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ti dimensionali richiesti, o perche non vi so-no tutti i requisiti richiesti dagli artt. 4 e 24,o perche si tratta di un’ipotesi espressamen-

te esclusa dalla legge (v. sul punto anchela circ. Min. n. 155/1991, DPL, 1991, n. 50,3321).

6.3. La procedura di mobilita

Sommario: 6.3.1. Omnicomprensivita della procedura – 6.3.2. La rilevanza dell’intenzionalita – 6.3.3. L’effettivita(la cumulabilita delle causali) – 6.3.4. L’ipotetico computo delle dimissioni – 6.3.5. Non-lavoro per la G.e.p.i. –6.3.6. Procedura per cessazione d’attivita – 6.3.7. Sintesi della procedura – 6.3.8. Insanabilita e rilevanza dei vizi –6.3.9. A quali sindacati e dovuta la comunicazione dell’intenzione di procedere ai licenziamenti – 6.3.10. Il conte-nuto della comunicazione e rilevanza di per se della fattispecie – 6.3.11. L’esame congiunto e la fase amministrativa– 6.3.12. Termine per comunicare i licenziamenti – 6.3.13. La contestualita – 6.3.14. Le comunicazioni finali e ilproblema della motivazione – 6.3.15. La «puntuale indicazione delle modalita con le quali sono applicati i criteri discelta».

Fonti normative: acc. interc. 20.12.1950 – d.p.r. 14.7.1960, n. 1019 – acc. interc. 5.5.1965 – direttiva 75/129/CEE del17.2.1975 – l. 23.7.1991, n. 223 – direttiva 92/56/CEE del 24.6.1992 – d.l. 20.5.1993, n. 148, conv., con mod., inl. 19.7.1993, n. 236 – l. 6.2.1996, n. 52 – d.lgs. 26.5.1997, n. 151 – d.lgs. 8.4.2004, n. 110.

6.3.1. Omnicomprensivita della procedu-

ra — I licenziamenti per riduzione del perso-nale, in attuazione alle direttive 75/129/CEEe 92/56/CEE, sono disciplinati dagli artt. 4 e24, l. n. 223/1991, nonche dai d.lgs. n. 151/1997 e d.lgs. n. 110/2004. Ne prima dellal. n. 223/1991 poteva ritenersi applicabile di-rettamente la direttiva 75/129/CEE (Cass.5.4.1996, n. 3182).I motivi determinanti della l. n. 223/1991 so-no stati, fra altri, quelli di formalizzare una

procedura di consultazione sindacale,che prima era prevista con efficacia limitatasolo dagli accordi interconfederali del 1950(estesa parzialmente erga omnes dal d.p.r.n. 1019/1960) e del 1995, e di prevedere unaprocedura in sede amministrativa, che primamancava del tutto. In precedenza infatti, al dila delle specifiche motivazioni, vi era statauna doppia condanna per mancata attuazio-ne della direttiva 75/129/CEE (Corte Giust.8.6.1982, n. 91/81, FI, 1982, IV, 353; CorteGiust. 6.11.1985, n. 131/84, FI, 1986, IV, 109)sia per la limitatezza e carenza di disciplina,sia per la mancata formalizzazione: infatti ladisciplina era quasi tutta giurisprudenziale,che, per quanto sofisticata, creava molte, omeglio, troppo incertezze, con sentenze biz-

zarre e anche pericolose (Miscione 1991a,314).La disciplina della l. n. 223/1991 e in un certosenso esclusivamente procedurale (Cass.12.10.1999, n. 11455, D&L, 2000, 123; Cass.20.3.2000, n. 3271, RIDL, 2001, II, 139; Cass.29.3.2003, n. 4825, inedita; Cass. 1.9.2004,n. 17556, RIDL, 2005, II, 933), mentre la no-zione di licenziamento collettivo e talmenteampia e generale [Trib. Torino 25.11.2002,GPiem, 2003, 369, secondo cui «la decisionedell’imprenditore di ridurre il personale (pertrasformare, limitare e persino far cessarel’impresa) resta insindacabile nell’an, mavincolata nel quomodo (gravando comunquesull’imprenditore l’obbligo di agire secondobuona fede) sicche ai fini della giustificazio-ne del licenziamento non rilevano gli speci-fici motivi della riduzione del personale, mala correttezza procedurale dell’operazione,con impossibilita in sede giudiziaria di un’in-dagine sulla presenza di effettive esigenzedi riduzione o trasformazione dell’attivitaproduttiva, non acquistando valenza alcuna ilrequisito causale». Cass. 22.3.2004, n. 5700,MGL, 2004, 541], in particolare con l’uso deldisgiuntivo “o” («riduzione o trasformazio-ne di attivita o lavoro»), da non porre limiti

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e da lasciare al datore di lavoro la piu ampialiberta d’iniziativa (art. 41 Cost.). Va infattievidenziato che la l. n. 223/1991 prevede unanozione che, oltre ad essere generale, fa ri-ferimento solo agli effetti e non alla cau-

sa dei licenziamenti: l’importante e che cisia veramente una «riduzione o trasforma-zione» e non hanno alcuna rilevanza i mo-tivi di questa riduzione o trasformazione (fraaltri: Lunardon 1993, 15; Scarpelli 1997, 47.In giurisprudenza, Cass. 4.3.2000, n. 2463,NGL, 2000, 481; Cass. 17.3.2001, n. 3899,NGL, 2001, 465; Cass. 7.1.2002, n. 88, OGL,2002, 126; Cass. 7.7.2004, n. 11727, RIDL,2004, II, 838. Per una differenza, sulla base diqueste considerazioni, rispetto ai licenzia-menti individuali plurimi si veda in particola-re Cass. 18.11.1997, n. 11464, OGL, 1998, I,398; Cass. 6.7.2000, n. 9045, GCM, 2000,1508; Cass. 30.10.2000, n. 14322, GCM, 2000,2207). Dato poi che tutto e strettamente for-malizzato, ogni vizio e o di procedura odi applicazione dei criteri di scelta (artt. 4 e5, l. n. 223/1991). Il datore e libero di farequalunque «riduzione o trasformazione diattivita o lavoro» (Cass. 19.4.2003, n. 6385,RIDL, 2003, II, 885), ma per farlo deve segui-re una procedura formale, che gli imponedi comunicare correttamente i motivi

(Cass. 9.9.2003, n. 13182, RIDL, 2004, II, 847,in cui si afferma che ogni indagine circa l’esi-stenza o no di un programma di ristruttura-zione e ultronea, assumendo rilievo solo ilmancato rispetto dell’iter procedurale). Lalegge non precisa che i motivi devono essereveri, ma sarebbe stata una precisazione ridi-cola, perche sempre, quando si impone unacomunicazione, si impone allo stesso tempoche essa sia veritiera. Una comunicazionenon veritiera, generica, banale non sarebbeuna vera comunicazione. Non v’e spazio, etanto meno necessita, per un’autonomia dellanozione, che comunque la legge non da (con-

tra Alessi 1995a), in particolare, si sottolinea,quando fa riferimento agli effetti e non allacausa.

6.3.2. La rilevanza dell’intenzionalita —La procedura per attuare i licenziamenti col-lettivi, chiamata di “mobilita”, e prevista dal-l’art. 4, l. n. 223/1991 per la riduzione del per-sonale dopo la Cassa integrazione guadagnistraordinaria (C.i.g.s.) ed e estesa quasi com-pletamente per rinvio dall’art. 24 anche allariduzione del personale senza C.i.g.s.: pertan-to ai due diversi nomi (“mobilita” o “riduzio-ne del personale”) corrispondono disciplinein gran parte identiche. Tuttavia le regole

sono simili ma non identiche, come similema non identico e il campo d’applicazione(Corte cost. 13.6.2000, n. 190, GI, 2001, 225,in motivazione).L’art. 4, l. n. 223/1991 prevede la riduzionedel personale con previa C.i.g.s., in particola-re con questa diversita (contra una dottrinaminoritaria: Del Punta 1993a, 241; Gottardi1995, 195; Paterno 1995, 77; una critica, pertutti, da Magrini 1997, 7): non e necessarioche ci sia un numero minimo di lavoratori chesi ha l’intenzione di licenziare, in quanto lostesso art. 4 non prevede il requisito. Pertan-to qualunque licenziamento previa C.i.g.s.,anche uno solo nelle iniziali intenzioni, e sem-pre collettivo (Miscione M. 1991a; Carabelli1995a, 1142; Min. Lav. e I.n.p.s. 1997, 287 e288. In giurisprudenza, Cass. 17.10.2002, n.14736, RIDL, 2003, II, 133; Cass. 19.5.2005,n. 10591, MGL, 2005, 867).Secondo l’art. 24, l. n. 223/1991 si puo ricor-rere al licenziamento collettivo per riduzionedel personale quando l’impresa interessataoccupi piu di 15 dipendenti (sulla determina-zione del requisito dimensionale Cass.9.12.1999, n. 13796, FI, 2000, 1225; Cass.12.11.1999, n. 12592, MGL, 2000, 92; Cass.17.11.2003, n. 17384, GCM, 2003, 11) e, inconseguenza di una riduzione o trasformazio-ne di attivita o di lavoro, «intenda» effettuarealmeno 5 licenziamenti nell’arco dei 120 gior-ni (per il computo preciso, Cass. 30.10.2000,n. 14322) in ciascuna unita produttiva [per lanozione di unita produttiva, in rapporto aquella di “stabilimento” di cui alla direttiva

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75/129/CEE, v. Corte Giust. 7.12.1995, n. 449,CS, 1966, II, 758 (s.m.). Per la giurisprudenzainterna, Cass. 26.6.2001, n. 8777, inedita;Trib. Milano 13.11.2003, D&L, 2004, 153;Cass. 24.3.2003, n. 4274, D&L, 2003, 779] o inpiu unita produttive nell’ambito del territoriodi una stessa provincia. Purche almeno inuna Provincia sussistano i requisiti richiesti,rientrano in un’unica procedura anche i li-cenziamenti operati in altre Province (Min.Lav. e I.n.p.s. 1997, 287).Pertanto, per la configurazione di un licen-ziamento collettivo senza previa C.i.g.s., esufficiente la semplice «intenzione» di li-cenziare almeno 5 lavoratori nell’arco di tem-po e nell’ambito di luogo determinati, di mo-do che la disciplina della l. n. 223/1991 si ap-plica anche se, alla fine della procedura, ilicenziamenti effettivi siano meno di 5 o, allimite, sia uno solo: in tal senso si e pronun-ziato il Ministero del Lavoro (Min. Lav., prot.n. 5/25641/70/M013 del 24.3.1993, DPL,27/1993, 1833; Min. Lav. e I.n.p.s. 1997, 290)e una giurisprudenza enorme (Pret. Frosino-ne 17.2.1995, LG, 1995, 818; Trib. Milano6.12.1995, D&L, 1996, 641; Trib. Milano16.12.1995, OGL, 1995, 1024; Pret. Milano16.1.1996, RIDL, 1997, II, 197; Trib. Milano10.6.2000, OGL, 2000, 502; Trib. Milano20.2.2003, D&L, 2003, 38. Cass. 1.2.2003,n. 1526, RGL, 2004, II, 316, precisa che sel’iniziale intenzione del datore di lavoro diprocedere al licenziamento di piu di cinquedipendenti nell’arco di 120 giorni non si rea-lizza perche e lo stesso datore a recedere daquesto disegno, l’eventuale licenziamento diun inferiore numero di dipendenti comportacomunque la qualificazione degli stessi comeindividuali per giustificato motivo oggettivo,con la conseguente applicazione delle garan-zie procedimentali e di merito previste perquesti ultimi. Pertanto, accanto ai requisitinumerico-temporali, si richiede un elementointenzionale in capo al datore di lavoro, chedeve sussistere per tutta la durata della pro-cedura: la Corte ha inteso qui distinguere tra

l’ipotesi in cui il numero dei lavoratori licen-ziandi si riduca a seguito di accordo con leorganizzazioni sindacali, che restano licenzia-menti collettivi, e l’ipotesi in cui il loro nume-ro scenda al di sotto della soglia per la solavolonta del datore. Cosı Marchesan 2004,325), come pure la dottrina (D’Antona1993a; Lunardon 1993, 16; Pivetti 1993, 55;Soma 1994; Borali 1994b; Gamba 1995, 242;Niccolai 1995b, 884; Zilio Grandi 1995a; Con-te G. 1996; Milianti 1996; Magrini 1997, 7).Deve trattarsi di una “intenzione” reale, e nonad esempio di un’ambigua “presa d’atto” diun’iniziativa dei lavoratori (Pret. Milano27.3.1996, LG, 1996, 581). Se pertanto la «in-tenzione» sia stata manifestata seriamente aisindacati, ma senza la procedura formale, il oi successivi licenziamenti (anche inferiori a5) sono illegittimi per violazione di procedu-ra. Naturalmente qui il problema e tutto infatto, di provare con giudizio di merito, ov-viamente insindacabile in Cassazione, se ve-ramente sia stata dichiarata una “intenzione”seria di effettuare licenziamenti collettivi.La soluzione vale a entrambi i fini e cioe siaper l’applicabilita dell’intera disciplina dei li-cenziamenti collettivi, sia per la maturazionedell’indennita di mobilita. Vi e allora un’op-portunita di simulare come collettivo un li-cenziamento individuale (partito nelle “in-tenzioni” con cinque o piu, ma terminato conuno o comunque meno di cinque) al solo finedi far conseguire l’indennita di mobilita. Nel’osservanza delle procedure rende collettivoun licenziamento individuale, per mancanzadei requisiti ex l. n. 223/1991 (Pret. Roma13.6.1995, LG, 1995, 945).Comunque vanno computati, nel numero deilicenziamenti che si ha intenzione di fare,quelli la cui efficacia sia sospesa per malat-

tia, anche se destinati ad avere efficacia do-

po i 120 giorni al termine della malattia

(Pret. Napoli-Pozzuoli 4.10.1995, D&L, 1996,786; Pret. Milano 7.8.1996, D&L, 1996, 941;Mazziotti F. 1992b, 108; Lunardon 1993, 17;Perrino 1996).

Capitolo VI - I licenziamenti collettivi 6.3.2

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E sempre possibile pero dimostrare la frode

alla legge ex art. 1344 c.c. quando il licen-ziamento, riconducibile a un’unica causa, siaritardato solo per superare il termine di legge(Pret. Monza 7.11.1994, D&L, 1995, 321; Bo-rali 1994, 836; Tatarelli 1997, 318). Similmen-te, dovrebbe essere possibile provare la frodealla legge quando il datore di lavoro che in-tendeva licenziare almeno 5 persone «indu-ca» alcune di esse alle dimissioni, per rima-nere sotto la soglia (Pret. Milano 16.1.1996,RIDL, 1997, II, 197; Scarpelli 1997a, 56). Masi tratta in entrambi i casi di prova estrema-mente difficile, in cui bisognerebbe fornireprove ben piu consistenti del semplice supe-ramento di poco o pochissimo delle soglie dilegge, per difetto o per eccesso.

6.3.3. L’effettivita (la cumulabilita delle

causali) — Al di la delle dichiarazioni for-mali, contano solo le intenzioni effettive. Contanti licenziamenti uno per volta, si ha in ef-fetti un unico licenziamento collettivo sequelli individuali rientrano nello stesso arcodi tempo e nell’ambito di luogo previsti dallalegge. Forse per dare certezza non sarebbestata necessaria una norma espressa, che in-vece c’e (art. 24, 1o c., 2a parte, l. n. 223/1991), ma con le inevitabili ambiguita di unanorma solamente “confermativa”, che hainvece – come si vedra subito – importantielementi di diversita.Secondo una prima interpretazione tale nor-ma confermerebbe solamente il rilievo difatto, oltre le “intenzioni” formali, ma franca-mente e difficile perfino ipotizzare che peruna legge sia sufficiente solo una dichiara-zione formale, senza che a essa corrispon-dano i fatti veri: secondo questa prima inter-pretazione dunque l’art. 24, 1o c., 2a parte,l. n. 223/1991 confermerebbe solo che i li-cenziamenti sono comunque collettivi, senell’arco temporale e nell’ambito locale (120giorni nella stessa unita produttiva o in piuunita produttive della provincia) risultino in

fatto almeno cinque. E, come s’e visto, vale

anche il contrario: i licenziamenti restano co-munque collettivi se, dopo la manifestazionedella “intenzione” di licenziare almeno cin-que dipendenti, alla fine ne sono licenziatimeno (Trib. Milano 29.9.1999, D&L, 2000,147).Un primo rilievo a questa costruzione, un po’troppo semplicistica, viene da un’importantesentenza (Trib. Milano 16.3.1994, OGL, 1994,98) secondo la quale, in continuita con la pre-gressa nozione giurisprudenziale di licenzia-mento per riduzione di personale, la l. n. 223/1991 sarebbe applicabile ai licenziamenti col-lettivi solo se riconducibili tutti alla medesi-ma riduzione o trasformazione, e cioe a una“causale unica”; pertanto la l. n. 223/1991sarebbe inapplicabile quando i licenziamentiabbiano cause realmente distinte, anche sepiu di cinque sommando quelli situati di fat-to nell’arco e ambito di tempo e di luogo pre-visti dalla legge («centoventi giorni, in cia-scuna unita produttiva, o in piu unita pro-duttive nell’ambito del territorio di unastessa provincia»: 1a parte dell’art. 25, 1o c.,l. n. 223/1991). Il rilievo, di raffinata acutezza,e fondato tutta sulla logica, senza ne suppor-to ne ostacolo nella lettera della legge, chenel prevedere «una riduzione o trasforma-zione di attivita o lavoro», usa la parola«una» come articolo indeterminato e non co-me sostantivo equivalente a «una sola», maallo stesso tempo non l’esclude e soprattuttousa l’espressione al singolare; e abbastanzaambigue sono anche le indicazioni C.e.e.[l’art. 1, 1o c., lett. a), direttiva 75/129/CEE],che, nel dare la nozione, dispone che «perlicenziamento collettivo si intende ogni licen-ziamento effettuato dal datore di lavoro peruno o piu motivi non inerenti alla persona dellavoratore» (Magnani 1992b, 586).Nell’ambiguita della lettera della legge, l’in-terpretazione logica diventa decisiva. In ve-rita l’interpretazione, per cui la disciplina deilicenziamenti collettivi si applica quandovenga raggiunto il numero minimo di cinquelicenziamenti nell’arco e nell’ambito di tempo

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e di luogo previsti, anche se con causali real-mente diverse, ha una sua logica, che e quelladi evitare evasioni senza numero o quantomeno incertezze eccessive e un interminabilecontenzioso. Ma non puo essere portata al-l’estremo. Si e rilevato infatti che in sostanzas’impone al datore di lavoro l’onere di pro-

grammarsi bene, con l’applicazione ex post

della disciplina ex l. n. 223/1991 in caso dierrore anche in buona fede nel superamentodelle soglie di legge (Del Punta 1993a, 241;Pivetti 1993, 55; Spagnuolo Vigorita L., Gua-glione, Scarpelli 1994, 1104; Niccolai 1995b,885; Tatarelli 1997, 313), con le conseguentisanzioni per violazione di procedura; ma pro-grammarsi bene non vuol dire caricarsi di tut-to. Se una nuova riduzione o trasformazionefosse effettuata per una diversa causale del

tutto imprevedibile, secondo la normalediligenza del buon datore di lavoro, i relativilicenziamenti non potrebbero essere attrattida quelli iniziali, con la conseguenza di ren-derli illegittimi a posteriori. Altrimenti si fi-nirebbe per imporre sempre la procedura ex

l. n. 223/1991 in via cautelativa, anche neisingoli licenziamenti, per il timore di supera-re in seguito le soglie di legge, oppure si im-pedirebbero di fatto i licenziamenti che por-terebbero a superare queste soglie: in en-trambi i casi oltre le intenzioni del legislatore.L’art. 25, 1o c., 1a parte, l. n. 223/1991, se ilicenziamenti vengono fatti nell’arco e nel-l’ambito di legge, presuppone una causaleunica in modo non assoluto, ma solo in vianormale, secondo la prevedibilita aziendaledel buon datore di lavoro.Certamente la fattispecie e marginale e diffi-cilmente ripetibile in concreto, anche per lapresumibile prudenza in futuro dei datori dilavoro, ma solleva problemi importanti, an-che per contrapposizione a una fattispeciespeculare, ugualmente rara in concreto, di li-cenziamenti plurimi in numero inferiore acinque ma comunque legati a una causaleunica. Va infatti considerato che la norma dicui all’art. 25, 1o c., 1a parte, l. n. 223/1991 si

contrappone alla 2a parte della stessa norma(«tali disposizioni si applicano per tutti i li-cenziamenti che, nello stesso arco di tempo enello stesso ambito, siano comunque ricon-ducibili alla medesima riduzione o trasforma-zione») che prevede solamente una causaleunica («medesima riduzione o trasformazio-ne»). Qui la lettera della legge e diversa epone quest’alternativa: le due norme (1a e 2a

parte dell’art. 25, 1o c.) o hanno valore iden-tico, nonostante l’uso di espressioni diverse,e allora e logico ritenere che la seconda pre-cisi la prima, oppure hanno valore diverso,secondo la diversa lettera della legge, e alloraprevedono due fattispecie diverse, la primacon normale cumulo di causali ma con l’in-tenzione di almeno cinque licenziamenti, laseconda con causale unica a prescindere an-che da tale requisito. La 2a norma rinvia alla1a, con richiamo solo all’arco di tempo e al-l’ambito di luogo ma senza richiamare ilrequisito dei cinque licenziamenti, che per-tanto non e richiesto, ma ponendo in piu ilrequisito della «medesima riduzione o tra-sformazione»: vuol dire allora che, se c’e que-sta causale unica, oltre l’arco di tempo e l’am-bito di luogo, si applica “comunque” la disci-plina dei licenziamenti collettivi (Miscione M.1991a, 327; fra altri contra Carabelli 1995a,1145). L’interpretazione e non semplicissi-ma, ma ugualmente certa.In concreto in entrambi i casi – sia piu causaliprevedibili raggiungendo i cinque licenzia-menti, sia unica causale anche senza raggiun-gere i cinque licenziamenti ma nello stessoarco o ambito di legge – ha finito per preva-lere un principio distruttivo di “margina-

lita”, per cui essi sono stati considerati tantomarginali e “strani”, da essere cancellati difatto. Nonostante le notevoli diversita lette-rali, ha prevalso l’ipotesi per cui la 2a normasarebbe solo “confermativa” della 1a (dellostesso art. 25, 1o c.), e cioe fondamentalmen-te inutile; una soluzione generalmente gradi-ta anche perche la diversa interpretazione,che distingue in base alle diversita, esclude

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una tranquillizzante automaticita e imponeun difficile esame caso per caso, con qualcheinevitabile incertezza.Resta il rilievo decisivo, e riaffermato, dei fat-ti e non solo delle parole. Cosı, e stato affer-mato che le cessioni di contratto ex art.1406 c.c. rilevatesi inesistenti, in presenzadell’arco di tempo e nell’ambito di luogo pre-visti dall’art. 24, l. n. 233/1991, comportereb-bero non un trasferimento d’azienda ex art.2112 c.c. ma un unico licenziamento colletti-vo inefficace (Pret. Milano 6.11.1995 e Pret.Milano 23.12.1995, D&L, 1996, 444).

6.3.4. L’ipotetico computo delle dimis-

sioni — Dopo la l. n. 223/1991, e in partico-lare dopo la nuova direttiva 92/56/CEE, erasorto il dubbio se nel numero dei lavoratoricompresi nella “intenzione” di licenziare do-vessero essere compresi anche quelli il cuirapporto fosse cessato a iniziativa sostanzial-mente del datore di lavoro, per ragioni noninerenti alla persona del lavoratore (ad esem-pio i dimessi con incentivo o i licenziati pernon aver accettato un trasferimento prece-duto dal licenziamento). L’orientamento eraincerto e con poche adesioni inizialmente(Pret. Pisa-San Miniato 3.3.1993, FI, 1993, I,2025; Pret. Milano 15.9.1993, D&L, 1994,297; Pret. Milano 28.6.1994, D&L, 1994, 836;Pret. Verona 26.1.1995, D&L, 1995, 879; Trib.Milano 16.12.1995, D&L, 1996, 391; Pret. Mi-lano 27.3.1996, LG, 1996, 581; D’Antona1993a; Foglia 1997, 6), piu spesso critiche(Pret. Torino 22.6.1994, GPiem, 1995, 209;Pret. Milano 15.7.1994, OGL, 1994, 649; Trib.Milano 11.3.1995, OGL, 1995, 165; Trib. Mi-lano 16.12.1995, OGL, 1995, 1023; Carabelli1995a, 1143; Magrini 1997, 8), si e sviluppatonel senso della loro esclusione (Cass.16.10.2000, n. 13751, GCM, 2000, 2146; Cass.17.10.2002, n. 14736, RIDL, 2003, II, 133;Cass. 9.9.2003, n. 12037, MGL, 2004, 115). Ilcitato d.lgs. n. 151/1997 poi, che in un secon-do momento ha dato attuazione alla direttiva92/56/CEE, ha taciuto sulla norma che pre-

vedeva espressamente la computabilita dellecessazioni a iniziativa dell’imprenditore, cheformalmente non sono licenziamenti, e talesilenzio non puo essere interpretato che co-me esclusione. Possono restare valori pura-mente indiziari, quali presunzioni semplici,ma di difficile o impossibile utilizzazione inquanto la simulazione di un licenziamentopare non configurabile almeno in concreto.

6.3.5. Non-lavoro per la G.e.p.i. — Noncostituiscono invece licenziamenti collettivigli avviamenti ad altre imprese disposti dallaG.e.p.i., la cui funzione e quella di promuo-vere il reimpiego dei dipendenti da impreseubicate nel Mezzogiorno: infatti il rapportoche si costituisce fra la G.e.p.i. e i lavoratorinon e di vero e proprio lavoro subordinato,difettandone la causa tipica, e quindi le riso-luzioni per avviamento non rifiutato sonodisciplinate non dalle leggi sul licenzia-mento, ma da quelle speciali G.e.p.i. (Cass.27.5.1996, n. 4867; Cass. 10.7.1996, n. 6284;Cass. 3.5.2003, n. 6721, MGL, 2004, 114).

6.3.6. Procedura per cessazione d’atti-

vita — La procedura va seguita anche in casodi licenziamento per cessazione totale e de-finitiva (Pret. Milano 27.9.1994, D&L, 1995,421; Pret. Biella 27.11.1994, I, 1995, 957;Pret. Milano 14.3.1995, D&L, 1995, 577; Trib.Milano 28.9.1996, D&L, 1997, 81; Cass.9.4.2003, n. 5516, OGL, 2003, 95, che ne pre-cisa la funzione: «consentire il controllo sin-dacale sulla effettivita della scelta medesima,allo scopo di evitare elusioni del dettato nor-mativo concernente i diritti dei lavoratori allaprosecuzione del rapporto nel caso in cui lacessazione dell’attivita dissimuli, la cessionedell’azienda o la ripresa dell’attivita stessasotto diversa denominazione o in diverso luo-go». Cass. 27.2.2003, n. 3016, MGL, 2003,347; Cass. 16.6.2005, 12940, inedita; Borali1997), perfino se dovuto a provvedimentod’autorita (Mazziotti F. 1992b, 108; Napole-tano G. 1994, 250; Gamba 1995, 238; Rizzo N.

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1995, 230; Tatarelli 1997, 304; ma contra co-me si vedra Cass. 12.5.1997, n. 4146, DPL,1997, 33, 2401); in ogni caso una cessazioned’attivita e incensurabile se effettiva (Cass.30.5.1995, n. 6083, NGL, 1995, 763).Per esigenze di certezza, e comunque per eli-

minare certe ambiguita del passato (Mi-scione M. 1991a, 312), la cessazione d’attivitae prevista specificamente quale causale di li-cenziamento collettivo soggetto alla proce-dura (art. 24, 2o c., l. n. 223/1991: «le dispo-sizioni richiamate nel comma 1 si applicanoanche quando le imprese di cui al medesimocomma intendano cessare l’attivita»). In piul’art. 3, l. n. 223/1991 prevede espressamenteche nelle procedure concorsuali per cui «lacontinuazione dell’attivita non sia stata di-sposta o sia cessata» puo essere chiesta laC.i.g.s. (1o c.), evitando i licenziamenti, o puoessere disposta la collocazione «in mobilita,ai sensi dell’art. 4 ovvero dell’art. 24» (4o c.).In tal modo si prevede espressamente che incaso di licenziamento per cessazione di atti-vita a seguito di procedura concorsuale (fal-limento, liquidazione coatta amministrativa,amministrazione straordinaria o concordatopreventivo) va seguita la procedura di mobi-lita «dell’art. 4 ovvero dell’art. 24» (4o c.).Ma evidentemente le precauzioni del legisla-tore non sono state sufficienti, dato che laCassazione e arrivata ad affermare (Cass.12.5.1997, n. 4146, DPL, 1997, 33, 2401) chele norme sui licenziamenti collettivi ex l. n.223/1991 non si applicherebbero in caso difallimento che non consente la conser-

vazione neppure parziale e provvisoria deirapporti di lavoro (in generale, v. § 6.1.4.2.).Nella scarna motivazione si afferma che nelcaso in cui la decisione di cessazione vengapresa da un imprenditore, rimarrebbe perquest’ultimo «una possibilita di scelta», men-tre in caso di fallimento «il curatore fallimen-tare non ha una possibilita di scelta, ma devesvolgere un atto dovuto nell’interesse, ancorpiu che dell’impresa, della massa dei credito-ri». Cosı si conclude: «non vi e pertanto al-

cuna ragione per applicare la normativa»; illicenziamento sarebbe «plurimo individualeper giustificato motivo obiettivo». Si tratta diuna sentenza sbagliata, contraria clamorosa-mente alla lettera della legge ma se si vuoleanche alla sua ratio – per quanto irrilevantecon una legge chiara – perche una procedurae sempre utile, non foss’altro per soluzioni al-ternative ai licenziamenti (difformi Trib. Mi-lano 11.10.2000, D&L, 2001, 272; Corte cost.13.6.2000, n. 190, GI, 2001, 225, in motiva-zione; Cass. 8.7.2004, n. 12645, RIDL, 2005,II, 217). Inoltre nella sentenza citata (Cass.12.5.1997, n. 4146, DPL, 1997, 33, 2401) nonci si rende conto che, come si vedra subito, lamancata procedura comporta l’esclusionedell’indennita di mobilita, dovuta solo se laprocedura e stata seguita completamente(art. 7, 1o c., l. n. 223/1991): una soluzionedavvero anomala.Si e affermato che in caso di cessazione la l. n.223/1991 si applicherebbe sempre, senza i

requisiti di quantita, di luogo e di tempoprevisti dall’art. 24 (Lunardon 1993, 28; Ren-dina 1993, 498; Carabelli 1995a, 1141; Scar-pelli 1997a, 61 e 62) ma, in senso contrario,va rilevato che la cessazione e prevista pro-prio dall’art. 24, di cui quindi si presuppon-gono i requisiti.Sul punto era stata rimessa la questione dilegittimita alla Corte costituzionale, in quan-to la mancanza o irregolarita della proceduracomporta la perdita dell’indennita di mo-

bilita, ma la Corte (Corte cost. 27.7.1995, n.413, D&L, 1995, 837) l’ha evitata con una mo-tivazione esasperatamente formale, conside-rando che la questione di legittimita costitu-zionale era stata sollevata solo limitatamenteall’indennita di mobilita e che nel rinvio nonerano stati considerati anche tutti i dirittiprevisti dalla legge ai fini delle riassunzioni(corsi professionali, lavori socialmente utili,diritto di precedenza ecc.). Sarebbe stato fa-cile ribattere che la Corte costituzionaleavrebbe potuto ampliare d’ufficio la questio-ne di legittimita e comunque che sarebbe sta-

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to possibile dichiarare l’illegittimita parziale,con una specie di “riserva” sulla legittimitadelle norme connesse. Apparentemente sem-bra che la Corte costituzionale ritenga gia chela violazione della procedura di messa in mo-bilita non debba comportare la mancanza del-l’indennita di mobilita e di tutti gli altri diritticonnessi, ma vuole che la questione vengasollevata compiutamente. E infatti lo stessoGiudice, che aveva sollevato la prima questio-ne, ha fatto una nuova ordinanza di remissio-ne [Pret. Lecce, ord., 3.2.1996; Pret. Benfat-to, Cotardo e altri c. ditta Luel, c. I.n.p.s. e c.Min. Lav., inedita], rilevando in particolareche, in caso di cessazione totale e definitivad’attivita, la procedura di mobilita e previstanon gia per salvaguardia da un recesso arbi-trario, ma proprio per garantire ai lavoratori«la tutela previdenziale [art. 7 (l. n. 223/1991)] e sociale (art. 8) conseguente all’iscri-zione nelle liste di mobilita». La Corte costi-tuzionale (Corte cost. 21.1.1999, n. 6, D&L,1999, 283) ha ritenuto la questione non fon-data: assumendo a premessa del presentegiudizio le affermazioni fatte nella preceden-te pronuncia n. 413/1995, per effetto del rin-vio operato dall’art. 24, 2o c., l. n. 223/1991, lenorme in materia di mobilita si applicano an-che in caso di licenziamento collettivo percessazione di attivita, inserendo in quellacomplessa concertazione attraverso cui lanormativa sulla mobilita tende a ridurre leconseguenze della crisi o della ristrutturazio-ne dell’impresa sull’occupazione anche lacessazione totale di attivita. Mentre i lavora-tori restano fuori dalla procedura, che vedecoinvolte solo le organizzazioni sindacali, e ri-messa a loro iniziativa l’ipotesi di iscrizionenelle liste di mobilita. L’art. 4, 1o c., d.l.n. 148/1993, convertito, con modificazioni, inl. n. 236/1993, consente ai lavoratori dipen-denti da aziende che non rientrino nella di-sciplina della mobilita, licenziati «per giusti-ficato motivo oggettivo connesso a riduzione,trasformazione o cessazione di attivita o di la-voro», di richiedere l’iscrizione alla sezione

circoscrizionale per l’impiego entro sessantagiorni dalla comunicazione del licenziamen-to. Essa – espressiva di un ampliamento dellatutela dei lavoratori – va letta nel senso, co-stituzionalmente adeguato, di consentire aquanti siano rimasti privi del posto di lavoroin conseguenza del mero comportamento da-toriale che ha posto fine all’attivita, di inol-trare la richiesta d’iscrizione nelle liste; re-stando poi a carico dell’Ufficio regionale dellavoro e della massima occupazione l’ulterio-re controllo circa l’esistenza degli eventualipresupposti oggettivi e soggettivi necessariper la corresponsione dell’indennita. Ne con-segue che gli artt. 4, 4o e 9o c., 6, 1o c. e 7,1o c., l. n. 223/1991, che disciplinano gliadempimenti imposti al solo datore di lavoroper l’iscrizione dei dipendenti licenziati nelleliste di mobilita, presupposto per la connessaindennita, vanno letti in combinazione conl’art. 4, 1o c., d.l. n. 148/1993 conv. con mo-dificazioni dalla l. n. 236/1993 (divenuto nor-ma stabile per l’art. 81, 2o c., l. n. 448/1998);pertanto, posto che da tale normativa si de-sume il principio della richiesta di iscrizionediretta dei lavoratori alle liste di mobilita an-che in tutte le ipotesi di licenziamento collet-tivo, le citate disposizioni della l. n. 223/1991,cosı interpretate, non contrastano con gliartt. 3 e 38 Cost.Nel licenziamento per cessazione d’attivitanon e neppure concepibile un ipotetico oneredi chiedere prima la Cassa integrazione (co-munque da negare in generale), che tra l’al-tro dovrebbe essere negata (Trib. Milano5.5.1995, Gius, 1995, 3991).E inoltre discusso se dopo l’ammissione aprocedura concorsuale sia obbligatoria laCassa integrazione straordinaria (art. 3,l. n. 223/1991), con divieto di licenziamenti:ma si ritiene che i licenziamenti siano ammis-sibili, in tutto o in parte, se utili alla proce-dura.Si ritiene che, in caso di dichiarazione dell’il-legittimita del licenziamento per cessazio-ne totale e definitiva, avvenga ex artt. 1256 e

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1463 c.c. l’estinzione del rapporto o quantomeno il non pagamento delle retribuzionisuccessivamente alla reintegrazione, conser-vando ovviamente i diritti del periodo dal li-cenziamento alla sentenza.

6.3.7. Sintesi della procedura — Perquanto concerne la procedura formale deilicenziamenti collettivi, che e l’aspetto percui finora sono sorte le maggiori difficolta,l’art. 24, l. n. 223/1991 fa esplicito rinvio agliartt. 4, 2o-12o c. e 5, 2o-5o c. e cioe alla pro-cedura prevista per la “messa in mobilita”. Ilrinvio al 1o c. dell’art. 4 e tuttavia implicito(Min. Lav. e I.n.p.s. 1997, nota 4).Tale procedura sostanzialmente si articolain tre fasi: a) la comunicazione ai sindacati(art. 4, 2o, 3o e 4o c.), b) l’eventuale esamecongiunto (art. 4, 5o, 6o e 8o c.) e c) l’even-tuale esame amministrativo presso la Dire-zione provinciale del lavoro D.p.l. (prima Uf-ficio del lavoro e della massima occupazioneU.p.l.m.o.) (art. 4, 7o e 8o c.). Al termine, vi euna ulteriore fase relativa al recesso.a) Anzitutto ex art. 4, 2o c., l. n. 223/1991 gliimprenditori (ed anche i datori di lavoro nonimprenditori, dopo il d.lgs. n. 110/2004) han-no l’obbligo di comunicare preventiva-

mente per iscritto il programma di li-cenziamento per riduzione del personale (la“intenzione”) «alle r.s.a. e alle rispettive as-sociazioni di categoria, ovvero in mancanzadelle predette, a quelle aderenti alle configu-razioni maggiormente rappresentative sulpiano nazionale». Dopo il d.lgs. n. 151/1997 laprocedura puo essere aperta anche da un’im-presa controllante (art. 4, c. 15 bis, l. n. 223/1991, introdotto dall’art. 1, 3o c., d.lgs. n. 151/1997).Il 3o c. dello stesso articolo specifica il con-tenuto di tale comunicazione, che deve con-tenere «l’indicazione: dei motivi che determi-nano la situazione di eccedenza; dei motivitecnici, organizzativi o produttivi per i quali siritiene di non poter adottare misure idonee aporre rimedio alla predetta situazione ed evi-

tare, in tutto o in parte, la dichiarazione dimobilita; del numero, della collocazioneaziendale e dei profili professionali del perso-nale eccedente; dei tempi di attuazione delprogramma di mobilita; delle eventuali mi-sure programmate per fronteggiare le con-seguenze sul piano sociale dell’attuazionedel programma medesimo». Dopo il d.lgs.n. 151/1997 la comunicazione deve contene-re anche i profili professionali di tutto il per-sonale «abitualmente impiegato» e l’ammon-tare di tutte le voci retributive, contrattuali ono [art. 1, 1o c., lett. a) e b), d.lgs. n. 151/1997].Lo stesso comma, all’ultimo capoverso (art.4, 3o c., l. n. 223/1991), aggiunge che alla co-municazione va allegata copia della ricevutacomprovante il versamento all’I.n.p.s. dell’an-ticipazione sul contributo dovuto per ogni la-voratore che si “intende” mettere in mobilita,corrispondente a una mensilita di «massima-le» C.i.g.s. per ogni lavoratore (il c.d. “con-

tributo d’ingresso”); ma questo contributonon e dovuto dalle imprese senza indennitadi mobilita; comunque, dopo una gaffe inizia-le davvero clamorosa, e stato disposto in viaretroattiva che il mancato pagamento del“contributo d’ingresso” non comporta effettisui licenziamenti (art. 8, 8o c., l. n. 236/1993;confermato di recente da Cass. 24.4.2002,n. 5978, GCM, 2002, 714), ma ha rilievo solofra imprenditore e I.n.p.s. Copia della comu-nicazione e della ricevuta di versamento de-vono essere inviate “contestualmente” allaDirezione provinciale del lavoro (D.p.l.).In questa fase il datore di lavoro dovra trac-ciare dettagliatamente le linee-guida del li-cenziamento e cio al fine di consentire unatrasparenza del procedimento e quindi undialogo positivo con le parti sindacali.b) Dopo la suddetta comunicazione, che apreformalmente la procedura del licenziamento,le r.s.a. e le rispettive associazioni potrannorichiedere, entro sette giorni, l’esame con-

giunto per una discussione sulle cause chehanno determinato l’eccedenza del personale

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e sulla possibilita di evitare o ridurre i licen-ziamenti o quanto meno di trovare una solu-zione alternativa (assegnazione a mansionidiverse, distacco o comando o anche trasfe-rimento ecc.); in particolare va esaminata lapossibilita di riqualificazione o riconversionedei lavoratori licenziati (art. 1, 2o c., 1a parte,d.lgs. n. 151/1997). Ovviamente, non e obbli-gatorio che le parti raggiungano un accordo.I rappresentanti dei sindacati dei lavoratoripossono farsi assistere da “esperti” (art. 1,2o c., 2a parte, d.lgs. n. 151/1997).c) In caso di esito negativo dell’esame con-giunto, o anche nel caso in cui lo stesso nonsia stato chiesto dalle parti sociali, va fatto unesame congiunto presso la D.p.l., il tuttonel termine di 30 giorni.Solo dopo questa fase, il datore di lavoro puocomunicare, senza alcun requisito specificose non la forma scritta, il recesso ad ogni la-voratore eccedente, nel rispetto dei tempidi preavviso (Cass. 6.7.2000, n. 9045, GCM,2000, 1508). Contestualmente al recesso, ildatore deve comunicare alla Direzione re-gionale del lavoro (D.r.l., chiamata primaU.r.l.m.o.), alla Commissione regionale perl’impiego (C.r.i.) e alle associazioni di catego-ria aderenti alle confederazioni maggiormen-te rappresentative presenti nel territorio na-zionale i dati relativi ai lavoratori da licenzia-re, compresa la «puntuale indicazione dellemodalita con le quali sono stati applicati» icriteri di scelta (art. 4, 9o c.).Tutta la procedura puo durare, salvo il perio-do minore per i licenziamenti fino a dieciunita o per le procedure concorsuali, al mas-simo 75 giorni (45 giorni dalla comunicazioneper l’esame congiunto e 30 giorni per la faseamministrativa), a discrezione dei sindacati:infatti solo questi ultimi possono far decorre-re fino all’ultimo giorno i termini di legge, maallo stesso tempo possono anche attivare im-mediatamente le varie fasi e far concentrarel’intera procedura in un periodo molto piubreve o addirittura in pochi momenti (sel’esame congiunto con esito positivo viene

posto in essere immediatamente dopo la co-municazione). Pertanto, per programmareun licenziamento per riduzione del persona-le, bisogna tener conto di questo termine,considerando anche che nel passaggio da unafase all’altra si perde necessariamente qual-che giorno; nel computo, bisogna considerareanche il preavviso (art. 4, 9o c., l. n. 223/1991), cui tuttavia e possibile rinunziare(Cass. 20.3.2000, n. 3271, RIDL, 2001, II, 139,precisa che il mancato rispetto dell’obbligo dipreavviso non determina l’illegittimita del li-cenziamento, bensı il semplice sorgere del-l’obbligo di pagamento dell’indennita).

6.3.8. Insanabilita e rilevanza dei vizi —In linea generale, a distanza di oltre sei annidall’entrata in vigore della l. n. 223/1991, lagiurisprudenza ha dato un’interpretazione ri-gorosa di tutti gli adempimenti formali impo-sti dalla l. n. 223/1991, giungendo pressocheunanime a sanzionare di antisindacalita e diinefficacia i licenziamenti intimati con viola-zioni formali, con reintegrazione nel posto dilavoro ex art. 18 st. lav. Non c’e stato invececontenzioso sulla «nozione» di licenziamentiper riduzione del personale, a conferma dellasua estrema ampiezza e quasi omnicompren-sivita.Tuttavia sulla procedura permangono alcuneincertezze che possono indurre in errore connotevoli rischi. In specifico tali perplessita ri-guardano:a) i soggetti destinatari della comunicazionepreventiva del licenziamento, indicati dal-l’art. 4, 2o c. (che vede legittimamente esclusii lavoratori, Cass. 5.4.2000, n. 4228, FI, 2000,2842) (§ 6.3.8.);b) il contenuto della comunicazione ex art. 4,3o c. (§ 6.3.9.);c) l’esame congiunto e la fase amministrativa(§ 6.3.10.);d) la nozione di “contestualita” sia delle co-municazioni da cui inizia il procedimento, siadel recesso ai lavoratori e degli atti espressa-mente previsti ai diversi organi amministra-

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tivi e alle associazioni sindacali di categoria(§ 6.3.12.);e) le comunicazioni finali (§§ 6.3.13. e6.3.14.).Vanno fatte pero alcune osservazioni genera-li. Per i sindacati non vi e possibilita di

“sanare” una o piu irregolarita procedurali(Pret. Roma 15.9.1995, LG, 1996, 148; Mi-scione M. 1994b, 109; Zoli 1997a, 84; contra

Cass. 20.11.1996, n. 10187, OGL, 1997a, 191e prima Trib. Arezzo 11.6.1994, TLG, 1994,425; Pret. Milano 20.2.1996, OGL, 1996,201), neppure con un successivo confron-to in cui siano date le comunicazioni man-canti (Mazziotti F. 1991a, 72; Pret. Milano31.1.1995, D&L, 1995, 583; Pret. Milano3.5.1995, D&L, 1995, 892; Cass. 24.7.2001,n. 10047, D&L, 2001, 1039; Cass. 9.4.2004,n. 6984, in obiter dictum, D&L, 2004, 662;contra Pret. Roma 3.12.1994, GLLazio, 1995,529; Pret. Milano 17.4.1995, OGL, 1996, 672;Pret. Milano 16.5.1995, OGL, 1995, 404; Pret.Padova 22.1.1997, OGL, 1997, 205); tantomeno si potrebbe configurare una specie dionere in base a buona fede di contestare l’ir-regolarita della procedura, per permettereuna sanatoria. Nonostante qualche iniziale erara incertezza, ora vi e accordo generale, nelritenere che la procedura sindacale e indiriz-zata non a tutelare o privilegiare i sindacati,ma esclusivamente a tutelare i lavoratori, po-nendo rigorosi oneri formali (fra le tante,Pret. Milano 20.2.1995, OGL, 1995, 218). Isindacati svolgono dunque una funzione diesclusiva tutela dei lavoratori e pertantole procedure non rientrano nella loro dispo-nibilita (ma rientrano nella loro disponibilitai termini temporali). La violazione di proce-dura puo essere “sanata” solo con una corret-ta reiterazione (Cass. 17.12.1998, n. 12658,NGL, 1999, 216; Cass. 21.7.1998, n. 7169,MGL, 1998, 692; Cass. S.U. 13.6.2000, n. 419,LG, 2001, 247; Cass. S.U. 27.6.2000, n. 461,RIDL, 2001, II, 144). Non hanno quindi alcunvalore le clausole di stile, del tutto vuote, concui si da atto «dell’avvenuto svolgimento del-

le procedure sindacali» oppure «della corret-tezza della procedura» o simili; un orienta-mento simile si e formato anche per l’analogaprocedura di consultazione prevista per laCassa integrazione (fra altre: Pret. Milano23.4.1993, OGL, 1993, 1012; Pret. Milano16.8.1994, FI, 1994, I, 2895; Pret. Milano9.1.1995, D&L, 1995, 579). Ad esempio, nonpuo essere sanata dall’inerzia dei sindacati, eneppure dal loro consenso, la mancata comu-nicazione alla D.p.l., da parte dell’imprendi-tore, del fallimento dell’esame congiunto.La Cassazione ha precisato, riguardo all’ana-logo procedimento previsto per la Cassa in-tegrazione (art. 5, l. n. 164/1975), che la pro-cedura di consultazione sindacale costitui-sce condizione di legittimita del susseguen-te provvedimento, con effetti esclusivamen-te endoprocedimentali e non negoziali(Cass. 10.5.1995, n. 5090, LG, 1996, 79;Cass. 18.5.1995, n. 5485, LG, 1996, 154; Cass.19.5.1995, n. 5517, FI, 1995, I, 2843; Cass.16.1.1996, n. 318; Cass. 28.3.1996, n. 2801,RGL, 1996, II, 230; Cass. 12.4.1996, n. 3459,OGL, 1996, 681; Cass. 27.6.1996, n. 5929,GCM, 1996, 923; Cass. 6.9.1996, n. 8122,GCM, 1996, 1261; Cass. 27.3.1997, n. 2719,GCM, 1997, 473); e ha precisato anche (Cass.19.5.1995, n. 5517, FI, 1995, I, 2843) che, conle “intese” o “accordi” raggiunti nella proce-dura sindacale, il sindacato opera non giaquale titolare del potere di stipulare contratticollettivi ex art. 39 Cost., ma «quale soggettoistituzionalmente portatore ed interprete diinteressi diffusi ed indivisibili riferiti a tutti ilavoratori». Certamente dunque il sindacatonon puo disporre liberamente del procedi-mento, ne tanto meno “sanare” le irregolaritadel datore di lavoro (si segnalano due pronun-ce che prendono le distanze dall’orientamen-to finora ritenuto pacifico teso a garantireun’applicazione severa della procedura: Cass.5.6.2003, n. 9015, RIDL, 2004, II, 105, secon-do cui per valutare la completezza della co-municazione di apertura della procedura oc-corre valutare l’idoneita della stessa allo sco-

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po, ossia di mettere in grado la contropar-te sindacale di negoziare l’accordo; Cass.5.2.2003, n. 6998, RIDL, 2004, II, 104, confer-ma la lettura funzionalistica della procedura).In senso (apparentemente) contrario la Cas-sazione ha sostenuto, in una delle quattrouniche e contrastanti sentenze sulla l. n. 223/1991 (Cass. 20.11.1996, n. 10187, OGL, 1997,191), che un’omissione di comunicazione allaD.p.l. non avrebbe rilievo, se viene rag-

giunto l’accordo con i sindacati, dato che lacomunicazione avrebbe la funzione unica-mente di favorire tale accordo. L’opinionenon convince, innanzitutto nello spirito dellalegge, che da rilievo pubblicistico e autonomoalle comunicazioni agli organi pubblici: si po-trebbe obiettare ad esempio che, se le comu-nicazioni fossero state corrette, sarebbe statopossibile raggiungere un accordo diverso. Maper la verita le dissertazioni sullo spirito dellalegge sono inutili, in quanto qui la legge pre-vede espressamente la sanzione dell’ineffi-cacia (art. 4, 12o c., l. n. 223/1991) e davverosarebbe strano ipotizzare la disapplicazioneclamorosa di formalita di legge in base... alsuo spirito!Un problema diverso e quello dei limiti della

rilevanza dei vizi. Una violazione della pro-cedura, qualunque essa sia, e sanzionabile siadai sindacati interessati, come condotta an-tisindacale ex art. 28 st. lav. (tranne forsequella relativa alla terza fase, davanti allaD.p.l.), sia da parte dei singoli lavoratori. Inaltre parole, una violazione di procedura neiconfronti dei sindacati costituisce irregola-rita che porta all’illegittimita («inefficacia»)dei licenziamenti nei confronti dei singoli la-voratori, anche se non iscritti e neppure sim-patizzanti. La procedura e predisposta pertutelare non (o non solo) un diritto dei sin-dacati in quanto tali, ma innanzi tutto (se nonesclusivamente) un diritto dei singoli lavora-tori. Pertanto, il singolo non iscritto ad alcunsindacato, o iscritto a un sindacato diversorispetto a quello nei cui confronti e statacommessa l’irregolarita, puo ugualmente im-

pugnare e far dichiarare illegittimo il licenzia-mento, con diritto alla reintegrazione nel po-sto di lavoro (contra Pret. Milano 17.1.1996,D&L, 1996, 626). Naturalmente la pronunziagiudiziale di illegittimita varra solo per le par-ti in giudizio e non per i terzi estranei. In casodi azione ex art. 28 st. lav., per una condottache e tipicamente “plurioffensiva”, i lavorato-ri, che non sono parte del processo, possonousufruire della pronunzia di illegittimita di-chiarando anche implicitamente di volerneapprofittare, ma naturalmente non sono ob-bligati e possono preferire, per mille ragionipersonali, di accettare il licenziamento.I limiti di tempo previsti per la procedura(v. anche § 6.7.2.2.5.), che sono sempre mas-simi nell’interesse evidente dell’imprendito-re, non sono inderogabili e il loro superamen-to non comporta alcun vizio (Pret. Torino5.1.1993, GPiem, 1993, 198; Cass. 3.3.2001,n. 3125, MGL, 2001, 508); anzi, un accordosindacale e sempre possibile fino a un attimoprima dell’avvenuta efficacia dei licenziamen-ti (Cass. 11.3.1997, n. 2165, DPL, 1997, 1842;Cass. 3.6.2000, n. 7446, GCM, 2000, 1208,specifica che non puo riconoscersi efficaciaad un accordo sindacale intervenuto oltre iltermine – previsto dal 6o c. del citato art. 4 –di quarantacinque giorni dalla comunicazio-ne alle rappresentanze sindacali dell’avvia-mento della procedura di mobilita e dopo cheil licenziamento sia stato gia intimato).C’e infine il problema di chi possa far vale-

re i vizi. Si e affermato (Min. Lav. e I.n.p.s.1997, 292; in precedenza Miscione M. 1993a,86; Dondi 1992, 438; Focareta 1992, 351; Na-poli 1994, 190; Rondo 1997, 484; contra Biagi1991c, 2662; Andreoni 1993a, 89) che, in ge-nerale, gli Uffici pubblici destinatari dellacomunicazione finale (D.r.l. e C.r.i.) non pos-sono sindacare nel merito la procedura. L’af-fermazione e esatta, in correlazione al fat-to che il potere di impugnazione e riser-vato solo al singolo lavoratore (art. 5, 3o c.,l. n. 223/1991). L’opinione e stata inizialmen-te confermata, con un obiter dictum, dalla

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Corte costituzionale (Corte cost. 27.7.1995,n. 413, D&L, 1995, 837), seguita poi dauna costante giurisprudenza (Cass. S.U.11.5.2000, n. 302, RGL, 2001, 119; Cass. S.U.13.6.2000, n. 419, LG, 2001, 247; Cass.19.2.2000, n. 1923, GC, 2001, I, 1337, secon-do cui «l’intervento del sindacato nella pro-cedura di cui all’art. 4 resta funzionalmenterivolto alla tutela dei lavoratori coinvolti neiprocessi di ristrutturazione aziendale»). So-lamente il lavoratore deve, e non solo “puo”(come prevede l’art. 5, 3o c., l. n. 223/1991),impugnare il licenziamento entro 60 giornidalla comunicazione (in particolare Pret. Mi-lano 28.7.1998, D&L, 1998, 944; Trib. Milano18.9.1999, D&L, 2000, 135), salvo che siamancata perfino la forma scritta: pertantol’impugnazione e necessaria in tutti gli altricasi a pena di decadenza, compreso in quellodi saltus dell’intera procedura (in senso re-strittivo Cass. 13.11.2000, n. 14679, MGL,2001, 265, per cui spetta al lavoratore pro-vare non solo l’incompletezza o insufficien-za delle informazioni ma anche l’idoneitain concreto a fuorviare od eludere l’eserci-zio dei poteri di controllo preventivo attribui-ti all’organizzazione sindacale; App. Firenze16.4.2004, DL, 2004, II, 273).Tuttavia la procedura serve al doppio fine,sia per licenziare sia per l’indennita di mo-bilita: ma per l’indennita e necessario che laprocedura sia stata eseguita correttamente.Si puo ipotizzare dunque un doppio binario,per cui la mancata impugnazione rende inop-pugnabile il licenziamento nei confronti del-l’imprenditore, ma non garantisce la mobilita.Non vi e dubbio infatti che, se ad esempionon e stata esperita affatto la procedura sin-dacale, l’indennita di mobilita non puo essereammessa, anche se il licenziamento fosse di-ventato inoppugnabile per mancata impu-gnazione in termini; e ammesso quindi soloun controllo di forma (Balletti E. 1992a,158; Miscione M. 1993a, 33). In effetti, gli or-gani pubblici non possono sindacare nel me-rito solo i criteri di scelta o la loro applicazio-

ne, che rientrano nella disponibilita degli ac-cordi sindacali; a meno che pero gli stessicriteri di scelta, fissati o non in accordi sin-dacali, non risultino palesemente contra le-

gem (come in caso di discriminazione palesenei confronti di donne o invalidi).I vizi normalmente derivano dalla violazionedei requisiti di legge, ma non sono esclusi ivizi di diritto comune, ad esempio quan-do le comunicazioni siano irregolari (Slataper1998) o la trattativa sia svolta violando i prin-cipi di correttezza e buona fede (Zoli 1997a,81) o quando vi siano contrasti d’interesse ex

art. 1394 c.c. (Pret. Torino 3.5.1994, GPiem,1995, 90): in questi casi l’accordo sindacalepotrebbe essere affetto da vizio del consenso,con le sanzioni previste dalla l. n. 223/1991.Per la violazione della procedura dei licen-ziamenti collettivi e prevista la “inefficacia”dei licenziamenti (art. 5, 3o c., 1o periodo,l. n. 223/1991), come in caso di mancanza diforma scritta, comunque con diritto alla rein-tegrazione nel posto di lavoro. In caso di man-canza di forma scritta pero e esclusa la ne-cessita dell’impugnazione (art. 5, 3o c., 2o pe-riodo), analogamente a quanto disposto (omeglio deducibile) per i licenziamenti indivi-duali; questa differenza induce a distinguere,nonostante l’uso della stessa parola, e a con-siderare la “inefficacia” per violazione di pro-cedura come una sorta di annullabilita spe-ciale, e la “inefficacia” per mancanza di formascritta come vera e propria nullita (o addirit-tura inesistenza). Al di la di un’eventualecondotta antisindacale ex art. 28 st. lav., nonsembra invece configurabile l’interesse a im-pugnare una singola fase del procedimentoprima o in mancanza dei licenziamenti (Sla-taper 1997).Si e affermato che, in base al principio di eco-nomicita e di conservazione, in caso di viziointervenuto in una fase gia avanzata dellaprocedura e possibile ripetere la parte vi-

ziata, senza dover ricominciare necessaria-mente da capo (Mazziotti F. 1992b, 129; Ta-tarelli 1997, 336). In effetti la l. n. 223/1991

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prevede espressamente (art. 17) un caso dirinnovo parziale della procedura, quando am-mette i licenziamenti “in sostituzione” in casodi violazione dei criteri di scelta, con previaprocedura regolare; ma da questa normaespressa non e logico dedurre un divieto pergli altri casi non previsti. La rinnovazione de-ve ritenersi ammessa, quindi, a meno che dalcontesto di fatto non si finisca con il dedurreun intento illecito.La possibilita di rinnovo parziale e tanto piulogica, in quanto ogni fase della complessaprocedura ha valore autonomo e in partico-lare la procedura ha valore diverso dai criteridi scelta e dalla stessa fattispecie: pertanto ivizi di ciascuna fase vanno eccepiti specifica-mente in processo, a pena altrimenti di deca-denza.

6.3.9. A quali sindacati e dovuta la comu-

nicazione dell’intenzione di procedere

ai licenziamenti — L’art. 4, 2o c., l. n. 223/1991 dispone che l’imprenditore, ma anche ildatore di lavoro non imprenditore (d.lgs.n. 110/2004, introdotto a seguito della sen-tenza di condanna Corte Giust. 16.10.2003,n. C-32/02, FI, 2003, 489; gia deducibile ex

art. 1, 3o c., d.lgs. n. 151/1997: Miscione M.1997g, 2418), «intenzionato» a procedere alicenziamenti collettivi per riduzione di per-sonale, debba darne preventiva comunica-zione scritta alle rappresentanze sindacaliaziendali (r.s.a.) costituite a norma del-l’art. 19 st. lav., nonche alle rispettive asso-ciazioni di categoria, e che in mancanza la co-municazione debba essere effettuata alle as-sociazioni di categoria aderenti alle confede-razioni maggiormente rappresentative sulpiano nazionale (v. anche § 6.7.2.1.3.).La comunicazione, in mancanza di precisa-zione, puo essere fatta in qualunque for-

ma, sia per posta che con notifica o a manio altrimenti: e necessario solo che essa siadestinata specificamente all’indirizzo deldestinatario, con possibilita di dimostrare conqualunque mezzo, anche per testimoni, l’av-

venuto ricevimento. Poiche la legge specificaespressamente i destinatari, deve ritenersiinammissibile una comunicazione medianteuna semplice forma di pubblicita, come adesempio con la pubblicazione sui giornali, chenon possono presumersi conosciuti.La norma e, pero, chiara solo in apparenza. Inrealta, essa non specifica se, per una validaprocedura di licenziamento collettivo, sia suf-ficiente la comunicazione preventiva alle soler.s.a. concretamente presenti in azienda (unao piu di una) o sia invece necessario che lacomunicazione sia indirizzata anche alleistanze locali di tutte le associazioni di cate-goria aderenti alle confederazioni maggior-mente rappresentative a prescindere dallapresenza in azienda (che abbiano costituito ono r.s.a.). L’unico punto certo e che la comu-nicazione va fatta a tutte le r.s.a. (per Cass.10.4.2003, n. 5698, MGL, 2003, 486, permanel’obbligo di comunicazione alle rappresentan-ze sindacali aziendali costituite a norma del-l’art. 19 st. lav. anche dopo la parziale abro-gazione referendaria; Cass. 14.1.2005, n. 639,RIDL, 2005, II, 950, ritiene non obbligatoria lacomunicazione di avvio della procedura aduna rappresentanza sindacale “informale”,ossia non costituita regolarmente): eppurec’e stato un giudice che, basandosi sulla ratio

della norma (comunque diversa, come si ve-dra), ha ritenuto sufficiente la comunicazio-ne solo ai sindacati maggiormente rappre-sentativi, anche se omessa nei confronti diuna r.s.a. (Pret. Milano 20.2.1996, OGL,1996, 201; contra Pret. Milano 5.3.1993,D&L, 1994, 834). Ma l’interpretazione e trop-po clamorosamente contro la lettera dellalegge, per essere credibile.Sul punto l’orientamento della giurispruden-za di merito non e uniforme. Da una parte c’echi sostiene che la comunicazione preven-

tiva debba essere fatta a tutti (r.s.a. e sin-dacati maggiormente rappresentativi, anchese non hanno costituito r.s.a.) e quindi l’even-tuale omessa comunicazione ex art. 4, 2o c.,l. n. 223/1991 ad una associazione di catego-

6.3.9 Garanzie del reddito, estinzione e tutela dei diritti

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ria aderente alle confederazioni maggiormen-te rappresentative debba essere sanzionatacome comportamento antisindacale, con di-ritto per i lavoratori alla reintegrazione, a pre-scindere dalla presenza in azienda di unar.s.a. costituita da quella associazione sinda-cale (Pret. Milano 14.8.1990 e 26.7.1990,L80, 1990, 631; Pret. Milano 28.1.1992, D&L,1992, 609; Pret. Milano 19.5.1992, D&L,1992, 857; Pret. Milano 1.10.1992, D&L,1993, 88).Dall’altra, invece, c’e chi ritiene che la comu-nicazione preventiva debba essere effettuatasolamente ai sindacati che hanno costi-

tuite le r.s.a. e non anche a quelli che, puraderendo a confederazioni maggiormenterappresentative, siano prive di r.s.a. (Pret.Napoli-Casoria 23.12.1992, RIDL, 1993, II,411; Trib. Milano 23.1.1997, LG, 1997, 336;Maresca 1992a, 188).Per la verita, l’obbligo previsto dalla 2a partedel 2o c. dell’art. 4 e stato ritenuto dalla dot-trina alternativo e residuale rispetto a quelloprimario della comunicazione ai sindacaticoncretamente presenti in azienda (MiscioneM. 1991a, 351; Montuschi 1991c, 413; Maz-zotta 1992a, 633) e quindi, teoricamente, sipotrebbe ritenere che la comunicazione co-munque ai sindacati di categoria non sia ne-cessaria.Tuttavia, in assenza di norma chiara e in ra-gione della logica della complessa normativa,e presumibile che in via cautelativa le infor-mazioni siano date nei confronti di un nume-ro quanto piu esteso possibile di destinatari ecomunque nei confronti dei sindacati mag-giormente rappresentativi.Dopo la costituzione con l’acc. interc.20.12.1993 delle rappresentanze sindacaliunitarie (r.s.u.), che contrattualmente han-no preso il posto delle r.s.a., si e posto il pro-blema se basti effettivamente la comunica-zione solo alla r.s.u., al posto di tutte le r.s.a.(Pret. Milano 17.1.1996, D&L, 1996, 626;Franceschinis 1996; Zoli 1997a, 76). In talmodo si presuppone pero una disponibilita

per contratto dei diritti e delle prerogative ex

art. 19 st. lav., che invece pare inammissibile(Corte cost. 26.1.1990, n. 30, DPL, 1990, 513,ha addirittura negato l’estensione con con-tratto delle misure di sostegno ai sindacatipreviste dallo Statuto dei lavoratori). La pro-blematica non cambia, e forse si accentua,dopo la prima legiferazione delle r.s.u. di-sposta dal c.d. “pacchetto Treu” [art. 7, 4o c.,lett. a), l. n. 196/1997] (Miscione M. 1997c,2084), in cui e disposta una procedura diconsultazione sindacale simile a quella diCassa integrazione, dei trasferimenti d’azien-da e dei licenziamenti collettivi, con comuni-cazione alle r.s.a. e ai sindacati di categoria, esolo in mancanza alla r.s.u.L’onere della comunicazione preventiva, im-posto dall’art. 4, 2o c., l. n. 223/1991, e nonsolo formale e temporale, ma risponde ad unaprecisa ratio, quella cioe, semplicemente, difar cercare alle parti contrapposte una solu-zione migliore e alternativa rispetto al licen-ziamento collettivo. Anche dal punto di vistalogico, quindi, appare giusto che la comuni-cazione sia la piu ampia possibile.C’e poi il problema, forse non piu acceso comequalche tempo fa, dei sindacati che voglio-

no escludersi a vicenda. La legge impone alriguardo il requisito della “contestualita” del-le comunicazioni, che potrebbe dire comuni-cazione con lo stesso testo e che quanto menovuol dire, come si vedra (§ 6.3.13.), contem-poraneita nella stessa unita temporale (ragio-nevolmente, nello stesso giorno). Ma “conte-stualita” non vuol dire che la comunicazione atutti deve risultare nelle singole comunicazio-ni. In parole piu semplici: “contestualita” nonvuol dire che nelle singole lettere va messal’indicazione di tutti i soggetti a cui e fatta lacomunicazione. Questo permette di superarel’ostacolo (ora in verita non troppo importan-te) di indicare fra i destinatari della comuni-cazione anche i sindacati che vorrebberoescludersi a vicenda: in ogni lettera vanno in-dicate una per volta solo le singole organizza-zioni destinatarie.

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Resta pero il problema successivo, dell’esamecongiunto, che puo essere chiesto o unitaria-mente o (nulla lo esclude) separatamente daciascuna organizzazione sindacale destinata-ria della comunicazione. Pertanto, se un sin-dacato legittimato chiedesse l’esame con-giunto, non sarebbe necessario ne avvisaregli altri sindacati ne tanto meno farli parteci-pare alla stessa riunione. Al riguardo c’e unarecente importante sentenza, che ha confer-mato in generale la non obbligatorieta di trat-tative unitarie e ha ammesso quelle a tavoli

separati (Pret. Ravenna 4.8.1995, LG, 1996,1996, 50; Zoli 1992a, 243; Boscati 1996b).In dottrina (Prosperetti G. 1993, 122) si e so-stenuto che sarebbe obbligatoria la parteci-pazione alla procedura della «associazionedei datori di lavoro alla quale l’impresa con-ferisce mandato» ai fini delle comunicazioni(art. 4, 2o c., l. n. 223/1991): ma la lettera del-la legge esclude l’obbligo, mentre la norma ri-conosce la possibilita o se si vuole l’opportu-nita di tale partecipazione.

6.3.10. Il contenuto della comunicazione

e rilevanza di per se della fattispecie —La comunicazione ha un contenuto forte-mente formalizzato. Almeno subito dopo l’en-trata in vigore della l. n. 223/1991, potevanosembrare eccessive sia le formalita che le re-lative sanzioni, e talvolta si e tentato di sor-volare tutto ritenendo “inutile” una o un’altraindicazione, ma con errore clamoroso, per-che l’interprete non puo pensare seriamentedi disapplicare una norma solo perche ri-

tenuta inutile.Il 3o c. dell’art. 4, l. n. 223/1991, come gia det-to, prescrive che nella comunicazione ai sin-dacati si devono indicare «i motivi che hannodeterminato la situazione di eccedenza, i mo-tivi tecnici organizzativi o produttivi, per iquali si ritiene di non poter adottare misureidonee a porre rimedio alla predetta situazio-ne ed evitare, in tutto o in parte, la dichiara-zione di mobilita; il numero, la collocazioneaziendale e i profili professionali del persona-

le eccedente; i tempi di attuazione del pro-gramma di mobilita; le eventuali misure pro-grammate per fronteggiare le conseguenzesul piano sociale della attuazione del pro-gramma medesimo».Il d.lgs. n. 151/1997 ha imposto poi di comu-nicare i profili professionali non solo del per-sonale eccedente, ma anche di tutto il «per-sonale abitualmente impiegato» [art. 1, 1o c.,lett. a)], nonche «del metodo di calcolo ditutte le attribuzioni patrimoniali diverse daquelle gia previste dalla legislazione vigente edalla contrattazione collettiva» [art. 1, 1o c.,lett. b)]: in tal modo viene confermato che laprocedura, dalle comunicazioni iniziali aquelle finali, deve coinvolgere tutto il perso-nale e non solo quello per cui e ipotizzato illicenziamento collettivo.La legge, quindi, impone all’imprenditore didare informazioni precise e dettagliate con lamassima cura e con particolare rigore (Cass.11.11.1998, n. 11387, FI, 1999, I, 885; Cass.2.10.1999, n. 10961, OGL, 1999, I, 1055; Cass.5.4.2000, n. 4228, FI, 2000, 2842; Trib. Napoli23.5.2002, MGL, 2002, 855). Ogni carenza,eccessiva genericita (Cass. 23.12.1996,n. 11497; Pret. Milano 29.6.1992, FI, 1993, I,2026; Pret. Padova 22.1.1997, OGL, 1997,200; Cass. 30.10.1997, n. 10716, D&L, 1998,366; Cass. 15.11.2000, n. 14760, GCM, 2000,2323; Trib. Grosseto 2.7.2003, LG, 2004, 91;Persiani 1994b, 918; Zoli 1997a, 77), pedis-sequa ripetizione della legge (Pret. Monza31.1.1995, D&L, 1995, 170) o tanto peggionon veridicita finisce per determinare vio-lazione di procedura, con illegittimita di tuttii licenziamenti. Ad esempio e generico e pri-vo di vero contenuto un riferimento alla crisidi mercato, senza alcun argomento che rife-risca di specifiche difficolta (Pret. Padova22.1.1997, OGL, 1997, 205).Dato che la fattispecie nei suoi elementi co-stitutivi, per quanto generale («riduzione otrasformazione di attivita o lavoro»), dev’es-sere formalmente comunicata e oggetto diesame congiunto, e dato che non puo dirsi

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rispettata una comunicazione solo perchefatta per iscritto, anche se carente in tutto oin parte o con notizie false, la mancanza di

veridicita finisce sempre per determina-

re una violazione di procedura, al di la delproblema astratto, ma anche di scarsa utilita,se la carenza degli elementi costitutivi dellafattispecie comporti di per se sola una qual-che sanzione (Cass. 15.11.2000, n. 4769, ine-dita; Cass. 7.9.2002, n. 13031, GCM, 2002,1642; Trib. Grosseto, 6.3.2003, LG, 2003, 689;Trib. Busto Arsizio 19.3.2004, D&L, 2004,419). In certo senso, con la formalizzazioneesasperata di procedura, la l. n. 223/1991 sipreoccupa solo della soluzione pratica delproblema, predisponendo la sanzione massi-ma della inefficacia, e della reintegrazione,quando in mancanza degli elementi costitu-tivi della fattispecie la comunicazione e tuttala procedura finiscono con l’essere carenti oprive di veridicita. Dato che la l. n. 223/1991impone all’imprenditore di vuotare subito ilsacco (come da metafora usata in sede di ap-provazione della l. n. 533/1973) e quindi didire tutto e subito del licenziamento proget-tato e poi effettivamente realizzato, ogni viziodella fattispecie comporta reticenza o caren-za di notizie, comporta cioe un vizio di pro-cedura (expressis verbis parla di duplicefunzione delle garanzia procedimentali ancheCass. S.U. 27.6.2000, n. 461, RIDL, 2001, II,144).Sono dunque superate, e infatti i giudici nonne hanno tenuto conto, le teorie spesso sofi-sticate e di notevole acume, che comunque

erano arrivate a concludere che la carenza

di fattispecie comporta l’illegittimita del li-cenziamento e la reintegrazione nei posti dilavoro (per tutti e con varie sfumature Maz-ziotti F. 1992b, 131 e 132; Del Punta 1993a,378; Spagnuolo Vigorita L. 1992a, 207; Spa-gnuolo Vigorita L., Guaglione, Scarpelli 1994;per critiche Carabelli 1995a, 1177). La teoriapiu logica e quella che, in mancanza di unanorma sanzionatoria espressa, fa derivaredalla insussistenza di «riduzione o trasforma-

zione di attivita o lavoro» la nullita e relativeconseguenze dei principi generali del dirittocivile (Carabelli 1995a, 1181 e 1182), ma conle note e grandi difficolta di dedurre dai prin-cipi generali la sanzione della reintegrazionenel posto di lavoro, senza la quale, ipotizzan-do solo un effetto risarcitorio, si creerebbeuna disarmonia assurda (la minore sanzionerisarcitoria per il caso piu grave di insussi-stenza della fattispecie).In particolare, e stato ritenuto illegittimo illicenziamento collettivo per cui, nella comu-nicazione, erano stati omessi «i motivi tec-nici organizzativi o produttivi, per i quali siritiene di non poter adottare misure idonee aporre rimedio alla predetta situazione ed evi-tare, in tutto o in parte, la dichiarazione dimobilita» (Pret. Milano 3.2.1993, D&L, 1993,535; Pret. Milano 5.3.1993, D&L, 1993, 834;Pret. Milano 21.4.1993, D&L, 1993, 837; Pret.Napoli 26.4.1993, D&L, 1993, 838; Pret. Mi-lano 8.7.1993, D&L, 1994, 84, conf. da Trib.Milano 22.12.1993, D&L, 1994, 532; Pret. Mi-lano 23.10.1993, D&L, 1994, 299; Pret. Mila-no 29.10.1993, D&L, 1994, 301; Pret. Milano2.7.1994, D&L, 1995, 109; Pret. Milano12.11.1994, D&L, 1995, 323; Pret. Milano16.12.1994 D&L, 1995, 327; Pret. Napoli24.2.1995 e Trib. Napoli 10.4.1995, D&L,1995, 895; Pret. Milano 17.6.1995, D&L,1995, 117; Pret. Milano 18.11.1995, D&L,1996, 401; Pret. Milano 20.11.1995, D&L,1996, 401; Pret. Milano 21.11.1995, LG, 1996,3, 241; Pret. Roma 21.11.1995, RGL, 1996, II,191; Cass. 4.11.2000, n. 14416, GCM, 2000,2257; App. Napoli 7.9.2001, D&L 2002, 704;Cass. 9.9.2003, n. 13196, D&L, 2004, 149;Cass. 10.5.2003, n. 7169, RIDL, 2004, II, 168;Cass. 11.4.2003, n. 5770, FI, 2003, I, 1381;Quattromini 1995). I «motivi tecnici» cheostano all’adozione di misure alternative ai li-cenziamenti di cui all’art. 4, 3o c., l. n. 223/1991 sono oggetto di un obbligo informati-vo distinto e autonomo rispetto all’enuncia-zione dei «motivi che determinano la situa-zione di eccedenza» (Pret. Roma 21.11.1995,

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RGL, 1996, II, 191). Questa norma (art. 4,1o c., l. n. 223/1991) non e richiamata per ilicenziamenti senza previa C.i.g.s. (art. 24),ma tale mancato richiamo «deve intendersisoltanto come conferma della non indispen-sabilita del previo ricorso alla C.i.g.s. per pro-cedere a un licenziamento per riduzione delpersonale» (Min. Lav. e I.n.p.s. 1997, nota 4).Nel caso di licenziamento dopo C.i.g.s.(art. 4, l. n. 223/1991) vi e pero una speci-ficita, in quanto logicamente i motivi del-

l’eccedenza non possono essere quelli dellaC.i.g.s., ma devono essere sopravvenuti: ildatore di lavoro deve spiegare perche, no-nostante la C.i.g.s. chiesta e ottenuta, ri-tenga necessario o opportuno licenziare du-rante o alla fine della stessa C.i.g.s. (Pret. Ro-ma 17.7.1992, RIDL, 1993, II, 335; Cass.17.10.2002, n. 14736, RIDL, 2003, II, 133;C. Stato 2.9.2003, n. 4872, FA CDS, 2003,2611; Lambertucci 1993). Il licenziamentodei soli lavoratori sospesi in C.i.g.s. e moltoprobabile che sia illegittimo per violazione deicriteri di scelta. Pertanto, mentre in generalenon vi e obbligo di repechage – onere, piu cheobbligo, di dimostrare la vera e propria impos-sibilita di una soluzione alternativa per poterlicenziare – quando venga chiesta e ottenutala C.i.g.s. non si puo cambiare decisione senzaun motivo serio (Miscione M. 1991a).Al di la di ogni interpretazione sulla rilevanzao sull’affidabilita delle misure alternative daindicare nella comunicazione, che non sianocioe un dato solo verbale, il giudizio negativoe d’obbligo quando queste indicazioni man-

chino del tutto (Pret. Napoli 24.2.1995,D&L, 1995, 895; Quattromini 1995), mentrenon dovrebbe avere alcuna rilevanza il rifiutodelle soluzioni alternative proposte successi-vamente dai sindacati (contra, ma solo qualeconfermativo dell’illegittimita per totale man-canza di comunicazione sulle alternative ai li-cenziamenti: Pret. Napoli 24.2.1995, D&L,1995, 895). E il giudice, se veramente valu-tasse negativamente il rifiuto alle propostesindacali, finirebbe irragionevolmente per in-

tromettersi nelle scelte del datore di lavoro inviolazione dell’art. 41 Cost.La necessita di indicare misure alternativesembra inutile solo quando venga dichiaratal’intenzione di licenziamento totale e defini-tivo (Pret. Milano 11.2.1994, RIDL, 1995, II,179; Pret. Milano 21.7.1995, LG, 1995, 1139;Mangiacavalli 1995) che non e assoggettabilead alcun sindacato e per cui comunque l’in-tera procedura e necessariamente semplifi-cata.Non e necessario indicare fin dall’inizio tuttele possibili alternative ai licenziamenti,che possono essere trovate semplicementedurante lo svolgimento delle procedure, pre-viste in fondo proprio a questo fine (oltreovviamente per quello di cercare di evita-re del tutto i licenziamenti). Cosı, ad esem-pio, gli accordi di dequalificazione (art. 4,11o c., l. n. 223/1991. Sull’ammissibilita Cass.7.9.2000, n. 11806, FI, 2000, I, 3472), inmancanza del tempo in cui sono ammessi,possono essere stipulati in qualunque mo-mento e quindi non e necessario che l’alter-nativa venga dichiarata immediatamente. Maugualmente deve dirsi per le altre normalialternative, come gli incentivi all’esodo o laricollocazione presso altri datori di lavoro.Le indicazioni da fornire alle parti sindacalinon hanno pero lo scopo di consentire un giu-dizio o un controllo di merito sulle scelte im-prenditoriali, che devono restare libere ex

art. 41 Cost. ma hanno rilevanza indiretta(non per questo meno efficace) ai fini di le-gittimita del licenziamento, in quanto per-mettono un controllo di veridicita o non si-mulazione della scelta effettuata dall’impren-ditore (Miscione M. 1991a, 344).Le notizie fornite con la comunicazione ini-ziale, o nella successiva fase dell’esame con-giunto, sono destinate ad essere pubblicizza-te e anche per questo sono fornite a soggettipubblici (Uffici del lavoro), che debbono ri-lasciarne copia in base alla l. n. 241/1990. Nederiva che non puo essere obbligatorio comu-nicare veri e propri segreti industriali o

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commerciali, ma con il rischio di finire con ilcoprire tutto dal segreto e di non dare in pra-tica alcuna informazione. Ad esempio, e statoescluso l’obbligo di comunicare i program-mi produttivi (Pret. Roma 17.7.1992, RIDL,1993, II, 335); dipende pero dal tipo di noti-zie, perche alcune possono essere copertedal segreto, ma in genere un minimo sul con-tenuto dei programmi e necessario se si vuolcapire qualcosa sui veri motivi dell’eccedenzae vi e quindi l’esigenza di un equo contempe-ramento degli interessi (Pret. Potenza6.10.1993, MGL, 1994, 73).Resta comunque un obbligo di segreto per isoggetti che ricevono le comunicazioni o cheparteciperanno successivamente alle tratta-tive, ma necessariamente con una certa rela-tivita, perche la legge presuppone che sulledecisioni fondamentali sia aperto un dibattitoil piu ampio possibile.Pertanto, la genericita o laconicita delleinformazioni contenute nella comunicazioneex art. 4, 3o c., o la non veridicita dei motiviche hanno indotto al licenziamento, costitui-scono violazione della procedura a cui seguela “inefficacia” dei licenziamenti con la rein-tegrazione nei posti di lavoro (ex art. 5,3o c.). E necessario, com’e stato detto con fe-lice sintesi per le analoghe comunicazioni aifini della Cassa integrazione, che siano for-nite ai sindacati notizie «oggettive, certe edettagliate» (Trib. Genova 10.6.1994, D&L,1994, 891). Naturalmente, l’inadempimentoall’obbligo di informazione e sanzionabile an-che come comportamento antisindacale aglieffetti dell’art. 28 st. lav. (Pret. Napoli19.4.1992, DL, 1992, II, 857; Pret. Milano29.6.1992, FI, 1993, I, 2026, per il famoso ca-so Maserati, che determinera l’approvazionedell’art. 8, 5o e 6o c., l. n. 236/1993, poi pro-rogata molte volte; Pret. Milano 10.2.1993,RIDL, 1993, II, 597; Pret. Milano 27.12.1993,OGL, 1993, 103; Pret. Milano 5.3.1993, D&L,1993, 834; Pret. Milano 25.3.1994, FI, 1994, I,2572; Pret. Milano 20.6.1994, LG, 1995, 110;Pret. Milano 20.11.1995, D&L, 1996, 401;

Pret. Milano 17.1.1996, D&L, 1996, 627; Pret.Roma 26.2.1996, RGL, 1966, II, 191), conpossibilita per i lavoratori, ma non obbligo, diusufruire della dichiarazione di illegittimita.La comunicazione non deve avere un conte-nuto troppo generico ma neppure troppo

specifico, perche altrimenti si finirebbe perindividuare in anticipo i lavoratori da licen-ziare, con evidente violazione di procedura(Pret. Bologna 8.8.1996, LG, 1997, 131; ge-nericita non va confusa con analiticita, secon-do Pret. Sassari, 9.5.1998, NGL, 1998, 135,per cui la comunicazione non deve essere tal-mente puntuale ed analitica da non richiede-re alcuna integrazione e specificazione nelcorso della procedura, in ordine agli aspettienunciati dalla norma, essendo invece neces-sario e sufficiente che questi aspetti venganoadeguatamente richiamati ed evidenziati, inun’ottica di buona fede). Allo stesso modo,non sono legittimi i criteri di scelta conven-zionali, tesi in realta, oltre le apparenze, a li-cenziare una persona determinata. Natural-mente pero la specificita e giustificata e anzinecessaria, quando debba essere eliminatauna posizione lavorativa infungibile o addirit-tura unica.La comunicazione, per il suo contenuto ob-bligatorio, e immodificabile, ma l’imprendito-re puo farne una nuova, in caso di necessita.Pertanto sarebbe illegittimo il licenziamentodi un lavoratore, il cui profilo professionalenon fosse compreso nella comunicazione ini-ziale (Trib. Milano 30.11.1996, D&L, 1997,297).Anche se le indicazioni contenute nella co-municazione non permettono un giudizio dimerito, pur tuttavia resta l’obbligo di indicarei motivi e gli elementi che oggettivamentehanno indotto alla scelta di licenziare, senzanascondere nulla.La legge vuole, per una applicazione validadella procedura, non solo il rispetto delle pre-scrizioni sulla forma della comunicazionepreventiva, ma anche l’indicazione dei motivioggettivi del licenziamento, in modo che vi

Capitolo VI - I licenziamenti collettivi 6.3.10

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sia coerenza tra le dichiarazioni contenutenella comunicazione ex art. 4, 3o c., l. n. 223/1991 e risultato raggiunto. Quando il suddet-to nesso consequenziale non c’e o e mal po-sto, si puo dedurre che vi sia una violazione diprocedura, con diritto alla reintegrazione nelposto di lavoro.L’onere di provare la veridicita e in capo aldatore, ma quando le indicazioni date nellacomunicazione sono specifiche e veritiere,l’unica possibilita di contestazione e la simu-lazione, la cui prova e a carico di chi ne chie-dera l’accertamento. A tal proposito, le as-sunzioni entro un anno dal licenziamento perriduzione del personale comportano un dirit-to di precedenza (o meglio di riassunzione)(Cass. 24.1.1997, n. 723, MGL, 1997, 424, connota di Maretti) dei lavoratori licenziati cheavevano stesse mansioni e qualifiche (art. 8,1o c., l. n. 223/1991), ma fanno anche presu-mere che quei licenziamenti fossero fittizi enon necessari, anche se le assunzioni, speciese generiche, fossero fatte per mansioni equalifiche diverse ma simili. Similmente, puopresumersi illegittimo il licenziamento segui-to da lavoro supplementare e dalla riassun-zione con contratti a termine (Pret. Roma21.11.1995, RGL, 1996, II, 191).Talvolta, lo stesso tipo di licenziamento pro-spettato puo comportare effetti sul contenutodella comunicazione. Il riferimento e al licen-ziamento totale per cessazione totale e de-

finitiva dell’attivita dell’impresa (v. anche§ 6.1.4.2.), per cui e evidente che la comuni-cazione sara in qualche modo semplificata(Pret. Milano 11.2.1994, RIDL, 1995, II, 179;Pret. Milano 21.7.1995, LG, 1995, 12, 1139),cosı come potra ritenersi inutile, in questo ca-so un po’ eccezionale, la comunicazione finaledella «puntuale indicazione delle modalitacon le quali sono stati applicati i criteri di scel-ta» (art. 4, 9o c., l. n. 223/1991) (il caso e quel-lo esaminato di Cass. 20.11.1996, n. 10187,OGL, 1997, 1, che poi ha finito con l’affermarel’irrilevanza delle comunicazioni finali ai finidella legittimita del licenziamento).

Non e piu necessario invece allegare alla co-municazione copia delle ricevuta di versa-mento all’I.n.p.s. del c.d. contributo d’in-

gresso, che costituiva all’inizio un onere pro-cedurale che condizionava la legittimita deilicenziamenti. Si trattava di un errore clamo-roso, che impediva i licenziamenti regolariper le imprese prive di disponibilita finanzia-rie per pagare questo contributo d’ingresso e,ancor piu grave, impediva la maturazione del-l’indennita di mobilita per i lavoratori. Giusta-mente quindi l’art. 8, 8o c., l. n. 236/1993 hadisposto con norma interpretativa, e quindiretroattiva, che il pagamento del contributod’ingresso non influisce sulla regolarita dellaprocedura di licenziamento e non escludequindi l’indennita di mobilita.

6.3.11. L’esame congiunto e la fase am-

ministrativa — Sull’esame congiunto (v. an-che § 6.7.2.2.), risulta una giurisprudenza ab-bastanza scarsa. In particolare, non si e crea-to uno spazio giurisprudenziale alla teoria percui la l. n. 223/1991, imponendo un «obbligo

a trattare in buona fede» (Zoli 1992a, 122;Perulli 1992a, 536; Del Punta 1993a, 310;Lambertucci 1996a, 576; Foglia 1997, 9), am-plierebbe lo spazio di controllo prima dei sin-dacati e poi dei giudici (Pret. Busto Arsizio18.10.1993, MGL, 1993, 499; Pret. Nocera In-feriore 22.7.1994, D&L, 1995, 112; Pret. Mila-no 16.12.1994, D&L, 1995, 327) fino al puntodi imporre un onere di trovare una soluzionealternativa, con possibilita di licenziare solodopo prova della sua impossibilita (c.d. extre-

ma ratio) (D’Antona 1992b, 322; D’Antona1993a, 2030). In tal modo diventerebbe possi-bile un controllo anche sulle scelte impren-ditoriali, inammissibile ex art. 41 Cost. (Li-so 1993a, 45; Carabelli 1995a, 1139 e 1185).Tanto meno e ammesso un controllo di sola“razionalita” negli accordi raggiunti in sede diesame congiunto o altrimenti. Si puo comin-ciare con l’osservazione, gia assorbente, percui di “razionalita” ce ne sono sempre piu diuna e quindi il giudizio finirebbe per diventa-

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re sempre sostitutivo rispetto all’autonomianegoziale, con valutazione solo di merito pre-clusa al giudice; una valutazione del giudicenasconderebbe in tal caso una semplice in-terferenza o meglio sostituzione nelle scel-te imprenditoriali, inammissibile ex art. 41Cost. (Petino 1995, 495).L’interpretazione, per cui la l. n. 223/1991 im-porrebbe solo un «onere di consultazione» diconnotato strettamente procedurale (Cara-belli 1995a, 1139 e 1184), e pero eccessiva-mente riduttiva. Infatti, per quanto la distin-zione sia sottile e qualche volta difficile dadefinire (ma certamente non inutile, comesostiene invece Gottardi 1995, 53), «e in-contestabile che la trattativa e qualcosa di di-verso dalla consultazione», anche se non vin-cola al conseguimento di un risultato (Zoli1997a, 79). L’obbligo alla trattativa impo-ne «comportamenti coerenti con la volonta dicontrarre» e quindi impone «ad incontrarsi ea conferire in tempi ragionevoli, a non adot-tare misure ostruzionistiche e dilatorie (...),ad attribuire reale potere contrattuale alladelegazione», insomma a non «assumere unatteggiamento meramente passivo e negati-vo, cioe ad ascoltare e a dire di no» (Zoli1997a, 80). Se si renda necessario, bisognadare ulteriori informazioni rispetto a quelleiniziali. Ma, allo stesso tempo, non e certa-mente vietato uno scontro duro, ma leale, an-che con proposte drastiche tipo «prendere olasciare» (Zoli 1997a, 80 e 81).Si potra ribattere che un datore di lavoroaccorto evitera atteggiamenti ingenui o ol-tranzisti, come quello di alzarsi dal tavolodelle trattative dopo un classico minuto o dimandare a trattare l’ultima ruota del carrosenza alcun potere. Il vizio e configurabiledunque solo in casi limite, ma non e certa-mente escluso e comporta violazione di pro-cedura, con illegittimita dei licenziamenti eeventualmente condotta antisindacale. Ma eimportante ripetere, per sottolinearlo bene,che attraverso l’obbligo a trattare non si puoarrivare a un obbligo a raggiungere l’accordo,

non foss’altro perche la stessa l. n. 223/1991configura come normale il mancato accor-do (Zoli 1997a, 81. In giurisprudenza Cass.7.5.2003, n. 6948, MGL, 2003, 696, per cuiil recesso dell’organizzazione sindacale dal-l’accordo non impedisce che il licenziamen-to intimato in seguito sia considerato col-lettivo).In mancanza di precisa disposizione, l’esa-me congiunto puo essere effettuato in for-ma esclusivamente orale (Pret. Sassari20.12.1994, DL, 1995, II, 241), ma con l’ob-bligo di inviare in forma scritta la comunica-zione all’Ufficio del lavoro (come si vedra su-bito). Ugualmente, e stato sostenuto che an-che l’accordo sui licenziamenti collettivipotrebbe essere in forma orale (Pret. Parma26.8.1996, LG, 1997, 482; Rondo 1997).Come si vedra, la Cassazione ha giustamenteprecisato che un accordo sindacale puo esse-re raggiunto validamente, ed essere vincolan-te, non solo durante l’esame congiunto – ov-viamente sede e momento piu opportuni –ma anche successivamente e in qualsiasi al-

tro momento, purche prima della comuni-cazione dei licenziamenti ai singoli lavoratori(Cass. 11.3.1997, n. 2165, DPL, 1997, 1842).L’accordo sindacale, di natura gestionale,puo trattare non solo i criteri di scelta, maqualsiasi altra materia, in particolare una ri-duzione del numero dei licenziamenti pro-grammati (sui criteri di scelta App. Firenze11.1.2002, D&L, 2002, 695; per la nullita diun accordo che individui direttamente i lavo-ratori da licenziare Cass. 15.5.2006, n. 11101,inedita).Si e posto il problema se con accordo sinda-cale si possa modificare il programma de-lineato nella comunicazione iniziale, ma giu-stamente e stato evidenziato che, poiche lalegge non pone alcun vincolo all’autonomiacollettiva e anzi la l. n. 223/1991 incentivain tutti i modi l’accordo, con quest’ultimo epossibile tutto – tranne ovviamente quantovietato dalla legge (ad es. perche discrimina-torio) – e quindi anche la modifica del pro-

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gramma iniziale (Petino 1995, 495, criticandoPret. Ragusa 6.9.1995, DL, 1995, 486).Anzi, con accordo sindacale sarebbe possibi-le anche delegare il sindacato nell’applicazio-ne dei criteri di scelta convenzionali (Petino1995, 497). Sarebbe giusto solo se l’applica-zione dei criteri di scelta escludesse una di-

screzionalita e in tal caso dovrebbe esserepossibile delegare non solo il sindacato, maanche altri, in particolare i tecnici sempresotto la responsabilita del datore di lavoro.Ed e anche giusto che «non e il modello or-ganizzativo che, in quanto tale, e fonte di di-scriminazione» (Petino 1995, 496). I criterilegali sono pero tanto ampi, da lasciare unadiscrezionalita anche molto larga e la loro ap-plicazione comporta decisioni di merito; soloi criteri convenzionali potrebbero essere di-sposti escludendo la discrezionalita, adesempio se si adottasse il criterio unico del-l’anzianita anagrafica e in subordine quella diservizio (o viceversa). Quando pero con ac-cordo sindacale venisse deciso di modificareil progetto iniziale in senso non sempre e so-lamente migliorativo per i lavoratori, che e loschema certamente tenuto presente dal legi-slatore della l. n. 223/1991, ma in modo “glo-bale”, ad esempio riducendo i licenziamentiper alcune categorie ma aumentandolo peraltre, allora si creerebbero sospetti veramen-te terribili. In teoria si puo, ma in concreto visarebbe molto da dubitare sulla non discrimi-nazione di un accordo che, rispetto alla co-municazione iniziale, ad esempio diminuisseil numero dei licenziamenti degli impiegati diIV categoria per aumentare quello degli im-piegati di V, anche se globalmente il numerodei licenziamenti diminuisse. E ovviamente idubbi diventerebbero certezza, se per assur-do il numero di licenziamenti aumentasse.La comunicazione iniziale non costituisce unlimite per l’autonomia collettiva, ma ogni mo-difica non strettamente migliorativa per i la-voratori creerebbe sospetti di discriminazio-ne difficilmente superabili. Ma e ovvio che,senza modifica con accordo sindacale, il pro-

getto iniziale costituisce un vincolo insor-montabile per il datore di lavoro (Trib. Milano30.11.1996, D&L, 1997, 297), che era liberodi formularlo come voleva e che potrebbesempre ripetere un’altra procedura, ma nonmodificandola.In caso di mancato accordo, va effettuatol’esame congiunto davanti alla D.p.l. (v. an-che § 6.7.2.2.4.); nel caso in cui la proceduracoinvolga unita produttive dislocate in piuProvince o Regioni, la competenza passa allaD.r.l. o al Ministro del Lavoro (art. 4, 15o c.,l. n. 223/1991). Tuttavia in caso di licenzia-menti senza previa C.i.g.s., poiche l’art. 24,l. n. 223/1991 non rinvia all’art. 4, 15o c., la

competenza resta agli uffici provinciali

(ora D.p.l.) (per una spiegazione anche in ba-se alla ratio legis, si rinvia a Pret. Milano10.2.1993, RIDL, 1993, II, 597).Un Giudice (Trib. Nocera Inferiore 20.1.1995,DL, 1995, II, 230; Ales 1995) ha ritenuto che,a seguito del fallimento dell’esame congiun-to, l’imprenditore deve comunque mandarela comunicazione dell’Ufficio provinciale dellavoro, a pena altrimenti dell’illegittimita del-la procedura, che non e sanata dall’inerzia deisindacati e neppure, occorre aggiungere, daun loro eventuale consenso.In particolare, per la regolarita della proce-dura e necessario che nella comunicazioneall’Ufficio del lavoro siano indicate le ragionidel mancato accordo, in quanto tale indica-zione e chiaramente finalizzata ad orientare ildibattito in sede amministrativa; non e neces-sario invece che venga comunicato l’avvenu-to accordo (Slataper 1998), che comunquesara conosciuto dagli uffici pubblici con le co-municazioni finali.

6.3.12. Termine per comunicare i licen-

ziamenti — Vi sono complesse formalita an-che nella comunicazione del recesso ai lavo-ratori, ai diversi organi amministrativi e alleorganizzazioni sindacali (comunicazioni chesecondo la giurisprudenza hanno finalita di-verse. Si legga Cass. 21.7.1998, n. 7169, MGL,

6.3.12 Garanzie del reddito, estinzione e tutela dei diritti

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1998, 692; Cass. 22.4.1998, n. 4121, MGL,1998, 447; Cass. 10.6.1999, n. 5718, RIDL,2000, I, 189). La procedura resta aperta per120 giorni o per il periodo diverso stabilitocon accordo sindacale (art. 8, 4o c., l. n. 236/1993. Cass. 11.3.1997, n. 2165, FI, 1998, I,1535; Cass. 24.3.2003, n. 4274, D&L, 2003,779): chi e licenziato in questo periodo, pur-che ovviamente per motivi non disciplinari,ha diritto all’indennita di mobilita. Scaduto iltermine legale o convenzionale, non e possi-bile una proroga con nuovo accordo sindaca-le, e in tal caso per garantire i benefici dellamobilita e necessario riaprire la procedura(Cass. 9.10.2000, n. 13457, OGL, 2000, I,1015). Si e affermata pero (Min. Lav. e I.n.p.s.1997, 289-291) la possibilita di un’eccezionequando la continuazione dell’attivita, e i li-cenziamenti successivi al termine legale oconvenzionale, sia dovuto solo per gli adem-pimenti connessi alla cessazione dell’attivita,specie se connessa a procedure concorsuali.Con accordo sindacale e possibile fissare an-che un termine iniziale di decorrenza, oltreche quello finale.

6.3.13. La contestualita — Sia nella faseiniziale della “comunicazione” (art. 4, 4o c.,l. n. 223/1991) che in quella finale del recesso(art. 4, 9o c.) si ha “contestualita”; in parti-colare devono essere “contestuali” il recessoe le comunicazioni ai diversi organi ammini-strativi, nonche alle organizzazioni sindacalidi categoria (v. anche § 6.6.2.1.). Il problemaconsiste nel valutare se la “contestualita” im-pone di fare tutto con un unico “testo”, dimodo che le comunicazioni debbano averetutte il medesimo contenuto, oppure nellostesso momento o quanto meno in un’unicaunita di tempo, in questa seconda alternativacon gli ulteriori problemi sull’individuazionedell’unita di tempo; oppure si pone l’alterna-tiva se sia possibile fare le comunicazioni intempi differenti, magari di poco o tanto pocoda considerarle “quasi” contestuali (e torna ilproblema dell’unita di tempo). E certo invece

che la contestualita va riferita all’invio dellecomunicazioni e non al loro ricevimento.In base al senso letterale, “contestualita” vuoldire con lo stesso testo, altrimenti sarebbestato usato un altro termine, come “contem-poraneita” (Pret. Padova 22.1.1997, OGL,1997, 206); viene cosı avvalorata la tesi, percui la contestualita sarebbe da intendersi insenso “topografico” e cioe con unico docu-mento (Pret. Perugia 12.12.1992, GC, 1993, I,1360; anche Trib. Milano 31.5.1995, OGL,1995, 407; contra Giubboni 1993c, 2556). Nepuo avere rilievo il fatto che il rigore sembraeccessivo o addirittura privo di reale o appa-rente giustificazione, perche, come s’e vistopiu volte, un requisito formale non puo esse-re eliminato in via interpretativa solo percheconsiderato inutile. In questo caso, poi, unacontestualita “topografica” potrebbe rivelarsidi grande utilita, in quanto imporrebbe la co-

municazione dei motivi dei licenziamentianche ai lavoratori, comunicazione che altri-menti non e dovuta. Si e giustamente osser-vato infatti che una contestualita “topografi-ca” comporterebbe l’obbligo di comunicare atutti lo stesso testo (Tatarelli 1997, 332 e333), compreso quello con motivazione aglienti pubblici e ai sindacati, magari, bisogne-rebbe aggiungere, anche in tempi differenti.La conclusione si contrappone pero a un altrodato letterale e cioe alla distinzione di leggefra il “testo” da comunicare ai lavoratori equello da comunicare agli organi pubblici e aisindacati: ai lavoratori va comunicato il “re-cesso” e agli organi pubblici e sindacati tuttele altre notizie complessivamente considera-te. L’art. 4, 9o c., l. n. 223/1991, se avesse vo-luto imporre una comunicazione unica, nonavrebbe distinto.La parola “contestualita” non puo che assu-mere il significato di identita cronologica,per indicare con formula metaforica (comese fossero fatte con lo stesso testo) che le co-municazioni debbono essere fatte rigorosa-mente nello stesso “momento” (Cass. S.U.11.5.2000, n. 302, RGL, 2001, 119, in motiva-

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zione; Cass. 19.3.2004, n. 5578, GCM, 2004,3; Cass. 28.7.2005, n. 15898, MGL, 2005,141). Poi pero s’e tentato di distinguere lacontestualita “assoluta” da quella “relativa”,per ammettere quest’ultima intesa non comeidentita, ma vicinanza nel tempo (Pret. Ber-gamo 8.10.1992, RGL, 1993, II, 114, conf. daTrib. Bergamo 12.7.1994, LG, 1995, 351;Cass. 18.11.1997, n. 11465, RIDL, 1998, II,627, parla di unico contesto cronologico eprocedimentale e non di contemporaneita as-soluta; App. Milano 12.4.2001, OGL, 2001,135, ritiene che contestualita non sia soddi-sfatta se la comunicazione avviene con un ri-tardo di circa due mesi; secondo Trib. Torino19.1.2001, GPiem, 2001, 470, la contestualitae rispettata ove entrambe le comunicazioniintervengano entro 120 giorni dalla conclu-sione della procedura di mobilita; App. Firen-ze 16.4.2004, DL, 2004, II, 273, ammette lasfasatura di una decina di giorni; Vivian 1993;d’Avossa 1993b; d’Avossa 1995a; Zoli 1987,87 e 88): ma in tal modo viene svuotato il sen-so della norma. Comunque e facile ribattereche l’identita nel tempo o c’e o non e piuidentita, puo essere solo somiglianza, fra l’al-tro in questo secondo caso con rischi ecces-sivi di incertezza (perche nessuno sarebbe ingrado di dare un limite minimo al “relativo”).Una conferma viene comunque dalla ratio

della formalita. La ratio delle norme che im-pongono la contestualita e quella di permet-tere un contraddittorio e difesa immedia-ta; in particolare, per le comunicazioni finalila contestualita e tanto piu necessaria, al finedi permettere ai lavoratori nei 60 giorni a di-sposizione di «impugnare il licenziamentocon argomenti puntuali» (Pret. Padova22.1.1997, OGL, 1997, 207). Pertanto, pergarantire la trasparenza e il controllo su ognielemento formale, la contestualita in sensocronologico dev’essere “assoluta” (Min. Lav.e I.n.p.s. 1997, 292; Pret. Milano 5.3.1993,D&L, 1993, 834; Pret. Cassino-Pontecorvo23.7.1993, FI, 1994, I, 2929; Pret. Tortona10.12.1993, MGL, 1994, 72; Trib. Milano

16.12.1994, OGL, 1994, 906; Pret. Perugia21.4.1995, RGU, 1995, 520; Pret. Roma21.11.1995, RGL, 1996, II, 191; Pret. Milano6.4.1996, D&L, 1997, 93; Nicolini 1995) equindi l’effettuare le comunicazioni a distan-za anche di pochi giorni rende inefficace il li-cenziamento. La contestualita relativa nonesiste e non vi e possibilita logica e normativadi limitarla in alcun modo: tutte le comunica-zioni finali vanno fatte contestualmente.L’unita temporale, nel silenzio di legge, nonpuo che essere il giorno.Nella fase iniziale, la contestualita riguardal’atto unico della comunicazione (art. 4, 4o c.,l. n. 223/1991), mentre in quella finale, datoche i recessi possono essere scaglionati agruppi (art. 4, 9o c.), la contestualita riguar-dera i singoli gruppi di recessi.Il rispetto della “contestualita” costituiscenon solo una cautela necessaria, ma anche unobbligo specifico cui non e possibile sottrarsi(Cass. 9.10.2000, n. 13457, OGL, 2000, I,1015, per cui per porre rimedio alla tardivaesecuzione delle comunicazioni o la loro rin-novazione occorre procedere ad attivita sa-natoria entro lo stesso ambito temporale, os-sia nell’immediatezza del licenziamento). Efacile osservare pero che, per rispettare la“contestualita” intesa in senso cronologico, ilmetodo piu semplice e sicuro e di fare le co-municazioni con un unico atto, magari a mez-zo delle poste con un’unica distinta. E unodei casi in cui l’esperienza dovrebbe elimina-re o almeno attenuare molto il rischio di er-rori.

6.3.14. Le comunicazioni finali e il pro-

blema della motivazione — La comunica-zione ai lavoratori puo essere dunque sen-

za motivazioni (per tutti: Carabelli 1995a,1152; Zoli 1997a, 87; Pret. Torino 30.12.1994,LG, 1995, 291; Pret. Bari 27.5.1996, NGL,1996, 247; ritiene sufficiente un richiamo per

relationem Cass. 10.6.1999, n. 5718, RIDL,2000, I, 189) e senza indicazione dei criteri discelta adottati, purche sia specificato che il

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licenziamento e collettivo o per riduzione delpersonale; i lavoratori potranno poi chiederele motivazioni o ai sindacati o agli organi am-ministrativi ai sensi della l. n. 241/1990

(App. Salerno 4.4.2001, AC, 2001, 698, ritienelegittimati non solo i lavoratori destinataridella comunicazione, ma ciascun lavoratoreinteressato). Solo in dottrina qualcuno ha af-fermato la necessita di comunicare la motiva-zione specifica, ma estendendo illogicamentel’art. 2, l. n. 604/1966 anche ai licenziamenticollettivi (Mazziotti F. 1992b, 125 e 126; Na-poletano G. 1992, 130; Del Punta 1993a, 329;Giubboni 1993c). Pertanto, in mancanza dinorma che l’imponga, non vi e nemmeno un ob-bligo di comunicare ai lavoratori i criteri discelta adottati (mentre tale obbligo sussistenei confronti dei sindacati e degli organi pub-blici ex art. 4, 9o c., l. n. 223/1991), ma l’oneredi provare la sussistenza di tutti i requisiti deilicenziamenti collettivi resta a carico dell’im-prenditore, che almeno in giudizio deve dichia-rarli (Pret. Frosinone 21.12.1995, LG, 1996,676; in generale, sull’onere della prova a caricodell’imprenditore, prima e dopo la l. n. 223/1991: Cass. 6.7.1990, n. 7105, MGL, 1991, 440;Cass. 23.2.1996, n. 1415, D&L, 1996, 1015;Cass. 6.8.1996, n. 7189, GCM, 1996, 1114;Cass. 11.3.1997, n. 2165, DPL, 1997, 1842; an-che Pret. Milano 21.2.1996, D&L, 1996, 640;Cass. 29.3.2003, n. 4825, inedita).In mancanza di motivazione, potrebbe sorge-re qualche perplessita sul termine di deca-denza di 60 giorni per l’impugnazione (art. 5,3o c., l. n. 223/1991) e si potrebbe ritenere, inanalogia a quanto previsto per i licenziamentiindividuali, che il termine cominci a decorre-re solo dal momento della comunicazione

dei motivi (art. 6, 6o c., l. n. 604/1966) (cosıa quanto sembra, ma la sentenza e pubblicatasolo in massima: Pret. Frosinone 7.11.1995,LG, 1996, 677). Ma un’interpretazione analo-gica appare impraticabile. Basti considerareche l’art. 5, 3o c., l. n. 223/1991 prevede l’one-re di impugnazione entro 60 giorni solo dalladata della comunicazione del licenziamen-

to (Pret. Padova 22.1.1997, OGL, 206 e 207;Cass. S.U. 27.7.1999, n. 508, MGL, 1999,1061, esclude l’onere dell’impugnazione neltermine decadenziale di 60 giorni).

6.3.15. La «puntuale indicazione delle

modalita con le quali sono applicati i cri-

teri di scelta» — Le comunicazioni agli or-gani amministrativi e ai sindacati hanno inve-ce un contenuto preciso e devono prevedere«l’elenco dei lavoratori collocati in mobilita,con l’indicazione per ciascun soggetto delnominativo, del luogo di residenza, della qua-lifica, del livello di inquadramento, dell’eta,del carico di famiglia, nonche con puntualeindicazione delle modalita con le quali sonostati applicati i criteri di scelta» (art. 4, 9o c.,l. n. 223/1991) (v. anche § 6.7.2.3.1.). Lamancata indicazione di uno o piu dei datielencati comporta ancora l’illegittimita dei li-cenziamenti (Trib. Novara 23.4.2004, D&L,2004, 419).In particolare, puo sembrare inutile riportarela «puntuale indicazione delle modalita conle quali sono stati applicati i criteri di scelta»,dopo che sugli stessi criteri di scelta sia statoraggiunto un accordo in sede sindacale o am-ministrativa (Petino 1995, 498. Contra Pret.Milano 27.2.1999, D&L, 1999, 309; App. Mi-lano 12.4.2001, OGL, 2001, 130). Ma i “i cri-teri di scelta” sono molto diversi dalla «pun-tuale indicazione delle modalita con le qualisono stati applicati»: e necessario che questa“puntuale indicazione” sia contenuta sem-pre nelle comunicazioni finali (la giurispru-denza e enorme, ma da ultimo: Pret. Roma3.12.1994, GLLazio, 1995, 529; Pret. Milano16.12.1994, D&L, 1995, 327; Pret. Roma26.1.1995, GGL, 1995, 492; Pret. Monza31.1.1995, D&L, 1995, 170; Pret. Ravenna6.2.1995, LG, 1995, 818; Pret. Frosinone17.2.1995, LG, 1995, 818; Pret. Napoli24.2.1995, D&L, 1995. 896; Pret. Milano13.3.1995, D&L, 1995, 581; Trib. Napoli10.4.1995, D&L, 1995. 896; Pret. Milano8.5.1995, D&L, 1995, 901; Pret. Latina

Capitolo VI - I licenziamenti collettivi 6.3.15

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18.5.1995, MGL, 1995, 442; Pret. Milano29.5.1995, D&L, 1996, 108; Pret. Ragusa6.9.1995, DL, 1995, II, 489; Pret. Milano-Rho14.11.1995, D&L, 1996, 403; Pret. Milano18.11.1995, D&L, 1996, 401; Pret. Frosino-ne 21.12.1995, LG, 1996, 676; Pret. Mila-no 26.2.1996, D&L, 1996, 644; Pret. Tori-no 19.3.1996, LG, 1996, 411; Pret. Mila-no 6.8.1996, D&L, 1997, 88; Pret. Padova22.1.1997, OGL, 1997, 207; Cass. 17.4.1998,n. 3922, D&L, 1998, 655; Cass. 23.9.1998,n. 9541, D&L, 1999, 65; Cass. 14.11.1998,n. 11480, D&L, 1999, 73; Cass. S.U. 11.5.2000,n. 302, RGL, 2001, 119; Cass. S.U. 13.6.2000,n. 419, LG, 2001, 247; Cass. 18.7.2001,n. 9743, GCM, 2001, 1416; Cass. 1.8.2001,n. 10507, LPO, 2001, 1604; Cass. 16.10.2002,n. 14717, OGL, 2002, I, 850; Cass. 7.6.2003,n. 9153, NGL, 2004, 80; Cass. 24.3.2004,n. 5942, GCM, 2004, 3; Cass. 9.8.2004,n. 15377, RIDL, 2004, II; 477; Cass. 20.12.2004,n. 23607, inedita). In dottrina, conformi: Val-lebona 1992a, 429; D’Antona 1994a, 928; DelPunta 1993a, 343; Quattromini 1995; ZilioGrandi 1995a; Casagni 1996; qualche per-plessita in Pret. Roma 17.7.1992, RIDL, 1993,II, 335 e in dottrina in Petino 1995, 498; con-

tra Pret. Bergamo 8.10.1992, RGL, 1993, II,114; Pret. Milano 11.2.1994, RIDL, 1995, II,179; Pret. Latina 18.5.1995, MGL, 1996, 442;Pret. Pinarolo 12.1.1996, MGL, 1996, 396).La violazione di questa comunicazione com-porta l’inefficacia del licenziamento, anche senon e mancata qualche incertezza.La Cassazione si e espressa in maniera oppo-sta sull’ultima fase della procedura, quelladella comunicazione ai sindacati, alla C.r.i. eall’U.r.l.m.o. (ora D.r.l.) della «puntuale in-dicazione delle modalita con le quali sono sta-ti applicati i criteri di scelta» (art. 4, 9o c.,l. n. 223/1991). Con un primo orientamen-

to (Cass. 26.7.1996, n. 6759, D&L, 1997, 289,anche OGL, 1997, 196, ma con data16.7.1996; Cass. 17.1.1998, n. 419, D&L,1998, 359; Cass. 22.4.1998, n. 4121, MGL,1998, 447; Trib. Bergamo 22.10.1999, D&L,

2000, 137; Cass. 12.1.1999, n. 265, FI, 1999, I,476; Cass. 22.3.1999, n. 2701, NGL, 1999,532; Cass. 10.6.1999, n. 5718, RIDL, 2000, I,189; Cass. 18.1.2001, n. 10, NGL, 2000, 647),conforme alla giurisprudenza di merito sopracitata, si e affermato che il vizio comportal’inefficacia del licenziamento. Questa sen-tenza ha avuto conferma indiretta da altrasuccessiva (Cass. 11.3.1997, n. 2165, DPL,1997, 1842), per cui, proprio per la necessitadi comunicare le modalita di applicazione deicriteri di scelta (art. 4, 9o c., l. n. 223/1991),e necessario che l’individuazione dei criteristessi sia posta prima della comunicazionedi recesso.In seguito pero in altre si e affermato al-

l’opposto (Cass. 20.11.1996, n. 10187, OGL,1997, 191; Cass. 8.4.1998, n. 3610, RGL,1999, II, 101; Cass. 23.9.1999, n. 10368, MGL,2000, 100) che queste ultime comunicazioniavverrebbero a recesso gia avvenuto e quindisolo per permettere l’iscrizione alla lista spe-ciale e la maturazione dell’indennita di mobi-lita, con la conseguenza che la loro mancanzao irregolarita comporterebbero non l’ineffi-cacia del licenziamento, ma solo il diritto a unrisarcimento del danno per mancata iscrizio-ne alla lista o per mancata indennita di mo-bilita. E probabile che in concreto la decisio-ne sia rimasta influenzata dal fatto che, nellaspecie esaminata, si trattava di un licenzia-mento totale e definitivo. La prima afferma-zione e pero sbagliata, in quanto le comuni-cazioni sulla «puntuale applicazione dei cri-teri di scelta» debbono essere «contestuali»a quelle di recesso (art. 4, 9o c., l. n. 223/1993) e quindi non e vero che le prime se-guono alle seconde. Si e obiettato pero che,in base alla modifica della l. n. 236/1993, nel-l’art. 24, l. n. 223/1991 e previsto che la pos-sibilita di comunicare i recessi e ammessa fi-no a 120 giorni dalla «fine della procedura» eda questa norma si deduce che la procedurasarebbe finita con l’accordo o con il mancatoaccordo sindacale davanti alla D.p.l. (Rendi-na 1993, 496; Rondo 1997, 482). Ma qui la

6.3.15 Garanzie del reddito, estinzione e tutela dei diritti

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norma e riferita chiaramente alla fase dellaprocedura, al sub-procedimento che terminanella D.p.l. D’altra parte, a seguire l’oppostaopinione non si comprenderebbe il senso del-l’obbligo di dare comunicazione della «pun-tuale applicazione dei criteri di scelta», datoche agli organi pubblici interessa solo saperechi sono i lavoratori licenziati, mentre e perloro preclusa una sanzionabilita sulla corret-tezza dell’applicazione dei criteri di scelta(Miscione M. 1993a, 86).A ripianare il contrasto sorto tra le sezionisemplici e intervenuta la Cassazione a Sezio-ni Unite (Cass. S.U. 27.6.2000, n. 461, RIDL,2001, II, 144), avvallando l’orientamento cheprivilegia il dato letterale, alla luce dell’interosistema delle garanzie procedimentali appre-state dal legislatore: la legittimita del recessoe quindi strettamente collegata alla regolaritaformale del procedimento che deve essererealizzato per la selezione del personale dalicenziare ed al corretto svolgimento della se-rie di adempienti formali posti a carico deldatore di lavoro per l’attuazione del program-ma, volti al preventivo controllo delle asso-ciazioni sindacali ed organismi pubblici.Dunque la mancanza delle comunicazioni fi-nali, anche se ritenute soggettivamente inu-tili, determina sempre la inefficacia dei li-

cenziamenti (si segnala Cass. 1.8.2001,n. 10504, GCM, 2001, 1521, che ritiene ma-nifestamente infondata la questione di le-gittimita costituzionale – in riferimento agliartt. 3 e 41 Cost. – del combinato dispostodegli artt. 4, 9o c., e 5, 3o c., l. n. 223/1991).Ovviamente queste comunicazioni finali van-no fatte anche in caso di licenziamento senzaprevia C.i.g.s. (Pret. Roma 25.10.1994, ND,1995, 661). Questa opinione e preferibile siaper la lettera che per lo spirito della legge:infatti l’art. 5, 3o c., l. n. 223/1991, che pre-vede la inefficacia, fa riferimento alle proce-dure richiamate dal 12o c. dell’art. 4, che asua volta considera per intero «le proce-dure previste dal presente articolo», com-preso il 9o c. dell’art. 4 (Cass. 26.7.1996,

n. 6759, OGL, 1997, 198 e 199; Cass. 8.11.2003,n. 16805, OGL, 2003, 954); inoltre la norma-tiva «assume un’importanza decisiva per ilcontrollo dell’esercizio dei poteri datoriali,fissando definitivamente nei termini indicatidalle comunicazioni la motivazione del singo-lo licenziamento» (Cass. 26.7.1996, n. 6759,OGL, 1997, 199) Si ricorda che la stessa Cas-sazione ha dedotto proprio dall’obbligo dellecomunicazioni la necessita che i criteri discelta e in definitiva la motivazione del li-cenziamento siano fissati e immutabili pri-ma dei singoli licenziamenti (Cass. 11.3.1997,n. 2165, DPL, 1997, 1842).La «puntuale indicazione delle modalita conle quali sono stati applicati» i criteri di sceltae necessaria, evidentemente, al fine di per-mettere di controllare che questi criteri discelta siano stati applicati correttamente so-prattutto ai sindacati ma anche agli organiamministrativi (chiaramente Cass. 6.7.2000,n. 9045, GCM, 2000, 1508, in cui si esclude uncontrollo giudiziale sulla giustificazione deimotivi, garantito invece dalla verifica proce-durale preventiva; Cass. 28.8.2000, n. 11258,GCM, 2000, 1847; Cass. 2.9.2003, n. 12781,LG, 2004, 121, colpisce con l’inefficacia dellicenziamento anche l’inidoneita del criterioadottato e comunicato ad individuare le ra-gioni che hanno indotto il licenziamento del-l’uno o dell’altro lavoratore). La legge non

prevede la comunicazione a ciascun in-

teressato, per evidente esigenza di sempli-cita, ma impone la comunicazione finale della«puntuale indicazione» ai sindacati e agli or-gani amministrativi anche per permettere aisingoli interessati di chiedere copia (l. n. 241/1990) e di controllare cosı la correttezza deilicenziamenti. Infine, questa comunicazioneha l’altro fine fondamentale di formalizzare ecristallizzare i criteri applicati, per evitare ag-giustamenti successivi, altrimenti fin troppofacili. Una delle grandi differenze rispetto alpassato e che, mentre prima l’imprenditorepoteva non far conoscere i motivi del licen-ziamento collettivo fino all’impugnazione da-

Capitolo VI - I licenziamenti collettivi 6.3.15

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vanti al Giudice, dopo la l. n. 223/1991 deve“vuotare il sacco subito” e lo fa collettivamen-te con i sindacati e con gli organi amministra-tivi, anziche individualmente, persona perpersona, perche le comunicazioni individualicomporterebbero difficolta pratiche notevolise non insormontabili.E necessario allora che nelle comunicazionifinali siano riportati i dati non solo dei lavo-ratori licenziati, ma anche di quelli che non losono stati, proprio per permettere una com-parazione complessiva (Zilio Grandi 1996,826; Trib. Milano 16.12.1994, OGL, 1994,906; Pret. Milano 15.5.1995, D&L, 1995, 911;Trib. Milano 31.5.1995, OGL, 1995, 407; Pret.Milano 6.8.1996, D&L, 1997, 1, 88; Pret. Pa-dova 22.1.1997, OGL, 1997, 207; Cass.15.2.2001, n. 2188, FI, 2001, 1566, grava deldatore di lavoro di provare la puntuale osser-vanza dei criteri di scelta e la specificazionedelle valutazioni comparative compiute;Cass. 1.9.2004, n. 17556, RIDL, 2005, II, 933,secondo cui la comparazione tra le diverseposizioni lavorative deve essere effettuatanel rispetto dei principi di correttezza e buo-na fede; Cass. 10.4.2006, n. 8307, inedita;contra Rondo 1997, 485). Bisogna fare quin-di una vera e propria graduatoria di “tutti”

i dipendenti, con applicazione dei criteri discelta (Cass. 4.11.1997, n. 10832, MGL, 1998,124; Cass. 18.12.2001, n. 15993, OGL, 2002,142; Cass. 24.1.2002, n. 809, RIDL, 2002, 909;Cass. 3.4.2002, n. 4736, MGL, 2002, 562;Cass. 2.4.2002, n. 4949, GC, 2002, I, 1849;Cass. 8.1.2003, n. 86, OGL, 2003, I, 178). L’in-terpretazione e confermata dalle norme [art.1, lett. a) e b), d.lgs. n. 151/1997], che impon-gono di comunicare i profili di “tutti” i lavo-ratori “abitualmente impiegati”, e non solo diquelli ritenuti in esubero, e di comunicaretutte le componenti retributive, anche di de-rivazione non contrattuale. Si conferma cioela necessita di una comparazione estesa allageneralita dei dipendenti, e non solo a quellilicenziati (Cass. 3.5.2006, n. 10198, inedita,richiede che, in caso di soppressione di un

reparto, la scelta dei lavoratori da porre inmobilita non sia limitata a questo ambito mariguardi un numero piu esteso di dipendenti,se il personale addetto all’unita soppressa ri-sulti idoneo al reimpiego in altri reparti. Con-

tra Cass. 26.9.2000, n. 12711, GCM, 2000,1997; Cass. 10.5.2003, n. 7169, RIDL, 2004,II, 168, che richiede la prova in concreto cheil piano di ristrutturazione coinvolga in modoesclusivo ed esaustivo un solo settore; Cass.9.9.2003, n. 13182, RIDL, 2004, II, 847; Cass.19.5.2005, n. 10590, MGL, 2006, 52).Comunque e necessario che dalle comunica-zioni finali sia comprensibile in base a qualicriteri si e arrivati alla scelta (Pret. Milano15.5.1995, D&L, 1995, 911).La comunicazione della «puntuale indicazio-ne delle modalita con le quali sono stati ap-plicati i criteri di scelta» puo apparire super-flua solo in caso di licenziamento totale e

definitivo (Trib. Roma 23.1.1997, LG, 1997,336; Trib. Milano 28.9.1996, D&L, 1997, 81;Mazziotti F. 1992b), ma e solo apparenza,perche in effetti la comunicazione di questa«puntuale indicazione» e gia insita in quelladella totalita e definitivita del licenziamento.In questo caso un po’ eccezionale, di licenzia-mento per cessazione totale e definitiva, an-che la sanzione per l’irregolarita di procedurasubisce una flessione, in quanto si ritiene chel’impossibilita di reintegrazione effettivacomporti ex artt. 1256 e 1463 c.c. l’estinzionedel rapporto o quanto meno il non pagamen-to delle retribuzioni successivamente allasentenza di reintegrazione, conservando ov-viamente i diritti del periodo dal licenziamen-to alla sentenza (Pret. Frosinone 8.10.1992,FI, 1993, I, 1309; Trib. Roma 23.2.1993,GLLazio, 1994, 345; Pret. Milano 16.12.1993,OGL, 1994, 107). Questa giurisprudenza,specifica per i licenziamenti collettivi, si ade-gua a quella analoga della Cassazione elabo-rata per i licenziamenti individuali (Cass.29.9.1989, n. 3941, MGL, 1989, 644; Cass.15.11.1991, n. 12249, DPL, 1992, 121; Cass.13.2.1993, n. 1815, MGL, 1993, 228).

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