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n e w s m a g a z i n e n e w s m a g a z i n e Primo piano Energie alpine ISSN 2039-5442 Dislivelli (Torino) [Online] n. 22 / dicembre 2011

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n e w s m a g a z i n en e w s m a g a z i n e

P r i m o p i a n o E n e r g i e a l p i n e

ISSN 2039-5442 Dislivelli (Torino) [Online]

n . 2 2 / d i c e m b r e 2 0 1 1

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DislivelliRicerca e comunicazione sulla montagna Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Torino il 21 aprile 2010.

Direttore responsabile Maurizio Dematteis

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In questo numeroPrimo piano

Si fa presto a dire “rinnovabile” di Matteo Puttilli “ 2

Vicino e lontano

Il progetto integrato della Valle Maira di Enrico Camanni “ 5

Fotovoltaico e solare termico: ci pensa il Conto energiadi Maurizio Dematteis

“ 7

Fare elettricità dal legno in Provincia di Cuneo di Matteo Puttilli

“ 11

Impianti alpini a biomassa: non è tutto oro... di Maurizio Dematteis

“ 13

Biomasse in Val Pusteria: come ti creo la filiera di Matteo Puttilli

“ 15

Eolico sì, eolico no di Maurizio Dematteis “ 18

Alto Adige a tutto (bio)gas: l’esempio di Terentodi Matteo Puttilli

“ 21

Le ultime acque naturali di Lucia Ruffato “ 23

Autarchia energetica: il caso di Prato allo Stelvio di Matteo Puttilli

“ 25

Nucleare alpino di Alberto Di Gioia “ 27

Rubrica CIPRA Italia

Energie rinnovabili sì, ma riducendo gli sprechi di Francesco Pastorelli

“ 30

Da vedere

7 novembre: video atti del convegno “ 26

Sommario

Dislivelli.euTestata registrata presso il Tribu-nale di Torino in data 21 aprile2010 (Iscrizione numero 23)ISSN 2039-5442 - Dislivelli (To-rino) - [Online]

EditoreAssociazione Dislivelli

Direttore responsabileMaurizio Dematteis

RedazioneFranco BertoglioIrene BorgnaEnrico CamanniAlberto Di GioiaRoberto DiniMattia GiusianoFrancesco PastorelliGiacomo PettenatiValentina Porcellana

——————————-Rivista realizzata in Viale Pier An-drea Mattioli 39, 10125 Torino,Tel. +39 0115647406, Mob. +393888593186, [email protected]

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Si fa presto a dire “rinnovabile”L’Italia con il 26% della produzione totale risulta un paeseormai “maturo” sul fronte dell’energia da fonti rinnovabili. E leprovince alpine, con il 48% di tale produzione, fanno la partedel leone. Ma per passare dalla “rinnovabilità” alla “sostenibi-lità” c’è ancora bisogno di creare un contesto territoriale.

Stando al recentissimo rapporto pubblicato dal Network Ren21, in-titolato Renewables 2011, l’Italia risulta al quarto posto tra i paesiche, nel corso dell’ultimo anno, hanno maggiormente incrementatola capacità installata per la produzione di energia da fonti rinnovabili(alle spalle di Cina, Germania e Stati Uniti). Ma risulta addirittura alsecondo posto se si considera il solo settore del solare fotovoltaico(dietro alla Germania). Nel bilancio elettrico nazionale (www.gse.it),le fonti rinnovabili rappresentano il 26% di tutta l’energia elettricaprodotta sul territorio (non considerando l’elettricità che viene im-portata dall’estero, poco più del 13%): vale a dire, più di un quartodi tutta l’elettricità prodotta. Se si considerano, poi, le sole provincealpine, queste producono il 48% di tutta l’elettricità da fonte rinno-vabile presente in Italia, considerando anche l’idroelettrico tradizio-nale. Senza considerare gli ampi utilizzi (molto difficili da stimare)del legno per il riscaldamento, in particolare nelle aree montane.Dunque le fonti rinnovabili non rappresentano più una frontieraverso la quale tendere in un qualche futuro più o meno prossimo,ma una solida realtà entrata a far parte del nostro sistema energe-tico così come del nostro territorio (si pensi ai segni visibili, talvoltacontroversi, che le energie rinnovabili lasciano sul paesaggio, comenel caso dei parchi eolici o delle grandi dighe). Molte tecnologiesono considerate ormai mature e competitive con le fonti energeti-che tradizionali, altre continuano a progredire e ad abbattere annodopo anno i costi di produzione e di investimento (si pensi, ad esem-pio, al solare fotovoltaico, il quale mostra una significativa e pro-gressiva riduzione nei costi per kWh prodotto). Gli incentivi pubblici(come i certificati verdi, le tariffe onnicomprensive, il conto energia,solo per citare alcuni strumenti molto conosciuti) hanno svolto unruolo fondamentale nel sostenere la diffusione delle energie rinno-vabili, nell’abbassare i costi e nel rendere gli impianti sempre piùaccettati socialmente. Quali traiettorie ha seguito questo importante sviluppo nei territoridi montagna? Come viene ben illustrato dai contributi presentati inquesto numero, è bene mantenere una certa prudenza e non la-sciarsi prendere dall’entusiasmo dei grandi numeri. Non sono pochi,infatti, gli aspetti controversi del rapporto tra energia e territorio, erinnovabile non fa necessariamente coppia con sostenibile. Anche

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di Matteo Puttilli

Le fonti rinnovabili non rappre-

sentano più una frontiera verso

la quale tendere in un qualche fu-

turo più o meno prossimo, ma

una solida realtà entrata a far

parte del nostro sistema energe-

tico così come del nostro

territorio.

Rapporto Renewables 2011:

http://www.ren21.net/Por-

tals/97/documents/GSR/REN21

_GSR2011.pdf

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le rinnovabili presentano impatti ambientali significativi (ampiamentedimostrati dalla letteratura scientifica e spesso sottovalutati), tra iquali le emissioni rilasciate dal trasporto e dalla combustione dellebiomasse; il consumo di suolo connesso alla produzione di biocom-bustibili o alla proliferazione degli impianti fotovoltaici a terra; gli im-patti paesaggistici generati da aerogeneratori e dalle centraliidroelettriche, e così via. Fatto ancora più importante, la diffusione delle rinnovabili riproponel’annosa questione del valore aggiunto lasciato al territorio dallosfruttamento delle risorse della montagna. Il rischio generato dagliincentivi e dal conseguente business delle rinnovabili è infatti quellodi favorire progetti e iniziative slegati dal contesto in cui vengonorealizzati. Iniziative proposte da grandi gruppi del settore energeticoo anche da singoli privati che intendono cogliere l’occasione di in-vestire in un settore redditizio, ma che concepiscono il territorio piùcome un serbatoio di risorse cui attingere che come un ecosistemacomplesso al quale prestare attenzione. A parte alcuni esempi vir-tuosi (a dire il vero, sempre più numerosi) la realtà alpina vede an-cora un modello di sviluppo delle rinnovabili fortemente ancorato asimili iniziative, scarsamente in rete tra loro ma soprattutto non so-stenute da un’adeguata organizzazione territoriale. Le tanto evocate“filiere” territoriali (ad esempio quella bosco-energia, che pureavrebbe grandi potenzialità in montagna) rimangono ancora a unostadio poco più che immaginario, in particolare nelle realtà delle Alpioccidentali. Eppure gli spazi su cui lavorare ci sarebbero: sostenerele iniziative pubbliche e in particolare quei comuni che, dotati discarse risorse e capitale umano, faticano a mettere in piedi progettie iniziative nel settore; favorire le iniziative di coordinamento, in par-ticolare nel settore forestale, dove la costituzione di consorzi e realtàcollettive potrebbe favorire una ripresa forestale più efficiente ecreare significative opportunità lavorative; investire sulle infrastrut-ture (sia le reti di distribuzione, sia la viabilità di montagna) che tal-volta costituiscono un vincolo insormontabile alla costruzione diprogetti e iniziative maggiormente territorializzate, e così via. Sitratta di interventi a monte del processo produttivo, ma importantiproprio perché legano le risorse al territorio, creando opportunità disviluppo e di occupazione anche in settori e comparti affini a quelloenergetico. Perché le rinnovabili divengano una concreta risorsa per lo sviluppodella montagna (e non solo una risorsa per la produzione di elettri-cità, per quanto importante) non è sufficiente, allora, che vi sia unacerta disponibilità potenziale di fonti energetiche locali, ma ancheun contesto tecnologico, culturale, economico, politico (in terminipiù sintetici, territoriale). Le rinnovabili offrono ai territori l’occasionedi poter ripensare completamente il proprio modo di consumare (eprodurre) energia: prendendo direttamente l’iniziativa, partendo dal

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Le tanto evocate “filiere” territo-

riali (ad esempio quella bosco-

energia, che pure avrebbe grandi

potenzialità in montagna) riman-

gono ancora a uno stadio poco

più che immaginario, in partico-

lare nelle realtà delle Alpi

occidentali.

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basso, dai bisogni e dalle risorse (fisiche, economiche e sociali) di-sponibili localmente. Per le politiche che supportano e promuovonola diffusione di questo tipo di fonti, si tratta di rinnovare il modo dirapportarsi al territorio e alle sue risorse: ad esempio, nell’organiz-zazione dei sistemi energetici alla scala locale, avrà sempre più im-portanza la capacità di coinvolgimento, partecipazione eauto-organizzazione dei soggetti locali, al fine di favorire una pienae fruttuosa integrazione tra energia e territorio.

Matteo Puttilli

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Il progetto integrato della Valle Mairadi Enrico Camanni

Molto si muove in Valle Maira. La Comunità Montana e la so-cietà torinese Hydrodata hanno ideato un accorto progetto disfruttamento energetico delle acque che riversi i proventi sulterritorio. Ne stanno già beneficiando alcune strutture socialidella valle e il rifugio Campo Base di Chiappera, dove dovrebbenascere una Scuola di montagna.

Molti osservatori vedono nella Valle Maira uno dei luoghi più dina-mici delle Alpi occidentali nei processi di rinascita dopo il pesantefenomeno di spopolamento degli anni sessanta-ottanta del Nove-cento, ben testimoniato dal lavoro di Nuto Revelli ne “Il mondo deivinti”. Oggi la valle, pur con numerose contraddizioni, appare piut-tosto come un mondo di gente che si muove rapidamente, a partiredal successo dei sentieri e delle locande occitane, virtuosa con-nessione di forze interne ed esterne alla valle.Eppure uno studio del 2008, curato dalla società torinese Hydro-data e dalla Comunità Montana per conto della Regione e dei Con-sorzi irrigui del Saluzzese, ancora individuava «nella debolezza delcapitale sociale l’aspetto limitante per qualsiasi scenario di ripresae sviluppo soprattutto nella media e alta valle», sollecitando «unmeccanismo che leghi capitale sociale a progettualità, governancee costituzione di sistemi esperti, quale modello di riaggregazionesu base locale». Di lì è nata l’idea della Maira SpA, costituita «perutilizzare e valorizzare secondo criteri di sostenibilità ambientalele risorse naturali presenti sul territorio – l’acqua in particolare – econ questa attività generare benefici economici da ribaltare attra-verso servizi, iniziative, opere alle persone che abitano, lavorano,studiano, vivono in Valle». La Comunità Montana detiene il con-trollo pubblico della società per azioni, che si avvale della partner-ship e dell’esperienza tecnica di Hydrodata per la realizzazionedelle opere.In pochi anni Maira SpA ha completato e messo in funzione l’im-pianto idroelettrico “Frere 2” nel Comune di Acceglio utilizzando iproventi dell’energia prodotta per interventi precisi sul territorio, inparticolare la riqualificazione del rifugio-campeggio Campo Basedi Chiappera, alla base delle magnifiche guglie quarzitiche dellaTorre Castello e Rocca Provenzale, dove si intenderebbe far na-scere e crescere una Scuola della montagna. Il Campo Base haregistrato 1800 presenze nel 2010, con una significativa percen-tuale di visitatori stranieri. Inoltre è stata attivata una linea di so-

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Rifugio-campeggio Campo

Base di Chiappera:

[email protected]

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stegno sociale-territoriale con azioni volte alla riduzione dei costidiretti per i consumi energetici in Valle: parte dell’energia elettricaviene direttamente fornita a tariffa agevolata ad alcuni centri vallivicon significativa valenza sociale, per esempio i ricoveri per anzianidi Stroppo e San Damiano Macra, il Convitto di Stroppo, il CentroSportivo di Roccabruna e lo stesso Comune di Acceglio dove sitrova l’impianto.Entro la fine del 2012 entrerà in esercizio il nuovo impianto idroe-lettrico “Delle Fie-Maurin” in alta valle, anch’esso certificato dastringenti criteri di sostenibilità ambientale e paesaggistica. Saràcosì disponibile altra energia da trasformare in progetti e buonepratiche.Enrico Camanni

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Le ultime acque naturalidi Lucia Ruffato

Da decenni studiosi ed esperti, sotto il cappello della Conven-zione delle Alpi, sostengono che gli ultimi corsi d’acqua naturalidelle Alpi vanno considerati reliquie e tutelati. Ma la RegioneVeneto si appresta ad accogliere 125 domande di nuove deri-vazioni idriche. Sancendone di fatto la fine.

Gli ultimi corsi d’acqua naturali delle Alpi, ormai meno del 10%,vanno considerati reliquie e tutelati per il loro valore ambientale.Alla luce di questo prendiamo in considerazione le 125 domandedi derivazione idrica a scopo idroelettrico presentate in provinciadi Belluno, che interessano ben 70 corsi d’acqua. Un lungo elencoche dalla “A” di Anfela alla “V” di Vallesina, comprende torrenti giàsfruttati dalle 250 concessioni idroelettriche già concesse come ilBoite, il Cordevole, il Frison, il Maè, il Padola. E torrenti ancora na-turali, sfuggiti alla canalizzazione dell’epoca dal Vajont, come l’An-fela con le sue forre, il Bordina che scorre nella Valle di San Lucano(patrimonio dell’Unesco), il Mareson ricco di pesci, il Grisol che fuo-riesce selvaggio dal Parco delle Dolomiti Bellunesi.Le 125 domande sono quasi tutti progetti di potenza inferiore a 1Mw, definiti anche con il rassicurante appellativo di “mini-idroelet-trico” o “centraline”. Se il progetto ha potenza inferiore a 1 Mw esoddisfa altri requisiti come il far passare buona parte dalla con-dotta sotto strada o sentiero e l’essere esterno a parchi o zone diinteresse comunitario, per la Regione Veneto, ai sensi del dgr2834/2009, la procedura di verifica di compatibilità ambientale siconsidera automaticamente soddisfatta. Inoltre le domande ven-gono esaminate e approvate singolarmente: il fatto che esistanoo siano progettati altri impianti a monte o a valle non viene consi-derato in nessun momento della procedura autorizzativi, né si va-lutano i possibili effetti cumulativi. E anche il fatto che gran partedi questi corsi d’acqua fuoriescano direttamente dalle zone dolo-mitiche, incluse recentemente tra i siti Patrimonio dell’Umanità, nonli rende più degni di tutela agli occhi del legislatore regionale.Dal punto di vista della produzione energetica il contributo di questiimpianti sarebbe irrisorio: in Veneto sono state presentate do-mande per 100 Mw di potenza complessiva, di cui 77 Mw in pro-vincia di Belluno. Di questi, 36 Mw sono la potenza delcontestatissimo impianto Camolino-Busche, che preleverebbe50.000 lt/sec dal Cordevole e dal Mis, rischiando di prosciugareanche l’ultimo tratto di Piave non ancora derivato; 15 Mw, la po-

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Percentuale di produzioneidroelettrica per provincia min.0 - max.13,27% (BZ). Belluno si trova in una condi-zione intermedia (5,18%)

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tenza della grande derivazione di 12.000 lt/sec sul Boite, subito avalle di Cortina d’Ampezzo. Se tutti gli altri 60 e più impianti di mini-idroelettrico richiesti in provincia di Belluno verranno realizzati, laloro potenza complessiva sarà circa 25 Mw, un valore irrisorio difronte a 18.000 Mw di potenza idroelettrica installati in Italia.Quello che non risulterebbe irrisorio è il costo ambientale, che sa-rebbe elevatissimo e non conteggiato. Si tratta della distruzionedegli ultimi corsi d’acqua naturali, con la perdita di paesaggio e bio-diversità che avevano trovato rifugio in questi luoghi dopo la deva-stazione dei corsi d’acqua maggiori.Ma gli incentivi alle rinnovabili, grazie ai quali ogni kw idroelettricoprodotto verrà pagato per 15 anni il triplo del suo valore di mercato,sono forse il motivo di interesse per queste opere. Alle quali nonsono insensibili nemmeno le pubbliche amministrazioni, visto chele loro domande interessano 22 dei 70 corsi d’acqua in questione.Lucia Ruffato

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vicino e lontano

Relazione tra numero di impianti (in azzurro) e produzione idroelettrica (in blu)in base alla potenza in area alpina (registrata al 2005).