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Storia e Politica 21 Enrico Spagnesi Persona, dimensione nobiliare, nome Saggio storico sui titoli di pochi e sul diritto di tutti in Italia Edizioni ETS 2018 vai alla scheda del libro su www.edizioniets.com

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Storia e Politica21

Enrico Spagnesi

Persona, dimensione nobiliare, nomeSaggio storico sui titoli di pochi

e sul diritto di tutti in Italia

Edizioni ETS2018

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ISBN 978-884675276-5

Pubblicato con un contributo del Dipartimento di Scienze Politichedell’Università di Pisa

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PREMESSA

Nella mia qualifica di coordinatore della collana del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa ricordo che Enrico Spa-gnesi è un insigne studioso, allievo del Prof. Piero Fiorelli; che tra gli argomenti più significativi dei quali si è occupato si possono indicare la vita e l’opera di Irnerio, ritenuto fondatore dello Studio di Bolo-gna e della rinata scienza giuridica della fine del secolo XI, nonché del contemporaneo formarsi della scientia iuris e della figura del suo interprete (legis doctor, iuris doctor); che ha investigato la storia e la fortuna della Littera Florentina del Digesto, il suo rapporto con gli umanisti e la polemica pandettaria del XVIII secolo; che ha parimenti investigato lo Studio laurenziano di Firenze da Francesco Accolti a Mariano Sozzini iunior, e così pure lo Studio mediceo dalla mancata condotta dell’Alciato a Pompeo Neri a Bernardo Tanucci.

Il coordinatore Prof. Danilo Marrara

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PRESENTAZIONE

Oggetto del presente volume è l’analisi della dimensione nobiliare condotta attraverso una prospettiva assai originale e interessante, vale a dire la stretta connessione tra nobiltà e nome; ciò dipende dal fatto – af-ferma l’Autore – che ambedue le istituzioni attengono a come l’esistere si presenta, viene percepito e regolamentato. In epoca romana la perso-na viene posta al centro del diritto, a partire dalle Institutiones di Gaio: un concetto che abbraccia l’intero ciclo vitale dell’uomo nell’ambito della civitas; accanto ad esso, di pari passo, emerge quello di personali-tà, dando così vita alla nozione-chiave di humanitas.

A perfezionare questi concetti – prosegue l’Autore – interviene successivamente il pensiero cristiano, conferendo loro ulteriore digni-tà, cosicché il termine persona da allora in poi vedrà aggiunti solo elementi positivi alle sue accezioni e ai suoi impieghi, anche grazie al contributo fondamentale della filosofia scolastica a cui va il merito di aver attuato la congiunzione tra l’esperienza giuridica romana e la ri-flessione giudaico-cristiana. Appartiene infatti a Boezio la definizione forse più celebre di «persona», definita rationalis naturae individua substantia, distinguendola nettamente, in tal modo, da «individuo», termine attribuibile, invece, ad ogni ente unitario e indivisibile, dagli esseri umani, agli animali, alle cose.

Si viene elaborando inoltre la nozione di status, concernente la po-sizione complessiva di un soggetto nei confronti dell’ordinamento giu-ridico, il cui significato – precisa l’Autore – muta nel corso del tempo: da rappresentazione della soggettività giuridica dell’individuo sulla base del censo e del ceto di appartenenza, tipico del periodo medieva-le e di quello moderno, ad espressione dell’esistenza stessa dell’uomo e del suo essere nella collettività; significato, quest’ultimo, che dalla Rivoluzione francese giunge sino ai nostri giorni.

L’ambito di indagine della suddetta dimensione nobiliare è il terri-torio italiano, con particolare riguardo alla realtà toscana, poiché pro-prio in questa regione i temi in questione hanno avuto uno sviluppo particolarmente significativo.

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L’opera è suddivisa in tre capitoli. Nel primo, riguardante l’epoca medievale, l’Autore prende le mosse dalla nobiltà feudale, focalizzan-do l’attenzione su un aspetto peculiare, ossia il fascino che essa ha esercitato in molti settori della vita quotidiana, a partire da quello della lingua, in particolare la lingua del diritto. Se è vero, infatti, che la nobilitas di natura feudale è destinata a divenire, nei secoli, del tut-to minoritaria, e a trasformarsi notevolmente prima di sparire come fenomeno giuridico, economico e sociale, è altrettanto vero che essa lascia tracce indelebili dei suoi influssi e soprattutto del suo fascino, destinato, quest’ultimo, a perdurare nei secoli.

A partire dal XII secolo, l’Italia centro-settentrionale è caratteriz-zata da un rinnovato ruolo delle realtà cittadine e dall’autonomia dei Comuni; all’incirca nello stesso periodo si assiste al fenomeno dell’in-dividuazione dei soggetti attraverso la categoria del nomen, all’interno della quale, già alla fine del Duecento, sono presenti e distinguibili il prenomen come designazione individuale e il cognomen come designa-zione attraverso la parentela. Sempre più frequentemente negli Statuti cittadini si inseriscono norme comminanti pene severe a chi si cambia nome e cognome coi quali publice denominatur, poiché essi sono de-terminanti ai fini di una perfetta demonstratio personae, come afferma Bartolo da Sassoferrato nella prima metà del Trecento.

Allo sviluppo cittadino è strettamente connesso il concetto di nobiltà «civica», detta anche «decurionale». A tal proposito l’Auto-re delinea con puntualità e chiarezza il vivace dibattito sviluppatosi nel tempo tra giuristi e umanisti circa le diverse concezioni in merito alla nobiltà, a partire da Bartolo da Sassoferrato e Dante Alighieri, capostipiti, rispettivamente, di due linee di pensiero, una giuridica, che attribuisce alla nobiltà una valenza squisitamente politica, l’altra umanistica, basata sul principio della virtù nobilitante.

Il secondo capitolo esamina l’età moderna, in cui è possibile di-stinguere una «nobiltà reale», comprensiva di quanti riescono a vi-vere more nobilium, e una «nobiltà legale», composta da coloro che l’hanno ottenuta dal Principe, e da chi vanta ascendenze nobiliari o di antica partecipazione alle magistrature cittadine.

Al principio del Cinquecento la nobiltà è in crisi in tutta Europa, e per questo sul concetto di essa si riapre una vivace discussione, so-prattutto a causa delle mutate condizioni politiche degli ordinamenti statali. A partire dal XVI secolo, infatti, si assiste alla diffusione di

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una storiografia specificamente dedicata alla nobiltà e di cui l’Auto-re fornisce un’ampia panoramica: da Scipione Ammirato a Girolamo Muzio, da Carlo Sigonio a Giovan Battista de Luca, solo per citarne alcuni.

Particolare attenzione viene poi rivolta alle vicende toscane riguar-danti l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano – destinato ad aggiunge-re al modo tradizionale di nobilitazione usato nell’ambito comunale, cioè l’accesso alle magistrature locali, un altro più potente, apprestan-dosi a diventarne il sostituto – e, soprattutto, la Legge per regolamento della nobiltà e cittadinanza del 1750. Il sistema normativo toscano vie-ne analizzato minuziosamente, poiché – sostiene l’Autore – esso è par-ticolarmente indicato per rappresentare un punto fermo nelle vicende della nobiltà. Per una serie di motivi, a partire dalla constatazione che il ceto nobiliare in Toscana è tutto civico.

All’indomani dell’unità d’Italia spetterà alla Consulta araldica, istituita nel 1869, formare i ranghi della nuova nobiltà italiana. Com-pito non facile, dal momento che sulla materia il caos regnava in molte delle amministrazioni di cui il neonato Stato è il successore. Altro elemento peculiare, che emerge durante il periodo napoleonico, è la categoria del notabilato – formata da quanti esercitano un’influenza politica e hanno autorità grazie al potere economico e alla posizione sociale – e qui considerata solo in quanto potenzialmente sostitutiva delle funzioni e soprattutto della nozione stessa di «nobiltà civica».

L’ultimo capitolo esamina l’affermarsi dello status personae e del diritto al nome, focalizzando l’attenzione su alcuni aspetti fondamen-tali: l’importanza del lavoro e il potere della professione, con partico-lare riguardo alle professioni giuridiche: iudex, advocatus, procurator, causidicus, notarius.

Considerazioni circa i termini dignitas, nobilitas e honor mettono in luce il rapporto tra dignità e carica pubblica, evidenziata da Cicerone nel De officiis, dove è possibile notare la totale commistione tra l’inca-rico, l’onestà e il decoro.

Cinzia Rossi

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Prius de personis videamus. Nam parum est ius nosse, si personae, quorum causa statutum est, ignorentur

IustInIanus, Institutiones, I, 2, 12

La stirpe non fa le singulari persone nobili, ma le singulari persone fanno nobile la stirpe

Dante, Convivio, IV, 20, 5

Il nome d’un uomo non è come un mantello che gli sta penzolante e che gli si può strappare o cac-ciare di dosso, ma una veste perfettamente adatta, o come la pelle concresciutagli che non si può graffia-re senza far male anche a lui

Goethe, Poesia e verità, II, 10

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Presumo che il cognome Spagnesi si rifaccia al romano cognomen ‘Hispaniensis’ attribuito a un certo questore Lucius Flavius, attestato nell’81 a. C. ‘Hispaniensis’ è anche detto il gladio, arma principale del legionario. Ma se proprio ci si dovesse aggirare sul terreno delle origi-ni, alle due citate aggiungerei l’ipotesi di ricondurre il segno distintivo non al celeberrimo Isidoro, sempre designato come ‘Hispalensis’, ben-sì al suo conterraneo Iohannes di Siviglia, detto appunto Hispaniensis. Di certo sono rilevanti i meriti storici d’uno degli autori del Secretum Secretorum; e un’eventuale discendenza da un traduttore mozarabo del duodecimo secolo costituituerebbe un’ottima giustificazione per rivendicare alla mia stirps almeno un frustolo o barlume della nobiltà ‘vera’, quella innervata dalla cultura.

Nel primo paragrafo si spiegano le ragioni del singolare impianto di questo ambizioso saggio, in cui sono rifusi studi fatti in tempi e in occasioni diverse, principalmente per alcuni convegni di diritto nobi-liare; e nel quale in temerario insufficiente modo si tenta d’accostare elementi ricavati da ampissime indagini altrui, di solito oggetto di se-parata trattazione. L’ambiente di riferimento è in grande prevalenza quello toscano, per motivi soggettivi, ma anche oggettivi dato il rile-vante sviluppo locale dei temi in questione.

Dedico il libro a Riccardo, mio amato nipote.Valete omnes.

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CapItolo prImo

L’EPOCA MEDIEVALE

1. INTRODUCENDO ACCIDENTATI PERCORSI GIURIDICI

a) Uffici e maschere

Cicerone, come si sa, è un cognomen. Lasciamo perdere se tale so-prannome sia in effetti connesso ad un cece, derivi cioè da un’escre-scenza sul naso, o al fatto che il simpatico legume abbia rimediato all’iniziale balbuzie di qualche appartenente alla gens Tullia; è certo però che se il rango di un appellativo non è paragonabile a quello del praenomen e del nomen, per l’appunto è proprio quello con cui è passato alla storia Marco, grande uomo politico, avvocato e scrittore, divulgatore sommo della filosofia greca.

In questo senso si può intravedere la costruzione dell’individua-lità, anzi, per specificare quanto succede all’interno d’una comunità, della ‘persona’. Opportuno utilizzare in proposito alcuni dati elemen-tari, esposti nel suo capolavoro, il De officiis. Lì si risponde all’inter-rogativo principale che si pone o dovrebbe porsi l’uomo: qual è il suo compito, che cosa è giusto e onesto fare nella vita1? Lo spunto è tratto da un’opera di Panezio, filosofo di Rodi, alfiere della scuola stoica, che aveva scritto Perì tou kathékontos, cioè «Su quanto è conveniente»: officium è dunque ‘ciò che è giusto, opportuno, utile’. Si viene in tal modo a ‘nobilitare’ un termine partito dalle rappresentazioni teatrali, ove prósopon designa il personaggio. Meditando su di esse, Epitteto, altro pensatore appartenente alla Stoa, nel suo celebre Manuale scol-pisce una vicenda senza tempo: ricordando all’uomo che dovrà essere bravo attore in uno spettacolo scelto da altri, dove appunto ad altrui

1 Sono usate le abbreviazioni DBI, indicante il Dizionario biografico degli Italiani, Roma, Ist. dell’Enc. Ital., 1960-in corso; DBGI, per il Dizionario biografico dei giuristi italiani, Bo-logna, Il Mulino, 2014, ESS, per l’Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, Ist. dell’Enc. Ital., 1991-2001. Ove non sia indicata un’opera di riferimento, il dato s’intenda agevolmente repe-ribile nel web tramite gli usuali motori di ricerca.

Cfr. G. pICone, Introduzione, in m. t. CICerone, De officiis. Quel che è giusto fare, a cura di G. Picone, R. R. Marchese, Torino, Einaudi, 2012.

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CapItolo seConDo

L’ETÀ MODERNA

1. LA SOVRANITÀ

a) Il retaggio medievale

Dagli sperduti borghi del vecchio continente agli sterminati spazi di quello nuovo, la sindrome denominabile ‘attrazione del feudo’ ieri come oggi si mostra pronta a tornare in esercizio non appena si parli di nobiltà. Giosuè Carducci, il Vate d’Italia, in alcuni suoi versi faceva menzione tra le figure storiche evocate, al posto di certi cascami ‘go-tici’ da rifiutare inorriditi, alle azioni d’un autentico eroe del popolo medievale, quell’«austero e pio Gian de la Bella» che «trasse i baroni a pettinare il lin»203. La citazione riguarda il «savio, valente e buono uomo» (definizione del cronista Dino Compagni) che si fece vendi-catore delle «molte ingiurie» compiute dai «nobili e grandi cittadini insuperbiti» ai danni dei «popolari», riuscendo a far approvare nel gennaio del 1293 la già citata riforma della Repubblica fiorentina nota col nome di Ordinamenti di giustizia. I ‘magnati’, cioè i nobili feudali, nonché i latifondisti, erano esclusi dal governo cittadino, cui venivano chiamati gli iscritti ad un’Arte; e dunque anche i «baroni» dovettero rassegnarsi a diventare «pettinatori di lino», trasformandosi in arti-giani, in caso volessero fare politica.

Il provvedimento, celebre già per il racconto del Compagni e di Giovanni Villani, fu certo una delle pietre miliari della storia di Fi-renze; ma anche, come mostra l’accenno del Carducci, venne posto al centro delle attenzioni della storiografia ottocentesca, allorché i Co-muni medievali tornarono a interessarla e si fece acceso il dibattito sulla valenza ‘democratica’ della loro struttura. Cominciò il famoso Sismondi, il quale pur apprezzando queste leggi ne deprecava l’in-giusta e «tirannica» esclusione delle famiglie nobili dal governo; una linea condivisa da Gino Capponi, che giudicava le norme «disuguali e

203 Si riparlerà infra, p. 161, della poesia intitolata La Consulta araldica, da cui sono estrat-ti i versi citati.

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CapItolo terZo

L’AFFERMARSI DELLO STATUS PERSONAEE IL DIRITTO AL NOME

1. I SEGNI DELLA PERSONA E DELLA SUA ATTIVITÀ. PREMESSE

Si consideri un evento specifico come la situazione seguente i fio-rentini Ordinamenti di giustizia del 1293-95. Allora fu imposto a nobi-les viri, o ‘magnati’ come gli Adimari, i Cavalcanti, i Buondelmonti, i Della Tosa e molti altri, di cambiare il proprio cognome, modificando al contempo l’antico stemma, per poter godere dei diritti politici con-nessi al beneficium popularitatis; nel 1349 fu nominata una commis-sione di dodici cittadini (tre per quartiere) «popolari e guelfi», per provvedere in merito, ed essa dovette vagliare numerose domande, in qualche caso imponendo ai richiedenti non il nuovo cognome indi-cato nella domanda, bensì un altro umiliante o ridicolmente allusivo al precedente (alcuni Squarcialupi diventarono Stracciavolpi, alcuni Agli dovettero accettare d’essere Scalogni); nelle insegne s’introdus-sero elementi significanti la soggezione al partito del popolo, come la croce. Si registrarono circa centodieci casi tra il 1349 e il 1409, in seguito si prese atto della cessata pericolosità del ceto magnatizio, e alle famiglie fu possibile tornare agli antichi cognomi e stemmi; ce ne furono però di quelle che continuarono ad usare i cambiati, o che preferirono unire nuove e vecchie denominazioni532.

Ci sono stati alcuni elementi sociali che per via di consuetudini o per altre sotterranee virtù hanno avuto la sorte d’attraversare le epoche più o meno in modo inalterabile; e se si riflette sull’esempio storico appena citato, si comprende che ciò succede anche nel caso dei mezzi d’identificazione, soprattutto (ma non solo) del nome, col-legato in modo stretto allo status. Ora, non c’è da dubitare che per capire interamente le vicende della designazione personale si debba portare l’attenzione sui mondi in cui agiscono alcune figure chiave della civiltà occidentale, massimamente il commerciante e il nobi-le. Nonostante le contrarie apparenze, possono essere avvicinate per

532 Le notizie si basano interamente su L. BorGIa, La concessione, cit., pp. 59-64.

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INDICE

Premessa di Danilo Marrara 7

Presentazione di Cinzia Rossi 9

CapItolo prImo

L’epoca medievale 15

1. Introducendo accidentati percorsi giuridici 15 a) Uffici e maschere 15 b) Soggetti, individui, persone 18 c) Status e identità 23

2. Fascino perenne del modello feudale 30 a) In generale 30 b) I cosiddetti elementi costitutivi del feudo 36

3. Sviluppi cittadini. Il privilegium 42 a) Civitas 42 b) Privilegi e prerogative di ceto 48

4. L’individuazione dei soggetti. Il nome 52 a) Premessa antropologica 52 b) La composizione del nome 55 c) La stabilizzazione 60

5. L’idea di nobiltà: nella concezione di Bartolo, … 65

6. … nella linea giuridica e in quella umanistica 71

CapItolo seConDo

L’età moderna 83

1. La sovranità 83 a) Il retaggio medievale 83 b) La maiestas 87 c) I protetti dal ‘crimenlese’ 93

2. La nobiltà e i suoi cambiamenti 101 a) La ricerca di nuove basi per la gentilezza 101 b) L’ordine di Santo Stefano 110 c) Il diffondersi del cognome 118

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3. Profili etici della nobiltà 128

4. Una legge fondamentale in Toscana 139

5. Il patriziato e la sua regolazione 148 a) Nobiltà civica e patriziato 148 b) Il ruolo delle città e degli ambienti 153 6. Vicende ottocentesche 161 a) Mutamenti auspicati 161 b) Il notabilato 166 c) Lo Statuto sardo e la concordia dei ceti 173

CapItolo terZo

L’affermarsi dello status personae e il diritto al nome 185

1. I segni della persona e della sua attività. Premesse 185

2. Il diritto al nome 191 a) Una costruzione giurisprudenziale 191 b) Nomi e persone 196 c) Insegne private e pubbliche 203

3. Da status cetuale a status personale 209 a) Importanza del lavoro 209 b) Aristotelici riflussi 215 c) Il potere della professione 218

4. Un profilo delle professioni giuridiche 222 a) Iudex 222 b) Advocatus, procurator, causidicus 228 c) Notarius 233

5. Il dottorato in diritto, un perfetto incubatore della ‘persona’ 241 a) Studium e laurea 241 b) Lo status di dottore 249 c) Dignitas, nobilitas, honor 253

6. Una veste aderente, come la pelle 259

Indice dei nomi 273

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Edizioni ETSPiazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa

[email protected] - www.edizioniets.comFinito di stampare nel mese di luglio 2018

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