Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 2

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www.risparmiolandia.it Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 2 FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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FIABAROMANZO DELL'ESTATE

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(Riassunto della puntata pRecedente)Ormai è una tradizione: quando sta per arrivare il tempo del letargo, Gellindo viene preso da una strana agitazione e deve correre a riempire i quattro depositi della sua tana di tutto quel che gli potrà servire per riempire la pancia durante i quattro mesi di lungo sonno. Nei primi tre depositi vengono di solito ammassate noci, ghiande e nocciole, mentre il quarto è riservato alle buone castagne del Bosco dei Vecchi Ricci... Il povero Gellindo Ghiandedoro, però, resta senza fiato quando s’accorge che da quel bosco sono sparite tutte-tutte-tutte le castagne! Chi è il colpevole del furto? Qualcuno parla dell’orchetto Anastasio, qualcun altro dice addirittura che s’è trat-tato di un esercito di trecento orchetti a far sparire quella montagna di castagne... Per saperlo con certezza, non ci resta che andare a controllare!

le fronde per gelarvi fin nelle ossa. E quando tira un venticello teso e frescolino che sul più bello solleva un frullo di polvere che vi entra ne-gli occhi? è sempre un orchetto che si diverte a farvi piangere! Come quando giurereste di aver lasciato la gomma, oppure la penna o il pani-no al salame proprio lì, sul tavolo o sul davanzale della cucina, e invece niente, la gomma, la penna o il pani-no sono spariti? Non li trovate più? Anche quello è senza alcun dubbio uno scherzo cattivo tirato dal primo orchetto di passaggio...

Orchetto Anastasio – che abitava in una vecchia tana sottoterra, nel cuore del Bosco delle Venti Querce – era tutto questo ma, ahimè, era anche qualcosa di più. Oltre agli scherzi, alle beffe e ai pesci d’aprile, Anastasio mangiava in continuazione, abbuffan-dosi senza vergogna: in altre parole si rimpinzava lo stomaco dall’alba al tramonto e non disdegnava di rubac-chiare in questa o in quella cantina un prosciutto stagionato, una bella for-

Ma lo sapete com’è fatto veramen-te un oRco?

L’orco è un omone grande, grosso e peloso, con i capelli neri sporchi e lunghi e una barba folta e riccia che pare gli esca addirittura dai buchi delle orecchie! La faccia orribile, poi, è completata da due occhi tondi da vitello, seri e cattivi, da un naso gros-so e foruncoloso come un cavolfiore, mentre dalla bocca spuntano i due denti davanti, sempre sporchi e mar-ci. Veste di pelli e di frasche d’albero, mentre i piedoni enormi sono nudi e infangati a dovere.

L’”oRchetto” non è altro che un orco in miniatura, un bambino di orco insomma, un cucciolo capriccioso di mostro che ama trascorrere la gior-nata facendo scherzi a chi gli capita a tiro. Sapete quando piove a dirotto e, passando per caso a piedi sotto a un albero, un improvviso scroscio di gocciole finisce sotto al maglione bagnandovi la schiena? Bene: è sta-to senz’altro un orchetto ad agitare

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ma di formaggio, cinque mele messe a conservare al fresco, un fiaschetto di vino novello, un barattolo di mar-mellata ai mirtilli…

Quando Gellindo e gli spaventa-passeri raggiunsero la tana di volpe che Anastasio aveva trasformato nel-la casa di un perfetto orchetto, cioè un buco sporco, buio, disordinato e anche un po’ puzzolente, la trovaro-no stranamente silenziosa. L’unico rumore era quello basso e stonato di qualcuno che all’interno russava a tutto spiano. Dov’era andato a finire l’esercito degli orchetti?

– anastasio, esci subito di lì! – gli intimò lo scoiattolo risparmioso, mentre gli spauracchi suoi amici si nascondevano dietro la sua grande coda.

Tutti erano convinti che di lì a poco sarebbero usciti cento-duecento-trecento orchetti: pensate invece che sorpresa quando dal buco della tana fece capolino il testone riccioluto di Anastasio, che si guardò in giro con una smorfia terribile.

– Cos’è tutto questo chiasso?... KRuuuggg! – ruttò il mostriciattolo senza mettersi una mano davanti alla bocca. – Io e i miei cugini stavamo dormendo dopo una bella scorpac-ciata di castagne, e adesso venite voi a tirarci giù dal letto! Spero abbiate buoni motivi, altrimenti...

– I motivi ci sono tutti – esclamò maestro Abbecedario raschiando dal fondo del cuore tutto il coraggio che gli era rimasto. – E poi noi vogliamo

vederli, tutti questi cuginetti... Ce li puoi presentare?

– Se non volete altro... timoteoo-oo... eRmelindaaaaa... – urlò Anastasio girandosi verso il fondo della tana, – svegliatevi e uscite, c’è qualcuno qua fuori che vuole conoscervi!

Se già l’orchetto Anastasio da solo era uno spettacolo di sporcizia e di puzze terribili, quando si aggiunsero l’orchetto Timoteo, vestito di stracci e con gli occhietti chiusi, e l’orchetta Ermelinda furibonda, coperta di fra-sche e coi capelli crespi e sporchi che strisciavano per terra, gli spauracchi e Gellindo spalancarono gli occhi stupefatti e si tapparono il naso.

– E gli altri dove sono? – domandò Bellondina, sbattendo le palpebre per l’incredulità.

– Gli altri chi?– anastasio, ma ci vuoi pRendeRe in

giRo? – strillò a quel punto Gellindo. – Noi vogliamo vedere tutti i trecento orchetti assieme ai quali hai rubato le castagne giù, al Bosco del Vecchi Ricci!

– Trecento? Trecento orchetti? – balbettò Anastasio anche lui stra-buzzando gli occhioni tondi da vitel-lino. – Guarda che sei tu che mi stai prendendo in giro! Ma se in tutto il mondo intero gli orchetti saranno sì e no quaranta-quarantacinque... toh, al massimo cinquanta contando anche gli orchetti appena nati, mi vuoi dire come faccio ad avere trecento cugi-netti solo io?

– Vorresti dire che tu e i tuoi cugini

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Timoteo ed Ermelinda – disse il far-macista Quantobasta – avete rubato “da soli” tutte-tutte-tutte le castagne del Bosco dei Vecchi Ricci?

– E ci abbiamo impiegato una notte soltanto... ih! ih! ih! – sogghignò soddisfatta Ermelinda, infilandosi un ditone nel buco destro del naso.

– Ma quelle castagne sono pro-prietà di tutti – cominciò a dire Gel-lindo, sperando di far ragionare quei tre terribili orchetti. – Tutti possono andare in quel bosco e raccogliere uno, due, al massimo tre cestini di castagne...

– Ed è proprio quello che abbiamo fatto noi – sibilò cattivello Timoteo. – Abbiamo raccolto tre cesti ogni due minuti, mettendo così assieme una montagna di castagne... pRRRR! – e chiuse il suo discorso con una puzzet-ta.

– E dove sono, adesso, tutte le castagne che avete rubato?

Anastasio guardò Gellindo in fon-do agli occhi, sorrise in modo strano, si toccò la pancia e...

– Qui, caro mio: quasi tutte le ca-stagne sono già finite nelle nostre tre pance!

Gellindo e i suoi amici, purtroppo, non erano esperti in materia orche-sca e quindi non potevano sapere che quando gli orchetti si prendono un’indigestione, diventano delle pesti tremende ancor più di quel che già sono normalmente. Se, poi, l’indige-stione è di castagne, la loro cattiveria

diventa senza limiti.– E adesso che facciamo? – chie-

se sconsolata Bellondina sulla via di casa, tenendo per la zampa il suo ami-co del cuore Gellindo Ghiandedoro.

– Beh, per prima cosa devo trovare un altro bosco di castagni – mormo-rò lo scoiattolo affamato. – Quattro mesi di letargo sono lunghissimi e, se non riesco a riempire di castagne il quarto deposito della mia tana, sono spacciato!

– Te lo ripeto un’altra volta – inter-venne alzando la voce Abbecedario: – finché al villaggio ci sono gli spa-ventapasseri, nessuno è spacciato. Vedrai che se non sono castagne, troveremo fichi secchi o noccioline, semi di zucca o ghiande stagionate, ma al tempo del letargo il tuo quarto deposito sarà pieno fino all’orlo.

– E con gli orchetti, come ci com-portiamo? – buttò lì Casoletta.

– Quello è il vero problema, cari miei – rispose Quantobasta...

– lo sentite anche voi quest’odoRe? – strillò a quel punto Tisana la Dolce.

Gellindo, Brigida la civetta, Fra’ Vesuvio e tutti gli altri annusarono l’aria e...

– peR mille spauRacchi col RaffRed-doRe – urlò RossoVerdeGiallo met-tendosi le mani nei capelli. – questo è odoRe di fumo, è puzza di fuoco...

– un incendio!?– aiuto, la foResta va a fuoco!– qualcuno vuole distRuggeRe il

bosco delle venti queRce...– tutti a casa – gridò più alto degli

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altri RossoVerdeGiallo, – andiamo a prender acqua... facciamo una catena e cerchiamo di spegnere le fiamme... Forza, tutti ai miei ordini!

Dovete sapere che RossoVerde-Giallo, oltre ad essere il vigile urbano del Villaggio degli Spaventapasseri, all’occorrenza ne diventa anche l’in-vestigatore, il poliziotto e il vigile del fuoco. Ed era giunta l’ora di dimostra-re quel che sapeva fare come pom-piere.

Casoletta, Bellondina, Pasticcia, Chiomadoro e le altre spauracchie corsero a prendere i secchi, i sec-chielli, i catini e le tinozze che teneva-no in casa.

Ratto Robaccio, Candeloro, Lin-gualunga, Pagliafresca e gli spaventa-passeri più giovani si diedero da fare a riempire alla fontana ogni recipien-te che gli capitava tra le mani e tutti gli altri, spaventapulcini compresi, corsero avanti e indietro per portar acqua a Gellindo, a Quantobasta, Fra’ Vesuvio, Abbecedario e RossoVerde-Giallo che s’erano messi in prima fila a combattere l’incendio.

Accadde però che più acqua ve-niva gettata sul fuoco, più le fiamme divampavano come se l’acqua fosse benzina, anche se – strano a dirsi – non c’era affatto calore.

– Lo sapete che un attimo fa una fiammata mi ha investito da capo a piedi – disse Abbecedario con un secchio d’acqua in mano, – e non mi sono bruciato nemmeno la punta di un capello?

– feRmatevi tutti!! – urlò a quel punto Brigida, che svolazzando in alto dava indicazioni su dove stava andando quel disastro infuocato.

– Ma sei matta? – esclamò Gellin-do, in un bagno di sudore per le corse avanti e indietro.

– Per niente, non sono affatto impazzita, solo che adesso ho capito cos’è successo! Mettete giù secchi e secchielli e state a sentirmi...

Gli spaventapasseri obbedirono e tutti videro che, senza l’acqua del-le tinozze e dei catini, le fiamme si abbassarono velocemente, persero forza finché... si spenseRo!.

– Questo è un classico incendio stregato – disse allora Brigida, accoc-colandosi sul ramo più basso di una quercia. – È un falso incendio fatto di fiamme che prendono vigore solo se gli si getta sopra dell’acqua! Insom-ma, è quel che si dice un “fuoco fatuo”, un frutto della nostra immaginazione e della cattiveria di qualcuno che noi conosciamo bene!

– Fammi capire – disse a quel pun-to Gellindo, parlando a nome di tutti, – ci stai dicendo che in realtà il Bosco delle Venti Querce non sta andando in fumo? Che quelle lingue di fuoco sono solo delle allucinazioni?

– Ecco, sì – rispose Brigida: – sono proprio delle fantasie provocate da un incantesimo.

– E chi può essere così malvagio da... – Abbecedario bloccò la frase a metà, perché aveva capito benissimo chi poteva essere la causa di tutto

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ciò. – Non dirmi, Brigida, che dietro a tutto questo ci sono tre mostriciat-toli... tre orchetti terribili... tre piccole creature orrende...

– Non solo – mormorò la civetta abbassando gli occhi, – aggiungo

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anche cari miei che siamo solo agli inizi di una tremenda avventura... Abbiamo fatto arrabbiare tre orchetti e, ahimè, prima della fine ne vedremo delle belle...

(2 - continua)

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