Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 4

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www.risparmiolandia.it Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 4 FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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FIABAROMANZO DELL'ESTATE

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(Riassunto delle puntate pRecedenti)Tre terribili orchetti – i tre cuginetti Anastasio, Ermelinda e Timoteo – hanno por-tato la disperazione nel Villaggio degli Spaventapasseri e nel Bosco delle Venti Querce. Si sono infatti divertiti a far impazzire i nostri amici, mettendo in pratica gli insegnamenti magici del loro zio, l’orco Persovinto: incendi di fiamme che non scottano, diluvi di acqua che non bagna, folate di vento forte e violento con cui addirittura gli orchetti rapiscono Bellondina e Gellindo… Non si può andare avanti così, si dicono gli spaventapasseri, e infatti viene convocata un’assemblea nel corso della quale si decide di cercare di far ragionare l’orchetto Anastasio, che dei tre pare essere il più astuto e il più pericoloso. Della missione di pace vengono incaricati Gellindo Ghiandedoro, Bellondina e maestro Abbecedario. Una lunga notte piena di brutti sogni cala così sul Villaggio e sul Bosco, in attesa che il nuovo giorno porti con sé finalmente qualche buona notizia. Staremo a vedere….

Il vecchio spauracchio maestro aveva ragione: appena messo piede nella foresta scura e ancora addor-mentata, quasi per incanto due… dieci… cento grossi occhi chiari si aprirono nelle cortecce degli alberi. Erano occhi misteriosi. Erano oc-chi seri e cattivelli. Erano occhi che ridevano soddisfatti per chissà quale malefatta…

Se ne accorse anche Bellondina.– Gellindo, vedi anche tu, quel che

vedo io?Lo scoiattolo risparmioso si guardò

in giro e finalmente…– Se ti riferisci a quei grossi oc-

chiacci, sì: adesso vedo anch’io quel che vedi tu!

A quel punto i tronchi delle querce presero vita, gli occhi si spalancaro-no, enormi nasi emersero dalle cor-tecce e gigantesche bocche si apriro-no e cominciarono a mormorare…

Sssstranieri persi in quessssto bossssco

Al mattino dopo Gellindo Ghian-dedoro, Bellondina e Abbecedario partirono per la tana dei tre orchet-ti quand’era ancora buio. Si fecero forza stringendosi uno vicino agli altri e s’incamminarono incontro al loro destino.Ancora non sapevano, poverini, quel che li attendeva!

– Voi pensate che quei tre mostri ci stiano aspettando? – sussurrò Bellondina aguzzando gli occhi per penetrare nell’oscurità di un’alba che tardava a schiarire il cielo.

– Secondo me – la rincuorò Gel-lindo, – gli orchetti stanno russando nella loro tana puzzolente come tre piccole locomotive, facendo incubi terribili dopo quell’enorme indige-stione di castagne!

– Io non ne sarei così sicuro – mor-morò invece il saggio Abbecedario, che conosceva la vita molto meglio degli altri due! – E infatti mi pare che il Bosco delle Venti Querce sia un po’ strano, oggi…

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dove andate ssssenza luce in mano?Lo ssssapete che oggi arrivano in fessssta

i nosssstri amici orchi?I tre terribili… 0rchetti?

Fu allora la volta dei funghi, degli ultimi funghi d’autunno, quelli che riescono a sopportare il freddo gelido delle notti e che s’accontentano del sole freddo che di giorni si fa strada tra le fronde degli alberi. Bianchi come la neve e trasparenti come fossero fatti di porcellana, i funghi co-minciarono a ingrossarsi e a crescere veloci sotto agli occhi dei nostri tre poveri amici…

– Saranno per caso pericolosi, questi fungacci? – chiese la povera Bellondina, che però non ottenne risposta. I suoi due amici infatti se ne stavano muti e stupefatti, bocca e occhi spalancati, a rimirare lo spet-tacolo dei funghi che si gonfiarono come fossero palloni riempiti d’aria calda, che… FLOPPPP! FLOPPPP! FLOPPPP!... si staccarono dal terre-no e si alzarono in volo lenti, ondeg-giando tra gli alberi per raggiungere il cielo aperto.

Ma non era finita!Anche il terreno e l’erba del bosco

divennero strani: il suolo cominciò dapprima a tremare, come se mille e mille talpe si fossero messe tutte assieme e nello stesso istante a sca-vare nuove gallerie. Poi l’erba prese a ondeggiare come se una grande

mano invisibile ci prendesse gusto ad accarezzare i prati e a far loro il solle-tico. Infine brandelli quadrati di prato si staccarono da terra e come tanti tappeti volanti cominciarono a volare imbizzarriti di qui e di là, sfiorando le teste dei nostri poveri amici.

– Fatemi capire – balbettò allora Abbecedario. – I tronchi delle querce cantano nenie tristissime, i funghi si trasformano in palloni che si alzano verso il cielo e pezzi di prato si met-tono a volare come strani tappeti volanti…

– Sapete cosa vi dico? – sussurrò Gellindo guardandosi attorno spa-ventato. – Secondo me siamo solo all’inizio di una giornata che sarà durissima, lunga e terribile!

– Per colpa di chi? – domandò Bel-londina.

Né Abbecedario e nemmeno Gel-lindo, che avevano capito fin dall’ini-zio chi ci fosse dietro a quelle stra-nezze, ebbero il tempo di rispondere, perché dal buio della foresta la voce dell’orchetto Timoteo si mise a urla-re: – È tutto merito nostro, carina, se adesso vi faremo ballare la mazurka e poi la polka, il walzer e il tip-tap! State un po’ a vedere… EH! EH! EH!

Dalla penombra della prima mat-tina emersero cinquanta, cento, centicinquanta grosse farfalle svolaz-zanti e colorate che afferrarono con le zampette il maestro, Bellondina e Gellindo e li trascinarono in un ballo vorticoso che durò la bellezza di tre ore e un quarto!

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Stanchi morti e senza fiato, i tre poveretti si ritrovarono a metà matti-na sulle rive della Palude dei Vampiri Striscianti.

– Non ce la faccio più! – ansimò Bellondina. – A me piace un sacco ballare la mazurka e il tip-tap, ma tre ore e un quarto di seguito è veramen-te troppo!

– E cosa devo dire io, allora? – bal-bettò Abbecedario sdraiato a terra. – Pensate che a me ballare non è mai piaciuto, odio il walzer e non parlate-mi di polke!

– Sssssshhh! Fate silenzio… ascol-tate! – esclamò Gellindo balzando in piedi nonostante il mal di schiena.

TOMPP! TOMPP! TOMPP!... BU-UUM! BUUUM! BUUUM!... TOMPP! TOMPP! TOMPP!

Un forte rumor di frasche e di rami spezzati annunciò l’arrivo di…

– Ehi, ma chi è che se la prende con noi adesso? Un gigante? – strillò Bellondina.

– Un dinosauro?– Un mostro?– Un orco?– Tre orchetti uno sulle spalle

dell’altro?No, cari miei. Dalla foresta che si

stendeva al di là della palude si alzò un gigante-dinosauro-mostro-orco-orchetto tutti assieme, una montagna di carne sbuffante che spezzava e rovesciava le grosse querce come fossero stuzzicadenti! Era… era…

– AIUTOOOO! – strillò Bellondina correndo a nascondersi dietro a Gel-

lindo. – Guardate che drago enorme!– Che drago CATTIVO – aggiunse

Abbecedario.– Che drago… BRUTTO! – esclamò

Gellindo.Grande, era veramente grande

quel mostro, visto che il lungo collo si alzava fin sopra le fronde degli alberi; cattivo, aveva tutta l’aria di esserlo, per via di due occhiacci velenosi, verdi e tondi che scrutavano attorno in cerca di prede. Brutto sì, era pro-prio veramente: anzi, a dire il vero assomigliava vagamente a qualcuno che i nostri amici avevano visto di recente…

– Ma quella faccia terribile non vi ricorda qualcuno? – mormorò Gellin-do indietreggiando e spingendo via lontano la povera Bellondina.

– Ma sì – gridò Abbecedario, – guardate quegli occhi verdi e tondi, quelle sopracciglia scure e folte, quei capelli lunghi e sporchi, quei dentoni spezzati e le unghie smaltate di gri-gio… L’avete riconosciuta? Non è altri che… l’orchetta Ermelinda!

A quel punto il drago si sgonfiò con un soffio sinistro, la montagna di carne si afflosciò sulla riva del lago, trasformando quella massa gigante-sca nel corpo sgraziato e cicciottello dell’orchetta Ermelinda!

La terribile mostriciattola fece due balzi e si fermò sotto al naso del povero Abbecedario, scrutandolo dal basso con occhiacci furenti.

– Tu non dovevi riconoscermi! – blaterò la cattiva. – Non dovevi farlo!

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Tu dovevi tacere e tenere per te quel segreto! Zio Persovinto me lo disse chiaramente, il giorno in cui m’inse-gnò la formula per il sortilegio del drago: «Potrai spaventare e far stra-mazzare di paura chiunque incontre-rai sul tuo cammino, ma se qualcuno ti riconoscerà, se qualcuno dirà il tuo nome, se qualcuno si metterà a stril-lare ai quattro venti “Ma quel drago è Ermelinda!!”, allora il tuo potere svanirà all’istante e dovranno passare sette anni, sette mesi, sette setti-mane, sette giorni e sette ore prima di ritornare ad essere un’orchetta cattivella»...

Proprio in quell’istante il tronco di un grosso albero lì accanto fece una smorfia di dolore: la bocca si aprì e un urlo orrendo… NOOOOOOOO-OOO!... fece arretrare Abbecedario, Bellondina e Gellindo. Il tronco si sgonfiò, il naso rimpicciolì, la bocca sparì e i due occhiacci si trasformaro-no in occhioni tristi e lacrimosi. Con-temporaneamente da dietro a quel tronco uscirono di corsa gli orchetti Anastasio e Timoteo, che andarono ad abbracciare la povera sorellina.

– No, Ermelinda, non arrabbiarti, non piangere, non disperarti… – la consolò Anastasio.

– Vedrai che continuerai ad essere la cattivona di sempre… – aggiunse con le lacrime agli occhi Timoteo.

– …sarai sempre la terribile orchet-ta che a noi piace tanto, vero? – chie-se il povero Anastasio rivolgendosi ai tre sbalorditi testimoni.

– Ehm… no, cioè… sì sì – balbettò Abbecedario. – Sì certo, è vero: ve-drai che continuerai ad essere l’Er-melinda che piace tanto agli orchet-ti… Vero Bellondina? Non ho ragione, Gellindo?

– Come no – fece lo scoiattolo, che intanto prese Bellondina per la mano e il maestro per l’angolo della giacchetta e cominciò a incamminarsi lungo il sentiero che li avrebbe ri-portati al Villaggio. – Sono sicuro che vostro zio Persovinto aveva torto: Ermelinda continuerà ad essere la pestifera orchetta che a noi… ehm… piace tanto, però adesso vi salutiamo, vi lasciamo in pace e ritorniamo a casa… Ciao, amici orchetti! A presto!

E via di corsa!Trottarono a perdifiato per un’ora

intera, girandosi di tanto in tanto per vedere se qualcuno li inseguiva. Quando giunsero al Villaggio, trova-rono in piazza tutti gli spauracchi che li attendevano impazienti. Abbece-dario, Gellindo e Bellondina raccon-tarono l’avventura vissuta nel Bosco delle Venti Querce, gli alberi parlanti, i funghi gonfi d’aria calda, i tappeti d’erba volante, le farfalle ballerine e il terribile drago che in realtà era l’or-chetta Ermelinda…

– Il fatto è – concluse il maestro, – che nel preciso momento in cui abbiamo riconosciuto nel drago l’or-chetta Ermelinda, come d’incanto il drago è sparito trasformandosi nella povera Ermelinda…

– Povera? E perché quell’orca

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dovrebbe essere “povera”? – esclamò Casoletta incuriosita.

– Perché il sortilegio di suo zio Persovinto è scomparso all’istante e adesso per sette anni, sette mesi, sette settimane, sette giorni e sette ore Ermelinda sarà buona, dolce e generosa con tutti! E, assieme a lei, anche Timoteo e il loro cugino Ana-

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stasio, saranno gli orchetti più gentili, ordinati e socievoli di tutta la Valle di Risparmiolandia!

Gli spaventapasseri si guardarono con occhi meravigliati.

– Vorreste dire che tutti e tre gli orchetti non ci faranno più dispetti? – esclamò RossoVerdeGiallo.

– Che Anastasio non ruberà più a Gellindo le castagne del Bosco dei Vecchi Ricci? – rincarò la dose Chio-madoro.

– Ma ne siamo proprio sicuri sicuri sicuri? – domandò Quantobasta.

– Non dovremo più preoccupar-ci di loro per sette anni, sette mesi eccetera eccetera? – aggiunse Paglia-fresca.

Abbecedario guardò Gellindo e Bellondina, che però non seppero dargli alcuna assicurazione. E allora: – Non c’è che un modo, per saperlo.

– Quale? – chiesero in coro gli altri-

– Andare a chiederlo al diretto interessato!

– Tornare nella tana dei tre orchet-ti? – strillò spaventata Bellondina.

– Ma no – la rincuorò Abbecedario. – Sarà sufficiente andar a far visita al loro zio… all’orco Persovinto!

– Ah, meno male – sospirò Gellin-do, che solo un istante dopo realizzò quel che aveva realmente proposto l’anziano spauracchio. – COOOSA?? ANDARE DALLO ZIO PERSOVIN-TO? OH NOOOOO!

(4 - continua)

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