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46 DICEMBRE 2011 GAMIFICATION LA LOGICA DEI GIOCHI ENTRA NEL MARKETING LET’S GO DIGITAL L’ EDITORIA DIGITALE SI FA STRADA LA COMMUNITY DI UN BRAND IL CASO HEMMA IKEA

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46Dicembre 2011

Gamificationla logica dei giochi entra nel marketing

Let’s Go diGitaLl’ editoria digitale si fa strada

La community di un brand

il caso hemma ikea

anno V, numero 46 del 16/12/2011

direttore responsabilePieTrO [email protected]

art direction and designALeX PerrONe

comunicati stampa, informazioni o altre richieste:[email protected]

mensile iscritto presso il tribunale di bologna, numero 7803 del 16/10/2007

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bLOG miNiATUreS

Editoriale i-SUbVerTiSiNGdi Pietro Pierangeli

i FiGLi DeLLA cONceNTrATiO iNTerrUPTA di benedetta boccalatte

GiOchi Per ADULTidi Giovanni cuccuini

TWO PeOPLedi Zebbler - traduzione a cura di flavia farina

eDiTOriA DiGiTALe: SVOLTiAmO?di flavia farina, con la collaborazione degli esperti di Psmobile

BlobiL NUOVO POSiZiONAmeNTO DeL ‘PiUmiNO Dei PANOZZi’ di sabrina spina

LiberaMenteiL POPOLO hemmA iKeAdi stefania boleso

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TUTTi i LiNK iN QUeSTA riViSTA SONO ATTiVi! USALi!

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editoriale

Poco tempo fa ero a roma per un grande convegno sull’innovazione della comunicazione, i social media, le relazioni digitali, un tocco di belle case story internazionali (poca roba italiana) insomma tutti i soliti ingredienti che ormai rappresentano un formato vincente per attirare un nutrito pubblico di addetti ai lavori e studenti.

Dopo un inizio promettente ecco l’inevitabile: una fotografia della comunicazione digitale in Italia e nel mondo, i cambiamenti in corso i nuovi trend descritta da…due arzilli vecchietti, over 65 o forse sem-plicemente over, con tanto di estenuante presentazione in power point dalla grafica da Europa dell’est e

scambi di battute e convenevoli. Perché succede e succederà ancora? Perché a raccontare questa rivoluzione digita-le non vengono a parlare i nativi digitali, gli hacker dei centri sociali, i ‘connectors’ pieni di fan amici e followers..insomma i ragazzi, i protagonisti, quelli che la stanno vivendo e indirizzando questa rivoluzione. Semplice. Gli over hanno una cattedra. Gli over sono aggrappati alla poltrona. Gli over non ti fanno entrare. Gli over hanno il potere e se lo tengono stretto. Mentre gli under non hanno un lavoro, una posizione sociale off line, non hanno accesso al tavolo delle decisioni... Per lo stesso motivo le case history italiane di marketing non convenzionale o di comunicazione digitale sono poche e spesso molto poco ‘non convenzionali’. Chi decide la strada da prendere è spesso un over e indirizza verso ciò che capisce meglio. Non ho niente contro gli over…come potrei? Anche io diventerò over. Ma quando arrivi a quell’età c’è il rischio che tu ce l’abbia contro quello che non sarai mai più, un mondo distante che cominci a guardare con invidia e senso di superiorità. E poi finisci, come nel caso del convegno romano, di appropriarti indebitamente di ciò che non è tuo, avendo la pretesa di spiegarlo e rifiutando, invece, di farti da parte e ascoltare. Ecco se volete farvi e farci un piccolo regalo di natale, la prossima volta che vedete qualcuno che si appropria di qualcosa che non è suo, ma sentite vostro, alzatevi in piedi e protestate, dite la vostra opinione, fate sentire la vostra voce senza paura delle conseguenze o degli imbarazzi, ‘sovvertite’ il tradizionale. Farà stare bene voi e farà bene anche a noi. Per la fine del 2011 noi invece vi regaliamo un Zebbler in grande forma, due dritte sulla gamification, una rifles-sione sulla interruzione della ‘concentratio’, il posizionamento del piumino dei ‘panozzi’ e altro ancora. Buona Lettura e buon inizio 2012 da parte di tutti noi.

la fine dell’ over Powerdi: Pietro Pierangeli - Direttore responsabile [email protected]

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i figli dellaconcentratiointerruPta di Benedetta [email protected]

mentre si sta lavorando al computer capita di prendere piccole e ‘in-nocenti’ pause solo per controllare di aver ricevuto una notifica su Facebook, un tweet di risposta, un im, una e-mail, un nuovo Feed rSS e in un attimo ci si ritrova a sbirciare un nuovo album su Fb, a control-lare nuovi follower su Twitter ……

L a maggior parte delle persone che lavora al computer non riesce a stare concentrato sul pro-prio lavoro o progetto per più di 15 minuti consecutivi senza distrarsi (secondo un recente studio di harmon.ie).

Sembrano brevi ed innocenti distrazioni, mentre in realtà, afferma Seth Godin nel suo Blog, girovagare in rete inseguendo un qualsiasi pop up, è un colpo basso alla produttività e creatività rispetto, ad esempio, a una partita a ping-pong, anche se il tempo perso è il medesimo.Secondo Godin usando lo stesso dispositivo per lavorare e per distrarci da questo, peggiora le performance. Lo studioso suggerisce di tracciare una linea separatoria tra lavoro e non-lavoro definendo il primo come qualcosa che si fa e che abbia un valore duraturo nel mercato e il secondo come tutto ciò che non crea produzione valutabile. Bisognerebbe avere un secondo dispositivo dedicato appositamente allo svago/non-lavoro. Ogni volta che si prenderà in mano il secondo dispositivo per una pausa, si avrà maggiore coscienza del numero di pause che ci stiamo prendendo.

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Dai dati pubblicati da Nielsen risulta che l’84% dei cybernauti italiani si collega almeno una volta al giorno al proprio Social Network o Blog preferito, dato superiore alla media americana (80%).Più della metà si collega con sessioni di meno di mezz’ora, collegandosi più volte nell’arco della giornata, spinti dal “vediamo se c’è qualcosa di nuovo”. Il 14% tiene la pagina di FB costantemente aperta sul computer o smartphone.Si parla di CONCENTRATIO INTERRUPTA, ovvero di disattenzione in-termittente o ciò che alcuni psicologi definiscono come “disturbo compulsivo online”. Così mentre il Web è all’incessante rincorsa verso tutto il ‘social’, iniziano con sempre maggiore convinzione le iniziative ‘asocial’. Alcune aziende affrontano il problema in maniera democratica ‘oscurando’ i social network. Marc Arment ha abbandonato un anno fa i vertici di Tumblr per dedicarsi allo sviluppo di Instapaper, l’applicazione che permette di isolare e salvare il testo di una pagina Internet e poterlo successivamente leggerlo in modalità offline. Attualmente Instapaper ha due milioni di utenti. Innumerevoli sono le applica-zioni che permettono di ridurre sostanzialmente le pagine web al loro contenu-to testuale come Readable, TidyRead Paragrasp, EvernoteClearly. Anche Apple

con iOS 5 ha introdotto la possibilità di salvare le pagine da leggere quando non si è connessi a Internet. Guy Kawasaki, noto manager, imprenditore e autore di molti saggi in America, ammette di aver corso il rischio di non riuscire a terminare il suo ultimo libro sena l’aiuto di Freedom, un software ideato e sviluppato da Fred Stutzman che come suggerisce il nome, libera dalle distrazio-ni. Una volta installato sul proprio computer, permette di bloccare la connessione Internet per un tempo prestabilito. Con ‘Write or Die’ scrivere-produrre è un obbligo (per un blog, per la Tesi, per un saggio ecc.) settando il numero di parole, il tempo a disposizione e infine decidendo il livello di cattiveria delle punizioni che saranno inflitte in caso di fallimento degli obiettivi; tra le punizioni peggiori c’è la possibilità che venga cancellato tutto il testo se non si rispettano i tempi prestabiliti.StayFocusd, il plugin di Chrome veglia sulla tua concentrazione ed è un vero e proprio guardiano del lavoro che blocca una serie di siti da te indicati e ti permette di visitarli solo per un certo periodo di tempo, c’è anche la possibilità di attivare l’opzione Require Challenge, che ti chiederà di superare una prova di abilità per poter modificare le impostazioni di StayFocused. E ancora QuietWrite per scrivere senza distrazioni. Ecco come il web comincia a disintossicarsi da sé stesso.

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La logica della gamification, cioè quella di utilizzare dinamiche di gioco in contesti diversi da quelli puramente ludici, inizia ad essere applicata in numerosi ambiti di bu-siness.

S E molte volte rappresenta un vero e pro-prio vantaggio competitivo per un’azien-da che vuole rinsaldare il patto fiduciario

con i propri stakeholder o desidera crearne uno ex novo.Cos’è la gamification? La gamification, o ludi-cizzazione, è l’utilizzo e l’applicazione di mecca-niche, dinamiche e modi di ragionare tipici dei giochi e dei videogiochi all’interno di contesti non ludici allo scopo di creare engagement, fide-lizzazione e risolvere problemi. Queste tecniche, in generale, tendono a spingere le persone a mo-dificare abitudini e comportamenti spostandosi da un punto A (sfera di interesse personale) ad un punto B (sfera di interesse del prodotto).Il richiamo alla sua componente ludica (attraver-

di Giovanni [email protected]

giochi Per adulti

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so il prefisso game-) non basta per spiegarne l’efficacia comunicativa: traendo vantaggio dall’interattività, sta diventando un mezzo molto potente per veicolare messaggi di qualsiasi tipo e raggiungere alcuni degli obiettivi aziendali.

Tra i principali: - il miglioramento della gestione dei clienti, - il consolidamento della fedeltà ad un brand, - la massimizzazione del rendimento di dipendenti e partner.

In sostanza, attraverso la “gamificazione” si introducono concetti come i punteggi, i livelli di avanzamento e le sfide con l’intento di incoraggiare gli utenti (dipendenti) ad investire il proprio tempo nella partecipazione e nella costruzione delle relazioni all’interno del gioco. Tali relazioni motivano gli utenti al raggiungimento di determinati obiettivi, modificando di fatto il loro comportamento.Un esempio di gamification efficace arriva da McDonald’s, che ha creato una applicazione ludica di ping-pong per un cartellone interattivo in piazza. Il cartellone dà le istruzioni e i passanti, direttamente con il proprio smartphone, sfidano i vicini e si recano nel più vicino McDonald’s a ritirare (l’eventuale) premio. Elemento incentivante: essere osservati mentre ci si sfida e competere per un premio.

Il paradigma della gamification, così come l’etimologia della parola, affonda le sue radici nella crescente industria dei videogiochi. Il mercato del gaming è cresciuto fortemente negli ultimi anni e produce numeri che continuano ad aumentare, senza dare alcun segnale di futura diminuzione dei profitti. Quella del videogioco è ormai un’industria impressionante, che crea prodot-ti per molteplici piattaforme, dagli smartphone alla TV. Molti li utilizzano, ma pochi conosco realmente il giro d’affari che i videogiochi riescono a muovere nel nostro Paese. Conoscere l’economia dell’industria del gaming italiano è un punto di partenza basilare per poi entrare nel focus sul mondo della gamification che, in questo 2011, è stato solo sfiorato da brand ed isti-tuzioni in attesa di un’esplosione di case history l’anno venturo.L’istituto di ricerca Newzoo ha pubblicato, per la prima volta, un report sull’andamento del mercato del gaming focalizzato sull’Italia, mettendo in luce interessanti spunti su cui ragionare: su una popolazione di circa 61 milioni di italiani sono 14 milioni i giocatori attivi, con un tasso di parte-cipazione estremamente alto che supera quello di numerose altre nazioni europee, e che acquista ancor più rilevanza tenendo conto del nostro gap tecnologico in connettività e banda larga rispetto alla media europea con “soli” 24 milioni di italiani in rete. Il gap di genere si sta notevolmente as-sottigliando, il 44% dei giocatori è di sesso femminile, ed il 49% è maschile. Della gran massa di giocatori italici il 49% spende realmente soldi nell’ac- 10

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quisto/download di videogiochi, generando un giro d’affari di 1.7 miliardi di euro (stima per il 2011). Dato su tutti descrive in modo eloquente il fenome-no: entro fine 2011 il tempo dedicato ai videogiochi in Italia ammonteranno a 24 milioni di ore.

Fonte: M2 Research

I numeri parlano chiaro: la gamification si appresta a diventare un potente strumento di comunicazione e di competitività per le aziende che desiderano

operare alla costruzione di una relazione più solida e duratura con i propri interlocutori.

Giovanni cuccuini: è nato 25 anni fa a Siena. Dopo una laurea in Comunicazione Persuasiva e Nuovi Media ha deciso di trasformare la sua passione nel suo lavoro. Ha trovato pane per i suoi denti bussando alle porte di Xenesys, azienda che offre consulenza, progettazione e vendita di soluzioni, servizi e infrastrutture IT.

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two PeoPles

due PoPoli (e un larP)

by [email protected]

traduzione a cura della [email protected]

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What do Second Life, Guitar hero, Dungeons and Dragons, and Avatar have in common? An idea that it’s possible to become so-meone else through technology or imagination.

Someone masterful, someone who lives a very interesting life, someone who is not the regular you. And increasingly, with help of social networking, more and more people are deciding the take this a step further and insert their physi-

cal selves into what otherwise would have been a video game, a novel, or a movie.

Welcome to the world of LARP (live action role-playing).Here, one’s body literally becomes the avatar. The Game Masters create a fictional universe, define the cha-racter motivations, culture and the environment (which can range from someone’s bedroom to fully reconstructed medieval villages in complexity) and the game begins.

The addictive beauty of these events is that, unlike in a movie, the characters are often able to change the course of expected events, and thus change the perceived course of history, feeling ultimately in control. LARPing has been around since the late 70s, but perhaps only now, fueled by ease of communication provided by the various social networks, the movement is becoming truly professional. Specialized stores are sprouting up, offering foam weapons often used in LARP fight simulations, period

cosa hanno in comune Second Life, Guitar hero, Dungeons and Dragons e Avatar? ciò che li accomuna è l’ idea che, attraverso la tecnologia e con l’aiuto dell’immaginazione sia possibile diventare qualcun altro.

LQualcuno di speciale, qualcuno di magistrale, qualcuno che vive una vita molto interessante, qualcuno chiaramente diverso da come siamo noi nella vita quo-tidiana.

Sempre più spesso, però, grazie anche all’uso dei social networks, le persone stanno decidendo di fare un ulteriore passo avanti e di portare se stessi e il proprio cor-po (quello fisico, s’intende) all’interno di queste “realtà” che altrimenti rimarrebbero sempre e solo dentro i videogiochi, nei romanzi e nei film. Benvenuti nel mondo dei LARP (live action role-playing), dove il proprio corpo di-venta letteralmente l’avatar. I “Maestri del gioco” detti tecnicamente “Game Master” creano un universo immaginario, definiscono le motivazioni di carattere, la cultura e l’ambiente (che può variare dalla camera da letto di qualcuno o spaziare fino alla ricostruzione completa e complessa di un borgo medioevale), dopo di che il gioco comincia. La bellezza coinvolgente e l’elemento distintivo di questi eventi è che, a dif-ferenza di un film, i personaggi sono spesso in grado di cambiare il corso degli eventi attesi, cambiando perciò il corso della storia percepita e sentendo di avere il controllo per poter decidere il seguito del gioco. La “realtà” dei LARP ha preso vita intorno alla fine degli anni ‘70, ma soltanto ora, a distanza di oltre 30 anni, il movimento sta diventando veramente qualcosa di professionale (alimentato certamente dalla facilità di comunicazione delle reti sociali fondate sul web).Ultimamente sono sorti perfino negozi specializzati che offrono armi finte (cosiddette armi-schiuma), costumi di differenti periodi storici, e armature; tutti materiali e og-getti usati spesso nelle simulazioni di lotta durante i LARP. Anche Hollywood ha recentemente cavalcato l’ondata di successo che stanno avendo i LARP. Innumerevoli persone si ritrovano sempre più dipendenti da questi mondi alternativi, piangendo poi lacrime reali sullo sviluppo emotivo della vita del proprio personaggio, rimanendo infine completamente devastati e affranti quando il loro personaggio viene ucciso in battaglia. Ma cosa rende realmente così coinvolgenti e seducenti questi LARP?Per capirlo, Subvertising ha intervistato Nathan Hook, il Game Master e creatore di un diversi LARP internazionali, l’ultimo dei quali intitolato “Due popoli”, per scopri-re la complessità del mondo che si cela dietro le quinte di questo fenomeno.

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costumes and armor. Even Hollywood recently jumped on board by including LARP as a major part of the plot in 2008 comedy Role Models. Countless people are finding themselves addicted to these alternative worlds, crying real tears over an emotional development in their character’s life, becoming utterly devastated when their cha-racter is killed in battle.So what makes LARPing so addictive and enticing?Subvertising recently interviewed Nathan Hook, the Game Master and creator of international LARP Two Peoples, to find out the behind-the-scenes intricacies of this phenomenon.

how many people do you expect to participate in this game?We are aiming for 100 players, with a maximum of 150. Expressions of interest mean we are confident about reaching this. The site we are planning to use has supported 500 player events in the past; we deliberately limited the event to far below that, to keep a more interpersonal focus and to allow for a sense of exploration.

have you ever thought of tying this LArP to a sponsorship or an ad campaign?I was involved with Dragonbane project back in 2006, which received a lot of corporate and government sponsorship. I am also involved in another project tied to a forthcoming TV se-ries, but I’m currently bound by NDA [non disclosure agree-ment] in relation to that. In relation to Two Peoples, the pro-duction team is currently investigating this, with a focus more on government sponsorship – LARP attracts arts funding in the nordic countries.

What are the right ingredients to create a suc-cessful LArP in your opinion?A clear creative vision that is concisely conveyed. LARPs which lack this often try to include too many disparate ele-ments (such as including simulated combat for the sake of it to appeal to the players that enjoy that). Empowering the players. What defines LARP is that the players are not a pas-

Quante persone ti aspetti che parteciperanno a questo gioco?Puntiamo ad avere tra i 100 e i 150 giocatori al massimo. Visto il grande interesse che ci stanno dimostrando siamo sicuri di raggiungerlo. In passato abbiamo realizzato eventi con oltre 500 giocatori. Questa volta abbiamo volutamente limitato la portata dell’evento per mantenere un focus sulla relazione interpersonale dei giocatori e per consentire ai partecipanti un livello maggiore di esplorazione.

hai mai pensato di legare questo LArP a una sponsorizzazione o a una campagna pubblicitaria? Nel 2006 sono stato coinvolto nel progetto Dragonbane e l’evento ha ricevuto mol-ti sponsor aziendali e governativi. Attualmente sono coinvolto in un altro progetto legato a una serie televisiva imminente, ma in merito a questo sono attualmente vin-colato da [Non Disclosure Agreement] NDA. In relazione a questo Larp (mi riferisco a “Two People”) il team di produzione sta studiando un piano strategico per avere finanziamenti e sponsorizzazione anche da parte del governo dei paesi nordici in cui è ambientato.

Quali sono gli ingredienti giusti per creare un LArP di successo?Occorre prima di tutto avere una chiara e concisa visione creativa, poi occorre comunicarla. I Larps che mancano di questo, spesso cercano di includere elementi disparati e diversi poco coesi tra loro (includono magari più combattimenti simulati giusto per il gusto di al-cuni giocatori che vogliono solo fare quello: combattere). In secondo luogo è necessario responsabilizzare i giocatori. Un elemento distintivo dei LARP infatti è che i giocatori non sono un pubblico passivo, o semplicemente reattivi, ma hanno il potenziale di essere proattivi, possono prendere decisioni significative e scegliere che forma far prendere al dramma. Infine è importante la gestione dei dettagli pratici, in par-ticolare le modalità per dormire, per mangiare e poi quelli fisici di altri esigenze.

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sive audience, or even simply reactive, but have potential to be proactive, to make meaningful decisions and shape the drama. Solid handling of practical details, in particular arrangements for sleeping, eating and other physical needs.

What channels do you use to promote the game? how many peo-ple are on your staff and who among them is responsible for pro-motion?We promote the event by using the website, advertising on specialized web forums, and promoting at dedicated LARP conventions. Word of mouth and friends’ re-commendations are a very important promotion channel in the LARP scene. We currently have a small number of staff spread across the UK, Sweden and Denmark.

What was the first time that you decided to start writing for LArP events? how has this become your main occupation?I’ve been organizing LARPs since 2000, with over 50 events. I’ve been involved with international events since Dragonbane in 2006. This is the first international event in which I’m the lead writer. I’m also working on a part-time masters degree in psycho-logical research methods. I’m studying how role-players construct identity and how emotions bleed in and out of play for my dissertation.

From the organizational point of view, I would imagine that many steps are required to minimize the environmental impact of LARP events in parks and forests. What permits are necessary to organize this type of event? Could you tell us what kind of a bureaucratic process you encounter along the way?In this case, we are planning to use dedicated LARP site, run by a LARP organization, so this is not much of an issue. More generally, the nordic countries have progressive

Quali canali si usano per la promozione del gioco? Quante persone fanno par-te dello staff e chi tra loro è responsabile della promo-zione? Noi promuoviamo l’evento utiliz-zando la pubblicità sul web. Attra-verso il nostro sito, scrivendo su forum specializzati del settore, e durante i convegni che promuovo-no i LARP. Inoltre il passaparola tra amici è un canale di promozione molto importante in questo ambito. Al momento abbiamo un piccolo staff diffuso in tutto il Regno Unito, Svezia e Danimarca.

Qual è stata la prima volta che hai deciso di iniziare a scrivere e a diventare creatore di LArP? come è diventata la tua occupazione principale? Organizzo Larps dal 2000 e sono stato coinvolto nella realizzazione di eventi interna-zionali ancor di più a partire dal 2006, con la realizzazione di Dragonbane. Questo è il primo evento internazionale in cui sono l’autore numero uno e con maggior peso. Sto anche lavorando ad un master in metodologia della ricerca psicologica. In parti-colare per la mia tesi sto studiando il modo in cui i giocatori si costruiscono un ruolo e un’identità e come le emozioni possano essere coinvolgenti , trasportate e traslate sia all’interno del gioco che nella vita reale.

Dal punto di vista organizzativo, immagino che siano necessari vari accorgimenti per minimizzare l’impatto ambientale degli even-ti LArP nei parchi e foreste. Quali permessi sono necessari per organizzare questo tipo di evento? In questo caso, stiamo progettando di utilizzare un sito dedicato ai LARP, gestito da una organizzazione LARP, quindi questo non è molto problematico. Più in generale, i paesi nordici hanno leggi molto avanzate per l’uso e l’accesso sostenibile delle foreste. 15

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land-use laws that enable access to forests for fair use.

Once you start a LArP, what power does the writer of the event have?Some writers try to maintain control by use of influential characters played by themselves or chosen staff.  I am deliberately avoiding that and believe in giving pla-yers such roles instead.

how important is creativity in this type of game? Are the imagined worlds and legends always center stage?The fictional setting is intended to provide a backdrop. Rather than scripting a story, we create a situation full of dramatic potential so that some form of drama can or-ganically emerge. In the case of Two Peoples for example, we are creating two richly defined cultures in such a way that drama arises both from characters following their own cultural customs but also so that their interaction creates drama. We are only having two cultures (plus one subculture) so that we can define them in depth. Many LARPs in the past had too many cultures, without actually making them well defined.

Two Peoples is a LArP based in an alternate 6th century. have you ever thought of organizing a future-themed LArP event and what would be the challenges of that?Yes, many science-fiction LARPs have been run, in a wide range of possible futures. The production needs are different – while routine props and clothes are sometimes easier to acquire, often there is a requi-rement to include computers and other technology within the setting.While Two Peoples in set in the past, it is exploring themes and concepts relevant to us today. For exam-ple, it explores the issues of colonization and impe-rialism - both in the game setting and in the modern day Afghanistan, the Great Republic of the Imperial Eagle is still sending it’s soldiers to bring order and civilization into primitive tribal lands with strong gender roles.

Una volta che si avvia un Larp, quale potere ha lo scrittore della storia?Alcuni scrittori cercano di mantenere il controllo con l’uso di personaggi influenti giocando da soli o con persone accuratamente selezionate. Io evito appositamente di fare questo voglio invece che siano i giocatori ad avere il ruolo di condurre la storia.

Quanto è importante la creatività in questo tipo di gioco? i mondi fantastici e le leggende sono sempre al centro della scena?L’impostazione e lo scenario fittizio hanno lo scopo di fornire uno sfondo. Piuttosto che descrivere una storia, si cerca di creare una situazione ricca di potenziale dramma-tico in modo che una forma di narrazione possa poi organicamente e naturalmente emergere. Nel caso di “Two people”, ad esempio, stiamo creando due culture ricche di particolari e ben definite in modo tale che la storia derivi sia dalle caratteristiche e dalle usanze culturali dei popoli, sia dalle loro vicende e dall’incontro tra questi due popoli. Abbiamo scelto di creare solo due culture (più uno sottocultura), ma non di più, in modo da poterle definire in profondità e con cura. I Larps in passato venivano organizzati con troppe culture, in questo modo erano vaghi e non ben delineati.

“Due popoli” è un LArP ambientato nel passato. Avete mai pensa-to di organizzare un LArP ambientato nel futuro?

Sì, sono stati realizzati molti Larps di fantascienza e in una vasta gamma di futuri scenari possibili. Le esigenze di produzione sono diverse - mentre i puntelli di routine e gli abiti sono a volte più facili da acquisire, spesso vi è però l’ obbligo di includere i computer e altre tecnologie all’interno del setting.Per quanto “Two people” sia ambientato nel passato si esplorano temi e concetti rilevanti per noi ancora oggi. Per esempio, i temi della colonizzazione e l’imperiali-smo sono all’interno del gioco come all’interno della realtà, basti pensare all’Afghanistan.

Quali sono i rischi quando si partecipa a questi eventi?Fisicamente, l’ambiente potrebbe essere considerato ‘ad 16

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What risks are there when you partici-pate in these events?Physically, the environment might be considered ‘high risk’ in terms of minor injuries. Living in a forest, it’s possible to pick up minor scratches and so forth. Participants own play-style is a big factor in managing this risk. If they choose to run around at high speed, that increases the risk factor. We help manage this risk by encouraging modern footwear with good grip, and by having first aiders with equipment on site.Mentally, players can be exposed to powerful and involving dramatic situations, far more powerful than those experienced when passively watching a film. Many LARPs actively seek as powerful and moving experience as possible, and seek to test their limits. Again, players can manage the level of risk by choosing their role and making clear the sort of relationships and play they would like.As used in many LARPs, we will also include ‘safe words’ and have pre-game wor-kshops on their use. This includes a ‘slow down/don’t press further but keep playing’ safe word, and a ‘stop’ safe word. No guilt or shame is attached to either party when a safe word is used; indeed use of a safe word is respected, since it indicates the player is responsibly testing their physical or mental limits and knows when to stop.

What is the most difficult aspect of organizing these types of ga-mes?As an aside, I reject the term ‘game’ – these events don’t fulfill any normal definition of game, e.g. they lack ‘win conditions’. The difficult aspect when organizing inter-national events can be keeping momentum going in the long term across a team that rarely meets face to face and often have busy active lives in other contexts. It’s impor-tant to build redundancy into the team, both in terms of time and also in terms of team membership. Someone may have to pull out at any point due to illness or life pressures, and it’s important to be ready to respond to that.

http://www.twopeoples.uphero.comhttp://nathanhook.netii.net

alto rischio’, in termini di lesioni non gravi. Vivendo in una foresta, è possibile ferirsi e graffiarsi. Lo stile di gioco personale dei partecipanti è un fattore im-portante nella gestione di tale rischio. Se scelgono di andare in giro correndo, il fattore di rischio aumenta ovviamente. Per gestire meglio la cosa incoraggiamo ad usare cal-zature moderne con un buon carrarmato sotto, e in-vitiamo ad avere un piccolo pronto soccorso con sé, oltre naturalmente alla presenza di attrezzature d’e-mergenza in loco.Mentalmente invece, i giocatori possono essere espo-sti a potenti e coinvolgenti situazioni drammatiche, di gran lunga più potenti di quelle sperimentate quando passivamente guardando un film. Molti Larps cercano

di fornire ai giocatori un’esperienza forte, potente e dal grande impatto per far testare ai giocatori i propri limiti. Ancora una volta, i giocatori sono chiamati a saper gestire il livello di rischio che vogliono affrontare, scegliendo il proprio ruolo e rendendo chiaro il tipo di relazioni che decidono di instaurare.Come viene fatto in diversi Larps, anche in questo caso ci saranno workshop in cui sarà spiegato il significato e l’utilizzo delle cosiddette “parole-di-sicurezza”. Queste parole sono utili e il loro uso è altamente valido e rispettato. Non bisogna vergognarsi ad usarle: infatti il loro utilizzo indica che il giocatore è responsabile, sa testare i propri limiti fisici o mentali, e sa quando fermarsi.

Qual è l’aspetto più difficile nell’organizzazione di questi tipi di gio-chi?Per inciso, io rifiuto il temine ‘gioco’ - questi eventi non soddisfano alcuna defini-zione normale di gioco, ad esempio, mancano di ‘vittoria’ e di ‘condizioni’. L’aspetto difficile quando ci si occupa di eventi internazionali a lungo termine è quello di riu-scire a tenere alto l’entusiasmo e la carica all’interno di una squadra che raramente si incontra faccia a faccia e spesso ognuno ha una vita attiva in altri contesti quotidiani. E ‘importante per costruire la ridondanza nel team, sia in termini di tempo e anche in termini di composizione della squadra. Qualcuno potrebbe chiamarsi fuori dalla squadra in qualsiasi momento a causa di malattia o per altri problemi personali, ed è importante essere pronti a rispondere a questa evenienza. 17

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editoria digitale: svoltiamo?intervista al gruPPo editoriale mauri sPagnol

a cura di Flavia Farina([email protected]) con la collaborazione degli esperti di PsMobile

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La rivoluzione dell’editoria nel mondo digitale è stata una rivoluzione sommessa, che ha fatto capolino la prima volta negli anni ‘90, che ha smosso le acque senza provocare inondazio-ni, che ancora cova, che cresce, ma aspetta ad esplodere.

e-book, tablet, applicazioni per riviste e quotidiani sorgo-no sempre di più ogni giorno, la carta cede il passo alla tecnologia, al “mobile”. In tutto questo come cambia la

comunicazione delle case editoriali che fino a ieri basavano tutto il loro fatturato su montagne di carta stampata?Uno studio recentissimo, condotto dall’Associazione italiana editori, mostra che alla fine del 2010 i libri digitali in commer-cio erano circa 6.950, oggi invece stanno raggiungendo quota 20.000 titoli: insomma si cresce, ma non si decolla.Antonio La Gala, addetto ai lavori che si occupa di marketing di prodotto per il Gruppo editoriale Mauri Spagnol ha risposto alle nostre curiosità.

All’interno del gruppo Gems avete mai avuto occasione di sperimentare azioni di marketing non convenzionale?Il marketing nell’editoria libraria è ancora molto tradizionale, difficilmente si assiste ad azioni di Guerrilla marketing vere e proprie, se non molto occasionalmente. Questa tendenza è anche legata alla concentrazione delle azioni promozionali sui retailer e solo attraverso i punti vendita sul pubblico dei lettori finale.

Secondo la Sua esperienza, come è cambiato il mondo dell’editoria con l’avvento delle nuove tecnologie, soprattutto negli ultimi anni, con l’aumento dei tablet e degli e-book?Le nuove tecnologie stanno cambiando innanzitutto la produzione. La fruizione per ora non ne è stata affetta in maniera significativa, almeno fuori dagli USA. L’avvento degli e-book per ora rappresenta una possibilità in più per veicolare il contenuto libro, una possibilità che si affianca alle altre già esistenti, non le soppianta.La comunicazione, invece, deve confrontarsi sempre più con i cambiamenti indotti dalle nuove tecnologie, i social network in particolare permettono un contatto molto più diretto con i lettori e impongono la necessità di riformulare la comunicazione di prodotto, dando maggior peso al rapporto diretto con i lettori.

Avete sviluppato insieme a Psmobile l’applicazione per il Vostro magazine “il Libraio”. cosa vi ha spinto in questa direzione?Non potevamo certo ignorare l’opportunità offerta da questo nuovo canale di comunicazione per arricchire l’offerta della rivista Il Libraio, da 20 anni disponibile gratuitamente in

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libreria o in abbonamento e da qualche anno come sito web; è stato anche un modo per esplorare le possibilità offerte dal mondo delle app.Ho seguito direttamente il progetto, scrivendone le linee guida e valutando diverse col-laborazioni per lo sviluppo delle applicazioni della rivista Il Libraio e la piattaforma proposta da PsMobile mi è sembrata quella più adatta al nostro progetto.In termini numerici, Il Libraio per iPhone e per iPad ha superato rapidamente i 6.000 download, in linea con le sottoscrizioni di nuovi abbonamenti alla rivista cartacea e le registrazioni al sito web. Ancora più confortante il dato sull’utilizzo delle due app: dalle statistiche si rileva una frequenza di utilizzo molto alta in media.

Siete il terzo gruppo editoriale italiano. Un gruppo che possie-de così tante case editrici, che si occupano di settori diversi, ha conosciuto la crisi? Il gruppo gode di ottima salute. Primeggia nella narrativa straniera e continua a investire sul futuro.

Quale crede sarà il futuro della pubblicità e in particolare della pubblicità nel settore dell’editoria?Come accennavo sopra, credo che si punterà sempre più sulla comunicazione diretta con i lettori. Il passaparola (anche se tecnologico) resta ancora lo strumento di marke-ting più potente che sia mai stato concepito.

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il nuovo Posizionamento del ‘Piumino dei Panozzi’di Sabrina [email protected]

A roma c’erano i ciesse mentre a milano il moncler; sotto un po’ ovunque, Timberland, burlngton, Naj-oleari el charro tanto per ci-tare qualche nome in ordine sparso.

e rano gli anni ’80 e quei costosissimi piumini ‘fluo’ erano il sogno proibito di molti brufolosi adolescenti. Tanto che in molti se li ‘facevano’, facendo spogliare il

panozzo di turno all’uscita da Burghy con l’aiuto di un col-tello o qualche complice. Con un curioso richiamo a questo buio passato “Don’t Steal the Jacket” è il titolo dell’ultima campagna lanciata dal brand Moncler in occasione di una se-rie di aperture di store in Asia e Europa. E’ stata sviluppata at-torno al concetto di brand entertainment ovvero la creazione di un prodotto di intrattenimento realizzato appositamente dall’azienda, vicino per contenuti e mood al posizionamento comunicato, e poi distribuito per la sua fruizione attraverso azioni di marketing più o meno tradizionale, tra cui il digi-tal ha solitamente un ruolo predominante. Se la definizione nuda e cruda dice poco, vediamo se la comunicazione del

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marchio francese è riuscita a dire di più. L’azienda ha prodotto un film a puntate dal titolo “Don’t Steal the Jacket”: sette episodi alternati tra colori e bianco e nero, alta qualità grafica, audio completamente in in-glese, fotografia e regia molto curata grazie alla firma del raffinato Bruce Weber. C’è continuità con le campagne precedenti visto che gli ultimi

layout pubblicitari di Moncler hanno avuto come elemento ispiratore un labrador dagli occhi dolci e ora la trama del film ruota attorno a un cane. Attorno al protagonista canino, personaggi, ispirazione e musica hanno carattere giovanile e molto cool: gli attori sono piccole pesti di bambini e la colonna sonora è stata composta da una giovane band alternativa, i Radical Something. Il film è brandizzato Moncler e Little Bear Film. La campagna è stata inaugurata a settembre con una premiere cinemato-grafica milanese seguita dal lancio degli episodi a pochi giorni di distanza uno dall’altro, attraverso il caricamento sul sito Moncler e sul canale dedicato YouTube oltre che dalla pagina Facebook e Twitter, il tutto completato da una massiccia presenza di spazi pubblicitari sulle principali riviste. Le inaugu-razioni dei negozi sono avvenute contemporaneamente alle azioni di marketing e sono state rilanciate sui social network tra un episodio e l’altro; “Don’t Steal the Jacket” è senz’altro una campagna che ha rafforzato ulteriormente l’immagine del marchio che nel fashion rappresenta uno dei più brillanti

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casi di riposizionamento e rilancio degli ultimi anni: l’evento di presentazione ha avuto una buona ripresa della notizia nelle maggiori riviste femminili on line, il canale dedicato YouTube ha contato circa 4 mila visualizzazioni a un mese dal lancio, la pagina Facebook di Moncler è stata discretamente seguita con una media di 50 likes ad ogni caricamento del video e circa 18 mila followers. Ma, come si diceva prima, in una campagna di questo tipo il digital gioca un ruolo cruciale poiché il prodotto di brand entertainment nasce per vivere in rete e in rete deve vedere decretato il suo successo. La domanda è: “E’ riuscita Moncler ad andare oltre la comunicazione del marchio e se-durre la fashion community fino a farle dichiarare ad una sola voce “Steal the Jacket”?!L’universo fashion della rete è dominato dalle bloggers, se-guitissime nella scelta del marchio e dei capi, attraverso la cui interazione l’azienda ha l’opportunità di generare visibilità e

pubblicità nella community, creando attenzione a costi minimi. Nel mondo del fashion, l’uso dei social media non è semplicemente strategia di marketing quanto più un modo per studiare e anticipare i comportamenti e capire i fattori per espandere il mercato. Abbiamo chiesto un parere da esperta a Irene Colzi, una delle più seguite blogger di moda italiane e creatrice del blog Irene’s Closet. “L’elemento che contraddistingue un fashion blog di successo è la passione e la cura: bisogna essere presenti, fare aggiornamenti continui, curare i contenuti , la grafica e le immagini. Io lo aggiorno ogni giorno …. Ma soprattutto devi dare del tuo mettendoti in gioco, il blog deve avere un’anima. Il blog rimane comunque il canale, quello che conta e ciò che ci metti dentro: gusti, personalità, tendenze”La fashion blogger in genere si linkano tra di loro quando si piacciono ma tutte mantengono un’immagine molto personale e individuale.“Nei post indosso i capi e le persone possono vedere come stanno indosso a una persona vera. Vera e non una modella! Quando parlo di un marchio ne parlo in modo soggettivo, do la mia opinione e le lettrici si fidano di quello che dico. E’ come se fosse un passaparola tra amiche, come quando la tua amica ti dice “vai in questo negozio perchè trovi cose bellissime!” Per me è la stessa cosa con le mie lettrici”. La comunicazione alla fashion community, insomma, deve essere soprattutto autentica vera e personale. Secondo te con questa campagna Moncler è riuscita ad andare oltre la comunicazione istituzionale del brand per inserirsi nel passaparola?“Siamo ancora distanti, queste campagne sono ben fatte e visibili ma poco autentiche. L’idea dei video mi piace, ma credo sia qualcosa di già visto, poco originale. Anche se i dati facebook mi sembrano buoni, io avrei inserito qualche elemento di personalizzazione: qualcosa che potesse coinvolgere i consumatori. Un contest magari, anche legato al film stesso, perché no?”

ireNe’S cLOSeT:Irene’s Closet nasce due anni fa ed è uno tra i primi blog di moda creato in Italia. Oggi conta tra le 6.000 e 8.000 visite al giorno, di cui il 65% sono italiane e il resto da paesi stranieri, soprattutto Smerica e Spagna. Ha 4.000 amici nella pagina Facebook, 3.000 su Google Friends, 1.200 su Twitter.

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il PoPolo hemma ikeadi Stefania [email protected]

Una community è un insieme di persone unito da un fattore in grado di creare coesione nel gruppo.

Si costituiscono spontaneamente oppure in maniera “pilotata” dalle aziende: perché non cavalcare la passione e l’interesse di un gruppo di individui relativamente ad un prodotto, aggregarle intorno ad un brand e creare degli (inconsapevoli?) amba-

sciatori? Anche questo è marketing della relazione, di cui ho già scritto spesso.Se penso ad aziende per le quali questo lavoro di aggregazione è piuttosto semplice, poten-do godere di awareness elevata e grande simpatia tra i clienti, i primi brand che mi vengono in mente sono Nutella, Vespa e Ikea.Credo che ciascuno di noi abbia in casa almeno un pezzo di arredamento della celebre azienda svedese e abbia trascorso almeno una giornata nel grande magazzino, entrando con l’idea di curiosare e uscendo con un paio di sacchetti di inutilità.Perché non sfruttare la passione degli italiani per la Svezia nelle cose di casa e creare una community? Detto, fatto: la prima community nacque nel 2008 e poi nel 2010 è arrivata HemmaIkea.Hemma significa “a casa” e si avvale del pay-off “questa casa è un albergo” a rafforzare il concetto di libertà d’espressione, discussione e sperimentazione che il marchio vuole offrire ai propri fan.Ormai entrare in un punto vendita Ikea può considerarsi una vera e propria esperienza, e con lo stesso spirito è stata costruita la community, che offre ai membri diverse sezioni tematiche per interagire con il brand.In altre parole, viene offerta loro la possibilità di entrare nel mondo Ikea, dove non si parla

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solo di arredamento, ma anche di sostenibilità ambientale, cucina (con i video tutorial della signora Inga), bambini, e addirittura oroscopo. Tutto con un richiamo al brand e ai prodotti non invasivo, ma pur sempre ben presente.Quello che mi è piaciuto di più in assoluto è il social catalogue, cioè il catalogo da sfogliare e commentare anche sul proprio profilo Facebook, con la possibilità per gli utenti di scrivere storie su ogni singolo pezzo d’arredo. Se tutti quelli che hanno avuto una libreria Billy lasciassero un commento, per esempio, sarebbe davvero un bel diario dei ricordi online…Insomma, navigare in HemmaIkea è decisamente un’esperienza gratificante.Last but not least, un dettaglio degno di nota: la community è stata realizzata da Olojin, agenzia di web marketing and design del trevigiano. Se gli svedesi hanno arredato la casa degli italiani, è solo grazie a noi che la Svezia è diventata “social”. Se posso esprimere una critica, è paradossalmente facile riuscire ad essere “ineccepibile” su un social net-work, dove ogni minimo errore viene visualizzato (e viralizzato) da una moltitudine di utenti.Molto più difficile mantenere lo standard elevato anche nel daily business e nel rapporto one-to-one, come insegna, ad esempio, l’esperienza dell’acquisto dei mobili per l’ufficio della nostra redazione (vedi il numero 43 di Subvertising).

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Subvertising ha fatto parte della giuria della nona edizione del festival toscano, con una presenza del board editoriale il 14 e 15 dicembre 2011 ad Empoli. Il festival ha esplorato i temi dell’arte in video e della viralità di alcune produzioni, con un contest aperto ai giovani (max. 35 anni) residenti in regione. Tutte le informazioni, i vincitori ed i video a breve su www.visualguerrilla.it.

“Il guerrilla marketing per noi è cambiato; quando abbiamo cominciato, nel 2004, facevamo qualcosa di unico, e questo è quello che vogliamo tornare a fare”, dice il comunicato. Il che, spiegano dall’agenzia bolognese reduce di un 2011 positivo, si traduce in “produzioni di transmedia storytelling ad altissimo livello, che continuino ad includere il guerrilla marketing come espressione territoriale di progetti più ampi ed interattivi.” Il percorso di ampliamento e specializzazione si completerà nel corso 2012, ed è solo lievemente anticipato dall’eviden-te cambio d’immagine che il nuovo sito www.g-com.it pro-pone al visitatore.

zonevideo festival / game over: subvertising c’era

g-com, novità a chiusura d’anno

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