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SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIASOCIETÀ FEDERATA ANMVI

ATTI CONGRESSUALI

79° CONGRESSO NAZIONALE

MOLTO È CAMBIATO INONCOLOGIA VETERINARIA…VEDIAMO DI FARE IL PUNTO

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EV Soc Cons ARL è una Società con sistema qualità certificato ISO 9001:2008

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Società Federata ANMVI

Ringrazia lo Sponsor per il sostegno dato all’evento

COMITATO SCIENTIFICO CONGRESSUALEPAOLO BURACCOMed Vet, Dipl ECVS, Torino

LAURA MARCONATOMed Vet, Dipl ECVIM CA (Oncology), Bologna

CHAIRMANERNESTO TURLÀMed Vet, Ragusa

DIRETTORE SCIENTIFICOFULVIO STANGAMed Vet, Cremona

COORDINATORE CONGRESSUALEMONICA VILLATel. +39 0372 403504E-mail: [email protected]

SEGRETERIA MARKETINGFRANCESCA MANFREDITel. +39 0372 403538E-mail: [email protected]

SEGRETERIA ISCRIZIONIPAOLA GAMBAROTTITel. +39 0372 403508 Fax +39 0372 403512E-mail: [email protected]

ORGANIZZAZIONE CONGRESSUALE

Azienda con sistema qualità certificato ISO 9001:2008

EV - Eventi VeterinariVia Trecchi, 20 - 26100 CREMONA (Italia)

Soc. Cons. a r.l.

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FRANCESCA ABRAMOMed Vet, PisaSi è laureata in Medicina Veterinaria apieni voti presso l’Università degli Studidi Pisa nel 1986. Dal giugno 1988 finoa Dicembre 1989 è stata “Assistentin

Professor” presso la Facoltà di Medicina Veterinariadell’Università di Berna (Svizzera). È attualmente Pro-fessore Associato presso il Dipartimento di PatologiaAnimale della Facoltà di Medicina di Pisa e docentedi patologia generale comparata. I principali settoridi attività sono la diagnostica dermatopatologica eoncologica; presso il Dipartimento è responsabile delServizio di Diagnostica Dermatopatologica. Ha par-tecipato ed è stata relatrice a numerosi congressi na-zionali ed internazionali su argomenti di patologia (inparticolare dermatopatologia) ed è autrice di oltre100 articoli scientifici pubblicati su riviste nazionali einternazionali di accertato impatto scientifico e di unlibro di dermatologia edito dalla UTET. È Presidentedella SIDEV e responsabile del Gruppo di Studio diDermatopatologia.

PAOLO BURACCOMed Vet, Dipl ECVS, TorinoProf. ordinario, Clinica Chir Vet (FacoltàMed. Vet. Torino). Visiting Assistant Pro-fessor presso Vet Med School (PurdueUniversity, Indiana, 1987-88, borsa AIRC).

Svolti ulteriori trainings in oncologia (6 mesi) pressoVet Med School (Fort Collins, Colorado, e Raleigh,North Carolina). Diplomato nel 1998 al Collegio Eu-ropeo dei Chirurghi Vet (ECVS), piccoli animali.Membro dell’Examination Committee ECVS (2005-8)e, nel 2007, Chair del Committe. Membro di Vet Can-cer Soc (VCS), Soc Ital Chir Vet (SICV) e Europ SocVet Oncol (ESVONC). Nel 2007-10 presidente Soc ItOnc Vet (SIONCOV). Dal 2006 membro onorariodella VSSO (Vet Soc Surgical Oncology). Relatore inconvegni nazionali e internazionali; autore di oltre220 articoli su riviste italiane ed estere, comprese lecomunicazioni congressuali, e di capitoli di libri, an-che in lingua inglese, su chirurgia oncologica e on-cologia clinica.

SIMONA CANCEDDAMed Vet, BolognaLaureata con lode presso la Facoltà diMedicina Veterinaria di Sassari nel 2006.Dopo aver praticato in una clinica priva-ta, svolge nel 2007-2008 un tirocinio teo-

rico-pratico presso la Clinica Veterinaria dell’Orologio,Sasso Marconi (BO). Nel 2010 consegue il Diploma diMaster di II° livello in Oncologia Veterinaria presso laFacoltà di Medicina Veterinaria di Pisa. Nel Luglio2010 consegue una borsa di ricerca SPINNER (Regio-ne Emilia-Romagna) in collaborazione con il CentroOncologico Veterinario finalizzata allo studio di un pro-tocollo combinato di radioterapia e anticox-2 nel tratta-mento dei tumori nasali del cane. Ha trascorso periodidi formazione in radioterapia in Italia presso l’Ospeda-le S. Orsola (BO) e all’estero presso l’AOI Centerdi Huenenberg (CH) e l’Università degli studi di Zurigo.Dal 2009 ad oggi collabora presso il Centro Oncologi-co Veterinario di Sasso Marconi (BO) occupandosiesclusivamente di oncologia e radioterapia (gestionedei pazienti sottoposti a radioterapia e pianificazionedei trattamenti radioterapici). Ha partecipato a numero-si congressi nazionali ed internazionali e ad incontri disocietà specialistiche, presentando posters e abstracts, epubblicato lavori scientifici in riviste nazionali ed inter-nazionali. Attualmente svolge un Dottorato di ricercapresso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna.

LAURA MARCONATOMed Vet, Dipl ECVIM CA (Oncology),BolognaLaureata a Milano. Dopo la laurea lavo-ra a Philadelphia (USA) presso il Veteri-nary Oncology Service and Research

Center, occupandosi di oncologia medica. Nel 2001-2003 è fellow visitor a UPenn (Dip. Pat. Vet). Nel 2003-2009 lavora a Napoli. Nel 2003-2004 è professore acontratto presso l’Università di Napoli Federico II. Nel2007-2009 è docente al Master di Oncologia (UNIPI).Nel 2007-2009 è professore a contratto presso UNI-BO. Nel 2008 consegue il diploma del College Euro-peo di Medicina Interna - Oncologia. Nel 2009-2011collabora con Animal Oncology and Imaging Center,Hunenberg, CH. Attualmente lavora al Centro di Onco-logia di Sasso Marconi (BO). È stata relatrice a diversiseminari, congressi e corsi di oncologia. È autrice divari testi (Poletto editore) e di numerosi articoli. Fondala SIONCOV e dal 2011 ne è Presidente.

RELATORI

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PROGRAMMA SCIENTIFICO

VENERDÌ 12 LUGLIO 2013

13.45 Registrazione dei partecipanti e verifica presenze14.30 Saluto ai partecipanti, presentazione dei relatori ed inizio lavori14.45 Dalla presentazione del caso alla pianificazione del trattamento: il percorso a tappe

della stadiazione clinica - Laura Marconato15.30 … nel percorso di stadiazione scattiamo qualche foto: l’importanza dell’imaging - Simona Cancedda16.15 Pausa caffè16.45 Diamo un nome all’alieno: la biopsia, come prelevarla e cosa chiedere al patologo - Francesca Abramo17.30 … e ora che sappiamo chi è e quanto è esteso … definiamo la prognosi! L’utilità dei c.d. oncomarkers

Francesca Abramo18.15 Discussione18.30 Termine della giornata

SABATO 13 LUGLIO 2013

09.00 … la chirurgia, se possibile, cura più di ogni altro trattamento. Vediamo come: i margini di escissione e il trattamento multimodale - Paolo Buracco

10.00 Pianifichiamo il trattamento: radioterapia, quando e perchè - Simona Cancedda10.45 Pausa caffè11.15 Pianifichiamo il trattamento: chemioterapia, quando e perché - Laura Marconato12.00 Cosa c’è di nuovo per il linfoma nel cane? - Laura Marconato12.45 Discussione13.00 Pausa pranzo14.30 Cosa fare per il linfoma del gatto? - Laura Marconato15.15 Tumori cutanei: per molti di loro sapere prima di cosa si tratta ti dice come operarli

(compreso mastocitoma) - Paolo Buracco16.00 Pausa caffè16.45 Neoplasie ossee: tumori che mettono ansia - Paolo Buracco17.30 Tumori mammari: anche se sono sempre i più comuni, impariamo a conoscerli meglio

Laura Marconato18.15 Discussione18.30 Termine della giornata

DOMENICA 14 LUGLIO 2013

09.00 La sfida continua: i tumori dell’urinario - Paolo Buracco10.00 … e quando i tumori sono endocavitari? (torace, fegato, milza) - Paolo Buracco10.45 Pausa caffè11.15 … qual’è l’approccio terapeutico più corretto per i tumori intestinali e perianali? - Paolo Buracco12.15 Tumori difficili: quelli di origine istiocitaria. Conoscere il nemico per combatterlo meglio

Francesca Abramo e Laura Marconato13.00 Discussione13.30 Termine del congresso

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ESTRATTI DELLE RELAZIONI

Questo volume di atti congressuali riporta fedelmente quanto fornito dagli autori

che si assumono la responsabilità dei contenuti dei propri scritti.

Gli estratti sono elencati in ordine cronologico di presentazione.

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Francesca AbramoMed Vet, Pisa

Diamo un nome all’alieno: la biopsia, come prelevarla e cosa chiedere al patologo

Venerdì, 12 luglio 2013, ore 16.45

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Con il termine biopsia si identifica il prelievo (asportazione) di un campio-ne di tessuto da analizzare attraverso l’esame microscopico ai fini diagnosti-ci e/o prognostici. Il prelievo può essere eseguito su lesioni superficiali, su le-sioni poste in cavità viscerali mediante endoscopia, su lesioni profonde me-diante agobiopsia (biopsia a cielo coperto ecoguidata) o approccio chirurgico(biopsia a cielo scoperto). Una biopsia si definisce incisionale quando si pre-leva un campione più piccolo rispetto alla lesione che si vuole analizzare e sidefinisce escissionale quando si preleva in toto la lesione che si vuole esami-nare. La prima viene effettuata solitamente tramite punch, la seconda, quasisempre, tramite bisturi.

In oncologia la biopsia incisionale viene eseguita fondamentalmente perottenere una diagnosi specifica di malattia neoplastica (istotipo tumorale)quando gli esami precedenti (esame clinico, esami mediante diagnostica perimmagine, esame citologico) non sono stati conclusivi. La biopsia escissiona-le viene invece eseguita quando, raggiunta una diagnosi clinica, sia necessa-ria la conferma istopatologica e/o sia necessario aggiungere alcuni parametriprognostici da poter utilizzare per la terapia e/o sia necessario fare una valu-tazione dei margini di asportazione. Il referto istopatologico ha un ruolo chia-ve in entrambi i casi nel definire la diagnosi e la prognosi, e nella decisioneterapeutica o gestione del caso.

Le indicazioni riportate in questa relazione seguono le linee guida pubbli-cate nel 2011 su Veterinary Pathology da una commissione di patologi ed on-cologi veterinari sulla corretta gestione di un campione oncologico per quan-to riguarda l’invio, l’allestimento dei campioni istopatologici, la valutazionedei margini e la refertazione.

INVIO DEL CAMPIONE

La validità del referto oncologico dipende dalle informazioni inviate dalclinico (riportate in scheda, verbalmente, invio di immagini) e dalla qualitàdel campione spedito. La parte finale di allestimento del campione e il suo in-vio al laboratorio di istopatologia costituiscono fasi importanti per l’ottimiz-zazione del risultato finale.

Il campione deve essere fissato immediatamente (assolutamente entro i 30minuti) in formalina tamponata. Gli artefatti possono essere presenti anchedopo soli 10 minuti. La formalina del commercio è una soluzione al 40% (laforma pura non esiste allo stato liquido) e per un corretto uso deve essere di-luita 1:10 in soluzione fisiologica (la concentrazione finale è quindi in realtàal 4 e non al 10% anche se comunemente viene indicata come formalina al

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10%). In commercio è disponibile la formalina tamponata al 10% già prontaall’uso. Il volume totale del fissativo deve essere almeno 10 volte superiore alvolume del campione. Secondo le norme IATA il materiale va spedito dentroun contenitore a norma, con doppia chiusura ermetica a pressione con tappoe con secondo tappo a vite, in materiale plastico resistente non fragile, mode-ratamente elastico, antirottura. Questo contenitore va quindi inserito in unabusta di plastica resistente a chiusura ermetica e in un terzo contenitore di car-tone con polistirolo.

Si ottiene così il “triplo imballo”. L’oncologo può anche procedere diret-tamente in ambulatorio alla fissazione (almeno per 24-48h) ed inviare il pez-zo già fissato, privato del liquido, in doppia busta ermetica. Questo metodo èsconsigliabile per campioni di dimensioni inferiori a 1 cm. In presenza dibiopsie multiple il clinico deve assolutamente contrassegnare le biopsie o in-serirle in contenitori diversi.

I campioni devono essere corredati di una scheda anamnestica di accom-pagnamento compilata accuratamente e riportante: nome del veterinario cu-rante, nome del proprietario, segnalamento, caratteristiche specifiche della le-sione (sito anatomico, data di riscontro, tipo di crescita), segni clinici associa-ti, tipologia di lesione (nuova, recidiva), risultati di precedenti indagini (radio-grafie, RM, TAC, citologia) ed eventuali terapie effettuate. L’oncologo dovràanche necessariamente segnalare se si tratta di biopsia incisionale o escissio-nale e, nel secondo caso, indicare l’eventuale necessità della valutazione deimargini contrassegnando gli stessi sulla scheda.

VALUTAZIONE DEI MARGINI

L’asportazione chirurgica è uno degli approcci terapeutici alla malattianeoplastica, è indicata per neoplasie a basso potenziale metastatico ed eleva-ta probabilità di recidiva locale e in alcuni casi può essere considerata risolu-tiva. Il primo intervento ha maggiore possibilità di essere risolutivo rispettoad un eventuale secondo intervento in quanto: a)i tessuti non trattati hannoavuto meno tempo a disposizione per dare metastasi b) anatomia non alterataper manipolazioni precedenti c) assenza di reazione cicatriziale d) nel secon-do intervento possibile disseminazione a piani tissutali prima non coinvolti.Per questi motivi l’asportazione chirurgica deve essere completa.

La causa più comune di fallimento di un intervento chirurgico è infatti unaescissione incompleta.

La completezza dell’escissione chirurgica di una neoplasia dipende soprat-tutto dall’inavsività del tumore; con questo termine si intende l’abilità delle

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cellule di insinuarsi nei tessuti limitrofi con zaffi, propaggini o cordoni. Taleatteggiamento è molto evidente nei sarcomi con cordoni cellulari che decor-rono lungo i setti, i vasi o i nervi; le propaggini originano lesioni satelliti cheampliandosi confluiscono e danno luogo a masse multilobulate; macroscopi-camente si vede la massa ma non la propaggine che, se permane in situ, daràluogo a recidiva.

Per recidiva si intende la produzione in situ del tumore a partire da cellu-le ad esso appartenenti che sono rimaste nel tessuto d’origine. Le recidivehanno spesso carattere più aggressivo della neoplasia primaria; più la neopla-sia è infiltrante maggiore è la probabilità di dare recidiva, poiché più diffici-le è l’escissione completa.

Il metodo di valutazione oggettivo della completezza dell’escissione chi-rurgica è l’osservazione istologica del margine. La definizione di “margine”in oncologia è oggetto di grande discussione. L’estensione del margine variain base al tipo di tessuto coinvolto: i tessuti poco vascolarizzati, come tendi-ni, legamenti, cartilagine sono resistenti all’invasione neoplastica mentre itessuti più vascolarizzati come il tessuto sottocutaneo, il muscolo, i parenchi-mi in generali sono soggetti più facilmente all’invasione. Ne consegue che imargini posso avere dimensioni diverse.

Il margine è creato dal chirurgo e osservato dal patologo, è necessario per-tanto che le due figure professionali interloquiscano in modo soddisfacente.

Il patologo deve essere al corrente del tipo di resezione effettuata dal chi-rurgo:

Intralesionale → asportazione di parte della massa attraverso la sua capsula(si effettua generalmente per il curettage di neoplasie ossee benigne e perprelievo bioptico);

Marginale → asportazione della massa con la sua capsula (per neoplasie be-nigne);

Ampia → quando oltre alla massa viene asportato un margine di tessuto nor-male sia ai lati che in profondità;

Radicale → quando si rimuovono sia la massa che l’intero compartimento or-ganico interessato (amputazione).

Uno dei concetti fondamentali di margine è che il chirurgo lo valuta ma-croscopicamente e il patologo microscopicamente, il chirurgo non può quin-di essere conscio della presenza o meno di massa neoplastica residua nellospessore del margine mentre il patologo vede anche singole cellule nello spes-sore del margine: ecco perché, soprattutto nei tumori infiltranti (mastocitoma,schwannoma, miopericitoma) il margine chirurgico deve essere ampio.

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Il chirurgo ha una migliore percezione spaziale del campione in quanto lovede nella sua sede anatomica, il patologo percepisce meno l’esatta localiz-zazione del tumore in quanto questo è staccato da ogni riferimento anatomi-co e risulta non palpabile per l’indurimento conseguente alla fissazione; l’os-servazione istopatologica di un campione avviene inoltre dopo che questo hasubito un complesso iter di processazione che include: prelievo del campio-ne che deve essere inserito in cassettine di plastica delle dimensioni di circa0,5x3x2,5cm (e quindi deve essere ridotto di dimensione), disidratazione,chiarificazione, inclusione in paraffina, taglio e colorazione.

Altro concetto di rilevanza nella valutazione dei margini è che spesso è ilchirurgo a definire quale dei margini di un tumore escisso debba essere valu-tato per la presenza di eventuali cellule residue e pertanto deve segnalarlo alpatologo. È quindi compito del chirurgo segnalare in dettaglio i limiti anato-mici del pezzo asportato e la definizione dei limiti anatomici dipende dalla se-de di asportazione:

tronco → craniale, caudale, laterali dx e sx (se era sulla linea mediale), late-rale, mediale, ventrale

arti → prossimale, distale, laterale, mediale, ventralecavità orale → orale, aborale, labiale, ventrale

La segnalazione del margine da parte del chirurgo può essere eseguita condiverse modalità e le più comunemente usate sono:a) apposizione di fili di sutura singoli o multipli (es: 1 filo di sutura=margine

craniale; 2 fili di sutura=margine caudale; 3 fili di sutura= margine media-le ecc). Considerare che i fili devono essere abbastanza lunghi da essere ri-conosciuti dal patologo durante le fasi di sezionamento, spesso, soprattut-to nei campioni con margini costituiti da pannicolo, i fili vengono inglo-bati nel grasso (più opaco e indurito in seguito a fissazione) e risultano dif-ficilmente visibili. Talvolta sono usati fili di colore diverso che però dopofissazione “sbiadiscono” e pertanto non possono essere considerati indica-tivi per il riconoscimento dei diversi margini.

b) utilizzo di marcatori colorati, tale metodo è considerato come il più prati-co e utileLa colorazione dei margini deve essere eseguita mediante colori che se-

gnano in modo indelebile i tessuti in modo tale che il patologo possa ricono-scerli dopo che il pezzo è stato fissato in formalina.

Il colore deve essere applicato facendo attenzione che si colorino solo imargini che devono essere valutati e non tutta la superficie della massa (si po-trebbero creare margini falsamente positivi).

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Sullo stesso campione può essere utilizzato un unico colore o più di un co-lorante (sistema multicolore), è necessario in questo caso che il chirurgo ef-fettui una adeguata descrizione o disegni una mappa con l’esatto orientamen-to della massa.

Le qualità del colorante devono essere molteplici: facile reperibilità, eco-nomico, non tossico, che si asciuga facilmente, poco diffusibile, visibile an-che microscopicamente, non asportabile durante la processazione, essere in-delebile. I coloranti utilizzati sono numerosi e comprendono oltre a kit com-merciali anche l’inchiostro di china (con vari colori), pigmenti per artisti inacetone, fluido correttore,

Alcian blu, gelatine colorate e i semplici colori acrilici che resistono benealla processazione.

Orientamento del pezzo

Per migliorare l’accuratezza della valutazione di un margine (non marcato omarcato) sono state nel tempo elaborate metodiche di orientamento del campio-ne. In medicina veterinaria le tecniche di orientamento del pezzo sono ancorascarsamente utilizzate in quanto complesse e codificate solo di recente.

I margini chirurgici di una neoplasia cutanea possono essere valutati dallacombinazione dei tre principali tipi di sezionamento: verticale o perpendico-lare, orizzontale o parallelo, obliquo.

Le principali combinazioni sono la:

→ cross sectioning: valutazione di sezioni verticali perpendicolari alla super-ficie cutanea della massa; la neoplasia viene sezionata prima lungo l’asseminore e poi lungo l’asse maggiore di ogni emisezione. Lo svantaggio delmetodo è che si assume che la crescita sia espansiva e simmetrica e che so-lo una piccola porzione dei margini viene valutata (<10%).

→ metodo Breadloaf: valutazione di sezioni parallele e verticali alla massaper tutta la lunghezza del campione. Il metodo prevede l’allestimento dinumerose sezioni ed è costoso.

→ metodo cross-Breadloaf: valutazione di sezioni parallele verticali alla mas-sa e sezioni longitudinali

→ metodo periferico: sezioni periferiche verticali in vicinanza dei margini eparalleli a questi

→ tecnica Mohs: valutazione di sezioni periferiche oblique con cui si valuta-no contemporaneamente il margine laterale e profondo

Le diverse tecniche, singole o combinate, vengono usate a seconda del-l’estensione della massa da esaminare e della sua conformazione.

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Refertazione dei margini

La refertazione del patologo dovrà comprendere la valutazione dei “mar-gini”. La terminologia del patologo sui margini non è codificata e i terminipiù utilizzati sono:→ positivo o sporco o coinvolto:

- quando le cellule neoplastiche sono in corrispondenza del margine→ negativo o pulito o libero:

- quando le cellule non sono sul margineSe le cellule neoplastiche non sono sul margine ma comunque in prossi-

mità di esso la definizione di “margine” diventa molto ambigua. La termino-logia si personalizza e ogni patologo esprime un parere che spesso è sogget-tivo (es. margine libero ma le cellule sono in stretta prossimità, margine libe-ro ma sottile, margine libero ma con aggregati cellulari nelle vicinanze).

A tale proposito esistono solo scarse segnalazioni in letteratura, alcuni au-tori suggeriscono di considerare un margine ancora positivo o sporco o coin-volto quando le cellule neoplastiche sono a meno di 1 mm di distanza (stimaquantitativa: la metà di un campo a 10x è circa 1 mm), viceversa il margine èdefinito negativo, pulito o libero.

Con un margine positivo o sporco o coinvolto è possibile che si verifichiuna recidiva e più accurato è l’esame del margine, più attendibile sarà la pro-gnosi. L’assenza di recidive in caso di margine sporco nel mastocitoma sotto-cutaneo viene interpretata in base alla teoria della nicchia delle stem cell.

Al contrario, con un margine negativo o pulito o libero, non si può con si-curezza affermare che l’escissione sia stata completa per i seguenti principa-li motivi:- non è possibile tecnicamente esaminare per intero i margini di una massa

(per massa di 6x6x6cm ci vorrebbero 54 sezioni)- in alcune neoplasie l’invasività è determinata da piccole lesioni satelliti

che possono non avere stretta contiguità con la massa primaria

VALUTAZIONE MICROSCOPICA E REFERTAZIONE

La standardizzazione della refertazione è scaturita dalla necessità dell’on-cologo clinico di reperire in un referto istopatologico tutti i dati prognosticinecessari al fine della gestione ottimale di un paziente oncologico. Il recepi-mento delle linee guida per la refertazione pubblicate su Veterinary Patholo-gy nel 2011 renderà sicuramente più facile ed immediata la comunicazione trai diversi laboratori di patologia ma soprattutto tra oncologi e patologi. La pri-

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ma componente di un referto riguarda i dati anagrafici del laboratorio, dellaclinica referente, del proprietario e il segnalamento dell’animale oltre alla da-ta di ricevimento del campione e ad un breve riassunto dell’anamnesi e dellatipologia di lesione. L’esame microscopico deve essere preceduto da una de-scrizione macroscopica del campione e di eventuali metodologie applicatedopo la fissazione (es: demineralizzazione, postfissazione in alcool).

La descrizione standardizzata dall’AFIP prevede la descrizione a piccolo in-grandimento con indicazione precisa della sede anatomica, forma, dimensioni,capsula, demarcazione, margini, modello di crescita per quanto riguarda l’orga-nizzazione cellulare (tipo embriogenetico della neoplasia) e le caratteristiche del-lo stroma, e le caratteristiche citologiche (cellule, citoplasma, nucleo). Seguonol’indicazione del numero di mitosi (per HPF) e il grading. Nel referto verrannoanche indicati evidenze di malignità (necrosi, emorragie, emboli), lesioni addi-zionali, tipi di colorazione speciale istochimica o immunoistochimica utilizzatacon i rispettivi risultati e infine una diagnosi morfologica o una diagnosi di neo-plasia (tipo di tumore, sottotipo, grado). Il referto può essere corredato di uncommento (non obbligatorio ma fortemente consigliato anche per suggerire ul-teriori indagini diagnostiche) e riporta la firma del responsabile.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAbide JM, Nahai F, Bennet RG. The meaning of surgical margins. Plastic and Reconstructive

Surgery 1984, 73: 492-197.Gould E, Robinson PG. The pathologist’s examination of the “lumpectomy” – the pathologi-

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… e ora che sappiamo chi è e quanto è esteso

… definiamo la prognosi! L’utilità dei c.d. oncomarkers

Venerdì, 12 luglio 2013, ore 17.30

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Francesca AbramoMed Vet, Pisa

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Gli oncomarkers vengono sempre più frequentemente utilizzati per la ge-stione del paziente oncologico. Il termine è stato coniato per indicare alcunesostanze rilasciate da un tumore o da un tessuto in seguito alla formazione diuna neoplasia e che, se rilevate in un paziente, possono rappresentare un in-dice precoce di trasformazione neoplastica in corso. Con il passare degli an-ni il termine ha assunto significati più ampi e viene utilizzato in ambito clini-co ma anche in patologia diagnostica. In questa relazione i diversi oncomar-kers saranno suddivisi in base alla loro definizione e utilità:a) oncomarkers come termine pd: spiegato nel paragrafo precedente (utiliz-

zato dai clinici)b) oncomarkers come fattori prognostici (individuato dai patologi e di utiliz-

zo per la clinica)c) oncomarkers come fattori predittivi (individuato dai patologi e di utilizzo

per la clinica)d) oncomarkers come fattori per individuare le linee tumorali (utilizzato dai

patologi per la classificazione dei tumori poco differenziati)I termini oncomarker prognostico e predittivo sono stati spesso utilizzati

in modo inappropriato, in realtà hanno significati diversi. L’oncomarker pro-gnostico dà informazioni sull’evoluzione della malattia oncologica in un sog-getto non trattato. Al contrario l’oncomarker predittivo è un marker che puòessere utilizzato per identificare una sottopopolazione di individui che posso-no beneficiare di una certa terapia. Quindi in questi pazienti si può instaurareuna terapia che possa essere il più efficace possibile (es:biomarkers predittivisono i recettori per estrogeni e progesterone per stabilire una terapia endocri-na nel cancro della mammella, recettore cKit per stabilire una terapia con ini-bitori delle tirosin-chinasi per il mastocitoma e i GIST). Nella seguente rela-zione saranno trattati solo alcuni dei principali oncomarkers di cui sopra.

a) Non sarà argomento di questa trattazione

b) Oncomarkers come fattori prognosticiNegli ultimi anni sempre più sesso si fa riferimento a determinati onco-

markers per individuare particolari neoplasie o sottogruppi di neoplasie per lequali con il solo ausilio dell’istopatologia non è possibile stabilirne il compor-tamento biologico (probabilità di recidiva, di metastasi, tempo di sopravvi-venza, tempo libero da malattia).

Ki67Uno dei markers più utilizzati è il Ki67 (anticorpo MIB-1) in grado di de-

terminare la frazione di crescita in una certa popolazione. Il numero di cellule

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positive al marker (positività nucleare) su 100 cellule consente di esprimere unindice di Ki67 (erroneamente ma comunemente indicato come indice di proli-ferazione-IP) che spesso è correlato al decorso clinico della malattia neoplasti-ca. Per alcune neoplasie la letteratura scientifica è ricca di studi atti a determi-nare quale valore di cut-off possa essere individuato come valore soglia per de-finire una neoplasia a prognosi buona o infausta per quanto riguarda il com-portamento biologico. Le neoplasie più studiate in ambito veterinario sono ilmastocitoma e il melanoma. La letteratura sul mastocitoma è molto articolatae rispecchia il comportamento eterogeneo di questa neoplasia che assumeaspetti diversi a seconda della specie, della sede di insorgenza (dermica o sot-tocutanea) e della presentazione clinica. Un breve escursus sulla storia del ma-stocitoma consente di individuare i primi lavori dedicati all’IP verso la fine delsecolo scorso. Nei mastocitomi canini di II° grado secondo la classificazionedi Patnaik (allora vigente) il valore di 10 viene ritenuto il cut-off per valutazio-ni di tipo prognostico (Abadie et al, 1999); 7-8 anni dopo altri lavori indipen-denti segnalano cut-off variabili per l’IP molto più basso attorno a 1-2 celluleper HPF (Scase et al, 2006) e 23 (Webster et al, 2007). Nel frattempo la nuo-va classificazione 2-Tier sconvolge l’approccio classificativo di Patnaik (inuso da circa 25 anni) ma non fornisce indicazioni sull’uso del Ki67, non è piùpossibile quindi stabilire una prognosi basata su IP nei mastocitomi “low-gra-de” e “high-grade”. Solo nel 2012 un lavoro arriva in aiuto ai patologi e ai cli-nici segnalando il valore prognostico dell’IP in 53 mastocitomi cutanei. Conun IP >10,6 il cane con mastocitoma ha 8 volte più probabilità di soccombererispetto ad un soggetto con IP< a10,6. Il cut-off per l’IP è stato anche indivi-duato per un sottogruppo di mastocitomi ovvero quelli che insorgono prima-riamente nel sottocute e che per molto tempo sono stati classificati come MCdi grado II secondo Patnaik. Per tali mastocitomi il cut-off viene considerato21,8 (i soggetti con valori superiori hanno maggiore probabilità di svilupparemetastasi). Per il melanoma la situazione è meno complessa, nel 2011 Smedleyet al, propongono un sistema di valutazione del Ki67 ben dettagliato differen-ziando tra melanomi ad insorgenza orale/mucosa labiale o sulle aree digitali ecutanee. Il cut-off è di 19,5 per il prim gruppo di neoplasie e 15 per i melano-mi nelle aree non mucosali. Resta comunque la difficoltà per il patologo all’ap-proccio delle neoplasie melanocitarie fortemente pigmentate per le quali i pro-cessi di decolorazione (che si basano sull’utilizzo di H2O2) possono inficiareuna corretta interpretazione dell’esame immunoistochimico.

Altri marker di proliferazione sono stati segnalati in letteratura: PCNA,AgNOR (argyrophilic nucleolar organizer region), microcromosomi ma maicome il Ki67 hanno preso largo uso nella diagnostica oncologica se non dacentri specializzati di ricerca.

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P16La p16 appartiene alla famiglia delle CDKI, proteine che, inibendo l’azio-

ne delle chinasi dipendenti da ciclina (CDK), sono in grado di bloccare il ci-clo cellulare ed impedire la mitosi. Per tali funzioni il gene per questa protei-na è definito un oncosoppressore ed è infatti ritrovato mutato o down-regola-to in alcune neoplasie. Poiché tra i target della proteina compare CDK4, cheè un inibitore della proteina RB (retinoblastoma), la presenza di p16 è forte-mente correlata all’azione del RB. In breve, l’accumulo della p16 determinala fosforilazione del RB con conseguente suo distacco da un fattore di trascri-zione nucleare l’E2F ed entrata della cellula nel ciclo di proliferazione. Talemeccanismo viene attivato da alcuni agenti virali, in particolare il Papilloma-virus tanto che in medicina umana l’aumento tissutale dell’espressione dellap16 è indicativo della genesi virale di alcune neoplasie (carcinoma squamosodell’orofaringe e della cervice) per le quali è anche documentata una progno-si migliore rispetto alla stessa neoplasia non virus-indotta. In medicina vete-rinaria la p16 è un marker di oncogenicità e nel gatto la sua espressione eraaumentata nelle placche virali, nel BISC (carcinoma in situ Bowenoide) e nelcarcinoma squamoso invasivo (ISCC) di origine non attinica e solo scarsa-mente presente nell’ISCC di origine attinica e nel tricoblastoma. Nelle lesio-ni che esprimono la p16 esami di PCR confermano la presenza dell’infezioneda PV. Recentemente il gruppo di Munday (2013) ha segnalato una marcataimmunopositività alla p16 nel 63% di gatti con CS del planum nasale; in que-sto studio, su 30 gatti con diagnosi di CS (senza asportazione chirurgica) iltempo di sopravvivenza era superiore (643giorni) nei soggetti p16+ rispettoai soggetti p16- (217 giorni). Questi risultati suggeriscono l’utilizzo della p16come fattore prognostico per il CS del planum nasale nel gatto.

c) oncomarkers come fattori predittivi (individuato dai patologi e di utilizzo per la clinica)

Gli onkomarkers cd predittivi e più studiati in medicina veterinaria sono irecettori per le tirosin-chinasi, i recettori per estrogeno e progesterone e leCOX.

cKITI recettori per le tirosin-chinasi vengono identificati dal cKit e rappresen-

tano il primo gruppo di recettori che hanno mostrato una utilità clinica per laterapia oncologica basata su molecole a bersaglio (inibitori delle tirosin-chi-nasi). L’espressione del cKit è stata inizialmente studiata per il mastocitoma,e diversi pattern di espressione sono stati identificati nel cane e nel gatto, nelmastocitoma dermico vs il mastocitoma sottocutaneo. Per il mastocitoma der-

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mico del cane viene segnalata una correlazione con la prognosi: la distribu-zione omogenea citoplasmatica costituisce un fattore prognostico negativomentre l’espressione membranaria e in parte anche quella a spot perinuclea-re, ricordando la distribuzione del recettore nei mastociti non neoplastici, è le-gata ad una prognosi favorevole. Non assume alcun rilievo prognostico inve-ce la distribuzione del recettore nei mastocitomi sottocutanei, per queste neo-plasie pertanto il gold standard resta l’IP. Nel gatto l’espressione del cKit noncorrela con il tipo istologico (mastocitoma mastocitico, atipico o poco diffe-renziato e pleomorfo), gli autori pertanto ritengono che possa essere utile so-lo per l’identificazione della linea cellulare. I recettori delle tirosin-chinasi so-no espressi oltre che dai mastociti anche da altre cellule (cellule di Cajal, me-lanociti, cellule emopoietiche primordiali, cellule germinativa) e l’individua-zione immunoistochimica in alcune neoplasie (es: GIST o occasionalmentealtre) diventa di utilità al clinico per un approccio terapeutico mirato con lenuove molecole inibitrici prodotte in commercio.

COX-2Le ciclo-ossigenasi (COX) note anche come enzima prostaglandina G/H

sintetasi è un omodimero del quale si conoscono due isoforme. L’isoformaCOX-1 è espressa in molti tessuti e si reputa che medi le risposte fisiologicheche richiedano una biosintesi rapida e/o costante di prostaglandine. L’isoformaCOX-2 è invece normalmente assente dalle cellule ma può essere indotta in ri-sposta a reazioni infiammatorie, fattori di crescita e promotori tumorali. Le dueisoforme condividono diverse similarità nella struttura proteica ma derivano dageni diversi. L’espressione della COX-2 è stata dimostrata in diverse neopla-sie umane e in ambito veterinario. Diversi studi documentano l’espressione au-mentata di COX-2 in diverse tipologie tumorali del cane e del gatto (es:tumorimammari, carcinoma squamoso, TVT, carcinoma intestinali e altre neoplasie)e in alcuni casi questa espressione è associata ad una prognosi peggiore. Gliinibitori delle COX sono pertanto considerati dal clinico oncologo come pos-sibile approccio terapeutico per le neoplasie che esprimono tali enzimi. Una re-cente esperienza personale ha riportato buoni risultati (clinici e istopatologici)in 5/6 cani trattati con firocoxib per dermatite/cheratosi attinica.

d) oncomarkers come fattori per individuare le lineetumorali (utilizzato dai patologi per la classificazione dei tumori poco differenziati)

In questo gruppo rientrano diverse categorie di oncomarkers tra i qualimolto utilizzati i filamenti intermedi (FI). La diagnostica istopatologica si av-vale dell’uso di questi marker per due motivi principali: a) assegnare ad una

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neoplasia con spiccati caratteri di anaplasia un’origine epiteliale (pancitoche-ratina) piuttosto che mesenchimale (vimentina), determinare nell’ambito diuna categoria epiteliale o mesenchimale una ulteriore linea differenziativa(es: epidermica vs annessiale, muscolare vs endoteliale).

La vimentina è espresso da tutte le cellule embrionali e la maggior partedelle cellule di qualsiasi linea riesprimono la vimentina se messe in coltura.Quest’ultima situazione può essere assimilata alla tendenza di alcune celluleneoplastiche ad assumere la forma fusata e quindi la vimentina è espresso danumerose neoplasie: sarcoma, melanoma, CS fusato, angiosarcoma. Deve es-sere utilizzata consci di questa sua plasticità.

Le citocheratine sono una grande famiglia di filamenti intermedi cono-sciute come CK individuali (CK7, CK20), come paia di CK acide e basiche(CK8/18) o come CK a basso o alto PM. L’approccio più utile è quello di con-siderare le CK a basso PM (7, 8, 17, 18, 19) come quelle dell’epitelio sempli-ce (duttale) e quelle ad alto PM (1, 10) come quelle dell’epitelio stratificato(cute, urotelio).

La desmina è il filamento intermedio delle cellule muscolari espressa nelmuscolo striato e liscio di neoplasie benigne e maligne di origine muscolare. Leactine sono invece un gruppo di FI, componenti del citoscheletro e che servonoper la contrazione e motilità cellulare; la più utilizzata è la alfa-smooth muscleactin (SMA) che identifica le cellule muscolari lisce, cellule miofibroblastiche,mioepiteliali, periciti e cellule dei glomi. Alcune neoplasie che non originano daqueste cellule ma che manifestano una morfologia fusata possono però espri-mere questo marker. La caldesmina è espressa in modo specifico dalle cellulemuscolari lisce e non dal muscolo striato o dalle cellule miofibroblastiche, ol-tre che dai GIST e dal tumore dei glomi. Infine la miogenina può essere utiliz-zata per le neoplasie del muscolo striato, la positività è nucleare.

La proteina S100 è espressa dai melanociti, cellule della glia, condrociti,annessi cutanei, cellule di Langerhans, cellule di Schwann. L’S100 è storica-mente utilizzata per la diagnosi dei melanomi (positività soprattutto citopla-smatica) e per i PNST (positività prevalentemente nucleare) ma la % di posi-tività in questi tumori è bassa e non del tutto specifica. La sua presenza ren-de la diagnosi di melanoma e PNST compatibile mentre la sua assenza non liesclude. Recentemente altri marker più specifici per il melanoma sono statiutilizzati, tra questi il MART, il MITF e il RACK1.

Il fattore-VIII è presente solo nei corpi di Weibel-Palade degli endotelioci-ti e piastrine ed è teoreticamente specifico di una differenziazione endotelia-le. In pratica però è secreto nel siero e la presenza di elevato background cheorigina in immunoistochimica riduce di molto il suo utilizzo. Altri marker, peresempio il CD31, vengono indicati come sostituti.

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Per concludere in patologia oncologica veterinaria l’utilizzo di markersper la diagnosi e per la prognosi è in continua espansione come dimostratodalla vasta letteratura scientifica. Nella presente trattazione sono stati citati eapprofonditi solo alcuni dei principali oncomarkers. Poiché nell’ultimo seco-lo le conoscenze sulla cancerogenesi hanno fatto passi da gigante è auspica-bile che anche in medicina veterinaria, così come per la medicina umana, ven-gano approfondite le nuove strade dell’approccio alla citogenetica e alla bio-logia molecolare con individuazione di anticorpi specifici per proteine o pro-dotti di fusione di geni mutati in corso di determinate neoplasie.

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Paolo BuraccoMed Vet, Dipl ECVS, Torino

… la chirurgia, se possibile, cura più di ogni altro trattamento.

Vediamo come: i margini di escissione e

il trattamento multimodaleSabato, 13 luglio 2013, ore 09.00

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La chirurgia rappresenta la principale modalità di trattamento per la mag-gior parte dei tumori localizzati, con tasso di cura più elevato rispetto ad ognialtra terapia. È però importante sottolineare che l’approccio multimodale con-sente spesso di ottenere risultati migliori in termini sia di “periodo libero damalattia” sia di “sopravvivenza complessiva”.

La chirurgia, in tal caso, non deve essere sempre aggressiva visto che al-tre modalità terapeutiche (chemioterapia e/o radioterapia) possono risultareefficaci nel controllo del tumore. Questi trattamenti possono essere erogatipreoperatoriamente (neoadiuvanti), dopo la chirurgia (adiuvanti) o intraope-ratoriamente (molto più di rado).

Nel pianificare la rimozione chirurgica di un tumore è opportuno conside-rare 1) il suo comportamento biologico-clinico standard, 2) che la prima chi-rurgia è quella con le maggiori probabilità di essere efficace, 3) che l’escis-sione en bloc implica spesso la rimozione dell’osso sottostante (anche in as-senza di infiltrazione evidente), con necessità di pianificare sia la fase demo-litiva sia quella ricostruttiva.

È opportuno inoltre considerare: la qualità di vita dell’animale e il deficitfunzionale arrecato all’animale a seguito di tale intervento, le proprie capaci-tà chirurgiche, le diverse tecniche di ricostruzione applicabili, l’opportunità omeno di trattamenti neo- e/o adiuvanti e l’esito oncologico più probabile(“tempo libero da malattia”, “sopravvivenza totale” – dati desumibili dallaletteratura e, in misura minore, dall’esperienza personale). Il controllo delladisseminazione metastatica è operato con chemioterapia, quello della recidi-va locale con radioterapia. Per decidere se un secondo intervento chirurgico(qualora ancora effettuabile) o l’irradiazione locale siano o meno opportuni, èindispensabile la valutazione istologica dei margini di escissione per verifica-re la completezza o meno dell’asportazione.

Al momento della chirurgia, sulla base degli esiti della stadiazione tumo-rale, deve essere chiaro quale fra queste procedure si desidera mettere in atto.1) Chirurgia diagnostica: quando procedure meno invasive NON hanno

fornito i risultati attesi. L’obiettivo è ottenere campioni tissutali significa-tivi (biopsia incisionale da un’area poi facilmente rimovibile nel succes-sivo intervento chirurgico). Le biopsie “escissionali marginali” devonolimitarsi a quelle lesioni, per lo più superficiali, che precedenti accerta-menti hanno identificato come benigne. In tale ambito si pongono anchele chirurgie esplorative quando altre procedure non hanno consentito divalutare in pieno posizione, origine e “aggredibilità” chirurgica. Le biop-sie escissionali, in assenza di diagnosi, devono comprendere un marginedi tessuto sano e devono essere avviate all’istopatologia richiedendo an-che la valutazione dei margini di escissione.

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2) Chirurgia citoriduttiva (c.d. “debulking”): per alcune neoplasie puònon essere possibile la escissione en bloc a causa della loro localizza-zione (scheletro assiale, cranio, arti distali, etc). Se l’escissione è in-completa o “a pezzi”, il controllo successivo deve essere operato datrattamenti adiuvanti (chemio- e/o radio-terapia) la cui efficacia è pre-feribilmente già comprovata. Può anche essere tentato un trattamentoneoadiuvante (chemioterapia e/o radioterapia) al fine di rendere unaneoplasia operabile al suo completamento ma questo è indicato soloin casi selezionati.

3) Chirurgia curativa: è quella che prevede l’escissione en bloc dellaneoplasia con 1-5 cm di tessuto macroscopicamente sano intorno. Co-me già accennato, questo può implicare la rimozione dell’osso sotto-stante (mandibolectomia, maxillectomia, scapulectomia, pelvectomia,rimozione di coste, limb sparing, etc) fino all’amputazione dell’inte-ra parte (arto).

4) Chirurgia palliativa: raramente applicata in medicina veterinaria. Semessa in atto, deve esitare in miglioramento della qualità di vita del pa-ziente anche se non necessariamente in un prolungamento di questa.

La classificazione dei margini di escissione riflette la suddivisione sopra ac-cennata:• intracapsulari: tumore rimosso “a pezzi” con neoplasia residua macro-

scopicamente. Tale procedura va limitata ai tumori benigni (ad es. lipo-mi infiltranti) o a quelli a malignità soprattutto locale (tumori endonasa-li, dell’orecchio medio, del midollo spinale, etc) e sicuramente aggredi-bili con trattamenti adiuvanti (chemio- e/o radio-terapia) già previsti;

• marginali: il tumore residuo è evidente istologicamente. Ne è un esem-pio classico la “pseudocapsula” dei sarcomi dei tessuti molli, derivatadalla compressione dello strato tumorale più periferico; la recidiva è as-solutamente inevitabile se lo scollamento è eseguito lungo tale struttura.Va inoltre tenuto presente che l’estensione extravascolare del tumore puòdare origine a metastasi “satellite” nella zona di reattività peritumorale o,peggio, a lesioni più distanti (cioè nel tessuto sano, le c.d. “skip” meta-stasi). Tale chirurgia è idealmente corretta solo per le lesioni benigne; incaso di malignità locale, se non è possibile operare la rimozione del tu-more in altro modo, è indicata l’irradiazione adiuvante;

• ampi: la procedura rispetta idealmente uno dei principi cardine della chi-rurgia oncologica ma “skip” metastasi possono ancora svilupparsi ed es-sere omesse durante la chirurgia. TC e RMN trovano ampio utilizzo nelpianificare correttamente la procedura. È inoltre opportuno considerare la

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natura dei tessuti molli coinvolti (muscolo, fascia, grasso, etc); nellamaggior parte dei casi l’escissione deve includere 1 (mastocitoma) o 2(sarcomi dei tessuti molli) strati fasciali;

• radicali: per neoplasie molto aggressive (melanoma, sarcomi ossei, etc).L’esempio più classico è l’amputazione di un arto.

Linee guida generali per la chirurgia oncologica

• Criochirurgia: solo per carcinomi squamosi di ridotte dimensioni;• Non operare in anestesia locale; tra l’altro, l’iniezione locale di anesteti-

co può disseminare la neoplasia. Nei pazienti critici può essere opportu-no ricorrere ad anestesia loco-regionale;

• Pianificare preventivamente la demolizione e la ricostruzione e prepara-re pertanto il campo chirurgico in accordo a questo;

• Rispettare i principi di Halsted;• Rimuovere sempre la sede di biopsia;• Proteggere la ferita chirurgica con teli al fine di limitare l’impianto tumo-

rale iatrogeno;• Utilizzare il più possibile gli strumenti chirurgici e non le mani; queste

ultime possono più facilmente disseminare la neoplasia;• Usare un set chirurgico per la rimozione e uno per la ricostruzione; cam-

biare i guanti ogni qualvolta è opportuno, sempre comunque quando siinizia la ricostruzione;

• Per la rimozione dei tumori superficiali è preferibile utilizzare il bisturi(taglio più netto) piuttosto che le forbici (da utilizzare per la dissezionesmussa fra i diversi piani)

• Usare l’elettrocoagulazione (o il laser) il meno possibile per non compli-care l’identificazione dei margini tumorali (tessuto carbonizzato);

• Legare tutti i vasi tributari e, se possibile, prima le vene (che potrebberodrenare emboli neoplastici)

• È preferibile l’impiego di materiale da sutura monofilamento piuttostoche intrecciato per non favorire l’adesione delle cellule tumorali;

• L’impiego dei lavaggi è controverso. Importante è comunque aspiraretutto il liquido utilizzato, insieme ai detriti tissutali e ai coaguli di sangue;

• Valutare sempre se l’asportazione è stata appropriata (in termini di cmmacroscopici di tessuto sano), identificare i margini di escissione e, incaso di dubbio, ricorrere alla citologia intraoperatoria.

• Eseguire sempre l’esame istopatologico (lesione primaria, margini, even-tuali linfonodi).

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BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

1. Kudnig ST, Séguin B. Veterinary Surgical Oncology. Wiley-Blackwell, 2012. 2. Withrow SJ, Vail DM, Page RL. Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical Oncolo-

gy. Elsevier Saunders, 5° edizione, 2013.

Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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Tumori cutanei: per molti di lorosapere prima di cosa si tratta

ti dice come operarli (compreso mastocitoma)

Sabato, 13 luglio 2013, ore 15.15

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Paolo BuraccoMed Vet, Dipl ECVS, Torino

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I tumori cutanei rappresentano tra il 20 e il 30% di tutti i tumori canini efelini. Prevalgono negli anziani e possono essere classificati come epiteliali,mesenchimali, a cellule rotonde ed ematopoietici (questi ultimi solo occasio-nalmente trattati chirurgicamente). I tumori della cute sono in genere singolima possono anche essere multipli. Dal punto di vista chirurgico sono impor-tanti soprattutto quelli maligni.– Tumori delle cellule basali, compreso carcinoma: frequenti sia nel cane sia

nel gatto. Nell’ultimo possono essere cistici e/o pigmentati. Sono spessoprivi di pelo e talvolta possono ulcerarsi. La malignità è limitata. (margi-ne di escissione 1 cm)

– Carcinoma squamoso: frequente in entrambe le specie, si sviluppa soprattutto inaree non o solo lievemente pigmentate. Sedi elettive sono: naso, palpebre, ano,cute inguinale e fianco; nel gatto il CS predilige naso, palpebre, padiglioni auri-colari e labbra ed è correlato all’esposizione ai raggi ultravioletti (carcinoma at-tinico – anche in alcuni cani, ad esempio dalmata, cute addominale). Il tessutosubungueale (dita) è coinvolto soprattutto in razze canine pigmentate (Schnau-zer), con erosione precoce della terza falange. Le lesioni possono essere prolife-rative o, più spesso, erosive/infiltrative. Le forme facciali o al fianco sono local-mente invasive ma la metastatizzazione è tardiva; quelli digitali sono localmen-te invasivi e la metastatizzazione ai linfonodi regionali è più precoce, specie sela prima chirurgia è incompleta; la disseminazione successiva è ai polmoni.(margine di escissione almeno 2 cm, 1 piano fasciale profondo)

– Tumori sebacei: rari nel gatto, più frequenti nel cane; in quest’ultima spe-cie prevalgono le forme benigne che possono svilupparsi ovunque nel cor-po. Alcuni possono originare da ghiandole sebacee modificate (Meibonio,perianali e ceruminose). L’adenocarcinoma è raro; è localmente invasivoma le metastasi sono rare. (margine 2 cm, 1 piano fasciale profondo)

– Tumori delle ghiandole sudoripare: infrequenti; la maggior parte derivadalle ghiandole apocrine. L’adenocarcinoma, talvolta, è caratterizzato daelevato potenziale infiltrativo locale e metastatico (linfonodi regionali epolmoni). Sedi preferenziali sono testa (nel gatto alla base del padiglione),collo, dorso e fianco. (margine 2 cm, 1 piano fasciale profondo)

– Tumori degli annessi (tricoepilioma, pilomatrixoma): in genere benignima raramente si assiste allo sviluppo di forme maligne. (margine da 1 a 2cm, 1 piano fasciale profondo)

– Tumori mesenchinali: costituiscono il c.d. gruppo dei sarcomi dei tessutimolli, quasi tutti caratterizzati da comportamento clinico-biologico simile.Il gruppo include fibrosarcoma, liposarcoma, leiomiosarcoma, rabdomio-sarcoma, mixosarcoma, sarcomi indifferenziati, etc, istologicamente di 1°,2° e 3° grado. La malignità è soprattutto locale (infiltrativa) mentre il tas-

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so metastatico (possibile il coinvolgimento anche dei linfonodi regionalioltre che dei polmoni) è più limitato. Nel gatto sono importanti i sarcomipost-iniettivi, caratterizzati soprattutto da spiccata malignità locale. Lapseudocapsula che circonda i sarcomi dei tessuti molli è estesamente infil-trata di cellule neoplastiche. (margine da 2 a 3-5 cm cm, 2 piani fasciali)

– Emangiopericitoma, miopericitoma, schwannoma: appartengono ai sarco-mi dei tessuti molli ma la loro malignità è in genere più limitata. Pur po-tendo svilupparsi ovunque nel corpo, prevalgono a livello degli arti dei ca-ni anziani. (margine 1-2 cm, 1 piano fasciale)

– Emangiosarcoma cutaneo e sottocutaneo, istiocitoma fibroso maligno,sarcoma istiocitico (cane): a parte l’emangiosarcoma cutaneo (di limitataaggressività), sono neoplasie che annoveriamo nei sarcomi dei tessuti mol-li pur essendo caratterizzate da malignità sia locale sia sistemica (dissemi-nazione metastatica) decisamente più elevata. (resezione en bloc)

– Tumori a cellule rotonde: mastocitoma (margine 2 cm, 1 piano fasciale),istiocitoma, plasmocitoma, linfoma, tumore venereo trasmissibile.

– Tumori melanocitici: nevi, melanoma maligno. I melanomi fino a 1cm di diame-tro sono in genere benigni, quelli di oltre 2.5 cm sono invece maligni, con me-tastatizzazione a linfonodi regionali e polmoni. (margine almeno 2 cm).

Prima dell’escissione chirurgica del nodulo cutaneo/sottocutaneo, è im-portante conoscere fenotipo neoplastico e stadio clinico al fine di stabilire a)se la chirurgia è indicata o altre procedure sono più idonee, b) se qualche al-tro trattamento (chemioterapia e/o radioterapia) sono indicate pre- e/o post-chirurgia, e c) la dose chirurgica da applicare (marginale o en bloc). Nella pia-nificazione, chemioterapia e/o radioterapia neoadiuvanti e/o adiuvanti devo-no essere previsti e discussi con il proprietario prima di procedere in base astadio clinico, specifici fattori prognostici (ad es. ki-67, c-kit, etc) e, non ulti-mo, probabilità o meno di escissione chirurgica completa (questo è influenza-to non solo dalla biologia clinica di quel specifico tumore ma anche dalla sualocalizzazione, potenzialmente critica se su muso, parte distale degli arti, re-gione interscapolare, groppa, etc).

La diagnosi sul nodulo cutaneo deve avvalersi di: a) biopsia ad ago sottile ed esame citologico: spesso diagnostico, per lo me-

no nel senso di indirizzare la diagnosi; in caso di dubbio, è preferibile labiopsia incisionale;

b) biopsia con tru-cut o incisionale ed esame istologico: indicata se la carat-terizzazione del fenotipo neoplastico modifica il trattamento (ad esempiochemioterapia vs. chirurgia) e la dose chirurgica (ad es. grado I vs. III); in-dicata inoltre per tumori a localizzazione complicata con limitate possibi-

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lità di ricostruzione e in caso di volontà del proprietario a proseguire o me-no il trattamento in dipendenza della prognosi prevista;

c) biopsia escissionale en bloc: indicata solo per tumori sicuramente benignio a presunta bassa malignità. Il nodulo è rimosso con un adeguato margi-ne di tessuto sano intorno.

La stadiazione clinica del tumore (Owen 1980) è incentrata su: – T: dimensioni della neoplasia. La biologia clinica può variare in dipenden-

za anche della localizzazione (ad es. mastocitoma); questo parametro, tral’altro, condiziona la dose chirurgica. LA TC pre-operatoria può essere diaiuto nel pianificare la chirurgia;

– N: linfonodi regionali/satellite: a parte i casi di linfonodi metastatici evidentigià clinicamente (fissi, indolenti e irregolari) e poi confermati citologicamen-te, nella maggior parte dei casi il linfonodo ha caratteristiche cliniche dubbie(ingrandito ma liscio e mobile), con eventuale citologia non definitiva. In talcaso, dopo esclusione di linfoadenopatie successive e metastasi sistemiche, illinfonodo è biopsiato o rimosso per una valutazione istologica. L’escissionedel linfonodo, che non è considerabile curativa (Sigurdson 2003), può a) rap-presentare l’unico atto chirurgico applicato (in tal caso indicata anche la biop-sia incisionale del tumore primario), b) essere in un secondo tempo seguitadall’escissione del tumore primario, o c) essere contestuale all’escissione deltumore primario. L’esame istologico di entrambi può guidare i successivi pas-si diagnostici e terapeutici; ad esempio, se è vero che la negatività del linfono-do satellite in caso di mastocitoma può far si che si decida di non procedereoltre con la stadiazione (Warland et a. 2012), la sua positività impone di pro-seguire con l’ago-aspirazione di fegato e milza;

– M: metastasi a distanza: la valutazione è preferibilmente eseguita con TACtotal body, specie in caso di tumori altamente aggressivi. In caso di tumo-ri di bassa o media malignità, può essere sufficiente un esame radiografi-co del torace (3 proiezioni) ed ecografico dell’addome. In caso di metasta-si accertate, solo in casi selezionati la chirurgia è ancora indicata e in ge-nere si opta per la chemioterapia dose-intensa e/o metronomica.

La dose chirurgica (resezione marginale fino a margini di escissione di 1-5cm periferici e 1-2 piani fasciali profondi) dipende dall’istotipo ma anchedalla localizzazione tumorale. Dopo ampie escissioni si fa spesso ricorso a ri-costruzioni più o meno complesse (incisioni liberatorie, lembi locali, liberi,assiali, muscolari o miocutanei, etc), con anche, se del caso, usi di reti di pro-lene. In caso di tumore maligno a livello del muso (tartufo, regione nasale o,a livello degli arti, distalmente a gomito e ginocchio, la probabililtà di ottene-

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re margini chirurgici puliti è limitata. In caso di margini sporchi, le alternati-ve sono il re-intervento (se ancora possibile in dipendenza della regione ana-tomica) considerando la cicatrice come tumorale (1-5cm di margine periferi-co e 1-2 piani fasciali profondi) o l’irradiazione locale (sede del tumore pri-mario +/- sede del linfonodo satellite, se metastatico). Solo tumori a bassamalignità (ad esempio sarcomi a cellule fusate di basso grado - Stefanello etal 2008) possono essere rimossi con margini limitati. In caso di neoplasie dimedio-alto grado e di escissione incompleta, la radioterapia adiuvante è indi-cata per controllare le recidive locali; la chemioterapia è invece impiegata perlimitare la disseminazione a distanza (linfatica regionale e oltre) in caso dineoplasie ad alto grado e in caso di mastocitomi aggressivi.

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA1. Owen L.N. TNM classification of tumors in domestic animals. World Health Organiza-

tion, Geneva, 1980.2. Gilson SD. Clinical management of the regional lymph node. Vet Clin North Am, Sm

Anim Pract, 25 (1): 149-167, 1995.3. Sigurdson ER Lymh node dissection: it is diagnostic or therapeutic ? Journal of Clinical

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C, Avallone G, Romussi S, Buracco P. Surgical marginal excision of canine soft tissuelow grade spindle cell sarcoma of the extremities: 35 dogs (1996-2006). Veterinary Sur-gery 37:461-465, 2008

5. Martano M., Morello E., Buracco P. Feline injection-site sarcoma: Past, present and futu-re perspectives. The Veterinary Journal 188(2): 136-141, 2011.

6. Kudnig ST, Séguin B. Veterinary Surgical Oncology. Wiley-Blackwell, 2012. 7. Warland J, Amores-Fuster I, Newbury W, Brearley M, Dobson J. The utility of staging in

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10. Withrow SJ, Vail DM, Page RL. Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical Oncolo-gy. Elsevier Saunders, 5° edizione, 2013.

Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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Neoplasie ossee: tumori che mettono ansia

Sabato, 13 luglio 2013, ore 16.45

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I tumori dell’osso possono essere primari o secondari. I primari includonoosteosarcoma, condrosarcoma, fibrosarcoma, emangiosarcoma, osteoclasto-ma, sarcoma multilobulare dell’osso, liposarcoma, mieloma multiplo e linfo-ma. I secondari possono essere metastatici (da carcinomi mammari, prostati-ci, melanoma, etc) o derivare da invasione secondaria dell’osso da parte disarcomi dei tessuti molli, carcinomi squamosi, etc.

Se è vero che l’osteosarcoma, il tumore osseo primario in assoluto più fre-quente (fino al 95% dei casi), può essere in genere facilmente sospettato ra-diograficamente, è altrettanto vero che sia la diagnostica differenziale sia i ri-sultati della biopsia possono talvolta risultare contradditori; infine, i possibilitrattamenti operabili, specie l’amputazione per le forme appendicolari, e laprognosi prevista possono essere oggetto di valutazioni assolutamente sogget-tive e non oggettive.

Biopsia ossea: le controversie e le diagnosi differenziali: le lesioni chepossono simulare clinicamente e radiograficamente un tumore osseo primiti-vo sono molte e solo la biopsia ossea è in grado di consentire la diagnosi de-finitiva.

Mediante biopsia ad ago sottile è possibile, nel 50-60% dei casi, emetterediagnosi generica di “sarcoma”; in alcuni casi le caratteristiche cellulari sonocompatibili con la diagnosi più specifica di osteosarcoma. Le motivazioni peruna mancata diagnosi sono principalmente: 1) impossibilità a penetrare il cuo-re del tumore a causa di una compatta reazione ossea periostale peritumorale, e2) presenza di aree necrotiche e/o reattività infiammatoria peritumorale, lacuneematiche. Quando possibile, trattandosi di una procedura relativamente atrau-matica, l’ago-aspirazione dovrebbe essere sempre tentata. Preparati per la valu-tazione citologica possono essere approntati anche dalle “carote” di tessuto ot-tenute con ago Jamshidi prima della loro immersione in formalina.

Mediante ago di Jamshidi è possibile ottenere campioni per la valutazio-ne sia citologica sia istopatologica. L’utilizzo di strumenti di diametro mag-giore (ad es. trapano di Michelle), pur fornendo una maggior quantità di tes-suto (con aumento quindi della probabilità di diagnosi), non è del tutto racco-mandata per il maggior rischio di frattura patologica. Per la selezione del-l’area da biopsiare è consigliabile il ricorso a tecniche di diagnostica per im-magini. In tal senso, mentre ecografia, Doppler e fluoroscopia possono forni-re risultati variabili, la TC con contrasto garantisce risultati più consistenti inquanto sono evidenziate più facilmente le aree dove è presente tessuto vitale.Una volta penetrato l’ago, è preferibile eseguire “carotaggi” in più direzioni.In casi selezionati si può operare anche la biopsia incisionale che andrebbeperò evitata se è in programma il salvataggio dell’arto visto che la procedura

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non è scevra da complicanze (ematomi, infezioni e, potenzialmente, dissemi-nazione di cellule). A seconda della qualità e della quantità di materiale otte-nuto, si allestiscono preparati citologici, istologici, e se opportuno, colturebatteriologiche e micologiche. La sede di biopsia (in caso di tumore) va ri-mossa nel corso del successivo intervento curativo (anche di salvataggio del-l’arto).

Trattamento dell’osteosarcoma (OSA) appendicolare: le metafisi degliarti anteriori (soprattutto distale di radio e prossimale di omero) sono colpitecon frequenza doppia rispetto a quelle dell’arto posteriore (distale di femore,prossimale e distale di tibia e, in misura minore, prossimale di femore).L’OSA si sviluppa soprattutto in soggetti di peso superiore a 25-30 kg, di etàmedia o avanzata; un secondo picco di età interessa cani di 18-24 mesi. Il tu-more prevale nei soggetti maschi ma le femmine di alcune razze (Rottweiler,S. Bernardo, Alano) ne possono spesso essere colpite. Pur essendo altamentemetastatico, solo nel 10% dei soggetti colpiti vi è evidenza radiografica dimetastatizzazione polmonare in prima presentazione. Per la stadiazione clini-ca, la TC del torace per la ricerca di metastasi è più efficace rispetto all’esa-me radiografico (tre proiezioni standard), specie nei cani di grossa taglia.1,2

Il solo controllo della lesione primaria non ha ambizioni curative; infatti,il 90% dei cani solo amputati muore per metastasi, generalmente polmonari,entro 6-8 mesi dalla chirurgia. Il risultato principale, in tal caso, è l’elimina-zione del dolore tumore-associato. La disseminazione al linfonodo regionaleè rara (<5%) ma, se presente, è un fattore prognostico negativo, così come an-che la localizzazione dell’OSA a omero prossimale o scapola. Metastasi a cu-te, muscolo, etc non sono tipiche in prima presentazione e tendono a produr-si dopo che la chemioterapia è stata completata.

Il trattamento prevede asportazione chirurgica ad ampio margine del-l’OSA e chemioterapia adiuvante. L’escissione può essere non conservativa(amputazione) o conservativa (salvataggio dell’arto - c.d. limb sparing) 3,4;nell’ultimo caso, dopo resezione tumorale en bloc, segue la ricostruzione del-la parte. Se l’OSA è stato causa di frattura patologica, le opzioni sono l’euta-nasia, l’amputazione o, se disponibile e in chiave squisitamente palliativa, lafissazione della frattura seguita da radioterapia stereotasica5-7 e chemiotera-pia. Anche nell’ultima evenienza, il controllo del dolore è efficacemente rag-giunto e la sopravvivenza può essere prolungata. L’amputazione a seguito difrattura patologica è caratterizzata da un minor impatto emotivo perché con-siderata “inevitabile”.

Il problema si pone invece quando entrambi gli interventi sono potenzial-mente possibili, in particolare per OSA del radio distale ancora confinati al-

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l’osso (senza cioè evidente estensione ai tessuti molli) e che non necessitino,dopo disarticolazione al carpo, di ostectomia del radio (o radio-ulna) per ol-tre il 50% della lunghezza del radio stesso. L’ultima condizione implica pro-blemi di stabilità dell’impianto ortopedico. Vi sono invece minori problemi distabilità se si è prevista la ricostruzione mediante “bone transport osteogene-sis” con apparato Ilizarov -. 8

“Attori” della vicenda sono il tumore, il cane ammalato, il veterinario, ilproprietario e le tecniche utilizzabili.

Il tumore: va innanzi tutto considerato che la prognosi post-trattamento perl’OSA appendicolare canino a tutt’oggi non è particolarmente brillante. Dopochirurgia e chemioterapia, dal 36% al 60% dei cani (a seconda dei lavori con-siderati) è vivo a 1 anno e solo il 20% circa a 2 anni. La mediana di soprav-vivenza è di circa 1 anno.

Il cane ammalato di osteosarcoma appendicolare: in genere è di grossa ta-glia, di peso variabile tra 25 e 75-90 kg, più o meno “collaborativo”, coneventuali precedenti di malattia ortopedica trattata o meno e, se trattata, conpieno successo o, invece, ancora causa di deficit deambulatori di gravità va-riabile; e/o può trattarsi di un paziente neurologico la cui menomazione va,anche in questo caso, valutata in modo preciso. Comunque, anche se norma-le dal punto di vista ortopedico e/o neurologico, può non essere facile, emo-tivamente, “vederlo” amputato, né da parte del proprietario né del veterinario.Un ulteriore fattore negativo da considerare è l’eventuale eccessiva obesità.

Il veterinario: anche se non sempre, può profondamente influenzare la de-cisione del proprietario. Pochi sono i tumori capaci di evocare timore, ma traquesti vi è di certo l’OSA per la sua aggressività clinico-biologica; se poi aquest’aspetto si associa la taglia del paziente colpito, il timore diviene anco-ra maggiore. Pertanto, se la convinzione del veterinario, al di là della “scien-za” pubblicata, è che l’OSA è una malattia comunque fatale che non meritasforzi terapeutici, e/o che la taglia del cane è tale da rendere improponibilel’amputazione, l’eutanasia è spesso la scelta definitiva del proprietario, prece-duta spesso da un periodo variabile di palliazione farmacologica del dolore.Solo i proprietari particolarmente motivati cercano strade alternative (oggianche attraverso internet). Se, al contrario, il veterinario crede nei lavori pub-blicati e sia testimone di una professionalità pragmatica, allora proporrà tuttele alternative terapeutiche possibili, anche mostrando foto e video di cani trat-tati. Al riguardo, “credere” maggiormente nell’amputazione piuttosto che nelsalvataggio dell’arto, è del tutto comprensibile viste le molte complicanze del“limb sparing”.

Il proprietario: quest’ultimo può essere decisamente contrario all’amputa-zione (perché non riesce a “vederlo a tre zampe”) e a ogni altro trattamento

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possibile (“perché tutto troppo complicato”, “l’animale potrebbe “soffrirne”e/o perché le probabilità di successo oncologico sono troppo ridotte), o desi-derare fortemente che si proceda al più presto. Il compito del veterinario nonè convincere. Credo che, se da una parte il veterinario non può e non deve de-cidere per il proprietario, ha dall’altra l’obbligo di illustrare nel dettaglio alproprietario le diverse possibilità e i risultati ottenibili.

Le tecniche utilizzabili: il limb sparing “sostitutivo” (con allograft, innestoautografico pasteurizzato, endoprotesi metallica, innesti vascolarizzati) èspesso associato a complicanze (infezione, instabilità e cedimento dell’im-pianto, recidiva locale) che impegnano in modo rilevante l’oncologo chirur-go e medico, il veterinario referente, il proprietario e il cane stesso. Quandocompaiono, sono anche causa di dolore per l’animale e di costi aggiuntivi; incaso d’infezione, si assiste comunque a un prolungamento della sopravviven-za, presumibilmente per stimolazione immunitaria protratta.9 Anche in caso di“bone transport osteogenesis” l’impegno richiesto è importante.6 Questiaspetti fanno preferire a molti chirurghi l’amputazione; solo in casi seleziona-ti (assoluta volontà del proprietario a procedere ed effettiva incapacità del ca-ne a tollerare l’amputazione) il salvataggio dell’arto diventa un’opzione. Re-quisiti essenziali per il limb sparing sono: idonea localizzazione (radio dista-le) ed estensione del tumore, ricerca metastasi negativa (TAC torace), pazien-te in buona salute e collaborativo, proprietario informato dei costi e delle pro-blematiche connesse alla procedura.

L’amputazione, al contrario, è la procedura più semplice, in genere senzaparticolari complicanze post-chirurgiche, per eradicare un OSA appendicola-re. La distribuzione del peso è in genere 30% su ogni arto anteriore (appog-gio statico) e 20% su ciascun posteriore (maggior impegno nella propulsio-ne).8 Dopo amputazione anteriore, il 47% del carico è sopportato dal contro-laterale e il 53% dai due posteriori; dopo amputazione posteriore, il 73% delpeso è sugli anteriori e il 27% sul posteriore rimanente.10,11 L’amputazione an-teriore determina maggiori problemi di equilibrio, quella posteriore di propul-sione; l’adattamento (e quindi il recupero funzionale) è influenzato dalla fa-cilità con cui l’animale riesce a gestire lo spostamento dei carichi e del nuo-vo centro di gravità. In caso di amputazione posteriore gli anteriori continua-no ad agire come lavorerebbero in un cane a quattro arti, con modificazionicompensatorie minime o nulle; al contrario, il tempo di ricupero dopo ampu-tazione anteriore può essere superiore perché le modificazioni sono più com-plesse. La motivazione principale contro l’amputazione è in genere il pesodell’animale che sarebbe causa di una maggiore difficoltà dell’animale adadattarsi alla locomozione a 3 arti. Uno studio ha concluso che, sulla base diun questionario compilato dai proprietari, 41 su 44 cani si sono ben adattati

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alla nuova condizione (la maggior parte entro 1 mese e alcuni entro 1 settima-na).12 Le principali lamentele sono state che 1 cane non era stato più in gradodi fare passeggiate lunghe; altre, invece, che alcuni soggetti avevano svilup-pato cambiamenti comportamentali (maggior aggressività, ansia, paura, per-dita della dominanza o di interesse). Diciannove su 22 proprietari, prima con-trari all’amputazione, avevano poi cambiato idea dopo aver costatato il recu-pero del proprio cane. Il recupero funzionale non era stato influenzato dal pe-so e dall’età dell’animale o dal fatto che fosse stato amputato un anteriore oun posteriore. Due ulteriori importanti aspetti di questo studio sono stati che1) la capacità esplicativa del veterinario specialista piuttosto che del veterina-rio “di famiglia” aveva consentito alla maggior parte dei proprietari di sce-gliere meglio, con loro maggior soddisfazione sul livello informativo riguar-do il “prima, durante e dopo” e 2) che il consenso famigliare generalizzatoaveva favorito il recupero più rapido del cane. In conclusione, la “paura” del-l’amputazione è più un fatto emozionale piuttosto che basato sui fatti e la qua-lità di vita dei cani amputati, come percepita dai proprietari, è buona, anche afronte di potenziali modificazioni comportamentali.

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12. Kirpensteijn J, van den Bos R, Endenburg N., (1999), Adaptation of dogs to the amputa-tion of a limb and their owners' satisfaction with the procedure. Vet Rec 144(5):115-8.

Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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La sfida continua: i tumori dell’urinario

Domenica, 14 luglio 2013, ore 09.00

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RENE: i tumori renali sono rari (1%). Nel cane oltre il 90% è maligno. Iprincipali sono: carcinoma (adenocarcinoma tubulare, carcinoma a celluletransizionali), sarcomi diversi, e tumori embrionali (tumore di Wilm, nefro-blastoma, nefroma embrionale). La bilateralità è possibile in caso di linfomae di cistadenocarcinoma (prevalente nel Pastore tedesco – malattia geneticaassociata a dermatofibrosi nodulare paraneoplastica; nelle femmine possonoessere presenti anche polipi e leiomioma uterini). Nel gatto il fenotipo tumo-rale prevalente è il linfoma. - Il tasso metastatico dell’adenocarcinoma è fino al 50% (linfonodi, fegato,

polmoni, osso). - Carcinoma a cellule transizionali: deriva in genere dalla pelvi renale; il

suo tasso metastatico è inferiore all’adenocarcinoma.- Nefroblastoma: in genere non produce metastasi ma può impiantarsi sul

peritoneo. - Dopo accurata stadiazione al fine di escludere la disseminazione metasta-

tica (TAC total body), la nefrectomia, in caso di forme unilaterali, è discelta. Particolate attenzione va rivolta alla valutazione della funzionalitàdel rene controlaterale. L’uretere è legato e resecato il più vicino possibi-le alla vescica al fine di evitare reflusso. I linfonodi regionali ingranditivanno biopsiati o, preferibilmente, rimossi. La nefrectomia parziale, in ca-so di tumori polari, non è consigliabile a meno che la funzionalità renalecomplessiva sia già a un livello critico.

- Al momento non è consigliabile alcun protocollo chemioterapico specifi-co. In caso di sarcoma, può essere previsto l’uso della doxorubicina adiu-vante.

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Dermatofibrosi nodulare e cistadenocaercinoma (ecografia) Nefroblastoma

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- La chirurgia NON è un’opzione in caso di ciastadenocarcinoma (bilatera-le anche se inizialmente unilaterale) ma la sopravvivenza è in genere pro-tratta (mesi-anni).

URETERI: molto rari. Più frequenti sono i tumori renali con estensione al-l’uretere; in tal caso è di scelta la nefroureterectomia. I tumori primari inclu-dono: leiomioma, leiomiosarcoma e carcinoma a cellule transizionali. In casiselezionati può essere indicata l’ureterectomia parziale, anastomosi termino-terminale e stenting ureterale (con “stent double J tail” al fine di prevenire lastenosi).

VESCICA: fino al 2% dei tumori canini. Le femmine sono colpite conmaggior frequenza rispetto ai maschi. Anche giovani cani di grossa taglia (<2anni) ne possono essere colpiti (sarcoma botroide o rabdomiosarcoma em-brionale, in genere localizzato a livello del trigono e a volte associato a osteo-patia ipertrofica).- Tumori benigni: fibroma, leiomioma, papilloma.- Tumori maligni: carcinoma a cellule transizionali, carcinoma squamoso,

adenocarcinoma; più raramente fibrosarcoma, leiomiosarcoma, emangio-sarcoma.

- Carcinoma a cellule transizionali: a) Nel cane è più spesso localizzato a livello del trigono (la cistite poli-

posa canina è in genere a livello dell’apice e della parte ventrale del-la vescica). Nel gatto può svilupparsi anche in aree meno critiche.

b) Colpisce soprattutto cani femmina. c) È invasivo e impiantabile iatrogenicamente (l’ago-aspirazione tran-

scutanea ecoguidata è controindicata – il prelievo è eseguito median-te cistoscopia o cateterizzazione eco-guidata transuretrale)

d) La citologia può sovrastimare la malattia ed è preferibile ottenere uncampione da avviare all’istologia.

e) La disseminazione metastatica linfatica regionale e oltre si verifica incirca metà dei casi ma solo una piccola percentuale è già metastaticain presentazione.

f) Talvolta la sua origine è difficile da stabilire (uretra, prostata).

- Ruolo della chirurgia: a) Cistectomia parziale (fino al 75%): di scelta se il trigono non è coin-

volto. Se il trigono è coinvolto, è possibile re-impiantare uno o en-trambi gli ureteri ma esiste il rischio concreto di disseminare iatroge-nicamente il tumore.

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b) Cistectomia totale (controversa): deve prevedere il reimpianto degliureteri in altra sede (colon ?; moncone uterino o uretra, con inevita-bile incontinenza). Le tecniche sostitutive sono sperimentali.

c) La chirurgia è più spesso palliativa e può essere associata a chemio-radioterapia. È essenziale cambiare guanti e strumenti dopo l’escis-sione al fine di evitare l’impianto iatrogenico in altra sede. Anche incaso di “margini puliti” all’istologia, la recidiva è ancora possibile. Imargini di escissione dovrebbero essere di almeno 2cm.

d) La diversione dell’urina (cateterizzazione chiusa con catetere di Foleyo de Pezzer, tubo cistostomico, stent uretrale, etc) è essenziale in casodi ostruzione a livello del collo; nel frattempo si intraprende il tratta-mento medico chemioterapico. Se l’ostruzione/occlusione è a livellodegli ureteri, la prognosi è sfavorevole anche se, potenzialmente è pos-sibile applicare degli stent ureterali al fine di ristabilirne la pervietà

- Ruolo della chemioterapia:a) Da sola o come adiuvante o neoadiuvante.b) Per controllare la disseminazione metastatica e la crescita del tumore

primario. c) Aumenta la la sopravvivenza.d) Piroxicam (metacam nel gatto).e) Altri + piroxicam: mitoxantrone (sopravvivenza mediana 350 gg, mi-

glioramento nel 75% casi), carboplatino, gemcitabina, etc. In genera-le, la maggior parte dei proprietari è soddisfatta della palliazione ot-tenuta.

f) Trattamento intravescicale: purtroppo inefficace per il fatto che il tu-more è troppo infiltrato nello spessore della parete.

g) Trattamento multimodale: chirurgia (se fattibile, anche non immedia-tamente), radio- e chemio-terapia: augurabile per il futuro.

- Fattori prognostici negativi: recidiva e/o metastasi entro 1 anno, localizza-zione al trigono, idrouretere e idronefrosi, TNM avanzato, giovane età,coinvolgimento di uretra/prostata.

URETRA: stessi tumori della VESCICA.- Carcinoma a cellule transizionali nel terzo prossimale, carcinoma squa-

moso in genere più distale. - FEMMINE ANZIANE, dall’uretra al trigono; MASCHIO, dall’uretra pro-

statica al trigono.

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- Metastasi linfatiche nel 50% dei casi.- Chirurgia: cistouretrectomia e reimpianto degli ureteri. - Occasionalmente, escissione marginale di leiomiomi o uretrectomia seg-

metale e anastomosi termino-terminale (previa apertura del bacino).- Diversione dell’urina, stenting uretrale (palliativo).- Chemotherapia: vedi vescica. - MASCHIO: in caso di carcinoma squamosa uretra peniena → stadiazione

→ amputazione pene, castrazione e uretrostomia scrotale.

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BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

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Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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… e quando i tumori sono endocavitari?

Domenica, 14 luglio 2013, ore 10.00

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In questa sede ci si occupa dei principali tumori endo-toracici/addominaliaggredibili chirurgicamente. Si forniscono cenni su timoma, tumori polmona-ri, epatici, splenici e surrenalici.

TIMOMA

Le due principali diagnosi differenziali per una massa mediastinica sonolinfoma e timoma: altre possibili sono chemodectoma, tumori ectopici della ti-roide o paratiroide, cisti brachiali, etc. Citologicamente (ago-aspirato ecogui-dato transtoracico), il timoma, tumore della parte epiteliale del timo, rivela cel-lule epiteliali, molti piccoli linfociti e poche mast-cellule; presenti inoltre cel-lule infiammatorie (neutrofili, eosinofili e monociti). In caso di dubbio la cito-fluorimetria può essere utile per differenziarlo dal linfoma (≥ 10% piccoli lin-fociti positivi per CD4 e CD8 in caso di timoma- Lana et al 2006). La diagno-stica per immagini prevede l’esame radiografico (che oltre a rivelare la massapuò evidenziare versamento pleurico – potenzialmente chilo - e megaesofagoda compressione o da miastenia gravis paraneoplastica associata a timoma),ecografico (che rivela la struttura della massa – cistica in caso di timoma) eTAC (per valutare operabilità). Per tentare di distinguere compressione vs. in-vasione della vena cava craniale da parte del tumore è più opportuna la veno-grafia giugulare piuttosto che la TC. Le principali sindromi paraneoplastichepotenzialmente associate a timoma sono miastenia gravis e ipercalcemia e, nelgatto, dermatite esfoliativa. Dopo escissione del timoma la risoluzione dellamiastenia è incerta. L’approccio chirurgico per il timoma è quello sternotomi-co e solo in caso di lesioni di piccole dimensioni può essere indicato quello la-terale toracotomico, in genere sinistro. L’uso combinato di chirurgia, radiote-rapia e chemioterapia non è stato standardizzato ma è presumibile una rispostamisurabile quando la componente linfocitica del timoma è cospicua. Dopo chi-rurgia la sopravvivenza è in genere protratta; un fattore prognostico negativo èrappresentato dall’associazione timoma / miastenia.

TUMORI POLMONARI

Sono rari sia nel cane (1% di tutti i tumori) sia nel gatto. Quasi tutti sonoepiteliali maligni, in particolare adenocarcinomi (bronchiali, alveolari o bron-coalveaolari). In genere sono solitari ma è possibile riscontrare anche formediffuse. Tra gli epiteliali, si riporta anche il carcinoma squamoso, più raro. Itumori benigni e la granulomatosi linfomatosa sono rari. La metastatizzazio-

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ne si verifica in > 50% degli adenocarcinomi indifferenziati e il 95% deglisquamosi. Nel gatto, nel 75% dei casi, le metastasi di carcinoma polmonaresi sviluppano a livello delle dita (lung digit syndrome). Aggravamento acutoè spesso dovuto a versamento pleurico (da rottura o maligno) e pneumotora-ce. La sindrome paraneoplastica più frequente è l’osteopatia ipertrofica; pos-sibile anche la leucocitosi paraneoplastica. Le procedure diagnostiche preve-dono esame radiografico e TC (soprattutto per verificare operabilità e meta-stasi). Si tenga presente che vi è sempre la possibilità che la lesione sia secon-daria e non un TP primitivo; i lobi caudali sono più spesso colpiti da formeprimitive. La citologia di biopsie ad ago sottile trans-toraciche (eco- o TC-guidate) può essere controversa (necrosi, infezione) e in caso di lesioni soli-tarie è preferibile la chirurgia, anche per la diagnosi. Se è presente versamen-to pleurico, è invece opportuno tentare di stabilire prima se questo è malignoin quanto, in tal caso, la prognosi è negativa e il ruolo della chirurgia discuti-bile. TC e toracoscopia sono in tal caso assolutamente determinanti per stabi-lire l’eziologia del versamento. Un paziente stabile con una massa solitariapolmonare è potenzialmente un candidato chirurgico. La lobectomia polmo-nare è possibile anche per via toracoscopia. L’approccio chirurgico miglioreper la lobectomia è quello laterale intercostale (4°-6° spazio), anche per i lin-fonodi (che sono rimossi o biopsiati). La miglior prognosi (oltre il 50% deipazienti vivi a 1 anno) è attribuita agli adenocarcinomi ben differenziati soli-tari di meno di 5 cm, con linfonodi negativi e assenza di versamento toracico.L’adenocarcinoma polmonare è caratterizzato da miglior prognosi (sopravvi-venza media di 19 mesi) rispetto al carcinoma squamoso (8 mesi di sopravvi-venza media), spesso già diffuso alla diagnosi. La localizzazione perifericavs. ilare del TP è prognostica (sopravvivenza media di 16 mesi vs. 8 mesi).Allo stesso modo è la sua dimensione: < 5cm vs > 5cm, sopravvivenza mediadi 20 mesi vs. 8 mesi. La concomitanza di linfoadenopatia metastatica influi-sce anch’essa negativamente: 60 gg in caso di coinvolgimento metastatico vs.sopravvivenza media di 1 anno in caso di linfonodi negativi. Uno studio su 67cani (McNiel EA et al, 1997) (sopravvivenza mediana 1 anno) ha inoltre evi-denziato quanto segue: a) differenze in sopravvivenza a seconda del grado (16mesi se di basso grado vs. 6 mesi se di alto grado), b) presenza o meno di se-gni clinici in presentazione (18 mesi se assenti vs. 8 mesi se presenti), c) sta-dio clinico (26 mesi per tumori T1, 7 mesi per tumori T2 e 3 mesi per T3), d)stato dei linfonodi (mediana 15 mesi in caso di LNF negativi vs. 11 mesi seLFN positivi), e) i cani con carcinoma papillare a basso grado sono caratte-rizzati da sopravvivenza mediana di 17 mesi, gli altri di 1,5 mesi.

I gatti sono colpiti da TP meno frequentemente dei cani e anche in questaspecie i tumori secondari sono più frequenti. Gli istotipi sono simili al cane e

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solo il grado istologico è significativamente correlato con la sopravvivenza(mediana di 2,5 mesi in caso di tumori indifferenziati vs. 23 mesi se più dif-ferenziati).

TUMORI EPATICI

I tumori epatocellulari sono più frequenti nel CANE, gli epatobiliari nelGATTO.

Altri tumori che possono colpire primariamente il fegato sono: emangio-sarcoma (le metastasi da EMS splenico sono più frequenti del primario), lin-foma, mastocitoma, sarcoma istiocitico, altri sarcomi, carcinoidi, etc

Ipoglicemia paraneoplastica: occasionalmente in caso di epatoma (carci-noma epatocellulare di basso grado).

I tumori epatocellulari e epatobiliari includono adenoma (cistico nel gatto– cistadenoma epatobiliare) e carcinoma (colangiocarcinoma se deriva dal si-stema biliare). Tipicamente il carcinoma può essere: massivo, nodulare (mul-tifocale) o diffuso (peggior prognosi).

Il colangiocarcinoma è caratterizzato da prognosi peggiore (metastatico80-87% dei casi) rispetto al carcinoma epatocellulare. La stadiazione si avva-le preferibilmente della TAC total body. Preoperatoriamente, è opportuna lavalutazione del profilo coagulativo.

La miglior prognosi è attribuibile al carcinoma epatocellulare massivo,specie se localizzato nei lobi sinistri dove l’ilo è facilmente riconoscibile (i lo-bi destro e caudato devono essere separati dalla vena cava caudale). Questoconsente nella maggior parte dei casi un’escissione tumorale completa e unasopravvivenza protratta (anni). Se la divisione centrale del fegato è eliminata(lobi quadrato e destro mediale) è necessario procedere anche a colecistecto-mia. Nel post-operatorio, specie nel cane, è opportuno il trattamento contro ibatteri anaerobi in quanto questi possono essere attivati da un’eventualeischemia relativa occorsa durante chirurgie a volte complesse.

TUMORI SPLENICI (EMANGIOSARCOMA)

Le razze retrievier e pastore tedesco sembrano più a rischio per l’emangio-sarcoma (EMS). L’incidenza di emoaddome è del 40-60%. Gli episodi acutipossono talvolta avere risoluzione spontanea, a seguito di rottura parziale del-l’organo con successivo riassorbimento dell’emoperitoneo e cicatrizzazione(aderenze) della parte “rotta”. La morte è solitamente esito di emorragia acu-

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ta, metastasi, CID o aritmia cardiaca. L’EMS splenico del cane è classificatoin 3 stadi: I (confinato alla milza, senza evidenza di metastasi); II (rottura dimilza con emoperitoneo senza macroscopica evidenza di metastasi); III (evi-denza di invasione di strutture attigue, presenza di metastasi a livello di linfo-nodi e altre sedi). L’EMS splenico e cardiaco possono coesistere nello stessocane solo in una piccola percentuale di soggetti (8.7%; 2/23) (Boston et al,2011). Dopo splenectomia sono riportate sopravvivenze mediane di 19-87giorni, con tasso di sopravvivenza ad 1 anno del 6.25%. L’impiego della do-xorubicina adiuvante determina un aumento della sopravvivenza (141 a 273giorni, a seconda dello stadio clinico).

Sopravvivenze simili sono ottenibili con splenectomia e chemioterapiametronomica a base di ciclofosfamide, etopiside e piroxicam, somministrataper via orale (mediana 178 giorni - Lana et al, 2007).

TUMORI SURRENALICI

Possono essere classificati come: adrenocorticali funzionali (eccesso dicortisolo, Cushing tipico), adrenocorticali funzionali (eccesso di 17-idrossi-progesterone – Cushing atipico), feocromocitoma (da midollare surrenalica,eccesso di catecolamine) e non funzionale. La diagnosi di tumore surrenalicopuò anche essere casuale (“incidentaloma). La diagnosi prevede test endocri-ni, valutazione periodica della pressione, esame ecografico e TAC/RMN.L’invasione o la semplice compressione della vena caudale non sono facili dastabilire prima della chirurgia. Il trattamento del Cushing prima della chirur-gia, al fine di diminuire l’incidenza del tromboembolismo perioperatorio, èconsigliato da molti ma non è effettuato di routine; allo stesso modo non è diroutine l’eparinizzazione preoperatoria dei pazienti. L’approccio chirurgicopuò essere celiotomico, al fianco o laparoscopico. I trombi nella vena freni-co-diaframmatica o già in vena cava caudale devono essere rimossi conte-stualmente al tumore primario.

Nei pazienti con Cushing, può essere opportuno integrare con glucocorti-coidi (solo raramente indicata l’integrazione con mineralcorticoidi – monito-rare elettroliti). La mortalità perioperatoria è del 15-20% (emorragia, fibrilla-zione ventricolare, iper- o ipo-tensione, tromboembolismo, pancreatite, CID,etc) e sono a maggior rischio i soggetti con adenocarcinoma ≥ 5 cm, più fa-cilmente di altri già con trombi intravenosi; la restante popolazione sopravvi-ve in genere a lungo anche se è fattore prognostico negativo aver subito la sur-renalectomia insieme alla rimozione di un altro organo (ad es. rene) o esseregià metastatici (evento raro) (Massari et al 2011).

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BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

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Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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… qual è l’approccio terapeuticopiù corretto per i tumori

intestinali e perianali?Domenica, 14 luglio 2013, ore 11.15

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Paolo BuraccoMed Vet, Dipl ECVS, Torino

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TUMORI INTESTINALI

I tumori epiteliali maligni sono, nel GATTO, più frequenti a livello del pic-colo intestino; nel CANE a livello colorettale (60-70%). - L’adenocarcinoma del piccolo intestino è spesso in stadio avanzato già in

presentazione, con disseminazione metastatica ai linfonodi meseraici, fe-gato, etc. Può inoltre coesistere versamento peritoneale, specie nel gatto.

- Il leiomiosarcoma è, nel cane, più probabile a livello del piccolo intestinoma può colpire anche il grosso intestino. Sempre nel cane può occasional-mente associarsi, in presentazione, a segni neurologici da ipoglicemia pa-raneoplastica; i GIST (gastro-intestinal stromal tumor) sono più probabili,oltre che nell’antro pilorico, a livello di valvola ileo-cecale e colon. Le me-tastasi di GIST sono più precoci e più diffuse di quelle originate dal leio-miosarcoma. La differenziazione tra leiomiosarcoma e GIST (all’immu-noistochimica i GIST sono vimentina +, actina-alfa per muscolatura lisciadebolmente + e CD117/c-kit + in molti casi) è importante in quanto i se-condi, anche se metastatici, possono essere trattati in forma palliativa conanti-tirosonchinasici; la sopravvivenza può in tal caso protrarsi anche permesi.

- Mastocitoma intestinale: fortunatamente raro, sia nel cane sia nel gatto. Laprognosi è negativa.

- In caso di malignità intestinale solitaria l’enterectomia è di scelta, conmargini di resezione di 4-8cm (tessuto macroscopicamente sano). In casodi lesione linfomatosa apparentemente solitaria (reperto occasionale) que-sti margini non sono sufficienti. La valutazione istologica deve essere ri-chiesta sia sulla massa sia sulle estremità di resezione per verificare lacompletezza dell’escissione. I linfonodi ingranditi sono biopsiati o, se pos-sibile, rimossi e avviati all’istopatologia. In caso di assenza di dissemina-zione, dopo escissione chirurgica, la sopravvivenza può essere prolungata.

- I tumori colorettali canini includono: polipi, adenocarcinoma in situ e ade-nocarcinoma. Le metastasi (a livello dei linfonodi sottolombari e/o colici)sono rare (adenocarcinoma infiltrativo, in genere a 360°) (Morello et al,2008). Le procedure chirurgiche attuabili sono:

- Tiflectomia- Colectomia subtotale/totale- Pull-out transanale (prolasso mediante suture di trazione) ed escissione

marginale (per polipi, adenocarcinoma in situ e adenocarcinomi poli-poidi); in alternativa, l’escissione può essere eseguita per via trans-en-doscopica

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- Amputazione rettale pull-through (a partire dalla cute) e transanale (do-po pull-out, con risparmio di 1-2 cm di retto distale) per lesioni del ret-to distale e medio

- Osteotomia od ostectomia (bilaterale) ischiopubica e resezione coloret-tale standard / anastomosi termino-terminale. Tale procedura è indica-ta per adenocarcinomi colorettali più prossimali

- Procedura di Swenson modificata (Morello et al. 2008).

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Pull through transanale e anastomosi termino-terminale

Ostectomia ischiopubica e anastomosi termino-terminale dopo resezione colorettale

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- Complicanze: ematochezia (auto-limitante), deiscenza (tensione, devasco-larizzazione – più probabile con l’approccio transanale), infezione, steno-si (da tensione +/- scarsa vascolarizzazione più probabile nei cani di pic-cola taglia)

- Incontinenza fecale: la frequenza di evacuazione può aumentare, le fecipossono risultare più morbide fino a diarrea vera e propria per un certo pe-riodo ma incontinenza vera si osserva solo se il retto distale (1-2cm) nonè conservato (Morello et al, 2008).

TUMORI PERIANALI

Tumori epatoidi del cane: includono adenoma, epitelioma (entrambi ormo-no-dipendenti) e adenocarcinoma. Le forme ormono-dipendenti sono benignee colpiscono soprattutto maschi interi anziani; le femmine colpite sono invecetipicamente ovariectomizzate (e potenzialmente con Cushing). La metastatiz-zazione, in caso di adenocarcinoma, è in genere tardiva e si sviluppa nei linfo-nodi sottolombari nel 10-15% dei casi. Per le forme benigne (anche per sedidiverse dalla regione perianale) la resezione marginale e la castrazione sono ingenere curative; in caso di adenocarcinoma la resezione en bloc può esitare inincontinenza se oltre il 50% dello sfintere esterno è rimosso; in caso di linfoa-denopatia sottolombare, anche i linfonodi vanno rimossi durante la stessa pro-cedura. Se l’adenocarcinoma è a livello della ghiandola della coda, l’opzionepiù ragionevole è l’amputazione. La sopravvivenza è in genere protratta.

Adenocarcinoma dei seni paranali: colpisce femmine anziane, più spessosterilizzate, ma anche femmine intere e maschi. Può essere associata a ipercal-cemia paraneoplastica (per produzione di una sostanza PTH-like – preferibilemisurare il calcio ionico). Il tumore può colpire anche il gatto. La progressionemetastatica ai linfonodi sottolombari è precoce e frequente e può causare tene-smo defecatorio. Metastasi distanti possono svilupparsi a livello di milza, fega-to, polmoni e osso; se le metastasi sono oltre i linfonodi sottolombari, la pro-gnosi diventa decisamente più negativa. L’ipercalcemia rappresenta un’emer-genza medica e deve essere trattata in modo appropriato (fluidi, furosemide,cortisone); se l’ipercalcemia non si risolve, l’unica alternativa è la chirurgia, conrimozione del tumore prmario e di tutti linfonodi ingranditi. La TAC total bodyaiuta nello stabilire il planning chirurgico. Il successo della chirurgia è testimo-niato dal rapido normalizzarsi della calcemia. La chemioterapia adiuvante èproponibile ma il suo ruolo non è del tutto chiaro. La sopravvivenza è in gene-re di 12-18 mesi od oltre ma se la disseminazione è oltre i linfonodi sottolom-bari, la sopravvivenza mediana è di soli 3 mesi.

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linfoadenopatia sottolombare dopo escissione dei linfonosdi resezione marginale dell’adenocarcinoma

del seno

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7. Withrow SJ, Vail DM, Page RL. Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical Oncolo-gy. Elsevier Saunders, 5° edizione, 2013.

Indirizzo per la corrispondenza:Paolo Buracco, Prof. ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, Via Leonardo da Vinci 44 10095 Grugliasco (Torino)Tel 011-670157/8 - Fax 011-6709165 - [email protected]

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Simona CanceddaMed Vet, Bologna

… nel percorso di stadiazionescattiamo qualche foto:l’importanza dell’imaging

Venerdì, 12 luglio 2013, ore 15.30

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INTRODUZIONE

Al fine di poter trattare in maniera adeguata una neoplasia è fondamenta-le stabilire, con la maggiore precisione possibile, la sua estensione, sia nellasua localizzazione primaria sia negli eventuali siti metastatici. Stadiare un tu-more è quindi il modo più semplice e standardizzato per dire quanto è estesoe diffuso nel momento in cui viene diagnosticato. Avere queste informazioniè fondamentale nell’approccio al paziente oncologico in quanto fornisce ele-menti utili a definire la prognosi, consente di pianificare la terapia più idonea,permette di valutare e confrontare i risultati terapeutici raggiunti con il tratta-mento effettuato. In generale possiamo dire che l’oncologia fa ricorso all’ima-ging nelle seguenti situazioni:- risposta ad uno specifico quesito clinico- stadiazione delle neoplasie- controllo dell’efficacia della terapia (chemio o radioterapia)- monitoraggio in pazienti con lesioni sospette- screening (principalmente in campo umano)- pianificazione del trattamento (chirurgia e radioterapia). Il piano terapeu-

tico complessivo deve essere messo a punto conoscendo lo stadio raggiun-to dalla malattia e l'eventuale presenza di metastasi impone una modifica,a volte radicale, della terapia.L’estensione tumorale è stata standardizzata a livello internazionale median-

te l’utilizzo di un sistema di classificazione TNM, il quale descrive l’estensio-ne anatomica del tumore basandosi sulla valutazione di tre componenti: T, iden-tifica l’estensione e l’invasività locale del tumore primitivo, N, identifica lo sta-to dei linfonodi regionali ed M che identifica la presenza o meno di metastasi adistanza. La valutazione dell’estensione tumorale viene effettuata medianteesami clinici e indagini strumentali. Di conseguenza, nel momento in cui, dal-la visita clinica e/o dagli esami di laboratorio vi è il sospetto di una lesioneneoplastica, per confermare la presenza, la sede e l’estensione dell’eventualeè indispensabile ricorrere ad esami diagnostici.

Differenti risultano le metodiche di diagnostica per immagini ad oggi di-sponibili anche in oncologia veterinaria.

RADIOLOGIA CONVENZIONALE

È una delle procedure ampiamente utilizzate, poco costose e di facile ese-cuzione, alla quale si ricorre sia per indagare la presenza di una neoplasia pri-maria sia per lo studio di eventuali lesioni secondarie regionali o a distanza.

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Dimensioni e localizzazione della lesione neoplastica sono di fondamentaleimportanza nel momento in cui si decide di utilizzare questa tecnica. La bas-sa sensibilità della radiologia non consente di poter visualizzare lesioni di pic-cole dimensioni soprattutto se queste sono circondate da strutture con la stes-sa radiopacità.

Per quanto riguarda lo studio delle lesioni primarie (T) la radiologia forni-sce le seguenti informazioni: - tumori polmonari: se di sufficienti dimensioni sono spesso visibili come

masse singole, localizzate prevalentemente, ma non solo, nei lobi caudalidel polmone. La radiologia consente di fare una prima valutazione delledimensioni e dei rapporti con le altre strutture endotoraciche (parete, me-diastino), tuttavia queste informazioni non sono sufficienti per program-mare con cura un possibile trattamento, per esempio di tipo chirurgico.

- a livello addominale, a causa della sovrapposizione delle strutture e dellaradiopacità simile agli organi addominali, la neoplasia deve raggiungeredimensioni ragguardevoli. In tal caso è fondamentale studiare la disloca-zione degli organi adiacenti. Per queste ragioni, la radiologia non consen-te una diagnosi precoce della neoplasia ma permette di avere delle infor-mazioni in tempi brevi e a costi contenuti in caso di malattia avanzata.

- Per quanto riguarda le neoplasie dello scheletro, la radiologia trova ancoravalida applicazione e anzi rappresenta il metodo diagnostico di prima scelta.Mediante la valutazione radiografica delle caratteristiche di osteoaggressivi-tà, numero e sede delle lesioni e altri parametri quali esami di laboratorio,anamnesi e segnalamento è possibile giungere alla formulazione di una dia-gnosi che in ogni caso andrà confermata mediante indagini istopatologiche.Ricerca di metastasi polmonari: la radiologia consente di identificare nodu-

li polmonari di circa 4-5 mm. Tuttavia, la visualizzazione di un nodulo polmo-nare non dipende solo dalle sue dimensioni ma anche dalla sede. Di conseguen-za, lesioni di maggiori dimensioni possono non venire identificate se il paren-chima polmonare non è sufficientemente aerato e produce un sufficiente contra-sto radiografico. Per tale ragione è sempre consigliabile effettuare studi radio-grafici che prevedano 3 proiezioni del torace (due laterali e una sagittale)1-2.

ECOGRAFIA

L’ecografia è un’altra tecnica non invasiva in grado di fornire importantiinformazioni nella stadiazione del paziente oncologico. Essa è particolarmen-te indicata per lo studio degli organi addominali in quando permette di iden-tificare e fornire precise informazioni di sede, dimensioni e rapporti che una

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lesione contrae con le strutture circostanti. Inoltre è di fondamentale impor-tanza nella valutazione dei linfonodi e nell’individuazione delle lesioni meta-statiche a carico degli organi addominali principalmente fegato, milza e reni.Per quanto riguarda i linfonodi, esistono dei criteri ecografici che possonoaiutare nella differenziazione tra un linfonodo reattivo ed uno metastaticoquali forma, dimensioni medie, ecogenicità e distribuzione dei vasi3. L’eco-grafia non consente di indagare in maniera adeguata strutture a contenuto gas-soso o completamente mineralizzate quale polmone aerato e apparato schele-trico. Mediante esame ecografico è possibile effettuare con estrema precisio-ne e accuratezza prelievi (agoaspirati e biopsie) da lesioni o parenchimi. Unodei limiti dell’ecografia è rappresentato dalla bassa specificità, ossia risultapiuttosto difficile attribuire le alterazioni dell’ecostruttura e dell’ecogenicità aspecifiche cause fisiopatologiche. Per tale ragione, al fine di poter studiaremeglio la perfusione e la vascolarizzazione delle lesioni addominali, è statointrodotto anche in medicina veterinaria l’utilizzo di mezzi di contrasto eco-grafici. Tale metodica prende il nome di CEUS (Contrast Enhanced Ultra-sound) e ha come obiettivo quello di poter differenziare, in base alla distribu-zione delle microbolle nei vasi e capillari, una lesione benigna da una mali-gna ed i diversi istotipi tumorali. Questa metodica si è dimostrata utile per ef-fettuare un primo screening di lesioni a carico di linfonodi, fegato, milza, pro-stata4-5. Va ricordato tuttavia, che vi sono aree di sovrapposizione di pattern didiverso tipo e pertanto questa metodica non sostituisce il prelievo dalla lesio-ne, che risulta fondamentale per la diagnosi definitiva,

METODICHE TOMOGRAFICHE (TC ED RM)

Anche in medicina veterinaria l’adeguata stadiazione del paziente oncolo-gico non può prescindere dall’utilizzo di tecniche, quali Tomografia Compu-terizzata (TC) e Risonanza Magnetica (RM) che rispetto alle tecniche conven-zionali, forniscono immagini tomografiche caratterizzate da un’elevata riso-luzione spaziale e di contrasto. Rispetto alle tecniche viste in precedenza, TCe RM richiedono per la loro esecuzione un’anestesia generale. La TC è con-siderata il gold standard per la stadiazione dei tumori in quanto consente diesaminare ampi settori in tempi brevi permettendo di valutare la lesione pri-maria e di effettuare contemporaneamente la ricerca metastasi. In particolare,la TC rappresenta la metodica di elezione per la ricerca di metastasi polmo-nari consentendo l’individuazione di lesioni del diametro di circa 1 mm e lo-calizzate in aree polmonari di difficile valutazione radiografica6. L’esame to-mografico è particolarmente utile in quanto fornisce un’ottima visualizzazio-

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ne sia dei tessuti molli che dei tessuti duri e consente di identificare con pre-cisione sede e dimensioni di lesioni occupanti spazio e visualizzare i rappor-ti che tali lesioni contraggono con le strutture vicine, fondamentale ai fini diun’adeguata pianificazione chirurgica. Mediante la somministrazione delmezzo di contrasto, è possibile valutare in maniera accurata la componentevascolare della lesione neoplasica e stabilire i rapporti che questa contrae conle strutture adiacenti. L’esame TC consente di effettuare prelievi bioptici del-le lesioni in maniera mirata e localizzate in qualsiasi distretto, compresi i no-duli polmonari. Sempre più spesso anche in medicina veterinaria, la TC vie-ne utilizzata per il controllo dell’efficacia della terapia effettuata e per moni-torare il paziente nel tempo (follow up). È possibile ricorrere a tale tecnicadiagnostica anche in presenza di impianti metallici o microchip.

In caso di lesioni localizzate a livello di sistema nervoso (centrale e perife-rico) l’esame di elezione per la valutazione di tali neoplasie è rappresentato dal-la Risonanza Magnetica (RM). Per tale metodica non vengono utilizzate radia-zioni ionizzanti ma vengono sfruttate le proprietà magnetiche di alcuni atomiche costituiscono i vari tessuti, in particolare degli atomi di idrogeno, per otte-nere immagini con eccellente risoluzione di contrasto. In generale, tale metodi-ca consente di acquisire informazioni accurate in caso di lesioni localizzate indistretti non in movimento e originatesi a partire dai tessuti molli (es. cavità pel-vica e retro peritoneale, testa e collo, arti). Per tale ragione, a causa della pre-senza di artefatti dovuti al movimento, si hanno dei limiti nella valutazione dilesioni localizzate a livello di torace e addome craniale. Rispetto alla TC pre-senta tempi di acquisizione più lunghi e lo studio risulta penalizzato da artefat-ti causati dalla presenza di impianti metallici o microchip.

POSITION EMISSION TOMOGRAPHY (PET)

In campo umano, la stadiazione del paziente oncologico non può prescin-dere dall’utilizzo della PET, metodica che permette di identificare la presen-za di un tumore ad elevata attività metabolica dopo somministrazione endo-venosa di una sostanza radioattiva come il 18F-fluorodesossiglucosio. Questotracciante radioattivo si concentra nelle aree del corpo metabolicamente atti-ve ed emette radiazioni. Tale metodica permette quindi di evidenziare lo sta-to metabolico e funzionale dei tessuti. Sappiamo che gran parte delle malat-tie sono innescate da alterazioni metabolico/funzionali e che queste precedo-no le modificazioni anatomiche. Questo consente alla PET di avere una mag-giore accuratezza diagnostica rispetto a TC e RM ma una minore risoluzionespaziale. Per tale ragione si utilizzano sistemi integrati PET-TC che possono

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offrire informazioni funzionali, permettono di giungere ad una stadiazione piùaccurata, evitando, in questo modo, che molti pazienti vengano sottoposti aterapie o interventi inutili. Inoltre, mediante tale metodica è possibile diagno-sticare precocemente recidive in atto. Questi sofisticati sistemi di imaging so-no stati introdotti anche in Medicina Veterinaria, anche se la scarsa disponibi-lità e gli elevati costi limitano attualmente la loro presenza a istituti di ricer-ca o universitari.

IMAGING E TERAPIA

Altro importantissimo ruolo svolto dalla diagnostica per immagini è quel-lo di consentire un’adeguata pianificazione del trattamento principalmente diquello chirurgico e radioterapico. In particolare la TC rappresenta un indi-spensabile strumento di supporto per la pianificazione di procedure chirurgi-che. In questi casi, la combinazione di immagini ad elevata risoluzione spa-ziale e di accurate ricostruzioni tridimensionali vascolari e parenchimali faci-lita significativamente il compito del chirurgo.

La pianificazione del trattamento radioterapico necessita delle più accura-te tecniche di diagnostica per immagini. Accanto alla Tomografia Compute-rizzata, le tecniche di Risonanza Magnetica e di Tomografia ad Emissione diPositroni (in campo umano), sono oggi in grado di fornire informazioni sia fi-siologiche che funzionali sul tumore e sugli organi adiacenti. Mediante l’uti-lizzo di queste tecniche, viene individuata la patologia tumorale e le struttureanatomiche adiacenti al fine di definire i volumi tumorali con grande preci-sione, individuare al meglio il “bersaglio” tumorale e di elaborare un adegua-to piano di cura radioterapico. L’accurata progettazione del piano assicura unacopertura omogenea del tumore, salvaguardando il più possibile i tessuti sanicircostanti. Nella pianificazione del trattamento radioterapico, la TC rappre-senta l’esame di scelta in virtù dell’elevata accuratezza spaziale. La tecnica diimage fusion TC-RM, consentendo di integrare elettronicamente le informa-zioni anatomo-strutturali fornite dalle immagini TC con quelle, sovente com-plementari fornite dalla RM, può portare un contributo determinante al fine diottimizzare la definizione dei contorni del volume bersaglio e dei tessuti sanicircostanti. Tale metodica è, infatti, in grado di combinare la superiorità del-la RM nella sensibilità diagnostica con quella della TC nella definizione spa-ziale. Oltre all’acquisizione delle immagini utili ai fini della pianificazione ra-dioterapica, l’esame TC consente di posizionare l’animale all’interno di par-ticolari sistemi di posizionamento (bite block e moulage) che poi vengono uti-lizzati durante le sedute di radioterapia.

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Pianifichiamo il trattamento:radioterapia, quando e perché

Sabato, 13 luglio 2013, ore 10.00

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La radioterapia (RT) è un’opzione terapeutica utilizzata sempre più fre-quentemente anche in medicina veterinaria per il trattamento delle lesionineoplastiche e prevede l’utilizzo di radiazioni ionizzanti con lo scopo di di-struggere le cellule tumorali. Gli stessi raggi X utilizzati a basse energie perfinalità diagnostiche (radiologia o TC), ad alte energie hanno proprietà di-struttive nei confronti di diversi tipi di cellule. Il danno cellulare deriva prin-cipalmente dall’azione diretta delle radiazioni sul DNA cellulare o indiretta-mente, in seguito alla formazione di radicali liberi citotossici prodotti a parti-re dall’interazione delle radiazioni con le molecole di acqua intracellulare e lamatrice intercellulare. Anche i vasi tumorali che portano sostentamento al tu-more vengono danneggiati dalle radiazioni ionizzanti mediante azione indi-retta. Le cellule dei tessuti normali possiedono meccanismi naturali di ripara-zione del DNA, mentre le cellule tumorali non hanno questa capacità e sonopertanto, maggiormente esposte ad un danno da radiazioni.

Vi è uno storico conflitto tra i pro ed i contro di un trattamento radiotera-pico. Il pro è rappresentato dalla capacità della radioterapia di agire efficace-mente sulle cellule tumorali. Ciò richiede alte dosi radianti che riescono adinibire la crescita delle cellule neoplastiche e determinano la loro involuzio-ne fino alla morte. Il contro è l’esposizione, intorno o vicino alla massa, di or-gani e tessuti sani che a loro volta subiscono danni secondari all’irradiazione.Risulta quindi fondamentale ridurre al massimo gli effetti collaterali sui tes-suti circostanti. A tal fine è indispensabile:

- Limitare la dose – nella terapia di masse tumorali situate in zone partico-larmente critiche, la dose totale viene ridotta, preferendo attenuare la po-tenzialità terapeutica e diminuendo nello stesso tempo il rischio consisten-te di produrre effetti collaterali importanti. Nei casi più complessi si può,per esempio, optare per un trattamento più breve (cosiddetto palliativo). Sitratta di casi in cui la prognosi è influenzata negativamente da uno stadiotumorale avanzato, da una localizzazione sfavorevole o da scarse condi-zioni cliniche del paziente. In questi casi, la neoplasia non può essere con-trollata in maniera definitiva e il trattamento radioterapico ha principal-mente l’obiettivo di migliorare la qualità di vita del paziente ed eventual-mente di prolungare la sopravvivenza, controllando temporaneamente lasintomatologia algica e le alterazioni funzionali che frequentemente si as-sociano al tumore.

- Frazionare la dose – In medicina veterinaria, vengono utilizzati differentitipi di protocollo. Quando il trattamento ha finalità curativa (in caso di tu-mori curabili o controllabili per un lungo periodo di tempo) è prevista la

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somministrazione di una piccola dose di radiazioni, di solito quotidiana, ri-petuta per diversi giorni (fino ad un massimo di 20 frazioni). Ciò consen-te di applicare una dose totale adeguata, con conseguente danno alle cel-lule tumorali e risparmio dei tessuti sani circostanti. Infatti, i tessuti nor-mali hanno la capacità di riparare il danno da radiazioni più velocementeed efficacemente rispetto alle cellule neoplastiche, con il risultato finale diriportare danni più contenuti.

- Concentrare le radiazioni sul bersaglio – grazie all’utilizzo di apparecchia-ture e di sistemi di posizionamento sempre più precisi, è possibile limita-re in modo molto accurato l’azione del fascio radiante su un obiettivo mi-rato, il tumore, preservando gli organi e i tessuti sani circostanti. Median-te la cosiddetta 3D-CRT (Radioterapia Tridimensionale Conformazionale)il volume tumorale è ricostruito in tre dimensioni e assieme ad esso gli or-gani critici circostanti. Un computer dedicato alla pianificazione (TPS,Treatment Planning System) consente di utilizzare le immagini ottenutemediante TC per pianificare il trattamento e valutare la distribuzione tridi-mensionale della dose a livello del tumore e degli organi adiacenti. È pos-sibile così creare e analizzare degli istogrammi dose-volume del tumore edegli organi a rischio. Il piano ideale è quello che prevede la somministra-zione del 100% della dose al 100% del tumore. Sono considerate accetta-bili variazioni più o meno del 5 - 7.5%.

PRINCIPALI INDICAZIONI

Differenti e numerose sono le patologie per le quali è possibile ricorrerealla radioterapia. In generale. possiamo dire che tale tipologia di trattamentorisulta utile soprattutto in caso di tumori solidi localizzati, la cui rimozionecompleta è impossibile o comporta un difetto estetico inaccettabile. Questatecnica trova indicazione principalmente in tutti i casi in cui la neoplasia è sta-ta asportata chirurgicamente ma, a causa della localizzazione e/o estensionedella stessa, non è stato possibile ottenere margini indenni ed occorre di con-seguenza sterilizzare il letto chirurgico (radioterapia adiuvante). Altre volte,la lesione non può essere escissa chirurgicamente e la radioterapia ha in que-sti casi la funzione di ridurre le dimensioni della lesione e, se possibile, ren-derla asportabile chirurgicamente in un secondo momento (radioterapia neoa-diuvante). In altri casi, l’intento della radioterapia è quello di migliorare laqualità di vita del paziente, più che ambire ad un prolungamento della soprav-vivenza. Tale tipologia di trattamento viene definito palliativo e ha la funzio-

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ne principale di controllare localmente il dolore provocato dalla neoplasia, ri-durre le dimensioni della massa e l’eventuale sanguinamento.

Tumori del sistema nervoso

La radioterapia rappresenta un’efficace modalità terapeutica per le neopla-sie del sistema nervoso. In particolare, viene utilizzata in maniera ottimale peril trattamento dei tumori cerebrali quale unica modalità (lesioni non aggredi-bili chirurgicamente per localizzazione o dimensioni) o in setting adiuvantenel momento in cui la chirurgia non ha raggiunto la radicalità d’escissione. Intale distretto anatomico difficilmente si giunge ad avere una diagnosi istolo-gica della lesione trattata. In ogni caso, con tale metodica vengono irradiatisia meningiomi che tumori primitivi (quali glioblastomi, macroadenomi ecarcinomi ipofisari, papillomi e carcinomi dei plessi corioidei). I protocolliprevedono la somministrazione di una dose totale di 45-50 Gy suddivisa in15-20 frazioni. Pazienti con sintomatologia neurologica manifestano un nettomiglioramento già dopo poche frazioni di radioterapia e la sopravvivenza me-diana in questi casi è di circa 23 mesi1. La dose tollerabile dipende comunquedalle dimensioni e dalla localizzazione del tumore. Particolare attenzione de-ve essere posta nel momento in cui si irradiano lesioni che interessano zonesensibili del SNC quali tronco encefalico e midollo allungato.

Tumori nasali e del planum

La radioterapia rappresenta il trattamento di scelta delle neoplasie nasalisia nel cane che nel gatto. Tali neoplasie sono aggressive localmente e carat-terizzate da un tasso di recidiva piuttosto elevato, per cui il controllo locale alungo termine risulta piuttosto difficile da ottenere. Per tali tipologie di tumo-ri i protocolli utilizzati cambiano a seconda dello stadio tumorale e il numerodi frazioni varia da un minimo di 5 ad un massimo di 16. La sopravvivenzamediana dei cani affetti da neoplasie nasali trattate con radioterapia oscilla dai7 ai 21 mesi2. Nel gatto, il linfoma è il tumore nasale più frequentemente trat-tato, soprattutto per le forme localizzate con staging negativo, e i tempi di so-pravvivenza ottenuti con sola radioterapia sono di circa 24 mesi3. Il carcino-ma squamocellulare a livello di planum nasale è un tumore piuttosto comunenel gatto. La terapia di elezione è chirurgica, associata in alcune volte a radio-terapia adiuvante. Nei casi in cui il risultato estetico dopo nosectomia può nonrisultare soddisfacente, in presenza di lesioni estese e invasive per le quali non

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è possibile effettuare una resezione chirurgica, o profonde (profondità > 5mm) tali da non permettere l’utilizzo della terapia fotodinamica, è possibileutilizzare la radioterapia. ottenendo un tasso di remissione completa del 94%e un intervallo mediano libero da malattia di 414 giorni4. Attualmente, il pro-tocollo accelerato, che prevede 2 frazioni al giorno per 5 giorni consecutivi, èquello più promettente per il trattamento di queste neoplasie.

Tumori orali

Mediante radioterapia è possibile trattare tutte le varie tipologie tumoraliche si localizzano a livello orale. Nella quasi totalità dei casi, il trattamentoradioterapico viene utilizzato come unica modalità terapeutica o dopo chirur-gia per sterilizzare il focolaio neoplastico residuo. Raramente si ricorre a ra-dioterapia neoadiuvante, in quanto si associa ad elevata percentuale di dei-scenza della ferita dopo intervento chirurgico. Le epulidi acantomatose risul-tano estremamente radioresponsive, con controllo locale della neoplasia alungo termine (3 anni) nel 90% dei pazienti5. Il carcinoma squamocellulare(SCC) nel cane risulta controllato nell’80% dei pazienti trattati con sola ra-dioterapia con un intervallo libero da progressione neoplastica di 36 mesi6.Per i sarcomi orali, al fine di ottenere un controllo locale a lungo termine, ènecessario impostare un trattamento multimodale che prevede la combinazio-ne di chirurgia e radioterapia più o meno chemioterapia. Con il solo tratta-mento radioterapico, i tempi di sopravvivenza riportati sono inferiori all’an-no sia con protocollo curativo che palliativo7. Questo risultato non è statoconfermato da un recente studio che, prendendo in considerazione solo i fi-brosarcomi orali, riporta tempi di sopravvivenza notevolmente più lunghi peri pazienti trattati con protocollo curativo (825 giorni vs 204 giorni del tratta-mento palliativo)8. La combinazione di chirurgia e radioterapia consente diprolungare i tempi di controllo locale8. Altra neoplasia orale frequente nel ca-ne è il melanoma per il quale è risaputo che il protocollo radiante deve esse-re ipofrazionato, con una dose per singola frazione > 4 Gy. In questo caso itempi di sopravvivenza oscillano tra i 211 e 363 giorni9-10.

Nel gatto il carcinoma squamocellulare risulta piuttosto difficile da con-trollare a causa del suo comportamento aggressivo ed invasivo localmente. Iltrattamento multimodale è quello che al momento ha dato i risultati più pro-mettenti. Un studio recentemente pubblicato prevedeva trattamento medico(talidomide, piroxicam e bleomicina) associato ad un protocollo radioterapi-co accelerato (2 frazioni al giorno, per 5 giorni consecutivi) ed eventualeescissione chirurgia11.

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Sarcomi dei tessuti molli

I sarcomi dei tessuti molli sono tumori invasivi, di conseguenza il tratta-mento prevede prima di tutto, terapie in grado di controllare localmente laneoplasia. È fondamentale quindi, in presentazione, considerare la chirurgiacome prima opzione terapeutica. Nel momento in cui questa non riesce a rag-giungere l’obiettivo di una radicalità di escissione o non è possibile ricorrer-vi per localizzazione o dimensioni del tumore, la radioterapia è di fondamen-tale importanza nel controllo locale della neoplasia. Nel primo caso, il proto-collo radioterapico adiuvante è di solito curativo e prevede la somministrazio-ne di una dose totale di circa 45-48 Gy, suddivise in 16-18 frazioni, ottenen-do una sopravvivenza a 5 anni nel 75% dei pazienti12. La maggior parte deisarcomi è radio resistente per cui, data l’impossibilità di ottenere un adegua-to controllo locale, il trattamento radioterapico è limitato a poche frazioni eprevede la somministrazione di una dose totale che non supera i 30 Gy. In talcaso, l’obiettivo è quello di alleviare l’eventuale dolore provocato dalla neo-plasia, ristabilire la funzionalità della parte lesa e ottenere remissione parzia-le o malattia stabile.

Per i sarcomi iniettivi il trattamento consigliato è quello multimodale. An-che in caso di escissione chirurgica completa (margini liberi), la radioterapiadi tipo curativo, deve essere sempre presa in considerazione e permette di ot-tenere tempi di sopravvivenza mediani piuttosto lunghi (47 mesi)13. In caso dilesioni non asportabili, la radioterapia è indicata in setting neoadiuvante oadiuvante, associata a chemioterapia.

Mastocitoma

La tipologia di trattamento radioterapico da effettuarsi in presenza di ma-stocitomi (MCT) viene scelta considerando grado istologico, stadio clinico,dimensioni, localizzazione della lesione e condizioni generali dell’animale. Incaso di escissione incompleta, la radioterapia ha la funzione di sterilizzare illetto chirurgico e portare ad un controllo locale a 3 anni in > 90% dei casi14.Il trattamento palliativo prevede la somministrazione di alte dosi a intervallidi tempo più distanziati. In casi considerati ad alto rischio, ad esempio pergrado o localizzazione, è fondamentale ricorrere a trattamenti aggressivi mul-timodali.

Altre neoplasie che possiamo controllare ricorrendo alla radioterapia sonorappresentate da:- adenocarcinoma dei sacchi anali

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- adenocarcinoma delle ghiadole perianali- carcinoma tiroideo- timoma- linfoma localizzato o multicentrico

La radioterapia trova inoltre applicazione per il trattamento di lesioni be-nigne quali artrosi, granulomi da leccamento, sialocele e nel gatto stomati-ti/gengiviti. In questi casi, vista la natura delle lesioni, la dose somministratarisulta notevolmente più bassa.

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Laura MarconatoMed Vet, Dipl ECVIM-CA (Oncology), Bologna

Dalla presentazione del caso alla pianificazione del trattamento:

il percorso a tappe della stadiazione clinicaVenerdì, 12 luglio 2013, ore 14.45

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L’approccio al paziente oncologico inizia con l’anamnesi accurata e la visi-ta clinica. È quindi necessario inquadrare il tumore da un punto di vista patolo-gico mediante citologia e/o istologia, per poi procedere con la stadiazione.

La stadiazione rappresenta la valutazione di estensione anatomica di unaneoplasia, e permette di definire in modo standardizzato quanto è volumino-so e diffuso il tumore al momento della diagnosi.

La stadiazione è una tappa fondamentale, poiché fornisce le informazionicon cui viene scelta la terapia, definita la prognosi, valutati i risultati di tratta-mento, scambiate informazioni tra diversi centri oncologici e facilitata la ricer-ca. Pertanto, i medici veterinari che gestiscono pazienti oncologici devono abi-tuarsi a ricercare e registrare i dati di stadiazione, dal momento che questi rap-presentano il corredo minimo di informazioni per affrontare ogni singolo caso.

Il tumore deve essere obbligatoriamente stadiato alla diagnosi, perché ilclinico possa fornire dati essenziali per la prognosi e per la scelta del tratta-mento. Lo staging non può prescindere dalla conoscenza dell’istotipo, dalmomento che tumori diversi hanno diverso comportamento biologico, diver-se modalità metastatiche (diffusione per via linfatica, ematogena, per conti-nuità, per contiguità), e diversi organi bersaglio di metastatizzazione.

Da quanto detto emerge quindi che la stadiazione clinica del paziente on-cologico è di cruciale importanza per diversi motivi: consente di formulareuna prognosi, di mettere a punto un piano terapeutico complessivo basato sul-lo stadio raggiunto dalla malattia neoplastica, e di modificare radicalmente ti-po di terapia ed intento in caso di metastasi a distanza.

SISTEMA TNM

L’estensione della malattia neoplastica è stata internazionalmente standar-dizzata mediante il sistema di classificazione TNM.1-5 La classificazioneTNM costituisce un punto di riferimento comune e scientificamente valido;inoltre, essendo riproducibile, consente di confrontare le casistiche sia all’in-terno della stessa istituzione, sia tra istituzioni diverse. La stretta correlazio-ne che esiste tra stadio clinico della neoplasia, opzioni terapeutiche e progno-si è di estrema importanza per il paziente oncologico, per il suo proprietarioe per il veterinario curante. La classificazione TNM è costituita dalle voci T(dimensione ed invasività locale del tumore primitivo), N (stato dei linfonodiregionali), e M (presenza o meno di metastasi a distanza). Il sistema TNM èapplicato per la valutazione di tumori solidi (come ad esempio mammari, pol-monari, genito-urinari). La principale limitazione riguarda l’impossibilità distadiare le neoplasie sistemiche e diffuse come linfomi e leucemie.

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Il sistema di stadiazione TNM propone una stadiazione clinica (cTNM),una chirurgica (sTNM) ed una patologica (pTNM). La stadiazione cTNM sibasa sui risultati ottenuti prima dell’inizio della terapia, e si avvale di esamiclinici (esame obiettivo generale e particolare) e strumentali (diagnostica perimmagini, endoscopia, biopsia). Grazie allo sviluppo delle moderne tecnichedi diagnostica per immagini, è infatti spesso possibile ottenere campioni dia-gnostici citologici o istologici mediante prelievo endoscopico o CT-guidato,senza dover ricorrere alla chirurgia.

La chirurgia assume ruolo diagnostico quando le tecniche non-invasive sirivelano inapplicabili per la sede della lesione, oppure inefficaci a garantirecampioni necessari per la prevalenza di materiale necrotico o per le ridotte di-mensioni della lesione polmonare. sTNM è particolarmente importante laddo-ve l’esito patologico possa modificare l’estensione dell’intervento chirurgicoo il tipo di approccio terapeutico.

La stadiazione pTNM rappresenta un perfezionamento delle altre ed haimportanti implicazioni prognostiche e terapeutiche; essa si basa sulla valuta-zione del campione istologico asportato chirurgicamente. pTNM consente divalutare: radicalità di escissione del tumore (in caso di chirurgia radicale) va-lutando i margini di resezione, presenza di eventuale coinvolgimento intra-pa-renchimale e linfonodale, istotipo.

La stadiazione clinica è quindi essenziale per la scelta della terapia,mentre la stadiazione patologica fornisce valide informazioni per formula-re una prognosi e utili indicazioni sull’opportunità di eseguire o meno te-rapie adiuvanti. È importante sottolineare che, una volta stabilita, la stadia-zione clinica non può più essere modificata, neanche se i dati forniti dal-l’intervento chirurgico (ad esempio linfadenectomia profilattica) indicanouno stadio più avanzato. Tale norma generale è fondamentale ai fini di unconfronto scientificamente valido tra i risultati di chirurgia, chemioterapia,e/o radioterapia.

In merito a T, T0 indica assenza di tumore evidente (occulto o precedente-mente rimosso), Tis un carcinoma in situ (cute e cornea), T1,2,3,4 gradi crescen-ti di estensione del tumore primitivo. Si indica Tx quando non è possibile evi-denziare il tumore primitivo (dati insufficienti).

Per alcuni tumori la dimensione di T si correla alla prognosi (come adesempio per neoplasie mammarie), per altri invece T si riferisce all’invasivi-tà locale (è il caso di neoplasie ossee, vescicale, testicolari e prostatiche). Peraltri tumori ancora T è del tutto irrilevante, dal momento che ai fini progno-stici è più importante la via di diffusione; è il caso ad esempio dei tumori ova-rici e polmonari.

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Il linfonodo sentinella (N) rappresenta il primo linfonodo che accoglie va-si linfatici provenienti dalla regione anatomica in cui si è sviluppato il tumo-re (e che quindi lo drenano).6 La valutazione istopatologica del linfonodo sen-tinella riflette l’estensione neoplastica regionale, con ovvie implicazioni pro-gnostiche e terapeutiche. La biopsia del linfonodo satellite è eseguita semprepiù spesso in oncologia umana, per la corretta stadiazione e l’identificazionedi eventuali micrometastasi, non altrimenti riconoscibili. Le micrometastasisono infatti impossibili da identificare mediante normali test di screening, esono ritenute responsabili della disseminazione neoplastica sistemica tardiva.

Metodi utilizzati in medicina veterinaria per valutare il linfonodo sentinel-la sono: escissione chirurgica (linfadenectomia), valutazione citologica (chetuttavia può dare falsi negativi), scintigrafia, iniezione peritumorale di colo-rante blu associato a tracciante radioattivo.

Per definire N, è importante stabilire se i linfonodi regionali sono fissi omobili, le loro dimensioni, la loro consistenza, il coinvolgimento singolo omultiplo, ipsilaterale o controlaterale, e l’eventuale distribuzione bilaterale.N0 indica che non vi è evidenza clinica di metastasi ai linfonodi regionali.N1,2,3,4 indicano gradi crescenti di interessamento dei linfonodi regionali. Nx

indica che non è possibile valutare i linfonodi regionali (dati insufficienti). Lemetastasi ai linfonodi non regionali sono considerate metastasi a distanza.

Lo stato N ha importantissime implicazioni prognostiche per molti tumo-ri solidi, come ad esempio per le neoplasie di testa e collo, vescicali ed inte-stinali, dal momento che riflette l’impossibilità di intervenire efficacementesul tumore primitivo. I linfonodi fissi (N3) sono tipicamente chirurgicamentenon rimovibili e pertanto si accompagnano ad una prognosi per lo più sfavo-revole. Infine, il coinvolgimento linfonodale spesso riflette l’elevata probabi-lità di diffusione ematogena (neoplasie mammarie).

In merito a M, M0 indica che non ci è alcuna evidenza clinica di metasta-si a distanza, mentre M1 indica che vi sono metastasi (diverse dai linfonodi re-gionali), ed in questo caso è necessario specificarne la sede. Mx indica che èimpossibile verificare la presenza di metastasi.

La presenza di metastasi a distanza definisce in modo chiaro i pazienti inoperabili e si accompagna nella maggior parte dei casi a prognosi infausta. Mpuò essere definito clinicamente, ma il più delle volte richiede indagini stru-mentali.

Le indagini diagnostiche collaterali, quali radiografia, ecografia, endosco-pia, CT, e risonanza magnetica hanno notevolmente migliorato l’accuratezzadella classificazione clinica TNM. Nel complesso, un tumore viene conside-

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rato tanto più avanzato quanto più è voluminoso ed esteso oltre l’organo sedeprimitiva d’insorgenza (ai linfonodi o all’intero organismo): la combinazionedelle variabili descritte determina quindi l’assegnazione del tumore a uno sta-dio generalmente compreso fra il primo e il quarto. All’interno di ciascunostadio l’esperienza scientifica ha messo e va progressivamente mettendo apunto il miglior protocollo di trattamento possibile, tenendo conto della og-gettiva speranza di successo e dei possibili effetti collaterali della terapia suquel tumore in quello stadio.

SISTEMA WHO

Le neoplasia emopoietiche (linfomi e leucemie) ed i mastocitomi vengonostadiati secondo il sistema WHO.

• Linfoma nel cane7

Il sistema WHO suddivide il linfoma in base alla forma anatomica e rag-gruppa i cani secondo distribuzione di coinvolgimento linfonodale (stadio I-III), epatico e/o splenico (stadio IV) e midollare, ematico e/o di altri organi(stadio V).

Ogni stadio deve essere ulteriormente caratterizzato dalle lettere a o b, cheindicano, rispettivamente, assenza o presenza di sintomi sistemici. La presen-za di ipercalcemia fa rientrare il paziente in sottostadio b.

• Linfoma nel gatto8

La stadiazione clinica proposta è riportata in Tabella 1.

Anche nel gatto ogni stadio deve essere ulteriormente caratterizzato dallelettere a o b, che indicano rispettivamente assenza o presenza di sintomi si-stemici.

• Mastocitoma cutaneo nel cane9

Secondo la classificazione WHO, esistono 5 stadi clinici in cui inserire icani con MCT. La stadiazione è stabilita valutando tumore primitivo e pre-senza di metastasi regionali (stadio II) e a distanza (stadio IV). Il principalelimite della stadiazione proposta riguarda la definizione di III stadio, in asso-luto il più controverso. Lo stadio III viene attribuito a pazienti che mostranotumori dermici multipli oppure un unico tumore infiltrante e voluminoso cono senza metastasi al linfonodo satellite, senza tuttavia definire “infiltrante” e“voluminoso” (Tab. 2).

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TABELLA 1

Stadio I - neoplasia singola (extranodale).

- interessamento di una sola area anatomica (nodale), com-

presa una neoplasia primitiva toracica.

Stadio II - singola neoplasia extranodale con coinvolgimento di lin-

fonodo regionale.

- interessamento di due o più aree nodali sullo stesso lato

del diaframma.

- due neoplasie singole (extranodali) con o senza inte-

ressamento di linfonodi regionali sullo stesso lato del

diaframma.

- neoplasia primitiva gastroenterica (generalmente in area

ileocecale), ben asportabile, con o senza interessamento

di linfonodi meseraici.

Stadio III - due neoplasie singole extranodali in regioni opposte ri-

spetto al diaframma.

- interessamento di due o più aree nodali cranialmente e

caudalmente al diaframma.

- lesioni primitive intraddominali estese e non asportabili.

- neoplasie paraspinali o epidurali, indipendentemente da

altri siti neoplastici.

Stadio IV - stadio I-III con coinvolgimento di fegato e/o milza.

Stadio V - stadio I-IV con iniziale coinvolgimento di sistema nervo-

so centrale e/o midollo osseo.

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BIBLIOGRAFIA1. Owen LM, (1980), TNM Classification of tumors in domestic animals. Geneva, World

Health Organization.2. Sobin LH, (2001), TNM: principles, history, and relation to other prognostic factors. Can-

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Oncology, Elsevier, Philadelphia, 612.8. Withrow SJ, Vail DM, Page RL, (2013), Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical

Oncology, Elsevier, Philadelphia, 646.9. Withrow SJ, Vail DM, Page RL, (2013), Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical

Oncology, Elsevier, Philadelphia, 340.

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TABELLA 2

Stadio 0 lesione solitaria dermica, escissa senza radicalità, senza coinvol-gimento linfonodale

Stadio I lesione solitaria dermica senza coinvolgimento linfonodale o me-tastasi a distanza

Stadio II lesione solitaria dermica, con coinvolgimento linfonodale

Stadio III lesioni multiple dermiche o presenza di tumore voluminoso infil-trante, con o senza coinvolgimento linfonodale. Nessuna eviden-za di metastasi a distanza

Stadio IV qualunque lesione con metastasi a distanza (incluso coinvolgi-mento ematico o midollare)

A: asintomatico; B: sintomatico

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Pianifichiamo il trattamento:chemioterapia, quando e perché

Sabato, 13 luglio 2013, ore 11.15

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Laura MarconatoMed Vet, Dipl ECVIM-CA (Oncology), Bologna

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Chirurgia e radioterapia rappresentano modalità terapeutiche locali o loco-regionali; tuttavia, rimuovere o trattare localmente ciò che è visibile, non esi-ta sempre in cura del paziente. La chemioterapia quale terapia adiuvante è in-dicata nel caso di tumori con elevato potenziale metastatico e comportamen-to biologico aggressivo. Per tumori che interessano l’intero organismo (adesempio, linfoma o leucemie), la chemioterapia rimane l’opzione terapeuticad’elezione.

Nel caso di tumori disseminati (metastatici), lo scopo di chemioterapia èpalliativo. La terapia palliativa ha lo scopo di mantenere buona qualità di vi-ta alleviando i sintomi, possibilmente prolungando anche sopravvivenza (cheperò non è la finalità principale). È di estrema importanza che la chemiotera-pia offra in questi casi un bilancio favorevole tra beneficio e tossicità derivan-te dal trattamento.

Per ottenere la massima attività antitumorale è necessario utilizzare piùfarmaci in strategie combinate o sequenziali. I tumori avanzati non possonoessere curati con agenti chemioterapici singoli. Anche se inizialmente che-miosensibili, l’eterogeneità molecolare dei tumori garantisce la proliferazio-ne secondaria di cellule chemioresistenti. La combinazione di chemioterapiciè pertanto più efficace.

Per chemioterapia combinata s’intende la somministrazione di più che-mioterapici contemporaneamente, mentre il regime sequenziale prevede lasomministrazione alternata di diversi agenti (uno dopo l’altro).1

I principi guida formulati per combinare tra loro diversi chemioterapici so-no i seguenti:1

1. Includere chemioterapici di provata efficacia sul tumore (tasso di risposta≥ 30%). Sono da prediligere chemioterapici che in monoterapia (trias cli-nici di fase 2) hanno dato almeno qualche caso di remissione completa.

2. Includere chemioterapici che agiscano con diversi meccanismi, per ottene-re effetto additivo o sinergico e prevenire reattività crociata.

3. Includere chemioterapici che abbiano differente tossicità dose-limitante,per poter utilizzare per ogni farmaco la piena dose terapeutica senza pro-durre danno cumulativo a carico di un singolo organo (garantendo cosìl’intensità di dose). Dal momento che la maggior parte dei chemioterapiciha tossicità midollare dose-limitante, la mielosoppressione che deriva dal-le strategie combinate comporta spesso una riduzione di dose.Il razionale della strategia chemioterapica combinata si basa sulle osserva-

zioni di Goldie-Coldman, che suggeriscono di utilizzare quanti più chemiotera-pici possibili (dal diverso meccanismo d’azione ma dalla provata efficacia) ilpiù precocemente possibile. In molti casi, tuttavia, i chemioterapici non posso-no essere somministrati contemporaneamente, per interferenza competitiva o

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sovrapposizione di tossicità. In questo caso, si opta per strategie alternate o se-quenziali, volte a somministrare il chemioterapico a pieno dosaggio (intensitàdi dose). Il regime alternato, oltre a ridurre la tossicità, riduce anche i costi dieventuali ospedalizzazioni o terapia di supporto con stimolatori midollari.2,3

Goldie e Coldman hanno quindi introdotto altri principi guida nella sceltadi regimi combinati:4. Includere chemioterapici con differenti meccanismi di resistenza.5. Somministrare chemioterapici a dosaggi più elevati per diminuire la pro-

babilità di chemioresistenza.L’approccio terapeutico moderno al cancro (essenzialmente tumori solidi ca-

ratterizzati da un comportamento biologico aggressivo) prevede spesso tratta-menti multimodali, in altre parole chirurgia e radioterapia per il controllo loca-le, e chemioterapia per il trattamento di malattia metastatica (sia foci microme-tastatici sia macrometastatici). I cosiddetti protocolli di associazione combina-no diverse strategie terapeutiche nel tentativo di ottenere sinergie ed effetti dipotenziamento, per migliorare in ultimo la prognosi dei pazienti oncologici.1

Ogni volta che si mette in atto una strategia multimodale, si cercando disoddisfare i seguenti obiettivi:1.) ridurre lo stadio clinico di malattia (down-staging);2.) eliminare le micrometastasi sistemiche;3.) trattare la malattia minima residua dopo asportazione chirurgica;4.) prolungare la sopravvivenza, mantenendo una buona qualità di vita.

Nel tempo sono state proposte molteplici associazioni, sia per quanto ri-guarda la strategia terapeutica (combinazioni tra chirurgia, radioterapia, che-mioterapia), sia per quanto concerne la cronologia di applicazione (trattamen-to neoadiuvante o adiuvante).

La scelta della terapia antitumorale e delle sue associazioni si basa sui se-guenti fattori:1.) valutazione completa ed accurata dell’estensione neoplastica (stadiazione

clinica);2.) conoscenza approfondita delle caratteristiche del tumore, incluse le vie di

metastatizzazione, la radiosensibilità, la chemiosensibilità;3.) valutazione di: sede anatomica, tipo istologico, e strutture normali nella re-

gione da trattare;4.) definizione degli scopi terapeutici (curativi o palliativi);5.) selezione delle modalità di trattamento appropriate, inclusa “dose” (chirur-

gica, radiante, chemioterapica) e volume neoplastico da trattare (modalitàadiuvante o neoadiuvante);

6.) valutazione delle condizioni generali del paziente e di eventuali comorbidità,che potrebbero compromettere l’efficacia del trattamento antitumorale.

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• CHEMIOTERAPIA NEOADIUVANTE

Per chemioterapia neoadiuvante s’intende la somministrazione di chemiote-rapici, prima che si sia intervenuti localmente con chirurgia e/o radioterapia.

Il razionale della chemioterapia neoadiuvante si basa sull’ipotesi di Gol-die-Coldman. Se è vero che il volume delle cellule neoplastiche chemio-resi-stenti aumenta con l’aumentare delle dimensioni del tumore, allora la chemio-terapia ha la massima efficacia e potenziale di cura nelle fasi iniziali della ma-lattia.

Inoltre, somministrando la chemioterapia prima di intervenire chirurgica-mente, non si avrebbero fenomeni cicatriziali, che alterano il letto vascolarecompromettendo l’efficace distribuzione di chemioterapico.

Gli scopi principali della chemioterapia neoadiuvante sono: - ridurre le dimensioni del tumore primitivo, per renderlo aggredibile con

chirurgia,- bersagliare foci micrometastatici sistemici clinicamente occulti, tipica-

mente molto sensibili all’azione farmacologica,- individuare pazienti che rispondono al trattamento e che possono essere

sottoposti a chemioterapia adiuvante in seguito ad asportazione chirurgicadel tumore o radioterapia, utilizzando il tumore come marker biologico dirisposta al farmaco somministrato. Una scarsa risposta alla chemioterapianeoadiuvante identifica invece quei pazienti per i quali è necessario valu-tare seriamente approcci terapeutici alternativi.La chemioterapia neoadiuvante trova poche applicazioni dirette nella pra-

tica clinica, e questo è da ricondurre agli accertati svantaggi, tra cui il ritarda-to trattamento definitivo loco-regionale (in caso di mancata risposta alla che-mioterapia), il peggioramento delle condizioni generali del paziente (in casodi tossicità), la possibilità di metastatizzazione a distanza (in caso di perditadell’immuno-sorveglianza indotta dalla chemioterapia).

Gli esempi meglio documentati in letteratura comprendono: sarcoma iniet-tivo felino e mastocitoma del cane.

• CHEMIOTERAPIA ADIUVANTE

Dopo asportazione chirurgica di un tumore, il volume che resta (malattiaminima residua, sia locale sia sistemica) può essere bersagliato con chemio-terapia, se naturalmente esiste l’indicazione (ad esempio, tumori biologica-mente aggressivi, ad elevato potenziale metastatico, con linfonodo regionalepositivo, e/o con elevato rischio di recidiva locale). Le cellule residue presen-tano, infatti, un’elevata frazione di accrescimento e sono pertanto sensibili altrattamento chemioterapico, che sarebbe così in grado di eliminare microme-tastasi clinicamente occulte. Non devono inoltre essere affrontati i problemi

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tipici di tumor burden elevato, tra cui ridotto apporto vascolare, ipossia, ete-rogeneità neoplastica, emergenza di cloni chemioresistenti.

I principi che regolano la somministrazione della chemioterapia adiuvan-te sono i seguenti:1.) somministrare soltanto chemioterapici efficaci per quel tipo di tumore;2.) il tumore deve essere stato asportato chirurgicamente;3.) la chemioterapia deve essere iniziata il prima possibile dopo chirurgia;4.) somministrare chemioterapici alla massima dose tollerata;5.) somministrare chemioterapia per un periodo di tempo limitato.

Alcuni esempi comprendono: sarcomi dei tessuti molli ad alto grado isto-logico, carcinomi con invasione linfatica o vascolare, osteosarcoma, eman-giosarcoma, mastocitoma di stadio clinico II o IV.

• CHEMIOTERAPIA METRONOMICA

La chemioterapia metronomica, che bersaglia le cellule endoteliali, si av-vale dell’utilizzo di chemioterapici somministrati continuamente a piccoledosi senza prolungati intervalli inter-somministrazione. Tale strategia rivolu-ziona completamente l’approccio tradizionale della chemioterapia, che preve-de la somministrazione di farmaci alla loro massima dose tollerata. Il concet-to di intensità di dose si basa infatti sull’evidenza che, aumentando la dose delfarmaco, aumenta in maniera esponenziale anche il numero di cellule neopla-stiche uccise. Il maggiore limite dei regimi dose-intensi è la tossicità a caricodegli organi costituiti da cellule in rapida proliferazione, come midollo osseoe tratto gastroenterico. Pertanto, dopo un regime dose-intenso, è necessario unlungo intervallo privo di terapia per consentire ai tessuti sani di ripopolarsi.Seppur utile in neoplasie rapidamente proliferanti (come linfomi e leucemie,almeno in fasi iniziali), tale strategia è poco utile nei tumori solidi eterogenei,in cui sono presenti cloni chemio-resistenti.

La chemioterapia metronomica si avvicina di più ad una strategia dose-in-tensa, differenziandosi da questa per la dose totale somministrata. Infatti, loscopo dei regimi dose-densi è somministrare elevati quantitativi di farmaci adintervalli brevi; la chemioterapia metronomica invece si prefigge solo di ab-breviare gli intervalli tra un trattamento e l’altro, senza necessariamente au-mentare la dose dei farmaci somministrati. Così facendo, si ha un miglioreprofilo tossicologico e una ridotta necessità di terapia di supporto.

È stato dimostrato che le cellule endoteliali sono molto più sensibili al-l’esposizione continua a basse dosi di chemioterapici anziché a dosaggi bolo;inoltre esse sono meno soggette ad andare incontro a mutazioni genetiche ri-spetto alle cellule tumorali, e quindi a sviluppare meno frequentemente che-mioresistenza.

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La chemioterapia metronomica inibisce inoltre la mobilizzazione dei pro-genitori delle cellule endoteliali, che dal midollo osseo raggiungono focolaiperiferici di neoangiogenesi, rappresentando la fonte principale di nuovi vasiche si sviluppano nel contesto neoplastico.

Infine, la chemioterapia metronomica stimola la produzione di sostanzeantiangiogenetiche endogene, tra cui trombospondina, e diminuisce i livelli dicellule T regolatrici, fondamentali nel fenomeno di tolleranza neoplastica.

Sono stati pubblicati in medicina veterinaria alcuni trials molto pro-mettenti.4-7

BIBLIOGRAFIA

1. Marconato L, (2009), Principi di chemioterapia in oncologia, Poletto Editore, Vermezzo(MI).

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Cosa c’è di nuovo per il linfoma del cane?Sabato, 13 luglio 2013, ore 12.00

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Negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nella comprensionedella biologia del linfoma del cane, che hanno portato a rivedere la classifica-zione, a migliorare la stadiazione e a formulare nuove opzioni terapeutiche,volte sempre di più a stratificare il trattamento in base alle caratteristiche delpaziente e del linfoma.

STADIAZIONE

La stadiazione del linfoma canino si articola nelle seguenti indagini:- anamnesi - palpazione di linfonodi periferici, esame delle mucose, palpazione di ad-

dome per valutare eventuale organomegalia, ispessimento di pareti intesti-nali o linfoadenomegalia meseraica, auscultazione del torace ed esame delfondo dell’occhio che evidenzia eventuale infiltrazione oculare

- esame emocromocitometrico, ematochimica ed esame delle urine- radiologia del torace- ecografia dell’addome- valutazione citologica di milza e fegato, anche se ecograficamente non al-

terati1

- TC, endoscopia con biopsie multiple e scintigrafia ossea in alcuni casi se-lezionati

- ago-infissione dei linfonodi periferici rappresenta un esame irrinunciabile,perché diagnostico nella maggioranza dei casi, facile e veloce da eseguire,scevro da effetti collaterali ed economico. In merito a quali linfonodi esa-minare citologicamente, si consiglia di evitare i mandibolari, dal momen-to che sono esposti a numerosi antigeni e possono falsare il quadro, indu-cendo spesso una falsa diagnosi di iperplasia.

- determinazione dell’immunofenotipo sta per distinguere i linfomi B dai T,diversi dal punto di vista prognostico e terapeutico.2 L’immunofenotipiz-zazione può essere fatta mediante citometria a flusso (tecnica che consen-te di evidenziare diverse sottopopolazioni linfocitiche, eseguibile anche suaspirati linfonodali), immunoistochimica su sezioni istologiche e immuno-citochimica su preparati citologici. Trattamenti precedenti con glicocorti-coidi mascherano l’assetto antigenico di superficie, rendendo difficoltosoil riconoscimento di immunofenotipo. Per definire l’origine come B, lecellule devono immunoesprimere CD21 e CD79a, mentre per essere diorigine T devono immunoesprimere CD3, CD4, CD5 o CD8.

- PCR: amplificando le sequenze di DNA codificanti per TCR o BCR nellapopolazione linfocitica, permette di valutare lo stato di riarrangiamento di

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questi recettori (PARR: “PCR for antigen receptor rearrangement”).3 Se lapopolazione linfocitica è policlonale (ad esempio, iperplasia linfoide), l’am-plificazione mediante PCR produrrà ampliconi di varie dimensioni. Al con-trario, in caso di linfoma, l’amplificazione produce ampliconi della medesi-ma dimensione, ad indicare la presenza di una popolazione clonale.

- esame del midollo osseo: tappa fondamentale nella stadiazione dei canicon linfoma, non solo ai fini prognostici ma anche terapeutici.4,5 Il prelie-vo per aspirazione di solito è sufficiente per emettere diagnosi.

- citometria a flusso su sangue midollare e periferico per determinare l’in-filtrazione di cellule linfomatose anche in percentuali molto ridotte(<1%).6

- studio PET/CT per monitorare risposta a chemioterapia e diagnosticareuna recidiva precoce, consentendo quindi di intervenire con protocollichemioterapici di salvataggio prima che il linfoma sia di nuovo clinica-mente apparente. Si tratta di studi ancora preliminari.7,8

- istologia ed immunoistochimica per dare “nome e cognome” al linfoma.“Linfoma” è infatti una diagnosi generica: esistono circa 30 istotipi nel ca-ne, cui si associa una prognosi diversa. Come nell’uomo, anche nel canesi sta cercando di diversificare la terapia in base (anche) alle caratteristi-che istologiche.9,10

OPZIONI TERAPEUTICHE

Il linfoma del cane rappresenta una sfida terapeutica, sia in prima presen-tazione (scelta del miglior approccio possibile in base ai dati clinici raccolti),sia alla recidiva.

1.) TRATTAMENTO DEL LINFOMA AD ALTO GRADO IN PRIMA PRESENTAZIONE

La chemioterapia rappresenta la terapia d’elezione, anche se la finalità èquasi sempre palliativa. Infatti, la maggior parte dei cani sviluppa una recidi-va e meno del 10% ottiene invece una guarigione.11 Lo scopo della chemiote-rapia è dunque quello di migliorare la qualità di vita dei cani con linfoma, pal-liando i sintomi da esso provocato, e possibilmente di prolungare la soprav-vivenza. Senza alcuna terapia oppure somministrando soltanto corticosteroi-di, la sopravvivenza non supera generalmente le 4 settimane. Con la chemio-terapia sistemica la sopravvivenza mediana oscilla tra gli 8 ed i 16 mesi, inbase alle caratteristiche del paziente e del linfoma. Il gold standard attualeprevede la somministrazione di protocolli di polichemioterapia, che incorpo-rano farmaci tra cui vincristina, ciclofosfamide, doxorubicina, con o senza L-

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asparaginasi. Nel corso degli anni si è accumulata l’evidenza scientifica che ilinfomi B non richiedono fasi di mantenimento, dal momento che questi nonprolungano né la durata della remissione, né la sopravvivenza.12 Gli studi at-tuali sono volti a individuare nuovi protocolli brevi che riducono la tossicità,migliorando la qualità di vita dei pazienti.

Se per i linfomi B sono stati fatti notevoli progressi in campo terapeutico, lastrada è ancora lunga per i linfomi ad immunofenotipo T, mancando ancora li-nee guida precise e convincenti.12 L’immunofenotipo T rappresenta un fattoreprognostico negativo clinicamente rilevante e indipendente. I protocolli CHOP(C=ciclofosfamide, H=doxorubicina, O=vincristina, P=prednisone) e simili so-no frequentemente utilizzati per trattare i linfomi B; gli stessi hanno tuttavia da-to risposte sub-ottimali in caso di immunofenotipo T, attribuibili alla precocechemioresistenza che caratterizza tali linfomi.13 In linea con quanto viene fattonei pazienti umani con linfoma non-Hodgkin, l’incorporazione di agenti che-mioterapici che by-passano i meccanismi di resistenza mediati dalla glicopro-teine pg-170, oppure l’utilizzo di protocolli che prevedono lunghe fasi di man-tenimento, potrebbero essere efficaci anche nel cane con linfoma T.

Un ulteriore obiettivo della ricerca in oncologia veterinaria è di stratifica-re il trattamento in base allo stadio clinico. Tendenzialmente i cani in stadioclinico I e II sono trattati come quelli in stadio clinico più avanzato, con l’ec-cezione dei cani in stadio V (coinvolgimento di midollo osseo), per i qualil’incorporazione nel protocollo di citosina arabinoside ha mostrato un vantag-gio in termini di sopravvivenza e tasso di remissioni complete, indipendente-mente dall’immunofenotipo.5 È necessario valutare se i cani in stadio III e IVrichiedono trattamenti diversificati per migliorare l’outcome.

2.) TRATTAMENTO DELLA RECIDIVA

La recidiva e il linfoma chemioresistente rappresentano una vera sfida te-rapeutica.

In seguito a recidiva si utilizzano generalmente protocolli di salvataggio (ochemioterapici di seconda linea), che incorporano farmaci non utilizzati inprima linea e possibilmente non substrato della glicoproteina gp-170, tra cuimecloretamina e procarbazina (protocollo MOPP), D-actinomicina, citosinaarabinoside e melphalan (protocollo DMAC), lomustina e dacarbazina o L-asparaginasi, dacarbazina o temozolomide in monochemioterapia, lomustinain monochemioterapia.

Con i protocolli di salvataggio il tasso di remissione completa si aggira in-torno al 20-50% e ha durata mediana di 2-3 mesi circa. Nonostante i progres-si degli ultimi anni, la recidiva in corso di linfoma resta problematica, e sonorichiesti nuovi approcci terapeutici.

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3.) TRATTAMENTO DEL LINFOMA A BASSO GRADO

Il linfoma a basso grado ha tendenzialmente comportamento biologico in-dolente, richiedendo per lo più strategie metronomiche anziché dose-intense.In medicina veterinaria mancano studi approfonditi e su larga scala che diri-gano le scelte terapeutiche.10,15

4.) TERAPIE EMERGENTI

Attualmente esistono nuovi approcci terapeutici per trattare il linfoma delcane.- trapianto di midollo osseo.14 Al momento il trapianto di cellule staminali è

proposto dal Veterinary Teaching Hospital della North Carolina State Uni-versity negli Stati Uniti con risultati promettenti.

- radioterapia per le forme localizzate di linfoma (nasale, spinale, cutaneo),oppure radioterapia half-body o total-body abbinando il trattamento che-mioterapico.15,16 I risultati migliori si ottengono nel contesto di malattiaminima residua, come consolidamento, utilizzando radioterapia a bassodosaggio.16,17

- immunoterapia attiva (vaccino anti-tumorale), che consiste nel presentareantigeni tumorali in forma più immunogena, correggendo in questo modo ideficit nella sorveglianza tumorale (“tolleranza”). Il vaccino rappresentauna forma specifica ed attiva di immunoterapia in grado di evocare una ri-sposta immunitaria contro le cellule tumorali. Molto spesso le cellule tumo-rali stesse sono utilizzate come fonte di antigeni. È attualmente disponibilein Italia un vaccino autologo per i linfoma ad immunofenotipo B del cane.

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6. Martini V, Melzi, E, Comazzi S, Gelain ME, (2013), Peripheral blood abnormalities andbone marrow infiltration in canine large B-cell lymphoma: is there a link? Vet Comp On-col, in press.

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Indirizzo per la corrispondenza:Centro Oncologico VeterinarioVia San Lorenzo 1-440037 Sasso Marconi (BO)[email protected]

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Cosa fare per il linfoma del gatto?

Sabato, 13 luglio 2013, ore 14.30

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Laura MarconatoMed Vet, Dipl ECVIM-CA (Oncology), Bologna

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Il linfoma è molto comune nel gatto, rappresentando circa il 90% dei tu-mori emopoietici ed il 30% di tutti i tumori felini. L’incidenza stimata è di 200nuovi casi l’anno su 100000 gatti a rischio. Tuttavia, la maggior parte dei da-ti disponibili in letteratura si riferisce all’era pre-vaccinazione FeLV, e non ri-flette in maniera precisa la situazione attuale. Fattori di rischio sono: infezio-ne con il virus della leucemia felina (soprattutto forma multicentrica, media-stinica, extranodale e leucemica), esposizione a fumo passivo, condizioni diinfiammazioni croniche (tra cui anche malattia infiammatoria intestinale cro-nica [IBD]), fattori genetici. Si riconoscono le seguenti forme anatomiche:

• Mediastinica: caratterizzata da linfoadenomegalia mediastinica even-tualmente associata a versamento pleurico (chiloso o emorragico). I polmonirisultano compressi dalla voluminosa massa neoplastica, ma raramente sonoinfiltrati. I gatti interessati sono tipicamente giovani (2-3 anni di età) e FeLVpositivi (90% dei casi); sintomi comuni includono tosse, dispnea, intolleran-za all’esercizio, rigurgito, disfagia, anoressia e, occasionalmente, sindrome diHorner monolaterale o bilaterale. Può essere presente linfoadenomegalia pe-riferica. La diagnosi differenziale deve essere posta con timoma, chilotorace,mesotelioma, ernia diaframmatica e cardiomiopatia.

• Alimentare:1,2 per linfoma alimentare s’intendono le sedi gastrica e/ointestinale. In caso di coinvolgimento concomitante splenico e/o epatico, si ri-ferisce a forma multicentrica o intra-addominale.

Per ottenere diagnosi, è necessario valutare nell’insieme criteri clinici,istologici ed immunofenotipici.

Il linfoma associato a MALT è di origine T ed è tipicamente a piccole cel-lule (low-grade); per un periodo piuttosto lungo può restare confinato nel con-testo mucosale, ma inesorabilmente progredisce raggiungendo prima i linfo-nodi meseraici, poi gli altri visceri addominali (estensione transmurale).L’estensione transmurale può comportare perforazione e peritonite. La dia-gnosi differenziale deve essere posta, nelle forma iniziali, con IBD, che po-trebbe rappresentare fattore predisponente. La valutazione di clonalità esegui-ta mediante tecniche di PCR su tessuti fissati in formalina consente di diffe-renziare IBD (espansione policlonale) da linfoma (espansione monoclonale).Più soggettiva è la valutazione istopatologica. Tendenzialmente il linfoma lin-focitico mostra epiteliotropismo ed è caratterizzato dalla presenza di piccolilinfociti in corrispondenza di villi con distribuzione non equa tra villo e villo.

In corrispondenza di piccolo intestino nella sua parte distale, cieco e co-lon, è più comune il linfoma con immunofenotipo B, che prende origine daifollicoli linfoidi mucosali (placche di Peyer). Le cellule sono di grandi dimen-sioni. Le lesioni sono tipicamente transmurali e spesso si ha coinvolgimentoconcomitante di milza, linfonodi periferici, e midollo osseo.

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Il linfoma dei grossi linfociti granulari (“large granular cell lymphoma”,LGL) rappresenta circa il 10% dei linfomi alimentari e deriva dalla prolifera-zione incontrollata di linfociti T citotossici o Natural Killer (NK). Si tratta diuna forma transmurale a grandi cellule, che interessa inizialmente ileo, digiu-no e linfonodi meseraici, ma che metastatizza in fretta a stomaco, grosso in-testino, fegato, milza, midollo osseo e reni. I gatti sono tendenzialmente FeLV-.Gli esami laboratoristici riscontrano leucocitosi neutrofilica con spostamentoa sinistra, anemia, ipoalbuminemia, ipocalcemia, aumento di transaminasiepatiche e bilirubina. Il riscontro di grossi linfociti granulari circolanti in per-centuale superiore al 13% deve essere considerato patologico. La diagnosidifferenziale deve essere posta con tumori che originano dalle cellule entero-cromaffini e con mastocitomi.

• Multicentrica: caratterizzata da linfoadenomegalia solitaria (50% deicasi) o generalizzata, con o senza coinvolgimento splenico, epatico, midolla-re ed extranodale.

La diagnosi differenziale deve essere posta con linfoadenopatia idiopaticareattiva (iperplastica) che interessa i gatti giovani ed è riconoscibile all’esameistologico.

• Extranodale: La forma nervosa è caratterizzata da coinvolgimentocentrale (encefalico o spinale) o periferico e può essere primitiva oppurefar parte di linfoma multicentrico. I gatti con linfoma renale hanno nel 40-50% dei casi anche concomitante interessamento cerebrale. La forma re-nale è frequente ed interessa gatti adulti. Essa può essere primitiva o farparte di forma addominale o multicentrica. I sintomi sono vaghi e aspeci-fici e secondari ad insufficienza renale. Spesso il linfoma renale si accom-pagna a coinvolgimento cerebrale, pertanto possono essere presenti sinto-mi quali irritabilità, cambio di personalità, debolezza, mancata coordina-zione e deficit propriocettivi. La forma oculare è piuttosto comune e puòessere primitiva oppure far parte di forma multicentrica. Sintomi comunisono: fotofobia, blefarospasmo, epifora, ifema, ipopion, presenza di mas-se oculari o retro-orbitali, uveite o distacco retinico. La forma nasale è fre-quente ed i sintomi sono simili alle infezioni del primo tratto respiratorio.La forma cutanea è rara nella specie felina e generalmente interessa gattianziani.

La stadiazione clinica dei gatti con linfoma prevede l’esecuzione di diver-si esami:3,4

- esami del sangue: emocromocitometrico, ematochimica, FIV/FeLV, profi-lo tiroideo, dosaggio di cobalamina e fPLI

- esame delle urine- valutazione citologica o istopatologica di midollo osseo

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- valutazione istopatologica di linfonodi o organi interessati. La citologiaper infissione linfonodale nel gatto è spesso inadeguata nell’ottenere dia-gnosi conclusiva, soprattutto per quanto riguarda la diagnostica differen-ziale con alcune sindromi benigne iperplastiche tipiche della specie felina,tra cui linfoadenopatia periferica idiopatica, iperplasia linfonodale perife-rica dei gatti giovani. La valutazione istopatologica consente anche di ot-tenere grado istologico.In merito a linfoma intestinale, le biopsie ottenute per via laparotomica o

laparoscopica sono migliori rispetto a quelle ottenute per via endoscopica,perché permettono di ottenere campioni a tutto spessore.5 Tra laparotomia elaparoscopia, la seconda si associa a minore morbidità. Se i campioni vengo-no prelevati per via endoscopica, è necessario raccogliere almeno 4 campio-ni da ogni sito anomalo, mentre è sufficiente un solo campione se si prelevaper via laparotomica o laparoscopica. Gatti particolarmente debilitati tollera-no meglio il prelievo per via endoscopica.6

La citologia è spesso insufficiente nell’emettere diagnosi in caso di linfo-ma low-grade, mentre utilità molto maggiore si ha in caso di linfoma high-grade, a grosse cellule, che tuttavia, rappresenta nella specie felina percen-tuale più ridotta di casi rispetto all’analogo canino. In alcune specifiche en-tità, quali linfomi LGL, la citologia è invece di estremo aiuto in quanto legranulazioni azurofile caratteristiche tendono a colorarsi molto facilmentecon normali tecniche di colorazione e il quadro risulta praticamente patogno-monico, mentre le stesse granulazioni sono poco o nulla evidenti in prepara-ti istologici.- immunofenotipizzazione. Con tecniche immunoistochimiche è possibile

stabilire l’immunofenotipo, anche se nel gatto ancora non riveste l’impor-tanza prognostica che ha invece nel cane.

- valutazione di clonalità per mezzo di PCR è utile nel caso di patologia in-testinale per differenziare tra forma neoplastica (monomorfa) e IBD (po-polazione pleomorfa). In ogni caso, è importante che valutazione istologi-ca, immunoistochimica e PCR siano eseguite con questa sequenza, inter-pretando i risultati nel contesto individuale. Recentemente è stato pubbli-cato un algoritmo diagnostico di grande interesse clinico. Se dopo una dia-gnosi morfologica di IBD e istituzione di terapia adeguata il gatto non mi-gliora, è necessario rivedere le biopsie (o campionare di nuovo l’intestino)e ricorrere ad immunofenotipizzazione.7 La valutazione immunoistochi-mica deve invece essere eseguita su ogni caso, certo o presunto, di linfo-ma, dal momento che consente di identificare una popolazione monomor-fa di linfociti B o T. Solo dopo queste due indagini, e in caso di persisten-te dubbio diagnostico, si può ricorrere alle tecniche di PCR per evidenzia-

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re clonalità. Se la popolazione è policlonale, è verosimilmente di natura in-fiammatorio. Una popolazione monoclonale è invece suggestiva di neo-plasia.

- ecografia addominale- radiografia del torace.

Al completamento di stadiazione, si può definire stadio clinico secondoOMS:

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Stadio I - neoplasia singola (extranodale).- interessamento di una sola area anatomica (nodale), compresa

una neoplasia primitiva toracica.

Stadio II - singola neoplasia extranodale con coinvolgimento di linfonodoregionale.

- interessamento di due o più aree nodali sullo stesso lato del dia-framma.

- due neoplasie singole (extranodali) con o senza interessamentodi linfonodi regionali sullo stesso lato del diaframma.

- neoplasia primitiva gastroenterica (generalmente in area ileo-cecale), ben asportabile, con o senza interessamento di linfono-di meseraici.

Stadio III - due neoplasie singole extranodali in regioni opposte rispetto aldiaframma.

- interessamento di due o più aree nodali cranialmente e caudal-mente al diaframma.

- lesioni primitive intraddominali estese e non asportabili.- neoplasie paraspinali o epidurali, indipendentemente da altri si-

ti neoplastici.

Stadio IV - stadio I-III con coinvolgimento di fegato e/o milza

Stadio V - stadio I-IV con iniziale coinvolgimento di sistema nervoso cen-trale e/o midollo osseo.

Trattandosi di una malattia sistemica, la terapia d’elezione per il linfomafelino è la chemioterapia, con cui si ottengono tassi di remissione completanel 50-70% dei casi, e tempi di sopravvivenza di 4-6 mesi. Soltanto il 30%circa dei gatti sopravvive oltre l’anno. Se non trattati, il 40-75% dei gatti muo-re nell’arco di 2-8 settimane.

Sono stati pubblicati diversi protocolli chemioterapici, cui si rimanda.8-11

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In caso di linfoma alimentare, se di basso grado, è possibile utilizzare clo-rambucile e prednisone.10 In alternativa, è possibile somministrare lomustinain monochemioterapia.

Quelli di alto grado richiedono invece trattamenti più aggressivi e combi-nati. È stato dimostrato che protocolli di polichemioterapia che incorporanodoxorubicina e L-Asparaginasi si associano a prognosi migliore.3

Sfortunatamente, il linfoma LGL è minimamente responsivo a chemiote-rapia e si accompagna a breve sopravvivenza.11 Per il trattamento della formanervosa, è indispensabile aggiungere al protocollo chemioterapici liposolubi-li che superano la barriera ematoencefalica. L’utilizzo solamente dei cortico-steroidi si accompagna a brevi periodi di remissione.

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Tumori mammari: anche se sonosempre i più comuni,

impariamo a conoscerli meglioSabato, 13 luglio 2013, ore 17.30

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Laura MarconatoMed Vet, Dipl ECVIM-CA (Oncology), Bologna

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TUMORI MAMMARI NEL CANE

I tumori mammari sono le neoplasie più frequenti nella cagna, che rappre-senta in assoluto il mammifero con la più alta incidenza. La presentazione cli-nica più comune è il nodulo solitario o multiplo e, in quest’ultimo caso, non èraro il riscontro concomitante di istotipi diversi, cui corrisponde un comporta-mento biologico altrettanto differente. Generalmente crescita rapida, ulcerazio-ne cutanea, linfoadenomegalia regionale e presenza di sintomi sistemici depon-gono a favore di una neoplasia maligna, mentre crescita lenta e demarcazionenetta suggeriscono la presenza di displasia o neoplasia benigna. Tutte le razzepossono sviluppare tumori mammari, tuttavia è stato riscontrato un rischio mag-giore per bassotti, barboncini, setter, pointer, fox terrier, cocker e pastori tede-schi. La stimolazione ormonale rappresenta uno dei fattori eziologici più impor-tanti. Infatti, è ormai accertato che l’ovarioisterectomia precoce (eseguita primadel primo calore e tra il primo e il secondo calore) riduce il rischio di tumorimammari dell’80% e del 40%, rispettivamente. Grande enfasi viene data al-l’identificazione di geni ritenuti responsabili della cancerogenesi, in particolaredei geni che appartengono alla famiglia delle protein-chinasi: la loro amplifica-zione e sovra-espressione è frequente nei tumori maligni della mammella. Al-cuni esempi sono c-erbB-2 (her-2 o neu), c-yes, c-RAS e c-kit.

Una volta identificato un nodulo mammario, è necessario stadiare il tumo-re per valutarne l’estensione e stabilire quale sia l’approccio terapeutico mi-gliore. La stadiazione clinica prevede: misurazione di tutti i noduli mammari,esame citologico di questi e dei linfonodi regionali (se palpabili), esame emo-cromocitometrico, ematochimica, profilo coagulativo, radiografie del torace(tre proiezioni) ed ecografia addominale.

La classificazione TNM sottolinea la rilevanza prognostica di: dimensio-ne ed invasività locale del tumore primitivo (T), stato dei linfonodi regionali(N) e presenza di metastasi distanti (M) (Vedi alla pagina seguente).

La definizione prognostica nei tumori mammari è complessa e multifatto-riale. Fattori prognostici riconosciuti nella cagna includono: razza (sembrache il Pastore Tedesco abbia prognosi peggiore), età d’insorgenza (neoplasiemaligne insorte in animali giovani avrebbero prognosi peggiore), sesso (neimaschi il carcinoma mammario difficilmente metastatizza), tempo di compar-sa (tumori maligni presenti da più di 6 mesi hanno prognosi peggiore rispet-to a quelli presenti da meno di 6 mesi), dimensione del tumore primitivo (seil diametro è superiore a 5 cm, la prognosi è peggiore), istotipo (la prognosi èpeggiore per carcinoma semplice, carcinosarcoma, carcinoma anaplastico),presenza di invasione linfatica/ vascolare (prognosi peggiore), presenza dimetastasi linfonodali e/o a distanza (prognosi peggiore).

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Caposaldo di terapia di tumori mammari è che per nessun motivo un no-dulo mammario deve essere lasciato in situ ed osservato anzi, deve sempre es-sere asportato e valutato istologicamente.

La chirurgia rappresenta la terapia d’elezione. Nel caso di carcinomi mam-mari aggressivi o metastatici, la chirurgia come unica opzione terapeutica èdeludente, dal momento che la maggior parte dei pazienti muore o viene sot-toposta ad eutanasia a causa delle metastasi a distanza. La chemioterapiaadiuvante potrebbe pertanto migliorare la prognosi di questi pazienti, eradi-cando le micrometastasi (linfonodali e polmonari) o rallentando la progressio-ne di metastasi già clinicamente evidenti.

Indicazioni per chemioterapia sono: evidenza istologica di invasione linfa-tica, presenza di metastasi (linfonodali, polmonari, ossee o viscerali), e alcu-ni tipi istologici selezionati (carcinoma semplice con le sue varianti, carcino-sarcoma, sarcoma) di grado 2 e 3.

In medicina veterinaria sono stati pubblicati pochi lavori in merito ad ef-ficacia di chemioterapia adiuvante o neoadiuvante per il trattamento di carci-nomi mammari.

Molecole efficaci sono: doxorubicina (in monochemioterapia o associata aciclofosfamide o 5-fluorouracile), gemcitabina, carboplatino.1-3

Recentemente è stata valutata l’efficacia di paclitaxel nel trattamento di tu-mori mammari canini. La somministrazione endovenosa di paclitaxel alla do-

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T1 diametro massimo del tumore < 3 cmT2 diametro massimo 3-5 cmT3 diametro > 5 cm

N0 LNF regionali non interessatiN1 LNF regionali interessati

M0 nessuna evidenza di metastasi a distanzaM1 metastasi presenti

Stadio I T1N0M0

Stadio II T2N0M0

Stadio III T3N0M0

Stadio IV qualsiasi T, N1M0

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se di 165 mg/m2 nell’arco di 3-6 ore ogni 21 giorni dava tassi di risposta di20%, ma la tossicità era inaccettabile nella maggior parte dei pazienti tratta-ti.4 Un lavoro successivo che valutava l’efficacia postoperatoria di doxorubi-cina o docetaxel non rilevava alcun miglioramento di sopravvivenza.5

La terapia ormonale non trova ancora grande spazio nel trattamento dellapatologia neoplastica mammaria, sia per l’utilizzo non ancora routinario del-la valutazione recettoriale, sia per i risultati ottenuti, spesso inconcludenti oaddirittura controversi.

Dai dati disponibili in letteratura emerge che i tumori mammari del caneche meglio rispondono al tamoxifene sono quelli meno anaplastici, spessotrattabili con la sola chirurgia.

Dopo terapia, è necessario monitorare la cagna mediante attento follow-upclinico e radiologico, sia per valutare la presenza di eventuali recidive, sia peraccertasi della comparsa di lesioni replicative ad altri organi.. Dopo i primi 3mesi e per il primo anno il monitoraggio va fatto ogni 3 mesi, poi ogni 6 me-si e, dopo il secondo anno, il controllo è annuale.

CARCINOMA INFIAMMATORIO

Il carcinoma infiammatorio è una neoplasia a carattere rapidamente pro-gressivo e fatale, che interessa le specie umana, canina e raramente felina. Ilcomportamento biologico è molto aggressivo e contraddistinto da un decorsoclinico fulminante e da una breve sopravvivenza (generalmente < 60 giornidalla diagnosi).

La presentazione clinica mima una dermatite o grave mastite. Caratte-ristica che contraddistingue il carcinoma infiammatorio è la concomitanteinvasione linfatica dermica da parte di emboli tumorali (dermatotropismo)che, ostruendo i vasi, causano edema diffuso agli arti. Il potenziale meta-statico è elevato, con frequente coinvolgimento secondario dell’apparatourinario.6

I cani non sottoposti ad eutanasia alla diagnosi, ricevono generalmente te-rapia palliativa (antibiotici, steroidi, FANS), con sopravvivenza mediana di30 giorni. Alcuni casi selezionati possono beneficiare di un trattamento mul-timodale, che prevede l’impiego di chirurgia, radioterapia locale, chemiotera-pia sistemica.

La prognosi deve comunque essere considerata tendenzialmente infausta.Un recente studio retrospettivo ha evidenziato i seguenti fattori prognosticipositivi: assenza di coagulopatia e somministrazione di terapia medica (piro-xicam e/o chemioterapia sistemica).7

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TUMORI MAMMARI NEL GATTO

Nella gatta i tumori mammari sono terzi in ordine di frequenza dopo i tu-mori cutanei e il linfoma. Così come nella donna, anche nel gatto i tumorimammari sono molto aggressivi, ad elevato potenziale metastatico (90% alladiagnosi), spesso a decorso fatale e pertanto potrebbero servire, per certiaspetti, come modello patogenetico e terapeutico per la controparte umana.

Siti metastatici frequenti includono linfonodi regionali (ascellari ed ingui-nali), polmoni e pleura, fegato. Considerato il comportamento molto aggres-sivo, sono fondamentali diagnosi precoce, terapia chirurgica aggressiva edimmediata, nonché attento follow-up per evidenziare una eventuale recidivalocale o metastatizzazione regionale e/o a distanza.

La stadiazione clinica prevede: esame clinico, analisi di laboratorio, cito-logia, imaging. Scopi della stadiazione clinica sono: valutare l’estensioneneoplastica e stabilire quale sia l’approccio terapeutico migliore. La classifi-cazione TNM sottolinea la rilevanza prognostica di: dimensione ed invasivi-tà locale del tumore primitivo (T), stato dei linfonodi regionali (N) e presen-za di metastasi distanti (M).

T: tumore primitivoT1: diametro massimo del tumore < 2 cmT2: diametro massimo 2-3 cmT3: diametro > 3 cm

N: linfonodi regionali (ascellari, sternali, inguinali, iliaci, sacrali)N0: LNF regionali istologicamente non interessatiN1: LNF istologicamente interessati

M: metastasi distantiM0: nessuna evidenza di metastasi a distanzaM1: metastasi presenti (specificare sede)

Stadio I: T1N0M0

Stadio II: T2N0M0

Stadio III: T1/2N1M0, T3N0/1M0

Stadio IV: qualsiasi T, qualsiasi N, M1

La valutazione clinica di noduli mammari è importante sia ai fini di even-tuale chirurgia (poiché si valutano fissità ed invasività di cute e muscoli), siadi prognosi, dal momento che tumori di diametro >3 cm si accompagnano aprognosi peggiore.

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La citologia del nodulo mammario può aiutare nella differenziazione tralesione infiammatoria e neoplastica. I linfonodi regionali devono essere pal-pati e, se aumentati di volume, valutati citologicamente per il riscontro even-tuale di cellule metastatiche.

Le radiografie del torace nei tre decubiti (laterale destro, laterale sinistro eventrodorsale) permettono di identificare eventuali metastasi polmonari,pleuriche e linfonodali toraciche o sternali. Le metastasi polmonari si mani-festano radiologicamente come noduli interstiziali ben definiti, come noduliindefiniti oppure con pattern diffuso interstiziale cosiddetto “a nevischio”,con o senza carcinomatosi pleurica e versamento pleurico. L’ecografia addo-minale completa la stadiazione, e consente di escludere metastasi addomina-li e/o eventuali patologie extra-mammarie concomitanti.

A seguito del comportamento biologico particolarmente aggressivo, ancheil trattamento deve esserlo. Importante ai fini della programmazione terapeu-tica è la valutazione dei fattori prognostici (dimensione di tumore primitivo,stadio clinico, perdita di ER, sovra-espressione di VEGF-HER2-AgNor-PCNA-Ki-67-COX-2).

Gatti con tumori <2 cm hanno prognosi non necessariamente sfavorevole,e la chirurgia aggressiva può risultare sufficiente. Al contrario, se il tumore hadiametro >2 cm, il comportamento biologico è più aggressivo con elevato po-tenziale metastatico e tempi di sopravvivenza inferiori all’anno. La chemiote-rapia è in questo caso indicata. Protocolli utilizzati nella specie felina preve-dono l’utilizzo di doxorubicina in monochemioterapia o combinata a ciclofo-sfamide, con risultati tuttavia spesso contrastanti.8,9

BIBLIOGRAFIA

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Tumori difficili: quelli di origineistiocitaria. conoscere il nemico

per combatterlo meglioDomenica, 14 luglio 2013, ore 12.15

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Laura MarconatoMed Vet, Dipl ECVIM-CA (Oncology), Bologna

Francesca AbramoMed Vet, Pisa

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I disordini istiocitari rappresentano uno spettro di patologie dal comporta-mento biologico molto variabile, che prendono origine da macrofagi o da cel-lule dendritiche, distinguibili tra loro non morfologicamente, bensì attraversol’espressione di cluster di differenziazione (CD).

MARKER TESSUTO SPECIE

CD45 Fissato in formalina; Canecongelato fresco

CD18* Fissato in formalina; Cane, gattocongelato fresco

CD1 Congelato fresco Cane, gatto

CD11b Congelato fresco Cane

CD11c Congelato fresco Cane

CD11d Fissato in formalina; Canecongelato fresco

CD68 Congelato fresco Cane

MHC classe II Congelato fresco Cane

CD4 Congelato fresco Cane, gatto

CD90 (Thy-1) Congelato fresco Cane

E-caderina Fissato in formalina; Cane, gattocongelato fresco

CD204 Fissato in formalina Cane

CD163 Fissato in formalina Cane

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Le proliferazioni di cellule di Langerhans danno luogo a: istiocitoma cu-taneo, istiocitoma cutaneo solitario con interessamento linfonodale, istiocito-mi cutanei multipli e/o persistenti con o senza interessamento linfonodale,istiocitomi multipli con disseminazione viscerale, e istiocitosi di Langerhans.

La proliferazione di cellule dendritiche interstiziali dà luogo a istiocitosiprogressiva felina, istiocitosi reattiva e sarcoma istiocitico (localizzato e dis-seminato) non emofagocitico, mentre la proliferazione di macrofagi dà luogoa sarcoma istiocitico emofagocitico.

L’istiocitoma cutaneo rappresenta una proliferazione focale delle celluledi Langerhans epidermotropiche ed è considerato una neoplasia benigna, au-to-limitante, tipica del cane giovane, che va spesso incontro a regressionespontanea nell’arco di tre mesi per intervento dei linfociti T citotossici CD8+.

Clinicamente si osserva un nodulo solitario alopecico, ben delimitato,spesso ulcerato, che appare improvvisamente e cresce in fretta, che si localiz-za prevalentemente su testa, orecchie, collo ed estremità.

L’asportazione chirurgica della lesione è curativa e può essere presa inconsiderazione se la diagnosi non è più che certa, se il tumore è ulcerato oprovoca disturbi funzionali o prurito all’animale, oppure in caso di nodulosingolo in cani di età > 3 anni. La chirurgia è inoltre indicata nel caso in cuil’istiocitoma non regredisca spontaneamente. L’utilizzo di corticosteroidi èsconsigliato.

L’istiocitoma si presenta istologicamente come nodulo dermico cupolifor-me in assetto “top-heavy”, delimitato ma non capsulato, composto da celluleistiocitarie da rotonde a poligonali, con citoplasma chiaro e nucleo ovale spes-so indentato. Non sono rare le figure mitotiche occasionalmente atipiche. Laregressione, se presente, si evidenzia con aree multifocali di necrosi e un val-lo peritumorale di piccoli linfociti T CD8+ che, nelle fasi avanzate, compene-trano la massa. In caso di persistenza, oltre ai linfociti T, possono essere pre-senti aggregati di plasmacellule. In citologia le cellule neoplastiche sono ton-de e di dimensioni poco variabili fra loro e posseggono citoplasma variamen-te abbondante, di colore azzurro chiaro (a vetro smerigliato), con presenza oc-casionale di vacuoli otticamente vuoti. I nuclei sono da rotondi ad ovali, spes-so periferici, di dimensioni simili fra loro con cromatina omogeneamente dif-fusa e nucleolo poco evidente. Le cellule neoplastiche sono CD1+, CD11c+MHCII+, CD4-, Thy-1- e spesso sono E-caderina positive.

L’istiocitosi di Langerhans è raro disordine immunologico sistemico delcane, in cui le lesioni cutanee sono multiple, convergenti e persistenti; si hainoltre coinvolgimento di linfonodi regionali e spiccato tropismo per giunzio-

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ni mucocutanee; la metastatizzazione viscerale diffusa è rapida e frequente. Inalcuni casi l’istiocitosi di Langerhans rappresenta l’evoluzione di istiocitomimultipli.

All’esame istopatologico le lesioni sono simili a quelle degli istiocitomimultipli con maggior estensione in profondità e maggior pleomorfismo deisingoli elementi proliferanti. L’indice mitotico è elevato, anisocariosi e aniso-citosi sono prominenti, non sono presenti linfociti T ma eventualmente pla-smacellule. L’immunofenotipo è uguale a quello dell’istiocitoma.

L’istiocitosi felina progressiva, ancora scarsamente documentata, è carat-terizzata da una proliferazione di cellule dendritiche (il cui esatto sottotiponon è ancora stato determinato) a livello cutaneo.1 Siti maggiormente interes-sati sono testa, collo ed estremità distali degli arti. Inizialmente si osserva no-dulo solitario rivestito da cute integra, che può alternare periodi di remissio-ne parziale; progressivamente i noduli diventano multipli, ulcerati e a localiz-zazione multicentrica con tendenza a confluire in placche. La linfoadenome-galia regionale compare tardivamente, mentre in fasi terminali si ha metasta-tizzazione viscerale. In questa fase clinicamente non è più possibile differen-ziare tra istiocitosi progressiva felina e sarcoma istiocitico diffuso.

Si può pertanto affermare che istiocitosi felina progressiva si comporta ini-zialmente come un sarcoma istiocitico a basso grado, poi a seguito di muta-zioni evolve in sarcoma ad alto grado. L’intervallo tra una forma e l’altra puòessere lungo (fino a 3 anni).

La generalizzazione della neoplasia rende la prognosi per lo più sfavore-vole. Non esistono linee guida terapeutiche.

All’istologia si identificano noduli circoscritti, non capsulati composti dacellule istiocitarie in assetto diffuso che si estendono al derma profondo ed alsottocute. Gli istiociti hanno nuclei ovali e reniformi con citoplasma vacuo-lizzato, anisocariosi e anisocitosi, frequentemente multinucleati e con mitosianche atipiche. In alcuni casi si osserva epiteliotropismo. Le lesioni internesono istologicamente simili. I campioni citologici sono molto cellulari e co-stituiti da una popolazione di cellule neoplastiche rotonde di dimensioni estre-mamente variabili (anisocitosi), con nuclei eccentrici da rotondi ad ovali e re-niformi, con marcata dismetria. Il citoplasma è abbondante, variamente baso-filo talvolta vacuolizzato. Le cellule esprimono CD18, CD1, MHCII, fenoti-po tipico delle cellule dendritiche.

L’istiocitosi reattiva, sia nella forma cutanea sia sistemica, rappresenta in-vece la manifestazione clinica di una proliferazione reattiva delle cellule den-dritiche dermiche.

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L’istiocitosi cutanea interessa la cute ed il sottocute, mentre la forma siste-mica può interessare anche altri organi (occhi, polmoni, milza, fegato e mi-dollo osseo). Il comportamento biologico tra le due forme è simile. L’interes-samento cutaneo si caratterizza per lo sviluppo di placche e noduli multiplianche ulcerati su testa, perineo, scroto ed estremità, a volte lungo il decorsodei vasi a dimostrazione di un loro coinvolgimento. Hanno tendenza a regre-dire e recidivare con lenta progressione, e in alcuni casi si segnala regressio-ne spontanea. Nella forma sistemica si ha tipicamente il coinvolgimento del-le giunzioni muco-cutanee (mucosa nasale, sclera, palpebre), dei linfonodi e,più raramente, di polmoni, milza, fegato e midollo osseo.

Dal momento che la forma cutanea può evolvere a forma sistemica, il pa-ziente deve essere completamente stadiato. Per la terapia è indicato l’uso difarmaci immuno-regolatori.

L’istologia è definitiva per la diagnosi, in quanto l’esame citologico esitain processo infiammatorio aspecifico non consentendo di individuare il mo-dello di crescita. Questo si caratterizza, soprattutto nelle lesioni non ulcerate,per la presenza di noduli perivascolari, multifocali, anche con aspetti di emor-ragia e necrosi (angiocentrismo), a livello di derma profondo. I noduli sonocomposti da una popolazione mista di istiociti, piccoli linfociti e neutrofili inproporzioni variabili con predominanza di istiociti.

Le stesse lesioni sono osservabili negli organi interni nella forma sistemi-ca. Gli istiociti reattivi sono cellule dendritiche interstiziali dermiche attivatepositive ai marker per le cellule dendritiche in generale CD1a, CD1b, CD1c,MHCII e CD11c, al marker Thy-1 tipico delle CD dermiche e al CD4 (mar-ker di attivazione).

Il sarcoma istiocitico localizzato rappresenta la forma localizzata del com-plesso del sarcoma istiocitico, ed è caratterizzato dal coinvolgimento di unasola area corporea, di solito il sottocute o i muscoli scheletrici delle estremi-tà (soprattutto arto anteriore) o regioni periarticolari, con o senza coinvolgi-mento di linfonodi regionali.2 Razze canine a rischio sono bovari del bernese,rottweiler, golden retriever e labrador retriever.

La chirurgia deve essere radicale e, se il tumore è localizzato su estremitàdegli arti, la terapia d’elezione è l’amputazione. Dal momento che il sarcomaistiocitico è radiosensibile, è indicata radioterapia del tumore primitivo e dellinfonodo satellite. I risultati ottenuti sono incoraggianti. Considerate aggres-sività del tumore e possibilità di coinvolgimento sistemico, è indicata la che-mioterapia adiuvante. La prognosi è peggiore per le forme viscerali.

Istologicamente si tratta di una proliferazione densa di cellule neoplasti-che poligonali, spesso con aspetti di gigantismo e multinucleazione e con se-

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veri aspetti di atipia cariologica e mitosi. Possono essere presenti linfociti re-attivi in quantità variabile. In citologia si osservano gli stessi aspetti morfo-logici con maggior dettaglio. Si ritiene che le cellule neoplastiche derivinoda un precursore mieloide pluripotente. La diagnosi definitiva si ottiene conl’immunofenotipo: le cellule neoplastiche esprimono i marker delle celluledendritiche CD1, CD11c, MHC II e i marker CD204 e CD163 della lineamacrofagica.

Il sarcoma istiocitico localizzato emofagocitico è stato riconosciuto comedistinta entità patologica soltanto recentemente.3 Per caratteristiche clinicheed epidemiologiche richiama il sarcoma istiocitico localizzato non emofago-citico, ma la sopravvivenza è breve (mediamente 7 settimane dalla diagnosi)e la prognosi decisamente sfavorevole. Razze canine predisposte includonobovari del bernese, golden retriever, labrador retriever e rottweiler. Nella spe-cie felina, la maggior parte di segnalazioni di sarcoma istiocitico si riferisco-no a sottotipo emofagocitico.

Da un punto di vista ematologico, si evidenziano marcata anemia rigene-rativa e trombocitopenia, iperbilirubinemia, ipoalbuminemia e ipocolesterole-mia. La splenomegalia massiva è reperto molto comune e suggerisce un’ori-gine macrofagica. Il midollo osseo è spesso interessato sin dall’inizio. Con ilprogredire della malattia, si ha insidiosa invasione intravascolare con conse-guente metastatizzazione a livello epatico e polmonare, senza formazione dimasse.

La terapia è solo palliativa e prevede splenectomia associata a chemiote-rapia adiuvante con lomustina: in genere i cani hanno miglioramento clinico,ma non prolungamento di sopravvivenza.4

Istologicamente la polpa rossa splenica viene sostituita da innumerevoliistiociti molti dei quali in eritrofagocitosi o contenenti emosiderina. Gli istio-citi hanno aspetto molto variabile, da normali ad atipici con anisocariosi e ani-socitosi, multinucleazione, cariomegalia, mitosi atipiche e citoplasma eosino-filo abbondante e con vacuoli. Negli altri organi gli istiociti hanno una mor-fologia simile. Le cellule neoplastiche esprimono CD11d, MHCII, CD204 eCD163 in quanto appartengono alla linea macrofagica.5

Il sarcoma istiocitico disseminato (un tempo chiamato “istiocitosi mali-gna”, termine ormai abbandonato) è una rara malattia fatale per il paziente,caratterizzata dalla rapida ed incontrollata proliferazione di istiociti atipicimaligni in diversi siti contemporaneamente.2

Razze canine a rischio sono bovari del bernese, ed in particolare maschiadulti, ma anche golden retriever, labrador retriever, rottweiler e dobermann.

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La prognosi è infausta e gli animali malati muoiono in genere nell’arco di1-6 mesi. Trattandosi di tumore sistemico, la chirurgia va considerata se la ri-mozione del tumore può dare sollievo all’animale. La chemioterapia spessopuò solo alleviare temporaneamente i sintomi, ma la risposta non è duratura,soprattutto in presenza di lesioni avanzate o coinvolgimento midollare.

L’esame istologico e citologico è simile a quanto si osserva morfologica-mente nel sarcoma istiocitico localizzato.

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Indirizzo per la corrispondenza:Laura MarconatoCentro Oncologico VeterinarioVia San Lorenzo 1-440037 Sasso Marconi (BO)[email protected]

Francesca AbramoDipartimento di Scienze VeterinarieViale delle Piagge, 256100 [email protected]

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