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B O O O racco italian il giornale del (Pagina 1 di 4) www.continentalidaferma.it www.giornaledelbraccoitaliano.it N° 30 - Novembre 2009 1949- 2009 I SESSANTANNI DELLA SABI di Cesare Bonasegale Alcuni stralci dall’Amarcord pubblicato per la celebrazione del cinquantenario, vengono riproposti per ricordare i benemeriti del passato e raccontare ai giovani le radici della moderna braccofilia. AMARCORD mezzo secolo in cui spaziare con la memoria fra Bracchi italiani e braccofili Sesta ed ultima puntata Finisce con questo numero la riedizione del mio documento stampato in occasione del cinquante- nario della fondazione della SABI. Questa sesta ed ultima puntata è integrata da al- cune note aggiuntive su personaggi che, pur già attivi dieci anni fa, non avevo precedentemente citato. Come ho ripetutamente detto, le mia narrazione non ha la pretesa di raccontare la storia del Brac- co italiano dal 1949, ma è solo frutto delle mie memorie, con l’unico fine di evitare che la passio- ne ed i meriti di molti braccofili vengano dimenti- cati. Alcune eventuali omissioni sono involonta- rie ... altre invece sono volute. Nella mia memoria, bracchi e brac- cofili son come le ciliege – cioè uno tira l’altro. Parlerò quindi di Luciano Tansini, di Caorso, frazione di Zer- bio, in provincia di Piacenza, che ho citato in chiusura della puntata pre- cedente come proprietario di Burt di Zerbio. A Monticelli d’Ongina, vicino a Pia- cenza, c’era un caccino che d’inver- no sbarcava il lunario accompagnan- do i cacciatori a tirar di spingarda sul Po. Si chiamava Sapan ed era un mago nell’avvicinare col barchino le anitre posate fra stampi e stelloni: Sapan pagaiava nascosto da un ven- taglio di canne di granturco ed il cac- ciatore, coricato sul fondo della bar- ca, aveva solo l’incombenza di tirare il cordino con cui far partire la can- nonata e poi recuperare a fucilate gli eventuali feriti che cercavano di fug- gire a nuoto. Era un’avventura non priva di fascino che incominciava scrutando col cannocchiale il cielo per avvistare le anitre che venivano al gio- co dei richiami… e finiva nella ba- racca a mangiar l’anguilla sapiente- mente cucinata da Sapan. E col fred- do che faceva, la grappa scorreva come il fiume che era davanti a noi. Francamente io non gradivo quella mattanza di anitre, ma frequentavo occasionalmente quella baracca per gustar l’anguilla e per la compagnia di Sapan, conosciuto tramite quel- l’Arnaldo Chiavarini protagonista del mio racconto “Il bracco del sacre- stano” che se avete letto il mio libro forse ricorderete. E fu in quella ba- racca fumosa e rimbombante di ri- sate che conobbi Luciano Tansini, che di Sapan era l’abituale compare nel- le scorrerie di bracconaggio a spese dei fagiani dell’adiacente riserva. Era di statura piuttosto bassa, gras- so e tondo come una palla ma agile e svelto come un gatto. Aveva una pic- cola azienda agricola in cui coltivava soprattutto ortaggi, ma era un alle- vatore nato e selezionava con pas- sione dai Bracchi italiani ai conigli. Come braccofilo, Luciano Tansini era stato tenuto a battesimo dal cav. Beghi, titolare dello storico alleva- mento del Trebbia ed erede diretto dei Ranza creatori dei Bracchi pia- centini. Luciano era stato per lunghi anni assistente e poi socio nel canile di Beghi, finché un giorno si separò e fondò il suo allevamento “di Zerbio”. E da una sua buona cagna, coperta da Lir 2° dei Ronchi, nacquero due roano marrone, Burt e Bob di Zerbio. Entrambi crebbero venatoriamente

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B OOOOOracco italianil giornale del

(Pagina 1 di 4)www.continentalidaferma.itwww.giornaledelbraccoitaliano.it

N° 30 - Novembre 2009

1949- 2009 I SESSANTANNI DELLA SABIdi Cesare Bonasegale

Alcuni stralci dall’Amarcord pubblicato per la celebrazione del cinquantenario, vengono ripropostiper ricordare i benemeriti del passato e raccontare ai giovani le radici della moderna braccofilia.

AMARCORDmezzo secolo in cui spaziare con la memoria

fra Bracchi italiani e braccofiliSesta ed ultima puntata

Finisce con questo numero la riedizione del miodocumento stampato in occasione del cinquante-nario della fondazione della SABI.Questa sesta ed ultima puntata è integrata da al-cune note aggiuntive su personaggi che, pur giàattivi dieci anni fa, non avevo precedentementecitato.

Come ho ripetutamente detto, le mia narrazionenon ha la pretesa di raccontare la storia del Brac-co italiano dal 1949, ma è solo frutto delle miememorie, con l’unico fine di evitare che la passio-ne ed i meriti di molti braccofili vengano dimenti-cati. Alcune eventuali omissioni sono involonta-rie ... altre invece sono volute.

Nella mia memoria, bracchi e brac-cofili son come le ciliege – cioè unotira l’altro. Parlerò quindi di LucianoTansini, di Caorso, frazione di Zer-bio, in provincia di Piacenza, che hocitato in chiusura della puntata pre-cedente come proprietario di Burt diZerbio.

A Monticelli d’Ongina, vicino a Pia-cenza, c’era un caccino che d’inver-no sbarcava il lunario accompagnan-do i cacciatori a tirar di spingarda sulPo. Si chiamava Sapan ed era unmago nell’avvicinare col barchino leanitre posate fra stampi e stelloni:Sapan pagaiava nascosto da un ven-taglio di canne di granturco ed il cac-ciatore, coricato sul fondo della bar-ca, aveva solo l’incombenza di tirareil cordino con cui far partire la can-nonata e poi recuperare a fucilate gli

eventuali feriti che cercavano di fug-gire a nuoto. Era un’avventura nonpriva di fascino che incominciavascrutando col cannocchiale il cielo peravvistare le anitre che venivano al gio-co dei richiami… e finiva nella ba-racca a mangiar l’anguilla sapiente-mente cucinata da Sapan. E col fred-do che faceva, la grappa scorrevacome il fiume che era davanti a noi.Francamente io non gradivo quellamattanza di anitre, ma frequentavooccasionalmente quella baracca pergustar l’anguilla e per la compagniadi Sapan, conosciuto tramite quel-l’Arnaldo Chiavarini protagonista delmio racconto “Il bracco del sacre-stano” che se avete letto il mio libroforse ricorderete. E fu in quella ba-racca fumosa e rimbombante di ri-sate che conobbi Luciano Tansini, chedi Sapan era l’abituale compare nel-

le scorrerie di bracconaggio a spesedei fagiani dell’adiacente riserva.Era di statura piuttosto bassa, gras-so e tondo come una palla ma agile esvelto come un gatto. Aveva una pic-cola azienda agricola in cui coltivavasoprattutto ortaggi, ma era un alle-vatore nato e selezionava con pas-sione dai Bracchi italiani ai conigli.Come braccofilo, Luciano Tansiniera stato tenuto a battesimo dal cav.Beghi, titolare dello storico alleva-mento del Trebbia ed erede direttodei Ranza creatori dei Bracchi pia-centini. Luciano era stato per lunghianni assistente e poi socio nel caniledi Beghi, finché un giorno si separò efondò il suo allevamento “di Zerbio”.E da una sua buona cagna, copertada Lir 2° dei Ronchi, nacquero dueroano marrone, Burt e Bob di Zerbio.Entrambi crebbero venatoriamente

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nelle mani di Vigo, poi Bob fu ven-duto al noto pointerman Lorenzoni(il padrone di Liz, protagonista diCoppa Europa con Botto) che lo af-fidò a Elio Sacchi di Vigevano, otti-mo professionista ex carabiniere,detto “il negher” per distinguerlo dal-l’altro Sacchi, cioè Guido, detto “ilbiancarancio” per via delle chiomerossicce, lui pure addestratore digrande abilità che abita a Pavia, do-v’è tuttora attivo malgrado la vene-randa età.Bob era un cane di gran classe chefece un’ottima carriera di prove, maBurt gli era decisamente superiore.Salvo per il mantello, Burt era talquale a suo padre, anche nel lavoro,ma aveva un carattere scontroso congli estranei, ereditato per linea ma-terna (Se la memoria non mi tradi-sce, la madre di Burt era Eva diZerbio, bellissima e con un movimen-to entusiasmante, al cui acquisto ave-vo però rinunciato proprio per il pes-simo carattere). Burt fu vittima di unaangosciosa quanto misteriosa vicen-da: al termine di un allenamento interreni golenali del Po, dove Vigoabitualmente lavorava, il cane scom-parve e non ci fu più verso di trovar-lo. L’ipotesi che sia stato preso e ru-bato è poco plausibile proprio in con-siderazione del suo carat-tere scontroso verso chinon conosceva. L’unicaipotesi plausibile, quindi,è che cadde accidental-mente nel fiume e venneportato via dalla correnteimpetuosa.

In chiusura della puntataprecedente ho anche ci-tato Asso dell’Asolano,allevato da Paolo Berga-min, per l’appunto titola-re di quell’affisso, scom-parso una dozzina d’annifa.Oltre ad Asso, che fu for-

se il più famoso dei cani da lui alle-vati, ricordo Tito dell’Asolano, Tanodell’Asolano e Delfo dell’Asolanoche aveva ceduto a Scandolo il qua-le, come diritto di monta del suo cane,crebbe la grintosissima Fosca del Bo-scaccio protagonista di una brillantecarriera di prove e sorella piena delmio Baldisar del Boscaccio, Cam-pione di lavoro e mio inseparabilecompagno di caccia sino ad età moltoavanzata.In verità avrei voluto conoscere me-glio Bergamin perché, da quel pocoche l’ho frequentato, ne ho ricavatoil ricordo di un uomo piacevolissimoe di un allevatore molto competente.

Passando al setaccio la mia memo-ria, mi accorgo di non aver ricordatocinque protagonisti, ovvero: il mode-nese dott. Paolo Barbieri, il suo ami-co Ideo Borciani, Angelo Goi diLomello, il romano Lino Laganà edil romagnolo Gregorio Pagnoni.A scanso di equivoci, Paolo Barbierinon ha nulla a che vedere con quelBarbieri tuttora attivo nella SABI.Paolo Barbieri ha avuto soggetti bellie bravi, fra i quali primeggia Fer, fi-glio di Umago (quindi nipote del mioLord) dotato di grandissimi mezzi eforse addirittura più piacevole del suo

grande padre. Per la verità ho fre-quentato poco il dott. Barbieri, im-provvisamente stroncato in ancor gio-vane età da un fatale malore: ai suoimeriti braccofili bisognerebbe dedi-care più di queste poche righe.Il mio ricordo di Barbieri è legato an-che al suo inseparabile compagno dicaccia, cioè ad Ideo Borciani, otti-mo preparatore che presentò consuccesso Archimede, un roano im-ponente per mole, ma dotato di untrotto sorprendentemente agile per uncagnone così.Il guaio di Borciani era di essere sor-do come una campana e se nel turnosi dimenticava di accendere l’appa-recchio acustico, non sentiva la trom-ba del giudice e bisognava rincorrerloper dirgli di fermarsi.E veniamo ad Angelo Goi, che abi-tava nel cuore della Lomellina, terrapromessa dei beccaccini, nella cac-cia ai quali era uno specialista. Alle-vava, addestrava e vendeva i suoiBracchi italiani ad una vasta edaffezionata clientela e si era fatto intal senso un’ottima e meritata repu-tazione. I suoi bianchi arancio, su fon-do bianco puro, erano pieni di pas-sione ed iniziativa, tendenzialmentegaloppatori che, secondo alcuni, de-nunciavano antichi retaggi di sangue

Ideo Borciani con Archimede

pointer. Morì molto anzia-no una ventina d’anni fa,ingiustamente dimentica-to dai più.Altro personaggio da ri-cordare è stato Lino La-ganà: era un influente fun-zionario romano, mi pareresponsabile della gestio-ne delle tenute di Macca-rese, che si era innamo-rato del Bracco italianoed aveva acquistato daPaolo Ciceri un notevolelotto di cani, fra i quali ilbellissimo Garbo deiRonchi. Aveva quindi fon-dato l’allevamento del

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Maseca (dalle ini-ziali dei suoi tre fi-gli: mi pare Marco,Sergio e Carlo) colquale affisso fecenascere una ma-gnifica cucciolatadi cui facevanoparte Rol e Ril delMaseca, entrambimolto belli ed an-che bravi. Purtrop-po però Ril, chesul terreno era il Vittoria delle Forre

Gregorio Pagnoni

migliore dei due, morì giova-ne.Laganà comprò poi Duk delTrebbia, vincitore del B.I.S.all’expo internazionale ai giar-dini pubblici di Milano, succes-sivamente ceduto all’Alleva-mento dell’Alessia ed oggettodi uno scandalo quando fu ap-purato che aveva … i testicolidi plastica. Laganà acquistòanche da Amaldi Vittoria delleForre, che anch’io avevo vi-sionato e scartato perché, amio avviso, con cerca non suf-ficientemente estesa. Vittoriamorì prima di dimostrare il suoreale valore e cioè se avevoragione io o Laganà. Quell’ac-quisto però destò non pocostupore nell’ambiente perchéLaganà era estremamente cri-tico nei confronti di Amaldi esoleva dire che “se un Bracconon va le cause possono es-sere due: o ha gli ancilostomi… o ha le Forre”.In effetti alla fine degli anni ’60le parassitosi intestinali ditricocefali ed ancilostomi erano lapiaga della cinofilia.Di Laganà ricordo l’imponente figu-ra, sempre elegante ed impeccabileallorché presentava in esposizione isuoi bracchi calzando guanti di ca-moscio grigio, in netto contrasto colnostro abbigliamento invece piutto-

sto trasandato.Morì improvvisamente, troncandocosì troppo presto la strada di suc-cessi braccofili che stava percorren-do.Altro braccofilo che intendo ricordareè Gregorio Pagnoni, titolare dell’af-fisso di Montebenedetto, che ha sem-

pre diviso il suocuore fra i cavallida sella e Bracchiitaliani, dei qualiebbe alcuni sog-getti importanti.Io ne ricordo duein particolare: Perùdei Ronchi, un belcagnone che vinsemolto in esposizio-ne e che fece qual-che apparizione inprove. Era fratello

pieno di Palestro dei Ronchi,di Walter Gioria e della miaPerla dei Ronchi, cagna dacarniere sulle cui doti stilistichepreferisco stendere un pieto-so velo.Altro cane di rilievo di Pagno-ni fu Gazaghé, che io gli ce-detti ancor giovane ma con giàun cartellino sul libretto. Era fi-glio del mio Lord e di Catinadelle Forre ed era cioè fratellopieno di Umago, ma di unacucciolata successiva. Nellacucciolata di Umago erano in3 o 4 ma morirono tutti, tran-ne Umago che lasciai a Caran-ti, cioè il padrone di Catina.L’accoppiamento fu allora ri-petuto e nacquero, fra gli altri,l’ottima Ciumbia e Gazaghéche io ritirai entrambi comediritto di monta, cedendo poiGazaghé a Pagnoni dopo ildebutto a Brescia su starnecon Riserva di CAC.L’amico Gregorio ebbe moltesoddisfazioni da quel cane, mascoprì con disappunto che era

sterile e gli rimase il dubbio che ditale menomazione io fossi a cono-scenza al momento della cessione: edio invece non ne sapevo proprio nulla.

A questi bracchi e braccofili già citatinell’edizione dell’Amarcord pubbli-cato in occasione del cinquantenario

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SABI mi par giusto fare alcune ag-giunte e cioè:Vittorio Merigo, che io conoscevo amalapena, ma che aveva un cane chemi aveva impressionato per le quali-tà naturali viste nel corso di una pro-va. Era Sirio 2° di Cascina Merigo,nipote del suo Taro dei Ronchi, ungran bel cane Campione di Bellezza.A quell’epoca – cioè nel 1985 – eroin affannosa ricerca di nuove linee disangue per uscire dallo stretto in-breeding che mi aveva dato magnifi-ci risultati ma nel quale sarebbe statosbagliato insistere (per inciso, daquella ricerca ottenni 4 soggetti me-ritevoli su più di 80 che allevai … escartai!). Con Merigo feci un accor-do e cioè: lui mi avrebbe concesso lamonta del suo Sirio (sulla mia Rusindel Boscaccio – sorella piena diGalentom) ed io avrei dato in cam-bio la monta di Galantom sulla suaBianca di Cascina Merigo, a sua vol-ta figlia di Sirio 2° di Cascina Merigo.Da Rusin nacque un solo cucciolo,che per questo si chiamò Dumà delBoscaccio (dumà in milanese vuoldire “solo”). Bianca fece 11 o 12cuccioli, che divennero tutti famosi,uno dei quali fu Tabar di CascinaMerigo, grande trialler a sua voltapadre del famoso Titano del Trovese.Titano del Trovese mi porta a nomi-nare Emilio Vai, che abita a pochichilometri da casa mia – cioè a Tro-vo – dapprima spinonista e che con-tagiai personalmente alla braccofilia.Emilio rilevò da Giambattista Benas-so una roana marrone di nome Giub-ba (figlia di Tano dell’Asolano) granstilista, ma che non poteva parteci-pare alle prove perché vistosamentefocata (l’assurdo standard morfolo-gico infatti prevede la squalifica deicani con un simile mantello) e la fececoprire da Tabar di Cascina Meri-go. Nacque così il fuoriclasse Titanodel Trovese. La cucciolata fu ripetu-ta e produsse ancora soggetti di granqualità come Liro del Trovese ed al-

tri fuoriclasse. Ora anche Emilio hacessato di allevare Bracchi italiani.Altro braccofilo che mi è particolar-mente caro è Cesare Legnani, pre-zioso collaboratore nel Consiglio dellaSABI. Dubini aveva fatto una felicecucciolata con il mio Galantom perla sua Agnese (figlia del già citatoAsso dell’Asolano) dalla quale Ce-sare Legnani ritirò Nebbia (sorellapiena di Dolly, la cagna che per pri-ma diede lustro a Perani) e che fu laprogenitrice del suo Allevamentoamatoriale “delle Cascate”.Mi compiaccio anche di citare Re-nato Gritti, del quale ho già fatto unbreve cenno in una precedente pun-tata, titolare dell’Allevamento di Ca-scina Croce benemerito di aver negliultimi anni sfornato il maggior nume-ro di Bracchi italiani di successo. Egliè tuttora attivo con risultati molto ap-prezzabili.Purtroppo del caro Beppe Brugnoneho dovuto scrivere una nota d’addionel febbraio 2008.È stato un gentleman braccofilo checon passione, abilità e sportività hasaputo personalmente forgiare alcu-ni Bracchi italiani che hanno conqui-stato un posto di rilievo nella storiadella razza.Da ultimo mi piace sottolineare lagrande passione e competenza di unbraccofilo che mi è molto vicino e cheha il merito di aver selezionato la piùimportante corrente di Bracchi ita-liani beccaccinisti, cioè AmbrogioFossati, titolare dell’affisso della Bas-sa Brianza. I suoi cani discendono damie correnti di sangue, coi quali dauna quindicina d’anni si impone in Ita-lia ed all’estero nelle prestigiosissimeprove a beccaccini.Bravo Ambrogio!

A questo punto ci sarà chi critica chenon ho ricordato Pluto, Melampo eArgo, nonché Tizio, Caio, Sempro-nio e Nevio. Però non sparate sulpianista perché:

Dopo la “Breve storia di una razzaantica” pubblicata sui numeri diMaggio e Giugno 2008 ed a con-clusione di questa carrellata, rela-tiva al cinquantennio 1949 – 1999,sul prossimo numero pubblicheròun significativo documento di Ade-lio Cancellari, apparso su Rasse-gna Cinofila del 1961, che dà unaimportante visione dell’evoluzionedella razza nei primi sessant’annidel secolo scorso, cioè dal 1901al 1961.

Queste note non sono la storia delBracco italiano dalla fondazione dellaSABI, bensì i miei ricordi. Ed il titolo“Amarcord” ne è la riprova.Ho scritto queste pagine in occasio-ne del cinquantenario della fondazio-ne della SABI; quindi mancano i pro-tagonisti emersi negli ultimi dieci anni,che comunque chi è interessato allarazza conosce come e meglio di mee dei quali parla la cronaca.Trattandosi di miei ricordi, ovviamen-te non ho citato coloro coi quali nonho avuto significativi rapporti. Pari-menti non ho fatto cenno di coloro ilcui ruolo è stato unicamente di aversborsato un sacco di soldi per com-prare cani già famosi o per pagareogni mese al dresseur compensi parialla pensione di un metalmeccanico.Ho ignorato anche chi ha fatto spo-radiche apparizioni sul palcoscenicobraccofilo, senza lasciare un segnopositivo nella razza.Allo stesso modo non ho scritto diquelli che si sono dedicati prevalen-temente alle esposizioni (…perché ilBracco italiano è una razza da lavo-ro).Posso essermi di dimenticato di al-cuni, della qual cosa mi scuso.Ho invece volutamente ignorato certialtri, scrivendo dei quali avrei dovu-to scegliere fra essere ipocrita o dir-ne peste e corna.Ho preferito tacere.