Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 1

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www.risparmiolandia.it Gellindo Ghiandedoro e gli orchetti furiosi - 1 FIABAROMANZO DELL’ESTATE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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FIABAROMANZO DELL'ESTATE

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Un bel giorno, anzi, un giorno molto molto brutto Gellindo Ghiandedoro… sparì di casa!

Proprio così, cari miei: il piccolo scoiattolo risparmioso, l’amico pre-zioso degli spaventapasseri della Valle di Risparmiolandia, uscì al mat-tino di casa senza lasciar detto dove andava e non vi fece più ritorno!

La povera Bellondina se ne accorse solo la sera del giorno dopo, quando passò dalla tana del suo amico del cuore per salutarlo prima di andare alla lezione di ballo liscio da Ghira Bakira.

La bella spaventapasseri trovò la tana fredda e deserta, il letto rifatto e i fiori che avevano bisogno d’un po’ d’acqua: lo scoiattolo risparmioso era svanito nel nulla, se n’era andato da chissà quanto tempo, senza lasciare un biglietto, un indizio, una traccia…

– Gellindoooo! – cominciò a urlare Bellondina correndo su e giù per i sentieri del Bosco delle Venti Quer-ce, – Gellindo, dove sei!? Perché te ne sei andato senza dirmi nulla? Hai litigato con qualcuno? Ti abbiamo fatto uno sgarbo? Forse ti sei arrab-biato con me? Volevi venire anche tu da Ghira Bakira a ballare la mazurka e la polka?

Niente da fare: nessuno, men che meno Gellindo Ghiandedoro, rispose alle invocazioni di Bellondina, che singhiozzando disperata corse dal maestro Abbecedario e dal farmaci-sta Quantobasta in cerca di conforto e di aiuto.

– Non è da Gellindo, andarsene senza lasciar detto nulla – borbottò lo spaventapasseri Abbecedario grat-tandosi il mento.

– Se avesse ricevuto un torto da qualcuno di noi, l’avremmo saputo subito – commentò serio in volto Quantobasta.

Comunque la voce che Gellindo era improvvisamente sparito e non lo si trovava più ben presto si mise a correre per il Villaggio degli Spa-ventapasseri veloce come il volo dell’aquila Cassandra e in meno di un’ora tutti gli spauracchi erano as-siepati nella piazzetta, alla luce dei lampioni.

– Dobbiamo andare a cercarlo! – esclamò Fra’ Vesuvio, che s’era già attrezzato con una potente pila, la thermos di tè caldo e un maglioncino di riserva.

– Già, ma da dove cominciamo? – chiese Ratto Robaccio, la pantegana che viveva nella discarica del villag-gio. – La Valle di Risparmiolandia è enorme e noi non sappiamo quale direzione abbai preso il nostro amico scoiattolo!

–Eppure da qualche parte dob-biamo pur cominciare – piagnucolò Casoletta torcendosi le mani, – per-ché tra un po’ incomincia l’inverno e Gellindo per forza di cose deve anda-re in letargo!

A quella parola, alla parola “letar-Go”, tutti ma proprio tutti gli spau-racchi si bloccarono e si guardarono perplessi l’un l’altro. Casoletta aveva

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fatto loro ricordare che tra qualche giorno il freddo dell’inverno avrebbe obbligato il loro amico scoiattolo a chiudersi in casa, ad rannicchiarsi sotto cinque grosse coperte di lana e ad addormentarsi per uno-due-tre-quattro mesi di seguito! Ma na-turalmente Gellindo sarebbe come sempre sopravvissuto a quel lungo inverno solitario, perché ad ogni autunno riempiva le quattro dispense della sua casetta con noci, nocciole, ghiande e…

– CastaGneee! – urlarono in coro i trenta spaventapasseri del Villaggio.

– Gellindo è andato al Bosco dei Vecchi Ricci– urlò Brigida la civetta svolazzando a mezz’aria tutta agita-ta. – Ci va ogni anno a fine ottobre, perché laggiù le castagne sono gros-se, dolci e soprattutto molte, moltis-sime… Su forza: andiamoci anche noi! subitoooo!

– Ma è notte – esclamò Chiomado-ro, ché poverina aveva paura del buio.

– Da’ la mano a Bellondina e non preoccuparti – la rincuorò Tisana la Dolce. – Ci siamo tutti noi a difender-ti, sta’ tranquilla!

Effettivamente il buio del Bosco dei Vecchi Riccilo si poteva tagliare con il coltello, anche perché in cielo la Luna era nascosta da un tappeto di nuvole dense e scure.

– Gellindooooo!– Gellindo Ghiandedorooooo!!– dove seiiii?!– vieni fuori, lo sappiamo Che sei

quiiii!– Silenzio! – strillò a un certo pun-

to Lingualunga, – fate silenzio!Tutti zittirono obbedienti, tranne

Fra’ Vesuvio che chiese:- Hai sentito qualcuno?- sssshhhh! Laggiù, dietro a quei

cespugli, c’è qualcuno che piange. Non lo sentite?

Sì, effettivamente adesso che tutti finalmente tacevano, si poteva sen-tire un piccolo gemito, rotto da sin-ghiozzi leggeri. Là dietro c’era qual-cuno che piangeva… Abbecedario e Quantobasta fecero quattro saltelli, spostarono le frasche dei cespugli e…

- Gellindo, ma che ci fai qui? – esclamarono in coro tutti quanti.

Là nell’erba, seduto con la schiena appoggiata al tronco di un nocciolo, lo scoiattolo stava aggomitolato nella sua enorme coda per difendersi dal freddo e piangeva, piangeva, piange-va… uuhh, come piangeva!

Ci vollero le carezze di Casoletta, le coccoline di Bellondina, i bacetti di Rattina Glassé e gli scherzetti allegri di Fra’ Vesuvio per calmare lo scoiat-tolo e finalmente per ascoltare la sua storia.

– Anche quest’anno, come tutti gli anni, a fine ottobre era arrivato il tempo di andar per castagne e tutti sanno che qui al Bosco del Vecchi Riccice n’è sempre per tutti, di ca-stagne grosse, dolci e mature. Ieri mattina ho chiuso casa e sono venuto qui armato di cesti e sacchetti: prima di andare in letargo dovevo riempire

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l’ultimo deposito, il quarto, quello che avevo lasciato libero proprio per queste castagne e invece… invece…

– Invece? – lo interrogò Rosso-GialloVerde nella sua divisa da vigile notturno.

– Niente da fare, cari miei: quest’anno di castagne non c’è nem-meno l’ombra! Ho cercato ai piedi di tutti gli alberi, ho frugato tra le foglie secche, sono anche salito su, per vedere se c’erano ricci freschi ancora attaccati ai rami: niente! Quest’anno le castagne non le trovi neanche a cercarle col lanternino!

– Beh, ma hai pur sempre le tue noci, le ghiande e le nocciole… - lo consolò Bellondina.

– Sì, ma son troppo poche. Io avevo calcolato di riempire un intero de-posito di castagne, il deposito che mi sarebbe servito per il quarto mese di letargo… E invece morirò di fame senza accorgermene, mentre dor-mo…plufff!... e… siGh!... Gellindo non c’è più!

– Non dire queste cose nemmeno per scherzo – tuonò Abbecedario sedendosi accanto allo scoiattolo e porgendogli… una castagna grossa così!

– Ehi, ma dove l’hai trovata? - esclamò Gellindo sbarrando gli occhi.

– L’ho trovata là, ai piedi di quel grosso castagno – rispose il vecchio maestro con un sorriso. – Vedete, amici – continuò Abbecedario rivol-gendosi agli altri spauracchi, – a volte basta anche un solo piccolo indizio,

una labile traccia, un minuscolo par-ticolare per farti capire tante, tantis-sime cose. Basta saper ragionare, che è poi quel che insegno ogni giorno ai miei piccoli spaventapulcini. Allora state a sentire. Quest’unica grossa castagna ci dice alcune cose, ma solo una di queste cose è quella che ci interessa veramente…

– E qual è? – chiese Casoletta un po’ disorientata.

– Ci dice che non è vero che quest’anno non ci siano castagne… Sono venute eccome, ed anche belle grosse, dolci e buone…

– Ma allora perché nel bosco non ce n’è nemmeno una? – domandò Candeloro

– E qui, a darci un aiutino arriva una seconda traccia – disse Abbece-dario, che si alzò, si avvicinò al grosso castagno e si piegò su un ginocchio, avvicinando la lanterna al suolo. – La vedete quest’orma? Questa bella lunga… La riconoscete?

Allora: è ben vero che gli spaventa-passeri del villaggio non hanno gran-de esperienza di impronte, visto che le loro son tutte uguali: un buchetto lasciato per terra dal bastone che li tiene in piedi. Ma di impronte così strane… grosse come quelle di orsac-chiotto e lunghe come quelle di un elefantino… le avevano viste in giro esattamente dal giorno in cui nel Bo-sco delle Venti Querce era arrivato…

– anastasio… l’orChetto anastasio! – strillò Ratto Robaccio saltellando in tondo. - Quell’impronta è di sicuro la

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sua! Ma che ci faceva, Anastasio, nel Bosco dei Vecchi castagni? – si chiese la pantegana, raffreddando l’entusia-smo.

– Probabilmente stava facendo la stessa cosa del nostro amico scoiat-tolo: raccogliere castagne!

– Ma bisogna essere un esercito di orchetti, per portar via da terra e da-gli alberi tutte-tutte-tutte le castagne

dal bosco! – intervenne Gellindo.Quella giusta osservazione cad-

de come una mannaia a tagliare in due l’osurità della notte freddolina e già piena di paure. Gli spauracchi tacquero e i loro cuoricini si blocca-rono terrorizzati. Già: un eserCito di… orChetti!

(1-continua)

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