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generazioni 8 marzo 2010 Interventi di Maria Montanari, Alberto Pioppi, Anna Salsi, Rita Tamagnini, Mariella Compiani, Susanna Tamaro, Fiorella Ferrarini, Paola Varesi, Morena Vannini e Annita Malavasi 05-12 03 editoriale Memorie da salvare e da trasmettere Teresa Vergalli 14 politica Candidature femminili alle regionali Eletta Bertani 16 politica La scuola che sarà Maria Assunta Ferretti 18 politica Valorizzare il femminile Natalia Maramotti 8 marzo GENERAZIONI DONNE DONNE TESTIMONIANZE TESTIMONIANZE PAROLE PAROLE FATTI FATTI 03 2010 Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - D.L. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLI - N. 3 Marzo 2010 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia marzo

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festa della donna

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generazioni8 marzo 2010Interventi di Maria Montanari, Alberto Pioppi, Anna Salsi, Rita Tamagnini, Mariella Compiani, Susanna Tamaro, Fiorella Ferrarini, Paola Varesi, Morena Vannini e Annita Malavasi

05-12

03editorialeMemorie da salvare e da trasmettereTeresa Vergalli

14politicaCandidature femminili alle regionaliEletta Bertani

16politicaLa scuola che saràMaria Assunta Ferretti

18politicaValorizzare il femminileNatalia Maramotti

8 marzo

GENERAZIONI

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PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

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Lara (a sinistra) e Martina (a destra) Cavazzoni con lo zio Gaetano Cavazzoni Garibaldi, uno dei tre fi gli di Angiolina Ravazzini, la partigiana a cui è dedicata la sezione ANPI di Castellarano. La foto è stata scattata in occasione dell’inaugurazione della sede il 26 aprile 2009.

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato ProvincialeAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio ZambonelliCaporedattore: Glauco Bertani

Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo LusuardiCollaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio TavernelliRegistrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE)Questo numero è stato chiuso in tipografi a l’8-02- 2010 Per sostenere il “Notiziario”:

UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840

DONNE TESTIMONIANZE PAROLEFATTI

la Copertina

IV di CopertinaIl disegno della IV di copertina è di Viola G, studentessa. Frequenta la II BUS GBC “Pascal” di Reggio Emilia.

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di Teresa Vergallisommario

editoriale

Questo è il momento giusto per affrontare il problema della trasmissione della memoria.I testimoni diretti diventano sempre più rari, ma proprio per questo bisogna rintracciarli e spingerli a testimoniare. E’ vero che ci sono dei rischi di imprecisione o deformazione delle vicende vissute, ma in alcuni casi la lontananza rende possibile raccontare le vicende più tragiche. Mi riferisco al recupero di episodi o drammi che le stesse vittime hanno voluto nascondere e che solo ora a tanta distanza, quando ormai non c’è nulla da perdere, trovano la forza di raccon-tare. Magari perché fi nalmente sentono che saranno creduti. Non per caso soltanto ora si trovano prove e tardive testi-monianze sulle donne costrette nei lager a prostituirsi.Vicino a noi, tra Parma e Reggio, sappiamo che solo da an-ziane alcune partigiane torturate hanno confessato gli stu-pri e le violenze sessuali. Alcune hanno aspettato di essere vedove, nella convinzione che persino i mariti avrebbero potuto colpevolizzarle o disprezzarle.E’ urgente che le ANPI o chiunque abbia contatto coi gio-vani, spingano a queste ultime ricerche, ormai facilitate dai molteplici aggeggi tecnologici video e audio alla portata di tutti. Ovviamente poi occorre catalogare e raccogliere il tutto e metterlo a disposizione di storici o scrittori. Questo è anche il momento giusto per andare a frugare ne-gli archivi e nei carteggi, ora in gran parte divenuti dispo-nibili. Ci sono già lodevoli esiti di queste ricerche, come il lavoro di Storchi per il ripristino di tristi verità tra Reggio e dintorni. Sarebbe bene che enti o associazioni promuo-

Vicino a noi, tra Parma e Reggio, sap-piamo che solo da anziane alcune parti-giane torturate hanno confessato gli stu-pri e le violenze sessuali. Alcune hanno aspettato di essere vedove, nella convin-zione che persino i mariti avrebbero po-tuto colpevolizzarle o disprezzarle...

Memoria da salvare Memoria da salvare e da trasmetteree da trasmettere

Sommario

Editoriale

- Memorie da salvare e da trasmettere, di Teresa Vergalli ............... 3

Generazioni

- Maria Montanari, nonna ma donna, di Alberto Pioppi ................... 5- Un bilancio per 3 generazioni, di Anna Salsi ................................. 6- “Il mio e il nostro percorso...”, di Rita Tamagnini .......................... 7- Festa della donna... Intervista a Mariella Compiani, professione operaia, a cura di Angelo Bariani .............................. 8- La Costituzione è solo “una vuota scatola di cartone?”, un dialogo a distanza fra Susanna Tamaro e Fiorella Ferrarini ...... 9- Il Museo Cervi come museo-laboratorio, di Paola Varesi e Morena Vannini ............................................... 11- Bimbe in prima linea ................................................................. 12- Diploma UDI a Italina Pasquali ................................................... 12

Politica

- Tesseramento ANPI, per un ideale alto di società, di Luciano Cattini ...................................................................... 13 - Candidature feminili alle regionali. Un banco di prova, ................... di Eletta Bertani ......................................................................... 14- La scuola che sarà, di Maria Assunta Ferretti ............................. 16- Valorizzare il femminile per costruire una comunità forte, di Natalia Maramotti .................................................................. 18- Inciucio o non inciucio, di Giancarlo Ruggieri ............................. 20

Avvenimenti

- Festeggiati e 90 anni di Sirio e Mirko, di m. d. ........................... 22- L’ANPI e la CGIL a Portella della Ginestra il 1° maggio 2010 ...... 23

Estero

- Paesi scandinavi: fi ne di un paradiso?, di Bruno Bertolaso ......... 24

Cultura

- Dopoguerra. L’UDI e il PCI, di f.p. ............................................... 26

Memoria

- “Poi, se non eri con il Fascio eri un comunista...”, di Annita Malavasi ..................................................................... 31- Albertina Soliani: “Abbiamo il coraggio del sogno, come allora!”. 66° anniversario della fucilazione di don Pasquino Borghi e di altri 8 antifascisti ............................ 32- Ricordato il partigiano Nero, di Adriana Zoboletti ........................ 33- Casa Rocchi a Roncolo, di Anna Rocchi Beggi ............................ 34- La shoah nell’Europa occidentale fu cancellazione di un’antica civiltà, di a. z. ......................................................... 36- C’è stato il giorno della memoria della shoah, di a. z. ................. 39

Lutti ............................................................................................. 40

Anniversari .................................................................................. 41

Offerte ........................................................................................ 44

Turismo ....................................................................................... 45

- Donne da “copertina” ................................................................ 46

Le rubriche

- Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 27- Segnali di pace, di Saverio Morselli ........................................... 28- Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 30- Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 42- La fi nestra sul cortile, di Sandra Campanini ............................... 43

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editorialecontinua da pag. 3

vessero premi o borse di studio in favore di pubblicazioni o tesi di laurea che affrontano onestamente questa nostra storia. Anche i fi lm, come quello di Giorgio Diritti su Marzabotto o libri come quello di Enzo Biagi sui suoi quattordici mesi, potrebbero essere maggiormente pubblicizzati e utilizzati.Mi accorgo che sono già passata alla parte più urgente del proble-ma, cioè a chiedermi come prevedere a chi affi dare la trasmissio-ne della memoria. Non possiamo aspettare che i libri di storia scrivano fi nalmente il capitolo della Resistenza. Anche perché dovrebbe essere de-fi nita più correttamente “Guerra di Liberazione”. Non possiamo permetterci il lusso di affi dare al tempo la memoria di quei mesi tanto fondamentali. Non possiamo permettercelo proprio perché quella Liberazione non è completata. Un mio amico partigiano, di fronte alla meravi-glia di chi ci vede ancora impegnati, ha osservato che noi siamo soldati che non possono andare in congedo. Non possiamo conce-derci il lusso del congedo perché non ci siamo battuti per un re o per un territorio da conquistare, ma per un ideale che ancora non è compiuto. E c’è di più. E’ un ideale che in questi tempi è più che mai in pericolo.Vogliamo ricordare quali erano i nostri sogni, o desideri? In modo imperfetto, istintivo o primitivo, consolidato poi dalle rifl essioni successive, tutti volevamo la pace, per subito e per sempre. Tutti volevamo la giustizia, per gli umili prima di tutto. Poi la libertà, di pensiero di associazione, di studio. Tutto è stato scritto nella nostra Costituzione. Immagino che i Terracini, I Dossetti, gli Scalfaro, i Togliatti, i Nenni e i Parri, assieme alla nostra Nilde Iotti, abbiano potuto concepire e impor-re quei meravigliosi diritti costituzionali perché dietro di loro ci eravamo noi, con quella Guerra di Liberazione, perché da quella rivolta di popolo loro legislatori potevano trarre forza. Tra paren-tesi voglio considerare che gli articoli sui diritti delle donne forse non sarebbero stati così chiari se le donne in quegli anni fossero state assenti, anziché più volontarie dei volontari, proprio perché più oppresse o dimenticate.Tutti vediamo con sofferenza che persino i concetti di pace, di libertà e di giustizia hanno subito stravolgimenti di signifi cato. Giorgio Bocca, antico partigiano e pensatore, dice che viviamo ormai in un sultanato. C’è persino rassegnazione verso chi di-leggia quei meravigliosi diritti scritti nella Carta e si permette di considerarli vecchi. Ecco perchè bisogna allestire in fretta la nuova schiera dei divul-

gatori della memoria.Mi consola sapere che ci sono i fi gli nostri, veri o ideali, ormai coinvolti. Come Loris Mazzetti fi glio ideale di Enzo Biagi, o Ric-cardo Mancini, fi glio vero di un martire delle Fosse Ardeatine. Mi consola vedere tanti professori, che tra molte diffi coltà, pro-gettano percorsi di memoria se non altro per ovviare al fatto che la storia del novecento non arriva nei programmi di ogni ordine e grado. Nelle scuole, grazie a quegli insegnanti, ci sono i ragazzi che “fanno ricerca” intervistando, fi lmando, scrivendo, recitando. Citerò soltanto quelli della Colomba Antonietti che hanno scar-tabellato negli archivi della loro scuola per scoprire gli atti che hanno cacciato una preside ebrea ai tempi della legge razziale mussoliniana. Ed anche i ragazzi del Keplero, liceo scientifi co, che recitando Primo Levi ricordano anche i moderni lager, cioè i centri di rimpatrio per extracomunitari. Soltanto piccoli esempi. Penso anche a tutti gli operatori degli Istituti storici, dei musei della Liberazione, delle Case della resistenza, delle Case della memoria, delle Cooperative culturali, ed anche ai tanti ammi-nistratori locali, che accompagnano, organizzano, sollecitano le iniziative più varie allo scopo di divulgare una consapevolezza che rifugge dalla retorica e dal “tutti buoni noi, tutti cattivi gli altri”, ma che mette l’accento sulla giustezza della scelta di fondo, quella che ha dato origine alla Repubblica e alla Costituzione: noi per la libertà di tutti e la pari dignità degli uomini, loro per la sopraffazione dei più forti sui più deboli. Questa è la differenza su cui rifl ettere, che ci conduce alle con-siderazioni sull’oggi, alla piena condanna dei rigurgiti di neofa-scismo, contro le distorsioni revisioniste e la dimenticanza. La memoria deve aiutarci in questo.Noi vecchi partigiani non andiamo in congedo proprio per ricor-dare ai fi gli e ai nipoti che si può passare dal sultanato all’auto-ritarismo oppressore, cioè a nuove forme di dittatura. I giovani devono conoscere quel nostro passato, che ha molte analogie e assonanze con questo nostro presente. La disinformazione, la suggestione del consumismo sprecone e dell’individualismo osti-le, la miopia sulle vicende altrui e del mondo, la fretta e la super-fi cialità nemiche della rifl essione, l’esaltazione di ogni espediente anche illecito pur di prevaricare. Questi sono i pericoli. La terapia può essere soltanto la conoscenza dei propri diritti, la difesa tutti insieme della dignità di ognuno, la spinta collettiva su governo e amministrazioni, perché venga completato quel progetto di liber-tà e giustizia che sta scritto tanto bene nella nostra Costituzione.

Teresa Vergalli

Memoria da salvare Memoria da salvare e da trasmetteree da trasmettere

Maya Sansa in “L’uomo che verrà” di Diritti - Foto di scena (Cosimo Fiore)

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Avevo sentito parlare qua e là di Bloch e di scioperi, di pedalate pericolose durante la Resistenza e di qualche “ingiustizia” subita in quanto donna. Ma soprattutto, mia nonna era mia nonna. La nonna che tutti hanno anzi avevano, (perché la non-na di oggi è un’altra nonna) e cioè quella col grembiule, quella che cucina, che fa i cappelletti per la domenica e le torte da portare a casa, quella che con la bicicletta e la “sporta” di corda va alla cooperativa a fare la spesa, quella che ospita i nipoti per il fi ne settimana, quella che insieme ad altre come lei si trova una sera da una e una sera dall’altra a fare la sfoglia e i tortelli, quella che quando viene l’estate si “trasferisce” dietro i fornelli delle feste dell’Unità. Insomma, una Nonna con la maiuscola. E le cose non le diceva anche perché c’era mio nonno. Non che lui non volesse, anzi, ma era lei che “rispettava” il ruolo: se si parla di “roba seria”, allora parla Carretti, non io. E’ questo il pensiero che mi im-magino lei abbia avuto per tanti anni. O forse bisognava chiedere di più, nei mo-menti giusti, e questo con le nonne e con le mamme, non si fa quasi mai.

Poi succede che il tempo, come una lama sottile, millimetro dopo millimetro, ac-corci l’orizzonte, e qualcosa nelle persone scatta. Poi succede che mio nonno va a re-sistere da un’altra parte, e tutto si scioglie: remore, rispetto, timori reverenziali, tutto è meno spesso, tutto è meno pregnante.E allora arrivano i convegni che parlano dell’importanza delle donne durante la Resistenza, e partecipa anche lei. Qui scopro che mia nonna andava in bici-cletta fi no a Brescello, anche più volte al giorno, per consegnare biglietti e manife-sti ai resistenti, non senza essere fermata più volte dai fascisti curiosi. Arrivano le ricerche sulla condizione lavorativa fem-minile, e scopro che mia nonna è stata un’importantissima fi gura nelle lotte per il lavoro al calzifi cio Riva e poi alla Bloch. E poi, ed è questa la scoperta che più mi fa capire la specialità di mia non-na e che più mi piace come esempio di carattere forte e indipendente, ad un se-minario sulla diffi coltà di crescere donna in una società un po’ troppo maschile e bacchettona ascolto lei, Montanari Ma-ria, mentre ricorda, con qualche affanno emozionale, due situazioni da lei vissute

in giovane età: un fascista di Villa Cella, in cerca di valori, non trovando nulla di prezioso a casa Montanari, vede che la bambina di sette anni, mia nonna futura, ha un grazioso orecchino e quindi, senza preoccuparsi di sganciarlo, glielo strappa dall’orecchio. Agghiacciante anche solo da immaginare, ma la bambina non ha pianto davanti al fascista. E quando a tredici anni, sempre a Cella, domiciliati a casa del prete ami-co, dopo essere stata a messa la mattina di Natale, la sera va a ballare al teatro. Cose da non fare, cose da far parlare male di una famiglia intera, cose da far decidere di cambiare casa a quella famiglia. Cose, per me qui nel futuro, bellissime. E poi tante altre cose ora so di lei, lei che con-tinua a fare torte da portare in altre case, lei che discute col quadro di mio nonno, lei che “compete” con mia mamma non capendo che anche mia mamma è una donna e non solo una fi glia, lei che ad un certo punto della vita, non è stata più solo “mia nonna” ma è diventata anche “Mon-tanari Maria”.

Alberto Pioppi

NONNAMA DONNA

Scrivere di mia nonna è Scrivere di mia nonna è insolito, e poi sul “Notiziario” insolito, e poi sul “Notiziario” ANPI ancora di più. È insolito ANPI ancora di più. È insolito

perché tante cose che so perché tante cose che so oraora di mia nonna prima non di mia nonna prima non

le sapevo. Per le sapevo. Per oraora intendo intendo questi ultimi otto/dieci anni. questi ultimi otto/dieci anni.

E non le sapevo perché lei, E non le sapevo perché lei, mia nonna, non le diceva. mia nonna, non le diceva.

Maria MontanariMaria Montanari

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generazioni

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Zelina (la nonna)Innanzitutto va detto che le tradizioni fa-miliari innovatrici di Zelina vengono dal lontano nonno, che fu il primo in paese a S. Michele della Fossa (Bagnolo) ad in-stallare la luce elettrica in casa, quando vi era diffusa una concezione di paura e di avversione da parte della popolazione. Inoltre questo nonno innovatore imparò da solo a scrivere per comporre poesie. Da queste concezioni si sviluppò l’idea che ognuno dovesse contribuire a com-battere la miseria e a fare qualcosa per lo sviluppo sociale. Da atei e non battezzati, ci si teneva estranei alla religione e ai pre-ti, pur rispettando le idee religiose, per-ché la chiesa allora stava dalla parte dei padroni: incuteva condizionamenti alle scelte personali, familiari e di lavoro. In famiglia Zelina si trovò ad essere la più grande di tre fi glie femmine e la parola d’ordine era che esse avrebbero dovuto sopperire alla mancanza di maschi e svol-

gere tutte le mansioni organizzative della vita pubblica e privata, senza sensi di su-balternità. Così Zelina Rossi si trovò, appena di-ciottenne, ad organizzare prima riunioni segrete nelle campagne della Bassa per affermare l’emancipazione femminile e raccogliere beni di approvvigionamento per i partigiani e poi come staffetta a Mi-lano presso il CLN Alta Italia, in azioni pericolose, tra le quali il trasporto a Reg-gio, insieme a Mirca, in bicicletta e vali-gia a doppio fondo, con il ghiaccio sulle strade e superando tutti i posti di blocco tedeschi e fascisti, i famosi piani di insur-rezione della Regione Emilia Romagna. Dopo la guerra Zelina Rossi sposò Carlo Salsi, perseguitato politico, confi nato alle isole Tremiti per aver raccolto contributi per i combattenti antifranchisti in Spagna e partigiano commissario politico della 144a Brigata Garibaldi. Insieme da mezzadri poverissimi, dopo la

Liberazione, con tre fi gli, si impegnaro-no sempre sui temi politici per affermare i principi della Resistenza. Ricordo da piccola le grandi lotte di quei tempi per abolire la mezzadria e le rendite padro-nali, l’affermazione di un mondo libero dalle bombe atomiche e uno straordina-rio movimento femminile che pretendeva l’uguaglianza nei diritti tra uomo e donna. Per circa 25-30 anni ci fu un movimento straordinario di popolo nelle piazze, che contrastava le leggi antipopolari e le scel-te imperialiste americane. Soprattutto si cominciò a costruire una rete di servizi per liberare la donna e permetterle di po-ter lavorare fuori casa. Fiorirono dopo la Liberazione asili autogestiti anche nelle campagne più sperdute della nostra pro-vincia, dove i bambini cominciavano ad avere un’educazione collettiva. Questo fu un periodo molto fi orente che culminò poi a Reggio con l’organizzazione del famo-so modello delle nostre scuole comunali

Rita: “Ho tutto cio, che né mia mamma né mia nonna avrebbero mai potuto avere alla mia età, pero,...”

Attraverso il vissuto di tre donne: Zelina Rossi (1923-1971) nonna, Anna Salsi (1946) mamma, e Rita Tamagnini (1982) figlia, percorriamo quasi un secolo per analizzare gli sforzi e le conquiste che le donne hanno strappato alla società per renderla piu

, ricca e adeguata allo sviluppo civile.

UN BILANCIO PER 3 GENERAZIONI

generazioni

Zelina Rossi (1923-1971) Anna Salsi (1946)

Rita Tamagnini (1982)

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e con una serie di conquiste civili ed economiche per le donne e la società tutta.La generazione che fece la Resistenza ci consegnò la li-bertà, le istituzioni democratiche e la consapevolezza di lottare per i diritti. Scusate se è poco.

Anna (la mamma) Anna Salsi e la sorella gemella Paola, cominciarono a lavorare a 13 anni, come apprendiste in un maglifi cio a Correggio e poi in città. Entrarono successivamente nel movimento cooperativo e parteciparono da studentesse-lavoratrici, al famoso movimento del ’68, dove tutto si contestava, a cominciare dalla famiglia alla società, per creare un mondo più moderno e giusto e per avere più di-ritti. Oggi qualcuno guarda a quel movimento come un “fuoco di paglia”, ma esso ci insegnò il senso del dovere prima di tutto, a lottare per i nostri diritti, soprattutto con la consapevolezza che nulla è dovuto gratuitamente e tut-to va conquistato. Una delle maggiori conquiste di quelle lotte è stato lo sviluppo della capacità critica individuale per distinguere le sirene del consumismo, del capitalismo e dell’informazione di regime, fornendo un bagaglio indi-viduale ai giovani e rendendoli capaci di decidere con la propria testa. La generazione di Anna portò avanti le battaglie impostate dalle nostre mamme e si impegnò moltissimo, dando tutto ciò che si poteva, per creare un futuro migliore per i nostri fi gli, in termini di libero accesso all’istruzione e alle op-portunità del lavoro e della vita. Abbiamo costruito sicurezza, ottenuto diritti sul lavoro e nella società, ma sono ancora poche le donne che vengono valorizzate per le loro reali capacità.La generazione che nacque a cavallo della Liberazione co-minciò presto a lavorare e molti di noi sentirono il bisogno di affrancarci dal destino di sottocultura. In massa preten-demmo l’apertura delle scuole serali e così vi partecipam-mo a costo di grandi sacrifi ci. Anna entrò in CNA come sindacalista del settore artigia-no e compì una straordinaria esperienza imprenditoriale. Raggiunta la pensione, forte del bisogno generazionale di cultura, fece l’esperienza universitaria. Dopo cinque anni ottenne la laurea all’Università di Modena e Reggio a se-guito di un periodo bellissimo insieme ai giovani. Ora c’è l’impegno in ANPI e nel volontariato.Da una quindicina d’anni la nostra società ha cominciato un declino, forse dopo avere raggiunto l’apice dello svi-luppo, segnalato come campanello d’allarme dal degrado della lingua italiana premonitore di un decadimento socia-le, civile ed economico. Si perdono i diritti sociali e del lavoro, si destrutturano le istituzioni, è tornato l’attacco alle donne e alla loro libertà di circolare in sicurezza. L’in-formazione e la televisione nazional-popolare impongono il “velinismo”, la pubblicità usa il corpo femminile come oggetto del desiderio, cadono i veli ed i pudori, il voyeri-smo-(guardare dal buco della serratura) impera e le cose della persona più intime diventano pubbliche, per colpa della TV che produce fi ction con stupidi modelli come se fosse realtà. Tutto ciò confonde le nuove generazioni, cui si offrono falsi miti e falsi modelli, ma che hanno bisogno del valori di libertà, giustizia e fraternità come ideali e mo-delli per una vita giusta e migliore.

Anna Salsi

Ringrazio mia madre per avermi dato la possibilità di rifl et-tere sul mio e sul nostro percorso. Solo ora, in questo periodo di crisi, mi rendo conto di quan-te siano le opportunità di crescita per me; mi riferisco ad una crescita umana e non materiale. Sono fortunata, ho potuto fare molte cose: ho avuto un’infanzia serena e giocosa, ho studiato in Italia e all’estero, ho amici sparsi in giro per il mondo, sono un ingegnere con un buon posto di lavoro, ed ho sempre saputo cosa fare e dove andare. Ho tutto ciò che né mia mamma né mia nonna avrebbero mai potuto avere alla mia età.Nonostante tutto questo, dopo aver corso tutta la vita per raggiungere dei risultati, sento che mi manca qualcosa di fondamentale: non ho la più pallida idea di che cosa signifi -chi difendere i propri diritti, fare parte di una comunità, ave-re delle responsabilità verso questa comunità e condizionar-la con le proprie azioni, ma soprattutto mi manca il coraggio e la convinzione di poter cambiare ciò che mi sta intorno.Vorrei essere donna senza essere oggetto: il sempre ripropo-sto modello femminile ammiccante, che sa utilizzare solo la sensualità, non fa che sminuire le potenzialità della donna.Vorrei avere le stesse opportunità dei miei colleghi uomini: a parità di percorso scolastico e di impegno, le opportunità di crescita professionale sono inferiori.Vorrei liberarmi dai modelli imposti e dai cliché: dover esse-re belli, giovani, magri, sorridenti, ricchi per indurci a com-prare determinati prodotti e a credere a falsi bisogni dettati dal mercato. Vorrei poter vivere la mia felicità e non la feli-cità altrui. Spero di essere ancora in tempo per poter imparare da mia madre come “nutrirmi” di cose essenziali e come poter af-frontare con coraggio le diffi coltà del mio tempo.

Rita TamagniniRita Tamagnini

generazioni

“Ringrazio mia madre per avermi dato la possibilità di rifl ettere sul mio e sul nostro percorso”

Rita Tamagnini:Rita Tamagnini:

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8 marzo

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Che cos’è oggi “La festa della donna?”Il termine “festa” suscita l’idea di un ri-sultato positivo totalmente raggiunto e non credo che l’attuale condizione delle donne, in varie parti del mondo, si possa considerare ottimale. Oltre un secolo fa iniziò la discussione sulla questione fem-minile e sulla rivendicazione del voto alle donne. Venne istituita la Giornata internazionale della donna e nel corso degli anni si stabilì di celebrare la ri-correnza l’8 marzo. Con questa festività s’intendono ricordare le conquiste socia-li, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze che ancora oggi esistono. Forse è presto per defi nirla “festa”.

Qual è stato il percorso delle donne negli ultimi decenni?La mia età, cinquant’anni, mi consente una visuale che comprende il passato (secolo scorso) e, col dovuto disincanto, il presente. Il passaggio di memoria tra le generazioni è fondamentale e sem-pre più indispensabile. Chiunque abbia ascoltato i racconti di nonne e vecchie zie, può capire che nessun libro di storia

trasmetterà mai l’intensità delle passio-ni, dei sacrifi ci, della forza di lottare che avevano le donne di un tempo. Ricor-do Erminia, recentemente scomparsa, che fi no allo scorso anno è andata nelle scuole a raccontare la sua testimonianza sulla guerra, sui partigiani, sull’eccidio cui aveva assistito durante la ritirata dei tedeschi nella seconda guerra mondiale. Quelle donne hanno mosso la storia. Ne-gli anni ’50 distribuire mimose o diffon-dere “Noi donne”, mensile delle donne italiane, era considerato un gesto “atto a turbare l’ordine pubblico”. L’8 marzo ’72 un gruppo di donne manifestanti è stato caricato dalla polizia e disperso a manganellate. Erano gli anni del femmi-nismo e la “colpa” delle donne era quella di rivendicare il diritto di amministrare se stesse. Unità e determinazione hanno consentito di conquistare diritti impre-scindibili che, allora come oggi, nessuno regala. Di nuovo la storia si è mossa.

Qual è la condizione delle donne oggi?In molte parti del mondo la violenza sul-le donne è purtroppo protagonista. La

condizione nei paesi occidentali è diver-sa, ma il disincanto di cui parlavo prima mi porta a vedere una situazione molto diffi cile anche se apparentemente meno drammatica. Focalizzando l’attenzione sulla realtà circostante, mi dispiace con-statare come la tendenza prevalente sia di “delegare”. La costante denuncia di diffi coltà quotidiane di ogni genere non si trasforma in “movimento”. Ci si aspet-ta sempre che sia qualche altro soggetto a risolvere le questioni. Non funziona così. La vita insegna che tutto va conqui-stato. Ad oggi la donna lavora, per scelta e/o per necessità, ma ha quasi sempre a suo carico anche la cura della famiglia. Orari di lavoro e servizi sociali non si con-ciliano. Gli stipendi sono bassi e le spese alte… risultato: frenesia. Questo vale per chi ha ancora un lavoro, poiché la crisi ha prodotto un danno incalcolabile nel mondo del lavoro e, alla fi ne, saranno le donne ad aver pagato il prezzo più alto. Occupate e non, intorno abbiamo il vuoto. Di politica vera, ideali, energia, idee e volti nuovi, concretezza… Vuoto. E’ impegnativo lottare per raggiungere obiettivi!

8 marzo 1908/8 marzo 2010

“Con questa festività s’intendono ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discri-minazioni e le violenze che ancora oggi esistono. Forse è presto per la defi nirla festa ... Le donne possono inventare una moderna forma di lotta: seminare e far crescere l’idea di un modello sociale dove le persone siano consapevoli del proprio peso nella società. Subito ... Il futuro di tutti è già domani e credo che le donne abbiano, insieme ai giovani, gli strumenti e tutte le motivazioni per arrivare a trasformare la Giornata internazionale della donna nella vera Festa della Donna”.

generazioni

Intervista a Mariella Compiani, professione operaiaIntervista a Mariella Compiani, professione operaia

Festa della donna:Festa della donna:un un semeseme per una società diversa per una società diversa

Il mio slogan per l’8 marzo è: diffondiamo consapevolezza-prendiamo posizione.

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Leggendo, nei giorni scorsi, la notizia e i commenti sulla nuova proposta di insegnare la “Cittadinanza e costitu-

zione” nelle scuole, mi sono trovata a fare alcune rifl essioni. Nei miei anni di scuola si studiava educazione civica, materia in realtà alquanto negletta anche dagli insegnanti che il più delle volte preferivano assorbirla nelle materie più importanti – italiano, storia, la-tino – sempre in affanno nel programma sui tempi. Non conosco dunque la Costituzione, e confesso di non averla mai letta neppure in seguito, malgrado ciò mi considero una persona che continua, nonostante le vicende pietose che ci circondano e ci avviliscono, a rispettare le leggi dello Stato, a credere nell’importanza del bene comune e ad amare il mio paese, pur rattristata dalla vergogna a cui tutti i cittadini per bene – che sono,

per fortuna, la maggioranza – vengono sottoposti da una classe politica il cui primo tratto, al di là delle parti, sembra essere quello dell’immaturità.Così non posso non chiedermi, quali sono le cose che concorrono davvero, nell’educa-zione, a fare di un bambino un essere capace del vivere civile? Sono forse la grande quantità di corsi e discorsi che invadono da anni la scuola italiana – sulla tolleran-za, sul multiculturalismo, su un generico irenismo, ed ora anche sulla Costituzione? Lo dubito, anzi ho la sensazione che tutta questa marea di ossessivo buonismo rischi di produrre effetti opposti. Per quale ragione si deve rispettare il diverso, si deve preferire sempre la pace, si deve essere buoni quan-do è piuttosto evidente che il mondo è dei violenti e che la corruzione paga molto più

Cosa si può fare?

Credo che la donna debba esse-re consapevole del proprio peso nella società e non cedere alla ras-segnazione, come troppo spesso avviene. Le donne possono inven-tare una moderna forma di lotta: seminare e far crescere l’idea di un modello sociale dove le perso-ne siano consapevoli del proprio peso nella società. Subito. Finora ci siamo crogiolati in un falso be-nessere ed ora vediamo la gran-dezza del fallimento di un mo-dello sociale ed economico che la cultura liberista ha concretizzato col nostro consenso o col nostro silenzio. Non siamo immuni da responsabilità. Il mio slogan per l’8 marzo è: diffondiamo consa-pevolezza-prendiamo posizione. Ognuno si assuma responsabilità e agisca in base alle proprie pos-sibilità per costruire un modello sociale a misura di essere umano. Servono dignità, coraggio, fi ducia, solidarietà e rispetto per muovere ancora la storia. Il futuro di tutti è già domani e credo che le donne abbiano, insieme ai giovani, gli strumenti e tutte le motivazioni per arrivare a trasformare la Gior-nata Internazionale della Donna nella vera Festa della Donna.

a cura di Angelo BarianiAngelo Bariani

La Costituzione è soloLa Costituzione è solo“una vuota anima di cartone?”“una vuota anima di cartone?”

Tamaro:“La patina di buonismo, del politically correct, evita di mettere a fuoco ciò che è più importante, e cioè che il male è den-tro di noi, è una della nostre possibilità e che, per crescere, dobbiamo decidere in che modo rapportarci ad esso [...] Forse bisogna tornare a considerare il fatto che l’educazione ha bisogno so-prattutto di due qualità: la semplicità e la coerenza...”

Ferrarini: “Ma questo male ci circonda e il po-tere insano genera mostri e disugua-glianze e l’organizzazione dello Stato non può rinunciare a porsi dinnanzi ad un sistema di principi e di norme che regolano la vita dell’uomo in quanto cittadino...”

Pubblichiamo una parte dell’articolo di Susanna Tamaro dal titolo Tra

Costituzione e coscienza apparso sul “Corriere della Sera” del 18 no-

vembre 2009 con la risposta di Fiorella Ferrarini.

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Roma-Campo de’ Fiori, 8 marzo 1972. Jane Fonda alla manifestazione della festa della donna. Poco dopo la polizia carica, manganella e disperde le mani-festanti che inalberano cartelli sui propri diritti di autodeterminazione

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dell’onestà? Ci salverà forse la conoscenza degli articoli della Costituzione da questo degrado? Credo che tutti questi corsi non siano molto diversi delle guarnizioni di una torta di gesso esposta nella vetrina di una pasticceria. Ci sono ciliegine, canditi, panna montata, tutto sembra molto appetitoso ma in realtà, sotto quella torta, c’è solo una vuota anima di cartone.Forse bisogna tornare a considerare il fatto che l’educazione ha bisogno soprattutto di due qualità: la semplicità e la coerenza. La semplicità è la cenerentola di tutte le teorie educative partorite negli ultimi de-cenni dai pedagoghi; come le sorelle della fi aba, l’hanno rinchiusa in un sottoscala e da lì si guardando bene di farla uscire. La semplicità è guardare in faccia la natura dell’uomo e capire di cosa ha bisogno, questa natura, per crescere il più possibile armoniosamente [...].In qualsiasi campo si operi, la via semplice è sempre la più diffi cile perché ci lascia inermi, sforbiciando via tutto ciò che non è

essenziale, tutto ciò che allontana dal cuore del problema. La patina di buonismo, del politically correct, evita di mettere a fuoco ciò che è più importante, e cioè che il male è dentro di noi, è una della nostre possibilità e che, per crescere, dobbiamo decidere in che modo rapportarci ad esso. Si tratta di una scelta individuale che è in stretta relazione con l’idea di coscienza. E la coscienza con-duce a quel nucleo misterioso dell’uomo che lo rende essere capace di libertà. […]Crescere vuol dire saper scegliere e sapere che, scegliendo, si rinuncia a qualcosa. Ma sono proprio quelle rinunce a costruire l’impalcatura solida della vita. In un mondo bulimico che sempre più prospetta l’esistere come una corsa convulsa in cui afferrare più cose e più occasioni possibili, in cui ci viene proposto di essere tutto e il contrario di tutto, e che questo sia conciliabile, il discorso della scelta diventa quanto mai necessario. La scelta, naturalmente, richiede l’entrata in campo di un’altra grande derelitta di questi tempi, la volontà. E’ la volontà che ci permet-

te di scegliere, che ci permette di costruire e di dare un senso preciso ai nostri giorni. Senza esercizio della volontà, la nostra vita diventa qualcosa di non molto diverso da quella degli oggetti di plastica che cadono nei fi umi e vengono trascinati dalla corrente fi no ad arenarsi in un’ansa.E’ vero, viviamo in tempi complessi, tempi in cui avvengono mutazioni di portata straor-dinaria e queste mutazioni ci intimoriscono, ci fanno temere che le vie usuali dell’edu-cazione non siano più in grado di creare gli uomini di domani. Ed è forse proprio questo timore a far proliferare sistemi educativi sempre più farraginosi e astrusi, sempre più omologanti, volti a inseguire il nuovo, qualunque esso sia. Quest’ansia, però, ci fa dimenticare che la natura profonda dell’uo-mo è sempre la stessa e che costruire senza aver prima fi ssato le fondamenta dell’etica vuol dire innalzare possenti edifi ci sulla sabbia. […]

Susanna Tamaro

Cara Susanna, è il primo giorno dell’anno e, appena sveglia, sono corsa con entusiasmo, come per ritrovare un’amica, a

leggere avidamente il tuo articolo. Il sottofondo musicale è dato dall’alleluia della S. Messa in S. Pietro e le parole in latino del Vangelo mi accompagnano (adesso veramente sono distratta dall’immagine di te durante l’incontro con Papa Giovanni Paolo II, inusitatamente vestita da alta montagna…) .Reggio Emilia è una terra straordinaria, ricca di sana solidarietà – da solidus – e di un innato spirito di lotta contro le ingiustizie ma anche capace di generare dialogo e confronto autentico e accoglienza. Alla mia terra sono strettamente legati don Giu-seppe Dossetti, Nilde Iotti e Meuccio Ruini, ben tre dei padri costituenti; puoi immaginare la profonda diversità tra i primi due che pure hanno avuto un confronto ininterrotto, diffi cile ma capace di composizione negli articoli più importanti della Carta e ben oltre, fi no all’incontro di Monteveglio, vicino a Marzabotto dove è avvenuto il terribile eccidio da parte dei tedeschi e dove Dossetti ha fondato la sua comunità, che mantiene salde radici anche a Ramallah in Palestina. Perché sento di dirti queste cose? Per sottolineare il contesto in cui vivo e mi riconosco e per ammettere che condivido pienamente il tuo articolo ma anche che mi sembra non completo: dobbiamo coltivare con amore e far crescere quelle qualità che corrispondono alla verità della persona e che tanto sono misconosciute e violate. Bene. Siamo chiamati all’esercizio della semplicità, della coerenza e della volontà. Bene. Il male è dentro di noi e i confl itti vanno riconosciuti e gestiti. Bene.Ma questo male ci circonda e il potere insano genera mostri e disuguaglianze e l’organizzazione dello Stato non può rinun-ciare a porsi dinnanzi ad un sistema di principi e di norme che

regolano la vita dell’uomo in quanto cittadino e che, guarda un po’, non sono state donate da Carlo Alberto di Savoia ma rappresentano l’eredità di una lotta di LIBERAZIONE in cui tutte le forze politiche, le più diverse, persino i monarchici hanno combattuto insieme. E poi per due anni i comunisti e i socialisti e i liberali e il partito d’azione e i democristiani e… si sono confrontati e per mesi hanno meditato sull’articolo 3 della nostra Costituzione e sull’articolo 11 e sulle norme che defi niscono le nostre istituzioni, i loro limiti, le garanzie… ecc., ecc.Basta così? No, di sicuro. Se questi articoli restassero lettera morta la pace sarebbe davvero una bandiera e gli articoli si limiterebbero a “vuote anime di cartone”. Ed ecco che irrompe la vita: ed ecco il ruolo delle chiese, della famiglia e della testi-monianza feconda e attiva, ed ecco che si chiede ad una scuola viva di sperimentare pace e accoglienza e amore per il pellegrino e capacità di appropriarsi di un linguaggio “pacifi co” in senso etimologico e di educare “costruendo i fondamenti dell’etica”. E allora la cultura diventa capacità di porsi di fronte alla realtà con atteggiamento critico, costruttivo e costruttore. Ben venga l’insegnamento della “cittadinanza attiva” dunque, in una scuola che stanno disgregando. E che gli articoli della nostra Costituzione siano conosciuti e praticati e amati e in certe parti anche cambiati. E che si diventi capaci di diventare cittadini impegnati in pienezza, in una civitas per il bene comune. Se me lo consenti ti invierei un testo scritto da un ragazzo, Mattia Stella, Lettera al nonno sulla Costituzione.Chissà che non cominci anche tu ad amarla e che senta tutto il sapore di questa magnifi ca “torta regalo” piena di anima e di vita.Con immutato affetto

Fiorella Ferrarini

Pubblichiamo una parte dell’articolo di Susanna Tamaro dal titolo Tra Costitu-zione e coscienza apparso sul “Corriere della Sera” del 18 novembre 2009 con la risposta di Fiorella Ferrarini.

e, tutto ciò che allontana dal cuoreema. La patina di buonismo, dely correct, evita di mettere a fuocopiù importante, e cioè che il male è

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Ne emergono, chiare, alcune parole chiave: patrimonio, accoglienza, ricerca, educazione, diletto, dove la vera novità (oramai relativa a dire il vero, perchè pratica acquisita della maggior parte dei musei) è nel “diletto”, che fa del museo un luogo davvero lontano dal contenitore fi nalizzato alla sola conser-vazione del patrimonio, sia esso materiale o immateriale. E’ forse questa nuova declinazione, che ha come ricaduta la più viva fruizione da parte del pubblico, che giustifi ca in parte l’aumento nella nostra regione del numero dei musei medio piccoli, come dicono le statistiche: c’è dunque un’esigenza diffusa di memoria, che individua nel museo un luogo in cui una comunità può confrontarsi con la propria storia e la propria identità, e un’occasione per riconoscersi in una o più memorie. Anche il Museo Cervi cerca di collocarsi con le sue attività entro questo nuovo panorama, individuando nella ricerca, nella educazione, nella conservazione, e appunto nell’intratteni-mento culturale, le sue mission specifi che. Sono fi nalità che si defi niscono bene a partire dal 2001, al momento del riallestimento del Museo Cervi, quando si struttura un nuovo rapporto con l’utenza, a partire da un percorso di fruizione fi nalmente organizzato. Se è, infatti, vero che Casa Cervi diventa un Museo in modo quasi spontaneo, per volontà popolare, secondo un lento processo che inizia già negli anni ’50 del secolo scorso (percorso singolare, che lo rende nel tempo più vivo e libero di tanti altri Musei) è anche vero che solo nel 2001 si può parlare davvero di mu-seo “per la storia dei movimenti contadini, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne”.Il riallestimento è frutto di un lavoro di ricerca e di un progetto di comunicazione articolato, dove a partire dalla vicenda della famiglia

Cervi, si indaga poi il contesto storico di riferimento secondo diversi livelli di lettura, cui corrispondono altrettanti momenti di approfondimento. Ma quel che è più importante è che per la prima volta Casa Cervi dialoga con l’esterno, inaugurando una rifl essione nuova sul suo rapportarsi con l’utenza, soprattutto quella delle generazioni più giovani, e sul suo rap-portarsi con il mondo della scuola. Così come la scuola, i Musei sanno bene quanto sia problematico oggi l’insegnamento della storia, e di come sia fragile il sistema di legittimazione che lo sostiene, a fronte di un mondo che cambia velocemente, per i legami tradizionali che saltano, per la globalizzazio-ne, per i media invasivi, tanto per citare due esempi fra gli altri. Ed è anche per questo che il Museo Cervi si è sempre più caratterizzato negli ultimi anni come Museo Laboratorio, dove l’idea del fare, dell’interagire prevale sull’idea del tradizio-nale fruire passivo, mentre la visita diventa un’esperienza viva, e sempre diversa sulla base delle attività che il Museo organizza, e anche delle potenzialità che riesce ad espri-mere lavorando sul proprio patrimonio.

Questa modalità consente di rendere concrete alcune idee “care” al Cervi:

1 – il Museo come realtà in movimento, al quale si ritorna più e più volte per quello che di diverso esso sa esprimere attraverso le attività, e le letture stratifi cate dei suoi beni materiali e immateriali. 2 – il Museo come luogo dell’emozione. 3 – Il Museo come luogo di formazione dei nuovi cittadini. 4 – Il Museo multiculturale.

Alla base di questo orientamento c’è la richiesta – da parte della scuola ma anche

della società civile – che i Musei provino anche a diventare un’occasione di formazione dei nuovi cittadini, luoghi di educazione ad una cittadinanza attiva e consapevole, dove diventa importante non solo l’insegnamento della storia, ma anche la capacità che ha il Museo di stare dentro al dibattito storico e culturale grazie a quello che organizza, alla “rete” che riesce ad attivare con gli altri luoghi e istituzioni di produzione di cultura. E’ su questo punto che i Musei oggi si de-vono spendere al più alto livello, cogliendo le sollecitazioni di una società che cambia, dove sono tante le resistenze da indagare e confrontare, secondo un approccio davvero multiculturale. Si protrebbe, quindi, sintetizzare, in esempi di ricaduta laboratoriale quello che oggi la Casa-Museo Cervi propone al suo studente-visitatore; le proposte di attività rappresentano per declinazione la vera specifi cità del luogo che rilegge e rifl ette oggi sul signifi cato pecu-liare la sua specifi cità: lo studio per la storia dei movimenti contadini, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne. In questo contesto è, quindi, possibile fare esperienza attiva di carattere teatrale, memo-riale, archivistico, testimoniale, audiovisivo della vicenda familiare dei Cervi, sorta a modello nello spaccato di vita quotidiana e sociale del Novecento. Questo scenario di lavoro vorrebbe essere occasione di con-fronto, di dibattito per stimolare il giovane visitatore ad una consapevolezza responsabile nella partecipazione alla vita attuale. Una visita che supera la passività del frutirore attraverso un’esperienza dinamica ed attiva, una modalità ed un’occasione per congedarsi da questa rifl essione con domande creative più che risposte formali.

Paola VaresiMorena Vannini

Il Museo Cervi Il Museo Cervi come Museo Laboratorio...

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Oggi i Musei intendono essere altro dai luoghi di pura (e passiva) fruizione cui una lunga tradizione ci ha abituati.Secondo la defi nizione dell’ICOM (International Council of Museums, l’organizzazione internazionale dei musei impegnata a preser-vare, ad assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale ), infatti, il Museo è “un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo; è aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fi ni di studio, educazione, diletto”.

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Il primo numero della rivista venne stam-pato a Parigi nel novembre 1937 come fo-glio clandestino, per iniziativa dell’antifa-scista in esilio Xenia Sereni. Nel luglio del 1944 iniziarono le pubblicazioni regolari.Tra le collaboratrici e i collaboratori di “Noi donne” ricordiamo Ada Gobetti, Ca-milla Ravera, Nadia Gallico Spano, Anna Maria Ortese, Marguerite Duras, Giovan-na Pajetta, Umberto Eco, Gianni Rodari, Maria Antonietta Macciocchi, Ellekappa.Nel corso degli anni Settanta la rivista ebbe il suo momento di massima distribuzione, arrivando a punte di seicentomila copie a

numero grazie alla diffusione militante. Il giornale fu protagonista delle battaglie per la parità di salario, per il divorzio, l’aborto e la tutela della maternità. Durante la dire-zione di Giuliana Dal Pozzo e di Miriam Mafai la periodicità diventò quindicinale e poi settimanale prima di tornare ad essere mensile nel 1981. Nonostante un tentativo di restyling nel 1998, nel gennaio 2000 la rivista fu costretta a sospendere la pubbli-cazione per diffi coltà economiche. Oggi la rivista è di nuovo disponibile. Per info: www.noidonne.org (da Wikipedia, l’enci-clopedia libera).

Il mensile, organo dell’Unione Donne Italiane, ha ospitato nel corso della sua storia le principali voci del femmini-smo italiano.

Diploma UDI a Italina PasqualiItalina era la non-na del dott. Giuliano Bedogni, primario di endoscopia digesti-va dell’Arcispedale Santa Maria Nuova. Nell’immediato dopo-guerra Italina mise a disposizione il suo appartamento per la realizzazione di un asilo che accolse bambini usciti dalla guerra.

PRIMA LINEA BIMBE IN

PER

i loro diritti di future donnei loro diritti di future donne

1954 –Anna e Maura Ferrari, fi glie dell’indimenticato Didimo, il partigiano Eros, in un scatto “militante”: la diffusione di “Noi Donne”, mensile dell’Unione donne italiane, rivista mensile italiana fondata nel 1944

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Iscriversi all’ANPI,

per un ideale alto di società di societàTESSERAMENTO 2010

Come ogni anno, anche quest’anno si è aperta la campagna di tesseramento dell’ANPI.Un fatto importante per la nostra associa-zione perché: 1) – ci permette di raffor-zare l’organizzazione con nuovi iscritti, con nuove culture; 2) – ci rafforza fi nan-ziariamente perché di soldi, c n’è sempre bisogno per far funzionare l’apparato e le sue iniziative. Ma soprattutto c’è una novità, ancora poco conosciuta. “Secondo quanto pre-visto dallo statuto dell’ANPI possono iscriversi diversamente da prima (ed an-che impegnarsi in prima persona nelle attività), tutti coloro, non solo Partigiani o Patrioti”, anche giovani e meno giova-ni, che abbiano sentimenti antifascisti e vogliano far parte di un’associazione che ha come fi nalità la “conservazione, la tu-tela e la volontà di mantenere la nostra società lungo i binari rappresentati dai valori che la Resistenza ha consegnato alle generazioni future”. Valori che hanno costituito la base fon-damentale della Repubblica, della Costi-tuzione, che sono patrimonio fondamen-tale della Memoria del Paese.Memoria e Costituzione oggi sono sotto-poste ad un tentativo di revisione violen-ta da parte del governo e del suo presi-dente. Il tentativo strisciante, silenzioso, cioè, di stravolgere la Carta costituziona-le e la sua storia.Poi le polemiche che vengono orche-

strate contro il Capo dello Stato “dalle smanie presidenzialistiche del capo del governo, dal suo modo di governare a colpi di decreti legge, dai suoi continui attacchi alla Costituzione” ecc.Il Presidente del Consiglio invece di proseguire sulla strada delle polemiche, dovrebbe imparare a dire parole chiare sulla Resistenza, non dimenticando mai che i “Partigiani sono stati determinanti e fondamentali per liberare il Paese dalla dittatura nazifascista, per riportare la de-mocrazia in Italia”. Voglio ricordare alcune parole del Pre-sidente Giorgio Napolitano: “Il valore della memoria e della storia sta nell’im-parare quello che ci dicono le generazio-ni che ci hanno preceduto, nell’imparare quello che ci ha insegnato la storia”. In altre parole, bisogna stare attenti a non ripetere gli errori del passato.Voglio dire ai giovani che si avvicinano all’ANPI, di essere orgogliosi della sua storia, di questa terra reggiana che è stata un centro importante della lotta di Libe-razione. Non per caso che sono usciti, da qui, tre padri costituenti Ruini, Dossetti e Nilde Iotti. Ed è proprio la Costituzio-ne con i suoi valori che ci deve indicare la strada per affrontare positivamente la crisi odierna.Non dobbiamo lasciarci trascinare dall’indifferenza, perché l’indifferenza è nemica della Costituzione e della de-mocrazia.

Mi voglio rivolger ai Resistenti di oggi: i lavoratori che stanno difendendosi dal-la crisi e dai licenziamenti, chi protesta in favore della libertà di stampa, chi di-fende gli immigrati, perché anche loro siano rispettate come persone, perché non succeda più quello che è accaduto a Rosarno.

Saper coniugare la Resistenza passata con la Resistenza attuale.Ecco perché vi invito a tesserarvi all’AN-PI, per un ideale alto di società, in cui abbiano ancora un senso valori quali: Di-gnità della persona, Solidarietà, Diritto al lavoro, alla Scuola, alla Salute.Ma l’invito non si limita solo all’iscri-zione, ma vuole essere un invito a par-tecipare attivamente a questo progetto, mettendo a disposizione una parte del proprio tempo libero per sostenere ciò che ha dato in lascito la Resistenza, in un momento storico in cui i suoi valori di principio sono minacciati.E’ un percorso che vuole essere un pas-saggio generazionale che vede insieme i Partigiani a chi, soprattutto giovani, vuol far sì che questo patrimonio di generosi-tà e di lotta, di impegno sociale, di Resi-stenza non vada perduto.Andate dunque nelle sedi dell’ANPI del vostro quartiere ad iscrivervi, oppure passate dalla sede dell’ANPI provinciale via Farini n. 1, a Reggio Emilia.

Luciano Cattini

politica

Is

C’è una novità: “secondo quanto previsto dallo statuto dell’ANPI possono iscriversi diversamen-te da prima (ed anche impegnarsi in prima persona nelle attività), tutti coloro, non solo Partigia-ni o Patrioti”, ma giovani e meno giovani, che abbiano sentimenti antifascisti e vogliano far parte di una associazione che ha come fi nalità “la conservazione, la tutela e la volontà di mantenere la nostra società lungo i binari rappresentati dai valori che la Resistenza ha consegnato alle generazioni future”.

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UN BANCO DI PROVACandidature femminili Candidature femminili

Abbiamo bisogno di consigliere e assessore che non siano “omologate” ad un modo di amministrare inteso come pura gestione del potere, che non siano subalterne a logiche di partito o di corrente, ma di donne “libere ed autonome” nel pensare e nell’agire, che sappiano lavorare insieme, al di là delle singole appartenenze partitiche e che sappiano umil-mente mettere capacità e talenti individuali al servizio delle altre e dei cittadini. Solo così la politica ed il governo potran-no essere ancora una “buona” politica ed un “buon governo”, all’altezza della storia della nostra bella regione e delle sfi de che la attendono.

gestipartipendema

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Le elezioni regionali sono alle porte. Vie-ne segnalato dalla stampa come un dato nuovo il fatto che alcune donne di valore siano candidate Presidenti in importanti regioni: un esempio tra tutti: il confron-to tutto al femminile tra Emma Bonino e Renata Polverini nel Lazio.E’, questo, un segnale che le donne stan-no affermandosi ai livelli più alti in un campo, quello delle istituzioni, ancora tenacemente e fortemente maschile. An-che in Emilia Romagna le elette nel Con-siglio regionale uscente o componenti della Giunta erano vere e proprie mosche bianche. E’ perciò auspicabile che le candidate sappiano alzare il livello del confronto, portandolo sulle idee e sui programmi concreti, sullo stile di governo.Quanto all’Emilia Romagna, in una cam-pagna elettorale che si presenta partico-larmente diffi cile, anche per le possibili ricadute della incresciosa vicenda che ha portato alle dimissioni del sindaco di Bo-logna Delbono, il centrosinistra dovrebbe comprendere che una forte e qualifi cata presenza di donne nelle sue liste, e so-prattutto l’impegno concreto a sostenerle e a farle votare, può rappresentare per i cittadini un segnale signifi cativo della volontà della politica di cambiare davve-

ro, cogliendo e valorizzando il peculiare punto di vista, le competenze ed esperien-ze di cui le donne sono portatrici. Cosa necessaria anche qui in Emilia, ove la for-te e solida la tradizione di buon governo è messa alla prova dai grandi mutamenti in-tervenuti nella società e dagli effetti della crisi sul tessuto economico e sociale.Queste elezioni sono perciò un effettivo banco di prova della reale volontà di au-mentare in modo consistente la presenza femminile nel Consiglio regionale e nella Giunta uscente, superando un gap di rap-presentanza che non fa certo onore alla politica ed ai partiti in Emilia Romagna. Ma come stanno le cose per le candida-ture femminili del centrosinistra espresse da Reggio? Quali proposte stanno emer-gendo?Alla data in cui scriviamo, a lavori ancora in corso, e ci scusiamo per involontarie omissioni, nelle candidature espresse dai partiti del centrosinistra questa è la situa-zione.Dei cinque candidati del PD reggiano due sono donne: Laura Salsi e Roberta Mori.Laura Salsi, consigliera uscente, ha alle spalle una solida esperienza politica, è stata consigliera e presidente del Consi-glio comunale di Reggio Emilia, in Re-

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femminili

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Candidature femminili

Laura Salsi (PD) Liana Barbati (IDV)Liana Barbati (IDV)

alle regionali:

Roberta Mori (PD)eRoberta M

gione si è impegnata per il sostegno ai centri antiviolenza e ha mantenuto un co-stante rapporto col territorio su questioni concrete come il lavoro, la sanità, la scuo-la, la mobilità.Roberta Mori, avvocato, è consigliera provinciale, è stata sindaco del Comune di Castelnuovo Sotto, è membro della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e presiede un’associazione di enti locali italo-svedesi.Liana Barbati, dell’IDV, insegnante, è da tempo impegnata in politica, è stata as-sessore alla Cultura ed ora è vicesindaco del Comune di Reggio. E’ indicata a far parte del “listino” del presidente Errani.La Federazione della sinistra (Rifondazio-ne comunista e Comunisti italiani) espri-me due nuove proposte: Paola Mistrali e Francesca Montecchi. Paola Mistrali è insegnante di lettere in un istituto superiore. Da dieci anni lavo-ra nel campo dell’istruzione e dell’inse-rimento degli stranieri. Ora è presidente della corrispondente associazione di lin-gua e cultura italiana “Passaparola”. Si è impegnata con progetti educativi nella prevenzione delle tossicodipendenze in collaborazione col Provveditorato, enti ed associazioni della Provincia. Ha ge-stito un progetto italo-ucraino fi nanziato

dalla Regione. Francesca Montecchi ha fatto parte delle “Donne dell’Ulivo” ed è stata consigliera di circoscrizione. E’ impegnata in varie attività sociali e di volontariato. È stata operatrice del CEIS e presidente della Cooperativa sociale “il Pane e le rose”. Ha fondato e presiede l’associazione cul-turale “Nuova Offi cina Incanto”.Sinistra Ecologia e Libertà propone due candidate: Marina Arrivabeni ha un lun-ga esperienza in ambito educativo (nido e scuola d’infanzia comunali e ora scuola primaria) e sportivo. Fa parte del Comi-tato “Altavoce” promosso da Donatella Chiossi, che si batte per una buona legge sul testamento biologico. E’ impegnata nella sua circoscrizione.Sara Cattini è studentessa universita-ria all’Università di Parma. E’ iscritta all’ANPI perché crede nell’antifascismo e nei valori di libertà e democrazia.Le candidate citate hanno profi li, storie personali, esperienze e competenze di-verse tra loro, ma sono connotate tutte da passione politica, impegno concreto, credono sinceramente nei valori, per noi irrinunciabili, della Resistenza e della Co-stituzione. Chiediamo agli elettori e alle elettrici di sostenerle, di dar loro fi ducia.A chi tra loro ce la farà ricordiamo che

la nostra provincia ha espresso nella sua storia grandi amministratrici della Regio-ne, autorevoli e popolari, vere e proprie costruttrici del welfare emiliano, sempre e coerentemente dalla parte delle donne. Parliamo, tra le altre, di Ione Bartoli, di Riccarda Nicolini. Per questo chiediamo alle nuove candida-te di raccogliere quel testimone. La sfi da della credibilità, della autorevolezza e del consenso si gioca nella capacità di dare ri-sposte concrete ai problemi e alle solleci-tazioni che emergeranno da uno scambio continuo con le donne e con i cittadini.Abbiamo bisogno di consigliere e assesso-re che non siano “omologate” ad un modo di amministrare inteso come pura gestio-ne del potere, che non siano subalterne a logiche di partito o di corrente, ma di donne “libere ed autonome” nel pensare e nell’agire, che sappiano lavorare insieme, al di là delle singole appartenenze partiti-che e che sappiano umilmente mettere ca-pacità e talenti individuali al servizio del-le altre e dei cittadini. Solo così la politica ed il governo potranno essere ancora una “buona” politica ed un “buon governo”, all’altezza della storia della nostra bella regione e delle sfi de che la attendono.

Eletta Bertani

Marina Arrivabeni Sara Cattini

(Sinistra Ecologia e Libertà)FRANCESCA MONTECCHI(Federazione della sinistra)

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la validitÀ della proposta va valutata, come giÀ os-servato, caso per caso sulla base della concreta of-ferta formativa, cioÈ delle discipline proposte, dei programmi e del numero di ore assegnato a ciascuna di esse, e della sua rispondenza all’obiettivo di for-nire allo studente le conoscenze di base, la consa-pevolezza di sÉ e del mondo necessarie ad inserirsi nella societÀ presente, a trovare un lavoro che ri-sponda alle proprie attitudini, a essere un buon cit-tadino...

politica LA SCUOLA LA SCUOLA che saràche sarà

A partire dall’anno scolastico 2010-11 la scuola secondaria superiore italiana, iniziando dal biennio, andrà incontro ad una trasformazione radicale per ef-fetto dell’applicazione della riforma Gelmini, dal nome dell’attuale ministro dell’Istruzione. Di riforma della scuo-la secondaria si parla da tempo, ma in passato non si è mai arrivati ad una con-creta realizzazione sia perché la materia ha dato luogo ad un acceso dibattito da cui sono emerse posizioni anche molto diverse tra di loro, sia perché sono man-cate la volontà e la forza politica (nel senso di maggioranza parlamentare) necessarie alla sua attuazione. Ora una maggioranza c’è (e si muove almeno in questo contesto in modo compatto) e, quanto al dibattito, proprio non c’è sta-to, nel senso che la decisione non è stata preceduta da alcuna pubblica discussio-ne in merito.E’ indiscutibile che la scuola superiore sia in stato di sofferenza, come testimo-niano ad esempio le indagini internazio-nali sull’effi cienza del sistema scolastico dei paesi avanzati: gli studenti italiani si trovano ad occupare regolarmente i po-sti bassi della classifi ca nella compren-sione e nell’uso della lingua-madre, nel-le conoscenze e nell’applicazione delle

nozioni scientifi che, nelle abilità logico-matematiche. Questi cattivi risultati fanno pensare che di una riforma della scuola ci sia proprio bisogno e, quindi, si potrebbe dire, ben venga se l’attua-le governo, approfi ttando dell’ampia maggioranza, si è deciso al gran passo. Ma dobbiamo davvero rallegrarci?Per rintracciare il preludio alla riforma bisogna riandare all’estate-autunno 2008, quando gli italiani hanno scoper-to, spesso con qualche ritardo, che in piena stagione balneare (leggi 133/08 e 169/08) si era deciso di snellire la scuola, liberandola da un signifi cativo numero di docenti, bidelli, personale tecnico. Questo provvedimento preve-de, infatti, un taglio di 130.000 posti di lavoro in tre anni, tuttavia, quando giornalisti o sindacalisti “malevoli” han-no usato per riferirsi ad esso l’espressio-ne “licenziamento”, sono stati corretti, facendo notare che non di licenziamen-to bisogna parlare, perché in effetti, dal punto di vista formale, licenziamento non c’è, ma semplicemente mancato rinnovo del contratto a termine. Que-sto signifi ca che, se vogliamo prendere in considerazione la sostanza e non la forma, migliaia di precari perderanno in piena crisi la possibilità di mantenere

sé e la propria famiglia. Per giustifi care operazioni di questo tipo si è detto che in Italia ci sono troppi insegnanti de-qualifi cati e mal pagati rispetto al resto d’Europa e che bisogna andare ad un numero inferiore di docenti qualifi cati e meglio pagati, ma ne frattempo, in at-tesa dell’età dell’oro, ci si chiede come la scuola potrà sostenere un simile sa-lasso. La risposta è in parte proprio la riforma Gelmini: c’è bisogno di meno insegnan-ti perché la riforma prevede meno ore settimanali a scuola. Nei licei gli studen-ti saranno a scuola 27 ore nel biennio e 30 nel triennio (con l’eccezione del liceo artistico che può arrivare fi no a 35 ore); per gli istituti tecnici 32 ore settimanali. Per chiarire la questione ai non addetti ai lavori, è bene precisare che la qualità dell’offerta formativa dei vari istituti si misura anche sulla base delle discipline di studio previste dal piano orario e dal numero di ore a ciascuna di esse asse-gnato ogni settimana, per cui non basta la semplice presenza di una materia nel quadro orario per sentirsi come genitori e come studenti tranquilli, ma bisogna controllare attentamente quante ore settimanali siano previste per quella disciplina. Se, ad esempio, nel quadro

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orario è attivata una secon-da lingua straniera, è poi ne-cessario controllare quante ore siano ad essa attribuite, perché se le sono assegnate due ore settimanali (anche di 60 minuti e non di 50 come accade ora), si può dubitare che il suo studio consenta ad uno studente un’adegua-ta conoscenza della seconda lingua straniera, a meno che l’allievo non appartenga ad una famiglia che può fi nan-ziare una vacanza studio all’estero. Quindi, per così dire, la coperta del “sapere”, che fuori dalla scuola conti-nua ad allargarsi, è diventa-ta nella scuola più stretta ed ogni disciplina cerca di tirar-la a sé quanto possibile, ma ovviamente, come le leggi della fi sica insegnano, più di tanto non si può. Un altro punto su cui il mi-nistro Gelmini ha continua-mente insistito è la necessi-tà di mettere ordine in una situazione caotica. Negli ul-

timi trent’anni le scuole ita-liane, al di là delle etichette tradizionali come liceo scien-tifi co, istituto commerciale e simili, sono cambiate pro-fondamente dall’interno per effetto di una “riforma fai da te” che, in assenza di una ri-forma organica dall’alto, ha approfi ttato della possibilità offerta dalla legge di attivare piccole e grandi sperimenta-zioni per modifi care il qua-dro orario, inserendo nuove discipline e aumentando il numero delle ore totali, per rispondere ai cambiamen-ti verifi catisi nella società e nel quadro delle conoscenze (basti pensare alla rivoluzio-ne informatica), nonché alle richieste provenienti dal tes-suto produttivo locale che necessitava di tecnici quali-fi cati. Ne è seguita una pro-liferazione di indirizzi, che la riforma si propone di ridurre qualche volta in contrasto proprio con la parola d’ordi-ne del federalismo così cara a

taluni membri del governo, se è vero che in alcuni casi proprio l’imprenditoria e le forze politiche locali sono in-tervenute per impedire che la riduzione dai molti indiriz-zi di studio ai pochi tagliasse proprio le specializzazioni che rispondevano alle neces-sità produttive del territorio (ad esempio l’indirizzo eno-logico presente nella regione del Trentino-Alto Adige). La griglia generale in cui ven-gono fatte confl uire le scuole italiane prevede, nel solco della tradizione scolastica italiana, una netta separazio-ne tra licei ed istituti tecnici ed anzi un’accentuazione della differenza tra i due tipi di istituto. I licei saranno sei: artistico, classico, scientifi -co, linguistico, delle scienze umane e musicale-coreutico, con all’interno ulteriori sot-tosezioni. Gli istituti tecnici, in cui fi niranno per confl u-ire in parte anche gli attuali istituti professionali, saranno

undici. La validità della pro-posta va valutata, come già osservato, caso per caso sulla base della concreta offerta formativa, cioè delle discipli-ne proposte, dei programmi e del numero di ore assegna-to a ciascuna di esse, e della sua rispondenza all’obiettivo di fornire allo studente le co-noscenze di base, la consa-pevolezza di sé e del mondo necessarie ad inserirsi nella società presente, a trovare un lavoro che risponda alle pro-prie attitudini, a essere un buon cittadino. Il richiamarsi alla tradizione col dire che fi -nalmente, dopo i disastri del Sessantotto, si ritorna al rigo-re di una volta è un’afferma-zione ideologica che cerca di ottenere un facile consenso intorno alla proposta avanza-ta, a prescindere dall’analisi concreta delle proposte.

Maria Assunta FerrettiMaria Assunta Ferretti

politica

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Comunità forte, futuro sicuroMisurarsi con l’assessorato alla “cura della comunità”, che comprende anche il decentramento e i processi partecipativi, il commercio, la conciliazione dei tem-pi e le pari opportunità, è una palestra quotidiana di rifl essione su come trasfe-rire i due sostantivi “cura” e “comunità” nell’azione amministrativa.Sono partita dalla considerazione che le due parole mi sono familiari: la cura è la dimensione del femminile che attraversa tutte le culture a oriente e ad occidente, a nord e a sud del mondo; curare signifi -ca accudire, ma signifi ca anche essere da sempre impegnate in una lotta quotidiana per pulire il mondo e per impedirne il de-perimento. Occuparsi di cura della comunità signifi ca innanzitutto potenziare la comunità della cura, nella quale per le donne è più facile riconoscersi. Se la cura è dimensione del femminile, e valorizzando quest’ultimo si valorizza la cura come strategia di rela-zione anche nell’amministrare, che cosa è

allora la comunità?La comunità è relazione. La relazione richiede tempo, ma la conciliabilità dei tempi di vita nella nostra società comples-sa diventa il presupposto per la costruzio-ne del contatto sociale e della relazione umana, dunque curare la comunità signi-fi ca anche occuparsi dei suoi tempi.Il percorso che l’amministrazione comu-nale di Reggio Emilia offre da marzo a maggio all’interno del tradizionale calen-dario di “Primavera Donna” è focalizza-to su tre eventi, uno per ogni mese, che, collocandosi all’interno delle due parole chiave “cura “ e “comunità”, vogliono es-sere occasione di elaborazione culturale, di dibattito pubblico per determinare poi l’azione amministrativa.

19 marzoIl 19 marzo per l’intera giornata la città ragiona intorno alla maternità, ripartendo dalla centralità della riproduzione. Mal-grado le attività riproduttive siano essen-ziali per ogni società, la teoria economica,

ma anche l’analisi politica, le hanno per lungo tempo lasciate in ombra. Nella nostra città il modello di welfare co-struito dal dopoguerra ad oggi ha evitato questo errore, ma analizzare come la ma-ternità si intrecci con il lavoro, la salute, la non maternità, la socialità, l’immigra-zione, il sistema dei servizi, facendo par-tecipi dello stato dell’arte di tali rapporti attori diversi, è funzionale a due esiti:– uno pragmatico, ossia adattare i servizi, favorendo azioni di auto-aiuto e la conci-liazione tra vita familiare e lavorativa (la cultura family friendly), ecc.– uno concettuale, ossia ricollocare in una posizione di eguale dignità produzione e riproduzione; valorizzando il “Reggio approach” (una modalità di approccio pe-dagogico nella scuola dell’infanzia, atta a promuovere la formazione, fi n dalla più tenera età, favorendo la migliore integra-zione possibile fra tutte le forme del lin-guaggio e delle espressività umane) come strumento strategico anche in una fase di crisi economica e indagando sul valore

politica Comunità forte, futuro sicuro: la frase caratterizza il programma del Sindaco e della Giunta in carica, la scelta conseguente è quella di istituire un assessorato alla “cura della comunità”.

Valorizzare il femminile Valorizzare il femminile per costruire una comunità forteper costruire una comunità forte

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economico del lavoro di cura.La collaborazione con i Musei Civici ha permesso poi di prevedere l’allesti-mento di una mostra in cui saranno rac-colti ed esposti i materiali del museo di diversa provenienza culturale, geo-grafi ca, cronologica, che riguardano la fi gura della madre. Nell’ambito dell’inaugurazione di que-sta mostra avverrà la presentazione del video Mothers, che nasce da un pro-getto europeo coordinato per l’Italia dall’IBACN della Regione Emilia Ro-magna.Il video valorizza reperti archeologici ed etnografi ci, quali testimoni di culti ancestrali della maternità e si confronta con la contemporaneità attraverso in-terviste a professionisti che si occupano della maternità e a persone comuni che portino ad esempio il proprio vissuto.

23 aprileIl 23 aprile sarà l’occasione per valo-rizzare l’etica della cura attraverso i rapporti con la scuola:Che cosa signifi ca educare/insegnare in ottica di genere? Un’iniziativa che coinvolgerà docenti e studenti e stu-dentesse.

28 maggioIl 28 maggio sarà l’occasione per capi-re meglio le esperienze degli osserva-tòri di genere quali strumenti per valo-rizzare le politiche di genere. Si tratta di costruire una mappa della presenza maschile e femminile in ogni settore della vita economica e sociale della cit-tà e monitorare stabilmente la presenza femminile e maschile ed il ruolo rico-perto dalle donne e dagli uomini nelle

istituzioni, nella politica, nei sindacati, nelle associazioni datoriali, nel settore fi nanziario, nel mondo del lavoro. La conoscenza degli eventuali svantag-gi di genere è il presupposto per orien-tare in modo adeguato l’azione ammi-nistrativa.

8 marzoMa il fare comunità, anche nella ge-stione delle politiche di pari opportu-nità, parte dall’evento ludico che ogni anno tradizionalmente l’Amministra-zione comunale di Reggio Emilia de-dica alle donne della città per la ricor-renza civile dell’8 marzo. Si trattava di fi nalizzare anche tale evento alla costruzione di relazioni ed alla valo-rizzazione delle capacità delle donne della città. Ciò è divenuto possibile realizzando una produzione originale del Comune di Reggio Emilia, affi data alle attrici/registe reggiane (sono state ricercate tutte le attrici iscritte all’albo delle professioniste, si tratta di 26 per-sone, invitate tutte ad accettare la sfi da; 16 hanno risposto affermativamente e stanno lavorando).Lo spettacolo sarà cofi nanziato dal Comune di Reggio Emilia e da diversi partners e verrà realizzato in collabo-razione con la Fondazione dei Teatri. Sarà in scena al Teatro della Cavalle-rizza il 7 marzo nel pomeriggio e con una replica serale. Nelle aspirazioni dell’Amministrazione comunale dovrà essere il primo di una serie di progetti che valorizzeranno il genio delle artiste reggiane, in ogni campo, in concomi-tanza con l’8 marzo di ogni anno.

Natalia Maramotti

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Il 12 dicembre 1944 entrò uffi cialmen-te in carica il secondo governo Bonomi, composto da comunisti, democristiani, liberali ed esponenti della sinistra mode-rata, che facevano capo allo stesso Bono-mi. Si trattava, quindi, di una coalizione tra la destra conservatrice ed una parte della sinistra. Il partito comunista era ben rappresentato in tale compagine di gover-no, giacché i suoi esponenti occupavano alcuni ministeri chiave, quali le Finanze, l’Agricoltura, quello dell’Italia occupata, mentre lo stesso Togliatti era alla vicepre-sidenza.Rimasero fuori dalla maggioranza di go-verno i socialisti e azionisti, i quali ave-vano preferito rimanere fedeli sostenitori di una linea di radicale epurazione, piut-tosto che occupare poltrone di ministeri

altrettanto importanti ed infl uenti. Nel contempo, furono messe a tacere le voci più intransigenti, come quella di Scocci-marro, che, in seno al partito comunista, postulavano una più energica e coerente azione di epurazione. La mancata partecipazione dei socialisti e degli azionisti al governo e il nuovo corso comunista indebolirono alquanto l’attivi-tà di epurazione da poco avviata. (Hans Woller, I conti con il fascismo, L’epu-razione in Italia 1943-1948, il Mulino, 1997, pp. 272 e segg.). Per ironia della storia, l’intransigente par-tito socialista venne poi trasformato da Craxi in un comitato d’affari, dedito ad ogni sorta di vessazione, alla più sfrenata vita mondana ed all’illecito arricchimen-

to. E da tale infausta metamorfosi nacque il berlusconismo oggi imperante, contras-segnato dal crollo di ogni ideale, dalla to-tale assenza di pudore e di ritegno etico.La vicenda politica sopra descritta integra un esempio di quella tendenza al compro-messo tattico, oggi riemersa a proposito delle candidature per le prossime elezioni regionali. Infatti, un autorevole esponen-te del PD, rivendica, come giusta ed op-portuna, tale fi losofi a politica, evocando, quale esempio asseritamente positivo, il compromesso intercorso tra le forze di si-nistra e la DC, in merito all’approvazione dell’art. 7 della Costituzione.Si tratta, a ben vedere, di un esempio al-quanto infelice. Infatti, l’art. 7 della Co-stituzione integra un grave vulnus al prin-cipio di laicità e di aconfessionalità, sul

INCIUCIOO NONINCIUCIO

Togliatti al centro

LE DUE ANIME DELLA SINISTRA

In questa tormentata “temperie politica di sensi e bisogni nuovi” (Carducci), la strada della salvezza non può essere affi data nelle mani di astuti strateghi, privi di ideali, reduci da mille sconfi tte e portatori di rovina, men-tre più che mai riecheggiano le parole, ancora attuali, di un celebre canto: “Fischia il vento, infuria la bufera, / scarpe rotte, eppur biso-gna andar!”

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quale si fonda, come ogni Stato moderno, la Repubblica Italiana, ed inserisce nel tessuto della Carta fondamentale perni-ciose anomalie.In particolare, esso attribuisce un impro-prio rango costituzionale interno ad uno Stato estero, contempla una limitazione della sovranità dell’Italia nei rapporti con la Santa sede e conferisce un rango privi-legiato ad una religione su tutte le altre. Le conseguenze di tale quadro normativo sono più che mai attuali: privilegi fi sca-li ed esenzioni, fi nanziamenti alle scuole cattoliche, insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali, pesante in-gerenza del Vaticano nel procedimento di formazione delle leggi della Repubbli-ca Italiana, nel nome di autoreferenziali “principi non negoziabili”, rivendicazione unilaterale di una pretesa superiorità mo-rale dell’insegnamento della Santa Sede, portata invece a ben tollerare la scandalo-sa condotta di uomini di potere, in cambio dei descritti benefi ci.Ben può affermarsi, dunque, che l’art. 7 della Costituzione abbia tradito gli ideali di sovranità e di laicità, che nel Risorgi-mento avevano condotto all’Italia unita e nella Resistenza alla Liberazione dal fascismo ed alla instaurazione della Re-pubblica. Il compromesso tattico, dunque, non porta mai nulla di buono, come, in anni non lontani, insegnano il fallimento della Commissione bicamerale e, correlativa-mente, la mancata regolamentazione del confl itto di interessi.A ragione, quindi, tale propensione al sacrifi cio dei propri ideali in cambio di opinabili benefi ci viene icasticamente de-fi nita con il termine ormai di uso comune inciucio. Infatti, con tale vocabolo s’in-tende, nel gergo politico, pasticcio, im-broglio (Cfr.: Dizionario della lingua ita-liana Sabatini Coletti, Rizzoli Larousse, 2004).In tale guazzabuglio si dibatte attualmen-te il PD, alla ricerca di valide e credibili candidature per le elezioni regionali e, nel contempo, di una più ampia piattaforma elettorale, atta a sorreggerle.Il dilemma, quindi, è se sia giusto o meno barattare ideali e principi di rigore morale e di buon governo con l’alleanza elettora-

le di forze politiche certamente più vicine all’attuale maggioranza di governo, della quale, del resto, hanno già fatto parte, che alla sinistra.Da ciò scaturisce un ineluttabile e dram-matico quesito: la propensione dell’attua-le dirigenza del PD ad allargare l’area del consenso verso il centrodestra moderato, che, peraltro, in alcune regioni correrà con le forze di maggioranza, comporterà la tenuta del centrosinistra nelle regioni attualmente amministrate, o almeno in gran parte di esse, ovvero determinerà il suicidio del partito, a causa della diffusa insoddisfazione dei suoi elettori ed iscrit-ti, da più parti segnalata ed espressa?Ben diversa, a ben vedere, fu l’imposta-zione del problema delle alleanze poli-tiche propugnate da Enrico Berlinguer e da Aldo Moro: l’incontro delle forze più illuminate del PCI e della DC, legate da ideali comuni, quali il rigore morale, la solidarietà sociale, la trasparenza, la par-tecipazione democratica, la progressività della imposizione tributaria, la laicità del-lo Stato.La storia, purtroppo, ha deciso diversa-mente e così, anche a causa della dabbe-naggine della sinistra, che, pur al governo, non ha saputo essere convincente e coe-rente, si è passati dalla dilagante corruzio-ne dell’epoca craxiana al berlusconismo, connotato dall’assoluta carenza di senso dello Stato, dalla chiusura verso i soggetti più deboli ed indifesi, dalla propensione a coltivare ed eccitare i più bassi istinti del popolo, dalla devozione opportunistica verso tradizioni religiose di mera facciata e dal disprezzo della legalità e del fonda-mentale principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (Art. 3 della Costituzione).In questa tormentata “temperie politica di sensi e bisogni nuovi” (Carducci), la strada della salvezza non può essere affi -data nelle mani di astuti strateghi, privi di ideali, reduci da mille sconfi tte e portatori di rovina, mentre più che mai riecheggia-no le parole, ancora attuali, di un celebre canto:“Fischia il vento, infuria la bufera, / scar-pe rotte, eppur bisogna andar!”

Giancarlo Ruggieri

Mauro Scocciamarro

Enrico Berlinguer

21marzo 2010

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Vezzano sul Crostolo - 23 gennaio 1920-2010

avvenimenti

Sabato 23 gennaio, al pomeriggio, gli amici di Istoreco e ANPI sono andati sotto la fi nestra di via Vittorangeli a Reggio ed hanno cantato Bella Ciao a suon di fi sarmo-nica. La serenata era dedicata al partigiano Camillo Marmiroli (nome di battaglia Mirko) che compiva 90 anni. Ma la festa non poteva che cominciare!

Dopo un primo brindisi augurale, il gruppo di amici si è recato a Ca’ Rosini (Vezza-no S. C.) da un altro partigiano, Paride Allegri (Sirio), comandante della 76a SAP.

Paride e Camillo sono nati lo stesso giorno del 1920 ed assieme hanno festeggiato la brillante somma di 180 anni.Altri amici protagonisti della Resistenza hanno onorato la festa quel giorno: Giaco-mo Notari, presidente provinciale ANPI, e i partigiani Fernando Cavazzini (Toni), Francesco Bertacchi (Volpe) e quattro generazioni, dai 20 mesi ai 90 anni hanno cantato le canzoni della resistenza accompagnati dalla fi sarmonica di Paolo Simo-nazzi.

Non poteva certo mancare la torta e la bandiera rossa come simbolo di un’epoca e di quei valori sociali che hanno segnato una pagina importante della storia italiana. Auguri a Paride e Camillo! (m.d.)

In casa di Mirko

A casa di Sirio

Via Vittorangeli, sotto la fi nestra di Mirko

La torta

Bella Ciao e Bella Ciao e 180 anni di compleanno Festeggiati Sirio e Mirko

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L’idea scaturita e approvata a Chianciano nel giugno 2009 cammina e dopo l’incontro dell’ANPI con i dirigenti della CGIL, quell’idea si è trasforma-ta in una vera e propria iniziati-va nazionale. Per la prima volta dal 1947 al corteo e alla manifestazione del I Maggio a Portella della Ginestra (Piana degli Albane-si, Palermo) con l’ANPI, l’Anti-fascismo e la Resistenza con la loro memoria, i loro valori e principi, s’incontreranno con chi ancor oggi lotta contro la mafi a, per i diritti del lavoro e la democrazia.

avvenimenti

“Il mio cuore dopo tanti anni è a Portella della Ginestra e nella pietra e nel sangue dei compagni ammazzati”

30 APRILE 2010

Ore 16.30 Iniziativa politica e spettacolo teatrale al Teatro Biondo

Ore 19.30 .................................................................... Serata libera

I MAGGIO 2010

Sistemazione nei pullman dagli hotel e partenza per Piana degli Albanesi

Ore 9.00 ......... Deposizione corona di fi ori al Cimitero di Portella

alla presenza del Patriarca

Ore 9.30 .............................Partenza Corteo dalla Casa del Popolo

Ore 11.00 ...Sistemazione nei pullman per Portella della Ginestra

Ore 11.30 ................................................................ Manifestazione

Ore 13.00 ......................................... Pranzo e fi ne manifestazione

Per informazioni: ANPI Reggio Emilia tel. 0522 432991 dal lunedì al venerdì 8:30-12:00

L’Anpi e la CGIL a Portella della Ginestra Per il lavoro contro le mafi e

ProgrammaProgramma

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estero

L’accordo postbellico che dava origine allo stato assistenziale, basato sulla generosità sociale e sull’effi cienza economica, sta mostrando netti segni di cedi-mento sotto la spinta dell’esi-genza delle classi più abbienti dei Paesi in questione, che re-clamano una massiccia riduzio-ne delle imposte, abbinandola ad una loro riluttanza a “paga-re” per le classi povere del Pa-ese.Lo scambio delle idee e delle esperienze, il confronto per-manente tra i metodi ed i ri-sultati degli uni e degli altri Stati membri, in un contesto di cooperazione politica e gover-nativa, avevano conferito, nel periodo post-bellico, un senso quasi di famiglia a Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Islanda, creando uno stato di cose ideale, atto a consentire di uniformare la politica socia-le e di affrontare e risolvere i problemi della malattia, della vecchiaia, della povertà, della disoccupazione e di altro anco-ra delle rispettive popolazioni.L’ambizione comune dei suc-citati Paesi, in tale invidiabile contesto, non è mai stata quella di avere una società liberale o un’utopia socialista, ma quella di avviare una terza via, costru-

ita su un capitalismo riformato, nel quale tutte le forze politiche e sociali accettassero una socie-tà di mercato, che si opponesse ad una troppo marcata disu-guaglianza sociale. Un tale sta-to di cose ha creato, peraltro, la convinzione ai commentatori politici, che negli stati nordici fosse in atto una chiara versio-ne socialdemocratica dello sta-to assistenziale.La crisi economica degli anni ’80-90, la fi ne della “guerra fredda”, l’indebolimento po-litico della socialdemocrazia, la globalizzazione fi nanziaria hanno inevitabilmente reso più fragile il modello sociale “Nor-den”, assoggettato anche ad una forte spinta delle classi me-dio-alte dei Paesi in questione, fortemente tentate ad allinearsi su modelli assai meno genero-si come quelli dell’altra parte dell’Europa occidentale.La disoccupazione, evento in-fausto per tutte le democrazie occidentali, nei Paesi scandi-navi è stato da sempre com-battuta con tutte le armi possi-bili. La massima fl essibilità nel licenziare, concessa al datore di lavoro, la possibilità per il lavoratore licenziato di ricevere un’adeguata indennità per al-meno quattro anni e di seguire,

Paesi scandinavi: Paesi scandinavi: fi ne di un “paradiso”fi ne di un “paradiso”

L’accordorigine basato e sull’efmostranmento genza ddei Paeclamanne dellead una

La famosa “fl exisicurezza” che La famosa “fl exisicurezza” che è stata per molti anni il model-è stata per molti anni il model-lo sociale sull’uguaglianza dei lo sociale sull’uguaglianza dei cinque Paesi scandinavi, si sta cinque Paesi scandinavi, si sta progressivamente trasforman-progressivamente trasforman-do, assumendo una maggiore do, assumendo una maggiore fl essibilità e una minore sicu-fl essibilità e una minore sicu-rezza.rezza.

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per scelta, corsi specifi ci per crearsi una diversa formazione professionale, erano diventati una solida diga, che aveva costantemente impedito la na-scita di una eventuale, diffusa disoc-cupazione.Un siffatto sistema ha ben funzionato fi no ad ieri e le misure, prima di allo-ra adottate, sono passate nella quasi totale indifferenza dei media, dal mo-mento che, in effetti, la disoccupazio-ne quasi non esisteva nei Paesi nordi-ci. La “fl exisicurezza”, quindi, messa in atto in un periodo di espansione economica, veniva applicata nel con-testo di una regolare progressione, senza mettere in discussione i diritti degli imprenditori e dei lavoratori e si manifestava come una forma sociale valida e di innegabile successo popo-lare.Con l’arrivo di crisi, sempre più ricor-renti la fl exisicurezza ha cominciato a perdere importanti e positivi colpi; la fl essibilità ha stentato a diffonder-si più largamente, la sicurezza socia-le ha retto con diffi coltà ai colpi, che le sono stati inferti dalle più svariate parti.La vulnerabilità economica dei Paesi scandinavi è strettamente collegata alla loro dipendenza sull’andamento del commercio internazionale, nel cui contesto le esportazioni sono da tem-po il faro, che illumina costantemente tutti i negoziati sociali interni e il cui calo, che ha sfi orato il 20 percento nell’ultimo anno, ha comportato non solo un numero sempre crescente di fallimenti di aziende grandi e piccole,

Ormai in tutti i Paesi scandinavi, sia pure con modalità diverse, il workfare (lavorare bene), sostituirà, con poche eccezione, il welfare (benessere) nei modelli sociali oggi, ma per poco ancora, in vigore. Il “paradiso” nei Paesi privilegiati del nord, da sempre invidiati dai Paesi del sud, verrà sostituito dall’”inferno”?

estero

ma anche un decadimento economico generalizzato.Le imprese riducono i loro programmi, tagliano le spese giudicate superfl ue e riducono gli effettivi. Dal-lo scorso estate la disoccu-pazione è aumentata due volte più rapidamente che in Francia, raggiungendo in Danimarca, nel luglio 2009, la preoccupante cifra di 107.000 dei senza lavoro e colpendo in primo luogo la classe operaia. In questo Paese un semplice annuncio per un posto da centralini-sta in provincia, ha attirato più di novecento candidati. In otto mesi il numero di giovani disoccupati sotto i 24 anni si è quadruplicato, inoltre, coloro, che ancora lavorano, hanno visto ri-dursi di oltre il 2 percento il potere d’acquisto degli sti-pendi, tanto che in maggio i sequestri immobiliari che hanno coinvolto, prima di tutto, le giovani coppie, che si erano indebitate per com-prare casa, hanno superato un livello mai raggiunto ne-gli ultimi 15 anni. Lo scivolamento verso una destra rigidamente con-traria all’integrazione del-le minoranze immigrate e piuttosto indifferente verso i problemi delle classi più povere, hanno messo in se-ria diffi coltà i movimenti ed i partiti di sinistra. Socialde-mocratici, socialisti di sini-stra e social-liberali hanno cercato spesso accordi tri-partitici di governo, senza riuscire ad evitare scorag-gianti sconfi tte elettorali. A

fronte di tale situazione si è riscontrata una crescente debolezza di questi parti-ti, debolezza, a causa della quale, si sono evidenziate le palesi diffi coltà all’opporsi decisamente alla politica xenofoba delle maggioran-ze di destra.Una signifi cativa differenza di questo stato di cose, è oggi riscontrabile in Islanda, in cui la coalizione sinistra-verdi viene data nettamen-te vincente nelle elezioni politiche del maggio 2010, dopo che forti ed insistite proteste di piazza, avevano visto il primo ministro islan-dese Geir Haarde, esponen-te del partito dell’Indipen-denza di centro-destra, co-stretto alle dimissioni sue e di tutto il suo governo, a causa della incapacità del governo stesso di fare fron-te alla crisi economica del Paese, malgrado fosse pio-vuto nelle casse dello Stato il sostanzioso aiuto di 2,1 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario inter-nazionale Anche il governo di centro-destra svedese, evidenzia qualche differenza nei con-fronti degli altri Paesi scan-dinavi, adottando una forte riduzione delle imposte, a vantaggio, in particolar modo, dei salari dei lavora-tori, coll’intendimento pa-lese di incentivare il lavoro e spingere i disoccupati alla ricerca di nuovi posti di la-voro. Ciò mentre si tagliano drasticamente i sussidi per malattia degli occupati. I governi scandinavi tutti,

peraltro, rendono sempre più rigide ed esclusive le ini-ziative, che prevedono forti tagli dei sussidi collegati all’occupazione, resi prima obbligatori per legge, onde costringere il disoccupato a darsi da fare più attivamen-te, per trovarsi una nuova occupazione, prima che scatti il periodo di attivazio-ne del proprio sussidio. Se prima dell’adozione dei succitati tagli la politica so-ciale si proponeva di riqua-lifi care la manodopera resa disoccupata, senza interru-zione del salario, oggi i ta-gli suddetti si prefi ggono lo scopo di obbligare il disoc-cupato e riprendere al più presto un lavoro, qualsiasi questo sia.Si cerca in tal modo di dis-suadere il disoccupato a en-trare, dopo tre mesi d’inatti-vità, nel ciclo di attivazione dei sussidi. Nei casi di rifi uto di proposte di lavoro maga-ri diffi cili, diverse da quelle praticate nel passato e lon-tane, anche, dal luogo di residenza, scatta la sospen-sione dell’erogazione del sussidio di disoccupazione.Ormai in tutti i Paesi scandi-navi, sia pure con modalità diverse, il workfare (lavorare bene), sostituirà, con poche eccezione, il welfare (be-nessere) nei modelli sociali oggi, ma per poco ancora, in vigore. Il “paradiso” nei Paesi privilegiati del nord, da sempre invidiati dai Pa-esi del sud, verrà sostituito dall’“inferno”?

Bruno BertolasoBruno Bertolaso

Geir Haarde ex primo ministro islandese

25marzo 2010

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cultura

Giovanni Rinaldi, tessendo sottili fi li di memorie sparse, anni fa si è messo in cer-ca dei bambini che erano saliti su quelli che vennero defi niti «I treni della felici-tà». Si trattava di una straordinaria rete di solidarietà sostenuta dalla neonata UDI (Unione donne italiane) e dal PCI che, a partire dal secondo dopoguerra, affi dò per mesi (talvolta anni) a famiglie del Cen-tro Italia oltre 70.000 fi gli del Sud vitti-me delle conseguenze belliche, di rivolte operaie sedate col sangue, di calamità na-turali. Bambini che lasciarono le loro fa-miglie per essere ospitati da altrettante fa-miglie contadine, nei paesi del reggiano, del modenese, del bolognese. Lì vennero rivestiti, mandati a scuola, curati. Mezzo secolo dopo un cineasta, Alessan-dro Piva, e uno storico, Giovanni Rinaldi, si mettono sulle tracce dei sopravvissuti. Ne escono fuori due lavori confi nanti e di documentazione tra storia di ieri e di oggi, il documentario Pasta nera e questo libro, frutto di appassionati viaggi e ricer-che in diverse città del centro Italia.Scritto in presa diretta, il libro ricostrui-sce le storie di alcuni di quei bambini che su convogli sparuti arrivarono in un’altra Italia. Soprattutto di quelli rimasti a vi-vere nelle famiglie che li avevano adot-tati, scovati dall’autore nel corso dei suoi viaggi ad Ancona, Follonica, Ravenna, Lugo di Romagna. Come i bambini fi gli degli scioperanti di San Severo, arrestati nel 1950 per insurrezione armata contro i poteri dello Stato, per volontà del gover-

no Scelba. Sono Severino, Dante, Zazà, che oggi parlano ricordando i fanciulli che furono in un Paese più povero e sem-plice, dove mangiare un gelato o un piatto di pasta erano cose che potevano emozio-nare. Ma è anche la storia delle “due Ita-lie” e di un Sud ancora socialmente arre-tratissimo. Fu proprio questo che spinse alcuni di quei bambini a fare una scelta drammatica: lasciare la propria terra e la propria famiglia, restare dove il destino e quei treni li avevano portati, sognando una vita migliore.La ricerca dei protagonisti dei “treni della felicità” continua. Rinaldi dopo la pubblicazione del libro prosegue nel-la sua ricerca di testimoni e protagonisti che hanno vissuto l’esperienza dell’ac-coglienza dei bambini nel secondo dopo-guerra. Il suo auspicio è quello di ricevere da Istituzioni, Fondazioni e Associazioni, in particolare dell’Emilia Romagna, un sostegno per permettergli di lavorare al reperimento di informazioni, materiali e testimoni. Le testimonianze raccolte in videointerviste costituiranno la premessa per la costituzione di un archivio multi-mediale in cui far confl uire anche i ma-teriali manoscritti e le fotografi e emersi dagli album familiari.Chi è interessato a narrare la propria sto-ria o quella di parenti e amici è pregato di scrivere via mail a [email protected] o inviare materiali a Giovanni Rinaldi Via Portogallo, 9 – 71122 Foggia. (f.p.)

Dopoguerra. L’UDI e il PCI.

Giovanni Rinaldi, I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie, prefazione di Miriam Mafai, Ediesse, 2009, pp. 200, euro 10,00

Chi èChi èGiovanni Rinaldi è nato a Cerignola (FG) nel 1954 e ha studiato al DAMS di Bologna con il Gruppo di Dramma-turgia 2 guidato da Giuliano Scabia. Ha condotto numerose ricerche antro-pologiche utilizzando mezzi audiovi-sivi e fotografi ci. Tra le sue pubblica-zioni: (con altri) Il gorilla quadrumà-no. Il teatro come ricerca delle nostre radici profonde (Feltrinelli, 1974), (con R. Cipriani e P. Sobrero) Il sim-bolo conteso. Simbolismo politico e religioso nelle culture di base meri-dionali (Ianua, 1979), (con P. Sobre-ro) La memoria che resta. Vita quoti-diana, mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia (Aramirè, 2004 - I ed. 1981). Autore di progetti cultu-rali, tra i quali sono da ricordare il la-voro teatrale multimediale Braccian-ti. La memoria che resta e la rassegna letteraria e musicale Leggere la fatica di leggere. Ideatore del progetto «Ca-sa Di Vittorio», è fondatore dell’omo-nima Associazione.

Una rete di solidarietà per i bambini del Sud vittime delle conseguenze belliche, di rivolte operaie sedate col sangue, di calamità naturali.

8 marzo

26marzo 2010

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di Massimo Becchi

Molte le polemiche sulla deregulation della caccia e sui morti che questo “sport” causaMolte le polemiche sulla deregulation della caccia e sui morti che questo “sport”causa

MORTI PER MORTI PER SPORTSPORT

Il 2010 è l’anno dedicato alla bio-diversità: per tutta risposta il Se-nato ha votato un emendamento

che sdogana la caccia senza limiti e senza regole. Ma la battaglia è ancora aperta per il voto alla Camera. Centocinquanta associazioni di cittadini si mobilitano per fermare la strage. Inoltre in cinque mesi di apertura si contano 30 morti e 87 feriti da armi da caccia.

Le vittime della stagione venatoria 2009-2010, quella che ha messo a riposo le doppiette il 31 gennaio scorso, sono 117. In cinque mesi dall’apertura, che è ini-ziata il 1° settembre, si contano, come riferisce un dossier presentato al Senato dall’Associazione vittime della caccia, “30 morti e 87 feriti da armi da caccia”. Questo, mentre continuano le polemiche sulla cancellazione dei limiti concessi dall’articolo 38 del testo della legge Co-munitaria approvato qualche giorno fa a Palazzo Madama. Anche se i ministri dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, hanno proposto due emendamenti per il voto alla Camera. In Italia ci sono vittime per imperizia nel maneggiare armi durante la caccia e an-che al di fuori dell’ambito venatorio sono soprattutto i cacciatori i responsabili. In ambito venatorio i feriti sono 72, di cui 54 cacciatori e 18 tra la gente comune, e 23 i morti (22 cacciatori e uno gente co-mune), in ambito extra-venatorio i feriti sono 15 (3 cacciatori e 12 gente comune) e i morti 7 (un cacciatore e 6 gente co-mune). A ottobre e novembre 2009 si è registrato il maggior numero di vittime: rispettivamente 25 feriti e 6, e 17 feriti e 4 morti. Ed è la nostra regione che detiene il triste primato in materia: si contano infatti il maggior numero di vittime (9 feriti e 4 morti), seguiti dalla Sardegna (8 feriti e 5 morti) e dalla Lombardia (8 feriti e 4 morti).Questo bilancio è destinato ad aggravar-si se passerà la riforma della caccia, che

prevede tra le altre cose, la cancellazione degli attuali limiti massimi della stagione venatoria e dunque permetterà l’esten-sione della caccia anche oltre i già troppi cinque mesi previsti. Questo si tradurrà, se la legge passerà anche alla Camera, nell’ennesima strage di animali selvatici, di uccelli migratori, di cuccioli ancora alle dipendenze dei genitori, signifi ca subire i fucili dei cacciatori nelle campagne e nei boschi per un periodo ancor più lungo di quanto non lo sia già.Verrebbe inoltre compromessa la collabo-razione fra mondo venatorio, ambientali-sta ed agricolo, già soggetta a forti ten-sioni, ora gestite nella nostra realtà all’in-terno dei quattro ambiti di Caccia che a Reggio si suddividono tutto il territorio provinciale. Neppure lo stesso ministro dell’Ambiente è d’accordo su questa norma, secondo cui bisogna evitare la deregulation e “rime-diare al colpo di mano” del Senato con un emendamento che punta a ripristinare l’intesa e a eliminare la possibilità delle Regioni di defi nire deroghe al calendario venatorio senza sottostare alla validazio-ne vincolante da parte dell’Istituto supe-riore per la protezione e ricerca ambien-tale (ISPRA). Un altro emendamento del ministro del Turismo intende ripristinare i limiti della stagione venatoria, il calenda-rio dal 1° settembre al 31 gennaio, stabili-sce quali sono le specie cacciabili e rein-troduce il parere vincolante del ministero dell’Ambiente per le deroghe.Come se non bastasse proprio in queste settimane il nostro Paese sta subendo una durissima procedura di infrazione europea che contesta all’Italia di concedere troppe deroghe e di non prevedere il divieto as-soluto di caccia nei periodi di dipendenza dei cuccioli dai genitori e durante la mi-grazione degli uccelli. In sostanza il mes-saggio è che cacciamo troppo e male. Questa vertenza si è aperta quest’anno, che è proprio l’anno internazionale dedi-cato alla natura e alla biodiversità, cata-lizzando un ampio fronte di associazioni

e cittadini, che si battono affi nché l’anno possa chiudersi con un bilancio positivo e perché il governo prenda atto che la mag-gior parte degli italiani, anche cacciatori, sono fortemente contrari ad ogni ulteriore concessione alla caccia e chiedono invece una maggiore tutela e rispetto per gli ani-mali, la natura, la tranquillità e la sicurez-za dei cittadini.

27marzo 2010

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Come qualcuno ricorderà, i tragici fatti del G8 di Genova dell’estate 2001…“Se vuoi la pace, compra la pace” … Accolto da inequivocabili epiteti, urlati da pacifi sti e famigliari delle vittime, l’ex premier Tony Blair … “La rivoluzione non abita più qui”, hanno titolato i giornali analizzando la situazione politica dell’Ucraina… Manifestanti NOTAV...

Come qualcuno ricorderà, i tragici fatti del G8 di Genova dell’estate 2001…“Se vuoi la pace, compra la pace” … Accolto da inequivocabili epiteti, urlati da pacifi sti e famigliari dellevittime, l’ex premier Tony Blair … “La rivoluzione non abita più qui”, hanno titolato i giornali analizzando la”situazione politica dell’Ucraina… Manifestanti NOTAV...

SE VUOI SE VUOI LA PACELA PACE– “Se vuoi la pace, compra la pace”. Sem-brerebbe questa la parola d’ordine alla base della nuova strategia americana in Afghanistan. Da autorevoli personaggi (dal segretario di Stato Clinton al respon-sabile della Difesa Gates, fi no al genera-le McChrystal, comandante in zona) si fa strada, infatti, l’idea che per vincere la guerra che dura da ben nove anni sia ne-cessario affi ancare all’aumento del con-tingente militare e del conseguente con-trollo del territorio una proposta di tipo “politico” in grado di ridurre in modo consistente le fi la dei Talebani. In primo luogo, offrendo ai meno compromessi con Al Qaeda la possibilità di rientrare nella legalità e, addirittura, di far parte del go-verno. Dall’altra, proponendo ai cosiddetti insorgenti – soprattutto a quanti combatto-no più per fame che per fede – una somma di denaro ben superiore ai dieci dollari al giorno che prendono attualmente. Per fare questo e per cominciare ad affrontare la ricostruzione del Paese, occorre natural-mente tanto, tantissimo denaro: centinaia di migliaia di dollari destinati comunque a ridurre l’attuale esborso USA in Afghani-stan, pari a 300 milioni di dollari al giorno. I toni si sono fatti pertanto più concilianti (“I Talebani fanno parte del tessuto poli-tico afghano”, ha commentato Gates), le prospettive sorprendenti (“Credo che pos-sa entrare nell’esecutivo chiunque guarda al futuro e non al passato”, ha affermato McChrystal), i toni tolleranti (“Vogliamo tendere la mano ai nostri fratelli disillusi che non sono membri di Al Qaeda e che sono pronti ad accettare la comune costi-tuzione e i diritti che sancisce”, ha ribadito Hamid Karzai, Presidente afghano).La condivisione di questa nuova strategia ha fatto sì che la Conferenza sull’Afgha-nistan (la sesta in nove anni), tenutasi alla

fi ne di gennaio a Londra, si sia conclusa con un sostegno economico di 140 milioni di dollari e il solenne invito ai combattenti meno ideologicizzati a deporre le armi e a reintegrarsi. La risposta non si è fatta attendere e l’ini-ziativa è stata bollata dai miliziani pashtun come “becera propaganda dei guerrafondai USA”. Tuttavia, la prospettiva è di lungo periodo ed è il caso di dire (ops!) che chi vivrà vedrà.

– Ma, a proposito di riconciliazione, il problema è che continuano ad operare in quel Paese alcune carceri speciali ameri-cane più o meno segrete, sedi di detenzio-ne senza diritti per centinaia di persone. Funziona più o meno così: i sospettati di collaborazionismo con il nemico vengo-no prelevati di notte e spediti in prigioni collocate nelle basi militari, ove vengono sottoposti a “interrogatori duri”: percos-se, isolamento, posture forzate, divieto di sonno, utilizzo dei cani, quando non vere e proprie torture. Ma come? Obama non aveva ordinato la chiusura di Guantanamo e di tutte le prigioni della CIA? Vero, ma in questo caso si tratta di carceri gestite dalla Forze Speciali, non toccate da alcun prov-vedimento.Questo modo di procedere è ancora più temuto ed odiato dei raids aerei ed ovvia-mente comporta la crescente ostilità della popolazione. Medici, funzionari governa-tivi e la Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan hanno confer-mato la corrispondenza al vero delle de-nunce di decine di ex detenuti. Da parte loro, le autorità americane replicano con la consueta disinvoltura: “La politica degli Stati Uniti è di realizzare un trattamento umano dei detenuti e che le condizioni di dei centri di detenzione sono in linea con

le norme internazionali di attenzione e cu-stodia”.

– Accolti da inequivocabili epiteti, urlati da pacifi sti e famigliari delle vittime, l’ex premier Tony Blair e il suo ex portavoce Alistair Campbell (già soprannominato Dottor Bugia) sono comparsi dinanzi alla Commissione di inchiesta sulla guerra in Iraq aperta a novembre scorso per appro-fondire motivazioni e senso della parteci-pazione inglese al confl itto del 2003 e alle successive fasi. Da tale analisi non deri-verà alcuna sanzione nei confronti delle persone “informate dei fatti”, ma solo la ricostruzione di una verità storica su una realtà che ormai con estrema chiarezza si sta rivelando assai diversa da quella fatta digerire all’opinione pubblica a suo tempo. Chi ha buona memoria ricorderà il dossier che nel 2002 tolse ogni dubbio anche ai più cauti: il possesso di armi chi-miche e batteriologiche e la possibilità di attivarle in 45 minuti, la ricerca di tecno-logie e materiali per la produzione di armi nucleari e, infi ne, il comprovato sostegno e il fi nanziamento al terrorismo di Al Qae-da. Ciò che è accaduto dopo ha dimostrato tutt’altro, ma i due compari pare non se ne siano accorti. Quindi, nessuna autocritica. Per Blair, anzi, le cose stavano proprio così come le ha raccontate alla sua opi-nione pubblica: “Viste le informazioni che erano a mia disposizione, non ero disposto a correre il rischio di lasciare in mano a un Paese pericoloso con armi di distruzio-ne di massa”. E ancora: “Sono cosciente della responsabilità storica, ma non provo alcun rimorso e lo rifarei”, fi no all’autoas-solutorio fi nale, secondo il quale “milioni di iracheni ora stanno meglio di quando stavano sotto Saddam” e, comunque, non sarebbero state le truppe della coalizione

28marzo 2010

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SE VUOI LA PACE

SE VUOI SE VUOI LA PACELA PACE

ad uccidere i civili “ma i terroristi che vo-levano bloccare ogni progresso”. Per parte sua, il dottor Bugia ha rincarato la dose, difendendo “ogni singola parola contenuta del dossier” e ribadendo che “la Gran Bre-tagna dovrebbe essere orgogliosa di quel-lo che è stato fatto in Iraq”. Delirio puro, verrebbe da dire. E si commenterebbe da solo se ci si trovasse di fronte a due vecchi arnesi della politica, ormai fuori gioco e dediti al giardinaggio. Il fatto è che Tony Blair ricopre tuttora un ruolo importan-tissimo, quello di inviato per la pace nel Medio Oriente su mandato dell’ONU, Unione europea, USA e Russia, ovvero in un incarico nello stesso scenario che lo ha visto protagonista degli interventi in Iraq ed Afghanistan. Un autentico insulto. Se il suo primo impegno, quello di contri-buire alla risoluzione del confl itto israelo-palestinese, è stato pressoché invisibile, il prossimo ci inquieta non poco: “L’Iran del 2010 è più pericoloso dell’Iraq del 2003. Vedo un grande pericolo posto dal pro-gramma nucleare di Teheran e dai legami di quel Paese con gruppi terroristici e la mia opinione è che non si possano correre rischi in questa vicenda”.Siamo messi bene. Proprio bene.

– “La rivoluzione non abita più qui”, hanno titolato i giornali analizzando la situazione politica dell’Ucraina nell’imminenza delle elezioni presidenziali. A distanza di cinque anni, l’arancione – emblema della grande mobilitazione popolare nonviolenta che aspirava a un defi nitivo distacco dall’in-gombrante abbraccio della Russia – si è defi nitivamente scolorito, lasciando posto al candido e angelico bianco della irriduci-bile ex leader del movimento Yulia Timo-shenko e al bianco-azzurro del cosiddetto candidato di Mosca Viktor Yanukovich. Dell’eroe della rivoluzione arancione e presidente uscente, Viktor Yushenko, or-mai solo ricordi: del suo avvelenamento da diossina, della sua resistenza ai prece-denti brogli elettorali, della sua confl ittua-le coesistenza con la primo ministro Ti-moshenko. La sua stagione politica appare conclusa.Ma cosa è accaduto, che cosa ha fatto naufragare così repentinamente il sogno ucraino? Forse il fatto che a tanta voglia di cambiamento non sia seguita altrettanta capacità di gestione della transizione, vale a dire la necessaria riforma della classe po-litica, intimamente dipendente dal potere economico, e la problematicità dell’archi-tettura costituzionale, costantemente bloc-

cata tra presidenzialismo e parlamentari-smo (i contrasti di vertice in questi ultimi cinque anni lo hanno ampiamente dimo-strato). Insomma, né il sistema di potere né la sua forma sono cambiati e nei fatti non vi è stata alcuna effettiva rivoluzione. Governi che in crisi frequente, elezioni anticipate, scandali di corruzione e nepoti-smo, una situazione economica disastrosa (il PIL lo scorso anno ha perso 16 punti e le banche hanno traballato pesantemente con la svalutazione della moneta locale) hanno gradualmente portato a una diffusa disaffezione nei confronti della politica e al cinismo tipico di chi ha creduto troppo in qualcosa e ora non crede più a nulla. A ciò si aggiunga l’illusione dell’ingresso in Occidente e il richiamo alla realtà di un rapporto di dipendenza con la Russia e, soprattutto, con il suo gas.Di questi tempi, a Kiev i voti si comprano a 12 euro, circolano dossier per delegitti-mare gli avversari e si preparano in anti-cipo accuse di brogli e future battaglie in tribunale e nelle piazze, mentre argomenti come pensioni, istruzione, disoccupazione ed infl azione attendono risposte concrete. Chi avrà la meglio, tra Yanukovich e Ti-moshenko, sarà chiamato a darne di cre-dibili e praticabili agli occhi non solo del Paese, ma anche e soprattutto a quelli del Fondo monetario Internazionale che a tali risposte ha condizionato il massiccio so-stegno economico che già ha garantito in questi anni. Comunque vada, come qualche autorevole commentatore ha scritto, queste saranno ricordate “non come elezioni di amore, odio, speranza o passione, ma solo di stan-chezza e tristezza”.

– Come qualcuno ricorderà, i tragici fatti del G8 di Genova dell’estate 2001 furono preceduti dagli scontri di Napoli del 17 marzo 2001, a margine dei quali 85 ma-nifestanti – recatisi in ospedale per farsi medicare – furono prelevati a forza dalle forze dell’ordine (ordine…), ulteriormente pestati e condotti all’interno della caserma “Rainiero” ove le violenze continuarono tra un “ti squaglio viva, puttana”, un “co-munista di merda”, un “frocio bastardo” e via insultando.A distanza di quasi nove anni, la sentenza per i 31 poliziotti incriminati di cotanta de-dizione al dovere è arrivata. Monca, consi-derata la immancabile prescrizione che ha dato un colpo di spugna ai reati di violenza privata, lesioni ed abuso d’uffi cio per dieci di essi. Deludente, visto che l’unica accusa

rimasta in piedi – sequestro di persona ag-gravato – ha portato alla condanna di soli undici imputati, tra i quali due funzionari presenti all’interno della caserma, Fabio Ciccimarra e Carlo Solimene (2 anni e otto mesi ciascuno).La storia si ripete: c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno (è fi nita, come principio ge-nerale, l’impunità per i poliziotti che van-no oltre i loro doveri e la legge), e c’è chi lo vede mezzo vuoto (tante assoluzioni, ri-dimensionamento dei reati, promozione ad incarichi più prestigiosi e mantenimento in servizio dei funzionari condannati). E’ evidente che c’è ancora molto da fare per vedere applicato pienamente il concetto di giustizia a quanti infrangono la legalità quando, viceversa, dovrebbero garantirla. Per il momento, ci limitiamo a soffermarci su quanto dichiarato dal pubblico ministe-ro Del Gaudio, sperando che esca dall’au-la del tribunale per divenire fi nalmente un sentire condiviso: “Da questa sentenza i cittadini attendono di sapere se è lecito, per il nostro ordinamento, essere prelevati senza titolo dagli ospedali, trasportati in una caserma e rimanere lì trattenuti per ore, inginocchiati, picchiati, insultati”.

– Che qualcosa si stia muovendo in questo senso, lo dimostra la recente condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria di un milione di euro infl itta dalla Corte dei Conti ai dirigenti della Questura di Torino che nel dicembre 2005 ordinarono una vio-lentissima carica ai danni dei manifestanti NO TAV, accampati nel presidio di Venaus. Motivazione? “Aver leso l’immagine del-lo Stato con condotte violente ed arbitra-rie”. La sentenza è davvero innovativa, in quanto ha tenuto conto di fatti ed immagi-ni suscettibili di essere oggetto di inchiesta penale (violenze e maltrattamenti ritenuti “eccessivi”) per bypassarli in direzione di un giudizio contabile e amministrativo. La qual cosa non consolerà certo chi ha avu-to la testa spaccata, ma sicuramente è de-stinata a rappresentare un precedente che identifi ca una condotta brutale come abuso indegno di uno Stato di diritto e, in quanto tale, meritevole di sanzione. “Uno dei do-veri dello Stato è quello di creare consenso intorno al rispetto delle leggi, ma se qual-cuno agisce in modo da spezzare il rappor-to tra cittadini e istituzioni, il pregiudizio è evidente”. Così parlò il procuratore Boget-ti, estensore della sentenza.

29marzo 2010

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24 gennaio 1945

Non è assolutamente fuori luogo par-lare oggi di fascismo e addirittura i megafoni adesso paiono non tacere

mai, le propagande si sono ammantate di spet-tacolo. Penso a un episodio fra i tanti carpiti dai telemegafoni asserviti e osannanti. Il TG1 che documenta e commenta in pompa magna il premier in visita a Venezia alla ricerca di una residenza (un intero palazzo) affacciata sulla laguna o sul Canal Grande. Tutto questo con stile glamour, con dispendio di amenità e ci-vetterie varie.Vi confesso che ogni anno affronto con un po’ di ansia questa celebrazione. L’ansia de-riva dallo sforzo e dalla promessa di trovare nuove parole, nuovi argomenti che possano andare oltre la consueta celebrazione e il giu-sto ricordo dei fatti avvenuti in questi luoghi. Ma poi, alla fi ne, ogni volta, ogni anno che passa, ritrovo i concetti, le necessità, i pun-ti per rapportare le idee, le vicende e le vite delle persone che ricordiamo, al presente. La Liberazione deve essere ancora compiuta, la Resistenza deve essere quotidiana, la Costi-tuzione ha bisogno di essere difesa sempre di più. Oggi più che mai. In questo interminabile periodo di infi nita deriva culturale, un perio-do che probabilmente, fra qualche decennio verrà ricordato come uno dei più bui nella storia della repubblica italiana. O perlomeno c’è da sperare che questo avvenga, altrimen-ti vorrà dire che ha defi nitivamente vinto un modello sociale, politico, per non dire etico e antropologico, che ci ha trasformati tutti, che ci ha addormentati in modo profondo. Quella

che viviamo in questi giorni è una anomalia, una anomalia che secondo il moderatismo imperante non esiste, un’anomalia seppelli-ta sotto quintali di falsità, una anomalia così tanto incancrenita che ormai si accetta di tut-to, amputazione compresa. Un’anomalia che nessuna reazione (poche a dir la verità, fl ebili, isolate...) pare scalfi re. Una anomalia, quella berlusconiana, che ha portato gli italiani alla assuefazione, a una sorta di ipnosi indotta dal più grande illusionista del circo della politica. Metto in discussione tutto: suffragio popolare, fondamenta di “forza italia”, potere mediatico fi no ad arrivare all’attentato con la statuetta del duomo. Mi pare tutta una grande fi nzio-ne, certo riuscitissima, letale e virulenta, tanto da rimanere stupefatti, storditi, Spesso senza possibilità di rialzarsi come pugili suonati e stesi al tappetto. Entro in un argomento spi-noso, toccando l’animo, la coscienza, la stessa essenza del popolo italiano e magari faccio arrabbiare qualche buona anima (ah, il parti-to dell’amore!!!) del centro-sinistra. Prendo in considerazione la natura degli italiani, che si dimostrano di nuovo portati alla devozione per i grandi venditori di illusioni. Quello che è già successo con il fascismo e le gesta di Mussolini. Anche allora il popolo italiano fu trascinato in una deriva senza fi ne, ma proba-bilmente i megafoni, le propagande, i procla-mi a un certo punto si incepparono, la realtà dilagò inarrestabile con tutta la sua crudezza, con tutte le sue brutture. Non è assolutamente fuori luogo parlare oggi di fascismo e addirit-tura i megafoni adesso paiono non tacere mai,

le propagande si sono ammantate di spettaco-lo. Penso a un episodio fra i tanti carpiti dai telemegafoni asserviti e osannanti. Il TG1 che documenta e commenta in pompa magna il premier in visita a Venezia alla ricerca di una residenza (un intero palazzo) affacciata sulla laguna o sul Canal Grande. Tutto questo con stile glamour, con dispendio di amenità e ci-vetterie varie. Un Re (UBU?) con tanto di codazzo, popolino incuriosito, con tanto di cronaca giornalistica che assomiglia paurosa-mente al cinemino dell’istituto Luce quando commentava le gesta del duce. Fascismo an-cora dunque, luccicoso, tirato e splendente, da favola, da corte decadente, da commedia sexy all’italiana (vi rimando all’articolo di qualche mese fa). Pruriginoso. Fascismo del silenzio, in cui sarà reato defi nirsi anti-berlusconiani, come un tempo è stato reato defi nirsi antifasci-sti. Come pare già adesso un reato, una colpa, provare a reagire, a resistere a questa perico-losa involuzione della democrazia. Il bello è che anche negli ambienti a noi vicini, quelli della politica, quelli in cui si decide e si ammi-nistra, non si nasconde il fastidio verso chi si dichiara antiberlusconiano. Un po’ come se ai partigiani antifascisti fosse stato chiesto di non professarsi anti-mussoliniani. Questo è un po’ il giochino in cui ci siamo incartati: visto che Berlusconi è stato eletto dalla maggioranza degli italiani, per rispetto del volere popolare, ci si deve adeguare allo stato delle cose. Un po’ come accettare un male incurabile con cui convivere fi no alla vecchiaia. Fino alla morte?

Pubblico un estratto dal mio discorso in occasione del 65° anniversario della battaglia di Canolo

Pubblico

Dalla Battaglia di Canolo al Battello Reale Dalla Battaglia di Canolo al Battello Reale in Lagunain Laguna

30marzo 2010

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memoria

Annita Malavasi, nome di battaglia Laila, partigiana combattente nella 144a bgt. Garibaldi “Antonio Gramsci”, dal 12 settembre 1944 al 1° gennaio 1945 staffetta, dal 2 gennaio 1945 al 25 aprile 1945 com-missario di distaccamento con il grado di sergente.

“Poi, se non eri con il Fascio, “Poi, se non eri con il Fascio, eri un comunista”

DAL LIBRO DI ANNITA MALAVASIDAL LIBRO DI ANNITA MALAVASI

Io ho fatto le classi fi no alla terza elemen-tare a San Savino, poi sono andata a Ca-stelnovo Sotto dove oltre alla classe delle bambine e dei bambini, ce n’era una mi-sta. Io ero nella classe mista dove c’erano i bambini più grandi. A causa della condi-zione dei contadini, della loro mentalità e del bisogno di manodopera, i bambini di certe famiglie venivano a scuola solo d’in-verno, specialmente se il papà era dovuto scappare. C’era un bambino che abitava in una delle frazioni di Castelnuovo che, fi nito l’inverno, non veniva a scuola. La mae-stra ci chiese il perché. Un bambino più grande, Guido Mainini, disse: “Signora maestra, non viene a scuola perché lui è il più grande di cinque fi gli e deve aiutare la mamma a lavorare nei campi che il papà è morto...” – “Ah sì? Poverino ... e come mai?” – “Eh, signora maestra, i fascisti gliel’hanno sfi lonato”. Allora la maestra gli ha detto: “Somaro, impara a parlare l’italiano! Si dice che gli hanno rotto la spina dorsale, non sfi lonato... dove hai imparato quella parola lì?”. Poi ha cercato

di dare una spiegazione, dicendo che, in defi nitiva, i fascisti cercavano di impedire a della gentaglia di fare certe cose che danneggiavano il paese. Dopo la guerra parlavano e offendeva-no gli uffi ciali e lei aveva un papà che era uffi ciale che, quand’era in divisa, gli dicevano: “Levati la divisa e vai a lavo-rare!”. La popolazione gli diceva queste cose e i fascisti hanno reagito per creare una condizione più civile...”. Non l’avesse mai detto, poveretta! I bambini più grandi urlavano: “Non è vero! Sei bugiarda! Per-ché mio fratello è stato bastonato ed era bravo! E’ dovuto scappare in Francia! Mio padre non ce l’ho perché è dovuto emi-grare sennò me lo uccidevano!”. E’ usci-to tutto lo stato d’animo dei bambini, sia per le condizioni familiari, sia per le cose che avevano sentito. Si viveva nelle stalle e si discuteva degli avvenimenti... “Han picchiato il tale... oh, poveretto! Il tal altro l’hanno rovinato...”. Poi, se non eri con il Fascio, eri un co-munista.

Io ho fatto le classi fino alla ter a elemen 8 m

arzo

Pubblichiamo un passo dal libro di memorie di Annita Malavasi, Storia di una donna nel ’900. La fatica della libertà, CGIL-SPI Reg-gio Emilia 2005, p. 30. E’ un passaggio signifi cativo del-la funzione della scuola come motore del consenso al fascismo, ma allo stesso tempo è testimo-nianza di quella memoria della violenza del regime mussoliniano che riaffi orerà quando i bambini della fi ne degli anni Venti (Laila è del 1921) saranno giovani donne e uomini e dovranno scegliere fra libertà e barbarie...

Annita Malavasi,

nome di battaglia

Laila

comunistacomunista

31marzo 2010

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A Villa Minozzo, il giorno 31 ha tenu-to l’orazione uffi ciale la sen. Albertina Soliani. Un discorso forte e intenso che ha legato la memoria della Resistenza ai temi del presente e del futuro. Meriterà di essere pubblicato integralmente. In questa sede ne pubblichiamo l’incipit.Nell’occasione ricordiamo il volume de-gli atti del Convegno su don Pasquino Borghi (2004) e segnaliamo la recen-te pubblicazione del volume su Enrico Zambonini.

“Siamo saliti quassù, stamattina, per ri-cordare insieme il sacrifi cio di don Pa-squino Borghi e dei suoi otto compagni antifascisti, fucilati in un giorno d’in-verno come questo, il 30 gennaio 1944, 66 anni fa, al poligono di tiro di Reggio Emilia.Siamo venuti qui a Villaminozzo, meda-glia d’argento al valor militare, sull’Ap-pennino dove i partigiani si erano rifu-giati, si sono organizzati, hanno resistito, hanno subito rappresaglie, hanno com-battuto perché questo è il luogo dove noi siamo nati alla libertà.Perché nelle case, nei fi enili, nelle ca-

noniche, e sul Monte Castagna, come in Normandia e a Stalingrado, è stato so-gnato e voluto il nostro futuro, il futuro del mondo fuori dalla barbarie nazifasci-sta. Perché qui è stato fermato per sem-pre il disegno di oppressione, di violen-za e di morte che ha devastato la prima metà del ’900. Perché qui è cambiato il mondo e il cor-so della storia quando uomini e donne di ogni condizione,contadini, intellettuali, militari, sacerdoti hanno deciso di pren-dere posizione, di opporsi, di resistere, di farsi ribelli per amore anche a costo della vita, in quel tempo tragico della storia umana che in pochi anni aveva ac-cecato le coscienze, soppresso le libertà, prodotto lo sterminio degli ebrei e la ca-tastrofe bellica con più di 50 milioni di morti. Quando la speranza dell’uomo è sta-ta avvolta dalle tenebre, come ha detto martedì scorso nel giorno della memoria a Montecitorio davanti al Parlamento e al Presidente della Repubblica Eliezer Wiesel, premio Nobel per la Pace.” [...]

Albertina Soliani

Abbiamo il coraggio del sogno, come allora!

RICORDATO IL 66° ANNIVERSARIO DELLA FUCILAZIONE DI DON PASQUINO E DEGLI ALTRI OTTO ANTIFASCISTI

Albertina Soliani:

Il 66° anniversario della fucila-zione di don Pasquino Borghi e degli altri otto patrioti (Enrico Zambonini, Destino Giovanet-ti, Ferruccio Battini, Enrico Me-nozzi, Romeo Benassi, Umber-to Dodi, Mario Gaiti, Contardo Trentini) avvenuta il 30 gennaio del 1944, è stato ricordato con diverse iniziative. Alla bibliote-ca Panizzi è stato presentato, di fronte ad un folto pubblico, il li-bro di Galzerano su Enrico Zam-nbonini. Ne pubblicheremo una recensione sul prossimo “Noti-ziario”.

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Nel pomeriggio, si sono svolte le comme-morazioni uffi ciali. Prima con la visita al Casello 23°, luogo del sacrifi cio del Nero dove una tromba ha suonato il silenzio, poi nella sala del Consiglio comunale di Boret-to con i discorsi delle Autorità. In entram-be le occasioni era presente la sorella Anna Montanari. Sono intervenuti il sindaco di Boretto prof. Massimo Gazza, il vicesinda-co di Canneto Faleo Nicola e Mirco Zanoni del Museo Cervi di Gattatico.Riportiamo alcuni brevi signifi cativi stralci dell’intervento del Sindaco di Boretto.

“Oggi come ogni anno, vedo persone e volti amici, volti che portano negli occhi e nelle rughe degli anni che passano i segni tangi-bili di quella storia che ha caratterizzato gli anni della guerra, della resistenza, della lot-ta al nazifascismo. L’anniversario che oggi ricordiamo s’inserisce nella storia locale ed in quella del nostro Paese come un passag-gio fondamentale che a distanza di decenni, mantiene sempre vivi tanti sentimenti sui quali si è costruita una nuova Italia, libera e fi eramente democratica. Il sacrifi cio del partigiano Nero è, e deve essere, un ricordo ancora vivo. Un ricordo di quelli che uni-scono generazioni diverse e che dovrebbero ricucire gli strappi che la storia del nostro Paese ha registrato nei decenni successivi alla guerra. [...] Felice Montanari è stato un resistente, un simbolo paradigmatico dell’antifascismo, un italiano coraggioso che anelava la libertà e la democrazia, e per la loro difesa immolò la sua vita, la sua gio-vanissima età. Di questi contributi s’arric-

chisce la storia dell’umanità, di questi uo-mini esemplari deve rendicontare la storia di una nazione. [...] Il richiamo a Felice Mon-tanari, dunque, ci obbliga ad una rifl essione sul tema della libertà, tema essenziale e cri-tico, anche, nella nostra attuale democrazia. Troppo spesso e a vari livelli, il concetto di libertà è ridotto semplicemente alla potestà di esprimere le proprie preferenze, e sempre più spesso la democrazia è ridotta al dirit-to della maggioranza di imporre il proprio volere. Un’autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure demo-cratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti, l’assunzione del bene comune come fi ne e criterio regolativo della vita politica. Se non vi è un consenso generale su questi valori, si smarrisce il si-gnifi cato della democrazia e si compromette la sua stabilità. [...] La tentazione di molti di ridisegnare il corso degli eventi, nel ten-tativo di costruire una mistifi cata memoria condivisa si fa sempre più pressante. E non dobbiamo farci tentare da facili scorciatoie. Condividere una memoria comune è im-portante per farla vivere e durare a lungo nel tempo; ma condividere non signifi ca con-fondere, ossia fondere assieme. Non è possibile. Il rispetto dovuto a tutti i caduti non autorizza a mettere sullo stesso piano politico un partigiano e un repubblichino o un combattente martire della libertà con un fascista o un nazista. Quale difesa del patrio suolo da parte di chi scorrazzava con i na-zisti e torturava e trucidava i propri fratelli?

[...] La negazione della violenza come mez-zo di risoluzione dei confl itti non autorizza nessuno a mettere sullo stesso piano le forze che si batterono per la libertà, gli Alleati e i Partigiani del CLN, con le forze nazifasciste che perseguitavano anche con leggi razziali e terribili torture donne e uomini di origine ebraica, o di altra nazionalità specie se mi-noritaria, o di opinioni politiche diverse o di orientamento sessuale particolare”.

Alla fi ne un corteo di fi accole, sotto un ti-mido nevischio, ha raggiunto il monumento a Felice Montanari posto nel piazzale del monumento ai Caduti di tutte le guerre. Alle iniziative del 5 gennaio hanno partecipato le ANPI di Poviglio, Brescello e Suzzara.

Adriana Zoboletti

Nel pomeriggio, si sono svolte le comme-morazioni uffi ciali. Prima con la visita alCasello 23° luogo del sacrificio del Nero

chisce la storia dell’umanità, di questi uo-mini esemplari deve rendicontare la storia diuna nazione [ ] Il richiamo a Felice Mon

[...] La negazione della violenza come mez-zo di risoluzione dei confl itti non autorizzanessuno a mettere sullo stesso piano le forze

Felice Montanari, nome di battaglia Nero.a Boretto il sacrifi cio a Boretto il sacrifi cio del partigiano

Il 5 gennaio 2010 è stato ricordato a Boretto il sacrifi cio del partigiano Felice Montanari, nome di battaglia Nero.Nella mattinata, una delegazione del Comune di Boretto e delle ANPI di Boretto Poviglio e Brescello, si è recata a Canneto sull’Oglio a rendere omaggio alle tombe di Felice Montanari e Mario Corradini, altro partigiano cannetese morto in combattimento.

RICORDATORICORDATONel cimitero di Canneto. Al centro, da sinistra, il vice sindaco di Canneto, geom. Nicola Faleo, il vice sindaco di Boretto (con la giacca chiara) Mario Biacchi, Adriana Zoboletti (ANPI Boretto)

Boretto, davanti al Casello n. 23 dove si compì l’eroico sacrifi cio del Nero, Anna Montanari sorel-la del Martire

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E’ proprio vero che tante che tante situazioni e

situazioni e tante persone tante persone sono rimaste sono rimaste fuori dalle

fuori dalle narrazioni sulla narrazioni sulla Resistenza, pur Resistenza, pur avendo avuto un

avendo avuto un ruolo tutt’altro ruolo tutt’altro che secondario.

che secondario.

CASA ROCCHI A RONCOLO DI QUATTRO CASTELLA

memoria

E’questo il caso di Anna Rocchi e di sua madre En-richetta Musi che nella loro casa sulle nostre pri-me colline hanno accolto e rifocillato giovani che dalla pianura salivano in montagna per raggiungere le formazioni partigiane. In pratica la loro casa, appena sopra Roncolo di Quattro Castella, era il primo

posto tappa a cui faceva seguito quello della Casa Roma, ormai in prossimità di Grassano. Del ruolo di Casa Rocchi c’è un accenno in ROLANDO CAVANDOLI, Quattro Castella ribelle, (RS, n. 17/18, p. 55).“Anche a Salvarano – scrive Cavan-doli – vengono istituiti centri perma-nenti di latitanza e di collegamento

[…]. Così pure a Roncolo, presso Zamboni e i contadini Rossi, Buffagni, Rocchi, Torreggiani, Catellani.[...]. Funzione complementare a quella delle case di latitanza assolvono gli itinerari che collegano alcune di esse alla monta-gna, i cosiddetti corridoi”. Uno dei quali, aggiunge Cavandoli, andava “dal Rub-bianino alla strada circostante Villa Ma-nodori di Roncolo e infi ne alla Noce verso

Casa Roma di Grassano”. E siamo appunto al corridoio che passava dalla casa di Anna Rocchi. La quale Anna, con la sua testimo-nianza che qui pubblichiamo, ci fa conoscere dall’interno, per così dire, il vissuto quotidia-no di chi in questa casa abitava ed operava, facendo anche emergere il ruolo delle donne (a.z.)

Queste vicende accaddero durante la seconda guerra mondiale nel territorio di Roncolo di Quat-tro Castella e precisamente nella villa dei Mano-dori (Pietro Manodori fondò la Cassa di Risparmio nella seconda metà del 1800). Io ero fi glia di uno

dei loro mezzadri. I Manodori lasciarono la villa per terre più sicure (Svizzera) e nel marzo del 1944 un importante comando tedesco venne ad occupare la villa, che poi abbandoneranno solo il 21 o 22 aprile 1945. Nei mesi in cui la occuparono, tutto il territorio di proprietà dei Manodori è stato recintato e nessuno ebbe più accesso all’interno se non con permesso rilasciato a quanti andavano a lavorare per i tedeschi stessi. Nei primi mesi grossi camion andavano e venivano carichi di munizioni di ogni tipo e grandezza. Di questo ne parlavano, sottovo-ce, gli uomini che lì lavoravano.Nella collina su cui sorgeva (e sorge tuttora) la villa vennero scavate nella terra diverse fosse, tutte fo-derate di belle assi di legno e ben protette.Devo dire che non accadde mai nulla di grave, a parte una sorveglianza che i tedeschi effettuavano giorno e notte scrutando tutto attorno coi binocoli.La casa dove abitavo con la mia famiglia era pro-prio sulla cresta della collina ed era molto facile tenerla sotto controllo: è forse per questa ragione che era rimasta fuori dalla recinzione. Fatto sta che la casa sulla collina di Marco Rocchi (mio padre) divenne una casa di latitanza. Chi voleva andare in montagna e non in guerra sotto i fascisti, saliva su per il Cerro e si fermava in casa nostra, dove la mamma accoglieva e rifocillava come poteva questi giovani. Mia madre era una donna modesta e taciturna; per lei contavano i fatti. Non avrebbe parlato neanche sotto interrogatorio. Mio padre era un socialista di Camillo Prampolini.Io mi sono sposata che non avevo 18 anni, nel gen-naio ’44, con un partigiano, Luigi Beggi e avevo pure un fratello partigiano e un altro in guerra del quale da anni non avevamo più notizie.Noi a Roncolo avevamo un grosso timore per tut-te queste armi dei tedeschi così vicine alla nostra casa. Qualcuno che lavorava come operaio dai te-deschi andava dicendo che i depositi delle armi era-no tutti collegati tra di loro e che in caso di ritirata avrebbero fatto saltare tutto: il che signifi cava fare sparire il paese di Roncolo e dintorni. Quando si avvicinò la fi ne probabilmente chi comandava i te-deschi pensò che fosse meglio non far saltare tutto, poiché i partigiani erano già vicini e pronti. Anda-

a

enricheti het

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Una base partigiana e DUE DONNE DIMENTICATEUna base partigiana e

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rono proporre ai tedeschi di arrendersi il parroco di Roncolo, il comandante Giuseppe Parini e Rosa Cervi. I tedeschi accettarono la resa e in un giorno sgombrarono la villa.Dopo 4 o 5 giorni arrivarono gli alleati e occuparono loro la villa dove si festeggiò assieme a tutti la resa dei tedeschi.Mio marito divenne il guardiano di tutti quei depositi di armi ora sotto il controllo di Bologna. Tuttavia ci furono cinque morti a causa di persone che andavano a curiosare dentro a quei depositi.Ci vollero poi quasi due anni a portare via tutto quel materiale pericoloso.

Anna Rocchi Beggianna rocchi

8 marzo

rono proporre ai tedeschi di arrendersi il parroco di Roncolo, il comandanteGiuseppe Parini e Rosa Cervi. I tedeschi accettarono la resa e in un giornosgombrarono la villa.Dopo 4 o 5 giorni arrivarono gli alleati e occuparono loro la villa dove si

Una base partigiana e DUE DONNE DIMENTICATE DUE DONNE DIMENTICATE

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Da pensionato Beller si dedicò alla pittura oltre che alla scrittura, spinto da una sorta di impulso a raccontare il villaggio della sua infanzia. Qui una gustosa rappresentazione autobiografi ca in stile naïf della scuola ebraica che lo stesso Autore aveva frequentato a Grodzisko tra il 1918 e il 1924. Il quadro è intitolato Col Rabbino nel Cheder. (L’originale yddish suona Beim Rabin in Heder).

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Ilex Beller, autore del brano che segue, è nato nel 1914 a Grodzisko, un villaggio

ebraico (Shtetl) nel sud della Polonia (è morto a Parigi nel 2005). Nel 1928 emigra

ad Anversa, nel 1934 a Parigi, facendo vari mestieri. Nel 1936 è volontario antifranchi-

sta nelle Brigate internazionali in Spagna e viene ferito a Teruel. Rientato in Francia nel

1937, lavora come operaio nel ramo pellicce. Nel 1939 è volontario nell’esercito francese

impegnato nella “strana” (drôle) e sfortunata guerra contro l’aggressione hitleriana. Grave-

mente ferito alla battaglia della Somme, è deco-rato della croce di guerra con stella. All’armistizio

viene smobilitato a Carcassonne, dove lavora per due anni ancora come operaio pellicciaio. Fugge

poi in Svizzera per sottrarsi alla cattura da parte dei tedeschi in quanto ebreo. Tornato a Parigi dopo la Li-

berazione, riprende l’attività di pellicciaio, ora come artigiano. E sarà nell’ambiente degli ebrei ashkenaziti

operanti a Parigi nel ramo pellicce e pelli che incontrerà la reggiana Gina Pifferi e suo marito Shmu’el Weissberg,

detto Gilbert, ebreo di Bessarabia, ex partigiano nei Fran-cs Tireurs. Nella loro appartamento di Rue Saint Laurent,

vicino alla Gare de l’Est, ho trovato anni or sono (poi foto-copiato) il libro di Beller (a.z.).

“Se, per una ragione o l’altra, sei costretto all’emigrazione, è sempre avendo, in fondo al cuore, la speranza di poter un giorno tornare al paese con tua moglie e i tuoi fi gli. Potrai così far loro visitare la tua casa natale, la scuola dove hai studiato, i luoghi di culto dove hai pregato…”.Per noi, ebrei originari della Polonia, non c’è ritorno possibile. I nazisti e i loro complici, sterminando i tre milioni di ebrei che contava la Polonia, hanno voluto altresì cancellare le tracce di mille anni di presenza ebraica in questi luoghi.Se rimangono, in qualche città come Varsavia o Cracovia, rare sinagoghe o ancor più rari cimiteri, sarebbe vano cercare in Po-lonia qualsiasi resto di ciò che fu lo Shtetl. Là i luoghi di cul-to sono stati rasi al suolo e i cimiteri arati per essere restituiti all’agricoltura.Generazioni di storici, di fi losofi , di psicologi si chineranno sulla Shoah per tentare di capire se non di spiegare come, nel cuore dell’Europa, il massacro di sei milioni di uomini, di don-ne, di bambini la cui sola colpa era di essere ebrei, ha potuto essere perpetrato; e come l’inizio e la messa in opera di questa “soluzione fi nale” abbia potuto essere scaturita da un popolo che, d‘altra parte, ha dato all’umanità dei geni come Goethe e Beethoven.Io sono un ebreo di 75 anni. Gli uomini della mia generazione arrivano un po’ alla volta al termine della loro vita. Siamo dei sopravvissuti, dei miracolati di questa tragica epoca. Il nostro dovere è di testimoniare. Per i ricercatori dei tempi futuri, per i giovani in cerca delle loro radici….

LA SHOAH NELL’EUROPA ORIENTALE FU CANCELLAZIONE DI UN’ANTICA CIVILTÁ

(Da ILEX BELLER, De mon Shtetl à Paris, Editions du Scribe, Paris,1991)

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C’E’ STATO IL GIORNO DELLA SHOAH

Di grande impatto l’incontro con cen-tinaia di giovani studenti, a Reggio (Teatro Ariosto) e a Guastalla (Istituto Russell), della signora Andrée Geulen Herscovi, che coi suoi 89 anni assai lucidamente portati, ha testimoniato della sua straordinaria esperienza di giovane maestra che durante l’occu-pazione nazista del Belgio contribuì personalmente, a rischio della pro-pria vita, al salvataggio di centina-ia di bambini e di adolescenti ebrei. Nell’incontro svoltosi al Teatro Ario-sto, introdotto e condotto con la con-sueta competenza da Matthias Durch-feld di Istoreco, centinaia di studenti hanno seguito senza fi atare i racconti di Andrée e di un signore ultrasetta-tenne che fu uno dei ragazzi ebrei da lei salvati tra il 1942 e il ’45. Da no-tare che Andrée Guelen operava come componente di un settore del CLN del Belgio espressamente dedicato al sal-vataggio dei ragazzi ebrei.Solenne e toccante anche la cerimonia svoltasi domenica 24 nella sinago-ga di Via dell’Aquila, nell’ex ghetto ebraico, seguita dalla lettura a staffet-ta del libro di Elie Wiesel, La Notte, drammatica testimonianza di un ebreo sopravvissuto ad Auschwitz dove era stato deportato a 15 anni e dove fi ni-rono nelle camere a gas i genitori e la sorella minore. Nella stessa giornata diversi visitatori

hanno varcato il cancello del Cimitero ebraico di Via della Canalina. Il sot-toscritto, sul posto per una breve in-tervista di Telereggio, sospettato dal pubblico (privo di chi guidasse la visi-ta) di essere uno “informato dei fatti”, è stato oggetto di molte domande. La più sconcertante, anche per le reitera-zioni frutto di insoddisfazione rispet-to alle risposte, quella di una distinta signora stupita del fatto che le lapidi recassero “nomi italiani”.Insomma, non si capacitava che degli ebrei avessero, appunto, cognomi ita-liani come Tedeschi, Cantoni, Came-rini…Un forte segno ha lasciato anche quest’anno, tornando ad incontrare studenti reggiani, Piero Terracina, uno dei 16 ebrei romani (su 1028) soprav-vissuto alla deportazione dell’ottobre ’43 con destinazione Auschwitz, “A Reggio – ha detto Terracina – ho sem-pre trovato ragazzi molto attenti e in-segnanti assai bravi nel prepararli sul tema della memoria”.“Noi ebrei – ha ancora detto Terraci-na – siamo in Italia da 22 secoli, non credo vi siano italiani più radicati di noi”. Ecco un bello spunto per ragionare su di un tema quanto mai attuale, quello della cosiddetta “identità”.

Che poi, giustamente, sono stati alcuni giorni, Che poi, giustamente, sono stati alcuni giorni,

prima e dopo il 27 gennaioprima e dopo il 27 gennaio

Quest’anno nella nostra provincia il Giorno della Memoria è stato caratterizzato da numerose ini-ziative, spesso di alto livello, che hanno precedu-to e seguito il 27 gennaio.

Elie Wiesel

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memoria

A MEMORIA DELLA SHOAH

Tra le varie iniziative segnaliamo

la pubblicazione, a cura di Is-

toreco e dell’Istituto regionale

per i Ciechi, del volume, dedicato

in particolare ai ragazzi, con cui

l’ebrea Inge Deutschkron, rac-

conta come essa stessa e altri

ebrei furono salvati, tra il 1940

e il ’44, ottenendo protezione da

Otto Weidt, che, nonostante fosse

quasi cieco, dirigeva in Germania

un laboratorio nel quale tro-

varono lavoro molti ebrei non

vedenti. Il libro, che reca belle

illustrazioni di Lukas Ruegen-

berg, ci fa dunque conoscere

un’altra fi gura di tedesco “Giusto

tra le Nazioni” simile a quella di

Schindler.

UN ALTRO SCHINDLER NELLA GERMANIA HITLERIANA

LIBRI

Con gli anziani di GualtieriDa anni vado solitamente a parlare di Shoàh, di antisemitismo e

di persecuzioni varie nelle scuole di vari ordini e gradi. Perciò a pubblici di giovani. Mi aveva lasciato un po’ perplesso l’idea di do-

ver affrontare un pubblico decisamente in età avanzata, come quello del Centro servizi anziani “F.Carri” di Gualtieri. Ma ci sono andato

volentieri, il 29 gennaio, anche per contribuire a rispettare una tradi-zione che in quel luogo era stata inaugurata e per anni attuata da Ce-

lestino Caleffi (morto a 98 anni il 13 aprile 2009), nipote di Giovanna, la moglie di Camillo Berneri. Anche Celestino era anarchico. La vedova

Fanny Sassi ce ne ha offerto un toccante ritratto con la lettera che abbia-mo pubblicato sul “Notiziario” di settembre scorso. E’ stata un’occasione

preziosa, soprattutto per me. Il dialogo è fi orito con naturalezza; diversi tra gli uomini e le donne ospiti della bella casa di riposo si alzavano per dire la

loro, per estrarre e offrire brandelli di memoria. Penso con tenerezza alle due ex partigiane Elda Landini e Anna Tirelli, sedute in prima fi la e desiderose di

raccontarmi momenti del loro passato. E al “più vecchio partigiano di Gualtie-ri”, Demo Bordonali, che non è tra gli ospiti della Casa ma è venuto guidando la

sua auto e portando un suo quadro naïf che ha voluto donare all’ANPI. In prima fi la anche Fanny, la vedova di Celestino Caleffi , che mi ha consegnato alcune sue poesie, compresa quella, dedicata ad Anna Frank, che lei stessa recitò il 27 genna-io 2008, stesso luogo e stessa circostanza (a.z.)

ANNA FRANKNon “LiliMarlène” / Quel giorno tu cantavi, / Triste cantante dalla voce grave,

/ Ma ai passanti chiedevi / Se l’avevano vista la soave fanciulla / China poco

prima sul prato di. violette / E tutta radiosa nella veste bianca. / Cantavi, poiché

il vento è ancora leggero / E la bufera sembra lontana / “Ditemi se qualcuno

di voi / Ha, visto questo mio dolce amore” / Uno che passava si fermò ad

ascoltare / E disse con voce rotta dal dolore: / “Per quei suoi quindici anni /

Si poteva riconoscere / Ma tutta di nero era vestita / E per ornamento recava

/ Una Stella di Davide / Cucita stretta dalla parte del cuore. / Mani impazzite

la spingevano / E lei volgeva il capo / Dove si spegneva il canto”.

La spingevano verso il fumo nero / Del campo di Belgen Belsen.

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lutti

anniversari

MARIO CROTTI FOTOGRAFO GENEROSO

Nel corso della mia non breve attività nell’ANPI a fi anco di Romolo Fioroni, presi-dente della consorella ALPI-APC, incontrai la prima volta “Mario il fotografo” ad una commemorazione della battaglia del Monte della Castagna di Toano. Da quel giorno fu un ininterrotto succedersi di incontri e col-laborazioni lungo i percorsi di memoria del-la Resistenza in Italia e in Europa: da Ce-falonia a Lubiana, da Pola a Berlino, dalla sua Albinea al cimitero tedesco di Verona, dove riposano, fra 21.000 soldati del Terzo Reich, i soldati antinazisti uccisi ad Albinea nel 1944. Innumerevoli gli incontri in oc-casioni commemorative in ogni borgo della nostra provincia, dalla chiesa appenninica di Tapignola al Po, ovunque sono caduti dei partigiani o uccisi dei civili in rappresaglie nazifasciste. Assieme ci recammo dal sig. Prefetto di Reggio per un incontro di com-miato; gli portammo in dono la Storia della Resistenza reggiana, di Guerrino Franzini e quella sulle Fiamme Verdi di Giovanelli. Tornando da un viaggio della Memoria al lager di Terezin, in Czechia, Mario mi volle nella delegazione che incontrava il nunzio apostolico a Praga (mons. Giovanni Coppa, che lui già conosceva) assieme a Romolo Fioroni.

Mario si era portato due fascine di rami d’ulivo da donare all’alto prelato per le im-minenti festività pasquali. Conversammo a lungo col Nunzio prima di congedarci.Mario incontrava le persone più umili così come la personalità più illustri, quali il Pontefi ce, il Presidente della Repubblica, i Sindaci di Berlino o di Melboume. Con tut-ti sfoderava il suo spontaneo e accattivante sorriso che favoriva subito lo stabilirsi di un’atmosfera amichevole. L’ex nunzio apostolico a Praga, diventato nel frattempo cardinale, non ha voluto man-care al funerale di Mario, svoltosi sabato 16 gennaio, celebrando la Messa di commiato nella chiesa di San Giacomo in Albinea. E’ stato il segno e la conferma di una grande amicizia.

Giacomo Notari

ERCOLE SIMONELLI12-04-1922/18-01-2010

Ercole era nato a Giarola di Ligonchio nel 1922 da una numerosa famiglia di contadi-ni poveri antifascisti, il padre Emilio mili-tò nella socialdemocrazia. L’armistizio lo trova soldato a Lione, in Francia. Con altri soldati, rientra in Italia praticamente a pie-di. Nell’estate del 1944, assieme ai fratelli Giovanni (classe 1923) e Ulderico (classe 1926), entra nelle formazioni garibaldine che operano a Ligonchio. Più tardi Ulderico passa al Battaglione alleato.Finita la guerra, Ercole emigra in Francia come bracciante. Sposatosi con una donna francese, tornerà poi in Italia con la moglie e tre fi gli, trovando lavoro come bracciante nella nostra pianura a Caprara di Campegi-ne, dov’è scomparso il 18 gennaio scorso.Lo ricorda la famiglia del fratello Domen-cio che offre a sostegno del giornale.

Giacomo Notari

EMILIO RAVAZZINI (MILETTO)

11° ANNIVERSARIOIl 28 febbraio ricorreva l’11° anniversario della scomparsa di Emilio Ravazzini Miletto. Nel ricordarlo con immutato affetto, la moglie Emma Bonetti, la fi glia Uliana e la sorella Clara Ravazzini sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

DINO ROSSI

5° ANNIVERSARIOPer onorare la memoria del marito Dino Rossi, nel 5° anniversario della scomparsa avvenuta il 23 gennaio 2005, la moglie Maria Mattioli, unitamente al fi glio Franco, sottoscrive pro

Notiziario.

12 aprile 2000 – Repubblica Ceca. Grande cimite-ro di Terezin, Mario Crotti e Romolo Fioroni.

24 agosto 2007 – La delegazione del Comune di Albinea in visita uffi ciale al cimitero di guerra di Costernano (VR) per rendere omaggio alle tome dei cinque soldati della Wehrmacht uccisi a Villa Rossi (Botteghe di Albinea) dai loro ex camerati il 26 e il 28 agosto 1944 perché scoperti quali colla-boratori dei partigiani. Da sinistra Claudio Venturi (ANPI), il vigile Luca Tagliavini, il sindaco Antonella Incerti, Giacomo Notari, don Bassissi (parroco di Albinea), Adriano Corradini (presidente Pro loco) e Mario Crotti (ALPI-APC)

40marzo 2010

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anniversari

FRANCESCO COSTI

4° ANNIVERSARIONel ricordare con affetto, nel 4° anniversario della morte, il fratello Francesco Costi, classe 1921, grande invalido di guerra, la sorella Bru-na offre pro Notiziario.

LUIGI MAIOLI (GIGI)

RICORDOPer ricordare Luigi Maioli Gigi, la moglie e le fi glie sottoscrivono pro Notiziario.

SELVINO LANZONI

65° ANNIVERSARIOIl 23 marzo ricorre il 65° anniversario della morte del Partigiano Selvino Lanzoni, della 77a bgt SAP, avvenuta a Casoni di Luzzara. Sono passati tanti anni, ma le sorelle Deleisa e Franca, insieme al marito Nino, lo ricorda-no sempre con tanto affetto. Per mantenere vivo il suo ricordo offrono per il Notiziario.

GIOVANNI GOVI

RICORDOInsieme al marito, Paola Torinelli vedova Govi, Benemerita della Resi-stenza, ricorda tutti i Caduti per la libertà offrendo per il Notiziario.Bruno Valcavi, dell’ANPI di Carpineti, coglie l’occasio-ne per rivolgere un sentito ringraziamento a Paola, assidua so-stenitrice dell’ANPI e del giornale dei partigiani reggiani.

ATHOS BRUGNOLI (ALVARO)

RICORDOPer ricordare la memoria di Athos Brugnoli, Giuseppe Brugnoli offre pro “Notiziario”.

BRUNO MANZOTTI

7° ANNIVERSARIOIl 25 febbraio ricorreva il 7° anniversario del-la scomparsa di Bruno Manzotti, antifascista, deportato nel 1943 in un campo di prigionia in Germania. Lo ricordano con tanto affetto la moglie Bruna Pecchini, i fi gli Marzia e Flavio con le loro famiglie. Nell’occasione sottoscri-vono pro “Notiziario”

.

PRIMO MONTECCHI

1° ANNIVERSARIOPer ricordare il 1° anniversario della mor-te del marito Primo Montecchi, avvenuta il 06-02-2009, Angiolina Lelli offre pro Notiziario.

SERGIO ROSSI (VIVERE) - SOFIA VALCAVI

ANNIVERSARIIn occasione del 7° anni-versario della scomparsa del Partigiano Sergio Ros-si Vivere avvenuta il 17 febbraio 2003, e in memo-ria di Sofi a Valcavi ved. Rossi, nel 3° anniversario della scomparsa, i fi gli Corrado e Onelia sotto-

scrivono pro “Notiziario”.

CELSO GIULIANI (WILLIAM)

30° ANNIVERSARIOPer ricordare, nel 30° anniversario della mor-te avvenuta il 11-06-1980, Celso Giuliani William, Partigiano combattente, ispettore Divisione SAP, poi cooperatore e per 16 anni presidente ASSO, la moglie e i fi gli lo ricor-dano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

AMUS FONTANESI

10° ANNIVERSARIOIl 16 marzo ricorreva il 10° anniversario della morte di Amus Fontanesi, eminente personag-gio della provincia di Reggio Emilia, noto per la sua intensa attività politica e sociale. Dedicò il suo impegno nel campo amministrativo, sia nel settore della pubblica amministrazione sia della cooperazione, operando con intelligenza

in molti e delicati processi di ristrutturazione. Fu anche apprezzato ri-cercatore storico e autore di libri sul mondo della cooperazione. La sua memoria, oltre che nella famiglia, rimarrà sempre viva in tutti coloro che coltivano ideali di democrazia e di pace. Il fi glio offre pro “Noti-ziario”.

AFRO CREMA

2° ANNIVERSARIOIl 17 febbraio ricorreva il 2° anniversario della perdita del caro Partigiano Afro Crema, di Rio Saliceto, comandante di distaccamento della 37a bgt GAP, operante in pianura. La moglie Luciana Pallicelli e i fi gli Claudio e Luciano lo vogliono ricordare come uomo stimato e ben-voluto da tutto il paese per l’impegno sociale

disinteressatamente profuso a favore dei più deboli per tutto la vita of-frendo a favore del Notiziario.

41marzo 2010

notiziario anpi

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REGGIOCHECHEPARLAAiax: il cavaliere biancoAiax: il cavaliere bianco“Rinuncio ai miei diritti per una mora-toria sugli ipermercati”

(Luigi Maramotti)“ ... oltre a sollecitare la magistratura contabile e ordinaria ad approfondire i motivi di un'alienazione probabilmen-te avvenuta in una condizione di forte favore”

(Giuseppe “franz” Pagliani, PDL)

Bei tempi!Bei tempi!“Nel PD tutti i glangli vitali del parti-to, dall’organizzazione agli enti locali, dall’informazione alla tesoreria fi no alla segreteria sono in mano a ex DS: sembra il PCUS”

(Renzo Lusetti, ex PD)

La kulturaLa kultura“Nell’ultimo Consiglio comunale di Ru-biera la Lega Nord ha dato l’ennesima prova di difesa dei valori culturali e sto-rici su cui la nostra società è si è fonda-ta e sviluppata”

(Stefano Ruozzi, Lega Nord)

"E mi piace leggere di fi losofi a" (Fabrizio Traini, rapinatore filosofo)

Tintarella di lunaTintarella di luna“Ha la pella chiara e molto delicata” (Aydin Abbullah)

Le colpe dei padri...Le colpe dei padri..."Ho seguito una prassi praticata da questa amministrazione fi n dagli anni Novanta"

(s. Graziano Delrio, sindaco)

"Davvero non avverte Delrio il dovere morale di verifi care con perizie aggior-nate se il valore di concambio delle due aziende non sia cambiato?"

(Antonella "provvidenza" Spaggiari, ex sindaco)

Geni della lampadaGeni della lampada“Nei momenti di diffi coltà l’ingegno si aguzza. Da qui l’idea di Irecard” (Gianni Borghi, presidente Associazioni industriali Reggio

Emilia)

"Direi di no. Ma non bisogna disperare: le crisi, tutte le crisi, hanno un inizio e una fi ne"

(Giorgia Iasoni, presidente Gruppo giovani impreditori reggiani)

"Abbiamo bisogno di strategie, di un progetto di città"

(Giorgia Iasoni)

ssssssstssssssst“Ho conosciuto Bettino Craxi al Con-gresso del PSI dell’autunno del 1972. Avevo solo 21 anni...”

(Mauro Del Bue, PSI)

Consulenze matrimonialiConsulenze matrimoniali“Ci siamo chiariti: i sindacati non met-tono in discussione il fatto che ci sia una scelta politica che è anche una scelta economica legittima e con grandi po-tenzialità come quella della fusione”

(s. Graziano Delrio, sindaco)

Scordiamoci il passato...Scordiamoci il passato..."Sarebbe troppo facile ricordargli che la sua scelta politica, candidandosi per le elezioni della provincia solamente nove mesi fa, non ha raccolto il consen-so degli iscritti della CGIL reggiana, ha perso le elezioni contro Ferrigno di Ri-fondazione non è entrato in consiglio provinciale"

(Beppe Pagani, PD)

"Posso solo dire che mi dispiace" (Luciano Fantuzzi, ex padrone delle Reggiane)

Palla lunga e pedalarePalla lunga e pedalare“Non c’è bisogno di fermarsi. Anzi, è necessario procedere con speditezza. Anche i tempi hanno la loro importan-za”

(Marco Prandi, PD)

"Mi sembra che il traffi co sia un po' meno fl uido, ma noi siamo abituati a superare gli ostacoli"

(Marisa, CRI)

Gratuità dell’amoreGratuità dell’amore"Desidero ringraziare voi tutti perché garantite ogni giorno la sicurezza della nostra comunità"

(s. Graziano Delrio, sindaco)

Il Grande fi umeIl Grande fi ume"Nel prossimo consiglio verranno espo-sti i dati sinora elaborati dagli uffi ci. In ogni caso, il bilancio del comune di Luzzara non presenta alcun dissesto fi -nanziario, così come più volte ribadito nei giorni scorsi"

(Stefano Donelli, sindaco Luzzara)

"Al momento non ci risulta quel disse-sto"

(Luca Bosi, assessore Luzzara)

AmenAmen"Il sindaco Delrio spieghi perché una nevicata mette in ginocchio la città"

(Marco Eboli, PdL)

"Mi meraviglio che la Lega – ovvero i difensori del crocifi sso – voglia colpire persone come san Francesco che viveva soltanto di accattonaggio"

(Luca Cattani, PD)

Franza o Spagna...Franza o Spagna..."Ferrigno si interroghi sulla sua coe-renza politica, dato che il PD a Reggio come a Bologna è partito di maggio-ranza e se da una parte lui lo attacca dall'altro lo usa per sbarcare il lunario"

(Ilenia Malavasi, PD)

AmnesieAmnesie"Ci siamo scordati del PdCI"

(Liana Barbati, vice sindaco)

La lotta continuaLa lotta continua"Oggi si confrontano semplicemente due mozioni che partono sì da posizio-ni diverse, ma in un contesto di piena democrazia. Il che è positivo. Nessuno sta pensando a scissioni, nè di voler colpire la confederalità della CGIL"

(Gianni Rinaldini, FIOM)

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Anche con questo fi lm il grande Clint

Eastwood pare aver confezionato un altro

capolavoro...

La storia è ambientata in Sud Africa. Subito dopo essere stato eletto presidente, Nelson Mandela (Morgan Freeman), deve trovare un modo per riunire la popolazione del suo paese letteralmente spaccata in due: i bian-chi ed i neri. Nonostante l’apartheid sia sta-to uffi cialmente sconfi tto, si manifestavano ancora molte forme di razzismo. Mandela, quindi, per riunire il paese, approfi tta del-la Coppa del Mondo di Rugby del 1995. Infatti, proprio quell’anno agli Springboks (il soprannome della nazionale sudafricana di rugby) è permesso partecipare ad even-ti internazionali. Partecipazione proibi-ta a partire dagli anni ’80 proprio a causa dell’apartheid. Mandela voleva che il Sud Africa vincesse il mondiale, sperando che questo evento di grande importanza potesse in qualche modo riunire il Paese. Purtroppo gli Springboks erano reduci da numerose sconfi tte e risentivano di una squadra poco organizzata. Infatti, secondo alcuni addet-ti ai lavori, non avrebbero potuto superare neppure i quarti di fi nale. Mandela però non si arrese e convocò il capitano della squadra Francois Pienaar (Matt Damon) per infor-marlo di cosa aveva bisogno l’intero Sud Africa.In attesa dell’uscita anche sui nostri scher-mi leggiamo un articolo apparso sulla “Re-pubblica” riguardante l’uscita francese del fi lm di Eastwood: “Mai in una sala cinema-tografi ca avevo visto tutti gli spettatori, ma proprio tutti – 215 – alzarsi in piedi e ap-plaudire un fi lm in modo così caldo e con-vinto. È successo ieri a Parigi in un cinema del boulevard Saint Germain alla fi ne di In-victus che racconta e celebra la vittoria del Sudafrica nella coppa del mondo di rugby

del 1995. Era l’anno successivo all’elezio-ne di Nelson Mandela alla presidenza della Repubblica. Ed è stato uno spettacolo più emozionante dello spettacolo perché i pa-rigini sono freddi e cortesi e anche al ci-nema non si fanno troppo incantare dalle ribalte fatate. Invece ieri sera, dopo un’ora e mezza di epica dello sport coniugata con la democrazia e con l’antirazzismo, non sembrava più di essere al cinema ma a tea-tro o meglio ancora allo stadio Ellis Park di Johannesburg dove appunto i ragazzi verde oro, gli Springbocks, battevano gli avver-sari, i leggendari All Blacks della Nuova Zelanda, ma soprattutto battevano i prono-stici e se stessi, l’apartheid, l’odio razziale, i pregiudizi che sino ad allora, sotto la com-media del tifo civile ed elegante, avevano incarnato e simboleggiato”. Francesco Merlo continua scrivendo: “Il fi lm racconta la geniale intuizione di Man-dela: appropriandosi di quei colori e di quel simbolo sportivo che il popolo nero, feroce-mente umiliato, voleva comprensibilmente abolire, riuscì a trasformare la squadra nell’offi cina democratica di un intero Paese, la squadra dei pingui poliziotti bianchi e dei malnutriti ladruncoli neri, del ricco spaven-tato e del povero rancoroso. Mandela capì che lo sport poteva accendere la passione unitaria, diventare uno strumento formida-bile di integrazione, il laboratorio di un’idea di Paese, lo scrigno magico di nuovi valori condivisi, la banca delle risorse del sudafri-cano del futuro. Il fi lm è uno schiaffo per un italiano che è abituato alle Curve Nord e alle Curve Sud dove l’odio è permesso e tollerato, luoghi a statuto speciale dove si picchia e si lincia, si insulta e ci si divide

e senza neppure la lealtà dello scontro, na-scosti e protetti dalla folla, che è la dimen-sione del fuorilegge, l’anomia e l’impunità. Anche in Sudafrica, prima di Mandela, lo stadio era diventato la nicchia del nativi-smo e del razzismo con i neri che tifavano sempre e comunque contro gli Springbocks, sgolandosi e dimenandosi e sputando sui colori del proprio paese. Mandela rovescia il mito che era stato costruito per opprime-re, scova il valore che cova in ogni sport ed espugna la cittadella inespugnabile. Ma c’è di più in quel lungo applauso del pubblico parigino. C’è l’ovazione alla pulizia di un cinema che racconta i sapori forti, la morte crudele e il più violento dei confl itti etnici e razziali, con le allusioni e con gli accenni discreti. Niente brutte parole, niente sangue, niente bestemmie. C’è un Mandela poeta, il magnifi co Morgan Freeman, che lascia una prigione dove penetrava una luce divina, e cerca di imporre al proprio disgraziato e bellissimo Paese la cultura del pudore. Mandela amplifi ca sino all’epopea i colori tenui delle buone maniere e la dolcezza del-le mezze tinte, è il massimo della gentilezza contro il massimo della ferocia”. Insomma anche con questo fi lm il grande Clint Eastwood pare aver confezionato un altro capolavoro.

Anch

CHE

Invictus è un fi lm di Clint Eastwood in uscita nelle sale italiane per il 26 feb-braio 2010. Ispirato alla vita di Nelson Mandela, interpretato da Morgan Fre-eman, durante la Coppa del Mondo di rugby 1995 in Sud Africa. Matt Damon interpreta Francois Pienaar, capitano della nazionale di rugby sudafricana.

INVICTUSINVICTUS

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- LIDIA VALERIANI – a sostegno euro 25,00

- FRANCESCO GRASSELLI – contributo “ 10,00- GIULIANO GIULIANI e famiglia – in memoria di Celso Giuliani “William” “ 50,00

- DANTINA IOTTI – a sostegno “ 25,00

- DIMMA ROSSI e famiglia – per onorare il fratello Dino “ 100,00

- MARIA MATTIOLI – in memoria di Dino Rossi insieme a Franco “ 100,00

- GIUSEPPINA e VIOLETTA COCCONI – in memoria di Demos Manzotti “ 100,00

- ARMANDO SILVA – sottoscrizione “ 110,00

- ANNA FIORANI – per ricordare il padre Zefferino “ 50,00

- ANTONIO TIRELLI, Correggio – a sostegno “ 25,00

- MIRIA e MARZIA MAIOLI – a ricordo di Luigi Maioli “Gigi” “ 50,00

- SALVATORE RUSSO – a sostegno “ 30,00

- PIERINO BONI – sottoscrizione “ 20,00

- ANGIOLINA LELLI – in onore del marito Primo Montecchi “ 50,00

- CORRADO MARCHETTI, Vill.gio Catellani – a sostegno “ 20,00

- EURIDE NOTARI – contributo “ 20,00

- GIUSEPPE BRUGNOLI – in memoria di Athos “Alvaro” “ 50,00

- PAOLA TORINELLI GOVI – a ricordo del marito Giovanni e di tutti i caduti “ 20,00

- PIERINA CATELLANI, BARBIERI ARISTIDE e ALDO – in memoria di Fulvio Barbieri “Gor” nel 9° anniversario della scomparsa “ 100.00

- EUGENIO CARRETTI – a sostegno “ 20,00

- DELGISA e FRANCA LANZONI – per onorare Selvino Lanzoni “ 50,00

- AGOSTINO NASI, Rolo – a sostegno “ 50,00

- BRUNA BALDO, Reggiolo – contributo “ 20,00

- ALMA MORSIANI e FIGLI – in memoria di Mario Boselli “ 50,00

- CESARINO COSTI – sostegno “ 15,00

- CORRADO e ONELIA ROSSI – in ricordo di Sergio Rossi e Valcavi Sofi a “ 50,00

- DOMENICO SIMONELLI e fam. a ricordo del fratello Ercole “ 50,00

- UMBERTO ORLANDINI – a sostegno “ 5,00

- GIOVANNI MARIOTTI, Associazione Garibaldini – contributo “ 50,00

- BRUNA COSTI – in ricordo del fratello Francesco “ 25,00

- ELENA CORRADINI – a sostegno “ 20,00

- GIUSEPPINA MONTANARI – a ricordo del marito Amus Fontanesi “ 50,00

- ROMEO GOTTARDI e SILVANA BOIDI – sostegno “ 50,00

- AVE ROSATI e fi gli – in memoria di Franco Datteri nel 17° ann.rio scomparsa “ 50,00

- ALDO TEDESCHI e MARISA GAZZINI – in ricordo dei loro cari “ 25,00

- EMMA BONETTI e fi glia Uliana – in onore del marito Emilio Ravazzini “Milietto” “ 50,00

- CLARA RAVAZZINI – per ricordare il fratello “Milietto” “ 50,00- FAM. MANZOTTI in ricordo di Bruno Manzotti “ 30,00

Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO

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ANPI - Associazione Nazionale partigiani d’Italia di Reggio Emilia e di Modena

CENTRO TURISTICO MODENESE DI ROBINTUR in collaborazione con:

AANppaEEm

in Liguria in Liguria fi no a marzo fi no a marzo e a e a IschiaIschia fi no a maggio ... fi no a maggio ... alle alle Terme di ChiancianoTerme di Chianciano da maggio a settembreda maggio a settembrein in TunisiaTunisia e e DjerbaDjerba marzo e aprilemarzo e aprilea a PragaPraga 16-20 aprile16-20 aprile

NPI - Associazione NazionaleCENTRO TURISTICO ANAAN

PIAN

PITO

URTO

UR

RISERVATO AI SOCI A.N.P.I.RISERVATO AI SOCI A.N.P.I.per informazioni ANPI O522 432991 dal lunedì a venerdì 8:30-12

Emirati Arabi e dintorni

2-10 maggio2-10 maggio

OLTRE OCEANOPerù 3-20 maggio

CROCIERECROCIEREIsole greche 7-14 giugno7-14 giugno

GRANDI OFFERTEGRANDI OFFERTECastelli della Loira e Parigi Castelli della Loira e Parigi 15-22 maggio15-22 maggio

Stati UnitiStati Uniti 31 maggio-7 giugno31 maggio-7 giugno

Mosca-Mosca-San PietroburgoSan Pietroburgo 13-20 maggio13-20 maggio

SOGGIORNISOGGIORNI

Tour in Giordania 13-20 aprile

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8 marzo

DONNE DADONNE DA

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“COPERTINA”2000-2010

Le copertine del Notiziario dedicate alle donne

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20Le

DONNE DA

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Associazione Provinciale di Reggio Emiliavia Maiella, 4 - Tel. 0522 3561

www.cnare.it

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IL NOTIZIARIO ANPI – Periodico di politica, storia, memoria, cultura e informazione varia

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