2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate · tardo medioevale e moderna è...

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47 2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate 2.1. Lo sviluppo del centro storico turatese, e la sua gestione negli strumenti di pianificazione vigenti e previgenti In termini di evoluzione storica, la banca dati Siusa 15 relativa ai beni culturali restituisce un quadro dettagliato circa l’evoluzione del territorio turatese. Turate è citato come Thurao, terra donata nel 712 dal Re longobardo Liutprando al Monastero S. Pietro in Cielo d’Oro di Pavia. Il territorio fu abitato dagli Insubri e dai Longobardi . La storia del borgo nell’età tardo medioevale e moderna è strettamente legata a quella di una potente famiglia nobiliare lombarda, i Caimi . Con l’abolizione del sistema feudale anche Turate diventa borgo libero e pienamente autonomo, tant’ è che al 1827 risale il primo documento con timbro “Comune di Turate” , documento con cui il territorio viene denominato Deputazione amministrativa comunale. Nel 1860 per la prima volta il capo dell’Amministrazione viene chiamato Sindaco. Negli Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346Turate risulta incluso nella pieve di Appiano e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della “strata da Bolàcome el locho da Turà”. Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1552 e dei successivi aggiornamenti sino al XVIII secolo, Turate risulta ancora compreso nella pieve di Appiano dove ancora lo si ritrova nel 1644. Con diploma del re Filippo IV del 19 gennaio 1623 il comune venne concesso in feudo a Gaspare Caimi. Nel Compartimento territoriale specificante le cassinedel 1751, Turate era sempre inserito nel ducato di Milano, ancora nella pieve di Appiano ed il suo territorio comprendeva anche i cassinaggi di Prato, Piatti, Mascazza e Fagnana. Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune, infeudato al conte Ignazio Caimi al quale la comunità non versava alcun tipo di contribuzione, contava in tutto 1300 anime. Disponeva di un consiglio, che si riuniva nella pubblica piazza, e di un console che veniva eletto senza alcun termine temporale e che amministrava il comune con la supervisione dei compossessori . Il comune si avvaleva inoltre di un cancelliere, regolarmente retribuito, che aveva tra l'altro il compito della cura delle scritture che erano conservate nella casa del feudatario. Incaricato delle riscossioni dei carichi e del pagamento delle spese era un solo esattore. Il comune era sottoposto alla giurisdizione di un podestà feudale. Il console prestava giuramento alla banca criminale del Vicariato del Seprio di Gallarate. Sempre inserito nella pieve di Appiano, il comune compare nell’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milanodel 1753 ancora appartenente al ducato di Milano. Nel nuovo compartimento territoriale dello Stato di Milano, pubblicato dopo la Riforma al governo e amministrazione delle comunità dello stato di Milano, il comune di Turate venne inserito tra le comunità della pieve di Appiano, nel territorio del ducato di Milano. Nel 1771 il comune contava 1.599 abitanti. A seguito della morte del conte Ignazio Caimi avvenuta nel 1785, il comune, sino ad allora infeudato, tornò nelle disponibilità della R. Camera. Con la successiva suddivisione della Lombardia austriaca in province, il comune di Turate, sempre collocato nella pieve di Appiano, venne inserito nella Provincia di Gallarate. In forza del nuovo compartimento territoriale per l anno 1791, la pieve di Appiano, di cui faceva parte il comune di Turate, venne inclusa nel XXXI distretto censuario della provincia di Milano. A seguito della suddivisione del territorio in dipartimenti, prevista dalla costituzione della Repubblica Cisalpina dell 8 luglio 1797, con legge del 26 marzo 1798 il comune di Turate venne inserito nel Dipartimento del Verbano, Distretto di Appiano. Con successiva legge del 26 settembre 1798 il comune venne trasportato nel Dipartimento dellOlona, Distretto XIX di Tradate. Nel gennaio del 1799 contava 1.477 abitanti. Secondo quanto disposto dalla legge 13 maggio 1801, il comune di Turate, inserito nel Distretto quarto di Gallarate, rimase compreso nel Dipartimento dell'Olona. Con la riorganizzazione dei dipartimenti, avviata a seguito della legge di riordino delle autorità amministrative e resa definitivamente esecutiva durante il Regno d’ Italia, Turate venne collocato nel Dipartimento del Lario, Distretto I di Como, Cantone VI di Appiano. Il comune di Turate nel 1805 contava 1.472 abitanti. Il successivo intervento di concentrazione disposto per i comuni di II e III classe, vide Turate allargare i propri confini territoriali con 15 http://siusa.archivi.beniculturali.it

Transcript of 2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate · tardo medioevale e moderna è...

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2. I nuclei d’antica formazione del Comune di Turate

2.1. Lo sviluppo del centro storico turatese, e la sua gestione negli strumenti di pianificazione vigenti e

previgenti

In termini di evoluzione storica, la banca dati Siusa15 relativa ai beni culturali restituisce un quadro

dettagliato circa l’evoluzione del territorio turatese.

Turate è citato come Thurao, terra donata nel 712 dal Re longobardo Liutprando al Monastero S. Pietro in

Cielo d’Oro di Pavia. Il territorio fu abitato dagli Insubri e dai Longobardi. La storia del borgo nell’età

tardo medioevale e moderna è strettamente legata a quella di una potente famiglia nobiliare lombarda, i

Caimi. Con l’abolizione del sistema feudale anche Turate diventa borgo libero e pienamente autonomo,

tant’è che al 1827 risale il primo documento con timbro “Comune di Turate” , documento con cui il

territorio viene denominato Deputazione amministrativa comunale. Nel 1860 per la prima volta il capo

dell’Amministrazione viene chiamato Sindaco.

Negli “Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346” Turate risulta incluso nella

pieve di Appiano e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della “strata da Bolà” come “el

locho da Turà”. Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1552 e dei successivi aggiornamenti sino

al XVIII secolo, Turate risulta ancora compreso nella pieve di Appiano dove ancora lo si ritrova nel 1644.

Con diploma del re Filippo IV del 19 gennaio 1623 il comune venne concesso in feudo a Gaspare Caimi.

Nel “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751, Turate era sempre inserito nel ducato di

Milano, ancora nella pieve di Appiano ed il suo territorio comprendeva anche i cassinaggi di Prato, Piatti,

Mascazza e Fagnana. Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il

comune, infeudato al conte Ignazio Caimi al quale la comunità non versava alcun tipo di contribuzione,

contava in tutto 1300 anime. Disponeva di un consiglio, che si riuniva nella pubblica piazza, e di un console

che veniva eletto senza alcun termine temporale e che amministrava il comune con la supervisione dei

“compossessori”. Il comune si avvaleva inoltre di un cancelliere, regolarmente retribuito, che aveva tra

l'altro il compito della cura delle scritture che erano conservate nella casa del feudatario. Incaricato delle

riscossioni dei carichi e del pagamento delle spese era un solo esattore. Il comune era sottoposto alla

giurisdizione di un podestà feudale. Il console prestava giuramento alla banca criminale del Vicariato del

Seprio di Gallarate. Sempre inserito nella pieve di Appiano, il comune compare nell’“Indice delle pievi e

comunità dello Stato di Milano” del 1753 ancora appartenente al ducato di Milano.

Nel nuovo compartimento territoriale dello Stato di Milano, pubblicato dopo la “Riforma al governo e

amministrazione delle comunità dello stato di Milano”, il comune di Turate venne inserito tra le comunità

della pieve di Appiano, nel territorio del ducato di Milano. Nel 1771 il comune contava 1.599 abitanti. A

seguito della morte del conte Ignazio Caimi avvenuta nel 1785, il comune, sino ad allora infeudato, tornò

nelle disponibilità della R. Camera. Con la successiva suddivisione della Lombardia austriaca in province,

il comune di Turate, sempre collocato nella pieve di Appiano, venne inserito nella Provincia di Gallarate. In

forza del nuovo compartimento territoriale per l’anno 1791, la pieve di Appiano, di cui faceva parte il

comune di Turate, venne inclusa nel XXXI distretto censuario della provincia di Milano.

A seguito della suddivisione del territorio in dipartimenti, prevista dalla costituzione della Repubblica

Cisalpina dell’8 luglio 1797, con legge del 26 marzo 1798 il comune di Turate venne inserito nel

Dipartimento del Verbano, Distretto di Appiano. Con successiva legge del 26 settembre 1798 il comune

venne trasportato nel Dipartimento dell’Olona, Distretto XIX di Tradate. Nel gennaio del 1799 contava

1.477 abitanti. Secondo quanto disposto dalla legge 13 maggio 1801, il comune di Turate, inserito nel

Distretto quarto di Gallarate, rimase compreso nel Dipartimento dell'Olona. Con la riorganizzazione dei

dipartimenti, avviata a seguito della legge di riordino delle autorità amministrative e resa definitivamente

esecutiva durante il Regno d’Italia, Turate venne collocato nel Dipartimento del Lario, Distretto I di Como,

Cantone VI di Appiano. Il comune di Turate nel 1805 contava 1.472 abitanti. Il successivo intervento di

concentrazione disposto per i comuni di II e III classe, vide Turate allargare i propri confini territoriali con

15 http://siusa.archivi.beniculturali.it

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l’aggregazione del comune di Gerenzano. Inserito nel Distretto I di Como, Cantone VI di Appiano, dopo

l’unione il comune contava 2.401 abitanti. Tale aggregazione non compare più (probabilmente per

un’omissione) nella successiva compartimentazione del 1812.

Con l’attivazione dei comuni della provincia di Como, in base alla compartimentazione territoriale del

regno lombardo-veneto, il comune di Turate venne inserito nel distretto XXIII di Appiano. Il comune di

Turate, dotato di convocato, fu confermato nel distretto XXIII di Appiano in forza del successivo

compartimento delle province lombarde. Col compartimento territoriale della Lombardia, il comune di

Turate venne inserito nel distretto V di Appiano. La popolazione era costituita da 2.510 abitanti.

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento

territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Turate con 2.779 abitanti, retto da un

consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento XIII di Appiano,

circondario I di Como, provincia di Como. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva

una popolazione residente di 3.012 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull'ordinamento

comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio.

Popolazione residente nel comune: abitanti 2.988 (Censimento 1871); abitanti 3.234 (Censimento 1881);

abitanti 3.004 (Censimento 1901); abitanti 3.826 (Censimento 1911); abitanti 4.109 (Censimento 1921). Nel

1924 il comune risultava incluso nel circondario di Como della provincia di Como. In seguito alla riforma

dell'ordinamento comunale disposta nel 1926 il comune veniva amministrato da un podestà. Popolazione

residente nel comune: abitanti 4.515 (Censimento 1931); abitanti 4.658 (Censimento 1936). In seguito alla

riforma dell'ordinamento comunale disposta nel 1946 il comune di Turate veniva amministrato da un

sindaco, da una giunta e da un consiglio. Popolazione residente nel comune: abitanti 5.158 (Censimento

1951); abitanti 5.357 (Censimento 1961); abitanti 6.599 (Censimento 1971). Nel 1971 il comune di Turate

aveva una superficie di ettari 1.012.

Rinviando ai paragrafi successivi la storia recente del territorio, approfondiamo in questo frangente la

relazione intercorrente tra l’insediamento turatese e le aree limitrofe facendo riferimento alla cartografia

storica disponibile. La Carta del Lombardo Veneto del 1833 delinea la conformazione degli edifici

costituenti il nucleo d’antica formazione così come rilevato dall’atlante regionale lombardo.

Estratto della Carta Topografica ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833. Si nota la geografia del centro storico, sorto in

prossimità dei due incroci tra le attuali vie Cavour, Vittorio Emanuele (e Piazza Alessandro Volta), S. Pietro

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Sovrapposizione tridimensionale tra la carta storica 1930 TCI e gli edifici ricadenti ad oggi nel nucleo storico principale

(perimetro identificato con perimetro e campitura in colore rosso)

In termini di relazioni con i comuni limitrofi, la seguente carta del 1930 TCI relativa alla Brianza restituisce il

rapporto tra la realtà turatese ed i limitrofi comuni: Gerenzano è separato da Turate dal passaggio di assi

infrastrutturali quali la linea ferroviaria, la medesima che partendo da Milano connette Saronno e la Brianza

nordoccidentale.

Estratto della Carta Topografica ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833. Si nota la geografia del centro storico, sorto in

prossimità dei due incroci tra le attuali vie Cavour, Vittorio Emanuele (e Piazza Alessandro Volta), S. Pietro

Al tempo stesso, il passaggio dell’attuale autostrada dei Laghi incide sulla divisione del territorio comunale

in una porzione occidentale e una orientale, quest’ultima interessata, negli ultimi decenni, dall’espansione

industriale.

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Come si evince dalla seguente immagine (tratta del risultato di un’elaborazione prodotta in ambiente Gis

degli strati informativi relativi ai nuclei d’antica formazione delle provincie di Varese, Como, Milano,

Lecco), lo sviluppo territoriale Brianzolo presenta un modello di crescita strutturato in una molteplicità di

centri di medie e piccole dimensioni.

Spazializzazione dei principali nuclei storici brianzoli, localizzati nelle vicinanze di Turate

(elaborazioni proprie su base informativa regionale: Geoportale Regione Lombardia)

L’immagine riportata evidenzia come il maggior numero dei nuclei storici brianzoli sorga in corrispondenza

di assi viabilistici di primaria importanza, quale la direttrice Saronno-Varese, oggi strada provinciale n. 233,

e le strade provinciali n. 32 e 24 di orientamento est-ovest. Uno dei vantaggi che caratterizzano il nucleo

storico turatese è dato proprio dall’assenza di un importante asse viabilistico che lo attraversi, che avrebbe

potuto interferire (come si rileva per numerosi altri nuclei lombardi, di valore storico) con la fruibilità del

medesimo da parte della popolazione residente. Un fattore questo che ha condotto, e sta conducendo, molti

comuni a rivedere le proprie logiche di organizzazione della mobilità al fine di realizzare soluzioni che

restituiscano al centro la propria intrinseca valenza di polarità della vita comunale. Il nucleo turatese presenta

al tempo stesso il vantaggio di localizzarsi sia in prossimità di un asse viario di primaria importanza sia in

prossimità con il nucleo storico di Saronno, quest’ultimo crocevia di trasporto su gomma e su ferro la cui

centralità è andata consolidandosi nel tempo. In termini di estensione si nota come il nucleo turatese, pur

caratterizzato ad oggi da un numero limitato di abitanti rispetto alla limitrofa realtà saronnese, e da un

numero mediamente superiore rispetto alle altre realtà locali, presenti sostanzialmente la medesima

estensione degli altri centri storici. Ciò sottolinea la sostanziale equipollenza che fino al termine del XIX

secolo ha contraddistinto l’ambito brianzolo, con medio/piccole realtà, distanti dai grandi centri identificati in

Monza, Milano, Como, Varese, Lecco, la cui dimensione, e quindi influenza, è mutata progressivamente con

il XX secolo.

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Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano

Centro storico di Rovello Porro Centro storico di Lomazzo

Le immagini riportate fanno riferimento ai centri storici di 4 comuni limitrofi a Turate, i cui tessuti si

presentano in condizioni analoghe: urbanizzato compatto caratterizzato dalla cortina edilizia chiusa, che si

contrappone alle moderne tipologie edilizie, tipiche dell’espansione otto/novecentesca (edificio isolato su

lotto, cortile o giardino di fruizione del proprietario dell’immobile). In questo senso, s’intrecciano le

considerazioni in merito alle differenze esistenti a livello infrastrutturale ed insediativo tra città storica e città

moderna/contemporanea: le seguenti rappresentazioni derivate dalla banca dati Dusaf (Destinazione d’uso

dei suoli agricoli e forestali), permettono di cogliere le analogie tra i nuclei in esame.

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Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano Centro storico di Rovello Porro

Centro storico di Lomazzo Centro storico di Turate Centro storico di Mozzate

La scala di dettaglio a cui risulta redatto il progetto Dusaf non risulta appropriata ai fini della precisa

localizzazione di fenomeni, quali le diversità del sistema insediativo, a scala comunale. Le immagini

riportate indicano, in colore scuro, il tessuto residenziale denso, ed invece il colore chiaro le aree residenziali

realizzate con impianto morfo/tipologico differente.

Inoltre si nota come in tutti i casi in esame, l’infrastruttura di connessione a livello intercomunale, arteria di

traffico potenzialmente interferente con la fruizione pedonale del centro storico, si attesti esternamente ai

confini della città storica o comunque marginalmente ad essa.

Centro storico di Cislago Centro storico di Gerenzano Centro storico di Rovello Porro

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Centro storico di Lomazzo Centro storico di Turate

Oltre ai nuclei storici così individuati, che si caratterizzano prevalentemente per la morfo/tipologia esito di un

processo storico di sedimentazione e trasformazione che ha visto nascere e consolidarsi la specifica realtà

comunale, esistono nuclei secondari derivanti dall’esistenza di frazioni o di insediamenti di matrice agricola

In questo senso, sono identificabili numerosi casi della seguente carta ove, in colore azzurro, sono evidenziati

i nuclei secondari, sia di matrice agricola che derivanti da frazioni secondarie distanti dall’insediamento

principale.

A differenza di altre realtà della provincia comasca, i nuclei secondari di Turate non risultano conglomerati

in insediamenti recenti di considerevoli dimensioni, presentandosi invece come nuclei di matrice cascinale

che si sono mantenuti separati (salvo un paio d’eccezioni) dalla più recente urbanizzazione del territorio

agricolo.

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Frazione di Limido comasco Frazione di Lomazzo Frazione di Mozzate Frazione di Misinto

Al fine di restituire il quadro dei nuclei storici effettivamente presenti nel territorio di Turate, così da

riconoscerne le intrinseche peculiarità, si considerano di seguito i singoli nuclei.

Nell’immagine a lato sono riportati i nuclei

storici presenti nel territorio comunale, con

l’insediamento principale identificato dal

numero 5, inglobato dal tessuto

d’espansione otto/novecentesca ed un

numero di centri secondari dislocati in aree

marginali. Nello specifico, tali nuclei, le cui

caratteristiche sono dettagliate nel seguito,

sono identificabili con:

1. Cascina Fagnana

2. Cascina Mascazza

3. Santa Maria in Campagna

4. Cascina Piatti

5. Nucleo storico principale

Le seguenti schede confrontano l’immagine

satellitare al 2011 con la Carta Topografica

ITM Lombardo-Veneto, risalente al 1833.

1. Nucleo di Cascina Fagnana: si colloca ai confini sudoccidentali del territorio, tra i Comuni di Cislago e

Gerenzano, in corrispondenza di un insediamento secondario di matrice residenziale sorto recentemente.

3

4

2

1

5

55

2. Nucleo di Cascina Mascazza: ubicato al confine con il Comune di Cislago, si presenta sin dalle origini

come agglomerato di edifici di matrice rurale orientato all’utilizzo primario dei terreni circostanti,

caratteristica mantenuta e preservata sino ad oggi.

3. Nucleo di Santa Maria in Campagna: immediatamente a nord dell’insediamento principale, risulta

parzialmente intercluso in aree residenziali di recente espansione all’incrocio tra due assi stradali quali la

via S. Maurizio e via Como.

4. Nucleo di Cascina Piatti: è l’insediamento posto più a nord nel territorio comunale, per la precisione in

corrispondenza del confine con Limido Comasco e Fenegrò; ha mantenuto nel corso dei secoli l’originaria

impostazione di nucleo agricolo cascinale, non risultando oggetto di espansione residenziale.

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5. Nucleo storico principale: il nucleo principale si sviluppa in corrispondenza dell’intersezione di diversi

assi viabilistici, rilevanti già nel 1833. L’episodio insediativo di pregio ubicato lungo via Caimi è

eccezione ad una struttura per la maggior parte coesa, con un buon coefficiente di forma (rapporto tra

perimetro ed area del poligono corrispondente all’estensione del nucleo d’antica formazione). La

perimetrazione del nucleo storico è stata oggetto negli ultimi anni a revisioni finalizzate a cogliere la reale

consistenza degli immobili e degli spazi inedificati (piazze, giardini) effettivamente connessi alla memoria

storica ed alla tradizione, tali per cui s’impone la necessità di un trattamento particolare finalizzato alla

conservazione degli elementi di pregio effettivamente insistenti negli immobili.

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Le immagini riportate accentuano la distinzione tra nuclei ormai conglomerati nel tessuto urbano consolidato

e nuclei extraurbani di matrice agricola: in riferimento al solo Comune di Turate si riporta di seguito la

distribuzione delle cascine individuate.

Caratteri dei 3 nuclei cascinali identificati

su base regionale Dusaf 1999

In termini di peculiarità presenti nel tessuto urbano, si procede di seguito all’identificazione degli elementi di

pregio rilevati a livello regionale quali “beni culturali”, fondamentali per la cultura e l’identità della comunità

turatese. In tal senso prevalgono gli elementi di matrice religiosa, a testimonianza del radicato legame

esistente tra religione e comunità nell’area Brianzola. Gli unici elementi civili degni di nota si riconoscono

nel Palazzo Ala Ponzone-Pollini, così come nella Casa Militare Umberto I di matrice marcatamente militare.

Denominazione Classe Tipo Indirizzo

1. Chiesa dei SS. Pietro e

Paolo

Architettura religiosa e rituale Chiesa P.za della chiesa, 4

2. Campanile della Chiesa dei

SS. Pietro e Paolo

Architettura religiosa e rituale Campanile P.za della chiesa, 4

3. Palazzo Ala Ponzone-

Pollini

Architettura per la residenza, il terziario e i

servizi

Palazzo Via Vittorio Emanuele, 2

4. Oratorio di S. Giuseppe Architettura religiosa e rituale Oratorio Via Vittorio Emanuele

5. Chiesa di S. Girolamo Architettura religiosa e rituale Chiesa Via San Gerolamo

6. Santuario della Madonna in

Campagna

Architettura religiosa e rituale Chiesa Via Santa Maria, 1

7. Campanile del Santuario

della Madonna in Campagna

Architettura religiosa e rituale Campanile Via Santa Maria, 1

8. Casa Militare Umberto I Architettura per la residenza, il terziario e i

servizi

Palazzo P.za Alessandro Volta, 27

(P)

9. Chiesa della Madonna della

Mediglia Miracolosa

Architettura religiosa e rituale Chiesa P.za Alessandro Volta

Gli unici immobili sottoposti a vincolo risultano essere la Casa militare Umberto I e il Palazzo Ala Ponzone-

Pollini. A seguire si riportano le schede sintetiche relative agli immobili censiti nella banca dati online

http://www.lombardiabeniculturali.it.

A

A

B B

C

C

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1/2. Chiesa dei SS. Pietro e Paolo - complesso

Epoca di costruzione: sec. XVII - sec. XX

Comprende: Santuario della Madonna in Campagna; Campanile del Santuario della Madonna in Campagna

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

La Chiesa Parrocchiale SS. Pietro e Paolo, eretta verso il

1.000 d.c., inizialmente aveva la porta centrale sulla

facciata settentrionale. Al tempo di S. Carlo, quando

venne in visita pastorale nel 1574, era costituita da una

navata centrale e una laterale dalla parte dell’attuale

battistero, al posto del quale allora vi era un altare

dedicato a S.Ambrogio. Durante il corso dei secoli, la

Chiesa subisce continue modifiche fino al 1848 quando

viene ingrandita e assume la configurazione attuale.

3. Palazzo Ala Ponzone - Pollini - complesso

Epoca di costruzione: fine sec. XVII – inizio sec. XVIII

Comprende: Palazzo Ala Ponzone

Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico

territoriale. Sorto su un palazzo quattrocentesco, fu

residenza di diverse famiglie nobili sino alla cessione alla

parrocchia nel 1956 e a quella al Comune nel 1992.

Risulta attualmente occupato dagli uffici comunali,

caratterizzata dal punto di vista architettonico per i dipinti

e le decorazioni floreali di matrice barocca. Risulta

disposto lungo l’asse principale di direttrice nord/sud

interno al nucleo, percorso ideale per la fruizione del

patrimonio di pregio e al tempo stesso per la fruizione del

centro storico nel suo insieme.

5

6, 7 4

1, 2

3

8

9

59

4. Oratorio di S. Giuseppe

Comprende: Oratorio di S. Giuseppe

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

5. Chiesa di S. Girolamo

Comprende: Chiesa di S. Girolamo

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

La chiesa, ubicata nella frazione Fagnana, era di proprietà

dei marchesi Fagnani che avevano nella frazione case e

terreni. Nel luglio 1947 vennero riparati il campanile e il

tetto, e a conclusione dei lavori vennero collocate tre

campane consacrate. L’oratorio adiacente esisteva già al

tempo di S. Carlo, che ne fa menzione nei suoi decreti.

6/7. Santuario della Madonna in Campagna - complesso

Epoca di costruzione: sec. XIV - sec. XV

Comprende: Santuario della Madonna in Campagna,

Campanile del Santuario della Madonna in Campagna

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Il Santuario ha sostituito due antiche chiesette abbattute

proprio per far posto a quella attuale. Si trattava della

Chiesa di S. Maria e di S. Maurizio.

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8. Casa Militare Umberto I - complesso

Epoca di costruzione: 1820 circa

Comprende: Casa Militare Umberto I

Condizione giuridica: proprietà privata

Villa nata alla fine del 1700 per volontà della famiglia Ala

- Ponzoni, circondata originariamente da un vasto parco;

fu acquistata nel 1897 dagli illustri turatesi Amato Amati,

Giacinto Bruzzesi e Giuseppe Candiani (detti l’A. B. C. di

Turate), con il concorso della Cassa di Risparmio delle

Provincie Lombarde: venne così trasformata in una casa

di riposo per reduci. Al suo interno è sorto, nel corso del

tempo, un museo di storia militare.

9. Chiesa della Madonna della Mediglia Miracolosa

Epoca di costruzione: sec. XX

Comprende: Chiesa della Madonna della Mediglia

Miracolosa

Condizione giuridica: proprietà privata

La seguente rappresentazione tridimensionale permette di cogliere la disposizione degli edifici in oggetto

rispetto al sistema insediativo turatese.

Vista della Chiesa di S. Girolamo Vista del Santuario della Madonna in Campagna

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Vista dei beni culturali ubicati nel nucleo storico principale

Il centro di Turate nella pianificazione territoriale

Considerare il centro storico di Turate dal punto di vista dei documenti di pianificazione a scala comunale e

sovralocale, implica un primario riferimento al Piano territoriale regionale (Ptr) che ha assunto i contenuti

precedentemente predisposti tramite Piano territoriale paesaggistico regionale (Ptpr). Trattandosi ad ogni

modo di uno strumento a scala territoriale, si rinvengono esclusivamente linee d’azione strategiche cui

uniformarsi per la corretta gestione e valorizzazione dei nuclei di valore storico; in tal senso, dal Documento

di Piano del Ptr, si rinvengono i seguenti stimoli.

La strategia regionale per lo sviluppo competitivo e armonioso del territorio

1.5.9

Uso razionale e risparmio del suolo – indirizzi e

orientamenti per la pianificazione locale

Obiettivi generali

Attenzione al disegno delle trasformazioni in armonia con il

tessuto presente e finalizzato a limitare consumo e

frammentazione territoriale.

Obiettivi specifici

Rifunzionalizzare e recuperare negli ambiti consolidati, sia i

nuclei di interesse storico che le aree degradate e dismesse

perfezionandone, mediante opportune scelte progettuali, il

potenziale ruolo di fautrici di ricomposizione e qualificazione

del territorio.

Gli ambiti e le aree di intervento del piano

Gli obiettivi tematici

2.9 Intervenire sulla capacità del sistema distributivo di

organizzare il territorio affinché non si creino squilibri tra

polarità, abbandono dei centri minori e aumento della

congestione lungo le principali direttrici commerciali.

Ripensare le politiche di distribuzione nei piccoli centri,

soprattutto situati in montagna, per contenere il disagio della

popolazione residente e la tendenza all’abbandono.

2.13 Contenere il consumo di suolo. Recuperare e riqualificare i territori sottoutilizzati, degradati e le

aree dismesse, nonché il patrimonio edilizio esistente, in

particolare i nuclei di interesse storico, garantendo un equilibrio

nei processi di trasformazione razionalizzare, riutilizzare e

recuperare le volumetrie disponibili, anche favorendo l’uso

ricreativo/sociale del patrimonio edilizio.

4.1 Valorizzare, anche attraverso la conoscenza e il

riconoscimento del valore, il patrimonio culturale e

paesaggistico, in quanto identità del territorio lombardo, e

ricchezza e valore prioritario in sé, ponendo attenzione non

solo ai beni considerati isolatamente, ma anche al contesto

storico e territoriale di riferimento.

Sviluppare specifiche linee d‟azione per il paesaggio, anche con

riferimento a studi sistematici volti ad individuare e valutare i

paesaggi locali, tenendo conto del valore attribuito dalle

popolazioni interessate.

4.7 Promuovere interventi di turismo culturale e marketing

territoriale al fine di valorizzare anche economicamente gli

interventi su Beni, Servizi e Attività culturali, evitando che le

strutture connesse alle attività turistiche (alberghi, strutture per

Ideare e valorizzare itinerari di turismo culturale, con attenzione

al pubblico giovanile e alla popolazione scolastica.

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il tempo libero, rifugi e impianti di risalita ecc.) siano realizzate

assecondando programmi di sfruttamento immediato delle

risorse, ma secondo una prospettiva di lungo periodo attenta a

non compromettere le attrattive paesaggistiche e culturali in

quanto ricchezza collettiva da conservare nella sua integrità e

potenzialità turistica.

5.2 Incentivare l’integrazione di alcune fasce sociali a rischio

di marginalizzazione.

Individuare il fabbisogno abitativo e valutare con attenzione le

dimensioni degli alloggi di nuova realizzazione o derivanti di

trasformazioni in funzione del target finale.

Oltre al Documento di piano s’è considerato il contributo del Piano territoriale paesistico regionale, in

particolare per quanto riguarda l’Abaco per Comuni in relazione alla presenza di elementi connotativi

rilevanti in termini paesistico-ambientali (in relazione ai quali s’individua genericamente attenzione per la

Geologia, gli elementi storici e culturali, i vincoli vigenti). Maggiormente dettagliate sono invece le

indicazioni circa i fenomeni di degrado operanti nel territorio, come segue. “L’abbandono e la dismissione

di aree e manufatti provoca sempre un grave stato di trascuratezza e incuria; gli elementi fisici che

permangono dalle fasi precedenti sotto forma di elementi residuali, come “relitti” o “reliquati”, presentano

quasi sempre difficoltà di gestione e di interrelazione al contesto al variare degli usi e provocano elevati

rischi di degrado paesaggistico sia del sito stesso, sia degli ambiti contigui, creando possibili effetti di

degrado/compromissione a catena. […] Oltre a riguardare le aree industriali, il fenomeno riguarda anche

altre parti urbanizzate, come i centri e i nuclei sottoposti ad un costante spopolamento con conseguente

riduzione del presidio dei luoghi, quartieri urbani storici16. Analogamente critici sono gli effetti di degrado

paesaggistico dovuto all’abbandono degli insediamenti e delle tradizionali attività produttive legate

all’agricoltura e alla zootecnia e alla pastorizia; una questione particolare è certamente costituita

dall’avanzata della vegetazione boschiva nelle aree montane e collinari abbandonate dagli usi agricoli che

ha anche innescato processi di dissesto idrogeologico o messo in pericolo d’incendio ampie porzioni di

territorio, complessi edilizi, infrastrutture”. Se a livello regionale risultano limitate le indicazioni di dettaglio

per i singoli Comuni, definite sì negli Abachi ma limitatamente (o quasi) ai Comuni con effettive

caratteristiche di degrado/attenzione, a livello provinciale risultano maggiori le indicazioni specifiche.

Estratto della Carta “B1-Il sistema insediativo”, del Ptcp vigente della Provincia di Como (2006)

16 Per quanto riguarda questo aspetto è rilevante segnalare come si siano determinate condizioni di degrado in molti quartieri urbani

non solo periferici ma anche interni alla città storica.

63

Nelle Nta del Ptcp, all’art.10 “Gli indirizzi generali di tutela”, si definisce al p.to 9 (lettera a) che il Ptcp

“sub-articola le unità tipologiche di paesaggio del Ptpr, individuando ambiti omogenei per caratteristiche

fisico-morfologiche, percettive, tipologico-architettoniche e/o storico culturali, denominate Unità tipologiche

di paesaggio, definendone i relativi caratteri connotativi, e dettando gli indirizzi per la pianificazione

locale”. Oltre a ciò, all’art.18 s’identifica specificamente “La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio

storico e artistico”: “i beni di interesse storico e culturale costituiscono parte integrante del patrimonio

ambientale complessivo della Provincia e debbono essere preservati nella loro integrità, favorendone la

fruizione controllata. […] Il Ptcp, anche al fine di limitare il consumo di suolo non urbanizzato e nel rispetto

dei valori socioculturali, storici, architettonici, urbanistici, ambientali ed economici, considera di

preminente interesse il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dei centri e nuclei storici del

territorio provinciale”.

In diverse cartografia di Ptcp viene riportata la presenza dei centri storici, senza però che questi siano

effettivamente approfonditi: a titolo illustrativo s’è riportata alla pagina precedente la carta B1 inerente al

sistema insediativo provinciale, in estratto relativo specificamente al territorio turatese.

Il quadro così definito restituisce una situazione di particolare attenzione per le realtà identificate dai Prg e

successivamente dai Pgt come centri storici, o nuclei d’antica formazione (ex Lr.12/2005).

Al fine di approfondire la trattazione del nucleo di Turate, si considera di seguito il vigente Prg.

Legenda della Tavola n. 8 del vigente Prg sul Centro storico, per la precisione “azzonamento modificato in accoglimento

osservazioni, aggiornato con successive modifiche ai sensi della Lr. 23/1997”

Come riportato dalla precedente legenda e dalle seguenti immagini estratte dalla Carta n. 8 di Prg, il centro

storico è stato oggetto di specifiche analisi e valutazioni miranti a cogliere le modalità d’intervento più

opportune per lo sviluppo del territorio.

64

Santa Maria in Campagna Cascina Fagnana

Cascina Piatti

Cascina Mascazza

La carta in oggetto approfondisce le modalità d’intervento e le caratteristiche del sistema insediativo in tutti i

nuclei storici ad oggi identificati, sia quelli secondari relativi alle frazioni sia in quello principale: a tale

65

proposito occorre rimarcare come nel corso degli ultimi 10 anni siano state portate modifiche ai perimetri dei

nuclei storici, estendendo tale accezione anche ad aree che non risultavano precedentemente identificate.

Nucleo storico principale

66

Gli interventi edilizi riguardanti gli immobili compresi in zona “A” devono rispettare le previsioni e le norme

stabilite. In tali norme vengono fissati i seguenti gradi/tipi d’intervento:

RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO Grado A1

RISTRUTTURAZIONE CONSERVATIVA Grado R1

RISTRUTTURAZIONE INTEGRATIVA Grado R2

RISTRUTTURAZIONE URBANISTICA

E RICOMPOSIZIONE PLANOVOLUMETRICA Grado PV – PR

INTEGRAZIONE AMBIENTALE Grado IA

DEMOLIZIONE Grado D

Nelle stesse norme sono definiti: i caratteri tipologici, morfologici, ambientali e le campionature tipo a cui si

riferiscono le indicazioni comprese nel presente “Repertorio Interventi Tipo”. Il repertorio costituisce parte

integrante delle norme tecniche di attuazione del P.R.U.G. Il presente repertorio riporta le costanti

compositive dominanti del nucleo antico di Turate. Gli interventi di ristrutturazione conservativa tipo R1

devono conservare le parti dell’involucro esterno, i ritmi e le costanti compositive degli edifici o parti di essi

a cui si attribuiscono valore architettonico, storico, ambientale se databili o attribuibili a periodi antecedenti il

1940. Gli interventi di ristrutturazione comportanti la modifica dell’involucro esterno degli edifici, ovvero gli

interventi di ristrutturazione conservativa tipo R1 sulle parti prive di valore, e gli interventi di ristrutturazione

integrativa tipo R2 devono individuare, se presenti nel complesso edilizio oggetto dell’intervento le costanti

compositive a cui uniformarsi per la sua ricomposizione o modifica. Quando tali costanti non siano leggibili

è possibile riferirsi alle costanti compositive riportate nel presente repertorio. Gli interventi di ristrutturazione

urbanistica tipo PV e PR e di integrazione ambientale tipo IA devono riprendere i caratteri tipologici e

morfologici dominanti del nucleo antico quali la semplicità dell’impianto edilizio e dei ritmi compositivi

delle facciate, il tetto a falde, ed indicazioni di dettaglio tralasciate in questa sede. In quanto al Prg vigente, si

declinano i seguenti contenuti (tratti dalle Nta del 2001, aggiornate ad ultima variante del C.C. 14 ottobre

2009) nel Titolo VI – Norme di Zona.

Art. 14 - ZONE A – NUCLEI DI ANTICA FORMAZIONE - CENTRI STORICI

Parti del territorio interessate da insediamenti storico, artistico, ambientale, soggette al recupero del patrimonio edilizio ed

urbanistico esistente ai sensi di quanto stabilito al titolo IV della Legge 5 agosto 1978 n. 457. La zona comprende i nuclei di antica

formazione, già censiti al Catasto Cessato, dove gli edifici e le aree di pertinenza rivestono un carattere storico/ambientale

riconoscibile. I nuclei individuati sulla tavola dell’Azzonamento 1/2000, con stralcio alla scala 1/1000, comprendono: a) Turate

capoluogo; b) Frazione Cascina Fagnana; c) Frazione Santa Maria in Campagna; d) Frazione Cascina Mascazza; e) Frazione

Cascina Piatti. Tali ambiti sono classificati come zone di recupero ai sensi dell’art. 27 della legge 457/1978.

14.1 - DEFINIZIONE DEGLI INDICI E DEI PARAMETRI

Superficie fondiaria: E’ la superficie dell’area pertinente alle costruzioni, in genere coincidente con l’area catastale di esclusiva

proprietà, escluse le strade pubbliche e le attrezzature sociali.

Superficie coperta: E’ la superficie della proiezione orizzontale sul lotto di tutti gli edifici principali ed accessori al netto degli

aggetti.

Rapporto di copertura: E’ il rapporto misurato in percentuale, tra la superficie coperta e la superficie fondiaria.

Volume edificato o edificabile: E’ il volume edificato o edificabile emergente fuori terra misurato dalla quota del marciapiede

dell’edificio all’intradosso del solaio di copertura dell’ultimo locale abitabile o comunque agibile, o all’intradosso delle travi di

copertura del tetto nel caso di corpi rustici o di altre tipologie non abitative.

Densità volumetrica fondiaria: E’ il rapporto tra il volume edificato o edificabile e la superficie fondiaria.

Numero dei piani: Si intende il numero dei piani fuori terra compreso il piano terreno o rialzato con la sola esclusione dei sottotetti

di cui all’art. 7.8 lettera f) delle presenti norme.

Altezza degli edifici: E’ l’altezza massima del fronte degli edifici misurata dal marciapiede fino all’imposta della gronda con la sola

esclusione dei sottotetti di cui all’art. 8.8 lettera h) delle presenti Nta.

14.2 - DESTINAZIONI D'USO AMMESSE (vedi norme tecniche di attuazione specifiche per la zona “A”, riportate nel seguito)

14.3 - INTERVENTI AMMESSI

Gli interventi ammessi nei Centri Storici sono finalizzati: alla conservazione dei valori storici, artistici e ambientali; alla tutela ed al

recupero degli edifici, degli spazi liberi e delle opere di interesse culturale; alla razionalizzazione delle funzioni urbane mediante

un’organica definizione delle urbanizzazioni, della residenza, dei servizi, delle attività produttive se compatibili. Nelle planimetrie

“Azzonamento Nuclei Storici” sono indicati, ai sensi dell’art. 17 della Lr. 51/75: a) - gli edifici e gli ambiti territoriali soggetti a

vincolo di cui al D.L. 490 del 29/10/1999; b) - gli edifici da sottoporre a restauro e/o risanamento conservativo; c) - gli edifici

soggetti a risanamento conservativo, con possibilità di cambiamento di destinazione d’uso; d) - gli edifici per i quali é ammessa la

67

ristrutturazione edilizia con cambiamento di destinazione d’uso; e) - gli ambiti soggetti a Piano di Recupero adottato per i quali si

rinvia alla normativa d’attuazione negli stessi contenuta; f) - le aree ad uso pubblico;

Gli interventi edilizi ammessi, per la cui dettagliata elencazione si rinvia alle Norme tecniche speciali per le zone “A” sono: (1)-

manutenzione ordinaria e straordinaria; (2)- restauro e risanamento conservativo; (3) - ristrutturazione edilizia con mantenimento

dei sedimi e delle cortine edilizie su strada, ove indicato, e delle caratteristiche tipologiche, architettoniche e della vecchia

edificazione dettagliatamente elencati nella parte II delle suddette Norme tecniche speciali; (4) - ristrutturazione urbanistica

Per quanto non previsto dalle presenti norme si rimanda alle Norme Tecniche speciali di zona “A” allegate.

14.4 - INDICI URBANISTICI ED EDILIZI

a) Per gli interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, le densità fondiarie (D.f.) non possono

superare quelle preesistenti.

b) Per gli interventi di ristrutturazione urbanistica si devono rispettare densità territoriali (D.t.) esistenti e le indicazioni

dell’elaborato P, tavole 8 e 9 “ Centro Storico”. In generale la densità territoriale media complessiva cui la tavola di azzonamento

per i Nuclei Storici fa’ riferimento è di

3,00 mc/mq.

c) Le distanze tra gli edifici (D.e.) non possono essere inferiori, salvo diverse indicazioni dell’elaborato P, tavole 8 e 9 “Centro

Storico”, a quelle intercorrenti tra gli edifici preesistenti fatto

salvo il solo Codice Civile

d) Le distanze dalle strade e dai confini (Ds e Dc) dovrà essere pari all’esistente, con il solo rispetto delle norme del Codice Civile,

salvo eventuali arretramenti o modificazioni della viabilità

da individuarsi in sede di predisposizione dei Piani di Recupero.

e) L’altezza (H) degli edifici dovrà essere pari all’esistente, con possibilità di allineamento delle gronde e dei colmi ai fabbricati

contigui se più alti unicamente per gli ambiti individuati sulla tavola

1/B “Azzonamento - Nuclei Storici” con apposita simbologia (catenella).

f) E’ possibile inoltre, ai sensi della Lr. 15/96, il recupero abitativo dei sottotetti esistenti ai sensi della Lr. 23.11.2001 n° 18 con il

solo obbligo del mantenimento dei fili di colmo e di gronda esistenti, dei ritmi orizzontali e verticali, la tipologia, i materiali ed i

colori tradizionali.

Si considerano in ultimo le destinazioni d’uso ammesse, con riferimento all’art. 8 del documento “Norme

tecniche d’attuazione per gli interventi nelle zone A”.

Art. 8 - DESTINAZIONI D'USO AMMESSE

Nelle zone "A" sono ammesse le seguenti destinazioni d'uso:

a) Funzione principale : residenza e ambienti annessi;

b) Funzioni secondarie compatibili: negozi, botteghe, ristoranti e pensioni con relativi depositi e magazzini, in conformità alle

previsioni del Piano Commerciale, artigianato di servizio, uffici e studi professionali, locali culturali e di divertimento, edifici ed

uffici pubblici di uso pubblico o di interesse pubblico, ivi compresi gli edifici o i locali per il culto o attività complementari.

Le attività direzionali, commerciali ed artigianali di servizio, non nocive né moleste, né in contrasto con norme regolamentari, sono

inoltre regolamentate entro le seguenti misure massime: a) per gli interventi subordinati a planivolumetrico (PV), a progetto

unitario coordinato, con grado di intervento di Ristrutturazione Urbanistica (RU) ed a Piani di Recupero (PR), massimo il 35% del

volume consentito; b) per gli altri interventi, massimo il piano terra degli edifici ed il solo direzionale (uffici) al primo piano e

eventuale piano interrato per le attività accessorie a tali destinazioni.

Le destinazioni funzionali esistenti, diverse da quelle indicate (artigianato di produzione, agricole, ecc.) sono consentite solo nel

limite esistente una volta che hanno dimostrato di attuare gli interventi di prevenzione e protezione da nocività e molestia nel limite

delle tecnologie esistenti e previo parere favorevole della competente ASL.

Le destinazioni d’uso non indicate sono da intendersi non ammissibili

Dal medesimo documento si rilevano gli artt. 15 e 16, inerenti l’assetto morfo/tipologico dei nuclei:

Art. 15 - TUTELA DELLE TIPOLOGIE ESISTENTI.

Gli interventi edilizi di ogni ordine e grado dovranno mantenere le tipologie esistenti nelle zone omogenee "A" identificabili in:

1 – Palazzo storico; 2 - Cascina rurale a chiusura di corte; 3 - Complesso residenziale a filo strada e rustici interni; 4 - villa e/villino

isolato; 5 - corte agricola con rustici laterali e residenza centrale.

Art. 16 - TUTELA DELLE CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE.

Gli interventi edilizi dovranno mantenere, ricostruire o uniformarsi alle caratteristiche morfologiche proprie della zona "A" o

comunque, le caratteristiche riscontrabili come costanti nei complessi edilizi di antica formazione compresi nelle suddette zone. Più

precisamente gli interventi dovranno rispettare quanto stabilito ai seguenti commi e quanto indicato dall'apposito Repertorio

Interventi Tipo che costituisce parte integrante della presente normativa.

68

2.2. Le dinamiche e tendenze in atto nel centro storico turatese

Al fine di comprendere le dinamiche in atto nel centro storico turatese si procede ad analizzare una serie di

fattori di potenziale sviluppo declinati in aspetti demografici ed abitativi, così da comprendere le peculiarità

che hanno portato ad oggi il centro storico, ed il patrimonio immobiliare in esso compreso, all’attuale stato di

limitato utilizzo e centralità rispetto al sistema urbano nel suo complesso. In termini di popolazione presente,

il riferimento al portale web del Sistema informativo unificato per le soprintendenze archivistiche

(http://siusa.archivi.beniculturali.it), al portale Istat/Iuav e Geodemo (http://demo.istat.it/) permettono di

ricostruire l’evoluzione storica del fenomeno residenziale nel corso dei anni. Sin da metà del XVIII secolo è

infatti possibile identificare la consistenza di abitanti, inizialmente con cadenza ventennale e

successivamente, dall’unificazione d’Italia nel 1861, con cadenza decennale in occasione del censimento

nazionale tenuto il primo anno di ogni decennio. L’andamento demografico risulta sostanzialmente stabile:

l’unico momento di flessione si registra nel 1901, seguito comunque da una crescita netta al successivo

censimento del 1911; da quel momento, nel corso di 100 anni, i residenti passano da 3.000 a 9.000, unità.

Andamento della popolazione (Fonti: Siusa, Istat)

Consideriamo la struttura della popolazione residente, con riferimento ai tre censimenti per i quali è stato

possibile recuperare i dati tramite i portali del sito Istat: 1981, 1991, 2001, al fine di riconoscere quali siano le

tendenze in atto e come sia opportuno adottare politiche ed azioni per rendere meno conflittuali le dinamiche

residenziali e quelle di conformazione dell’offerta immobiliare. In termini di struttura demografica si

considera la percentuale di popolazione attiva così come l’indice di vecchiaia alle 3 soglie temporali, al fine

di comprendere come sia mutata la composizione della popolazione turatese. Le analisi di dettaglio sulla

localizzazione dei residenti sono sviluppate in seguito, ed è proprio su tale elemento che si basa uno degli

indicatori maggiormente significativi utilizzati al fine di riconoscere i caratteri relazionali (ovvero relativi agli

aspetti sociali, demografici, economici) che caratterizzano il rapporto tra gli edifici presenti nel territorio e la

comunità che vive quel determinato ambiente. La presente analisi d’inquadramento assume quindi

un’importanza cruciale al fine di riconoscere le peculiarità che caratterizzano ad oggi il nucleo storico

turatese ovvero quali esiti di processi che nel corso del tempo hanno condotto la comunità a distribuirsi ed

organizzarsi nello spazio urbano.

69

Il grafico mostra

l’andamento della

popolazione attiva

comparato alla

popolazione totale: il

dato resta

tendenzialmente stabile,

ad indicare come la

popolazione sia

aumentata in altre fasce,

stimolo ad indagini più

approfondite in merito.

Popolazione residente e popolazione attiva (Fonte: Istat, Iuav)

L’incremento di popolazione degli ultimi 30 anni (+2.000 unità) non pare aver relazioni con la popolazione

attiva, che si mantiene tra le 3.000 e le 3.500 unità a fronte di una popolazione che aumenta nel ventennio di

700 soggetti: è invece rispetto all’indice di vecchiaia che emergono significative considerazioni dall’analisi

dei dati. Il variare della configurazione della popolazione ha implicazioni dirette sulle modalità di vivere gli

spazi: considerando le caratteristiche degli assetti dei nuclei famigliari è possibile comprendere come sia

cambiata tra 1981 e 2001 la modalità d’aggregazione dei residenti all’interno del territorio comunale, e

quindi all’interno del patrimonio residenziale esistente. Estremamente significativo in questo senso è l’indice

di vecchiaia, dato dal rapporto della popolazione di età superiore ai 64 anni, rispetto al numero di residenti di

età inferiore ai 15 anni: la fluttuazione di tale rapporto passa dal 33% del 1981, significativo di una

popolazione giovane (circa 1500 soggetti) dominante rispetto alle circa 500 persone in età avanzata, all’88%

del 1991, per assumere valori negativi (116%) nel 2001, quando a fronte di 1.279 anziani si contano poco più

di 1100 giovani di età inferiore ai 15 anni. Nel 2011 l’indice si mantiene su valori simili a quelli precedenti,

con valore pari a 115,6% indicativo della prevalenza degli anziani sui giovani under 15. Tale dato si

ripercuote direttamente sulle modalità con cui si dispongono gli abitanti internamente al patrimonio

residenziale esistente. Si presume infatti che in una comunità giovane, dove prevalgono gli under 15, tali

soggetti vivano insieme ai famigliari così da occupare, presumibilmente, tutti i vani interni all’alloggio;

viceversa quando prevalgono gli anziani insiste un rischio di una popolazione fortemente polarizzata che

utilizza gli immobili in modo non ottimale alle rispettive potenzialità. In questo caso, per evitare disequilibri

nella distribuzione della popolazione in grado di definire sacche di problematicità, è auspicabile l’attivazione

di specifiche politiche per la casa. Il seguente grafico risulta utile per comprendere come sia cambiata la

configurazione della popolazione residente in termini d’aggregazione famigliare: emerge, da una prima

lettura, l’aumento dei nuclei mono o bifamigliari. Uno dei temi che sarà approfondito riguarda proprio

l’articolazione della popolazione residente rispetto alla dimensione degli immobili, così da comprendere in

quali aree si concentri il fenomeno del sottoutilizzo ed in quali invece siano presenti condizioni di

sovraffollamento. A tale proposito si rileva il calo del numero di nuclei famigliari composti da 5 o più

soggetti: la flessione nel ventennio è pari al 36%, con un totale che passa da 288 a 185 unità; a fronte di tale

riduzione, presentano un minimo incremento i nuclei composti da 4 persone (+9%), ed aumentano invece

consistentemente le famiglie con numero di componenti inferiore. Nel dettaglio, i nuclei monocomponente

passano da circa 400 ad oltre 600 incrementandosi del 43%, con evidenti implicazioni sulla modalità di

fruizione degli spazi residenziali, inevitabilmente utilizzati con minore intensità. Analogamente aumentano i

nuclei composti da due soggetti, tendenzialmente coniugi: passano da circa 500 (il terzo tipo per consistenza

nel 1981) ad oltre 800, divenendo il primo tipo per presenza alla soglia del 2001 (+53%); incremento più

contenuto è quello delle famiglie con 3 componenti, che da circa 600 arrivano a poco più di 700 (+124, pari

al 20%).

70

Ripartizione delle famiglie per numero di componenti (Fonte: Istat, Iuav)

Le analisi condotte permettono d’inquadrare il tema del rapporto tra spazio costruito e i relativi fruitori,

ovvero tra abitazioni esistenti e popolazione residente.

Al fine di comprendere il livello di sfitto alle tre soglie storiche e per un successivo confronto con l’entità del

fenomeno alla stato attuale, s’esamina la composizione del patrimonio residenziale, ad iniziare dal rapporto

tra abitazioni effettivamente occupate e totale del patrimonio esistente.

Confronto tra abitazioni occupate e non occupate (Fonte: Istat, Iuav)

Il grafico mostra come il numero d’abitazioni sia in costante crescita nel periodo considerato, passando da

circa 2.500 abitazioni nel 1981 ad oltre 3.000 dopo due decadi con un incremento di circa il 22%; a tal

proposito l’analisi dell’evoluzione storica del sistema insediativo turatese mostra come ciò si traduca in un

aumento deciso del consumo di suolo. Se le abitazioni aumentano, si riscontra parallelamente un incremento

di abitazioni non occupate tra 1981 e 1991, salvo poi contrarsi nel decennio successivo: da 140 immobili

sfitti si passa ai 214 dell’inizio anni ’90, ridotti ad 86 nel 2001. La fotografia che emerge è quella di una

realtà in cui tra anni 80’ e ’90 si è costruito in modo considerevole, così che la pur costante crescita di

popolazione non sia stata in grado di mantenere il passo dello sviluppo edilizio: lo testimonia il fatto che

l’aumento di abitazioni non occupate non corrisponda ad una flessione della popolazione residente, quanto

(appunto) ad un aumento di abitazioni sproporzionato rispetto all’andamento demografico. Tale situazione,

che al 1991 presentava consistenza problematica (214 sfitti su 2.848 abitazioni, pari a circa il 10% del totale),

71

lasciava presagire un aumento del gap (limitato, al 1981, al 5,6%) nella decade seguente. Il rallentamento

nella produzione di abitazioni (+300 tra 1981 e 1991, +200 tra 1991 e 2001), congiunto all’incremento di

popolazione (+400 unità) tra ’91 e ’01, ha invece permesso il riassorbimento del patrimonio inutilizzato così

da restituire una situazione meno problematica al 2001, con soli 86 alloggi sfitti (-65% rispetto al picco del

1991). Ha probabilmente inciso su tale fenomeno anche l’aumento del numero di nuclei famigliari di limitata

composizione, possibile esito di processi di disgiunzione di nuclei preesistenti. In questo senso si rileva

come, nel periodo in esame, la consistenza media dei nuclei famigliari sia sostanzialmente stabile, con una

flessione limitata dal coefficiente 2.97 del 1981 al 2.63 del 2001: il calo è in linea con quanto avvenuto a

livello nazionale, non presentando particolare eccentricità. Le modalità con cui la popolazione risiede nelle

abitazioni è indicata dal seguente grafico: prevale sin dal 1981 il numero di alloggi abitati in proprietà, pari

ad oltre il 50% del totale con quasi 1.500 unità, a fronte di quasi 800 alloggi destinati all’affitto; tale

situazione muta considerevolmente nel ventennio, pur presentando inalterata la prevalenza di abitazioni di

proprietà. Se queste ultime aumentano del 40%, quelle in affitto si dimezzano riducendosi a poco più di 400

unità, pari al 14% del totale: sono dati espliciti di un processo di capitalizzazione della residenza, che

trasmette l’orientamento (e la possibilità) della popolazione di investire nel settore immobiliare.

Ripartizione delle abitazioni per titolo di godimento dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)

Relativamente alle sole soglie storiche del 1981 e 1991 è stata determinata la strutturazione delle famiglie

rispetto al titolo di godimento degli immobili; il seguente grafico nell’illustrare l’incremento della

popolazione residente in regime di proprietà evidenzia che le famiglie più numerose si distribuiscono negli

alloggi di proprietà, con una media di 2,98 membri per nucleo famigliare, a fronte dei 2,78 dei residenti in

affitto e dei 2,55 dei nuclei residenti ad altro titolo di godimento. In relazione a tali fattori risulta utile

considerare la composizione del patrimonio immobiliare occupato, così da riconoscere l’effettiva

predisposizione della popolazione ad insediarsi in edifici corrispondenti a determinati periodi storici, e di

conseguenza ai modelli insediativi che prevalgono alle differenti soglie.

72

Ripartizione delle famiglie ed abitanti per modalità di godimento dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)

A tale proposito, il maggior numero di alloggi risulta risalire alla decade 1960 - 1970, vale a dire nel periodo

di massima espansione dei nuclei urbani. Sono gli anni dei Piani Casa a livello nazionale, avviati negli anni

’50 e ’60, che iniziano a porre sul mercato un sempre crescente numero di abitazioni in aree di nuova

espansione, in rottura con il tradizionale modello. In termini di abitazioni occupate, il raffronto mostra

tendenze decennali indicanti una contrazione del 10% circa dell’utilizzo di alloggi costruiti prima del 1919,

ridotti di 37 unità: non è dato comprendere, ad ogni modo, se tale riduzione sia connessa alla demolizione del

numero di alloggi ovvero all’allontanamento di popolazione, a vantaggio di strutture più recenti.

Ripartizione delle abitazioni occupate per periodo di realizzazione dell’immobile (Fonte: Istat, Iuav)

In questo senso, si registra la diminuzione degli edifici occupati realizzati tra 1946 e 1980, mentre aumentano

gli abitanti in immobili recenti (edificati dopo il 1982) e quelli realizzati tra 1919 e 1945: il numero di

abitazioni aumenta di circa 80 unità nel periodo, con una significativa polarizzazione del fenomeno

residenziale in immobili di recentissima costruzione ad indicare come la volontà dei residenti di mutare le

73

proprie condizioni di vita sia sempre più influente. Le implicazioni di tale fenomeno si ripercuotono sulle

modalità di organizzarsi del sistema insediativo, secondo quanto avanzato in precedenza: a fronte di una

popolazione che esprime sempre crescente volontà di abbandono delle tradizionali forme di alloggio,

localizzate nei centri urbani che si connotano sempre più come “storici”. In questo senso s’è avviata dal

secondo dopoguerra ad oggi, una spirale di continua espansione territoriale che, tramite piani attuativi, ha

invaso sempre più consistenti aree agricole, sino a caratterizzare la maggior parte del territorio esterno ai

centri storici come aree di “sprawl”. Indicativo della conformazione del patrimonio residenziale occupato è il

rapporto tra abitazioni e stanze in esse contenute: si nota una variazione considerevole delle stanze occupate

in abitazioni edificate antecedentemente al 1919, ad indicare come di tale patrimonio, nel 1991, siano

utilizzati in particolare gli alloggi che consentono maggiore metratura e quindi numero di stanze. In aumento

è anche il numero medio di stanze presente in tutti gli alloggi, indipendentemente dall’età di costruzione, ma

in entità comunque inferiore rispetto a quanto indicato per le abitazioni più storiche.

Ripartizione del rapporto tra stanze ed abitazioni occupate, per periodo di realizzazione (Fonti: Istat, Iuav)

Tali considerazioni indicano un evidente miglioramento del numero di stanze per abitazione, indicativo del

benessere residenziale. Si evidenzia infine che l’incremento di popolazione immigrata, così come in

numerose altre realtà lombarde, è particolarmente diffuso nei nuclei di antica formazione, dove il patrimonio

immobiliare risulta progressivamente abbandonato da residenti sempre più attratti dai modelli abitativi posti

in periferia, in condizioni di vita apparentemente migliore e in grado di garantire una migliore fruizione dello

spazio pertinenziale annesso all’abitazione (cortile, giardino). Si considerano, in tal senso, i dati Istat relativi

alle soglie temporali dal 2003 al 2011. Il grafico sotto riportato evidenzia come la presenza di stranieri sia

aumentata esponenzialmente nel corso degli ultimi 19 anni, passando dai quasi 400 residenti del 2003 a

oltre 900 nel 2011, con incrementi particolarmente significativi soprattutto nella prima metà del decennio:

+34% nel 2004 e poi nel 2005, variazione mantenutasi sul 10% annuo sino al 2010, salvo poi presentare un

rallentamento negli ultimi 2 anni.

74

Residenti stranieri presenti nel territorio di Turate (Fonte: Geodemo)

In questo senso, tra i principali obiettivi che si pongono al centro storico vi è la risoluzione della staticità

socio/demografica, che ha caratterizzato Turate negli ultimi 30 anni attraverso:

- aumento dell’indice di vecchiaia, sinonimo di aumento dell’età media dei residenti ed in particolare delle

fasce più anziane;

- incremento della popolazione straniera, la cui incidenza (10% circa sul totale dei residenti al 2011) si

traduce nella necessità di evitare fenomeni di ghettizzazione o di definizione di quartieri etnici, sinonimo di

possibili problematiche d’integrazione e di gestione del territorio.

Tutto ciò assume immediate ripercussioni sulle modalità con cui il patrimonio residenziale esistente viene

fruito da parte dei residenti, e si riflette inoltre sulle modalità con cui pianificare lo sviluppo del sistema

insediativo turatese. In tale contesto uno dei fenomeni maggiormente rilevanti è rappresentato dallo sfitto,

ovvero dalla presenza di alloggi inutilizzati. In un corretto e sostenibile processo di gestione del territorio, la

riallocazione degli sfitti dovrebbe avere una precedenza rispetto allo sviluppo di nuove aree d’espansione a

fini residenziali, così da valorizzare il potenziale latente esistente limitando al contempo il consumo di nuovo

suolo extraurbano. In tal senso, s’incrociano le questioni demografiche e quelle strutturali di composizione e

caratterizzazione del patrimonio edificato: se la popolazione invecchia e risulta sempre più eterogenea per la

presenza di residenti appartenenti a diverse etnie e culture, gli edifici esistenti, ormai da diversi decenni,

presentano necessità d’intervento fisico/strutturale. Dal censimento 2001 risulta che circa la metà degli

immobili ha più di 50 anni, con il 23% circa antecedente alla seconda guerra mondiale a fronte di un

patrimonio edilizio del 20% con meno di 30 anni. Si configura pertanto la necessità di un rinnovo del

patrimonio di più antica datazione, localizzato nel centro storico, mentre per gli edifici più recenti le politiche

si orienteranno prevalentemente sulla riqualificazione dei fabbricati in relazione allo spazio pubblico da

considerarsi non più vuoto urbano ma vero elemento di connessione tra aree residenziali.

Numero abitazioni in edifici ad uso abitativo, per epoca di costruzione

Periodo

storico Ante 1919 1919/1945 1945/1961 1961/1971 1971/1981 1981/1991 1991/2001

Numero

abitazioni 315 401 683 486 562 319 308

Percentuale

progressiva 10,2 23,3 45,5 61,3 79,6 89,9 100

75

Rispetto a quanto argomentato a scala comunale aggregata verifichiamo ora come si comporta il centro

storico rispetto al resto del tessuto urbano consolidato. Una prima considerazione è stata effettuata rispetto

all’andamento demografico e quindi alla distribuzione di popolazione mantenendo una divisione tra cittadini

italiani, e quindi maggiormente inserita non solo a livello di tradizioni ed usi, ma anche per quanto riguarda

la conoscenza e relazione con il territorio, rispetto alla popolazione straniera trasferitasi in tempi recenti. Le

soglie temporali disponibili risultano essere al 2011 ed al 2006, come illustrato nelle seguenti tabelle.

Soglia Nuclei storici Esterno

Italiani Stranieri Italiani Stranieri

2006 1677 234 6306 508

2011 1594 337 6554 649

La popolazione italiana decresce nel quinquennio perdendo una percentuale pari al 5% circa dei residenti nel

centro storico a fronte di un aumento del 4% nel resto del tessuto urbano. All’esterno del centro storico si

rileva infatti un saldo positivo tra 2006 e 2011, indicativo della maggiore appetibilità degli alloggi di più

recente formazione; una tendenza questa differente, a quanto rilevato, per la popolazione di nazionalità

straniera in continuo aumento sia nei nuclei storici (+44%) che nel resto del territorio comunale (+28%).

Popolazione italiana

Soglia Nuclei d’antica formazione Resto del territorio comunale

0-35 36-64 65+ 0-35 36-64 65+

2006 677 662 338 2447 2729 1130

2011 559 662 373 2254 2987 1313

Residenti italiani per fasce d’età (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)

76

In termini di classi d’età, s’assiste al calo dell’incidenza della popolazione in età giovanile internamente ai

fabbricati dei nuclei storici (-18%), in linea con il calo di giovani di cittadinanza italiana in tutto il territorio (-

8%), seppure con intensità decisamente superiore; nel centro storico tendono a sopravvivere abitanti in età

adulta e anziana, con l’aumento degli over 64 dal 20% del 2006 al 23,5% circa del 2011.

Differente è il quadro che riguarda la popolazione straniera, con il saldo temporale del quinquennio positivo

tanto nel centro storico quanto all’esterno: l’aumento è pari addirittura al 44% nei nuclei d’antica formazione,

mentre si contiene al 28% circa nel resto del territorio comunale.

Popolazione straniera

Soglia Nuclei d’antica formazione Resto del territorio comunale

0 - 35 36 - 64 65+ 0 - 35 36 - 64 65+

2006 147 65 3 383 144 0

2011 217 119 1 400 241 8

Residenti stranieri per fasce d’età (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)

Nel complesso risulta quindi aumentare il numero di residenti sia esternamente che internamente ai nuclei storici,

sebbene muti profondamente il profilo dei soggetti in questione, sia a livello di età che di cultura, e quindi di

disponibilità economiche e rapporto con l’intorno e la comunità locale. Al fine di considerare successivamente la

conformazione dei nuclei famigliari presenti, ed in relazione a ciò la propensione a vivere gli spazi interni agli alloggi,

s’è operata un’analisi di dettaglio relativa al numero di componenti medio per famiglia, nel centro ed al suo esterno:

quanto emerge da una prima analisi è la variazione dei nuclei, per componente, avvenuta nel centro storico. Aumenta

infatti considerevolmente l’incidenza dei nuclei mono e bi-componente a svantaggio delle famiglie composte da 4 o più

membri; se nei primi due casi la variazione è infatti pari ad 8,4% e 20,2%, nell’ultimo la contrazione è del 13% circa a

rimarcare come aumenti la presenza di coppie di anziani e di anziani soli, a svantaggio delle famiglie giovani con uno o

più figli (è sostanzialmente stabile il numero di nuclei famigliari con 3 membri).

Soglia Famiglie nel centro storico per numero di componenti

1 2 3 4 o più

2006 250 193 160 181

2011 271 232 162 158

77

Famiglie per numero di componenti, nel centro storico (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)

La situazione risulta differente al tessuto urbano esterno, dove aumentano sia i nuclei con un limitato numero

di membri quanto le famiglie composte da numerosi elementi: la variazione media risulta essere del 12,7%

per le famiglie monocomponente, 9,6% per quelle composte da due soggetti, coniugi nella maggior parte dei

casi, 1,2% per le famiglie con 3 elementi ed infine 3,7% per i nuclei con almeno 4 individui.

Soglia

Famiglie esternamente al centro storico per numero di

componenti

1 2 3 4 o più

2006 669 756 631 636

2011 754 829 639 660

Famiglie per numero di componenti, fuori dal centro storico (Fonte: elaborazioni proprie su banca dati anagrafica comunale)

Il quadro che emerge presenta potenziali problematicità derivanti dal fatto che la popolazione locale, che per

secoli ha vissuto gli spazi dei nuclei d’antica formazione, ad oggi risulta maggiormente attratta da forme

d’insediamento differenti, presenti nel tessuto urbano consolidato di recente formazione. Le seguenti

immagini illustrano il differenziale delle forme insediative, con la conseguente maggiore concentrazione di

alloggi sfitti ed inutilizzati proprio nel nucleo centrale, che paradossalmente rischia di risultare sempre meno

78

abitato nonostante la propria centralità localizzativa. Su tali fattori si focalizzerà l’attenzione dell’impianto

analitico/valutativo, al fine di comprendere attraverso quali interventi e linee strategiche operare per una

generale riqualificazione di tutti i nuclei d’antica formazione, interni ed esterni al tessuto urbano consolidato.

Tessuto insediativo nel centro storico principale Tessuto insediativo nel tessuto urbano consolidato di

recente formazione

Tipologia chiusa, con cortile interno, con affaccio diretto

su strada

Tipologia aperta, abitazione monofamiliare isolata su

lotto privato

Edifici di qualità cadente e sottoutilizzati, concentrati in

particolare nel centro storico

Edifici di recente costituzione, abitati e con positiva

manutenzione

Il tema degli investimenti operati dai residenti nel patrimonio edilizio di propria appartenenza è

particolarmente rilevante ai fini di comprendere le modalità con cui gli impianti edilizi, residenziali e non,

sono ad oggi preservati in condizioni ottimali da parte dei diretti proprietari. In questo senso, si sono

79

analizzate le pratiche edilizie rilevate dagli uffici comunali nel periodo che va dal 1996 al 2008, derivando le

quantità riportate nel grafico seguente.

Pratiche edilizie registrate internamente ai nuclei d’antica formazione, negli ultimi 15 anni

Nel complesso, s’è registrato un centinaio circa di pratiche che hanno avuto per oggetto interventi condotti

nei nuclei d’antica formazione, dettagliati nelle immagini seguenti per ciascuna delle tipologie sopra

riportate.

Ristrutturazione edilizia

Gli interventi di ristrutturazione edilizia risultano

presenti in tutti i nuclei storici esaminati, a

testimonianza di come abbiano trovato

applicazione le indicazioni avanzate da

precedente strumento urbanistico comunale in

ottica di recupero e riqualificazione del

patrimonio storico. L’80% delle pratiche di tale

tipo si concentra nel nucleo storico principale, che

nel complesso, risultando il maggiormente esteso,

polarizza il maggior numero degli interventi.

Il confronto tra tale banca dati e gli esiti del

censimento urbanistico condotto sul patrimonio

storico ha restituito un quadro esaustivo della

realtà attuale dei nuclei d’antica formazione, con

un buon numero di edifici in positive condizioni a

fronte di un elevato numero di strutture, in

particolare secondarie, necessitanti di

manutenzione.

A seguito dell’analisi condotta in riferimento alla ristrutturazione, comprensiva in alcuni casi di totale

demolizione e ricostruzione degli immobili, si considerano le rimanenti tipologie d’intervento registrate:

cambi di destinazioni d’uso, spesso concomitanti ad interventi di ristrutturazione; interventi per il recupero di

sottotetti; interventi di allineamento gronde; localizzazione dei Piani di recupero.

80

Cambio di destinazione d’uso

Un significativo numero di pratiche (20% del

totale) riguarda i cambi di destinazione d’uso

delle superfici esistenti. In molti casi si tratta di

interventi connessi a mutamenti nella

conformazione dello spazio esistente, riguardanti

la riorganizzazione di spazi interni. Il 78% circa

degli interventi di questo tipo si localizza pertanto

in immobili prospicienti ad assi viabilistici di

primaria rilevanza dove maggiore è la pulsione ad

intervenire per ottimizzare la potenzialità

localizzativa degli immobili. La restante parte

degli interventi si localizza negli insediamenti

cascinali esterni al tessuto edilizio principale.

Per quanto riguarda gli interventi finalizzati ad utilizzare tutto il potenziale latente degli edifici, si

considerano gli interventi di recupero dei sottotetti ovvero quelli di riallineamento delle gronde.

Recupero del sottotetto

Il recupero del sottotetto, oggetto di numerosi

provvedimenti normativi, mira a garantire una

piena fruizione degli spazi edificati esistenti,

senza per tale motivo eccedere nella concessione

di volumetrie particolarmente impattanti

sull’intorno. Il rispetto dei rapporti aero /

illuminanti e delle distanze tra edifici spostato il

baricentro delle analisi sull’opportunità

urbanistica di attivare tali procedure. Una decina

sono le pratiche edilizie presentate e finalizzate al

recupero del sottotetto e si concentrano nel nucleo

storico principale in fregio alle vie di maggior

vitalità.

Similmente il riallineamento delle gronde degli edifici, in contesti a corte, rappresenta un’ulteriore momenti

di incentivazione alla riqualificazione del tessuto esistente. Non a caso nelle Norme tecniche d’attuazione del

vigente Prg si riporta, al comma f, articolo 14.4: “è possibile inoltre, ai sensi della Lr. 15/96, il recupero

abitativo dei sottotetti esistenti ai sensi della Lr. 23.11.2001 n° 18 con il solo obbligo del mantenimento dei

fili di colmo e di gronda esistenti, dei ritmi orizzontali e verticali, la tipologia, i materiali ed i colori

tradizionali”.

81

Nello specifico il comma e) tratta dell’allineamento delle gronde: “L’altezza (H) degli edifici dovrà essere

pari all’esistente, con possibilità di allineamento delle gronde e dei colmi ai fabbricati contigui se più alti

unicamente per gli ambiti individuati sulla tavola 1/B “Azzonamento - Nuclei Storici” con apposita

simbologia (catenella)”.

Riallineamento delle gronde

Riallineare le gronde rappresenta un possibile

orientamento per uniformare gli stilemi presenti

nel nucleo storico, al fine di perseguire l’obiettivo

di una generale riqualificazione provvedendo,

laddove possibile, alla riduzione dei fenomeni di

contrasto tra edifici. Risulta pertanto limitato il

numero di tali interventi proprio in ragione della

particolarità delle operazioni che si addicono

esclusivamente ad edifici già tra loro omogenei

sia in termini di numero di piani sia in termini di

conformazione della falda dei tetti.

Localizzazione di Piano di recupero

In ultimo, si considera la disposizione dei Piani di

recupero avviati internamente ai nuclei d’antica

formazione. Parte dei nuclei storici risultano

essere stati oggetti d’interventi di riqualificazione

tali da migliorare le condizioni statiche e di

decoro del tessuto esistente.

Il maggior numero d’interventi si concentra nel

nucleo storico di Turate in prossimità del “centro”

funzionale, ove si addensano funzioni pubbliche e

di servizio alla collettività, così come attività

economiche connesse agli assi di particolare

valenza economico/finanziaria.

82

2.3. La declinazione di linee guida per la riqualificazione del tessuto, derivanti dalle tendenze in atto e dal

dibattito interistituzionale e professionale

Trattando in materia di centri storici, è necessario far riferimento all’esperienza lombarda dell’Assessorato

alle Culture Identità e Autonomie17 nel portare avanti uno “Studio per la valorizzazione dei centri storici e

degli ambiti di interesse storico culturale e ambientale”. Tra gli obiettivi che si sono posti tramite questo

lavoro, si rileva “estendere il proprio campo d’azione e di governo dagli interventi di restauro indirizzati

verso singoli beni culturali e architettonici a quello assai più impegnativo ed innovatore riguardante i

sistemi complessi come gli insediamenti storici e gli ambiti di interesse ambientale, monumentale ed

urbanistico”18. In questo senso lo “Studio per la valorizzazione dei centri storici e degli ambiti di interesse

storico culturale e ambientale” risulta un importante portato conoscitivo di cui l’assessorato si è dotato per

comprendere la complessità del fenomeno, i risultati di esperienze pregresse e la possibilità di promuovere

politiche di valorizzazione del patrimonio architettonico e dei siti di interesse storico e ambientale, nonché

delle culture e delle identità locali. Considerando la necessità espressa dalla Regione Lombardia, di affinare

la propria politica per i centri storici e gli ambiti di interesse storico-culturale e ambientale in modo mirato

non soltanto al recupero “fisico”, ma soprattutto sulle ricadute dirette e/o indirette degli interventi che essa

stessa finanzia e controlla19, il suddetto studio si pone lo scopo di individuare e suggerire criteri ed indirizzi

che hanno orientato le pratiche di successo sino ad oggi riscontrate. Il lavoro preliminare è stato quello

d’identificazione dei centri da analizzare e valutare: considerati gli scopi del lavoro si è propeso per la

selezione di piccoli e medi comuni, con caratteri riscontrabili nella maggior parte dei nuclei d’antica

formazione del contesto lombardo, in modo da ottenere un campione significativo della varietà di

insediamenti presenti sul suolo regionale; il contesto turatese presenta in questo senso rilevanti analogie con

le realtà lombarde esaminate. Non si riporta di seguito l’intero abaco delle esperienze analizzate, quanto

piuttosto si sintetizzano i contenuti rilevanti ai fini dell’approfondimento sui nuclei storici presenti nel

Comune di Turate.

Al fine di indagare possibili correlazioni tra il generale recupero civile degli otto centri storici20 selezionati ed

i recuperi edilizi e urbanistici, in modo da identificare l’eventuale ruolo svolto da alcuni tipi di intervento,

strumenti o comportamenti fortemente indiziati di essere i possibili fattori tecnico-urbanistici dei successi o

degli insuccessi, il gruppo di ricerca incaricato di elaborare il suddetto studio si è avvalso di apposite

“griglie” tematiche sulla cui scorta sono state redatte otto schede analitico/descrittive. Per la redazione di tali

approfondimenti, ci si è focalizzati in particolare su: i) caratteristiche, condizioni e peculiarità del centro

storico; ii) recuperi monumentali e civili implementati per la valorizzazione del centro storico; iii) interventi

in materia di accessibilità e fruibilità e di riqualificazione ambientale interni al centro storico; iv) aspetti

negativi e ricadute dei recuperi sulla vitalità del centro storico.

In sintesi, emergono alcune questioni ancora aperte nei processi di trattamento e gestione dei centri storici:

prendendo in considerazione i casi analizzati, il successo delle politiche di recupero esaminate sembrano

maggiormente da ascriversi agli interventi di effettivo riuso (conservativo o meno) del patrimonio,

indifferentemente dal tipo d’immobile o dalla destinazione d’uso in essere. In questo senso i recuperi e i riusi

più efficaci appaiono quelli non-monumentali, dove si interviene su edifici e spazi perlopiù privati quali

vecchie case e piccoli palazzi dotati di corti e giardini, spesso con caratteri architettonici e tipologici che

portano a considerarli edilizia tradizionale “di pregio”. L’esistenza di processi di recupero corrente, in

particolare di tipo abitativo, può essere ritenuta un positivo indicatore della vitalità interna a un centro storico

perché conserva la presenza di una funzione tanto tipica quanto essenziale quale la residenza, e testimonia la

volontà dei proprietari di investire risorse sul patrimonio sia per riqualificarlo che per modificare aspetti

17 Il principale riferimento è al seguente testo: Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco

Angeli, Milano. 18 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 19 Lr. n.39/1984, “Interventi regionali per la tutela del patrimonio edilizio esistente di valore ambientale, storico, architettonico,

artistico e archeologico” e Lr. n.39/1991, “Promozione degli interventi di riqualificazione e di arredo degli spazi urbani”. Il

riferimento è anche alla Circolare n.38 del 26/6/2001, attuativa della Dgr. N.7/5282 del 22/6/2001, allegato F. 20 Bormio, Breno, Castiglione Olona, Clusone, Crema, Ossuccio, Padenghe del Garda, Vimercate.

83

problematici, così da rendere maggiormente appetibile la permanenza di residenza, piuttosto che la locazione

o la vendita. Al tempo stesso gli interventi sul patrimonio agiscono, in quanto investimenti volti a migliorare

l’esistente, a generare processi di qualificazione sul contesto innescando processi di rivalutazione e spesso

incentivando nuove quote di popolazione a trasferirsi o a ritornare (sulle logiche dei processi di

gentrification) nei borghi storici. In questo senso, “la miglior misura per garantire un’azione di successo

consiste nel modo in cui la trasformazione, insita nel recupero, riesce ad appropriarsi di ciascun genius loci,

dialogando però con esso e quindi sollecitando qualche evoluzione, quantomeno in termini di prestazioni

tecnico-funzionali, ma non solo”21. A titolo esemplificativo si cita il caso-studio del comune di Sabbioneta22,

dove per quanto riguarda il controllo qualitativo dell’attività edilizia corrente il dispositivo operativo di piano

comporta sia una classificazione di tutti gli immobili del centro storico per “grado di protezione” decrescente

in ordine al rispettivo valore, sia la specificazione delle opere che possono essere eseguite, considerando

tanto le categorie derivanti dalla classificazione, quanto la specificità di ciascun edificio e di ogni sua parte.

Di conseguenza è possibile formalizzare abachi di rimando alle norme generali per le diverse categorie di

immobili ovvero per i vari gradi di protezione cui essi sono assegnati, connessi ad un corredo di schede di

edificio e di isolato dove siano riportate le più minute prescrizioni specifiche. Una delle questioni ancora

aperte, nell’ambito del processo di trattamento dei centri storici, riguarda proprio la carenza di strumenti e

supporti conoscitivi e analitici sulla base dei quali poter disciplinare il trattamento del patrimonio storico. In

quanto a strumenti, anche l’assenza di adeguate politiche e piani in materia di viabilità e sosta risulta essere

un problema per un gran numero di centri storici nel territorio lombardo: i provvedimenti più frequenti sono

di tipo amministrativo, e si riducono all’individuazione di sensi unici e all’imposizione di divieti di sosta.

Molti comuni intervengono con la pedonalizzazione di zone centrali, ma il problema si dimostra risolto solo

in parte in quanto risultano necessari, in questo senso, piani per la sosta e potenziamenti del trasporto

collettivo così come delle reti per la mobilità lenta, interventi che solo in alcuni casi risultano interamente ed

efficacemente attuati23. La presenza di servizi ed attività di tipo ricreativo e culturale è molto spesso connessa

alla peculiarità dei luoghi che soprattutto nei centri storici risulta fortemente presente e radicata

nell’immaginario collettivo dei residenti; mantenere alcune attività nel borgo acquisisce valore nell’ottica di

rilancio e pubblicizzazione di attività culturali volte alla valorizzazione dei monumenti e del tessuto

storico/artistico. In questo senso, “nei riguardi delle esigenze prestazionali e localizzative, i centri storici

costituiscono sempre risorse non irrilevanti, che perlopiù non sono disponibili per altre attività con le quali è

impossibile competere, come le tante tipologie di vendita moderne, conformi a modelli insediativi e di stili di

vita che sono esattamente l’opposto di quelli tradizionali”24. Analoga questione è quella della vitalità

garantita nei centri storici dalla presenza di vendita al dettaglio e di piccoli laboratori artigiani: “circa le

attività commerciali minute, che la loro crescita sia uno dei principali fattori propulsivi della vitalizzazione

dei centri storici è fuori discussione”25. Considerando la casistica riportata nello studio della Regione

Lombardia precedentemente analizzato si riscontra “l’avvento di nuove formule di commercializzazione

quali il franchising, il che ha permesso una larga diffusione della vendita di beni di pregio, cosa che ha

indotto la rete commerciale di molte località provinciali minori a riqualificarsi e talvolta ha consentito loro di

raggiungere una massa critica sufficiente per reggere la concorrenza delle forme distributive moderne”26. A

questo rilancio, laddove c’è stato, hanno contribuito le politiche di recupero edilizio e urbanistico così come

le opere di arredo urbano ed i provvedimenti riguardanti la limitazione del traffico veicolare. Concludendo si

rimarca una questione problematica di fondo che esiste da anni e che ancor oggi crea difficoltà ovvero la

21 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 22 Sabbioneta è una cittadina di 4.260 abitanti della provincia di Mantova. È stata dichiarata nel 2008 con Mantova Patrimonio

dell'umanità dall'UNESCO. Fa parte dei casi-studio analizzati nell’ambito del succitato “Studio per la valorizzazione dei centri storici

e degli ambiti di interesse storico culturale e ambientale” promosso dalla Regione Lombardia nel 2005. 23 Considerando ancora il campione di comuni analizzato dallo “Studio per la valorizzazione dei centri storici e degli ambiti di

interesse storico culturale e ambientale” per esempio a Bormio, dove si medita una serie di o parcheggi sotterranei, a Castiglione e a

Sabbioneta, il cui Pp pure prevede varie zone attrezzate, ma dove intanto ci si deve arrangiare al meglio impiegando spazi

delicatissimi. 24 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 25 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano. 26 Mioni A., Pedrazzini L., 2005, a cura di, Valorizzazione dei centri storici, Franco Angeli, Milano.

84

mancanza di una normativa nazionale di disciplina dei centri storici. Malgrado il susseguirsi di leggi a livello

prima nazionale e poi regionale, tale argomento è stato soltanto sfiorato lasciando talvolta ampi margini di

discrezionalità che ne limitavano intrinsecamente l’efficacia. La mancata previsione di una disciplina ad hoc

per i centri storici è da ascriversi prevalentemente alla difficoltà di circoscrivere l’oggetto della tutela: non

esiste una definizione univoca e condivisa di “centro storico” se non inteso come zona omogenea A nel Dm.

1444/1968 e quindi riconosciuto in relazione alle sue caratteristiche storico/ambientali.

In tema di centri storici, in occasione dei cinquant’anni dallo storico convegno tenutosi a Gubbio nel 1960,

l’Associazione nazionale dei centri storici e artistici (Ancsa) ha organizzato nel settembre 2010 un convegno

internazionale tenutosi presso la città di Bergamo: “Attualità del territorio storico”. Il convegno è stata

l’occasione per fare il punto sugli sviluppi, i successi e le questioni ancora aperte in materia di centri storici

rispetto a quanto rilevato 50 anni prima, in una situazione radicalmente differente di attenzione e

considerazione per i patrimoni costituiti dai nuclei d’antica formazione. Senza ripercorrere le fasi attraverso

cui si è sviluppato il tema dei centri storici nel corso del tempo approfondiamo le questioni e riflessioni che

sono state avanzate in questi 50 anni di approccio e trattamento del tema, al fine di derivarne stimoli operativi

in relazione ai quali produrre e orientare l’analisi nel centro storico di Turate:

-“salvaguardia e risanamento nei centri storici”: la sopravvivenza dei centri storici non è a rischio come

invece accadeva 50 anni fa, ed al contrario in molti casi, specialmente al centro/nord Italia, si sono operati

interventi volti al recupero ed alla manutenzione degli edifici, innescando processi di gentrification e di

sostituzione dei residenti;

- “salvaguardia sociale”: gli interventi di recupero non hanno corrisposto a strategie più generali per la città e

per il territorio, complicate anche dall’elevato frazionamento delle proprietà che ha impedito in molti casi la

pianificazione di interventi di matrice pubblica;

- “ricollocare il nucleo storico come centralità del sistema insediativo”: si tratta di operare per valorizzare la

funzione e posizione centrale dei nuclei storici, che ad oggi stanno progressivamente perdendo i connotati di

poli attrattori che hanno avuto per secoli;

- l’assunzione di un nuovo “sguardo” che comprenda sia l’analisi/interpretazione del patrimonio fisico, sia la

considerazione attenta di dati immateriali che il termine “identità” lega insieme, ma che meritano di essere

singolarmente evocati;

- la considerazione di un tema progettuale che metta insieme necessariamente tutela ed innovazione,

considerando come il paesaggio storico urbano comprenda tutto l’edificato e il suo contesto;

- la nascita di un nuovo tipo di progetto che assuma come caratteristiche l’integrazione, la strategia e il tema

gestionale;

- l’assunzione di una visione progettuale non solo fisico/urbanistica ed architettonica, ma anche sociale,

culturale, economica, amministrativa, gestionale.

Un’ultima riflessione avanzata riguarda la problematica progettuale già discussa, nella particolare ottica di

progettare in modo unitario il sistema dei servizi e spazi pubblici facendo leva sulla maggiore concentrazione

di valori simbolici e semantici piuttosto che semplicemente funzionali. Le riflessioni maturate nel corso degli

anni ’70 sono ancora oggi valide: nell’ultimo decennio si è costruito in maniera selvaggia con impennate

spaventose di consumo di suolo; ci sono moltissime case vuote, invendute, disabitate e un diffusissimo

abusivismo edilizio ma almeno il 20% della popolazione non ha una casa né può accedere a mutui o al

mercato degli affitti. Tra le principali necessità, v’è quella di codificare la progettazione urbanistica del

recupero e di raccordarla con la progettazione architettonica: “bisognerebbe cioè che le previsioni e le norme

urbanistiche guidassero efficacemente le scelte di scala architettonica ed edilizia, attraverso il suggerimento

di regole progettuali scaturite dalla conoscenza della storia urbana, dei tessuti edilizi e delle patologie

riscontrabili”. Sempre in materia: “in questo senso è sicuro che anche i centri storici hanno bisogno di

interventi progettuali di innovazione e modernizzazione che non si esauriscono nella sostituzione edilizia,

anche pregevole, di qualche tassello, ma che riguardano l’intera struttura urbana e la sua immissione in un

nuovo ciclo vitale, compatibile con la storicità e i valori dell’insediamento, che deve comunque mantenere

una molteplicità di funzioni e di ruoli, tra cui quello residenziale. L’innovazione può concernere i rapporti

tra il centro storico, la città contemporanea e il territorio di gravitazione, ma anche i modi di abitare e le

tipologie di servizi da offrire a una società in mutamento; ci riferiamo alla dimensione e all’aggregazione

85

degli alloggi in relazione alla qualità e alla consistenza offerta dal patrimonio edilizio storico e alla

domanda posta dai possibili utenti, come famiglie tradizionali, singles, anziani, studenti, immigrati; al ruolo

degli spazi pubblici e agli spazi di relazione”. In conclusione, questi i punti avanzati nel convegno:

- è necessaria una considerazione integrata della città e del territorio storico. Passato e presente si

sovrappongono, ma la loro integrazione nella contemporaneità può nascere soltanto dal progetto. Progetto

che, peraltro, è del tutto assente, negato, contraddetto da scelte conservative che vanno in tutt’altra direzione.

Per evitare il coinvolgimento in una realtà in cui la cultura è sempre più estranea, il mondo della

conservazione si chiude in se stesso, anziché aprirsi al dialogo;

- il progetto è peraltro l’unico modo per trasformare il bene “patrimonio culturale” in risorsa. Per far sì che il

bene culturale, custode della storicità e dell’identità, sia oggetto di conservazione e di tutela, occorre sia parte

di un progetto che lo renda contemporaneo. In questo senso si può parlare di innovazione, e solo in questo

senso di “valorizzazione del bene culturale”;

- il progetto riguarda pertanto il centro storico, la città esistente, il territorio storico concepiti come campi

interconnessi e interdipendenti, e obiettivo del progetto è la loro integrazione nella realtà contemporanea; - il

campo del progetto contemporaneo è prioritariamente il territorio periurbano costruito negli anni più

impetuosi ed infausti delle nostre trasformazioni territoriali (1950-1980). Occorre ricordare come questo

immenso patrimonio urbano, attuato in assenza e contro ogni logica di piano, presenti una ben scarsa

flessibilità, e come pertanto lo strumento per proporre un suo “riscatto” sia, nelle attuali condizioni, il

progetto urbano che ha ruolo tattico e non strategico. In questa logica, possono essere riproposti temi che

l’Ancsa ha privilegiato nel passato: il recupero residenziale ed il piano casa e in misura meno utopica, ma

realistica, lo stesso “progetto della sottrazione”;

- due temi, in questa logica, sembrano oggi emergenti: quello delle nuove centralità e quello dello spazio

aperto. Entrambi possono costituire approcci per ottenere nuovi ed interessanti esiti progettuali;

- ne consegue che nuovi “sguardi”, nuovi modi per interpretare e quindi progettare, ed infine innovare

l’identità urbana e territoriale possono nascere dalle discipline del paesaggio, ed in particolare dall’idea di

“paesaggio storico urbano”;

- in questo quadro si rende necessario ricostruire il ruolo dell’architettura, ricordare che esso non riguarda

esclusivamente l’oggetto, che è illusorio ritenere che uno o più d’uno di tali oggetti possano riscattare la

condizione urbana, ma che riguarda l’idea stessa di città, ed il disegno del territorio.

In termini di linee d’azione, passando alla scala territoriale turatese, riferimento primario è al Piano

territoriale di coordinamento provinciale, in cui s’esplicitano, alla voce “Uso razionale e risparmio del suolo

– indirizzi e orientamenti per la pianificazione locale” i seguenti criteri:

i) Attenzione al disegno delle trasformazioni in armonia con il tessuto presente e finalizzato a limitare

consumo e frammentazione territoriale;

ii) Rifunzionalizzare e recuperare negli ambiti consolidati, sia i nuclei di interesse storico che le aree

degradate e dismesse perfezionandone, mediante opportune scelte progettuali, il potenziale ruolo di fautrici

di ricomposizione e qualificazione del territorio;

iii) Recuperare e riqualificare i territori sottoutilizzati, degradati e le aree dismesse, nonché il patrimonio

edilizio esistente, in particolare i nuclei di interesse storico, garantendo un equilibrio nei processi di

trasformazione razionalizzare, riutilizzare e recuperare le volumetrie disponibili, anche favorendo l’uso

ricreativo/sociale del patrimonio edilizio;

iv) Sviluppare specifiche linee d’azione per il paesaggio, anche con riferimento a studi sistematici volti ad

individuare e valutare i paesaggi locali, tenendo conto del valore attribuito dalle popolazioni interessate;

v) Individuare il fabbisogno abitativo e valutare con attenzione le dimensioni degli alloggi di nuova

realizzazione o derivanti di trasformazioni in funzione del target finale.

Internamente al Piano territoriale paesaggistico regionale si specifica inoltre: “L’abbandono e la dismissione

di aree e manufatti provoca sempre un grave stato di trascuratezza e incuria; gli elementi fisici che

permangono dalle fasi precedenti sotto forma di elementi residuali, come “relitti” o “reliquati”, presentano

quasi sempre difficoltà di gestione e di interrelazione al contesto al variare degli usi e provocano elevati

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rischi di degrado paesaggistico sia del sito stesso, sia degli ambiti contigui, creando possibili effetti di

degrado/compromissione a catena. […] Oltre a riguardare le aree industriali, il fenomeno riguarda anche

altre parti urbanizzate, come i centri e i nuclei sottoposti ad un costante spopolamento con conseguente

riduzione del presidio dei luoghi, quartieri urbani storici27. Analogamente critici sono gli effetti di degrado

paesaggistico dovuto all’abbandono degli insediamenti e delle tradizionali attività produttive legate

all’agricoltura e alla zootecnia e alla pastorizia; una questione particolare è certamente costituita

dall’avanzata della vegetazione boschiva nelle aree montane e collinari abbandonate dagli usi agricoli che

ha anche innescato processi di dissesto idrogeologico o messo in pericolo d’incendio ampie porzioni di

territorio, complessi edilizi, infrastrutture”.

Mentre invece, internamente alle Nta del Ptcp, all’art.10 “Gli indirizzi generali di tutela”, si definisce al p.to 9

(lettera a) che il Ptcp “sub-articola le unità tipologiche di paesaggio del Ptpr, individuando ambiti omogenei

per caratteristiche fisico-morfologiche, percettive, tipologico - architettoniche e/o storico culturali,

denominate Unità tipologiche di paesaggio, definendone i relativi caratteri connotativi, e dettando gli

indirizzi per la pianificazione locale”. Oltre a ciò, all’art.18 s’identifica specificamente “La salvaguardia e la

valorizzazione del patrimonio storico e artistico”: “i beni di interesse storico e culturale costituiscono parte

integrante del patrimonio ambientale complessivo della Provincia e debbono essere preservati nella loro

integrità, favorendone la fruizione controllata. […] Il Ptcp, anche al fine di limitare il consumo di suolo non

urbanizzato e nel rispetto dei valori socioculturali, storici, architettonici, urbanistici, ambientali ed

economici, considera di preminente interesse il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dei centri e

nuclei storici del territorio provinciale”.

Risulta a questo punto possibile identificare macroblocchi d’indagine, specifici di particolari aspetti da

considerarsi ed approfondirsi nello sviluppo di un’analisi finalizzata nel tessuto storico comunale: le

considerazioni precedentemente illustrate permettono di riconoscere, quale primo momento di riflessione ed

analisi dei caratteri del nucleo storico di Turate, una valutazione estesa a riconoscere, censire e quantificare i

fenomeni in atto ed i fattori di rilievo dal punto di vista fisico, economico, sociale e relazionale; una visione

d’insieme delle modalità e dell’intensità tramite cui il centro storico è ad oggi vissuto. Si tratta di sviluppare

un livello di dettaglio in grado di restituire una mappa dettagliata dei fenomeni in atto tra fenomeni positivi di

valore, e situazioni di potenziale disvalore o rischio. Tra le variabili da considerare in questo senso si può

assumere la presenza di residenti in determinate porzioni dell’edificato, connessa all’incidenza del fenomeno

degli sfitti che influisce in modo considerevole e consistente sulla qualità dello spazio delle relazioni: edifici

con elevata presenza di sfitto residenziale si traducono nell’immediato in assenza di vitalità e di presidio

dello spazio. Al tempo stesso si rischia d’innescare il fenomeno del decadimento strutturale degli immobili,

accelerando quel processo del ciclo di vita di immobili e del centro nel suo complesso. Insieme alla residenza

è da considerare come ambito di riflessione fondamentale quello delle attività extraresidenziali, indicative di

come si dispongono nello spazio tutte quelle funzioni connesse al commercio, al comparto produttivo e nello

specifico all’artigianato, considerata la natura delle funzioni ammesse nel centro storico turatese. Si tratta al

tempo stesso di attività di tipo terziario, e quindi potenzialmente a servizio della comunità nel suo complesso:

le variabili così descritte possono a loro volta essere poi confrontate per la costruzione d’indicatori più

complessi ed esaustivi, ad esempio di eterogeneità delle funzioni presenti e, più banalmente, della loro

concentrazione in determinati isolati del centro.

27 Per quanto riguarda questo aspetto è rilevante segnalare come si siano determinate condizioni di degrado in molti quartieri urbani

non solo periferici ma anche interni alla città storica. In Lombardia, solo nell’ambito del Programma nazionale “Contratti di

Quartiere II”, sono stati siglati 23 programmi di 17 Comuni finalizzati alla riqualificazione sociale ed edilizia dei quartieri degradati, e

ad attualizzarne e incrementarne, anche con il concorso di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale, prevedendo, nel

contempo, misure ed interventi per favorire l’integrazione sociale e l’occupazione.

87

Risulta possibile comprendere tali dimensioni in un unico blocco preliminare d’indagine dei caratteri del

centro storico, definibile “Qualità dello spazio relazionale”.

Successivi blocchi analitici riguardano la conformazione e la caratterizzazione dello spazio costruito e se in

precedenza si erano considerati gli aspetti inerenti all’utilizzo del centro storico a livello residenziale ed extra

residenziale, ora si restituisce un quadro d'insieme dei fattori insistenti specificamente sui manufatti edilizi.

Si tratta di dati riferiti alla conformazione fisico/architettonica degli edifici: a tal proposito le caratteristiche

degli indicatori sintetici eleggibili sono illustrate nel diagramma seguente, relativo al quadro

analitico/valutativo generale da impostarsi per l’analisi del centro storico turatese.

potenzialità residenziale

(η) potenzialità

percettiva

centralità

attuale

Intrinseco all’edificio

Stima di un potenziale latente Stima di un valore attuale

potenzialità derivante

da usi commerciali

potenzialità residenziale

(η)

potenzialità derivante

da usi commerciali potenzialità

percettiva

centralità

attuale

Tra edificio ed isolato

Età della popolazione

residente

Disposizione dei

residenti

Disposizione della popolazione

straniera

Attività generanti attrazione

Disposizione delle

attività

Tipologie di

attività

Attività a servizio

collettivo

Disposizione spazi

pubblici

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Operativamente, l’obiettivo è quello di aggiornare e dettagliare le modalità d’intervento sul patrimonio

edilizio interno al centro storico, previste da Prg vigente. A tal proposito, si riportano gli elementi che

contraddistinguono il legenda della Tavola n. 8 del vigente Prg sul Centro storico “azzonamento modificato

in accoglimento osservazioni, aggiornato con successive modifiche ai sensi della Lr. 23/1997”.

Necessità di determinare modalità

di massimo intervento

Determinare priorità nella

programmazione d’interventi

Preliminare assunzione degli edifici quali unità di indagine internamente ai nuclei d’antica formazione

(α) Intervenibilità sul patrimonio costruito

(γ) Qualità dello spazio relazionale (β) Potenzialità latenti

Riconoscere i caratteri

socio/economici del contesto

Soddisfacimento delle

prescrizioni normative

Comprensione delle

peculiarità del contesto

Articolazione delle

strategie amministrative

Considerare gli inserimenti

paesaggistici degli interventi

Risolvere questioni aperte e

valorizzare potenzialità latenti

Ottimizzare la qualità urbana con

limitate le risorse disponibili

Costruzione di scenari di configurazione degli

assetti fisico/architettonici e strutturali, con

selezione dell’opzione maggiormente coerente

con il contesto

Identificazione dei manufatti su

cui intervenire per ripristinare

stati d’efficienza nell’utilizzo del

tessuto

Spazializzazione del livello

di problematicità

socio/economica