4 agosto
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Ready4AfricaNews - ANNO III, N.19
Giovedì 4 Agosto abbiamo speso la mattina a disinfestare gli alloggi di don
Romano dalla nostra infezione gastrointestinale (insomma chi stava bene ha fatto le pulizie...) e il pomeriggio c’è stata la
lunga odissea in matatu per tornare a Nairobi. Abbiamo deciso quindi di inserire in questo numero articoli sparsi che nei giorni
scorsi non sono stati pubblicati...
Giovedì 4 AGOSTO 2011
Ritorno a Nairobi
ANNO III N.19
HAPA TUKO+L E O - M A J O R
MATURIPERL’AFRICANEWSREADY4AFRICA
31 Lugliopochi soldi da spenderePagina 3
Una bambina più grande di tePagina 4
4 AgostoOdissea nel matatuPagina 2
READY4AFRICA NEWS! PAGINA2
Ready4AfricaNews - ANNO III, N.19
Oggi per fortuna in molti si stanno riprendendo dalla brutta scoppola (che si rivelerà essere Escherichia coli). Meno male, almeno riusciranno ad affrontare il lungo viaggio di ritorno senza troppe difficoltà. Tutti tranne Paolo, che tracolla con 40,2° di febbre e una situazione quantomeno preoccupante. Ovviamente annullato il tour al vicino Parco di Aberdare, che alla fine risulterà l’unica cosa, tra quelle in programma, che non abbiamo fatto, accettiamo l’invito a pranzo di don Romano, e la sua successiva benedizione prima di partire (ne abbiamo bisogno…), poi alle 14,15 in marcia, guidati dalla sapiente guida di Aloise, attraverso gli oltre 400 chilometri di buche, traffico e polvere che ci separano da Nairobi, dove giungeremo solo alle 19,45, stremati (soprattutto Paolo, sulla cui odissea stendo un pietoso velo.
Carlo
4 AgostoODISSEA DALL’EQUATORE A NAIROBI
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READY4AFRICA NEWS! PAGINA3
Ready4AfricaNews - ANNO III, N.19
Finiamo la visita alla HIS ed il pranzo alla Shalom House. È l’ora di fare shopping! Prima tappa: Nakumatt. Entriamo in un centro commerciale che fa concorrenza al Cittàfiera; ci sono negozi su negozi e pure u n a y o g h u r t e r i a c o n i bicchieroni stile United States. Per un momento sembra di essere tornati a casa perché riconosciamo un ritmo di vita simile al nostro. La Nairobi bene si incontra qui, ai piedi delle scale mobili. Si possono vedere ragazzi in muscoli e polo che potrebbero uscire da ‘Tamarreide’, ragazze tirate a puntino in gonna e ballerine. Fantastico, occidentalmente parlando, assurdo in questo c o n t e s t o . A s s u r d o p e r l’impressionante divario che emerge; la via di mezzo è strettissima e nel giro di un chilometro si passa dalle baracche a l s imbolo del consumismo capitalistico, dal bambino con il maglione bucato e sfilacciato al ragazzo con Ray-Ban e scarpe a
stivaletto. Ormai non si cerca nemmeno più di dare una risposta alle perplessità che rimangono. Qui gli acquisti sono scarsi, non è possibile contrattare sul conto e non ci sta bene. Abbiamo perso l’affinità con cartellini e prezzi fissi. È molto meglio andare in centro, al mercato coperto, dove il prezzo lo fa il cliente, tante volte. Sono passate le sei e mezza e probabilmente le botteghe sono già chiuse, ma tentiamo comunque. Le luci sono quasi spente, l’orario di chiusura è passato da quasi trenta minuti. Siamo in 19, bianchi, europei, pronti a spendere: si può tenere aperto un po’ di più. Ci dividiamo in gruppi in base al tipo di cose da comprare: bracciali, tele ad olio, piatti in pietra saponaria. Inizia il giro e iniziano le trattative. Le donne non si fanno corrompere, per gli uomini bastano un battito di ciglia ed un “I’m a student, I’m a girl” e si riesce a pagare meno della metà. I commercianti
escono e vengono a prenderti chiamandot i “my f r i end”, vogliono portarti ad acquistare da loro; sono sempre più convenienti dei colleghi. La concorrenza spietata del libero mercato è arrivata fin qui. Da 2700 scellini si passa a 1500 in nome di un’amicizia nata nel giro di 5 secondi e conclusasi nei 5 successivi utili a pagare. Ultima offerta: 50 mucche e 1 leone per rimanere in Kenya…no grazie, penso di dover tornare in Italia. Tre quarti d’ora e per oggi lo shopping è finito. Siamo provati, giocare al ribasso non è facile. Ormai è tardi e tanto vale cenare fuori. Troviamo un localino carino dove si mangia sotto dei tendoni e c’è musica dal vivo. Ordiniamo e andiamo su ciò che è diventato un classico in queste settimane: pollo o pesce, patatine fritte, Coca Cola, Tusker. I musicisti suonano bene, la gente balla. Diamo un’occhiata e non solo quella perché ci buttiamo nella mischia, anche un po’ per
31 Luglio: pochi soldi da spendere
CONTRATTARE NEI MERCATI DI NAIROBI
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READY4AFRICA NEWS! PAGINA4
Ready4AfricaNews - ANNO III, N.19HAPA TUKO+L E O - M A J O R
smaltire le troppe calorie i n g e r i t e . R i t m o l a t i n o -americano rivisitato, con un p i z z i c o d e l l a v i t a l i t à , d e l l ’ e n e r g i a e f o r s e d e l l ’ e c c e n t r i c i t à c h e contraddistinguono gli africani. Balliamo e si unisce a noi una r a g a z z a , c a r i n a e d e s t remamente d i s in ib i ta . Sembra simpatica e disinvolta (troppo). Capito il suo stile, ci
l imitiamo a sorridere ed annuire, mani fes to de l la politica “ Tu stai nel tuo ed io sto nel mio, zero interferenze”. È ora di andare a casa perché la stanchezza (ed il sudore!) si fanno sentire. Matatu 46 per Hurlingam, silenzio assoluto per non svegliare suor Assunta e buonanotte!
Silvia
READY4AFRICA NEWS! PAGINA5
Ready4AfricaNews - ANNO III, N.19
Betty, una ragazzina dell’orfanotrofio,
si è affezionata a me e ad Annalisa. Sono contento. Penso mi abbia notato
per il modo ridicolo in cui “ballavo”.
Abbiamo fatto un patto, infatti mi donerà un po’ di ritmo africano; mi
ha insegnato anche un po’ di kiswahili: “That is a sufuria, where you cook
food” (è una delle poche cose che
ricordo), benché lei appartenga alla tribù dei kikuyu.
È molto curiosa, le leggi negli occhi il desiderio di conoscere, quegli stessi
occh i che, l o cap i s c i , hanno
conosciuto già molte cose, troppe forse. Perché lei, Betty W., nata a
Morana, in Kenya, il 1° maggio 1998, è cresciuta priva di un padre, senza
sapere chi egli fosse, e prendendosi
cura della sorellina Joyce N., di due anni più piccola, anche lei ora ospite
dell’orfanotrofio “Maria Romero”. Le due sorelle non hanno famiglia, per lo
meno una che possa provvedere a
loro; la madre è morta quando Betty aveva 7 anni: “She was sick”, mi dice,
ma tuttora non sa quale malattia gli abbia strappato via l’affetto materno;
è Sister Assunta a rivelarmi che si
trattava di AIDS. Sempre Suor Assunta mi rivela anche
che Betty non dimentica la sua vivacità nemmeno a scuola, ma
nonostante questo la bambina
dichiara gioiosamente che le piace
moltissimo, soprattutto perché le
permette di studiare ciò che lei ama, ossia la biologia, la matematica e
l’inglese; aspira, infatti, a diventare a
doctor, - come moltissime altre bambine qui, probabilmente per
alleviare ad altri i dolori che loro hanno sopportato (non le ho
domandato dell’enorme cicatrice che
le attraversa lo stinco) - oppure un’hostess, per poter uscire dai confini
del Kenya e sorvolare il mondo. La sua voce tradisce alcuni dubbi mentre
dice ciò, poiché, come lei stessa
sostiene, in realtà non sa bene quale sarà davvero
il suo futuro. Per il momento pensa a l le
v a c a n z e a p p e n a
s o p r a g g i u n t e , c h e trascorrerà, insieme a Joyce,
dalla nonna, unico legame con le loro radici, prima di
tornare nella sovraffollata settima
classe, a settembre, e sperare di superare l’esame che le consentirà,
con il nuovo anno, di entrare a far parte della classe ottava.
Ha già l’atteggiamento di una piccola
leader: è lei - ma non solo - che, con qualche sguardo e con brevi frasi, dà
le direttive alle più piccole del gruppo, gestendone ed organizzandone le
attività. Dopotutto è proprio lei a
confidarmi di amare i bambini. Che
Una bambina più grande di te
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sia un caso che sia nata il giorno in cui il Kenya
celebra la fine dello sfruttamento del lavoro minorile, che impediva ai bambini di ricevere
un’istruzione?
Nonostante la sua storia e le cose che ha vissuto nell’arco dei suoi 13 anni, Betty conserva ancora la
spontaneità e l’ingenuità dell’infante, l’innocenza della fanciullezza. Parlando ad Annalisa, fuorviata
da una foto che ci ritrae assieme e da un anello che
lei porta al dito, così esordisce: “Why don’t you go to dance with your husband?”, dove l’husband, il
marito, sarei dovuto essere io.Lei, come tutte le altre, è spiazzante, non puoi
capire i suoi gesti, nemmeno tentare di farlo.
Disarmante. Talvolta pare una saggia vecchietta reincarnata in un corpo puerile. Ancor più
disarmante quando la vedi sciogliersi in lacrime all’improvviso consegnandoti un biglietto e
dicendoti “Bye!” per l’ultima volta .
Non ha messaggi particolari da lasciare ai bambini italiani, semplicemente che siano
felici. Alla fine mi rivela che la sua
grande forza è la fede, la sua totale fiducia nel suo
Dio le consente di essere quella che è. Da queste parole emerge l’enorme ruolo che per lei sta
avendo la vita nell’orfanotrofio, che lei dichiara di
amare. Non le è per nulla di peso, anzi sia per lei che per le altre è naturale, dover ogni giorno
pulire, lavare, cucinare e fare i compiti ogni giorno; la solidarietà tra loro è tantissima.
Quella di Betty è solo una delle tante storie che
queste mura preservano: bambine picchiate dai genitori, amore fraterno in cui una ragazzina
subisce gravi ustioni per salvare la sorella chiusa in una baracca dalla madre che in seguito le avrebbe
dato fuoco. Sono racconti che ti entrano dentro,
sarà difficile non pensarci più. “I’ll always remember you!”.
Sto imparando molto da lei. Mi mancherà.
Alessandro
READY4AFRICA NEWS
REDAZIONE:
JOLANDA BARRA ANNA BATTISTELLA CLAUDIA BEACCOSILVIA BURIOLLA
PAOLO VENTI CARLO COSTANTINO EDOARDO PICCININ
ANDREA SANTIN ALESSANDRO GIACINTA
TOMMASO MARTINVALERIA DE GOTTARDO
MARTA GREGO MARTINA DE FILIPPO
ANNALISA SCANDURRA CHIARA VENA
GIULIA LORENZON ANGELA BRAVO
TAMARA NASSUTTI DANIELE MARCUZZI
4 Agosto 2011 ANNO III N.19
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