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Indice

I Introduzione 2

1 Nanomateriali e nanotecnologie 4

1.1 Proprietà dei nanomateriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.2 Nanomateriali a base di carbonio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.3 Applicazioni dei nanotubi e dei nanoribbon . . . . . . . . . . . . . . 14

II Teoria 17

2 Teoria del funzionale densità 18

2.1 I teoremi di Hohenberg-Kohn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.2 L'approccio di Kohn-Sham . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.2.1 Equazioni variazionali nel sistema di Kohn e Sham . . . . . . 212.2.2 Energie di scambio e correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . 222.2.3 Funzionali approssimati di scambio e correlazione: limite del

gas uniforme e Local Spin Density Approximation (LSDA) . . 232.2.4 Algoritmo per la risoluzione dell'equazione di Kohn e Sham . 24

3 TDDFT 27

3.1 Teoremi chiave nella TDDFT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273.2 Teoria della risposta lineare ad una perturbazione esterna . . . . . . 283.3 Risposta lineare nel sistema di Kohn e Sham . . . . . . . . . . . . . 303.4 La funzione risposta nel sistema di particelle interagenti . . . . . . . 313.5 Relazione tra quantità microscopiche e macroscopiche . . . . . . . . . 323.6 Funzione dielettrica longitudinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

III Risultati 35

4 Studio ab initio del sistema 23AGNR 36

4.1 Modalità di calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 364.2 Risultati per il sistema 5AGNR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384.3 Risultati per il sistema 23AGNR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

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Parte I

Introduzione

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L'obiettivo di questa tesi è la caratterizzazione tramite simulazioni ab initio delleoscillazioni plasmoniche di alcuni nanomateriali a base di carbonio. Nel capitolo1 vengono deniti i nanomateriali e ne sono descritte le principali caratteristiche,con particolare enfasi sui sistemi a base di carbonio e sui loro potenziali utilizzi. Icapitoli 2 e 3 descrivono gli strumenti teorici utilizzati per il calcolo. In particolare,nel capitolo 2 vengono esposte le nozioni principali della teoria del funzionale densità,mentre nel capitolo 3 viene sviluppata la teoria nel caso di perturbazioni dipendentidal tempo. Il capitolo 4, inne, riporta alcuni risultati noti per sistemi simili a quellostudiato, e inne vengono discussi i risultati ottenuti.

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Capitolo 1

Nanomateriali e nanotecnologie

Questo capitolo ha lo scopo di fornire alcune nozioni fondamentali riguardantilo studio delle nanoparticelle e delle loro proprietà, mettendo in particolare rilievo inanomateriali a base di carbonio e i loro utilizzi.Una nanoparticella è un qualunque aggregato di materia le cui dimensioni sianocomprese tra gli ordini di 1 nanometro e 100 nanometri. Nello studio della materiacondensata, si può notare che molte proprietà macroscopiche risultano collegate aduna lunghezza caratteristica o critica, che rappresenta una misura della scala su cui sivericano i fenomeni sici all'interno del sistema. Nel momento in cui il solido vieneridotto in piccole parti dell'ordine del nanometro, le dimensioni del sistema sarannoinferiori rispetto alle lunghezze caratteristiche. L'eetto è l'insorgere di modicheradicali nelle proprietà siche associate al materiale, che non saranno quindi piùdescrivibili con metodi semi-classici. Tuttavia, spesso il cambiamento risulterà in unmiglioramento della funzionalità del sistema sico.Inoltre, il rapporto tra numero di particelle sulla supercie e numero di particelle nelvolume e, conseguentemente, quello tra energia di supercie e di volume (o bulk),può aumentare di diversi ordini di grandezza. Ad esempio, in un cubo di ferro lapercentuale delle particelle in supercie è 10−5% se le dimensioni sono di 1cm3, 10%se le dimensioni dei lati del cubo sono di 10nm.In gura 1.2 viene mostrato il fenomeno per cluster di palladio [1].

Per le considerazioni fatte ad oggi lo studio della materia quando essa si presentasottoforma di piccole particelle dell'ordine dei nanometri sta acquisendo un ruolosempre più importante nel campo della ricerca, e gli utilizzi nei dispositivi utilizzatiquotidianamente sembra sempre più vicino.Le nanoparticelle possono essere distinte in base alle caratteristiche topologiche delmateriale su scala nanometrica:

I pozzi quantici (o quantum wells) hanno solo una lunghezza della strutturatridimensionale nanometrica;

I li quantici (o quantum wires) hanno due lunghezze nanometriche;

I punti quantici (o quantum dots) sono nanometrici in tutte e tre le dimensioni.

La distinzione tra molecole, nanoparticelle e materiali di bulk può essere fatta in ba-se al numero di atomi che compongono il sistema, come schematizzato in gura 1.1.Tuttavia molte molecole, soprattutto quelle presenti nei composti organici, hannocentinaia di atomi al loro interno. La distinzione tra molecola e nanoparticelle non

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Figura 1.1: Caratterizzazione del sistema in base al numero di atomi, oequivalentemente alla dimensione in nanometri nel caso di quantum dots.

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è quindi ben denita in questo modo: a contraddistinguere realmente una nanopar-ticella sono le proprietà speciali.

Figura 1.2: Variazione percentuale degli atomi sulla supercie in cluster di palladioal variare della dimensione del cluster. [1]

1.1 Proprietà dei nanomateriali

Le caratteristiche elencate sopra corrispondono a modiche estreme delle proprie-tà siche delle nanoparticelle rispetto a quelle dei materiali estesi. Qui di seguito nesono illustrate alcune tra le più rilevanti.

Figura 1.3: Variazione della temperatura di fusione per nanoparticelle di oro rispettoalla temperatura di bulk 1337 K. I valori sono in accordo con la teoria come mostratodalla linea continua [2]

Punto di fusione più basso Tutte le nanoparticelle di metalli, gas inerti, semi-conduttori e cristalli molecolari hanno un punto di fusione inferiore rispetto a

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quello dei solidi corrispondenti. Se si tiene conto dell'energia di supercie nellevariabili termodinamiche, questo fenomeno può essere facilmente spiegato.L'equazione che lega la temperatura di fusione di un materiale di bulk Tb aquella di un cluster dello stesso materiale Tm è [2]:

Tb − Tm =[ 2Tb

∆Hρsrs

][γs − γl

(ρsρl

) 23]

(1.1)

dove ∆H e rs sono rispettivamente il calore latente molare di fusione e ilraggio del cluster, ρ rappresenta la densità e γ la tensione superciale; i pediciindicano lo stato della materia a cui fanno riferimento (liquido o solido). Ingura 1.3 è possibile osservare la variazione della temperatura di fusione perdelle nanoparticelle di oro. I dati sperimentali sono in accordo con i valoriteorici, indicati con una linea continua.

Figura 1.4: Variazione della forza meccanica per nanowhiskers di NaCl. Quando lasezione ha un diametro di 1µm il valore si avvicina a quello teorico.[3]

Proprietà meccaniche Quando le dimensioni raggiungono valori nanometrici, laforza meccanica delle particelle, ovvero la capacità di resistere a deformazioniplastiche, subisce un notevole incremento. In generale, il calcolo teorico dellaforza meccanica nei cristalli fornisce un valore che è dai due ai tre ordini digrandezza al di sopra di quello sperimentale. A partire da particelle dell'ordinedi 10 micron, il valore della forza meccanica aumenta e, come dimostrato daHerring e Galt [4], può avvicinarsi di molto al valore teorico. Questo fenomenoè dovuto alla notevole diminuzione percentuale delle impurità nelle nanopar-ticelle rispetto ai materiali di bulk. Se si considera un nanowire, al diminuiredella sezione trasversale la probabilità di trovare imperfezioni di ogni tipo di-minuisce [5]. In gura 1.4 è mostrato il fenomeno nel caso di nanowhiskers diNaCl.[3]

Risonanza plasmonica di supercie I plasmoni di supercie sono oscillazioni coe-renti degli elettroni liberi nella banda di conduzione dovute ad un'onda (elet-tromagnetica o di materia) incidente. Come mostrato in gura 1.5 per unananoparticella sferica, quando il cristallo è più piccolo della lunghezza d'onda

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della radiazione elettromagnetica incidente, il campo elettrico induce in super-cie una polarizzazione degli elettroni di conduzione rispetto agli ioni pesantidella particella. Il risultato è una dierenza di carica a livello superciale, cheagisce come forza opposta al cambiamento[6]. Il gas di elettroni diventa un

Figura 1.5: Un campo elettromagnetico incidente su una nanoparticella generaun'oscillazione della carica superciale (ovvero del gas di elettroni) [6].

dipolo oscillante con una frequenza caratteristica. La risonanza plasmonica disupercie è l'eccitazione dipolare cui è soggetta la nanoparticella. L'energiadipende dalla densità elettronica e dal mezzo dielettrico in cui è immersa laparticella, la larghezza del picco plasmonico dipende dal libero cammino mediodegli elettroni: nanoparticelle più grandi hanno un picco più stretto.

Eetti quantistici sulle proprietà ottiche Quando la dimensione del cristallo èpiù piccola della lunghezza d'onda di De Broglie, gli elettroni e le lacune sonoconnati spazialmente e viene generato un dipolo elettrico. I livelli energeticidiventano discreti e la separazione in energia tra due livelli adiacenti aumentaquando le dimensioni diminuiscono, come nel caso ideale di una particella quan-tistica in una scatola. Il risultato è una variazione signicativa delle proprietàottiche. Ad ogni materiale viene associata una particolare dimensione critica,sotto la quale la spaziatura tra due livelli energetici nel materiale diventa mag-giore dell'energia termica kBT . Ad una data temperatura, per i semiconduttoritale lunghezza è molto più grande che per i metalli. Questi ultimi conservanole loro proprietà nché le nanoparticelle non sono composte solo da decine ocentinaia di atomi [7]. Infatti, in tali sistemi, il livello di Fermi si trova spessoal centro di una banda di valenza estesa. Di contro, nei semiconduttori, il cuilivello di Fermi si trova in una regione proibita (band gap, spesso dell'ordineo inferiore a ∼1 eV) tra una banda di valenza e una banda di conduzione, letransizioni ottiche dipendono fortemente dalle dimensioni dei sistemi, ancheper cristalli più grandi, no a 10000 atomi. Inne, negli isolanti il gap è giàtroppo grande nella forma di bulk.I semiconduttori sono, quindi, i sistemi più aetti dalla dimensionalità, e il bandgap diventa più grande al decrescere delle dimensioni, per cui le transizioniinterbanda in tali materiali saranno accessibili a frequenze più alte.

Super-paramagnetismo Quando un materiale ferromagnetico ha dimensioni na-nometriche, diventa magneticamente instabile, in quanto l'energia di super-cie dà un'energia suciente ad allineare i domini magnetici. Il materiale

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diventa, dunque, paramagnetico, con un unico dominio magnetico di momentoµ = 105µB, dove µB = 5.79×10−5 eV T−1 rappresenta il magnetone di Bohr.Questo fenomeno è osservabile anche in cluster composti da 105 atomi[8]. Nesegue che, rispetto ai comuni materiali paramagnetici, la suscettività associataal materiale è molto maggiore.

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1.2 Nanomateriali a base di carbonio

Figura 1.6: Allotropi del carbonio. A partire dalla gura in alto a destra: il grafeneè un foglio esagonale di atomi di carbonio, la grate può essere vista come fogli digrafene disposti l'uno sull'altro, il nanotubo è una struttura cilindrica ottenuta arro-tolando un foglio di grafene, il fullerene è una palla ottenuta dal grafene, aggiungendodei pentagoni nella struttura [9].

Le nanotecnologie a base di carbonio hanno, n dalla loro scoperta, attirato l'at-tenzione di una vasta e multidisciplinare comunità scientica, in virtù delle proprietàspeciali del singolo piano di grate (o grafene), isolato e osservato per la prima voltanel 2004. Ad oggi si conoscono molte delle proprietà fondamentali di materiali a di-mensionalità ridotta, costituiti prevalentemente da atomi di carbonio. Notevoli sonostate le applicazioni proposte in campo ingegneristico e biomedico.

Grafene

Il grafene è un materiale bidimensionale (ane ai quantum well). Ad oggi èpossibile isolare fogli di grafene di dimensioni superiori al mm2 [10][11]. Nella lo-ro struttura perfettamente planare, gli atomi di carbonio presentano gli elettroni divalenza nei livelli ibridi sp2 e sono impacchettati in un reticolo ad alveare (o esago-nale). La lunghezza dei legami carbonio-carbonio è di 1.42Å. Quando questi pianisi dispongono a formare una struttura tridimensionale (grate), i fogli di grafene sitrovano ad una distanza di 3.35Å (con impilamento, o stacking, prevalentemente deltipo A-B).La struttura a bande del grafene è stata studiata nel 1947 da Wallace [12], ma solo nel2004 si è iniziato ad osservare tale struttura sperimentalmente [13]. Fino ad allora, ilgrafene veniva considerato una forma allotropica del carbonio termodinamicamenteinstabile e, quindi, inesistente in natura. Tutti i nanomateriali a base di carboniopiù conosciuti sono in principio ottenibili dal grafene. Fra questi spiccano i fullereni(isolati per la prima volta nel 1986), i nanotubi (osservati nel 1994) e le nanostrisce

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(o nanoribbon).La proprietà più rilevante che rende unico il grafene è che esso presenta dei puntidello spazio reciproco, noti come punti K o punti di Dirac, [9] in cui gli elettroni divalenza hanno una relazione di dispersione lineare tra la loro energia (~ω) e la loroquantità di moto ~k. In altri termini, per tali elettroni sussiste la relazione ω = vF |k|(vedi gura 1.7), per cui essi si comportano come particelle ultra-relativistiche, e la

Figura 1.7: Livelli HOMO e LUMO nel grafene, con zoom sul cono di Dirac incorrispondenza del punto K [9].

loro dinamica può essere descritta dall'equazione di Dirac [14], con l'unica eccezioneche la velocità delle particelle non è quella dei fotoni, ma la velocità di gruppo deglielettroni intorno ai punti di Dirac vF , pari a circa 1/300 della velocità della luce.L'eccezionalità di questo comportamento, unitamente alla teoria dei portatori di ca-rica nei semiconduttori, fa sì che gli elettroni di questa natura si possano considerarecome fermioni di Dirac a massa nulla.

Fullereni

I fullereni sono nanoparticelle a dimensionalità nulla. L'analisi dello spettro dimassa evidenzia che le nanoparticelle più stabili sono quelle con 60 atomi di carbonio,il C60, che ha un diametro di circa 0.7nm. Le grosse molecole di fullerene formanoun reticolo tridimensionale con costante di circa 1nm del tipo fcc, e le nanoparticellesono tenute insieme da forze di Van der Waals. É possibile drogare tale reticolocon atomi alcalini, che vanno ad incastrarsi nei siti vuoti tra le molecole. Questodrogaggio permette di far diventare conduttore il C60, che di per sé è un materialeisolante. La proprietà speciale di tale materiale è che diventa superconduttore atemperature elevate. Nel 1991 è stato osservato per la prima volta il fenomeno dellasuperconduttività nel C60 drogato con potassio ad una temperatura di 18K [15] e,successivamente, è stato notato che aumentando la massa dell'atomo alcalino chefunge da drogaggio, la temperatura critica cresce ancora. Il materiale Cs3C60 ha unatemperatura critica di 40K [16].

Nanotubi

I nanotubi di carbonio (carbon nanotubes, CNT) sono strutture unidimensionali(ani ai quantum wires). Per spiegare la loro struttura, è possibile pensare che essisiano ottenibili chiudendo su sé stesso un foglio di grafene. Avvolgendo tale fogliorispetto ad un vettore T, si può denire un vettore circumferenziale Ch perpendico-lare ad esso, rispetto a cui i diversi CNT sono classicati, una volta scomposto nelle

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sue componenti lungo i vettori di reticolo diretto a1 e a2. (vedi gura 1.8). L'angolo

Figura 1.8: Se il nanotubo viene ottenuto avvolgendo il grafene nella direzione delvettore T, il vettore Ch perpendicolare ad esso caratterizza il nanotubo. I nanotubizigzag hanno Ch = (n, 0), quelli armchair Ch = (n, n) (in coordinate ridotte). Tuttele altre forme sono dette genericamente chirali ([17]).

chirale è denito come l'angolo che il vettore Ch forma con la direzione (n, 0): è nulloper nanotubi con struttura zigzag e vale π

6 per nanotubi con struttura a poltrona (oarmchair"). I primi sono semiconduttori, gli altri metallici. Nella struttura metal-lica la conducibilità è molto elevata: si stima che si possano trasportare miliardi diAmpère per centimetro quadro. La forza meccanica dei nanotubi è anche molto alta.Altri nanotubi corrispondenti ad orientazioni intermedie fra l'armchair e la zigzagdel vettore Ch sono genericamente chiamati nanotubi chirali".Si stima facilmente che circa 1/3 dei nanotubi ottenibili avvolgendo un foglio digrafene siano semiconduttori, i restanti 2/3 metallici [18]. I nanotubi più comune-mente sintetizzati rispettano questa proporzione. Come mostrato in gura 1.9, al-l'aumentare del diametro del nanotubo semiconduttore, il bandgap diminuisce [19].

Nanoribbon

I nanoribbon (GNR) sono sottili strisce di grafene, classicabili come unidimen-sionali (quantum wires) in quanto una delle due dimensioni supera di ordini di gran-dezza l'altra. Come per i nanotubi, si può distinguere tra armchair e zigzag, questavolta in base alle terminazioni (vedi gura 1.10).

Gli atomi di carbonio presenti nelle terminazioni hanno dei legami non saturati,che possono essere passivati da atomi o gruppi molecolari.Questo causa una variazione della lunghezza dei legami C-C rispetto al loro valorenominale di 1.42Å. I nanoribbon a terminazione zigzag presentano degli stati loca-lizzati ai bordi, che decadono esponenzialmente all'interno del ribbon [20].I nanoribbon a terminazione armchair non presentano questi stati ai bordi e il band-gap è una funzione della larghezza. Si possono caratterizzare in tre gruppi e il bandgap segue la relazione ∆3p+1 > ∆3p > ∆3p+2 a p ∈ N sso. Al variare di p, il pedicenella relazione indica il numero di dimeri di carbonio presenti nella cella unitaria del

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Figura 1.9: Plot del bandgap di nanotubi semiconduttori al variare dell'inverso deldiametro[19].

Figura 1.10: Possibili tipologie di nanoribbon: (a) zigzag, (b) armchair, (c) generico,ovvero una combinazione dei due. I numeri in basso sono gli indici di riferimento perla struttura.

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ribbon. Come mostrato in gura 1.11, ciascuna delle tre famiglie ha un bandgapinversamente proporzionale alla larghezza del ribbon [21].

Figura 1.11: Band gap ∆a nei nanoribbon con terminazioni armchair al variare dellalarghezza wa. I calcoli sono fatti utilizzando la LDA [21] (vedi capitolo 2).

1.3 Applicazioni dei nanotubi e dei nanoribbon

Il grafene e gli altri allotropi di carbonio discussi mostrano molte potenzialitànel campo della tecnologia dell'informazione e della comunicazione, grazie alla lorocapacità di processare informazioni a frequenza ultraveloce (>1THz). Il grafene èconsiderato uno dei più promettenti materiali per l'utilizzo nel settore dell'elettroni-ca in sostituzione al silicio. Il materiale bidimensionale presenta un livello di Fermivuoto ma non ha bandgap, per cui è necessario cercare di aprire una gap al livellodi Fermi al ne di avere dei dispositivi elettronici a semiconduttore. I suoi derivati,CNT e GNR, si prestano bene a tale compito.

Nanoelettronica e microelettronica

Nei dispositivi moderni i MOSFETs hanno dimensioni sempre minori, e questopermette di aumentare il numero di transistor per processore [22] (vedi gura 1.12).Questa diminuzione nelle dimensioni sta raggiungendo un limite fondamentale, inquanto si può incorrere in un accrescimento dei costi e in una diminuzione del gua-dagno in corrente, per quanto descritto nei paragra precedenti [23]. A tale scopoi GFET (graphene FET) possono rappresentare una svolta interessante. A partiredal 2007 [24] è stato dimostrato che è possibile costruire GFETs con guadagno intensione utilizzando dielettrici, sia in corrente continua che alternata [25].I canali di questi transistor sono, tuttavia, poco adatti alla costruzione di porte lo-giche in quanto la conduttività del grafene non permette di costruire dispositivi ingrado di accendersi e spegnersi. A questo scopo si mostrano invece promettenti iGNR che, come è stato dimostrato, possono avere ION/IOFF = 106. [26]. Tuttaviaquesta proprietà andrebbe accompagnata ad un guadagno in tensione >1.Il grafene trova applicazione nelle memorie digitali non volatili, dispositivi in gradodi immagazzinare informazione caricando/scaricando porte addizionali inserite tra leporte di controllo standard di un sistema di MOSFETs. Nei modelli oggi utilizzati,la diminuzione di spazio tra celle adiacenti potrebbe generare eetti di accumulo di

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Figura 1.12: In blu il numero di transistor per processore, in rosso le lunghezzedei MOSFETs al variare dell'anno di produzione. Dopo la linea nera tratteggiata èpresente una previsione [22]

carica aggiuntiva e, in più, diminuendo le aree laterali c'è bisogno di sempre più altivoltaggi. La crescita del numero di celle nell'array produce un aumento del tempo diaccesso al dispositivo. Il grafene e i suoi derivati potrebbero sostituire i dispositiviad oggi in uso in quanto la richiesta per questi dispositivi è solo ION/IOFF = 104 e,inoltre, tutti gli altri problemi che potrebbero sorgere nei dispositivi utilizzati oggisarebbero compensati dalle proprietà del nanomateriale [27] [28].

L'utilizzo dei plasmoni

Le proprietà plasmoniche del grafene [29], che comprendono un maggiore con-namento, una maggiore tunabilità e perdite minori rispetto alle nanoparticelle adoggi conosciute (tra cui oro e argento) [30] [31], lo rendono uno dei materiali piùstudiati e vi sono grandi aspettative nell'utilizzo dei nanodevice. La potenzialitàdel grafene è quella di poter operare nel gap del Terahertz, vietato dalla fotonica edall'elettronica classica e gli utilizzi sono i più disparati: si passa dalle nanoantenne[32] ai modulatori a banda larga [33]. I suoi plasmoni connati sono, inoltre, delleguide d'onda promettenti [34].

Biomedicina

La ricerca nel campo della biomedicina cerca nuovi dispositivi (ad esempio im-pianti articiali della retina o interfacce bioelettroniche per trattamenti tramite sti-moli elettrici) che minimizzino il disagio sui pazienti. Ci si aspetta che tali dispositiviabbiano delle proprietà speciche, ovvero che siano piccoli, essibili, stabili in con-dizioni siologiche e in grado di funzionare per anni. Il grafene possiede alcune diqueste qualità, ed esistono ricerche che cercano di capire se sia in grado di dare sti-moli elettrici sucientemente intensi da stimolare il sistema nervoso, o meglio dasuperare le qualità dei dispositivi ad oggi in uso.Un'altra possibile applicazione è quella di strumento per la somministrazione deimedicinali, qualora essi rischino di degradarsi prima di essere ingeriti o iniettati nel-

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CAPITOLO 1. NANOMATERIALI E NANOTECNOLOGIE 16

l'organismo. Il grafene è chimicamente modicabile e questo potrebbe renderlo idealeper tale utilizzo. É, tuttavia, da studiare l'eetto che può avere sui sistemi biologicicomplessi [35]. Inne, il grafene sembra prestarsi bene all'utilizzo nelle terapie controil cancro e nell'imaging biomedico. [36].

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Parte II

Teoria

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Capitolo 2

Teoria del funzionale densità

In questo capitolo si vuole fornire un metodo che consenta di studiare le proprietàelettroniche di un materiale partendo da un approccio puramente quantistico.Verranno utilizzate sempre unità atomiche (me = ~ = e = 1). A tal ne il primopasso è l'utilizzo dell'approssimazione di Born-Oppheneimer: i nuclei possono essereconsiderati fermi e si può considerare un Hamiltoniano legato al moto dei soli elettroninel solido. Per un sistema di N elettroni l'Hamiltoniano risulta essere

H =1

2

N∑i=1

p2i +

N∑i=1

Vext(ri) +1

2

N∑i,j=1i 6=j

1

|ri − rj |(2.1)

dove Vext è il potenziale di interazione tra l'elettrone e il sistema sico (nel caso in cuisi stia considerando un solido è l'interazione coulombiana con i nuclei del reticolo).Viene omessa l'energia di interazione tra i nuclei, che per l'approssimazione fattaconsisterebbe in una traslazione totale dei livelli energetici.Per conoscere gli stati energetici degli elettroni e quindi tutte le proprietà del ma-teriale bisognerebbe risolvere l'equazione di Schroedinger indipendente dal tempo.Tuttavia una quantità macroscopica di qualsiasi materiale ha al suo interno circa1023 elettroni per cui un'autofunzione elettronica dipende da troppe variabili, e nontutta l'informazione che contiene è utile per denire proprietà macroscopiche. Incontrasto, la densità elettronica dipende da sole 3 variabili e, come sarà mostrato inquesto capitolo, è suciente per il calcolo di qualunque osservabile sica legata alleproprietà di stato fondamentale del sistema elettronico.

2.1 I teoremi di Hohenberg-Kohn

La quantità chiave della teoria del funzionale densità è la densità elettronica.L'operatore densità è denito dalla relazione:

n(r) =N∑i=1

δ(r− ri) (2.2)

n agisce in uno spazio di Hilbert a N particelle, caratterizzato dagli operatori posizio-ne ri e quantità di moto pi, con le regole di commutazione canoniche [ri, pj ] = iδij .Come ogni osservabile sica, la densità degli elettroni in uno stato energetico denitoè data dal valore di aspettazione dell'operatore densità sull'autoket corrispondente

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 19

all'energia. In particolare, la densità elettronica del sistema nello stato fondamentaleè

n0(r) = 〈Ψ0(ri)|n(r)|Ψ0(ri)〉 (2.3)

dove |Ψ0〉 è l'autoket dell'Hamiltoniano (2.1) con energia più bassa e

ri = r1, r2, . . . rN

. I due teoremi di Hohenber-Kohn assicurano che si può ottenere qualunque infor-mazione sul sistema conoscendo la densità di stato fondamentale.

1o teorema di Hohenberg-Kohn Il potenziale esterno Vext di un sistemadi particelle interagenti è univocamente determinato, a meno di una costanteadditiva, dalla densità delle particelle nello stato fondamentale n0(r).

Si ha quindi una corrispondenza biunivoca tra potenziale e densità di stato fon-damentale. Inoltre, una volta denito il numero di particelle, il potenziale esterno èl'unica variabile dell'hamiltoniana per distinguere un sistema dall'altro. Da qui segueuna corrispondenza biunivoca con l'Hamiltoniano e quindi con tutte le proprietà delsistema. Ogni proprietà e osservabile sica O del sistema sarà quindi un funzionaledi n0.

n0 ↔ Vext ↔ H ↔ O

2o teorema di Hohenberg-Kohn É possibile denire un funzionale energiauniversale E[n] che dipende dalla densità n. Esso è valido per ogni potenzialeesterno Vext. Scelto poi un particolare potenziale esterno, lo stato fondamentaledel sistema a cui si riferisce è il minimo assoluto di tale funzionale, e la densitàche minimizza tale funzionale è la densità di stato fondamentale n0(r).

Tra i tanti tentativi di denire tale funzionale, due risultano particolarmenterilevanti. Il funzionale originale di Hohenberg-Kohn, utilizzato per la dimostrazionedel teorema, è denito solo nello spazio ristretto delle densità che sono eettivamenteassociate allo stato fondamentale dell'Hamiltoniano (2.1) con un particolare Vext.Tali densità sono quindi denite come "V-rappresentabili". Il funzionale è

EHK [n] = T [n] + Eint[n] +

∫d3rvext(r)n(r) (2.4)

L'esistenza dei primi due funzionali è garantita dal primo teorema di Hohenberg-Kohn. Il terzo termine restringe appunto il dominio del funzionale alle n che corri-spondono ad un dato Vext.Levi e Lieb riuscirono a denire un funzionale in modo da estendere il dominio didenizione. Si consideri il classico funzionale energia (dipendente dalle autofunzioni)

E[Ψ] = 〈Ψ|T |Ψ〉+ 〈Ψ|W |Ψ〉+

∫d3rVext(r)n(r) (2.5)

dove W rappresenta il potenziale di interazione tra le particelle. Il minimo dell'e-nergia può essere ricavato minimizzando rispetto a tutte le autofunzioni Ψ di Nelettroni:

E0 = minΨ→N

E[Ψ] (2.6)

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 20

Il metodo di Levi-Lieb per arrivare ad un funzionale che dipenda dalla sola densitàè legato ad una ricerca di tale minimo in due step consecutivi. Si può considerare ilfunzionale dato dalle sole autofunzioni Ψ che corrispondono ad una data densità n

ELL[n] = minΨ→n(r)

E[Ψ] (2.7)

e minimizzare successivamente rispetto a tutte le densità corrispondenti ad un siste-ma di N elettroni:

E0 = minn(r)→N

ELL[n] (2.8)

Il funzionale (2.7) può essere denito per tutte le densità corrispondenti ad un'auto-funzione ΨN di N elettroni. Esse sono dette "N-rappresentabili".In tutti i casi il problema comune è che, sebbene teoricamente tutto è ottenibile senzautilizzare in alcun modo le autofunzioni, nella procedura è previsto in ogni caso chesi conoscano le autofunzioni del sistema.

2.2 L'approccio di Kohn-Sham

La parte più complicata di una teoria a molti corpi è il fatto che le particellesiano interagenti. Kohn e Sham suggerirono di considerare un sistema di particellenon interagenti imponendo che esso abbia la stessa densità di stato fondamentalen0 del problema originale. Il problema viene quindi approssimato, l'interazione trale particelle viene inglobata in uno pseudo-potenziale conosciuto come potenziale discambio e correlazione, e l'accuratezza della soluzione è legata all'approssimazioneche viene usata per denire quest'ultimo.Visto che si stanno considerando particelle non interagenti, l'hamiltoniana è separa-bile e bisogna studiare un problema monoelettronico del tipo

Haux |ψi〉 = εi |ψi〉 (2.9)

Supponendo che si possa risolvere tale equazione di Schroedinger, si troverà una base|ψi〉i=1,...,∞ di funzioni monoelettroniche. Ogni autoket relativo al sistema totalesarà esprimibile come prodotto diretto di autoket monoelettronici (nel caso in cuisi voglia considerare il principio di indeterminazione di Pauli, un determinante diSlater di essi).Nel caso particolare in cui il numero N di elettroni sia pari, ed il sistema a gusciochiuso, lo stato fondamentale |Ψ0〉 sarà determinato dagli stati

|ψ1〉 = |ϕ1〉 |↑〉

|ψ2〉 = |ϕ1〉 |↓〉

|ψ3〉 = |ϕ2〉 |↑〉

|ψ4〉 = |ϕ2〉 |↓〉

. . .

|ψN−1〉 =∣∣ϕN/2⟩ |↑〉

|ψN 〉 =∣∣ϕN/2⟩ |↓〉

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 21

in cui a ciascuno stato spaziale |ϕi〉, i = 1,. . . ,N/2 corrisponde una coppia di spin| ↑〉, | ↓〉. Il limite massimo è N/2 perché ogni autofunzione può essere associata adue elettroni diversi con spin antiparallelo. La densità è

n(r) = 2∑i

|ϕi(r)|2 (2.10)

La somma è su N/2 termini e, nel caso particolare in cui siano quelli a energia minore,si ottiene la densità elettronica nello stato fondamentale n0.Per trovare gli stati monoelettronici, si procede minimizzando il funzionale energia〈Ψ|H|Ψ〉 / 〈Ψ|Ψ〉. Viene tuttavia omesso il denominatore in quanto si pone comevincolo che la base che si utilizza sia ortonormale.Il modo più conveniente per esprimere il funzionale energia è esplicitando i varitermini che compongono il potenziale cui sono soggetti gli elettroni

EKS [n] = Ts[n] +

∫d3rV (r)n(r) + EH [n] + Exc[n] (2.11)

Ogni termine ha una forma esplicita, quanto meno in funzione degli autoket di singoloelettrone. Ts è l'energia cinetica degli pseudoelettroni:

Ts =∑i

〈ϕi|p2

2|ϕi〉 (2.12)

EH è detta energia di Hartree e corrisponde all'interazione classica di una nubeelettronica descritta da una densità n con sé stessa:

EH [n] =1

2

∫d3rd3r′

n(r)n(r′)

|r− r′|(2.13)

Tutti gli eetti che non sono considerati omettendo il potenziale di interazione trale particelle, sono lasciati al termine Exc, conosciuto come energia di scambio ecorrelazione. Dalle eq. (2.4) e (2.11) ne segue che esso può essere espresso come:

Exc[n] = ( 〈T 〉 − Ts[n]) + ( 〈W 〉 − EH [n]) (2.14)

Fisicamente esso rappresenta quindi la dierenza in energia cinetica e di interazioneinterna tra un sistema di particelle interagenti e le pseudo-particelle libere del sistemadi Kohn-Sham.

2.2.1 Equazioni variazionali nel sistema di Kohn e Sham

Per arrivare alla soluzione, bisogna quindi minimizzare il funzionale energia (2.11)rispetto alle autofunzioni. Visto che solo il termine Ts è una funzione esplicita delleautofunzioni, e tutti gli altri sono comunque funzionali della densità per il primoteorema di Hohenberg e Kohn, si può esprimere con la regola della catena

δEKSδϕ∗i (r)

=δTs

δϕ∗i (r)+[δEextδn(r)

+δEHδn(r)

+δExcδn(r)

] δn(r)

δϕ∗i (r)(2.15)

Anché ci si trovi in un punto di minimo bisogna soddisfare l'equazione

δEKSδϕ∗i (r)

= 0 (2.16)

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 22

Sotto la costrizione di ortonormalità della base

〈ϕi|ϕj〉 = δij (2.17)

Un calcolo esplicito delle derivate fornisce il risultato

δTsδϕ∗i (r)

= −1

2∇2ϕi(r) (2.18)

δn(r)

δϕ∗i (r)= ϕi(r) (2.19)

Il potenziale totale cui risultano sottoposte le particelle è

Veff =[δEextδn(r)

+δEHδn(r)

+δExcδn(r)

]= Vext(r) + VH(r) + VXC (r) (2.20)

Per cui(2.16) è

δEKSδϕ∗i (r)

=(− 1

2∇2 + Veff (r)

)ϕi(r) = HKSϕi(r) (2.21)

E usando i moltiplicatori di Lagrange con il vincolo (2.17) si ottiene inne un'equa-zione simile all'equazione di Schroedinger indipendente dal tempo per il sistema diKohn e Sham. (

HKS − εi)ϕi(r) = 0 (2.22)

Le equazioni (2.20), (2.22) e (2.21) sono note come equazioni di Kohn e Sham.Il potenziale deve essere trovato in modo autoconsistente con la densità.Gli autovalori εi non sono le reali energie che servono per aggiungere o sottrarreelettroni al sistema di particelle interagenti. L'unica eccezione è l'autovalore relativoall'ultimo livello occupato, che è meno l'energia di ionizzazione.

2.2.2 Energie di scambio e correlazione

Visto che l'interazioni coulombiana coinvolge gli elettroni a due a due, ci si aspettache per descrivere le proprietà dell'energia di scambio e correlazione sia suciente unafunzione di correlazione a due corpi. Per questo tipo di eetti è necessario includerelo spin, che risulta essere una variabile aggiuntiva alla posizione. Deniamo conn(r, σ, r′, σ′) la probabilità totale di trovare nello stesso momento un elettrone conspin σ nella posizione r e un elettrone con spin σ′ nella posizione r′:

n(r, σ, r′, σ′) = 〈∑i 6=j

δ(r− ri)δ(σ − σi)δ(r′ − rj)δ(σ′ − σj)〉 =

N(N − 1)∑

σ3,...,σN

∫d3r3 . . . d

3rN |Ψ(r, σ, r′, σ′, r3, σ3, . . . , rN , σN )|2 (2.23)

Per particelle senza correlazione la probabilità è n(r, σ)n(r′, σ′) per cui una stimadella correlazione tra le particelle è fornita dalla quantità

∆n(r, σ, r′, σ′) = n(r, σ, r′, σ′)− n(r, σ)n(r′, σ′) (2.24)

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 23

Energia di scambio

L'energia di scambio è dovuta agli eetti considerati dalla teoria di Hartree-Fock,ovvero è una diretta conseguenza del principio di esclusione di Pauli. Nella teoria diHartree-Fock un'autofunzione Ψ è un singolo determinante di Slater delle funzionid'onda monoelettroniche:

Ψ =1√N !

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣ψ1(r1, σ1) ψ1(r2, σ2) ψ1(r3, σ3) . . .ψ2(r1, σ1) ψ2(r2, σ2) ψ2(r3, σ3) . . .ψ3(r1, σ1) ψ3(r2, σ2) ψ3(r3, σ3) . . .

. . . . . .

. . . . . .

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣L'eetto è sempre quello di abbassare l'energia, e questo può quindi essere interpreta-to come un'interazione di ciascun elettrone con una "buca positiva" che lo circonda.Si può mostrare che

nHF (r, σ, r′, σ′) =1

2!

∑ij

∣∣∣∣ψi(r, σ) ψi(r′, σ′)

ψj(r, σ) ψj(r′, σ′)

∣∣∣∣2Per cui, ricordando che ψi(r, σ) = ϕiσ(r)χσ e usando l'eq. (2.24) si ottiene

∆nx(r, σ, r′, σ′) = −δσσ′∑ij

ϕjσ(r)ϕiσ′(r′)ϕ∗jσ′(r′)ϕ∗iσ(r) (2.25)

= −δσσ′

∣∣∣∑i

ϕ∗iσ(r)ϕiσ(r′)∣∣∣2 (2.26)

Quindi la buca dovuta a questo eetto riguarda solo elettroni con lo stesso spin ela probabilità di trovare due elettroni con stesso spin nella stessa posizione diventanulla.La quantità ∆nx non può mai essere positiva e, se si integra su r′ si ottiene unelettrone mancante per ogni elettrone al punto r. L'energia di scambio è data da

Ex =[〈Vint〉 − EH [n]

]HF

= −1

2

∑σ

∫d3r

∫d3r′

∆nx(r, σ, r′, σ′)

|r− r′|(2.27)

In questa forma risulta quindi chiaro che essa cancella il termine di autointerazionedell'energia di Hartree.

Energia di correlazione

Tutti gli eetti che rimangono al di fuori della teoria di Hartree-Fock sono conte-nuti nell'energia di correlazione. Visto che l'integrale della buca di scambio e corre-lazione deve essere 1, nC deve avere come integrale 0. Ciò signica che l'unico eettoè una redistribuzione della densità della buca. In generale gli eetti di correlazionesono più importanti per elettroni a spin anti-parallelo.

2.2.3 Funzionali approssimati di scambio e correlazione: limite delgas uniforme e Local Spin Density Approximation (LSDA)

L'approssimazione di densità di spin locale LSDA consiste nell'approssimare ilfunzionale energia di scambio e correlazione con l'integrale della densità di energiadi un gas di elettroni omogeneo in quel punto:

ELSDAxc [n] =

∫d3rehxc(n)|n=n(r) (2.28)

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 24

Un gas di elettroni omogeneo è un sistema di elettroni distribuiti uniformemente in unvolume o su una supercie. L'unico parametro da cui dipende il modello è la densitàn, che risulta essere costante. É anche inserita una carica positiva omogenea con cuigli elettroni interagiscono, perché solo in tal modo si può cancellare la divergenzadovuta all'interazione coulombiana tra gli elettroni.É ragionevole assumere che per sistemi non uniformi la LSDA funzioni bene se levariazioni di densità sono lente. Visto che una lunghezza caratteristica del sistemaè l'inverso del vettore d'onda di Fermi kF la condizione per la validità della LSDApuò essere espressa come

|∇n(r)|n(r)

<< kF (2.29)

Questa condizione è violata in prossimità dei nuclei, ma a dispetto di ciò la LSDAfunziona bene per molti materiali.

2.2.4 Algoritmo per la risoluzione dell'equazione di Kohn e Sham

Soluzioni dell'equazione di Kohn-Sham

Avendo semplicato il problema, lo scopo principale è trovare soluzioni per l'e-quazione (2.22). Il metodo più ecace consiste nel passare allo spazio di Fourier.Si consideri un solido che occupi un volume Ω (il caso di volume innito è facil-mente ottenibile da questo). Le autofunzioni soddisferanno le classiche condizioni diperiodicità e saranno quindi esprimibili in serie di Fourier come

ϕi(r) =∑q

ci,qeiq·r√

Ω=∑q

ci,q |q〉 (2.30)

Dove con q sono indicati vettori d'onda compatibili con le condizioni ai bordi. Labase ortonormalizzata per tali autofunzioni è quindi

|q〉 =1√Ωeiq·r (2.31)

Dopo aver sostituito l'eq. (2.30) in (2.22) e moltiplicato per 〈q′| entrambi i membrisi ottiene ∑

q

⟨q′∣∣HKS

∣∣q⟩ ci,q = εici,q′ (2.32)

É facile vericare che ⟨q′∣∣Ts∣∣q⟩ =

|q|2

2δq,q′ (2.33)

Il termine di potenziale viene riscritto utilizzando il fatto che esso deve avere la stessaperiodicità del cristallo. Detti quindi G i vettori di reticolo reciproco

Veff (r) =∑G

Veff (G)eiG·r (2.34)

Per cui ⟨q′∣∣Veff ∣∣q⟩ =

∑G

Veff (G)δq′−q,G (2.35)

Per soddisfare la delta si rideniscono q = k+G e q′ = k+G′. Si ottiene l'equazioneda soddisfare per ogni k∑

G′

HGG′(k)ci,k+G′ = εi(k)ci,k+G (2.36)

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 25

dove

HGG′(k) =⟨k+G

∣∣HKS

∣∣k+G′⟩

=|k+G|2

2δGG′ + Veff (G−G′) (2.37)

Discretizzazione della zona di Brillouen e troncamento delle somma-torie

Nel momento in cui si voglia implementare un software DFT per l'analisi compu-tazionale, la dicoltà nelle simulazioni sta nel rendere niti oggetti o variabili che diper sé sarebbero inniti o continui. L'equazione (2.30) con la δ nell'equazione (2.35)suggerisce di riscrivere

ϕi(r) =∑k+G

ci,k+Gei(k+G)·r√

Ω(2.38)

Per implementare una funzione d'onda è necessario imporre un troncamento nellasommatoria. I software oggi in uso permettono di scegliere un'energia di taglio Ecute di troncare la sommatoria. Vengono considerati solo i termini della sommatoriatali che

1

2|k+G|2 < Ecut (2.39)

Questo taglio corrisponde a considerare solo un numero limitato di vettori G.Il secondo problema sta nel discretizzare la prima zona di Brillouen nel caso si con-sideri uno spazio innito.Viene costruita a tal ne una griglia discretizzata di Monkhorst e Pack [37].Per vericare che i tagli e le discretizzazioni non incino il calcolo, è possibile adesempio vedere no a che ordine le autofunzioni trovate risultino ortonormali.

Il ruolo della prima zona di Brillouen

Visto che l'equazione di Schroedinger è denita per ogni k separatamente, nesegue che tale vettore, conosciuto come momento cristallino, viene conservato nelcristallo. Il tutto è vero a meno di un vettore di reticolo reciproco. Infatti peri risultati ottenuti due vettori k che dieriscono l'uno dall'altro per un vettore direticolo reciproco soddisfano la stessa equazione di Schroedinger. Ciò signica cheautovalori e autoket dell'Hamiltoniano possono essere indicizzati con k e con unindice intero (indice di banda) n. Anché i punti k siano indipendenti bisognarestringersi a quelli nella prima zona di Brillouen.

Le equazioni di Kohn-Sham accoppiate autoconsistenti

Si riportano per chiarezza le equazioni di Kohn-Sham(− 1

2∇2 + Veff (r)

)ϕi(r) = εiϕi(r)

Veff = Vext(r) + VH(r) + VXC (r)(2.40)

Esse vanno risolte in modo autoconsistente. L'obiettivo è fare in modo che il potenzia-le Veff e la densità n siano consistenti. La procedura per ottenere l'autoconsistenzaè la seguente:

Si inizia ipotizzando una densità iniziale n(r)

Si calcola da questa Veff dalla seconda equazione del sistema

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CAPITOLO 2. TEORIA DEL FUNZIONALE DENSITÀ 26

Si risolve con il potenziale calcolato la prima equazione del sistema. Da questostep si ottengono εi e ϕi

Si calcola la densità elettronica dalle autofunzioni trovate

Se non si è giunti all'autoconsistenza, si ripete dallo step 2.

Funzionali energia

Si può arrivare ad una formula esplicita per il funzionale energia cinetica Ts. Sidenomina

Es =∑i

εi =∑i

〈ϕi|HKS |ϕi〉 (2.41)

Cosicché l'energia cinetica può essere espressa come

Ts = Es −∫d3rV in

effnout(r) (2.42)

In questa forma ogni termine è noto nel calcolo numerico.Allo stesso modo, utilizzando la formula appena ottenuta,

EKS [V in]) = Es[Vin]−

∫d3rV in(r)nout(r) + Epot[n

out] (2.43)

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Capitolo 3

TDDFT

Se il potenziale esterno cui sono soggetti gli elettroni dipende dal tempo, l'hamil-toniano è quello dell'eq. (2.1) con l'unica eccezione che V = V (t).In questo caso l'equazione da risolvere è quella di Schroedinger dipendente dal tempo.

i∂

∂tΨ(r1, r2, ..., rN ) = H(t)Ψ(r1, r2, ..., rN ) (3.1)

Spesso ci si trova in situazioni in cui la perturbazione dipendente dal tempo iniziaad agire sul sistema solo ad un tempo t0. In questo caso avrà la forma

V (r, t) = V0(r) + θ(t− t0)V1(t) (3.2)

3.1 Teoremi chiave nella TDDFT

Il teorema che permette di collegare il potenziale dipendente dal tempo v(r, t)con la densità dipendente dal tempo n(r, t) è detto di Runge-Gross ed è il seguente.

Runge-Gross theorem Due densità n(r, t) e n′(r, t), che rappresentano l'e-voluzione di uno stato comune iniziale Ψ0 sotto l'inuenza di due potenziali chedieriscono per più di una funzione del tempo v(r, t) e v′(r, t) 6= v(r, t) + c(t)(entrambi con serie di Taylor in un intorno di t0), inizieranno ad essere dierentiin un tempo innitesimamente successivo a t0.

Come nel caso indipendente dal tempo, esiste quindi una corrispondenza biunivo-ca tra le densità e i potenziali, una volta denito lo stato iniziale Ψ0. Ogni osservabilesica sarà un funzionale della densità e dello stato di partenza:

O(t) = 〈Ψ[n,Ψ0]|O(t)|Ψ[n,Ψ0]〉 = O[n,Ψ0](t) (3.3)

Anche nel caso dipendente dal tempo, la teoria asserisce di poter ottenere qualunqueinformazione dalla densità, ma non fornisce alcun algoritmo per il calcolo direttodella densità. Si lavora quindi con il sistema di Kohn-Sham, tale che abbia la stessadensità del sistema a molti corpi.

27

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CAPITOLO 3. TDDFT 28

Teorema di Van Leeuwen Sia data una densità dipendente dal tempon(r, t) che descrive un sistema a molti corpi in cui l'interazione tra le parti-celle è descritta da w(|r − r′|), il potenziale esterno è v(r, t), e lo stato inizialeΨ0. Allora, scelta un'interazione w′(|r− r′|), esiste un potenziale esterno v′(r, t)(a meno di una funzione dipendente dal tempo c(t)) che riproduce la stessa den-sità dipendente dal tempo. Lo stato iniziale Ψ′0 in tale sistema deve essere sceltoin modo che dia al tempo iniziale la corretta densità con rispettive derivate.

Per w′ = w questo teorema è quello di Runge-Gross.Nel caso in cui si scelga w′ = 0 si ottiene un sistema di particelle indipendenti tipoKohn-Sham.

3.2 Teoria della risposta lineare ad una perturbazione

esterna

Si consideri un sistema descritto dall'hamiltoniana

H = T + V0(r) + θ(t− t0)V1(t) (3.4)

Il sistema imperturbato è quindi descritto da H0 = T + V0(r). Al tempo t = t0 vieneattivata una perturbazione V1. Nel caso in cui si stia trattando un sistema elettronico,una espressione generale per la perturbazione è una funzione scalare v1(per esempioil potenziale elettrostatico) che si accoppia con la densità elettronica:

V1(t) =

∫d3r′n(r′)v1(r′, t) (3.5)

L'obiettivo è quello di ottenere delle soluzione per l'equazione di Schroedinger dipen-dente dal tempo

id

dt|ΨI(t)〉 = VI |ΨI(t)〉 (3.6)

dove il pedice I indica la rappresentazione di interazione:

|ΨI(t)〉 = eiH0t |Ψ(t)〉 (3.7)

VI = eiH0tV1e−iH0t =

∫d3r′eiH0tn(r′)e−iH0tv1(r′, t)

→ VI =

∫d3r′nI(r

′, t)v1(r′, t) (3.8)

Com'è noto, la soluzione è esprimibile come serie di Dyson. Se nell'espansione cisi ferma a considerare solo il primo termine, si può studiare la risposta lineare delsistema alla perturbazione. In tal caso:

|ΨI(t)〉 = |Ψ0I〉 − i∫ t

t0

dt′VI(t′) |Ψ0I〉 (3.9)

dove |Ψ0〉 è la funzione d'onda dello stato fondamentale di particelle interagenti as-sociata all'hamiltoniano H0. Si può sostituire nell'ultima equazione il limite inferiorecon −∞ dal momento che VI = 0 per t < t0.

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CAPITOLO 3. TDDFT 29

Si vuole determinare come una data osservabile O cambia quando viene attivata laperturbazione. In generale si denisce la variazione dell'osservabile come

δ 〈O(t)〉 = 〈Ψ(t)|O|Ψ(t)〉 − 〈Ψ0|O|Ψ0〉= 〈ΨI(t)|OI(t)|ΨI(t)〉 − 〈Ψ0|O|Ψ0〉

Sostituendo l'equazione (3.9)

δ 〈O(t)〉 = −i∫ t

−∞dt′ 〈Ψ0|

[OI(r, t), VI(t

′)]|Ψ0〉 (3.10)

Usando quindi l'eq. (3.5) si ottiene

δ 〈O(t)〉 = −i∫ t

−∞dt′v1(r′, t′) 〈Ψ0|

[OI(r, t), nI(r

′, t′)]|Ψ0〉 (3.11)

E, dal momento che |Ψ0〉 non dipende dal tempo, si può sostituire il commutatore:

δ 〈O(t)〉 = −i∫ t

−∞dt′v1(r′, t′) 〈Ψ0|

[OI(r, t− t′), n(r′)

]|Ψ0〉 (3.12)

Nel caso di risposta lineare ci si aspetta che la variazione dell'osservabile sia propor-zionale al potenziale:

δ 〈O(t)〉 =

∫ +∞

−∞dt′∫d3r′χ(r, r′, t− t′)v1(r′, t′) (3.13)

In cui χ è detta appunto funzione risposta lineare. Per ottenere un'espressioneesplicita, è suciente confrontare le equazioni (3.12) e (3.13):

χ(r, r′, t− t′) = −iθ(t− t′) 〈Ψ0|[OI(r, t− t′), n(r′)

]|Ψ0〉 (3.14)

Nel caso particolare in cui si stia considerando come osservabile la densità del sistema,si ottiene la funzione risposta densità-densità:

χ0(r, r′, t− t′) = −iθ(t− t′) 〈Ψ0|[nI(r, t− t′), n(r′)

]|Ψ0〉 (3.15)

Per sviluppare un risultato utilizzabile nei calcoli numerici, conviene lavorare nellospazio di Fourier delle frequenze. Inoltre, usando la relazione di completezza nello

spazio degli autoket dell'hamiltoniano di partenza∞∑n=0|Ψn〉〈Ψn| = 1 si ottiene

χ0(r, r′, ω) = −i∞∑n=1

∫ +∞

−∞dτθ(τ)eiωτ

〈Ψ0|n(r)|Ψn〉 〈Ψn|n(r′)|Ψ0〉 e−iΩnτ−

〈Ψ0|n(r′)|Ψn〉 〈Ψn|n(r)|Ψ0〉 eiΩnτ

(3.16)

dove Ωn = En − E0 è l'energia di eccitazione per l'n-simo autostato.Utilizzando inne la rappresentazione per la funzione θ di Heavyside:

θ(τ) =i

2πlimη→0+

∫ +∞

−∞dω′

e−iω′τ

ω′ + iη(3.17)

si ottieneχ0(r, r′, ω) =

limη→0+

+∞∑n=1

〈Ψ0|n(r)|Ψn〉 〈Ψn|n(r′)|Ψ0〉ω − Ωn + iη

− 〈Ψ0|n(r′)|Ψn〉 〈Ψn|n(r)|Ψ0〉ω + Ωn + iη

(3.18)

Questa funzione contiene dei poli quando ω → Ωn e può essere quindi utilizzata perdeterminare le energie di eccitazione del sistema.

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CAPITOLO 3. TDDFT 30

3.3 Risposta lineare nel sistema di Kohn e Sham

Nel sistema di Kohn e Sham:

Ψ0(r1, r2, ..., rN/2) = ϕ1(r1)ϕ2(r2) . . . ϕi(rn) . . . ϕN/2(rN/2) (3.19)

Dove ϕ1 . . . ϕN/2 sono le soluzioni delle equazioni di Kohn e Sham a energia minore.Gli stati eccitati sono ottenuti muovendo un elettrone da uno stato occupato ad unolibero ad energia maggiore:

Ψk(r1, r2, ..., rN/2) = ϕ1(r1)ϕ2(r2) . . . ϕm(ri) . . . ϕN/2(rN/2) (3.20)

Dove nell'ultima equazione m > N/2. Il braket dell'equazione (3.18) vale quindi:

〈Ψ0|n(r)|Ψk〉 = ϕ∗n(r)ϕm(r) (3.21)

La dierenza di energia Ωn diventa ora ωnm = εm − εn. L'espressione (3.18) puòessere riscritta utilizzando una doppia sommatoria, una sugli stati occupati e una suquelli non occupati:χKS(r, r′, ω) =

limη→0+

2occ∑n

unocc∑m

ϕ∗m(r′)ϕn(r′)ϕ∗n(r)ϕm(r)

ω − ωnm + iη− ϕ∗n(r′)ϕm(r′)ϕ∗m(r)ϕn(r)

ω + ωnm + iη

(3.22)

Introducendo nella formula la distribuzione di Fermi-Dirac, che rappresenta il numerodi occupazione degli elettroni a temperatura nita, si deve estendere la sommatoriasu tutti gli stati:χKS(r, r′, ω) =

limη→0+

∑n,m

2fn(1−fm)ϕ∗m(r′)ϕn(r′)ϕ∗n(r)ϕm(r)

ω − ωnm + iη− ϕ

∗n(r′)ϕm(r′)ϕ∗m(r)ϕn(r)

ω + ωnm + iη

(3.23)

Visto che si sta considerando un reticolo periodico, conviene trovare l'espressionenello spazio di Fourier. Per le simmetrie del cristallo si deve richiedere che la funzionerisposta soddis

χ0(r, r′) = χ0(r+R, r′ +R)

Allora nella trasformata di Fourier χ0(q,q′, ω) gli unici termini che possono esserediversi da zero sono quelli tali che q′ = q+G.Ci si può quindi limitare a considerare q nella prima zona di Brillouen, e si devequindi imporre q→ q+G, q′ → q+G′. Utilizzando inne il teorema di Bloch peresprimere le autofunzioni monoelettroniche in termine delle bande e dei momenti ksi ottiene

χKSGG′ (q, ω) =

1

V

∑nk

∑mk′

2fnk(1−fmk′) 〈ϕmk′ |ei(q+G)·r|ϕnk〉 〈ϕnk|e−i(q+G′)·r′ |ϕmk′〉

ω + εnk − εmk′ + iη+

− 〈ϕmk′ |e−i(q+G′)·r′ |ϕnk〉 〈ϕnk|ei(q+G)·r|ϕmk′〉

ω + εmk′ − εnk + iη

(3.24)

Scambiando nel secondo termine della sommatoria mk′ e nk si ottiene:

χKSGG′ (q, ω) =

1

V

∑nk

∑mk′

2(fnk−fmk′) 〈ϕmk′ |ei(q+G)·r|ϕnk〉 〈ϕnk|e−i(q+G′)·r′ |ϕmk′〉

ω + εnk − εmk′ + iη

(3.25)

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CAPITOLO 3. TDDFT 31

Inne, si può mostrare che gli unici elementi di matrice non nulli sono quelli tali chek′ = k+ q. Si ottiene quindi il risultato naleχKSGG′ (q, ω) =

1

V

∑n,m,k

2(fmk+q − fnk) 〈ϕmk+q|ei(q+G)·r|ϕnk〉 〈ϕnk|e−i(q+G′)·r′ |ϕmk+q〉

εmk+q − εnk − ω − iη

(3.26)

La relazione tra variazioni di densità e potenziale lineare nello spazio di Fourierè:

δn(q+G, ω) =∑G′

χKSGG′(q, ω)v1(q+G′, ω) (3.27)

3.4 La funzione risposta nel sistema di particelle intera-

genti

Si vuole determinare la relazione che lega la funzione risposta ottenuta a quelladel sistema di particelle interagenti.Per iniziare si può notare che la variazione del potenziale nel sistema di Kohn e Shamè

vKS1 [n](r, t) = v1(r, t) +

∫d3r′

n1(r′, t)

|r− r′|+ vxc1(r, t) (3.28)

v1 è la perturbazione esterna, gli altri due termini sono la variazione nel potenziale diHartree e nel potenziale di scambio e correlazione. Nel caso in cui la perturbazioneè piccola, la risposta è lineare e

vxc1(r, t) =

∫dt′∫d3r′

δvxc[n](r, t)

δn(r′, t′)

∣∣∣∣n0(r)

δn(r′, t) (3.29)

Si denisce il kernel XC:

fxc(r, t, r′, t′) =

δvxc[n](r, t)

δn(r′, t′)

∣∣∣∣n0(r)

(3.30)

Nel sistema di Kohn e Sham

n1(r, t) =

∫dt′∫d3r′χKS(r, r′, t− t′)vKS1 (r′, t′) (3.31)

Mentre nel sistema di particelle interagenti

n1(r, t) =

∫dt′∫d3r′χ(r, r′, t− t′)v1(r′, t′) (3.32)

Sostituendo nell'eq. (3.31) l'eq. (3.28) si ottiene

nKS1 (r, t) =

∫dt′∫d3r′χKS(r, r′, t− t′)

[v1(r′, t′)+

+

∫dτ

∫d3x(δ(t′ − τ)

|r′ − x|+ fxc(r

′, t′,x, τ))∫

dτ ′∫d3x′χ(x,x′, τ ′ − τ)v1(x′, τ ′)

](3.33)

Si impone a questo punto che la variazione di densità sia uguale nel sistema di Kohne Sham e in quello di particelle interagenti: nKS1 = n1.

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CAPITOLO 3. TDDFT 32

L'equazione dev'essere vera per ogni perturbazione v1, mentre il resto dei parametrisono proprietà del sistema. L'equazione da soddisfare è quindiχ(r, r′, t− t′) = χKS(r, r′, t− t′)+

+

∫dτdxdτ ′dx′χKS(r, t,x, τ)

δ(τ − τ ′)|x− r′|

+ fxc(x, τ,x′, τ ′)

χ(x′, r′, τ ′ − t′) (3.34)

Conviene lavorare nello spazio di Fourier poiché l'espressione viene semplicata. Sientra inoltre nell'approssimazione RPA, per cui si omette il kernel di correlazione escambio:

χGG′ = χKSGG′ +(χ0vχ)GG′ (3.35)

Il termine

vGG′ = 4πδGG′

|q+G|2(3.36)

rappresenta l'interazione coulombiana nello spazio degli impulsi. Qualora si lavoricon sistemi a dimensionalità ridotta e con il metodo delle supercelle (si replica ilsistema innite volte nello spazio), è conveniente usare un'espressione diversa, cheassicura che due sistemi connanti non interagiscano. Il potenziale coulombianoavrebbe infatti una "coda" non nulla anche per distanze grandi, e si creerebberointerazioni tra sistemi diversi. Viene quindi rimpiazzato v con

v′GG′ =

∫ L/2

−L/2dz

∫ L/2

−L/2dz′vGG′(r, r′)e−iG

′z′ (3.37)

3.5 Relazione tra quantità microscopiche e macroscopi-

che

In un sistema periodico, la funzione risposta è omogenea su grandi scale e ilcampo elettrico totale ha la stessa periodicità della perturbazione. Se si analizzanoinvece scale microscopiche, il campo elettrico nel solido dovrà avere grandi oscillazionisu una scala caratteristica che è circa una cella primitiva. La funzione dielettricamacroscopica è legata al campo elettrico macroscopico dalla relazione

E(r, ω) =

∫d3r′ε−1

mac(r− r′, ω)Eext(r′, ω) (3.38)

In un materiale omogeneo infatti la funzione dielettrica può dipendere solo dalladierenza r− r′. Su scale microscopiche invece

e(r, ω) =

∫d3r′ε−1(r, r′, ω)Eext(r

′, ω) (3.39)

La prima relazione nello spazio dei momenti è semplicemente

E(q, ω) = ε−1mac(q, ω)Eext(q, ω) (3.40)

L'unica cosa che si può dire sulla funzione dielettrica microscopica è che deve essereinvariante per traslazioni di vettore di reticolo diretto:

ε(r+R, r′ +R′, ω) = ε(r, r′, ω) (3.41)

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CAPITOLO 3. TDDFT 33

Questo vuol dire che nello spazio reciproco sono amessi solo vettori tali che q′ =q+G. Ci si può quindi restringere alla prima zona di Brillouen e scrivere

e(q+G, ω) =∑G′

ε−1(q+G,q+G′, ω)Eext(q+G′, ω)

=∑G′

ε−1GG′(q, ω)Eext(q+G′, ω)

Lo scopo di questa sezione è trovare il legame tra la funzione dielettrica microscopicae quella macroscopica.Ci si aspetta che il campo elettrico macroscopico sia il campo elettrico microscopicomediato su una cella unitaria:

E(R, ω) =1

V

∫V (R)

d3r′e(r′, ω) (3.42)

dove V (R) è il volume della cella unitaria con centro R. Usando la trasformata diFourier per il campo elettrico microscopico

E(R, ω) =∑G

∫BZ

d3q

(2π)3/2e(q+G, ω)

1

V

∫V (R)

d3r′ei(q+G)·r′ (3.43)

Ipotizzando che il campo esterno vari su una scala molto maggiore delle distanzeinteratomiche deve necessariamente vericarsi q Gmin. Questo implica che lafunzione eiq·r può essere considerata costante all'interno della cella unitaria, e inparticolare viene approssimata con il suo valore in R. Quindi

E(R, ω) =∑G

∫BZ

d3q

(2π)3/2e(q+G, ω)eiq·R

1

V

∫V (R)

d3r′eiG·r′

(3.44)

=∑G

∫BZ

d3q

(2π)3/2e(q, ω)eiq·R (3.45)

In quanto 1V

∫V (r) d

3reiGr = δG,0. D'altronde deve anche valere

E(R, ω) =∑G

∫BZ

d3q

(2π)3/2ei(q+G)·RE(q+G, ω) (3.46)

Dal confronto delle equazioni (3.44) e (3.46) si può quindi concludere

E(q+G, ω) = e(q, ω)δG,0 (3.47)

Visto che per la perturbazione esterna esiste solo la versione macroscopica

Eext(q+G, ω) = Eext(q, ω)δG,0 (3.48)

La relazione tra campo elettrico macroscopico e campo esterno è quindi:

E(q, ω) = e(q, ω) =∑G′

ε−10G′(q, ω)Eext(q, ω)δG′,0 = ε−1

00 (q, ω)Eext(q, ω) (3.49)

Da cui segue inneε−1mac(q, ω) = ε−1

00 (q, ω) (3.50)

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CAPITOLO 3. TDDFT 34

da cui quindiεmac(q, ω) = (ε−1

00 (q, ω))−1 (3.51)

Per ottenere la funzione dielettrica macroscopica bisogna quindi invertire la funzionedielettrica microscopica, prendere l'elemento (0, 0) e invertire tale matrice 3x3. Ilfatto che variazioni lente su scala microscopica causino oscillazioni rapide su scalamacroscopica è noto come eetti di campo locale. Solo i materiali omogenei anchesu scala microscopica hanno tutti gli elementi fuori diagonale di ε−1

GG′ nulli e solo inquesto caso non c'è bisogno di passare attraverso l'inversa della funzione dielettrica.

3.6 Funzione dielettrica longitudinale

In presenza di un sistema a molti elettroni, il potenziale φ(r, ω) cui è soggettauna carica test al punto r esposta anche ad un potenziale esterno φext è

φ(r, ω) = φext(r, ω) + δφH(r, ω) (3.52)

doveδφH =

∫d3r′v(r, r′)δn(r′, ω) (3.53)

e v è il potenziale elettrostatico. Usando le eq. (3.13) e (3.53) e ricordando che

φ(r, ω) =

∫d3rε−1(r, r′, ω)φext(r′, ω) (3.54)

si ottiene inne l'espressione per la funzione dielettrica:

ε−1(r, r′, ω) = δ(r− r′) +

∫d3r′′v(r− r′′)χ(r′′, r′, ω) (3.55)

Questa è l'inverso della funzione dielettrica longitudinale. I poli rappresentanooscillazioni collettive del gas di elettroni. Nello spazio reciproco:

ε−1GG′ = δGG′ + (vχ)GG′ (3.56)

La funzione loss, che serve a capire quanto il materiale assorba, è data da:

ELOSS = −Im[ε−100 ] (3.57)

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Parte III

Risultati

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Capitolo 4

Studio ab initio del sistema

23AGNR

Ad oggi è possibile costruire nanoribbon di dimensioni ridotte, sotto i 10nm, ele prospettive di utilizzo come transistor o dispositivi elettronici sembrano semprepiù una realtà imminente[26][38] (vedi capitolo 1). Il potenziale utilizzo del grafeneper dispositivi funzionanti nel Terahertz lo rende uno dei materiali più studiati e inanoribbon armchair, avendo un bandgap dipendente dalle dimensioni (vedi gura1.9), sono di grande interesse. Sperimentalmente, sono stati osservati plasmoni neinanoribbon alle frequenze dell'IR e del Terahertz [39][40][41]. In questo capitoloviene studiato con metodi ab-initio la risposta del 23AGNR ad un'onda di momentoed energia bassa. Vengono, inoltre, forniti i risultati presenti per uno dei nanoribbonpiù piccoli, il 5AGNR, in questa regione.

4.1 Modalità di calcolo

Simulazione del sistema

Il sistema studiato in questa tesi è il 23AGNR (gura 4.1), ovvero un nanoribbona base di carbonio, del tipo armchair, nella cui cella unitaria sono presenti 23 dimeri(46 atomi) di carbonio [21], di larghezza 2.8nm. I legami C-C sono ssati a 1.42Åe i legami non saturati presenti ai bordi sono stati passivati aggiungendo ai bordi 4atomi di idrogeno (la distanza C-H è ssata a 1.09Å). La presenza degli idrogeni do-vrebbe modicare la lunghezza dei legami C-C, ma è stato vericato che la modicaè dell'1% e viene quindi considerato il valore noto ai ni del calcolo [43]. Per ottene-re lo stato fondamentale con relative funzioni d'onda e densità, è stato utilizzato ilpacchetto software Abinit [44] mentre, per la parte riguardante le proprietà derivantidalla TDDFT-RPA, è stato utilizzato un codice Fortran non disponibile online.Per simulare il sistema, è stata considerata la cella unitaria presente in gura 4.1.Il nanoribbon giace nel piano xy ed è considerato innito lungo l'asse x, in quantosi assume che sia una striscia sottile e le dimensioni lungo x non sono confrontabilirispetto a quelle in y. Inoltre, ai ni del calcolo, il sistema è replicato innite voltenelle direzioni y e z. Per evitare eetti di interazione tra i nanoribbon, questi sonostati posti a distanza 15Å in direzione y (dove si potrebbero creare interazioni traatomi di idrogeno di nanoribbon vicini) e di 20Å nella direzione z (dove si potrebberocreare sovrapposizioni tra orbitali non legati del carbonio, pz).Simulare un sistema nito signicherebbe aumentare di molto i tempi di calcolo, vi-

36

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 37

sto che il tempo di calcolo diventa molto maggiore quando il numero di atomi nellacella unitaria aumenta.

Figura 4.1: Struttura geometrica del sistema studiato nella tesi, il 23AGNR. In rossosono indicati gli atomi di carbonio e in blu quelli di idrogeno. La sfumatura naleindica che il sistema continua all'innito; la parte evidenziata corrisponde alla cellaunitaria.

Parametri dello stato fondamentale

Lo stato fondamentale viene ottenuto come discusso nel capitolo 2. É statautilizzata una griglia per lo spazio k con 60 punti lungo x e coordinate y e z sse enulle. Il sistema è infatti unidimensionale e le variazioni rilevanti nelle bande sononella direzione x dello spazio reciproco.Il calcolo è autoconsistente e la dierenza in energia tra due step, per far sì chesi abbia la convergenza, è impostata a 10−12Hartree. Inne, la sommatoria nell'eq(2.38) ha un taglio ad Ecut = 25eV. Il sistema così impostato risulta adeguato, inquanto i prodotti scalari tra le autofunzioni a convergenza ottenuta sono:

minnk〈ϕnk|ϕnk〉 = 0.966692 max

nk〈ϕnk|ϕnk〉 = 0.999767

minnn′k〈ϕnk|ϕn′k〉 = 0.000000 max

nn′k〈ϕnk|ϕn′k〉 = 0.011416

Scrittura di tutte le variabili necessarie per i calcoli successivi

L'output principale del calcolo precedente è la densità, che può essere utilizzataper avere informazioni di ogni tipo sul sistema, come discusso nei precedenti capitoli.Le informazioni necessarie per implementare l'equazione (3.26) sono ben altre: ènecessario conoscere i vettori del reticolo reciproco, i coecienti delle autofunzioni ele energie del sistema di Kohn-Sham.Tutte queste informazioni sono immagazzinate in un le da circa 7Gb iterando perun'altra volta l'autoconsistenza, con una griglia dei punti k molto più tta. Ogniautofunzione ha 15000 coecienti e la prima zona di Brillouen è campionata con1040 punti.

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 38

Parametri del calcolo TDDFT-RPA

Per il calcolo dipendente dal tempo, è necessario impostare alcuni parametri. Ilparametro η dell'eq. (3.26) è impostato a 0.01 eV. Le funzioni χ e ε−1 sono calcolateper energie comprese tra 0 e 1 eV a step di 0.002 eV. Dopo un analisi di convergenza,il taglio sui vettori di reticolo reciproco è impostato a 119. Con questo numero diG si chiude una shell, ovvero sono selezionati tutti i vettori in una sfera. Inoltre,per la conformazione del sistema, è stato scelto di utilizzare solo vettori di reticoloreciproco lungo l'asse x. Il calcolo prevede la scrittura di tutte le variabili ottenutedall'eq. (3.26) su le di circa 20Gb per singolo q, che sono poi utilizzate per il calcolodelle eq. (3.35) e (3.56). É stata ottenuta la risposta ad un'onda per nanoribboncon diversi tipi di drogaggio. Per la simulazione dei drogaggi viene traslato il livellodi Fermi rispetto al valore di semiconduttore, impostato come valor medio del gap ein accordo con il valore riportato dal calcolo dello stato fondamentale.

4.2 Risultati per il sistema 5AGNR

La gura 4.2 mostra la struttura a bande per i calcoli eettuati nel sistema5AGNR (di larghezza 0.7nm) [42].

Figura 4.2: Sistema, bande e DOS lungo x per 5AGNR. É un semiconduttore conbandgap di circa 0.36eV.

Il materiale è un semiconduttore con bandgap di circa 0.36 eV. Lo studio dellaplasmonica, eettuato usando le equazioni presenti nel capitolo 3, fornisce i risultatiin gura 4.3, dove sono messi a confronto i modi plasmonici del grafene e del 5AGNR.La temperatura è posta al valore di 300K.

In gura 4.4 è mostrata la direzione scelta per i punti q: sono considerati, per ilgrafene, punti appartenenti al cammino ΓK e, per il nanoribbon (unidimensionale),quelli lungo l'asse del nanoribbon ΓX.

Si può notare che i modi plasmonici del grafene nel visibile e nell'ultravioletto,dovuti a transizioni π e π σ, sono ancora presenti nel 5AGNR. I calcoli fatti su siste-mi ZGNR confermano la presenza di tali modi anche in questi sistemi [42]. La novitànel nanoribbon armchair è il picco plasmonico ben visibile ad energie più basse, del-l'ordine dell'elettronvolt. Vista la struttura a bande, è evidente che esso sia dovuto atransizioni interbanda tra banda di valenza e conduzione. Ciò è confermato dal fattoche il picco inizia a vedersi per energie che hanno circa il valore del bandgap e permomenti vicini al punto Γ. É, quindi, dovuto alla grande concentrazione di elettroni

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 39

Figura 4.3: Modi plasmonici (a) del grafene e (b) del sistema 5AGNR.

Figura 4.4: Direzione dei punti q su cui vengono fatti i calcoli: (a)ΓK per il grafenee (b) ΓX per il nanoribbon.

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 40

presenti in prossimità del punto Γ, visibile dalla densità degli stati.É interessante osservare i cambiamenti che avvengono nei modi plasmonici nel mo-mento in cui si eettua un cambio nella popolazione dei livelli (sperimentalmente,questo è ottenibile attraverso un drogaggio). I risultati sono mostrati in gura 4.5.

Figura 4.5: Eetti del drogaggio sul 5AGNR. In basso a destra è mostrato di quantoè variato il livello di Fermi. I graci mostrano solo i risultati per q e ω basso perchéè in questa zona che si evidenziano le dierenze.

Mentre nel caso del nanoribbon non drogato è presente un unico picco nelladispersione (dovuto, come detto, a transizioni interbanda), introducendo un piccolodrogaggio (spostando l'energia di Fermi di quantità confrontabili con il bandgap,ovvero di 0.2 e 0.3 eV, gura 4.5 (b) e (c)), si osserva un secondo picco dovuto atransizioni intrabanda.Il picco più intenso è quello delle transizioni intrabanda per q < 0.02Å−1. Il fatto chela variazione di popolazione porti più portatori di carica nella banda di conduzione, èconfermato dalla transizione interbanda, che diventa molto meno intensa per q → 0.I due picchi coesistono per momenti 0.02Å−1

< q < 0.06Å−1. Il picco plasmonicointerbanda diventa il più intenso per q > 0.06Å−1. Quando il drogaggio è più alto,di 0.4eV , è visibile un unico picco per q < 0.04Å−1, dovuto soprattutto a transizioniintrabanda, come testimoniato dal fatto che mostra una dispersione tipo

√q, tipica di

gas di elettroni liberi. Per q > 0.04Å−1 il picco viene quasi annullato dalla presenzadi transizioni interbanda, a cui è dedicata la maggior parte dell'energia del sistema.

4.3 Risultati per il sistema 23AGNR

In gura 4.6 sono riportate le bande ottenute dal calcolo autoconsistente per ilsistema 23AGNR intorno al livello di Fermi. Anche in questo caso, per i punti k,viene utilizzato il cammino ΓX.

Le bande sono simili a quelle del sistema 5AGNR ma, in questo caso, è da evi-denziare la diminuzione del bandgap, che raggiunge il valore di 0.09eV . Ha senso,quindi, studiare le proprietà plasmoniche, confrontando i risultati con quelli ottenuti.Il calcolo della relazione di dispersione plasmonica è stato fatto per cinque diversidrogaggi; i risultati sono riportati in gura 4.7.

A dierenza del 5AGNR, per tutti i valori di drogaggio esistono sia il plasmoneinterbanda che intrabanda. In questo caso, infatti, la sola agitazione termica è suf-

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 41

Figura 4.6: Bande di energia intorno al livello di Fermi per il sistema 23AGNR. Conil colore viola sono indicate le bande piene e con il blu quelle vuote.

ciente all'eccitazione di un numero limitato di elettroni nella banda di conduzioneper cui, anche quando il livello di Fermi si trova esattamente al centro del bandgap(∆EF = 0), si genera il plasmone intrabanda. L'intensità di tale picco è, tuttavia,minima e non basterebbe per il trasporto di energia in nanodevices. In particolare,nel 23AGNR il picco intrabanda è sempre minore in intensità del picco interbanda,e sembra essere smorzato già per valori di q molto bassi (circa 0.01Å−1). In gura4.8 è mostrata la funzione loss per q ssato a 0.006Å.

A dierenza del 5AGNR, drogaggi di segno opposto ma di uguale intensità sonoequivalenti, probabilmente perché i valori inseriti sono troppo piccoli per osservaredierenze rilevanti. Il drogaggio di ±0.01eV e quello di 0eV sono particolarmentesimili, e questo è dovuto al fatto che in entrambi l'energia di agitazione termica haun valore superiore allo spostamento del livello di Fermi. L'unica piccola dierenzasi nota nel picco intrabanda (vedi gura 4.9), ed è spiegabile con la dierenza diportatori di carica nella banda di conduzione.

Il fatto che i picchi si riferiscano eettivamente ad oscillazioni collettive del pla-sma di elettroni nel sistema, invece, è vericato dall'annullarsi della parte reale dellafunzione dielettrica in corrispondenza dei picchi trovati. Questa è infatti una ca-ratteristica della funzione dielettrica, come discusso nel capitolo 3. Il fenomeno èriportato nella gura 4.10. Quando il picco intrabanda diventa troppo poco intenso,la sua natura non è più così chiara in quanto Re(ε) va a 0 molto lentamente. Inquesto caso si inizia a perdere la proprietà di oscillazione collettiva dell'eccitazione(vedi gura 4.11).

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 42

Figura 4.7: Funzione Loss per il sistema 23AGNR, al variare del bandgap.

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 43

Figura 4.8: Funzione loss per il 23AGNR a q sso e per diversi tipi di doping.

Figura 4.9: Picco intrabanda per i drogaggi indicati nella legenda. Il valore di q èssato a 0.006Å−1.

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 44

Figura 4.10: Loss e parte reale della permittività a q sso per doping di 0.05eV. Igraci relativi agli altri drogaggi non sono riportati perché perfettamente equivalenti.

Figura 4.11: Loss e parte reale della permittività a q sso per doping di 0eV. Il piccointrabanda è talmente piccolo da perdere la sua natura di oscillazione collettiva.

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CAPITOLO 4. STUDIO AB INITIO DEL SISTEMA 23AGNR 45

4.4 Conclusioni

Nei precedenti paragra sono state analizzate le dierenze e le similitudini tra isistemi 5AGNR e 23AGNR. Come previsto in letteratura, la variazione del bandgapdipendente dalla geometria del sistema, potrebbe essere utilizzato per la tunabilitàdei modi plasmonici in base alle richieste. I valori di q su cui si può lavorare conil sistema 23AGNR sono di un ordine di grandezza inferiori a quelli del 5AGNR, ele energie a cui si trovano i picchi sono in una proporzione di circa 1/4. Il sistema23AGNR si presta bene all'utilizzo del picco plasmonico interbanda, mentre quellointrabanda è sempre molto poco intenso negli intervalli di momento studiati. Lostudio del sistema 23AGNR aggiunge solo un nuovo tassello alla conoscenza deisistemi a base di carbonio.

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