n.4 AGOSTO 2011

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n. 4, agosto 2011 EAN– European Astrosky Network ASTRONOMIA & INFORMAZIONE INDICE Editoriale Cristian FATTINNANZI, Sky Quality ACTION, come stimare la luminosità del cielo notturno con una fotocamera digitale Rodolfo CALANCA, Considerazioni e interrogativi sul catalogo Hipparcos Vittorio LOVATO, Spettroscopia astronomica amatoriale fai date (seconda parte) Paolo BACCI , Follow-up NEO, Quando gli astrofili aiutano i professionisti Andrea GIACOMELLI, Francesco GIUBBILINI, M(‘)Appare il cielo notturno: la Buiometria Partecipativa Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected]

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E A N – E u r o p e a n A s t r o s k y N e t w o r k

A S T R O N O M I A & I N F O R M A Z I O N E

INDICE

E d i t o r i a l e

Cristian FATTINNANZI, Sky Quality ACTION, come stimare la luminosità del cielo notturno con una fotocamera digitale Rodolfo CALANCA, Considerazioni e interrogativi sul catalogo Hipparcos

Vittorio LOVATO, Spettroscopia astronomica amatoriale fai date (seconda parte)

Paolo BACCI, Follow-up NEO, Quando gli astrofili aiutano i professionisti

Andrea GIACOMELLI, Francesco GIUBBILINI, M(‘)Appare il cielo notturno: la

Buiometria Partecipativa

Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected]

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REDAZIONE Direttore editoriale: Rodolfo Calanca, [email protected] Co-direttore: Angelo Angeletti, [email protected] Redattore responsabile: Manlio Bellesi, [email protected] Redattore: Lorenzo Brandi, [email protected] Responsabile dei servizi web: Nicolò Conte [email protected]

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PROGETTI EAN

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EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE EAN

LA REDAZIONE DI ASTRONOMIA NOVA

Da sinistra: Rodolfo Calanca, Angelo Angeletti, Manlio Bellesi, Lorenzo Brandi, Nicolò Conte

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Il quarto numero di ASTRONOMIA NOVA è ricco di articoli di notevole interesse. Innanzitutto, si conclude l’articolo che, con una interessantissima carrellata, illustra gli spettroscopi rea-lizzati dall’ing. Vittorio Lovato. A questo settore altamente tecnologico, egli ha dedicato oltre un venten-nio di lavoro; siamo perciò davvero lieti di ospitare la summa delle sue meritevoli attività di astrofilo, im-pegnato in un ramo delle autocostruzioni astronomiche fino ad ora ritenuto ostico e perciò scarsamente coltivato dagli appassionati. Un contributo di ottimo livello culturale e scientifico è rappresentato dall’articolo di due ingegneri am-bientali, Andrea Giacomelli e Francesco Giubbilini, fondatori ed animatori del progetto BuioMetria Par-tecipativa, una iniziativa nata nel 2008, “mirata alla raccolta di dati sull’inquinamento luminoso da parte di non addetti ai lavori come strategia di sensibilizzazione ambientale”. Si tratta di un progetto altamente meritorio che ha le potenzialità per attirare il contributo diretto non solo degli astrofili, ma anche e so-prattutto di tutti coloro che hanno profondamente a cuore la salvaguardia dell’ambiente e che non esita-no ad impegnarsi in prima persona. Nel medesimo filone della BuioMetria Partecipativa si inserisce l’intervento di Cristian Fattinnanzi che descrive le funzionalità di una “action” per Photoshop, utilissima per stimare la luminosità del cielo, sem-plicemente analizzando una fotografia digitale. L’idea di Cristian, di sfruttare le ottime caratteristiche fotometriche delle fotocamere reflex digitali, è davvero eccellente e alla portata di tutti! Paolo Bacci noto astrometrista, attivissimo cacciatore di asteroidi e comete, fornisce una utilissima de-scrizione delle attività di ricerca sui NEO, oggetti celesti che intersecano l’orbita della Terra. E’ un genere di ricerca che consente agli astrofili di collaborare a livello internazionale, e spesso con grandi soddisfa-zioni, con gli astronomi che studiano i corpi minori del Sistema solare. L’articolo di uno di noi (Calanca) esamina gli errori del catalogo astrometrico Hipparcos, sulla base delle ricerche decennali di Vittorio Goretti (vincitore del premio “B.G. Marsden” 2011). Goretti applica delle tecniche astrometriche avanzate che gli hanno consentito di ricalcolare la parallasse (e quindi la distan-za) di centinaia di stelle nei dintorni del Sole, partendo da immagini del cielo spesso ottenute con telesco-pi di classe amatoriale. I risultati dei suoi calcoli sono strabilianti e, sotto molti aspetti, rivoluzionari. In genere, le stelle esaminate risultano assai più vicine a noi di quanto riportato nel catalogo Hipparcos! EAN sta esaminando la possibilità di organizzare nel 2012/2013, un convegno per esaminare in modo dettagliato il lavoro di Goretti, allo scopo di stimolare la collaborazione con Osservatori amatoriali e pro-fessionali, focalizzando l’attenzione di tutti su questo importante progetto di astrometria di alta precisio-ne.

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L’inquinamento luminoso è una forma grave di inquina-mento che interessa tutti, dall’astronomo che osserva il cielo notturno, agli abitanti delle grandi metropoli che ne subiscono gli effetti negativi anche a livello fisico e psicologico. Nonostante la promulgazione di leggi regionali che cer-cano di limitare l’inquinamento luminoso, per favorire il risparmio energetico e la visibilità della volta celeste, spesso il fenomeno appare fuori da qualsiasi controllo. Gli appassionati di fotografia celeste sono costretti a muoversi con la propria attrezzatura alla ricerca di siti osservativi bui, sempre più isolati e difficili da trovare sul continente europeo. Per questi motivi, valutare la qualità del cielo diventa una necessità inderogabile. L’occhio umano, per quanto sia un perfezionassimo strumento d’osservazione, non può eseguire stime molto precise. E’ necessario perciò utilizzare una strumentazione apposita (ad esempio, lo

Sky Quality Meter, che fornisce la luminosità in magni-tudini per secondo d’arco quadrato), oppure inventarsi qualcosa di meno costoso, ma altrettanto efficace! Pensandoci un po’, ho capito che un sistema per poter valutare l’inquinamento luminoso poteva essere basato su di una fotografia del cielo notturno. E’ ben noto, in-fatti, che una fotocamera digitale è anche un ottimo fotometro! Ho perciò utilizzato la mia Canon EOS 20Da e, a livello di elaborazione delle immagini, Photoshop. Questo software è uno strumento eccezionale perché consente la creazione di “azioni”, cioè una sequenza di operazioni registrate, e richiamabili in qualsiasi mo-mento tramite un semplice clic. Bastava quindi crearne una che eseguisse il lavoro di valutazione di luminosità media della foto campione. Dopo un paio d’ore di messa a punto, ho ottenuto il ri-sultato che volevo: premendo “Play”, l’azione esegue velocemente decine e decine di operazioni, crea una sca-la graduata ed un riferimento in corrispondenza della luminosità del cielo analizzato. Alla fine del processo, la foto di riferimento viene chiusa e il piccolo file generato viene salvato sul disco del com-puter, sotto la cartella “C”, col nome di “Sky Qua-lity.jpg”. Possiedo una versione di Photoshop 6 e una CS in italiano, per cui il set delle azioni create (che con-tiene l’azione vera e propria e le info per realizzare la foto test) funziona bene con versioni di questo program-ma in italiano dalla 6 in poi. Chi avesse eventualmente problemi con versioni in in-glese di Photoshop, potrebbe comunque installare anche una seconda versione, non necessariamente recentissi-ma, in italiano. Dopo decine di azioni da me create per facilitare e stan-dardizzare le fasi di elaborazione delle immagini astro-nomiche (utili per le più disparate operazioni: riduzione della grana, esaltare i contrasti, correggere il cromati-smo, ridurre la dimensione delle stelle….), raccolte in un cd che spedisco agli eventuali interessati, non è stato

Sky Quality ACTION, come stimare la luminosità del cielo notturno con una fotocamera digitale

Cristian Fattinnanzi [email protected]

Lo Sky Quality Meter, www.unihedron.com/projects/darksky/, misu-ra la luminosità del cielo su di un angolo solido di 42° di ampiezza. Utilizza un sensore CMOS della TAOS con una risposta spettrale simile a quella dell’occhio umano.

A sinistra: luminosità del cielo: 21 mag/arc-sec2 , a destra, 16 mag/arc-sec2 . L’illuminazione pubblica di scarsa qualità ambientale, unita alla presenza della nebbia, produce un for-te aumento della luminosità del cielo. Le due immagini sono tratte dal sito: www.nightwise.org/magnitudes.htm

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molto difficile creare l’azione descritta. Come eseguire le riprese per la stima della lumi-nosità del cielo Per eseguire il test è necessaria quindi una fotografia del cielo notturno. Io uso una reflex Canon, ma ciascuno potrà usare la fotocamera che possiede. Dopo aver ese-guito alcune prove per la calibrazione del sistema, ho determinato le seguenti impostazioni di ripresa: -inquadratura del cielo allo zenit -reflex impostata in “M” (manuale). Formato massimo in jpg “qualità elevata”, ricordando di chiudere il mirino posteriore (dove si guarda con l’occhio), per evitare e-ventuali luci indesiderate -impostazioni interne della fotocamera, che sulle Canon sono definite “parametri”, tutte a “0” -sensibilità impostata a 1600 ISO -tempo di esposizione di 60” (oppure 30” se si dispone della sensibilità di 3200 ISO) -obiettivo 18-55 impostato a 18mm (quindi a grandan-golo, per coprire una vasta zona di cielo) -apertura del diaframma F/3,5 (per avere una buona quantità di luce sul sensore) - messa a fuoco manuale e ghiera regolata approssimati-vamente all’infinito. Una volta eseguita questa foto, la si scarica sul PC e la si apre con Photoshop, per “analizzarla”. Il “Set” dell’azione descritta va prima caricato, richia-mandolo col comando “carica azioni” dal menù azioni (visualizzabile, se non già attivo tra i menù di Photo-shop, premendo F9). Basterà selezionare il “Set”, aprirlo, selezionare l’azione “Sky Quality” e premere “Play” (in basso sulla finestra delle azioni): dopo diverse decine di operazioni eseguite automaticamente dall’azione, rimarrà visualizzata una scala graduata con un indice rosso che identifica la lu-minosità del cielo.

Se l’indice sarà posizionato in basso avremo un cielo molto chiaro, quindi dal “voto” basso, al contrario, sa-lendo, potremo arrivare in prossimità del 100%, sotto cieli eccezionali. L’uso di questa azione permette due tipi di verifiche: -la valutazione del cielo dalla stessa località in serate differenti, ad esempio presso un osservatorio, per deci-dere magari se è il caso di fotografare o meno. -il confronto del cielo in diverse località, alla ricerca del buio più profondo…

La fotocamera digitale 20Da, prodotta dalla Canon, la prima fotoca-mera pensata per un uso astronomico, è u-scita di produzione da alcuni anni. Nel frat-tempo, diversi altri mo-delli, muniti di sensore CMOS e tutti di eccel-lente qualità anche per l’impiego astrofotogra-fico, sono stati immessi sul mercato.

Ecco l’aspetto della “action” ed il suo risulta-to. In Photoshop.

Cristian Fattinnanzi è uno dei più affermati astrofotografi a livello internazionale. Le sue immagini planetarie sono pubbli-cate dalle maggiori riviste astronomiche, non solo italiane. Per maggiori informazioni sulla “action” di valutazione del cielo notturno, è possibile contattare Cristian sul sito: www.cristianfattinnanzi.it oppure al telefono cellulare, nume-ro 333 6882575; oppure via e-mail: [email protected]

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Premessa L a m i s s i o n e H i p p a r c o s , ( a c r o n i m o di High Precision Parallax Collecting Satellite, Satelli-te per ottenere parallassi ad alta precisione), fig. 1, attiva tra il 1989 ed il 1993, è stata la prima missione spaziale europea dedicata all'astrometria. Sono state eseguite misure di parallasse stellare e di moto proprio di oltre due milioni e mezzo di stelle, con una precisione dichiarata di due millesimi di secondi d’arco. I dati raccolti hanno dato origine al catalogo Hipparcos ed al catalogo Tycho. I dati dei due cataloghi sono stati utilizzati per realizzare il Millennium Star At-las (Atlante Stellare del Millennio), un atlante di tutto il cielo, che comprende un milione di stelle fino alla ma-gnitudine 11. I dati di Hipparcos sono considerati fondamentali per l’astrofisica moderna. Infatti, senza accurate misure di

distanza non si può fare astronomia di precisione. Da due secoli è ben noto che quello della parallasse stellare è l'unico metodo diretto per misurare le distanze delle stelle. Tutti gli altri sono metodi indiretti (spesso affetti da errori molto consistenti) che si basano sulla parallas-se per essere calibrati correttamente. Un sottoprodotto importante della missione principale di Hipparcos riguarda la fotometria nelle bande B e V nel sistema fotometrico di Johnson, che consente di risalire alla classe spettrale delle stelle in esame. Infine, i dati di Hipparcos ci permettono di classificare le stelle semplicemente inserendole nel cosiddetto dia-gramma H-R (diagramma di Hertzsprung-Russell), fig. 2, mettendo in ascissa l’indice di colore B-V ed in ordi-nata la magnitudine assoluta M. Quest’ultima si calcola con la formula:

M = m + 5 – 5 log d (1) Dove m è la magnitudine apparente e d, distanza in par-sec.

Considerazioni e interrogativi sul catalogo Hipparcos

Rodolfo Calanca [email protected]

Fig. 1: La sonda europea Hipparcos, a destra, fig. 2, Diagramma H-R. In ascissa sono riportati i doppi valori dell’indice di colore B-V e la classe

spettrale. In ordinata: la luminosità (Sole = 1) e la magnitudine assoluta.

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La distanza d (in parsec) di una stella si ricava dal cata-logo Hipparcos con la semplice espressione:

d = 1/p (2) dove p è la parallasse misurata in secondi d’arco. Nel diagramma H-R (fig. 2) le stelle si posizionano in regioni ben distinte: la struttura evolutiva predominante è la diagonale che parte dall'angolo in alto a sinistra (dove si trovano le stelle più massicce, calde e luminose) verso l'angolo in basso a destra (dove si posizionano le stelle meno massicce, più fredde e meno luminose), chiamata la sequenza principale. In basso a sinistra si trova la sequenza delle nane bianche, mentre sopra la sequenza principale, verso destra, si dispongono le giganti rosse e le supergiganti. Le stelle della nostra Galassia di massa inferiore ad una massa solare, (le cosiddette “Nane” della sequenza prin-cipale), sono circa 50 miliardi mentre le stelle “Giganti” sono circa un milione con un rapporto approssimato di 1 a 50000 (una Gigante ogni cinquantamila stelle Na-ne). Quando si eseguono osservazioni al telescopio, sia da terra che in orbita, esiste un effetto di selezione che ri-duce sensibilmente tale rapporto; questo è dovuto al fatto che le stelle “Giganti” sono visibili anche a grandi distanze le “Nane” invece, proprio per la loro minore luminosità intrinseca, sono meno percepibili. Alcuni anni fa, Vittorio Goretti, astrofilo ed astrometri-sta di grande valore, ha eseguito una verifica su di un campione stellare del catalogo Hipparcos per determi-nare quale rapporto numerico sussiste fra le “Giganti” e le “Nane” rosse in esso contenute. Sembrava un’indagine di routine di un astrofilo che intendeva in-gannare il tempo in attesa della bella stagione. Invece si sbagliava completamente! Come vedremo, qualcosa di inatteso emerse, tanto da sollevare seri dubbi sulla cor-rettezza dei dati di parallasse contenuti nel catalogo a-strometrico più celebrato dei nostri tempi! Goretti indaga Ecco come Goretti procedette nella sua indagine sulle stelle del catalogo Hipparcos. Per prima cosa, selezionò una zona della volta celeste abbastanza ampia, com-prendente circa 2400 stelle. Quest’ area è compresa fra 0h e 01h di Ascensione Retta e fra 0° e + 90° in Declina-

zione. La zona è rappresentata nella figura 3. Di ogni stella Goretti prese dal Catalogo Hipparcos i valori di magnitudine assoluta e l’indice di colore B-V. Utilizzò quindi queste informazioni per costruire un grafico H-R, con l’ avvertenza di usare colori diversi per rappresentare le diverse tipologie di stelle (figg. 4 e 5): - colore blu: stelle con ampi moti propri e pertanto già note e studiate da tempo, prima della Missione HIP-PARCOS. Nel catalogo troviamo i valori “noti”, pre-Hipparcos, di parallasse e l’indice di colore; - colore rosso: sono le stelle rosse (quelle con indice di colore B-V > 1.3), i cui valori di magnitudine assoluta e di indice di colore B-V sono stati calcolati da Hipparcos; - colore verde: per tutte le altre stelle di ogni tipo spettrale.

Fig. 3: il fuso di ampiezza 1h in A.R. e che va dal Polo Nord all’equatore, entro il quale sono state raccolti i

dati di Hipparcos e che sono serviti a realizzare i dia-grammi H-R di fig. 4 e 5.

Nella successiva fig. 5, in particolare, è stato ricostruito lo stesso grafico con le sole stelle di colore blu e le stel-le di colore rosso. Questi diagrammi offrono un qua-dro chiaro e inequivocabile circa il numero e la distribu-zione dei corpi celesti nello spazio preso in esame, stelle fotografate, studiate e quindi catalogate con i dati dedot-ti dalla Missione Hipparcos.

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Alcuni interrogativi e qualche possibile risposta Dal confronto fra la fig. 5 e la fig. 6 - che rappresenta un grafico HR costruito nel passato con circa lo stesso nu-mero di stelle - si può notare una chiara discordanza. Nella fig. 5 le stelle con ampi moti propri (in blu) trac-ciano la sequenza principale, invece le altre stelle (in rosso) prese in considerazione dalla Missione Hippar-cos, risultano quasi tutte “Giganti”. Sorge allora una do-manda: ma le Nane rosse dove sono finite? Come mai il rapporto “naturale” tra Nane rosse e Giganti, di cui abbiamo parlato sopra, nel ca-talogo Hipparcos è completamente stravolto? Possibile che in una zona di cielo pari ad 1/48° della volta celeste, vi siano oltre trecento stelle rosse “Giganti” ma nessuna “Nana” rossa? In base ai più recenti studi di statistica stellari, la distri-buzione media dovrebbe invece essere la seguente: 297 Nane rosse circa e (forse) due/tre Giganti Rosse. Cos’è successo? Il Catalogo Hipparcos contiene errori macroscopici nei valori delle parallassi stellari? Probabilmente sì. Si può ipotizzare che in fase di elabo-razione dei dati per la realizzazione dei cataloghi, si sia insinuato un errore in quella parte del software che cal-cola le parallassi, di un’entità tale da distorcerne il valo-

re anche di un paio di ordini di grandezza. E se questo è ciò che è effettivamente accaduto, allora un enorme numero di stelle Hipparcos ha un angolo di parallasse molto minore del vero con la conseguenza che la loro distanza, calcolata con la formula (2), può essere anche cento volte maggiore del vero. Il valore sbagliato della parallasse, inserito nella formula (1), darà un ele-vato valore della magnitudine assoluta M. Ne consegue che la stella si troverà posizionata nella zona delle Giganti del diagramma H-R e, se l’errore è sistematico, allora praticamente tutte le stelle rosse sa-ranno Giganti, così come Goretti ha effettivamente tro-vato con il diagramma H-R ricavato da un campione tratto dal catalogo Hipparcos. Per verificare quest’ipotesi Goretti ha eseguito numerosi calcoli astrometrici su di un campione di oltre trecento stelle allo scopo di determinare i valori corretti della parallasse. Ciò che è risultato dall’indagine è un fatto che lascia allibiti: è vero, il catalogo Hipparcos contiene una quantità enorme di valori sbagliati della parallasse! Qualcuno dei lettori si chiederà se quella di Goretti sia pura e semplice presunzione: ma come, chi si crede d’essere Goretti per contestare il più importante catalo-go astrometrico dei tempi moderni?

Fig. 4 Fig. 5

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Mi sembra giusto riconoscere a Goretti una qualche “referenza” nel settore dell’astrometria di alta precisione che rende plausibile la sua analisi dal punto di vista nu-merico. Per oltre vent’anni Goretti ha eseguito immagini di pianetini ed ha calcolato con grande precisione le po-sizioni anche di quelli “veloci”, i NEO, che non sono af-fatto semplici da determinare. Il Minor Planet Center dà una valutazione della qualità delle misure astrome-triche degli Osservatori che si occupano di astronomia posizionale nel seguente documento: www.minorplanetcenter.net/iau/special/residuals.txt. Qui, al numero di codice 610, è riportata in dettaglio l’accuratezza tipica delle misure di Goretti (il residuo statistico delle osservazioni). Così, ad esempio, nel 1999, essa è stata di -0”.02 ±0.67 in A.R. e +0”.06±0.65 in declinazione. Per confronto, i valori di Monte Palomar (cod. 261) erano: -0”.01 ±1.05 in A.R. e +0”.14±0.64 in declinazione, mentre quelli dell’Osservatorio di La Silla, (cod. 262): -0”.28 ±0.24 in A.R. e +0”.52±0.79 in decli-nazione. E’ evidente che l’accuratezza delle misure a-strometriche di Goretti è paragonabile a quella di alcuni dei maggiori Osservatori. EANweb ha messo in cantiere il progetto di un convegno nazionale che sarà dedicato ai lavori di Vittorio Goretti sulle distanze di stelle vicine e sulla revisione del catalo-go Hipparcos.

Fig. 6

Rodolfo Calanca è direttore editoriale di EANweb. Notizie biografiche alla pagina: http://win.eanweb.com/autore.htm

Gaia è un satellite astrometrico dell’ESA che sarà lanciato (presumibilmente) nel 2013 ed orbiterà nel punto L2 di La-grange (http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_objects_at_Lagrangian_points#L2) per circa cin-que anni . Esso raccoglierà dati di circa un miliardo di stel-le fino alla magnitudine 20. Gliobiettivi della missione sono sia astrometrici sia spettrofotometrici e di misurazione della velocità radiale.

Un modello 3D della Via Lattea

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C) – Spettroscopio catottrico a prisma di Littrow, focale 200 mm, ad autocollimazione

(fig. 13) Quando s’impiegano collimatori a lenti, come nel caso in precedenza descritto, la gamma di lunghezze d’onda abbracciata dallo spettro, (al netto della sensibilità cro-matica del sensore) è condizionata dai limiti entro i qua-li il collimatore è acromatizzato. Poiché la radiazione stellare eccede normalmente detti limiti, i due estremi dello spettro si aprono a ventaglio, proprio perché inter-viene l’aberrazione cromatica, non più corretta, a modi-ficare la focale e con essa la scala d’immagine alle estre-mità dello spettro. Il problema, anche se non drammati-co a livello amatoriale, può essere evitato ricorrendo a soluzioni che prevedono, ad esempio, l’impiego di colli-matori a riflessione (specchi concavi) notoriamente im-muni da qualsiasi cromatismo. E’ la scelta che è stata fatta nella costruzione dello spet-troscopio per il telescopio R.C. da 500 mm, f/8, destina-to all’Osservatorio G. Galilei di Libbiano (PI) dell’AAAV (fig. 13a). Lo schema è quello illustrato in fig. 14, (dalla caratteri-stica configurazione a W) e il funzionamento è analogo a quello dello strumento di cui al punto B) precedente. Il collimatore è uno specchio sferico da 60 mm e focale di 200.

Per metà funziona da collimatore e per metà da obietti-vo per la camera CCD che inizialmente era una modesta camera Starlight non raffreddata, in attesa di poterla sostituire con una ben più efficiente camera Lumene-ra. Per una fortunata combinazione, la prima luce di questo strumento coincise con l’inaspettata esplosione della cometa 17P Holmes e nella notte del 27 ottobre 2007, l’Osservatorio di Libbiano fu, tra i primi a regi-strarne lo spettro. E’ stato molto emozionante ricono-

Spettroscopia astronomica amatoriale fai da te (seconda parte)

Vittorio Lovato [email protected]

Fig. 13: Spettroscopio di Littrow

Fig. 13a: L’autore al telescopio di Libbiano nel cui fuoco cas-segrain è installato lo spettroscopio a prismi di Littrow .

Fig. 14

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scere fin da subito le righe in emissione del cianogeno e di altre molecole organiche, sovrapposte allo spettro solare di fondo. Una serata davvero memorabile! La no-tizia, con relativa documentazione fotografica, ebbe qualche eco tra le riviste di settore. E questo ci rese tutti particolarmente orgogliosi.

D) – Spettroscopio catottrico a reticolo, focale 100 mm, ad auto collimazione, figura 15 E’ risaputo che i prismi non forniscono uno spettro line-are, ma più dilatato nel blu/violetto e meno nel rosso, a differenza dei reticoli che producono, invece, spettri sensibilmente lineari. La differenza è, in sostanza, inin-fluente per quanto concerne l’elaborazione a computer dello spettro dopo la cattura, ma la minor risoluzione alle basse frequenze dello spettro, può talvolta non esse-re desiderabile. Per contro, la maggior risoluzione nel violetto offerta dai prismi può essere di vantaggio nel caso di stelle molto calde che emettono principalmente in questa gamma di lunghezze d’onda. In favore dei pri-smi, (più in passato che al presente) dobbiamo anche annoverare la loro maggiore efficienza, che sfiora il 100%. Il reticolo, per le sue caratteristiche, potrebbe essere dunque una soluzione adatta a tutte le circostanze e, da quanto risulta anche in campo internazionale, sembra essere questo il tipo di dispersore preferito nelle appli-cazioni amatoriali. A questa considerazione dobbiamo aggiungere la maggior facilità di reperimento dei retico-li, il cui costo può ormai reggere il confronto con quello dei prismi. Con queste premesse, l’Osservatorio di Libbiano dell’AAAT, mi ha commissionato uno spet-troscopio a reticolo, fig. 15, da affiancare al precedente.

E’ ad autocollimazione e impiega come collimatore uno specchio sferico da 60 mm, focale 100 mm. Il reticolo è da 600tr/mm. Come mostra lo schema di fig. 16, lo specchio sferico funziona per metà da collimatore e per l’altra metà da obiettivo per la camera CCD. L’attacco al telescopio è da due pollici (50,8 mm), mentre il raccor-do di uscita è atto a ricevere camere con attacco da 1,25 pollici (31,8 mm). Misura 80x80x150 mm e pesa 850gr.

Fig. 15

Fig. 16

E) – Spettroscopio diottrico a reticolo, focale 50 mm, ad auto collimazione, fig. 17

Un altro esempio di spettroscopio ad autocollimazione, leggero e poco ingombrante è quello di fig. 17. Come collimatore è stato adottato un obiettivo fotografico re-flex da 50 mm, f/2. Lo schema ottico è quello tipico di fig. 18.

Fig. 17

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Con il reticolo da 600 tr./mm, lo spettro ottenibile ha, nell’intervallo del visibile, una lunghezza di circa 13 mm. Il peso sfiora gli 800 grammi e la costruzione, anche in virtù della corta focale, è molto compatta. E’ adatto sia per rifrattori, sia per riflettori, fig. 18a. F) – Spettroscopio a reticolo, con collimatore da 140 mm e obiettivo da 50 mm, fig. 19 Quando si sceglie uno schema ad autocollimazione, si risparmia, come si è visto, un componente, Talvolta al-cune aberrazioni extrassiali sono compensate, ma biso-gna mettere in conto qualche svantaggio (non esistono pasti gratis, nemmeno in astronomia). Il principale è che ci troviamo a dover fare una scelta cruciale: se si usano focali lunghe, ciò va a vantaggio del potere risolu-tivo dello spettroscopio e della dispersione, ma allo stes-so tempo lo spettro è meno luminoso, perché più esteso, e ciò comporta delle limitazioni nella magnitudine stel-lare raggiungibile dallo strumento, oltre che una mag-gior laboriosità nella successiva elaborazione per il mag-gior frazionamento dello spettro; se la scelta è per focali corte, avviene il contrario. Bisogna quindi trovare un giusto compromesso tra le due esigenze, tenendo conto anche del fatto, non secondario, che lo spettro deve es-sere focalizzato sul CCD del dispositivo di ripresa (e qui le focali troppo corte non sono di aiuto). Naturalmente, nella scelta, molto dipende anche dalla potenza del tele-scopio. Lo spettroscopio che viene ora esaminato è stato

concepito per essere utilizzato sul telescopio principale, un newtoniano da 400 mm f/5, in corso di allestimento presso un Osservatorio dell’Oltrepò Pavese, e risponde allo schema di fig. 20. E’ composto dalla solita fenditura regolabile, un ex obiettivo da proiettore con focale di 140 mm, molto ben corretto, che funge da collimatore, un reticolo da 600tr/mm e, infine, un obiettivo fotogra-fico da 50 mm, f/1,7 leggermente modificato nella mec-canica per rendere possibile la manovra dall’esterno della ghiera di messa a fuoco. La fig. 20-a mostra la di-sposizione delle parti interne. La lunga focale del colli-matore (140 mm) implica un potere risolutivo di tutto rispetto, mentre la modesta focale dell’obiettivo fotogra-fico (50 mm) consente di mantenere la lunghezza dello spettro entro limiti ragionevoli, senza pregiudizio della qualità, anzi migliorandola, perché equivale a restringe-re la fenditura nello stesso rapporto (140/50) delle due focali. Il peso di 1,6 Kg è assolutamente compatibile con la robusta struttura del telescopio. Fig. 18

Fig. 18a

Fig. 19

Fig. 18a

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G) – Uno spettroscopio a reticolo, “quasi univer-sale” , fig. 21 E’ un modello di recente concepimento (2009), e pre-senta caratteristiche piuttosto interessanti. Per la mia modesta esperienza, sono propenso a condi-videre l’opinione di molti, secondo cui non sia possibile realizzare uno spettroscopio “universale”, in senso stret-to. Vale a dire uno strumento standard, fabbricato in serie per essere immediatamente applicabile su qualun-que telescopio (alla stregua di quanto avviene, ad esem-pio, per i comuni oculari oltre che per un’infinità di altri accessori) e in grado di accettare, senza bisogno di parti-colari adattamenti, qualunque dispositivo di registrazio-ne, offerto dal mercato. Il concetto è talmente ovvio che non merita spendervi sopra altre parole. Tuttavia, lo spettroscopio che ora viene illustrato, è un tentativo e-scogitato per rendere meno “personalizzati” questi stru-menti, almeno per quanto riguarda il loro interfaccia-mento con i vari modelli di telescopi, diversi per dimen-sioni, configurazione e potenza. Osservando lo schema di fig. 22, si nota anzitutto che, sia il collimatore, sia l’obiettivo sono entrambi costituiti da specchi sferici: un

sistema totalmente catottrico. Nella fattispecie, gli spec-chi sono ricavati da lenti piano-concave, delle quali si è utilizzata la superficie concava, resa riflettente mediante alluminatura. La focale è per entrambi gli specchi di 100 mm nominali (95 effettivi). La fenditura è situata subito a valle dell’attacco standard da 31,8 mm. Lo specchio che funge da obiettivo, è montato su una slitta scorrevo-le, azionabile dall’esterno, che ne permette lo scorri-mento assiale. Questa soluzione, non solo consente l’agevole e precisa messa a fuoco dello spettro, ma di-sponendo, la slitta, di una corsa eccedente le pure neces-sità di messa a fuoco, consente, entro certi limiti, di im-piegare camere CCD con chip piazzati a profondità di-verse. Si rammenta ad esempio che le camere con attac-co tipo C hanno il sensore sistemato a 17.5 mm, mentre con l’attacco tipo CS, il sensore è posto a 12.5 mm. Ri-mane il problema, minore, di prevedere, di volta in vol-ta, adeguati supporti per il fissaggio meccanico delle differenti camere. La versione qui considerata è per una camera MagZero-5m, e come telescopio uno S.C. da 200 mm, f/10, su montatura equatoriale. La focale di 100 mm con un reticolo da 600 tr./mm produce uno spettro lungo circa 25 mm. L’impiego di specchi al posto dei pesanti e ingombranti obiettivi e collimatori a lenti, ha consentito di ridurre il peso dello strumento a soli 600 gr. e mantenere la lun-ghezza entro i 15 cm; un ingombro più che modesto. Qualche problema di puntamento (ma questo vale per qualsiasi altro accessorio), potrebbe sorgere nel caso di telescopi con montatura a forcella, per oggetti posti in prossimità dell’equatore celeste.

Fig. 20

Fig. 21

Fig. 22

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H) – Uno Spettroelioscopio “Made in Italy”, fig. 23

Lo Spettroelioscopio è, in buona sostanza, un mono-cromatore con il quale è possibile osservare in luce rigorosamente monocromatica e senza l’impiego di co-stosi filtri, dettagli e fenomeni significativi che hanno origine e sede sulla superficie del Sole quali, ad esempio, brillamenti, protuberanze al bordo, filamenti, facole, ecc. e a seguirne l’evoluzione nel tempo. Il monocromatore, come schema, deriva direttamente dallo spettroscopio, dal quale differisce per il fatto di possedere una seconda fenditura, detta fenditura di u-scita, posta sul piano dello spettro. Questa seconda fen-ditura ha lo scopo di isolare e lasciar passare una sola lunghezza d’onda, a scelta, ad esempio quella della riga Hα dell’Idrogeno o della riga K del Calcio II, e così via. In aggiunta, un particolare cinematismo chiamato sin-tetizzatore, fa sì che l’immagine del Sole fornita da un telescopio possa venire fatta scorrere sulla fenditura di entrata dello strumento, esplorata da questa e simulta-neamente ricostruita, in luce monocromatica, sulla reti-na dell’osservatore. Nell’ideare uno spettroelioscopio si può scegliere tra diverse versioni, ma, in ogni caso avremo sempre uno strumento nel quale si potranno distinguere tre parti principali e cioè: un telescopio, un sintetizzatore e uno spettroscopio a doppia fenditura; a ciò potemmo ag-giungere un quarto componente, l’eliostato, per contro-bilanciare gli effetti della rotazione terrestre, se per l’apparecchio è prevista una postazione fissa. Quello qui descritto è in versione compatta (è lungo in tutto 1,4 m), una configurazione che gli americani chia-mano “folded up”. Lo schema ottico è visibile in fig. 24. Per capirne il funzionamento, supponiamo per il mo-mento che il sintetizzatore non sia avviato. Una sottile fettina dell’immagine solare fornita dal telescopio, deli-mitata dalla fenditura d’entrata (tipicamente 30 – 50 micron), viene collimata da uno specchio concavo da 75 mm, focale 1000 mm e inviata a un reticolo di diffrazio-ne da 50x50 mm, 1200 tr/mm. Il reticolo scompone la luce solare e la riflette su un se-condo specchio concavo, identico al primo, che funge da obiettivo. Sul piano focale di quest’ultimo si forma lo spettro e, grazie alla presenza in quel punto della secon-da fenditura, la stessa fettina di Sole esplorata in ingres-so in luce bianca, esce, selezionata dalla fenditura, in luce monocromatica.

L’apertura della fenditura d’uscita, viene tenuta uguale (o inferiore) allo spessore della riga spettrale prescelta, in modo da massimizzare la selettività dello strumento e incrementare il contrasto. Poiché lo spettro solare si sviluppa su una lunghezza di circa 500mm, è facile cal-colare, ad esempio, come la riga Hα, larga 0,6Å, si pre-senti nello spettro con una larghezza di circa 45 micron. E questa è l’apertura massima che conviene assegnare alla fenditura d’uscita.

Fig. 23

Detto questo, quando si avvia il sintetizzatore, l’immagine solare viene esplorata dalla fenditura d’entrata circa 30 volte al secondo grazie ad uno spec-chietto oscillante, mosso da un motorino elettrico, ed è simultaneamente ricostruita, in uscita, da un secondo specchietto complanare e sincrono con quello d’ingresso, grazie al ben noto fenomeno della persisten-za delle immagini sulla retina, (lo stesso che presiede al funzionamento del cinematografo). L’osservatore vede, quindi, attraverso un oculare, l’immagine del Sole, per esempio, in luce H-alfa, se questa è la lunghezza d’onda su cui lo strumento è sintonizzato. Ovviamente, per una comoda visione,si deve interporre un relè ottico tra fen-ditura e oculare, per trasportare l’immagine in posizio-ne adatta per essere vista all’oculare. La fig. 25 mostra alcune parti interne dello strumento, tra cui quelle costi-tuenti l’apparato sintetizzatore, mentre la fig. 26 evi-denzia l’eliostato utilizzato per l’inseguimento del Sole. Recentemente, con alcune modifiche apportate allo strumento, sarà anche possibile eseguire foto con came-re reflex. In tal modo lo Spettroelioscopio potrà anche fungere da Spettroeliografo. La risoluzione, che dipende dall’apertura della fenditura d’entrata e dal diametro dell’immagine solare fornita dal telescopio, è di 8 se-condi d’arco, quando la fenditura d’ingresso è regolata a 50 micron.

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4) - Approvvigionamento dei componenti ottici Per la maggior parte degli strumenti sopra descritti, le parti ottiche, tranne i reticoli di diffrazione, sono state recuperate sul mercato dei surplus,. In particolare: prismi deviatori, lenti e obiettivi, specchi piani e sferici, fenditure regolabili, sono reperibili pres-so SurplusShed (USA) (www.surplusshed.com). Il forni-tore è serio, il materiale buono, e i prezzi imbattibili. Un ottimo fabbricante di reticoli, per rapporto qualità/ prezzo, è l’OPTOMETRICS CORPORATION, USA(www.optometrics.com), la ditta presso la quale sono stati comperati i reticoli. Prismi a visione diretta sono disponibili presso la ditta Jeulin (www.jeulin.fr), assieme ai reticoli a trasparenza per uso didattico. Materiali di buona qualità a prezzi abbordabili. I prismi di Littrow sono stati recuperati da vecchi Spet-trofotometri in disuso. Alle merci che arrivano da paesi extracomunitari (es. USA), la dogana applica l’IVA del 20% sul prezzo dichia-rato, più un dazio che generalmente incide per il 4-6%. La forma di pagamento più conveniente è a mezzo carta di credito.

Vittorio Lovato, ingegnere, è Presidente Onorario della A.A.T. – Ass.ne Astrofili Tethys di Voghera (PV) e socio onorario della A.A.A.V. di Peccioli (PI). I suoi prin-cipali interessi astronomici sono rivolti alla progettazio-ne e costruzione di sofisticati dispositivi spettrografici.

Fig. 24

Sotto, fig. 25

Fig. 26

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La ricerca di asteroidi potenzialmente pericolosi (PHA)ha avuto un forte rilancio a partire dal 1994, quando i frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 colpirono l’atmosfera di Giove: per la prima volta l'uomo ha assi-stito in diretta ad una serie di impatti estremamente distruttivi. Se uno di tali frammenti, di 1 Km di diametro o più, fosse caduto sulla Terra, avrebbe messo in serio pericolo l’ecosistema a livello planetario. In seguito, sono stati finanziati programmi di ricerca specifici, con l'utilizzo di telescopi espressamente dedi-cati alla ricerca dei corpi minori del sistema solare e, in particolare, dei NEO (Near Earth Object), ovvero, aste-roidi o comete il cui perielio è a una distanza inferiore a 1.3 UA, che quindi percorrono orbite che possono inter-secare quella terrestre. Il primo obiettivo fissato dalla NASA è stato raggiunto nel 2008, quando è stato catalogato il 90% degli asteroi-di di tipo NEO con un diametro maggiore di 1 Km. Alla data del 1° marzo 2011, sono stati catalogati 7744 NEO, di cui 1195 con un diametro superiore ad 1 km, e 1203 PHA (Potentialy Hazardous Asteroids), oggetti che si avvicinano a meno di 0.05 UA dalla Terra ed hanno una dimensione maggiore di 150 metri.

Survey

Le principali survey attive sono la NEAT, SPACEWACH, LONES, LINEAR, CATALINA SKY SURVAY, e recente-mente si è aggiunta il PanSTARRS, ed il telescopio spa-ziale WISE. Ogni notte questi Osservatori sorvegliano particolari zone celesti, secondo precisi programmi osservativi, alla ricerca di nuovi asteroidi e comete. L'efficiente automa-zione e i ridotti tempi di acquisizione delle immagini, che variano da 30 secondi a qualche minuto, consente di monitorare vaste aree del cielo ogni notte.

Per individuare con certezza un nuovo oggetto, di norma si effettuano 3-4 passaggi sulla stessa zona di cielo. Software specifici provvedono alla misura della posizio-ne di oggetti in movimento ed alla successiva verifica per accertare se questo oggetto è conosciuto e catalogato dal Minor Planet Center. Le capacità di calcolo dei computer ed i metodi matema-tici utilizzati permettono di individuare con sufficiente approssimazione l'orbita dell'oggetto. Le misure astrometriche vengono inviate al Minor Pla-net Center, (MPC) che con una serie di routine screma-no le osservazioni, al fine di individuare oggetti partico-lari. Qualora un oggetto appena scoperto presenti caratteri-stiche orbitali peculiari, esso viene inserito in un apposi-to elenco.

NEOCP

Sul sito web del Minor Planet Center vi è una pagina dedicata ai NEO, la NEOCP : Near Earth Object Confir-mation Page. E’ qui che sono elencati tutti i NEO che necessitato di misurazione astrometriche urgenti, al fine di determinarne l'orbita provvisoria. In generale, gli oggetti presenti in questa pagina sono stati osservati e scoperti dalle survey automatiche: tra il momento dell'osservazione e la pubblicazione su sito, passano alcune ore. Una volta che un asteroide è stato inserito in questa sezione, è possibile conoscerne, in modo approssimativo, le effemeridi, la magnitudine, la direzione e velocità di spostamento in cielo.

Follow-up

Gli oggetti presenti nella NEOCP possono essere osser-vati per un periodo di tempo generalmente ridotto.

Follow-up NEO Quando gli astrofili aiutano gli astronomi

Paolo Bacci [email protected]

Gli astrofili, se adeguatamente attrezzati e fortemente motivati, possono contribuire allo studio e ricerca dei corpi minori del si-stema solare, collaborando con i professionisti, monitorando gli asteroidi potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta.

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E’ spesso necessario mobilitare le risorse degli Osserva-tori, sia professionali sia amatoriali, al fine di raccoglie-re un numero sufficiente di posizioni che consentano di determinarne i parametri orbitali (fase di Follow-Up). Il primo Osservatorio che fotografa l'oggetto dopo la scoperta, ed invia le posizioni astrometriche al MPC, contribuisce a “confermarne“ la reale esistenza. In alcuni casi, le Survey inviano dei dati astrometrici associato ad un corpo celeste che non è successivamente osservato da nessun altro Osservatorio. Pertanto, senza un riscontro astrometrico indipendente, l'oggetto non potrà essere ufficialmente catalogato. Se le misure di posizione consentono di determinarne gli elementi orbitali, il MPC assegna una sigla provviso-ria al nuovo oggetto, che se è classificabile tra i NEO, le comete, o i KBO, sarà subito oggetto di una circolare – MPEC (Minor Planet Electronic Circular) - che riporta gli elementi orbitali, le misure di posizione raccolte e l'elenco di tutti coloro che hanno contribuito, con le loro osservazioni, alla determinazione dell'orbita.

Il ruolo degli astrofili

In questo genere di attività gli astrofili hanno l’opportunità di collaborare fattivamente con gli astro-nomi professionisti, ottenendo spesso risultati impor-tanti e di notevole gratificazione. Per effettuare il Follow-up, è necessario disporre di un codice Osservatorio attribuito dal MPC e, ovviamente, di una strumentazione adeguata, che consenta di raggiun-gere almeno la 18a magnitudine (anche se può capitare di vedere nella NEOCP oggetti più luminosi). E’ però opportuno sottolineare il fatto che la maggior parte degli oggetti inseriti nella NEOCP ha una magni-tudine che si aggira intorno alla 20a. Non sono molti gli astrofili che possono raggiungere questa magnitudine con tempi di posa sufficientemente brevi, anche in considerazione del veloce moto proprio dell'oggetto da riprendere. Nonostante ciò, grazie alle sofisticate tecniche di trat-tamento delle immagini disponibili e che illustrerò nel seguito, è possibile conseguire importanti risultati. Per organizzare in modo efficiente la serata osservati-va, ci si collegherà alla pagina NEOCP del MPC, che può contenere anche più di 100 oggetti da conferma-re, e si sceglieranno gli oggetti da seguire. Per ogni oggetto nella NEOCP è indicato un valore percentuale che indica la probabilità che lo stesso sia un NEO.

Inoltre, un valore numerico da 1 a 3 indica la priorità dell’osservazione. Ovviamente non mancano dati fonda-mentali, quali la magnitudine e le coordinate astronomi-che. Un apposito “flag” permette di selezionare gli og-getti per i quali vogliamo ottenere le effemeridi provvi-sorie. La nostra attenzione dovrà essere rivolta agli oggetti che hanno un elevata probabilità di rientrare nella categoria dei NEO e che presentino priorità 1 (la massima), e una magnitudine alla portata del nostro sistema di ripresa. Selezionati gli oggetti, inseriremo il nostro codice osser-vatorio nell'apposita casella e selezioneremo un interval-lo temporale delle effemeridi di 30 minuti, infine spun-teremo la voce motion (il moto apparente sulla volta celeste dell’oggetto) su “/min, cioè secondi d’arco per minuti di tempo ( Fig. 1).

Fig. 1: Pagina iniziale NEOCP del MPC

In risposta otteniamo le effemeridi degli oggetti (Fig. 2), la magnitudine, ed il loro moto. Qualora l'orbita sia particolarmente incerta, nelle ultime colonne verranno visualizzate le diciture Map/Offset clic-cabili. La prima aprirà una nuova pagine dove viene indicata l'incertezza di posizione dell'oggetto (Fig. 3). Questa indi-cazione grafica è molto utile al fine di individuare la zona di cielo da esplorare, rapportata al FOV della strumenta-zione utilizzata. Inoltre, in funzione del colore del grafico, viene indicata in modo approssimativo la distanza dell'oggetto dalla terra: se il colore è verde >0.05 UA; se arancione >0,05<0.01 UA, se rosso >0.01 UA. La secon-da opzione riporta le orbite possibili dell'oggetto (fig. 4). Questi ultimi dati, inseriti in un foglio di calcolo, sono utili per individuare le zone di cielo dove effettuare la nostra ricerca ( fig. 5).

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Per ogni oggetto selezionato, inoltre, è possibile visua-lizzare le misure di posizione comunicate al MPC, clic-cando sul link observations, dove sono raccolte tutte le osservazioni eseguite sull’oggetto. Questi dati, come vedremo in seguito, possono essere utilizzati per verifi-care la correttezza delle nostre misure, calcolando in modo approssimativo i residui, cioè la differenza tra la posizione teorica e quella osservata, spesso indicata con O-C (Osservato-Calcolato).

Prima di puntare il telescopio ed effettuare le riprese degli oggetti selezionati, dobbiamo considerare che essi hanno un moto apparente sulla volta celeste spesso non trascurabile, capace di formare sull’immagine la classi-ca “strisciata”, la cui lunghezza è proporzionale alla du-rata della posa. Per aumentare la precisione delle misu-re astrometriche e la “profondità”, in magnitudini, dell’immagine digitale, è necessario impostare i tempi di ripresa affinché l'asteroide risulti puntiforme. Dalla pagina delle effemeridi (Figura 2), annotiamo il valore di motion dell'oggetto e, conoscendo le dimen-sioni in secondi d’arco di un pixel (attenzione, il termi-ne corretto è fotoelemento della matrice; utilizzerò u-gualmente la parola pixel perché è entrata nell’uso co-mune del linguaggio astronomico) del nostro sistema di ripresa è possibile determinare il tempo massimo della posa che dovremmo utilizzare:

Tp = 2 x (Simg/Motion) x 60 Dove Tp è il tempo di esposizione in secondi; Motion, è il moto dell’oggetto in ascensione retta e declinazione in secondi d’arco al minuto (si veda fig. 2), mentre Simg è la dimensione di un pixel in secondi d’arco. Simg si calcola semplicemente così:

Simg = 206 x M/F Dove M è la dimensione di un pixel in micron; e F è la focale del telescopio in millimetri. Se M = 10 micron e F = 1000 mm, Simg = 2” e se il motion = 1”/min, allora: Tp = 112 secondi. Ora possiamo iniziare ad acquisire le immagini. Se la nostra strumentazione ci consente di raggiungere la magnitudine dell'oggetto, faremo una serie di “scatti”, intervallati tra loro di un tempo sufficiente affinché si possa notare il suo spostamento. Nel caso preso in esame, l'asteroide si sposterà di 0.5 pixel al minuto, per cui dopo 15 minuti rileveremo facil-mente il suo spostamento. Ovviamente per asteroidi più lenti si dovrà attendere più tempo per l'acquisizione dell’immagine successiva. Al fine di ottenere misure astrometriche accurate, dovremo ottenere un rapporto segnale/rumore SNR dell’oggetto> 3. Valori di SNR minori compromettono la precisione delle misure.

Fig. 2: Effemeridi nel NEOCP

Fig. 3: grafico Map che riporta l’incertezza della po-sizione dell'oggetto celeste. Sotto, fig. 4: l’incertezza nel calcolo dell’orbita genera un insieme di effemeri-di caratterizzate da errori decrescenti.

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Per ottenere un SNR adeguato, si utilizza la tecnica del-lo stack. Si sommano numerose immagini dell’oggetto con tempi di posa con i quali esso appare ancora punti-forme. Così facendo si aumenta notevolmente il rappor-to SNR e si raggiungono magnitudini interessanti. Applichiamo la tecnica dello stack all'asteroide 2009 UF94, scoperto al Centro Astronomico di Libbiano – Peccioli (PI) - ripreso alla sua seconda opposizione, mag. 20.5, motion: 0.60”/min e P.A. 291. (fig. 6)

Quando avremmo acquisito un sufficiente numero di immagini, inizieremo a sommarle tra loro, componen-do almeno 3 immagini, e con la tecnica del Blink, cioè l'animazione delle immagini, andremo ad individuare e, successivamente, a misurare l'oggetto. In fig. è rappresentato lo stack di 15 immagini da 30 secondi ciascuna, sono evidenziate con un cerchio le precedenti posizioni dell'oggetto che è stato misurato, di seguito si riportano i dati astrometrici nel formato MPC:

Fig. 5: Grafico dell’incertezza della posizione di un oggetto. I dati sono in primi d’arco, ogni riquadro

corrisponde al FOV del telescopi di 50 cm dell’Osservatorio astronomico Libbiano

Fig. 6: Asteroide 2009 UF94 ripreso al telesco-pio di 50 cm del Centro astronomico di Libbia-no. Nell’immagine a sinistra ha un’esposizione di 120 secondi. Qui l’asteroide non è stato rile-vato perché la zona in cui esso è presente ha un SNR insufficiente, pari a 2 solamente. Nell’immagine di destra sono state sommate 10 immagini di 120 secondi ciascuna e il SNR è già perfettamente accettabile: 8.5. L’asteroide, di magnitudine 20.5 è chiaramente visibile.

K10T53Z KC2010 10 10.00016 01 09 54.49 +06 00 02.3 19.2 R ET061B33

K10T53Z KC2010 10 10.00371 01 09 53.82 +05 59 28.8 19.2 R ET061B33

K10T53Z KC2010 10 10.00683 01 09 53.23 +05 58 59.3 19.1 R ET061B33

Fig. 7: Stack di 15 immagini dell' asteroide 2010 TZ53

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Possiamo adesso verificare se le nostre misure sono coerenti dal punto di vista dei residui con quelle prece-dentemente acquisite da altri Osservatori. In questo caso, erano presenti solo le 8 misure della Survey 704 Lincoln Laboratory ETS, New Mexico. Copiamo i dati presenti nella pagina observations, e li trascriviamo su un editor di testo, aggiungiamo le no-stre misurazioni, e salviamo il file. Utilizzando il programma gratuito Find_orb, provia-mo a calcolare l'orbita dell'oggetto al fine di verificare se le nostre misure sono coerenti con quelle fatte da altri osservatorio. Carichiamo con Find_orb il file appena salvato, e con alcuni accorgimenti, cerchiamo di trovare un orbita compatibile:

Conclusioni

L’osservazione di asteroidi è una attività che può essere condotta anche con strumenti amatoriali. Con un tele-scopio da 20 cm ed un discreto cielo, si possono seguire oggetti NEOCP con magnitudine fino alla 18-19a. La ricerca di NEOCP, è un attività impegnativa, ma alla fine il risultato ripaga delle “fatiche” notturne, e la sod-disfazione di vedere il nostro lavoro pubblicato sulle Circolari del MPC assieme ad Osservatori professionali, è sicuramente uno stimolo per continuare la nostra atti-vità.

Orbital elements: 2010 TZ53 Perihelion 2010 Jul 7.312981 TT = 7:30:41 (JD 2455384.812981) Epoch 2010 Oct 10.0 TT = JDT 2455479.5 Earth MOID: 0.0824 Ve: 0.0215 M 90.47812 (2000.0) P Q n 0.95554942 Peri. 55.02093 -0.33437819 0.93777028 a 1.02086256 Node 196.24704 -0.93635686 -0.34185064 e 0.3259447 Incl. 19.56502 -0.10689738 0.06103296 P 1.03/376.74d H 23.7 G 0.15 q 0.68811775 Q 1.35360737 From 11 observations 2010 Oct. 8-10; RMS error 0.371 arcseconds # State vector (heliocentric ecliptic J2000): # 1.076235856673 0.297024199694 0.005667290147 AU # 1.019637830776 14.667394650862 -4.903179108085 mAU/day # MOIDs: Me 0.2701 Ve 0.0215 Ea 0.0824 Ma 0.2439 # MOIDs: Ju 3.7139 Sa 7.7435 Ur 17.4099 Ne 28.5105 # Elements written: 18 May 2011 23:24:02 (JD 2455700.475023) # Full range of obs: 2010 Oct. 8-10 (11 observations) # Find_Orb ver: Mar 2 2010 18:03:42 # Perturbers: 00000000 (unperturbed orbit) # Tisserand relative to Earth: 2.77966 # Tisserand relative to Jupiter: 5.88611 # Tisserand relative to Neptune: 29.78278

Come si può notare, gli elementi orbitali sono compati-bili con un tipico asteroide Apollo. Anche i residui O-C sono sufficientemente buoni, infe-riori a 1.5, limite questo affinché una misura venga con-siderata sufficientemente precisa. Successivamente il MPC ha rilasciato la circolare M.P.E.C. 2010-T61, dove sono pubblicati i parametri orbitali del NEO, con le misure effettuate da tutti gli Os-servatori che ne hanno contribuito al calcolo prelimina-re dell'orbita. In questo caso l'osservatorio di Libbiano (B33), ha “confermato” l'esistenza dell'asteroide, essen-d o s t a t o i l p r i m o a r i t r o v a r l o .

Paolo Bacci, nato nel 1968, astrofilo sin dall'adole-scenza, quando si associò al GAMP Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese, e si occupava dell'osservazione visuale di meteore e stelle variabili. Successivamente è entrato a far parte dell'AAAV Associazione Astrofili Alta Valdera, dove si occupa di asteroidi e comete. Osserva da:

B09 Capannoli (PI)

B33 Osservatorio “G. Galilei” Centro Astrono-mico Libbiano Peccioli (PI)

– 104 San Marcello Pistoiese (PT). Il suo sito www. backman.altervista.org

Il telescopio di 50 cm del Centro Astronomico di Libbiano.

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Introduzione La Buiometria Partecipativa (BMP) è un progetto nato nel 2008 dall’idea di due ingegneri ambientali con e-sperienza nella gestione di dati e con interessi extra-ingegneristici. Lo spunto è nato in Maremma, un luogo in cui il cielo stellato è ancora uno spettacolo che toglie il fiato, minacciato però dal dilagante inquinamento luminoso. L’idea fu quella di affrontare il problema in maniera innovativa, coinvolgendo i residenti della zona in una campagna di monitoraggio ambientale scientificamente rilevante e, allo stesso tempo, portando informazioni sul problema e sul valore di un cielo stellato di buona qualità. Da questo spunto, e grazie alle nuove tecnolo-gie disponibili, abbiamo creato la Buiometria Partecipa-tiva. Il termine Buiometria è una parola originale che in qualche modo richiama il concetto di “misurazione del buio”. Abbiamo aggiunto il termine Partecipativa pro-prio per evidenziare l’aspetto partecipativo e divulgati-vo che volevamo dare al progetto. Il logo, nato poco dopo, riassume questi concetti. Lo strumento di misura usato per “far fare” le misure è lo Sky Quality Meter (SQM) della canadese Unihedron. Uno strumento di semplice utilizzo e dal costo ridotto rispetto ad altri sensori, in grado di restituire valori og-gettivi di brillanza del cielo e quindi del grado di inquinamento luminoso. L’idea del progetto è di presta-re gratuitamente lo strumento (l’unico onere per il par-tecipante è di farsi carico delle spese di spedizione), far fare le misure e farle caricare sul nostro database via internet. Si tratta di una pratica che costituisce un e-sempio di “citizen science”, attività scientifiche condot-te dai cittadini. Esistono molteplici esperienze in questo senso, da vari anni, ma nel campo dell’inquinamento luminoso la BuioMetria Partecipativa è stata di fatto un’esperienza innovativa in assoluto. Era sicuramente una novità nel campo della lotta all’inquinamento lumi-noso, un problema percepito (in parte ancora adesso) come distante dagli interessi dalla popolazione comune

perché relegato alla comunità astronomica o ad alcuni esperti di illuminotecnica. Per questi fattori di novità ed innovazione, il progetto ha incontrato notevole interes-se, ha trovato spazio sui media nazionali (TV, radio e carta stampata) e ci ha permesso di vincere il primo premio in un concorso nazionale (La seconda Luna: www.pibinko.org/bmp2/?p=624) sull’innovazione scientifica. In questo modo abbiamo avuto la possibilità di parlare di inquinamento luminoso ad un pubblico generalista molto vasto, poco o per niente informato sul problema. Fra le principali testate che hanno pubblica-to le nostre storie citiamo Topolino, La Stampa (ed na-zionale), la rubrica Costume e Società del TG2, Grazia, Radio2 ecc.

M(‘)Appare il cielo notturno: la Buiometria Partecipativa

Francesco Giubbilini e Andrea Giacomelli www.attivarti.org

Un SQM ed il logo della Buiometria Partecipativa – photo credit: Giulia Bondi

Fin dalla nascita il progetto è stato gestito in chiave vo-lontaria dai due creatori. Dal maggio 2011, al fine di meglio gestire risorse e opportunità, abbiamo costituito (assieme ad altri specialisti nel campo dell’ingegneria ambientale, della cultura e dell’innovazione libera) l’associazione di promozione sociale Attivarti.org.

Cittadini scienziati Coinvolgere attivamente i cittadini nelle rilevazioni era il nostro primo obiettivo. Per questo avevamo bisogno di dotarci di un certo numero di SQM da spedire in giro per l’Italia.

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Il materiale digitale che produciamo viene raccolto sul s i t o ( r e c e n t e m e n t e r i n n o v a t o www.buiometriapartecipativa.org), da cui è liberamen-te scaricabile ed utilizzabile secondo le licenze Creative Commons che applichiamo a tutti i nostri prodotti. Ol-tre al sito gestiamo un canale YouTube, www.youtube.com/user/BMPLightPollution , un canale F a c e b o o k , w w w . f a c e b o o k . c o m / p r o f i l e . p h p ?

id=100000372327189 ed uno Twitter, http://twitter.com/buiometria , che ci consentono di entrare in contatto con la comunità allargata. Il sito è anche il punto di partenza per raggiungere il database e le mappe: la parte operativa del progetto. Infatti, in parallelo al sito e con l’ausilio di un esperto geografo (Luca Delucchi), abbiamo realizzato il database per raccogliere i dati SQM e la mappa dinami-ca che si aggiorna ogni volta che vengono inseriti nuovi valori. E’ così che gli utenti, dopo aver raccolto le misu-re sul campo, le inseriscono nel database che ormai conta quasi 700 misure registrate in 600 diverse locali-tà sparse in tutta Italia, e alcune anche all’estero. Da un’analisi eseguita (con il consenso del proprietario) sull’unico altro grande database SQM di cui siamo a conoscenza che contiene dati SQM provenienti dall’Italia (quello della Unihedron), abbiamo appurato che il database BMP è probabilmente il maggiore esi-stente in Italia. E’ inoltre evidente guardando i dati registrati sul database Unihedron che manca in ingres-so qualunque tipo di controllo sulla qualità dei dati in-seriti e non esiste nessuna maschera di interrogazione per interagire con il database. Il sito BMP conta ormai più di 60 utenti di cui ben 41 sono utenti attivi, cioè utenti che hanno inserito misu-re. Queste possono essere acquisite con i sensori messi a disposizione dal progetto, oppure con SQM propri, come nel caso di diversi astrofili che, muniti di proprio

In tre anni abbiamo acquistato nove strumenti (più uno fisso, per attività di monitoraggio in continuo) che spe-diamo nel “kit buiometrico”. Il kit buiometrico è com-posto dallo SQM, da “un’agenda di viaggio” del buiome-tro, in cui è possibile annotare qualche ricordo dell’esperienza e, molto importante, le “istruzioni per buiometristi”. Se è vero, infatti, che il progetto ha una forte valenza didattica, non trascuriamo la qualità dei dati in arrivo: forniamo gli utenti di un libretto di istru-zioni (12 pagine autoprodotte) dove diamo precise indi-cazioni su come, quando e perché fare le misure. Inol-tre, organizziamo eventi ed incontri in giro per l’Italia per spiegare che cos’è la Buiometria Partecipativa e –soprattutto- che cos’è l’inquinamento luminoso e come si può combattere. Per questi eventi ci avvaliamo di diversi ausili didattici: video, test, modellini, tutti rea-lizzati da noi.

A sinistra: il modellino per simulare l’inquinamento luminoso. Immagine a destra: buiometristi in azione – photo

articoli su La Stampa e Topolino

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strumento, registrano le misure di brillanza del cielo dai luoghi abituali di osservazione. Con il crescere della comunità di cittadini e soggetti interessati a partecipare al progetto, la gestione degli spostamenti dei sensori sta diventando via via più com-plesso ed economicamente oneroso. Per questo, sin dal 2009 ci siamo impegnati nell’identificare dei “punti di prestito locale” che possano gestire autonomamente il prestito di SQM (di proprietà del progetto o di altri). Il primo punto di prestito, sorto nel maggio 2010, è quel-lo del gruppo di astrofili ADIA di Polignano a Mare (BA) (punto di prestito pugliese, www.pibinko.org/

bmp2/?page_id=40). Nel corso del 2010 si sono aggiunti nell’ordine: un punto di prestito a Roma gestito dal gruppo Parco delle Stelle (punto di prestito romano, www.pibinko.org/bmp2/?page_id=1894 ), il Museo di Sto-ria del Mediterraneo di Livorno con la collaborazione con le associazioni ALSA e SAIt-Livorno (punto di pre-stito a Livorno, www.pibinko.org/bmp2/?page_id=2244). Ultimo aggiunto in ordine di tempo, il punto di prestito presso l’osservatorio del gruppo Asso-ciazione Astrofili Romani di Frasso Sabino in provincia di Rieti (punto di prestito Frasso Sabino,

www.pibinko.org/bmp2/?page_id=2315 ). Non solo partecipazione Se da un lato l’aspetto partecipativo è fondamentale per il progetto, curiamo molto anche l’aspetto scientifico e la qualità dei dati raccolti. Questo perché ci interessa che i dati possano essere utilizzati e riutilizzati da chi fa ricerche e valutazioni scientifiche sul fenomeno. A tal fine, oltre a fornire le istruzioni per buiometristi, garan-

tiamo un controllo su tutti i dati in ingresso, per verifi-care coerenza e completezza dei dati inseriti. Inoltre abbiamo messo a punto un sistema di inter-calibrazione degli strumenti che ci consente di verifica-re che tutti i sensori eseguano misure corrette e di defi-nire dei fattori di correzione da applicare ai dati rilevati, in modo da compensare eventuali scarti dei singoli strumenti. Si veda al riguardo: “Working paper”, www.pibinko.org/bmp2/wp-content/uploads/2011/01/BMPcrosscalibration2011.pdf – Giacomelli, Giubbilini marzo 2011). E’ molto interessante il fatto che un grup-po di ricerca spagnolo, composto da astronomi e ricer-catori, che sta proponendo in Spagna un progetto simi-le alla BMP (NINOX, www.sea-astronomia.es/drupal/node/1594), abbia eseguito, separatamente, un control-lo simile sui 12 strumenti che hanno a disposizione. L’altro aspetto che abbiamo curato nell’ambito del pro-getto è quello della consultazione dei dati. Oltre alle mappe, che consentono una visualizzazione immediata dell’andamento del progetto, abbiamo realizzato un’interfaccia di interrogazione del database, www.pibinko.org/bmp/filtri. Da questa è possibile se-lezionare qualsiasi parametro, dalla località in cui è sta-ta eseguita la misura, alla data, alle condizioni meteo, allo strumento utilizzato ecc. I dati filtrati in base alle singole esigenze, possono così essere scaricati ed utiliz-zati. Diamo inoltre la possibilità di scaricare i dati in formato KML, per la visualizzazione tramite geobro-wser 3D, quali Google Earth o NASA Worldwind, e –per le stazioni di monitoraggio in continuo- abbiamo predi-sposto la visualizzazione delle serie storiche anche in formato grafico.

A sinistra: mappa con le misure BMP, a destra: la mappa con le misure dal database Unihedron

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E’ interessante ricordare che tutta la parte web del si-stema informativo BMP è realizzata utilizzando esclusi-vamente software libero/open source. In parallelo, per facilitare l’uso dei dati e la loro circola-zione (mantenendo la garanzia sulla fonte che li ha pubblicati), rilasciamo i dati sotto licenza Open Database Licence (ODbL). La licenza ODbL è una licen-za che si applica in maniera specifica alle basi di dati, in via di adozione a livello globale da numerosi enti e or-ganizzazioni attive nella raccolta di dati e sensibili alla condivisione delle informazioni come mezzo di valoriz-zazione delle stesse. Cordilit – Coordinamento (italiano) per la Rac-colta di Dati sull’Inquinamento Luminoso La realizzazione di misure manuali è estremamente importante, sia perché ci dà la possibilità di avere misu-re in moltissimi luoghi, sia perché è un modo pratico per spiegare problematiche tecniche altrimenti difficili, coinvolgendo direttamente le persone. Un altro aspetto della raccolta dati SQM è però quello delle centraline fisse. Queste permettono di verificare l’andamento della brillanza nel tempo, in condizioni più facilmente controllabili. Alla fine del 2010 abbiamo quindi iniziato a sviluppare un prototipo di centralina SQM fissa associata ad una centrale meteo. Abbiamo sviluppato il software che integra i dati meteo con i dati SQM ed il box esterno che garantisce la qualità dei dati e necessita di una bassa manutenzione. Il sistema di controllo (PC) è automatizzato per garantire il minimo intervento umano e la disattivazione nelle ore diurne,

per allungare la vita dei componenti e per risparmiare energia. Perché i dati provenienti dalle singole centrali-ne possano essere utilizzati nella ricerca scientifica, è importante che questi siano compatibili fra loro e facil-mente raggiungibili. Dai contatti che abbiamo sviluppa-to per portare avanti il lavoro, ci siamo resi conto dell’esistenza di altre iniziative tese alla creazione di reti per la raccolta di dati SQM. Ci siamo allora posti il pro-blema di trovare il miglior modo di collaborare con queste. Da alcune riunioni e scambi avvenuti nei primi mesi del 2011 è nata l’idea di coordinamento. E’ sorto così il Coordinamento (italiano) per la Raccolta dei Dati sull’ Inquinamento Luminoso - CORDILIT (www.cordilit.org), in collaborazione con varie associa-zioni nazionali, in primis veneto stellato, www.venetostellato.it . Un coordinamento che funziona da raccordo tra i pro-duttori di dati e gli utilizzatori, deve essere in grado di garantire la reperibilità dei dati grezzi e la loro pubbli-cazione (sotto licenze libere per i motivi sopra esposti). La disponibilità dei dati grezzi è garanzia di trasparenza e allontana il rischio di speculazioni economiche sul loro rilascio. Il coordinamento inoltre serve da colletto-re di idee e consigli tecnici e, attraverso la propria co-munità di aderenti, svolge una funzione di controllo sulla qualità dei dati prodotti. Il futuro Il 2011 appare come un momento di particolare fer-mento sul tema dell’inquinamento luminoso, e la nostra attività non sarà da meno. I prossimi mesi ci vedono impegnati nel consolidare il coordinamento per la rac-colta dei dati sull’inquinamento luminoso (sia dal pun-to di vista tecnico che dal punto di vista formale) e dei molti contatti che stanno nascendo, soprattutto a livello europeo, con progetti simili al nostro. Se finora la nostra attenzione è stata principalmente rivolta all’uso dello SQM, stiamo valutando la possibili-tà di differenziare le fonti di dati ed integrare i dati SQM con dati provenienti da altri sensori. A tal propo-sito è di particolare interesse la collaborazione con il nascente progetto Dark Night promosso dall’European Astronomy Network.

la strumentazione per l'intercalibrazione degli SQM

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La BuioMetria Partecipativa nasce da un’idea di Andrea Giacomelli e Francesco Giubbilini . (qui nella foto di Giulia Antinucci). Dal 2008 essi portano avanti questo progetto, che ha visto una costante crescita in qualità e pubblico. Pur avendo un titolo di studio in comune (laurea in inge-gneria ambientale), i nostri interessi sono differenti. Francesco è l’astrofilo, si occupa di illuminotecnica e segue la parte tecnico/scientifica del progetto. Andrea è il comunicatore, con esperienza nella realizza-zione di eventi e iniziative varie su tematiche quali cul-tura, ambiente e informatica libera. Poi ha anche un’esperienza pluriennale nella gestione di dati am-bientali e territoriali. Ai due si affianca Luca Delucchi, un giovane geografo il cui contributo è stato (ed è) essenziale alla realizzazione ed al mantenimento del database e della mappa dina-mica.

Un appello agli astrofili Rivolgiamo infine un appello ai molti astrofili sparsi per lo stivale e dotati di SQM. Immaginiamo che molti di loro eseguano misure di brillanza ogni volta (e più di una volta in una serata) che escono per osservare il cie-lo ma poi, per fretta o disattenzione si dimenticano di memorizzarle da qualche parte. Questi dati sono pre-ziosi. Basti pensare che solitamente gli astrofili, si reca-no negli stessi luoghi per osservare, in diversi orari e in differenti stagioni. Inoltre, in media, i luoghi frequenta-ti dagli astrofili hanno un cielo di qualità migliore ri-spetto alle aree urbane circostanti e quindi la variazione della brillanza del cielo in questi luoghi è di particolare interesse in quanto riflette lo stato dell’illuminazione pubblica circostante. I luoghi frequentati dagli astrofili sono di solito poco frequentati dalle altre persone, al-meno di notte. Il ruolo degli astrofili come “guardiani della notte” è quindi ancora più importante, basterebbe un piccolo sforzo per aiutare a proteggere quello che amano. Sul nostro sito abbiamo ripreso un importante lavoro eseguito da Maurizio Marsigli: il censimento dei luoghi a vocazione astronomica/astrofila , www.pibinko.org/bmp2/?page_id=2516. Stiamo inte-grando il file con i dati SQM e con descrizioni più preci-se dei luoghi. Se frequentate abitualmente una delle zone censite, vi invitiamo a contattarci per definire il modo migliore per collaborare su questa specifica attività. Ogni contri-buto è prezioso. Per contatti e ulteriori informazioni: [email protected]

alcune immagini del box ester-no per la centralina SQM