3 - Ma perché piangi, piccolo Amadè? - Comune di Rovereto · Ghiandedoro senta qualcuno piangere...

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Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER La MAGIA del Bosco di Rovereto 3 - Ma perché piangi, piccolo Amadè?

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Fiaba di MAURO NERI - Illustrazioni di FULBER

La MAGIA del Bosco di Rovereto

3 - Ma perché piangi,piccoloAmadè?

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La MAGIA del Bosco di Rovereto

Faceva proprio freschetto, quel giorno di Natale di tanto tempo fa, e Gellindo Ghiandedoro girellava per le stradine del centro storico di Rovereto, bighel-lonando in cerca di qualche noce o noc-ciola sopravvissuta ai cenoni della sera prima.

Aveva nostalgia del suo Villaggio nella Valle di Risparmiolandia, lo sco-iattolino risparmioso, ma anche del ca-lore dei suoi amici spauracchi. – Chissà cosa starà facendo la buona Bellondina – borbottava malinconico, – e anche maestro Abbecedario, il simpatico Fra’ Vesuvio, e poi Casoletta, Tisana la Dol-ce, quegli scapestrati di Lingualunga, Candeloro e Pagliafresca…

Girato l’angolo di una viuzza che cor-reva stretta tra due ali di antichi palaz-zi, Gellindo venne raggiunto dalle urla arrabbiate di un ragazzo che strillava come un ossesso al di là del muro di cin-ta d’una vecchia casa.

Ormai lo sanno tutti: basta che Ghiandedoro senta qualcuno piangere o singhiozzare oppure lamentarsi, ed ecco che scatta in lui la generosità e la voglia di correre in aiuto del poveretto. – E perché mai un ragazzo deve piange-re in questo modo? – esclamò Gellindo. – Si sarà fatto male? Qualcuno gli avrà fatto un dispetto? Avrà perso qualcosa di caro? Per saperlo… basta andare a vedere!

Con un balzo lo scoiattolino raggiun-se la cima del muro e da lassù vide un bellissimo parco, al centro del quale un ragazzino stava strillando tutto il suo dolore.

– Ma dove mi hai portato, papà? – ur-lava il giovane battendo i piedi sul ghia-ino del viale.

– Questa è Rovereto, caro il mio Amadeo – rispose un signore vestito di scuro che uscì proprio in quell’istante da dietro il tronco d’un cedro frondo-so. – È una ricca cittadina in cui vivono famiglie di nobili e di mercanti di seta… E ringrazia il cielo che tuo padre sia un uomo conosciuto anche qui, visto che abbiamo trovato ospitalità in casa di Giambattista Todeschi, una delle più importanti e ricche famiglie della città!

Il ragazzo tirò su col naso: era vesti-to un po’ troppo leggero, per essere in pieno inverno, ma forse era il pianto disperato ad arrossargli le guanciotte e a fargli tremare le spalle. – A me non interessa nulla di questi Todeschi – sibi-lò col naso tappato. – Hanno anche un forte-piano accordato male e ieri sera lo hanno sentito tutti!

– No, Amadè, ieri sera hai suonato benissimo: sono rimasti tutti a bocca aperta!

– Ieri sera era troppo freddo, in casa, c’era poca gente e tutti con la puzza sotto al naso… Ho mangiato male e ho suonato anche peggio!

– Sei stato perfetto, invece: hai dato la dimostrazione di che cosa significa mettere un vero genio davanti alla ta-stiera di un fortepiano! Hai lasciato tutti senza parole, che è poi quel che speravamo, no? Vedrai che la notizia di questi tuoi primi concerti farà presto il giro delle città italiane più importanti e, quando arriveremo noi, ci saranno folle

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di appassionati di musica che pende-ranno dalle tue dita!

Gellindo Ghiandedoro ascoltava ma non capiva. Chi mai poteva essere quel giovane in lacrime, vestito male e scos-so dai brividi del freddo? E chissà che marchingegno era il “fortepiano”…

Proprio in quell’istante… – Signor Mozart, può venire un attimo quassù, al primo piano? – gorgheggiò una dami-gella affacciata a una della finestre che davano sul parco del palazzo.

– Salgo subito, signorina Todeschi – disse l’uomo con un inchino, – vengo immediatamente!

Quando il ragazzo rimase solo, Gel-lindo si fece coraggio e saltò giù dal muro di cinta. – Ciao!

Quell’altro si bloccò a metà del pian-to, si asciugò gli occhi e si guardò in giro. Eppure era certo che qualcuno l’aveva appena salutato!

– Ciao! Sono qui, ai tuoi piedi! – stril-lò lo scoiattolino per farsi sentire.

Il ragazzo chinò lo sguardo e final-mente vide quello strano esserino or-goglioso della sua coda vaporosa e con un musetto simpatico: – Ma tu sei uno scoiattolo! E per giunta uno scoiattolo parlante!

– Certo: mi chiamo Gellindo Ghian-dedoro e ho sentito invece che tu ti chiami Amadeo… o Amadè… come pre-ferisci essere chiamato?

Il giovane s’inginocchiò per esser più vicino al nuovo amico: – Chi non mi co-nosce mi chiama Wolfgang Amadeus; chi mi conosce e mi ha sentito suonare la mia musica, mi chiama Amadeo; chi è

mio amico, però, mi può chiamare Ama-dè!

– E io?Quell’altro sorrise, accarezzò la coda

dello scoiattolo e gli rispose con una strizzatina d’occhio: – Tu mi puoi chia-mare senz’altro Amadè.

– Ascolta, Amadè, spiegami alcune cose. Che cos’è questo fortepiano di cui parlavi prima con il tuo papà?

– Il fortepiano è uno strumento mu-sicale molto difficile da suonare. Devi sapere che io sono un tipo un po’ stra-no: vengo da Salisburgo, in Austria, e i grandi mi chiamano “genio della mu-sica” perché a tredici anni non solo so suonare il fortepiano e anche altri stru-menti musicali, ma anche perché ho già scritto moltissimi pezzi musicali… Mio padre è un brav’uomo, orgoglioso del talento di suo figlio. È stato lui a orga-nizzarmi questo viaggio in Italia…

– E ieri sera cos’è successo?– È successo un vero pasticcio. Noi

siamo ospiti della famiglia Todeschi. Il signor Giambattista Todeschi, un vero innamorato di qualsiasi tipo di musica, ha convinto mio padre a fermarsi da lui a dormire e in cambio dell’ospitalità ha solo chiesto un mio concerto…

– Dev’essere facile, per te, suonare la tua musica – disse Gellindo.

– Sì, facile e bello: ogni volta che suo-no la spinetta, il clavicembalo oppure il fortepiano mi pare di essere in paradi-so… ma qualcosa ieri sera mi ha distur-bato!

– Il troppo freddo in casa?– No!

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– Il fortepiano scordato?– No, non è vero: suonava benissi-

mo!– E cos’è, allora, che t’ha fatto arrab-

biare?– La gente di Rovereto sapeva da

giorni che sarei arrivato e tutti si aspet-tavano un mio concerto pubblico. Quando invece hanno saputo che avrei suonato una sera soltanto e solo per la famiglia Todeschi e per i suoi amici più stretti, be’, c’è stata una piccola solleva-zione. In centinaia ieri sera si sono as-siepati nella via qui fuori per ascoltare le note della mia musica ma, visto che è inverno, ho dovuto suonare con le fi-nestre chiuse. Avresti dovuto sentire le urla e le imprecazioni di quelle povere persone là fuori!

– Ma scusa: e non puoi ripetere il concerto stasera, invitando a palazzo tutti i Roveretani? – propose Gellindo.

– A parte che in questa città abitano molte persone e non ci starebbero tut-te nel salone del primo piano, farei uno sgarbo al signor Todeschi. Mio padre ci rimarrebbe male…

– Se però tu fai una sorpresa a tut-ti, non dici nulla a tuo padre e ai signo-ri Todeschi e organizzi di nascosto un concerto per la città di Rovereto, vedrai che dopo nessuno oserò criticarti! Ne sono certo!

– Ma come faccio io, da solo, a met-tere in piedi una cosa così complicata come un concerto? Di solito ci pensa mio padre…

Gellindo Ghiandedoro si aprì in un sorriso da orecchio a orecchio: – Già, di

solito ci pensa il buon papà, ma questa volta dovrai accontentarti del tuo nuo-vo amico!

– E chi sarebbe?– Come, chi sarebbe! Sarete anche

bravi a suonare, ma avete la testa dura, voi geni della musica… Ma sono io, no? Gellindo Ghiandedoro, il più grande organizzatore di concerti della piazza! Eh! Eh! Eh!

Ci volle l’intero pomeriggio, ma prima di sera sulle pareti di tutte le case più po-vere di Rovereto, quelle in cui abitava-no gli operai delle seterie e gli artigiani, i mercanti meno ricchi e i bottegai, una mano misteriosa aveva incollato cen-tinaia di foglietti che recavano questa scritta:

“Quel che voi Roveretani aspettavate,sognavate e speravate

s’avvererà stasera alle nove in punto,nella chiesa di San Marco.

Portate coperte contro il freddoe fazzoletti per asciugarvi le lacrime di commozione:

il giovane austriaco, il bravo Amadeo suonerà per voi

la musica più bella e dolce che abbiate mai sentito!”

Le cronache dell’epoca (eravamo alla

fine del 1769, per la precisione il 26 di-cembre festa di Santo Stefano) parlano di un concerto di strabiliante bellezza, che Wolfgang Amadeus Mozart tenne all’improvviso nella chiesa di San Mar-co. Nel tempio si erano assiepati prati-

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camente tutti i Roveretani, soprattutto quelli che non erano nobili e non erano ricchi, che ascoltarono deliziati le musi-che più moderne e belle che un ragazzo di quasi quattordici anni eseguì magi-stralmente suonandole all’organo.

In un angolo della chiesa, nascosti tra quella gente comune, c’erano an-che Giambattista Todeschi e il padre di Amadè, entrambi senza parole e or-gogliosi per la bravura di quel ragazzo baciato dal talento e per la bellezza di quella musica nuova.

Nessuno si era accorto che, appolla-iato in cima ad uno dei grandi lampadari che illuminavano il grande tempio, c’era uno scoiattolino dal musetto simpatico e furbo. Però al termine del concerto e dell’ennesimo applauso, il giovane Ama-dè visibilmente commosso e finalmente soddisfatto, si alzò in piedi, chiese silen-zio e parlò:

– Grazie per essere qui, stasera – disse il genio. – Grazie a tutti voi, grazie al signor Giambattista Todeschi che mi ha permesso di fermarmi a Rovereto per farvi ascoltare la mia musica, e gra-zie anche a mio padre, al quale chiedo anche scusa per questa serata organiz-zata a sua insaputa. Ma devo ringrazia-re, e vi prego di non ridere, amici rove-retani, devo ringraziare un minuscolo scoiattolo… Eccolo lassù: appeso a quel lampadario – e cento e cento occhi si alzarono verso il soffitto – vi presento Gellindo Ghiandedoro! È stata un’idea sua, questo concerto in San Marco; è stato lui a scrivere la locandina e poi ad appenderla sulle vostre case… Mi

ha insegnato una grande cosa, Gellin-do: l’amicizia, la vera amicizia riesce a smuovere le montagne, ad aprire i cuo-ri e fa diventare tutti più buoni! Io so solo inventar musica e suonarla: l’uni-co modo che conosco per ringraziare il mio nuovo piccolo amico è dedicargli una sonata ed eseguirla stasera, solo questa sera e solo per voi, amici miei di Rovereto!

Fu un momento magico quello, uno di quelli che fanno piangere commos-si grandi e piccini, donne, uomini e… scoiattolini! Le note dolci e allo stesso tempo allegre d’una musica leggera e argentina si alzarono dall’antico orga-no dalla grande chiesa, corsero tra le colonne delle navate, accarezzarono le teste delle centinaia di Roveretani in piedi e poi salirono su su, sfiorando gli affreschi della volta e facendo tremare fin quasi a spegnerle le fiammelle delle candele. Pareva proprio che un piccolo scoiattolo corresse per l’aria profuma-ta d’incenso della chiesa, rimbalzando sugli alti finestroni, saltando sui tettuc-ci dei confessionali, prendendo la rin-corsa sui banchi di legno e atterrando infine sul marmo del pavimento… Le ultime note guizzarono festose davanti al portone d’ingresso e poi scivolarono via, uscirono all’esterno e si persero nell’aria fresca di Rovereto.

Trascorsero alcuni istanti di perfetto silenzio, quasi nessuno volesse rovinare quella magica atmosfera di musica ami-ca, dopo di che qualcuno applaudì, subi-to seguito da altri che fecero scoppiare un applauso scrosciante e infinito.

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Amadè s’inchinò alla folla entusiasta, dopo di che alzò il braccio ad indicare il lampadario centrale: non si vedeva molto bene, nella penombra delle can-

dele, ma a tutti parve di riconoscere uno scoiattolo con gli occhietti lucidi che rispondeva sorridente con un in-chino all’amico Amadè.

La MAGIA del Bosco di Rovereto

fine

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Per saperne di più di Silvia Vernaccini

IERIAmadeus, “l’amico” di Rovereto

«Rovereto… non è grande… ma la diligenza degli abitanti, per la maggior parte occupati nella viticoltura e nella tessitura della seta, l’ha resa accogliente. Vi sono molte case spa-ziose e v’è molta gentilezza con gli estranei», annotava Leopold Mozart, padre di Ama-deus il 7 gennaio 1770 a Verona durante il suo viaggio in Italia col figlio Amadeus.Erano partiti da Salisburgo il 13 dicembre del 1769 per compiere un viaggio in Italia (scenderanno fino a Napoli), allora consi-derata il paese della musica per eccellenza, ispiratrice di creatività e occasione di cono-scenze importanti. Viaggiano in carrozza, con voluminosi bauli al seguito: fu un viaggio faticoso, considerando anche il fondo stra-dale sconnesso e il frequente imbattersi nei banditi, che terminerà a Salisburgo 15 mesi dopo, il 28 marzo 1771. Arrivano dunque a Rovereto, piccola cittadina posta al confi-ne tra la cultura germanica e quella latina, il 24 dicembre. Alloggiano all’albergo “Zur Rose” (della Rosa) affacciato sulla strettoia che collega l’attuale Piazza Rosmini a Corso Bettini (l’albergo non c’è più ma v’è una la-pida ricordo). Dopo essere stati invitati per il pranzo di Natale dal barone Nicolò Crista-ni, ex allievo di violino di Leopold Mozart a Salisburgo, nel suo palazzo a Villa Lagarina, la sera, Wolfgang Amadeus – che il padre chiama affettuosamente Wolfg – tiene nella sala di Palazzo Todeschi-Micheli a Rovereto il suo primo concerto al di qua delle Alpi, di-lettando così la colta nobiltà e borghesia ro-veretana. E i festeggiamenti non sono finiti! Il giorno dopo, il 26 dicembre, i Mozart sono invitati a un suntuoso banchetto nel palazzo di Giovanni Battista de Cosmi e, nel pome-riggio, Amadeus suona l’organo della canto-ria nella chiesa di San Marco: sarà una gran folla ad applaudirlo!

Infine, il 27 dicembre riprendono il loro lun-go viaggio per fare tappa a Verona.Se numerosi furono i tour dei Mozart in giro per l’Europa, altrettanto numerose furono, in proporzione, le loro soste a Rovereto e in Val-lagarina. Il 17 agosto del 1771 fanno nuo-vamente visita a Rovereto al barone Pizzini e al consigliere, buon dotato musicista ma non professionista, Antonio Bridi (che in suo ono-re farà costruire un tempietto nel giardino di casa); poi proseguono per Ala, dove sono ospiti dei nobili de’ Pizzini, i fratelli Giovan-ni Battista e Pietro. E dopo mangiato, anche qui Amadeus suonerà allietando il pubblico e lo stesso farà anche nel viaggio di ritorno, l’8 dicembre. Il terzo e ultimo viaggio in Italia avviene il 30 ottobre 1772: i musicisti si fer-mano ad Ala per festeggiare l’onomastico di Wolfgang presso gli amici, i nobili de’ Pizzini, dai quali si fermeranno ancora al loro ritorno per Salisburgo, l’8 marzo. In questo palazzo de’ Pizzini-di Lenna, dove oggi trova spazio il museo del pianoforte antico (tel. 0464 670636) v’è la sede dell’Accademia interna-zionale di interpretazione musicale con stru-menti d’epoca (tel. 0464 671117).

Nella pagina seguente, sopra: il tempietto dell’Armonia, nel parco di Villa Bridi, oggi de Perobizer (© Relais Mozart).

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Sono tante, a Rovereto, le targhe appo-ste sui palazzi che ricordano la nascita di qualche illustre roveretano o il soggiorno di un altrettanto illustre personaggio del passato. È così anche per il settecentesco Palazzo Todeschi-Micheli, in via Merce-rie, che vi introduce, tramite un magnifico portale d’ingresso, a saloni arredati con mobili d’epoca; una lapide ricorda il primo concerto in Italia del giovane Amadeus Mozart ospite del Barone Todeschi. Oggi, trovandovi sede l’Associazione Mozart Italia, è chiamato anche “Casa Mozart”.Pochi passi nel cuore cittadino e siete in piazza San Marco chiusa su un lato dalla facciata dell’omonima chiesa, inconfondi-bile per la sua tinta rosata e per il partico-lare timpano ellittico con la statua di San Marco e il bianco leone in pietra. Eretta nel 1462 quando Rovereto era soggetta ai Veneziani – che rimasero in Vallaga-rina per 90 anni – e ricostruita nel 1603 (rifacimenti dopo i bombardamenti della Prima guerra mondiale), ancora oggi il suo organo – che non è quello suonato da Amadeus il 26 dicembre 1769! – regala concerti d’intensa emozione. Tra gli ammiratori di Mozart ci fu il ban-chiere e intellettuale Giuseppe Antonio Bridi, che fece costruire nel giardino della sua villa, oggi de Probizer (Relais Mozart, via Cittadella, tel. 0464 081176; www.re-laismozart.it), un simbolico cenotafio con l’iscrizione in tedesco che recita «Signore dell’anima per la forze della melodia e del pensiero»: fu il primo monumento eretto in Europa in onore a Mozart. Bridi, figura tipica dell’Illuminismo filosofico e artisti-co, volle che nel suo parco ci fosse anche un tempio intitolato all’Armonia, modula-to sul numero “sette” come le note musi-

cali; costruito da Pietro Andreis nel 1825, viene affrescato da grande pittore rivano Giuseppe Craffonara con l’apoteosi del-la musica e il ritratto di Mozart insieme a quello dei musicisti Haendel, Haydn, Palestrina, Secchini, Gluck, Pomelli. Nel giardino v’è anche una chiesetta neogoti-ca dedicata alla Madonna Refugium Pec-catorum adorna d’una pala sempre del Craffonara.

OGGIRovereto e i luoghi mozartiani

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Omaggio al genio di Salisburgo

L’anno nel quale ricorreva il bicentenario della morte di Wolfgang Amadeus Mo-zart, il 1991, nasceva l’Associazione Mo-zart Italia, che a sua volta nel corso degli anni ha dato vita ad altre 26 associazio-ni, di cui tre all’estero (Tokyo in Giappo-ne, Fortaleza in Brasile, San Pietroburgo in Russia); per tutte vale l’obiettivo di diffondere l’opera del grande musicista. Qualche anno prima, nel 1987, era stato fondato il Festival internazionale W.A. Mozart, un’annuale rassegna di concerti e incontri.Tra gli impegni dell’Associazione vi sono numerose iniziative, a Rovereto e in Vallagarina: ad esempio il Convegno in-ternazionale di Studi mozartiani, cicli di concerti in “Casa Mozart”, il Concorso

biennale internazione per l’esecuzione di concerti di Mozart per flauto, oboe, clari-netto, fagotto, corno e orchestra.Se siete dunque amanti della musica clas-sica, tra i diversi appuntamenti non per-detevi la Settimana mozartiana che da alcuni anni si tiene, oltre che a Rovereto, in alcune borgate della Vallagarina che furono testimoni della presenza del ma-estro salisburghese.

Associazione Mozart ItaliaRovereto, via Mercerie 14tel. 0464 422719www.mozartitalia.org

Festival internazionale W.A. Mozart a RoveretoRovereto, via della Terra 48tel. 0464 439988 www.festivalmozartrovereto.comAPT di Rovereto e della Vallagarina: tel. 0464 430363

CuriositàLa famiglia Lodron, che succedette a quella dei Castelbarco nel dominio sulla Vallagarina, diede personaggi illustri tra i quali il principe Paride, arcivescovo di Salisburgo. In Austria i Lodron abitavano nel loro l’omonimo palazzo posto poco distante da quello dei Mozart, e con loro strinsero amicizia. I Mozart suonavano nel Palatium Lodro-nicum e davano lezioni di pianoforte alle figlie della contessa Antonia Lodron. Per lei, sua fervida ammiratrice, Amadeus Mozart compose nel 1776-77 due Divertimenti per quartetto d’archi

e corni e un Concerto per tre pianoforti, composizioni chiamate Serenate lodronia-ne.Come di rimando, l’abate trentino Giam-battista Varesco, cappellano alla corte di Salisburgo, scrisse per Amadeus Mozart i libretti per le opere liriche intitolate Idomeneo (1780) e L’oca del Cairo (1783), quest’ultima rimasta incompiuta. C’è un’opera di W. Amadeus Mozart, il Don Giovanni, in cui il librettista Lorenzo Da Ponte fa pronunciare al protagonista il celebre verso: «Versa il vino! Eccellente Marzemino», parole che hanno reso im-mortale il vino rosso Marzemino, tipico della Vallagarina.