2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate · tardo medioevale e moderna è...
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2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate
2.1. Lo sviluppo del centro storico turatese, e la sua gestione negli strumenti di pianificazione vigenti e
previgenti
In termini di evoluzione storica, la banca dati Siusa15 relativa ai beni culturali restituisce un quadro
dettagliato circa l’evoluzione del territorio turatese.
Turate è citato come Thurao, terra donata nel 712 dal Re longobardo Liutprando al Monastero S. Pietro in
Cielo d’Oro di Pavia. Il territorio fu abitato dagli Insubri e dai Longobardi. La storia del borgo nell’età
tardo medioevale e moderna è strettamente legata a quella di una potente famiglia nobiliare lombarda, i
Caimi. Con l’abolizione del sistema feudale anche Turate diventa borgo libero e pienamente autonomo,
tant’è che al 1827 risale il primo documento con timbro “Comune di Turate” , documento con cui il
territorio viene denominato Deputazione amministrativa comunale. Nel 1860 per la prima volta il capo
dell’Amministrazione viene chiamato Sindaco.
Negli “Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346” Turate risulta incluso nella
pieve di Appiano e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della “strata da Bolà” come “el
locho da Turà”. Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1552 e dei successivi aggiornamenti sino
al XVIII secolo, Turate risulta ancora compreso nella pieve di Appiano dove ancora lo si ritrova nel 1644.
Con diploma del re Filippo IV del 19 gennaio 1623 il comune venne concesso in feudo a Gaspare Caimi.
Nel “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751, Turate era sempre inserito nel ducato di
Milano, ancora nella pieve di Appiano ed il suo territorio comprendeva anche i cassinaggi di Prato, Piatti,
Mascazza e Fagnana. Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il
comune, infeudato al conte Ignazio Caimi al quale la comunità non versava alcun tipo di contribuzione,
contava in tutto 1300 anime. Disponeva di un consiglio, che si riuniva nella pubblica piazza, e di un console
che veniva eletto senza alcun termine temporale e che amministrava il comune con la supervisione dei
“compossessori”. Il comune si avvaleva inoltre di un cancelliere, regolarmente retribuito, che aveva tra
l'altro il compito della cura delle scritture che erano conservate nella casa del feudatario. Incaricato delle
riscossioni dei carichi e del pagamento delle spese era un solo esattore. Il comune era sottoposto alla
giurisdizione di un podestà feudale. Il console prestava giuramento alla banca criminale del Vicariato del
Seprio di Gallarate. Sempre inserito nella pieve di Appiano, il comune compare nell’“Indice delle pievi e
comunità dello Stato di Milano” del 1753 ancora appartenente al ducato di Milano.
Nel nuovo compartimento territoriale dello Stato di Milano, pubblicato dopo la “Riforma al governo e
amministrazione delle comunità dello stato di Milano”, il comune di Turate venne inserito tra le comunità
della pieve di Appiano, nel territorio del ducato di Milano. Nel 1771 il comune contava 1.599 abitanti. A
seguito della morte del conte Ignazio Caimi avvenuta nel 1785, il comune, sino ad allora infeudato, tornò
nelle disponibilità della R. Camera. Con la successiva suddivisione della Lombardia austriaca in province,
il comune di Turate, sempre collocato nella pieve di Appiano, venne inserito nella Provincia di Gallarate. In
forza del nuovo compartimento territoriale per l’anno 1791, la pieve di Appiano, di cui faceva parte il
comune di Turate, venne inclusa nel XXXI distretto censuario della provincia di Milano.
A seguito della suddivisione del territorio in dipartimenti, prevista dalla costituzione della Repubblica
Cisalpina dell’8 luglio 1797, con legge del 26 marzo 1798 il comune di Turate venne inserito nel
Dipartimento del Verbano, Distretto di Appiano. Con successiva legge del 26 settembre 1798 il comune
venne trasportato nel Dipartimento dell’Olona, Distretto XIX di Tradate. Nel gennaio del 1799 contava
1.477 abitanti. Secondo quanto disposto dalla legge 13 maggio 1801, il comune di Turate, inserito nel
Distretto quarto di Gallarate, rimase compreso nel Dipartimento dell'Olona. Con la riorganizzazione dei
dipartimenti, avviata a seguito della legge di riordino delle autorità amministrative e resa definitivamente
esecutiva durante il Regno d’Italia, Turate venne collocato nel Dipartimento del Lario, Distretto I di Como,
Cantone VI di Appiano. Il comune di Turate nel 1805 contava 1.472 abitanti. Il successivo intervento di
concentrazione disposto per i comuni di II e III classe, vide Turate allargare i propri confini territoriali con
15 http://siusa.archivi.beniculturali.it
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l’aggregazione del comune di Gerenzano. Inserito nel Distretto I di Como, Cantone VI di Appiano, dopo
l’unione il comune contava 2.401 abitanti. Tale aggregazione non compare più (probabilmente per
un’omissione) nella successiva compartimentazione del 1812.
Con l’attivazione dei comuni della provincia di Como, in base alla compartimentazione territoriale del
regno lombardo-veneto, il comune di Turate venne inserito nel distretto XXIII di Appiano. Il comune di
Turate, dotato di convocato, fu confermato nel distretto XXIII di Appiano in forza del successivo
compartimento delle province lombarde. Col compartimento territoriale della Lombardia, il comune di
Turate venne inserito nel distretto V di Appiano. La popolazione era costituita da 2.510 abitanti.
In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento
territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Turate con 2.779 abitanti, retto da un
consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento XIII di Appiano,
circondario I di Como, provincia di Como. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva
una popolazione residente di 3.012 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull'ordinamento
comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio.
Popolazione residente nel comune: abitanti 2.988 (Censimento 1871); abitanti 3.234 (Censimento 1881);
abitanti 3.004 (Censimento 1901); abitanti 3.826 (Censimento 1911); abitanti 4.109 (Censimento 1921). Nel
1924 il comune risultava incluso nel circondario di Como della provincia di Como. In seguito alla riforma
dell'ordinamento comunale disposta nel 1926 il comune veniva amministrato da un podestà. Popolazione
residente nel comune: abitanti 4.515 (Censimento 1931); abitanti 4.658 (Censimento 1936). In seguito alla
riforma dell'ordinamento comunale disposta nel 1946 il comune di Turate veniva amministrato da un
sindaco, da una giunta e da un consiglio. Popolazione residente nel comune: abitanti 5.158 (Censimento
1951); abitanti 5.357 (Censimento 1961); abitanti 6.599 (Censimento 1971). Nel 1971 il comune di Turate
aveva una superficie di ettari 1.012.
Rinviando ai paragrafi successivi la storia recente del territorio, approfondiamo in questo frangente la
relazione intercorrente tra l’insediamento turatese e le aree limitrofe facendo riferimento alla cartografia
storica disponibile. La Carta del Lombardo Veneto del 1833 delinea la conformazione degli edifici
costituenti il nucleo d’antica formazione così come rilevato dall’atlante regionale lombardo.
Estratto della Carta Topografica ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833. Si nota la geografia del centro storico, sorto in
prossimità dei due incroci tra le attuali vie Cavour, Vittorio Emanuele (e Piazza Alessandro Volta), S. Pietro
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Sovrapposizione tridimensionale tra la carta storica 1930 TCI e gli edifici ricadenti ad oggi nel nucleo storico principale
(perimetro identificato con perimetro e campitura in colore rosso)
In termini di relazioni con i comuni limitrofi, la seguente carta del 1930 TCI relativa alla Brianza restituisce il
rapporto tra la realtà turatese ed i limitrofi comuni: Gerenzano è separato da Turate dal passaggio di assi
infrastrutturali quali la linea ferroviaria, la medesima che partendo da Milano connette Saronno e la Brianza
nordoccidentale.
Estratto della Carta Topografica ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833. Si nota la geografia del centro storico, sorto in
prossimità dei due incroci tra le attuali vie Cavour, Vittorio Emanuele (e Piazza Alessandro Volta), S. Pietro
Al tempo stesso, il passaggio dell’attuale autostrada dei Laghi incide sulla divisione del territorio comunale
in una porzione occidentale e una orientale, quest’ultima interessata, negli ultimi decenni, dall’espansione
industriale.
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Come si evince dalla seguente immagine (tratta del risultato di un’elaborazione prodotta in ambiente Gis
degli strati informativi relativi ai nuclei d’antica formazione delle provincie di Varese, Como, Milano,
Lecco), lo sviluppo territoriale Brianzolo presenta un modello di crescita strutturato in una molteplicità di
centri di medie e piccole dimensioni.
Spazializzazione dei principali nuclei storici brianzoli, localizzati nelle vicinanze di Turate
(elaborazioni proprie su base informativa regionale: Geoportale Regione Lombardia)
L’immagine riportata evidenzia come il maggior numero dei nuclei storici brianzoli sorga in corrispondenza
di assi viabilistici di primaria importanza, quale la direttrice Saronno-Varese, oggi strada provinciale n. 233,
e le strade provinciali n. 32 e 24 di orientamento est-ovest. Uno dei vantaggi che caratterizzano il nucleo
storico turatese è dato proprio dall’assenza di un importante asse viabilistico che lo attraversi, che avrebbe
potuto interferire (come si rileva per numerosi altri nuclei lombardi, di valore storico) con la fruibilità del
medesimo da parte della popolazione residente. Un fattore questo che ha condotto, e sta conducendo, molti
comuni a rivedere le proprie logiche di organizzazione della mobilità al fine di realizzare soluzioni che
restituiscano al centro la propria intrinseca valenza di polarità della vita comunale. Il nucleo turatese presenta
al tempo stesso il vantaggio di localizzarsi sia in prossimità di un asse viario di primaria importanza sia in
prossimità con il nucleo storico di Saronno, quest’ultimo crocevia di trasporto su gomma e su ferro la cui
centralità è andata consolidandosi nel tempo. In termini di estensione si nota come il nucleo turatese, pur
caratterizzato ad oggi da un numero limitato di abitanti rispetto alla limitrofa realtà saronnese, e da un
numero mediamente superiore rispetto alle altre realtà locali, presenti sostanzialmente la medesima
estensione degli altri centri storici. Ciò sottolinea la sostanziale equipollenza che fino al termine del XIX
secolo ha contraddistinto l’ambito brianzolo, con medio/piccole realtà, distanti dai grandi centri identificati in
Monza, Milano, Como, Varese, Lecco, la cui dimensione, e quindi influenza, è mutata progressivamente con
il XX secolo.
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Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano
Centro storico di Rovello Porro Centro storico di Lomazzo
Le immagini riportate fanno riferimento ai centri storici di 4 comuni limitrofi a Turate, i cui tessuti si
presentano in condizioni analoghe: urbanizzato compatto caratterizzato dalla cortina edilizia chiusa, che si
contrappone alle moderne tipologie edilizie, tipiche dell’espansione otto/novecentesca (edificio isolato su
lotto, cortile o giardino di fruizione del proprietario dell’immobile). In questo senso, s’intrecciano le
considerazioni in merito alle differenze esistenti a livello infrastrutturale ed insediativo tra città storica e città
moderna/contemporanea: le seguenti rappresentazioni derivate dalla banca dati Dusaf (Destinazione d’uso
dei suoli agricoli e forestali), permettono di cogliere le analogie tra i nuclei in esame.
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Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano Centro storico di Rovello Porro
Centro storico di Lomazzo Centro storico di Turate Centro storico di Mozzate
La scala di dettaglio a cui risulta redatto il progetto Dusaf non risulta appropriata ai fini della precisa
localizzazione di fenomeni, quali le diversità del sistema insediativo, a scala comunale. Le immagini
riportate indicano, in colore scuro, il tessuto residenziale denso, ed invece il colore chiaro le aree residenziali
realizzate con impianto morfo/tipologico differente.
Inoltre si nota come in tutti i casi in esame, l’infrastruttura di connessione a livello intercomunale, arteria di
traffico potenzialmente interferente con la fruizione pedonale del centro storico, si attesti esternamente ai
confini della città storica o comunque marginalmente ad essa.
Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano Centro storico di Rovello Porro
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Centro storico di Lomazzo Centro storico di Turate
Oltre ai nuclei storici così individuati, che si caratterizzano prevalentemente per la morfo/tipologia esito di un
processo storico di sedimentazione e trasformazione che ha visto nascere e consolidarsi la specifica realtà
comunale, esistono nuclei secondari derivanti dall’esistenza di frazioni o di insediamenti di matrice agricola
In questo senso, sono identificabili numerosi casi della seguente carta ove, in colore azzurro, sono evidenziati
i nuclei secondari, sia di matrice agricola che derivanti da frazioni secondarie distanti dall’insediamento
principale.
A differenza di altre realtà della provincia comasca, i nuclei secondari di Turate non risultano conglomerati
in insediamenti recenti di considerevoli dimensioni, presentandosi invece come nuclei di matrice cascinale
che si sono mantenuti separati (salvo un paio d’eccezioni) dalla più recente urbanizzazione del territorio
agricolo.
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Frazione di Limido comasco Frazione di Lomazzo Frazione di Mozzate Frazione di Misinto
Al fine di restituire il quadro dei nuclei storici effettivamente presenti nel territorio di Turate, così da
riconoscerne le intrinseche peculiarità, si considerano di seguito i singoli nuclei.
Nell’immagine a lato sono riportati i nuclei
storici presenti nel territorio comunale, con
l’insediamento principale identificato dal
numero 5, inglobato dal tessuto
d’espansione otto/novecentesca ed un
numero di centri secondari dislocati in aree
marginali. Nello specifico, tali nuclei, le cui
caratteristiche sono dettagliate nel seguito,
sono identificabili con:
1. Cascina Fagnana
2. Cascina Mascazza
3. Santa Maria in Campagna
4. Cascina Piatti
5. Nucleo storico principale
Le seguenti schede confrontano l’immagine
satellitare al 2011 con la Carta Topografica
ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833.
1. Nucleo di Cascina Fagnana: si colloca ai confini sudoccidentali del territorio, tra i Comuni di Cislago e
Gerenzano, in corrispondenza di un insediamento secondario di matrice residenziale sorto recentemente.
3
4
2
1
5
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2. Nucleo di Cascina Mascazza: ubicato al confine con il Comune di Cislago, si presenta sin dalle origini
come agglomerato di edifici di matrice rurale orientato all’utilizzo primario dei terreni circostanti,
caratteristica mantenuta e preservata sino ad oggi.
3. Nucleo di Santa Maria in Campagna: immediatamente a nord dell’insediamento principale, risulta
parzialmente intercluso in aree residenziali di recente espansione all’incrocio tra due assi stradali quali la
via S. Maurizio e via Como.
4. Nucleo di Cascina Piatti: è l’insediamento posto più a nord nel territorio comunale, per la precisione in
corrispondenza del confine con Limido Comasco e Fenegrò; ha mantenuto nel corso dei secoli l’originaria
impostazione di nucleo agricolo cascinale, non risultando oggetto di espansione residenziale.
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5. Nucleo storico principale: il nucleo principale si sviluppa in corrispondenza dell’intersezione di diversi
assi viabilistici, rilevanti già nel 1833. L’episodio insediativo di pregio ubicato lungo via Caimi è
eccezione ad una struttura per la maggior parte coesa, con un buon coefficiente di forma (rapporto tra
perimetro ed area del poligono corrispondente all’estensione del nucleo d’antica formazione). La
perimetrazione del nucleo storico è stata oggetto negli ultimi anni a revisioni finalizzate a cogliere la reale
consistenza degli immobili e degli spazi inedificati (piazze, giardini) effettivamente connessi alla memoria
storica ed alla tradizione, tali per cui s’impone la necessità di un trattamento particolare finalizzato alla
conservazione degli elementi di pregio effettivamente insistenti negli immobili.
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Le immagini riportate accentuano la distinzione tra nuclei ormai conglomerati nel tessuto urbano consolidato
e nuclei extraurbani di matrice agricola: in riferimento al solo Comune di Turate si riporta di seguito la
distribuzione delle cascine individuate.
Caratteri dei 3 nuclei cascinali identificati
su base regionale Dusaf 1999
In termini di peculiarità presenti nel tessuto urbano, si procede di seguito all’identificazione degli elementi di
pregio rilevati a livello regionale quali “beni culturali”, fondamentali per la cultura e l’identità della comunità
turatese. In tal senso prevalgono gli elementi di matrice religiosa, a testimonianza del radicato legame
esistente tra religione e comunità nell’area Brianzola. Gli unici elementi civili degni di nota si riconoscono
nel Palazzo Ala Ponzone-Pollini, così come nella Casa Militare Umberto I di matrice marcatamente militare.
Denominazione Classe Tipo Indirizzo
1. Chiesa dei SS. Pietro e
Paolo
Architettura religiosa e rituale Chiesa P.za della chiesa, 4
2. Campanile della Chiesa dei
SS. Pietro e Paolo
Architettura religiosa e rituale Campanile P.za della chiesa, 4
3. Palazzo Ala Ponzone-
Pollini
Architettura per la residenza, il terziario e i
servizi
Palazzo Via Vittorio Emanuele, 2
4. Oratorio di S. Giuseppe Architettura religiosa e rituale Oratorio Via Vittorio Emanuele
5. Chiesa di S. Girolamo Architettura religiosa e rituale Chiesa Via San Gerolamo
6. Santuario della Madonna in
Campagna
Architettura religiosa e rituale Chiesa Via Santa Maria, 1
7. Campanile del Santuario
della Madonna in Campagna
Architettura religiosa e rituale Campanile Via Santa Maria, 1
8. Casa Militare Umberto I Architettura per la residenza, il terziario e i
servizi
Palazzo P.za Alessandro Volta, 27
(P)
9. Chiesa della Madonna della
Mediglia Miracolosa
Architettura religiosa e rituale Chiesa P.za Alessandro Volta
Gli unici immobili sottoposti a vincolo risultano essere la Casa militare Umberto I e il Palazzo Ala Ponzone-
Pollini. A seguire si riportano le schede sintetiche relative agli immobili censiti nella banca dati online
http://www.lombardiabeniculturali.it.
A
A
B B
C
C
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1/2. Chiesa dei SS. Pietro e Paolo - complesso
Epoca di costruzione: sec. XVII - sec. XX
Comprende: Santuario della Madonna in Campagna; Campanile del Santuario della Madonna in Campagna
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
La Chiesa Parrocchiale SS. Pietro e Paolo, eretta verso il
1.000 d.c., inizialmente aveva la porta centrale sulla
facciata settentrionale. Al tempo di S. Carlo, quando
venne in visita pastorale nel 1574, era costituita da una
navata centrale e una laterale dalla parte dell’attuale
battistero, al posto del quale allora vi era un altare
dedicato a S.Ambrogio. Durante il corso dei secoli, la
Chiesa subisce continue modifiche fino al 1848 quando
viene ingrandita e assume la configurazione attuale.
3. Palazzo Ala Ponzone - Pollini - complesso
Epoca di costruzione: fine sec. XVII – inizio sec. XVIII
Comprende: Palazzo Ala Ponzone
Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico
territoriale. Sorto su un palazzo quattrocentesco, fu
residenza di diverse famiglie nobili sino alla cessione alla
parrocchia nel 1956 e a quella al Comune nel 1992.
Risulta attualmente occupato dagli uffici comunali,
caratterizzata dal punto di vista architettonico per i dipinti
e le decorazioni floreali di matrice barocca. Risulta
disposto lungo l’asse principale di direttrice nord/sud
interno al nucleo, percorso ideale per la fruizione del
patrimonio di pregio e al tempo stesso per la fruizione del
centro storico nel suo insieme.
5
6, 7 4
1, 2
3
8
9
59
4. Oratorio di S. Giuseppe
Comprende: Oratorio di S. Giuseppe
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
5. Chiesa di S. Girolamo
Comprende: Chiesa di S. Girolamo
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
La chiesa, ubicata nella frazione Fagnana, era di proprietà
dei marchesi Fagnani che avevano nella frazione case e
terreni. Nel luglio 1947 vennero riparati il campanile e il
tetto, e a conclusione dei lavori vennero collocate tre
campane consacrate. L’oratorio adiacente esisteva già al
tempo di S. Carlo, che ne fa menzione nei suoi decreti.
6/7. Santuario della Madonna in Campagna - complesso
Epoca di costruzione: sec. XIV - sec. XV
Comprende: Santuario della Madonna in Campagna,
Campanile del Santuario della Madonna in Campagna
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Il Santuario ha sostituito due antiche chiesette abbattute
proprio per far posto a quella attuale. Si trattava della
Chiesa di S. Maria e di S. Maurizio.
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8. Casa Militare Umberto I - complesso
Epoca di costruzione: 1820 circa
Comprende: Casa Militare Umberto I
Condizione giuridica: proprietà privata
Villa nata alla fine del 1700 per volontà della famiglia Ala
- Ponzoni, circondata originariamente da un vasto parco;
fu acquistata nel 1897 dagli illustri turatesi Amato Amati,
Giacinto Bruzzesi e Giuseppe Candiani (detti l’A. B. C. di
Turate), con il concorso della Cassa di Risparmio delle
Provincie Lombarde: venne così trasformata in una casa
di riposo per reduci. Al suo interno è sorto, nel corso del
tempo, un museo di storia militare.
9. Chiesa della Madonna della Mediglia Miracolosa
Epoca di costruzione: sec. XX
Comprende: Chiesa della Madonna della Mediglia
Miracolosa
Condizione giuridica: proprietà privata
La seguente rappresentazione tridimensionale permette di cogliere la disposizione degli edifici in oggetto
rispetto al sistema insediativo turatese.
Vista della Chiesa di S. Girolamo Vista del Santuario della Madonna in Campagna
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Vista dei beni culturali ubicati nel nucleo storico principale
Il centro di Turate nella pianificazione territoriale
Considerare il centro storico di Turate dal punto di vista dei documenti di pianificazione a scala comunale e
sovralocale, implica un primario riferimento al Piano territoriale regionale (Ptr) che ha assunto i contenuti
precedentemente predisposti tramite Piano territoriale paesaggistico regionale (Ptpr). Trattandosi ad ogni
modo di uno strumento a scala territoriale, si rinvengono esclusivamente linee d’azione strategiche cui
uniformarsi per la corretta gestione e valorizzazione dei nuclei di valore storico; in tal senso, dal Documento
di Piano del Ptr, si rinvengono i seguenti stimoli.
La strategia regionale per lo sviluppo competitivo e armonioso del territorio
1.5.9
Uso razionale e risparmio del suolo – indirizzi e
orientamenti per la pianificazione locale
Obiettivi generali
Attenzione al disegno delle trasformazioni in armonia con il
tessuto presente e finalizzato a limitare consumo e
frammentazione territoriale.
Obiettivi specifici
Rifunzionalizzare e recuperare negli ambiti consolidati, sia i
nuclei di interesse storico che le aree degradate e dismesse
perfezionandone, mediante opportune scelte progettuali, il
potenziale ruolo di fautrici di ricomposizione e qualificazione
del territorio.
Gli ambiti e le aree di intervento del piano
Gli obiettivi tematici
2.9 Intervenire sulla capacità del sistema distributivo di
organizzare il territorio affinché non si creino squilibri tra
polarità, abbandono dei centri minori e aumento della
congestione lungo le principali direttrici commerciali.
Ripensare le politiche di distribuzione nei piccoli centri,
soprattutto situati in montagna, per contenere il disagio della
popolazione residente e la tendenza all’abbandono.
2.13 Contenere il consumo di suolo. Recuperare e riqualificare i territori sottoutilizzati, degradati e le
aree dismesse, nonché il patrimonio edilizio esistente, in
particolare i nuclei di interesse storico, garantendo un equilibrio
nei processi di trasformazione razionalizzare, riutilizzare e
recuperare le volumetrie disponibili, anche favorendo l’uso
ricreativo/sociale del patrimonio edilizio.
4.1 Valorizzare, anche attraverso la conoscenza e il
riconoscimento del valore, il patrimonio culturale e
paesaggistico, in quanto identità del territorio lombardo, e
ricchezza e valore prioritario in sé, ponendo attenzione non
solo ai beni considerati isolatamente, ma anche al contesto
storico e territoriale di riferimento.
Sviluppare specifiche linee d‟azione per il paesaggio, anche con
riferimento a studi sistematici volti ad individuare e valutare i
paesaggi locali, tenendo conto del valore attribuito dalle
popolazioni interessate.
4.7 Promuovere interventi di turismo culturale e marketing
territoriale al fine di valorizzare anche economicamente gli
interventi su Beni, Servizi e Attività culturali, evitando che le
strutture connesse alle attività turistiche (alberghi, strutture per
Ideare e valorizzare itinerari di turismo culturale, con attenzione
al pubblico giovanile e alla popolazione scolastica.
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il tempo libero, rifugi e impianti di risalita ecc.) siano realizzate
assecondando programmi di sfruttamento immediato delle
risorse, ma secondo una prospettiva di lungo periodo attenta a
non compromettere le attrattive paesaggistiche e culturali in
quanto ricchezza collettiva da conservare nella sua integrità e
potenzialità turistica.
5.2 Incentivare l’integrazione di alcune fasce sociali a rischio
di marginalizzazione.
Individuare il fabbisogno abitativo e valutare con attenzione le
dimensioni degli alloggi di nuova realizzazione o derivanti di
trasformazioni in funzione del target finale.
Oltre al Documento di piano s’è considerato il contributo del Piano territoriale paesistico regionale, in
particolare per quanto riguarda l’Abaco per Comuni in relazione alla presenza di elementi connotativi
rilevanti in termini paesistico-ambientali (in relazione ai quali s’individua genericamente attenzione per la
Geologia, gli elementi storici e culturali, i vincoli vigenti). Maggiormente dettagliate sono invece le
indicazioni circa i fenomeni di degrado operanti nel territorio, come segue. “L’abbandono e la dismissione
di aree e manufatti provoca sempre un grave stato di trascuratezza e incuria; gli elementi fisici che
permangono dalle fasi precedenti sotto forma di elementi residuali, come “relitti” o “reliquati”, presentano
quasi sempre difficoltà di gestione e di interrelazione al contesto al variare degli usi e provocano elevati
rischi di degrado paesaggistico sia del sito stesso, sia degli ambiti contigui, creando possibili effetti di
degrado/compromissione a catena. […] Oltre a riguardare le aree industriali, il fenomeno riguarda anche
altre parti urbanizzate, come i centri e i nuclei sottoposti ad un costante spopolamento con conseguente
riduzione del presidio dei luoghi, quartieri urbani storici16. Analogamente critici sono gli effetti di degrado
paesaggistico dovuto all’abbandono degli insediamenti e delle tradizionali attività produttive legate
all’agricoltura e alla zootecnia e alla pastorizia; una questione particolare è certamente costituita
dall’avanzata della vegetazione boschiva nelle aree montane e collinari abbandonate dagli usi agricoli che
ha anche innescato processi di dissesto idrogeologico o messo in pericolo d’incendio ampie porzioni di
territorio, complessi edilizi, infrastrutture”. Se a livello regionale risultano limitate le indicazioni di dettaglio
per i singoli Comuni, definite sì negli Abachi ma limitatamente (o quasi) ai Comuni con effettive
caratteristiche di degrado/attenzione, a livello provinciale risultano maggiori le indicazioni specifiche.
Estratto della Carta “B1-Il sistema insediativo”, del Ptcp vigente della Provincia di Como (2006)
16 Per quanto riguarda questo aspetto è rilevante segnalare come si siano determinate condizioni di degrado in molti quartieri urbani
non solo periferici ma anche interni alla città storica.
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Nelle Nta del Ptcp, all’art.10 “Gli indirizzi generali di tutela”, si definisce al p.to 9 (lettera a) che il Ptcp
“sub-articola le unità tipologiche di paesaggio del Ptpr, individuando ambiti omogenei per caratteristiche
fisico-morfologiche, percettive, tipologico-architettoniche e/o storico culturali, denominate Unità tipologiche
di paesaggio, definendone i relativi caratteri connotativi, e dettando gli indirizzi per la pianificazione
locale”. Oltre a ciò, all’art.18 s’identifica specificamente “La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio
storico e artistico”: “i beni di interesse storico e culturale costituiscono parte integrante del patrimonio
ambientale complessivo della Provincia e debbono essere preservati nella loro integrità, favorendone la
fruizione controllata. […] Il Ptcp, anche al fine di limitare il consumo di suolo non urbanizzato e nel rispetto
dei valori socioculturali, storici, architettonici, urbanistici, ambientali ed economici, considera di
preminente interesse il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dei centri e nuclei storici del
territorio provinciale”.
In diverse cartografia di Ptcp viene riportata la presenza dei centri storici, senza però che questi siano
effettivamente approfonditi: a titolo illustrativo s’è riportata alla pagina precedente la carta B1 inerente al
sistema insediativo provinciale, in estratto relativo specificamente al territorio turatese.
Il quadro così definito restituisce una situazione di particolare attenzione per le realtà identificate dai Prg e
successivamente dai Pgt come centri storici, o nuclei d’antica formazione (ex Lr.12/2005).
Al fine di approfondire la trattazione del nucleo di Turate, si considera di seguito il vigente Prg.
Legenda della Tavola n. 8 del vigente Prg sul Centro storico, per la precisione “azzonamento modificato in accoglimento
osservazioni, aggiornato con successive modifiche ai sensi della Lr. 23/1997”
Come riportato dalla precedente legenda e dalle seguenti immagini estratte dalla Carta n. 8 di Prg, il centro
storico è stato oggetto di specifiche analisi e valutazioni miranti a cogliere le modalità d’intervento più
opportune per lo sviluppo del territorio.
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Santa Maria in Campagna Cascina Fagnana
Cascina Piatti
Cascina Mascazza
La carta in oggetto approfondisce le modalità d’intervento e le caratteristiche del sistema insediativo in tutti i
nuclei storici ad oggi identificati, sia quelli secondari relativi alle frazioni sia in quello principale: a tale
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proposito occorre rimarcare come nel corso degli ultimi 10 anni siano state portate modifiche ai perimetri dei
nuclei storici, estendendo tale accezione anche ad aree che non risultavano precedentemente identificate.
Nucleo storico principale
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Gli interventi edilizi riguardanti gli immobili compresi in zona “A” devono rispettare le previsioni e le norme
stabilite. In tali norme vengono fissati i seguenti gradi/tipi d’intervento:
RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO Grado A1
RISTRUTTURAZIONE CONSERVATIVA Grado R1
RISTRUTTURAZIONE INTEGRATIVA Grado R2
RISTRUTTURAZIONE URBANISTICA
E RICOMPOSIZIONE PLANOVOLUMETRICA Grado PV – PR
INTEGRAZIONE AMBIENTALE Grado IA
DEMOLIZIONE Grado D
Nelle stesse norme sono definiti: i caratteri tipologici, morfologici, ambientali e le campionature tipo a cui si
riferiscono le indicazioni comprese nel presente “Repertorio Interventi Tipo”. Il repertorio costituisce parte
integrante delle norme tecniche di attuazione del P.R.U.G. Il presente repertorio riporta le costanti
compositive dominanti del nucleo antico di Turate. Gli interventi di ristrutturazione conservativa tipo R1
devono conservare le parti dell’involucro esterno, i ritmi e le costanti compositive degli edifici o parti di essi
a cui si attribuiscono valore architettonico, storico, ambientale se databili o attribuibili a periodi antecedenti il
1940. Gli interventi di ristrutturazione comportanti la modifica dell’involucro esterno degli edifici, ovvero gli
interventi di ristrutturazione conservativa tipo R1 sulle parti prive di valore, e gli interventi di ristrutturazione
integrativa tipo R2 devono individuare, se presenti nel complesso edilizio oggetto dell’intervento le costanti
compositive a cui uniformarsi per la sua ricomposizione o modifica. Quando tali costanti non siano leggibili
è possibile riferirsi alle costanti compositive riportate nel presente repertorio. Gli interventi di ristrutturazione
urbanistica tipo PV e PR e di integrazione ambientale tipo IA devono riprendere i caratteri tipologici e
morfologici dominanti del nucleo antico quali la semplicità dell’impianto edilizio e dei ritmi compositivi
delle facciate, il tetto a falde, ed indicazioni di dettaglio tralasciate in questa sede. In quanto al Prg vigente, si
declinano i seguenti contenuti (tratti dalle Nta del 2001, aggiornate ad ultima variante del C.C. 14 ottobre
2009) nel Titolo VI – Norme di Zona.
Art. 14 - ZONE A – NUCLEI DI ANTICA FORMAZIONE - CENTRI STORICI
Parti del territorio interessate da insediamenti storico, artistico, ambientale, soggette al recupero del patrimonio edilizio ed
urbanistico esistente ai sensi di quanto stabilito al titolo IV della Legge 5 agosto 1978 n. 457. La zona comprende i nuclei di antica
formazione, già censiti al Catasto Cessato, dove gli edifici e le aree di pertinenza rivestono un carattere storico/ambientale
riconoscibile. I nuclei individuati sulla tavola dell’Azzonamento 1/2000, con stralcio alla scala 1/1000, comprendono: a) Turate
capoluogo; b) Frazione Cascina Fagnana; c) Frazione Santa Maria in Campagna; d) Frazione Cascina Mascazza; e) Frazione
Cascina Piatti. Tali ambiti sono classificati come zone di recupero ai sensi dell’art. 27 della legge 457/1978.
14.1 - DEFINIZIONE DEGLI INDICI E DEI PARAMETRI
Superficie fondiaria: E’ la superficie dell’area pertinente alle costruzioni, in genere coincidente con l’area catastale di esclusiva
proprietà, escluse le strade pubbliche e le attrezzature sociali.
Superficie coperta: E’ la superficie della proiezione orizzontale sul lotto di tutti gli edifici principali ed accessori al netto degli
aggetti.
Rapporto di copertura: E’ il rapporto misurato in percentuale, tra la superficie coperta e la superficie fondiaria.
Volume edificato o edificabile: E’ il volume edificato o edificabile emergente fuori terra misurato dalla quota del marciapiede
dell’edificio all’intradosso del solaio di copertura dell’ultimo locale abitabile o comunque agibile, o all’intradosso delle travi di
copertura del tetto nel caso di corpi rustici o di altre tipologie non abitative.
Densità volumetrica fondiaria: E’ il rapporto tra il volume edificato o edificabile e la superficie fondiaria.
Numero dei piani: Si intende il numero dei piani fuori terra compreso il piano terreno o rialzato con la sola esclusione dei sottotetti
di cui all’art. 7.8 lettera f) delle presenti norme.
Altezza degli edifici: E’ l’altezza massima del fronte degli edifici misurata dal marciapiede fino all’imposta della gronda con la sola
esclusione dei sottotetti di cui all’art. 8.8 lettera h) delle presenti Nta.
14.2 - DESTINAZIONI D'USO AMMESSE (vedi norme tecniche di attuazione specifiche per la zona “A”, riportate nel seguito)
14.3 - INTERVENTI AMMESSI
Gli interventi ammessi nei Centri Storici sono finalizzati: alla conservazione dei valori storici, artistici e ambientali; alla tutela ed al
recupero degli edifici, degli spazi liberi e delle opere di interesse culturale; alla razionalizzazione delle funzioni urbane mediante
un’organica definizione delle urbanizzazioni, della residenza, dei servizi, delle attività produttive se compatibili. Nelle planimetrie
“Azzonamento Nuclei Storici” sono indicati, ai sensi dell’art. 17 della Lr. 51/75: a) - gli edifici e gli ambiti territoriali soggetti a
vincolo di cui al D.L. 490 del 29/10/1999; b) - gli edifici da sottoporre a restauro e/o risanamento conservativo; c) - gli edifici
soggetti a risanamento conservativo, con possibilità di cambiamento di destinazione d’uso; d) - gli edifici per i quali é ammessa la
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ristrutturazione edilizia con cambiamento di destinazione d’uso; e) - gli ambiti soggetti a Piano di Recupero adottato per i quali si
rinvia alla normativa d’attuazione negli stessi contenuta; f) - le aree ad uso pubblico;
Gli interventi edilizi ammessi, per la cui dettagliata elencazione si rinvia alle Norme tecniche speciali per le zone “A” sono: (1)-
manutenzione ordinaria e straordinaria; (2)- restauro e risanamento conservativo; (3) - ristrutturazione edilizia con mantenimento
dei sedimi e delle cortine edilizie su strada, ove indicato, e delle caratteristiche tipologiche, architettoniche e della vecchia
edificazione dettagliatamente elencati nella parte II delle suddette Norme tecniche speciali; (4) - ristrutturazione urbanistica
Per quanto non previsto dalle presenti norme si rimanda alle Norme Tecniche speciali di zona “A” allegate.
14.4 - INDICI URBANISTICI ED EDILIZI
a) Per gli interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, le densità fondiarie (D.f.) non possono
superare quelle preesistenti.
b) Per gli interventi di ristrutturazione urbanistica si devono rispettare densità territoriali (D.t.) esistenti e le indicazioni
dell’elaborato P, tavole 8 e 9 “ Centro Storico”. In generale la densità territoriale media complessiva cui la tavola di azzonamento
per i Nuclei Storici fa’ riferimento è di
3,00 mc/mq.
c) Le distanze tra gli edifici (D.e.) non possono essere inferiori, salvo diverse indicazioni dell’elaborato P, tavole 8 e 9 “Centro
Storico”, a quelle intercorrenti tra gli edifici preesistenti fatto
salvo il solo Codice Civile
d) Le distanze dalle strade e dai confini (Ds e Dc) dovrà essere pari all’esistente, con il solo rispetto delle norme del Codice Civile,
salvo eventuali arretramenti o modificazioni della viabilità
da individuarsi in sede di predisposizione dei Piani di Recupero.
e) L’altezza (H) degli edifici dovrà essere pari all’esistente, con possibilità di allineamento delle gronde e dei colmi ai fabbricati
contigui se più alti unicamente per gli ambiti individuati sulla tavola
1/B “Azzonamento - Nuclei Storici” con apposita simbologia (catenella).
f) E’ possibile inoltre, ai sensi della Lr. 15/96, il recupero abitativo dei sottotetti esistenti ai sensi della Lr. 23.11.2001 n° 18 con il
solo obbligo del mantenimento dei fili di colmo e di gronda esistenti, dei ritmi orizzontali e verticali, la tipologia, i materiali ed i
colori tradizionali.
Si considerano in ultimo le destinazioni d’uso ammesse, con riferimento all’art. 8 del documento “Norme
tecniche d’attuazione per gli interventi nelle zone A”.
Art. 8 - DESTINAZIONI D'USO AMMESSE
Nelle zone "A" sono ammesse le seguenti destinazioni d'uso:
a) Funzione principale : residenza e ambienti annessi;
b) Funzioni secondarie compatibili: negozi, botteghe, ristoranti e pensioni con relativi depositi e magazzini, in conformità alle
previsioni del Piano Commerciale, artigianato di servizio, uffici e studi professionali, locali culturali e di divertimento, edifici ed
uffici pubblici di uso pubblico o di interesse pubblico, ivi compresi gli edifici o i locali per il culto o attività complementari.
Le attività direzionali, commerciali ed artigianali di servizio, non nocive né moleste, né in contrasto con norme regolamentari, sono
inoltre regolamentate entro le seguenti misure massime: a) per gli interventi subordinati a planivolumetrico (PV), a progetto
unitario coordinato, con grado di intervento di Ristrutturazione Urbanistica (RU) ed a Piani di Recupero (PR), massimo il 35% del
volume consentito; b) per gli altri interventi, massimo il piano terra degli edifici ed il solo direzionale (uffici) al primo piano e
eventuale piano interrato per le attività accessorie a tali destinazioni.
Le destinazioni funzionali esistenti, diverse da quelle indicate (artigianato di produzione, agricole, ecc.) sono consentite solo nel
limite esistente una volta che hanno dimostrato di attuare gli interventi di prevenzione e protezione da nocività e molestia nel limite
delle tecnologie esistenti e previo parere favorevole della competente ASL.
Le destinazioni d’uso non indicate sono da intendersi non ammissibili
Dal medesimo documento si rilevano gli artt. 15 e 16, inerenti l’assetto morfo/tipologico dei nuclei:
Art. 15 - TUTELA DELLE TIPOLOGIE ESISTENTI.
Gli interventi edilizi di ogni ordine e grado dovranno mantenere le tipologie esistenti nelle zone omogenee "A" identificabili in:
1 – Palazzo storico; 2 - Cascina rurale a chiusura di corte; 3 - Complesso residenziale a filo strada e rustici interni; 4 - villa e/villino
isolato; 5 - corte agricola con rustici laterali e residenza centrale.
Art. 16 - TUTELA DELLE CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE.
Gli interventi edilizi dovranno mantenere, ricostruire o uniformarsi alle caratteristiche morfologiche proprie della zona "A" o
comunque, le caratteristiche riscontrabili come costanti nei complessi edilizi di antica formazione compresi nelle suddette zone. Più
precisamente gli interventi dovranno rispettare quanto stabilito ai seguenti commi e quanto indicato dall'apposito Repertorio
Interventi Tipo che costituisce parte integrante della presente normativa.
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2.2. Le dinamiche e tendenze in atto nel centro storico turatese
Al fine di comprendere le dinamiche in atto nel centro storico turatese si procede ad analizzare una serie di
fattori di potenziale sviluppo declinati in aspetti demografici ed abitativi, così da comprendere le peculiarità
che hanno portato ad oggi il centro storico, ed il patrimonio immobiliare in esso compreso, all’attuale stato di
limitato utilizzo e centralità rispetto al sistema urbano nel suo complesso. In termini di popolazione presente,
il riferimento al portale web del Sistema informativo unificato per le soprintendenze archivistiche
(http://siusa.archivi.beniculturali.it), al portale Istat/Iuav e Geodemo (http://demo.istat.it/) permettono di
ricostruire l’evoluzione storica del fenomeno residenziale nel corso dei anni. Sin da metà del XVIII secolo è
infatti possibile identificare la consistenza di abitanti, inizialmente con cadenza ventennale e
successivamente, dall’unificazione d’Italia nel 1861, con cadenza decennale in occasione del censimento
nazionale tenuto il primo anno di ogni decennio. L’andamento demografico risulta sostanzialmente stabile:
l’unico momento di flessione si registra nel 1901, seguito comunque da una crescita netta al successivo
censimento del 1911; da quel momento, nel corso di 100 anni, i residenti passano da 3.000 a 9.000, unità.
Andamento della popolazione (Fonti: Siusa, Istat)
Consideriamo la struttura della popolazione residente, con riferimento ai tre censimenti per i quali è stato
possibile recuperare i dati tramite i portali del sito Istat: 1981, 1991, 2001, al fine di riconoscere quali siano le
tendenze in atto e come sia opportuno adottare politiche ed azioni per rendere meno conflittuali le dinamiche
residenziali e quelle di conformazione dell’offerta immobiliare. In termini di struttura demografica si
considera la percentuale di popolazione attiva così come l’indice di vecchiaia alle 3 soglie temporali, al fine
di comprendere come sia mutata la composizione della popolazione turatese. Le analisi di dettaglio sulla
localizzazione dei residenti sono sviluppate in seguito, ed è proprio su tale elemento che si basa uno degli
indicatori maggiormente significativi utilizzati al fine di riconoscere i caratteri relazionali (ovvero relativi agli
aspetti sociali, demografici, economici) che caratterizzano il rapporto tra gli edifici presenti nel territorio e la
comunità che vive quel determinato ambiente. La presente analisi d’inquadramento assume quindi
un’importanza cruciale al fine di riconoscere le peculiarità che caratterizzano ad oggi il nucleo storico
turatese ovvero quali esiti di processi che nel corso del tempo hanno condotto la comunità a distribuirsi ed
organizzarsi nello spazio urbano.
69
Il grafico mostra
l’andamento della
popolazione attiva
comparato alla
popolazione totale: il
dato resta
tendenzialmente stabile,
ad indicare come la
popolazione sia
aumentata in altre fasce,
stimolo ad indagini più
approfondite in merito.
Popolazione residente e popolazione attiva (Fonte: Istat, Iuav)
L’incremento di popolazione degli ultimi 30 anni (+2.000 unità) non pare aver relazioni con la popolazione
attiva, che si mantiene tra le 3.000 e le 3.500 unità a fronte di una popolazione che aumenta nel ventennio di
700 soggetti: è invece rispetto all’indice di vecchiaia che emergono significative considerazioni dall’analisi
dei dati. Il variare della configurazione della popolazione ha implicazioni dirette sulle modalità di vivere gli
spazi: considerando le caratteristiche degli assetti dei nuclei famigliari è possibile comprendere come sia
cambiata tra 1981 e 2001 la modalità d’aggregazione dei residenti all’interno del territorio comunale, e
quindi all’interno del patrimonio residenziale esistente. Estremamente significativo in questo senso è l’indice
di vecchiaia, dato dal rapporto della popolazione di età superiore ai 64 anni, rispetto al numero di residenti di
età inferiore ai 15 anni: la fluttuazione di tale rapporto passa dal 33% del 1981, significativo di una
popolazione giovane (circa 1500 soggetti) dominante rispetto alle circa 500 persone in età avanzata, all’88%
del 1991, per assumere valori negativi (116%) nel 2001, quando a fronte di 1.279 anziani si contano poco più
di 1100 giovani di età inferiore ai 15 anni. Nel 2011 l’indice si mantiene su valori simili a quelli precedenti,
con valore pari a 115,6% indicativo della prevalenza degli anziani sui giovani under 15. Tale dato si
ripercuote direttamente sulle modalità con cui si dispongono gli abitanti internamente al patrimonio
residenziale esistente. Si presume infatti che in una comunità giovane, dove prevalgono gli under 15, tali
soggetti vivano insieme ai famigliari così da occupare, presumibilmente, tutti i vani interni all’alloggio;
viceversa quando prevalgono gli anziani insiste un rischio di una popolazione fortemente polarizzata che
utilizza gli immobili in modo non ottimale alle rispettive potenzialità. In questo caso, per evitare disequilibri
nella distribuzione della popolazione in grado di definire sacche di problematicità, è auspicabile l’attivazione
di specifiche politiche per la casa. Il seguente grafico risulta utile per comprendere come sia cambiata la
configurazione della popolazione residente in termini d’aggregazione famigliare: emerge, da una prima
lettura, l’aumento dei nuclei mono o bifamigliari. Uno dei temi che sarà approfondito riguarda proprio
l’articolazione della popolazione residente rispetto alla dimensione degli immobili, così da comprendere in
quali aree si concentri il fenomeno del sottoutilizzo ed in quali invece siano presenti condizioni di
sovraffollamento. A tale proposito si rileva il calo del numero di nuclei famigliari composti da 5 o più
soggetti: la flessione nel ventennio è pari al 36%, con un totale che passa da 288 a 185 unità; a fronte di tale
riduzione, presentano un minimo incremento i nuclei composti da 4 persone (+9%), ed aumentano invece
consistentemente le famiglie con numero di componenti inferiore. Nel dettaglio, i nuclei monocomponente
passano da circa 400 ad oltre 600 incrementandosi del 43%, con evidenti implicazioni sulla modalità di
fruizione degli spazi residenziali, inevitabilmente utilizzati con minore intensità. Analogamente aumentano i
nuclei composti da due soggetti, tendenzialmente coniugi: passano da circa 500 (il terzo tipo per consistenza
nel 1981) ad oltre 800, divenendo il primo tipo per presenza alla soglia del 2001 (+53%); incremento più
contenuto è quello delle famiglie con 3 componenti, che da circa 600 arrivano a poco più di 700 (+124, pari
al 20%).
70
Ripartizione delle famiglie per numero di componenti (Fonte: Istat, Iuav)
Le analisi condotte permettono d’inquadrare il tema del rapporto tra spazio costruito e i relativi fruitori,
ovvero tra abitazioni esistenti e popolazione residente.
Al fine di comprendere il livello di sfitto alle tre soglie storiche e per un successivo confronto con l’entità del
fenomeno alla stato attuale, s’esamina la composizione del patrimonio residenziale, ad iniziare dal rapporto
tra abitazioni effettivamente occupate e totale del patrimonio esistente.
Confronto tra abitazioni occupate e non occupate (Fonte: Istat, Iuav)
Il grafico mostra come il numero d’abitazioni sia in costante crescita nel periodo considerato, passando da
circa 2.500 abitazioni nel 1981 ad oltre 3.000 dopo due decadi con un incremento di circa il 22%; a tal
proposito l’analisi dell’evoluzione storica del sistema insediativo turatese mostra come ciò si traduca in un
aumento deciso del consumo di suolo. Se le abitazioni aumentano, si riscontra parallelamente un incremento
di abitazioni non occupate tra 1981 e 1991, salvo poi contrarsi nel decennio successivo: da 140 immobili
sfitti si passa ai 214 dell’inizio anni ’90, ridotti ad 86 nel 2001. La fotografia che emerge è quella di una
realtà in cui tra anni 80’ e ’90 si è costruito in modo considerevole, così che la pur costante crescita di
popolazione non sia stata in grado di mantenere il passo dello sviluppo edilizio: lo testimonia il fatto che
l’aumento di abitazioni non occupate non corrisponda ad una flessione della popolazione residente, quanto
(appunto) ad un aumento di abitazioni sproporzionato rispetto all’andamento demografico. Tale situazione,
che al 1991 presentava consistenza problematica (214 sfitti su 2.848 abitazioni, pari a circa il 10% del totale),
71
lasciava presagire un aumento del gap (limitato, al 1981, al 5,6%) nella decade seguente. Il rallentamento
nella produzione di abitazioni (+300 tra 1981 e 1991, +200 tra 1991 e 2001), congiunto all’incremento di
popolazione (+400 unità) tra ’91 e ’01, ha invece permesso il riassorbimento del patrimonio inutilizzato così
da restituire una situazione meno problematica al 2001, con soli 86 alloggi sfitti (-65% rispetto al picco del
1991). Ha probabilmente inciso su tale fenomeno anche l’aumento del numero di nuclei famigliari di limitata
composizione, possibile esito di processi di disgiunzione di nuclei preesistenti. In questo senso si rileva
come, nel periodo in esame, la consistenza media dei nuclei famigliari sia sostanzialmente stabile, con una
flessione limitata dal coefficiente 2.97 del 1981 al 2.63 del 2001: il calo è in linea con quanto avvenuto a
livello nazionale, non presentando particolare eccentricità. Le modalità con cui la popolazione risiede nelle
abitazioni è indicata dal seguente grafico: prevale sin dal 1981 il numero di alloggi abitati in proprietà, pari
ad oltre il 50% del totale con quasi 1.500 unità, a fronte di quasi 800 alloggi destinati all’affitto; tale
situazione muta considerevolmente nel ventennio, pur presentando inalterata la prevalenza di abitazioni di
proprietà. Se queste ultime aumentano del 40%, quelle in affitto si dimezzano riducendosi a poco più di 400
unità, pari al 14% del totale: sono dati espliciti di un processo di capitalizzazione della residenza, che
trasmette l’orientamento (e la possibilità) della popolazione di investire nel settore immobiliare.
Ripartizione delle abitazioni per titolo di godimento dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)
Relativamente alle sole soglie storiche del 1981 e 1991 è stata determinata la strutturazione delle famiglie
rispetto al titolo di godimento degli immobili; il seguente grafico nell’illustrare l’incremento della
popolazione residente in regime di proprietà evidenzia che le famiglie più numerose si distribuiscono negli
alloggi di proprietà, con una media di 2,98 membri per nucleo famigliare, a fronte dei 2,78 dei residenti in
affitto e dei 2,55 dei nuclei residenti ad altro titolo di godimento. In relazione a tali fattori risulta utile
considerare la composizione del patrimonio immobiliare occupato, così da riconoscere l’effettiva
predisposizione della popolazione ad insediarsi in edifici corrispondenti a determinati periodi storici, e di
conseguenza ai modelli insediativi che prevalgono alle differenti soglie.
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Ripartizione delle famiglie ed abitanti per modalità di godimento dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)
A tale proposito, il maggior numero di alloggi risulta risalire alla decade 1960 - 1970, vale a dire nel periodo
di massima espansione dei nuclei urbani. Sono gli anni dei Piani Casa a livello nazionale, avviati negli anni
’50 e ’60, che iniziano a porre sul mercato un sempre crescente numero di abitazioni in aree di nuova
espansione, in rottura con il tradizionale modello. In termini di abitazioni occupate, il raffronto mostra
tendenze decennali indicanti una contrazione del 10% circa dell’utilizzo di alloggi costruiti prima del 1919,
ridotti di 37 unità: non è dato comprendere, ad ogni modo, se tale riduzione sia connessa alla demolizione del
numero di alloggi ovvero all’allontanamento di popolazione, a vantaggio di strutture più recenti.
Ripartizione delle abitazioni occupate per periodo di realizzazione dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)
In questo senso, si registra la diminuzione degli edifici occupati realizzati tra 1946 e 1980, mentre aumentano
gli abitanti in immobili recenti (edificati dopo il 1982) e quelli realizzati tra 1919 e 1945: il numero di
abitazioni aumenta di circa 80 unità nel periodo, con una significativa polarizzazione del fenomeno
residenziale in immobili di recentissima costruzione ad indicare come la volontà dei residenti di mutare le
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proprie condizioni di vita sia sempre più influente. Le implicazioni di tale fenomeno si ripercuotono sulle
modalità di organizzarsi del sistema insediativo, secondo quanto avanzato in precedenza: a fronte di una
popolazione che esprime sempre crescente volontà di abbandono delle tradizionali forme di alloggio,
localizzate nei centri urbani che si connotano sempre più come “storici”. In questo senso s’è avviata dal
secondo dopoguerra ad oggi, una spirale di continua espansione territoriale che, tramite piani attuativi, ha
invaso sempre più consistenti aree agricole, sino a caratterizzare la maggior parte del territorio esterno ai
centri storici come aree di “sprawl”. Indicativo della conformazione del patrimonio residenziale occupato è il
rapporto tra abitazioni e stanze in esse contenute: si nota una variazione considerevole delle stanze occupate
in abitazioni edificate antecedentemente al 1919, ad indicare come di tale patrimonio, nel 1991, siano
utilizzati in particolare gli alloggi che consentono maggiore metratura e quindi numero di stanze. In aumento
è anche il numero medio di stanze presente in tutti gli alloggi, indipendentemente dall’età di costruzione, ma
in entità comunque inferiore rispetto a quanto indicato per le abitazioni più storiche.
Ripartizione del rapporto tra stanze ed abitazioni occupate, per periodo di realizzazione (Fonti: Istat, Iuav)
Tali considerazioni indicano un evidente miglioramento del numero di stanze per abitazione, indicativo del
benessere residenziale. Si evidenzia infine che l’incremento di popolazione immigrata, così come in
numerose altre realtà lombarde, è particolarmente diffuso nei nuclei di antica formazione, dove il patrimonio
immobiliare risulta progressivamente abbandonato da residenti sempre più attratti dai modelli abitativi posti
in periferia, in condizioni di vita apparentemente migliore e in grado di garantire una migliore fruizione dello
spazio pertinenziale annesso all’abitazione (cortile, giardino). Si considerano, in tal senso, i dati Istat relativi
alle soglie temporali dal 2003 al 2011. Il grafico sotto riportato evidenzia come la presenza di stranieri sia
aumentata esponenzialmente nel corso degli ultimi 19 anni, passando dai quasi 400 residenti del 2003 a
oltre 900 nel 2011, con incrementi particolarmente significativi soprattutto nella prima metà del decennio:
+34% nel 2004 e poi nel 2005, variazione mantenutasi sul 10% annuo sino al 2010, salvo poi presentare un
rallentamento negli ultimi 2 anni.
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Residenti stranieri presenti nel territorio di Turate (Fonte: Geodemo)
In questo senso, tra i principali obiettivi che si pongono al centro storico vi è la risoluzione della staticità
socio/demografica, che ha caratterizzato Turate negli ultimi 30 anni attraverso:
- aumento dell’indice di vecchiaia, sinonimo di aumento dell’età media dei residenti ed in particolare delle
fasce più anziane;
- incremento della popolazione straniera, la cui incidenza (10% circa sul totale dei residenti al 2011) si
traduce nella necessità di evitare fenomeni di ghettizzazione o di definizione di quartieri etnici, sinonimo di
possibili problematiche d’integrazione e di gestione del territorio.
Tutto ciò assume immediate ripercussioni sulle modalità con cui il patrimonio residenziale esistente viene
fruito da parte dei residenti, e si riflette inoltre sulle modalità con cui pianificare lo sviluppo del sistema
insediativo turatese. In tale contesto uno dei fenomeni maggiormente rilevanti è rappresentato dallo sfitto,
ovvero dalla presenza di alloggi inutilizzati. In un corretto e sostenibile processo di gestione del territorio, la
riallocazione degli sfitti dovrebbe avere una precedenza rispetto allo sviluppo di nuove aree d’espansione a
fini residenziali, così da valorizzare il potenziale latente esistente limitando al contempo il consumo di nuovo
suolo extraurbano. In tal senso, s’incrociano le questioni demografiche e quelle strutturali di composizione e
caratterizzazione del patrimonio edificato: se la popolazione invecchia e risulta sempre più eterogenea per la
presenza di residenti appartenenti a diverse etnie e culture, gli edifici esistenti, ormai da diversi decenni,
presentano necessità d’intervento fisico/strutturale. Dal censimento 2001 risulta che circa la metà degli
immobili ha più di 50 anni, con il 23% circa antecedente alla seconda guerra mondiale a fronte di un
patrimonio edilizio del 20% con meno di 30 anni. Si configura pertanto la necessità di un rinnovo del
patrimonio di più antica datazione, localizzato nel centro storico, mentre per gli edifici più recenti le politiche
si orienteranno prevalentemente sulla riqualificazione dei fabbricati in relazione allo spazio pubblico da
considerarsi non più vuoto urbano ma vero elemento di connessione tra aree residenziali.
Numero abitazioni in edifici ad uso abitativo, per epoca di costruzione
Periodo
storico Ante 1919 1919/1945 1945/1961 1961/1971 1971/1981 1981/1991 1991/2001
Numero
abitazioni 315 401 683 486 562 319 308
Percentuale
progressiva 10,2 23,3 45,5 61,3 79,6 89,9 100
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Rispetto a quanto argomentato a scala comunale aggregata verifichiamo ora come si comporta il centro
storico rispetto al resto del tessuto urbano consolidato. Una prima considerazione è stata effettuata rispetto
all’andamento demografico e quindi alla distribuzione di popolazione mantenendo una divisione tra cittadini
italiani, e quindi maggiormente inserita non solo a livello di tradizioni ed usi, ma anche per quanto riguarda
la conoscenza e relazione con il territorio, rispetto alla popolazione straniera trasferitasi in tempi recenti. Le
soglie temporali disponibili risultano essere al 2011 ed al 2006, come illustrato nelle seguenti tabelle.
Soglia Nuclei storici Esterno
Italiani Stranieri Italiani Stranieri
2006 1677 234 6306 508
2011 1594 337 6554 649
La popolazione italiana decresce nel quinquennio perdendo una percentuale pari al 5% circa dei residenti nel
centro storico a fronte di un aumento del 4% nel resto del tessuto urbano. All’esterno del centro storico si
rileva infatti un saldo positivo tra 2006 e 2011, indicativo della maggiore appetibilità degli alloggi di più
recente formazione; una tendenza questa differente, a quanto rilevato, per la popolazione di nazionalità
straniera in continuo aumento sia nei nuclei storici (+44%) che nel resto del territorio comunale (+28%).
Popolazione italiana
Soglia Nuclei d’antica formazione Resto del territorio comunale
0-35 36-64 65+ 0-35 36-64 65+
2006 677 662 338 2447 2729 1130
2011 559 662 373 2254 2987 1313
Residenti italiani per fasce d’età (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)
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In termini di classi d’età, s’assiste al calo dell’incidenza della popolazione in età giovanile internamente ai
fabbricati dei nuclei storici (-18%), in linea con il calo di giovani di cittadinanza italiana in tutto il territorio (-
8%), seppure con intensità decisamente superiore; nel centro storico tendono a sopravvivere abitanti in età
adulta e anziana, con l’aumento degli over 64 dal 20% del 2006 al 23,5% circa del 2011.
Differente è il quadro che riguarda la popolazione straniera, con il saldo temporale del quinquennio positivo
tanto nel centro storico quanto all’esterno: l’aumento è pari addirittura al 44% nei nuclei d’antica formazione,
mentre si contiene al 28% circa nel resto del territorio comunale.
Popolazione straniera
Soglia Nuclei d’antica formazione Resto del territorio comunale
0 - 35 36 - 64 65+ 0 - 35 36 - 64 65+
2006 147 65 3 383 144 0
2011 217 119 1 400 241 8
Residenti stranieri per fasce d’età (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)
Nel complesso risulta quindi aumentare il numero di residenti sia esternamente che internamente ai nuclei storici,
sebbene muti profondamente il profilo dei soggetti in questione, sia a livello di età che di cultura, e quindi di
disponibilità economiche e rapporto con l’intorno e la comunità locale. Al fine di considerare successivamente la
conformazione dei nuclei famigliari presenti, ed in relazione a ciò la propensione a vivere gli spazi interni agli alloggi,
s’è operata un’analisi di dettaglio relativa al numero di componenti medio per famiglia, nel centro ed al suo esterno:
quanto emerge da una prima analisi è la variazione dei nuclei, per componente, avvenuta nel centro storico. Aumenta
infatti considerevolmente l’incidenza dei nuclei mono e bi-componente a svantaggio delle famiglie composte da 4 o più
membri; se nei primi due casi la variazione è infatti pari ad 8,4% e 20,2%, nell’ultimo la contrazione è del 13% circa a
rimarcare come aumenti la presenza di coppie di anziani e di anziani soli, a svantaggio delle famiglie giovani con uno o
più figli (è sostanzialmente stabile il numero di nuclei famigliari con 3 membri).
Soglia Famiglie nel centro storico per numero di componenti
1 2 3 4 o più
2006 250 193 160 181
2011 271 232 162 158
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Famiglie per numero di componenti, nel centro storico (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)
La situazione risulta differente al tessuto urbano esterno, dove aumentano sia i nuclei con un limitato numero
di membri quanto le famiglie composte da numerosi elementi: la variazione media risulta essere del 12,7%
per le famiglie monocomponente, 9,6% per quelle composte da due soggetti, coniugi nella maggior parte dei
casi, 1,2% per le famiglie con 3 elementi ed infine 3,7% per i nuclei con almeno 4 individui.
Soglia
Famiglie esternamente al centro storico per numero di
componenti
1 2 3 4 o più
2006 669 756 631 636
2011 754 829 639 660
Famiglie per numero di componenti, fuori dal centro storico (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)
Il quadro che emerge presenta potenziali problematicità derivanti dal fatto che la popolazione locale, che per
secoli ha vissuto gli spazi dei nuclei d’antica formazione, ad oggi risulta maggiormente attratta da forme
d’insediamento differenti, presenti nel tessuto urbano consolidato di recente formazione. Le seguenti
immagini illustrano il differenziale delle forme insediative, con la conseguente maggiore concentrazione di
alloggi sfitti ed inutilizzati proprio nel nucleo centrale, che paradossalmente rischia di risultare sempre meno
78
abitato nonostante la propria centralità localizzativa. Su tali fattori si focalizzerà l’attenzione dell’impianto
analitico/valutativo, al fine di comprendere attraverso quali interventi e linee strategiche operare per una
generale riqualificazione di tutti i nuclei d’antica formazione, interni ed esterni al tessuto urbano consolidato.
Tessuto insediativo nel centro storico principale Tessuto insediativo nel tessuto urbano consolidato di
recente formazione
Tipologia chiusa, con cortile interno, con affaccio diretto
su strada
Tipologia aperta, abitazione monofamiliare isolata su
lotto privato
Edifici di qualità cadente e sottoutilizzati, concentrati in
particolare nel centro storico
Edifici di recente costituzione, abitati e con positiva
manutenzione
Il tema degli investimenti operati dai residenti nel patrimonio edilizio di propria appartenenza è
particolarmente rilevante ai fini di comprendere le modalità con cui gli impianti edilizi, residenziali e non,
sono ad oggi preservati in condizioni ottimali da parte dei diretti proprietari. In questo senso, si sono
79
analizzate le pratiche edilizie rilevate dagli uffici comunali nel periodo che va dal 1996 al 2008, derivando le
quantità riportate nel grafico seguente.
Pratiche edilizie registrate internamente ai nuclei d’antica formazione, negli ultimi 15 anni
Nel complesso, s’è registrato un centinaio circa di pratiche che hanno avuto per oggetto interventi condotti
nei nuclei d’antica formazione, dettagliati nelle immagini seguenti per ciascuna delle tipologie sopra
riportate.
Ristrutturazione edilizia
Gli interventi di ristrutturazione edilizia risultano
presenti in tutti i nuclei storici esaminati, a
testimonianza di come abbiano trovato
applicazione le indicazioni avanzate da
precedente strumento urbanistico comunale in
ottica di recupero e riqualificazione del
patrimonio storico. L’80% delle pratiche di tale
tipo si concentra nel nucleo storico principale, che
nel complesso, risultando il maggiormente esteso,
polarizza il maggior numero degli interventi.
Il confronto tra tale banca dati e gli esiti del
censimento urbanistico condotto sul patrimonio
storico ha restituito un quadro esaustivo della
realtà attuale dei nuclei d’antica formazione, con
un buon numero di edifici in positive condizioni a
fronte di un elevato numero di strutture, in
particolare secondarie, necessitanti di
manutenzione.
A seguito dell’analisi condotta in riferimento alla ristrutturazione, comprensiva in alcuni casi di totale
demolizione e ricostruzione degli immobili, si considerano le rimanenti tipologie d’intervento registrate:
cambi di destinazioni d’uso, spesso concomitanti ad interventi di ristrutturazione; interventi per il recupero di
sottotetti; interventi di allineamento gronde; localizzazione dei Piani di recupero.
80
Cambio di destinazione d’uso
Un significativo numero di pratiche (20% del
totale) riguarda i cambi di destinazione d’uso
delle superfici esistenti. In molti casi si tratta di
interventi connessi a mutamenti nella
conformazione dello spazio esistente, riguardanti
la riorganizzazione di spazi interni. Il 78% circa
degli interventi di questo tipo si localizza pertanto
in immobili prospicienti ad assi viabilistici di
primaria rilevanza dove maggiore è la pulsione ad
intervenire per ottimizzare la potenzialità
localizzativa degli immobili. La restante parte
degli interventi si localizza negli insediamenti
cascinali esterni al tessuto edilizio principale.
Per quanto riguarda gli interventi finalizzati ad utilizzare tutto il potenziale latente degli edifici, si
considerano gli interventi di recupero dei sottotetti ovvero quelli di riallineamento delle gronde.
Recupero del sottotetto
Il recupero del sottotetto, oggetto di numerosi
provvedimenti normativi, mira a garantire una
piena fruizione degli spazi edificati esistenti,
senza per tale motivo eccedere nella concessione
di volumetrie particolarmente impattanti
sull’intorno. Il rispetto dei rapporti aero /
illuminanti e delle distanze tra edifici spostato il
baricentro delle analisi sull’opportunità
urbanistica di attivare tali procedure. Una decina
sono le pratiche edilizie presentate e finalizzate al
recupero del sottotetto e si concentrano nel nucleo
storico principale in fregio alle vie di maggior
vitalità.
Similmente il riallineamento delle gronde degli edifici, in contesti a corte, rappresenta un’ulteriore momenti
di incentivazione alla riqualificazione del tessuto esistente. Non a caso nelle Norme tecniche d’attuazione del
vigente Prg si riporta, al comma f, articolo 14.4: “è possibile inoltre, ai sensi della Lr. 15/96, il recupero
abitativo dei sottotetti esistenti ai sensi della Lr. 23.11.2001 n° 18 con il solo obbligo del mantenimento dei
fili di colmo e di gronda esistenti, dei ritmi orizzontali e verticali, la tipologia, i materiali ed i colori
tradizionali”.
81
Nello specifico il comma e) tratta dell’allineamento delle gronde: “L’altezza (H) degli edifici dovrà essere
pari all’esistente, con possibilità di allineamento delle gronde e dei colmi ai fabbricati contigui se più alti
unicamente per gli ambiti individuati sulla tavola 1/B “Azzonamento - Nuclei Storici” con apposita
simbologia (catenella)”.
Riallineamento delle gronde
Riallineare le gronde rappresenta un possibile
orientamento per uniformare gli stilemi presenti
nel nucleo storico, al fine di perseguire l’obiettivo
di una generale riqualificazione provvedendo,
laddove possibile, alla riduzione dei fenomeni di
contrasto tra edifici. Risulta pertanto limitato il
numero di tali interventi proprio in ragione della
particolarità delle operazioni che si addicono
esclusivamente ad edifici già tra loro omogenei
sia in termini di numero di piani sia in termini di
conformazione della falda dei tetti.
Localizzazione di Piano di recupero
In ultimo, si considera la disposizione dei Piani di
recupero avviati internamente ai nuclei d’antica
formazione. Parte dei nuclei storici risultano
essere stati oggetti d’interventi di riqualificazione
tali da migliorare le condizioni statiche e di
decoro del tessuto esistente.
Il maggior numero d’interventi si concentra nel
nucleo storico di Turate in prossimità del “centro”
funzionale, ove si addensano funzioni pubbliche e
di servizio alla collettività, così come attività
economiche connesse agli assi di particolare
valenza economico/finanziaria.
82
2.3. La declinazione di linee guida per la riqualificazione del tessuto, derivanti dalle tendenze in atto e dal
dibattito interistituzionale e professionale
Trattando in materia di centri storici, è necessario far riferimento all’esperienza lombarda dell’Assessorato
alle Culture Identità e Autonomie17 nel portare avanti uno “Studio per la valorizzazione dei centri storici e
degli ambiti di interesse storico culturale e ambientale”. Tra gli obiettivi che si sono posti tramite questo
lavoro, si rileva “estendere il proprio campo d’azione e di governo dagli interventi di restauro indirizzati
verso singoli beni culturali e architettonici a quello assai più impegnativo ed innovatore riguardante i
sistemi complessi come gli insediamenti storici e gli ambiti di interesse ambientale, monumentale ed
urbanistico”18. In questo senso lo “Studio per la valorizzazione dei centri storici e degli ambiti di interesse
storico culturale e ambientale” risulta un importante portato conoscitivo di cui l’assessorato si è dotato per
comprendere la complessità del fenomeno, i risultati di esperienze pregresse e la possibilità di promuovere
politiche di valorizzazione del patrimonio architettonico e dei siti di interesse storico e ambientale, nonché
delle culture e delle identità locali. Considerando la necessità espressa dalla Regione Lombardia, di affinare
la propria politica per i centri storici e gli ambiti di interesse storico-culturale e ambientale in modo mirato
non soltanto al recupero “fisico”, ma soprattutto sulle ricadute dirette e/o indirette degli interventi che essa
stessa finanzia e controlla19, il suddetto studio si pone lo scopo di individuare e suggerire criteri ed indirizzi
che hanno orientato le pratiche di successo sino ad oggi riscontrate. Il lavoro preliminare è stato quello
d’identificazione dei centri da analizzare e valutare: considerati gli scopi del lavoro si è propeso per la
selezione di piccoli e medi comuni, con caratteri riscontrabili nella maggior parte dei nuclei d’antica
formazione del contesto lombardo, in modo da ottenere un campione significativo della varietà di
insediamenti presenti sul suolo regionale; il contesto turatese presenta in questo senso rilevanti analogie con
le realtà lombarde esaminate. Non si riporta di seguito l’intero abaco delle esperienze analizzate, quanto
piuttosto si sintetizzano i contenuti rilevanti ai fini dell’approfondimento sui nuclei storici presenti nel
Comune di Turate.
Al fine di indagare possibili correlazioni tra il generale recupero civile degli otto centri storici20 selezionati ed
i recuperi edilizi e urbanistici, in modo da identificare l’eventuale ruolo svolto da alcuni tipi di intervento,
strumenti o comportamenti fortemente indiziati di essere i possibili fattori tecnico-urbanistici dei successi o
degli insuccessi, il gruppo di ricerca incaricato di elaborare il suddetto studio si è avvalso di apposite
“griglie” tematiche sulla cui scorta sono state redatte otto schede analitico/descrittive. Per la redazione di tali
approfondimenti, ci si è focalizzati in particolare su: i) caratteristiche, condizioni e peculiarità del centro
storico; ii) recuperi monumentali e civili implementati per la valorizzazione del centro storico; iii) interventi
in materia di accessibilità e fruibilità e di riqualificazione ambientale interni al centro storico; iv) aspetti
negativi e ricadute dei recuperi sulla vitalità del centro storico.
In sintesi, emergono alcune questioni ancora aperte nei processi di trattamento e gestione dei centri storici:
prendendo in considerazione i casi analizzati, il successo delle politiche di recupero esaminate sembrano
maggiormente da ascriversi agli interventi di effettivo riuso (conservativo o meno) del patrimonio,
indifferentemente dal tipo d’immobile o dalla destinazione d’uso in essere. In questo senso i recuperi e i riusi
più efficaci appaiono quelli non-monumentali, dove si interviene su edifici e spazi perlopiù privati quali
vecchie case e piccoli palazzi dotati di corti e giardini, spesso con caratteri architettonici e tipologici che
portano a considerarli edilizia tradizionale “di pregio”. L’esistenza di processi di recupero corrente, in
particolare di tipo abitativo, può essere ritenuta un positivo indicatore della vitalità interna a un centro storico
perché conserva la presenza di una funzione tanto tipica quanto essenziale quale la residenza, e testimonia la
volontà dei proprietari di investire risorse sul patrimonio sia per riqualificarlo che per modificare aspetti
17 Il principale riferimento è al seguente testo: Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco
Angeli, Milano. 18 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 19 Lr. n.39/1984, “Interventi regionali per la tutela del patrimonio edilizio esistente di valore ambientale, storico, architettonico,
artistico e archeologico” e Lr. n.39/1991, “Promozione degli interventi di riqualificazione e di arredo degli spazi urbani”. Il
riferimento è anche alla Circolare n.38 del 26/6/2001, attuativa della Dgr. N.7/5282 del 22/6/2001, allegato F. 20 Bormio, Breno, Castiglione Olona, Clusone, Crema, Ossuccio, Padenghe del Garda, Vimercate.
83
problematici, così da rendere maggiormente appetibile la permanenza di residenza, piuttosto che la locazione
o la vendita. Al tempo stesso gli interventi sul patrimonio agiscono, in quanto investimenti volti a migliorare
l’esistente, a generare processi di qualificazione sul contesto innescando processi di rivalutazione e spesso
incentivando nuove quote di popolazione a trasferirsi o a ritornare (sulle logiche dei processi di
gentrification) nei borghi storici. In questo senso, “la miglior misura per garantire un’azione di successo
consiste nel modo in cui la trasformazione, insita nel recupero, riesce ad appropriarsi di ciascun genius loci,
dialogando però con esso e quindi sollecitando qualche evoluzione, quantomeno in termini di prestazioni
tecnico-funzionali, ma non solo”21. A titolo esemplificativo si cita il caso-studio del comune di Sabbioneta22,
dove per quanto riguarda il controllo qualitativo dell’attività edilizia corrente il dispositivo operativo di piano
comporta sia una classificazione di tutti gli immobili del centro storico per “grado di protezione” decrescente
in ordine al rispettivo valore, sia la specificazione delle opere che possono essere eseguite, considerando
tanto le categorie derivanti dalla classificazione, quanto la specificità di ciascun edificio e di ogni sua parte.
Di conseguenza è possibile formalizzare abachi di rimando alle norme generali per le diverse categorie di
immobili ovvero per i vari gradi di protezione cui essi sono assegnati, connessi ad un corredo di schede di
edificio e di isolato dove siano riportate le più minute prescrizioni specifiche. Una delle questioni ancora
aperte, nell’ambito del processo di trattamento dei centri storici, riguarda proprio la carenza di strumenti e
supporti conoscitivi e analitici sulla base dei quali poter disciplinare il trattamento del patrimonio storico. In
quanto a strumenti, anche l’assenza di adeguate politiche e piani in materia di viabilità e sosta risulta essere
un problema per un gran numero di centri storici nel territorio lombardo: i provvedimenti più frequenti sono
di tipo amministrativo, e si riducono all’individuazione di sensi unici e all’imposizione di divieti di sosta.
Molti comuni intervengono con la pedonalizzazione di zone centrali, ma il problema si dimostra risolto solo
in parte in quanto risultano necessari, in questo senso, piani per la sosta e potenziamenti del trasporto
collettivo così come delle reti per la mobilità lenta, interventi che solo in alcuni casi risultano interamente ed
efficacemente attuati23. La presenza di servizi ed attività di tipo ricreativo e culturale è molto spesso connessa
alla peculiarità dei luoghi che soprattutto nei centri storici risulta fortemente presente e radicata
nell’immaginario collettivo dei residenti; mantenere alcune attività nel borgo acquisisce valore nell’ottica di
rilancio e pubblicizzazione di attività culturali volte alla valorizzazione dei monumenti e del tessuto
storico/artistico. In questo senso, “nei riguardi delle esigenze prestazionali e localizzative, i centri storici
costituiscono sempre risorse non irrilevanti, che perlopiù non sono disponibili per altre attività con le quali è
impossibile competere, come le tante tipologie di vendita moderne, conformi a modelli insediativi e di stili di
vita che sono esattamente l’opposto di quelli tradizionali”24. Analoga questione è quella della vitalità
garantita nei centri storici dalla presenza di vendita al dettaglio e di piccoli laboratori artigiani: “circa le
attività commerciali minute, che la loro crescita sia uno dei principali fattori propulsivi della vitalizzazione
dei centri storici è fuori discussione”25. Considerando la casistica riportata nello studio della Regione
Lombardia precedentemente analizzato si riscontra “l’avvento di nuove formule di commercializzazione
quali il franchising, il che ha permesso una larga diffusione della vendita di beni di pregio, cosa che ha
indotto la rete commerciale di molte località provinciali minori a riqualificarsi e talvolta ha consentito loro di
raggiungere una massa critica sufficiente per reggere la concorrenza delle forme distributive moderne”26. A
questo rilancio, laddove c’è stato, hanno contribuito le politiche di recupero edilizio e urbanistico così come
le opere di arredo urbano ed i provvedimenti riguardanti la limitazione del traffico veicolare. Concludendo si
rimarca una questione problematica di fondo che esiste da anni e che ancor oggi crea difficoltà ovvero la
21 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 22 Sabbioneta è una cittadina di 4.260 abitanti della provincia di Mantova. È stata dichiarata nel 2008 con Mantova Patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO. Fa parte dei casi-studio analizzati nell’ambito del succitato “Studio per la valorizzazione dei centri storici
e degli ambiti di interesse storico culturale e ambientale” promosso dalla Regione Lombardia nel 2005. 23 Considerando ancora il campione di comuni analizzato dallo “Studio per la valorizzazione dei centri storici e degli ambiti di
interesse storico culturale e ambientale” per esempio a Bormio, dove si medita una serie di o parcheggi sotterranei, a Castiglione e a
Sabbioneta, il cui Pp pure prevede varie zone attrezzate, ma dove intanto ci si deve arrangiare al meglio impiegando spazi
delicatissimi. 24 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 25 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 26 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano.
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mancanza di una normativa nazionale di disciplina dei centri storici. Malgrado il susseguirsi di leggi a livello
prima nazionale e poi regionale, tale argomento è stato soltanto sfiorato lasciando talvolta ampi margini di
discrezionalità che ne limitavano intrinsecamente l’efficacia. La mancata previsione di una disciplina ad hoc
per i centri storici è da ascriversi prevalentemente alla difficoltà di circoscrivere l’oggetto della tutela: non
esiste una definizione univoca e condivisa di “centro storico” se non inteso come zona omogenea A nel Dm.
1444/1968 e quindi riconosciuto in relazione alle sue caratteristiche storico/ambientali.
In tema di centri storici, in occasione dei cinquant’anni dallo storico convegno tenutosi a Gubbio nel 1960,
l’Associazione nazionale dei centri storici e artistici (Ancsa) ha organizzato nel settembre 2010 un convegno
internazionale tenutosi presso la città di Bergamo: “Attualità del territorio storico”. Il convegno è stata
l’occasione per fare il punto sugli sviluppi, i successi e le questioni ancora aperte in materia di centri storici
rispetto a quanto rilevato 50 anni prima, in una situazione radicalmente differente di attenzione e
considerazione per i patrimoni costituiti dai nuclei d’antica formazione. Senza ripercorrere le fasi attraverso
cui si è sviluppato il tema dei centri storici nel corso del tempo approfondiamo le questioni e riflessioni che
sono state avanzate in questi 50 anni di approccio e trattamento del tema, al fine di derivarne stimoli operativi
in relazione ai quali produrre e orientare l’analisi nel centro storico di Turate:
-“salvaguardia e risanamento nei centri storici”: la sopravvivenza dei centri storici non è a rischio come
invece accadeva 50 anni fa, ed al contrario in molti casi, specialmente al centro/nord Italia, si sono operati
interventi volti al recupero ed alla manutenzione degli edifici, innescando processi di gentrification e di
sostituzione dei residenti;
- “salvaguardia sociale”: gli interventi di recupero non hanno corrisposto a strategie più generali per la città e
per il territorio, complicate anche dall’elevato frazionamento delle proprietà che ha impedito in molti casi la
pianificazione di interventi di matrice pubblica;
- “ricollocare il nucleo storico come centralità del sistema insediativo”: si tratta di operare per valorizzare la
funzione e posizione centrale dei nuclei storici, che ad oggi stanno progressivamente perdendo i connotati di
poli attrattori che hanno avuto per secoli;
- l’assunzione di un nuovo “sguardo” che comprenda sia l’analisi/interpretazione del patrimonio fisico, sia la
considerazione attenta di dati immateriali che il termine “identità” lega insieme, ma che meritano di essere
singolarmente evocati;
- la considerazione di un tema progettuale che metta insieme necessariamente tutela ed innovazione,
considerando come il paesaggio storico urbano comprenda tutto l’edificato e il suo contesto;
- la nascita di un nuovo tipo di progetto che assuma come caratteristiche l’integrazione, la strategia e il tema
gestionale;
- l’assunzione di una visione progettuale non solo fisico/urbanistica ed architettonica, ma anche sociale,
culturale, economica, amministrativa, gestionale.
Un’ultima riflessione avanzata riguarda la problematica progettuale già discussa, nella particolare ottica di
progettare in modo unitario il sistema dei servizi e spazi pubblici facendo leva sulla maggiore concentrazione
di valori simbolici e semantici piuttosto che semplicemente funzionali. Le riflessioni maturate nel corso degli
anni ’70 sono ancora oggi valide: nell’ultimo decennio si è costruito in maniera selvaggia con impennate
spaventose di consumo di suolo; ci sono moltissime case vuote, invendute, disabitate e un diffusissimo
abusivismo edilizio ma almeno il 20% della popolazione non ha una casa né può accedere a mutui o al
mercato degli affitti. Tra le principali necessità, v’è quella di codificare la progettazione urbanistica del
recupero e di raccordarla con la progettazione architettonica: “bisognerebbe cioè che le previsioni e le norme
urbanistiche guidassero efficacemente le scelte di scala architettonica ed edilizia, attraverso il suggerimento
di regole progettuali scaturite dalla conoscenza della storia urbana, dei tessuti edilizi e delle patologie
riscontrabili”. Sempre in materia: “in questo senso è sicuro che anche i centri storici hanno bisogno di
interventi progettuali di innovazione e modernizzazione che non si esauriscono nella sostituzione edilizia,
anche pregevole, di qualche tassello, ma che riguardano l’intera struttura urbana e la sua immissione in un
nuovo ciclo vitale, compatibile con la storicità e i valori dell’insediamento, che deve comunque mantenere
una molteplicità di funzioni e di ruoli, tra cui quello residenziale. L’innovazione può concernere i rapporti
tra il centro storico, la città contemporanea e il territorio di gravitazione, ma anche i modi di abitare e le
tipologie di servizi da offrire a una società in mutamento; ci riferiamo alla dimensione e all’aggregazione
85
degli alloggi in relazione alla qualità e alla consistenza offerta dal patrimonio edilizio storico e alla
domanda posta dai possibili utenti, come famiglie tradizionali, singles, anziani, studenti, immigrati; al ruolo
degli spazi pubblici e agli spazi di relazione”. In conclusione, questi i punti avanzati nel convegno:
- è necessaria una considerazione integrata della città e del territorio storico. Passato e presente si
sovrappongono, ma la loro integrazione nella contemporaneità può nascere soltanto dal progetto. Progetto
che, peraltro, è del tutto assente, negato, contraddetto da scelte conservative che vanno in tutt’altra direzione.
Per evitare il coinvolgimento in una realtà in cui la cultura è sempre più estranea, il mondo della
conservazione si chiude in se stesso, anziché aprirsi al dialogo;
- il progetto è peraltro l’unico modo per trasformare il bene “patrimonio culturale” in risorsa. Per far sì che il
bene culturale, custode della storicità e dell’identità, sia oggetto di conservazione e di tutela, occorre sia parte
di un progetto che lo renda contemporaneo. In questo senso si può parlare di innovazione, e solo in questo
senso di “valorizzazione del bene culturale”;
- il progetto riguarda pertanto il centro storico, la città esistente, il territorio storico concepiti come campi
interconnessi e interdipendenti, e obiettivo del progetto è la loro integrazione nella realtà contemporanea; - il
campo del progetto contemporaneo è prioritariamente il territorio periurbano costruito negli anni più
impetuosi ed infausti delle nostre trasformazioni territoriali (1950-1980). Occorre ricordare come questo
immenso patrimonio urbano, attuato in assenza e contro ogni logica di piano, presenti una ben scarsa
flessibilità, e come pertanto lo strumento per proporre un suo “riscatto” sia, nelle attuali condizioni, il
progetto urbano che ha ruolo tattico e non strategico. In questa logica, possono essere riproposti temi che
l’Ancsa ha privilegiato nel passato: il recupero residenziale ed il piano casa e in misura meno utopica, ma
realistica, lo stesso “progetto della sottrazione”;
- due temi, in questa logica, sembrano oggi emergenti: quello delle nuove centralità e quello dello spazio
aperto. Entrambi possono costituire approcci per ottenere nuovi ed interessanti esiti progettuali;
- ne consegue che nuovi “sguardi”, nuovi modi per interpretare e quindi progettare, ed infine innovare
l’identità urbana e territoriale possono nascere dalle discipline del paesaggio, ed in particolare dall’idea di
“paesaggio storico urbano”;
- in questo quadro si rende necessario ricostruire il ruolo dell’architettura, ricordare che esso non riguarda
esclusivamente l’oggetto, che è illusorio ritenere che uno o più d’uno di tali oggetti possano riscattare la
condizione urbana, ma che riguarda l’idea stessa di città, ed il disegno del territorio.
In termini di linee d’azione, passando alla scala territoriale turatese, riferimento primario è al Piano
territoriale di coordinamento provinciale, in cui s’esplicitano, alla voce “Uso razionale e risparmio del suolo
– indirizzi e orientamenti per la pianificazione locale” i seguenti criteri:
i) Attenzione al disegno delle trasformazioni in armonia con il tessuto presente e finalizzato a limitare
consumo e frammentazione territoriale;
ii) Rifunzionalizzare e recuperare negli ambiti consolidati, sia i nuclei di interesse storico che le aree
degradate e dismesse perfezionandone, mediante opportune scelte progettuali, il potenziale ruolo di fautrici
di ricomposizione e qualificazione del territorio;
iii) Recuperare e riqualificare i territori sottoutilizzati, degradati e le aree dismesse, nonché il patrimonio
edilizio esistente, in particolare i nuclei di interesse storico, garantendo un equilibrio nei processi di
trasformazione razionalizzare, riutilizzare e recuperare le volumetrie disponibili, anche favorendo l’uso
ricreativo/sociale del patrimonio edilizio;
iv) Sviluppare specifiche linee d’azione per il paesaggio, anche con riferimento a studi sistematici volti ad
individuare e valutare i paesaggi locali, tenendo conto del valore attribuito dalle popolazioni interessate;
v) Individuare il fabbisogno abitativo e valutare con attenzione le dimensioni degli alloggi di nuova
realizzazione o derivanti di trasformazioni in funzione del target finale.
Internamente al Piano territoriale paesaggistico regionale si specifica inoltre: “L’abbandono e la dismissione
di aree e manufatti provoca sempre un grave stato di trascuratezza e incuria; gli elementi fisici che
permangono dalle fasi precedenti sotto forma di elementi residuali, come “relitti” o “reliquati”, presentano
quasi sempre difficoltà di gestione e di interrelazione al contesto al variare degli usi e provocano elevati
86
rischi di degrado paesaggistico sia del sito stesso, sia degli ambiti contigui, creando possibili effetti di
degrado/compromissione a catena. […] Oltre a riguardare le aree industriali, il fenomeno riguarda anche
altre parti urbanizzate, come i centri e i nuclei sottoposti ad un costante spopolamento con conseguente
riduzione del presidio dei luoghi, quartieri urbani storici27. Analogamente critici sono gli effetti di degrado
paesaggistico dovuto all’abbandono degli insediamenti e delle tradizionali attività produttive legate
all’agricoltura e alla zootecnia e alla pastorizia; una questione particolare è certamente costituita
dall’avanzata della vegetazione boschiva nelle aree montane e collinari abbandonate dagli usi agricoli che
ha anche innescato processi di dissesto idrogeologico o messo in pericolo d’incendio ampie porzioni di
territorio, complessi edilizi, infrastrutture”.
Mentre invece, internamente alle Nta del Ptcp, all’art.10 “Gli indirizzi generali di tutela”, si definisce al p.to 9
(lettera a) che il Ptcp “sub-articola le unità tipologiche di paesaggio del Ptpr, individuando ambiti omogenei
per caratteristiche fisico-morfologiche, percettive, tipologico - architettoniche e/o storico culturali,
denominate Unità tipologiche di paesaggio, definendone i relativi caratteri connotativi, e dettando gli
indirizzi per la pianificazione locale”. Oltre a ciò, all’art.18 s’identifica specificamente “La salvaguardia e la
valorizzazione del patrimonio storico e artistico”: “i beni di interesse storico e culturale costituiscono parte
integrante del patrimonio ambientale complessivo della Provincia e debbono essere preservati nella loro
integrità, favorendone la fruizione controllata. […] Il Ptcp, anche al fine di limitare il consumo di suolo non
urbanizzato e nel rispetto dei valori socioculturali, storici, architettonici, urbanistici, ambientali ed
economici, considera di preminente interesse il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dei centri e
nuclei storici del territorio provinciale”.
Risulta a questo punto possibile identificare macroblocchi d’indagine, specifici di particolari aspetti da
considerarsi ed approfondirsi nello sviluppo di un’analisi finalizzata nel tessuto storico comunale: le
considerazioni precedentemente illustrate permettono di riconoscere, quale primo momento di riflessione ed
analisi dei caratteri del nucleo storico di Turate, una valutazione estesa a riconoscere, censire e quantificare i
fenomeni in atto ed i fattori di rilievo dal punto di vista fisico, economico, sociale e relazionale; una visione
d’insieme delle modalità e dell’intensità tramite cui il centro storico è ad oggi vissuto. Si tratta di sviluppare
un livello di dettaglio in grado di restituire una mappa dettagliata dei fenomeni in atto tra fenomeni positivi di
valore, e situazioni di potenziale disvalore o rischio. Tra le variabili da considerare in questo senso si può
assumere la presenza di residenti in determinate porzioni dell’edificato, connessa all’incidenza del fenomeno
degli sfitti che influisce in modo considerevole e consistente sulla qualità dello spazio delle relazioni: edifici
con elevata presenza di sfitto residenziale si traducono nell’immediato in assenza di vitalità e di presidio
dello spazio. Al tempo stesso si rischia d’innescare il fenomeno del decadimento strutturale degli immobili,
accelerando quel processo del ciclo di vita di immobili e del centro nel suo complesso. Insieme alla residenza
è da considerare come ambito di riflessione fondamentale quello delle attività extraresidenziali, indicative di
come si dispongono nello spazio tutte quelle funzioni connesse al commercio, al comparto produttivo e nello
specifico all’artigianato, considerata la natura delle funzioni ammesse nel centro storico turatese. Si tratta al
tempo stesso di attività di tipo terziario, e quindi potenzialmente a servizio della comunità nel suo complesso:
le variabili così descritte possono a loro volta essere poi confrontate per la costruzione d’indicatori più
complessi ed esaustivi, ad esempio di eterogeneità delle funzioni presenti e, più banalmente, della loro
concentrazione in determinati isolati del centro.
27 Per quanto riguarda questo aspetto è rilevante segnalare come si siano determinate condizioni di degrado in molti quartieri urbani
non solo periferici ma anche interni alla città storica. In Lombardia, solo nell’ambito del Programma nazionale “Contratti di
Quartiere II”, sono stati siglati 23 programmi di 17 Comuni finalizzati alla riqualificazione sociale ed edilizia dei quartieri degradati, e
ad attualizzarne e incrementarne, anche con il concorso di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale, prevedendo, nel
contempo, misure ed interventi per favorire l’integrazione sociale e l’occupazione.
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Risulta possibile comprendere tali dimensioni in un unico blocco preliminare d’indagine dei caratteri del
centro storico, definibile “Qualità dello spazio relazionale”.
Successivi blocchi analitici riguardano la conformazione e la caratterizzazione dello spazio costruito e se in
precedenza si erano considerati gli aspetti inerenti all’utilizzo del centro storico a livello residenziale ed extra
residenziale, ora si restituisce un quadro d'insieme dei fattori insistenti specificamente sui manufatti edilizi.
Si tratta di dati riferiti alla conformazione fisico/architettonica degli edifici: a tal proposito le caratteristiche
degli indicatori sintetici eleggibili sono illustrate nel diagramma seguente, relativo al quadro
analitico/valutativo generale da impostarsi per l’analisi del centro storico turatese.
potenzialità residenziale
(η) potenzialità
percettiva
centralità
attuale
Intrinseco all’edificio
Stima di un potenziale latente Stima di un valore attuale
potenzialità derivante
da usi commerciali
potenzialità residenziale
(η)
potenzialità derivante
da usi commerciali potenzialità
percettiva
centralità
attuale
Tra edificio ed isolato
Età della popolazione
residente
Disposizione dei
residenti
Disposizione della popolazione
straniera
Attività generanti attrazione
Disposizione delle
attività
Tipologie di
attività
Attività a servizio
collettivo
Disposizione spazi
pubblici
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Operativamente, l’obiettivo è quello di aggiornare e dettagliare le modalità d’intervento sul patrimonio
edilizio interno al centro storico, previste da Prg vigente. A tal proposito, si riportano gli elementi che
contraddistinguono il legenda della Tavola n. 8 del vigente Prg sul Centro storico “azzonamento modificato
in accoglimento osservazioni, aggiornato con successive modifiche ai sensi della Lr. 23/1997”.
Necessità di determinare modalità
di massimo intervento
Determinare priorità nella
programmazione d’interventi
Preliminare assunzione degli edifici quali unità di indagine internamente ai nuclei d’antica formazione
(α) Intervenibilità sul patrimonio costruito
(γ) Qualità dello spazio relazionale (β) Potenzialità latenti
Riconoscere i caratteri
socio/economici del contesto
Soddisfacimento delle
prescrizioni normative
Comprensione delle
peculiarità del contesto
Articolazione delle
strategie amministrative
Considerare gli inserimenti
paesaggistici degli interventi
Risolvere questioni aperte e
valorizzare potenzialità latenti
Ottimizzare la qualità urbana con
limitate le risorse disponibili
Costruzione di scenari di configurazione degli
assetti fisico/architettonici e strutturali, con
selezione dell’opzione maggiormente coerente
con il contesto
Identificazione dei manufatti su
cui intervenire per ripristinare
stati d’efficienza nell’utilizzo del
tessuto
Spazializzazione del livello
di problematicità
socio/economica