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ATLANTE del CIBO 187 4.1 CIBO & UNIVERSITÀ: L’ESPERIENZA DI UNITOGO, IL GREEN OFFICE DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO Nadia Tecco ALIMENTAZIONE SOSTENBILITÀ AMBIENTALE DISTRIBUZIONE AUTOMATICA GREEN PUBLIC PROCUREMENT Sempre più le Università giocano un ruolo rilevante nel promuovere e adottare azioni di sostenibilità ambientale. In tal senso, con l’istituzione di UniToGO, il Green Office dell’Università degli Studi di Torino, l’Ateneo ha intrapreso, a partire da maggio 2016, un percorso di definizione e attuazione di azioni ambientali su alcuni temi specifici, tra cui quello del cibo, oltre a energia, rifiuti, mobilità e acquisti pubblici ecologici. Il cibo assume un carattere strategico poiché rappresenta un punto di snodo tra vari problemi di carattere ambientale, sociale ed economico e pervade ogni aspetto della quotidianità, dalla salute dell’ambiente a quella individuale, dai cambiamenti climatici alla disuguaglianza economica. L’impegno dell’Ateneo nei confronti della sostenibilità ambientale, con i suoi quasi 78.000 studenti, gli oltre 5000 dipendenti tra personale docente ed amministrativo, i suoi 120 edifici e sedi metropolitane ed extrametropolitane,passa pertanto, anche attraverso il cibo, L’obiettivo del gruppo di lavoro di UniToGO dedicato al cibo è di valutare, promuovere ed implementare azioni per migliorare le performance ambientali e la qualità degli alimenti consumati in Ateneo (intesi nella loro declinazione di prodotto, atti e servizi connessi, spazi e tempi per la fruizione nell’ambito del contesto universitario). Parallelamente s’intende contribuire alla formazione di una nuova generazione di giovani, che anche al di là della loro esperienza universitaria abbia la possibilità e le competenze per scegliere che cosa mangiare, come mangiare e quando nel rispetto della propria salute e dell’ambiente. Il gruppo di lavoro di #UniToGO#Cibo è costituito da docenti, personale tecnico ed amministrativo e studenti con competenze multidisciplinari e trasversali rispetto al tema cibo. Figura 1: Nuvola delle parole delle priorità legate al tema cibo identificati dalla Comunità di Unito. Nel corso del 2017/2018, il gruppo di lavoro sul cibo, in collaborazione con gli altri gruppo di lavoro di UniToGO, ha contribuito alla definizione di un capitolato eco-innovativo per l’affidamento in regime di concessione del servizio di installazione e gestione di distributori automatici (vending machines) per la somministrazione di alimenti e bevande presso le sedi dell’Ateneo. Il capitolato è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo SPP (Sustainable Public Procurement) Regions, L’obiettivo del progetto era la promozione del l’eco-innovazione nel green public procurement. Attraverso le pratiche di acquisto pubblico verde di prodotti e servizi(Green Public Procurement, GPP) è infatti possibile giocare un ruolo fondamentale dal lato della domanda, per sostenere la produzione di beni e servizi

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4.1 CIBO & UNIVERSITÀ: L’ESPERIENZA DI UNITOGO, IL GREEN OFFICE DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO Nadia Tecco • ALIMENTAZIONE

• SOSTENBILITÀ AMBIENTALE

• DISTRIBUZIONE AUTOMATICA

• GREEN PUBLIC PROCUREMENT Sempre più le Università giocano un ruolo rilevante nel promuovere e adottare azioni di sostenibilità ambientale. In tal senso, con l’istituzione di UniToGO, il Green Office dell’Università degli Studi di Torino, l’Ateneo ha intrapreso, a partire da maggio 2016, un percorso di definizione e attuazione di azioni ambientali su alcuni temi specifici, tra cui quello del cibo, oltre a energia, rifiuti, mobilità e acquisti pubblici ecologici.

Il cibo assume un carattere strategico poiché rappresenta un punto di snodo tra vari problemi di carattere ambientale, sociale ed economico e pervade ogni aspetto della quotidianità, dalla salute dell’ambiente a quella individuale, dai cambiamenti climatici alla disuguaglianza economica. L’impegno dell’Ateneo nei confronti della sostenibilità ambientale, con i suoi quasi 78.000 studenti, gli oltre 5000 dipendenti tra personale docente ed amministrativo, i suoi 120 edifici e sedi metropolitane ed extrametropolitane,passa pertanto, anche attraverso il cibo,

L’obiettivo del gruppo di lavoro di UniToGO dedicato al cibo è di valutare, promuovere ed implementare azioni per migliorare le performance ambientali e la qualità degli alimenti consumati in Ateneo (intesi nella loro declinazione di prodotto, atti e servizi connessi, spazi e tempi per la fruizione nell’ambito del contesto universitario). Parallelamente s’intende contribuire alla formazione di una nuova generazione di giovani, che anche al di là della loro esperienza universitaria abbia la possibilità e le competenze per scegliere che cosa mangiare, come mangiare e quando nel rispetto della propria salute e dell’ambiente.

Il gruppo di lavoro di #UniToGO#Cibo è costituito da docenti, personale tecnico ed amministrativo e studenti con competenze multidisciplinari e trasversali rispetto al tema cibo.

Figura 1: Nuvola delle parole delle priorità legate al tema cibo identificati dalla

Comunità di Unito.

Nel corso del 2017/2018, il gruppo di lavoro sul cibo, in collaborazione con gli altri gruppo di lavoro di UniToGO, ha contribuito alla definizione di un capitolato eco-innovativo per l’affidamento in regime di concessione del servizio di installazione e gestione di distributori automatici (vending machines) per la somministrazione di alimenti e bevande presso le sedi dell’Ateneo. Il capitolato è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo SPP (Sustainable Public Procurement) Regions, L’obiettivo del progetto era la promozione del l’eco-innovazione nel green public procurement. Attraverso le pratiche di acquisto pubblico verde di prodotti e servizi(Green Public Procurement, GPP) è infatti possibile giocare un ruolo fondamentale dal lato della domanda, per sostenere la produzione di beni e servizi

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ambientalmente preferibili e fungere da traino nel processo di orientamento delle scelte di consumo in chiave sostenibile e innovativa. Il capitolato si è ispirato in termini generali a principi di eco-innovazione secondo la definizione che ne da la Commissione Europea1 nella comunicazione COM(2011) 8992, ed è stato coniugato con principi di accessibilità economica e spaziale, nonché di accessibilità ad una sana alimentazione3 come definita dal dibattito internazionale e in particolare dall’OMS4 e dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in collaborazione con l’INRAN5. Con l’obiettivo di rendere possibile l’accesso a prodotti sani nei distributori automatici e con l’intento di svolgere una funzione educativa/informatica verso una maggiore consapevolezza alimentare nei confronti della Comunità di Unito, , con il supporto di alcuni nutrizionisti, è stato selezionato un numero minimo di snack ritenuti salutari dal punto di vista nutrizionale, che dovrà essere inserito in tutti i distributori di snack e bevande, ricomprendendo prodotti a base di frutta e verdura e prodotti dolci e salati compatibili con gli stili alimentari vegetariani e vegani e con le principali allergie e intolleranze. Il capitolato prevederà anche una sperimentazione riguardante l’erogazione di acqua da distributori collegati alla rete idrica. L’orientare il mercato e i consumatori verso l’accesso all’acqua di rete, attraverso appositi distributori di acqua microfiltrata (di qualità garantita) va nella direzione di rendere disponibile l’acqua ad un prezzo economicamente più vantaggioso per l’utente finale rispetto a quella in bottiglia e di diminuire il quantitativo di plastica prodotta.

1L’ecoinnovazione è qualsiasi forma d’innovazione che si traduce o mira a tradursi in progressi significativi e dimostrabili verso un uso più efficace e responsabile delle risorse, naturali. Source: Decision N° 1639/2006/EC establishing a Competitiveness and Innovation Framework Programme 2http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52011DC0899&from=EN

Figura 2: I numeri del capitolato eco-innovativo per il servizio di installazione e gestione

di distributori automatici

Riferimenti: SPP Regions (2018), Food & Catering Distribuzione automatica eco-innovativa all’Università degli Studi di Torino

http://www.sppregions.eu/fileadmin/user_upload/Tenders/APE/SPP_Regions_Tender_model_-_Unito_vending_Italian.pdf

3 http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs394/en/ 4OMS, (2004). Strategia Globale per la Dieta, l’Attività Fisica e la Salute, http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/43035/1/9241592222_eng.pdf?ua=1 5 Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e INRAN, (2003). Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_652_allegato.pdf

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4.2 BEYOND THE SANDWICH: L’APPROCCIO POLITO PER UNA TRANSIZIONE NUTRIZIONALE Paolo Tamborrini • SALUTE E BENESSERE • ALIMENTAZIONE SANA • SALVAGUARDIA AMBIENTALE

• GESTIONE DELLO SMALTIMENTO • VALORIZZAZIONE DELLE FILIERE

Il Politecnico di Torino, sotto la guida del Green Team, ha messo in atto negli ultimi anni una vera e propria “transizione nutrizionale” con l’obiettivo di realizzare azioni tese alla modifica di abitudini a rischio, mettendo al centro il benessere della persona e la salvaguardia dell’ambiente, affinché si attivino in modo naturale comportamenti idonei per la salute e l’ambiente, contrastando l’incidenza di sovrappeso e obesità e la conseguente insorgenza prematura di varie patologie.

Per raggiungere questo obiettivo, si è agito sia con campagne di sensibilizzazione, che con una modifica dell’offerta proposta da bar, locali mensa e distributori automatici. In prossimità dei vari punti di ristoro, sono state affisse locandine illustrative e messaggi promozionali sull’importanza di una sana e corretta alimentazione, di un adeguato “bilancio idrico” ed al contempo sulla problematica dello spreco alimentare e dell’acqua.

Per incentivare gli studenti ed in genere la “popolazione” del Politecnico ad una dieta più sana, si è aumentata l’offerta di cibo più salutare e sostenibile, prerogativa dei recenti capitolati per la gestione delle mense, che offrono giornalmente pasti sani ed opportunamente bilanciati con prodotti stagionali a km 0, spesso provenienti da agricoltura biologica.

Periodicamente, come in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, è garantita la presenza di esperti presso le mense (nutrizionisti, dietisti e medici competenti) che forniscono indicazioni in merito al menù, alla scelta dei piatti, ai giusti abbinamenti ed all’apporto

calorico. Anche i distributori automatici di bevande e snack presentano degli standard nutrizionali obbligatori per almeno il 50% degli alimenti proposti e garantiscono la presenza di prodotti idonei a soggetti intolleranti, allergici o celiaci.

Inoltre, l’Ateneo si impegna alla valorizzazione della sostenibilità delle filiere agro-alimentari (risparmio energetico, riuso delle eccedenze), alla valorizzazione dei prodotti locali e tradizionali e all’incentivazione di linee guida per i fornitori di ristorazione collettiva in termini di appalti e acquisti (materiali utilizzati). Perseguire la sostenibilità del Politecnico in termini di “gestione dello smaltimento” – all’interno dei cinque poli metropolitani che lo costituiscono - significa ridurre e razionalizzare la produzione di rifiuti diminuendo così il relativo impatto ambientale, seguendo l’approccio del “riuso-riciclo-riduzione”. A tale scopo l’impegno del Politecnico è rivolto a rendere più efficienti sia gli smaltimenti che gli acquisti, in ottica di una completa chiusura del ciclo di vita del prodotto in maniera sostenibile.

Anche gli studenti sono parte attiva ed innovativa di questa transizione: riunitisi durante il Green Storming, evento tenutosi a fine 2017, sono i fautori di idee progettuali sostenibili e contro la sedentarietà e le cattive abitudini; da qui nasce ad esempio il progetto “Beyond the sandwich” promotore di iniziative come i banchetti ortofrutticoli locali, giornate tematiche con pranzi alternativi (con ridotto consumo di carne e frutta fuori stagione) ed il servizio di “nutritional counseling” in collaborazione con nutrizionisti ed associazioni di agricoltori e produttori locali. Al contempo, un altro progetto “Be elastic, no(t) plastic” ha come motto la lotta contro lo spreco e si prefigge di ridurre il consumo di plastica con la distribuzione di borracce ed installazione di punti d’acqua all’interno dell’Ateneo. Eventi sociali come Cineforum, visite guidate presso aziende agro-industriali locali, eventi sportivi collettivi, ed anche tesi di laurea per la valorizzazione di scarti alimentari per la produzione di biogas o molecole ad alto valore aggiunto e nutrizionale, vertono a stimolare un cambiamento virtuoso verso il benessere personale ed il rispetto per l’ambiente.

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4.3 PROGETTO MENSA FRESCA Servizio ristorazione e acquisti beni e servizi del Comune di Torino

● SCUOLE PRIMARIE ● SCUOLE MATERNE ● ALIMENTAZIONE E SALUTE Il progetto Mensa Fresca è un progetto pilota finalizzato al miglioramento della ristorazione scolastica delle scuole primarie e dell’infanzia per l’anno scolastico 2018/2019, nato a seguito di un input di innovazione dichiarato dall’Amministrazione della Città nella delibera di indirizzo del 28/07/2016 ed in particolar modo nella linea programmatica "miglioramento del servizio della ristorazione scolastica attraverso un progetto pilota di inserimento di cucina fresca nelle scuole dell'obbligo”. La successiva deliberazione del 22/02/2017 metteva in atto l’iniziativa. Tra l’altro, poiché il Capitolato della Ristorazione stava per scadere, si palesava la possibilità di proporre le modifiche all’attuale sistema di ristorazione con il nuovo bando di gara e quindi poterlo già renderlo esecutivo nell’anno scolastico 2018/2019. L’Assessorato si è fatto paladino del rinnovamento sottoponendo a valutazione ogni singolo aspetto del sistema attualmente in vigore, nonostante innumerevoli difficoltà di ordine tecnico e burocratico. Poiché all’interno del Servizio non erano presenti tutte le professionalità necessarie allo studio di fattibilità di un tale progetto, ci si è avvalsi della collaborazione dell’Università DISAFA DISVET DPS e dell’ASSOCIAZIONE CUOCHI TORINO, ciascuno competente per i vari aspetti del progetto. Il Servizio si è occupato dell’organizzazione e del coordinamento di tutto il processo, coinvolgendo inoltre l’Edilizia scolastica e i responsabili di sicurezza e manutenzione. Fasi del processo:

1- Monitoraggio di tutte le scuole primarie (109) e dell’infanzia (140) di Torino che da una prima complicata “scrematura” avrebbero potuto avere i requisiti strutturali per poter ampliare una cucina di una scuola infanzia già esistente o crearne una ex novo all’interno dei locali annessi al refettorio: dimensioni adeguate ad accogliere attrezzature di cucina, aerazione più che sufficiente (la normativa

è in tal senso giustamente rigorosa), attacchi per l’acqua e per l’elettricità, scarico dei fumi, assenza di vincoli della Sovrintendenza delle Belle Arti, barriere architettoniche, locali seminterrati, possibilità di accesso per la consegna delle derrate, ecc. e relativa mappatura.

2- Individuazione delle sedi distribuite in modo omogeneo sul territorio, circa 20, per iniziare i sopralluoghi, circoscrizione per circoscrizione, valutando i vari parametri sia all’esterno sia all’interno degli edifici.

3- Sopralluoghi in tutte le sedi individuate in prima battuta per la verifica di idoneità anche in relazione al numero di pasti da erogare, parametro difficoltoso nella verifica di fattibilità.

4- Report dettagliato dei suddetti sopralluoghi sull’idoneità dei locali.

5- Ipotesi/analisi dei costi di installazione delle attrezzature e di quanto necessario al servizio di ristorazione completo.

6- Ipotesi/analisi di costi e benefici in relazione a tutti i parametri.

7- Screening delle ipotesi realizzabili a costi ragionevoli: questo lavoro ha comportato una serie di incontri/confronti tra tutti gli attori coinvolti per l’individuazione delle scuole “pilota”.

8- Verifica di ulteriori sedi che da una prima analisi non erano state prese in considerazione per vari motivi e ritenute idonee in seguito, per le quali di conseguenza sono stati fatti sopralluoghi aggiuntivi con tutte le verifiche del caso.

9- Ulteriore sopralluogo nelle sedi ritenute più adatte con i tecnici IREN.

10- Sopralluogo aggiuntivo a conclusione del processo tecnico nelle scuole ritenute infine idonee alla sperimentazione.

11- Relazioni complete di tutto il lavoro svolto con le motivazioni delle scelte.

12- Definizione dei menù che dovevano essere compatibili con le

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esigenze tecnico/pratiche della nuova modalità di esecuzione, ma al contempo sovrapponibili a quelli del servizio tradizionale per evitare discriminazioni e comunque sempre nel rispetto di tutti i criteri previsti per i menu scolastici.

13- Verifica della funzionalità di alcune attrezzature di nuova generazione per la cottura dei cibi in tempi coerenti con il servizio in scuole di circa 200 utenti.

14- Descrizione nella sezione 2 del Capitolato all. 2e delle specifiche necessarie per la messa in atto del progetto pilota nelle scuole.

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4.4 IL PROGETTO UNICARTO FOOD Costanza Guazzo ● POLI UNIVERSITARI ● CONSUMI ALIMENTARI ● SOSTENIBILITA’ UniCarTO Food è un progetto di mappatura partecipata sviluppato dai Dipartimenti di Informatica e di Culture, Politica e Società dell'Università degli Studi di Torino, in collaborazione con UniToGO, il Green Office d’Ateneo. UniCarTO Food ha lo scopo di analizzare lo stile alimentare e le abitudini quotidiane degli studenti nelle diverse sedi universitarie della città, al fine di sviluppare un percorso di coinvolgimento e partecipazione sul tema cibo e qualità, contribuendo alla costruzione di una base di conoscenza condivisa delle abitudini alimentari della comunità di Unito per progettare azioni mirate. Il progetto si configura come un laboratorio, nel quale sono oggetto di studio i tempi e l’utilizzo degli spazi per la fruizione del cibo in relazione all’ambiente universitario (aree ristoro, distributori automatici di snack e bevande, bar interni) ed al suo territorio limitrofo (mense, bar esterni, ristoranti, spazi all’aperto presenti nel quartiere).

Il laboratorio alterna una riflessione collettiva sul tema cibo e spazialità considerando l’offerta di servizi nell’ambito dei quartieri nei quali sono collocate le sedi universitarie, con un’attività di indagine sulle abitudini alimentari individuali, attraverso la compilazione di un questionario e di un diario alimentare settimanale. Le informazioni relative a quali spazi del cibo sono utilizzati dagli studenti vengono inserite sulla piattaforma FirstLife, sviluppata dal Dipartimento di Informatica dell'Università di Torino, al fine di sviluppare una cartografia partecipata dei luoghi del consumo alimentare. Le mappe sono realizzate e rese pubbliche attraverso la piattaforma FirstLife e popolate attraverso attività di ricerca-azione condotte dal Dipartimento Culture, Politica e Società. L’uso delle nuove tecnologie partecipative, quale preziosa risorsa per l’intera comunità cittadina, come strumento aperto di partecipazione e

cittadinanza attiva, è utile sia per fornire importanti elementi e contributi al governo degli amministratori locali, sia per potenziare la partecipazione attraverso uno strumento di community mapping partecipativo con gli studenti universitari coinvolti nel percorso con le mappe pubbliche e interattive di UniCarTO. Il percorso è stato sperimentato nei mesi di aprile e maggio 2018 nelle sedi universitarie di Psicologia (Via Plana) e del Campus Luigi Einaudi, per un totale di circa 200 studenti coinvolti. La fase di sperimentazione del progetto è stata sviluppata nel corso di dieci incontri di presentazione della mappatura in vari corsi di studio. La scelta di partecipare alla mappatura online era libera, ed ha portato all'individuazione di circa 120 luoghi del cibo nell'area intorno al Campus Luigi Einaudi e a Palazzo Nuovo sulla verticalizzazione UniCarTO di FirstLife, suddivisi tra:

-luoghi di ristorazione: ristoranti, street food, distributori automatici, mense universitarie.. (52 punti); -luoghi di acquisto di prodotti da trasformare: supermercati, discount, negozi al dettaglio, gruppi di acquisto... (17 punti); -luoghi di consumo di pietanze preparate a casa (identificato con il nome di “schiscetta”) (47 punti); -altri luoghi (segnalati liberamente dagli studenti coinvolti perché considerati rilevanti) (3 punti). Ad ogni utente era richiesta la mappatura dei luoghi di consumo alimentare visitati nel corso dei cinque giorni precedenti in cui aveva frequentato la sede universitaria. Ogni utente aveva la possibilità un luogo, se non ancora presente sulla piattaforma, oppure di segnalare la propria esperienza alimentare in quel punto (ad es. locale di ristorazione), descrivendo il pasto, il suo costo ed alcune caratteristiche del luogo.

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Immagine 1 - Luoghi del cibo mappati intorno al Campus Luigi Einaudi (visibili su unicarto.firstlife.org).

Circa metà dei luoghi mappati sono luoghi di ristorazione nelle immediate vicinanze del polo di riferimento, a conferma della grande importanza svolta dal territorio nel rispondere a un bisogno primario come quello alimentare per gli studenti e le studentesse universitarie. Si tratta soprattutto di locali caratterizzati dai prezzi economici e dalla velocità del servizio, come paninerie, piadinerie, gastronomie d’asporto.

Immagine 2 - I luoghi “schiscetta” in cui consumare pietanze preparate a casa nell’area del Campus Luigi Einaudi.

Emerge anche un'alta percentuale di luoghi mappati utilizzati per il consumo di pietanze preparate a casa, da cui si evince una diffusa necessità di spazi dedicati a questo tipo di fruizione dello spazio universitario. In particolare emerge la carenza di spazi al chiuso, adatti al consumo di alimenti nel periodo invernale, e di utilities come forni a microonde e bollitori. La schiscetta appare, da una prima analisi, un tipo di consumo particolarmente apprezzato dagli studenti, sia per una questione economica, ma soprattutto per la maggiore qualità del cibo attribuita al pasto portato da casa.

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4.5 ACQUA E CIBO DELLA MONTAGNA Giuseppe Dematteis e Alberto Di Gioia (Associazione Dislivelli)

Negli anni 2015-2017 l’associazione Dislivelli di Torino ha condotto la ricerca Intermont1 sugli scambi tra montagna e città all’interno della Città metropolitana di Torino (CMTo), dove la montagna occupa il 60,5% (4.130 Km²) del territorio e conta 276.000 abitanti. La ricerca ha analizzato i flussi di beni, servizi e persone che intercorrono annualmente tra le due parti in cui è stata divisa la CMTo: la montagna (M) e il resto del territorio metropolitano(C), formato dal polo di Torino e dagli altri comuni pedemontani variamente urbanizzati, considerati nel loro insieme come “città”.

Una parte dei flussi rilevati riguardano l’alimentazione. Anzitutto l’acqua, poiché circa il 90 % delle acque superficiali e sotterranee utilizzate in C (1.700 milioni di m²) vengono da M. Oltre ad essere il principale acquirente delle acque imbottigliate prodotte da M, C dipende dalla montagna per l’acqua potabile e per l’acqua di irrigazione incorporata nelle produzioni vegetali e animali del suo territorio, in misura non indifferente, anche se difficilmente quantificabile..

Per quanto riguarda il valore di mercato, la voce più importante degli scambi alimentari è quella che deriva dalle coltivazioni montane (principalmente patate, mais, ortaggi, mele, pesche, kiwi, piccoli frutti, castagne e uva vinificata sul posto), dall’allevamento bovino e ovi-caprino (latte, latticini, carni) e dall’apicoltura. Piccoli flussi vengono anche dalla raccolta dei funghi, dalla pesca e dalla caccia.

Poiché la nostra metro-montagna è molto varia al suo interno, per capire il suo apporto ai consumi di cibo del pedemonte urbano, vanno considerate le sue principali diversità interne. A tal scopo la ricerca Intermont ha suddiviso la montagna metropolitana in aree omogenee che, per quanto

1 I risultati sono pubblicati nel libro L’interscambio montagna città, curato da G. Dematteis, F. Corrado, A. Di Gioia e E. Durbiano, edito da F. Angeli nel 2017

riguarda il discorso sulla produzione di cibo possono essere aggregate in due grandi zone: quella peri-urbana delle basse valli (1.787 km2 , 250.000 abitanti) e quella interna (2.341 km2 , 26.000 abitanti).

Flussi annui delle principali produzioni alimentari M → C

Montagna peri-urbana

Montagna interna Totale

montagna

Milioni di euro

% Milioni di

euro %

Acque imbottigliate 13 2 15 Produzioni agrarie 6 1 7

Latte e latticini 36 13 49 totali 55 16 71

Fonte: ricerca Intermont relativa agli anni 2016-‘17

Come si vede dalla tabella il loro apporto al rifornimento della città pedemontana vede una forte prevalenza quantitativa della zona peri-urbana. Sotto l’aspetto qualitativo prevale invece leggermente la montagna interna, con 11 marchi di prodotti tipici (“Prodotti del Paniere CMTo”) contro i 10 presenti nella montagna peri-urbana.

In una prospettiva di sviluppo futuro le attese maggiori riguardano le produzioni di qualità ad alto valore aggiunto della montagna interna, per due motivi. Il primo è che esse si prestano ad essere notevolmente incrementate, mettendo a coltura vaste estensioni di terreni abbandonati. Il secondo è che la montagna interna spopolata viene percepita come uno spazio favorevole a esperienze imprenditoriali innovative sia da parte di giovani già residenti, sia da parte di nuovi insediati, attratti dai valori naturalistici e culturali degli ambienti montani. Ma perché questo processo possa partire per poi sostenersi da solo, occorreranno investimenti pubblici iniziali in infrastrutture e servizi che rendano la montagna abitabile ed economicamente competitiva. Inoltre le numerose piccole imprese locali dovranno sempre più far rete tra loro e con i consumatori della città.

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4.6 LE GEOGRAFIE DEL CONSUMO DI CIBO A TORINO: UN’ANALISI DEI DATI DI TRIP ADVISOR Alessia Calafiore

• CROWDSOURCING

• TRIPADVISOR Negli ultimi anni le piattaforme web per recensire attivita’ commerciali sono aumentate notevolmente. Trip Advisor e’ una tra le piu’ utilizzate per la recensione di ristoranti e alberghi. Come geografi ci siamo chiesti se fosse possibile riconoscere le geografie del consumo di cibo nei ristoranti torinesi tramite l’analisi dei dati estratti dalla piattaforma. Il campione di dati raccolti copre le recensioni degli ultimi 10 anni, dal 2008 al 2017. Il numero di ristoranti di Torino recensiti sulla piattaforma nel 2017 ammonta a 1886. Di ogni ristorante abbiamo analizzato informazioni riguardanti il tipo di cucina e il prezzo. Per quel che riguarda la cucina il 63% dei ristoranti offre cucina italiana, percentuale che arriva a 73% considerando i ristoranti taggati come pizzeria. Solo il 4% e il 3% sono rispettivamente ristoranti di cucina cinese e giapponese, i piu’ numerosi tra i ristoranti non italiani. La distribuzione delle fasce di prezzo vede una prevalenza di ristoranti nella fascia media (42%).

Di ogni ristorante abbiamo estratto le review postate dal 2008 e analizzato la loro distribuzione nel tempo e nello spazio. Il numero di recensioni e’ notavolmente aumentato negli anni a fronte di una sempre maggiore diffusione della piattaforma. Nel 2008 contiamo un numero totale di recensioni pari a 374, mentre nel 2017 sono state postate ben 83.000 recensioni. Il maggiore incremento nell’uso della piattaforma, rispetto il dataset da noi analizzato, si registra tra il 2010 e il 2011. Tuttavia, il numero di recensioni non ha mai smesso di crescere indicando che l’uso di Trip Advisor ancora non ha raggiunto il suo apice. La distribuzione spaziale delle recensioni e’ stata analizzata sulla base di diversi gruppi di utenti. In primo luogo abbiamo differenziato tre tipologie di utenti sulla base della

loro provenienza: torinesi (28.000 utenti), turisti italiani (45.404 utenti) e turisti stranieri (15.863 utenti). Il numero medio di recensioni per utente varia dalle 3 recensioni per gli utenti torinesi, che hanno piu’ opportunita’ di visitare i ristoranti della citta’, alle 2 e 1 recensione in media per i turisti rispettivamente italiani e stranieri.

Le geografie di questi tre gruppi mostrano un differente tendenza nell’uso della citta’. Le recensioni prodotte dai torinesi hanno una concentrazione policentrica con picchi nel quadrilatero romano, nella zona attorno alle due piazze centrali, Piazza Vittorio e Piazza Castello collegate da Via Po, e nel quartiere di San Salvario. I turisti italiani scelgono aree molto simili a quelle scelte dai torinesi, benche’ si riscontri una quantita’ di recensioni minore nelle aree periferiche della citta’ con eccezione della nota catena “Eataly” in zona Lingotto. I turisti stranieri a differenza dei precedenti gruppi recensiscono quasi esclusivamente ristoranti nella zona centrale della citta’, tuttavia il numero massimo di recensioni si registra nei ristoranti di “Eataly”.

I comportamenti degli utenti sono stati analizzati anche utilizzando un algoritmo di clustering detto K-means. L’algoritmo e’ stato applicato per raggruppare gli utenti che scelgono di recensire ristoranti spazialmente piu’ vicini. Da quest’analisi e’ emerso un numero piuttosto significativo di utenti (1119) che recensisce quasi esclusivamente ristoranti localizzati nell’area di San Salvario. Questo conferma la vocazione di un quartiere, spesso associato alla cosiddetta movida, che accoglie sempre piu’ attivita’ di svago come quella di andare a mangiare fuori.

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4.7 LA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA1 Daniele Albano, Davide Spataro, Maria Fernanda Vergara Miranda, Andrea

Zaccagni, Jin Zhu

La sigla Gdo è il frutto dell’incrocio di due acronimi: Grande Distribuzione (Gd) e Distribuzione Organizzata (Do)2. La Do (detta anche Distribuzione Associata) è una concentrazione di catene di punti vendita, con a capo operatori commerciali in gran parte di media o piccola dimensione economica e finanziaria. Si tratta di punti vendita distinti tra loro da un punto di vista giuridico, ma che collaborano associandosi a una società consortile3 in virtù di uno scopo comune. Nonostante un margine di autonomia gestionale, l’affiliazione alla Do prevede il rispetto di una serie di obblighi relativamente a: la contrattazione degli acquisti, la logistica, le insegne, le modalità di utilizzo del marchio e in termini più generali, le politiche di marketing e la strategia commerciale. In Italia, gli operatori della Do sono così classificabili: Do Coop Italia, Conad, Telex G.C., Destar, Vegge, Sia, Sigma, Cria, Agorà, C3, Gruppo Su, MD, Ce.Di.Gros e Coralis. Si tratta di realtà giuridiche che operano in via principale come cooperative o consorzi, ma che in alcuni casi si costituiscono S.p.A. o S.r.l.. Il legame giuridico che si instaura tra i diversi affiliati all’interno di un operatore Do può essere diverso: alcune aziende possono essere associate direttamente alla struttura di riferimento centrale, mentre altre ricorrono al contratto di “affiliazione commerciale”4. In alcuni casi, quali Selex G.C. e Crai, sono presenti entrambe le forme di aggregazione, a seconda delle caratteristiche dei punti vendita associati.

1 Il presente contributo è frutto del lavoro degli studenti Daniele Albano, Davide Spataro, Maria

Fernanda Vergara Miranda, Andrea Zaccagni, Jin Zhu svolto nell’ambito del Laboratorio di Innovazione del Corso di studi in Design Sistemico (Politecnico di Torino), per la realizzazione del progetto “tipico” visionabile al seguente link: http://www.innovationdesignlab.it/progetti-show/tipico-san-salvario-le-commerce-dei-tuoi-fornitori-di-fiducia. 2 Centrali d’acquisto e gruppi distributivi alimentari in Italia 2017 , Distribuzione Moderna, Edizione DM S.r.l., Milano, Ottobre 2017.

Se la DO prevede l’aggregazione di una serie di soggetti di piccole dimensioni, le catene di punti vendita facenti capo a un’unica impresa o gruppo societario di impresa, si considerano appartenenti alla Grande Distribuzione. In Italia sono usualmente classificate come appartenenti alla Gd le seguenti catene di vendita: Esselunga, Auchan, Carrefour, Finiper, Gruppo Pam, Bennet, Lidl Italia, Eurospin ecc. La caratteristica principale della GDO è la creazione di un unico polo commerciale, identificato da una casa madre (Gd) o da un gruppo consortile (Do), con all’interno la presenza di tutte, o quasi, le tipologie di distribuzione (ipermercati, supermercati, local e discount, come si

approfondirà in seguito). Verso la fine degli anni ottanta, in presenza di un mercato eccessivamente frammentato dovuto alla presenza di numerose insegne nella GDO, è sorta l’esigenza di creare delle alleanze tra le catene distributive –le cosiddette “supercentrali d’acquisto”– per aumentare il potere di contrattazione commerciale nei confronti dell’industria agroalimentare, tramite una negoziazione collettiva con i fornitori. Tali alleanze hanno assunto la forma di contratti di mandato alla negoziazione degli acquisti in forma collettiva oppure, nel caso in cui si costituisca una vera e propria società, di negoziazione degli acquisti per i propri soci. Occorre comunque precisare che le supercentrali d’acquisto non effettuano direttamente gli acquisti per le imprese associate, ma si limitano a stabilire, tramite accordi quadro, le condizioni generali in base alle quali tali acquisti devono essere effettuati. Spetterà poi alle singole catene distributive agire da centrale d’acquisto per il proprio gruppo e per i propri affiliati. Da tali negoziazioni vengono comunque esclusi i prodotti della marca commerciale, quelli di “primo prezzo” e di parte dei prodotti freschi, la cui contrattazione avviene a livello locale. Le supercentrali d’acquisto, tramite i loro accordi quadro, consentono in linea generale una maggiore trasparenza nelle trattative, prezzi d’acquisto migliori, certezze nei pagamenti, una garanzia di prevenire possibili frodi fiscali e assicurare un flusso costante nelle forniture5.

3 Una società consortile corrisponde all’aggregazione strategica di più società giuridicamente distinte che creano un servizio per perseguire scopi comuni. Un caso tipico in questo senso è costituito dalle cooperative. 4 Con l’espressione “affiliazione commerciale”, il legislatore italiano definisce, dal 2004, il contratto, così come il rapporto che deriva dallo stesso, individuati nei paesi anglofoni con il termine franchising (v.). (Lessico del XXI Secolo, Treccani, 2012) 5 “Central Purchasing Bodies”, Support for Improvement in Governance and Management (SIGMA), Parigi, Francia, 2011.

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Figura n°1: Divisone della GDO. Fonte: elaborazione propria. • LA GDO A TORINO

Nel comune di Torino e nella prima cintura, la GDO è molto variegata e spazia dai centri commerciali organizzati ai singoli negozi di vendita. Secondo l’Osservatorio regionale del commercio della Regione Piemonte6 nel territorio Metropolitano sono presenti 29 ipermercati per una superficie complessiva di 200.252 mq, di cui il 52% (104.485 mq) destinata all’alimentare; 366 supermercati e 244 minimercati alimentari. Osservando i dati, si nota quindi la presenza di molti esercizi di piccole dimensioni e pochi centri commerciali, la cui estensione in termini di superficie di vendita supera di gran lunga i piccoli negozi.

6 Il commercio in Piemonte 2015, Osservatorio regionale del commercio, Regione Piemonte, 2015.

Dall’indagine condotta nel 2010 dal nome “Città, Commercio e Grandi Eventi”7, è emerso come i centri commerciali riescano a coprire quasi tutta l’area metropolitana di Torino e come intorno agli stessi nascano delle attività, talvolta indipendenti, che possono aumentare l’offerta commerciale proposta. Inoltre è opportuno evidenziare come a Torino siano presenti aree dedicate al commercio non facente parte della grande distribuzione organizzata come i mercati e zone dove piccoli negozi appartenenti alla grande distribuzione food e no-food creano intorno a sé centri commerciali naturali.

Tabella n°1: Numero di strutture della GDO situate nel terriotrio Metropolitano e Torino. Fonte: Elaborazione propria basata sui dati dell’Osservatorio regionale del commercio, Regione Piemonte 2015.

7 Città, commercio e grandi eventi, Appunti di politica territoriale, 12, Celid, Torino, 2010.

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• DIVISIONE DELLA GDO SUL TERRITORIO

Sia le catene distributive appartenenti alla Gd sia quelle appartenenti alla Do condividono tecniche di commercializzazione e differenziazione in base alle tipologie di vendita e di superficie. La suddivisione standard prevede la distinzione tra superette, supermercati, superstore, ipermercati e discount, distinti per tipologia di vendita, esposizione e superficie di vendita. Ogni catena può presentare una particolare organizzazione interna ma è possibile ragionare su ogni catena facendo riferimento a ipermercato, supermercato, local8 e discount. Negli schemi sono riportati tutti i marchi della GDO, divisi per tipologia, presenti sul territorio di Torino. • IPERMERCATO

L'ipermercato rappresenta la tipologia più grande per superficie della GDO. È caratterizzato da un'area attrezzata per la vendita al dettaglio con superficie di vendita superiore ai 2.500m². Nella maggior parte dei casi è collocato in una struttura più ampia quali i centri commerciali, che consentono di avere i servizi aggiuntivi (es. agenzie di viaggio, negozi di abbigliamento etc.). L‘offerta è vasta e diversificata, spaziando da prodotti a marchio del distributore9 a forniture di altri brand sia food sia no-food.

Figura n°2 e n° 3: Marchi degli Ipermercati presenti a Torino (2) e ubicazione (3). Fonte: Elaborazione propria.

• SUPERMERCATO

8 La definizione local è utilizzata al posto della definizione superette, inglobando sia il franchising, sia tutte le differenze che si possono riscontrare nelle diverse aziende.

Il supermercato è un punto vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo, le sue dimensioni posso variare in base alle varie insegne ma generalmente hanno una superficie compresa tra 400 m² e i 2.500 m². Le caratteristiche principali di tali punti vendita consistono in un’offerta ampia, in modo simile agli ipermercati, e nella vicinanza geografica ai quartieri residenziali (cfr. elaborazione grafica).

9 Anche detti MDD, differenziati in prodotti primo prezzo, ovvero quelli più economici offerti, e prodotti premium, con costi e qualità superiori.

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Figura n°4 e n° 5: Marchi dei supermercati presenti a Torino (4) e distribuzione territoriale nella città di Torino (5). Fonte: Elaborazione propria.

• LOCAL

Il local è un punto vendita compreso tra i 100 m² e i 400 m² . Operano come negozio di prossimità e presentano una scelta di prodotti limitata sia in termini di tipologia sia di fascia di prezzo rispetto ad altri canali di vendita, prediligendo i prodotti locali ma conservando i prodotti a marchio del distributore.

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Figura n°6 e n° 7: Marchi dei local presenti a Torino (6) e distribuzione territoriale nella città di Torino (7). Fonte: Elaborazione propria.

• DISCOUNT

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Il discount o negozio di sconto è un punto vendita al dettaglio specializzato nella vendita di prodotti di largo consumo il cui assortimento è, in via generale, meno vario e a prezzi maggiormente competitivi rispetto ad altri canali di vendita10. La superficie di un discount si assesta intorno ai 1000 m², e presenta un’estetica spaziale essenziale. In Italia i discount sono il gruppo GD che presenta il fatturato maggiore rispetto agli altri marchi; l’anomala presenza di discount di dimensioni pari o superiori a quelle dei supermercati è un’ulteriore prova della forza di questi gruppi commerciali.

Figura n°8 e n°9: Marchi dei local presenti a Torino (8) e distribuzione territoriale nella città di Torino (9). Fonte: Elaborazione propria.

10 Discount, Wikipedia, l’enciclopedia libera , 29 Aprile 2018.

• DISCOUNT E REDDITO11

11 Fonte: elaborazione propria. Dati del reddito 2015.

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Se confrontata con la spazializzazione del reddito medio pro-capite12, si nota come i principali discount nella città di Torino siano collocati in via principale in aree con un reddito pro-capite medio basso, ad eccezione di Lidi.

Figura n°10: Confronto tra mappa del reddito e la disposizione territoriale nel territorio di Torino. Fonte: Elaborazione propria.

12 Mappa del reddito rappresentata per zona statistica presa dal Diciottesimo Rapporto Rota 2015, su elaborazione dei dati 2009 dell’Agenzia dell’entrate di Torino.

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4.8 UN’ANALISI SPAZIALE DEL

SISTEMA DEL CIBO NELL’AREA

FUNZIONALE URBANA DI TORINO Ilaria Vittone

Il seguente contributo riprende parte delle analisi svolte per la stesura della tesi di laurea magistrale in Pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistico-ambientale dal titolo “Edible landscape: tutela e pianificazione del sistema locale del cibo. Un modello per la Functional Urban Area torinese” (Relatore Prof.essa Claudia Cassatella, Co-relatore Arch. Enrico Gottero), discussa nella sessione di laurea di dicembre 2016 al Politecnico di Torino.

La tesi, dopo una prima parte volta a fornire un quadro generale sulla tematica del food planning, si incentra sull’analisi del sistema del cibo dell’area funzionale urbana di Torino attraverso l’applicazione del metodo contenuto nel progetto europeo FoodMetres che permette di valutare la capacità produttiva del territorio in relazione alla domanda alimentare generata dallo stesso e fornisce una descrizione del contesto alla base di future strategie alimentari e piani del cibo.

Il progetto FoodMetres Al livello europeo si osservano molteplici progetti e programmi che si occupano direttamente o indirettamente dell’alimentazione e del cibo. Alcuni sono maggiormente incentrati sugli aspetti legati ad una corretta alimentazione e a stili di vita salutari altri, invece, si focalizzano maggiormente sulla tematica della sostenibilità del sistema del cibo e sui suoi aspetti territoriali.

Il progetto FoodMetres, acronimo di “Food Planning and Innovation for Sustainable Metropolitan Regions”, si prefigge di valutare gli impatti

ambientali e socio-economici delle catene alimentari per quanto riguarda la dimensione spaziale, logistica, delle risorse, della sicurezza e della qualità del cibo (Wascher et al., 2013). L’obiettivo principale è quello di favorire un approccio spazialmente esplicito alla pianificazione del sistema del cibo. Finanziato dall’Unione Europea e durato per un periodo di tre anni, il progetto ha coinvolto 18 partener accademici e aziendali impegnati in una serie di ricerche, strumenti e esercizi. Il progetto incorpora una dimensione internazionale ed una maggiormente incentrata su casi studio a livello regionale delle città e delle aree metropolitane di Rotterdam, Berlino Londra, Milano, Lubiana e Nairobi.

Il progetto ha identificato concetti e esempi pratici delle catene alimentari innovative, passando per differenti scale e forme di agricoltura e produzione di cibo, con particolare attenzione le innovazioni nei sistemi del cibo, come i regimi eco-industriali e le reti sociali, orientate verso l’alimentazione delle popolazioni urbane, nonché il ruolo attivo che gli attori locali assumono nella promozione e nell’applicazione dell’innovazione al fine di rendere le catene urbane di approvvigionamento alimentare più sostenibili (Wascher et al., 2013).

A livello spaziale il progetto prende in considerazione tre aree d’analisi: quella locale, chiamata LAS (Local Agro-Food Systems), quella metropolitana, chiamata MAS (Metropolitan Agro-Food Systems) e quella globale, chiamata GAS (Global Agro-Food Systems). Il sistema agroalimentare globale (GAS) è caratterizzato da importazioni di prodotti alimentari da luoghi remoti e lontani da quelli di consumo. Questo è il caso della frutta esotica, del caffè, del tè, del cioccolato, delle spezie e di tutti quei prodotti specifici di una determinata località. Esaminando il sistema agroalimentare metropolitano (MAS) Sali et al. nel 2013 ne hanno identificato due caratteristiche principali: la prima è che il MAS può essere individuato facendo riferimento ai concetti usati nelle analisi geografiche e urbanistiche come lo sprawl urbano, l’accessibilità, la mobilità, i trasporti, etc.; la seconda si basa sulla capacità dei territori rurali limitrofi alla città di soddisfare la totalità o parte della domanda di cibo della popolazione. Una seconda definizione fornita da Latesteijn nel 2008 individua un sistema che, intelligentemente, collega i luoghi della produzione agricola, frutto di risorse, condizioni e infrastrutture dell’area

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metropolitana, al fine di soddisfare una domanda materiale e immateriale generate dalla medesima area metropolitana.

Per quanto riguarda il sistema agroalimentare locale (LAS) i consumatori lo associano alle produzioni cresciute e trasformate localmente o nei territori dove viengono commercializzate (Sali et al., 2013). Definizioni alternative si riferiscono a “iniziative alimentari alternative” (Allen at al., 2003), “sistemi locali del cibo” (Hinrichs, 2000) e filiere alimentari alternative (Alternative Agro-Food Networks – AAFNs) o filiere corte.

I sistemi agroalimentari sono, quindi, caratterizzati da una forte componente territoriale, derivano dalle interazioni tra la dimensione spaziale e le fasi che portano dalla produzione al consumo (Wascher et al., 2013) e risultano, quindi, strutturati in quattro componenti principali:

• gli attori coinvolti (numero e ruoli); • le relazioni che avvengono tra gli attori;

• la collocazione in un particolare sistema (LAS, MAS o GAS);

• la distanza tra gli attori.

Per i suoi scopi e per facilitare le analisi, il progetto FoodMetres suddivide i sistemi agroalimentari in due parti:

• una componente geografica e demografica che genera la domanda e l’offerta di cibo collegata agli usi del suolo, all’urbanizzazione, alla rete di collegamenti stradali, alla fertilità dei suoli, alle condizioni climatiche, alla disponibilità di risorse e alla loro qualità, etc.;

• un contesto socio-economico costituito da relazioni tra differenti attori quali coltivatori, commercianti, rivenditori, consumatori, industrie alimentari, grossisti e la grande distribuzione.

Centrale nell’approccio di FoodMetres è lo sviluppo di una serie di strumenti complementari:

• esempi innovativi che colleghino la catena alimentare e le sue funzioni caratteristiche a differenti aspetti ed indicatori di performance;

• una tipologia di filiera corta che serva da riferimento per realizzare delle Valutazioni di Impatto Sostenibile (SIA Sustainability Impact Assessment), con criteri socio-economici e ambientali, testata durante workshop interattivi (KB Knowledge Brokerage);

• Knowledge Brokerage (KB), strumento volto all’interazione degli attori in supporto alle innovazioni nei sistemi del cibo;

• tre strumenti per la valutazione dell’impronta ambientale metropolitana pensati per inquadrare, comunicare e gestire gli impatti del sistema del cibo metropolitana:

• Metropolitan Economic Balance Assessment (MEBA) che, attraverso un approccio economico, valuta l’equilibrio domanda-offerta all’interno della regione metropolitana;

• Metropolitan Area Profile and Scenario (MAPS) strumento di domanda che, attraverso un semplice approccio basato sui dati, valuta differenti regimi di produzione (es: biologico) e di consumo (es: vegetariano);

• Metropolitan Foodscape Planner (MFP) strumento di offerta che permette agli attori di rilocalizzare fino a dieci materie prime sulla base di principi paesaggistici-ecologici mentre ne misura l’impronta ecologica;

• una valutazione delle politiche di sviluppo rurale riguardante le differenti filiere corte a livello di stakeholders e gruppi di esperti;

• una valutazione della qualità e della sicurezza del cibo sulla base di indicatori sulla base delle specificità del sistema del cibo.

Uno dei contributi principali è stato quello di rendere visibili, attraverso mappe interattive, la domanda e l’offerta di cibo nelle aree metropolitane analizzate; ciò ha reso più chiare agli stakeholders le possibilità per aumentare i livelli di autosufficienza del sistema del cibo.

Il progetto FoodMetres, quindi, invita il settore agroalimentare, la società civile, i pianificatori e gli amministratori a potenziare le risorse delle aree metropolitane al fine di rendere il sistema del cibo sempre più sostenibile e autosufficiente.

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L’analisi dell’area funzionale urbana torinese Il lavoro di tesi ha cercato di riproporre la metodologia individuata dal progetto nella fase incentrata sull’analisi dei sistemi del cibo. Per far ciò si è partiti con l’individuazione dell’area di studio e con un’analisi in grado di descrivere gli aspetti legati alla produzione alimentare. Questo ha permesso, successivamente, di esaminare la dimensione spaziale del sistema del cibo, caratterizzata da una componente globale, una metropolitana e una locale.

In seguito si sono valutati la domanda e l’offerta alimentare del territorio in modo da mettere in luce eventuali aree in cui l’offerta non sia in grado di soddisfare la domanda.

Lo strumento denominato Metropolitan Area Profile and Scenario (MAPS), infine, ha permesso di rappresentare graficamente le aree necessarie a soddisfare la domanda alimentare e di valutare l’autosufficienza delle singole municipalità costituenti l’area di studio. Questo strumento sarà alla base dell’individuazione di scenari che possano, attraverso variazioni degli usi del suolo e creazioni di nuove filiere corte, migliorare l’offerta alimentare dei territori.

Il progetto si focalizza sull’area funzionale urbana così come individuata dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) limitrofa alla città. La FUA può essere definita come il bacino di gravitazione degli spostamenti per motivi lavorativi (sistemi locali del lavoro) di almeno 50 mila abitanti intorno ad un Comune centro (Urban core) di almeno 15 mila abitanti.

Al fine di poter individuare politiche relative ai sistemi del cibo adeguate al territorio in cui si opera risultano utili modelli analitici in grado di determinare l’estensione spaziale delle aree agricole necessarie a fornire alla popolazione cibo a sufficienza rispettando l’equilibrio tra produzione e consumo. Il progetto FoodMetres ha, quindi, individuato due differenti approcci metodologici al problema, il primo si occupa di analizzare la quantità di aree agricole necessarie per la produzione di cibo ponendosi la domanda “quanto?”, la seconda valuta la distribuzione dei differenti usi agricoli utili alla produzione domandandosi “dove?”. Entrambi i modelli

presentano approcci differenti dal punto di vista metodologico, di dati utilizzati e di gradi di interazione degli stakeholder. Nell’approccio di FoodMetres lo strumento che valuta l’area richiesta per l’offerta di cibo è denominato Metropolitan Area Profile and Scenario (MAPS) e adotta un approccio basato sui dati al fine di connettere la domanda alimentare, espressa in ettari, con le aree di produzione. Lo strumento che si occupa dell’individuazione degli attuali e dei possibili luoghi della produzione, invece, è denominato Metropolitan Foodscape Planner (MFP) e consiste in un’interfaccia Gis in grado di localizzare sul territorio gli impatti delle scelte in materia di sistemi del cibo. Non è stato possibile, però, costruire quest’ultimo strumento per l’area funzionale torinese in quanto si sono riscontrati problemi di reperibilità dei dati e di eccessiva aggregazione di quelli relativi agli usi del suolo. Questi ultimi, ricavati del Piano Forestale Territoriale della Regione Piemonte e dall’Urban Atlas, si sono dimostrati l’unica fonte di dati, in formato “shape” utilizzabile con tecnologia GIS, in grado di coprire interamente il territorio della FUA, ma con un grado di aggregazione che non ha permesso la distinzione delle categorie alimentari utili alla realizzazione del MFP.

Si è potuto costruire, invece, per il territorio della FUA, lo strumento MAPS che, oltre a individuare l’area totale per la produzione alimentare permette di analizzare i livelli teorici di autosufficienza e di ipotizzare scenari riguardanti differenti modalità produttive (es. biologico) e di cambiamenti demografici.

Al fine di individuare gli ettari di aree agricole necessarie al sostentamento della popolazione residente, data l’eterogeneità dei prodotti considerati, i consumi di ogni sottocategoria sono stati standardizzati convertendoli in consumo calorico. Grazie ai dati provenienti dall’ INRAN - Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione è stato, quindi, possibile associare ad ogni prodotto rappresentativo di ogni sottocategoria il suo apporto calorico.

I consumi in termini di kcal per categoria alimentare sono poi stati ricondotti alla quantità equivalente di frumento, attraverso l’apporto calorico dello stesso scelto come prodotto di riferimento. I valori così ottenuti sono stati convertiti in ettari, grazie al valore di resa media in modo da esprimere la quantità di superficie totale a cui corrispondono i consumi.

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Per l’offerta, invece, si è ipotizzato che tutta la superficie agraria utilizzata sia interamente destinata a frumento in modo da determinare le potenzialità produttive di ogni Comune.

Si è potuto, quindi, confrontare ottenere i bilanci alimentari attraverso la differenza tra le superfici offerte e domandate sia a livello comunale sia a livello di categoria alimentare (Tab. 1).

* esclude la domanda di prodotti trasformati

Tab. 1 – Le percentuali di soddisfacimento del fabbisogno nella FUA (Fonte:

elaborazione propria, 2016)

Attraverso il rapporto tra le superfici, inoltre, si sono calcolate le percentuali di autosufficienza delle municipalità notando come 24 Comuni appartenenti alla FUA non siano potenzialmente in grado di soddisfare la domanda generata dai loro territori. Di questi dieci sono ricedenti nel nucleo più densamente abitato mentre i restanti presentano quantità

domandate elevate rispetto alle ridotte superfici comunali o territori con estese superfici boschive inadatte alla produzione agricola. Per quanto riguarda i Comuni in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazione insediata, essi sono caratterizzati da ampie porzioni del loro territorio a destinazione agricola.

A livello complessivo l’area torinese presenta un percentuale di autosufficienza alimentare pari al 92% indicando il quasi totale soddisfacimento della domanda del territorio all’interno dello stesso.

Lo strumento MAPS, infine, individua anche una rappresentazione grafica dell’area necessaria a soddisfare la domanda alimentare (Carta 1). L’area è rappresentata da un cerchio con raggio calcolato in funzione della superficie agricola dei comuni e della sua incidenza sulla superficie territoriale totale.

Il cerchio rappresenta, quindi, l’area aggregata all’interno della quale sarà possibile ritrovare la superficie necessaria al sostentamento del territorio in relazione alla diffusione della SAU in esso presente.

Risulta chiara, quindi, l’importanza delle aree periurbane al fine del soddisfacimento della domanda alimentare dei Comuni più densamente abitati.

Questo metodo, nonostante rappresenti una semplificazione, si mostra utile al fine di ottenere un quadro generale delle caratteristiche territoriali e mette in luce come l’agricoltura di ambito metropolitano e di prossimità possano diventare un mezzo di sostentamento per quelle aree con un bilancio alimentare in deficit.

Categoria Soddisfacimento

fabbisogno

Frutta* 8%

Uva da vino 6%

Verdura* 15%

Legumi 116%

Oli vegetali 1%

Patate 11%

Barbabietola da

zucchero 0%

Grano 32%

Riso 9%

Bovini* 123%

Latte* 223%

Avicoli* 46%

Uova 44%

Suini* 82%

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ATLANTE del CIBO 211

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Hinrichs C. (2000) Embeddedness and local food systems: notes on two

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4.9 PRATICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA E ALLO SPRECO ALIMENTARE A PINEROLO Erica Rapello

In Italia le eccedenze alimentari prodotte dal sistema alimentare ammontano a circa 5.590.000 tonnellate annue, delle quali il 91%, cioè 5.110.000 tonnellate circa si trasformano in spreco1. Al contempo, 1.619.000 famiglie italiane si trovano in condizioni di povertà assoluta, per un totale di 4.742.000 individui e cioè il 7,9% della popolazione nazionale2.

A fronte di questi dati sono nati e si moltiplicano servizi di aiuto alimentare che agiscono generalmente alla scala locale. Nel suo primo rapporto l’Atlante del cibo ha ricostruito il sistema del cibo di emergenza della Città di Torino, sottolineando la coesistenza di iniziative differenti, che affrontano la povertà alimentare attraverso pratiche molto diverse tra loro. Una situazione analoga a quella rilevata nel contesto torinese, seppur su scala nettamente minore, è riscontrabile in riferimento al sistema alimentare d’emergenza di Pinerolo e del Pinerolese. Tale sistema si struttura attorno a tre organizzazioni principali, le quali si occupano del recupero e della redistribuzione delle eccedenze alimentari prodotte sul territorio, contribuendo alla riduzione degli sprechi di cibo nell’area e aiutando le famiglie e gli individui in difficoltà. Ciascuna delle tre realtà ha adottato una struttura organizzativa propria, intraprendendo attività che hanno sì lo scopo comune di sopperire al bisogno di cibo, ma che sono nella pratica differenti. Le tre organizzazioni hanno tutte sede a Pinerolo e operano principalmente sul territorio comunale, tuttavia, alcune delle loro attività, coinvolgono anche attori e risorse dei comuni limitrofi.

1 Garrone, P., Melacini, M., & Perego, A. (2015). Surplus food management against food waste. Politecnico di Milano, Milan, Italy.

La prima progettualità, attiva nel recupero e nella redistribuzione di eccedenze alimentari nel Pinerolese, è rappresentata dall’ associazione Onlus Buon Samaritano. Le attività dell’associazione si compongono sostanzialmente del recupero diretto delle eccedenze e della distribuzione dei prodotti raccolti alle famiglie indigenti in forma di “pacco alimentare”. Gli alimenti raccolti e i luoghi di raccolta sono di varia natura: il recupero avviene principalmente dal mercato rionale di Pinerolo e da alcuni supermercati ma coinvolge, talvolta, anche piccoli negozi al dettaglio e produttori agricoli diretti; i generi alimentari spaziano dalla frutta e verdura ai prodotti confezionati, ai formaggi e, di tanto in tanto, includono anche carne e pesce. I pacchi alimentari preparati dall’associazione vengono consegnati ai beneficiari una volta alla settimana; hanno una composizione il più possibile varia di prodotti, a seconda delle disponibilità della settimana, e sono predisposti anche in funzione delle caratteristiche delle famiglie di utenti. Le attività dell’associazione sono interamente svolte da personale volontario e permettono di raccogliere circa 50.200 kg di eccedenze all’anno e di aiutare circa 70 famiglie alla settimana.

La seconda realtà, facente parte del sistema alimentare d’emergenza del Pinerolese, è costituita dalla mensa del Centro Diurno di Pinerolo, gestita da un’apposita cooperativa del Consorzio di Cooperative Coesa. L’attività della mensa consiste nella distribuzione di pasti pronti recuperati da alcuni servizi di ristorazione collettiva del Comune di Pinerolo. I beneficiari del servizio possono ricevere tre pasti al giorno e, se non hanno a disposizione un’abitazione o un luogo in cui mangiare, possono consumarli direttamente in loco. Le azioni di recupero riguardano, nello specifico, tre servizi di ristorazione scolastica, due mense di case di riposo e il servizio di ristorazione per i dipendenti dell’Azienda Sanitaria Locale; oltre alle donazioni da parte di questi enti, i quali forniscono esclusivamente pasti pronti, la mensa del Centro Diurno beneficia, talvolta, di donazioni in natura da parte di commercianti locali o in denaro da parte di privati. L’attività della mensa è sostenuta in parte da volontari e in parte da operatori

2 Istat (2017). La povertà in Italia. Anno 2016.

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retribuiti e consente giornalmente la distribuzione di pasti a 35/40 persone in media.

La terza organizzazione attiva nel sistema del cibo di emergenza del Pinerolese è il Centro Ecumenico d’Ascolto – C.E.A., il quale presta impegno nelle attività di recupero e redistribuzione delle eccedenze alimentari attraverso l’Emporio Solidale “Una goccia”. L’emporio presenta un funzionamento simile a un minimarket, nel quale gli utenti possono scegliere cosa preferiscono “acquistare” in base alle disponibilità del momento. L’attività di recupero degli alimenti destinati alla redistribuzione nell’emporio viene effettuata per la maggior parte da supermercati della zona e, oltre a ciò, coinvolge saltuariamente alcuni produttori agricoli. L’attività di distribuzione all’interno dell’emporio è regolata da un punteggio assegnato a ciascun utente e collegato al Codice Fiscale; il beneficiario ha così la possibilità di scegliere i prodotti che intende acquistare e pagarli tramite i punti assegnati, riacquisendo lo status di consumatore. Nella gestione delle attività dell’Emporio Solidale sono coinvolti circa 40 soci del C.E.A. i quali collaborano a titolo completamente gratuito, in qualità di volontari. Il C.E.A. ha stimato che in media, dall’avvio dell’attività, sono passate per l’Emporio Solidale circa 105 tonnellate di alimenti all’anno.

Attualmente le tre organizzazioni collaborano tra loro e con altri enti, compresi quelli istituzionali, solo saltuariamente e, per il momento, non si può dire che esista una vera e propria rete di collaborazione nel campo della gestione delle eccedenze alimentari nel Pinerolese.

Nonostante le realtà attive nella raccolta e redistribuzione delle eccedenze alimentari operino sullo stesso territorio, e, nonostante rispondano apparentemente agli stessi bisogni, si evidenzia dunque che, nella pratica, queste operano in maniera differente, seguendo iter molto diversi.