Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 5

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www.risparmiolandia.it Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 5 FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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FIABAROMANZO DELL'ESTATE

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(Riassunto delle puntate pRecedenti)Quando Gellindo Ghiandedoro, Bellondina e Maestro Abbecedario s’incammina-no alla volta della tana dei tre orchetti Anastasio, Ermelinda e Timoteo, il bosco prende vita e una serie quasi infinita di sortilegi strani perseguita il loro cammino. I funghi si gonfiano e cominciano a volare... gli alberi si tramutano in mostri orrendi... farfalle giganti obbligano i nostri amici a ballare la polka e la mazurca finché cado-no a terra stanchi morti... un dinosauro enorme li attacca dal profondo della fore-sta... “Ma quel dinosauro è l’orchetto Ermelinda!” si accorge a un certo punto Abbe-cedario. “Noooo... tu non dovevi riconoscermi” strilla per tutta risposta Ermelinda. “Adesso i miei magici poteri e quelli dei miei cugini Timoteo e Anastasio, i poteri che ci ha regalato nostro zio Persovinto, spariranno per sette anni, sette mesi, sette settimane, sette giorni e sette ore...” Ma sarà proprio vero? Sarà poi vero che la pace tornerà a regnare a Risparmiolandia? Per saperlo, non c’è che un sistema: andare a chiederlo all’orco Persovinto!

pra in giù con due occhi severi e non rispose.

Persovinto non era come tutti gli orchi che si rispettino e che co-nosciamo: non era grande e grosso come una montagna, insomma, bensì magro magro, con un volto scavato e rugoso, un naso enorme a punta e una testa lucida sulla cima e incorni-ciata da un cespuglietto di capelli neri e sporchi tutt’attorno, che s’univa a una barbetta ispida e dura come il filo spinato. Gli occhi erano neri come il carbone, le mani adunche e forunco-lose avevano unghie a punta come artigli e addosso portava vestiti di pelli stracciate e vecchie.

Solo dopo aver scrutato a lungo i tre nuovi venuti, l’orco aprì bocca e parlò con una voce roca e stridula.

– Che ci fate, voi, al castello di orco Persovinto?

– Quale castello? – domandò Ab-becedario guardandosi attorno. – Non mi dirai che questa torre che sta

L’orco Persovinto abita in un ca-stello che svetta in cima ad un dosso spelacchiato, nella terra fredda che si stende al di là dei confini a Nord della Valle di Risparmiolandia.

Chiamare “castello” quella torre vecchia, sbilenca e mezza diroccata è un po’ esagerato, è vero, ma Per-sovinto è molto orgoglioso della sua casa e, se proprio volete farlo con-tento, basta che spendiate qualche parola di complimento per quella stupenda magione, per quel maniero importante, per quella dimora che denota potenza e autorità!

È per questo che quando Gellindo Ghiandedoro, accompagnato da Bel-londina e da maestro Abbecedario, giunse dallo zio dei tre terribili or-chetti che stavano facendo disperare il Villaggio degli Spaventapasseri, e si rivolse a lui con un semplice:

– Buondì, orco Persovinto!...l’orco guardò lo scoiattolo da so-

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in piedi per miracolo è un... castello?– Certo che lo è, spaventapasseri

dei miei stivali! È Il castello di Perso-vinto, l’orco che conosce tutti i segre-ti delle magie!

– Se non sbaglio, però, – interven-ne allora Bellondina, – la tua torre... ehm, cioè, il tuo castello sta perdendo i pezzi, vero? Quei buchi lassù, sotto il tetto, sembrano fatti da poco...

A quell’osservazione il mento bar-buto di Persovinto cominciò a trema-re piano piano, gli occhiacci si chiuse-ro per bloccare le lacrime improvvise e il petto venne scosso da singhiozzi profondi. L’orco si trattenne per uno... due... tre secondi e poi scoppiò a piangere come una vigna tagliata di fresco!

Ci volle tutta la pazienza di Abbe-cedario e l’opera di convincimento di Gellindo per calmare l’orco, che alla fine tirò su col naso, si asciugò gli occhi e cominciò a raccontare tra gli ultimi singhiozzi.

– È da due settimane che sono perseguitato dalla malasorte. È da due settimane che ogni notte qualche malandrino di passaggio si diverte a distruggere la torre in cui abito: to-glie un mattone di qua, un sasso di là, un merlo di sopra, un sostegno di sot-to e poi, all’alba, sparisce chissà dove. Ed è da due settimane che io lavoro tutti i giorni, dall’alba al tramonto, per rimettere a posto quei disastri!

– Scusa, Persovinto – lo interruppe Gellindo, – ma non hai appena finito di dire che conosci tutti i segreti delle

magie?– Certo...– E allora approfittane, no? Fa’ una

magia, lancia un sortilegio, accendi un incantesimo e scopri chi è quello sciocco che ti sta distruggendo la casa!

– Il castello... si chiama “castello”!– Sì, insomma... questa torre!– Non mi è possibile! – rispose

Persovinto scuotendo il crapone mezzo pelato e mezzo cespuglioso.

– E come mai? – chiese Abbeceda-rio.

– Non posso usare le mie magie su di me, è questa la verità! Mannaggia, potrei accendere il sole a mezzanotte e sorprendere quel furfante men-tre toglie l’ennesimo sasso dalla mia torre... potrei lanciargli contro venti cani rabbiosi per farlo scappar lonta-no... potrei... potrei... potrei... ma non posso!

– E perché non monti di guardia al castello? – propose Bellondina. – Non dev’essere difficile restare sveglio fino a mezzanotte e aspettare che arrivi il mascalzone.

– Credi che non ci abbia provato? Il fatto è che a un certo punto, poco prima dello scoccare del dodicesi-mo rintocco, un sonno tremendo mi prende le ossa, mi entra nella testa e mi chiude gli occhi! pumfff! Cado a terra addormentato stecchito e mi risveglio solo dopo le sei del matti-no, pronto a faticare per rimettere a posto i disastri combinato da quell’al-tro...

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Gellindo pensò e ripensò a lungo al modo di aiutare l’orco Persovinto. Poi gli occhi gli si illuminarono e...

– Ho trovato, orco!– Cosa?– Ho trovato il modo per scopri-

re chi sia quell’essere strano che di notte ama distruggere il tuo bel maniero... Metti un pentolone pieno d’acqua sul fuoco e procurati dieci chili di farina bianca!

Persovinto fece quel che lo sco-iattolo gli aveva chiesto e quando l’acqua si mise a bollire, i dieci chili di farina vennero versati nella pentola e... bolli che ti bolli che ti bolli... l’ac-qua si addensò fino a formare una massa di colla collosa incollante!

– Ecco qua – esclamò allora Gel-lindo, che teneva in mano un grosso pennello. – Adesso cospargiamo la tua torre di colla e poi restiamo in attesa!

Qualche minuti prima dello scoc-care della mezzanotte, Abbecedario afferrò Persovinto e lo trascinò di-stante dal castello: trecento metri bastarono, per evitare che l’orco cadesse vittima del sortilegio e piom-basse nel suo solito sonno profondo. Intanto...

Intanto un’ombra piccola e gras-sottella si staccò dal boschetto ai piedi del dosso e trotterellò su per la stradina che conduceva alla torre. Gellindo e Bellondina, che s’erano nascosti dietro all’uscio principale, videro lo sconosciuto avvicinarsi e cominciare a scalare su per la parete.

Ma i movimenti del brigantello rallen-tarono all’improvviso e strani mugolii si alzarono nel pieno della note...

– Ehi, ma che succede! – strillò dall’alto una voce che Gellindo ben conosceva. – Perché non riesco a staccare le mani dal muro? Perché i piedi si sono incollati di sotto? Ehi... aiutoooo! Venite a staccarmi di quiiii! aiutoooooo...

Fu Abbecedario che staccò il mari-uolo dalla torre, usando il bastone di una lunga scopa.

Fu Bellondina che legò come un salame il furfantello con una grossa fune lunga venti metri.

Fu Persovinto che gli illuminò il volto con una torcia accesa e...

Fu Gellindo che salutò l’ospite con un sorrisetto strano:

– Carissimo Anastasio, che ci fai dalle parti del castello di tuo zio?

Era proprio lui, cari miei, la causa della disperazione di Persovinto. Era l’orchetto Anastasio che, ogni notte da due settimane, si divertiva a distruggere la torre che il povero orco magro magro ricostruiva poi di giorno! Era proprio lui che con un incantesimo addormentava il povero padrone di casa e faceva della sua dimora quel che voleva!

– Ci puoi dire, Anastasio, il per-ché?– chiese Abbecedario, sedendosi accanto al lestofante imprigionato come un salame.

– Il perché di che cosa? – squittì l’orchetto, guardandosi attorno fu-

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rente.– Perché ce l’hai con tuo zio!? Per-

ché gli fai dispetti terribili!? Perché distruggi di notte la sua casa? Che male ti ha fatto?

– Non mi ha fatto niente, zio Per-sovinto – borbottò Anastasio. – Il fatto è che così mi diverto di più... mi piace far disperare gli altri, anche quelli della mia famiglia è ancora meglio! C’è più soddisfazione a far penare quelli che mai penserebbero a te, che mai ti darebbero la colpa di quel che gli capita... E voi che ci fate, invece, da zio Persovinto?

– Noi siamo venuti a chiedere con-siglio – gli rispose Bellondina. – Dopo i guai incredibili che state combinan-do giù, al Bosco delle Venti Querce e al Villaggio degli Spaventapasseri, volevamo sapere se è vero che voi orchetti non ci farete più dispetti per sette anni, sette mesi, sette settima-ne, sette giorni e sette ore...

– Inoltre – aggiunse Gellindo, – vorremmo sapere da vostro zio come comportarci con voi e fino a che punto potevamo spingerci per tra-sformarvi definitivamente in orchetti “buoni”...

– Perfetto! – esclamò a quel punto orco Persovinto. – Vendicatemi voi e trovate il modo per far ragionare quest’orchetto disperato! È colpa mia, è vero, è colpa di chi gli ha inse-gnato a commettere le malvagità più assurde, ma adesso sono pentito... e voglio che anche Anastasio si penta!

Gellindo guardò negli occhi Ab-

becedario e Bellondina e, dopo un cenno d’intesa.... – D’accordo, noi tre prendiamo in custodia Anastasio e torniamo al nostro Bosco. In cambio, caro Persovinto, ti chiedo solo una cosa...

– Dimmi!Lo scoiattolo si avvicinò all’orco

magro magro, s’arrampicò su per i vestiti di pelli stracciate e vecchie e raggiunse finalmente l’orecchio de-stro, nel quale bisbigliò a lungo strane e misteriose parole... bisbi... bisbi... bi-sbi... alle quali l’orco rispose con altri bisbigli sussurrati... Ribisbi... Ribisbi... Ribisbi... e alla fine...

– Allora d’accordo così! – escla-mò Gellindo saltando giù dall’orco e prendendo per mano Anastasio-le-gato-a-salame. – Noi torniamo a casa e... e ti faremo sapere com’è andata, caro Persovinto!

(5 - continua)

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