Gellindo Ghiandrdoro e una Primavera da dimenticare

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I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE

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I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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Tutto cominciò nello stesso istante in cui… Plinc!!... la prima gemma del Bosco delle Venti Querce spuntò su un ramo dell’albero in cui viveva Gellindo Ghiandedoro. Il silenzio che circondava quegli ultimi cinque minuti di letargo del nostro simpatico scoiat-tolino risparmioso venne rotto da quel leggerissimo Plinc!!... ma subito dopo… RooooaaaaaRRRR!… esplose forte e fastidioso il rumore spernacchiante di una motoretta che correva col motore spinto al massimo tra le querce della foresta.

Gellindo Ghiandedoro saltò giù dal letto… cioè, cadde proprio dal materas-so sbattendo con la fronte per terra… – Ahiaaa! – urlò il poveretto massaggian-dosi il bernoccolo, mentre là fuori…

“RooooaaaaaRRRR! RooooaaaaaRRRR!” urlava a più non posso la motoretta. “RooooaaaaaRRRR! RooooaaaaaRRRR!”

strillava beffardo quel motorino indi-sponente e sgradevole.

– Bastaaa! – urlò alla fine Gellindo tappandosi le orecchie con le zampine e correndo alla finestra per farsi senti-re meglio. – La volete piantare di fare tutto questo baccano?”

La sola risposta fu quella della moto, che continuò imperterrita a far sentire il suo urlo odioso… “RooooaaaaaRRRR! RooooaaaaaRRRR!”

A quel punto lo scoiattolo uscì dalla tana, si guardò in giro arrabbiato fu-rioso e cominciò a correre in direzione del Villaggio.

Quel che Gellindo Ghiandedoro non poteva sapere era che, durante i lun-ghi mesi del suo letargo, al Villaggio degli Spaventapasseri era arrivata una nuova famigliola di spauracchi. Lei si chiamava Manopola, lui Duetempi e il loro figlio Quattrotempi.

Di lavoro Duetempi faceva il mec-canico e in quattro e quattr’otto, con l’aiuto di Lingualunga, Palostorto, Dindondolo e Fra’ Vesuvio, aprì una bella officina meccanica specializzata in motociclette!

Ora, sento già qualcuno di voi che sta sussurrando all’amico: “Ma cosa ci racconta, questo qui: gli spaventapas-seri non vanno in moto!”

È vero, anch’io non ho mai visto uno spauracchio in sella a una motoretta, però state a sentire: se gli spauracchi del nostro bel Villaggio di Risparmio-landia mangiano, bevono, giocano, vanno a scuola, hanno una loro Fami-

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glia cooperativa e perfino una Cassa Rurale, può benissimo essere che siano capaci di guidare una moto. O no?

Fatto sta che, quando Gellindo arri-vò correndo in paese e per primo vide proprio il negozietto che esponeva una bella fila di moto, motorette e motori-ni, si bloccò con gli occhi spalancati e rimase senza fiato e senza parole!

– Salve, scoiattolo! – esclamò uno spaventapasseri sconosciuto, uscendo dal negozio con le mani nere di unto e con addosso una tuta da meccanico che aveva conosciuto tempi migliori. – Se cerchi una moto da scoiattolino, in magazzino ne ho una che fa per te… una motorina-giocattolo che è un amore…

– Ma scusa, e tu chi sei? Da dove salti fuori? – balbettò Gellindo ripren-dendo fiato.

– È vero, hai ragione, sono proprio un maleducato. Io sono Duetempi, di professione meccanico, come vedi; la mia signora si chiama Manopola e mio figlio… be’, Quattrotempi è andato a fare un giro nel boschetto qui sopra con una moto che ho finito di riparare ieri sera…

– Ecco, proprio di quella moto vorrei parlarti! – lo interruppe l’altro. – A parte che quello “qui sopra” non è un boschetto qualsiasi, è invece il Bosco delle Venti Querce dove guarda caso abito proprio io, è la prima volta che mi succede d’essere svegliato dal letargo dal rumore forte e antipatico di una motoretta che mi passa sotto le fine-stre di casa!

Duetempi prese uno straccio, cercò di pulirsi alla meglio le mani nere di sporco e allungò la destra per strin-gere la zampa dello scoiattolo: – Ma allora, se tu abiti al Bosco delle Venti Querce e sei uno scoiattolo, vuol dire che tu… tu sei… il mitico, il famosissi-mo, lo straconosciuto Gellindo Ghian-dedoro! So tutto di te, Gellindo: me ne hanno parlato i tuoi amici spauracchi, Fra’ Vesuvio, Dindondolo e gli altri… Piacere, veramente piacere di cono-scerti!

Proprio in quel momento dalla stradina che scendeva dal Bosco delle Venti Querce… “ROOOOOAAAAAR-RRRRR!”… giunse rombando una moto a bordo della quale c’era uno spaurac-chietto alto e magro, vestito con una tuta da meccanico rosso fuoco e con lunghi capelli biondi che uscivano da sotto a un berretto giallo con la visie-

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ra. – Eccomi, papi: la moto va che è un portento! Forse, forse il motore è un po’ troppo silenzioso, ma in quanto a velocità è la fine del mondo!

Duetempi diede fondo a tutto il suo repertorio di smorfie, per far capire al figlio Quattrotempi che lì, vicino alla porta, c’erano visite, ma fu tutto inutile.

– …che ne dici, papi, di forzare anco-ra un po’ lo spinterogeno, di truccare il motore e di renderlo bello scoppiet-tante come si conviene a una moto potente come questa?

– Figlio mio, ti presento Gellindo

Ghiandedoro! – riuscì alla fine a escla-mare Duetempi, bloccando l’entusia-smo del ragazzo.

Quattrotempi zittì all’istante, si guardò in giro facendo spallucce, dopo di che piegò la testa verso il basso e finalmente s’accorse dell’ospite: – E tu saresti… saresti quel Gellindo di cui si parla spesso, qui in paese? Piacere, io sono…

– So benissimo chi sei – lo interrup-pe lo scoiattolo che con un balzo saltò sul sellino della moto più vicina. – Tan-to per cominciare, caro il mio Quattro-tempi, ti ricordo che per andare in giro in moto bisogna mettere il casco in testa, e tu invece hai solo quel berret-to! Dopo di che, voi due dovete sapere che qui attorno, nelle mattinate tiepide di primavera, quando il sottoscritto sta per terminare il suo letargo, nemmeno una mosca osa ronzare vicino alla mia tana, nemmeno uno spaventapulcino si mette in testa di giocare alla palla sotto la mia finestra, perfino le prime gemme della mia quercia spuntano con dei “Plinc!!” leggeri leggeri e appena sussurrati… E invece tu inforchi la tua moto e ti metti a spernacchiare su e giù per la foresta?

La sfuriata ammutolì il povero Quat-trotempi, che chinò la testa per con-trollare se le punte dei piedi fossero al loro posto. Duetempi, invece, continuò a sfregarsi le mani con la pezza sporca.

– È un peccato, però – disse alla fine il meccanico di moto, – è un peccato, perché noi tre, mio figlio, mia moglie Manopola ed io, abbiamo in mente di

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ampliare la nostra attività…– E che cosa pensate di fare? – s’in-

formò Gellindo.– Be’, ecco: innanzitutto pensiamo di

costruire una bella pista da motocross su, al Bosco delle Venti Querce, e poi di far pagare un biglietto a tutti i Due-zampe che arriveranno con le loro moto, anche se potremo sempre ven-derne o noleggiarne una a chi ancora non ce l’ha…

Avete mai visto uno scoiattolo gonfiarsi progressivamente di rabbia? Arrossire per la collera pian piano, fino a diventar rosso come un pomodoro? Be’, se foste stati lì quel giorno, avre-ste assistito allo spettacolo unico del nostro Gellindo che s’infuria come una belva…

– Ma cosa devono sentire, le mie orecchie scoiattolesche?!? Siete for-se impazziti? Sono impazziti tutti gli spaventapasseri della Valle di Rispar-miolandia? Vi siete messi in testa di trasformare il nostro bel Villaggio in un carrozzone puzzolente? In un circo spernacchiante e fracassone? Eh no, cari miei: io… io ve lo impedirò! – strillò il poveretto, che scappò via urlando… – Statene PuR ceRti, io vi feRmeRò!

– Ma come si fa, Gellindo, a dire di no al progresso? – esclamò Maestro Abbecedario con un sorriso timido e impacciato.

Gellindo si girò lentamente a guar-dare in volto il suo carissimo amico: – Cooosa? Ho capito bene? Ma sei sicuro di non essere ammattito, Abbecedario?

– Certo che no…– D’accordo, stai bene e non hai la

febbre: allora ti rendi conto che hai appena finito di dire che quella storia della pista da motocross e delle cen-tinaia di motociclisti che invaderanno la nostra bella valle è solo frutto del “progresso”?

– Ma è proprio così, Gellindo, cerca di capire: ogni fine settimana al Villag-gio arriveranno centinaia e centinaia di motociclisti, che pagheranno un

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biglietto a Duetempi per usare la sua pista. Pensa però a quanto lavoro avrà Casoletta con la sua cioccolateRia, e poi Caramella alla Famiglia cooperati-va… Finalmente RossoVerdeGiallo, il nostro vigile urbano, avrà la possibilità di appioppare qualche multa e si senti-rà felice, mentre io potrò insegnare ai miei spaventapulcini qualche parola di inglese, di tedesco e pure di francese, nel caso arrivassero anche motociclisti stranieri! La vita del nostro Villaggio cambierà, e cambierà in meglio! E tutto questo è progresso!

Gellindo era senza parole! Si voltò a guardare Casoletta in

cerca di conforto. Era imbarazzata, la poverina: – Ecco, a dire il vero io ho già ordinato un nuovo carico di cacao e penso di comprarmi altri tavolini da aggiungere ai cinque che sono già qui fuori, in piazza…

Fra’ Vesuvio sorrise a stento: – Io ho già preparato i documenti per aprire una pizzeria qui davanti: “alla maRghe-Rita” si chiamerà…

Caramella mise le mani in tasca: – Be’, invece sto pensando di aprire un reparto “PANINI IMBOTTITI E BIBITE GASATE” alla Famiglia cooperativa… sai Gellindo, gli affari sono affari…

Gellindo non poteva credere alle proprie orecchie: scosse la testa e se ne andò con un groppo al cuore e con le lacrime che gli spuntavano dagli occhi. – Lo sapete che ve ne pentirete, vero? – esclamò girandosi, prima di svoltare l’angolo. – E sapete anche che quando il vostro bel castello crollerà, io non sarò qui ad aiutarvi a raccogliere i pezzi!

E Gellindo Ghiandedoro se ne andò.

Non ci volle molto tempo per capire che il “villaggio dei motocicliSti” sogna-to dallo spauracchio Duetempi avreb-be avuto vita breve.

Oh certo, la pista ricavata nel Bosco delle Venti Querce era bellissima: una serie infinita di montagne russe che correva su e giù per la foresta sfioran-do le querce, saltando sopra ai torren-telli, infilandosi nelle gole profonde per poi riapparire in cima alle collinette che un tempo erano state piene di fiori bellissimi.

Oh certo, tutti i sabati e le domeni-che c’erano motociclisti che facevano la coda per pagare il biglietto, oppure per farsi riparare la moto all’ultimo minuto o per noleggiarne una…

Oh certo, di quando in quando RossoVerdeGiallo riusciva a fermare qualche motociclista che correva trop-po veloce, ma il tutto si risolveva in una

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ramanzina e nella raccomandazione ad andar più lenti per non farsi male.

Chi ci guadagnava alla grande, ovviamente, era la famigliola del mec-canico Duetempi, ma non c’era un solo motociclista che scendesse in paese per bere una cioccolata calda alla cioccolateRia di Casoletta, o per man-giarsi una pizza “alla maRgheRita” di Fra’ Vesuvio, o per farsi preparare un bel panino alla Famiglia Cooperativa! Ci pensava la spauracchia Manopola, la moglie di Duetempi, a vender monta-gne di panini e bibite su al chioschetto allestito proprio all’ingresso della pista da motocross, e ci pensava Quattro-tempi a farsi capire dai pochi motocicli-sti stranieri che passavano di lì, cosic-ché nemmeno i poveri spaventapulcini di Maestro Abbecedario trassero vantaggio da quella situazione!

In poche settimane il Bosco delle Venti Querce si trasformò in un circo fracassone e inquinato, mentre gli

spauracchi del Villaggio si ridussero a elemosinare qualche centesimo dai motociclisti per semplici lavoretti come lavare e lucidare i parafanghi delle moto.

Duetempi, Quattrotempi e Ma-nopola divennero milionari, mentre Casoletta, Caramella, Fra’ Vesuvio e gli altri uno dopo l’altro dovettero andar-sene a cercare fortuna altrove.

Il Villaggio di Risparmiolandia in poco tempo scomparve: al suo posto adesso c’è una gigantesca pista da mo-tocross, servita da alberghi, ristoranti, piscine, centri commerciali e negozietti che vendevano merce d’ogni tipo.

E Gellindo?

Gellindo Ghiandedoro, poveretto, se ne stava disteso sul suo letto, le mani dietro la nuca e gli occhi chiusi per non vedere quelle brutture. Ed era preoc-cupato e triste, molto triste!

“RooooaaaaaRRRR! RooooaaaaaRRRR!”Là fuori le motorette continuavano

a girare come impazzite.“dling… dling… dling…”Le monete cadevano a pioggia nella

cassaforte di Duetempi.“PIADINE… PANINI... PANINI

IMBOTTITI… PANINI E BIBITE FRE-SCHE…”

Le voci di Manopola e di Quattro-tempi si alzavano forti e squillanti sopra il vociare di una folla immensa, sopra le risate dei giovani che facevano il tifo e le urla degli avventori.

A un certo punto, però, in mezzo a tutto quel baccano da far venire il mal

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di testa, si fece strada un semplice, un piccolo, un tenero, un leggero... un secondo “PLINC!!”... Nacque la se-conda gemma di quella primavera in arrivo e come per magia si spensero i rombi del motori, tacquero le urla della folla, svanirono gli strilli di spauracchia Manopola e di suo figlio Quattrotempi, scomparve il tintinnare dei soldi nella cassaforte di Duetempi… e finalmente un profondo silenzio cadde sul Bosco delle Venti Querce.

Passò un secondo, poi due secondi, tre... quattro...

Al quinto secondo di silenzio Gel-lindo si alzò seduto e tese le orecchie: silenzio assoluto!

Ma cosa poteva essere successo?Saltò dal letto... anzi, cadde proprio

dal materasso sbattendo con la fronte per terra… – Ahiaaa! – urlò il poveretto massaggiandosi il bernoccolo, poi si avvicinò alla finestra, aprì le imposte e guardò fuori.

Ma dov’era finita, la pista? Dov’era-no andati gli alberghi, il chiosco dei panini e delle bibite, i centri commer-ciali, i negozietti, la folla di tifosi, i mo-tociclisti… Là fuori c’erano solo querce e ancora querce, e poi prati e dossi, sentieri e cespugli...

“fRuSh… fRuSh… fRuSh”Proprio in quel momento passò di lì

Casoletta in bicicletta. – Ciao, Gellin-do! Svegliato bene? Finito il letargo?

– Mi spiace proprio, Casoletta…

– Ti spiace per cosa?– Be’, insomma: mi dispiace per i tuoi

sogni, per gli affari che sono andati male…

– Affari? Quali affari?– Ma sì, dai: la pista di motocross di

Duetempi, il chiosco di Manopola e di Quattrotempi che ti ha rubato tutti i clienti, la pizzeria di Fra’ Vesuvio che è fallita e anche la Famiglia cooperativa che è andata in crisi…

Mentre lo scoiattolo parlava, Caso-letta scese di bicicletta e s’avvicinò alla finestrella della tana.

– Ma stai bene, Gellindo? Io non co-nosco nessun Due…Tre…Quattrotem-pi e soprattutto qui non c’è nessuna pista da motocross! Chioschi? Pizze-rie? Fallimenti?... Non è che per caso hai fatto un brutto sogno?

E solo allora Gellindo si rese conto dello scherzo che gli aveva giocato il letargo.

È vero, aveva sognato tutte quelle brutte cose! Era stato solo un incubo!

Il suo bosco era quello di sempre, non si vedevano piste da motocross e non si sentivano rombi di motori, solo una serie infinita di leggeri… Plinc!!… Plinc!!… Plinc!!… Erano le mille e mille nuove gemme che stavano suonando un bellissimo inno alla Primavera!

Casoletta non lo capì subito, ma sor-rise compiaciuta nel vedere Gellindo Ghiandedoro che danzava salterellan-do e cantando felice:

Buona Primavera a tutti!Buona Primavera a tutti!

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