato inizialmente applicato uno stent bronchiale umano (Novatech BB10 L60), che si è dislocato cra-nialmente in seconda giornata. Abbiamo quindi riposizionato il medesimo stent fissandolo alla trachea con un punto non assor-bibile e sottocutaneo. A distanza di tre mesi, abbiamo sostituito la protesi con un nuovo stent di 2 cm più lungo (Novatech Vet10 L80 ORX), specificamente disegnato. A Micky è stato applicato uno stent bronchiale (Novatech BB 7x8x50) subito fissatocon un punto sottocutaneo. Dopo un ricovero di 24 ore i due cani sono stati dimessi in seconda giornata. Nell’immediato perio-do post applicazione, i pazienti sono stati trattati a casa con butorfanolo 0.3 mg/kg bid per os, per 7 giorni. In controlli radio-grafici ed endoscopici, eseguiti ogni tre mesi, gli stents sono risultati ben posizionati e in grado di mantenere pervia la trachea.A distanza rispettivamente di 14 e 12 mesi i due cani mostrano scomparsa della dispnea, sporadici colpi di tosse e notevole mi-glioramento della qualità di vita.Conclusioni. La protesi di Dumon®, in medicina umana, è la più usata al mondo ed è costituita da silicone morbido con rileva-tezze regolarmente distribuite sulla sua superficie esterna, che ne facilitano l’ancoraggio. È presente in lunghezze variabili finoa 7 cm, in diametri da 10 a 18 mm (diametro esterno) e con diversi gradi di rigidità. Gli speroni presenti sulla superficie ester-na prevengono la migrazione e limitano il contatto con la mucosa respiratoria mentre la superficie interna è ricoperta da un ri-vestimento antiaderente per ridurre il ristagno di secrezioni. Tali protesi, rispetto alle precedenti al nitinolo non ricoperte, pos-sono essere facilmente rimosse e riposizionate anche dopo mesi dalla loro applicazione. Le principali complicanze nell’utilizzodelle Dumon® riportate in medicina umana sono la migrazione (2.8%-18.6%), la formazione di granulomi (1%-18.9%) e l’o-struzione da secrezioni (1%-30.6%). I dati riportati in letteratura dimostrano ampie variazioni legate alla diversa tipologia di pa-tologie trattate. Complicanze rare sono l’ostruzione da tumore, l’infezione, lo shock settico e l’afonia. Le complicanze sono piùfrequenti nei pazienti con stenosi benigne rispetto a quelli con patologia neoplastica. Le protesi siliconiche hanno, a differenzadelle metalliche auto espandibili, un diametro fisso e pertanto possono migrare soprattutto in presenza di una mucosa liscia; ingenere la migrazione, come capitato nel caso di Lasty, è un evento precoce dopo il posizionamento. La fissazione con sutura,analogamente a quanto descritto in casi selezionati in pazienti umani, rappresenta una soluzione relativamente semplice e appa-rentemente priva di complicazioni. Riteniamo che questo tipo di stent possa rappresentare una valida alternativa agli stents innitinolo non ricoperti e ai gravi inconvenienti collegati a queste protesi, oggi completamente abbandonate in medicina umana.

Bibliografia

1. Robert A. Mason, Lynell R. Johnson. Tracheal Collapse. In: Textbook of respiratory diseases in dogs and cats. King LG ed. Saunders 2004; 346-355.2. Mario Salio, Claudio Simonassi. Protesi tracheo-bronchiali. In: Pneumologia interventistica. Angelo G. Casalini ed. Springer2007; 407-424.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Diana Bertoncello - Clinica Veterinaria San Marco, Via Sorio 114/c, 35100 Padova (PD), ItaliaTel. 0498561098 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

277

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 277

Page 278: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

EPISODIO DI PROVENTRICOLITE DILATATIVA IN DUE PAPPAGALLI CENERINI (PSITTACUS ERITHACUS ERITHACUS) DIAGNOSTICATA MEDIANTE RT-PCR PER BORNAVIRUS

D. Bilato, DVM1, F. Gobbo, DVM1, A. Drago, Lab Tech Bio1, E. Rosso, DVM2, C. Terregino, DVM, PhD1, S. Catania, DVM, PhD1

1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro (PD), Italy2 Libero Professionista, Cuneo (CN), Italy

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La proventricolite dilatativa (PDD dall’inglese Proventricular Dilatation Disease) è una malattia trasmissibile in-fiammatoria fatale di discussa eziologia virale, descritta per la prima volta nel 1970, ed indicata in passato con vari nomi, Ma-caw Wasting Syndrome, dilatazione gastrica neurogena, ganglioneurite mioenterica. Questa patologia, segnalata in più di 50 spe-cie di psittaciformi tra cui Are, Cacatua e Cenerini, si manifesta in animali di diversa età. L’Avian Bornavirus (ABV), virus adRNA distinto in almeno sei genotipi, è stato recentemente correlato alla proventricolite dilatativa1,2. Ultimamente questo virus èstato individuato in 28 specie di psittaciformi ed in altre specie aviarie3. Il virus ha un tropismo per il tessuto nervoso, in parti-colare è possibile dimostrare la sua presenza a livello del sistema nervoso centrale e nei gangli nervosi dell’apparato digerente.Clinicamente la malattia è caratterizzata da abbattimento, dimagrimento, disfagia, rigurgito intermittente o continuo, rallentatosvuotamento del gozzo, malassorbimento intestinale con presenza di semi indigeriti nelle deiezioni e talvolta diarrea. La sinto-matologia gastroenterica, alle volte, può essere preceduta o sostituita da sintomatologia neurologica con atassia e convulsioni,tremori, incoordinazione. Dal punto di vista anatomo-patologico le lesioni riconducibili a PDD sono dilatazione del proventri-colo e ventriglio con assottigliamento ed atrofia della parete e talvolta presenza di ulcere.Descrizione del caso. Nel gennaio del 2009 un esemplare di pappagallo cenerino femmina (Psittacus erithacus erithacus) dicirca 17 anni di età è stato sottoposto a visita clinica in seguito a manifestazione di anoressia, tremori e diarrea. Dopo 8-10 gior-ni dalla comparsa della sintomatologia clinica e di terapie di supporto associate a terapia antibiotica il soggetto è deceduto. Lacarcassa è stata conferita presso il nostro Istituto per eseguire le indagini del caso. Il soggetto condivideva la voliera con un ma-schio della stessa specie che non mostrava alcuna sintomatologia e con la figlia di circa sette anni. Dopo circa un mese è dece-duta improvvisamente anche la figlia presentando sintomatologia comparabile con quella della madre. In entrambe le carcassesottoposte ad esame autoptico si è potuto rilevare presenza di abbondante materiale alimentare nell’ingluvie e una grave dilata-zione del proventricolo, contenente alimento, con notevole assottigliamento della parete e presenza di ulcere. L’esame virologi-co da stomaco ghiandolare e cervello sia con metodica al microscopio elettronico che con tecniche di isolamento in uova em-brionate e colture cellulari ha dato esito negativo. Inoltre a seguito delle recenti ipotesi eziologiche abbiamo ritenuto opportunovalutare la presenza di Avian Bornavirus. La metodica da noi utilizzata è stata una RT-PCR secondo il protocollo descritto daKistler et. al, 20084. Tale metodica ha dimostrato la presenza di ABV da cervello e da proventricolo confermando l’ipotesi dia-gnostica. Sui prodotti di amplificazione è stato anche eseguito il sequenziamento che ha confermato la presenza di Avian Bor-navirus.Conclusioni. I risultati da noi riportati dimostrano la presenza di ABV in soggetti deceduti con sindrome da dilatazione del pro-ventricolo in allevamenti italiani. Tale riscontro dovrà, a nostro parere, stimolare la ricerca di tale agente patogeno negli alleva-menti al fine di valutare l’effettiva diffusione del virus e correlare lo stesso alla sindrome patologica. Le metodiche biomoleco-lari attualmente a nostra disposizione, potranno inoltre permettere l’identificazione dei soggetti positivi al fine di contenere o li-mitare la diffusione della malattia.

Bibliografia

1. Kirsi S. Honkavuori, H.L. Shivaprasad, Brent L. Williams, Phenix-Lan Quan, Mady Hornig, Craig Street, Gustavo Palacios, Stephen K. Hutchison, Mo-nique Franca, Michael Egholm, Thomas Briese, and W. Ian Lipkin. Novel Borna Virus in Psittacine Birds with Proventricular Dilatation Disease. EmergInfect Dis. 2008 December; 14(12): 1883–1886.

2. Monika Rinder, Andreas Ackermann, Hermann Kempf, Bernd Kaspers, Rüdiger Korbel, and Peter Staeheli. Broad Tissue and Cell Tropism of Avian Bor-navirus in Parrots with Proventricular Dilatation Disease. J Virol. 2009 June; 83(11): 5401–5407.

3. Herbert Weissenböck, Karin Sekulin, Tamás Bakonyi, Sandra Högler, and Norbert Nowotny. Novel Avian Bornavirus in a Nonpsittacine Species (Canary;Serinus canaria) with Enteric Ganglioneuritis and Encephalitis. Journal of Virology, November 2009, p. 11367-11371, Vol. 83, No. 21.

4. Kistler AL, Gancz A, Clubb S, Skewes-Cox P, Fischer K, Sorber K, Chiu CY, Lublin A, Mechani S, Farnoushi Y, Greninger A, Wen CC, Karlene SB, Ga-nem D, DeRisi JL. Recovery of divergent avian bornaviruses from cases of proventricular dilatation disease: identification of a candidate etiologic agent.J Virol. 2008 Jul 31;5:88.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Salvatore Catania - Istituto Zooprofilattico Sperimentale Delle Venezie Area Diagnostica Di Padova Struttura Territoriale Complessa 3, Viale Dell’università, 10, 35020 Legnaro (PD), Italia Tel. 0498084288 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

278

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 278

Page 279: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DALLA CREAZIONE DEL SITO ALLA WEB REPUTATION

Bartolomeo BorgarelloMed Vet, Moncalieri (TO)

Area di interesse: Practice management - web marketing

La nuova frontiera della comunicazione per il medico veterinario è il web 2.0. Il web nato nel 1989 si è evoluto sino ad oggi perportare ad una completa interazione tra produttori ed utenti. Il web 2.0 è caratterizzato da una grande glòobalizzazione di ser-vizi e contenuti.Vediamo quali sono le regole per il medico veterinario che vuole apparire sul web in modo coerente e deontologicamente inec-cepibile. Contenuti ed informazione corretta sono indispensabili per permettere ad un sito e alle altre applicazioni web 2.0 di soppravvi-vere in rete.La creazione del proprio sito deve procedere lungo un percorso che va dalla motivazione/realizzazione alla manutenzione delproprio spazio. Tutti questi passaggi devono essere conosciuti e valutati per decidere se asserirli all’esterno o all’interno dellapropria struttura. L’obiettivo per cui si crea un sito ed il target di persone da raggiungere influirà sulla scelta di web agency o diun web master, da ponderare attentamente tutte le soluzione fai da te o da terzi non professionisti. I contenuti, la grafica e i co-lori devono essere allineati con il proprio brand e vanno stravolti, la navigazione deve essere semplice e chiara. Potendo sce-gliere è bene creare un sito accessibile e user friendly. Un discorso a parte merita il posizionamento e le eventuali campagnepubblicitarie per lasciare il proprio sito.Budget e motivazioni sono i primi step da analizzare di questo percorso.Vi siete mai chiesti se il vostro sito è facilmente visionabile, consultabile, interrogabile da tutti allo stesso modo? Ipovedenti,persone con disabilità, anziani, giovani inesperti di Internet? Quando si pensa alla costruzione di un sito, si devono valutare unaserie di parametri insieme: pubblico di riferimento, esperienza degli utenti, necessità e competenze di chi viene a visitare il vo-stro sito, capacità di usare il mezzo Internet, impedimenti fisici. Ognuno di essi ha un peso equivalente, da non sottovalutare.Per esempio, non servono molte informazioni se sono difficili da visionare, così come non ha senso cercare di raggiungere unpubblico molto vasto se poi si inseriscono link complessi o una navigazione oscura, pagine che si deformano con il cambiaredel browser o colori confusi.La conoscenza e la padronanza dei social network, di youtube e dei blog ci permetterà di comunicare il modo coerente e attua-le con i nostri utenti e fornire con esattezza le informazioni e le notizie necessarie a far conoscere la nostra attività.La teoria dei sei gradi di separazione è un ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra perso-na atttraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Questa teoria è alla base dei comportamenti sui social. Poichè le tattiche usate dei marketers tradizionali non funzionano più, oggi servono strategie che funzionano, che costano me-no, che fanno la differenza e che portano ad un visibile aumento delle “vendite”. Quest’innovazione possiamo chiamarla webmarketing 2.0. In un era in cui la propria immagine e la propria e reputazione sono molto importanti ci addentriamo nelle basidella propria web-reputation: la corretta gestione della propria email è la prima azione da compiere da domani.L’utilizzo di tutti questi strumenti vi permetterà nel breve periodo di migliorare la vostra interazione con i clienti e di riportarepiccoli o grandi successi sul web.

Bibliografia

Ester Gandini; Gianpiero Gamaleri; Universo Pubblicità. Roma, Kappa, 2008.Peter Sheridan Dodds, Roby Muhamad, Duncan J. Watts http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/301/5634/827.http://www.shinynews.it/Corbisiero F., Social Network Analysis. Tendenze, metodi e tecniche dell’analisi relazionale Milano, Franco Angeli, 2007.Salvini, A., Analisi delle reti sociali. Teorie, metodi, applicazioni, Franco Angeli, Milano, 2007.

Indirizzo per la corrispondenza:Strada Genova 174 Moncalieri TOE-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

279

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 279

Page 280: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRATTAMENTO DELLE FRATTURE DI TIBIA MEDIANTE OSTEOSINTESI MINI-INVASIVA (MIPO)CON PLACCHE A STABILITÀ ANGOLARE IN 11 CASI

A Boero Baroncelli, DVM1-2, A. Esposito, DVM3, F Cappellari, DVM, Phd1, L Piras, DVM1, B Peirone DVM, Phd1

1 Dipartimento di Patologia Animale Facoltà di Medicina Veterinaria, Grugliasco (TO)2 Clinica Albese per Animali da Compagnia, Alba (CN)

3 Clinica Veterinaria “Villa Felice”, Pozzuoli (NA)

Area di interesse: Ortopedia

Scopo del lavoro. Il concetto di osteosintesi “biologica” si è sviluppato negli ultimi anni con l’obiettivo di minimizzare il dan-no tissutale iatrogeno, ottenere una riduzione con tecnica indiretta, eseguire una fissazione stabile e promuovere un rapido uti-lizzo dell’arto1. Con la tecnica MIPO (Minimal Invasive Plate Osteosynthesis) viene eseguito un approccio chirurgico mini-in-vasivo attraverso 2 portali chirurgici (2-4 cm di estensione) distanti dal focolaio di frattura. La placca viene introdotta attraver-so uno dei portali e successivamente fatta scivolare lungo un tunnel epiperiostale precedentemente creato al di sotto dei tessutimolli. Le viti che vengono inserite attraverso gli stessi portali o tramite incisioni cutanee puntiformi1,2.In traumatologia veterinaria l’applicazione della MIPO è stata descritta da Schmokel nel 2007 per il trattamento delle fratturedi tibia utilizzando placche DCP standard e da Haaland nel 2009 in 4 casi trattati con placca LCP (Locking Compression Pla-te). Pozzi nel 2009 ha definito l’anatomia chirurgica per l’esecuzione dei portali ai quattro principali raggi ossei dello scheletroappendicolare del cane1. Scopo di questo lavoro è descrivere il trattamento delle fratture di tibia nel cane con placche a stabili-tà angolare utilizzando tecnica MIPO.Materiali e Metodi. Sono stati sottoposti a intervento chirurgico 9 cani di età compresa tra 8 mesi e 12 anni (media 4 an-ni/mediana 2 anni) di peso compreso tra i 7 e i 46 kg (media 25 kg/mediana 25 kg) e 2 gatti, trattati nel periodo compreso tragennaio 2008 e gennaio 2010 raccogliendo follow-up clinico e radiografico fino a consolidazione della frattura.Risultati. Sono state trattate 11 fratture di cui 6 comminute, 4 semplici e 1 segmentale; 9 erano chiuse, 1 esposta di 1° e una di2°. Sono stati utilizzati 10 supporti retti Fixin e 1 placca LCP. Per la riduzione indiretta della frattura è stato utilizzato il tavoloda trazione scheletrica in 6 casi, pinze da riduzione in 4 casi, apparato di Ilizarov in 1 caso. In 6 casi la placca non è stata mo-dellata, mentre in 5 casi è stata applicata in seguito a modellamento. Per la fissazione temporanea sono stati utilizzati i “pin-stopper” in 5 casi, fili di Kirschner in 3 casi, pinze ferma placca in 2 casi e “push-pull device” in 1 caso.In 6 casi è stato eseguito un controllo radiografico intra-operatorio per valutare l’allineamento e la riduzione della frattura. Nonsi sono riscontrate complicanze intra-operatorie. L’esame radiografico post-operatorio ha evidenziato: in 8 casi un allineamen-to adeguato, in 3 casi inadeguato. In 2 casi sono state osservate complicanze post-operatorie tra cui ritardo di consolidazione eriassorbimento osseo da protezione dell’impianto. In 8 casi è stato possibile eseguire il follow-up clinico e radiografico, che haevidenziato recupero eccellente e consolidazione della frattura, in 2 casi è stato eseguito un follow-up telefonico in cui il pro-prietario riferiva il completo recupero funzionale del paziente, in un caso il recupero è stato discreto.Conclusioni. In tutti pazienti il trattamento è stato efficace, con consolidazione della frattura. Delle 11 fratture, 7 risultavano ca-ratterizzate da un focolaio comminuto o scheggioso, indicazioni principali per l’impiego dei sistemi a stabilità angolare e per l’ap-plicazione della tecnica MIPO. La riduzione indiretta mediante tavolo da trazione scheletrica ha permesso di ristabilire una cor-retta lunghezza del segmento osseo, allineando e stabilizzando i monconi durante la preparazione dei portali chirurgici e del tun-nel epiperiostale. La diminuzione della perdita di riduzione primaria che si ha con l’utilizzo dei sistemi a stabilità angolare ha per-messo di ottenere un allineamento adeguato anche nei casi in cui non è stato eseguito un modellamento accurato dell’impianto.L’utilizzo di strumenti per la fissazione temporanea è risultato indispensabile per ottenere la stabilizzazione dell’impianto duran-te l’inserimento delle prime viti a stabilità angolare e permettere di controllare e correggere facilmente riduzione e allineamento.Tra le complicanze, abbiamo osservato un ritardo di consolidazione a seguito del trattamento di una frattura trasversa con un im-pianto applicato con funzione di sostegno. Come descritto anche nella casistica umana, un fissatore interno non garantisce la “sta-bilità assoluta” necessaria alla guarigione per prima intenzione tipica di queste fratture quando messe in compressione3.

Bibliografia

1. Hudson CC et al: Minimally invasive plate osteosynthesis: Aplications and techniques in dogs and cats. VCOT 2009; 22: 175-182.2. Schmokel HG et al.: Treatment of tibial fractures with plates using minimally invasive percutaneous osteosynthesis in dogs and cats. JSAP 2007; 48: 157-160.3. Hazarika S et al: Minimally invasive locking plate osteosynthesis for fractures of the distal tibia - Results in 20 patients. Injury 2006; 37, 877-887.

Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Alessandro Boero BaroncelliClinica Albese per Animali da Compagnia via Vivaro 25 Alba (CN)Tel. 017335122 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

280

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 280

Page 281: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

IMPIEGO DELLA PROTESI NON CEMENTATA MODELLO ZURIGO IN PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIE TRAUMATICHE DELL’ANCA

Fulvio Cappellari, Med Vet, dr Ric1, Lisa Adele Piras, Med Vet1, Enrico Panichi, Med Vet, Dr Ric2,

Alessandro Boero Baroncelli1-3, Bruno Peirone, Med Vet, Dr Ric1

1 Dipartimento di Patologia Animale Facoltà di Medicina Veterinaria, Grugliasco (TO)2 Libero professionista, Centro Veterinario A.V.A.P., Pinerolo (TO)

3 Clinica Albese per Animali da Compagnia, Alba (CN)

Area di interesse: Ortopedia

Scopo del lavoro. La protesi totale d’anca viene comunemente impiegata nel trattamento di pazienti affetti da osteoartosi se-condaria a displasia. In medicina veterinaria è altresì riportato l’impiego della chirurgia protesica nel trattamento della lussazionid’anca di origine traumatica1, 2. In questo lavoro retrospettivo vengono valutati i risultati ottenuti in nove pazienti affetti da pa-tologie traumatiche a carico dell’articolazione coxo-femorale, trattati mediante protesi totale d’anca non cementata modello Zu-rigo (ZCTHR).Materiali e metodi. Nel periodo compreso tra gennaio 2004 e giugno 2007 abbiamo trattato con ZCTHR nove pazienti affettida patologie traumatiche a carico dell’anca. Sono stati esaminati i dati relativi al segnalamento, all’anamnesi, all’esame clinicoe radiografico. L’intervento chirurgico veniva eseguito seguendo la metodica descritta da Montavon3. Al termine della procedu-ra si eseguiva il controllo radiografico per verificare il corretto posizionamento degli impianti. Nel caso 7, frattura Salter Harristipo I prossimale di femore trattata con viti e chiodo, si era proceduto alla rimozioni degli impianti 10 giorni prima della proce-dura protesica. Il follow-up clinico e radiografico è stato effettuato a circa un mese dalla chirurgia, seguito da un’intervista te-lefonica ad almeno 6 mesi dall’intervento, seguendo il modello proposto da Olmstead4.Risultati. I dati essenziali sono riassunti nella tabella 1. Tutti i pazienti erano affetti da grave zoppia: di III° (casi 2, 4 e 8) e diIV° nei restanti sei casi. Nel caso 6, dopo l’inserimento della coppa acetabolare e dello stelo femorale, abbiamo utilizzato l’u-nità testa-collo extra-long. Ciononostante, durante l’esecuzione dei test intra-operatori, si verificava la lussazione cranio-dorsa-le; pertanto è stato necessario rimuovere gli impianti protesici e mutuare l’intervento in un’ostectomia della testa e del collo delfemore. Questo paziente è stato pertanto escluso dai controlli successivi.Nel caso 8, a distanza di cinque giorni dalla chirurgia, si verificava la lussazione della coppa acetabolare. A distanza di cinquegiorni, il paziente veniva sottoposto a chirurgia di revisione.Al follow-up clinico a breve termine tutti i pazienti mostravano miglioramento nel grado di zoppia. In tutti i casi il controllo ra-diografico a breve termine risultava normale. A distanza di 7 mesi dalla chirurgia il caso 5 presentava zoppia di IV°. Lo studioradiografico evidenziava la rottura del collo dello stelo protesico. Il paziente veniva sottoposto a chirurgia di revisione con ri-mozione dello stelo protesico, inserimento di un nuovo stelo e applicazione di due cerchiaggi metallici e di una placca di pro-tezione sul versante laterale del femore. I risultati ottenuti dall’intervista telefonica sono riportati nella tabella 2.

TABELLA 1

Caso Razza Età Sesso Peso Diagnosi Insorgenza Trattamento Impianti Controllo Complicanzeprecedente Rx PO

1 Terranova 4 aa F 52 kg Lussazione 3 giorni Cup 26,5 AL 50° AR 15°Stem M Neck L

2 American 3 aa M 47 kg Lussazione 3 mesi Sutura Cup 26,5 AL 50° AR 20°Bulldog extracpasulare Stem S Neck S

3 Meticcia 2 aa F 33 kg Lussazione 21 giorni Cup 23,5 AL 43° AR 30°Stem S Neck M

4 Labrador 8 aa M 44 kg Pregressa 3 mesi Cup 29,5 AL 48° AR 17°ostectomia Stem M Neck S

5 Dogo 15 mm M 53 kg Frattura 2 giorni Cup 26,5 AL 47° AR 22° RotturaArgentino testa femore Stem M Neck L stelo

6 Landseer 5 aa F 50 kg Frattura collo 4 giorni Cup 26,5 Recidiva Stem M Neck XL lussazione

7 Pastore 7 mm M 34 kg Malconsolidazione 45 giorni Viti e filo Cup 23,5 AL 38° AR 21°tedesco SH1 testa femore di Kirschner Stem S Neck L

8 Bovaro del 11 mm M 48 kg Malconsolidazione 5 mesi Artrotomia Cup 26,5 AL 42° AR 15° Lussazione Bernese SH1 testa femore esplorativa Stem L Neck S coppa

9 Pastore 8 mm M 30 kg Malconsolidazione 4 mesi Cup 23,5 AL 43° AR 25°tedesco SH1 testa femore Stem M Neck L

AL= Apertura Laterale della coppa; AR= Angolo di Retroversione della coppa.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

281

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 281

Page 282: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TABELLA 2 - Intervista telefonica ad almeno sei mesi dalla chirurgia

Caso Camminare Sedersi Alzarsi Correre Fare le scale Salire in auto Gioco/esercizio

1 1 1 1 1 1 1 1

2 2 4 1 2 1 1 2

3 1 1 2 1 1 1 1

4 1 4 1 1 1 4 1

5 3 3 3 3 3 3 3

7 3 4 3 2 1 1 2

8 1 1 1 2 1 2 2

9 1 1 1 1 1 1 1

Conclusioni. Tutti i pazienti inclusi nello studio erano affetti da grave zoppia e algia alla manipolazione dell’articolazione. Nei pazienti affetti da malconsolidazione della testa del femore e nel caso precedentemente sottoposto a ostectomia della testadel femore, la preparazione del canale femorale è risultata difficoltosa a causa della stenosi del canale conseguente alla sclero-si ossea. L’impiego di una fresa ad alta velocità ha consentito l’apertura del l’ingresso prossimale al canale femorale consen-tendo un agevole alesatura del canale. Il posizionamento delle componenti protesiche risultava corretto nonostante le maggioridifficoltà determinate dall’anatomia regionale alterata e dalla contrattura muscolare presenti nel 75% dei casi. Nel caso 6, uni-co caso in cui non siamo stati in grado di terminare la chirurgia protesica, sarebbe stato necessario evitare l’ostectomia del col-lo o mantenere lo stelo più sporgente rispetto alla linea di osteotomia. La lussazione della coppa avvenuta nel caso 8, è stata cor-relata a un’inadeguata preparazione della cavità acetabolare con conseguente scarso press-fit dell’impianto. Il cedimento dellostelo protesico riscontrato nel caso 5 è stato correlato all’indole e al peso del paziente, ma presumibilmente la maggior condi-zione predisponente va ricercata nell’impiego di uno stelo sottodimensionato in relazione alla taglia del paziente associato adun’unità testa-collo long.Successivamente al trattamento di chirurgia protesica abbiamo osservato in tutti i pazienti un rapido recupero funzionale con no-tevole miglioramento del quadro clinico già a un mese dall’intervento. Dall’analisi dell’intervista telefonica è emersa una note-vole soddisfazione da parte dei proprietari. L’unico paziente che ha mostrato uno scarso recupero funzionale è il caso 5, in cuila rottura dello stelo protesico ha richiesto una chirurgia di revisione, che ha condizionato il risultato clinico finale.In conclusione la chirurgia protesica rappresenta una valida opzione terapeutica nei pazienti affetti da patologie traumatiche acarico dell’articolazione coxo-femorale.

Bibliografia

1. Pozzi A, Kowaleski MP, Dyce J, Johnson KA: Treatment of traumatic coxofemoral luxation by cemented total hip arthroplasty. Vet Comp Orthop Trau-matol 17: 198-203, 2004.

2. Dyce J, Wisner ER, Wang Q, Olmstead ML: Evaluation of risk factor for luxation after total hip replacement in dogs. Vet Surg 29: 524-532, 2000.3. Montavon PM, Tepic S: Zurich Cementless Total Hip System. Zurich, CH, Zurich Cementless Total Hip Course, Vetsuisse Faculty University of Zurich,

2006.4. Olmstead ML (1995): The canine cemented modular total hip prosthesis. J Am Anim Hosp Assoc 31: 109-124, 1995.

Indirizzo per la corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

282

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 282

Page 283: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI INFEZIONE DA CYTAUXZOON SP IN UN GATTO DELL’ITALIA CENTRALE

E. Carli, DVM1,2, M. Trotta, DVM, PhD1, E. Bianchi, DVM3, T. Furlanello, DVM, DECVCP1,4,L. Solano-Gallego, DVM, PhD, DECVCP5

1 Laboratorio San Marco, Padova, Italia2 Dipartimento di Scienze Sperimentali Veterinarie, Università degli Studi di Padova

3 Clinica veterinaria Piazza Bologna, Roma, Italia4 Clinica veterinaria San Marco, Padova, Italia

5 Department of Pathology and Infectious Diseases, Royal Veterinary College, Londra, UK

Area di interesse: Patologia clinica

Introduzione. La cytauxzoonosi è una malattia emoprotozoaria sostenuta dal piroplasma Cytauxzoon felis (C. f.), che colpiscei felini selvatici e domestici, descritta principalmente negli Stati Uniti. I felini selvatici, e in particolare le linci (Lynx rufus), so-no considerati i reservoir, mentre le zecche (Dermacentor variabilis, Amblyomma americanum) rappresentano i vettori del pa-togeno. Nel gatto l’infezione esita in una malattia febbrile acuta spesso mortale. I felini selvatici, invece, sviluppano raramentesegni clinici e più spesso presentano un’eritroparassitemia subclinica. Negli ultimi anni, sono stati descritti mediante tecnichemolecolari (PCR), degli organismi geneticamente simili a C. f. nei gatti di Pallas in Mongolia, nelle linci (Lynx Pardinus) e inun gatto in Spagna e in uno in Francia. In Italia la medesima infezione è stata descritta dagli autori in tre gatti nel nord-est. Ladiagnosi si basa sul ritrovamento del parassita alla valutazione di uno striscio ematico e/o sulla positività di un campione di san-gue alla ricerca del patogeno mediante PCR.Descrizione del caso. Un gatto europeo, maschio intero di 7 mesi proveniente da una colonia, è stato portato a visita per diar-rea nell’Ottobre 2009. Nell’estate precedente, la zona in cui viveva era stata interessata da una grave infestazione da zecche. Al-la visita clinica, il gatto era in ottime condizioni generali e presentava una lesione corneale, probabile esito di un’ulcera. All’e-same emocromocitometrico (CBC) erano presenti una lieve anemia macrocitica-ipocromica, e lievi leucocitosi e piastrinosi. Al-la valutazione dello striscio, erano stati osservati sporadici piccoli piroplasmi (0,5-0,8 µm di diametro) in sede intraeritrocitaria.Erano presenti inoltre, una diminuzione del ferro sierico, un incremento dell’amiloide sierica, delle a1 e delle ß-globuline e lariduzione delle α1-globuline. All’esame coprologico erano state osservate uova di ascaridi. La PCR specifica per piroplasmi perun frammento del gene 18S ribosomiale era risultata positiva e il successivo sequenziamento aveva rivelato un’omologia del99% per il gene 18S ribosomiale di Cytauxzoon sp (C. sp) depositata in GenBank e isolata in Mongolia, in Spagna e in Fran-cia. L’omologia con C. f. era solo del 93%. Il gatto è stato trattato con imidocarb e doxiciclina e rivalutato a termine della tera-pia. L’anemia e la leucocitosi non erano più presenti, mentre la piastrinosi persisteva. Il soggetto era risultato negativo alla ri-cerca di piroplasmi sia mediante valutazione dello striscio di sangue che mediante PCR.Conclusioni. L’infezione da C. f. è ben nota negli Stati Uniti, mentre in Europa sono stati segnalati sporadici casi di infezionisostenute da C. sp. Le informazioni riguardo all’epidemiologia, alle alterazioni clinico-patologiche e alla terapia delle infezionicausate da questo patogeno nei felini domestici e selvatici sono molto limitate. Nel presente lavoro, si descrive il primo caso diinfezione da C. sp in un gatto proveniente dall’Italia centrale, con dati clinico-patologici, terapia e follow up. È di rilievo la dif-ferenza fra il caso descritto, che presentava segni clinici aspecifici e modeste anomalie clinico-patologiche e, almeno apparen-temente, un esito positivo, e le infezioni da C. f. spesso letali ed iperacute. Le alterazioni riportate possono essere attribuite al-l’azione del patogeno, anche se l’ipotesi che il C. sp possa causare infezioni subcliniche oppure possa essere un protozoo op-portunista resta da chiarire.Per quanto riguarda i reservoir e i vettori coinvolti nella trasmissione, i felini selvatici e le zecche presenti nel territorio italianopotrebbero giocare un ruolo importante. Saranno necessari altri studi per stabilire la prevalenza, la distribuzione, la trasmissio-ne e i fattori di rischio associabili a questa infezione nei felini selvatici e domestici presenti in Italia. Sarà anche importante sta-bilire eventuali correlazioni con altre malattie infettive a localizzazione ematogena (emoparassitosi e bartonellosi).C. sp è un patogeno emergente nei gatti italiani che deve essere incluso nelle diagnosi differenziali di malattia nei soggetti chevivono in ambienti in cui sono presenti i vettori dell’infezione.

Bibliografia

Carli E et al. Cytauxzoon spp infection in blood from three cats in north-eastern of Italy. Atti 10th ESVCP cong, 2008: 133.Criado-Fornelio A et al. The “expanding universe” of piroplasms. Vet. Parasitol. 2004; 119: 337-345.Criado-Fornelio A et al. Hemoprotozoan of domestic animals in France: prevalence and molecular characterization. Vet. Parasitol. 2009; 159: 73-76.Greene CE et al. Cytauxzoonosis. In: Greene (Eds.), Infectious diseases of the dog and cat, 3th ed., Saunders, St. Louis, 2006; pp. 716-722.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.Ssa Erika Carli - Laboratorio San Marco, Via Sorio 114/c, 35120 Padova (PD), Italia Tel. 049/8561039 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

283

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 283

Page 284: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INTERDIGITAL WEBBING TRANSPOSITION FLAP FOR RECONSTRUCTION IN A DOG WITH A DIGITAL MAST CELL TUMOUR

B. Carobbi, Med Vet, MRCVS 1

1 Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, Padova, Italy

Topic: Surgery

Introduction. Distal limb reconstruction is challenging because local tissue available for skin relaxing and stretching tech-niques, and rotating and advancement flaps is limited. It is even more challenging in oncology surgery because tumour excisionmay result in a substantial skin deficit. Lack of preoperative consideration of a reconstructive plan and fear of not being able toclose the resulting deficit are often affecting the success rate of the procedure. Therefore, the reconstructive aspect of the pro-cedure needs full consideration. Surgical options for distal limb wound reconstruction include: direct distant flaps; indirect flap(i.e. the delayed tube flap); reverse saphenous conduit flap; and skin grafts (e.g. split-thickness grafts, full-thickness meshed andunmeshed grafts). We describe an interdigital webbing transposition flap for reconstruction of a soft tissue defect in a dog re-quiring surgical excision of a mast cell tumour involving the medial aspect of the metacarpal and proximal phalangeal region.To author’s knowledge this technique has never been reported.Description of the case. A 5-year-old, male entire, Siberian Husky dog was referred for surgical excision of a mast cell tumourinvolving the medial aspect of the metacarpal and proximal phalangeal region of the right forelimb. At clinical examination thedog was bright and responsive, and temperature, pulse and respiration were within normal ranges. Routine biochemistry andhaematology were within normal ranges. At palpation the mass appeared to involve the skin and subcutaneous tissues of the sec-ond digit on its medial aspect, and peritumoral oedema, bruising or erythema were not present. Distant metastasis and region-al lymphnode involvement were excluded by thoracic radiography, abdominal ultrasound and lymphnode fine needle aspiration.At surgery the mass was removed with a margin of 2cm on all boundaries. In addition, second digit and metacarpal amputationwere performed. The resulting defect was partially reconstructed using a 3x2cm skin flap harvested from the interdigital skin ofthe amputated digit, and the remaining defect was closed by primary apposition. Simple interrupter 3/0 nylon sutures were used.A slightly compressive bandage was maintained for 12 hours. A light bandage was used thereafter, and changed every 2 daysduring the following 7 days. The dog recovered normal weight bearing on the affected leg 24 hours after surgery. When the su-tures were removed 14 days after surgery, a 2mm dehiscence of the wound was noticed caudally to the flap, close to themetacarpal pad. The resulting defect did not require intervention, and healed by second intention in 7 days. By the 21st post-operative day the flap was completely healed, although a bruising was present in the proximal part of the wound. A buster col-lar was applied, and 4 days later the bruising resolved. Histopathology reported a mast cell tumour of grade II, completely ex-cised with clean margins in all directions.Conclusions. Aggressive surgical management of mast cell tumours is associated with low incidence of local recurrence. Twocentimetres lateral margins and a deep margin of 1 fascial plane are suggested for complete excision of grade I and II mast celltumours in dogs. Prolonged management and hospitalization are reported disadvantages of reconstructive surgery. Direct dis-tant flaps are multiple step procedures. Frequent bandage replacement is required to prevent limb shifting resulting in pedicletension, and to manage the open wound. In addition, deep sedation/anaesthesia is recommended to prevent damage to the flap.Skin grafts require frequent bandage replacement under anaesthesia. Meshed grafts require an healthy granulation tissue, andcannot be applied on a fresh wound. Split-thickness grafts may be less durable and more subject to trauma, and graft harvest-ing requires special and expensive equipment. Full-thickness grafts have a low survival rate unless drainage is provided. Tubedflaps is a delayed procedure with increased likelihood of surgical complications and flap necrosis. In this case, the interdigitalwebbing transposition flap provided a successful one step procedure for reconstruction of soft tissue defect. Advantages of pedi-cle flaps include: durability; resistance to trauma; short postoperative management; and quick healing. In addition, open woundmanagement and anaesthesia during bandage replacement are not required. Although in this case a minor complication oc-curred and did not require intervention, major complications (i.e. flap failure) can be managed using one of the previously de-scribed techniques. This new technique should be considered as an option for reconstruction of digital soft tissue defects in-volving the medial and the lateral aspect of the metacarpal and metatarsal region.

Bibliography

Anderson D (1997) In practice Nov/Dec 1997 p. 537-545.Lascelles D, White RAS (1999) In practice April 1999 p. 163-175.Simpson AM, Ludwig LL, Newman SJ, Bergman PJ, Hootinger HA, Patnaik AK (2004) JAVMA 224; 236-240.Fowler D (2006) Vet Clin Small Anim 36; 819-845.

Corresponding Address:Dott.ssa Barbara Carobbi - Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, c/o Agripolisviale dell’Università, 16, 35020 Legnaro (PD), Italia E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

284

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 284

Page 285: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

STENOSI PIELO-URETERALE BILATERALE ASSOCIATA A UROLITIASI DA MELAMINA IN UN GATTO

L. Conti, Medico Veterinario1, F. Dondi, Medico Veterinario, PhD1, D. Casoni, Medico Veterinario, PhD1, B. Brunetti, Medico Veterinario, PhD, Dipl. ECVP2, J. Del Angel - Caraza, Medico Veterinario, PhD3,4,

C.C. Pèrez Garcìa, Medico Veterinario, PhD4, L. Pisoni, Medico Veterinario, PhD1

1 Dipartimento Clinico Veterinario - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Ozzano dell’Emilia (BO), Italia2 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e di Patologia Animale - Alma Mater Studiorum

Università di Bologna, Ozzano dell’Emilia (BO), Italia3 Ospedale Didattico Piccoli Animali - Università Autonoma dello Stato del Messico, Toluca, Messico

4 Laboratorio di Ricerca sull’Urolitiasi - Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Anatomia - Università di Leòn, Leòn, Spagna

Area di interesse: Nefrologia e Urologia

Introduzione. La stenosi pielo-ureterale (SPU) bilaterale è una patologia congenita o più raramente acquisita delle vie urinariesuperiori. Nell’ambito delle anomalie pediatriche la SPU è di frequente riscontro ed è caratterizzata da pielectasia e idronefrosiconseguenti alla riduzione del deflusso dell’urina. A causa della stasi urinaria che si verifica a monte della giunzione pielo-ure-terale, l’urolitiasi frequentemente complica la SPU nell’uomo. Le anomalie delle vie urinarie superiori sono rare nel gatto e nonsono mai stati descritti casi di SPU, a conoscenza degli autori. Lo studio ne descrive le caratteristiche cliniche, clinicopatologi-che e chirurgiche.Descrizione del caso. Un gatto meticcio, maschio intero, di 4 mesi, è stato presentato per ematuria macroscopica e periuriaevidenti da 2 settimane. Il gatto era alimentato da 2 mesi con latte in polvere e pet food. L’esame clinico ha messo in eviden-za nefromegalia bilaterale e dolore alla palpazione renale. Le indagini ematobiochimiche erano nella norma. L’analisi dell’u-rina ha rilevato peso specifico urinario 1012, pH 7.00, eritruria, proteinuria (30 mg/dl), associate a leucocituria e cristalluriaamorfa. L’esame colturale delle urine era negativo. La diagnostica collaterale ha evidenziato alterazioni bilaterali caratterizza-te da nefrolitiasi, idronefrosi con pielolitiasi e aumento di dimensioni del tratto prossimale dell’uretere. L’urografia escretoriaha confermato la presenza della SPU bilaterale evidenziando una tardiva comparsa della fase nefrografica associata ad una gra-ve dilatazione della pelvi renale nel rene destro ed una moderata pielectasia sinistra. Gli ureteri erano moderatamente dilatatied il tratto prossimale era caratterizzato da un andamento tortuoso. È stata effettuata una nefrectomia destra e i tessuti sonostati sottoposti ad esame anatomopatologico. È stata impostata una terapia medica con dieta di dissoluzione e aumento del con-sumo di acqua. I segni clinici sono migliorati rapidamente fino a scomparire completamente. A 3 settimane dalla chirurgia èstata evidenziata una riduzione dell’idronefrosi sinistra e ad oggi le condizioni cliniche del gatto sono buone. L’idronefrosi si-nistra è ulteriormente diminuita, ma persiste la SPU. La valutazione macroscopica del rene ha confermato l’anomalia e in se-guito a dissezione sono stati raccolti numerosi uroliti di diametro inferiore ad 1 mm dalla pelvi renale. L’esame istopatologi-co ha evidenziato una progressiva atrofia del parenchima ed una moderata ectasia dei segmenti tubulari distali. L’interstizio re-nale, la pelvi e l’uretere presentavano moderata fibrosi. Gli uroliti avevano superficie irregolare e colore giallastro. L’analisiquantitativa con spettroscopia infrarossa e microscopia elettronica a Raggi X ha evidenziato la presenza di melamina, acidourico monoidrato e apatite.Conclusioni. Il caso descritto rappresenta la prima segnalazione di SPU bilaterale nel gatto a conoscenza degli autori. Tale pa-tologia deve essere considerata come causa di sintomi urologici nei gattini. In analogia con l’uomo, è possibile che esistanoanche nel gatto forme asintomatiche di SPU per le quali sarebbero necessari studi epidemiologici ulteriori. La SPU è frequen-temente associata a urolitiasi e, verosimilmente, una patogenesi correlata alla stasi urinaria ha favorito la precipitazione dei cri-stalli in questo gatto. I calcoli presenti nella pelvi contenevano melamina che, alla luce delle recenti conoscenze acquisite inmateria, può aver favorito la comparsa di urolitiasi. Il ruolo patogenetico emergente di tale sostanza e l’epidemiologia dell’u-rolitiasi associata, tuttavia, non sono ancora completamente conosciuti. La presenza di forme subcliniche o reperti occasiona-li patologici deve condurre il Medico Veterinario a considerare la melamina tra le diagnosi differenziali di urolitiasi nella pra-tica clinica.

Bibliografia

Ping L. Zhang et al. Ureteropelvic junction obstruction: morphological and clinical studies. Pediatr Nephrol (2000) 14:820-826.Richel E. Cianciolo et al. Clinicopathologic, histologic, and toxicologic findings in 70 cats inadvertently exposed to pet food contaminated with melamine and

cyanuric acid. JAVMA (2008), Vol 233, No 5, September 1.Andrew E. Kyles et al. Clinical, clinicopathologic, radiographic, and ultrasonographic abnormalities in cats with ureteral calculi: 163 cases (1984-2002). JAV-

MA (2005), Vol 226, No 6, March 15.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Francesco Dondi - Dipartimento Clinico Veterinario - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Via Tolara Di Sopra n°5040064 Ozzano dell’Emilia (BO), Italia - Tel. 051/2097317 - Cell. 3206297728 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

285

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 285

Page 286: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

REACTIVE HISTIOCYTOSIS IN A DOBERMAN PINSCHER DOG PRESENTING AS A SUB-LINGUAL MASS

L. Cornegliani, DMV1, M. Gracis, DMV1, A. Vercelli, DMV2, P. Roccabianca, DMV3, S. Ferro, DMV4

1Clinica Veterinaria S. Siro, Milano, Italia2Ambulatorio Veterinario Associato, Torino, Italia

3Dipartimento di Patologia Animale Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Università degli Studi Milano, Milano, Italia4Dipartimento di Sanità Pubblica, Patologia Comparata e Igiene Veterinaria,

Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, Padova, Italia

Topic: Dermatology

Introduction. Histiocytic proliferative disorders are a group of diseases represented by cutaneous and systemic reactive histio-cytosis, and neoplastic disorders such as cutaneous histiocytoma, histiocytic sarcoma and malignant histiocytosis. This case re-port describes an unusual presentation of reactive histiocytosis in a Doberman pinscher dog.Description of the case. A male, 8 years old, 7.5 Kg, Doberman pinscher dog was referred for evaluation of a sublingual mass.At physical examination, the dog was in good general conditions. The lingual mass was elongated, bossilated, non-ulcerated,apparently attached to the left sublingual tissues, causing slight deviation of the tongue to the right. Differential diagnosis in-cluded neoplasia, sterile pyogranuloma/granuloma, reactive histiocytosis, atypical mycobacteriosis, foreign body granuloma,ranula and sublingual trauma. Electrocardiograph examination was normal, and a three-views radiographic chest examinationresulted negative for metastatic disease. Complete blood count (CBC), biochemical profile and coagulation panel resulted un-remarkable. General anaesthesia was performed. The sublingual mass was 60 x 20 x 17 mm in size, with mixed consistency,raised, bossilated, covered by intact mucosa, adhering to the left ventral side of the tongue and the rostral portion of the lingualfrenulum, and with a yellowish color. An intraoral radiograph of the intermandibular region showed no abnormalities. Two largeincisional biopsies were taken. Fine needle aspiration and fine needle biopsy (nonaspiration technique) of the right and leftmandibular lymphnodes were also performed. Histological examination of the sublingual mass showed the presence of a het-erogeneous, dense, interstitial cellular population composed mostly by round to slightly fusiform histiocytic cells. Anisocytosisand anisokaryosis were moderate and mitoses were occasional. Multifocal, large lymphocytes aggregates, plasmacells and neu-trophils were present. PAS and Ziehl-Nielsen stains resulted negative. A diagnosis of severe granulomatous glossitis was made.Aethiopathogenetic hypothesis included salivary duct rupture, infective diseases and reactive histiocytosis. New diagnostic testfor infective diseases were done. A PCR test for Ehrlichia spp., Leishmania spp. and Rickettsia rickettsii was also performed onthe blood sample and resulted negative, except that for Leishmania spp. which was positive. The dog was re-anesthetized to sur-gically reduce the sublingual mass and to obtain tissue samples for a PCR test for Leishmania spp. The lesion had progressedto the right side of the lingual frenulum. The mucosa covering this portion of the mass was partially ulcerated. Fine needle as-piration, fine needle biopsy and incisional biopsies of the sublingual mass were performed. Most of the abnormal tissues weresurgically removed. Some cytological copy slides were sent for immunohistochemistry. PCR and immunohistochemistry forLeishmania sp. detection performed on biopsies were negative. Immunohistochemistry on cytological samples was positive forVimentin and CD1c, slightly positive for CD18. Cells were identified as histiocytic dendritic cells presenting antigens. Histo-logical diagnosis was reactive histiocytosis. The dog was treated with oral administration of tetracycline/niacinamide 250mg/q8h. After one month PCR for Leishmania was still negative. CBC and biochemical exams were within normal range. Themass did not decrease in size but the animal was in good general conditions. The lesion started to decrease in size after 2 monthsof therapy, and totally regressed after 6 months. The dog was controlled every 30 days and CBC and biochemical profiles re-peated each time. 6 months after the end of the medical treatment PCR and IFAT for Leishmania were still negative.Conclusions. In dogs lingual lesions and histiocytic disorders in particular are relatively uncommon. One case of histiocyticsarcoma was reported in a recent retrospective study performed on lingual biopsies (0.15% of malignant tumors and 0.08% ofall samples). To the authors’ knowledge sub-lingual reactive histiocytosis has not been reported before. The history of this clin-ical case is quite unusual. The lesion had been initially diagnosed as sterile granuloma, but immunohistochemistry had not beenperformed on biopsies or cytological samples. Only positive CD1c and Vimentin permitted definitive histopathological diagno-sis. Tetracycline plus niacinamide treatment was effective in this case.

Bibliography

Dennis MM, Ehrhart N, Duncan CG, Barnes AB, Ehrhart EJ: Frequency of and risk factors associated with lingual lesions in dogs: 1,196 cases (1195-2004). JAm Vet Med Assoc 228:1533-1537, 2006.

Palmeiro BS, Morris DO, Goldschmidt MH, Mauldin EA: Cutaneous reactive histiocytosis in dogs: a retrospective evaluation of 32 cases. Vet Dermatol 18:332-340, 2007.

Fulmer AK, Mauldin GE: Canine histiocytosis neoplasia: an overview. Can Vet J 48: 1041-1050, 2007.Cariato L: Malignant histiocytosis in a Bernese mountain dog presenting as a mandibular mass. Can Vet J 38: 105-107, 1997.

Corresponding Address:Dott.Ssa Luisa Cornegliani - Clinica Veterinaria S. Siro, via Lampugnano 99, 20151 Milano (MI), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

286

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 286

Page 287: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COMPARAZIONE TRA 2 GRUPPI, BUPIVACAINA IPERBARICA VERSUS BUPIVACAINAIPERBAICA + MORFINA SPINALI, IN CANI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA DEL GINOCCHIO

F. Dal Lago, DVM1, C. Brugnolaro, DVM2, P. Franci, DVM3, A. Calvi, DVM4,M. Libelli, DVM5, M. Isola, DVM3, G. Pedrani, DVM4

1 Libero professionista, Vicenza, Italia2 Libero professionista, Padova, Italia

3 Dipartimento di scienze cliniche veterinarie, Università degli studi di Padova, Legnaro (Padova), Italia4 Clinica veterinaria Pedrani, Zugliano (Thiene - Vicenza), Italia

5 Libero professionista, Verona, Italia

Area di interesse: Anestesia

Scopo del lavoro. Lo scopo di questo lavoro era quello di valutare gli effetti della morfina spinale sulla qualità del blocco in-traoperatorio, del risveglio e dell’analgesia nel postoperatorio, in cani sottoposti a intervento a livello dell’articolazione del gi-nocchio.Materiali e metodi. Dopo aver ottenuto il consenso informato alla procedura da parte del proprietario, i cani erano divisi in 2gruppi, i primi ricevevano anestesia spinale con bupivacaina iperbarica (gruppo A), i secondi con bupivacaina iperbarica e mor-fina (gruppo M). Tutti i soggetti ricevevano la medesima premedicazione (medetomidina 2 mcg kg-1 e butorfanolo 0,2 mg Kg-1) e tutti erano indotti con propofol a effetto. Dopo l’induzione dell’anestesia generale, i cani erano preparati per la chirurgia el’iniezione spinale, eseguita a livello L5-L6 o L6-L7. Tramite l’utilizzo di un ago spinale di Quincke da 22 G, di lunghezza di-versa in base alla taglia del soggetto, la soluzione era iniettata a una velocità di 1 ml/min. Al termine dell’iniezione erano postidue cuscini, uno sotto l’anca e l’altro sotto la regione compresa tra T8 e T12, in modo che la curvatura del rachide permettesseil deposito della soluzione iniettata nell’area da bloccare (L3-S2). L’animale era lasciato in questa posizione per 20 minuti, alfine di favorire il corretto fissaggio dell’anestetico, dopo di che il soggetto era posizionato in decubito dorsale. Quando la fre-quenza cardiaca e/o respiratoria superavano il 20% del valore basale, registrato prima dell’inizio della chirurgia, si sommini-strava fentanyl in boli da 2 mcg kg-1. Nel caso in cui il risveglio fosse agitato si somministravano IV 10 mcg kg-1 di acepro-mazina. Mezz’ora dopo l’estubazione e ogni ora, fino a 4,5 ore dopo, venivano testati i riflessi di entrambi gli arti pelvici, la sen-sibilità superficiale e profonda, la capacità di sostenere il peso su entrambi gli arti e di camminare e il livello di analgesia tra-mite la Short Form of the Glasgow Composite Measure Pain Scale (CMPS-SF). Se il punteggio della scala del dolore superavail 6, il soggetto riceveva un’iniezione intramuscolare di 0,3 mg kg-1 di metadone.Risultati. Nello studio sono stati inseriti 18 cani, 8 nel gruppo A e 10 nel gruppo M.Le differenze tra i due gruppi nella somministrazione intraoperatoria di fentanyl non sono risultate significative.Nonostante solo un caso nel gruppo M abbia ricevuto acepromazina al risveglio contro quattro casi nel gruppo A, non è stataraggiunta la significatività statistica. Per quanto riguarda l’efficacia della morfina nell’analgesia postoperatoria non è stata rag-giunta la significatività statistica, anche se nel gruppo A quattro casi su otto hanno richiesto la somministrazione di metadonenel postoperatorio, mentre nel gruppo M in un solo caso è stato utilizzato l’oppioide. In media i tempi di recupero dei riflessi,a livello dell’arto operato, sono stati riscontrati molto simili tra i due gruppi osservati. Contrariamente, sono stati osservati tem-pi di recupero delle sensibilità superficiale e profonda molto diversi. Infatti, nel gruppo M, la media del tempo di attesa per ilritorno della sensibilità superficiale (minuti dopo l’estubazione) è stata più di 2,5 volte superiore a quella del gruppo A (gruppoM: media 234, deviazione standard 41,95; gruppo A: media 90, deviazione standard 32,07). Invece, la media del tempo di atte-sa per il ritorno della sensibilità profonda (minuti dopo l’estubazione) è stata nel gruppo M più di 1,5 volte quella del gruppo A(gruppo M: media 144, deviazione standard 71,83; gruppo A: media 82,5; deviazione standard; 21,21).Conclusioni. Questo studio preliminare suggerisce che la morfina spinale possa migliorare la qualità del risveglio e dell’anal-gesia nel periodo postoperatorio.

Bibliografia

Chambers W.A., Edstrom H.H and Scott D.B. “Effect of baricity on spinal anesthesia wiyh bupivacaine”. British Journal of Anesthesia, 53, 279, 1981.Chambers W.A., Littlewood D.G., Edstrom H.H. and Scott D.B. “Spinal anesthesia with hyperbaric bupivacaine: effect of dose and volume administered”. Bri-

tish Journal of anesthesia, 54, 75, 1982b.Cole P.J., Craske D.A., Wheatley R.G. “Efficacy and respiratory effects of low-dose spinal morphine for postoperative analgesia following knee arthroplasty”.

Br J Anaesth 2000; 85: 233–7.Novello L., Platt S.R. “Low-dose intrathecal morphine for postoperative analgesia after cervical laminectomy”. Vet Regional Anaesth Pain Med 4:9–17, 2006

(www.isvra.org).Platt S.R., Olby N.J. “BSAVA Manual of Canine and Feline Neurology”. Third edition. 2004.Reid J., Scott M. and Nolan A. “Development of a short form of the Glasgow Composit Measure Pain (CMPS) as a measure of acute pain in dog”. In atti A.V.A.

spring meeting.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.Ssa Francesca Dal Lago, Via Gessi 21, 36100 Vicenza (VI), Italia - Tel. 0444945713 - Cell. 3407960794 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

287

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 287

Page 288: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI SPIROCERCOSI ESOFAGEA NEL CANE

L. Di Martino, DMV1, T. Furlanello, DMV, DECVCP2, D. De Lorenzi, DMV, PhD, SCMPA, DECVCP1

1Clinica Veterinaria San Marco, Padova, Italia2Laboratori Veterinario San Marco, Padova, Italia

Area di interesse: Gastroenterologia

Introduzione. La Spirocercosi è causata dal nematode Spirocerca lupi che infetta il cane domestico e altri Canidi dei paesi tro-picali e subtropicali. I carnivori si infestano ingerendo l’ospite intermedio oppure l’ospite paratenico e il parassita migra dallamucosa gastrica all’aorta toracica caudale in circa 3 settimane dove continua la sua maturazione per altri 3 mesi prima di rag-giungere l’esofago, qui incistandosi come parassita adulto. I segni clinici comprendono rigurgito, disfagia, perdita di peso, disp-nea e morte improvvisa. A conoscenza degli autori, questa patologia non è mai stata descritta nel cane nel nostro Paese, essen-do l’Italia fuori dalla zona di diffusione della Spirocerca. Scopo del presente lavoro è quello di descrivere un caso di spirocer-cosi nel cane ed illustrare una tecnica non precedentemente impiegata nella diagnosi di questa malattia. Descrizione del caso. Balui, una cagna intera meticcia di 2 anni di età è stata riferita per una difficoltà respiratoria insorta dauna decina di giorni e per febbre. Dall’anamnesi risulta che è stata trovata alle Isole Mauritius e portata in Italia in età adulta.La cagna ha partorito da qualche settimana e presenta le mammelle turgide. Alla visita clinica l’addome si presenta dilatato, pa-stoso e dolente e il respiro discordante. La prova di succussione risulta positiva, il polso 155 bpm, respiro 48, MAP 135 e T38,8C°. Una terapia con cefazolina e un’associazione tra lincomicina e spectinomicina impostata 5 giorni prima non aveva por-tato miglioramenti. Al momento del ricovero sono stati eseguiti gli esami ematobiochimici che hanno evidenziato un quadro in-fiammatorio aspecifico (neutrofilia matura, linfocitosi, monocitosi e aumento delle proteine della fase acuta), piastrinosi e ipoal-buminemia mentre le urine risultano ipostenuriche.La radiografia del torace ha evidenziato una estesa radiopacità dei tessuti molli tra la vena cava caudale e l’aorta toracica cau-dale e una spondilosi ventrale delle vertebre toraciche caudali. L’esame ecografico ha visualizzato una voluminosa neoforma-zione cistica dorso-craniale destra rispetto al fegato con compressione della vena cava caudale, di incerta collocazione anato-mica (toracica vs addominale). Quindi Balui è stata sottoposta a indagine tomografica che ha evidenziato i rapporti di contigui-tà della massa con la parete esofagea. Per studiare il coinvolgimento esofageo è stata eseguita una esofagoscopia. L’esame en-doscopico ha evidenziato due noduli di 0,5 e 1 cm e uno più grande di 2 cm peduncolato localizzato tra la base del cuore e losfintere esofageo inferiore. Sono state fatte delle biopsie ad ago sottile utilizzando un ago di Wang attraverso il canale di lavo-ro endoscopico e ottenuti sei campioni per la citologia. I vetrini ottenuti erano tutti cellulari: neutrofili non degenerati, macro-fagi attivati, muco e detriti amorfi. Sparse nel vetrino erano presenti strutture ellittiche dotate di capsula spessa interpretate co-me uova di Spirocerca lupi.Sulla base delle immagini radiografiche, tomografiche, citopatologiche e a causa dell’area di provenienza di Balui è stata emes-sa una diagnosi di Spirocercosi. La cagna è stata trattata con doramectina 500µg/kg SC in due somministrazioni intervallate di7 giorni. Il successivo follow-up a 40 giorni ha mostrato la completa remissione della sintomatologia e la scomparsa della mas-sa in cavità toracica. Conclusioni. Una diagnosi presunta di Spirocercosi si basa sul rinvenimento radiografico di una massa nell’esofago caudale as-sociata a spondilite delle vertebre toraciche caudali e l’esofagoscopia spesso evidenzia piccoli noduli lisci, rilevati sulla muco-sa esofagea che possono avere una protuberanza a forma di capezzolo attraverso i quali le femmine depositano le uova. La con-ferma diagnostica si ottiene trovando le uova nelle feci ma la diagnosi di spirocercosi è molto difficile nella fase iniziale del-l’infestazione. L’esame delle feci e la visualizzazione diretta delle caratteristiche uova ellissoidali embrionate sono un punto fon-damentale per la diagnosi definitiva. La flottazione con una soluzione sovrasatura di zucchero è stata raccomandata ma il nu-mero di falsi negativi è molto alto perché l’emissione delle uova è intermittente. Nel caso di Balui le uova sono state individua-te dentro le lesioni esofagee tipiche della Spirocercosi indicando in questa sede una possibile e non precedentemente segnalataalternativa per la ricerca delle uova del parassita. La guarigione spontanea non è mai stata riferita mentre numerosi lavori di-mostrano, come nel presente caso, l’efficacia e la sicurezza della terapia con doramectina.Questo caso suggerisce inoltre che in presenza di animali che hanno soggiornato all’estero in paesi tropicali e subtropicali e chesi presentano a visita clinica con rigurgito e dispnea è opportuno considerare in diagnosi differenziale la Spirocercosi

Bibliografia

Van der Merwe LL, Kirberger RM, Clift S, Williams M, Keller N, Naidoo V. Spirocerca lupi infection in the dog: A review Vet J. 2008;176(3):294-309.Lobetti RG. Survey of the incidence, diagnosis, clinical manifestations and treatment of Spirocerca lupi in South Africa. J S Afr Vet Assoc. 2000; 71:43-46.De Lorenzi D. Furlanello T. What is your diagnosis? Esophageal nodules in a dog. Vet Clin Pathol. 2010; in press.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.Ssa Linda Di Martino - Clinica Veterinaria San Marco, Via Sorio 114/c, 35141 Padova (PD), ItaliaTel 0498561098 - E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

288

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 288

Page 289: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

RHODOCOCCOSI POLMONARE IN UN GATTO

I. Di Matteo, DVM1, G. Coppola, DVM, PhD2, M. L. Marenzoni, DVM, PhD2, F. Passamonti, DVM, PhD2,M. Sforna, DVM, PhD1, E. Lepri, DVM, PhD, DECVP1

1 Sez. di Patologia ed Igiene Veterinaria, Dip. di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari, Facoltà di Medicina Veterinaria, Perugia, Italia

2 Sez. di Scienze Sperimentali e Biotecnologie Applicate, Dip. di Patologia,Diagnostica e Clinica Veterinaria, Perugia, Italia

Area di interesse: Medicina felina

Introduzione. Rhodococcus equi è un germe tellurico ubiquitario cocco-bastoncellare, Gram-positivo che colonizza i macrofa-gi. È un agente patogeno soprattutto della specie equina, in cui determina lesioni di tipo piogranulomatoso a carico dei polmo-ni e quadri di enterite ulcerativa con elevato tasso di mortalità, specialmente nei soggetti giovani.Il batterio è stato isolato anche in altre specie (suino, bovino, coniglio, cane, gatto e uomo) specialmente in condizioni di im-munodepressione. Nei piccoli animali, a differenza di quanto avvenga negli equini, si riscontrano celluliti piogranulomatose agliarti, vaginiti, epatiti, osteomieliti, miositi, mentre rare sono le lesioni polmonari.Descrizione del caso. scopo della segnalazione è descrivere il caso di un gatto maschio sterilizzato di sei anni, regolarmentevaccinato, a vita prevalentemente indoor, che dopo aver trascorso un breve periodo in una struttura che ospitava anche cavalli,ha iniziato a presentare segni gastroenterici (vomito sporadico, febbre, anoressia, dolore addominale e diarrea) refrattari alla te-rapia medica intrapresa (enrofloxacin e metoclopramide). I test per FIV, FeLV e filariosi sono risultati negativi. Nei giorni suc-cessivi il soggetto ha iniziato a presentare anche una sintomatologia respiratoria, dovuta ad una grave alterazione del parenchi-ma polmonare evidenziabile sulle radiografie toraciche, che mostravano un pattern alveolare diffuso, particolarmente visibile alivello dei lobi basali. L’animale è venuto a morte spontaneamente ed è stato sottoposto ad esame necroscopico. La cavità tora-cica conteneva uno scarso versamento siero emorragico; i polmoni apparivano non collassati, di colore rosa intenso con aree piùcongeste e focolai biancastri disseminati, con consistenza lievemente aumentata non consolidata; dalle vie aree e dal parenchi-ma fuoriusciva abbondante materiale schiumoso torbido muco-purulento. La parete del digiuno era diffusamente ispessita ed ilinfonodi meseraici megalici. Istologicamente i lumi alveolari risultavano ripieni di cellule epiteliali distaccate, detriti necrotici,ed un elevato numero di macrofagi attivati inframezzati a neutrofili, linfociti e rare plasmacellule. Il quadro era compatibile congrave broncopolmonite necrotizzante multifocale. Nell’intestino era evidente una infiltrazione di piccole cellule linfocitarie mo-nomorfe che si estendeva dalla mucosa alla muscolare, con scarse atipie ed attività mitotica bassa, riferibile a linfoma intestina-le a piccole cellule, immunofenotipizzato come linfoma T. L’esame batteriologico dal polmone ha consentito di evidenziare lacrescita su agar sangue di colonie batteriche di aspetto mucoide, traslucide, a contorno irregolare, inizialmente biancastre e poidi colore rosa, ascrivibili a Rhodococcus equi, confermate da indagini biochimiche e molecolari (PCR), che hanno permesso an-che l’evidenziazione del gene che codifica per la proteina di virulenza VapA. Il germe isolato è risultato maggiormente sensibi-le a eritromicina, azitromicina, claritromicina e rifampicina.Sulla base dei reperti anatomoistopatologici, batteriologici e biomolecolari, è stata emessa la diagnosi di rhodococcosi polmo-nare in soggetto affetto da linfoma addominale.Conclusioni. L’infezione da Rhodococcus equi nel gatto è piuttosto rara; l’infezione avviene di solito attraverso ferite penetranti,a differenza di quanto si verifica nella specie equina, in cui l’infezione è generalmente aerogena. Nel gatto infatti la manifesta-zione più comune è la formazione di lesioni piogranulomatose, in particolare a livello degli arti. Alcuni studi hanno dimostratoche il R. equi isolato da cani e gatti potrebbe derivare dai cavalli o dalle loro escrezioni. Nel caso qui descritto, non viene ri-portata in anamnesi l’evenienza di una ferita; si potrebbe quindi ipotizzare l’ingresso aerogeno del germe che, una volta pene-trato, ha determinato la malattia in concomitanza ad uno stato di immunodepressione del soggetto dovuto probabilmente al lin-foma. Il caso risulta interessante non solo perché la rhodococcosi polmonare è stata raramente riportata nel gatto, ma anche peril ruolo che questo animale potrebbe rivestire come potenziale vettore di infezioni opportunistiche patogene per l’uomo, spe-cialmente in condizioni di immunodepressione.

Bibliografia

Cantor, G. H., B. A. Byrne, S. A. Hines, H. M. Richards III. 1998. VapA-negative Rhodococcus equi in a dog with necrotizing pyogranulomatous hepatitis,osteomyeletis, and myositis. J. Vet. Diagn. Invest. 10:297-300.

Fairley R.A., Fairley N.M. 1999. Rhodococcus infection of cats. Vet. Dermatol. 10:43-46.Patel, A. 2002. Pyogranulomatous skin disease and cellulitis in a cat caused by Rhodococcus equi. J.S.A.P. 43:129-132.Sellon, D.C., T. E. Besser, S. L. Vivrete, R. S. McConnico. 2001. Comparison of nucleic acid amplification, serology, and microbiologic culture for diagnosis

of Rhodococcus equi pneumonia in foals. J. Clin. Microbiol. 39:1289-1293.Takai, S., R. J. Martens, A. Julian, M. Garcia Ribeiro, M. Rodrigues de Farias, Y. Sasaki, K. Inuzuka, T. Kakuda, S. Tsubaki, J. F. Prescott. 2003. Virulence of

Rhodococcus equi isolated from cats and dogs. J.Clin. Microbiol. 41:4468-4470.Greene, C.E. Rhodococcus equi infection. In Greene (ed). Infectious Diseases of the dog and cat. 3° ed., 2006 Saunders, Philadelphia.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Irene Di Matteo - Facoltà di Medicina Veterinaria, Via S. Costanzo 4, 06100 Perugia (PG), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

289

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 289

Page 290: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

VALUTAZIONE PROSPETTICA DELL'INDUZIONE DELL’ANESTESIA GENERALE CON SOMMINISTRAZIONE AD INFUSIONE LENTA DI PROPOFOL NEL CANE:

EFFETTI EMODINAMICI E QUALITÀ D’INDUZIONE

G. Dravelli, DVM1, R. Rabozzi, DVM2

1 Clinica Veterinaria Vezzoni, Cremona, Italy2 Clinica Veterinaria dell’Adriatico, Vasto, Italy

Area di interesse: Anestesia

Scopo del lavoro. L’induzione dell’anestesia generale con propofol nel cane può essere accompagnata da significativa riduzio-ne delle resistenze periferiche (ipotensione) e da depressione respiratoria (ipossia)1. Esistono inoltre evidenze che gli effetti ditossicità sul comparto cardiovascolare nel cane dipendano dalla massima concentrazione nel sito plasmatico (Cp-Max) e nondalla massima concentrazione nel sito effettore (Ce-Max)2. Successivamente ad una somministrazione rapida della dose d’in-duzione di propofol (30-60 sec) si consegue un rapido ottenimento della Cp-Max, seguito da un piu lento equilibrio della Ce-max. Quest’ultima risulta essere però il determinante degli effetti clinici desiderati quali l’intubabilità e lo stato di anestesia ge-nerale. I protocolli di induzione dell’anestesia ad effetto clinico proposti in letteratura allo scopo di limitare il relativo sovrado-saggio plasmatico non esaminano correttamente la costante di equilibrio tra plasma e biofase 3-4 e ben difficilmente riescono araggiungere tale obiettivo. Con l’applicazione dei modelli Pk-PD del propofol pubblicati nel cane, grazie ai quali i dosaggi ven-gono trasformati in concentrazioni plasmatiche ed effettoriali, è possibile determinare una velocità di somministrazione limita-ta, in grado di minimizzare la velocità di entrata del farmaco nel sito effettore3-4. In questo modo è possibile valutare gli effetticlinici in relazione alle concentrazioni nella biofase, evitando il sovradosaggio plasmatico. L’obbiettivo del lavoro è quindi de-scrivere nel cane la tecnica di induzione con propofol ad infusione lenta dimostrandone l’applicabilità clinica, la sicurezza, glieffetti collaterali e valutarne l’impatto sull’emodinamica e sulla ventilazione.Materiali e metodi. Studio prospettico su cani adulti ASA1. Quaranta minuti dopo premedicazione con acepromazina (0,015mg kg-1) e morfina (0,15 mg kg-1) IM, l’arteria metatarsale dorsale e la vena cefalica sono state cateterizzate e si è iniziato ilmonitoraggio ECG e pressorio. I dati sono stati registrati tramite un’interfaccia seriale ogni 5 secondi. L’induzione è stata otte-nuta utilizzando una pompa a siringa guidata da un software (CCIP Hong Kong) con implementata la Pk3 e la PD4 del propo-fol nel cane e velocità limitata a 40 mg kg-1 h-1. L’intubazione è stata programmata quando il paziente dimostrava assenza ditono mandibolare e depressione/assenza del riflesso palpebrale. La depressione ventilatoria è stata valutata con pulsossimetria(SPO2) e valutazione dell’ETCO2 nel primo respiro dopo l’intubazione. Tutti i soggetti sono stati assegnati a ricevere un flus-so libero di ossigeno per via nasale. La depressione emodinamica è stata indagata valutando la frequenza cardiaca (FC) e la pres-sione arteriosa invasiva (PA). È stato inoltre valutata la facilità di intubazione, la risposta diaframmatica all’intubazione e la com-parsa di fenomeni eccitatori. Il tipo di distribuzione delle variabili è stato valutato con analisi delle frequenze e test di Shapiro-Wilk. Le variabili parametriche sono state descritte come media (deviazione standard), mentre le variabili non parametriche co-me mediana (range). L’analisi della varianza per gli effetti dell’induzione sulla pressione arteriosa è stata valutata con test diFriedman e analisi post-hoc di Dunns. Livello di significatività posto al 5%.Risultati. Sono stati inclusi nello studio 10 cani ASA 1; età e peso mediani di 5 (2-10) anni e 30 (27-55) kg. 1 cane obeso è sta-to tolto dall’analisi per non aver rispettato i criteri d’inclusione. FC e MAP preinduzione sono stati rispettivamente di 78 (57-97) bpm e 92 (88-97) mmHg. FC e MAP minime sono state di 69 (53-95) bpm e 75 (73-84) mmHg. Calo mediano della MAPè stato di 14 (9-24) mmHg, che rappresenta un calo del 15% rispetto alla preinduzione. L’analisi della varianza della MAP du-rante induzione ha dimostrato una variazione significativa (p<0,05) rispetto al valore preinduzione. Propofol Ce e Cp medianeall’intubazione sono state rispettivamente di 3,4 (2,2-4,9) e 3,7 (2,5-5,1) mcg ml-1, corrispondenti ad un tempo d’infusione di5,7 (3,5/9,5) minuti e 3,9 (2,4-6,3) mg Kg-1 totali di propofol. L’ETCO2 mediana post intubazione è stata di 41 mmHg (37-46),Spo2 mediana durante induzione di 95 (93-98)%; 9 soggetti su 10 hanno mantenuto una ventilazione spontanea. 1 cane ha ri-portato lievi segni di eccitazione; nessuna risposta diaframmatica all’intubazione.Conclusioni. L’induzione dell’anestesia generale con somministrazione ad infusione lenta a 40 mg kg-1h-1 di propofol nel ca-ne è risultata essere una tecnica sicura e di semplice applicazione. Come dimostrano i risultati ottenuti, è infatti stato possibileottenere una facile intubazione in assenza di ipotensione e depressione respiratoria significativa, valutando il momento correttoper la stessa, attraverso il monitoraggio clinico dell’ipnosi. Inoltre la depressione emodinamica e respiratoria sono risultate in-feriori rispetto a quanto riportato in letteratura riguardo ad induzioni ottenute con infusione di propofol in 30 secondi3.

Bibliografia

1. Dodan J.R. Textbook of small animal surgery di D. H. Slatter II vol. pag 2582.2. Novello L, Rabozzi R. World TIVA Congress - Venice 2007.3. Beths et al.Vet Rec 2001148, 198-203.4. Rabozzi R, Novello L, VAA 2007 34; 6: 1-16.

Indirizzo per corrispondenza: - Dott.ssa Giulia Dravelli - Clinica Veterinaria Vezzoni, Via Massarotti 60/A, 26100 Cremona (CR), ItalyTel. 3336238862 - Cell. 333/6238862 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

290

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 290

Page 291: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

FERRITINEMIA NELL’EMANGIOSARCOMA

M. Caldin, DMV, ECVCP Dipl., PhD. student, A. Zanella, DVM, T. Furlanello, DMV, ECVCP Dipl., PhD. studentClinica Veterinaria Privata San Marco, Padova, Italia

Area di interesse: Oncologia

Scopo del lavoro. La ferritina è una proteina prodotta principalmente a livello epatico ed è ubiquitaria ed altamente conservatanella maggior parte dei vertebrati. La funzione primaria è quella di legare il ferro intracellulare proteggendo la cellula dagli ef-fetti tossici del metallo libero. A livello citoplasmatico se ne distinguono due sub unità: H ed L ciascuna di 20 Kd. Ventiquattrosub unità di ferritina si aggregano per formare la struttura dell’apoferritina, molecola di stoccaggio citoplasmatico, dal peso mo-lecolare di 450 KD che può sequestrare fino a 4500 atomi di ferro. Una piccola quota di questa proteina è presente nel siero edè in equilibrio dinamico con la quota tissutale. Il dosaggio di tale proteina a livello sierico è fortemente correlato con le riservemarziali organiche.Oltre alla esplorazione delle riserve marziali, la valutazione della ferritinemia viene principalmente utilizzata per lo studio del-le condizioni flogistiche, in quanto proteina di fase acuta positiva e di intensità moderata.Negli ultimi anni la ferritina ha acquisito un ruolo sempre maggiore come biomarker oncologico in alcune neoplasie della spe-cie umana.Scopo del presente lavoro è la valutazione di questa proteina di fase acuta in corso di emangiosarcoma nella specie canina.Materiali e metodi. Nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2005 ed il 02 marzo 2010 sono stati diagnosticati, mediante esameistopatologico, 100 casi di emangiosarcoma canino (Gruppo 0). I pazienti affetti da emangiosarcoma erano costituiti da 27 Pa-stori tedeschi (22 maschi e 7 femmine) con prevalenza di razza 3.61%, 20 Boxer (14 maschi e 6 femmine) con prevalenza dirazza 4.45%, 18 Meticci (10 maschie ed 8 Femmine) con prevalenza di razza 0.47%, 9 Labrador retriever (5 maschi e 4 fem-mine) con prevalenza di razza 1.54%, 3 Golden retriever (3 maschi) con prevalenza di razza 1.05%, 3 Dalmata (1 maschio e 2femmine) con prevalenza di razza 2.48%, 3 Siberian husky (3 maschi) con prevalenza di razza 2.61% ed 1 soggetto per ciascu-na delle razze a seguire: Cocker spaniel inglese, Beagle, Doberman, Setter inglese, Bovaro del bernese, Schnauzer medio Canecorso, Segugio italiano, Setter irlandese, Chow chow, Piccolo levriero italiano, Airdale terrier, Rodhesian ridgeback, Spinoneitaliano, Barbet.Dei pazienti rientrati nel nostro studio si disponeva di tutte le informazioni cliniche di rilievo e dei seguenti accertamenti: esa-me emocromocitometrico, profilo biochimico, elettroforesi, esame delle urine, profilo coagulativo, ecografia addominale/radio-grafie del torace in due proiezioni e/o esame tomografico multistrato. Dopo stratificazione per razza, sesso, condizione sessua-le (interi-castrati) ed età, sono stati selezionati altri due gruppi controllo di 100 pazienti ciascuno, rispettivamente sani (Gruppo1) ed ammalati (Gruppo 2). La selezioni di questi soggetti è avvenuta per estrazione casuale semplice nell’ambito degli stratiprima citati con l’obiettivo di ridurre la variabilità biologica legata ai pazienti. La stratificazione di razza si è ottenuta in 88 ca-si su 100 (88%) nel gruppo 1 e in 100 casi su 100 (100%) nel gruppo 2.Nel gruppo 1 le razze non disponibili sono state sostituite con meticci con variazione di peso non superiori o inferiori ai 5 Kgrispetto ai soggetti appartenenti al gruppo 0.La stratificazione per età ha considerato accettabile una variazione di età non superiore ai 3 mesi.Il dosaggio della ferritinemia è stato ottenuto mediante metodo immunoturbidimetrico, validato nella specie canina. I risultati della ferritinemia sono stati sottoposti alla valutazione di normalità mediante il test di Shapiro-Wilk. Il confronto tragruppi è stato ottenuto mediante test di Kruskal-Wallis ed il contrasto alla pari mediante il test di Bonferroni. Si è consideratosignificativo un valore di p < 0.05.Risultati. Il dosaggio della ferritina sierica si è rilevato molto più elevato nel Gruppo 0, rispetto ai Gruppi 1 e 2, e tale diffe-renza è risultata statisticamente molto significativa sia nel Gruppo 1 (p< 0.0001) che nel Gruppo 2 (p< 0.0001). Conclusioni. Il dosaggio della ferritina sierica, mediante metodo immunoturbidimetrico, ha consentito di identificare, anche nel-la specie canina, un possibile ruolo di biomarcatore neoplastico almeno nell’emangiosarcoma. Ulteriori studi dovranno essereeseguiti per valutare la presenza di fattori di confondimento in grado di modificare i livelli sierici di questa proteina ed il com-portamento della medesima in condizioni neoplastiche differenti.

Bibliografia

Caldin M., Furlanello T., Lubas G. - Use of an automated Ferritin assay in normal dogs and its utility in the assessment of iron status - J. Vet. Int. Med., 1999,13: 262.

Torti F. M., Torti S. V. - Regulation of ferritin genes and protein. Blood, 2002, 10:3505-3516.Newlands CE, Houston DM - Hyperferritinemia associated with malignant histiocytosis in a dog. J Am Vet Med Assoc. 1994,15;205(6):849-51.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Furlanello Tommaso - Clinica Veterinaria Privata San Marco, Via Sorio 114/c, 35141 Padova (PD), ItaliaTel. 049/8561098 - E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

291

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 291

Page 292: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRATTAMENTO CON ATRACURIO BESILATO ENDOURETRALE IN 20 GATTI MASCHI CON TAPPI URETRALI

F. Galluzzi, Med Vet1, F. De Rensis, Med Vet, PhD2, G. Spattini, Med Vet, PhD, DECVDI1

1 Clinica Veterinaria Castellarano, Castellarano (RE), Italia2 Dipartimento di Salute Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Parma, Parma, Italia

Area di interesse: Nefrologia e Urologia

Scopo del lavoro. L’atracurio besilato (AB) è un farmaco bloccante neuromuscolare non depolarizzante che compete con l’a-cetilcolina e si lega ai recettori nicotinici della giunzione neuromuscolare provocando paralisi della muscolatura striata.¹ L’ipo-tesi del lavoro è che l’AB possa agire per via endouretrale sulla muscolatura striata uretrale. Abbiamo valutato la capacità del-l’AB di ridurre lo spasmo uretrale e facilitare la rimozione meccanica dei tappi uretrali.Materiali e metodi. È stato effettuato uno studio prospettivo su gatti maschi presentati in clinica per ostruzione uretrale. Sonostati scartati i gatti che presentavano l’ostruzione sulla punta del pene e quelli con uroliti. 20 gatti, 14 castrati e 6 interi, conostruzione da tappi uretrali, sono stati inclusi nello studio. In tutti i gatti l’anamnesi riportava anuria o stranguria presenti da 1a 4 giorni. In tutti i pazienti è stata effettuata la palpazione vescicale transaddominale ed è stata eseguita una valuazione eco-grafica dell’apparato urinario. La diagnosi di ostruzione è stata confermata dall’impossibilità di cateterizzare l’uretra fino allosbocco in vescica. 12 (60%) pazienti sono stati anestetizzati con acepromazina, butorfanolo, isoflorano e propofol (quest’ultimosolo in 2 soggetti). 8 (40%) gatti sono stati contenuti manualmente. In nessun paziente è stata eseguita una cistocentesi decom-pressiva. È stata utilizzata una siringa da 5 ml (Omnifix® Luer Lock) per diluire 0,2 ml di AB (Tracrium®, fiale da 10 mg/1 ml)con soluzione fisiologica fino a raggiungere un volume di 4 ml (concentrazione di principio attivo pari a 0,5 mg/ml). Con il pa-ziente in decubito laterale è stato disinfettato il prepuzio e, dopo aver estratto il mandrino metallico, un catetere endovenoso inteflon di 3 french (Delta Ven®1), lubrificato con gel contenente lidocaina 1% (Luan®), è stato inserito in uretra fino al punto del-l’ostruzione. Qualora il catetere descritto, a causa della sua lunghezza, non era in grado di raggiungere il punto dell’uretra ostrui-to, è stato utilizzato un catetere vescicale Buster® in polietilene di 3 French. Inizialmente è stato tentato un flushing uretrale re-trogrado con una siringa da 5 ml contenente fisiologica. È stata valutata soggettivamente la resistenza incontrata dallo stantuffodella siringa ed è stato assegnato un punteggio variabile da 0 a 3: 0 esprime resistenza nulla (assenza di ostruzione), 3 esprimemassima resistenza e quindi impossibilità di introdurre liquido in uretra. Subito dopo è stato irrigato il tratto di uretra a valle del-l’occlusione con 0,3-0,5 ml di soluzione contenente AB, quindi, con la punta del catetere posizionata in prossimità dell’ostru-zione, è stata mantenuta una lieve pressione sullo stantuffo della siringa per 5 minuti, comprimendo il prepuzio a livello di ori-fizio uretrale per impedire il riflusso della soluzione verso l’esterno. Trascorso tale periodo, è stata aumentata la pressione sul-lo stantuffo della siringa ed è stato assegnato un nuovo punteggio relativo al grado di resistenza dello stantuffo della siringa.Quando possibile, i tappi uretrali sono stati espulsi per mezzo di una leggera compressione vescicale, oppure respinti in vesci-ca per mezzo del flushing. Il trattamento con AB è stato ripetuto, seguendo la stessa metodica, fino al ripristino della pervietàuretrale. Non più di tre irrigazioni sono state necessarie.Risultati. Il flushing retrogrado preliminare eseguito con soluzione fisiologica ha documentato 16 (80%) casi di ostruzione ure-trale completa e 4 (20%) casi di ostruzione uretrale parziale. In seguito alla terapia con AB l’ostruzione uretrale è stata risoltain tutti i gatti ed i tappi uretrali sono stati rimossi facilmente in 12 (60%) pazienti con il primo trattamento, in 6 (30%) con unsecondo, mentre in 2 (10%) gatti sono stati necessari tre trattamenti. Dopo il trattamento intrauretrale con AB, una lieve com-pressione manuale della vescica ha permesso l’espulsione esterna dei tappi in 9 (45%) gatti, mentre il flushing retrogrado ha per-messo di respingere in vescica i tappi uretrali in 11 (55%) gatti.Conclusioni. Nel gatto maschio, vista la netta prevalenza della muscolatura striata rispetto a quella liscia nel tratto compreso trauretra prostatica e peniena, i farmaci in grado di rilassare la componente muscolare striata possono risultare più efficaci nel trat-tamento dell’ostruzione uretrale.² Nel trial AB si è dimostrato efficace nel ristabilire la pervietà uretrale riducendo il rischio dirotture e di altre lesioni iatrogene a carico dell’uretra derivate dalle manovre dell’operatore. Il metodo descritto è semplice, eco-nomico e permette di risolvere l’ostruzione in tempi brevi. I farmaci bloccanti neuromuscolari, scarsamente liposolubili, attra-versano con difficoltà le membrane lipoproteiche.¹ Perciò è necessario mantenere la soluzione di AB a contatto con l’urotelioper tempi prolungati. Questo studio ha documentato che AB è in grado di attraversare l’urotelio, raggiungere la giunzione neu-romuscolare e svolgere la sua azione localmente senza provocare effetti collaterali sistemici.

Bibliografia

1. Martinez EA, Keegan RD: Muscle Relaxants and Neuromuscular Blockade. In: Tranquilli WJ, Thurmon JC, Grimm KA: Veterinary Anesthesia and Anal-gesia. Blackwell Publishing, 2007, pp 419-437.

2. Lane IF : Pharmacologic management of feline lower urinary tract disorders. In: Vet Clin North Am Small Anim Pract. 1996; 26(3):515-533.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Franco Galluzzi - Clinica Veterinaria Castellarano, Via Fuori Ponte 1/1, 42014 Castellarano (RE), Italia Tel. 0536/859701 - Cell. 338/5069138 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

292

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 292

Page 293: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ALDOSTERONOMA: AN UNUSUAL CAUSE OF POTASSIUM DEPLETION MYOPATHY IN A DOG

L. Golini, DMV, MS1, M. Hilbe, Dr.Med.Vet, Dipl. ECVP2, F. Steffen, PD Dr.Med.Vet., Dipl. ECVN1,4, C. Reusch, Prof. Dr.Med.Vet, Dipl. ECVIM-CA3,4

1 Neurology Service, Clinic for Small Animal Surgery, VetSuisse Faculty, University Of Zurich, Winterthurerstrasse 260, 8057 Zurich, Switzerland

2 Institute of Veterinary Pathology, VetSuisse Faculty, University of Zurich, Winterthurerstrasse 268, 8057 Zurich, Switzerland3 Clinic for Small Animal Internal Medicine Vetsuisse Faculty, University of Zurich, Winterthurerstrasse 260,

8057 Zurich, Switzerland4 Authors, had equally, contributed

Topic: Neurology

Introduction. Flexion of the neck is a clinical sign of muscular weakness frequently observed in cats1. In dogs this clinical signis unusual, and its association with a primary adrenal gland tumor has not been previously described2-4.Description of the case. A male castrated, eleven years old, Appenzeller Sennenhund was presented due to severe lethargy, ex-ercise intolerance, “low-carried” head and polydipsia for one day duration. The dog had normothermia, good body condition(BCS 6/9) and moderate dehydration (10%). Neurologically, the dog showed generalized muscular weakness, normal cranialnerves, normal proprioceptive/postural reactions, reduced flexor reflexes in all limbs and flexion of the neck. The neu-roanatomical localization was the neuromuscular junction and/or muscles. Initially work-up included complete blood cell count,biochemistry, urine analysis and blood pressure measurement. Biochemical analysis revealed increased creatinine kinase (1018U/L, ref. range: 51 – 191) increased AST (89 U/L, ref.range 20 - 44) and persistent marked hypokalemia (2.4±0.15 mmol/L, ref.range 4.3 – 5.3), sodium concentration was close to the upper limit of normal (158 mmol/L, ref. range 152 – 159). Chloride con-centration was normal and no alkalosis was found by blood gas analysis. Urinalysis revealed hyposthenuria (urine specificgravity 1.002), urinary fractional excretion of potassium (FEk) was 116% (normal value5 < 2%) supporting massive renal loss5

of potassium. The dog showed also a borderline persistent hypertension (doppler sonographic measurements of systolic bloodpressure: 160 mmHg). A rounded mass with inhomogeneous echogenicity in the cranial pole of the left adrenal gland was foundduring abdominal ultrasonography. Endocrine tests were performed to rule out a cortisol producing mass (urine crea-tine/cortisol ratio, serum cortisol determination before and after ACTH stimulation) or a pheochromocytoma (urinary cate-cholamines and metanephrines to creatinine ratios6). Finally, aldosterone and renin activity were assessed in the peripheralblood. Aldosterone concentration was increased (349 pg/ml, ref. range7: 2 – 96 pg/ml) and renine activity was low (< 0.05ng/ml/h, ref. range: 0.2 – 2 ng/ml/h), supporting the presumptive diagnosis of aldosteronoma8. The dog was subsequently diag-nosed as having potassium depletion myopathy due to mineralocorticoid excess. Potassium supplementation and spironolactone(0,5 mg/Kg/q24h) administration improved the clinical signs. Adrenalectomy was performed. Recovery from anesthesia was un-eventful and, two days post-surgery, the dog was discharged. Urinary FEk had markedly diminished and blood pressure wasnormal at that time. Aldosterone and renin activity normalized within two weeks. Histologically the tumor showed extensivecompression of normal adrenal architecture, consisting out of nests of different size surrounded by fine fibrovascular stroma.Near to the stroma the tumor cells show palisading. The neoplastic cells are oval to spindle shaped, have a large round nucleisowing moderate anisokaryosis and abundant eosinophilic slightly foamy cytoplasm, cell borders are indistinct. Few mitotiticfigures are visible. Histologically a neuroendocrine tumor was diagnosed, clinically compatible with an aldosteronoma.Conclusions. This unusual case illustrates that neuromuscular signs in dogs are reversible after surgical removal of an aldos-terone producing neoplasm. In this situation, clinical signs together with hypertension, quantification of urine FEk and hor-monal measurements will clarify the etiology of potassium depletion myopathy.

Bibliography

1. Grevel V, Opitz M, Steeb C, et al. [Myopathy due to potassium deficiency in eight cats and a dog]. Berl Munch Tierarztl Wochenschr 1993;106:20-26.2. Kooistra R, van Vonderen I, Mol J, et al. Aldosteronoma in a dog with polyuria as the leading symptom. Domest Anim Endocrinol 2001;20:227-240.3. Vite C. Myopathic disorders. In: Vite C, ed. Braund’s Clinical Neurology in Small Animals: Localization, Diagnosis and Treatment. Ithaca NY: Interna-

tional Veterinary Information Service (www.ivis.org); 2006.4. Breitschwerdt E, Meuten D, Greenfield C, et al. Idiopathic hyperaldosteronism in a dog. J Am Vet Med Assoc 1985;187:841-845.5. DiBartola S, de Morais H. Disorders of the potassium In: DiBartola S, ed. Fluid, electrolyte, amd acid-base disorders, 3rd ed. St. Louis (MO): Elsevier;

2006:91-121.6. Kook P, Grest P, Quante S, et al. Urinary catecholamine and metadrenaline to creatinine ratios in dogs with a phaeochromocytoma Vet Rec 2010;166:169-174.7. Nelson R, Turnwald G, Willard M. Endocrine, metabolic, and lipid disorders. In: Willard M, Tvedten H, eds. Small animal diagnosis by laboratory me-

thods. St. Louis (MO): Saunders; 2004:163-206.8. Javadi S, Djajadiningrat-Laanen SC, Kooistra HS, et al. Primary hyperaldosteronism, a mediator of progressive renal disease in cats. Domest Anim En-

docrinol 2005;28:85-104.

Corresponding Address:Dott. Lorenzo Golini - Neurology Service, Clinic for Small Animal Surgery, VetSuisse Faculty, University of Zurich, Winterthurerstrasse 260,8057 Zurich, Switzerland - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

293

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 293

Page 294: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INFEZIONE DEL TRATTO URINARIO DA CORYNEBACTERIUM UREALYTICUM IN DUE CANI

R. Isaya, Medico Veterinario1, F. Dondi, Medico Veterinario, PhD1, R. Biserni, Medico Veterinario, PhD1, S. Piva, Medico Veterinario, PhD2, M. Giunti, Medico Veterinario, PhD1

1 Dipartimento Clinico Veterinario - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Ozzano dell’Emilia (BO), Italia2 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e di Patologia Animale - Alma Mater Studiorum

Università di Bologna, Ozzano dell’Emilia (BO), Italia

Area di interesse: Nefrologia e Urologia

Introduzione. Il Corynebacterium urealyticum è un batterio multiresistente, Gram-positivo, ureasi-produttore, responsabile diuna rara forma di infezione delle vie urinarie (Urinary Tract Infecion, UTI) nel cane e nel gatto. Esistono diversi fattori di ri-schio che possono predisporre all’infezione quali immunodepressione, UTI precedenti, cateterismo urinario, ospedalizzazioneper lunghi periodi e terapie antibiotiche. Il C. urealyticum può causare una UTI caratterizzata da alcalinizzazione delle urine eurolitiasi da struvite e fosfato di calcio fino alla formazione di placche vescicali (cosiddetta “cistite incrostata”). Descrizione del caso. Questo studio descrive una UTI da C. urealyticum in due cani: un Lagotto Romagnolo, femmina steri-lizzata di 12 anni (caso 1) e un Pastore Tedesco, maschio di 14 anni (caso 2). I due cani avevano in comune un’anamnesi conproblemi neurologici al rachide, precedenti UTI trattate con terapia antibiotica, un periodo lungo di ospedalizzazione e catete-rismo urinario permanente. I segni clinici principali erano riferibili a patologie delle vie urinarie inferiori. Nel caso 1, l’analisidelle urine ha mostrato ematuria macroscopica, peso specifico 1056, pH 8,5, proteinuria (100 mg/dl) ed eritruria (250 eritroci-ti/µl). Il sedimento era caratterizzato da leucocituria, eritruria, marcata cristalluria di struvite ed una grave batteriuria con ba-stoncelli Gram-positivi. I reperti urinari nel caso 2 erano ematuria macroscopica, peso specifico 1026, pH 7.0, proteinuria (30mg/dl) ed eritruria (250 eritrociti/µl). Il sedimento urinario presentava moderata eritruria e leucocituria con numerosi bastoncelliGram-positivi. L’esame batteriologico con antibiogramma ha permesso di isolare il C. urealyticum, sensibile ad antibatterici gli-copeptidici in entrambi i casi. È stata impostata una terapia con teicoplanina (6 mg/Kg q24h) per 3 settimane. Nel caso 1, i se-gni clinici sono progressivamente migliorati, tuttavia dopo 14 giorni dall’inizio della terapia l’esame colturale ha evidenziatouna sovrainfezione da Escherichia Coli che è stata trattata con Imipenem per 4 settimane. Nel corso dei due mesi di follow-upgli esami colturali sono risultati negativi e ad oggi il cane è clinicamente asintomatico. Nel caso 2 i segni clinici non si sono mairisolti completamente nonostante l’esito negativo del batteriologico e dopo la sospensione della terapia antibatterica il cane hapresentato una recidiva con ostruzione delle vie urinarie inferiori. L’ecografia addominale ha evidenziato un ispessimento dellaparete vescicale, presenza di strutture iperecogene all’interno del lume e idronefrosi bilaterale associata a dilatazione ureterale.Il cateterismo ha permesso di rimuovere un “plug” localizzato a livello di uretra peniena e di risolvere l’ostruzione; tuttavia lecondizioni cliniche del soggetto sono progressivamente peggiorate a causa di una pielonefrite e conseguente sepsi. Dopo pochigiorni il cane è stato sottoposto ad eutanasia. Conclusioni. I due casi descritti presentano numerose analogie per ciò che riguarda i fattori predisponenti all’infezione, i segniclinici e clinico-patologici che si verificano in corso di infezione da C. urealyticum, in accordo con la Letteratura consultata. Aconoscenza degli autori, nel cane non è stata mai descritta una ostruzione delle vie urinarie inferiori in corso di infezione da C.urealyticum come è avvenuto nel caso 2. In Medicina Umana, tale patologia è considerata una infezione nosocomiale ed in que-sto studio la peculiarità è data dal fatto che i due cani sono stati ospedalizzati contemporaneamente, il che potrebbe far ipotiz-zare una possibile trasmissione del patogeno per via indiretta. La presenza di questo microrganismo deve essere sospettata intutti i casi in cui sia presente una alcalinizzazione delle urine con cristalluria da struvite e segni clinici di UTI. Una diagnosi pre-coce associata ad un trattamento antibatterico mirato sono importanti per prevenire le principali complicazioni associate qualiostruzione delle vie urinarie, infezioni ascendenti e sepsi, e conseguentemente migliorare l’outcome dei pazienti.

Bibliografia

Suarez M.L. et al.- Urinary tract infection caused by Corynebacterium urealyticum in a dog. Journal of Small Animal Practice. 43: 299-302, 2002.Bailiff N.L. et al.- Corynebacterium urealyticum urinary tract infection in dogs and cats: 7 cases (1996-2003). Journal of American Veterinary Medical Asso-

ciation. 10(226): 1676-1680, 2005.Soriano F., Tauch A.- Microbiological and clinical features of Corynebacterium urealyticum: urinary tract stones and genomics as the Rosetta Stone. Clinical

Microbiology and Infection. 14: 632-643, 2008.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Francesco Dondi - Dipartimento Clinico Veterinario - Alma Mater Studiorum - Università di BolognaVia Tolara Di Sopra n°50, 40064 Ozzano Dell’emilia (BO), Italia - Tel 051/2097317 - Cell 3206297728 - E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

294

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 294

Page 295: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

LINFOMA MULTICENTRICO AD ALTO GRADO NEL CANE: ESISTONO I SUPEREROI?

L. Marconato, DVM, DECVIM-CA Oncology1, D. Stefanello, DVM, PhD2, P. Valenti, DVM, Resident Medical Oncology1,U. Bonfanti, DVM, DECVCP3, S. Comazzi, DVM, DECVCP4, P. Roccabianca, DVM, DECVP4, M. Caniatti, DVM, DECVP4,

G. Romanelli, DVM, DECVS5, F. Massari, DVM, Resident Surgery5, E. Zini, DVM, PhD, DECVIM6

1 Animal Oncology and Imaging Center, Hünenberg, Svizzera2 Department of Veterinary Clinical Sciences, School of Veterinary Medicine, University of Milan, Milano, Italia

3 Clinica Veterinaria Gran Sasso, Milano, Italia4 Department of Animal Pathology, Hygiene and Public Health, School of Veterinary Medicine, University of Milan,

Milano, Italia5 Clinica Veterinaria Nerviano, Nerviano (MI), Italia

6 Clinic for Small Animal Internal Medicine, Vetsuisse Faculty, University of Zürich, Zurigo, Svizzera

Area di interesse: Oncologia

Scopo del lavoro. Determinare in una popolazione di cani con linfoma multicentrico ad alto grado la frequenza dei soggetti chesopravvivono oltre 2 anni, valutare le loro caratteristiche cliniche e biologiche, ed identificare fattori associati a sopravvivenzaa lungo termine.Materiali e metodi. Studio retrospettivo. Si includevano cani con linfoma multicentrico ad alto grado, completamente stadiatie trattati con chemioterapia. I cani vivi > 2 anni dopo la diagnosi erano definiti come sopravvissuti a lungo termine, gli altri ser-vivano da controllo. Numerose variabili erano analizzate per identificare quali cani sopravvivevano >2 anni.Risultati. 127 cani erano inclusi nello studio. Di questi, 13 (10.2%) sopravviveva >2 anni con sopravvivenza mediana di 914giorni (range, 740-2058). Il tasso di sopravvivenza a 3, 4 e 5 anni era di 3.9%, 3.1%, e 0.8%, rispettivamente. Alla diagnosi, 11dei 13 (84.6%) sopravvissuti a lungo termine avevano peso corporeo = 10 kg, ematocrito = 35%, assenza di ipercalcemia io-nizzata, linfoma centroblastico, immunofenotipo B, assenza di infiltrazione midollare, stadio clinico I-IV, e non erano stati pre-trattati con corticosteroidi. La stessa combinazione di variabili si osservava in 26 di 114 (22.8%) cani che sopravvivevano me-no di 2 anni. Il valore predittivo negativo per i sopravvissuti a lungo termine era del 97.8%.Quattro (66.7%) dei 6 sopravvissuti a lungo termine che morivano nel corso dello studio sviluppavano un secondo tumore ma-ligno (osteosarcoma in 3 casi).Conclusioni. La presenza alla diagnosi di una combinazione di variabili fortunate può permettere di identificare cani con linfo-ma che sopravvivono oltre 2 anni. Un secondo tumore maligno (in particolare, osteosarcoma) può svilupparsi in cani con linfo-ma multicentrico ad alto grado che sopravvivono a lungo termine.

Bibliografia

Feuerstein M. Defining cancer survivorship. J Cancer Surviv 2007; 1:5-7.Haddy TB, Adde MA, McCalla J, et al. Late effects in long-term survivors of high-grade non Hodgkin’s lymphomas. J Clin Oncol 1998; 16: 2070-2079.Travis LB, Curtis RE, Glimelius B, et al. Second cancers among long-term survivors of non-Hodgkin’s lymphoma. J Natl Cancer Inst. 1993; 85: 1932-1937.Ng AK, Travis LB. Subsequent malignant neoplasms in cancer survivors.Cancer J 2008; 14: 429-434.Vail DM, Young KM. Canine lymphoma and lymphoid leukemia. In: Withrow SJ, Vail DM, eds. Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical Oncology, 4th

ed. Philadelphia: WB Saunders Co, 2007; 699-722.Moser EC, Noordijk EM, van Leeuwen FE, et al. Risk of second cancer after treatment of aggressive non-Hodgkin’s lymphoma; an EORTC cohort study. Hae-

matologica. 2006; 91: 1481-1488.Hawkins MM, Wilson LM, Burton HS, et al. Radiotherapy, alkylating agents, and risk of bone cancer after childhood cancer. J Natl Cancer Inst. 1996; 88:270-

278.Tucker MA, D’Angio GJ, Boice JD, et al. Bone sarcomas linked to radiotherapy and chemotherapy in children. N Engl J Med 1987; 317: 588-593.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Laura Marconato, Animal Oncology and Imaging Center, Rothusstrasse 2, CH-6331 HünenbergPhone 0041417830777 - Fax 0041417830779 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

295

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 295

Page 296: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

L’IMMUNOFENOTIPO E’ UN FATTORE PROGNOSTICO NELLE LEUCEMIE LINFOCITICHE CRONICHE NEL CANE

V. Martini, DVM1, M. E. Gelain, DVM, PhD, dECVCP1, F. Riondato, DVM, PhD2, L. Marconato, DVM, dECVIM-ONC3, D. Stefanello, DVM, PhD4, M. Mortarino, DVM, PhD1, S. Comazzi, DVM; PhD, dECVCP1

1 DIPAV, Università degli Studi di Milano, Milano, Italy - 2 Dip.Pat. Anim. Università degli Studi di Torino, Torino, Italy3 Animal Oncology and Imaging Center, Hünenberg,, Switzerland

4 Dip Scienze Cliniche Vet., Università degli Studi di Milano, Milano, Italy

Area di interesse: Patologia clinica

Scopo del lavoro. La leucemia linfocitica cronica (CLL) è una patologia ematologica frequente nel cane e generalmente carat-terizzato da tempi di sopravvivenza piuttosto lunghi e da un decorso indolente (Helfand e Modiano, 2000; Workman e Vernau,2003), sebbene non vi siano studi su estesa casistica che ne definiscano in modo univoco i fattori prognostici. A differenza del-la medicina umana, nella quale le CLL sono unicamente neoplasie delle cellule B, nel cane le cellule mostrano generalmente unfenotipo T (CD3+CD8+) o più raramente B (CD21+) (Vernau e Moore, 1999). In medicina umana sono stati identificati diver-si fattori prognostici, tra quali la presenza di più del 10% di prolinfociti, anemia e trombocitopenia, l’incremento rapido del nu-mero di linfociti, nonchè l’espressione di caratteristici markers molecolari o alterazioni citogenetiche (Binet et al., 1981; Rai etal., 1987). Nel cane, la maggior parte degli oncologi risulta concorde nel ritenere indispensabile l’approccio chemioterapico so-lo in presenza di sintomi clinici evidenti o di gravi anemia e leucocitosi, anche se non esistono, a tutt’oggi, linee guida a ri-guardo. Scopo del presente studio retrospettivo è identificare se alcuni parametri, tra i quali l’immunofenotipo citofluorimetri-co delle cellule neoplastiche, possono essere considerati fattori prognostici nelle leucemie linfocitiche croniche del cane. Si èvoluto inoltre verificare se l’approccio terapeutico utilizzato fosse correlate alla sopravvivenza.Materiali e metodi. Sono stati esaminati 43 cani sottoposti ad immunofenotipizzazione mediante citofluorimetria del sangueperiferico. I criteri di inclusione comprendevano: una diagnosi finale di CLL ottenuta mediante valutazione ematologica ed im-munofenotipica, l’esclusione di patologie confondenti quali ehrlichiosi, leishmaniosi o di altre neoplasie quali linfoma e mielo-ma multiplo, la disponibilità di dati clinici e di un completo follow-up, la disponibilità di almeno uno striscio ematico di buonaqualità per la rivalutazione. La sopravvivenza dal momento della diagnosi è stata valutata mediante curve di Kaplan-Meier e ana-lisi multivariata secondo Cox, sia considerando tutti i casi sia raggruppandoli per differente immunofenotipo. Sono state presein considerazione le seguenti variabili: immunofenotipo, età alla diagnosi, ematocrito, numero assoluto di linfociti e tipo di te-rapia ricevuta (nessuna terapia, solo corticosteroidi, corticosteroidi + chemioterapia antineoplastica). Risultati. 43 casi soddisfacevano i criteri di inclusione: 19 cani con T-CLL (CD3+CD8+), 17 cani con B-CLL (CD21+) e 7 ca-si con fenotipi atipici (3 CD3-CD8+, 2 CD3+ CD4- CD8-, 1 CD3+ CD4+ CD8+ and 1 CD3+ CD21+). Tra tutte le variabili esaminate solo l’immunofenotipo è risultato correlato con la sopravvivenza. In particolare i cani con T-CLLavevano una probabilità rispettivamente circa 3 volte e 19 volte superiore di morire rispetto a quelli con B-CLL e con CLL ati-piche con tempi di sopravvivenza mediana per le T-CLL, le B-CLL e le CLL atipiche rispettivamente di 930, 480 e 22 giorni.La giovane età dei soggetti (<8 anni) risultava essere correlate con una sopravvivenza più breve solo nelle B-CLL mentre la pre-senza di anemia era un fattore prognostico sfavorevole solo nelle T-CLL. Al contrario la presenza di prolinfociti, ed il differen-te approccio terapeutico non sono risultati correlate con significative variazioni della sopravvivenza dei soggetti. Conclusioni. Il presente lavoro risulta essere il primo tentativo di definire aspetti prognostici nella CLL del cane. Alcuni dei fat-tori prognostici identificati nell’uomo non sono risultati legati a differente sopravvivenza nel cane (Zwiebel et al., 1998) in cuiil fattore maggiormente predittivo risulta essere l’immunofenotipo. A tutt’oggi nessun autore ha mai evidenziato correlazioni trai differenti fenotipi e la sopravvivenza dei soggetti, tuttavia la distinzione tra T-CLL e CLL atipiche non è mai stata proposta edi dati clinici e di follow-up sono sempre stati piuttosto scarsi e frammentari. Il presente lavoro evidenzia la necessità di utiliz-zare le più moderne indagini diagnostiche diponibili per poter definire il comportamento biologico delle neoplasie ematologi-che analogamente a quanto da anni effettuato in medicina umana.

Bibliografia

Helfand SC, Modiano JF. Chronic lymphocytic leukemia. In: Feldman BF, Zinkl JG, Jain NC, editors. Schalm’s veterinary hematology. 5th edition. Baltimore:Lippincott Williams & Wilkins; 2000. p. 638–641.

Rai KR, Sawitsky A. A review of the prognostic role of cytogenetic, phenotypic, morphologic, and immune function characteristics in chronic lymphocytic leu-kemia. Blood Cells. 1987;12(2):327-338.

Binet JL, Auquier A, Dighiero G, et al. A new prognostic classification of chronic lymphocytic leukemia derived from a multivariate survival analysis. Cancer.1981;48(1):198-206.

Vernau W, Moore PF. An immunophenotypic study of canine leukemias and preliminary assessment of clonality by polymerase chain reaction. Vet ImmunolImmunopathol. 1999; 69(2-4):145-164.

Workman HC, Vernau W. Chronic lymphocytic leukemia in dogs and cats: the veterinary perspective. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2003;33(6):1379-1399.Zwiebel JA, Cheson BD.Chronic lymphocytic leukemia: staging and prognostic factors. Semin Oncol. 1998;25(1):42-59.

Indirizzo per corrispondenza: Dott. Stefano Comazzi - Universita’ Degli Studi Di Milano Dip. Sez. Patologia Generale, Via Celoria, 10, 20133 Milano (MI), ItalyTel. 02/50318103 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

296

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 296

Page 297: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PERICARDIECTOMIA TORACOSCOPICA IN CORSO DI VERSAMENTO PERICARDICO: 11 CASI

S. Mastromattei, DVM1

1 Clinica Veterinaria Roma Sud, Roma, Italia

Area di interesse: Chirurgia

Scopo del lavoro. La pericardiectomia è considerata un trattamento definitivo per versamenti pericardici benigni o idiopatici epalliativo per versamenti pericardici maligni1. Può essere utilizzata per prelevare campioni istologici, per eseguire diagnosi checoinvolgono la cavità toracica o per eseguire una varietà d’interventi. L’introduzione della toracoscopia ha consentito lo svilup-po in campo medico e veterinario di molte tecniche mininvasive, tra cui anche la pericardiectomia transtoracoscopica (PT)2,3,4.Una riduzione del dolore post operatorio e un minor tempo di recupero sono le caratteristiche essenziali di questa tecniche. Loscopo di questo lavoro è riportare la nostra esperienza in 11 casi di versamento pericardico trattati con PT.Materiali e metodi. Sono stati presi in esame i pazienti giunti nella nostra clinica dall’ottobre 2008 a gennaio 2010, includen-do quelli in cui erano disponibili storia clinica, segni clinici, risultato delle indagini diagnostiche, descrizione della tecnica ope-ratoria, diagnosi istologica e follow-up. Nel periodo post operatorio abbiamo valutato le condizioni del paziente con la visita cli-nica, radiografia toracica ed elettrocardiogramma, ogni giorno prima della dimissione; come anche, ad 1 settimana, ad 1 mesee 2 mesi e quindi ogni 6 mesi. In tutti i casi la PT è stata eseguita con approccio paraxifoideo, per l’inserimento del trocar perl’ottica e, laterale destro per i due trocar delle pinze da lavoro come descritto da Monnet5. 11 pazienti hanno rispettato questicriteri d’inclusione. 4 pastori tedeschi, 1 american bulldog, 2 meticci, 1 san bernardo, 1 bullmastiff, 1 siberian husky e 1 boxer;l’età media era 8 anni (range 2-13 anni); 6 maschi 5 femmine; peso medio 32 kg (range 25-58). I sintomi clinici comuni a tuttii pazienti sono stati, debolezza generalizzata, letargia polso rapido e debole, dilatazione delle vene periferiche, ottundimento deitono cardiaci.Risultati. All’esame radiografico 7 cani presentavano solo l’aumento della silhouette cardiaca globulare con margini netti e 4presentavano anche versamento pleurico. In tutti i casi è stata eseguita una pericardiocentesi in pronto soccorso per detampona-re il paziente, ed effettuare esame citologico del versamento, che non ha avuto rilevanza diagnostica. Gli 11 pazienti sono statisottoposti a pericardiectomia toracoscopica, con tempi operatori mediamente intorno ai 20 minuti. La porzione di pericardio ri-mossa è stata analizzata istologicamente, ed ha permesso di diagnosticare la causa del versamento.I soggetti sono stati suddivisi in base alla patologia cardiaca sottostante (neoplastica e non neoplastica), al ricovero post opera-torio e al tempo di sopravvivenza. 3 cani presentavano emangiosarcoma, 1 mesotelioma e 7 pericardite cronica/fibrosa. La de-genza è stata mediamente di 2 giorni, esclusi 2 casi in cui è stato necessario un ricovero di 5 e 7 giorni per cause non relativealla pericardiectomia. Il tempo di sopravvivenza post chirurgia è stato di 7, 35, 60 giorni per i cani con emagiosarcoma, 60 gior-ni per il paziente con mesotelioma e i restanti sono tutt’ora vivi, con tempo medio di 262 giorni.Conclusioni. La pericardiectomia è un trattamento risolutivo o palliativo, aumenta il tempo di sopravvivenza del cane indipen-dentemente alla patologia sottostante. Creare una finestra cardica diminuisce l’area di superficie del pericardio che produce illiquido di versamento e aumenta l’area di assorbimento dello stesso consentendo il riassorbimento mediante le pleure6. Il nostrostudio ci ha permesso di valutare che la TP è una tecnica valida dal punto di vista diagnostico e curativo, in quanto, in tutti i ca-si è stato possibile eseguire diagnosi con tempi chirurgici e di ricovero brevi. Questi fattori, in pazienti affetti da patologie neo-plastiche, con tempi di sopravvivenza limitati sono indispensabili per garantire una buona qualità di vita post chirurgica. Pos-siamo concludere in accordo con la letteratura attualmente disponibile che la pericardiectomia toracoscopica potrebbe essere ilGold Standar per il trattamento dei versamenti pericardici, anche se, ovviamente, cani con patologie non tumorali hanno un tem-po di sopravvivenza maggiori rispetto alle patologie neoplastiche7.

Bibliografia

1. Douprè GP, Corlouer JF,Bouvy B. Vet Surg 2001; 30: 21-27.2. Potter L, Hendrickson DA: Therapeutic video assisted thoracic surgery, in FreemanLJ (ed):Veterinary Endosurgery.St Louis, MO, Mosby, 1999,pp170-

187.3. Remedios AM, Walsh PJ, Ferguson JF: Thoracoscopic pericardiectomy in dogs: Preliminary fndings. Proceedings of International Laparoscopy Course

for Veterinarians,Westtern College of Veterinary Medicine, University of Saskatchewan, Saskatoon, Canada, June 1996.4. Jackson J, Richter KP, Laurner DP: Thoracoscopyc partial pericardiectomy in 13 dogs. J Vet internal Med, 13:529-533, 1999.5. McCarthy TC, Monnet E.Diagnostic and Operative Thoracoscopy in Veterinary endoscopy for Small Animal Practitioner; 260-264.6. Monnet E.Surgery of the Pericardium in Textbook of small animal surgery, 3 ed. Vol 1 Slatter D;987-995.7. Kerstettter KK, Krahwinkel DJ Jr, Mills DL, Hahn K. Pericardiectomy in dogs: 22 cases (1978-1994). J Am vet Med Assoc. 1997 sep !5;211(6):736-40.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Silvia Mastromattei - Clinica Veterinaria Roma Sud, Via Pilade Mazza 24, 00178 Roma (RM), ItaliaCell. 347/3077162 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

297

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 297

Page 298: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PYLOROGASTRIC INTUSSUSCEPTION IN A CHIHUAHUA PUPPY DOG

R. Milan, DMV1,2, L. Lideo, DMV1,2, G. Bonetti, DMV1, E. Baroni, DMV, PhD1,2

1 Clinica Veterinaria Baroni, Rovigo, Italia2 Ambulatorio Veterinario “Animabili”, Cartura (Padova), Italia

Topic: Diagnostic imaging

Introduction. Intussusception is strictly defined as the prolapse of one part of the intestine into the lumen of an immediately ad-joining part and has been reported in both human and animals. In dogs and cats intussusceptions most commonly occur at theileocecocolic junction where invaginations are usually in the direction of peristalsis. Occasionally invaginations against the nor-mal direction of peristalsis (i.e., orally) have been reported within the small intestine and in other parts of the alimentary tract(i.e., gastroesophageal, pylorogastric, or duodenogastric intussusceptions). Our report describes the first case of pylorogastricintussusception in a puppy of a small-breed dog, along with its clinical, radiological, ultrasonographic, and postmortem findings. Description of the case. A three-month-old, female, 650 g body weight Chihuahua dog with acute history of abdominal pain, vom-iting and hypovolemic shock was presented to our clinic. The dog’s abdomen was tense on palpation. Clinicopathological ab-normalities included moderate leukocytosis, high neutrophils count and monocytosis. Serum biochemical abnormalities includedhypoproteinemia, hypoalbuminemia, low calcium moderate hyponatriemia. A distension of gastric area was visible at the ab-dominal radiograph. Ultrasonographically, the stomach was distended and filled with fluids, the pyloric region presented a lam-inated appearance, while the pylorus and proximal duodenum were displaced into the pyloric antrum and fundus. In addition,multiple concentric echogenic and echolucent rings were visible. A severe hypoechoic gastric mucosal layer caused by edema wasalso present. A radiographic evaluation of stomach and duodenum with iodated contrast demonstrated double lines into gastriclumen, paired with an abnormal distension of the stomach. A radiograph analysis, at 45 and 120 minutes after ingestion of io-dated contrast, demonstrated weak propulsion of iodated contrast and a double layer into gastric lumen. A diagnosis of pyloro-gastric intussusception was made and the dog was then euthanatized because of poor prognosis and owner decision. Diagnosiswas subsequently confirmed at the necropsy, even though the clear causes were not found. Parasitological, serological and viro-logic examinations were negative, while histological examination revealed diffuse superficial erosion of gastric mucosal layer.Conclusions. The vast majority of cases of intussusceptions are of unknown origin. In young dogs, enteritis and general anes-thesia, with or without an abdominal surgical procedure, have been identified as possible predisposing factors. In dogs with py-lorogastric intussusception, the cause or underlying etiology is unknown. The majority of intussusceptions occurs within thesmall intestine in an aboral direction. In this report, the dog presented a pylorogastric intussusception in which the pylorus andproximal duodenum were invaginated in an oral (i.e. retrograde) direction into the body of the stomach. In literature, same au-thors sustain that diagnosis of pylorogastric intussusception is difficult to confirm without an exploratory celiotomy, while wesuggest that diagnosis of pylorogastric intussusception could be confirmed at ultrasonographic and radiographic examinations.In our dog ultrasonographic and radiographic procedures confirmed the diagnosis of pylorogastric intussusception, and ex-ploratory celiotomy was not necessary for the diagnosis itself. Furthemore, positive-contrast gastrogram and necropsy also con-firmed the diagnosis. Treatment of severe pylorogastric intussusceptions is very difficult and the death post surgery is frequent.Our reported case was a 3-month-old puppy dog of a very small breed with severe pylorogastric intussusception, whose poorconditions prevented us from performing surgery. In our case histopathological evaluation of the stomach, pylorus, intestine,liver, spleen, kidney and lung demonstrated no identifiable predisposing abnormalities. However, stomach presented diffuse su-perficial erosion of mucosal layer. Fecal parasitological and electron microscopy virological examinations were negative. A pos-sible etiology could be the presence of a predisposing inflammation due to a primary gastritis that can stimulate the release ofinflammatory mediators and vasoactive compounds from a variety of cell types. Subsequent exfoliation of surface gastric ep-ithelial cells and disruption of the normal mucosal barrier result in back-diffusion of gastric acid, pepsin, and gastric lipase.This inflammatory cascade stimulates further acid secretion and mucosal damage, increases cell membrane permeability, altersmicrovascular blood flow and gastric motility. In conclusion, pylorogastric intussusception is a very rare condition described inveterinary, whose etiology is unknown. Our case confirm gastric inflammation as a possible predisposing etiology for pyloro-gastric intussusceptions, the poor prognosis for this subject and ultrasounds and radiographic examinations as valid diagnos-tic tools. Further investigations are necessary for curative treatments.

Bibliography

Applewhite. AA et al.:Comp Cont Educ Pract Vet 24, 110-127, 2002.Lee H, et al.: Vet Radiol Ultrasoun 46, 317-318, 2005.Barreau, P.: Procedings 33rd WSAVA & 14th FECAVA 2008 WSAVA Cong.Lidbury JA, et al.: J Am Vet Med Assoc, 234, 1147-53, 2009.

Corresponding Address:Dott. Roberto Milan - Clinica Veterinaria Baroni - Rovigo, Via Alfieri, 21, 35023 Bagnoli Di Sopra (PD), Italia Cell: 3491202137 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

298

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 298

Page 299: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

GRAVE SPONDILITE IN L2-L3 DA CORPO ESTRANEO VEGETALE IN UN CANE SETTER INGLESE

R. Milan, DMV1,2, L. Lideo, DMV1,2, G. Bonetti, DMV1, E. Baroni, DMV, PhD1,2

1 Clinica Veterinaria Baroni, Rovigo, Italia2 Ambulatorio Veterinario “Animabili”, Cartura (Padova), Italia

Area di interesse: Diagnostica per immagini

Introduzione. I corpi estranei che vengono inalati dai cani o gatti possono creare lesioni profonde e un malessere persistenteanche grave. Molto spesso sono particolarmente evidenti solo le conseguenze che i corpi estranei provocano nei vari organi; vi-ceversa il loro ritrovamento impegna seriamente il medico veterinario nella pratica clinica. Vogliamo descrivere un caso clinicoriguardante una grave spondilite a livello della seconda e terza vertebra lombare creata da un corpo estraneo, rivelatasi poi unaporzione di spiga vegetale, in un cane di razza setter inglese maschio di 4 anni. Descrizione del caso. Un cane di razza setter inglese maschio di 4 anni è stato portato a visita per grave dolorabilità al movi-mento, letargia, disoressia e tosse lieve. Il cane presentava alla visita clinica lieve stato cifotico, moderata dolorabilità alla pal-pazione dell’addome e della colonna vertebrale nel settore toraco-lombare. Agli accertamenti ematologici presentava lieve neu-trofilia. All’esame radiografico della colonna vertebrale si rendeva evidente una moderata-grave lisi della superficie articolarecaudale della seconda vertebra lombare e della superficie articolare craniale della terza vertebra lombare. All’esame ecograficosi evidenziava una grave irregolarità dei margini dorsali e laterali sinistri della seconda e terza vertebra lombare con presenzanella regione di lieve contenuto ipoecoico lievemente corpuscolato. I muscoli della colonna lombare (ileo psoas, quadrato) dellato sinistro da L2 ad L6 erano ispessiti ed ipoecoici con ampie aree ipoecoiche. Era presente una struttura composta da seg-menti lineari multipli paralleli iperecoici di circa 15 mm in asse lungo e 3 mm in asse corto. L’estremità appuntita caudale diquesta struttura lineare era appoggiata sulla superficie articolare craniale della terza vertebra lombare. L’esame ecografico evi-denziava inoltre aree ipoecoiche anche a carico dei muscoli epassiali e vari tragitti rettilinei con megalia dei linfonodi lombarie iliaci medi e versamento retro peritoneale ipsilaterale. L’interpretazione ecografica della struttura indicava la presenza di uncorpo estraneo compatibile con porzione di spiga e marcata reattività flogistica della regione lombare sinistra. Il sospetto dellapresenza di una eventuale porzione di spiga in regione lombare e il sintomo di tosse lieve ha reso necessario l’esecuzione di unesame tomografico sia a livello toracico che a livello lobare per lo studio ed individuazione di un eventuale tragitto fistoloso.L’esame tomografico eseguito con TC Multidetettore 16 Lightspeed della General Elettric con scansione con e senza mezzo dicontrasto iodato evidenziava: pneumopatia focale multipla associata a presenza di materiale occludente endobronchiale a cari-co di sub segmentazioni del lobo accessorio. L’esame tomografico all’addome evidenziava miopatia dei muscoli lombari ven-trali ed epassiali di sinistra con aspetti di colliquazione e versamento retro peritoneale ipsilaterale con linfadenopatia regionale.L’esame tomografico era compatibile con esito di migrazione di corpo estraneo con probabile migrazione trans diaframmaticama non riusciva a visualizzare né il tragitto fistoloso dalla cavità toracica né permetteva di dare una conferma della localizza-zione del corpo estraneo. Sulla base dei dati ottenuti si è proceduto ad intervento chirurgico sotto stretta guida ecografica che hapermesso di asportare una spiga localizzata in adiacenza a L3. Il cane già dopo una settimana riusciva a correre ed è ritornatoalla sua attività normale senza presentare nessun sintomo entro le 3 settimane dall’intervento. Le vertebre maggiormente inte-ressate dal processo flogistico hanno migliorato la loro silhouette mantenendo comunque una moderata alterazione dei margini. Conclusioni. L’esame ecografico ha fornito maggiori dettagli rispetto all’esame tomografico nella localizzazione del corpoestraneo e ha permesso una corretta visualizzazione del sito del corpo estraneo riducendo l’invasività dell’intervento. L’esametomografico ha permesso di avere notizie utili su un eventuale tragitto fistoloso e una visione globale della regione interessatamancando però la localizzazione precisa del corpo estraneo. Il tragitto di un corpo estraneo come la spiga è altamente impreve-dibile e solo una sua corretta individuazione ed asportazione permette una remissione pressoché totale dei sintomi patologici.

Bibliografia

Christopher p. Ober, jeryl c. Jones, martha moon larson, otto i. Lanz, stephen r. Were: comparison of ultrasound, computed tomography, and magnetic resonanceimaging in detection of acute wooden foreign bodies in the canine manus. Veterinary radiology & ultrasound. Volume 49, issue 5, date: september–october2008, pages: 411-418.

Armbrust L. et al.. Ultrasonographic diagnosis of foreign bodies associated with chronic draining tracts and abscesses in dogs. Veterinary Radiology & Ultra-sound Volume 44, Issue 1, Date: January 2003, Pages: 66-70.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Roberto Milan - Clinica Veterinaria Baroni - Rovigo, Via Alfieri, 21, 35023 Bagnoli Di Sopra (PD), Italia Cell 349/1202137 - E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

299

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 299

Page 300: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

EFFETTI DI ASCOPHYLLUM NODOSUM SU ALITOSI E PLACCA. STUDIO CONTROLLATO NEL CANE

A. Miolo, Dr1, H. Persson, Dr2

1 CeDIS Innovet (Centro di Documentazione e Informazione Scientifica), Saccolongo (Padova), Italia2 Buccosanté, Saint Raphael, Francia

Area di interesse: Odontostomatologia

Scopo del lavoro. La malattia parodontale (gengivite, parodontite) è il problema clinico più comune del cane e del gatto1 e l’alito-si (alito cattivo) è il primo segno riferito dal proprietario2. A determinare l’alitosi è, infatti, l’eccessiva proliferazione dei batterianaerobi Gram- della placca matura che, proporzionalmente all’entità del loro accumulo, generano composti volatili solforati (Vo-latile Sulfur Compounds, VSC), a partire dalle proteine di origine alimentare e salivare3. A loro volta, i VSC, come l’idrogeno sol-forato ed il metilmercaptano, non solo producono un alito sgradevole, ma sono direttamente implicati nella genesi e nella progres-sione della malattia parodontale, stante l’elevato potenziale citotossico e pro-infiammatorio4. Quando possibile, la gestione delle pa-rodontopatie contempla una periodica profilassi professionale, affiancata da misure di igiene orale domiciliare5. Tra queste, la piùconsigliata è la spazzolatura quotidiana dei denti e della lingua. Due, però, sono i principali limiti intrinseci a quest’ultima pratica:il primo è l’impossibilità di rimuovere completamente la placca, che in poco tempo si mineralizza trasformandosi in tartaro; il se-condo risiede nella frequente scarsa compliance del proprietario. Ascophyllum nodosum (AN) è un’alga bruna contenente polisac-caridi solfatati e non (es. fucoidano), capaci di inibire l’adesione e la crescita batterica e, così facendo, di controllare la placca e l’a-litosi. Scopo del presente studio è quello di valutare gli effetti della somministrazione giornaliera di un supplemento nutrizionale[*] contenente AN sull’alitosi e sulla placca di cani, sottoposti o meno a profilassi parodontale.Materiali e metodi. Lo studio è stato condotto presso un centro di ricerca americano, specializzato nella valutazione di prodot-ti di “oral care” (Pennsylvania, USA). Sessanta cani Beagle sono stati suddivisi in due gruppi da 30 soggetti ciascuno. I cani delprimo gruppo sono stati sottoposti a detartrasi e lucidatura dei denti al momento dell’inclusione (“clean mouth”); quelli del se-condo sono entrati in studio senza profilassi parodontale (“dirty mouth”). All’interno di ciascun gruppo, 15 soggetti sono statitrattati quotidianamente con AN (330 mg/10 kg p.c.) mescolato al cibo, per un periodo di 88 giorni; gli altri 15 sono stati usaticome controllo non trattato. Alitosi e placca sono state valutate all’inizio dello studio (T0) e dopo 28 (T1), 56 (T2) ed 88 (T3)giorni di trattamento. L’alitosi è stata valutata con un apparecchio misuratore (Halimeter®) specificatamente validato nel cane6.La placca è stata valutata con metodo colorimetrico (indice di Quigley-Hein modificato da Turesky)7. L’analisi statistica dei ri-sultati si è avvalsa dello Z-test non parametrico. Ai fini statistici, P<0,05 è stato fissato come limite di significatività.Risultati. Nel gruppo “clean mouth”, il trattamento con AN manteneva stabile il grado di alitosi nell’intervallo T1-T3. Vicever-sa, il valore aumentava significativamente nei controlli (+37%; P<0,05). Il trattamento, inoltre, riduceva la placca del 4% allaseconda visita di controllo rispetto alla prima (T2 vs T1). Al contrario, nei cani non trattati la placca aumentava significativa-mente dell’1% nello stesso intervallo di tempo. Nel gruppo “dirty mouth”, i cani trattati con AN non subivano variazioni del gra-do di alitosi, che si manteneva costante tra T0 e T2. Nello stesso intervallo di tempo, l’alitosi aumentava significativamente(+51%. P<0,05) nei cani del gruppo di controllo corrispondente. Infine, nei cani “dirty mouth” il trattamento con AN contene-va significativamente l’aumento di placca al +6%, rispetto al +37% (P<0,05) rilevato nei controlli non trattati.Conclusioni. I risultati ottenuti nel presente studio depongono a favore di un effetto positivo di AN sul controllo dell’alitosi e del-la placca. Infatti, la somministrazione orale a lungo termine del supplemento a base di Ascophyllum nodosum ha determinato unsignificativo miglioramento degli score di alitosi e di placca rispetto ai cani non trattati. Tale effetto è da imputarsi alle attività spe-cifiche dell’alga bruna, i cui principi funzionali vengono assorbiti a livello gastro-enterico per poi concentrarsi nella saliva, dove,attraverso l’azione sulla crescita batterica8,9, diminuiscono la produzione di VSC e, dunque, controllano l’alitosi. In conclusione, irisultati ottenuti sono indicativi dell’utilità di associare il supplemento in studio alle comuni pratiche di igiene orale del cane.

Bibliografia

1. Niemec BA. Top Companion Anim Med 23(2): 72-80, 2008.2. Eubanks DL. J Vet Dent 26(3):192-3, 2009.3. Eubanks DL. J Am Anim Hosp Assoc 42(1): 77-9, 2006.4. Calenic B et al. J Periodontal Res 45(1): 31-7, 2010.5. Gorrel C, Rawlings JM. J Vet Dent 13(4): 139-43, 1996.6. Hennet P. Proceedings 18th ECVD, Zurich, September 10-12, 2009.7. Amini P et al. Braz Oral Res 23(3): 319-25, 2009.8. Saeki Y et al. Bull Tokyo Dent Coll. 37(2): 77-92, 1996.9. Nakayasu S et al. Biosci Biotechnol Biochem 73(4): 961-64, 2009.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Alda Miolo - Cedis – Centro Di Documentazione e Informazione Scientifica Innovet Italia S.R.L. Veterinary InnovationVia Einaudi 13, 35030 Saccolongo (PD), Italia - Tel. 049 80 15 583 - Cell. 346 804 57 30 - E-mail: [email protected]

[*] Proden PlaqueOff Animal; in Italia Restomyl® supplemento, Innovet Italia

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

300

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 300

Page 301: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

POTENZIALE RIATTIVAZIONE E SITI DI SEQUESTRO DI CANDIDATUS MYCOPLASMATURICENSIS IN GATTI CON INFEZIONE CRONICA

M. Novacco, Dr. med. vet1, F. S. Boretti, Dr. med. vet, FHV, ACVIM2, B. Willi, Dr. med. vet, PhD2, G. Wolf-Jäckel, Dr1,M.L. Meli, Dr, PhD1, B. Riond, Dr. med. vet, FVH1, R. Hofmann-Lehmann, Prof. Dr. med. vet1

1 Clinical Laboratory, Vetsuisse Faculty, University of Zurich, Zurich, Switzerland2 Clinic for Small Animal Internal Medicine, University of Zurich, Zurich, Switzerland

Area di interesse: Medicina felina

Scopo del lavoro. I micoplasmi emotropi, anche noti come emoplasmi, causano una patologia nota come anemia infettiva innumerose specie di mammiferi3. Nei felini sono attualmente note tre specie di emoplasmi: Mycoplasma haemofelis (Mhf),‘Candidatus Mycoplasma haemominutum, (CMhm) e ‘Candidatus Mycoplasma turicensis, (CMt)1, 2, 7. Quest’ultimo è stato iso-lato da un gatto con anemia emolitica7. Nella fase cronica dell’emoplasmosi i gatti sono clinicamente sani, tuttavia, tali mi-crorganismi possono riapparire nel sangue anche se in numero limitato. Molti aspetti della patogenesi e della cinetica dell’in-fezione sono, tuttavia, poco noti; soprattutto quelli riguardanti un possibile sequestro dei microrganismi nei tessuti durante lafase cronica dell’infezione e un loro successivo rilascio da questi siti. Per chiarire queste dinamiche gli scopi di questo studiosono stati: 1) dimostrare i potenziali siti di sequestro di CMt in gatti con infezione cronica e 2) provocare e investigare la riat-tivazione sperimentale di CMt.Materiali e metodi. Questo studio sperimentale è stato condotto su 10 gatti SPF (specific pathogen free = liberi da patogeni speci-fici) precedentemente infettati con CMt4. I gatti avevano superato la fase acuta dell'infezione senza ricevere alcun trattamento an-tibiotico. Al fine di provocare e investigare la riattivazione di CMt, cinque gatti hanno ricevuto 3 dosi di metilprednisolone acetato(10 mg/Kg) ad intervalli di una settimana (gruppo 1), mentre 5 gatti sono serviti da controllo (gruppo 2). Questo protocollo di im-munosoppressione è stato scelto in quanto capace di riattivare il virus della leucemia felina in fase di latenza nel gatto5. Tutti i gat-ti sono stati monitorati tramite prelievi settimanali di sangue e aspirazione citologica con ago sottile di rene, fegato e ghiandolesalivari prima e dopo la somministrazione di metilprednisolone. Sono stati, inoltre, raccolti tamponi buccali e campioni di midolloosseo. La presenza di CMt sia nei tessuti che nel sangue periferico è stata confermata tramite real-time Taqman PCR7. La pre-senza di una sufficiente quantità di DNA nei campioni prelevati è stata accertata tramite fGAPDH real-time PCR6.Risultati. Negli animali del gruppo 1 sono stati riscontrati aumenti significativi dei valori ematici di glucosio e una diminuzionedel peso corporeo dopo la somministrazione di glucocorticoidi rispetto a quelli del gruppo 2. Non sono state notate differenzeriguardo la presenza di CMt nei campioni di sangue periferico: tutti i campioni sono rimasti negativi in PCR durante il periodod’osservazione, tranne per un campione una settimana dopo la terza somministrazione di metilprednisolone. Tuttavia, la pre-senza di CMt è stata confermata nei tessuti analizzati.Conclusioni. Questo è il primo studio a dimostrare la presenza di CMt nei tessuti felini in assenza di batteriemia, seppur a bassilivelli. Nonostante le alti dosi di metilprednisolone, non sono stati riportati livelli misurabili di CMt nel sangue periferico. Per-tanto, nei gatti portatori cronici di CMt, sembra improbabile una riattivazione dell’infezione in seguito a tali condizioni di im-munosoppressione. I risultati di questo studio ampliano le conoscenze riguardo alle infezioni croniche da emoplasmi e sono diimportanza clinica. Infatti, i gatti con infezioni croniche da emoplasmi, pur albergando tali batteri nei loro tessuti, non sembra-no poter essere fonte di infezione per altri gatti. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per chiarire se altri fattori possano inter-venire in questo meccanismo.

Bibliografia

1. Foley, J. E., S. Harrus, A. Poland, B. Chomel, and N. C. Pedersen. 1998. Molecular, clinical, and pathologic comparison of two distinct strains of Hae-mobartonella felis in domestic cats. Am J Vet Res 59:1581-1588.

2. Foley, J. E., and N. C. Pedersen. 2001. ‘Candidatus Mycoplasma haemominutum’, a low-virulence epierythrocytic parasite of cats. Int J Syst Evol Mi-crobiol 51:815-817.

3. Messick, J. B. 2003. New perspectives about Hemotrophic mycoplasma (formerly, Haemobartonella and Eperythrozoon species) infections in dogs andcats. Vet Clin North Am Small Anim Pract 33:1453-1465.

4. Museux, K., F. S. Boretti, B. Willi, B. Riond, K. Hoelzle, L. E. Hoelzle, M. M. Wittenbrink, S. Tasker, N. Wengi, C. E. Reusch, H. Lutz, and R. Hofmann-Lehmann. 2009. In vivo transmission studies of ‘Candidatus Mycoplasma turicensis’ in the domestic cat. Vet Res 40:45.

5. Rojko, J. L., E. A. Hoover, S. L. Quackenbush, and R. G. Olsen. 1982. Reactivation of latent feline leukaemia virus infection. Nature 298:385-388.6. Tandon, R., V. Cattori, A. C. Pepin, B. Riond, M. L. Meli, M. McDonald, M. G. Doherr, H. Lutz, and R. Hofmann-Lehmann. 2008. Association between

endogenous feline leukemia virus loads and exogenous feline leukemia virus infection in domestic cats. Virus Res 135:136-143.7. Willi, B., F. S. Boretti, V. Cattori, S. Tasker, M. L. Meli, C. Reusch, H. Lutz, and R. Hofmann-Lehmann. 2005. Identification, molecular characterization,

and experimental transmission of a new hemoplasma isolate from a cat with hemolytic anemia in Switzerland. J Clin Microbiol 43:2581-2585.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Marilisa Novacco - Vetsuisse Faculty, University of Zurich, Clinical Laboratory, Winterthurerstrasse 260, CH-8057 Zurich, Switzerland - Phone +41 44 635 8279 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

301

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 301

Page 302: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

FATTORI PROGNOSTICI DI SOPRAVVIVENZA IN CASI DI PERSISTENZA DEL DOTTO ARTERIOSO – 99 CASI

Pedro Oliveira, Med Vet, Oriol Domenech, Med Vet Dipl ECVIM; Joel Da Silva, Med Vet, Claudio Bussadori, Med Vet, Dr Ric, Dipl ECVIM-CA, Med Chir

Clinica Veterinaria Gran Sasso Via Donatello 26, 20131 Milano (Italy)

Area di interesse: Cardiologia

Obiettivi. L’obiettivo di questo studio è testare il valore prognostico di sopravvivenza di vari parametri clinici in casi di persi-stenza del dotto arterioso (PDA) in cui è stata eseguita la chiusura percutanea o legatura chirurgica. Materiali e metodi. Sono stati inclusi in questo studio 99 cani con diagnosi di PDA trattati per via percutanea con dispositivoAmplatzer® Canine Duct Occluder (ACDO) (n=61), con dispositivo Amplatzer® Vascular Plug (n=2) e legatura chirurgica(n=36), presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso dal 2004 al 2010. La informazione clinica è stata analizzata in modo retro-spettivo riguardo la segnalazione, presentazione clinica, informazione radiografica, elettrocardiografica ed ecocardiografica.Un’analisi della sopravvivenza è stata eseguita ed il rischio relativo (test statistico odds ratio – OR) di morte è stato calcolatoper i seguenti parametri in modo da valutare il loro valore prognostico: razza, età, presenza di sintomi clinici, edema polmona-re, ascite, terapia, volume telediastolico del ventricolo sinistro indicizzato (EDVI) > 100 mL/m2, EDVI > 200 mL/m2, EDVI >250 mL/m2, EDVI > 300 mL/m2, volume telesistolico del ventricolo sinistro indicizzato (ESVI) > 80 mL/m2, ESVI > 100 mL/m2,ESVI > 150 mL/m2, frazione di eiezione (EF) < 40%, frazione di accorciamento (FS) < 25%, aritmie ventricolari, aritmie so-praventricolari, presenza di disfunzione sistolica (ESVI > 80 mL/m2 e EF <40%).Risultati. In media, l’età di presentazione per chiusura del PDA è stata di 22 mesi (2-120 mesi) ed il peso medio di 17 kg (1 –57). La maggior parte dei pazienti si presentava asintomatico (n=70) e la intolleranza all’esercizio (n=19) e la tosse (n=5) furo-no i sintomi più comuni tra i pazienti sintomatici. La presenza di edema polmonare (n=3) ed ascite (n=2) è stata individuata in5% dei casi. I disturbi del ritmo osservati sono stati la fibrillazione atriale (n=8), bigeminismo ventricolare (n=3) ed una asso-ciazione di entrambe (n=2). La presenza di battiti ventricolari prematuri isolati è stata rilevata in 2 casi. La sopravvivenza deisoggetti in questo studio fino al momento attuale è del 91% con la morte di 9 cani. Si è verificata la morte improvvisa di 3 ca-ni dopo 4, 210 e 240 giorni dalla procedura di chiusura percutanea con ACDO, e di 2 cani entro 6 mesi dopo la legatura chirur-gica. È stata eseguita l’eutanasia di un cane presentando insufficienza cardiaca congestizia refrattaria alla terapia, dopo 2 annidalla chiusura percutanea con ACDO. I 3 cani restanti sono morti di causa non cardiaca. Tra i vari parametri clinici testati perun eventuale valore prognostico, hanno dimostrato un valore prognostico negativo, statisticamente significativo (p < 0.05), i se-guenti: la presenza di aritmie ventricolari (OR: 132), ESVI > 100 (OR: 30), età > 24 mesi (OR: 14.5), FS < 25% (OR:11), ED-VI > 300 (OR: 10.9), disfunzione sistolica (OR: 7.9).Discussione. La chiusura precoce del PDA può essere curativa in cani senza segni di insufficienza cardiaca congestizia1. Inol-tre, alcuni parametri come età, peso, letargia, terapia con ace-inibitori presenti al momento della legatura chirurgica, sono sta-ti associati ad una prognosi negativa1. L’iindividuazione di tali fattori prognostici è importante, non solo per informare ilcliente dei rischi della procedura e prognosi, però anche per adattare la strategia terapeutica e di monitoraggio di ogni pa-ziente. In questo studio è stata ugualmente osservata una associazione negativa tra l’età di chiusura del PDA e la probabilitàdi morte. Considerando i meccanismi fisiopatologici in atto in questa patologia, la deviazione di una quota di shunt dalla aor-ta all’arteria polmonare, determina un sovraccarico di volume atrioventricolare sinistro e conseguente ipertrofia eccentricadel ventricolo sinistro come meccanismo compensatorio. Il risultato finale dipende ovviamente dalla gravità del sovraccari-co volumetrico e capacità di compensazione, potendo verificarsi insufficienza cardiaca congestizia e/o disfunzione sistolica2.Dall’analisi dei risultati di questo studio, la presenza d’insufficienza cardiaca congestizia non sembra avere un’influenza de-terminante nel risultato, visto che nessuno dei cani che presentava edema polmonare, o ascite prima dell’intervento è morto,ad eccezione di un caso morto per patologia epatica. La presenza di disfunzione sistolica al momento dell’intervento, inve-ce, ha dimostrato un valore prognostico negativo ed è naturalmente un fattore limitante importante. Alcuni parametri ecocar-diografici utilizzati normalmente per la valutazione della funzione sistolica sono ad esempio il diametro ventricolare sinistroin sistole, ESVI > 80 mL/m2, EF < 40%, FS < 20-25%, indice di sfericità < 1.653. In questa patologia però, si osservano al-terazioni di questi parametri e, la assenza di studi che descrivano il loro comportamento “normale” nel cane, può rendere ina-deguato l’utilizzo di queste soglie per determinare la presenza o assenza di disfunzione sistolica. Per questo motivo, sono sta-te testate varie soglie con lo scopo di identificare eventuali “cut-off” con valore prognostico negativo. Per quanto riguarda lafunzione sistolica, in questo studio, ESVI > 100 mL/m2 e FS < 25% sono associati ad una prognosi negativa cosi come l’as-sociazione tra ESVI > 80 mL/m2 ed EF < 40%. Inoltre, per quanto riguarda la gravità del sovraccarico volumetrico, un valo-re di EDVI superiore a 300 possiede un valore predittivo negativo. Una forte associazione negativa tra la presenza di aritmieventricolari e morte improvvisa già riportata in uno studio preliminare su 46 pazienti inclusi in questo studio, è stata ulte-riormente confermata4. Non si è osservata, al contrario di quanto precedentemente descritto1 una associazione tra peso e te-rapia pre-chiusura con il rischio di morte. In conclusione, la presenza di aritmie ventricolari, età > 24 mesi, ESVI > 100mL/m2, FS < 25%, EDVI > 300 mL/m2, ESVI > 80 mL/m2 + EF < 40% sono associati ad una prognosi negativa in cani conPDA al momento della chiusura. Uno studio Holter può essere molto utile in tutti i casi di PDA, prima e dopo la chiusura,per valutare la presenza di aritmie ventricolari.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

302

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 302

Page 303: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Le difficoltà che s’incontrano nel valutare la funzione ventricolare sinistra nei cani con PDA sono dovute a vari fattori: in que-sta specie, a differenza di quanto osservato nell’uomo i dotti pervi sono di grandi dimensioni e provocano quadri di sovraccari-co misto diastolico e sistolico molto grave e i parametri da noi utilizzati sono molto “carico-dipendenti”. Maggiori informazioni potranno essere ottenute dall’applicazione di metodiche di quantificazione diretta della funzione ventri-colare comi gli indici di deformazione miocardica (Strain e Strain Rate) che sono meno carico dipendenti e quindi più adatti astudiare la funzione sistolica residua. Quest’analisi quantitativa in questi pazienti è ancora in corso è sarà oggetto di prossimecomunicazioni.

Bibliografia

Bureau S., Monnet E., Orton EC.; Evaluation of survival rate and prognostic indicators for surgical treatment of left-to-right patent ductus arteriosus in dogs:52 cases (1995-2003) J Am Vet Med Assoc. 2005 Dec 1;227(11):1794-9.

Ettinger SJ, Feldman EC; Textbook of Veterinary Internal Medicine, 7th Edition Elsevier.Dukes-MacEwan J, Borgarelli M, Tidholm A, Vollmar AC, Häggström J; The ESVC Taskforce for Canine Dilated Cardiomyopathy. Proposed guidelines for the

diagnosis of Canine Idiopathic Dilated Cardiomyopathy J Vet Cardiol. 2003 Nov; 5(2): 7-19.Oliveira P, Domenech O, Silva J, Laynez E, Bussadori C. Percutaneous closure of patent ductus arteriosus with Amplatz Canine Duct Occluder in 46 dogs: pro-

gnostic and survival factors. ECVIM Congress 2009 proceedings.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

303

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 303

Page 304: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

SENSIBILITÀ AGLI ANTIMICOTICI DI MALASSEZIA PACHYDERMATIS: UNO STUDIO SUL MICONAZOLO

A. Peano, DVM, PhD1, A. Montagner, Marketing Manager2, M. Beccati, DVM, PhD3, M. Pasquetti, DVM1

1 Dip. Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Torino, Italia2 Janssen Animal Health Italia, Milano, Italia

3 Libero professionista, Capriate S.Gervasio (Bg), Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. Nella pratica clinica l’otite con sovracrescita del lievito Malassezia pachydermatis viene gestita con l’utiliz-zo di diverse molecole antifungine, soprattutto per via topica. I principi più frequentemente utilizzati sono i derivati azolici. Lapatologia può risultare di difficile gestione per la scarsa risposta di alcuni soggetti alla terapia specifica e per le frequenti rica-dute. Ciò può essere dovuto alla difficoltà nell’eliminare i fattori predisponenti la sovracrescita del lievito ma si ipotizza anchela possibilità di ceppi di Malassezia resistenti ai farmaci tradizionalmente utilizzati. Scopo del lavoro è stato quello di verifica-re l’attività in-vitro del miconazolo contro ceppi di M. pachydermatis isolati da cani con otiteMateriali e metodi. Sono stati utilizzati 55 ceppi del lievito isolati a partire da altrettante orecchie con otite. L’attività del prin-cipio attivo è stata testata in-vitro utilizzando un test di diluizione in micrometodo mediato dalla norma di riferimento per la va-lutazione della sensibilità agli antimicotici dei lieviti (reference method M27-A2, NCCLS) con adattamenti per le esigenze nu-tritive colturali di M.pachydermatis. Le concentrazioni finali del farmaco andavano da 16 a 0,01 µg/ml e i risultati venivanoespressi come MIC (Minime Concentrazioni Inibenti la crescita del lievito). Per ogni ceppo venivano eseguite prove in triplica-to per confermare il risultato e la ripetibilità della metodica. Risultati. Tutti e 55 i ceppi testati sono stati inibiti in-vitro, con i seguenti valori di MIC: 1 µg/ml (13 ceppi, 23,6%); 2 µg/ml(29 ceppi, 52,8%); 4 µg/ml (11 ceppi, 20%); 16 µg/ml (2 ceppi, 3,6%).Conclusioni. In passati lavori un certo numero di ceppi di M.pachydermatis è stata giudicato resistente al miconazolo o ad al-tri principi sulla base di prove in vitro analoghe a quelle utilizzate nel presente studio o con prove del tipo Kirby-Bauer (diffu-sione su agar a partire da dischetti con misurazione degli aloni di inibizione). In queste prove il miconazolo inibiva comunquesempre la crescita del lievito, e il giudizio su un’ipotetica resistenza veniva basato sul fatto che la MIC fosse elevata o che l’a-lone di inibizione fosse piccolo: il tutto utilizzando dei limiti forniti da case produttrici dei dischetti (per gli aloni) o valori di µgmediati da letteratura (peraltro spesso a partire da altri lieviti). Il concetto di resistenza fornito da questi precedenti lavori risul-tava quindi completamente slegato da quello che dovrebbe essere il concetto di resistenza finale in corso di utilizzo di un pro-dotto. In pratica si dovrebbe trasformare il giudizio in-vitro in “ceppo sensibile o resistente alla molecola studiata” in vivo, allecondizioni finali di utilizzo del prodotto. Nella fattispecie, se il principio in questione viene usato topicamente (a livello aurico-lare) sarebbe più corretto giudicare la possibile resistenza in-vivo sulla base di quanto principio attivo è contenuto nel farmacocommerciale e confrontandolo con le MIC ottenute in-vitro. Se il principio è contenuto nel farmaco a concentrazioni migliaiadi volte superiori alla MIC non avrebbe senso considerare resistenti nemmeno i, pochi, ceppi che avevano MIC più elevate.Diverso sarebbe il concetto se si trattasse di un principio utilizzato per via orale o parenterale in cui le concentrazioni tissutalipossono raggiungere livelli molto più bassi e dipendenti dalla cinetica del principio somministrato. In conclusione, per gli even-tuali casi in cui si possa avere un fallimento della terapia topica antimicotica con miconazolo la causa dovrebbe essere imputa-ta più ad una cattiva gestione dell’otite (mancata correzione fattori predisponenti, mancata pulizia auricolare, somministrazioneerrata del farmaco ecc.) più che all’esistenza di una vera e propria resistenza intrinseca di Malassezia al principio considerato.In ogni caso, i fattori legati all’ospite (immunità, allergia ecc.) giocano spesso un ruolo critico nel determinare la risposta clini-ca finale.

Bibliografia

Cole L.K., Luu D.H., Rajala-Schultz P.J., Meadows C., Torres A.H. (2007). In vitro activity of an ear rinse containing tromethamine, EDTA, benzyl alcohol and0,1% ketoconazole on Malassezia organisms from dogs with otitis externa. Vet. Derm.; 18 (2): 115-119.

Hammer K.A, Carson C.F, Riley T.V. (1999). In vitro activities of ketoconazole, econazole, miconazole and Melaleuca alternifolia (tea tree) oil against Malas-sezia species. Antimicrob. Agents Chemother; 44 (2): 467-469.

Nakamura Y., Kano R., Murai T., Watanabe S., Hasegawa A. (2000). Susceptibility testing of Malassezia species using the urea broth microdilution method. An-timicrob. Agents Chemother. 44 (8): 2185-2186.

Nakano Y., Wada M., Tani H., Sasai K., Baba E. (2005). Effects of ß-Thujaplicin on anti-Malassezia pachydermatis remedy for canine otitis externa. J. Vet. Med.Sci.; 67 (12): 1243-1247.

Rougier S., Borell D., Pheulpin S., Woehrlé F., Boisramé B. (2005). A comparative study of two antimicrobial/anti-inflammatory formulations in the treatmentof canine otitis externa.Vet. Derm.; 16 (5): 299-307.

Weseler A., Geiss H.K., Saller R., Reichling J. (2002). Antifungal effect of Australian tea tree oil on Malassezia pachydermatis isolated from canines sufferingfrom cutaneous skin disease. Schweiz Arch. Tierheilkd.; 144 (5): 215-221.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Andrea Peano - Facoltà Medicina Veterinaria, Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO), Italia E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

304

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 304

Page 305: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DELL’ESAME CITOLOGICO DELLE MASSE MEDIASTINICHEDEL CANE E DEL GATTO: STUDIO RETROSPETTIVO SU 55 CASI

L. Pintore, Med Vet 1, W. Bertazzolo, Med Vet, Dipl ECVCP 2, U. Bonfanti, Med Vet, Dipl ECVCP 3, M.E. Gelain, Med Vet, PhD, Dipl ECVCP 4, E. Bottero, Med Vet 5

1 SPIV, Università di Padova, Italia - 2 Libero professionista, Pavia, Italia3 Accelera S.r.l. - Nerviano Medical Sciences, Nerviano (MI), Italia

4 DIPAV, Università di Milano, Italia5 Libero professionista, Cuneo, Italia

Area di interesse: Patologia clinica

Scopo del lavoro. Le neoformazioni mediastiniche rappresentano un rilievo patologico comune nel cane e nel gatto. Le mani-festazioni cliniche sono estremamente variabili e correlate alla localizzazione, alla dimensione e alla natura della neoformazio-ne, nonché alla eventuale compressione o infiltrazione delle strutture mediastiniche o toraciche adiacenti. Per meglio definire lecaratteristiche di tali lesioni, il protocollo diagnostico solitamente include l’impiego di tecniche di diagnostica per immagine(esame radiografico, ecografico e/o tomografico) associate a campionamento bioptico (cito/istologico). Le tecniche di diagno-stica per immagini, infatti, non consentono da sole di determinare l’esatta natura della lesione (neoplasia versus processo in-fiammatorio) o differenziare tra loro le diverse forme neoplastiche. L’esame citologico è un’indagine complementare di facileesecuzione utile al completamento dell’iter diagnostico. Questo lavoro si propone di valutare retrospettivamente l’accuratezzadiagnostica dell’esame citologico nella classificazione di lesioni mediastiniche nel cane e nel gatto. Materiali e metodi. Sono stati inclusi nel lavoro 55 casi di neoformazioni mediastiniche per le quali erano disponibili la dia-gnosi citologica ed istologica. Per ciascun caso, dove possibile, sono stati valutati segnalamento, sintomi clinici ed ulteriori in-dagini diagnostiche (radiografie toraciche, ecografia, test sierologico per FIV-FeLV). I preparati citologici sono stati allestiti peragoinfissione o agoaspirazione alla cieca, eco-guidata o TC-guidata. La valutazione citologica è stata eseguita da tre operatoridiversi (WB, EB, UB). L’esame istologico è stato considerato il gold standard diagnostico sulla base del quale sono stati calco-lati, nel totale dei soggetti, i seguenti parametri di accuratezza diagnostica: veri positivi (VP), falsi positivi (FP), falsi negativi(FN), veri negativi (VN) e la sensibilità diagnostica (Se). Inoltre la concordanza tra la diagnosi citologica ed istologica è statavalutata mediante K di Cohen. Risultati. Sono stati inclusi 19 cani (età da 6 a 14 anni, mediana 8 anni) e 36 gatti (età da 1 a 18 anni, mediana 8,5 anni), di dif-ferente sesso e razza. Diciotto dei 19 casi canini e tutti i casi felini risultavano di origine neoplastica. L’esame citologico era inaccordo con l’esame istologico in 47 casi totali su 55. In 7 casi (1 cane e 6 gatti) la mancata concordanza citologia/istologia eradovuta al fatto che l‘esame citologico consentiva di emettere unicamente un sospetto diagnostico, che tuttavia è sempre statoconfermato all’esame istologico. L’unico caso di FP citologico riguardava una lesione granulomatosa diagnosticata erronea-mente come sarcoma istiocitico. In 3 casi, la citologia, pur se suggestiva di lesione neoplastica, non era concorde con l’esameistologico: nel cane, 2 diagnosi citologiche di carcinoma e una di timoma sono risultate all’esame istologico rispettivamente unchemodectoma, un mesotelioma ed un carcinoma. Pertanto, sul totale dei casi, la Se è risultata essere dell’86% e l’accuratezzadiagnostica dell’85%. Analoghe valutazioni sono state fatte separatamente per il gruppo dei cani e per quello dei gatti, nei qua-li la sensibilità e l’accuratezza sono risultate maggiori nel cane (rispettivamente 94% e 89%) rispetto al gatto (83% per entram-bi i parametri). Inoltre, il totale delle lesioni neoplastiche è stato suddiviso in cinque gruppi secondo la classificazione istologi-ca (linfoma, timoma, carcinoma, chemodectoma, mesotelioma) e il calcolo del K di Cohen, indice di concordanza tra le due me-todiche, è risultato essere di 0,49 (concordanza moderata). Conclusioni. La valutazione citologica delle lesioni mediastiniche nel cane e nel gatto rappresenta un’indagine di facile esecu-zione, a basso costo e di rapida risposta che possiede buona sensibilità e accuratezza diagnostica se confrontata con l’esame isto-logico.

Bibliografia

1. Review of thymic pathology in 30 cats and 36 dogs. Day MJ. JSAP 19972. Diseases of the mediastinum. In Hand. Of Small Anim. Pract, Morgan RV. Rogers KS, 19923. Radiographic prediction of the nature of cranial mediastinal masses in dogs. IVRA, 7-11 / 08/2006. Roy M.E. et al.4. Use of radiography in combination with computed tomography for the assessment of noncardiac thoracic disease in the dog and cat. Prather A.B. Vet Rad.

and Ultras. 2005, vol. 46, N25. Computed tomographic evaluation of canine and feline mediastinal masses in 14 patients. Yoon J. Vet Rad. and Ultras. N 6, 2004.6. Non-cardiac thoracic ultrasound in 75 feline and canine patients. Reichle JK Vet. Rad. and Ultras., 2000.7. Transesophageal ultrasonography of the normal canine mediastinum. St.-Vincent R.S. Vet. Rad. and Ultrasound. 1998.8. Diagnosis of mediastinal masses in dogs by flow cytometry. Lana S. JVIM 2006.9. Thymic neoplasia as represented by fine needle aspiration biopsy of anterior mediastinal masses. A pratical Approach to differential diagnosis. Shin HJC,

Acta cytol 1998.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.Ssa Laura Pintore, Via San Felice, 67, 40122 Bologna (BO), Italia - Cell 333/9355255 - E-mail [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

305

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 305

Page 306: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRATTAMENTO DELLE FRATTURE DISTALI DI RADIO-ULNA NEI CANI TOY CON METODICADI ILIZAROV: STUDIO RETROSPETTIVO

L.A. Piras, Med. Vet.1, A.Ferretti, Med. Vet., Dipl ECVS2, F. Cappellari, Med Vet, dr Ric1,Alessandro Boero Baroncelli1-3, Bruno Peirone, Med Vet, Dr Ric1

1Dipartimento di Patologia Animale Facoltà di Medicina Veterinaria, Grugliasco (TO)2Libero professionista, Legnano (Mi) - Italy

3Clinica Albese per Animali da Compagnia, Alba (CN)

Area di interesse: Ortopedia

Scopo del lavoro. Le fratture che interessano il terzo distale di radio-ulna rappresentano fra l’8.5% e il 17% di tutte le fratturedello scheletro apperndicolare. L’incidenza di tali fratture appare particolarmente elevata nei soggetti di razza toy. Tali soggettiinoltre, a causa di fattori biomeccanici e vascolari, presentano un maggiore rischio di insorgenza di pseudoartrosi. Sono stateproposte differenti tecniche per il trattamento di questo tipo di fratture, con risultati variabili. A nostra conoscenza non ci sonodati riportati in letteratura relative al trattamento mediante utilizzo del fissatore esterno circolare (CESF). L’obiettivo di questolavoro è valutare l’efficacia e l’incidenza di complicanze di questa tecnica chirurgica nel trattamento delle fratture del terzo dis-tale di radio-ulna nei cani toy.Materiali e metodi. Le cartelle cliniche dei soggetti toy affetti da fratture del terzo distale di radio-ulna sono state analizzatein maniera retrospettiva. I criteri di inclusione erano: peso dei pazienti inferiore a cinque chilogrammi, frattura del terzo dis-tale di radio-ulna, nessun precedente trattamento chirurgico e applicazione di un fissatore esterno circolare come unico meto-do di trattamento. Per ogni paziente veniva eseguito il montaggio dell’apparecchio di Ilizarov prima della chirurgia. L’appa-recchio veniva assemblato con configurazione standard, costituito da un semianello e un anello sul moncone prossimale e unanello sul moncone distale. Al fine di aumenatre la stabilità della fissazione sul moncone distale veniva applicato un terzo fi-lo di Ilizarov o una fiches, connessi mediante una bandierina all’anello distale. Il follow-up prevedeva un primo controllo adun mese dalla chirurgia e successivamente controlli ogni due settimane, fino alla consolidazione del focolaio di frattura, conrimozione dell’apparecchio.Risultati. Nel periodo compreso fra gennaio 2002 e febbraio 2009 sono stati trattati 20 soggetti di razza toy affetti da fratturedistali di radio-ulna. Le uniche complicanze riportate sono state la frattura della porzione prossimale del radio in un caso, e ge-mizio sieroso dai chiodi prossimali in otto casi. Tutti i pazienti utilizzavano l’arto entro due giorni dalla chirurgia. In tutti i sog-getti abbiamo osservato la consolidazione del focolaio di frattura: il tempo medio di guarigione è stato di 71 giorni (range, 30-120). L’allineamento veniva giudicato eccellente in 18 casi e buono in 2 casi sul piano frontale; sul piano sagitalle veniva giu-dicato eccellente in 16 casi e buono in 4 casi.Conclusioni. In base ai nostri risultati possiamo affermare che la metodica di Ilizarov rappresenta una valida opzione nel trat-tamento delle fratture distali di radio-ulna nei cani toy, data la bassa incidenza e minima gravità delle complicanze riscontrate.Il pre-montaggio dell’apparecchio consente di ridurre i tempi dell’intervento chirurgico. Tuttavia questa metodica comporta fre-quenti controlli nel periodo post-operatorio per valutare la stabilità dell’apparato e l’integrità dei fili transossei, richiedendo per-tanto una stretta collaborazione fra il proprietario e il Medico Veterinario.

Bibliografia

1. Summer-Smith, G., Cawley, A.J: Non-union of fractures in the dog. JSAP 1970; 11: 311-325.2. Lappin MR, Aron DN, Herron HL: Fractures of the radius and ulna in the dog. JAAHA 1983; 19: 643-650.3. Muir P. Distal antebrachial fractures in toy breed dogs. Compend Contin Educ Pract Vet 1997; 19: 137-45.4. Larsen LJ, Roush JK, McLaughlin RM: Bone plate fixation of distal radius and ulna fractures in small- and miniature-breed dogs. JAAHA 1999; 35: 243-

250.5. Hamilton MH, Langley Hobbes SJ: Use of the AO veterinary mini ‘T’- plate for stabilisation of distal radius and ulna fractures in toy breed dogs. Vet

Comp Orthop Traumatol 2005; 18: 18-25.6. Ferretti A. The application of the Ilizarov technique to veterinary medicine. In: Branchi-Maiocchi A, Aronson J, eds. Operative principles of Ilizarov. Mi-

lan, Italy: Med Surg Vido, 1991:551-570.

Indirizzo per corrispondenza:[email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

306

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 306

Page 307: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI PORENCEFALIA IN UN PASTORE TEDESCO

L. Sala DVM, G. Abbiati DVM, A. Tomba DVMLiberi professilonisti, Samarate, Italia

Area di interesse: Neurologia

Introduzione. La porencefalia è una malformazione congenita cerebrale che colpisce gli emisferi cerebrali e consiste in una ca-vitazione cistica intraparenchimale che può essere più o meno in continuità con un ventricolo laterale e che può arrivare sino al-la corteccia cerebrale ed essere in comunicazione anche con lo spazio subaracnoideo.Descrizione del caso. È stato portato a consulto neurologico un pastore tedesco, femmina sterilizzata di 12 anni di nome“Peggy” per insorgenza improvvisa di testa ruotata verso sinistra, vomito ed atassia vestibolare con tendenza a girare verso si-nistra durante la deambulazione, in lieve miglioramento spontaneo.In anamnesi è da segnalare solamente un intervento di ovarioisterectomia all’età di 2 anni.Peggy alla visita clinica si è presentata in buone condizioni generali e l’esame obiettivo generale è risultato normale.La visita neurologica ha evidenziato una postura a larga base d’appoggio, testa ruotata verso sinistra e nistagmo spontaneo oriz-zontale con fase rapida verso destra associati inoltre ad assenza della reazione al test di minaccia a carico dell’occhio sinistro.L’esame neurologico ha rillevato un deficit propriocettivo dell’arto anteriore e posteriore sinistro. I riflessi spinali a carico di tut-ti gli arti, il cutaneo del tronco ed il perineale erano normali. I deficit venivano localizzati al prosencefalo destro, in associazio-ne al sistema vestibolare, o, in alternativa al sistema vestibolare centrale con componente cerebellare.La diagnosi differenziale si poneva tra una forma infiammatoria, idiopatica (sindrome vestibolare idiopatica associata ad altralesione prosencefalica destra), vascolare, neoplastica.Sono stati eseguiti esami ematologici ed ematochimici che hanno rilevato leggera linfopenia ed un lieve aumento degli enzimiepatici; l’esame radiografico del torace non ha evidenziato alterazioni.È stata quindi eseguita una risonanza magnetica del neurocranio ottenuto mediante l’acquisizione di immagini SE T1, FSE T2e FLAIR T2 orientate nei tre piani dello spazio ed immagini T1-pesate dopo la somministrazione di mezzo di contrasto, in cuisi è osservata la presenza di una voluminosa cavità porencefalica che si estendeva dal ventricolo laterale sinistro allo spazio sub-aracnoideo e che sostituiva quasi interamente il parenchima cerebrale dell’emisfero cerebrale. Tali lesioni erano accompagnateda evidente rimodellamento della volta cranica.Queste lesioni non sono responsabili della sintomatologia vestibolare del soggetto, riferibile invece ad un caso di sindrome ve-stibolare periferica sinistra idiopatica del cane anziano. La malformazione encefalica è causa invece dei deficit di minaccia e po-sturali a carico degli arti del lato sinistro.A distanza di 3 mesi dalla presentazione la sintomatologia vestibolare si è quasi totalmente risolta, fatta eccezione per una lie-ve rotazione residua della testa verso sinistra.Conclusioni. La porencefalia è una malformazione congenita cerebrale che colpisce gli emisferi cerebrali e consiste in una ca-vitazione cistica intraparenchimale che può essere più o meno in continuità con un ventricolo laterale e che può arrivare sino al-la corteccia cerebrale ed essere in comunicazione anche con lo spazio subaracnoideo.Le cavità porencefaliche possono essere di 2 tipi:• encefaloclastiche: monolaterale, conseguente a lesioni distruttive come occlusioni vascolari fetali o traumi• schizencefaliche: bilaterale e simmetrica, conseguente a difetto primario nella morfogenesi del neuro ectodermaTra queste sono più frequenti le cavità di tipo 1 ed in particolare sono spesso conseguenza di vasculopatie cerebrali. A secondadel vaso colpito (arteria cerebrale rostrale, media e caudale) si può avere una differente localizzazione della cavità.Negli animali domestici sono riportate tra le cause di porencefalia le infezioni virali (Bluetongue, BVD, Cache Valley Virus,Akabane virus e Panleucopenia felina ), traumi, vasculopatie delle arterie cerebrali.Nell’uomo le cause possono essere tossiche (esposizione a cocaina, vitamina A, valproato, CO), malattie genetiche (alterazionicollagene Col4a1), vascolari, traumatiche ed infiammatorie virali.La porencefalia è una malformazione che, a causa del suo lento sviluppo, può risultare negli animali così come nell’uomo asin-tomatica ed essere riscontrata come reperto occasionale, tant’è che nel nostro caso l’insorgenza acuta dei sintomi vestibolari eralegata ad una sindrome vestibolare periferica idiopatica del cane anziano e non alla cavità porencefalica.

Bibliografia

Congenital Porencephaly: MR Features and relationship to Hippocampal Sclerosis. S.S. Ho, R.I. Kuznieckyet al.; AJNR Am J Neuroradiol 1998;19:135-141.Hydranencephaly in Neonates. Jeng-Dau Tsai, Huang-Tsung Kuo, I-Ching Chou; Pediatr Neonatol 2008;49(4):154-157.Intracranial hemorrhage progressing to porencephaly as a result of congenitally acquired cytomegalovirus infection—an illustrative report. Asif Moinuddin, Ro-

bert C. McKinstry, Kimberly A. Martin and Jeffrey J. Neil; Prenat Diagn 2003; 23: 797-800.Hereditary porencephaly: clinical and MRI Wndings in two Dutch families. G.M. Mancini, I.F. de Coo et al.; Eur J Paediatr Neurol (2004) 8:45-54.Veterinary Neuroanatomy and Clinical Neurology. De Lahunta, Glass, 2009, Saunders elsevier 3rd edition.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Lorenzo Sala, Va Diaz 9, 23876 Monticello (LC), Italia - Cell. 333/4326026 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

307

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 307

Page 308: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI MENINGOENCEFALITE DA CRIPTOCOCCO IN UN LABRADOR

L. Sala DVM, G. Abbiati DVM, A. Tomba DVMLiberi professionisti, Samarate, Italia

Area di interesse: Neurologia

Introduzione. La Criptococcosi è una malattia fungina sistemica che colpisce prevalentemente i soggetti immunodepressi. I gat-ti risultano più frequentemente colpiti rispetto ai cani. Come nella specie umana anche in quella felina le malattie immunode-pressanti aumentano il rischio di infezione. L’immunosoppressione nel cane invece è generalmente conseguente a somministra-zione di corticosteroidi, infezioni, filariosi cardiopolmonare e neoplasie.La via di infezione principale è inalatoria a cui può seguire diffusione per via ematogena o per contiguità, ad altri organi (CNS,occhio, cute, linfonodi, polmone e cavità nasali).Descrizione del caso. È stato portato a consulto neurologico un cane labrador retriever, femmina di 1 anno per insorgenza im-provvisa da circa 4 ore di tetraparesi non ambulatoria, cecità e depressione del sensorio.Alla visita clinica il cane si presentava in buone condizioni generali e l’esame obiettivo generale era normale.La visita neurologica ha evidenziato lieve depressione del sensorio, tetraparesi non ambulatoria con deficit propriocettivi a ca-rico dei 4 arti, senza evidente lateralizzazione. I riflessi spinali a carico di tutti gli arti, il cutaneo del tronco ed il perineale era-no normali. L’esame dei nervi cranici ha evidenziato un’assenza bilaterale della reazione al test di minaccia. La palpazione pro-fonda del rachide cervicale ha evocato una lieve algia.La localizzazione neuroanatomica era prosencefalica con un possibile coinvolgimento cervicale.La diagnosi differenziale è stata posta tra malattie infiammatorie, vascolari e neoplastiche.Sono stati eseguiti esami ematologici, ematochimici e radiografici diretti del torace, risultati normali.È stata quindi effettuata una risonanza magnetica del rachide cervicale e del neurocranio, ottenuta mediante l’acquisizione diimmagini SE T1, FSE T2 e STIR GFE T2-pesate orientate nei tre piani dello spazio e completata con immagini T1-pesate do-po somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto.A livello di rachide cervicale non sono state riscontrate alterazioni. Lo studio del neurocranio ha invece evidenziato la presenzadi una neoformazione solida espansiva in sede di cavità nasale destra caudale, con estensione encefalica.Considerando la storia clinica del paziente e la morfologia della lesione, il sospetto diagnostico è stato in prima ipotesi di unprocesso infiammatorio granulomatoso esteso al neurocranio con conseguente meningoencefalite. In seconda ipotesi il sospettoè stato di neoplasia originante dalla cavità nasale (es. carcinoma, carcinoma squamocellulare, neuroblastoma).È stato effettuato nella stessa seduta il prelievo di liquido cefalorachidiano, che ha mostrato normale contenuto proteico (15mg/dl), pleocitosi eosinofilica (cellule nucleate 65/µl) e la presenza di strutture tondeggianti basofile di aspetto granulare (10-20micron di diametro) con alone trasparente compatibili con Criptococchi.È stata eseguita inoltre la titolazione anticorpale su siero e su LCR per Criptococcus N. che ha dato una positività rispettiva-mente di 1:64 e 1:128.È stata quindi impostata una terapia con Fluconazolo (10 mg/kg BID), ma a distanza di 12 ore dall’esame il cane è deceduto perarresto cardiocircolatorio.Conclusioni. I casi descritti in letteratura di meningoencefalite da Criptococco nel cane e nel gatto in Italia sono rarissimi. Nelcaso in esame nell’anamnesi, sia recente che remota, non sono stati segnalati né sintomi riconducibili ad una patologia respira-toria delle alte o basse vie, né cause ad azione immunodepressante che potessero giustificare l’instaurarsi dell’infezione. La man-canza di sintomi respiratori ha inoltre impedito una diagnosi precoce e quindi di poter intervenire prima del coinvolgimento delSNC. L’origine della patologia è da attribuirsi comunque ad un processo infiammatorio granulomatoso originato dalle cavità na-sali ed estesosi poi per contiguità al neurocranio, con conseguente grave meningoencefalite. I sintomi neurologici (tra cui crisiconvulsive nel 60% dei casi, atassia e segni vestibolari) possono manifestarsi per periodi variabili da pochi giorni sino a diver-si mesi. La prognosi in corso di meningoencefaliti di natura micotica è da considerarsi strettamente riservata quindi una diagnosiprecoce diventa fondamentale per un esito terapeutico positivo, che può comunque richiedere tempi di somministrazione estre-mamente lunghi.

Bibliografia

R.W. Nelson, C.G. Couto: “Medicina interna del cane e del gatto”. Ed. Elsevier 2006. p 1321-1324.C.G. Green: “Infectious disease of the dog and cat”. Ed. Elsevier 2006. p 584-598.J. Lavely, D. Lipsitz: “Fungal infections of the CNS in the dog and cat” Cl.Tech.Sm.Anim.Pract. 2005 Nov;20(4):212-9.G. Castellà, M.L.Abarca,F.J.Cabanes: “Cryptococcosis and pets” Rev.Iberoam.Micol. 2008 Mar; 25(1):S19-24.E. Faggi, G. Gargani et al “Cryptococcosis in domestic mammals.” Mycoses. 1993 May-Jun;36(5-6):165-70.W.B. Thomas “Inflammatory diseases of CNS in dogs” Cl.Tech.Sm.Anim.Pract. 1998 Aug;13(3):167-78.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Lorenzo Sala, Va Diaz 9, 23876 Monticello (LC), Italia - Cell. 333/4326026 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

308

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 308

Page 309: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ANESTESIA SPINALE ELETTIVA CON BUPIVACAINA 0,5% IPERBARICA E MORFINA IN 21 CANISOTTOPOSTI A CHIRURGIA ORTOPEDICA DELL’ARTO POSTERIORE

D. Sarotti DMV1,2, R. Rabozzi DMV3

1 Centro Veterinario Fossanese, Fossano (CN), Italia2 Centro Veterinario Saluzzese, Saluzzo (CN), Italia

3 Clinica Veterinaria dell’Adriatico, Vasto (CH), Italia

Area di interesse: Anestesia

Scopo del lavoro. L’anestesia spinale (AS) iperbarica in medicina umana è comunemente utilizzata nella chirurgia ortopedicadell’arto inferiore. Rispetto all’AS isobarica, l’iperbarica permette di effettuare un blocco selettivo dell’arto da sottoporre a chi-rurgia con riduzione dell’estensione del blocco simpatico e di ridurre il dosaggio di anestetico locale (AL). In questo studio re-trospettivo di carattere descrittivo per la prima volta viene riportato nel cane, su un numero significativo di casi, la presen-za/assenza di risposta cardiovascolare (RC/NRC) allo stimolo chirurgico durante l’AS elettiva iperbarica in cani sottoposti a chi-rurgia dell’arto posteriore e l’incidenza di effetti collaterali.Materiali e metodi. Analisi retrospettiva condotta su cartelle cliniche consecutive nel periodo 2008-2009 di pazienti sottopostiad AS iperbarica con uso di Bupivacaina 0,5% e Morfina. L’iniezione spinale è stata effettuata utilizzando aghi di Quincke 25 Gcon direzione dell’ago craniale, nello spazio L5-6, in soggetti intubati e mantenuti in uno stadio superficiale di anestesia genera-le. I paziente dopo l’iniezione subaracnoidea sono stati mantenuti in decubito laterale, in anti-Trendelemburg con inclinazione delrachide di 10 gradi e con l’arto da operare ventrale, per 10 minuti. La scelta della dose di AL e di oppioide è avvenuta in base alpeso, tenendo conto del morfotipo e della lunghezza del rachide con il cane in decubito laterale e a testa estesa, misurata dal mar-gine caudale del processo spinoso di L7 all’osso occipitale. I soggetti con pressione arteriosa media (MAP) inferiore a 60 mmHgper più di 5 minuti sono stati classificati come casi di ipotensione, mentre quelli a cui la frequenza cardiaca o la MAP aumenta-vano post-stimolo in modo superiore al 20% rispetto al prestimolo come casi di RC. I pazienti nel postoperatorio sono stati valu-tati con la scala del dolore ogni 2 ore fino alla dimissione e a tutti è stato somministrato un FANS a fine chirurgia. Le variabiliparametriche sono state descritte come media (deviazione standard), mentre le variabili non parametriche come mediana (range).Risultati. Sono state eseguite 22 punture spinali, in 21/22 (95%) la fuoriuscita di liquor era evidente ed è stato possibile iniet-tare l’AL. Classificazione ASA mediana II (I-III), età media 70 (46) mesi, peso mediano 13 (3,2-35) kg, lunghezza mediana del-la colonna L7-occipite 49 (35-84) cm, tempo dalla spinale al taglio cute 22 (15-30) minuti, durata della anestesia a partire dal-la spinale 92 (60-120) minuti. I tipi di chirurgia erano così distribuiti: 3/21 (14%) lussazioni mediale di rotula, 7/21 (33%) ri-costruzioni extracapsulare del legamento crociato, 2/21 (10%) TPLO, 2/21 ( 10%) artrodesi di carpo, 3/21 (14%) ostectomie del-la testa del femore, 3/21 (14%) osteosintesi di femore, 1/21 (5%) osteosintesi di tibia. La dose media di Bupivacaina 0,5% è sta-ta di 0,61 mg kg-1 (0,22) e 0,12 mg cm-1 (0,03) di colonna, la dose di Morfina (10 mg ml-1) di 0,14 mg kg-1 (0,08) e 0,02 mgcm-1 (0,01). È stata registrata RC post-stimolo nella prima ora dall’esecuzione della spinale in 2/21 casi (10%) e durante la du-rata complessiva della chirurgia in 5/21 casi (24%). In 3/21 casi (14%) abbiamo registrato nella seconda ora di chirurgia un au-mento progressivo della pressione arteriosa non accompagnato da aumento della frequenza respiratoria o della frequenza car-diaca da imputarsi probabilmente alla progressiva riduzione dell’estensione del blocco simpatico. L’incidenza di ipotensione èstata di 8/21 (38%) casi, di questi 3 sono stati trattati con efedrina a 50 mcg kg-1, 4 con efedrina a 50 mcg kg -1 e atropina a 20mcg kg-1, 1 caso con efedrina a 50 mcg kg-1 seguito da una CRI di medetomidina a 1 mcg kg-1 h-1. L’incidenza di bradicar-dia è stata registrata in 4/21 (19%) casi, ritenzione urinaria in 2/21 (10%), deficit propiocettivi tra le 5 -18 ore dalla spinale in1/21 (5%), prurito in 1/21 (5%); danni neurologici transitori o permanenti, parestesie e mortalità intraoperatorio e a 30 giorni in0/21 (0%). I pazienti con RC intraoperatoria hanno tutti ricevuto preventivamente un oppioide a fine chirurgia, mentre i pazien-ti con NRC non hanno necessitato di oppioide postoperatorio.Conclusioni. L’anestesia spinale iperbarica nel cane è una tecnica di semplice esecuzione, sicura e con una accettabile frequenzadi complicanze sovrapponibili a quella riportate nell’uomo.1 L’indice di fallimento procedurale (mancata fuoriuscita di liquor)è in linea con i dati pubblicati nell’uomo. La scopertura analgesica intraoperatoria nella prima ora dopo l’iniezione spinale è ri-sultata di poco superiore rispetto a quella riportata nell’uomo2 e significativamente più bassa se paragonata a quella riportata nelcane con soluzioni isobariche in uno studio precedente.3 La durata del blocco sensitivo indotto dall’AS non si è sempre dimo-strata adeguata per la chirurgia ortopedica dell’arto posteriore. È raccomandabile per chirurgie ortopediche di lunga durata o didurata non prevedibile l’uso di più alte dosi di AL o la scelta di altre tecniche loco regionali.

Bibliografia

1. Carpenter RL et Al. Anesthesiology 1992;76:906-916.2. Wresch KP. Anaesthesist 1995; 44: 580-7.3. Sarotti D, Rabozzi R. Comunicazioni brevi 62° Congresso Scivac, 2009.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Diego Sarotti - Cvf, Via Cuneo 29 E, 12045 Fossano (CN), Italia - Tel. 3397799642 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

309

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 309

Page 310: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

LOCALIZZAZIONE ATIPICA DI UN CORDOMA NEL FURETTO (MUSTELA PUTORIUS FURO)

S. Silvetti, DVM1, M. Bielli, DVM2

1 Libero Professionista, Miasino (No), Italia2 Libero Professionista, Novara, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. Sino al 1979 erano stati descritti solo una ventina di casi di malattie tumorali nel furetto e perciò si credeva chei furetti fossero refrattari allo sviluppo neoplasie spontanee. La neoplasia di tipo endocrino è quella di maggiormente descritta(insulinoma, malattia surrenalica), seguite da linfoma, cordoma ed altre neoplasie di origine cutanea. Spesso nello stesso sog-getto possono coesistere 2 o più neoplasie differenti. Il cordoma è la terza neoplasia per frequenza descritta nel furetto. Originadai residui della notocorda embrionale a livello rachideo. La maggior parte dei cordomi si localizza all’estremità della coda, me-no frequentemente alla sua base e più raramente dalla colonna cervicale e toracica. Solo in un caso sono descritte metastasi cu-tanee distanti. Generalmente appaiono come masse rotondeggianti, a superficie liscia che conferiscono il tipico aspetto “a maz-za di tamburo”. Nell’Uomo la localizzazione più frequente è invece quella cervicale. Citologicamente si osservano cluster di cel-lule pleomorfiche. In medicina umana istologicamente vengono riconosciuti 3 tipi di cordoma: convenzionale, condroide, in-differenziato. Nelle sezioni appaiono suddivisi in 3 zone: ossa trabecolari con a volte elementi del midollo osseo, cartilagine, lo-buli di cellule vacuolari (physaliferous cells) nello strato più esterno immerse in fasci di tessuto fibroso. Le tre zone sono spes-so arrangiate concentricamente e si mescolano tra di loro gradatamente, le cellule vacuolari sono normalmente patognomoni-che; sono cellule rotonde o poligonali con citoplasma vacuolizzato o vescicolare, nucleo centrale e nucleoli occasionalmente os-servabili. Le figure mitotiche sono rare. Immunoistochimicamente i cordomi hanno aspetti sia epiteliali che mesenchimali.Descrizione del caso. Clyde, furetto MC, 3 anni di età, Marshall, vive con Bonnie FS, Marshall di pari età. I proprietari riferi-scono la presenza di una tumefazione nella regione sinistra del collo, comparsa circa 3 giorni prima. Alla visita clinica il pa-ziente appare vigile, senza apparente fastidio; non vengono riferiti alterazioni della normali attività o del carattere. La tumefa-zione, si estende dalla base del ramo della mandibola sino al bordo craniale della scapola. Dopo l’E.O.G., si esegue l’esame del-la regione interessata; la cute sovrastante si presenta tesa ma non infiammata, priva di lesioni primarie o secondarie. Si contie-ne il furetto dalla collottola e si procede con la palpazione della tumefazione che appare di consistenza dura, liscia, non parti-colarmente adesa ai tessuti circostanti; tutta la procedura non provoca nessun fastidio al paziente. Si esegue l’esame citologicoper ago-infissione con ago da 25G. All’infissione dell’ago si avverte una consistenza molto solida, minerale. Si effettua la co-lorazione con Diff-Quick. Si rileva una predominanza di cellule tonde di grosse dimensioni (50-80 µm) con grosso nucleo a cro-matina dispersa ed abbondante citoplasma fortemente azzurrofilo. Si procede a questo punto, all’esecuzione di una Rx, sia del-la regione cervicale che del torace per escludere metastasi polmonari e consigliare la terapia più adatta. L’esito dell’Rx riferiscedi una neoformazione con densità ossea multilobulare apparentemente non adesa a nessuna struttura vicina; il torace sembra li-bero di segni indicativi metastasi polmonari. Si effettua un prelievo ematico per la valutazione dei parametri emato-biochimiciprechirurgici di routine e si programma la chirurgia. La preanestesia viene eseguita con una miscela di Medetomidina 40 µg/kg,Midazolam 0,2 mg/kg, Butorfanolo 0,3 mg/kg nella stessa siringa per via intramuscolare. L’induzione tramite mask down conisofluorano 5% in O2 al 100%. Avvenuta l’intubazione e dopo la preparazione del campo chirurgico, si è proceduto con l’inci-sione della cute e all’asportazione della massa che appariva di consistenza dura, minerale ma friabile avvolta da una sottile cap-sula e non appariva ancorata alla base ossea sottostante. Il risveglio avviene senza nessun problema ed il paziente viene dimes-so in serata.Conclusioni. L’esito istopatologico ha confermato essere un cordoma convenzionale. Nonostante in sede chirurgica l’asporta-zione della massa è apparsa completa, ad una visita di controllo eseguita dopo circa 6 mesi si è nuovamente osservata la for-mazione di una recidiva. Il caso è stato interessante sia per la localizzazione non tipica della neoplasia che per il diagnostico dif-ferenziale stimolato: ascesso da morso, ascesso da corpo estraneo, reazione granulomatosa da microchip.

Bibliografia

1. James G. Fox. Biology and disease of the Ferret, 1998 pp 433-435.2. Allison N., Rakich P. Chordoma in 2 ferrests. J Comp Pathol 1988; 98 (3); 371-4.3. Herron AJ, Brunnert SR, Ching SV, Dillbergerer JE, Altman NG. Immunohistochemical and morphologic features of chordomas in ferret (Mustela puto-

rius furo). Vet Pathol 1990; 27 (4):284-6.4. Williams BH, Eighmy JJ, Berbert MH, Dunn DG. Cervical chordoma in two ferret. Vet Pathol 1993; 30 (2): 204-6.5. Veterinary Clinics of North America. Oncology. September 2004, pp 617-618.6. Munday S.J., Brown C.A., Richey L.J. Suspected metastatic coccygeal chordoma in a ferret (Mustela putorius furo), J. Vet. Diagn. Invest. 16:454-458

(2004).7. Pye G.W., Bennet A., Roberts G.D., Terrell S.P. Thoracic vertebral chordoma in a domestic ferret (Mustela putorius furo). Journal of Zoo and Wildlife

Medicine 31 (1): 107-11, 2000.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Sergio Silvetti, Via Per Armeno, 1, 28010 Miasino (NO), ItalyTel. 0322/980907 - Cell. 340/1441276 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

310

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 310

Page 311: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

APPROCCIO MULTIMODALE AI TUMORI URETRALI DEL CANE:DESCRIZIONE DI 2 CASI

P. Valenti, DMV, Resident ACVIM-Oncology1, C. Leo, DMV, Resident ACVIM-Oncology1, G. Bettini, DMV, Prof2, D. Nitzl,DMV, DECVDI1, J. Buchholz, DMV, DACVR1, L. Marconato, DMV, DECVIM-Oncology1

1 Animal Oncology and Imaging Center, Hunenberg, Svizzera2 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Patologia Animale, Università di Bologna, Ozzano Emilia, Italia

La dott.ssa Buchholz e la dott.ssa Marconato hanno contribuito in maniera equivalente al lavoro.

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. I tumori uretrali nel cane sono neoplasie a prevalente origine epiteliale (carcinomi a cellule di transizione, squa-mocellulari), a comportamento biologico aggressivo, con tendenza a metastatizzare a linfonodi regionali e polmoni1. I pazientipresentano nella maggior parte dei casi sintomi sovrapponibili a quelli dei tumori vescicali (ematuria, stranguria, pollachiuria),spesso accompagnati da ostruzione del tratto uretrale, parziale o completo, che compromette drammaticamente il quadro clini-co. Nella maggior parte dei casi i pazienti non sono candidati chirurgici a causa dell’invasività di tale procedura (diversione uri-naria colica) non scevra da complicanze secondarie che possono arrivare fino al 50% dei casi. La radioterapia intra- e postope-ratoria è riportata per il controllo di queste neoplasie, associata però a complicanze tardive quali fibrosi ed incontinenza. La che-mioterapia rimane il trattamento principale per neoplasie non asportabili e/o metastatiche2, da sola o adiuvante a chirurgia o ra-dioterapia, e contribuisce al miglioramento di quadro clinico con risposte parziali o malattie stabili, ma con tempi di sopravvi-venza che non superano l’anno.Si descrive di seguito approccio terapeutico multimodale con radioterapia e chemioterapia adiuvante nel trattamento di 2 tumo-ri uretrali non chirurgici.Descrizione del caso. Caso 1. Beagle, FS, di anni 10, con carcinoma transizionale uretrale e stadiazione negativa (T3N0M0),veniva trattato con Gemcitabina in monoterapia (850 mg/m2), sperimentando remissione completa dopo 7 cicli di trattamento.Dopo 10 mesi dall’inizio del trattamento e 3 mesi dopo l’interruzione della chemioterapia, il paziente ripresentava sintomatolo-gia clinica (stranguria) con recidiva a livello uretrale in assenza di metastasi locoregionali e a distanza. Si optava per approccioterapeutico multimodale con radioterapia a megavoltaggio (3.3 Gy/frazione, 12 frazioni) seguita da carboplatino EV (240mg/m2, 4 dosi, ogni 21 giorni). A 4.5 mesi dalla fine del protocollo radioterapico la malattia è stabile e la qualità di vita del pa-ziente è da considerarsi ottima, in assenza di sintomatologia clinica attribuibile a neoplasia e di metastasi regionali o a distanza.Caso 2. Chihuahua, F, di anni 11, veniva riferita per carcinoma squamoso uretrale coinvolgente anche il trigono vescicale, re-sponsabile di stranguria e pollachiuria con grave tenesmo urinario. La stadiazione risultava negativa (T3N0M0) e il paziente ve-niva trattato con radioterapia a megavoltaggio (3.3 Gy/frazione, 12 frazioni) e carboplatino EV (240 mg/m2, 4 dosi, ogni 21 gior-ni). La sintomatologia clinica, in particolare il tenesmo, si risolveva dopo la terza seduta di radioterapia e il paziente riprendevaad urinare normalmente. A 2 mesi dalla fine della radioterapia la massa si presentava di dimensioni ridotte. A 4 mesi dalla finedella radioterapia e a 1 mese dalla fine del protocollo chemioterapico il paziente si presenta in ottime condizioni cliniche, in as-senza di sintomatologia clinica e metastasi regionali o a distanza.Conclusioni. I tumori uretrali rappresentano una sfida terapeutica, dal momento che per sede anatomica la chirurgia non è in-dicata e la qualità di vita dei pazienti è nella maggior parte dei casi condizionata dalla sintomatologia conseguente all’ostruzio-ne del tratto urinario inferiore. L’obiettivo principale del trattamento è la risoluzione del quadro clinico conseguente all’ostru-zione, responsabile in oltre il 60% dei pazienti della morte del soggetto. Dal momento che tali neoplasie sono difficilmente ag-gredibili chirurgicamente, la radioterapia associata a chemioterapia può rappresentare una valida opzione terapeutica per il con-trollo sia locale sia distante della malattia. Alcuni studi hanno proposto l’utilizzo della radioterapia intraoperatoria con il 60%dei pazienti vivo a un anno mentre con la radioterapia con unità a megavoltaggio associata a polimeri di cisplatino come radio-sensibilizzanti i tempi mediani di sopravvivenza sono intorno all’anno3. Al momento il follow-up limitato dei nostri pazientinon consente di formulare un giudizio definitivo sull’efficacia terapeutica del trattamento proposto, né di valutare la presenza dieffetti collaterali tardivi conseguenti al trattamento radioterapico (fibrosi uretrale) che possano condizionare negativamente ilquadro clinico; tuttavia, la rapida risoluzione della sintomatologia clinica già in corso di trattamento che permane tuttora in en-trambi i pazienti a 5 mesi dalla fine del protocollo radioterapico rappresenta un dato incoraggiante per il proseguimento di unapproccio multimodale di tumori la cui prognosi al momento rimane sfavorevole.

Bibliografia

1. Knapp D.: Tumors of the Urinary System in Withrow S., Vail D., Small Animal Clinical Oncology, ed. Saunders, 4thedition, 2007.2. Moore AS, Cardona A, Shapiro W et al. Cisplatin (cisdiamminedichloroplatinum) for treatment of transitional cell carcinoma of the urinary bladder or

urethra. A retrospective study of 15 dogs. J Vet Intern Med, 1990 May-Jun;4(3):148-52.3. LaRue SM, Gillette SM, Poulson JM. Radiation therapy of thoracic and abdominal tumors. Semin Vet Med Surg (Small Anim), 1995 Aug;10(3):190-6.

Indirizzo per corrispondenza:Dott.ssa Paola Valenti - Animal Oncology and Imaging Center, Rothusstrasse 2, 6331 Hunenberg (ZG), SvizzeraTel. +41417830777 - +41417830777 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

311

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 311

Page 312: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PROTESI D’ANCA NON CEMENTATA NEI CANI IN ACCRESCIMENTO: MAGGIOR RISCHIO CHE NEI CANI ADULTI?

L. Vezzoni, Med Vet, A. Vezzoni, Med Vet, SCMPA, Dipl ECVSClinica Veterinaria Vezzoni, Cremona

Area di interesse: Ortopedia

Introduzione. La protesi totale d’anca è un trattamento efficace per cani con patologie invalidanti a carico dell’articolazione co-xo-femorale e molti studi ne hanno dimostrato la validità in pazienti di età variabile, ma con un’età media sempre superiore ai3 anni. Poiché la displasia dell’anca è una patologia dello sviluppo, i segni clinici nei casi più gravi possono manifestarsi già dai5 agli 8 mesi di età con difficoltà ad alzarsi, debolezza del treno posteriore, affaticamento, tendenza a sedersi ed andatura a co-niglio. In questi casi il disagio del cucciolo è talmente evidente da richiedere al più presto possibile un intervento efficace e du-raturo come la protesi totale d’anca. Non intervenendo tempestivamente, la progressiva erosione del bordo dorsale dell’aceta-bolo causata dalla normale attività del cucciolo riduce il supporto dorsale per la coppa acetabolare al momento poi dell’inter-vento; quando inoltre la sublussazione delle anche diventasse permanente potrebbe rendere difficile la riduzione della protesi edaumentare il rischio di lussazione nell’immediato postoperatorio. Considerando che la maturità scheletrica, caratterizzata a li-vello radiografico dalla chiusura delle fisi di accrescimento, è generalmente raggiunta tra i 9 e gli 11 mesi di età con variazionia seconda delle diverse razze, lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’incidenza di complicazioni in cani di età in-feriore a 9 mesi sottoposti ad intervento di protesi d’anca non cementata (modello Kyon) tra gennaio 2002 e dicembre 2007 ecompararla con l’incidenza di complicazioni osservate in cani di età maggiore operati nello stesso periodo di tempo, per potervalutare se l’intervento eseguito durante la fase di accrescimento comporta un maggior rischio di complicazioni.Materiali e metodi. Sono state valutate le cartelle cliniche dei casi di protesi d’anca effettuate tra gennaio 2002 e dicembre 2007con il sistema Kyon Cementless presso la Clinica Veterinaria Vezzoni. Tutti gli interventi sono stati effettuati dallo stesso chi-rurgo e le cure postoperatorie sono state standardizzate per tutti i pazienti. I cani sono stati divisi in due gruppi: il gruppo deicani in accrescimento, comprendente cani di età inferiore a 9 mesi, ed il gruppo dei cani adulti, comprendente cani di età supe-riore a 9 mesi. La maggior parte dei cani trattati erano affetti da gravi forme di displasia dell’anca; altre patologie che hanno ri-chiesto il trattamento protesico includevano fratture di testa e collo femorali, lussazioni croniche o recidivanti e risultati insod-disfacenti di precedenti interventi come TPO, DARtroplastiche o artroplastiche escissionali. Di ogni caso sono stati valutati ilnumero e tipo di complicazioni in relazione alle misure ed orientamenti degli impianti usati ed alla razza e peso dei cani. Sonostate considerate come complicanze a breve termine quelle occorse entro i primi 6 mesi dopo l’intervento e come complicanzea lungo termine quelle più tardive.Risultati. Il gruppo dei cani in accrescimento comprendeva 102 protesi d’anca, mentre il gruppo degli adulti comprendeva 388protesi. In entrambi i gruppi sono state rappresentate diverse razze, le più comuni erano Pastore Tedesco, Golden Retriever, La-brador Retriever, Terranova, Rottweiler e Boxer. Nel gruppo dei cani in accrescimento l’età dei pazienti era compresa tra 4,5 e8,5 mesi (età media 7,3 mesi). Il peso variava da 13 a 53 kg (media 26,5 kg). Nel gruppo dei cani adulti l’età era compresa tra9 mesi ed 11 anni (età media 4,5 anni) ed il peso variava da 1,5 a 68 kg (media 35,5 kg). Le misure degli impianti protesici uti-lizzati sono riportate nella Tabella 1. Nel gruppo dei cani in accrescimento abbiamo riportato una o più complicanze a breve olungo termine in 16 casi (15,6%), di cui 14 sono state revisionate con successo e 2 hanno richiesto la rimozione degli impianti,mentre nel gruppo degli adulti abbiamo registrato 36 complicanze (9,3%), 31 protesi sono state revisionate con successo, men-tre 5 sono state espiantate. Il tipo e la percentuale delle diverse complicanze in entrambi i gruppi ed il numero di fallimenti chehanno richiesto l’espianto della protesi sono riportati nella Tabella 2.

TABELLA 1Misura Stelo N° in cani in accrescim. N° in cani adulti Misura Coppa N° in cani in accrescim. N° in cani adultiXX-Small - 2 (0,6%) 21,5 12 (11,8%) 23 (5,9%)X-Small 7 (6,9%) 10 (2,6%) 23,5 62 (60,8%) 150 (38,7%)Small 40 (39,2%) 91 (23,4%) 26,5 23 (22,5%) 165 (42,5%)Medium 48 (47%) 175 (45,1% 29,5 5 (4,9%) 43 (11,1%)Large 7 (6,9%) 110 (28,3%) 32,5 - 6 (1,55%)

TABELLA 2Complicanza N° in cani in accrescim. N° in cani adulti Espianti in cani in accrescim. Espianti in cani adultiLussazione 6 (5,9%) 14 (3,6%) 1 2Frattura femore 1 (0,98%) 6 (1,55%) - 1Mobilizzazione coppa 2 (1,96%) 7 (1,8%) - 1Mobilizzazione stelo 1 (0,98%) - - -Rottura coppa - 4 (1,03%) - -Rottura stelo 5 (4,9%) 3 (0,77%) - -Consumo polietilene - 1 (0,26%) - -Infezione 1 (0,98%) - 1 1

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

312

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:37 Pagina 312

Page 313: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

Discussione. L’incidenza totale di complicanze nei cani in accrescimento (15,6%) è risultata essere più alta rispetto a quanto ri-scontrato nei cani adulti (9.3%). Prendendo in considerazione i singoli tipi di complicanze (Tabella 2), abbiamo riscontrato piùcasi di lussazione (5,9%) e di rottura dello stelo femorale (4,9%) nei casi di protesi effettuate in cani in accrescimento rispettoa quelle nei cani adulti (3,6% di lussazioni e 0,8% di cedimenti dello stelo). L’incidenza di fratture femorali, mobilizzazioni del-la coppa acetabolare o dello stelo femorale e di infezioni non ha evidenziato differenze significative rispetto a quanto riscontra-to nella popolazione adulta. Considerando i 6 casi di lussazione riscontrati nel gruppo dei cani in accrescimento è interessantenotare che 5 casi hanno riguardato cani di razza Terranova, che possiamo considerare una razza ad elevato rischio di lussazio-ne, soprattutto in cani giovani e pesanti con anche molto lasse e zampe lunghe che comportano un maggiore braccio di leva. Al-la luce di questo la maggiore incidenza di lussazioni nei cani in accrescimento andrebbe rivalutata considerando che ha riguar-dato quasi esclusivamente cani di razza Terranova. In 3 di questi 5 casi, inoltre, le unità testa/collo da 19 mm di diametro, pro-gettate per ridurre l’incidenza di lussazione nei cani di taglia gigante, non erano ancora disponibili al momento del loro inter-vento. Escludendo i Terranova, nei cani in accrescimento la percentuale di casi di lussazione è risultata dell’1%, cioè inferiorea quanto riscontrato nel gruppo degli adulti; questa minore incidenza potrebbe essere dovuta alla maggiore velocità di guari-gione della capsula articolare e dei tessuti molli nei cani in accrescimento rispetto agli adulti. La differenza più significativa(P<0.001) tra l’incidenza di complicanze nei due gruppi ha riguardato i casi di rottura dello stelo femorale: 4,9% nelle protesid’anca effettuate in cani in accrescimento contro 0,77% negli adulti. Questa complicanza a lungo termine è stata riscontrata sem-pre ad una distanza superiore ai 2 anni dall’intervento ed ha riguardato 1 stelo di misura X-Small, 3 steli Small ed 1 stelo Me-dium. Il cedimento dello stelo è stato causato da due fattori: l’impianto di uno stelo di misura troppo piccola rispetto alla tagliadel cane a fine accrescimento; e le vecchie partite di steli che non erano state sottoposte al trattamento di “micropinning”, untrattamento di superficie che ha permesso di aumentare la capacità di resistenza meccanica della lega di titanio del 20%. Consi-derando le misure degli impianti utilizzati, possiamo notare che nei cani in accrescimento abbiamo utilizzato steli di misura X-Small nel 6,9% dei casi e Small nel 39,2% dei casi, mentre nei cani adulti abbiamo utilizzato steli X-Small solo nel 2.6% deicasi e Small nel 23,4% dei casi. Negli anni scorsi, infatti, non eravamo a conoscenza del potenziale rischio di rottura degli ste-li femorali quando questi fossero risultati sottodimensionati rispetto al peso del cane da adulto e per questo non prestavamo suf-ficiente attenzione nell’utilizzare impianti della stessa misura che avremmo scelto per cani adulti della stessa razza e sesso. Inol-tre il procedimento di “micropinning” è stato applicato agli steli prodotti a partire dal 2005 e tutti i casi di cedimento dello ste-lo che abbiamo registrato riguardano steli impiantati prima di quella data. A partire dai primi casi riscontrati di rottura dello ste-lo femorale abbiamo seguito, senza alcuna evidente controindicazione, la prassi di impiantare uno stelo della misura più gran-de possibile nei cani in accrescimento, con l’obbiettivo di avere impianti di dimensioni adeguate alla taglia definitiva del cane.La rottura della coppa acetabolare è stata riscontrata solo nel gruppo dei cani adulti e sembra essere una complicanza a lungotermine legata a cani iperattivi (cani da agilty e da caccia); questa complicanza, inoltre ha riguardato solo coppe delle misurepiù piccole (21,5 mm e 23,5 mm) suggerendo che questi impianti andrebbero utilizzati solo in cani più anziani o meno attivi.La sopravvivenza attesa degli impianti nelle protesi d’anca effettuate in cani in accrescimento è ovviamente maggiore rispetto aquando l’intervento è effettuato in cani più anziani; quando si effettua un intervento protesico in un cane in accrescimento l’ob-biettivo è garantire una sopravvivenza degli impianti superiore alle aspettative di vita del cane. La resistenza degli impianti intitanio è data dalle loro dimensioni in relazione al peso del cane ed al suo livello di attività; dalla nostra esperienza si può desu-mere che gli impianti più piccoli del sistema di protesi d’anca Kyon, come lo stelo X-Small e la coppa da 21,5 mm di diametroandrebbero riservati per pazienti di peso non superiore a 17-18 kg ed a cani più anziani e di indole più tranquilla, e lo stelo Smallandrebbe limitato a cani di peso inferiore ai 30 kg. L’utilizzo di impianti sottodimensionati in cani iperattivi o molto pesanti puòportare ad un precoce fallimento meccanico. Considerando la sopravvivenza a lungo termine della protesi d’anca, il consumodel polietilene della coppa acetabolare potrebbe rappresentare un problema, soprattutto per le coppe più piccole che hanno uninserto in polietilene di spessore più sottile, ed andrebbe indagato più approfonditamente con studi a lungo termine.Conclusioni. La protesi totale d’anca non cementata Kyon è risultata un efficace trattamento per i cani in accrescimento affettida gravi patologie a carico dell’articolazione coxo-femorale permettendo un pronto intervento nella fase precoce di maggioredolorabilità. I tempi di guarigione e di ripresa dall’intervento sono risultati più brevi nei cani in accrescimento, richiedendo cu-re postoperatorie di durata inferiore. L’incidenza di complicanze nei cani in accrescimento è risultata essere leggermente più al-ta, ma l’individuazione dei principali fattori di rischio e delle rispettive contromisure ha permesso di ridurla nel corso dello stu-dio fino a valori equiparabili ai cani adulti. La sopravvivenza degli impianti può essere un problema riguardante sia la resisten-za meccanica del titanio, sia il consumo del polietilene. Per limitare il rischio di fallimenti meccanici, sia per quanto riguarda lostelo femorale che per la coppa acetabolare, la scelta della misura degli impianti nei cani in accrescimento dovrebbe essere infunzione delle dimensioni del cane da adulto.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

313

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 3-06-2010 9:38 Pagina 313

Page 314: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

POSTERI poster sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome dell’autore presentatore.

Posters are listed in alphabetical order by surname and then in chronological order of presentation.

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 312

Page 315: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MASTOCITOSI SISTEMICA IN UN CANE

M. Annoni, Med. Vet., W. Bertazzolo, Med. Vet.,DECVCP, C. Pacchioni, Med. Vet.Liberi professionisti, Clinica Veterinaria Tibaldi, Milano, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il termine mastocitosi sistemica (MS) indica una forma viscerale, rara nel cane e molto più frequente nel gatto,caratterizzata dal coinvolgimento di midollo osseo, milza, fegato e sangue da parte di mastociti neoplastici.1,2,6,7 I sintomi che nederivano sono ascrivibili al rilascio dei mediatori chimici in essi contenuti. I cani affetti da MS presentano, alla visita clinica, le-targia, anoressia, vomito e perdita di peso, cui si associano riscontri clinici quali splenomegalia, epatomegalia e pallore dellemucose apparenti. In questi soggetti l’esame completo del sangue mette di solito in evidenza fenomeni di citopenia con o sen-za presenza di mastociti circolanti.2

Nel cane la MS è normalmente il risultato di una disseminazione sistemica di una forma aggressiva cutanea primaria, sebbeneraramente possa essere presente in forma di sindrome indipendente1-7, come qui di seguito riportato.Descrizione del caso. Un cane Maltese, femmina, sterilizzata, di 14 anni, veniva riferita per abbattimento, anoressia, poliuria efeci molli presenti da qualche settimana. L’esame obbiettivo generale evidenziava algia addominale con cifosi, T 39.4°C e sen-sorio depresso. Tutti i linfonodi esplorabili apparivano di piccole dimensioni, nessuna neoformazione a livello cutaneo e sotto-cutaneo era apprezzata alla palpazione. L’esame ematochimico evidenziava mastocitemia modesta (1-2%), mentre un’esame ci-tologico eco-guidato dimostrò un’invasione di mastociti ben differenziati anche a livello epato-splenico. Radiograficamente iltorace appariva nella norma. Un aspirato midollare riportava la presenza di una discreta percentuale (8-10%) di mastociti bendifferenziati. Alla luce dei riscontri clinico-patologici si emetteva diagnosi di mastocitosi sistemica, senza la presenza di evidentimastocitomi primari in altre sedi. Si iniziava la somministrazione di prednisone ed un inibitore tirosin-chinasico (masitinib a12,5 mg/kg/sid per os), con rapido miglioramento delle condizioni generali del cane e scomparsa di sintomi quali apatia e vo-mito. Ad un mese di distanza dall’inizio della terapia, nonostante il miglioramento clinico, l’esame ematochimico di controlloevidenziava una marcata anemia ed un importante incremento della fosfatasi alcalina. I mastociti circolanti apparivano notevol-mente ridotti in quantità (0.2%), e l’esame ecografico riscontrava una riduzione volumetrica della milza. I puntati splenici edepatici venivano ripetuti, evidenziando minima presenza di mastociti, quindi indicando una parziale regressione.A tutt’oggi, dopo 2 mesi dall’inizio della terapia con masitinib e prednisone, la mastocitosi continua a mantenersi in fase sta-zionaria.Conclusioni. Negli ultimi anni è stato dimostrato che mutazioni del protoncogene c-kit influiscono sull’eziopatogenesi dei ma-stocitomi canini4. Risultati incoraggianti sono stati pubblicati sull’uso degli inibitori delle chinasi nel trattamento dei mastoci-tomi di II e III grado non operabili o recidivanti e non metastatici, con un accertato rallentamento della crescita tumorale.5,3 Anostra conoscenza però, non sono presenti in letteratura ne pubblicazioni ne altri casi clinici riportati di cani trattati con masiti-nib in corso di mastocitosi sistemica, così come rarissima è anche la patologia riscontrata. La scelta di un protocollo chemiote-rapico a base di un inibitore selettivo della tirosina-chinasi e prednisone, si è rivelata particolarmente adatta, permettendo unaremissione temporanea della malattia.Il peggioramento dell’anemia durante il trattamento potrebbe essere ascrivibile a danno midollare o ipoplasia midollare conse-guente all’infiltrazione mastocitaria. Alcuni autori riportano un’incidenza di anemia emolitica del 2,5% in cani in terapia conmasitinib5; nel nostro caso però, l’anemia non era emolitica. L’incremento della fosfatasi alcalina invece, a nostro avviso è ri-conducibile al trattamento con corticosteroidi a lungo termine.La stadiazione effettuata non ha permesso di accertare l’origine della MS. Il dubbio che la patologia possa essere sorta prima-riamente a livello midollare piuttosto che splenico od epatico, lascia adito a nuovi approfondimenti ed analisi.

Bibliografia

1. Thamm DH and Vail DM. Mast Cell Tumors. In: Withrow S, MacEwen E. Small Animal Clinical Oncology, 4thed.; 2007:402-424.2. G Couto: Principali neoplasie del cane e del gatto. In:RW Nelson e CG Couto Medicina interna del cane e del gatto 2nd ed.;2002:1081-1084.3. Albanese F e Marconato L. Tumori rotondocellulari. In:Oncologia medica dei piccoli animali;2005:208-221.4. Marconato L., Bettini G et al: Clinicopathological features and Outcomes for Dogs with Mas Cell Tumors and Bone Marrow Involvement. JVIM

2008;22:1001-1007.5. KA Hahn, G Ogilvie Et al:Masitinib is Safe and Effective for the Treatment of Canine Mast Cell Tumors. JVIM 2008;1-9.6. Davies AP, Hyden DW, Klausner JS et al: Noncutaneous systemic mastocytosis and mast cell leukemia in a dog: case report and literature review, JAA-

HA 17:361-368, 1981.7. O’Keefe DA, Couto CG, Burke-Schwartz C, et al. Systemic mastocytoris in 16 dogs. JVIM 1987;1:75-80.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Maurizio Annoni - Clinica Veterinaria Tibaldi, Viale Tibaldi 66, 20136 Milano (MI), ItaliaTel. 0258106826 - Cell. 3385629659 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

313

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 313

Page 316: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INVESTIGATION OF THE EFFECT OF ANESTHETIC,EUGENOL AND ETHER ON RAINBOW TROUTBLOOD GLUCOSE RATE IN RE-CIRCULATORY SYSTEM

M. Behrooz, Student of veterinary medicine1, J. Mortezavi, PHD,Department of Aquatic Disease2, M. Rafie Saran, Student of Veterinary Medicine3

1 Student of veterinary medicine, Islamic Azad University, Tabriz Branch-Iran.Member of scientific association of veterinary group., Tabreez, Iran

2 Department of Aquatic Disease, Faculty of Veterinary Medicine, University of Islamic Azad, Tabriz Branch-Iran, Tabreez, Iran

3 Student of Veterinary Medicine, University of Islamic Azad, Tabriz, Iran. Member of young research Club, Tabreez, Iran

Topic: Anaesthesia

Introduction. Comparison of effect of super intensive breeding of fish in re-circulatory system against othersystems.Description of the case. This investigation was carried out to determine the effect of Anesthetic on 12 Rainbow Trout whilst un-der the influence of Eugenol and Ether and after recovery. Twelve Rainbow Trout with average weight of 250 +/- 10 gram weredivided in to 4 groups. Group one was used as a controlled group and group 2 - 4 were used for testing purposed. Rainbow Troutin Group 2 - 4 were administered with 50mg lit-1, 150mg lit-1 and 250 mg lit-1 of Eugenol and then with 0.1ml lit-1, 0.3 ml lit-1 and 0.6 ml lit-1 of Ether respectively. Two blood samples were taken from the group above group; one whilst under the influ-ence of Anesthetic and the other after recovery and one blood sample was also taken from the controlled group.After separat-ing Serum, glucose rate were measured/determine for each sample using Spectrophotometer, the result of which is shown in thebelow.Conclusions. Average Glucose rate was also measured for the control group to be 16.6 mg dl-1.The above statistical analysiswas carried out using T-Test Analysis. In the studies, Graane et al (1963) and Schweizer et al (1967) observed that Ether hasminimal effects on the blood glucose levels1,3. Holloway et al (2009) observed that fish significantly increased plasma cortisoland glucose levels after use of clove Oil and MS-222 (0/05>p)2. The Analysis of the above result shows that there is not muchdifference between the two sets of results using Eugenol and Ether.This also shows that the changes in Glucose rate were notsignificant in the Re-circulatory system.

Bibliography

1. Greene NM.(1964) Inhalation anesthetics and carbohydrate metabolism.Postgrad Med J 40, 223.2. Holloway AC, Keene JL, Noakes DG et al.(2004) Effects of oil and ms-222 on blood hormone profiles in rainbow trout oncorhynchus mykiss, walbaum.

Aqua Res J 35,1025-1030.3. Schweizer O, Howland WS, Sullivan C et al.(1967) The effect of ether and halothane on blood levels of glucose, pyruvate, lactate and metabolites of the

tricarboxylic acid cycle in normotensive patients during operation. Anes J 28,814-822.4. Wagner GN, Singer TD, Mckinley RS.(2003) The ability of clove oil and ms-222 to minimize handling stress in rainbow trout(oncorhynchus mykiss wal-

baum). Aqua Res J 34,1139-1146.

Corresponding Address:Dr. Moein Behrooz, 57Th Edalat-Anahid Apartment, Gorgan/Golestan/4917846579, IranPhone 01715530890 - Mobile 09380383500 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

314

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 314

Page 317: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

LA PROSTATA NEL FURETTO: STUDIO ANATOMICO COMPARATIVO FRA SOGGETTI INTERI E STERILIZZATI

P. Bo, dvm, spcaa1, D. Zambelli, dvm, ecar, prof ass2, N. De Sordi, Tecnico lab3, A. Grandis, dvm, ricercatrice3

1 Libero professionista, Bologna, Italia2 Dipartimento Clinico Veterinario, Facoltà di Medicina Veterinaria, Bologna, Italia

3 Dipartimento di Morfofisiologia Veterinaria e Produzioni Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria, Bologna, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Scopo del lavoro. Nei Mustelidi, una delle patologie più frequenti è l’iperadrenocorticismo, o malattia surrenalica, la quale in-teressa in percentuale uguale sia i maschi sia le femmine. In particolare, nel maschio, poiché questa patologia determina un au-mento di ormoni sessuali1, si può riscontrare in concomitanza una ipertrofia prostatica anche nei soggetti sterilizzati di oltre 2anni di età2. La scarsità di dati riguardanti l’anatomia di questo animale e la presenza di informazioni errate riportanti addirittu-ra l’assenza della prostata in questa specie, ha portato a sottostimare fino ai tempi più recenti le patologie prostatiche. Questolavoro si propone quindi di svolgere uno studio anatomico macro- e microscopico della prostata in furetti interi e sterilizzati perrilevarne le loro eventuali differenze.Materiali e metodi. Per lo studio anatomico macroscopico sono stati impiegati un furetto maschio intero e quattro castrati, de-ceduti per patologie non riguardanti l’apparato urogenitale. Per evidenziare la topografia della prostata, su questi soggetti è sta-ta effettuata una dissezione in decubito laterale destro con asportazione della parete laterale sinistra e dell’arto omolaterale. Tut-te le osservazioni venivano documentate mediante fotocamera digitale e le immagini ottenute sono state elaborate al computer.Inoltre, sul soggetto intero e su due furetti sterilizzati, la prostata è stata immediatamente asportata e fissata in liquido di Bouin,disidratata, chiarificata, inclusa in paraffina e quindi tagliata in sezioni seriali di 10 micrometri. I vetrini così ottenuti sono sta-ti colorati con tricromica di Masson e successivamente osservati al microscopio ottico.Risultati. L’indagine macroscopica ha consentito di evidenziare che la prostata è situata a partire dalla terminazione del collodella vescica e si estende per circa 15 mm caudalmente ad esso. Nel soggetto intero assume forma globosa, raggiungendo nelpunto di massima ampiezza gli 8 mm di spessore ed i 6 mm di larghezza; nel soggetto sterilizzato presenta, invece, forma piùaffusolata con spessore e larghezza massimi di circa 5 mm. L’osservazione al microscopio ottico del soggetto intero ha consen-tito di dimostrare che la prostata compare cranialmente, in corrispondenza della superficie dorsale del collo della vescica, perespandersi poi lateralmente alla parte terminale e completarsi infine ventralmente ad essa, andando così a costituire un anellocompleto. Nel punto di suo massimo sviluppo risulta attraversata, nella sua parte dorsale, dalla terminazione nell’uretra dei duedotti deferenti. Più caudalmente, la ghiandola si riduce ed appare divisa in due porzioni, dorsale e ventrale, ad opera di tessutoconnettivo e fasci muscolari che si dispongono lateralmente all’uretra. Si riduce poi progressivamente in senso dorso-ventrale,cosicché l’ultima porzione del parenchima si trova localizzata esclusivamente ventralmente all’uretra.Nel soggetto sterilizzato, la posizione della ghiandola, rispetto all’uretra, appare analoga a quella del soggetto intero, tuttavia iltessuto ghiandolare risulta considerevolmente ridotto anche nel punto di sua massima estensione.Conclusioni. La prostata nel soggetto intero, così come descritto da Jacob e Poddar3, risulta essere una ghiandola tubuloalveo-lare composta, circondata da uno stroma fibromuscolare da cui originano trabecole di diverse dimensioni che, a differenza delcane, suddividono il parenchima ghiandolare in lobuli irregolari. Non si nota, inoltre, una parte disseminata. Nel soggetto steri-lizzato il tessuto ghiandolare è rappresentato da alcuni adenomeri tubuloalveolari disseminati nell’abbondante stroma fibromu-scolare La maggior parte degli adenomeri mostra segni di regressione: epitelio più basso rispetto a quello del soggetto intero,lume ridotto e scarso contenuto di secreto. In conclusione, è ipotizzabile, quindi, che la limitata riduzione nel volume dallaghiandola, osservata macroscopicamente, sia dovuta al fatto che, il tessuto ghiandolare viene sostituito, in parte, da connettivo.

Bibliografia

1. Brown SA - “Prostate Disease in Ferrets” Veterinary Information Network Inc, www.sciencedirect.com Accessed March 13, (2002).2. Lennox AM - “How I Manage Endocrine Disorders in Ferrets” in: NAVC Proceedings 2007, Internet Publisher: International Veterinary Information Ser-

vice, Ithaca NY (www.ivis.org) (2007).3. Jacob S e Poddar S - “Morphology and histochemistry of the ferret prostate. Acta Anat 125 4: 268-273 (1986)

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Pierfrancesco Bo - Studio Veterinario Associato Dr. Bo - Dr. Genocchi, Via Della Libertà 5, 40059 Medicina (BO), ItaliaTel. 051/857362 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

315

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 315

Page 318: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MALASSEZIA IN CITOLOGIA AURICOLARE: PATOGENO O COMMENSALE?

E. Chiavassa, DVM1, A. Vercelli, DVM1, M. Beccati, DVM, PhD2, M. Pasquetti, DVM3

M. G. Gallo, Biologo3, A. Peano, DVM, PhD3

1 Libero professionista, Torino, Italia2 Libero professionista, Capriate S. Gervasio (Bg), Italia

3 Dip. Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Torino, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. Malassezia pachydermatis è un lievito lipofilo potenziale causa secondaria/aggravante l’otite esterna nel cane,ma che può essere ritrovato anche in orecchie di animali sani. Per questo aspetto e la multifattorialità della patologia auricolare,spesso la valutazione della correlazione tra la popolazione di questo lievito e il segno clinico osservato risulta difficile. L’esamecorrentemente utilizzato è quello citologico, in cui si va a ricercare e conteggiare il numero di lieviti presenti per una valutazionesemiquantitativa. Scopo del lavoro è stato quello di valutare il ruolo di Malassezia nell’otite esterna del cane contribuendo a va-lidare i limiti semiquantitativi riconosciuti per attribuire un ruolo patogeno al lievito ritrovato in citologia auricolare.Materiali e metodi. Sono state valutate singolarmente orecchie (n= 136) di animali sani e orecchie (n= 150) di animali portatia visita per segni di otite. La gravità del processo patologico veniva valutata attribuendo un punteggio ad alcuni segni clini-ci/otoscopici (prurito, dolore, odore “cattivo”, eritema, cerume ecc.). Venivano effettuati tamponi auricolari poi rotolati su ve-trini da microscopia. Questi venivano fissati alla fiamma e colorati con Hemacolor®. Si procedeva ad osservazione a 40 X pervalutare il numero medio di lieviti (Malassezia) in 5 campi diversi. Veniva effettuata anche una valutazione della presenza di bat-teri patogeni tramite citologia e successiva coltura. Si è proceduto a valutare la presenza di Malassezia nelle due popolazioni stu-diate utilizzando due cut-off (5 e 10) proposti in letteratura per definire il limite di “normalità” del numero di lieviti auricolare.Per gli animali con otite è stata poi valutata la correlazione tra gravità della sovracrescita di Malassezia e i corrispondenti sco-res di gravità clinica.Risultati. Poche orecchie sane presentavano valori di Malassezia superiori ai limiti utilizzati: sei orecchie > 5 e tre > 10. Que-sti risultati conferivano alla valutazione citologica di Malassezia secondo i cut-off indicati un valore di specificità rispettivamentedel 95,6 e 97,8%. Dato che Malassezia è considerata una causa secondaria di otite e che questa può dunque verificarsi (almenoinizialmente) senza una compartecipazione del lievito (o di altri agenti patogeni, come i batteri) è stato più difficile valutare qua-le limite presentasse anche la migliore sensibilità. Per questo calcolo abbiamo quindi valutato i cut-off in base alla risposta allaterapia specifica antimicotica in orecchie con otite e sola presenza di Malassezia (n= 52, le altre sono state escluse o perché noncontenevano Malassezia o perché avevano altri agenti patogeni, considerati come fattori di confondimento dell’analisi). È statovalutato come, utilizzando il limite di 5, ci fosse una differenza statisticamente significativa nel numero di orecchie che con-temporaneamente guariva clinicamente e vedeva scendere sotto il cut-off Malassezia, rispetto ad orecchie che mantenevano siai sintomi clinici sia il lievito (Test Chi-quadro 4,79; p = 0,028). Tale significatività non era presente se il cut-off veniva sposta-to a 10 (Test Chi-quadro 2,60; p = 0,11). Per ciò che concerne la correlazione tra gravità della sovracrescita del lievito e gravi-tà dei segni clinici, il test di Pearson non restituiva un esito statisticamente significativo (p = 0,17).Conclusioni. Tra i cut off studiati il migliore sembra essere quello di 5 lieviti per campo a 40X. È, infatti, un limite che per-mette di mantenere un’elevata specificità e sensibilità. Per la valutazione di quest’ultima si è ricorsi alla valutazione della cor-relazione guarigione Malassezia/ guarigione clinica. In pratica, in termini più semplici, se il cut-off passava da 5 a 10, non ve-nivano più considerate con sovracrescita alcune (n= 6) orecchie che pure guarivano in modo correlato alla scomparsa del lievi-to. Questo dimostrava che anche un basso numero di lieviti (tra 5 e 10) poteva essere correlato con la patologia auricolare pre-sente. Il possibile ruolo patogeno anche a basse cariche e la mancata correlazione tra gravità dei segni clinici e grado di sovra-crescita di Malassezia stanno ad indicare che nella patogenesi di questa infezione il dato semiquantitativo è solo uno degli aspet-ti, e che, similmente a quanto ipotizzato in letteratura, ci può essere una ipersensibilità al lievito stesso che esita in sintomi cli-nici anche gravi. Per questo motivo anche il limite di 5 elementi per campo, che pure rappresenta una buona indicazione per ilgiudizio del clinico, dovrebbe sempre essere preso come dato indicativo ed associato a elementi clinici, anamnestici, di razzaecc. Sarebbe auspicabile in futuro provare ad applicare metodiche diagnostiche alternative a tecniche quantitative, come skin-test, valutazione di IgE, di citochine infiammatorie ecc.

Bibliografia

Ginel PJ, Lucena R, Rodriguez JC, Ortega J. A semiquantitative cytological evaluation of normal and pathological samples from the external ear canal of dogsand cats. Veterinary Dermatology, 13, 151-156, 2002.

Rosychuk RAW. Management of otitis externa. Veterinary Clinics of North America ; 24: 921–52, 1994.Rausch FE, Skinner GW. Incidence and treatment of budding yeast in canine otitis externa. Modern Veterinary Practice 59: 914-15, 1978.Scott DW, Miller WH, Griffin CE. Small Animal Dermatology, 6th edn. Philadelphia, WB Saunders Co, 2000.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Andrea Peano - Facoltà Medicina Veterinaria, Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

316

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 316

Page 319: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRANS EPIDERMAL WATER LOSS (TEWL) IN ATOPIC AND HEALTHY DOGS: A COMPARATIVE STUDY

L. Cornegliani, dr. dip ECVD1, A. Vercelli, dr. dip CES Derm2, E. Sala, dr. PhD3

1 Ambulatorio veterinario associato, Torino, Italia2 Ambulatorio veterinario associato, Torino, Italia3 Università degli Studi di Milano, Milano, Italia

Topic: Dermatology

Purpose of the work. Trans epidermal water loss (TEWL) is defined as the volume of water that passes from inside to outsideof the body through the epidermal layer. In people it has been used to evaluate skin barrier function in dermatological diseases.Higher is the TEWL, lower is the skin barrier function. Measurement of skin hydration is considered useful to monitorize hu-man skin diseases, especially in eczema and allergic diseases. In canine atopic dermatitis TEWL is considered important factorof impaired barrier functions. For these reasons, the aim of this study was to compare TEWL in atopic and healthy dogs.Materials and used methods. 50 Atopic and 50 healthy dogs were included in the study. Diagnosis of atopic dermatitis was pre-viously performed according to Willemse criteria and by exclusion of all other pruritic skin diseases. 50 atopic dogs (group A)were selected in absence of specific treatment for allergic disease; 50 healthy dogs (group B) were animal coming to our clinicfor annual vaccination. Patients younger than 1 year or older than 10 years were excluded. The clinical study was done in win-tertime from December 2009 to February 2010. TEWL measurements were performed on the left ear, without clipping, with aVapometer® SWL-3 (Delfin Technologies Ltd) and they were carried out by a single operator in nonclimate-controlled room.Room condition was stable at 22-23°C ambient temperature and 45% ambient relative humidity. All the animals were acclimatedat least 60 minutes.Calculations were executed with SPSS (vs 17). As the distribution of TEWL was not Normal, we used Mann-Whitney test to com-pare two groups and a P-value < 0.05 was considered to be significant. Kruskal -Wallis test was applied to compare dogs’ gen-der, breed.Outcomes. The P-value resulted 0,0000<0,05 for TEWL groups (A and B), while for gender and breed was >0,05. The meansof two TEWL groups resulted: 22,47 (group A, 95% confidence interval for mean was 20,85-24,09), 8,81 (group B, 95% confi-dence interval for mean was 8,09-9,52).Conclusions. In humans with atopic dermatitis, TELW, as a marker of barrier function, was already four-folds increased in le-sional skin, compared to normal skin. In our study we obtained similar results between groups A and B. It has been reportedthat TEWL varies during the day and the body side of measurements. On the other hand ears are been previously identified asthe best side of the body to take data, because of low variability of measurements. Further studies are required to evaluate theimportance of TEWL measurements in dogs with allergic skin diseases. The P-values <0,05 and the great difference between thetwo groups suggest skin hydration should be controlled in dogs with skin diseases.

Bibliography

1. Oh WS, Oh TH: Measurement of trans epidermal water loss from clipped and unclipped anatomical sites on the dog. Australian Veterinary Journal, 87(10): 409-412, 2009.

2. Shimada K, Yoshihara T, Yamamoto M, Konno K, Momoi Y,Nishifuji K, Iwasaki T: Transepidermal water loss (TEWL) reflects skin barrier function ofdog. Journal of Veterinary Medical Science 70 (8): 841-843, 2008.

3. Proksch E, Folster-Holst R, Jensen JM: Skin barrier function, epidermal proliferation and differentiation in eczema. Journal of Dermatological Science,43: 159-169, 2006.

4. Yoshihara T, Shimada K, Momoi Y, Konno K, Iwasaki T: A new method of measuring the trans epidermal water loss (TEWL) in dos skin. Journal of Ve-terinary Medical Science 69 (3): 289-292, 2007.

5. Lau-Gillard PJ, Hill PB, Chesney CG, Budleigh C, Immonen A: Evaluation of a hand-held evaporimeter (VapoMeter®) for the measurement of trans epi-dermal water loss in healthy dogs. Veterinary Dermatology 3. (on line in advance of print), 2009.

Corresponding Address:Dott.ssa Luisa Cornegliani, C.so Traiano 99/d, 10135 Torino (To), Italia - Cell. 338/8536035 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

317

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:51 Pagina 317

Page 320: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI LIPOBLASTOMA IN UN CANE

R. Finotello, DVM, MRCVS1, V. Marchetti, DVM, PhD, SPCAA1, G. Baroni, DSc2, F. Dini, DVM1, S. Citi, DVM, SRV1, A. Poli, DVM, DECVP3, S. Dilollo, MD2

1 Dipartimento di Clinica Veterinaria, Università di Pisa, Pisa, Italia2 Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica Sezione di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Firenze, Italia

3 Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti, Università di Pisa, Pisa, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il lipoblastoma è un tumore raro, benigno che origina da tessuto adiposo uniloculare embrionale, descritto in me-dicina umana quasi esclusivamente in neonati e bambini. L’80-90% dei casi si manifesta prima dei 3 anni di età. Presenta un’ec-cellente prognosi data la tendenza a non metastatizzare o invadere strutture adiacenti, mostrando però alta frazione di accresci-mento e raggiungendo grandi dimensioni. Il trattamento d’elezione è una chirurgia completa ma conservativa con basso tasso direcidiva locale1. Tale patologia può presentare difficoltà diagnostiche per similitudini con liposarcoma mixoide. In medicina ve-terinaria esiste ad oggi una sola segnalazione in un vitello2.Descrizione del caso. Un cane meticcio di 10 anni, femmina intera, 16 kg di peso corporeo, body condition score 7/9, era riferitoper distensione addominale presente da 3 mesi e ingravescente, abbattimento, anoressia, e vomito ricorrente. All’esame fisico si ri-levavano polipnea, mucose anemiche e una massa addominale, dai limiti indefinibili, che ne modificava il profilo. Esame emocro-mocitometrico e profilo biochimico completo evidenziavano leucocitosi con leucogramma da stress, severa anemia normocitica enormocromica, iposideremia, moderata ipoglicemia e severo aumento della fosfatasi alcalina. Profilo coagulativo ed esame delleurine non mostravano alterazione alcuna. All’esame ultrasonografico dell’addome si osservava una lesione a complex mass occu-pante quasi interamente la cavità addominale. Si osservava idronefrosi del rene destro con dilatazione dell’uretere ipsilaterale percompressione. Il preparato citologico da biopsia eco-guidata appariva paucicellulare, con numerosi nuclei nudi, vacuoli lipidici, al-cune cellule fusate talvolta multinucleate contenenti vacuoli rotondi, con moderata anisocariosi e nucleoli prominenti. Si formula-va sospetto di liposarcoma. Lo studio radiografico del torace nelle 3 proiezioni standard non evidenziava anomalie. In sede laparo-tomica veniva asportata una massa cerebroide, di 5 kg, originante dal legamento sospensore dell’ovaio. Per aderenza tra massa erene destro, veniva eseguita nefrectomia. Nel periodo post-operatorio le condizioni del soggetto miglioravano rapidamente e i va-lori emato-biochimici rientravano nei limiti di normalità. All’esame istopatologico si evidenziava proliferazione cellulare costitui-ta prevalentemente da adipociti maturi con pleomorfismo dimensionale senza evidente atipia nucleare. A forte ingrandimento era-no riconoscibili alcuni lipoblasti. La neoplasia era immersa nel contesto di sottile stroma reticolinico e mixoide, e saltuariamentesepimentata da tralci di collageno denso. Si emetteva diagnosi differenziale (DD) di liposarcoma mixoide e lipoblastoma. Poichéin termini prognostici le diagnosi possibili erano significativamente diverse, veniva eseguito un approfondimento istochimico (IC)ed immunoistochimico (IHC). Sezioni rappresentative della lesione erano sottoposte ad IC ed IHC in parallelo con sezioni di lipo-ma maturo e liposarcoma mixoide. Per IC si utilizzava colorazione Masson Tricromica, Van Gieson ed Alcian Blu pH 2,5. ConMasson Tricromica, e Van Gieson era confermata la presenza di tralci di collagene, con Alcian Blu si rilevavano depositi di muco-polisaccaridi acidi (AMPS) nello stroma mixoide. Lipoma maturo e liposarcoma mixoide presentavano: assenza di collagene eAMPS il primo, assenza di collagene ed abbondante e diffusa presenza di AMPS il secondo. Per l’indagine IHC veniva utilizzatoun pannello comprendente l’anticorpo anti-CD31 (clone 1A10), anti-Ki67 e anti-EPO-r. Nel caso in esame, la proliferazione neo-plastica era sostenuta da un ricco pattern vascolare di tipo plessiforme (anti-CD31) e indice di proliferazione (anti Ki-67) inferioreal 5% (1-2/10 HPF). Nello stroma mixoide si evidenziavano piccoli focolai di ematopoiesi extramidollare (anti-EPO-r.). Il lipomamaturo presentava piccoli capillari ematici, assenza di emopoiesi e di documentabile indice di proliferazione, mentre il liposarco-ma mixoide mostrava una ricca vascolarizzazione, assenza di emopoiesi ed indice di proliferazione elevato. Le indagini IC e IHCin associazione ai dati morfologici permettevano di emettere diagnosi conclusiva di lipoblastoma. A 6 mesi dalla chirurgia il sog-getto si presentava in buone condizioni generali e senza evidenza di recidiva o malattia a distanza.Conclusioni. Questo lavoro rappresenta la prima segnalazione di lipoblastoma nel cane, neoplasia benigna descritta in pazientiumani fino ai 3 anni di età. La DD di questa neoplasia è il liposarcoma mixoide, dal quale viene differenziata mediante IC eIHC. Nel nostro caso, trattandosi di paziente anziano e senza precedenti segnalazioni in letteratura, è risultato particolarmenteimportante l’ausilio di tecniche diagnostiche avanzate per discriminare tra 2 neoplasie con outcome sensibilmente diverso. L’im-portante risentimento sistemico del soggetto può essere imputato ad una diagnosi tardiva, e può riflettere un processo cronicosia per l’iposideremia che per il profilo ematologico. Ulteriori approfondimenti sarebbero opportuni per chiarire il meccanismopatogenetico responsabile dell’ipoglicemia.

Bibliografia

1. Saifzadeh S et al. (2007) Congenital lipoblastoma in a neonate calf: first report in veterinary literature. Vet Dermatol, 18(2):130-3.2. Kok KY et al. (2010) Lipoblastoma: Clinical Features, Treatment, and Outcome. World J Surg, in press.

Indirizzo per corrispondenza:Riccardo Finotello, DVM, MRCVS - Dipartimento di Clinica Veterinaria, Università di Pisa, Via Livornese lato monte56122 San Piero a Grado (Pisa) (PI), Italia - Tel. 050/2210119 - Cell. 333/9090654 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

318

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 318

Page 321: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DERMATOSI ATIPICA NEL CONIGLIO DA COMPAGNIA (ORYCTOLAGUS CUNICULI)

S. Silvetti, DVM1, C. Gelmini, DVM2

1 Libero Professionista, Miasino (No), Italia2 Libero Professionista, Amb. Veterinario Vallecamonica, Darfo Boario Terme (Bs), Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La dermatologia del coniglio è da sempre stata studiata, in Medicina Umana, come modello per la fisiologia e lapatologia cutanea o per lo studio di test carcinogenetici, tossicologici, di fototossicità. Poco però si è fatto sinora, per lo studiodella Clinica dermatologica vera e propria del coniglio da compagnia.Le patologie cutanee del coniglio sono convenzionalmente raggruppate in: comportamentali, metaboliche, traumatiche, parassi-tarie, infettive e neoplastiche. Spesso mute eccessive sono confuse con problemi dermatologici poiché nei conigli domestici siassiste a massicce perdite di pelo che lasciano scoperte più o meno ampie aeree di cute alopecica. Questi episodi non sono pre-senti nelle popolazioni di conigli selvatici e sembrano essere dovuti alla selezione delle razze e varietà presenti sul mercato.Descrizione del caso. Nel Novembre del 2007 si presenta alla visita semestrale per il richiamo vaccinale, una coniglia femmi-na sterilizzata, di circa 3 anni di età. Alla visita si riscontra rarefazione del pelo, poca forfora a carico delle orecchie, dorso na-so e contorno occhi, non si segnala prurito; le lesioni risalivano all’Aprile precedente. Sono state trattate da un Collega con te-rapia topica a base di econazolo e per os con itraconazolo, non correttamente somministrato. Dopo la visita sono stati eseguitiuna coltura micotica su DTM e raschiati cutanei, risultati negativi. Su sospetto di una iniziale infestazione atipica di Sarcoptes,si inizia una terapia a base di Ivermectina a 300 µg/kg ed applicazioni di Clorexydina al 4% giornaliere. Viene riferito un leg-gero miglioramento. A Febbraio 2008 si assiste ad un peggioramento delle lesioni con estensione delle aree in precedenza co-involte. Si eseguono nuovi raschiati, scotch test e tricogrammi risultati negativi. Si decide di eseguire delle biopsie cutanee a li-vello della superficie esterna dei padiglioni auricolari, alla base delle orecchie e regione dorsale del tronco. Il referto riferisce diuna dermatite cronica linfocitaria da perivascolare a interstiziale con atrofia follicolare e fibrosi, anche se non si riconosce unpattern ben definito. Viene consigliato di indagare sull’esposizione a sostanze irritanti ambientali, allergie, problemi interni qua-li timoma o linfoma renale. Si decide di cambiare luogo di detenzione del coniglio; viveva in gabbia e su cemento e viene spo-stato su una superficie tipo linoleum, le terapie vengono interrotte. Si rivede la paziente a Maggio 2008 per un aggravamento eduna estensione delle aree alopeciche che si estendono a tutto il dorso con presenza di eritema e prurito, nonostante gli esami col-laterali negativi si decide di insistere con la terapia per Cheyletiella abbinando la terapia topica (Neoforactil®) con quella siste-mica con Ivermectina al dosaggio di 500 µg/kg; si assiste solo ad un iniziale miglioramento. Passati circa 60 giorni e visto ilcontinuo progredire delle lesioni, si ripetono le biopsie in diverse aree (padiglione auricolare, dorso del naso, scapola) e si ese-gue un prelievo ematico per un esame emocromocitometrico, emobiochimico ed elettroforetico del siero. Gli esami ematobio-chimici sono risultati entro i parametri di riferimento, i risultati dell’esame elettroforetico sono di difficile interpretazione vistala scarsità di campioni analizzati in quel Laboratorio. Il referto bioptico parla di stadi evolutivi diversi, la localizzazione del-l’infiltrato non è sempre la stessa e complica quindi l’interpretazione. Sembra che l’infiltrato abbia come sede preferenziale laregione media del follicolo, sede delle ghiandole sebacee dove è situata la zona istmica. La diagnosi potrebbe pertanto esserecompatibile con follicolite linfocitaria dell’istmo (pseudopelade) e conseguente coinvolgimento secondario delle ghiandole ocon una adenite sebacea a diversi stadi evolutivi, non si esclude inoltre possa trattarsi di una dermatite linfocitaria a causa sco-nosciuta suggerendo indagini collaterali che peraltro erano già state suggerite nella diagnosi precedente.Conclusioni. Questo caso vuole porre l’attenzione su un’area della medicina del coniglio domestico che spesso viene un po’sottovalutata, credendo che i disturbi dermatologici siano sempre riconducibili ad eziologie che, anche se piuttosto frequenti,non rappresentano la totalità. Il caso conduceva ad un vasto diagnostico differenziale: dermatite micotica, dermatite parassita-ria, muta anomala, adenite sebacea, sindrome paraneoplastica.L’esito delle biopsie ha evidenziato una importante flogosi linfocitaria come causa dell’alopecia. I referti però, non sono riusci-ti a classificare con chiarezza questa sindrome dermatologica che potrebbe non avere precedenti in letteratura. Sfortunatamentenon è stato possibile seguire il caso con successivi approfondimenti o terapie (ciclosporina, cortisonici) a causa del decesso delpaziente per cause traumatiche.Ringraziamenti. Si ringrazia il prof. Paola Roccabianca, il prof. Francesca Abramo, il prof. Francesco Albanese ed il Labora-torio S. Marco.

Bibliografia

F. Harcourt-Brown, Textbook of Rabbit Medicine, Elsevier Science, 2002.J. W. Carpenter, Exotic Animal Formulary, III Ed Elsevier Inc., 2005.J. R. Jenkins, The Veterinary Clinics of North America, Dermatology, May 2001, pp 543-565.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Sergio Silvetti, Via Per Armeno, 1, 28010 Miasino (NO), ItaliaTel. 0322/980907 - Cell. 340/1441276 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

319

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 319

Page 322: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI DIROFILARIOSI NODULARE CUTANEA IN UN CANE IN AREA NON ENDEMICA

G. Ghibaudo, Dott. Med. Vet.1, A. Vercelli, Dott. Med. Vet., Dipl. CES2,D. Falcioni, Dott. Med. Vet.3, L. Cornegliani, Dott. Med. Vet., Dipl. ECVD4

1 Libero Professionista, Fano, Italia2 Ambulatorio Veterinario Associato, C.so Traiano 99/d, 10135, Torino, Italia

3 Ambulatorio Veterinario Dr. Gaudenzi, Via del Carso, 18, 61100, Pesaro, Italia4 Ambulatorio Veterinario Associato, C.so Traiano 99/d, 10135, Torino, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Introduzione. La dirofilariosi cutanea causata da Dirofilaria spp è occasionalmente riportata nel cane, e recentemente lo è sta-ta in Italia centrale (Lazio, Toscana e Umbria).Nel cane, il ciclo parassitario è caratterizzato dal parassita adulto che vive nei noduli cutanei, mentre le microfilarie si trovanogeneralmente nel sangue periferico. Le zanzare del genere Aedes e Culex sono i principali vettori della parassitosi.Nei cani sono state riportare eruzioni pruriginose papulo-pustolari e dermatite ulcerative associate con microfilaremia cutanea.Le microfilarie si trovano sia nel sangue periferico sia nelle lesioni piogranulomatose dermiche. Gli adulti di Dirofilaria repenspossono localizzarsi in modo ectopico a livello sottocutaneo e indurre lesioni nodulari. Lo scopo di questa comunicazione libe-ra è riportare un caso di dirofilariosi nodulare cutanea in un’area non endemica dell’Italia centrale (Pesaro, Marche) in un cane.Descrizione del caso. Un cane di razza American Staffordshire Terrier, 8 anni di età, sesso femminile, è stato riferito alla visi-ta clinica dermatologica. Il proprietario riportava la presenza di un nodulo sottocutaneo nell’area fronto-temporale della testa dacirca 2 mesi. Il cane, all’esame obiettivo generale, appariva in buone condizioni cliniche. All’esame obiettivo particolare der-matologico, si evidenziava un nodulo, non dolente, ben circoscritto e di consistenza sodo-elastica delle dimensioni di 3,5 cm indiametro. Si eseguiva come primo esame complementare l’esame citologico per ago infissione. La citologia, allestita con colo-razione Romanowsky modificata, evidenziava una popolazione cellulare di granulociti neutrofili e macrofagi, con alcune pla-smacellule ed istiociti; in alcuni campi si evidenziavano microfilarie. Il sospetto diagnostico era di lesione nodulare sottocuta-nea da Dirofilaria spp. e si effettuava il test di Knott che però era negativo. Anche il test sierologico ELISA per Dirofilaria im-mitis (SNAP® filaria - IDEXX) era negativo. L’esame emocromocitometrico, le radiografie toraciche e l’ecocardiografia eranonei valori di riferimento.Si procedeva all’esame istopatologico della neoformazione, tramite escissione chirurgica completa della parte. Il campione, se-zionato, era fissato in formalina al 10% ed inviato al laboratorio di referenza per essere allestito in ematosillina eosina. L’esameistopatologico evidenziava sezioni di un nematode adulto, compatibile con Dirofilaria spp, all’interno di una lesione piogranu-lomatosa; l’infiltrato dermico era principalmente caratterizzato da macrofagi, granulociti eosinofili e neutrofili, con alcuni lin-fociti e plasmacellule. Le colorazioni speciali, allestite con Ziehl-Neelsen e PAS non evidenziavano altri agenti patogeni.La diagnosi era di filariosi nodulare cutanea. Il cane riceveva cefalessina (ICFvet cpr, ICF) a 25 mg/kg/die per due settimane as-sociato ad ivermectina 10 microgrammi/kg (Cardotek-30 PLUS, Merial) orale e selamectina 6 mg/kg (Strongold, Pfizer) spoton. La somministrazione degli antiparassitari veniva ripetuta mensilmente durante tutta la stagione estiva, e si indicava al pro-prietario di applicare la selamectina mensilmente tutto l’anno. Il cane è stato seguito per oltre un anno, dopo l’escissione chi-rurgica nel nodulo, e non si sono verificate recidive o nuove lesioni dermatologiche.Conclusioni. La filariosi cutanea nel cane è raramente riportata nelle Marche, anche se negli ultimi anni le segnalazioni in me-rito sono in aumento. Le variazioni climatiche ed i viaggi degli animali al seguito dei proprietari, rendono necessaria una mag-giore sorveglianza clinica ed un trattamento farmacologico preventivo per tutti i cani in considerazione anche del rischio zoo-nosico di tale malattia.

Bibliografia

1. Pampiglione S, Rivasi F, Angeli G, Boldorini R, Incensati RM, Pastormerlo M, Pavesi M, Ramponi A: Dirofilariasis due to Dirofilaria repens in Italy, anemergent zoonosis: report of 60 new cases. Histopathology. 38(4):344-54, 2001.

2. Scaramozzino P, Gabrielli S, Di Paolo M, Sala M, Scholl F, Cancrini G. Dog filariosis in the Lazio region (Central Italy): first report on the presence ofDirofilaria repens. BMC Infect Dis., 26;5:75, 2005.

3. Mortarino M, Musella V, Costa V, Genchi C, Cringoli G, Rinaldi L.: GIS modeling for canine dirofilariosis risk assessment in central Italy. Geospat Health.2(2):253-61, 2008.

4. Fioretti DP, Diaferia M, Grelloni V, Maresca C. Canine filariosis in Umbria: an update of the occurrence one year after the first observation of autoch-thonous foci. Parassitologia. 45(2):79-83, 2003.

5. Tarello W. Dermatitis associated with Dirofilaria (Nochtiella) repens microfilariae in dogs from central Italy Acta Vet Hung. 50(1):63-78, 2002.6. Rossi L, Ferroglio E, Agostini A. Use of moxidectin tablets in the control of canine subcutaneous dirofilariosis. Vet Rec. 150(12):383, 2002.7. Cringoli G, Rinaldi L, Veneziano V, Capelli G. A prevalence survey and risk analysis of filariosis in dogs from the Mt. Vesuvius area of southern Italy.

Vet Parasitol. 13;102(3):243-52, 2001.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Giovanni Ghibaudo, Via A. De Gabrielli, 19, 61032 Fano (PU), Italia - Tel. 0721-805792 - Cell. 340/1577480 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

320

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 320

Page 323: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

RISULTATI DELL’INDAGINE SULL’OBESITÀ DI CANI E GATTI IN ITALIA

G. Febbraio, Med Vet, Phd1; M.C., Crosta, Med Vet2; S. Giussani, Med Vet Comportamentalista, Dipl ENVF3; G. L. Manara, Med Vet4; P.P. Mussa, Med Vet5; M. Petazzoni Med Vet6

1 Centro Veterinario Einaudi, Bari2 Clinica Veterinaria Gran Sasso, Milano

3 Busto Arsizio (VA)4 Trento

5 Dipartimento di Produzioni animali, epidemiologia ed ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Torino6 Clinica Veterinaria Milano Sud, Peschiera Borromeo, Milano, Italia

Area di interesse: Medicina interna

Scopo del lavoro. L’obesità è definita un incremento del peso corporeo ad un livello superiore al normale per una determinatataglia e corporatura dell’animale: un valore pari o superiore al 15% rispetto al normale è generalmente considerato indice di so-vrappeso mentre si parla di obesità quando il dato supera il 20%. In base ad uno studio condotto su cani e gatti da Hill’s, emer-ge che in Europa il tasso di sovrappeso ed obesità fisiologica è compreso tra 25 e 45%. Nel 2008 la Pet Obesità Task Force diHill’s Pet Nutrition ha condotto un’indagine relativa alla situazione italiana grazie alla collaborazione di 144 Medici Veterinariequamente ripartiti sul territorio.Materiali e metodi. È stato esaminato un campione di 5521 animali, il 70% composto da cani ed il 30% da gatti, condotti nel-le strutture mediche in seguito ad una visita di routine. Il campione osservato è stato giudicato esente da patologie organiche al-la base di obesità patologica. La condizione corporea di ogni paziente è stata valutata attraverso il sistema Body Condition Sco-re. Inoltre, il Medico Veterinario ha raccolto numerose informazioni compilando un questionario preformato: segnalamento (conparticolare riferimento alla taglia), attività gonadica (castrazione/ sterilizzazione), stile di vita (appartamento, giardino, box), ali-mentazione (casalinga, industriale, mista).Risultati. La specie felina mostra una maggiore propensione all’eccesso di peso rispetto alla specie canina. In particolare è so-vrappeso/ obeso il 46% dei gatti visitati contro il 36% dei cani. Il 57% dei cani possiede un peso ideale e il 10% è sottopeso. Leproblematiche di sovrappeso ed obesità sono correlate alla taglia dell’animale: il 40% dei cani sovrappeso/ obesi sono di tagliamedia e il 33% di taglia grande. A seguire, circa il 30% sono di taglia piccola, il 26% di taglia gigante e il 23% toy. La castra-zione e sterilizzazione sono fattori strettamente correlati al sovrappeso e obesità dell’animale. Il 79% dei gatti sono operati e, diquesti, il 53% risulta essere sovrappeso/ obeso. Solo il 29% dei cani, invece, è stato sottoposto all’intervento ma, anche di que-sti, il 54% mostra evidenti segni di sovrappeso/ obesità. Altro fattore di rischio per sovrappeso e obesità è lo stile di vita “do-mestico”: il 50% dei gatti sovrappeso vive in appartamento e il 36% in giardino. Il 39% dei cani sovrappeso vive in apparta-mento, contro un 33% in giardino. Il tipo di alimentazione è determinante nella prevenzione dell’obesità. L’alimentazione in-dustriale somministrata nelle giuste dosi, aiuta a prevenire sovrappeso e obesità. Nei cani, solo il 30% dei soggetti nutriti conalimentazione industriale ha problemi di sovrappeso ed obesità (contro un 64% che mantiene un peso ideale). La percentuale disovrappeso/ obesità sale al 40% nei soggetti nutriti con alimentazione casalinga e al 47% nei soggetti trattati con alimentazionemista. Nella specie felina, i soggetti nutriti con alimentazione industriale mostrano un dato di sovrappeso/ obesità pari al 46% eun dato pari al 45% di peso ideale, contro un 38% di sovrappeso/ obesità nei soggetti nutriti con alimentazione casalinga e benil 22% di sottopeso.Conclusioni. L’indagine svolta dalla Pet Obesità task Force italiana di Hill’s Pet Nutrition conferma che l’obesità negli anima-li da compagnia è un problema che rappresenta un fenomeno in crescita. A questo proposito è necessario un importante lavorodi sensibilizzazione e di informazione da parte dei Medici Veterinari. Formulare un corretto piano di razionamento e confermarlomediante periodiche pesate di controllo dell’animale, non è sufficiente: è necessario realizzare anche una valutazione compor-tamentale.

Bibliografia

Laflamme D. Development and validation of a body condition score system for cats. A clinical tool. Feline Pract 1997; 25 (5-6): 13-8.Harper EJ, Stack DM, Watson TD, Moxham G, Effects of feeding regimens on bodyweight, composition and condition score in cats following ovariohystérec-

tomie. J Small Anim Pract 2001; 42 (9): 233-8.Laflamme D.P., Kuhlman G., Lawler D.F. (1997) Evaluation of weight loss protocols for dogs, Journal of the American Animal Hospital Association, 33: 253-

259.Kienzle E., Berglery R. (2006) Human-Animal Relationship of Owners of Normal and Overweight Cats, American Society for Nutrition J. Nutr. 136: 1947S-

1950S.Marchesini R. (2004) L’identità del cane, Apeiron Editoria e Comunicazione S. r. l., Bologna.Sloth C. Pratical management of obesity in dogs and cats. J Small Anim Pratct 1992; 33: 178-82.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

321

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 321

Page 324: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COLICA DA COSTIPAZIONE IN UN ELEFANTE INDIANO (ELEPHAS MAXIMUS)

P. Laricchiuta, Dr1,2, M. Campolo, Dr1,2, G. Svampa, Dr2,3, K. G. Friedrich, Dr4, C. Paolo, Dr5, D. Gelli, Dr6, F. Lomonaco, Dr7, O. Lai, Dr8

1 Centro Veterinario Einaudi, Gruppo CVIT, Bari, Italia2 Zoo di Napoli, Napoli, Italia

3 Museo Civico di Zoologia di Roma, Roma, Italia4 Fondazione Bioparco Roma, Roma, Italia

5 Giardino Zoologico di Pistoia, Pistoia, Italia6 Dipartimento of Scienze Cliniche Veterinarie, Università di Padova, Padova, Italia

7 Libero Professionista, Bari, Italia8 Dipartimento di Sanità Pubblica e Zootecnia, Università di Bari, Bari, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La costipazione, intesa come ritenzione prolungata di materiale fecale nel colon e nel retto, è frequentemente cau-sa di colica nel cavallo e nell’elefante (Plummer, 2009). Qui viene descritto un caso di costipazione del grosso intestino in unafemmina adulta di elefante indiano (Elephas maximus).Descrizione del caso. Una femmina di elefante indiano, età 30 anni, peso stimato 3500 kg, viene riferita allo staff veterinarioper anoressia, abbattimento alternato ad eccitazione, masticazione della proboscide, atteggiamenti compatibili con dolore coli-co e riduzione della produzione di feci, molto secche nei giorni precedenti e totalmente assenti nelle ultime 24 h. Sulla base del-l’anamnesi e delle condizioni cliniche, viene formulata una diagnosi di colica da costipazione. Il trattamento farmacologico ini-ziale ha seguito il protocollo terapeutico abitualmente adottato nella pratica clinica equina: flunixin-meglumine 1.1 mg/Kgq.i.d./t.i.d., N-butilbromuro di joscina/noramidopirina metansulfonato sodico 0.2 mg/kg t.i.d., ranitidina 1 mg/kg b.i.d. iniettatiin siti differenti (Fyrial & Nayreen, 2007). Il giorno seguente lo stato clinico dell’animale risultava peggiorato, per cui si è de-ciso sedarlo per effettuare una visita clinica accurata e il trattamento della costipazione. L’animale è stato sedato con 400 mg dixilazina e 400 mg di ketamina (Fowler & Mikota, 2006. Durante la procedura i parametri valutati sono rimasti nella norma: tem-peratura rettale 37°C, frequenza cardiaca 40/min, frequenza respiratoria 20/min, riempimento capillare 2 sec. e colorito roseodelle mucose. Si è proceduto quindi alla fluidoterapia con Ringer’s lattato (catetere venoso da 14 G nella vena auricolare) con-temporaneamente ad un clisma di 30 l di acqua mista a paraffina. Completate le procedure, l’animale è stato risvegliato antago-nizzando la xilazina con atipamezolo (atipamezolo-xilazina 1:8; Swan, 1993). 4 g di ceftiofur i.m. ogni 24 ore per 3 giorni so-no stati somministrati come copertura antibiotica, mentre si sono continuati flunixin meglumine s.i.d. per altri 3 giorni e raniti-dina 1 mg/kg b.i.d. per altri 10, entrambi in compresse mescolate al cibo. Il giorno successivo alla sedazione l’animale ha ini-ziato a mangiare foraggio fresco e frutta dopo aver espulso poche feci, con normalizzazione dell’appetito nelle 48 h seguenti,contemporaneamente all’eliminazione di quantità adeguate di feci e completa remissione dei segni di dolore colico. I parametriematologici e urinari rientravano nella norma, mentre le feci sono risultate negative per parassiti.Conclusioni. Parassiti, problemi dentari, elevato contenuto di fibra nella dieta, scarsità d’acqua e geofagia sono tutte cause predi-sponenti l’insorgenza di coliche nel cavallo (White, 2006) e nell’elefante (Du Toit, 2006). Soprattutto la somministrazione di fienodi buona qualità, insieme ad un’adeguata quantità di acqua disponibile per un numero sufficiente di ore, è considerata la misura pro-filattica più importante nella prevenzione della costipazione dell’elefante (Hatt & Causs, 2006). Anche la scarsità di esercizio vie-ne riconosciuto come fattore predisponente per l’insorgenza di costipazione nel cavallo e nell’elefante (White, 2006), per cui l’ex-hibit dovrebbe sempre consentire adeguate possibilità di movimento all’animale in cattività (Thompson, 1996).

Bibliografia

Du Toit JG (2006) Veterinary problems of geographical concern, Section I-Africa. “Biology, Medicine and Surgery of Elephants”, Fowler & Mikota eds. Black-well Publishing 439-444.

Firyal S & Nayreen A (2007) Elephant as Veterinary Patient. Pakistan Vet J 27(1):48-54.Fowler ME & Mikota S (2006) Chemical Restraint and General Anesthesia. “Biology, Medicine, and Surgery of Elephants” Fowler & Mikota eds, Blackwell

Publishing 91-118.Hatt JM & Clauss M (2006) Feeding Asian and African elephants Elephas Maximus and Loxodonta Africana in captivity. International Zoo Yearbook ZSL 40(1),

88-95Plummer AE (2009) Impactions of the small and large intestines. Vet Clin North Am Equine Pract 25(2): 317-27.Swan GE (1993) Drug used for the immobilization, capture, and translocation of wild animals. “The Capture and care manual” Mc Kenzie ed, Wildlife deci-

sion Support Series & South African Veterinary Foundation 2-64.Thompson KV (1996) Behavioral development and play. “Wild mammals in captivity” Kleiman, Allen, Thompson, Lumpkin eds, The University of Chicago

Press 352-371.White NA (2006) Equine Colic: II. Causes and risks for colic. Proceedings of the 52 Annual Convention of the American Association of equine practitioners.

Indirizzo per corrispondenza:Dr. Pietro Laricchiuta, Via V.V.Lenoci, 70126 Bari (BA), Italia - Cell. 3394482898 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

322

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 322

Page 325: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TUMORI RENALI PRIMITIVI NEL GATTO: NON SOLO LINFOMA…!

E. Lepri, DVM, PhD, DECVP, A. Dentini, DVM, M. Sforna, DVM, PhD, C. Brachelente, DVM, PhD, DECVP, I. Di Matteo, DVM, G. Vitellozzi, DVM, Prof Ord

Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari Sezione di Patologia e Igiene Veterinaria. Facoltà di Medicina Veterinaria, Perugia, Italia

Area di interesse: Oncologia

Scopo del lavoro. I tumori renali primitivi nel gatto sono rari, ad esclusione del linfoma renale extranodale; una ricerca multi-istituzionale statunitense del 1999 segnala soltanto 19 tumori renali non linfomatosi in un periodo di 6 anni. I tumori renali neipiccoli animali sono considerati maligni nel 90% dei casi. I rari tumori benigni possono essere rappresentati da adenomi, fibro-mi o emangiomi; tra i tumori maligni, il 50-70% è di origine epiteliale, il 20% mesenchimale e il 10% embrionale. I tumori re-nali mesenchimali descritti nella classificazione WHO sono i tumori del tessuto fibroso (fibroma-fIbrosarcoma) e i tumori va-scolari (emangioma-emangiosarcoma). La prognosi è considerata riservata in relazione all’elevato tasso metastatico, valutato in-torno al 64% in generale, che sale fino al 100% per i carcinomi transizionali. I tumori mesenchimali maligni (sarcomi) sono ri-tenuti avere una prognosi peggiore rispetto ai carcinomi; tuttavia i casi riportati nel gatto sono troppo pochi per poter trarre in-dicazioni prognostiche. Scopo del lavoro è descrivere alcuni casi di tumori renali primitivi del gatto, con particolare attenzioneai tumori mesenchimali, cercando di descrivere aspetti diagnostici e biologici di questi tumori di rara segnalazione. Materiali e metodi. Sono stati riesaminati i casi di biopsie e pezzi chirurgici renali di gatto inoltrate al laboratorio nel periodo2005-2009. Risultati. Nel periodo in esame sono stati osservati 13 tumori renali primitivi non linfomatosi, tra cui 4 tumori epiteliali (un car-cinoma transizionale, un carcinoma papillifero, un adenocarcinoma misto papillifero/a cellule chiare ed un carcinoma tubulare)e nove tumori mesenchimali, rappresentati da tre tumori a cellule fusate (fibroma-fibrosarcoma), tre sarcomi anaplastici, unemangiosarcoma, un leiomiosarcoma ed un osteosarcoma extrascheletrico. La raccolta anamnestica e di follow-up è stata diffi-coltosa e limitata dalla natura retrospettiva dello studio. In 3 casi la presentazione clinica era aspecifica con malessere, anores-sia e dolorabilità addominale; in un solo caso era presente ematuria. In 2 casi il tumore renale è stato un reperto accidentale du-rante visite cliniche di routine. Le masse renali erano facilmente evidenziabili alla palpazione addominale in tutti i casi, varian-do in dimensioni tra 3 e 10 cm di diametro, ed in tutti i casi deformavano il profilo dell’organo (stadio T2). La terapia è statachirurgica in tutti i casi, senza terapie adiuvanti pre o post chirurgiche. Nei casi in cui sia stato possibile raccogliere informa-zione relative al decorso, gli animali hanno ben superato la fase post-chirurgica, con la sola eccezione del soggetto con eman-giosarcoma, deceduto una settimana dopo la nefrectomia. Nei casi in cui la causa di morte sia stata determinata, essa dipende-va dal tumore primitivo in due casi (sarcoma anaplastico con infiltrazione locale e osteosarcoma con metastasi peritoneali), conun ulteriore caso rappresentato da un reperto autoptico, in cui il tumore renale rappresentava verosimilmente la causa di morte(sarcoma anaplastico con metastasi polmonari); 2 soggetti godono attualmente di buona salute dopo 6-8 mesi dall’asportazionedel tumore (entrambi con tumori a cellule fusate), e due soggetti sono stati persi al follow-up. Conclusioni. Il linfoma è il tumore renale più comune nel gatto; abbiamo tuttavia scelto di escluderlo dalla casistica in quanto ca-ratterizzato da aspetti clinici, terapeutici e prognostici peculiari e non accomunabili agli altri tumori renali. Dalla seppur esiguacasistica osservata risulta una prevalenza di tumori mesenchimali rispetto agli epiteliali; questo dato potrebbe comunque essereinfluenzato dal basso numero di casi osservati. Tra i tumori mesenchimali osservati, il più comune (3 casi) appare il tumore a cel-lule fusate (fibroma-fibrosarcoma), con singoli casi di emangiosarcoma, leiomiosarcoma e di osteosarcoma extrascheletrico, tu-more renale estremamente raro se non eccezionale, con una singola segnalazione nel cane e nessuna, ad oggi, nel gatto. Tre casidi sarcoma anaplastico hanno mostrato un comportamento biologico peggiore rispetto ai tumori di diverso istotipo. Dalle pocheindicazioni estrapolabili dalla casistica si potrebbe dedurre che la prognosi dei tumori renali mesenchimali primitivi non è del tut-to sfavorevole dopo la sola asportazione chirurgica, con tempi di sopravvivenza di 6 mesi ed oltre. Tuttavia i casi riportati sonotroppo pochi per consentire considerazioni prognostiche. La raccolta prospettica di una più ampia casistica corredata di informa-zioni anamnestiche e di follow-up complete sarebbe necessaria per chiarire gli aspetti biologici di questi tumori.

Bibliografia

Henry CJ, Turnquist SE et al. Primary renal tumors in cats: 19 cases (1992-1998). J Feline Medicine and Surgery. 1999, 1: 165-170.Marconato L, Del Piero F. Oncologia Medica dei Piccoli Animali. Poletto editore, 2005.Maxie M, Newman SJ. The Urinary System. In Maxie M (ed). Jubb, Kennedy and Palmer's Pathology of Domestic Animals. Elsevier, 2007.Meuten DJ. Tumors of the Urinary System. In Meuten DJ (ed). Tumors in Domestic Animals. Iowa state press, 2002.WHO Histological classification of the tumors of the urinary system of domestic animals. AFIP, Washington D.C., 2004.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Elvio Lepri - Facoltà di Medicina Veterinaria, Via San Costanzo, 4, 06126 Perugia (PG), Italia Tel 075/5857629 - Cell 338 3149889 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

323

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 323

Page 326: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PREOPERATIVE NEOADJUVANT TREATMENT OF DIFFUSE MAMMARY ADENOCARCINOMA IN DOGS WITH DOXORUBICIN AND DOCETAXEL

M.N. Yakunina, PhD, E.M. Treshalina, PhD, A.A. Shimshirt, MSc, Phd student, K.V. Lisitskaya, MSc, PhD studentClinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology,

the Russian Academy of Medical Sciences, Moscow, Russia

Topic: Oncology

Purpose of the work. Dogs with diffuse form of mammary tumors and inflammatory carcinoma are often presented to primaryinspection in inoperable state1. Neoadjuvant therapy is treatment given prior to surgery to shrink a tumor that is inoperable inits current state, and also to prevent dissemination of tumor2. Neoadjuvant chemotherapy is the standard of care in human med-icine for patients with locally advanced and inflammatory breast cancer3. Recently, the combination of doxorubicin and doc-etaxel was used for adjuvant treatment in dogs with mammary cancer4.The aim of the study was to investigate the the efficacy of neodjuvant, preoperative treatment with combination of doxorubicinand docetaxel in dogs with diffuse form of mammary tumors and inflammatory carcinoma.Materials and used methods. A study was undertaken which comprised sixteen dogs with diffuse form of mammary tumors andinflammatory carcinoma which were presented to the Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol» during the period from No-vember 2008 to December 2009. The inoperability of mammary tumors was estimated on the basis of the size of the primary tu-mor, invasion in the underlying tissues and presence of skin metastases. The patients were divided into two groups: group 1(n=10) consisted of dogs with diffuse form of mammary cancer and group 2 (n=6) with inflammatory carcinoma.The animals in the two groups received two doses of doxorubicin at a dosage of 20 mg/m2 and docetaxel at a dosage of 20 mg/m2

given as a IV infusion 21 days apart.The response to treatment was evaluated with use of standard WHO criteria5. Complete response (CR) was estimated as com-plete disappearance of all detectable tumor nodes for at least 4 weeks; partial response (PR) was assessed as 25-50% reduc-tion in measurable tumor burden with no increase in the size of the other nodes; stabilization (S) was considered in case of 25%reduction/increase of the tumor, progression (P) – increase in the size of the tumor >25% or occurrence of the new lesions. Ob-jective response (OR) was calculated as CR+PR.Histologic response to preoperative chemotherapy was estimated according to following criteria: I grade indicated no signifi-cant changes in tumor architecture; II grade – 50-75% of tumor cell have evidence of necrotic changes; III grade – necrosis of75-99% tumor cell; IV grade – necrosis of 100% of the tumor.Outcomes. In group 1 OR was achieved in 6/10 (60%) cases, whereas CR was registered in one (10%) dog, and PR – in 5/10(50%) dogs. Stabilization was observed in 4/10 (40%) cases. Progression of the disease was not documented. Of the ten tumors,one (10%) had grade-III response, four (40%) had grade-II responses. Little response (grade I) were presented in 4/10 tumors.Histologic evaluation revealed no IV grade response. In all cases operability of the tumours was achieved.In group 2 OR was not documented. All dogs developed disease progression. The increase in volume of tumour and occurrenceof skin metastases were noted. In all cases operability of the tumours was not reached.Conclusions. The overall response to doxorubicin and docetaxel treatment in dogs with diffuse mammary cancer was achievedin 60% cases. We operability of the tumours was reached in all cases. These results allow us to recommend a preoperativeneoadjuvant treatment with combination of doxorubicin and docetaxel in dogs with diffuse mammary cancer. This combinationdid not lead to any response in dogs with inflammatory carcinoma.

Bibliography

1. Peña L, Dolores Perez-Alenza M, Rodriguez-Bertos A, Nieto A. Canine inflammatory mammary carcinoma: histopathology, immunohistochemistry andclinical implications of 21 cases.// Breast Cancer Research and Treatment 78: 141-148, 2003.

2. Neoadjuvant therapy// National Cancer Institute.3. Bear H. D., Anderson S., Brown A. et al. The effect on tumor response of adding sequential preoperative docetaxel to preoperative doxorubicin and cyclo-

phosphamide: preliminary results from national surgical adjuvant breast and bowel project protocol b-27// J. Clin. Oncol. 2003;22: 4165-4174.4. Simon D, Schoenrock D, Baumgartner W, Nolte I. Postoperative adjuvant treatment of invasive malignant mammary gland tumors in dogs with doxoru-

bicin and docetaxel.// J Vet Intern Med 2006;20:1184-1190.5. Miller AB, Hoogstraten B, Staquet M, Winkler A. Reporting results of cancer treatment.// Cancer 1981;47:207-14.

Corresponding Address:Ms. Ksenia Lisitskaya - Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, Krasnoholmskaya Emb., 13-1-23, 115172 Moscow, Russia - Phone 74953249629 - Mobile 79037587088 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

324

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 324

Page 327: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COMBINATION OF SURGERY AND INTERVENTIONAL MANAGEMENTS FOR TREATMENT OF CANINE AND FELINE MULTIFOCAL LIVER TUMORS

I. Vilkovyskiy, MSc, PhD student1,2, S. Kusenkov, MSc1, K. Lisitskaya, MSc, Phd student1, S. Kurinnova, BSc1

1 Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, the Russian Academy of Medical Sciences, Moscow, Russia

2 Agricultural faculty of Peoples’ Friendship University of Russia, Moscow, Russia

Topic: Oncology

Purpose of the work. Hepatobiliary tumors are uncommon in dogs and cats, and can be primary or metastatic1. Surgery is con-sidered to be an optimal treatment modality for liver tumors in small animal practice2. However, not many tumors can be sur-gically treated because of multifocal diseases. In human medicine most of surgically-ineligible patients have to receive a com-bination of surgery and interventional treatments (p.e. cryotherapy, percutaneous ethanol injection, local ablation, chemoem-bolization). This combination can improve the survival rate of patients with multifocal hepatobiliary tumors3. The aim of thisstudy was to determine outcome in dogs and cats treated with combination of surgery and interventional managements for liv-er tumors and compare survival times of either unilateral or multifocal operatively treated liver tumors.Materials and used methods. The study comprised 40 dogs and cats with primary and metastatic liver tumors who underwentoperative treatment. The animals were presented to the veterinary clinic «Biocontrol» during the period from January 2002 tillJanuary 2010. Of the 40 cases, 5 were cats and 35 were dogs. The animals were allocated into 2 groups. Group 1 (n=21) with1-2 affected liver lobes received liver lobe resection. Group 2 (n=19) with multifocal tumors involving more then 2 liver lobesreceived a combination of lobe resection and other local techniques, including sclerotherapy and cryotherapy. Sclerotherapywas made with 95% ethanol via a 21-gauge needle under ultrasonographic guidance in summary dosage of 0,5 ml/kg bodyweight. Cryotherapy protocol included two freeze-thaw cycles for 15 minutes each procedure.Liver tissue samples were submitted for microscopic examination. Data were analyzed to determine and compare rates of tumorcontrol and survival time. Survival time was calculated from the time of surgery to death or termination of the study period. Ka-plan-Meier survival analysis with log rank was used to compare survival in animal with 1-2 affected lobes or multiple diseases.Outcomes. The mean age at presentation for all dogs was 8.6 years (range 7 to 14 years), and for cats 14.3 years (range 8 to16 years). Primary liver tumors were diagnosed in 23/40 cases (57.5%). From the primary liver tumors hepatocellular carci-noma was the prevalent histological type, which accounted for 12 of 44 (30%) tumors. Four hemangiomas, two cholangiocar-cinomas and one fibrosarcoma accounted for 10%, 5% and 2.5% of tumors, respectively. One (2.5%) liver tumor showed mixedmorphologic features. From the metastatic lesions, metastatic mammary adenocarcinoma was the most prevalent histologicaltype. A sex predisposition has not been confirmed in dogs and cats with primary liver tumors in our study - the ratio betweenmales and females with primary tumors is approximately 1:1, whereas male : female ratio for metastatic liver tumors was – 1:6.At the conclusion of the study period 7 dogs and 3 cats were still alive, whereas the remaining 30 had died. 21 (70%) deathswere tumor related, including 2 intraoperative deaths (5%). The most common metastatic site were the lung, observed in 18/21patients. From the ten survivors 8 have no evidence of local recurrence or distant metastases at 72, 90, 111, 120, 240, 540, 720,and 870 days. We found no significant association between MST (mean survival time) in animals with primary (n=22) andmetastatic (n=18) liver tumors. The MST for primary tumors was 255 days (range, 35 to 870 days) in comparison to 420 days(range, 105 to 740 days) for metastatic liver tumors.With Kaplan – Meier analysis, in Group 1, a median survival time (MST) of 722 days was calculated (range, 105 to 1800 days).In comparison, the MST for dogs in Group 2 was 200 days (range, 30 to 480 days). Animals in the group 1 had significantlylonger MST than dogs in the group 2 (p<0.001). Neither in Group1 nor in Group 2 was recorded local tumor recurrence.Conclusions. We found no significant correlation between outcomes in animals with primary and metastatic liver tumors. Ani-mals with 1-2 affected liver lobes had significantly (p<0.001) longer mean survival time than dogs with multiple diseases. Acombination of surgery and interventional treatments can be used to achieve tumor tissue necrosis and avoid local recurrencein patients with multifocal hepatobiliary tumors.

Bibliography

1. Withrow SJ, Vail DM, Lipark JM. Hepatobiliary tumors incidence and risk factors. Withrow, MacEwens Small Animal Clinical Oncology, Elsevier.2007;483-491

2. Martin RA, Lanz OI, Tobias KM. Liver and biliary system, in Slatter DH (ed): Textbook of Small Animal Surgery. Philadelphia,WB Saunders, 2003:708-726.

3. Guan YS, Liu Y. Interventional treatments for hepatocellular carcinoma. Hepatobiliary Pancreat Dis Int. 2006;5(4):495-500.

Corresponding Address:Ms. Ksenia Lisitskaya - Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, Krasnoholmskaya Emb., 13-1-23, 115172 Russia, Moscow, Russia - Phone 74953249629 - Mobile 79037587088 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

325

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 325

Page 328: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DIPROSOPIA IN TRACHEMYS SP

G. Lanteri, Med Vet1, F. Macrì, Med Vet2, G. Rapisarda, Med Vet3, G. Caristina, Med Vet4, G. Latella, Med Vet5, G. Mazzullo, Med Vet6

1 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia2 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia3 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia4 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia

5 Dipartimento MO.BI.FI.PA., Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Messina, Messina, Italia6 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. Le malformazioni sono anomalie morfologiche macroscopiche di un singolo organo o più organi di un apparatoo sistema che si verificano durante il periodo organo genetico; tali anomalie si intendono come modificazioni della forma e del-la struttura degli organi con deformità di alto grado; se il corpo ne risulta, invece, completamente deformato parleremo allora dimostruosità. Le malformazioni osservate nelle tartarughe possono essere suddivise in tre grandi categorie: deformità minori (noninfluenzano la sopravvivenza dell’animale e vengono osservate in età adulta), deformità moderate (riducono le possibilità di so-pravvivenza ma, nonostante ciò, possono essere riscontrate in animali adulti in particolari condizioni), deformità letali (dannoscarse probabilità di sopravvivenza e non sono stati riscontrati soggetti adulti con queste malformazioni). Scopo del presente la-voro è quello di contribuire alla conoscenza delle malformazioni dei rettili descrivendo gli aspetti morfologici e radiologici diuna mostruosità osservata in una tartaruga sottoposta alla nostra osservazione.Descrizione del caso. Oggetto delle nostre osservazioni è una tartaruga d’acqua appartenente al Genere Trachemys sp. di 6 me-si d’età, importata dalla Florida (USA) ed allevata per circa 4 mesi da un amatore nella città di Palermo. Il proprietario riferivadel mancato accrescimento dell’animale e di una anomala assunzione del cibo, probabilmente in seguito ad una difettosa per-cezione sensoriale alla vista, pur mantenendo i normali movimenti bilaterali della testa. In seguito al decesso avvenuto sponta-neamente, veniva effettuato un preliminare studio radiologico, allo scopo di valutare gli aspetti morfologici della malformazio-ne. All’esame necroscopico, tutti gli organi celomatici venivano prelevati e fissati in formalina tamponata al 10% per la succes-siva inclusione in paraffina. Sezioni istologiche di 3-4µm di spessore venivano colorate con Ematossilina-Eosina (EE). L’esameradiografico in “total body”, ad eccezione della forma e delle dimensioni delle teste e del rachide cervicale, non rivelava alcunaalterazione morfo-strutturale delle restanti componenti scheletriche. Al contrario, il particolare delle teste evidenziava la fusio-ne di queste a livello della regione iugale (zigomatica) e post-frontale dei due crani in un’unica testa “articolata” a un solo ra-chide, quest’ultimo malformato all’altezza della prima vertebra. Lo studio del cranio mostrava la presenza di un’unica ampiavolta cranica priva di setti divisori. Esternamente, la tartaruga presentava una testa relativamente grande, con quattro cavità ocu-lari, due laterali e due mediali, e due distinte regioni nasali con le relative aperture buccali. La cavità buccale sinistra, differivadalla destra (normoconformata) per la presenza di un canale orofaringeo di ridotte dimensioni. Sulla faccia ventrale, le mandi-bole e le mascelle laterali e mediali di entrambe le teste, erano interamente sviluppate, e dotate di una normale articolazione tem-poro-mandibolare. Un accurato esame della testa, eseguito dopo allontanamento del carapace, metteva in evidenza una confor-mazione a “V” della stessa, generata dalla parziale fusione di due teste, divergenti tra loro con un angolo di circa 45°. La re-gione frontale appariva vasta e la calotta cranica si presentava unica sino al limite occipitale. All’apertura della scatola cranica,si evidenziava una vera e propria fusione delle ossa craniche. Il SNC purtroppo non ben mantenuto non permetteva di coglier-ne la morfologia; alla sua asportazione si poteva apprezzare una cavità endocranica apparentemente normostrutturata.Conclusioni. Dai rilievi radiologici e macroscopici osservati, il reperto veniva classificato, in base alla duplicazione facciale,come “Diprosopus”, secondo la classificazione di Duhamel per le malformazioni dei mammiferi.1 Le diprosopie consistono inuna alterazione della porzione craniale dell’embrione, e della notocorda in particolare, risultante in una duplicazione più o me-no grave ed estesa della faccia. La diprosopia rappresenta la più grave forma di malformazione facciale e, al contempo, la piùsemplice del quadro teratologico dei mostri doppi paralleli. Le diprosopie possono interessare tutti gli animali ed assumere di-versa gravità a seconda dell’entità della divisione della faccia. Pur essendo assolutamente carente la bibliografia sull’argomen-to, la diprosopia nelle tartarughe sembra essere un evento abbastanza frequente, soprattutto in quelle marine, e si ritiene, ancheper queste specie, che si tratti di particolari forme di gemellarità incompleta.2

Bibliografia

1. Duhamel B. (1966) - Morphogenèse Pathologique, Masson & C., Paris.2. Ewert, M. A. 1985. Embryology of Turtles. In: Biology of the Reptilia. Vol. 14 (Development A), C. Gans, F. Billett, and P. F. A. Maderson. eds. John

Wiley and Sons.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Giuseppe Santi Rapisarda, Via Ugo Foscolo 9, 95025 Aci Sant’antonio (CT), ItaliaTel. 095/7921599 - Cell. 3394174213 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

326

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 326

Page 329: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ARTERIAL PRESSURE AND HEART RATE VARIATIONS DURING PROPOFOL TARGET CONTROLLEDINFUSION FOR SEDATION IN DOGS UNDERGOING NON-INVASIVE PROCEDURES

L. Novello, Med Vet, MRCVS1, B. Carobbi, Med Vet, MRCVS2

1 Referenza Carobbi Novello, Venezia, Italia2 Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, Padova, Italia

Topic: Anaesthesia

Purpose of the work. Propofol Target Controlled Infusion (TCI) has been successfully used for sedation in dogs undergoing di-agnostic procedures.1,2 Although haemodynamic response to propofol induction has been investigated,3 no data are currentlyavailable about cardiovascular effects of sedative doses of propofol in dogs. We report on propofol effects on arterial blood pres-sure (ABP) and heart rate (HR) when a TCI is used to maintain sedation in dogs undergoing non-invasive procedures.Materials and used methods. Dogs ASA I-II, Size Health And Physical Evaluation body condition scoring system C to E, wereenrolled. After premedication with intramuscular acepromazine (0.02 mg kg-1) and morphine (0.15 mg kg-1), cephalic vein anddorsal pedal artery were catheterized. Monitoring of electrocardiogram (ECG) and direct ABP was instituted then, and base-line readings were obtained after a 10-minute resting period. Propofol TCI4 was administered to attain deep sedation, howeverpredicted plasma target concentration (Cpt) and ultimate depth of sedation achieved were intentionally not standardized to moreaccurately reflect the variability in operator’s preference, patient response, and the differing sedation requirements for variousclinical procedures. A 3.1 mcg ml-1 Cpt was initially achieved and Loss-Of-Righting-Reflex (LORR) assessed. The Cpt was setto individual predicted effect-site concentration at LORR then, and further decreased or increased to the degree of sedation pro-viding the best conditions for the operator. Vital signs were monitored using a multiparametric monitor, and dogs were clinicallyassessed at regular intervals. During the procedure HR and direct ABP were collected at 5-second intervals using a proprietarysoftware, and data and time-synchronized markers describing all events were stored on a laptop for off-line analysis. Thresh-olds used to treat hypotension were a systolic ABP lower than 100 mmHg or a mean ABP lower than 60 mmHg for longer than2 minutes. Changes in HR and ABP are noted as the maximum variation recorded during the procedure compared with base-line reading. Baseline reading is expressed as the mean of absolute values collected over 60 seconds prior to propofol admin-istration. Data are reported using descriptive statistics, and expressed as median (Range) or mean (Standard Deviation; Confi-dence Interval). Because of the inter-individual variability in baseline ABP and HR, absolute differences were converted intopercentage changes from baseline before analysis, and significance assessed using the one-sample t-test.Outcomes. Thirteen male and 15 female dogs, 18 (8-96) months old, weighing 18.4 (5.4-45) kg, undergoing upper airway evalua-tion (n=22), radiographic examination (n=10) and minor procedures (n=3), were studied. Palpebral reflex was maintained in alldogs. Fentanyl bolus administration was required in 1 dog undergoing radiographic examination to treat discomfort. Although sys-tolic and mean ABP transiently decreased below the threshold limits in 8 (29%) and 10 (35%) of 28 dogs respectively, none of themrequired treatment. Baseline systolic ABP and HR were 152.6 (SD 15.18, CI 146.7 to 158.5) mmHg and 85.75 (SD 21.12, CI 77.56to 93.94) beats-per-minute, respectively. Recorded maximum variation in systolic ABP corresponded to a 32.8 (CI 28.2 to 37.3)%decrease from baseline (p<0.0001), and was associated to a 53.7 (CI 39.6 to 67.8)% increase from baseline (p<0.0001) in HR.Conclusions. Propofol TCI was effective in providing deep sedation for non-invasive procedure in the majority of dogs. AlthoughLORR occurred in all dogs, the Cpt providing LORR in the individual patient did not provide loss of palpebral reflex. Propofolsedation caused a substantial decrease in systolic ABP, however it was associated with a significant increase in heart rate, andno dogs in the study met criteria for treating hypotension. LORR in animals is used as a surrogate end-point for loss of con-sciousness. In contrast with our dogs, in humans propofol caused loss of eyelash reflex at lower concentrations than those caus-ing loss of consciousness, although other anaesthetic agents did not.5 In humans sedated with propofol systolic ABP decreasedconsiderably compared to baseline, however HR did not change suggesting a resetting of the baroreceptor reflex set point bypropofol.5 Our data do not support this theory in dogs receiving sedative doses of propofol. In addition, the resulting increasein HR may have prevented hypotension from occurring. Although anaesthetists should routinely monitor ABP and make thera-peutic decision based on deviations from ‘normality’, there is no evidence of what constitutes a clinically meaningful definitionof intraoperative hypotension in dogs. Therefore, in our study hypotension was addressed in accordance with ‘arbitrarily cho-sen thresholds’ reflecting clinical practice. In conclusion, propofol TCI sedation causes a significant decrease in ABP comparedto baseline. However, the baroreceptor reflex is maintained and hypotension is unlikely.

Bibliography

1. Novello L, Carobbi B, Rabozzi R (2008) Vet Surg 37, E1-E19.2. Novello L, Carobbi B (2009) Proceedings of the 62° Congresso SCIVAC, Rimini. p. 578.3. Novello L, Rabozzi R (2007) Proceedings of the 1st World Congress of TIVA-TCI, Venezia, Italy. p. 130.4. Beths T, Glen JB, Reid J et al. (2001) Vet Rec 148, 198-203.5. Vuyk J, Engebers FHM, Lemmens HJM, et al. (1992) Anesthesiology 77, 3-9.

Corresponding Address:Dott. Lorenzo Novello - Italian Society of Veterinary Regional Anaesthesia and Pain Medicine, Via Donatori di Sangue 13/c35028 Piove di Sacco (PD), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

327

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 327

Page 330: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI LEIOMIOSARCOMA VESCICALE IN UN CANE

M. Orioles, Medico Veterinario1, F. Mazzucato, Medico Veterinario2

A. Meneguzzo, Medico Veterinario1, S. De Cecco, Studentessa3

1 Libero Professionista, Vicenza, Italia2 Libero Professionista, Padova, Italia

3 Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli studi di Padova, Padova, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Circa il 10% delle neoplasie della vescica è di origine mesenchimale. Tra queste, i tumori del tessuto muscolareliscio, leiomioma e leiomiosarcoma, interessano principalmente la specie canina e costituiscono il 2-5% delle neoplasie vesci-cali. Nonostante la sua designazione maligna, il leiomiosarcoma metastatizza raramente, anche se frequenti sono le infiltrazio-ni locali e le recidive dopo terapia chirurgica. Il caso descritto riguarda un caso di leiomiosarcoma vescicale in un cane.Descrizione del caso. Nel dicembre 2009 un cane di razza Meticcio, maschio castrato di 11 anni e 6 mesi, veniva visitato perdue episodi di crisi convulsive avvenuti nei due giorni precedenti a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Tale sintomatologia, didurata di circa un minuto, veniva riferita come una crisi motoria generalizzata tonico-clonica, senza perdita di conoscenza. L’a-namnesi escludeva precedenti eventi di malattia e terapie mediche; Il cane viveva prevalentemente in casa. Era alimentato conuna dieta commerciale; le vaccinazioni, la profilassi nei confronti della filariosi cardio-polmonare e dei parassiti gastroentericirisultavano regolari. L’esame fisico evidenziava: peso di 25 kg (BCS 5/9), temperatura 38,6 °C, P 90 bpm, R 22 apm, TRC < 2”,lieve dolorabilità addominale nei quadranti caudali, lieve ipoelasticità cutanea e presenza di petecchie addominali con estensio-ne focale. L’esame clinico neurologico non evidenziava anomalie. Sono stati eseguiti esami ematobiochimici ed urinari com-pleti. L’emogramma riferiva anemia lieve normocitica ipocromica rigenerativa, microcitosi, presenza di NRBC, lieve policro-masia. Il leucogramma presentava leucocitosi moderata con neutrofilia matura e monocitosi. Il piastrinogramma presentavatrombocitopenia grave, con macropiastrine. Il profilo emostatico presentava aumento della concentrazione del fibrinogeno e au-mento marcato dei FDPs. L’esame biochimico evidenziava un lieve aumento dell’attività dell’ALP, aumento della concentra-zione delle proteine totali, lieve iperalbuminemia, lieve iperglobulinemia, aumento della CRP e aumento dell’osmolalità sierica.L’elettroforesi sierica evidenziava un aumento delle globuline alfa 2. Il campione urinario di colore giallo chiaro aveva le se-guenti caratteristiche: ps 1.021, ph 7,5, WBC, RBC e proteinuria assenti, sedimento urinario silente.Le immagini radiografiche addominali mostravano la presenza di una massa a radiopacità di tessuto molle adesa alla vescica. Irilievi ecografici riferivano la presenza di una massa presumibilmente originata dallo strato sottomucoso/muscolare della pare-te vescicale, a margini netti, di circa 3 centimetri di diametro, caratterizzata prevalentemente da ecogenicità mista, da finemen-te a grossolanamente disomogenea. La mucosa e la sierosa vescicale apparivano integre e la massa sembrava sporgere verso que-st’ultimo strato del viscere. Le radiografie toraciche non evidenziavano alcuna anomalia, né erano presenti rilievi ecografici in-dicativi di metastasi. La citologia ecoguidata della massa non forniva campioni rappresentativi. Il paziente veniva sottoposto alaparotomia e escissione chirurgica della massa, che si presentava contenuta all’interno dello strato sieroso e non invadeva il lu-me vescicale. L’esame istopatologico e immunoistochimico permettevano di emettere la diagnosi di leiomiosarcoma vescicalea basso grado e di confermare la completa escissione chirurgica del tumore. Esami clinici fisici ed ematobiochimici ripetuti set-timanalmente hanno constatato la completa remissione delle alterazioni ecografiche e ematobiochimiche a distanza di 20 gior-ni dall’intervento chirurgico. A distanza di due mesi le crisi convulsive non si sono ripresentate.Conclusioni. Sporadiche sono le descrizioni di casi di leiomiosarcomi vescicali canini riportate in letteratura veterinaria. Sem-bra interessante notare come tale tumore possa raggiungere dimensioni notevoli senza danni apparenti alla mucosa vescicale esenza provocare sintomatologia urinaria. Nel nostro caso valutazioni cliniche complete ed il follow up post chirurgico hannoconsentito di attribuire alle alterazioni cliniche, ematologiche ed emostatiche una causa comune di origine neoplastica, inqua-drandole come sindromi paraneoplastiche (SPN). Le SPN hanno notevole interesse clinico, in quanto capaci sia di precedere lascoperta della neoplasia, sia di corrispondere ad una disseminazione od estensione della malattia stessa, nonché, di rappresen-tare un marker di recidive tumorali o di monitoraggio dell’andamento di una terapia antineoplastica. In questo contesto, le SPNdel sistema nervoso centrale sono estremamente rare e rappresentate da dubbie segnalazioni in letteratura; ulteriori approfondi-menti diagnostici dovranno stabilire la reale natura della sintomatologia neurologica riferita.

Bibliografia

Heng HG, Lowry JE, Boston S, Gabel C, Ehrhart N, Gulden SM.: Smooth muscle neoplasia of the urinary bladder wall in three dogs. Vet Radiol Ultrasound.2006 Jan-Feb;47(1):83-6.

Kapatkin AS, Mullen HS, Matthiesen DT, Patnaik AK: Leiomyosarcoma in dogs: 44 cases (1983-1988). J Am Vet Med Assoc. 1992 Oct 1;201(7):1077-9.Marconato L. ; Del Piero F.: Oncologia medica dei piccoli animali. Poletto Ed. 2005.Meuten, D. J.; Everitt, J.; Inskeep, W.: WHO Histological Classification of Tumors of the Urinary System of Domestic Animals. Charles Louis Davis, DVM

Foundation, 2007.

Indirizzo per corrispondenza:Sig. Massimo Orioles, Strada S. Stefano, 2, 36100 Vicenza (VI), ItaliaTel. 0444/545858 - Cell. 347/9418094 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

328

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 328

Page 331: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

EFFICACIA ANTIMICOTICA DELLA CLOREXIDINA: UNO STUDIO IN VITRO TRAMITE PROVE DA CONTATTO

M. Pasquetti, DVM1, G. Ghibaudo, DVM2, P. Iannì, Pharmacist3, A. Peano, DVM, PhD1

1 Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia - Facoltà di Medicina Veterinaria. Università di Torino, Torino, Italia

2 Libero Professionista, Fano, Italia - 3 Industria Chimica Fine (ICF), Cremona, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. La clorexidina è un antisettico contenuto in numerosi prodotti per la terapia dermatologica del cane e del gat-to. Passate indagini sulla sua attività antifungina hanno originato risultati spesso contrastanti sia per quanto riguarda le concen-trazioni efficaci in-vitro sia per ciò che concerne l’efficacia in vivo. Scopo del lavoro è stato quello di valutare, in-vitro, l’atti-vità di un prodotto contenente clorexidina al 4% (Clorexyderm shampoo 4%®, I.C.F.) verso i principali patogeni fungini di ca-ne e gatto utilizzando le cosiddette prove da contatto, e valutare alcuni parametri che possono influenzare l’interpretazione del-le prove di efficacia in-vitro.Materiali e metodi. Sono state eseguite 5 prove su Malassezia pachydermatis e 15 su dermatofiti (3 Microsporum gypseum; 7Trichophyton interdigitale - ex T.mentagrophytes; 5 Microsporum canis), che sono stati testati a partire da spore ottenibili in col-tura (macro e microconidi) e dalle forme in- vivo (artroconidi). La metodica utilizzata (UNI EN 1275) consiste nel valutare ladiminuzione del numero di microorganismi vitali dopo contatto con l’agente antisettico. Un prodotto viene considerato efficacese determina una diminuzione delle Unità Formanti Colonia (UFC) fungine di almeno 4 unità logaritmiche (diminuzione pari al99,99%) dopo un contatto di 15 minuti. La sospensione dei germi in esame veniva standardizzata e messa a contatto con il pro-dotto da testare. Dopo 15 minuti veniva effettuato un passaggio in una soluzione neutralizzante (Tween 80 al 3% e lecitina allo0,3%) e una successiva semina delle sospensioni. Dopo incubazione a 37°C per 5 giorni (Malassezia) e a 25°C per 7-14 giorni(Dermatofiti) si procedeva alla lettura delle UFC. Tenendo conto delle diluizioni utilizzate si risaliva al numero di UFC - e quin-di di microorganismi vitali – ancora presenti nelle sospensioni in esame.Risultati. Il prodotto testato si è rivelato sempre efficace nei confronti di Malassezia. Per ciò che concerne i dermatofiti si è avu-ta un’efficacia completa nei confronti di macro e artroconidi di M.canis e M.gypseum. Per T. interdigitale si è avuta un’effica-cia del 20% (1 prova su 5) nei confronti dei microconidi e del 100% sugli artroconidi.Conclusioni. Lo studio indica che ad adeguate concentrazioni (4%) la clorexidina dimostra, in vitro, un’elevata attività antimi-cotica. Le prove utilizzate sono molto stringenti in quanto viene testato un tempo di contatto ben definito, ricalcando ciò che poiavviene in vivo. Secondo gli autori questa metodica ricalca meglio la realtà applicativa di un prodotto rispetto alle cosiddette pro-ve di MIC (Minima Concentrazione Inibente), in cui il fungo è in presenza di concentrazioni costanti di un principio attivo, cosache in vivo evidentemente non avviene. Questo potrebbe spiegare perché l’efficacia in vitro della clorexidina si abbia a concen-trazioni molto basse, se testate con MIC (dell’ordine dei µg/ml), mentre in vivo l’efficacia è limitata o viene comunque ottenutaa concentrazioni notevolmente superiori. Inoltre, le prove da contatto permettono di utilizzare il prodotto finito come tale, conadiuvanti, eccipienti, ecc. e quindi di testare l’attività del prodotto nella sua interezza. Infine, la prova da contatto indica senzadubbio un’attività germicida, mentre le prove con MIC solo un’attività inibente. Per ciò che concerne i dermatofiti lo studio hapermesso di valutare l’attività del prodotto sia su forme di sporulazione ottenibili in normali condizioni di coltura (macro e mi-croconidi) sia su artroconidi, che rappresentano la forma di invasione tissutale dei dermatofiti. Per l’attività in-vivo, dato che laconcentrazione di clorexidina, così come il tempo di contatto, sembrano i fattori che più incidono sull’efficacia di questo antiset-tico, il problema è probabilmente legato proprio alla possibilità che si abbiano a livello cutaneo concentrazioni finali e tempi dicontatto adeguati. In questo senso, per una validazione definitiva del prodotto in esame, sarebbe opportuno utilizzare condizionidi laboratorio ancora più stringenti, testando il prodotto a diluizioni progressive, e successivamente, con prove in vivo.

Bibliografia

Anon. Chemical disinfectants and antiseptics – Quantitative suspension test for the evaluation of basic fungicidal or basic yeasticidal activity of chemical dis-infectants and antiseptics – Test method and requirements (phase 1). EN 1275. Brussels: European Committee For Standardization, 2005.

Boddie R.L., Watts J.L., Nickerson S.C.: In vitro and in vivo evaluation of a 0.5% chlorhexidine gluconate teat dip. Journal of the American Veterinary Medi-cal Association, 196, 890-893, 1990.

Coelho L.M., Aquino Ferreira R., Leite Maffei C.M., Martinez-Rossi N.M.: In vitro antifungal drug susceptibilities of dermatophytes microconidia and arthro-conidia. Journal of Antimicrobial Chemotherapy 62, 758-761, 2008.

Moriello K.A., Verbrugge M.: Use of isolated infected spores to determine the sporocidal efficacy of two commercial antifungal rinses against Microsporum ca-nis. Journal compilation ESVD and ACVD 18, 55-58, 2007.

Odore R., Colombatti Valle V., Re G.: Efficacy of Chlorhexidine against Some Strains of Cultured and Clinically Isolated Microorganisms. Veterinary ResearchCommunications, 24 (4): 229-238, 2000.

Scott D.W., Miller W.H., Griffin C.E.: Small Animal Dermatology, 6th edn. Philadelphia, WB Saunders Co, 2000.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Mario Pasquetti - Università degli Studi di Torino - Facoltà di Medicina Veterinaria, Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO), Italia - Cell. 339/3837496 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

329

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 329

Page 332: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

NEW DATA ON BIRD HAEMOPROTEIDS AND MICROFILARIAE IN EUROPEAN BLACKBIRD(TURDUS MERULA) IN TURKEY

G. Z. Pekmezci, PhD Asis 1, Y. E. Beyhan, PhD Asis 2, K. Erciyas, Ornithologist 1, S. Umur, Prof 1

1 Department of Parasitology, Faculty of Veterinary Medicine, University of Ondokuz Mayis, Samsun, Turkey2 Ornithology Research Centre, University of Ondokuz Mayis, Samsun, Turkey

Topic: Exotic Animals

Introduction. Blood parasites (hematozoa) are a heterogeneous group of organisms that typically live in the blood of the hostduring at least some of the stages of their development3. The species of Haemoproteus that infect birds are vector-transmittedintraerythrocytic parasites. They are some of the most common and widespread blood parasites of wild birds, yet their potentialsignificance as disease agents in wild bird populations is largely unknown1. Filarioids are highly specialized nematode para-sites of the tissues and tissue spaces of birds, mammals, amphibians, and reptiles. About 160 species are known from birds. Avianfilarioids produce microfilariae that are either blood-borne or skin-inhabiting2.Description of the case. A European Blackbird was caught into ornithological mist nets by the Observation Station of authori-ties. Blood samples used for smears were collected from heart. The blood smears were air-dried, then fixed by absolutemethanol, and dried again. Slides were then stained in Giemsa solution and at least 10 000 erythrocytes were examined for par-asites (Trypanosoma spp., Haemoproteus spp., Plasmodium spp., Leucocytozoon spp., microfilariae) in a smear under magnifi-cation of x 10001, 2, 4. The genus and species of blood protozoa and the genus of microfilariae were determined upon their mor-phological traits according to Valkiunas (2005) and Bartlett (2008), respectively.Conclusions. Our findings of parasites from genus Haemoproteus morphologically matched with H. fallisi. H. fallisi is a para-site of species of the Passeriformes whose gametocytes grow along the nucleus of infected erythrocytes and never encircle thenucleus completely. Medium and fully grown gametocytes adhere both to the nucleus and envelope of erythrocytes. Dumbbell-shaped gametocytes are absent or represent less than 10% of the total number of growing gametocytes. The nucleus in fullygrown gametocytes is subterminal in position. Fully grown gametocytes do not fill the erythrocytes up to their poles. Pigmentgranules are of medium and sometimes small size, about 13 per gametocyte on average4. We identified Eufilaria spp. with itsmorphological characteristics. The sheath of microfilariae is absent, tail is sharply pointed and its length is =200 µm2.There were no reports in Turkey related to blood parasites which have been carried in the European Blackbird so far. H. fallisiand Eufilaria spp. are described for the first time in Turkey.

Bibliography

1. Atkinson, CT. (2008). Haemoproteus. In, Atkinson CT, Thomas NJ, Hunter DB (Ed): Parasitic Diseases of Wild Birds. 1st ed. pp: 13–35, Blackwell Pu-blishing.

2. Bartlett, CM. (2008). Filarioid Nematodes. In, Atkinson CT, Thomas NJ, Hunter DB (Ed): Parasitic Diseases of Wild Birds. 1st ed. pp: 439–463, Black-well Publishing.

3. Hauptmanová, K., Benedikt, V., Literák, I. (2006). Blood parasites in passerine birds in Slovakian East Carpathians. Acta Protozool. 45: 105–109.4. Valkiunas G. (2005). Avian Malaria Parasites and Other Haemosporidia. CRC Press, Boca Raton, Florida, pp: 936.

Corresponding Address:PhD Asis Gokmen Zafer Pekmezci - University of Ondokuz Mayis Department of Parasitology, Faculty of Veterinary Medicine, Kurupelit,Samsun, 55139, Turkey - Phone +903623121919 - +903623121919 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

330

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 330

Page 333: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

VANTAGGI DELL’ELETTROCHEMIOTERAPIA NEL TRATTAMENTO DI ALCUNE NEOPLASIEORALI DEL CANE E DEL GATTO

R. Puleio, DVM1, G. Cassata, DVM1, A. Tamburello, BSc1, M. R. Schiavo, BSc1, G. R. Loria, PhD1, A. Poli, PhD2

1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, Palermo, Italia2 Dipartimento di Patologia Animale Profilassi ed Igiene degli Alimenti,Università di Pisa, Pisa, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. L’Elettrochemioterapia (ECT) può essere definita come l’applicazione locale di impulsi elettrici che rendono per-meabili le cellule tumorali nei confronti dei farmaci chemioterapici. Una delle teorie più accreditate sul meccanismo dell’elet-troporazione prevede che gli impulsi elettrici formino dei pori idrofillici responsabili del trasporto intracellulare del chemiote-rapico. I farmaci solitamente utilizzati sono la Bleomicina e il Cisplatino. Il primo, a causa delle sue dimensioni molecolari edelle caratteristiche fisico-chimiche, non riesce a diffondere attraverso la membrana cellulare se non legato ad una proteina “car-rier” di membrana2. Tale meccanismo di assorbimento ha limitato ad oggi l’uso della Bleomicina. L’utilizzo in associazione al-l’elettroporazione facilita la sua diffusione e velocità di assorbimento1. Anche il Cisplatino dimostra una bassa capacità di pe-netrare la membrana cellulare; uno studio clinico ha dimostrato che l’uso di Cisplatino associato alla ECT aumenta la rispostaal trattamento dal 19% al 82%3.Descrizione del caso. Sono stati selezionati 5 soggetti in cui era stata diagnosticata una neoplasia del cavo orale e in cui il trat-tamento chirurgico e/o chemioterapico, proposto dal veterinario curante, era stato rifiutato dal proprietario. I soggetti sono statianestetizzati e la neoplasia misurata nei due diametri, per valutare la quantità di farmaco necessario. Quindi si procedeva all’in-filtrazione, sia lungo i margini che per via intratumorale con Bleomicina (Bleomicina Nippon Kayaku 15 mg.) o Cisplatino (Ci-splatino Teva 10 mg.), rispettando le norme previste per la sicurezza dell’operatore. Il volume delle neoplasie è stato valutatosecondo la formula V= ab²p/6, dove “a” è il diametro maggiore del nodulo e “b” quello minore; mentre la dose di farmaco dainoculare è stata calcolata secondo la formula 0.25-1 ml/cm³, a seconda del volume della neoplasia1. Dopo cinque minuti veni-va applicata l’elettroporazione, attraverso l’uso di un elettrodo (Cliniporator, Igea) costituito da una doppia fila di tre aghi di-stanti 4 mm. Tale elettrodo veniva inserito nella massa neoplastica e permetteva l’invio degli impulsi elettrici (scariche di 8 im-pulsi della durata di 100 microsecondi, 1000 volt di ampiezza e frequenza 5 kHz). Viste le dimensioni di alcuni noduli neopla-stici (>1 cm³) sono state effettuate diverse applicazioni con l’elettrodo (fino a 22) per coprire l’intera superficie del tumore. LaECT è stata ripetuta ogni 14 giorni per un totale di tre trattamenti. L’efficacia del trattamento ed eventuali effetti collaterali so-no stati valutati nei giorni successivi e con controlli clinici mensili.Conclusioni. I soggetti trattati con l’ECT non hanno sviluppato effetti collaterali dovuti al trattamento. L’efficacia del tratta-mento è stata valutata dopo quattro settimane dall’ultima ECT, in accordo alle direttive del WHO. Tutti i soggetti hanno mo-strato un miglioramento dopo il primo trattamento, che si evidenziava con una migliore prensione e masticazione del cibo ed as-senza di sanguinamento. Le biopsie seriali di ciascun caso, hanno evidenziato marcata risposta infiammatoria, mediata da lin-fociti e plasmacellule. In tutti i casi si è ottenuta una remissione parziale, corrispondente ad una riduzione dell’80-90% dellaneoplasia nei primi tre soggetti, mentre negli altri due la regressione del tumore è stata del 60%. L’ECT è una tecnica efficaceche ha dimostrato una bassa tossicità e facilità di applicazione e che in alcuni casi selezionati potrebbe essere risolutiva, anchecome unico trattamento; mentre in altri in associazione alla chirurgia pre o post ECT potrebbe ridurre la possibilità di recidivadel tumore. Nel nostro studio l’ECT ha permesso il controllo, se non l’eradicazione della neoplasia. In conclusione l’ECT rap-presenta una ulteriore opzione terapeutica nel trattamento delle neoplasie orali del cane e del gatto che permette un obiettivo mi-glioramento della qualità di vita del paziente a fronte di limitati rischi tossicologici.

Bibliografia

1. Mir L., Sersa, Collins, Garbay, Billard, Geertsen, Z. Rudolf, O’Sullivan and M. Marty. Standard operating procedures of the electrochemotherapy: In-structions for the use of bleomycin or cisplatin administered either systemically or locally and electric pulses delivered by the CliniporatorTM by meansof invasive or non-invasive electrodes. European Journal of Cancer Supplements. Volume 4, Issue 11, November 2006, Pages 14-25.

2. Pron G, Belehradek J Jr, Orlowski S, Mir LM. Involvement of membrane bleomycin-binding sites in bleomycin cytotoxicity.. Biochem Pharmacol. 1994Jul 19;48(2):301-10

3. Sersa G, Stabuc B, Cemazar M, Miklavcic D, Rudolf Z. Electrochemotherapy with Cisplatin: the systemic antitumor effectveness of Cisplatin can be po-tentiated locally by the application of electric pulses in the treatment of malignant melanoma skin metastates.. Melanoma Res. 2000 Aug;10(4):381-5.

4. Spugnini EP, Baldi F, Mellone P, Feroce F, D’Avino A, Bonetto F, Vincenzi B, Citro G, Baldi A. Patterns of tumor response in canine and feline cancerpatients treated with electrochemotherapy:preclinical data for the standardization of this treatment in pets and humans. J Transl Med. 2007 Oct 2;5:48.

5. Tounekti O, Belehradek J Jr, Mir LM. Bleomicin is an antineoplastic agent capable of mimicking apoptosis.. Bull Cancer. 1994 Dec;81(12):1043-9.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Roberto Puleio - Istituto Zooprofilattico della Sicilia, Via Gino Marinuzzi 3, 90129 Palermo (PA), Italia E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

331

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 331

Page 334: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

CHEMOTHERAPY IN A YOUNG FEMALE DOG WITH A GENITAL TVT

F. A. Rossi, DVM1, F. Cian, DVM1, F. Bassini, DVM1, A. Poli, DVM, PhD2

1 Libero professionista - Clinica Veterinaria Tergeste, Trieste, Italy 2 Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti, Università degli studi di Pisa, Pisa, Italy

Topic: Oncology

Introduction. A one-year old, entire female mixed breed dog was referred with a three weeks history of severe strangury andhematuria. The dog was previously treated with antibiotics and anti-inflammatory drugs with no response. Description of the case. The manual inspection of the internal vulva and vagina showed the presence of small multiple masses(1 to 5 cm of diameter), as confirmed by ultrasound. Using FNA transmissible venereal tumor (TVT) diagnosis was made. Thesubject was immediately treated with vincristine (0,75 mg/m2 iv) and gained improvement in 2 days. The dog received five moredoses, once a week, until the total remission was obtained.During the treatment, clinical and ultrasound examination showed a gradual reduction in size of the lesions. Response to vin-cristine chemotherapy was excellent, leading to complete neoplasm regression without relapse after 5 months (the dog is stillchecked montly). Results of CBC, biochemical analysis, and urinalysis were normal throughout the chemotherapy and adverseeffects were not detected. Conclusions. Response of TVT to vincristine chemotherapy is comparable to previously described protocols, without apparenttoxicity. The improvement is very quickly achieved with satisfaction of the owner. TVT is seen more frequently in young freeroaming, sexually active dogs and remains a problem in areas where mating of dogs is not under control. Therefore TVT has tobe considered in differential diagnosis in case of young, not spayed, dogs arriving from kennels of the South of Italy, with gen-ital bleeding and /or external genital lesions.

Bibliography

Marconato, Del Piero, Oncologia medica dei piccoli animali, Poletto Editore, 2005, 436-439. Marcos R, Santos M, Marrinhas C, Rocha E., Cutaneous transmissible venereal tumor without genital involvement in a prepubertal female dog, Vet Clin Pathol.

2006 Mar;35(1):106-9.Nak D, Nak Y, Cangul IT, Tuna B., A Clinico-pathological study on the effect of vincristine on transmissible venereal tumour in dogs., J Vet Med A Physiol

Pathol Clin Med. 2005 Sep;52(7):366-70.

Corresponding Address:Dott.ssa Fulvia Ada Rossi - Clinica Veterinaria Tergeste, Via D'Alviano 86/2, 34144 Trieste (TS), ItaliaTel. 040/3480845 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

332

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 332

Page 335: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DUE CASI DI LINFOMA FELINO TRATTATI CON PREDNISONE, L-ASPARAGINASI ED INTERFERONE UMANO

S. Salvi, DVM, MScLibero professionista, Terno d’Isola, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il linfoma è la neoplasia più comune nel gatto, rappresentando il 33% di tutti i tumori. La forma più comune èquella alimentare, seguita dalle forme mediastinica, renale, multicentrica, epatica, cutanea e centrale. La terapia antineoplasticaprevede solitamente la somministrazione di chemioterapici in mono o polichemioterapia. Una delle principali problematiche inquesto tipo di approccio terapeutico è la scarsa compliance dei proprietari e la poca collaboratività dei pazienti felini.Descrizione del caso. Nell’ottobre 2009 venivano riferiti al consulto oncologico due gatti con diagnosi istologica di linfoma.Nerone, gatto comune europeo di 9 anni di età, manifestava da mesi algia agli arti posteriori, dimagramento e maggior sedenta-rietà. L’esame ecografico aveva evidenziato una grave linfoadenomegalia dei linfonodi sottolombari. La biopsia istologica, ef-fettuata successivamente, aveva dato esito di linfoma. Nello stesso periodo, Romea, gatta femmina comune europea, di 10 annidi età, era stata valutata dai veterinari curanti per poliuria e polidipsia e, durante un esame ecografico effettuato per indagarequesta problematica, era stata evidenziata una massa intestinale a livello di digiuno, associata a lieve versamento peritoneale.Romea era stata sottoposta ad enterectomia del tratto intestinale interessato dalla massa e linfadenectomia del linfonodo satelli-te che risultava aumentato di volume. L’esito dell’esame istologico era stato di linfoma per entrambi i campioni.Ai proprietari di entrambi i gatti è stato proposto un protocollo polichemioterapico che avrebbe richiesto una somministrazionefarmacologica settimanale per almeno 6 mesi. I proprietari non hanno accettato la terapia considerando l’iter terapeutico troppostressante per i propri animali, in particolare venivano visti con preoccupazione i viaggi in macchina settimanali per giungerealla clinica (entrambi i proprietari vivevano fuori città). È stata quindi proposta una terapia alternativa che avrebbe consentito aiproprietari di somministrare i medicinali a casa, ad eccezione di una iniezione sottocutanea mensile che sarebbe stata effettuatadalla veterinaria curante. In particolare il protocollo consisteva in: L-asparaginasi ogni 4 settimane al dosaggio di 400 UI/kg pervia sottocutanea, interferone alfa 2 umano al dosaggio di 2 milioni di unità /m2 per via sottocutanea ogni giorno per due mesi eprednisone 40 mg/m2 per via orale giornalmente per poi scalare fino a cessarne la somministrazione nell’arco di cinque mesi.Dopo 2 mesi dall’inizio della terapia, i due gatti sono stati sottoposti a valutazione ecografica di controllo. Nerone risultava inremissione completa con dimensioni linfonodali ritornate normali, oltre ad una remissione completa della sintomatologia algi-ca. Romea risultava in buone condizioni generali e l’esame ecografico dell’addome non aveva evidenziato alterazioni di nessuntipo, con mantenimento della normale stratigrafia intestinale e dimensioni linfonodali nella norma. Gli esami ematologici eranonormali in entrambi i pazienti. A distanza di sei mesi dalla diagnosi, entrambi i pazienti risultavano ancora in remissione com-pleta. Nel caso di Romea, la poliuria, probabilmente per via del prednisone, era rimasta inalterata nelle prime settimane per poiridursi fino alla normalizzazione con la cessazione della terapia cortisonica.Conclusioni. Il linfoma è una delle neoplasie maggiormente responsive ai protocolli chemioterapici, tuttavia tali terapie risul-tano sempre di difficile accettazione da parte dei proprietari.L-asparaginasi è un chemioterapico ampiamento utilizzato nella terapia del linfoma ed ha il vantaggio di essere facilmente ma-nipolabile e ben tollerato, dati gli scarsi effetti collaterali che può avere sia sull’operatore che sul paziente. L’interferone uma-no è stato recentemente introdotto nella terapia oncologica veterinaria per la sua attività antiangiogenetica e stimolatrice del si-stema immunitario, dando dei buoni risultati sia nel cane che nel gatto. Questo protocollo terapeutico è stato efficace nel con-trollo della neoplasia, risultando agevole e poco stressante per proprietari e pazienti, in quanto le iniezioni sottocutanee di in-terferone e le pastiglie di prednisone venivano somministrate dai proprietari stessi. I protocolli polichemioterapici sono la scel-ta d’elezione per la terapia del linfoma, tuttavia nei casi in cui i proprietari rifiutino l’approccio terapeutico standard perché con-siderato troppo stressante e/o dispendioso, si potrebbe proporre un protocollo alternativo, basato su farmaci ben tollerati e di fa-cile impiego, come quello descritto.

Bibliografia

A.K. LeBlanc et al. Effects of L-Asparaginase on Plasma Amino Acid Profiles and Tumor Burden in Cats with Lymphoma. J Vet Intern Med 2007;21:760–763.T. A. Cave et al.Veterinary and Comparative Oncology, 2, 2, 91–97(2004) Feline epitheliotrophic T-cell lymphoma with paraneoplastic eosinophilia immunochemotherapy with vinblastine and human recombinant interferon a2bGastrointestinal Lymphoma in Cats. Sandra Grover, DVM Compendium october 2005.Rowan J. et al Response rates and survival times for cats with lymphoma treated with the university of winsconsin-madison chemoterapy protocol: 38 casi (1996-

2003). JAVMA vol 227, No 7, Oct 1, 2005.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Scilla Salvi - Ambulatorio Veterinario, Via Roma, 45, 24030 Terno d’Isola (BG), ItaliaTel. 035904737 - Cell. 3478890913 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

333

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 333

Page 336: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI OSTEOSARCOMA SCHELETRICO FELINO: FORMA MULTICENTRICA O METASTATICA MULTIPLA?

S. Salvi, DVM, MSc1

M. Beccati, DVM, PhD, Specializzazione patologia dei piccoli animali1,2

1 Libero professionista, Terno d’Isola, Italia2 Facoltà di Medicina Veterinaria, Dip. Produzione, Epidemiologia, Ecologia. Sez. Parassitologia-Micologia, Torino, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. L’osteosarcoma è la neoplasia ossea più comune nel cane e nel gatto, con prevalenza della forma appendicolare.Nel gatto l’età media è 10.2 anni e sono più frequentemente colpiti gli arti posteriori.In letteratura è riportata una buona prognosi per la forma appendicolare, se trattata con la sola amputazione, con una sopravvi-venza media compresa tra 16 e 64 mesi e un tasso metastatico inferiore al 10%. Le sedi metastatiche più colpite sono i polmo-ni, ma sia nell’uomo che nel cane, è descritta la tendenza allo sviluppo di metastasi ossee. In umana viene inoltre descritta unararissima forma di osteosarcoma con coinvolgimento osseo multiplo.Descrizione del caso. Nel luglio 2007 una gatta femmina sterilizzata di 10 anni, di razza comune europea, viene portata alla vi-sita clinica per una zoppia anteriore destra, associata a forte algia a livello della spalla. L’esame radiografico rivela la presenzadi una massa ossea dell’epifisi prossimale dell’omero. Gli esami radiografici del torace e l’ecografia addominale non eviden-ziano metastasi visibili. Viene effettuata una biopsia ossea in anestesia generale, con esito istologico di osteosarcoma. Si proce-de all’amputazione completa di scapola ed omero. Considerando i dati favorevoli riportati in letteratura sulla prognosi di osteo-sarcoma appendicolare felino trattato con la sola amputazione, si decide di non procedere con terapia adiuvante.Tuttavia, dopo otto mesi la gatta viene riportata alla visita clinica per difficoltà respiratorie. Le radiografie toraciche evidenzia-no un pattern nodulare a carico dei lobi caudali, compatibile radiograficamente con lesioni metastatiche.Viene iniziato un protocollo palliativo in monochemioterapia con carboplatino al dosaggio di 240 mg/m2 per via endovenosa,ogni tre settimane. Dopo i primi due cicli, durante i quali la gatta sembra giovare di un miglioramento della respirazione, si evi-denzia un peggioramento delle condizioni cliniche generali. In particolare la gatta appare dolorante e restia al movimento; tuttii tre arti risultano edematosi, caldi e dolenti. Vengono effettuate radiografie ossee a tutti gli arti con evidenziazione di prolifera-zioni periostali irregolari diffuse associate ad aree di osteolisi a carico di radio ed omero anteriori sinistri, e di tarsi e metatarsiposteriori di entrambi gli arti. I proprietari rifiutano le biopsie e, date le condizioni cliniche del paziente, richiedono l’eutanasia.Dopo la morte del paziente viene effettuato l’esame autoptico, con conferma della presenza di una massa nel lobo polmonarecaudale destro, oltre a lesioni nodulari miliari diffuse ad entrambi i lobi caudali. In sede autoptica vengono prelevati campioniper l’analisi istologica dei tre arti e delle lesioni polmonari. In tutti i casi l’esito istologico è di osteosarcoma.Conclusioni. La prognosi infausta a breve termine e il comportamento biologico metastatico rendono atipico questo caso diosteosarcoma appendicolare felino. Inoltre, si tratta della prima descrizione di un coinvolgimento osseo multiplo di osteosarco-ma nel gatto. In medicina umana è descritta una rara forma di osteosarcoma multicentrico con coinvolgimento osseo multiplo,non associato, almeno nelle fasi iniziali, a coinvolgimento metastatico viscerale. Questa patologia prende nome di Osteosarco-ma Multicentrico, ammettendo nella definizione stessa uno sviluppo, contemporaneo o non, di lesioni multiple primarie e nondi una forma metastatica secondaria ad una neoplasia primaria. Il caso in esame, per via dell’interessamento polmonare, sareb-be da considerarsi una forma metastatica multipla piuttosto che una forma multicentrica, tuttavia il coinvolgimento polmonarepotrebbe anche essere successivo alle lesioni ossee multiple che non erano state valutate radiograficamente fino al momento del-l’esacerbazione dei sintomi clinici.Il protocollo chemioterapico è stato ben tollerato, tuttavia è risultato poco efficace sul con-trollo del tumore, confermando la scarsa efficacia della terapia medica nei casi di osteosarcoma già metastatici, come già di-mostrato nel cane. Da questo caso clinico si evince che l’osteosarcoma appendicolare felino, come già dimostrato nel cane e piùampiamente nell’uomo, può metastatizzare anche a livello osseo, suggerendo l’introduzione di esami radiografici e/o scintigra-fici nel protocollo stadiativo di questa neoplasia. Infine, la terapia esclusivamente chirurgica si è rivelata inefficiente nel con-trollo della neoplasia, suggerendo anche nel gatto, come nel cane, la necessità di un approccio multimodale.

Bibliografia

Liu S et al. Primary and secondary bone tumours in the cat. J Sm Anim Pract 1974;15:141-56.Quigley PJ et al. Tumors involving the bone in the domestic cat: a review of fifty-eight cases. Vet Path 1983;20:670-86.Bittetto V et al. Osteosarcoma in cats: 22 cases (1974-1984). J Am Vet Med Assoc 1:91-93, 1987.Heldmann Eet al. Feline osteosarcoma: 145 cases (1990-1995). J Am Anim Hosp Assoc 36:518–521, 2000.Eileen H et al. Feline Osteosarcoma: 145 Cases (1990-1995) Am Anim Hosp Assoc 2000;36:518-21.Argyris G. et a.l Diffuse Calcification of Metastases after Intensive Multiagent Chemotherapy in Widespread Osteosarcoma Leading to Death in a 18-Year-Old

Male. Medical Oncology, vol. 23, no. 4, 455-462, 2006.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Scilla Salvi - Ambulatorio Veterinario, Via Roma, 45, 24030 Terno d’Isola (BG), ItaliaTel. 035904737 - Cell. 3478890913 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

334

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 334

Page 337: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PYOMETRA IN GUINEA PIG (CAVIA PORCELLUS)

K. Sarges Silva, DVM MSc1, W. Pereira, PhD2, L. Araújo, DVM1

1 Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS), Ananindeua/Para, Brazil2 Universidade Fedetal Rural da Amazônia, Belem/Para, Brazil

Topic: Exotic Animals

Introduction. Pyometra is established as a result of hormonal changes. The thickened uterus with fluids secreted create an ide-al environment in which bacteria can grow. Additionally, high progesterone levels inhibit the ability of the muscles in the wallof the uterus to contract (Fontbonne, 2004). Treatment should be fast and aggressive because the females may develop sepsisand endotoxemia (Johnson, 1994). In guinea pigs seems to be a low incidence of pyometra, since there is no published clinicalreports of disease in this species. Subclinical presentation and rapid course of the disease difficults diagnosis in rodents (Hark-ness & Wagner, 1989). The animal facility of the Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS) maintains a plantel of this species forreproduction. It is the first case reported and proven of pyometra in the female group. This report aims to demonstrate the pos-sibility of pyometra in guinea pigs and contribute to the literature on reproductive diseases that affect the species.Description of the case. A female of guinea pigs (Cavia porcellus) from animal facility of the Evandro Chagas Institute(IEC/SVS/MS) (Ananindeua-PA-Brazil), maintained in breeding, was found in prostration and starvation, presenting abdominalareas with purple color suggesting hypostasis by prolonged decubitus. The animal was separated, supportive treatment with flu-id therapy and antibiotics (oxytetracycline) was started, but the animal died less than 24 hours after the observation of symp-toms. Necropsy was performed to identify the cause of death. On examination the uterus observed cornual vessels congested anddistended and hyperemic horns present in the lumen contents of brownish color in small amounts, and endometrium mucosawith whitish color. The histopathological examination of the uterus demonstrated the myometrium and endometrial vessels sig-nificantly dilated by the presence of blood, the endometrial glands were reduced in number, some slightly dilated withmacrophages in the lumen. The luminal epithelium was mostly destroyed presenting desquamated epithelial cells and numerouspolymorphonuclear cells and bacterial colonies. In another cut of the same body, there was coagulative necrosis of most glan-dular epithelial cells, demonstrating necrotizing pyometra as final diagnosis. Both ovaries showed several 3rd follicles, some1rd and 2rd follicles and some follicles with degeneration of the granular layer. Histopathology showed the vagina body withcoagulative necrotic reaction of the epithelium, associated with infiltration of polymorphonuclear cells in the outermost layerof the epithelium. The vaginal lumen was large desquamation of the epithelium cells, along with filamentous debris andmacrophages, colonies of bacteria, which led to the diagnosis supplementary necrotizing bacterial vaginitis.Conclusions. In female guinea pig immediate observation of behavior change is a key factor when in breeding. The pyometrain this female might have resulted from recent abortion was not observed because the animal was mated and also because wasobserved myometrium and endometrial vessels significantly dilated with blood. The appearance of pyometra is related to thepatient’s age, number of estrous cycles, but also with ovarian changes present (Oliveira, 2007). Bacterial infection is a second-ary condition in which bacteria from the vagina are the most likely sources of infection of the uterus, the cervix and ascendinginto the uterus during estrus (Costa et al., 2007). In guinea pigs, vaginitis is not uncommon and is usually due to accumulationof dirty and wet bed material in the vagina (Sirois, 2008). Although pyometra is a rare disease in guinea pigs, females main-tained for breeding has two main implications that there may be occurrence of reproductive disorders: the mating of females inmature age and obese female pregnancy (Andrade et al., 2002; Terril et al., 2000). This report has shown that the vaginitis inguinea pigs can develop pyometra resulting in a reproductive problem to be observed in this species.

Bibliography

Andrade A, Pinto CP, Oliveira RS. Animais de laboratório: criação e experimentação. Rio de Janeiro, Editora Fiocruz, 2002.Costa RG, Alves ND, Nóbrega RM, Carvalho CG, Queiroz IV, Costa THM, Pereira R HM, Soares HS, Feijo FMC. Identificação dos Principais Microrgani-

smos Anaeróbios Envolvidos em Piometras de Cadelas. Acta Scientiae Veterinariae, 35, 650-651, 2007.Fontbonne A. Patologie infettive dell’apparato riproduttivo (1a e 2a parte). Proceedings of 48° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC, Rimini, 2004. p 161.Harkness JE, Wagner JE. The biology and medicine of rabbits and rodents. 3rd. Philadelphia, ed. Lea and Febiger, 1989.Johnson CA. Hiperplasia endometrial cística/piometrite. In: Nelson RW & Couto CG. Fundamentos de medicina interna veterinária de pequenos animais. Rio

de Janeiro, Guanabara Koogan, 1994.Sirois, M. Medicina de Animais de Laboratório. Princípios e Procedimentos. São Paulo, Roca, 2008.Oliveira KS. Complexo Hiperplasia Endometrial Cística. Acta Scientiae Veterinariae, 35, 270-272, 2007.Terril LA, Clemons DJ, Wagner JE. Laboratory Animal Medicine and Science – Series II. Guinea pigs: Noninfectious Diseases. Seattle, American College of

Laboratory Animal Medicine, 2000.

Corresponding Address:Dr. Klena Sarges - Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS), BR 316, km 07, s/n, 6703000 Ananindeua/Para, BrazilPhone 55 91 32142070 - Mobile 55 91 88077525 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

335

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 335

Page 338: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DERMATOSI ATIPICA NEL CONIGLIO DA COMPAGNIA (ORYCTOLAGUS CUNICULI)

S. Silvetti, DVM1, C. Gelmini, DVM2

1 Libero Professionista, Miasino (No), Italia2 Libero Professionista, Amb. Veterinario Vallecamonica, Darfo Boario Terme (Bs), Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La dermatologia del coniglio è da sempre stata studiata, in Medicina Umana, come modello per la fisiologia e lapatologia cutanea o per lo studio di test carcinogenetici, tossicologici, di fototossicità. Poco però si è fatto sinora, per lo studiodella Clinica dermatologica vera e propria del coniglio da compagnia. Le patologie cutanee del coniglio sono convenzionalmenteraggruppate in: comportamentali, metaboliche, traumatiche, parassitarie, infettive e neoplastiche. Spesso mute eccessive sonoconfuse con problemi dermatologici poiché nei conigli domestici si assiste a massicce perdite di pelo che lasciano scoperte piùo meno ampie aeree di cute alopecica. Questi episodi non sono presenti nelle popolazioni di conigli selvatici e sembrano esse-re dovuti alla selezione delle razze e varietà presenti sul mercato.Descrizione del caso. Nel Novembre del 2007 si presenta alla visita semestrale per il richiamo vaccinale, una coniglia femmi-na sterilizzata, di circa 3 anni di età. Alla visita si riscontra rarefazione del pelo, poca forfora a carico delle orecchie, dorso na-so e contorno occhi, non si segnala prurito; le lesioni risalivano all’Aprile precedente. Sono state trattate da un Collega con te-rapia topica a base di econazolo e per os con itraconazolo, non correttamente somministrato. Dopo la visita sono stati eseguitiuna coltura micotica su DTM e raschiati cutanei, risultati negativi. Su sospetto di una iniziale infestazione atipica di Sarcoptes,si inizia una terapia a base di Ivermectina a 300 µg/kg ed applicazioni di Clorexydina al 4% giornaliere. Viene riferito un leg-gero miglioramento. A Febbraio 2008 si assiste ad un peggioramento delle lesioni con estensione delle aree in precedenza co-involte. Si eseguono nuovi raschiati, scotch test e tricogrammi risultati negativi. Si decide di eseguire delle biopsie cutanee a li-vello della superficie esterna dei padiglioni auricolari, alla base delle orecchie e regione dorsale del tronco. Il referto riferisce diuna dermatite cronica linfocitaria da perivascolare a interstiziale con atrofia follicolare e fibrosi, anche se non si riconosce unpattern ben definito. Viene consigliato di indagare sull’esposizione a sostanze irritanti ambientali, allergie, problemi interni qua-li timoma o linfoma renale. Si decide di cambiare luogo di detenzione del coniglio; viveva in gabbia e su cemento e viene spo-stato su una superficie tipo linoleum, le terapie vengono interrotte. Si rivede la paziente a Maggio 2008 per un aggravamento eduna estensione delle aree alopeciche che si estendono a tutto il dorso con presenza di eritema e prurito, nonostante gli esami col-laterali negativi si decide di insistere con la terapia per Cheyletiella abbinando la terapia topica (Neoforactil®) con quella siste-mica con Ivermectina al dosaggio di 500 µg/kg; si assiste solo ad un iniziale miglioramento. Passati circa 60 giorni e visto ilcontinuo progredire delle lesioni, si ripetono le biopsie in diverse aree (padiglione auricolare, dorso del naso, scapola) e si ese-gue un prelievo ematico per un esame emocromocitometrico, emobiochimico ed elettroforetico del siero. Gli esami ematobio-chimici sono risultati entro i parametri di riferimento, i risultati dell’esame elettroforetico sono di difficile interpretazione vistala scarsità di campioni analizzati in quel Laboratorio. Il referto bioptico parla di stadi evolutivi diversi, la localizzazione del-l’infiltrato non è sempre la stessa e complica quindi l’interpretazione. Sembra che l’infiltrato abbia come sede preferenziale laregione media del follicolo, sede delle ghiandole sebacee dove è situata la zona istmica. La diagnosi potrebbe pertanto esserecompatibile con follicolite linfocitaria dell’istmo (pseudopelade) e conseguente coinvolgimento secondario delle ghiandole ocon una adenite sebacea a diversi stadi evolutivi, non si esclude inoltre possa trattarsi di una dermatite linfocitaria a causa sco-nosciuta suggerendo indagini collaterali che peraltro erano già state suggerite nella diagnosi precedente.Conclusioni. Questo caso vuole porre l’attenzione su un’area della medicina del coniglio domestico che spesso viene un po’sottovalutata, credendo che i disturbi dermatologici siano sempre riconducibili ad eziologie che, anche se piuttosto frequenti,non rappresentano la totalità. Il caso conduceva ad un vasto diagnostico differenziale: dermatite micotica, dermatite parassita-ria, muta anomala, adenite sebacea, sindrome paraneoplastica. L’esito delle biopsie ha evidenziato una importante flogosi lin-focitaria come causa dell’alopecia. I referti però, non sono riusciti a classificare con chiarezza questa sindrome dermatologicache potrebbe non avere precedenti in letteratura. Sfortunatamente non è stato possibile seguire il caso con successivi approfon-dimenti o terapie (ciclosporina, cortisonici) a causa del decesso del paziente per cause traumatiche.Ringraziamenti. Si ringrazia il prof. Paola Roccabianca, il prof. Francesca Abramo, il prof. Francesco Albanese ed il Labora-torio S. Marco.

Bibliografia

F. Harcourt-Brown, Textbook of Rabbit Medicine, Elsevier Science, 2002.J. W. Carpenter, Exotic Animal Formulary, III Ed Elsevier Inc., 2005.J. R. Jenkins, The Veterinary Clinics of North America, Dermatology, May 2001, pp 543-565.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Sergio Silvetti, Via Per Armeno, 1, 28010 Miasino (NO), ItaliaTel. 0322/980907 - Cell. 340/1441276 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

336

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 24-05-2010 13:52 Pagina 336

Page 339: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

POSTERI poster sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome dell’autore presentatore.

Posters are listed in alphabetical order by surname and then in chronological order of presentation.

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 310

Page 340: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MASTOCITOSI SISTEMICA IN UN CANE

M. Annoni, Med. Vet., W. Bertazzolo, Med. Vet.,DECVCP, C. Pacchioni, Med. Vet.Liberi professionisti, Clinica Veterinaria Tibaldi, Milano, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il termine mastocitosi sistemica (MS) indica una forma viscerale, rara nel cane e molto più frequente nel gatto,caratterizzata dal coinvolgimento di midollo osseo, milza, fegato e sangue da parte di mastociti neoplastici.1,2,6,7 I sintomi che nederivano sono ascrivibili al rilascio dei mediatori chimici in essi contenuti. I cani affetti da MS presentano, alla visita clinica, le-targia, anoressia, vomito e perdita di peso, cui si associano riscontri clinici quali splenomegalia, epatomegalia e pallore dellemucose apparenti. In questi soggetti l’esame completo del sangue mette di solito in evidenza fenomeni di citopenia con o sen-za presenza di mastociti circolanti.2

Nel cane la MS è normalmente il risultato di una disseminazione sistemica di una forma aggressiva cutanea primaria, sebbeneraramente possa essere presente in forma di sindrome indipendente1-7, come qui di seguito riportato.Descrizione del caso. Un cane Maltese, femmina, sterilizzata, di 14 anni, veniva riferita per abbattimento, anoressia, poliuria efeci molli presenti da qualche settimana. L’esame obbiettivo generale evidenziava algia addominale con cifosi, T 39.4°C e sen-sorio depresso. Tutti i linfonodi esplorabili apparivano di piccole dimensioni, nessuna neoformazione a livello cutaneo e sotto-cutaneo era apprezzata alla palpazione. L’esame ematochimico evidenziava mastocitemia modesta (1-2%), mentre un’esame ci-tologico eco-guidato dimostrò un’invasione di mastociti ben differenziati anche a livello epato-splenico. Radiograficamente iltorace appariva nella norma. Un aspirato midollare riportava la presenza di una discreta percentuale (8-10%) di mastociti bendifferenziati. Alla luce dei riscontri clinico-patologici si emetteva diagnosi di mastocitosi sistemica, senza la presenza di evidentimastocitomi primari in altre sedi. Si iniziava la somministrazione di prednisone ed un inibitore tirosin-chinasico (masitinib a12,5 mg/kg/sid per os), con rapido miglioramento delle condizioni generali del cane e scomparsa di sintomi quali apatia e vo-mito. Ad un mese di distanza dall’inizio della terapia, nonostante il miglioramento clinico, l’esame ematochimico di controlloevidenziava una marcata anemia ed un importante incremento della fosfatasi alcalina. I mastociti circolanti apparivano notevol-mente ridotti in quantità (0.2%), e l’esame ecografico riscontrava una riduzione volumetrica della milza. I puntati splenici edepatici venivano ripetuti, evidenziando minima presenza di mastociti, quindi indicando una parziale regressione.A tutt’oggi, dopo 2 mesi dall’inizio della terapia con masitinib e prednisone, la mastocitosi continua a mantenersi in fase sta-zionaria.Conclusioni. Negli ultimi anni è stato dimostrato che mutazioni del protoncogene c-kit influiscono sull’eziopatogenesi dei ma-stocitomi canini4. Risultati incoraggianti sono stati pubblicati sull’uso degli inibitori delle chinasi nel trattamento dei mastoci-tomi di II e III grado non operabili o recidivanti e non metastatici, con un accertato rallentamento della crescita tumorale.5,3 Anostra conoscenza però, non sono presenti in letteratura ne pubblicazioni ne altri casi clinici riportati di cani trattati con masiti-nib in corso di mastocitosi sistemica, così come rarissima è anche la patologia riscontrata. La scelta di un protocollo chemiote-rapico a base di un inibitore selettivo della tirosina-chinasi e prednisone, si è rivelata particolarmente adatta, permettendo unaremissione temporanea della malattia.Il peggioramento dell’anemia durante il trattamento potrebbe essere ascrivibile a danno midollare o ipoplasia midollare conse-guente all’infiltrazione mastocitaria. Alcuni autori riportano un’incidenza di anemia emolitica del 2,5% in cani in terapia conmasitinib5; nel nostro caso però, l’anemia non era emolitica. L’incremento della fosfatasi alcalina invece, a nostro avviso è ri-conducibile al trattamento con corticosteroidi a lungo termine.La stadiazione effettuata non ha permesso di accertare l’origine della MS. Il dubbio che la patologia possa essere sorta prima-riamente a livello midollare piuttosto che splenico od epatico, lascia adito a nuovi approfondimenti ed analisi.

Bibliografia

1. Thamm DH and Vail DM. Mast Cell Tumors. In: Withrow S, MacEwen E. Small Animal Clinical Oncology, 4thed.; 2007:402-424.2. G Couto: Principali neoplasie del cane e del gatto. In:RW Nelson e CG Couto Medicina interna del cane e del gatto 2nd ed.;2002:1081-1084.3. Albanese F e Marconato L. Tumori rotondocellulari. In:Oncologia medica dei piccoli animali;2005:208-221.4. Marconato L., Bettini G et al: Clinicopathological features and Outcomes for Dogs with Mas Cell Tumors and Bone Marrow Involvement. JVIM

2008;22:1001-1007.5. KA Hahn, G Ogilvie Et al:Masitinib is Safe and Effective for the Treatment of Canine Mast Cell Tumors. JVIM 2008;1-9.6. Davies AP, Hyden DW, Klausner JS et al: Noncutaneous systemic mastocytosis and mast cell leukemia in a dog: case report and literature review, JAA-

HA 17:361-368, 1981.7. O’Keefe DA, Couto CG, Burke-Schwartz C, et al. Systemic mastocytoris in 16 dogs. JVIM 1987;1:75-80.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Maurizio Annoni - Clinica Veterinaria Tibaldi, Viale Tibaldi 66, 20136 Milano (MI), ItaliaTel. 0258106826 - Cell. 3385629659 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

311

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 311

Page 341: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

INVESTIGATION OF THE EFFECT OF ANESTHETIC,EUGENOL AND ETHER ON RAINBOW TROUTBLOOD GLUCOSE RATE IN RE-CIRCULATORY SYSTEM

M. Behrooz, Student of veterinary medicine1, J. Mortezavi, PHD,Department of Aquatic Disease2, M. Rafie Saran, Student of Veterinary Medicine3

1 Student of veterinary medicine, Islamic Azad University, Tabriz Branch-Iran.Member of scientific association of veterinary group., Tabreez, Iran

2 Department of Aquatic Disease, Faculty of Veterinary Medicine, University of Islamic Azad, Tabriz Branch-Iran, Tabreez, Iran

3 Student of Veterinary Medicine, University of Islamic Azad, Tabriz, Iran. Member of young research Club, Tabreez, Iran

Topic: Anaesthesia

Introduction. Comparison of effect of super intensive breeding of fish in re-circulatory system against othersystems.Description of the case. This investigation was carried out to determine the effect of Anesthetic on 12 Rainbow Trout whilst un-der the influence of Eugenol and Ether and after recovery. Twelve Rainbow Trout with average weight of 250 +/- 10 gram weredivided in to 4 groups. Group one was used as a controlled group and group 2 - 4 were used for testing purposed. Rainbow Troutin Group 2 - 4 were administered with 50mg lit-1, 150mg lit-1 and 250 mg lit-1 of Eugenol and then with 0.1ml lit-1, 0.3 ml lit-1 and 0.6 ml lit-1 of Ether respectively. Two blood samples were taken from the group above group; one whilst under the influ-ence of Anesthetic and the other after recovery and one blood sample was also taken from the controlled group.After separat-ing Serum, glucose rate were measured/determine for each sample using Spectrophotometer, the result of which is shown in thebelow.Conclusions. Average Glucose rate was also measured for the control group to be 16.6 mg dl-1.The above statistical analysiswas carried out using T-Test Analysis. In the studies, Graane et al (1963) and Schweizer et al (1967) observed that Ether hasminimal effects on the blood glucose levels1,3. Holloway et al (2009) observed that fish significantly increased plasma cortisoland glucose levels after use of clove Oil and MS-222 (0/05>p)2. The Analysis of the above result shows that there is not muchdifference between the two sets of results using Eugenol and Ether.This also shows that the changes in Glucose rate were notsignificant in the Re-circulatory system.

Bibliography

1. Greene NM.(1964) Inhalation anesthetics and carbohydrate metabolism.Postgrad Med J 40, 223.2. Holloway AC, Keene JL, Noakes DG et al.(2004) Effects of oil and ms-222 on blood hormone profiles in rainbow trout oncorhynchus mykiss, walbaum.

Aqua Res J 35,1025-1030.3. Schweizer O, Howland WS, Sullivan C et al.(1967) The effect of ether and halothane on blood levels of glucose, pyruvate, lactate and metabolites of the

tricarboxylic acid cycle in normotensive patients during operation. Anes J 28,814-822.4. Wagner GN, Singer TD, Mckinley RS.(2003) The ability of clove oil and ms-222 to minimize handling stress in rainbow trout(oncorhynchus mykiss wal-

baum). Aqua Res J 34,1139-1146.

Corresponding Address:Dr. Moein Behrooz, 57Th Edalat-Anahid Apartment, Gorgan/Golestan/4917846579, IranPhone 01715530890 - Mobile 09380383500 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

312

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 312

Page 342: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

LA PROSTATA NEL FURETTO: STUDIO ANATOMICO COMPARATIVO FRA SOGGETTI INTERI E STERILIZZATI

P. Bo, dvm, spcaa1, D. Zambelli, dvm, ecar, prof ass2, N. De Sordi, Tecnico lab3, A. Grandis, dvm, ricercatrice3

1 Libero professionista, Bologna, Italia2 Dipartimento Clinico Veterinario, Facoltà di Medicina Veterinaria, Bologna, Italia

3 Dipartimento di Morfofisiologia Veterinaria e Produzioni Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria, Bologna, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Scopo del lavoro. Nei Mustelidi, una delle patologie più frequenti è l’iperadrenocorticismo, o malattia surrenalica, la quale in-teressa in percentuale uguale sia i maschi sia le femmine. In particolare, nel maschio, poiché questa patologia determina un au-mento di ormoni sessuali1, si può riscontrare in concomitanza una ipertrofia prostatica anche nei soggetti sterilizzati di oltre 2anni di età2. La scarsità di dati riguardanti l’anatomia di questo animale e la presenza di informazioni errate riportanti addirittu-ra l’assenza della prostata in questa specie, ha portato a sottostimare fino ai tempi più recenti le patologie prostatiche. Questolavoro si propone quindi di svolgere uno studio anatomico macro- e microscopico della prostata in furetti interi e sterilizzati perrilevarne le loro eventuali differenze.Materiali e metodi. Per lo studio anatomico macroscopico sono stati impiegati un furetto maschio intero e quattro castrati, de-ceduti per patologie non riguardanti l’apparato urogenitale. Per evidenziare la topografia della prostata, su questi soggetti è sta-ta effettuata una dissezione in decubito laterale destro con asportazione della parete laterale sinistra e dell’arto omolaterale. Tut-te le osservazioni venivano documentate mediante fotocamera digitale e le immagini ottenute sono state elaborate al computer.Inoltre, sul soggetto intero e su due furetti sterilizzati, la prostata è stata immediatamente asportata e fissata in liquido di Bouin,disidratata, chiarificata, inclusa in paraffina e quindi tagliata in sezioni seriali di 10 micrometri. I vetrini così ottenuti sono sta-ti colorati con tricromica di Masson e successivamente osservati al microscopio ottico.Risultati. L’indagine macroscopica ha consentito di evidenziare che la prostata è situata a partire dalla terminazione del collodella vescica e si estende per circa 15 mm caudalmente ad esso. Nel soggetto intero assume forma globosa, raggiungendo nelpunto di massima ampiezza gli 8 mm di spessore ed i 6 mm di larghezza; nel soggetto sterilizzato presenta, invece, forma piùaffusolata con spessore e larghezza massimi di circa 5 mm. L’osservazione al microscopio ottico del soggetto intero ha consen-tito di dimostrare che la prostata compare cranialmente, in corrispondenza della superficie dorsale del collo della vescica, perespandersi poi lateralmente alla parte terminale e completarsi infine ventralmente ad essa, andando così a costituire un anellocompleto. Nel punto di suo massimo sviluppo risulta attraversata, nella sua parte dorsale, dalla terminazione nell’uretra dei duedotti deferenti. Più caudalmente, la ghiandola si riduce ed appare divisa in due porzioni, dorsale e ventrale, ad opera di tessutoconnettivo e fasci muscolari che si dispongono lateralmente all’uretra. Si riduce poi progressivamente in senso dorso-ventrale,cosicché l’ultima porzione del parenchima si trova localizzata esclusivamente ventralmente all’uretra.Nel soggetto sterilizzato, la posizione della ghiandola, rispetto all’uretra, appare analoga a quella del soggetto intero, tuttavia iltessuto ghiandolare risulta considerevolmente ridotto anche nel punto di sua massima estensione.Conclusioni. La prostata nel soggetto intero, così come descritto da Jacob e Poddar3, risulta essere una ghiandola tubuloalveo-lare composta, circondata da uno stroma fibromuscolare da cui originano trabecole di diverse dimensioni che, a differenza delcane, suddividono il parenchima ghiandolare in lobuli irregolari. Non si nota, inoltre, una parte disseminata. Nel soggetto steri-lizzato il tessuto ghiandolare è rappresentato da alcuni adenomeri tubuloalveolari disseminati nell’abbondante stroma fibromu-scolare La maggior parte degli adenomeri mostra segni di regressione: epitelio più basso rispetto a quello del soggetto intero,lume ridotto e scarso contenuto di secreto. In conclusione, è ipotizzabile, quindi, che la limitata riduzione nel volume dallaghiandola, osservata macroscopicamente, sia dovuta al fatto che, il tessuto ghiandolare viene sostituito, in parte, da connettivo.

Bibliografia

1. Brown SA - “Prostate Disease in Ferrets” Veterinary Information Network Inc, www.sciencedirect.com Accessed March 13, (2002).2. Lennox AM - “How I Manage Endocrine Disorders in Ferrets” in: NAVC Proceedings 2007, Internet Publisher: International Veterinary Information Ser-

vice, Ithaca NY (www.ivis.org) (2007).3. Jacob S e Poddar S - “Morphology and histochemistry of the ferret prostate. Acta Anat 125 4: 268-273 (1986)

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Pierfrancesco Bo - Studio Veterinario Associato Dr. Bo - Dr. Genocchi, Via Della Libertà 5, 40059 Medicina (BO), ItaliaTel. 051/857362 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

313

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 313

Page 343: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

MALASSEZIA IN CITOLOGIA AURICOLARE: PATOGENO O COMMENSALE?

E. Chiavassa, DVM1, A. Vercelli, DVM1, M. Beccati, DVM, PhD2, M. Pasquetti, DVM3

M. G. Gallo, Biologo3, A. Peano, DVM, PhD3

1 Libero professionista, Torino, Italia2 Libero professionista, Capriate S. Gervasio (Bg), Italia

3 Dip. Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Torino, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. Malassezia pachydermatis è un lievito lipofilo potenziale causa secondaria/aggravante l’otite esterna nel cane,ma che può essere ritrovato anche in orecchie di animali sani. Per questo aspetto e la multifattorialità della patologia auricolare,spesso la valutazione della correlazione tra la popolazione di questo lievito e il segno clinico osservato risulta difficile. L’esamecorrentemente utilizzato è quello citologico, in cui si va a ricercare e conteggiare il numero di lieviti presenti per una valutazionesemiquantitativa. Scopo del lavoro è stato quello di valutare il ruolo di Malassezia nell’otite esterna del cane contribuendo a va-lidare i limiti semiquantitativi riconosciuti per attribuire un ruolo patogeno al lievito ritrovato in citologia auricolare.Materiali e metodi. Sono state valutate singolarmente orecchie (n= 136) di animali sani e orecchie (n= 150) di animali portatia visita per segni di otite. La gravità del processo patologico veniva valutata attribuendo un punteggio ad alcuni segni clini-ci/otoscopici (prurito, dolore, odore “cattivo”, eritema, cerume ecc.). Venivano effettuati tamponi auricolari poi rotolati su ve-trini da microscopia. Questi venivano fissati alla fiamma e colorati con Hemacolor®. Si procedeva ad osservazione a 40 X pervalutare il numero medio di lieviti (Malassezia) in 5 campi diversi. Veniva effettuata anche una valutazione della presenza di bat-teri patogeni tramite citologia e successiva coltura. Si è proceduto a valutare la presenza di Malassezia nelle due popolazioni stu-diate utilizzando due cut-off (5 e 10) proposti in letteratura per definire il limite di “normalità” del numero di lieviti auricolare.Per gli animali con otite è stata poi valutata la correlazione tra gravità della sovracrescita di Malassezia e i corrispondenti sco-res di gravità clinica.Risultati. Poche orecchie sane presentavano valori di Malassezia superiori ai limiti utilizzati: sei orecchie > 5 e tre > 10. Que-sti risultati conferivano alla valutazione citologica di Malassezia secondo i cut-off indicati un valore di specificità rispettivamentedel 95,6 e 97,8%. Dato che Malassezia è considerata una causa secondaria di otite e che questa può dunque verificarsi (almenoinizialmente) senza una compartecipazione del lievito (o di altri agenti patogeni, come i batteri) è stato più difficile valutare qua-le limite presentasse anche la migliore sensibilità. Per questo calcolo abbiamo quindi valutato i cut-off in base alla risposta allaterapia specifica antimicotica in orecchie con otite e sola presenza di Malassezia (n= 52, le altre sono state escluse o perché noncontenevano Malassezia o perché avevano altri agenti patogeni, considerati come fattori di confondimento dell’analisi). È statovalutato come, utilizzando il limite di 5, ci fosse una differenza statisticamente significativa nel numero di orecchie che con-temporaneamente guariva clinicamente e vedeva scendere sotto il cut-off Malassezia, rispetto ad orecchie che mantenevano siai sintomi clinici sia il lievito (Test Chi-quadro 4,79; p = 0,028). Tale significatività non era presente se il cut-off veniva sposta-to a 10 (Test Chi-quadro 2,60; p = 0,11). Per ciò che concerne la correlazione tra gravità della sovracrescita del lievito e gravi-tà dei segni clinici, il test di Pearson non restituiva un esito statisticamente significativo (p = 0,17).Conclusioni. Tra i cut off studiati il migliore sembra essere quello di 5 lieviti per campo a 40X. È, infatti, un limite che per-mette di mantenere un’elevata specificità e sensibilità. Per la valutazione di quest’ultima si è ricorsi alla valutazione della cor-relazione guarigione Malassezia/ guarigione clinica. In pratica, in termini più semplici, se il cut-off passava da 5 a 10, non ve-nivano più considerate con sovracrescita alcune (n= 6) orecchie che pure guarivano in modo correlato alla scomparsa del lievi-to. Questo dimostrava che anche un basso numero di lieviti (tra 5 e 10) poteva essere correlato con la patologia auricolare pre-sente. Il possibile ruolo patogeno anche a basse cariche e la mancata correlazione tra gravità dei segni clinici e grado di sovra-crescita di Malassezia stanno ad indicare che nella patogenesi di questa infezione il dato semiquantitativo è solo uno degli aspet-ti, e che, similmente a quanto ipotizzato in letteratura, ci può essere una ipersensibilità al lievito stesso che esita in sintomi cli-nici anche gravi. Per questo motivo anche il limite di 5 elementi per campo, che pure rappresenta una buona indicazione per ilgiudizio del clinico, dovrebbe sempre essere preso come dato indicativo ed associato a elementi clinici, anamnestici, di razzaecc. Sarebbe auspicabile in futuro provare ad applicare metodiche diagnostiche alternative a tecniche quantitative, come skin-test, valutazione di IgE, di citochine infiammatorie ecc.

Bibliografia

Ginel PJ, Lucena R, Rodriguez JC, Ortega J. A semiquantitative cytological evaluation of normal and pathological samples from the external ear canal of dogsand cats. Veterinary Dermatology, 13, 151-156, 2002.

Rosychuk RAW. Management of otitis externa. Veterinary Clinics of North America ; 24: 921–52, 1994.Rausch FE, Skinner GW. Incidence and treatment of budding yeast in canine otitis externa. Modern Veterinary Practice 59: 914-15, 1978.Scott DW, Miller WH, Griffin CE. Small Animal Dermatology, 6th edn. Philadelphia, WB Saunders Co, 2000.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Andrea Peano - Facoltà Medicina Veterinaria, Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

314

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 314

Page 344: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TRANS EPIDERMAL WATER LOSS (TEWL) IN ATOPIC AND HEALTHY DOGS: A COMPARATIVE STUDY

L. Cornegliani, dr. dip ECVD1, A. Vercelli, dr. dip CES Derm2, E. Sala, dr. PhD3

1 Ambulatorio veterinario associato, Torino, Italia2 Ambulatorio veterinario associato, Torino, Italia3 Università degli Studi di Milano, Milano, Italia

Topic: Dermatology

Purpose of the work. Trans epidermal water loss (TEWL) is defined as the volume of water that passes from inside to outsideof the body through the epidermal layer. In people it has been used to evaluate skin barrier function in dermatological diseases.Higher is the TEWL, lower is the skin barrier function. Measurement of skin hydration is considered useful to monitorize hu-man skin diseases, especially in eczema and allergic diseases. In canine atopic dermatitis TEWL is considered important factorof impaired barrier functions. For these reasons, the aim of this study was to compare TEWL in atopic and healthy dogs.Materials and used methods. 50 Atopic and 50 healthy dogs were included in the study. Diagnosis of atopic dermatitis was pre-viously performed according to Willemse criteria and by exclusion of all other pruritic skin diseases. 50 atopic dogs (group A)were selected in absence of specific treatment for allergic disease; 50 healthy dogs (group B) were animal coming to our clinicfor annual vaccination. Patients younger than 1 year or older than 10 years were excluded. The clinical study was done in win-tertime from December 2009 to February 2010. TEWL measurements were performed on the left ear, without clipping, with aVapometer® SWL-3 (Delfin Technologies Ltd) and they were carried out by a single operator in nonclimate-controlled room.Room condition was stable at 22-23°C ambient temperature and 45% ambient relative humidity. All the animals were acclimatedat least 60 minutes.Calculations were executed with SPSS (vs 17). As the distribution of TEWL was not Normal, we used Mann-Whitney test to com-pare two groups and a P-value < 0.05 was considered to be significant. Kruskal -Wallis test was applied to compare dogs’ gen-der, breed.Outcomes. The P-value resulted 0,0000<0,05 for TEWL groups (A and B), while for gender and breed was >0,05. The meansof two TEWL groups resulted: 22,47 (group A, 95% confidence interval for mean was 20,85-24,09), 8,81 (group B, 95% confi-dence interval for mean was 8,09-9,52).Conclusions. In humans with atopic dermatitis, TELW, as a marker of barrier function, was already four-folds increased in le-sional skin, compared to normal skin. In our study we obtained similar results between groups A and B. It has been reportedthat TEWL varies during the day and the body side of measurements. On the other hand ears are been previously identified asthe best side of the body to take data, because of low variability of measurements. Further studies are required to evaluate theimportance of TEWL measurements in dogs with allergic skin diseases. The P-values <0,05 and the great difference between thetwo groups suggest skin hydration should be controlled in dogs with skin diseases.

Bibliography

1. Oh WS, Oh TH: Measurement of trans epidermal water loss from clipped and unclipped anatomical sites on the dog. Australian Veterinary Journal, 87(10): 409-412, 2009.

2. Shimada K, Yoshihara T, Yamamoto M, Konno K, Momoi Y,Nishifuji K, Iwasaki T: Transepidermal water loss (TEWL) reflects skin barrier function ofdog. Journal of Veterinary Medical Science 70 (8): 841-843, 2008.

3. Proksch E, Folster-Holst R, Jensen JM: Skin barrier function, epidermal proliferation and differentiation in eczema. Journal of Dermatological Science,43: 159-169, 2006.

4. Yoshihara T, Shimada K, Momoi Y, Konno K, Iwasaki T: A new method of measuring the trans epidermal water loss (TEWL) in dos skin. Journal of Ve-terinary Medical Science 69 (3): 289-292, 2007.

5. Lau-Gillard PJ, Hill PB, Chesney CG, Budleigh C, Immonen A: Evaluation of a hand-held evaporimeter (VapoMeter®) for the measurement of trans epi-dermal water loss in healthy dogs. Veterinary Dermatology 3. (on line in advance of print), 2009.

Corresponding Address:Dott.ssa Luisa Cornegliani, C.so Traiano 99/d, 10135 Torino (To), Italia - Cell. 338/8536035 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

315

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 315

Page 345: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI LIPOBLASTOMA IN UN CANE

R. Finotello, DVM, MRCVS1, V. Marchetti, DVM, PhD, SPCAA1, G. Baroni, DSc2, F. Dini, DVM1, S. Citi, DVM, SRV1, A. Poli, DVM, DECVP3, S. Dilollo, MD2

1 Dipartimento di Clinica Veterinaria, Università di Pisa, Pisa, Italia2 Dipartimento di Area Critica Medico Chirurgica Sezione di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Firenze, Italia

3 Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti, Università di Pisa, Pisa, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il lipoblastoma è un tumore raro, benigno che origina da tessuto adiposo uniloculare embrionale, descritto in me-dicina umana quasi esclusivamente in neonati e bambini. L’80-90% dei casi si manifesta prima dei 3 anni di età. Presenta un’ec-cellente prognosi data la tendenza a non metastatizzare o invadere strutture adiacenti, mostrando però alta frazione di accresci-mento e raggiungendo grandi dimensioni. Il trattamento d’elezione è una chirurgia completa ma conservativa con basso tasso direcidiva locale1. Tale patologia può presentare difficoltà diagnostiche per similitudini con liposarcoma mixoide. In medicina ve-terinaria esiste ad oggi una sola segnalazione in un vitello2.Descrizione del caso. Un cane meticcio di 10 anni, femmina intera, 16 kg di peso corporeo, body condition score 7/9, era riferitoper distensione addominale presente da 3 mesi e ingravescente, abbattimento, anoressia, e vomito ricorrente. All’esame fisico si ri-levavano polipnea, mucose anemiche e una massa addominale, dai limiti indefinibili, che ne modificava il profilo. Esame emocro-mocitometrico e profilo biochimico completo evidenziavano leucocitosi con leucogramma da stress, severa anemia normocitica enormocromica, iposideremia, moderata ipoglicemia e severo aumento della fosfatasi alcalina. Profilo coagulativo ed esame delleurine non mostravano alterazione alcuna. All’esame ultrasonografico dell’addome si osservava una lesione a complex mass occu-pante quasi interamente la cavità addominale. Si osservava idronefrosi del rene destro con dilatazione dell’uretere ipsilaterale percompressione. Il preparato citologico da biopsia eco-guidata appariva paucicellulare, con numerosi nuclei nudi, vacuoli lipidici, al-cune cellule fusate talvolta multinucleate contenenti vacuoli rotondi, con moderata anisocariosi e nucleoli prominenti. Si formula-va sospetto di liposarcoma. Lo studio radiografico del torace nelle 3 proiezioni standard non evidenziava anomalie. In sede laparo-tomica veniva asportata una massa cerebroide, di 5 kg, originante dal legamento sospensore dell’ovaio. Per aderenza tra massa erene destro, veniva eseguita nefrectomia. Nel periodo post-operatorio le condizioni del soggetto miglioravano rapidamente e i va-lori emato-biochimici rientravano nei limiti di normalità. All’esame istopatologico si evidenziava proliferazione cellulare costitui-ta prevalentemente da adipociti maturi con pleomorfismo dimensionale senza evidente atipia nucleare. A forte ingrandimento era-no riconoscibili alcuni lipoblasti. La neoplasia era immersa nel contesto di sottile stroma reticolinico e mixoide, e saltuariamentesepimentata da tralci di collageno denso. Si emetteva diagnosi differenziale (DD) di liposarcoma mixoide e lipoblastoma. Poichéin termini prognostici le diagnosi possibili erano significativamente diverse, veniva eseguito un approfondimento istochimico (IC)ed immunoistochimico (IHC). Sezioni rappresentative della lesione erano sottoposte ad IC ed IHC in parallelo con sezioni di lipo-ma maturo e liposarcoma mixoide. Per IC si utilizzava colorazione Masson Tricromica, Van Gieson ed Alcian Blu pH 2,5. ConMasson Tricromica, e Van Gieson era confermata la presenza di tralci di collagene, con Alcian Blu si rilevavano depositi di muco-polisaccaridi acidi (AMPS) nello stroma mixoide. Lipoma maturo e liposarcoma mixoide presentavano: assenza di collagene eAMPS il primo, assenza di collagene ed abbondante e diffusa presenza di AMPS il secondo. Per l’indagine IHC veniva utilizzatoun pannello comprendente l’anticorpo anti-CD31 (clone 1A10), anti-Ki67 e anti-EPO-r. Nel caso in esame, la proliferazione neo-plastica era sostenuta da un ricco pattern vascolare di tipo plessiforme (anti-CD31) e indice di proliferazione (anti Ki-67) inferioreal 5% (1-2/10 HPF). Nello stroma mixoide si evidenziavano piccoli focolai di ematopoiesi extramidollare (anti-EPO-r.). Il lipomamaturo presentava piccoli capillari ematici, assenza di emopoiesi e di documentabile indice di proliferazione, mentre il liposarco-ma mixoide mostrava una ricca vascolarizzazione, assenza di emopoiesi ed indice di proliferazione elevato. Le indagini IC e IHCin associazione ai dati morfologici permettevano di emettere diagnosi conclusiva di lipoblastoma. A 6 mesi dalla chirurgia il sog-getto si presentava in buone condizioni generali e senza evidenza di recidiva o malattia a distanza.Conclusioni. Questo lavoro rappresenta la prima segnalazione di lipoblastoma nel cane, neoplasia benigna descritta in pazientiumani fino ai 3 anni di età. La DD di questa neoplasia è il liposarcoma mixoide, dal quale viene differenziata mediante IC eIHC. Nel nostro caso, trattandosi di paziente anziano e senza precedenti segnalazioni in letteratura, è risultato particolarmenteimportante l’ausilio di tecniche diagnostiche avanzate per discriminare tra 2 neoplasie con outcome sensibilmente diverso. L’im-portante risentimento sistemico del soggetto può essere imputato ad una diagnosi tardiva, e può riflettere un processo cronicosia per l’iposideremia che per il profilo ematologico. Ulteriori approfondimenti sarebbero opportuni per chiarire il meccanismopatogenetico responsabile dell’ipoglicemia.

Bibliografia

1. Saifzadeh S et al. (2007) Congenital lipoblastoma in a neonate calf: first report in veterinary literature. Vet Dermatol, 18(2):130-3.2. Kok KY et al. (2010) Lipoblastoma: Clinical Features, Treatment, and Outcome. World J Surg, in press.

Indirizzo per corrispondenza:Riccardo Finotello, DVM, MRCVS - Dipartimento di Clinica Veterinaria, Università di Pisa, Via Livornese lato monte56122 San Piero a Grado (Pisa) (PI), Italia - Tel. 050/2210119 - Cell. 333/9090654 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

316

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 316

Page 346: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DERMATOSI ATIPICA NEL CONIGLIO DA COMPAGNIA (ORYCTOLAGUS CUNICULI)

S. Silvetti, DVM1, C. Gelmini, DVM2

1 Libero Professionista, Miasino (No), Italia2 Libero Professionista, Amb. Veterinario Vallecamonica, Darfo Boario Terme (Bs), Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La dermatologia del coniglio è da sempre stata studiata, in Medicina Umana, come modello per la fisiologia e lapatologia cutanea o per lo studio di test carcinogenetici, tossicologici, di fototossicità. Poco però si è fatto sinora, per lo studiodella Clinica dermatologica vera e propria del coniglio da compagnia.Le patologie cutanee del coniglio sono convenzionalmente raggruppate in: comportamentali, metaboliche, traumatiche, parassi-tarie, infettive e neoplastiche. Spesso mute eccessive sono confuse con problemi dermatologici poiché nei conigli domestici siassiste a massicce perdite di pelo che lasciano scoperte più o meno ampie aeree di cute alopecica. Questi episodi non sono pre-senti nelle popolazioni di conigli selvatici e sembrano essere dovuti alla selezione delle razze e varietà presenti sul mercato.Descrizione del caso. Nel Novembre del 2007 si presenta alla visita semestrale per il richiamo vaccinale, una coniglia femmi-na sterilizzata, di circa 3 anni di età. Alla visita si riscontra rarefazione del pelo, poca forfora a carico delle orecchie, dorso na-so e contorno occhi, non si segnala prurito; le lesioni risalivano all’Aprile precedente. Sono state trattate da un Collega con te-rapia topica a base di econazolo e per os con itraconazolo, non correttamente somministrato. Dopo la visita sono stati eseguitiuna coltura micotica su DTM e raschiati cutanei, risultati negativi. Su sospetto di una iniziale infestazione atipica di Sarcoptes,si inizia una terapia a base di Ivermectina a 300 µg/kg ed applicazioni di Clorexydina al 4% giornaliere. Viene riferito un leg-gero miglioramento. A Febbraio 2008 si assiste ad un peggioramento delle lesioni con estensione delle aree in precedenza co-involte. Si eseguono nuovi raschiati, scotch test e tricogrammi risultati negativi. Si decide di eseguire delle biopsie cutanee a li-vello della superficie esterna dei padiglioni auricolari, alla base delle orecchie e regione dorsale del tronco. Il referto riferisce diuna dermatite cronica linfocitaria da perivascolare a interstiziale con atrofia follicolare e fibrosi, anche se non si riconosce unpattern ben definito. Viene consigliato di indagare sull’esposizione a sostanze irritanti ambientali, allergie, problemi interni qua-li timoma o linfoma renale. Si decide di cambiare luogo di detenzione del coniglio; viveva in gabbia e su cemento e viene spo-stato su una superficie tipo linoleum, le terapie vengono interrotte. Si rivede la paziente a Maggio 2008 per un aggravamento eduna estensione delle aree alopeciche che si estendono a tutto il dorso con presenza di eritema e prurito, nonostante gli esami col-laterali negativi si decide di insistere con la terapia per Cheyletiella abbinando la terapia topica (Neoforactil®) con quella siste-mica con Ivermectina al dosaggio di 500 µg/kg; si assiste solo ad un iniziale miglioramento. Passati circa 60 giorni e visto ilcontinuo progredire delle lesioni, si ripetono le biopsie in diverse aree (padiglione auricolare, dorso del naso, scapola) e si ese-gue un prelievo ematico per un esame emocromocitometrico, emobiochimico ed elettroforetico del siero. Gli esami ematobio-chimici sono risultati entro i parametri di riferimento, i risultati dell’esame elettroforetico sono di difficile interpretazione vistala scarsità di campioni analizzati in quel Laboratorio. Il referto bioptico parla di stadi evolutivi diversi, la localizzazione del-l’infiltrato non è sempre la stessa e complica quindi l’interpretazione. Sembra che l’infiltrato abbia come sede preferenziale laregione media del follicolo, sede delle ghiandole sebacee dove è situata la zona istmica. La diagnosi potrebbe pertanto esserecompatibile con follicolite linfocitaria dell’istmo (pseudopelade) e conseguente coinvolgimento secondario delle ghiandole ocon una adenite sebacea a diversi stadi evolutivi, non si esclude inoltre possa trattarsi di una dermatite linfocitaria a causa sco-nosciuta suggerendo indagini collaterali che peraltro erano già state suggerite nella diagnosi precedente.Conclusioni. Questo caso vuole porre l’attenzione su un’area della medicina del coniglio domestico che spesso viene un po’sottovalutata, credendo che i disturbi dermatologici siano sempre riconducibili ad eziologie che, anche se piuttosto frequenti,non rappresentano la totalità. Il caso conduceva ad un vasto diagnostico differenziale: dermatite micotica, dermatite parassita-ria, muta anomala, adenite sebacea, sindrome paraneoplastica.L’esito delle biopsie ha evidenziato una importante flogosi linfocitaria come causa dell’alopecia. I referti però, non sono riusci-ti a classificare con chiarezza questa sindrome dermatologica che potrebbe non avere precedenti in letteratura. Sfortunatamentenon è stato possibile seguire il caso con successivi approfondimenti o terapie (ciclosporina, cortisonici) a causa del decesso delpaziente per cause traumatiche.Ringraziamenti. Si ringrazia il prof. Paola Roccabianca, il prof. Francesca Abramo, il prof. Francesco Albanese ed il Labora-torio S. Marco.

Bibliografia

F. Harcourt-Brown, Textbook of Rabbit Medicine, Elsevier Science, 2002.J. W. Carpenter, Exotic Animal Formulary, III Ed Elsevier Inc., 2005.J. R. Jenkins, The Veterinary Clinics of North America, Dermatology, May 2001, pp 543-565.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Sergio Silvetti, Via Per Armeno, 1, 28010 Miasino (NO), ItaliaTel. 0322/980907 - Cell. 340/1441276 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

317

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 317

Page 347: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI DIROFILARIOSI NODULARE CUTANEA IN UN CANE IN AREA NON ENDEMICA

G. Ghibaudo, Dott. Med. Vet.1, A. Vercelli, Dott. Med. Vet., Dipl. CES2,D. Falcioni, Dott. Med. Vet.3, L. Cornegliani, Dott. Med. Vet., Dipl. ECVD4

1 Libero Professionista, Fano, Italia2 Ambulatorio Veterinario Associato, C.so Traiano 99/d, 10135, Torino, Italia

3 Ambulatorio Veterinario Dr. Gaudenzi, Via del Carso, 18, 61100, Pesaro, Italia4 Ambulatorio Veterinario Associato, C.so Traiano 99/d, 10135, Torino, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Introduzione. La dirofilariosi cutanea causata da Dirofilaria spp è occasionalmente riportata nel cane, e recentemente lo è sta-ta in Italia centrale (Lazio, Toscana e Umbria).Nel cane, il ciclo parassitario è caratterizzato dal parassita adulto che vive nei noduli cutanei, mentre le microfilarie si trovanogeneralmente nel sangue periferico. Le zanzare del genere Aedes e Culex sono i principali vettori della parassitosi.Nei cani sono state riportare eruzioni pruriginose papulo-pustolari e dermatite ulcerative associate con microfilaremia cutanea.Le microfilarie si trovano sia nel sangue periferico sia nelle lesioni piogranulomatose dermiche. Gli adulti di Dirofilaria repenspossono localizzarsi in modo ectopico a livello sottocutaneo e indurre lesioni nodulari. Lo scopo di questa comunicazione libe-ra è riportare un caso di dirofilariosi nodulare cutanea in un’area non endemica dell’Italia centrale (Pesaro, Marche) in un cane.Descrizione del caso. Un cane di razza American Staffordshire Terrier, 8 anni di età, sesso femminile, è stato riferito alla visi-ta clinica dermatologica. Il proprietario riportava la presenza di un nodulo sottocutaneo nell’area fronto-temporale della testa dacirca 2 mesi. Il cane, all’esame obiettivo generale, appariva in buone condizioni cliniche. All’esame obiettivo particolare der-matologico, si evidenziava un nodulo, non dolente, ben circoscritto e di consistenza sodo-elastica delle dimensioni di 3,5 cm indiametro. Si eseguiva come primo esame complementare l’esame citologico per ago infissione. La citologia, allestita con colo-razione Romanowsky modificata, evidenziava una popolazione cellulare di granulociti neutrofili e macrofagi, con alcune pla-smacellule ed istiociti; in alcuni campi si evidenziavano microfilarie. Il sospetto diagnostico era di lesione nodulare sottocuta-nea da Dirofilaria spp. e si effettuava il test di Knott che però era negativo. Anche il test sierologico ELISA per Dirofilaria im-mitis (SNAP® filaria - IDEXX) era negativo. L’esame emocromocitometrico, le radiografie toraciche e l’ecocardiografia eranonei valori di riferimento.Si procedeva all’esame istopatologico della neoformazione, tramite escissione chirurgica completa della parte. Il campione, se-zionato, era fissato in formalina al 10% ed inviato al laboratorio di referenza per essere allestito in ematosillina eosina. L’esameistopatologico evidenziava sezioni di un nematode adulto, compatibile con Dirofilaria spp, all’interno di una lesione piogranu-lomatosa; l’infiltrato dermico era principalmente caratterizzato da macrofagi, granulociti eosinofili e neutrofili, con alcuni lin-fociti e plasmacellule. Le colorazioni speciali, allestite con Ziehl-Neelsen e PAS non evidenziavano altri agenti patogeni.La diagnosi era di filariosi nodulare cutanea. Il cane riceveva cefalessina (ICFvet cpr, ICF) a 25 mg/kg/die per due settimane as-sociato ad ivermectina 10 microgrammi/kg (Cardotek-30 PLUS, Merial) orale e selamectina 6 mg/kg (Strongold, Pfizer) spoton. La somministrazione degli antiparassitari veniva ripetuta mensilmente durante tutta la stagione estiva, e si indicava al pro-prietario di applicare la selamectina mensilmente tutto l’anno. Il cane è stato seguito per oltre un anno, dopo l’escissione chi-rurgica nel nodulo, e non si sono verificate recidive o nuove lesioni dermatologiche.Conclusioni. La filariosi cutanea nel cane è raramente riportata nelle Marche, anche se negli ultimi anni le segnalazioni in me-rito sono in aumento. Le variazioni climatiche ed i viaggi degli animali al seguito dei proprietari, rendono necessaria una mag-giore sorveglianza clinica ed un trattamento farmacologico preventivo per tutti i cani in considerazione anche del rischio zoo-nosico di tale malattia.

Bibliografia

1. Pampiglione S, Rivasi F, Angeli G, Boldorini R, Incensati RM, Pastormerlo M, Pavesi M, Ramponi A: Dirofilariasis due to Dirofilaria repens in Italy, anemergent zoonosis: report of 60 new cases. Histopathology. 38(4):344-54, 2001.

2. Scaramozzino P, Gabrielli S, Di Paolo M, Sala M, Scholl F, Cancrini G. Dog filariosis in the Lazio region (Central Italy): first report on the presence ofDirofilaria repens. BMC Infect Dis., 26;5:75, 2005.

3. Mortarino M, Musella V, Costa V, Genchi C, Cringoli G, Rinaldi L.: GIS modeling for canine dirofilariosis risk assessment in central Italy. Geospat Health.2(2):253-61, 2008.

4. Fioretti DP, Diaferia M, Grelloni V, Maresca C. Canine filariosis in Umbria: an update of the occurrence one year after the first observation of autoch-thonous foci. Parassitologia. 45(2):79-83, 2003.

5. Tarello W. Dermatitis associated with Dirofilaria (Nochtiella) repens microfilariae in dogs from central Italy Acta Vet Hung. 50(1):63-78, 2002.6. Rossi L, Ferroglio E, Agostini A. Use of moxidectin tablets in the control of canine subcutaneous dirofilariosis. Vet Rec. 150(12):383, 2002.7. Cringoli G, Rinaldi L, Veneziano V, Capelli G. A prevalence survey and risk analysis of filariosis in dogs from the Mt. Vesuvius area of southern Italy.

Vet Parasitol. 13;102(3):243-52, 2001.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Giovanni Ghibaudo, Via A. De Gabrielli, 19, 61032 Fano (PU), Italia - Tel. 0721-805792 - Cell. 340/1577480 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

318

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 318

Page 348: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

RISULTATI DELL’INDAGINE SULL’OBESITÀ DI CANI E GATTI IN ITALIA

G. Febbraio, Med Vet, Phd1; M.C., Crosta, Med Vet2; S. Giussani, Med Vet Comportamentalista, Dipl ENVF3; G. L. Manara, Med Vet4; P.P. Mussa, Med Vet5; M. Petazzoni Med Vet6

1 Centro Veterinario Einaudi, Bari2 Clinica Veterinaria Gran Sasso, Milano

3 Busto Arsizio (VA)4 Trento

5 Dipartimento di Produzioni animali, epidemiologia ed ecologia, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Torino6 Clinica Veterinaria Milano Sud, Peschiera Borromeo, Milano, Italia

Area di interesse: Medicina interna

Scopo del lavoro. L’obesità è definita un incremento del peso corporeo ad un livello superiore al normale per una determinatataglia e corporatura dell’animale: un valore pari o superiore al 15% rispetto al normale è generalmente considerato indice di so-vrappeso mentre si parla di obesità quando il dato supera il 20%. In base ad uno studio condotto su cani e gatti da Hill’s, emer-ge che in Europa il tasso di sovrappeso ed obesità fisiologica è compreso tra 25 e 45%. Nel 2008 la Pet Obesità Task Force diHill’s Pet Nutrition ha condotto un’indagine relativa alla situazione italiana grazie alla collaborazione di 144 Medici Veterinariequamente ripartiti sul territorio.Materiali e metodi. È stato esaminato un campione di 5521 animali, il 70% composto da cani ed il 30% da gatti, condotti nel-le strutture mediche in seguito ad una visita di routine. Il campione osservato è stato giudicato esente da patologie organiche al-la base di obesità patologica. La condizione corporea di ogni paziente è stata valutata attraverso il sistema Body Condition Sco-re. Inoltre, il Medico Veterinario ha raccolto numerose informazioni compilando un questionario preformato: segnalamento (conparticolare riferimento alla taglia), attività gonadica (castrazione/ sterilizzazione), stile di vita (appartamento, giardino, box), ali-mentazione (casalinga, industriale, mista).Risultati. La specie felina mostra una maggiore propensione all’eccesso di peso rispetto alla specie canina. In particolare è so-vrappeso/ obeso il 46% dei gatti visitati contro il 36% dei cani. Il 57% dei cani possiede un peso ideale e il 10% è sottopeso. Leproblematiche di sovrappeso ed obesità sono correlate alla taglia dell’animale: il 40% dei cani sovrappeso/ obesi sono di tagliamedia e il 33% di taglia grande. A seguire, circa il 30% sono di taglia piccola, il 26% di taglia gigante e il 23% toy. La castra-zione e sterilizzazione sono fattori strettamente correlati al sovrappeso e obesità dell’animale. Il 79% dei gatti sono operati e, diquesti, il 53% risulta essere sovrappeso/ obeso. Solo il 29% dei cani, invece, è stato sottoposto all’intervento ma, anche di que-sti, il 54% mostra evidenti segni di sovrappeso/ obesità. Altro fattore di rischio per sovrappeso e obesità è lo stile di vita “do-mestico”: il 50% dei gatti sovrappeso vive in appartamento e il 36% in giardino. Il 39% dei cani sovrappeso vive in apparta-mento, contro un 33% in giardino. Il tipo di alimentazione è determinante nella prevenzione dell’obesità. L’alimentazione in-dustriale somministrata nelle giuste dosi, aiuta a prevenire sovrappeso e obesità. Nei cani, solo il 30% dei soggetti nutriti conalimentazione industriale ha problemi di sovrappeso ed obesità (contro un 64% che mantiene un peso ideale). La percentuale disovrappeso/ obesità sale al 40% nei soggetti nutriti con alimentazione casalinga e al 47% nei soggetti trattati con alimentazionemista. Nella specie felina, i soggetti nutriti con alimentazione industriale mostrano un dato di sovrappeso/ obesità pari al 46% eun dato pari al 45% di peso ideale, contro un 38% di sovrappeso/ obesità nei soggetti nutriti con alimentazione casalinga e benil 22% di sottopeso.Conclusioni. L’indagine svolta dalla Pet Obesità task Force italiana di Hill’s Pet Nutrition conferma che l’obesità negli anima-li da compagnia è un problema che rappresenta un fenomeno in crescita. A questo proposito è necessario un importante lavorodi sensibilizzazione e di informazione da parte dei Medici Veterinari. Formulare un corretto piano di razionamento e confermarlomediante periodiche pesate di controllo dell’animale, non è sufficiente: è necessario realizzare anche una valutazione compor-tamentale.

Bibliografia

Laflamme D. Development and validation of a body condition score system for cats. A clinical tool. Feline Pract 1997; 25 (5-6): 13-8.Harper EJ, Stack DM, Watson TD, Moxham G, Effects of feeding regimens on bodyweight, composition and condition score in cats following ovariohystérec-

tomie. J Small Anim Pract 2001; 42 (9): 233-8.Laflamme D.P., Kuhlman G., Lawler D.F. (1997) Evaluation of weight loss protocols for dogs, Journal of the American Animal Hospital Association, 33: 253-

259.Kienzle E., Berglery R. (2006) Human-Animal Relationship of Owners of Normal and Overweight Cats, American Society for Nutrition J. Nutr. 136: 1947S-

1950S.Marchesini R. (2004) L’identità del cane, Apeiron Editoria e Comunicazione S. r. l., Bologna.Sloth C. Pratical management of obesity in dogs and cats. J Small Anim Pratct 1992; 33: 178-82.

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

319

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 319

Page 349: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COLICA DA COSTIPAZIONE IN UN ELEFANTE INDIANO (ELEPHAS MAXIMUS)

P. Laricchiuta, Dr1,2, M. Campolo, Dr1,2, G. Svampa, Dr2,3, K. G. Friedrich, Dr4, C. Paolo, Dr5, D. Gelli, Dr6, F. Lomonaco, Dr7, O. Lai, Dr8

1 Centro Veterinario Einaudi, Gruppo CVIT, Bari, Italia2 Zoo di Napoli, Napoli, Italia

3 Museo Civico di Zoologia di Roma, Roma, Italia4 Fondazione Bioparco Roma, Roma, Italia

5 Giardino Zoologico di Pistoia, Pistoia, Italia6 Dipartimento of Scienze Cliniche Veterinarie, Università di Padova, Padova, Italia

7 Libero Professionista, Bari, Italia8 Dipartimento di Sanità Pubblica e Zootecnia, Università di Bari, Bari, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La costipazione, intesa come ritenzione prolungata di materiale fecale nel colon e nel retto, è frequentemente cau-sa di colica nel cavallo e nell’elefante (Plummer, 2009). Qui viene descritto un caso di costipazione del grosso intestino in unafemmina adulta di elefante indiano (Elephas maximus).Descrizione del caso. Una femmina di elefante indiano, età 30 anni, peso stimato 3500 kg, viene riferita allo staff veterinarioper anoressia, abbattimento alternato ad eccitazione, masticazione della proboscide, atteggiamenti compatibili con dolore coli-co e riduzione della produzione di feci, molto secche nei giorni precedenti e totalmente assenti nelle ultime 24 h. Sulla base del-l’anamnesi e delle condizioni cliniche, viene formulata una diagnosi di colica da costipazione. Il trattamento farmacologico ini-ziale ha seguito il protocollo terapeutico abitualmente adottato nella pratica clinica equina: flunixin-meglumine 1.1 mg/Kgq.i.d./t.i.d., N-butilbromuro di joscina/noramidopirina metansulfonato sodico 0.2 mg/kg t.i.d., ranitidina 1 mg/kg b.i.d. iniettatiin siti differenti (Fyrial & Nayreen, 2007). Il giorno seguente lo stato clinico dell’animale risultava peggiorato, per cui si è de-ciso sedarlo per effettuare una visita clinica accurata e il trattamento della costipazione. L’animale è stato sedato con 400 mg dixilazina e 400 mg di ketamina (Fowler & Mikota, 2006. Durante la procedura i parametri valutati sono rimasti nella norma: tem-peratura rettale 37°C, frequenza cardiaca 40/min, frequenza respiratoria 20/min, riempimento capillare 2 sec. e colorito roseodelle mucose. Si è proceduto quindi alla fluidoterapia con Ringer’s lattato (catetere venoso da 14 G nella vena auricolare) con-temporaneamente ad un clisma di 30 l di acqua mista a paraffina. Completate le procedure, l’animale è stato risvegliato antago-nizzando la xilazina con atipamezolo (atipamezolo-xilazina 1:8; Swan, 1993). 4 g di ceftiofur i.m. ogni 24 ore per 3 giorni so-no stati somministrati come copertura antibiotica, mentre si sono continuati flunixin meglumine s.i.d. per altri 3 giorni e raniti-dina 1 mg/kg b.i.d. per altri 10, entrambi in compresse mescolate al cibo. Il giorno successivo alla sedazione l’animale ha ini-ziato a mangiare foraggio fresco e frutta dopo aver espulso poche feci, con normalizzazione dell’appetito nelle 48 h seguenti,contemporaneamente all’eliminazione di quantità adeguate di feci e completa remissione dei segni di dolore colico. I parametriematologici e urinari rientravano nella norma, mentre le feci sono risultate negative per parassiti.Conclusioni. Parassiti, problemi dentari, elevato contenuto di fibra nella dieta, scarsità d’acqua e geofagia sono tutte cause predi-sponenti l’insorgenza di coliche nel cavallo (White, 2006) e nell’elefante (Du Toit, 2006). Soprattutto la somministrazione di fienodi buona qualità, insieme ad un’adeguata quantità di acqua disponibile per un numero sufficiente di ore, è considerata la misura pro-filattica più importante nella prevenzione della costipazione dell’elefante (Hatt & Causs, 2006). Anche la scarsità di esercizio vie-ne riconosciuto come fattore predisponente per l’insorgenza di costipazione nel cavallo e nell’elefante (White, 2006), per cui l’ex-hibit dovrebbe sempre consentire adeguate possibilità di movimento all’animale in cattività (Thompson, 1996).

Bibliografia

Du Toit JG (2006) Veterinary problems of geographical concern, Section I-Africa. “Biology, Medicine and Surgery of Elephants”, Fowler & Mikota eds. Black-well Publishing 439-444.

Firyal S & Nayreen A (2007) Elephant as Veterinary Patient. Pakistan Vet J 27(1):48-54.Fowler ME & Mikota S (2006) Chemical Restraint and General Anesthesia. “Biology, Medicine, and Surgery of Elephants” Fowler & Mikota eds, Blackwell

Publishing 91-118.Hatt JM & Clauss M (2006) Feeding Asian and African elephants Elephas Maximus and Loxodonta Africana in captivity. International Zoo Yearbook ZSL 40(1),

88-95Plummer AE (2009) Impactions of the small and large intestines. Vet Clin North Am Equine Pract 25(2): 317-27.Swan GE (1993) Drug used for the immobilization, capture, and translocation of wild animals. “The Capture and care manual” Mc Kenzie ed, Wildlife deci-

sion Support Series & South African Veterinary Foundation 2-64.Thompson KV (1996) Behavioral development and play. “Wild mammals in captivity” Kleiman, Allen, Thompson, Lumpkin eds, The University of Chicago

Press 352-371.White NA (2006) Equine Colic: II. Causes and risks for colic. Proceedings of the 52 Annual Convention of the American Association of equine practitioners.

Indirizzo per corrispondenza:Dr. Pietro Laricchiuta, Via V.V.Lenoci, 70126 Bari (BA), Italia - Cell. 3394482898 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

320

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 320

Page 350: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

TUMORI RENALI PRIMITIVI NEL GATTO: NON SOLO LINFOMA…!

E. Lepri, DVM, PhD, DECVP, A. Dentini, DVM, M. Sforna, DVM, PhD, C. Brachelente, DVM, PhD, DECVP, I. Di Matteo, DVM, G. Vitellozzi, DVM, Prof Ord

Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari Sezione di Patologia e Igiene Veterinaria. Facoltà di Medicina Veterinaria, Perugia, Italia

Area di interesse: Oncologia

Scopo del lavoro. I tumori renali primitivi nel gatto sono rari, ad esclusione del linfoma renale extranodale; una ricerca multi-istituzionale statunitense del 1999 segnala soltanto 19 tumori renali non linfomatosi in un periodo di 6 anni. I tumori renali neipiccoli animali sono considerati maligni nel 90% dei casi. I rari tumori benigni possono essere rappresentati da adenomi, fibro-mi o emangiomi; tra i tumori maligni, il 50-70% è di origine epiteliale, il 20% mesenchimale e il 10% embrionale. I tumori re-nali mesenchimali descritti nella classificazione WHO sono i tumori del tessuto fibroso (fibroma-fIbrosarcoma) e i tumori va-scolari (emangioma-emangiosarcoma). La prognosi è considerata riservata in relazione all’elevato tasso metastatico, valutato in-torno al 64% in generale, che sale fino al 100% per i carcinomi transizionali. I tumori mesenchimali maligni (sarcomi) sono ri-tenuti avere una prognosi peggiore rispetto ai carcinomi; tuttavia i casi riportati nel gatto sono troppo pochi per poter trarre in-dicazioni prognostiche. Scopo del lavoro è descrivere alcuni casi di tumori renali primitivi del gatto, con particolare attenzioneai tumori mesenchimali, cercando di descrivere aspetti diagnostici e biologici di questi tumori di rara segnalazione. Materiali e metodi. Sono stati riesaminati i casi di biopsie e pezzi chirurgici renali di gatto inoltrate al laboratorio nel periodo2005-2009. Risultati. Nel periodo in esame sono stati osservati 13 tumori renali primitivi non linfomatosi, tra cui 4 tumori epiteliali (un car-cinoma transizionale, un carcinoma papillifero, un adenocarcinoma misto papillifero/a cellule chiare ed un carcinoma tubulare)e nove tumori mesenchimali, rappresentati da tre tumori a cellule fusate (fibroma-fibrosarcoma), tre sarcomi anaplastici, unemangiosarcoma, un leiomiosarcoma ed un osteosarcoma extrascheletrico. La raccolta anamnestica e di follow-up è stata diffi-coltosa e limitata dalla natura retrospettiva dello studio. In 3 casi la presentazione clinica era aspecifica con malessere, anores-sia e dolorabilità addominale; in un solo caso era presente ematuria. In 2 casi il tumore renale è stato un reperto accidentale du-rante visite cliniche di routine. Le masse renali erano facilmente evidenziabili alla palpazione addominale in tutti i casi, varian-do in dimensioni tra 3 e 10 cm di diametro, ed in tutti i casi deformavano il profilo dell’organo (stadio T2). La terapia è statachirurgica in tutti i casi, senza terapie adiuvanti pre o post chirurgiche. Nei casi in cui sia stato possibile raccogliere informa-zione relative al decorso, gli animali hanno ben superato la fase post-chirurgica, con la sola eccezione del soggetto con eman-giosarcoma, deceduto una settimana dopo la nefrectomia. Nei casi in cui la causa di morte sia stata determinata, essa dipende-va dal tumore primitivo in due casi (sarcoma anaplastico con infiltrazione locale e osteosarcoma con metastasi peritoneali), conun ulteriore caso rappresentato da un reperto autoptico, in cui il tumore renale rappresentava verosimilmente la causa di morte(sarcoma anaplastico con metastasi polmonari); 2 soggetti godono attualmente di buona salute dopo 6-8 mesi dall’asportazionedel tumore (entrambi con tumori a cellule fusate), e due soggetti sono stati persi al follow-up. Conclusioni. Il linfoma è il tumore renale più comune nel gatto; abbiamo tuttavia scelto di escluderlo dalla casistica in quanto ca-ratterizzato da aspetti clinici, terapeutici e prognostici peculiari e non accomunabili agli altri tumori renali. Dalla seppur esiguacasistica osservata risulta una prevalenza di tumori mesenchimali rispetto agli epiteliali; questo dato potrebbe comunque essereinfluenzato dal basso numero di casi osservati. Tra i tumori mesenchimali osservati, il più comune (3 casi) appare il tumore a cel-lule fusate (fibroma-fibrosarcoma), con singoli casi di emangiosarcoma, leiomiosarcoma e di osteosarcoma extrascheletrico, tu-more renale estremamente raro se non eccezionale, con una singola segnalazione nel cane e nessuna, ad oggi, nel gatto. Tre casidi sarcoma anaplastico hanno mostrato un comportamento biologico peggiore rispetto ai tumori di diverso istotipo. Dalle pocheindicazioni estrapolabili dalla casistica si potrebbe dedurre che la prognosi dei tumori renali mesenchimali primitivi non è del tut-to sfavorevole dopo la sola asportazione chirurgica, con tempi di sopravvivenza di 6 mesi ed oltre. Tuttavia i casi riportati sonotroppo pochi per consentire considerazioni prognostiche. La raccolta prospettica di una più ampia casistica corredata di informa-zioni anamnestiche e di follow-up complete sarebbe necessaria per chiarire gli aspetti biologici di questi tumori.

Bibliografia

Henry CJ, Turnquist SE et al. Primary renal tumors in cats: 19 cases (1992-1998). J Feline Medicine and Surgery. 1999, 1: 165-170.Marconato L, Del Piero F. Oncologia Medica dei Piccoli Animali. Poletto editore, 2005.Maxie M, Newman SJ. The Urinary System. In Maxie M (ed). Jubb, Kennedy and Palmer's Pathology of Domestic Animals. Elsevier, 2007.Meuten DJ. Tumors of the Urinary System. In Meuten DJ (ed). Tumors in Domestic Animals. Iowa state press, 2002.WHO Histological classification of the tumors of the urinary system of domestic animals. AFIP, Washington D.C., 2004.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Elvio Lepri - Facoltà di Medicina Veterinaria, Via San Costanzo, 4, 06126 Perugia (PG), Italia Tel 075/5857629 - Cell 338 3149889 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

321

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 321

Page 351: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PREOPERATIVE NEOADJUVANT TREATMENT OF DIFFUSE MAMMARY ADENOCARCINOMA IN DOGS WITH DOXORUBICIN AND DOCETAXEL

M.N. Yakunina, PhD, E.M. Treshalina, PhD, A.A. Shimshirt, MSc, Phd student, K.V. Lisitskaya, MSc, PhD studentClinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology,

the Russian Academy of Medical Sciences, Moscow, Russia

Topic: Oncology

Purpose of the work. Dogs with diffuse form of mammary tumors and inflammatory carcinoma are often presented to primaryinspection in inoperable state1. Neoadjuvant therapy is treatment given prior to surgery to shrink a tumor that is inoperable inits current state, and also to prevent dissemination of tumor2. Neoadjuvant chemotherapy is the standard of care in human med-icine for patients with locally advanced and inflammatory breast cancer3. Recently, the combination of doxorubicin and doc-etaxel was used for adjuvant treatment in dogs with mammary cancer4.The aim of the study was to investigate the the efficacy of neodjuvant, preoperative treatment with combination of doxorubicinand docetaxel in dogs with diffuse form of mammary tumors and inflammatory carcinoma.Materials and used methods. A study was undertaken which comprised sixteen dogs with diffuse form of mammary tumors andinflammatory carcinoma which were presented to the Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol» during the period from No-vember 2008 to December 2009. The inoperability of mammary tumors was estimated on the basis of the size of the primary tu-mor, invasion in the underlying tissues and presence of skin metastases. The patients were divided into two groups: group 1(n=10) consisted of dogs with diffuse form of mammary cancer and group 2 (n=6) with inflammatory carcinoma.The animals in the two groups received two doses of doxorubicin at a dosage of 20 mg/m2 and docetaxel at a dosage of 20 mg/m2

given as a IV infusion 21 days apart.The response to treatment was evaluated with use of standard WHO criteria5. Complete response (CR) was estimated as com-plete disappearance of all detectable tumor nodes for at least 4 weeks; partial response (PR) was assessed as 25-50% reduc-tion in measurable tumor burden with no increase in the size of the other nodes; stabilization (S) was considered in case of 25%reduction/increase of the tumor, progression (P) – increase in the size of the tumor >25% or occurrence of the new lesions. Ob-jective response (OR) was calculated as CR+PR.Histologic response to preoperative chemotherapy was estimated according to following criteria: I grade indicated no signifi-cant changes in tumor architecture; II grade – 50-75% of tumor cell have evidence of necrotic changes; III grade – necrosis of75-99% tumor cell; IV grade – necrosis of 100% of the tumor.Outcomes. In group 1 OR was achieved in 6/10 (60%) cases, whereas CR was registered in one (10%) dog, and PR – in 5/10(50%) dogs. Stabilization was observed in 4/10 (40%) cases. Progression of the disease was not documented. Of the ten tumors,one (10%) had grade-III response, four (40%) had grade-II responses. Little response (grade I) were presented in 4/10 tumors.Histologic evaluation revealed no IV grade response. In all cases operability of the tumours was achieved.In group 2 OR was not documented. All dogs developed disease progression. The increase in volume of tumour and occurrenceof skin metastases were noted. In all cases operability of the tumours was not reached.Conclusions. The overall response to doxorubicin and docetaxel treatment in dogs with diffuse mammary cancer was achievedin 60% cases. We operability of the tumours was reached in all cases. These results allow us to recommend a preoperativeneoadjuvant treatment with combination of doxorubicin and docetaxel in dogs with diffuse mammary cancer. This combinationdid not lead to any response in dogs with inflammatory carcinoma.

Bibliography

1. Peña L, Dolores Perez-Alenza M, Rodriguez-Bertos A, Nieto A. Canine inflammatory mammary carcinoma: histopathology, immunohistochemistry andclinical implications of 21 cases.// Breast Cancer Research and Treatment 78: 141-148, 2003.

2. Neoadjuvant therapy// National Cancer Institute.3. Bear H. D., Anderson S., Brown A. et al. The effect on tumor response of adding sequential preoperative docetaxel to preoperative doxorubicin and cyclo-

phosphamide: preliminary results from national surgical adjuvant breast and bowel project protocol b-27// J. Clin. Oncol. 2003;22: 4165-4174.4. Simon D, Schoenrock D, Baumgartner W, Nolte I. Postoperative adjuvant treatment of invasive malignant mammary gland tumors in dogs with doxoru-

bicin and docetaxel.// J Vet Intern Med 2006;20:1184-1190.5. Miller AB, Hoogstraten B, Staquet M, Winkler A. Reporting results of cancer treatment.// Cancer 1981;47:207-14.

Corresponding Address:Ms. Ksenia Lisitskaya - Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, Krasnoholmskaya Emb., 13-1-23, 115172 Moscow, Russia - Phone 74953249629 - Mobile 79037587088 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

322

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 322

Page 352: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

COMBINATION OF SURGERY AND INTERVENTIONAL MANAGEMENTS FOR TREATMENT OF CANINE AND FELINE MULTIFOCAL LIVER TUMORS

I. Vilkovyskiy, MSc, PhD student1,2, S. Kusenkov, MSc1, K. Lisitskaya, MSc, Phd student1, S. Kurinnova, BSc1

1 Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, the Russian Academy of Medical Sciences, Moscow, Russia

2 Agricultural faculty of Peoples’ Friendship University of Russia, Moscow, Russia

Topic: Oncology

Purpose of the work. Hepatobiliary tumors are uncommon in dogs and cats, and can be primary or metastatic1. Surgery is con-sidered to be an optimal treatment modality for liver tumors in small animal practice2. However, not many tumors can be sur-gically treated because of multifocal diseases. In human medicine most of surgically-ineligible patients have to receive a com-bination of surgery and interventional treatments (p.e. cryotherapy, percutaneous ethanol injection, local ablation, chemoem-bolization). This combination can improve the survival rate of patients with multifocal hepatobiliary tumors3. The aim of thisstudy was to determine outcome in dogs and cats treated with combination of surgery and interventional managements for liv-er tumors and compare survival times of either unilateral or multifocal operatively treated liver tumors.Materials and used methods. The study comprised 40 dogs and cats with primary and metastatic liver tumors who underwentoperative treatment. The animals were presented to the veterinary clinic «Biocontrol» during the period from January 2002 tillJanuary 2010. Of the 40 cases, 5 were cats and 35 were dogs. The animals were allocated into 2 groups. Group 1 (n=21) with1-2 affected liver lobes received liver lobe resection. Group 2 (n=19) with multifocal tumors involving more then 2 liver lobesreceived a combination of lobe resection and other local techniques, including sclerotherapy and cryotherapy. Sclerotherapywas made with 95% ethanol via a 21-gauge needle under ultrasonographic guidance in summary dosage of 0,5 ml/kg bodyweight. Cryotherapy protocol included two freeze-thaw cycles for 15 minutes each procedure.Liver tissue samples were submitted for microscopic examination. Data were analyzed to determine and compare rates of tumorcontrol and survival time. Survival time was calculated from the time of surgery to death or termination of the study period. Ka-plan-Meier survival analysis with log rank was used to compare survival in animal with 1-2 affected lobes or multiple diseases.Outcomes. The mean age at presentation for all dogs was 8.6 years (range 7 to 14 years), and for cats 14.3 years (range 8 to16 years). Primary liver tumors were diagnosed in 23/40 cases (57.5%). From the primary liver tumors hepatocellular carci-noma was the prevalent histological type, which accounted for 12 of 44 (30%) tumors. Four hemangiomas, two cholangiocar-cinomas and one fibrosarcoma accounted for 10%, 5% and 2.5% of tumors, respectively. One (2.5%) liver tumor showed mixedmorphologic features. From the metastatic lesions, metastatic mammary adenocarcinoma was the most prevalent histologicaltype. A sex predisposition has not been confirmed in dogs and cats with primary liver tumors in our study - the ratio betweenmales and females with primary tumors is approximately 1:1, whereas male : female ratio for metastatic liver tumors was – 1:6.At the conclusion of the study period 7 dogs and 3 cats were still alive, whereas the remaining 30 had died. 21 (70%) deathswere tumor related, including 2 intraoperative deaths (5%). The most common metastatic site were the lung, observed in 18/21patients. From the ten survivors 8 have no evidence of local recurrence or distant metastases at 72, 90, 111, 120, 240, 540, 720,and 870 days. We found no significant association between MST (mean survival time) in animals with primary (n=22) andmetastatic (n=18) liver tumors. The MST for primary tumors was 255 days (range, 35 to 870 days) in comparison to 420 days(range, 105 to 740 days) for metastatic liver tumors.With Kaplan – Meier analysis, in Group 1, a median survival time (MST) of 722 days was calculated (range, 105 to 1800 days).In comparison, the MST for dogs in Group 2 was 200 days (range, 30 to 480 days). Animals in the group 1 had significantlylonger MST than dogs in the group 2 (p<0.001). Neither in Group1 nor in Group 2 was recorded local tumor recurrence.Conclusions. We found no significant correlation between outcomes in animals with primary and metastatic liver tumors. Ani-mals with 1-2 affected liver lobes had significantly (p<0.001) longer mean survival time than dogs with multiple diseases. Acombination of surgery and interventional treatments can be used to achieve tumor tissue necrosis and avoid local recurrencein patients with multifocal hepatobiliary tumors.

Bibliography

1. Withrow SJ, Vail DM, Lipark JM. Hepatobiliary tumors incidence and risk factors. Withrow, MacEwens Small Animal Clinical Oncology, Elsevier.2007;483-491

2. Martin RA, Lanz OI, Tobias KM. Liver and biliary system, in Slatter DH (ed): Textbook of Small Animal Surgery. Philadelphia,WB Saunders, 2003:708-726.

3. Guan YS, Liu Y. Interventional treatments for hepatocellular carcinoma. Hepatobiliary Pancreat Dis Int. 2006;5(4):495-500.

Corresponding Address:Ms. Ksenia Lisitskaya - Clinic of Experimental Therapy «Biocontrol», NN Blokhin Russian Research Center for Oncology, Krasnoholmskaya Emb., 13-1-23, 115172 Russia, Moscow, Russia - Phone 74953249629 - Mobile 79037587088 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

323

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 323

Page 353: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DIPROSOPIA IN TRACHEMYS SP

G. Lanteri, Med Vet1, F. Macrì, Med Vet2, G. Rapisarda, Med Vet3, G. Caristina, Med Vet4, G. Latella, Med Vet5, G. Mazzullo, Med Vet6

1 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia2 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia3 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia4 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia

5 Dipartimento MO.BI.FI.PA., Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Messina, Messina, Italia6 Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Facoltà degli Studi di Messina, Messina, Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. Le malformazioni sono anomalie morfologiche macroscopiche di un singolo organo o più organi di un apparatoo sistema che si verificano durante il periodo organo genetico; tali anomalie si intendono come modificazioni della forma e del-la struttura degli organi con deformità di alto grado; se il corpo ne risulta, invece, completamente deformato parleremo allora dimostruosità. Le malformazioni osservate nelle tartarughe possono essere suddivise in tre grandi categorie: deformità minori (noninfluenzano la sopravvivenza dell’animale e vengono osservate in età adulta), deformità moderate (riducono le possibilità di so-pravvivenza ma, nonostante ciò, possono essere riscontrate in animali adulti in particolari condizioni), deformità letali (dannoscarse probabilità di sopravvivenza e non sono stati riscontrati soggetti adulti con queste malformazioni). Scopo del presente la-voro è quello di contribuire alla conoscenza delle malformazioni dei rettili descrivendo gli aspetti morfologici e radiologici diuna mostruosità osservata in una tartaruga sottoposta alla nostra osservazione.Descrizione del caso. Oggetto delle nostre osservazioni è una tartaruga d’acqua appartenente al Genere Trachemys sp. di 6 me-si d’età, importata dalla Florida (USA) ed allevata per circa 4 mesi da un amatore nella città di Palermo. Il proprietario riferivadel mancato accrescimento dell’animale e di una anomala assunzione del cibo, probabilmente in seguito ad una difettosa per-cezione sensoriale alla vista, pur mantenendo i normali movimenti bilaterali della testa. In seguito al decesso avvenuto sponta-neamente, veniva effettuato un preliminare studio radiologico, allo scopo di valutare gli aspetti morfologici della malformazio-ne. All’esame necroscopico, tutti gli organi celomatici venivano prelevati e fissati in formalina tamponata al 10% per la succes-siva inclusione in paraffina. Sezioni istologiche di 3-4µm di spessore venivano colorate con Ematossilina-Eosina (EE). L’esameradiografico in “total body”, ad eccezione della forma e delle dimensioni delle teste e del rachide cervicale, non rivelava alcunaalterazione morfo-strutturale delle restanti componenti scheletriche. Al contrario, il particolare delle teste evidenziava la fusio-ne di queste a livello della regione iugale (zigomatica) e post-frontale dei due crani in un’unica testa “articolata” a un solo ra-chide, quest’ultimo malformato all’altezza della prima vertebra. Lo studio del cranio mostrava la presenza di un’unica ampiavolta cranica priva di setti divisori. Esternamente, la tartaruga presentava una testa relativamente grande, con quattro cavità ocu-lari, due laterali e due mediali, e due distinte regioni nasali con le relative aperture buccali. La cavità buccale sinistra, differivadalla destra (normoconformata) per la presenza di un canale orofaringeo di ridotte dimensioni. Sulla faccia ventrale, le mandi-bole e le mascelle laterali e mediali di entrambe le teste, erano interamente sviluppate, e dotate di una normale articolazione tem-poro-mandibolare. Un accurato esame della testa, eseguito dopo allontanamento del carapace, metteva in evidenza una confor-mazione a “V” della stessa, generata dalla parziale fusione di due teste, divergenti tra loro con un angolo di circa 45°. La re-gione frontale appariva vasta e la calotta cranica si presentava unica sino al limite occipitale. All’apertura della scatola cranica,si evidenziava una vera e propria fusione delle ossa craniche. Il SNC purtroppo non ben mantenuto non permetteva di coglier-ne la morfologia; alla sua asportazione si poteva apprezzare una cavità endocranica apparentemente normostrutturata.Conclusioni. Dai rilievi radiologici e macroscopici osservati, il reperto veniva classificato, in base alla duplicazione facciale,come “Diprosopus”, secondo la classificazione di Duhamel per le malformazioni dei mammiferi.1 Le diprosopie consistono inuna alterazione della porzione craniale dell’embrione, e della notocorda in particolare, risultante in una duplicazione più o me-no grave ed estesa della faccia. La diprosopia rappresenta la più grave forma di malformazione facciale e, al contempo, la piùsemplice del quadro teratologico dei mostri doppi paralleli. Le diprosopie possono interessare tutti gli animali ed assumere di-versa gravità a seconda dell’entità della divisione della faccia. Pur essendo assolutamente carente la bibliografia sull’argomen-to, la diprosopia nelle tartarughe sembra essere un evento abbastanza frequente, soprattutto in quelle marine, e si ritiene, ancheper queste specie, che si tratti di particolari forme di gemellarità incompleta.2

Bibliografia

1. Duhamel B. (1966) - Morphogenèse Pathologique, Masson & C., Paris.2. Ewert, M. A. 1985. Embryology of Turtles. In: Biology of the Reptilia. Vol. 14 (Development A), C. Gans, F. Billett, and P. F. A. Maderson. eds. John

Wiley and Sons.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Giuseppe Santi Rapisarda, Via Ugo Foscolo 9, 95025 Aci Sant’antonio (CT), ItaliaTel. 095/7921599 - Cell. 3394174213 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

324

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 324

Page 354: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

ARTERIAL PRESSURE AND HEART RATE VARIATIONS DURING PROPOFOL TARGET CONTROLLEDINFUSION FOR SEDATION IN DOGS UNDERGOING NON-INVASIVE PROCEDURES

L. Novello, Med Vet, MRCVS1, B. Carobbi, Med Vet, MRCVS2

1 Referenza Carobbi Novello, Venezia, Italia2 Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, Padova, Italia

Topic: Anaesthesia

Purpose of the work. Propofol Target Controlled Infusion (TCI) has been successfully used for sedation in dogs undergoing di-agnostic procedures.1,2 Although haemodynamic response to propofol induction has been investigated,3 no data are currentlyavailable about cardiovascular effects of sedative doses of propofol in dogs. We report on propofol effects on arterial blood pres-sure (ABP) and heart rate (HR) when a TCI is used to maintain sedation in dogs undergoing non-invasive procedures.Materials and used methods. Dogs ASA I-II, Size Health And Physical Evaluation body condition scoring system C to E, wereenrolled. After premedication with intramuscular acepromazine (0.02 mg kg-1) and morphine (0.15 mg kg-1), cephalic vein anddorsal pedal artery were catheterized. Monitoring of electrocardiogram (ECG) and direct ABP was instituted then, and base-line readings were obtained after a 10-minute resting period. Propofol TCI4 was administered to attain deep sedation, howeverpredicted plasma target concentration (Cpt) and ultimate depth of sedation achieved were intentionally not standardized to moreaccurately reflect the variability in operator’s preference, patient response, and the differing sedation requirements for variousclinical procedures. A 3.1 mcg ml-1 Cpt was initially achieved and Loss-Of-Righting-Reflex (LORR) assessed. The Cpt was setto individual predicted effect-site concentration at LORR then, and further decreased or increased to the degree of sedation pro-viding the best conditions for the operator. Vital signs were monitored using a multiparametric monitor, and dogs were clinicallyassessed at regular intervals. During the procedure HR and direct ABP were collected at 5-second intervals using a proprietarysoftware, and data and time-synchronized markers describing all events were stored on a laptop for off-line analysis. Thresh-olds used to treat hypotension were a systolic ABP lower than 100 mmHg or a mean ABP lower than 60 mmHg for longer than2 minutes. Changes in HR and ABP are noted as the maximum variation recorded during the procedure compared with base-line reading. Baseline reading is expressed as the mean of absolute values collected over 60 seconds prior to propofol admin-istration. Data are reported using descriptive statistics, and expressed as median (Range) or mean (Standard Deviation; Confi-dence Interval). Because of the inter-individual variability in baseline ABP and HR, absolute differences were converted intopercentage changes from baseline before analysis, and significance assessed using the one-sample t-test.Outcomes. Thirteen male and 15 female dogs, 18 (8-96) months old, weighing 18.4 (5.4-45) kg, undergoing upper airway evalua-tion (n=22), radiographic examination (n=10) and minor procedures (n=3), were studied. Palpebral reflex was maintained in alldogs. Fentanyl bolus administration was required in 1 dog undergoing radiographic examination to treat discomfort. Although sys-tolic and mean ABP transiently decreased below the threshold limits in 8 (29%) and 10 (35%) of 28 dogs respectively, none of themrequired treatment. Baseline systolic ABP and HR were 152.6 (SD 15.18, CI 146.7 to 158.5) mmHg and 85.75 (SD 21.12, CI 77.56to 93.94) beats-per-minute, respectively. Recorded maximum variation in systolic ABP corresponded to a 32.8 (CI 28.2 to 37.3)%decrease from baseline (p<0.0001), and was associated to a 53.7 (CI 39.6 to 67.8)% increase from baseline (p<0.0001) in HR.Conclusions. Propofol TCI was effective in providing deep sedation for non-invasive procedure in the majority of dogs. AlthoughLORR occurred in all dogs, the Cpt providing LORR in the individual patient did not provide loss of palpebral reflex. Propofolsedation caused a substantial decrease in systolic ABP, however it was associated with a significant increase in heart rate, andno dogs in the study met criteria for treating hypotension. LORR in animals is used as a surrogate end-point for loss of con-sciousness. In contrast with our dogs, in humans propofol caused loss of eyelash reflex at lower concentrations than those caus-ing loss of consciousness, although other anaesthetic agents did not.5 In humans sedated with propofol systolic ABP decreasedconsiderably compared to baseline, however HR did not change suggesting a resetting of the baroreceptor reflex set point bypropofol.5 Our data do not support this theory in dogs receiving sedative doses of propofol. In addition, the resulting increasein HR may have prevented hypotension from occurring. Although anaesthetists should routinely monitor ABP and make thera-peutic decision based on deviations from ‘normality’, there is no evidence of what constitutes a clinically meaningful definitionof intraoperative hypotension in dogs. Therefore, in our study hypotension was addressed in accordance with ‘arbitrarily cho-sen thresholds’ reflecting clinical practice. In conclusion, propofol TCI sedation causes a significant decrease in ABP comparedto baseline. However, the baroreceptor reflex is maintained and hypotension is unlikely.

Bibliography

1. Novello L, Carobbi B, Rabozzi R (2008) Vet Surg 37, E1-E19.2. Novello L, Carobbi B (2009) Proceedings of the 62° Congresso SCIVAC, Rimini. p. 578.3. Novello L, Rabozzi R (2007) Proceedings of the 1st World Congress of TIVA-TCI, Venezia, Italy. p. 130.4. Beths T, Glen JB, Reid J et al. (2001) Vet Rec 148, 198-203.5. Vuyk J, Engebers FHM, Lemmens HJM, et al. (1992) Anesthesiology 77, 3-9.

Corresponding Address:Dott. Lorenzo Novello - Italian Society of Veterinary Regional Anaesthesia and Pain Medicine, Via Donatori di Sangue 13/c35028 Piove di Sacco (PD), Italia - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

325

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 325

Page 355: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI LEIOMIOSARCOMA VESCICALE IN UN CANE

M. Orioles, Medico Veterinario1, F. Mazzucato, Medico Veterinario2

A. Meneguzzo, Medico Veterinario1, S. De Cecco, Studentessa3

1 Libero Professionista, Vicenza, Italia2 Libero Professionista, Padova, Italia

3 Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli studi di Padova, Padova, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Circa il 10% delle neoplasie della vescica è di origine mesenchimale. Tra queste, i tumori del tessuto muscolareliscio, leiomioma e leiomiosarcoma, interessano principalmente la specie canina e costituiscono il 2-5% delle neoplasie vesci-cali. Nonostante la sua designazione maligna, il leiomiosarcoma metastatizza raramente, anche se frequenti sono le infiltrazio-ni locali e le recidive dopo terapia chirurgica. Il caso descritto riguarda un caso di leiomiosarcoma vescicale in un cane.Descrizione del caso. Nel dicembre 2009 un cane di razza Meticcio, maschio castrato di 11 anni e 6 mesi, veniva visitato perdue episodi di crisi convulsive avvenuti nei due giorni precedenti a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Tale sintomatologia, didurata di circa un minuto, veniva riferita come una crisi motoria generalizzata tonico-clonica, senza perdita di conoscenza. L’a-namnesi escludeva precedenti eventi di malattia e terapie mediche; Il cane viveva prevalentemente in casa. Era alimentato conuna dieta commerciale; le vaccinazioni, la profilassi nei confronti della filariosi cardio-polmonare e dei parassiti gastroentericirisultavano regolari. L’esame fisico evidenziava: peso di 25 kg (BCS 5/9), temperatura 38,6 °C, P 90 bpm, R 22 apm, TRC < 2”,lieve dolorabilità addominale nei quadranti caudali, lieve ipoelasticità cutanea e presenza di petecchie addominali con estensio-ne focale. L’esame clinico neurologico non evidenziava anomalie. Sono stati eseguiti esami ematobiochimici ed urinari com-pleti. L’emogramma riferiva anemia lieve normocitica ipocromica rigenerativa, microcitosi, presenza di NRBC, lieve policro-masia. Il leucogramma presentava leucocitosi moderata con neutrofilia matura e monocitosi. Il piastrinogramma presentavatrombocitopenia grave, con macropiastrine. Il profilo emostatico presentava aumento della concentrazione del fibrinogeno e au-mento marcato dei FDPs. L’esame biochimico evidenziava un lieve aumento dell’attività dell’ALP, aumento della concentra-zione delle proteine totali, lieve iperalbuminemia, lieve iperglobulinemia, aumento della CRP e aumento dell’osmolalità sierica.L’elettroforesi sierica evidenziava un aumento delle globuline alfa 2. Il campione urinario di colore giallo chiaro aveva le se-guenti caratteristiche: ps 1.021, ph 7,5, WBC, RBC e proteinuria assenti, sedimento urinario silente.Le immagini radiografiche addominali mostravano la presenza di una massa a radiopacità di tessuto molle adesa alla vescica. Irilievi ecografici riferivano la presenza di una massa presumibilmente originata dallo strato sottomucoso/muscolare della pare-te vescicale, a margini netti, di circa 3 centimetri di diametro, caratterizzata prevalentemente da ecogenicità mista, da finemen-te a grossolanamente disomogenea. La mucosa e la sierosa vescicale apparivano integre e la massa sembrava sporgere verso que-st’ultimo strato del viscere. Le radiografie toraciche non evidenziavano alcuna anomalia, né erano presenti rilievi ecografici in-dicativi di metastasi. La citologia ecoguidata della massa non forniva campioni rappresentativi. Il paziente veniva sottoposto alaparotomia e escissione chirurgica della massa, che si presentava contenuta all’interno dello strato sieroso e non invadeva il lu-me vescicale. L’esame istopatologico e immunoistochimico permettevano di emettere la diagnosi di leiomiosarcoma vescicalea basso grado e di confermare la completa escissione chirurgica del tumore. Esami clinici fisici ed ematobiochimici ripetuti set-timanalmente hanno constatato la completa remissione delle alterazioni ecografiche e ematobiochimiche a distanza di 20 gior-ni dall’intervento chirurgico. A distanza di due mesi le crisi convulsive non si sono ripresentate.Conclusioni. Sporadiche sono le descrizioni di casi di leiomiosarcomi vescicali canini riportate in letteratura veterinaria. Sem-bra interessante notare come tale tumore possa raggiungere dimensioni notevoli senza danni apparenti alla mucosa vescicale esenza provocare sintomatologia urinaria. Nel nostro caso valutazioni cliniche complete ed il follow up post chirurgico hannoconsentito di attribuire alle alterazioni cliniche, ematologiche ed emostatiche una causa comune di origine neoplastica, inqua-drandole come sindromi paraneoplastiche (SPN). Le SPN hanno notevole interesse clinico, in quanto capaci sia di precedere lascoperta della neoplasia, sia di corrispondere ad una disseminazione od estensione della malattia stessa, nonché, di rappresen-tare un marker di recidive tumorali o di monitoraggio dell’andamento di una terapia antineoplastica. In questo contesto, le SPNdel sistema nervoso centrale sono estremamente rare e rappresentate da dubbie segnalazioni in letteratura; ulteriori approfondi-menti diagnostici dovranno stabilire la reale natura della sintomatologia neurologica riferita.

Bibliografia

Heng HG, Lowry JE, Boston S, Gabel C, Ehrhart N, Gulden SM.: Smooth muscle neoplasia of the urinary bladder wall in three dogs. Vet Radiol Ultrasound.2006 Jan-Feb;47(1):83-6.

Kapatkin AS, Mullen HS, Matthiesen DT, Patnaik AK: Leiomyosarcoma in dogs: 44 cases (1983-1988). J Am Vet Med Assoc. 1992 Oct 1;201(7):1077-9.Marconato L. ; Del Piero F.: Oncologia medica dei piccoli animali. Poletto Ed. 2005.Meuten, D. J.; Everitt, J.; Inskeep, W.: WHO Histological Classification of Tumors of the Urinary System of Domestic Animals. Charles Louis Davis, DVM

Foundation, 2007.

Indirizzo per corrispondenza:Sig. Massimo Orioles, Strada S. Stefano, 2, 36100 Vicenza (VI), ItaliaTel. 0444/545858 - Cell. 347/9418094 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

326

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 326

Page 356: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

EFFICACIA ANTIMICOTICA DELLA CLOREXIDINA: UNO STUDIO IN VITRO TRAMITE PROVE DA CONTATTO

M. Pasquetti, DVM1, G. Ghibaudo, DVM2, P. Iannì, Pharmacist3, A. Peano, DVM, PhD1

1 Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia - Facoltà di Medicina Veterinaria. Università di Torino, Torino, Italia

2 Libero Professionista, Fano, Italia - 3 Industria Chimica Fine (ICF), Cremona, Italia

Area di interesse: Dermatologia

Scopo del lavoro. La clorexidina è un antisettico contenuto in numerosi prodotti per la terapia dermatologica del cane e del gat-to. Passate indagini sulla sua attività antifungina hanno originato risultati spesso contrastanti sia per quanto riguarda le concen-trazioni efficaci in-vitro sia per ciò che concerne l’efficacia in vivo. Scopo del lavoro è stato quello di valutare, in-vitro, l’atti-vità di un prodotto contenente clorexidina al 4% (Clorexyderm shampoo 4%®, I.C.F.) verso i principali patogeni fungini di ca-ne e gatto utilizzando le cosiddette prove da contatto, e valutare alcuni parametri che possono influenzare l’interpretazione del-le prove di efficacia in-vitro.Materiali e metodi. Sono state eseguite 5 prove su Malassezia pachydermatis e 15 su dermatofiti (3 Microsporum gypseum; 7Trichophyton interdigitale - ex T.mentagrophytes; 5 Microsporum canis), che sono stati testati a partire da spore ottenibili in col-tura (macro e microconidi) e dalle forme in- vivo (artroconidi). La metodica utilizzata (UNI EN 1275) consiste nel valutare ladiminuzione del numero di microorganismi vitali dopo contatto con l’agente antisettico. Un prodotto viene considerato efficacese determina una diminuzione delle Unità Formanti Colonia (UFC) fungine di almeno 4 unità logaritmiche (diminuzione pari al99,99%) dopo un contatto di 15 minuti. La sospensione dei germi in esame veniva standardizzata e messa a contatto con il pro-dotto da testare. Dopo 15 minuti veniva effettuato un passaggio in una soluzione neutralizzante (Tween 80 al 3% e lecitina allo0,3%) e una successiva semina delle sospensioni. Dopo incubazione a 37°C per 5 giorni (Malassezia) e a 25°C per 7-14 giorni(Dermatofiti) si procedeva alla lettura delle UFC. Tenendo conto delle diluizioni utilizzate si risaliva al numero di UFC - e quin-di di microorganismi vitali – ancora presenti nelle sospensioni in esame.Risultati. Il prodotto testato si è rivelato sempre efficace nei confronti di Malassezia. Per ciò che concerne i dermatofiti si è avu-ta un’efficacia completa nei confronti di macro e artroconidi di M.canis e M.gypseum. Per T. interdigitale si è avuta un’effica-cia del 20% (1 prova su 5) nei confronti dei microconidi e del 100% sugli artroconidi.Conclusioni. Lo studio indica che ad adeguate concentrazioni (4%) la clorexidina dimostra, in vitro, un’elevata attività antimi-cotica. Le prove utilizzate sono molto stringenti in quanto viene testato un tempo di contatto ben definito, ricalcando ciò che poiavviene in vivo. Secondo gli autori questa metodica ricalca meglio la realtà applicativa di un prodotto rispetto alle cosiddette pro-ve di MIC (Minima Concentrazione Inibente), in cui il fungo è in presenza di concentrazioni costanti di un principio attivo, cosache in vivo evidentemente non avviene. Questo potrebbe spiegare perché l’efficacia in vitro della clorexidina si abbia a concen-trazioni molto basse, se testate con MIC (dell’ordine dei µg/ml), mentre in vivo l’efficacia è limitata o viene comunque ottenutaa concentrazioni notevolmente superiori. Inoltre, le prove da contatto permettono di utilizzare il prodotto finito come tale, conadiuvanti, eccipienti, ecc. e quindi di testare l’attività del prodotto nella sua interezza. Infine, la prova da contatto indica senzadubbio un’attività germicida, mentre le prove con MIC solo un’attività inibente. Per ciò che concerne i dermatofiti lo studio hapermesso di valutare l’attività del prodotto sia su forme di sporulazione ottenibili in normali condizioni di coltura (macro e mi-croconidi) sia su artroconidi, che rappresentano la forma di invasione tissutale dei dermatofiti. Per l’attività in-vivo, dato che laconcentrazione di clorexidina, così come il tempo di contatto, sembrano i fattori che più incidono sull’efficacia di questo antiset-tico, il problema è probabilmente legato proprio alla possibilità che si abbiano a livello cutaneo concentrazioni finali e tempi dicontatto adeguati. In questo senso, per una validazione definitiva del prodotto in esame, sarebbe opportuno utilizzare condizionidi laboratorio ancora più stringenti, testando il prodotto a diluizioni progressive, e successivamente, con prove in vivo.

Bibliografia

Anon. Chemical disinfectants and antiseptics – Quantitative suspension test for the evaluation of basic fungicidal or basic yeasticidal activity of chemical dis-infectants and antiseptics – Test method and requirements (phase 1). EN 1275. Brussels: European Committee For Standardization, 2005.

Boddie R.L., Watts J.L., Nickerson S.C.: In vitro and in vivo evaluation of a 0.5% chlorhexidine gluconate teat dip. Journal of the American Veterinary Medi-cal Association, 196, 890-893, 1990.

Coelho L.M., Aquino Ferreira R., Leite Maffei C.M., Martinez-Rossi N.M.: In vitro antifungal drug susceptibilities of dermatophytes microconidia and arthro-conidia. Journal of Antimicrobial Chemotherapy 62, 758-761, 2008.

Moriello K.A., Verbrugge M.: Use of isolated infected spores to determine the sporocidal efficacy of two commercial antifungal rinses against Microsporum ca-nis. Journal compilation ESVD and ACVD 18, 55-58, 2007.

Odore R., Colombatti Valle V., Re G.: Efficacy of Chlorhexidine against Some Strains of Cultured and Clinically Isolated Microorganisms. Veterinary ResearchCommunications, 24 (4): 229-238, 2000.

Scott D.W., Miller W.H., Griffin C.E.: Small Animal Dermatology, 6th edn. Philadelphia, WB Saunders Co, 2000.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Mario Pasquetti - Università degli Studi di Torino - Facoltà di Medicina Veterinaria, Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO), Italia - Cell. 339/3837496 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

327

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 327

Page 357: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

NEW DATA ON BIRD HAEMOPROTEIDS AND MICROFILARIAE IN EUROPEAN BLACKBIRD(TURDUS MERULA) IN TURKEY

G. Z. Pekmezci, PhD Asis 1, Y. E. Beyhan, PhD Asis 2, K. Erciyas, Ornithologist 1, S. Umur, Prof 1

1 Department of Parasitology, Faculty of Veterinary Medicine, University of Ondokuz Mayis, Samsun, Turkey2 Ornithology Research Centre, University of Ondokuz Mayis, Samsun, Turkey

Topic: Exotic Animals

Introduction. Blood parasites (hematozoa) are a heterogeneous group of organisms that typically live in the blood of the hostduring at least some of the stages of their development3. The species of Haemoproteus that infect birds are vector-transmittedintraerythrocytic parasites. They are some of the most common and widespread blood parasites of wild birds, yet their potentialsignificance as disease agents in wild bird populations is largely unknown1. Filarioids are highly specialized nematode para-sites of the tissues and tissue spaces of birds, mammals, amphibians, and reptiles. About 160 species are known from birds. Avianfilarioids produce microfilariae that are either blood-borne or skin-inhabiting2.Description of the case. A European Blackbird was caught into ornithological mist nets by the Observation Station of authori-ties. Blood samples used for smears were collected from heart. The blood smears were air-dried, then fixed by absolutemethanol, and dried again. Slides were then stained in Giemsa solution and at least 10 000 erythrocytes were examined for par-asites (Trypanosoma spp., Haemoproteus spp., Plasmodium spp., Leucocytozoon spp., microfilariae) in a smear under magnifi-cation of x 10001, 2, 4. The genus and species of blood protozoa and the genus of microfilariae were determined upon their mor-phological traits according to Valkiunas (2005) and Bartlett (2008), respectively.Conclusions. Our findings of parasites from genus Haemoproteus morphologically matched with H. fallisi. H. fallisi is a para-site of species of the Passeriformes whose gametocytes grow along the nucleus of infected erythrocytes and never encircle thenucleus completely. Medium and fully grown gametocytes adhere both to the nucleus and envelope of erythrocytes. Dumbbell-shaped gametocytes are absent or represent less than 10% of the total number of growing gametocytes. The nucleus in fullygrown gametocytes is subterminal in position. Fully grown gametocytes do not fill the erythrocytes up to their poles. Pigmentgranules are of medium and sometimes small size, about 13 per gametocyte on average4. We identified Eufilaria spp. with itsmorphological characteristics. The sheath of microfilariae is absent, tail is sharply pointed and its length is =200 µm2.There were no reports in Turkey related to blood parasites which have been carried in the European Blackbird so far. H. fallisiand Eufilaria spp. are described for the first time in Turkey.

Bibliography

1. Atkinson, CT. (2008). Haemoproteus. In, Atkinson CT, Thomas NJ, Hunter DB (Ed): Parasitic Diseases of Wild Birds. 1st ed. pp: 13–35, Blackwell Pu-blishing.

2. Bartlett, CM. (2008). Filarioid Nematodes. In, Atkinson CT, Thomas NJ, Hunter DB (Ed): Parasitic Diseases of Wild Birds. 1st ed. pp: 439–463, Black-well Publishing.

3. Hauptmanová, K., Benedikt, V., Literák, I. (2006). Blood parasites in passerine birds in Slovakian East Carpathians. Acta Protozool. 45: 105–109.4. Valkiunas G. (2005). Avian Malaria Parasites and Other Haemosporidia. CRC Press, Boca Raton, Florida, pp: 936.

Corresponding Address:PhD Asis Gokmen Zafer Pekmezci - University of Ondokuz Mayis Department of Parasitology, Faculty of Veterinary Medicine, Kurupelit,Samsun, 55139, Turkey - Phone +903623121919 - +903623121919 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

328

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 328

Page 358: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

VANTAGGI DELL’ELETTROCHEMIOTERAPIA NEL TRATTAMENTO DI ALCUNE NEOPLASIEORALI DEL CANE E DEL GATTO

R. Puleio, DVM1, G. Cassata, DVM1, A. Tamburello, BSc1, M. R. Schiavo, BSc1, G. R. Loria, PhD1, A. Poli, PhD2

1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, Palermo, Italia2 Dipartimento di Patologia Animale Profilassi ed Igiene degli Alimenti,Università di Pisa, Pisa, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. L’Elettrochemioterapia (ECT) può essere definita come l’applicazione locale di impulsi elettrici che rendono per-meabili le cellule tumorali nei confronti dei farmaci chemioterapici. Una delle teorie più accreditate sul meccanismo dell’elet-troporazione prevede che gli impulsi elettrici formino dei pori idrofillici responsabili del trasporto intracellulare del chemiote-rapico. I farmaci solitamente utilizzati sono la Bleomicina e il Cisplatino. Il primo, a causa delle sue dimensioni molecolari edelle caratteristiche fisico-chimiche, non riesce a diffondere attraverso la membrana cellulare se non legato ad una proteina “car-rier” di membrana2. Tale meccanismo di assorbimento ha limitato ad oggi l’uso della Bleomicina. L’utilizzo in associazione al-l’elettroporazione facilita la sua diffusione e velocità di assorbimento1. Anche il Cisplatino dimostra una bassa capacità di pe-netrare la membrana cellulare; uno studio clinico ha dimostrato che l’uso di Cisplatino associato alla ECT aumenta la rispostaal trattamento dal 19% al 82%3.Descrizione del caso. Sono stati selezionati 5 soggetti in cui era stata diagnosticata una neoplasia del cavo orale e in cui il trat-tamento chirurgico e/o chemioterapico, proposto dal veterinario curante, era stato rifiutato dal proprietario. I soggetti sono statianestetizzati e la neoplasia misurata nei due diametri, per valutare la quantità di farmaco necessario. Quindi si procedeva all’in-filtrazione, sia lungo i margini che per via intratumorale con Bleomicina (Bleomicina Nippon Kayaku 15 mg.) o Cisplatino (Ci-splatino Teva 10 mg.), rispettando le norme previste per la sicurezza dell’operatore. Il volume delle neoplasie è stato valutatosecondo la formula V= ab²p/6, dove “a” è il diametro maggiore del nodulo e “b” quello minore; mentre la dose di farmaco dainoculare è stata calcolata secondo la formula 0.25-1 ml/cm³, a seconda del volume della neoplasia1. Dopo cinque minuti veni-va applicata l’elettroporazione, attraverso l’uso di un elettrodo (Cliniporator, Igea) costituito da una doppia fila di tre aghi di-stanti 4 mm. Tale elettrodo veniva inserito nella massa neoplastica e permetteva l’invio degli impulsi elettrici (scariche di 8 im-pulsi della durata di 100 microsecondi, 1000 volt di ampiezza e frequenza 5 kHz). Viste le dimensioni di alcuni noduli neopla-stici (>1 cm³) sono state effettuate diverse applicazioni con l’elettrodo (fino a 22) per coprire l’intera superficie del tumore. LaECT è stata ripetuta ogni 14 giorni per un totale di tre trattamenti. L’efficacia del trattamento ed eventuali effetti collaterali so-no stati valutati nei giorni successivi e con controlli clinici mensili.Conclusioni. I soggetti trattati con l’ECT non hanno sviluppato effetti collaterali dovuti al trattamento. L’efficacia del tratta-mento è stata valutata dopo quattro settimane dall’ultima ECT, in accordo alle direttive del WHO. Tutti i soggetti hanno mo-strato un miglioramento dopo il primo trattamento, che si evidenziava con una migliore prensione e masticazione del cibo ed as-senza di sanguinamento. Le biopsie seriali di ciascun caso, hanno evidenziato marcata risposta infiammatoria, mediata da lin-fociti e plasmacellule. In tutti i casi si è ottenuta una remissione parziale, corrispondente ad una riduzione dell’80-90% dellaneoplasia nei primi tre soggetti, mentre negli altri due la regressione del tumore è stata del 60%. L’ECT è una tecnica efficaceche ha dimostrato una bassa tossicità e facilità di applicazione e che in alcuni casi selezionati potrebbe essere risolutiva, anchecome unico trattamento; mentre in altri in associazione alla chirurgia pre o post ECT potrebbe ridurre la possibilità di recidivadel tumore. Nel nostro studio l’ECT ha permesso il controllo, se non l’eradicazione della neoplasia. In conclusione l’ECT rap-presenta una ulteriore opzione terapeutica nel trattamento delle neoplasie orali del cane e del gatto che permette un obiettivo mi-glioramento della qualità di vita del paziente a fronte di limitati rischi tossicologici.

Bibliografia

1. Mir L., Sersa, Collins, Garbay, Billard, Geertsen, Z. Rudolf, O’Sullivan and M. Marty. Standard operating procedures of the electrochemotherapy: In-structions for the use of bleomycin or cisplatin administered either systemically or locally and electric pulses delivered by the CliniporatorTM by meansof invasive or non-invasive electrodes. European Journal of Cancer Supplements. Volume 4, Issue 11, November 2006, Pages 14-25.

2. Pron G, Belehradek J Jr, Orlowski S, Mir LM. Involvement of membrane bleomycin-binding sites in bleomycin cytotoxicity.. Biochem Pharmacol. 1994Jul 19;48(2):301-10

3. Sersa G, Stabuc B, Cemazar M, Miklavcic D, Rudolf Z. Electrochemotherapy with Cisplatin: the systemic antitumor effectveness of Cisplatin can be po-tentiated locally by the application of electric pulses in the treatment of malignant melanoma skin metastates.. Melanoma Res. 2000 Aug;10(4):381-5.

4. Spugnini EP, Baldi F, Mellone P, Feroce F, D’Avino A, Bonetto F, Vincenzi B, Citro G, Baldi A. Patterns of tumor response in canine and feline cancerpatients treated with electrochemotherapy:preclinical data for the standardization of this treatment in pets and humans. J Transl Med. 2007 Oct 2;5:48.

5. Tounekti O, Belehradek J Jr, Mir LM. Bleomicin is an antineoplastic agent capable of mimicking apoptosis.. Bull Cancer. 1994 Dec;81(12):1043-9.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Roberto Puleio - Istituto Zooprofilattico della Sicilia, Via Gino Marinuzzi 3, 90129 Palermo (PA), Italia E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

329

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 329

Page 359: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

CHEMOTHERAPY IN A YOUNG FEMALE DOG WITH A GENITAL TVT

F. A. Rossi, DVM1, F. Cian, DVM1, F. Bassini, DVM1, A. Poli, DVM, PhD2

1 Libero professionista - Clinica Veterinaria Tergeste, Trieste, Italy 2 Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti, Università degli studi di Pisa, Pisa, Italy

Topic: Oncology

Introduction. A one-year old, entire female mixed breed dog was referred with a three weeks history of severe strangury andhematuria. The dog was previously treated with antibiotics and anti-inflammatory drugs with no response. Description of the case. The manual inspection of the internal vulva and vagina showed the presence of small multiple masses(1 to 5 cm of diameter), as confirmed by ultrasound. Using FNA transmissible venereal tumor (TVT) diagnosis was made. Thesubject was immediately treated with vincristine (0,75 mg/m2 iv) and gained improvement in 2 days. The dog received five moredoses, once a week, until the total remission was obtained.During the treatment, clinical and ultrasound examination showed a gradual reduction in size of the lesions. Response to vin-cristine chemotherapy was excellent, leading to complete neoplasm regression without relapse after 5 months (the dog is stillchecked montly). Results of CBC, biochemical analysis, and urinalysis were normal throughout the chemotherapy and adverseeffects were not detected. Conclusions. Response of TVT to vincristine chemotherapy is comparable to previously described protocols, without apparenttoxicity. The improvement is very quickly achieved with satisfaction of the owner. TVT is seen more frequently in young freeroaming, sexually active dogs and remains a problem in areas where mating of dogs is not under control. Therefore TVT has tobe considered in differential diagnosis in case of young, not spayed, dogs arriving from kennels of the South of Italy, with gen-ital bleeding and /or external genital lesions.

Bibliography

Marconato, Del Piero, Oncologia medica dei piccoli animali, Poletto Editore, 2005, 436-439. Marcos R, Santos M, Marrinhas C, Rocha E., Cutaneous transmissible venereal tumor without genital involvement in a prepubertal female dog, Vet Clin Pathol.

2006 Mar;35(1):106-9.Nak D, Nak Y, Cangul IT, Tuna B., A Clinico-pathological study on the effect of vincristine on transmissible venereal tumour in dogs., J Vet Med A Physiol

Pathol Clin Med. 2005 Sep;52(7):366-70.

Corresponding Address:Dott.ssa Fulvia Ada Rossi - Clinica Veterinaria Tergeste, Via D'Alviano 86/2, 34144 Trieste (TS), ItaliaTel. 040/3480845 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

330

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 330

Page 360: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DUE CASI DI LINFOMA FELINO TRATTATI CON PREDNISONE, L-ASPARAGINASI ED INTERFERONE UMANO

S. Salvi, DVM, MScLibero professionista, Terno d’Isola, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. Il linfoma è la neoplasia più comune nel gatto, rappresentando il 33% di tutti i tumori. La forma più comune èquella alimentare, seguita dalle forme mediastinica, renale, multicentrica, epatica, cutanea e centrale. La terapia antineoplasticaprevede solitamente la somministrazione di chemioterapici in mono o polichemioterapia. Una delle principali problematiche inquesto tipo di approccio terapeutico è la scarsa compliance dei proprietari e la poca collaboratività dei pazienti felini.Descrizione del caso. Nell’ottobre 2009 venivano riferiti al consulto oncologico due gatti con diagnosi istologica di linfoma.Nerone, gatto comune europeo di 9 anni di età, manifestava da mesi algia agli arti posteriori, dimagramento e maggior sedenta-rietà. L’esame ecografico aveva evidenziato una grave linfoadenomegalia dei linfonodi sottolombari. La biopsia istologica, ef-fettuata successivamente, aveva dato esito di linfoma. Nello stesso periodo, Romea, gatta femmina comune europea, di 10 annidi età, era stata valutata dai veterinari curanti per poliuria e polidipsia e, durante un esame ecografico effettuato per indagarequesta problematica, era stata evidenziata una massa intestinale a livello di digiuno, associata a lieve versamento peritoneale.Romea era stata sottoposta ad enterectomia del tratto intestinale interessato dalla massa e linfadenectomia del linfonodo satelli-te che risultava aumentato di volume. L’esito dell’esame istologico era stato di linfoma per entrambi i campioni.Ai proprietari di entrambi i gatti è stato proposto un protocollo polichemioterapico che avrebbe richiesto una somministrazionefarmacologica settimanale per almeno 6 mesi. I proprietari non hanno accettato la terapia considerando l’iter terapeutico troppostressante per i propri animali, in particolare venivano visti con preoccupazione i viaggi in macchina settimanali per giungerealla clinica (entrambi i proprietari vivevano fuori città). È stata quindi proposta una terapia alternativa che avrebbe consentito aiproprietari di somministrare i medicinali a casa, ad eccezione di una iniezione sottocutanea mensile che sarebbe stata effettuatadalla veterinaria curante. In particolare il protocollo consisteva in: L-asparaginasi ogni 4 settimane al dosaggio di 400 UI/kg pervia sottocutanea, interferone alfa 2 umano al dosaggio di 2 milioni di unità /m2 per via sottocutanea ogni giorno per due mesi eprednisone 40 mg/m2 per via orale giornalmente per poi scalare fino a cessarne la somministrazione nell’arco di cinque mesi.Dopo 2 mesi dall’inizio della terapia, i due gatti sono stati sottoposti a valutazione ecografica di controllo. Nerone risultava inremissione completa con dimensioni linfonodali ritornate normali, oltre ad una remissione completa della sintomatologia algi-ca. Romea risultava in buone condizioni generali e l’esame ecografico dell’addome non aveva evidenziato alterazioni di nessuntipo, con mantenimento della normale stratigrafia intestinale e dimensioni linfonodali nella norma. Gli esami ematologici eranonormali in entrambi i pazienti. A distanza di sei mesi dalla diagnosi, entrambi i pazienti risultavano ancora in remissione com-pleta. Nel caso di Romea, la poliuria, probabilmente per via del prednisone, era rimasta inalterata nelle prime settimane per poiridursi fino alla normalizzazione con la cessazione della terapia cortisonica.Conclusioni. Il linfoma è una delle neoplasie maggiormente responsive ai protocolli chemioterapici, tuttavia tali terapie risul-tano sempre di difficile accettazione da parte dei proprietari.L-asparaginasi è un chemioterapico ampiamento utilizzato nella terapia del linfoma ed ha il vantaggio di essere facilmente ma-nipolabile e ben tollerato, dati gli scarsi effetti collaterali che può avere sia sull’operatore che sul paziente. L’interferone uma-no è stato recentemente introdotto nella terapia oncologica veterinaria per la sua attività antiangiogenetica e stimolatrice del si-stema immunitario, dando dei buoni risultati sia nel cane che nel gatto. Questo protocollo terapeutico è stato efficace nel con-trollo della neoplasia, risultando agevole e poco stressante per proprietari e pazienti, in quanto le iniezioni sottocutanee di in-terferone e le pastiglie di prednisone venivano somministrate dai proprietari stessi. I protocolli polichemioterapici sono la scel-ta d’elezione per la terapia del linfoma, tuttavia nei casi in cui i proprietari rifiutino l’approccio terapeutico standard perché con-siderato troppo stressante e/o dispendioso, si potrebbe proporre un protocollo alternativo, basato su farmaci ben tollerati e di fa-cile impiego, come quello descritto.

Bibliografia

A.K. LeBlanc et al. Effects of L-Asparaginase on Plasma Amino Acid Profiles and Tumor Burden in Cats with Lymphoma. J Vet Intern Med 2007;21:760–763.T. A. Cave et al.Veterinary and Comparative Oncology, 2, 2, 91–97(2004) Feline epitheliotrophic T-cell lymphoma with paraneoplastic eosinophilia immunochemotherapy with vinblastine and human recombinant interferon a2bGastrointestinal Lymphoma in Cats. Sandra Grover, DVM Compendium october 2005.Rowan J. et al Response rates and survival times for cats with lymphoma treated with the university of winsconsin-madison chemoterapy protocol: 38 casi (1996-

2003). JAVMA vol 227, No 7, Oct 1, 2005.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Scilla Salvi - Ambulatorio Veterinario, Via Roma, 45, 24030 Terno d’Isola (BG), ItaliaTel. 035904737 - Cell. 3478890913 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

331

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 331

Page 361: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

UN CASO DI OSTEOSARCOMA SCHELETRICO FELINO: FORMA MULTICENTRICA O METASTATICA MULTIPLA?

S. Salvi, DVM, MSc1

M. Beccati, DVM, PhD, Specializzazione patologia dei piccoli animali1,2

1 Libero professionista, Terno d’Isola, Italia2 Facoltà di Medicina Veterinaria, Dip. Produzione, Epidemiologia, Ecologia. Sez. Parassitologia-Micologia, Torino, Italia

Area di interesse: Oncologia

Introduzione. L’osteosarcoma è la neoplasia ossea più comune nel cane e nel gatto, con prevalenza della forma appendicolare.Nel gatto l’età media è 10.2 anni e sono più frequentemente colpiti gli arti posteriori.In letteratura è riportata una buona prognosi per la forma appendicolare, se trattata con la sola amputazione, con una sopravvi-venza media compresa tra 16 e 64 mesi e un tasso metastatico inferiore al 10%. Le sedi metastatiche più colpite sono i polmo-ni, ma sia nell’uomo che nel cane, è descritta la tendenza allo sviluppo di metastasi ossee. In umana viene inoltre descritta unararissima forma di osteosarcoma con coinvolgimento osseo multiplo.Descrizione del caso. Nel luglio 2007 una gatta femmina sterilizzata di 10 anni, di razza comune europea, viene portata alla vi-sita clinica per una zoppia anteriore destra, associata a forte algia a livello della spalla. L’esame radiografico rivela la presenzadi una massa ossea dell’epifisi prossimale dell’omero. Gli esami radiografici del torace e l’ecografia addominale non eviden-ziano metastasi visibili. Viene effettuata una biopsia ossea in anestesia generale, con esito istologico di osteosarcoma. Si proce-de all’amputazione completa di scapola ed omero. Considerando i dati favorevoli riportati in letteratura sulla prognosi di osteo-sarcoma appendicolare felino trattato con la sola amputazione, si decide di non procedere con terapia adiuvante.Tuttavia, dopo otto mesi la gatta viene riportata alla visita clinica per difficoltà respiratorie. Le radiografie toraciche evidenzia-no un pattern nodulare a carico dei lobi caudali, compatibile radiograficamente con lesioni metastatiche.Viene iniziato un protocollo palliativo in monochemioterapia con carboplatino al dosaggio di 240 mg/m2 per via endovenosa,ogni tre settimane. Dopo i primi due cicli, durante i quali la gatta sembra giovare di un miglioramento della respirazione, si evi-denzia un peggioramento delle condizioni cliniche generali. In particolare la gatta appare dolorante e restia al movimento; tuttii tre arti risultano edematosi, caldi e dolenti. Vengono effettuate radiografie ossee a tutti gli arti con evidenziazione di prolifera-zioni periostali irregolari diffuse associate ad aree di osteolisi a carico di radio ed omero anteriori sinistri, e di tarsi e metatarsiposteriori di entrambi gli arti. I proprietari rifiutano le biopsie e, date le condizioni cliniche del paziente, richiedono l’eutanasia.Dopo la morte del paziente viene effettuato l’esame autoptico, con conferma della presenza di una massa nel lobo polmonarecaudale destro, oltre a lesioni nodulari miliari diffuse ad entrambi i lobi caudali. In sede autoptica vengono prelevati campioniper l’analisi istologica dei tre arti e delle lesioni polmonari. In tutti i casi l’esito istologico è di osteosarcoma.Conclusioni. La prognosi infausta a breve termine e il comportamento biologico metastatico rendono atipico questo caso diosteosarcoma appendicolare felino. Inoltre, si tratta della prima descrizione di un coinvolgimento osseo multiplo di osteosarco-ma nel gatto. In medicina umana è descritta una rara forma di osteosarcoma multicentrico con coinvolgimento osseo multiplo,non associato, almeno nelle fasi iniziali, a coinvolgimento metastatico viscerale. Questa patologia prende nome di Osteosarco-ma Multicentrico, ammettendo nella definizione stessa uno sviluppo, contemporaneo o non, di lesioni multiple primarie e nondi una forma metastatica secondaria ad una neoplasia primaria. Il caso in esame, per via dell’interessamento polmonare, sareb-be da considerarsi una forma metastatica multipla piuttosto che una forma multicentrica, tuttavia il coinvolgimento polmonarepotrebbe anche essere successivo alle lesioni ossee multiple che non erano state valutate radiograficamente fino al momento del-l’esacerbazione dei sintomi clinici.Il protocollo chemioterapico è stato ben tollerato, tuttavia è risultato poco efficace sul con-trollo del tumore, confermando la scarsa efficacia della terapia medica nei casi di osteosarcoma già metastatici, come già di-mostrato nel cane. Da questo caso clinico si evince che l’osteosarcoma appendicolare felino, come già dimostrato nel cane e piùampiamente nell’uomo, può metastatizzare anche a livello osseo, suggerendo l’introduzione di esami radiografici e/o scintigra-fici nel protocollo stadiativo di questa neoplasia. Infine, la terapia esclusivamente chirurgica si è rivelata inefficiente nel con-trollo della neoplasia, suggerendo anche nel gatto, come nel cane, la necessità di un approccio multimodale.

Bibliografia

Liu S et al. Primary and secondary bone tumours in the cat. J Sm Anim Pract 1974;15:141-56.Quigley PJ et al. Tumors involving the bone in the domestic cat: a review of fifty-eight cases. Vet Path 1983;20:670-86.Bittetto V et al. Osteosarcoma in cats: 22 cases (1974-1984). J Am Vet Med Assoc 1:91-93, 1987.Heldmann Eet al. Feline osteosarcoma: 145 cases (1990-1995). J Am Anim Hosp Assoc 36:518–521, 2000.Eileen H et al. Feline Osteosarcoma: 145 Cases (1990-1995) Am Anim Hosp Assoc 2000;36:518-21.Argyris G. et a.l Diffuse Calcification of Metastases after Intensive Multiagent Chemotherapy in Widespread Osteosarcoma Leading to Death in a 18-Year-Old

Male. Medical Oncology, vol. 23, no. 4, 455-462, 2006.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Scilla Salvi - Ambulatorio Veterinario, Via Roma, 45, 24030 Terno d’Isola (BG), ItaliaTel. 035904737 - Cell. 3478890913 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

332

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 332

Page 362: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

PYOMETRA IN GUINEA PIG (CAVIA PORCELLUS)

K. Sarges Silva, DVM MSc1, W. Pereira, PhD2, L. Araújo, DVM1

1 Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS), Ananindeua/Para, Brazil2 Universidade Fedetal Rural da Amazônia, Belem/Para, Brazil

Topic: Exotic Animals

Introduction. Pyometra is established as a result of hormonal changes. The thickened uterus with fluids secreted create an ide-al environment in which bacteria can grow. Additionally, high progesterone levels inhibit the ability of the muscles in the wallof the uterus to contract (Fontbonne, 2004). Treatment should be fast and aggressive because the females may develop sepsisand endotoxemia (Johnson, 1994). In guinea pigs seems to be a low incidence of pyometra, since there is no published clinicalreports of disease in this species. Subclinical presentation and rapid course of the disease difficults diagnosis in rodents (Hark-ness & Wagner, 1989). The animal facility of the Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS) maintains a plantel of this species forreproduction. It is the first case reported and proven of pyometra in the female group. This report aims to demonstrate the pos-sibility of pyometra in guinea pigs and contribute to the literature on reproductive diseases that affect the species.Description of the case. A female of guinea pigs (Cavia porcellus) from animal facility of the Evandro Chagas Institute(IEC/SVS/MS) (Ananindeua-PA-Brazil), maintained in breeding, was found in prostration and starvation, presenting abdominalareas with purple color suggesting hypostasis by prolonged decubitus. The animal was separated, supportive treatment with flu-id therapy and antibiotics (oxytetracycline) was started, but the animal died less than 24 hours after the observation of symp-toms. Necropsy was performed to identify the cause of death. On examination the uterus observed cornual vessels congested anddistended and hyperemic horns present in the lumen contents of brownish color in small amounts, and endometrium mucosawith whitish color. The histopathological examination of the uterus demonstrated the myometrium and endometrial vessels sig-nificantly dilated by the presence of blood, the endometrial glands were reduced in number, some slightly dilated withmacrophages in the lumen. The luminal epithelium was mostly destroyed presenting desquamated epithelial cells and numerouspolymorphonuclear cells and bacterial colonies. In another cut of the same body, there was coagulative necrosis of most glan-dular epithelial cells, demonstrating necrotizing pyometra as final diagnosis. Both ovaries showed several 3rd follicles, some1rd and 2rd follicles and some follicles with degeneration of the granular layer. Histopathology showed the vagina body withcoagulative necrotic reaction of the epithelium, associated with infiltration of polymorphonuclear cells in the outermost layerof the epithelium. The vaginal lumen was large desquamation of the epithelium cells, along with filamentous debris andmacrophages, colonies of bacteria, which led to the diagnosis supplementary necrotizing bacterial vaginitis.Conclusions. In female guinea pig immediate observation of behavior change is a key factor when in breeding. The pyometrain this female might have resulted from recent abortion was not observed because the animal was mated and also because wasobserved myometrium and endometrial vessels significantly dilated with blood. The appearance of pyometra is related to thepatient’s age, number of estrous cycles, but also with ovarian changes present (Oliveira, 2007). Bacterial infection is a second-ary condition in which bacteria from the vagina are the most likely sources of infection of the uterus, the cervix and ascendinginto the uterus during estrus (Costa et al., 2007). In guinea pigs, vaginitis is not uncommon and is usually due to accumulationof dirty and wet bed material in the vagina (Sirois, 2008). Although pyometra is a rare disease in guinea pigs, females main-tained for breeding has two main implications that there may be occurrence of reproductive disorders: the mating of females inmature age and obese female pregnancy (Andrade et al., 2002; Terril et al., 2000). This report has shown that the vaginitis inguinea pigs can develop pyometra resulting in a reproductive problem to be observed in this species.

Bibliography

Andrade A, Pinto CP, Oliveira RS. Animais de laboratório: criação e experimentação. Rio de Janeiro, Editora Fiocruz, 2002.Costa RG, Alves ND, Nóbrega RM, Carvalho CG, Queiroz IV, Costa THM, Pereira R HM, Soares HS, Feijo FMC. Identificação dos Principais Microrgani-

smos Anaeróbios Envolvidos em Piometras de Cadelas. Acta Scientiae Veterinariae, 35, 650-651, 2007.Fontbonne A. Patologie infettive dell’apparato riproduttivo (1a e 2a parte). Proceedings of 48° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC, Rimini, 2004. p 161.Harkness JE, Wagner JE. The biology and medicine of rabbits and rodents. 3rd. Philadelphia, ed. Lea and Febiger, 1989.Johnson CA. Hiperplasia endometrial cística/piometrite. In: Nelson RW & Couto CG. Fundamentos de medicina interna veterinária de pequenos animais. Rio

de Janeiro, Guanabara Koogan, 1994.Sirois, M. Medicina de Animais de Laboratório. Princípios e Procedimentos. São Paulo, Roca, 2008.Oliveira KS. Complexo Hiperplasia Endometrial Cística. Acta Scientiae Veterinariae, 35, 270-272, 2007.Terril LA, Clemons DJ, Wagner JE. Laboratory Animal Medicine and Science – Series II. Guinea pigs: Noninfectious Diseases. Seattle, American College of

Laboratory Animal Medicine, 2000.

Corresponding Address:Dr. Klena Sarges - Evandro Chagas Institute (IEC/SVS/MS), BR 316, km 07, s/n, 6703000 Ananindeua/Para, BrazilPhone 55 91 32142070 - Mobile 55 91 88077525 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

333

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 333

Page 363: 65a edizione Scivac Program - Abstract 2010

DERMATOSI ATIPICA NEL CONIGLIO DA COMPAGNIA (ORYCTOLAGUS CUNICULI)

S. Silvetti, DVM1, C. Gelmini, DVM2

1 Libero Professionista, Miasino (No), Italia2 Libero Professionista, Amb. Veterinario Vallecamonica, Darfo Boario Terme (Bs), Italia

Area di interesse: Animali esotici

Introduzione. La dermatologia del coniglio è da sempre stata studiata, in Medicina Umana, come modello per la fisiologia e lapatologia cutanea o per lo studio di test carcinogenetici, tossicologici, di fototossicità. Poco però si è fatto sinora, per lo studiodella Clinica dermatologica vera e propria del coniglio da compagnia. Le patologie cutanee del coniglio sono convenzionalmenteraggruppate in: comportamentali, metaboliche, traumatiche, parassitarie, infettive e neoplastiche. Spesso mute eccessive sonoconfuse con problemi dermatologici poiché nei conigli domestici si assiste a massicce perdite di pelo che lasciano scoperte piùo meno ampie aeree di cute alopecica. Questi episodi non sono presenti nelle popolazioni di conigli selvatici e sembrano esse-re dovuti alla selezione delle razze e varietà presenti sul mercato.Descrizione del caso. Nel Novembre del 2007 si presenta alla visita semestrale per il richiamo vaccinale, una coniglia femmi-na sterilizzata, di circa 3 anni di età. Alla visita si riscontra rarefazione del pelo, poca forfora a carico delle orecchie, dorso na-so e contorno occhi, non si segnala prurito; le lesioni risalivano all’Aprile precedente. Sono state trattate da un Collega con te-rapia topica a base di econazolo e per os con itraconazolo, non correttamente somministrato. Dopo la visita sono stati eseguitiuna coltura micotica su DTM e raschiati cutanei, risultati negativi. Su sospetto di una iniziale infestazione atipica di Sarcoptes,si inizia una terapia a base di Ivermectina a 300 µg/kg ed applicazioni di Clorexydina al 4% giornaliere. Viene riferito un leg-gero miglioramento. A Febbraio 2008 si assiste ad un peggioramento delle lesioni con estensione delle aree in precedenza co-involte. Si eseguono nuovi raschiati, scotch test e tricogrammi risultati negativi. Si decide di eseguire delle biopsie cutanee a li-vello della superficie esterna dei padiglioni auricolari, alla base delle orecchie e regione dorsale del tronco. Il referto riferisce diuna dermatite cronica linfocitaria da perivascolare a interstiziale con atrofia follicolare e fibrosi, anche se non si riconosce unpattern ben definito. Viene consigliato di indagare sull’esposizione a sostanze irritanti ambientali, allergie, problemi interni qua-li timoma o linfoma renale. Si decide di cambiare luogo di detenzione del coniglio; viveva in gabbia e su cemento e viene spo-stato su una superficie tipo linoleum, le terapie vengono interrotte. Si rivede la paziente a Maggio 2008 per un aggravamento eduna estensione delle aree alopeciche che si estendono a tutto il dorso con presenza di eritema e prurito, nonostante gli esami col-laterali negativi si decide di insistere con la terapia per Cheyletiella abbinando la terapia topica (Neoforactil®) con quella siste-mica con Ivermectina al dosaggio di 500 µg/kg; si assiste solo ad un iniziale miglioramento. Passati circa 60 giorni e visto ilcontinuo progredire delle lesioni, si ripetono le biopsie in diverse aree (padiglione auricolare, dorso del naso, scapola) e si ese-gue un prelievo ematico per un esame emocromocitometrico, emobiochimico ed elettroforetico del siero. Gli esami ematobio-chimici sono risultati entro i parametri di riferimento, i risultati dell’esame elettroforetico sono di difficile interpretazione vistala scarsità di campioni analizzati in quel Laboratorio. Il referto bioptico parla di stadi evolutivi diversi, la localizzazione del-l’infiltrato non è sempre la stessa e complica quindi l’interpretazione. Sembra che l’infiltrato abbia come sede preferenziale laregione media del follicolo, sede delle ghiandole sebacee dove è situata la zona istmica. La diagnosi potrebbe pertanto esserecompatibile con follicolite linfocitaria dell’istmo (pseudopelade) e conseguente coinvolgimento secondario delle ghiandole ocon una adenite sebacea a diversi stadi evolutivi, non si esclude inoltre possa trattarsi di una dermatite linfocitaria a causa sco-nosciuta suggerendo indagini collaterali che peraltro erano già state suggerite nella diagnosi precedente.Conclusioni. Questo caso vuole porre l’attenzione su un’area della medicina del coniglio domestico che spesso viene un po’sottovalutata, credendo che i disturbi dermatologici siano sempre riconducibili ad eziologie che, anche se piuttosto frequenti,non rappresentano la totalità. Il caso conduceva ad un vasto diagnostico differenziale: dermatite micotica, dermatite parassita-ria, muta anomala, adenite sebacea, sindrome paraneoplastica. L’esito delle biopsie ha evidenziato una importante flogosi lin-focitaria come causa dell’alopecia. I referti però, non sono riusciti a classificare con chiarezza questa sindrome dermatologicache potrebbe non avere precedenti in letteratura. Sfortunatamente non è stato possibile seguire il caso con successivi approfon-dimenti o terapie (ciclosporina, cortisonici) a causa del decesso del paziente per cause traumatiche.Ringraziamenti. Si ringrazia il prof. Paola Roccabianca, il prof. Francesca Abramo, il prof. Francesco Albanese ed il Labora-torio S. Marco.

Bibliografia

F. Harcourt-Brown, Textbook of Rabbit Medicine, Elsevier Science, 2002.J. W. Carpenter, Exotic Animal Formulary, III Ed Elsevier Inc., 2005.J. R. Jenkins, The Veterinary Clinics of North America, Dermatology, May 2001, pp 543-565.

Indirizzo per corrispondenza:Dott. Sergio Silvetti, Via Per Armeno, 1, 28010 Miasino (NO), ItaliaTel. 0322/980907 - Cell. 340/1441276 - E-mail: [email protected]

65° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC

334

02_Comunicazioni_65:Comunicazioni_Poster_65 14-05-2010 17:41 Pagina 334