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Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici” Dieci anni fa nasceva l’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”, la prima associazione di astrofili in Agordino. La molla per la sua costituzione fu il Planetario di S. Tomaso, già costruito e che sarebbe stato inaugurato qualche mese dopo. Tante erano le incognite e le paure. Saremmo stati capaci di gestire una struttura allora unica nel bellunese, parlando di Astronomia a migliaia di persone? Dopo un decennio siamo ancora qui e con orgoglio possiamo affermare che si, la sfida è vinta e che “Cieli Dolomitici” è ormai una realtà ben radicata sul territorio. L’immagine di copertina, creata da Andrea De Nardin, ritrae la torta di compleanno con dieci candeline speciali. Siete in grado di riconoscere quali oggetti celesti compongono le dieci fiammelle delle candele? WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT 20 2013 17/12/2003 17/12/2013 BUON DECIMO COMPLEANNO CIELI DOLOMITICI

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Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini

“Cieli Dolomitici”

Dieci anni fa nasceva l’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”, la prima associazione di astrofili in

Agordino. La molla per la sua costituzione fu il Planetario di S. Tomaso, già costruito e che sarebbe stato inaugurato

qualche mese dopo. Tante erano le incognite e le paure. Saremmo stati capaci di gestire una struttura allora unica nel

bellunese, parlando di Astronomia a migliaia di persone? Dopo un decennio siamo ancora qui e con orgoglio possiamo

affermare che si, la sfida è vinta e che “Cieli Dolomitici” è ormai una realtà ben radicata sul territorio.

L’immagine di copertina, creata da Andrea De Nardin, ritrae la torta di compleanno con dieci candeline speciali. Siete in

grado di riconoscere quali oggetti celesti compongono le dieci fiammelle delle candele?

WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT

20

2013

17/12/2003 17/12/2013

BUON DECIMO COMPLEANNO

CIELI DOLOMITICI

SOMMARIO

LUCI ED OMBRE di Tomaso Avoscan pag. 3

I punti forti e quelli deboli della nostra Associazione

REQUIEM PER UNA COMETA di Claudio Pra pag. 4

La fine della ISON

LE SCIE CHIMICHE di Gianni Marigo pag. 5

Spiegazione di un fenomeno strumentalizzato dai soliti noti

IL RASOIO DI OCCAM di Alvise Tomaselli pag. 6

Un metodo per ragionare

LE PICCOLE GRANDI COSE DELLA VITA di Eva Gabrieli pag. 8

A volte basta poco per essere felici…

OSSERVARE IL CIELO UN SECOLO FA di Gianantonio Milani pag. 9

L’astrofilo di qualche decennio fa

L’ALTRO CIELO di Vittorio De Nardin pag. 11

Piccolo viaggio nel cielo australe

RIFLESSIONI SU UN GRANELLO DI POLVERE di Carl Sagan pag. 12

Teniamoci cara l’unica nostra casa

LE MERIDIANE DELL’AGORDINO di Giuseppe De Donà pag. 13

L’Agordino è ricco di orologi solari

IO, IL CIELO E L’ASSOCIAZIONE di Simone Pra pag. 16

Breve pensiero di un giovane astrofilo

LE ORIGINI DEL CALENDARIO adattamento di Claudio Pra pag. 17

Dare un ordine al tempo

VIAGGIO A ZURIGO di Andrea Cibien pag. 18

Tra lavoro e scienza

ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE pag. 19

Per contattare il responsabile del giornalino

Claudio Pra:

e-mail : [email protected]

Telefono: 0437/523186

Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22

32020 Rocca Pietore (Bl)

Sito internet dell’Associazione:

www.cielidolomitici.it

WEBMASTER Andrea De Nardin

e-mail

[email protected]

IL GIORNALINO CERCA COLLABORATORI

Vuoi collaborare con il giornalino della nostra Associazione? Qualsiasi contributo sarà il benvenuto. Articoli

(anche molto semplici), domande, fotografie, vignette, disegni, ecc. non potranno che arricchire la nostra

pubblicazione. Manda il tuo materiale a:

Claudio Pra, via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl)

2

LUCI ED OMBRE di Tomaso Avoscan

3

Come celebra il simpatico aforisma riguardante due aspetti antitetici quali matrimoni e divorzi, “i matrimoni

sono la principale causa dei divorzi”, parimenti si può affermare che anche luce ed ombra sono strettamente

collegate e conseguenti tra di loro e nessuna delle due può essere pienamente apprezzata se non comparata con

l’altra. In qualità di presidente dell’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici“, al traguardo del decimo

anno di attività, voglio evidenziare proprio luci ed ombre della nostra associazione.

“Cieli Dolomitici”, che raggruppa appassionati dell’osservazione del cielo e delle materie legate

all’Astronomia in generale, si è costituita ufficialmente nel dicembre 2003. Per statuto, esercita l’attività

privilegiando la divulgazione delle materie legate al cielo con incontri specifici e serate osservative. Dalla

primavera 2004, sulla base di una convenzione con il Comune di San Tomaso, gestisce il Planetario del Centro

Astronomico Provinciale “Emigranti “ del medesimo Comune.

Fra le attività svolte, una delle principali è la divulgazione della conoscenza del cielo agli studenti delle scuole

della Provincia, sia presso il sopra citato Planetario, sia presso le sedi degli istituti scolastici, sia in occasione di

particolari uscite sul territorio.

La nostra attività ha promosso la conoscenza dell'Astronomia e dei fenomeni celesti nell'Agordino ed anche

oltre i confini geografici del territorio.

Proprio per questo, in data 28 novembre 2009, il Circolo Culturale Agordino ci ha conferito un premio per la

diffusione della cultura nella Vallata Agordina, risultato particolarmente importante che ci ha reso orgogliosi e

che ha premiato il nostro costante impegno, stimolandoci a continuare nella nostra "missione".

Cieli Dolomitici ha svolto e continua a svolgere le attività sopra descritte in forma gratuita, finanziandosi per

buona parte con i proventi derivanti dal tesseramento.

Soci fondatori

Grande l’entusiasmo dei 9 soci fondatori il giorno 17 dicembre 2003, data ufficiale della nascita di “Cieli

Dolomitici” (luce). Peccato per la pressoché immediata uscita dall’Associazione di uno dei fondatori e il

limitatissimo impegno di qualche altro (ombra). Confidiamo in un vecchio adagio ……… “pochi ma buoni!”

Associati

Nonostante il consistente numero di iscrizioni con cui è partita l’Associazione nel 2003 (104), frutto

ovviamente anche di un entusiasmo temporaneo e contingente legato alla novità della nostra proposta, i Soci

sono andati via via diminuendo fino a raggiungere lo zoccolo duro che si è consolidato negli ultimi anni a circa

40 iscritti. A consolarci per la perdita di iscrizioni c’è stato l’arrivo di qualche nuovo aderente molto motivato

e interessato (luce).

Purtroppo in quasi tutte le numerose manifestazioni organizzate si è dovuta comunque constatare la scarsissima

partecipazione da parte degli Associati (ombra).

Scuole

L’attività divulgativa presso il Planetario a favore delle scuole è stata intensa e continua (luce).

Le visite hanno riguardato quasi sempre classi della scuola primaria, più raramente classi di scuola secondaria

di primo grado e rarissimamente classi della scuola primaria di secondo grado (ombra).

Le visite sono state proposte perlopiù da singoli insegnanti particolarmente sensibili alla validità trasversale

dell’insegnamento dell’Astronomia (luce).

Salvo l’unico caso di una insegnante Liceale particolarmente motivata ed interessata all’Astronomia, è

completamente mancato l’interesse da parte dei docenti di una scuola particolarmente importante come il Liceo

Scientifico (ombra).

Pubblico.

L’attività divulgativa presso il Planetario a favore del pubblico è stata altrettanto intensa e continua (luce),

seppure limitata quasi esclusivamente ad un pubblico “foresto”. Da qualche anno nel periodo estivo

l’Associazione propone delle serate divulgative al Planetario in collaborazione con gli Uffici Turistici di

Alleghe e Falcade. L’iniziativa ha avuto sinora un discreto successo tanto che ci è stata recentemente richiesta

la medesima disponibilità anche per il periodo invernale (luce).

Scarsa e saltuaria è risultata invece la fruizione della struttura da parte dei nostri valligiani, rimarcando ancora

una volta di più la loro scarsa propensione ad aderire ad una qualsiasi proposta culturale (ombra).

Luci ed ombre ……Tutte le osservazioni celesti si fanno per mezzo della luce e dell’ombra e tutte le ombre

parlano del Sole, seppure sottovoce. Luci ed ombre continueranno ad accompagnare anche in futuro la nostra

attività ma questo non ci deve preoccupare più di tanto anche perché … è proprio la luce a rivelare l’ombra.

REQUIEM PER UNA COMETA di Claudio Pra

LA SCOPERTA, L’ EUFORIA E I PRIMI DUBBI

La C/2012 S1 ISON passerà alla storia come la cometa dei sogni infranti.

Scoperta nel settembre 2012 da un sistema automatico di monitoraggio del

cielo coordinato dalla Russia, l’International Scentific Optical Network, venne

subito indicata come possibile grande cometa. In quel periodo la sua debole

luminosità era comunque considerata notevole per la distanza, ma soprattutto la

sua orbita l’avrebbe portata nel dicembre 2013 a sfiorare il Sole, passando a

poco più di un milione di chilometri dalla superficie della nostra stella. Le

previsioni sul suo possibile picco luminoso furono quindi piuttosto concordi

nell’assegnarle valori alti, in qualche caso altissimi. Stavolta, a godere dello

spettacolo, sarebbero stati gli osservatori boreali, cioè noi, dopo che negli ultimi

anni era toccato agli australi ammirare incredibili show. Prima della ISON, a

marzo 2013, abbiamo però potuto osservare un’altra notevole cometa , la

C/2011 L4 PANSTARRS, bellissima, luminosa ma che non ha regalato ciò che

molti attendevano (ne abbiamo parlato nello scorso giornalino). Passata la PANSTARRS tutto l’interesse si

incentrò sulla ISON, dalla quale però non arrivavano buone notizie . L’oggetto cominciò infatti a sollevare

qualche dubbio dato che la progressione luminosa non seguiva la curva di luce prevista. In pratica la cometa

non cresceva come avrebbe dovuto. Le previsioni furono così riviste al ribasso, ma continuavano comunque ad

indicare un ottima luminosità per dicembre. I problemi di crescita dalla ISON sono continuati praticamente per

tutto il 2013 ma si sa, le comete sono imprevedibili e una volta vicine al Sole chissà cosa succede...

LE MIE OSSERVAZIONI

Dopo parecchi tentativi falliti ho avvistato per la prima volta la ISON a metà ottobre, trovandola molto

deludente pur se osservata con un grande strumento. Successivamente è migliorata molto, cominciando a

sfoggiare anche una corta codina. L’ho vista per l’ultima volta a metà novembre, ormai bassa sull’orizzonte e

avviata all’incontro con il Sole. Pur in presenza di un forte disturbo lunare era luminosa e compatta, con la coda

decisamente più lunga. Contavo di osservarla ancora qualche volta prima di perderla nel chiarore dell’alba e

invece il meteo non me lo ha permesso. Ma poco male, pensai, tanto il bello arriverà fra un paio di settimane.

Povero illuso…

L’INCONTRO FATALE CON IL SOLE

Arriviamo così ai giorni decisivi: nelle prime ore del 27 novembre, giornata che precede il passaggio alla

minima distanza dal Sole, la ISON, ormai non più osservabile da terra, entra nel campo visivo della sonda della

NASA SOHO, posizionata in un punto particolare dello spazio per studiare il Sole, mostrandosi meno luminosa

del previsto. Con il passare delle ore la cometa cresce in brillantezza eguagliando e poi superando la luminosità

di Antares, la stella alfa dello Scorpione contenuta a sua volta nel campo di SOHO.

Il giorno successivo, quello fatidico, è inizialmente segnalata molto luminosa (-3 magnitudini). Si comincia a

sognare…Poi però arriva un brusco e inaspettato calo di luminosità. Mancano poche ore al perielio, dovrebbe

crescere e invece cala. Bruttissimo segno

Chi può segue le immagini provenienti da SOHO in real time, ma io, essendo al lavoro, mi accontento delle

notizie che mi giungono via mail sul telefonino dagli amici del CARA (Cometary ARchive for Afro), un

gruppo che raccoglie i più attivi ed esperti osservatori italiani di comete. Pare di seguire “Tutto il calcio minuto

per minuto”.

La cometa, ormai prossima all’incontro ravvicinato con il Sole, sembra dissolversi man mano che va incontro a

quello che nelle immagini di SOHO sembra essere uno spaventoso drago sputafuoco, non mostrando infine più

una vera e propria testa. L’ipotesi più probabile è che il nucleo stia andando in mille pezzi, così come stanno

andando in mille pezzi i sogni degli appassionati. La ISON transita al perielio forse già completamente dissolta

in una scia spettrale. Le speranze sono ormai ridotte al lumicino.

La mattina successiva le immagini mostrano che qualcosa si è forse salvato, ma la cometa ha preso una botta

irrimediabile. Mi sento davvero avvilito e "svuotato". C'è di peggio nella vita, ma la sensazione è di aver perso

qualcosa di prezioso, che avevo visto crescere e su cui riponevo tante speranze. Poteva essere la cometa da

tramandare ai posteri con racconti fantastici, rimarrà invece un grande rimpianto. La ISON resta comunque una

bellissima esperienza vissuta in gruppo, seppure a distanza. Tanti amici, veri appassionati, che si sono alzati all'

alba per molti giorni e, incuranti del freddo, hanno inseguito un sogno fino a vederlo svanire sul più bello. "Ci

vuole vento, pioggia e sangue nelle vene, e una ragione per vivere..." canta Jovanotti, per me questa avventura

ha anche questo significato. E ora speriamo arrivi presto un altro sogno da inseguire che scacci quello appena

infranto. 4

Il relitto della ISON nelle

immagini della sonda SOHO

Gianni Marigo, funzionario dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, opera come meteorologo presso il Centro Valanghe di Arabba.

Gli scarichi dei motori degli aerei

contengono, oltre a vari gas, anche una

componente di vapore acqueo che, al

contatto con l’aria fredda (a volte anche

estremamente fredda) delle alte quote,

condensa in piccole goccioline d’acqua o

perlopiù in microscopici cristalli di

ghiaccio. Tale processo può essere in

parte influenzato anche da altri parametri

dell’atmosfera, in primo luogo l’umidità

relativa dell’aria e la pressione. Le scie

che si producono al passaggio degli aerei

per effetto di quanto sopra descritto si

chiamano scie di condensazione.

La visibilità e la persistenza delle scie di condensazione dipendono in primo luogo dal vento che si

riscontra alla quota di volo; generalmente, specie per le rotte più lunghe che avvengono ad altitudini

molto elevate, i venti in alta quota (8000/10000 m.), sia quelli orizzontali che quelli verticali dovuti ai

moti convettivi, sono molto forti, per cui la scia tende a dissolversi in tempi molto rapidi.

Talora però, in presenza di correnti meno sostenute o, in casi rari, pressoché assenti, le scie di

condensazione tendono a persistere per periodi più lunghi; in questo caso generalmente tendono

anche ad espandersi orizzontalmente. La persistenza delle scie dovuta alla bassa intensità dei venti

in condizioni di stabilità atmosferica è maggiormente riscontrabile per le rotte più brevi, per le quali le

quote di sorvolo sono più modeste.

In alcuni casi, in corrispondenza delle rotte di volo più frequentate, può succedere che porzioni di

cielo anche consistenti possano “velarsi” per effetto della persistenza ed espansione di più scie di

condensazione e per la concomitante assenza di forti correnti in quota. In questo senso è possibile

affermare che talora le scie di condensazione siano in grado di modificare localmente il grado di

copertura nuvolosa del cielo, anche se sempre e comunque solo per sottili velature e mai per vera e

propria nuvolosità più consistente.

Negli ultimi anni ha preso piede una teoria “complottista” secondo la quale sarebbero in corso vari

esperimenti militari volti a modificare il clima attraverso l’emissione di gas di scarico particolari, con la

conseguente alterazione della componente chimica locale dell’atmosfera e del grado di copertura

nuvolosa, attraverso la formazione voluta di scie di condensazione, che in questo ambito vengono

definite scie “chimiche”.

E’ evidente che tale teoria non può essere confortata da dati reali, ne tanto meno è plausibile

pensare che i presunti autori ne ammettano la veridicità. Gli enti e le autorità scientifiche

ufficialmente pre-

LE SCIE CHIMICHE di Gianni Marigo

Scie chimiche di condensazione (foto A. Tomaselli)

5

preposti allo studio e al controllo dell’aria e della sua qualità si sono sempre dichiarati non a

conoscenza di alcun tipo di esperimento, e lo studio sulla composizione, diffusione e persistenza da

molti anni effettuato sulle scie di condensazione ha sempre fatto ritenere le osservazioni

“complottiste” assolutamente compatibili con la normale evoluzione ed il normale comportamento

delle scie di condensazione stesse.

IL RASOIO DI OCCAM di Alvise Tomaselli

L’esaustiva spiegazione del fenomeno delle scie chimiche fornita

da Gianni Marigo mi fa venire alla mente “Il Rasoio di Occam”.

Cos’è il “Rasoio di Occam”?

Nel XIV secolo un frate francescano e filosofo , William of

Ockham (Londra), coniò un principio metodologico che

considerava la maniera più semplice, logica e razionale di porsi

di fronte alla spiegazione di un fenomeno fisico.

Il principio di Occam cosa dice? Semplice : “A parità di fattori la

spiegazione più semplice è da preferire”.

Il rasoio rappresenta lo strumento che consente di eliminare tutte

quelle forme complesse di approccio alla soluzione del

fenomeno considerato. In altre parole, è ragionevole ipotizzare,

fra le varie soluzioni, quella più diretta e intuitiva. In sostanza,

non vale la pena di complicare ciò è semplice.

E ora torniamo all’argomento trattato da Gianni Marigo nel suo

contributo sulle scie chimiche di condensazione. Su questo fenomeno vengono spesso proposte

illazioni fantasiose e teorie cervellotiche, che vedrebbero all’opera gruppi di potere che hanno

l’intento di modificare il clima planetario per poi poterne gestire le conseguenze. Ma con mente

razionale alcuni semplici dubbi sorgono immediati: chi si prenderebbe la briga di riempire i serbatoi

dei velivoli con del carburante contraffatto? Chi piloterebbe un aereo con carburante chimicamente

modificato, che metterebbe in serio pericolo la propria e altrui incolumità? Quali compagnie aeree

mondiali sarebbero complici di tale complotto? Sembrano piuttosto teorie tratte da un romanzo di

Fleming (007). Molti sostengono che in questi ultimi anni il fenomeno si ripeta frequentemente ma

pochi considerano che il trasporto aereo, ai nostri giorni, ha raggiunto ormai uno sviluppo

impensabile e di conseguenza anche l’osservazione casuale della volta celeste in qualsiasi ora del

giorno porta a vedere innumerevoli aerei lungo le più disparate rotte.

Sempre in tema di teorie “strampalate”, un caso creato ad arte riguarda la possibilità che l’uomo

non sia mai arrivato sulla Luna. Sono stati scritti numerosi libri in proposito (libri che hanno venduto

anche bene…) che analizzano tutta una serie di circostanze e dubbi prendendo in considerazione

dati oggettivi secondo i quali, dietro la conquista della Luna, c’è un enorme “bluff” da parte della

NASA. Si tratterebbe, in sostanza, di una sceneggiata creata ad hoc in uno studio cinematografico.

Non mi soffermo ad analizzare gli elementi contestati (per altro tutti facilmente spiegabili) se non per

considerarne solo uno, molto semplice; in piena guerra fredda è difficile ipotizzare il silenzio da parte

della superpotenza antagonista (U.R.S.S.) se realmente fosse successo quello che paventano que-

Il filosofo e frate francescano

inglese William of Ockham

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Esempio di disinformazione a mezzo stampa. Leggendo l’articolo non si riesce proprio a capire come i

sedicenti “studiosi” avrebbero dimostrato che i cerchi non sono opera umana. Ma tant’è, la verità è un

LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE

Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La

biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile

che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna

contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.

sti appassionati di libri gialli!

L’applicazione del “Rasoio di Occam” trova spazio in molte situazioni legate all’Astronomia. Un

classico è legato alla fantomatica “Area 51”, una base militare segreta nel Nevada (USA) che è

famosa per il mistero che l’avvolge circa l’ attività che vi verrebbe svolta. Si è detto di tutto e di più,

dagli extraterrestri fatti a pezzi per studiarli, alla base di partenza di potenziali dischi volanti fino allo

studio di sistemi di comunicazione con civiltà aliene. E’ molto più semplice e probabile che si tratti

invece di una delle tante basi segrete statunitensi dove si sperimentano armi e sistemi di difesa di

tipo militare che hanno quindi poco a che vedere con i “marziani”.

Un altro classico, per rimanere in tema, è il continuo bombardamento di informazioni circa

l’avvistamento di fenomeni luminosi legati alla presenza di improbabili visitatori di altri mondi. Ci sono

poi i burloni che trascorrono le notti a falciare campi di grano in giro per il mondo. I disegni realizzati

presentano talvolta riferimenti geometrici complessi che producono grande stupore, ma anche le

arrabbiature dei contadini degli appezzamenti…

Proprio questi fenomeni e altri analoghi hanno fatto la fortuna (o sfortuna?) di alcune recenti

trasmissioni televisive da “prima serata” condotte da fantasiosi giornalisti. Mio figlio già quando aveva

10 anni si faceva delle grasse risate nel vedere in televisione la saga delle “balle spaziali”…

Il frate inglese Guglielmo non avrà avuto sicuramente tutte queste situazioni da analizzare per

adattare il suo approccio metodologico, ma evidentemente già allora, seppure in un contesto storico

diverso, la facilità (o fragilità umana) nel credere al mistero e all’esoterico era fortemente permeata

nel tessuto sociale.

7

LE PICCOLE GRANDI COSE DELLA VITA di Eva Gabrieli

8

Era davvero tanto tempo che non ricevevo più un

messaggino simile…-Uno di questi giorni ti va di

andare a vedere l’alba in montagna?-

Me lo mandava Elena, la mia migliore amica,

nonché compagna di avventure sui monti, prima che

entrambe diventassimo mamme. -Certo che mi va!-

fu la mia risposta. Ma non è più così semplice... E a

conferma di ciò, un paio di giorni dopo, la mia

bambina si ammalò. -Mi sa che la nostra alba dovrà

attendere- scrissi alla mia amica, anche lei mamma,

che proprio per questo comprese benissimo.

Passarono i giorni e pian piano la mia piccola

Emma si riprese. Poi una mattina ad Agordo

incontrai Elena… -E se la nostra alba la programmassimo per domani mattina?- Non ricordo chi lo disse per

prima, ma sicuramente lo pensammo entrambe. Il posto lo decisi io. Ci voleva un luogo veloce da raggiungere,

ma che fosse sufficientemente in quota per poter apprezzare al meglio il nascere del Sole. La Mesolina, sopra il

Rifugio Padon, mi parve il luogo adatto. Possedeva infatti un apertura quasi a 360 gradi, limitata solo ad ovest

dalla Marmolada. Era poi raggiungibile da Passo Fedaia in poco più di un'ora. Deciso! Partenza alle 3 di quella

notte. Ricordo che quel pomeriggio, al lavoro, non facevo che pensare all’appuntamento che mi aspettava

poche ore dopo. Una miriade di emozioni mi attraversavano il cuore e la mente. Era così tanto che non andavo

in montagna, e di notte poi...Davvero una vita.

La sveglia suonò alle due e trenta e in un attimo fui in piedi. Mi preparai e scaldai anche del the. Avremmo

fatto colazione in cima. Passai quindi a prendere Elena e poco prima delle 4 arrivammo sul Fedaia. Scesa dalla

macchina fui subito assalita da una sorta di timore dovuto alla ormai scarsa abitudine al vero buio e al grande

silenzio della montagna. Il cielo era spettacolare, da togliere il fiato. La Via Lattea era lì sopra, nitidissima,

come un sentiero di montagna. Ci incamminammo pian piano, consapevoli entrambe del nostro scarso

allentamento. Ero un po' preoccupata perché da tanto non andavo a camminare. -Chissà che fatica- pensai. Ed

invece, dopo dieci minuti di marcia un po' affannosa, stavo benissimo, come se avessi sempre camminato! Ero

felice. Mi sentivo proprio bene e a mio agio, come se fossi stata ricatapultata di colpo in un mondo che mi era

appartenuto anni prima, lì tra le mie montagne sotto il cielo stellato. Una sensazione bellissima. La mia amica

Elena invece era più in difficoltà. Si sentiva molto affaticata e procedeva lentamente. Era a disagio per questo,

ma io la rassicurai dicendole che non c'era nessun problema. Se non se la sentiva, invece di arrivare in cima, ci

saremmo fermate al rifugio. Anche da lì il panorama non è affatto male. Certo che però, pensavo tra me e me, il

top sarebbe la cima, ma se non fosse stato possibile raggiungerla me ne sarei fatta una ragione. Dopotutto ero

immersa in ambiente meraviglioso, assieme alla mia migliore amica; qualsiasi cosa saremmo riuscite a fare

sarebbe stata speciale.

Dopo parecchie soste per foto e battute varie, verso le 5 arrivammo alla forcella nei pressi del rifugio. Ci

arrivai io per prima e girandomi verso Elena, un po' attardata, le dissi che quello che già si vedeva da lì

l'avrebbe ripagata di tutte le fatiche. In lontananza i colori dell' alba iniziavano a fare capolino, mentre ancora si

vedevano le stelle sopra la nostra testa. Avevo già visto quello spettacolo, ma la sorpresa che si prova

ritrovandoselo di fronte all' improvviso toglie sempre il fiato, come la prima volta. Per Elena invece era tutto

nuovo, e quando si affacciò dalla forcella rimase senza parole. Era stanchissima, ma quella visione fu come

carburante per lei. -Voglio provare ad arrivare in cima!- Mi disse, aggiungendo che probabilmente era a corto

di zuccheri. Così mangiò qualcosa e tirò fuori anche una Red Bull, che io sperai ardentemente le mettesse le

ali! Dovevamo però fare presto perché il Sole sarebbe sorto verso le sei. Così, dopo qualche foto, ripartimmo

ancora più decise di prima, rinfrancate dallo spettacolo che avevamo davanti agli occhi. Ci tenevo tanto che

anche Elena, amante della montagna come me, potesse vivere quell’ambiente in un modo diverso dal solito. Io

in passato, grazie ad un mio grande amico, avevo avuto l'occasione di assistere spesso ad albe e tramonti e più

volte gliene avevo parlato, ma probabilmente solo ora riusciva a capire il valore di alzarsi presto e fare fatica

per godere di certi spettacoli. Ci trovavamo lungo il pendìo erboso sommitale quando finalmente il Sole arrivò

a farci compagnia. E come sempre fu emozionante vederlo sbucare e alzarsi velocemente sopra le cime all'

orizzonte. Rimanemmo lassù per un po’, scattando foto e sorseggiando the caldo. Stavo lì e pensavo che ogni

giorno il miracolo si compie. Ogni giorno il Sole sorge dando vita ad uno spettacolo di colori che pochi

ammirano. Sarebbe bello che tutti avessero la possibilità di godere di questo spettacolo. Saremmo rimaste lì

tutto il giorno, ma dovevamo tornare ai nostri doveri, lavorativi per la mia amica e famigliari per me. Eravamo

però così felici dell' avventura vissuta, che la giornata, sicuramente dura da affrontare, non ci spaventava per

niente. Conoscevo già quella sensazione. Per qualche giorno non riesci a toglierti dalla mente e dal cuore le

emozioni vissute. Vorresti che il ricordo rimanesse sempre nitido ma, inevitabilmente, il tempo lo sbiadisce

pian piano. E allora speri ardentemente di poter ripetere al più presto una simile esperienza...

Giannantonio Milani abita a Padova e osserva il cielo fin da ragazzo. Dagli anni '70 si e' appassionato in particolare alle comete. Autore di numerosi articoli scientifici su riviste italiane ed internazionali, coordina la Sezione Comete dell' Unione Astrofili Italiani ed il progetto CARA. Si e' occupato di Astronomia a vari livelli, sia osservativa (su comete, pianeti, stelle variabili), che didattica e divulgativa, anche curando per diversi anni l'attività del locale planetario. E' attualmente presidente dell'Associazione Astronomica Euganea che svolge prevalentemente attività di divulgazione con il progetto Parco delle Stelle, sviluppato in collaborazione con il Parco Regionale dei Colli Euganei. A volte, guardando le immagini dei vari oggetti che riprendo dal poggiolo di casa, resto sconcertato. Deboli cometine e altrettanto deboli stelle e galassie sono li, ben visibili sul monitor del vecchio portatile che uso con il mio piccolo telescopio. Nonostante sia ormai abituato ai prodigi dell’elettronica un po’ di stupore rimane sempre perché la memoria inevitabilmente si confronta con quel che accadeva un po’ di tempo fa, il secolo scorso. In realtà poche decine di anni fa, ma sembra di guardare indietro se non all’età della pietra, all’età del ferro! Quando ho iniziato ad interessarmi all’Astronomia iniziava la corsa allo spazio. Affacciarsi verso l’universo era una curiosità istintiva, stimolata di primi lanci spaziali e in seguito dall’uomo in orbita e poi sulla Luna. I mezzi però erano molto scarsi. I telescopi in commercio pochi e costosissimi. Un modesto rifrattore da 60 mm. made in Japan impegnava già un capitale del tutto fuori portata per le

tasche di uno studente. Altri strumenti erano ancor più inarrivabili. I primi passi li ho fatti con un cannocchiale 30x30 mm. e con un binocolo 6x30, residuato della seconda guerra mondiale, con i quali, insieme a un amico, esploravo il cielo scoprendo la Luna, Giove, Saturno (con anelli microscopici al 30x30) e riuscendo a vedere la galassia M 31 e qualche altro oggetto. Si cercava di potenziare i mezzi assemblando telescopi rudimentali con qualsiasi lente capitasse a tiro. Fondamentale in questo ambito era stata la pubblicazione del il libretto “Astronomia Pratica” di Wolfang Schroeder, che insegnava a costruire semplici strumenti con forbici, colla, cartone e dava i riferimenti per osservare un gran numero di oggetti celesti. Un telescopio realizzato in questo modo, con una lente semplice da 7 cm. e usato a bassissimi ingrandimenti, mi aveva aperto nuovi panorami di Orione e del limpido cielo invernale. Ma i più temerari ed avanzati erano riusciti a costruirsi degli specchi e ad assemblare un telescopio newtoniano. Anch’io, grazie agli insegnamenti di Giancarlo Favero, mi sono cimentato nell’autocostruzione realizzando un paio di specchi, il primo da 16 cm. il secondo da 19. Montati in modo rudimentale o usati, come il 19 cm. anche solo appoggiando il tubo alla ringhiera del poggiolo, per osservare soprattutto i pianeti e in particolare la mutevole atmosfera di Giove. Il sogno era però fotografare il cielo e avere un documento permanente. Il passo decisivo è stato l’acquisto di uno specchio parabolico da 20 cm. f/4 di elevata qualità, prodotto da Zen. Usato inizialmente in visuale, dopo alcuni anni è stato finalmente dotato di una solida montatura costruita da Franco Zanon, un ingegnoso socio costruttore della mia stessa associazione. La montatura solida e pesante è la stessa che uso attualmente, anche se da alcuni mesi porta uno strumento più piccolo e leggero. Da casa avevo una visibilità molto limitata e un forte inquinamento luminoso per cui lo strumento veniva per lo più utilizzato per trasferte in collina o montagna, non con poca fatica considerato il peso e

OSSERVARE IL CIELO UN SECOLO FA di Gianantonio Milani

Un piccolo rifrattore da 6 cm. di diametro risalente agli anni settanta. A quel tempo questo modesto strumento, considerato oggi un giocattolino, era già un punto di arrivo per molti astrofili.

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l’ingombro. Era consigliabile essere in due per caricare e scaricare lo strumento dall’auto e per montarlo, anche se alcune volte lo avevo trasportato da solo in spedizioni sul Monte Grappa. Oltre a me il “team” di utilizzatori del newtoniano era formato dagli amici Stefano Baggio e Giulio Celato, che hanno più volte scarrozzato lo strumento per le nostre montagne in cerca di cieli cristallini. Tutta la strumentazione accessoria è stata realizzata in modo artigianale e in economia con il fai da te: l’elettronica con il variatore di frequenza per pilotare il motorino sincrono, un sistema con eccentrico per le micro-correzioni in declinazione, il cannocchiale di guida, i raccordi per la macchina reflex… Tra le mete più frequenti il monte Grappa, i Colli Euganei, le cime intorno all’Altopiano di Asiago, ma anche Carezza, il Lagazuoi, le Tofane…. Alle Tofane era salito una volta Stefano, caricando lo strumento in funivia sotto un diluvio torrenziale. Altri astrofili avevano rinunciato, ma Stefano era stato poi premiato più tardi, dopo il temporale, con una serata limpidissima che aveva messo a dura prova molti strumenti per delle forti folate di vento. Ma la solida montatura del newtoniano non ne aveva risentito. C’è da dire che i complicati traslochi dello strumento causavano spesso problemi. Qualcosa che si rompeva e richiedeva riparazioni lampo sul campo (la colla Attack era un gran alleato!), ma anche problemi di collimazione delle ottiche e in un caso anche una pellicola a colori ipersensibilizzata rovinata dal forte sbalzo di temperatura e umidità nel passare dall’afa estiva della pianura all’alta montagna.

Oggi il risultato lo si vede subito, ma la pellicola svelava trionfi o fallimenti solo dopo lo sviluppo, che per il bianco e nero poteva avvenire anche entro poche ore dal ritorno, o al massimo una giornata, ma per il colore dipendeva dai tempi dei laboratori. Sperando, dopo 1000 raccomandazioni, che non rovinassero tutto dicendoci poi che nei negativi c’era solo qualche puntino e non era venuto nulla! Tutta la fatica era comunque premiata dalle nottate passate sotto un bel cielo. Molte volte, dopo una nottata di fotografie e osservazione (il binocolo 20x80 era un secondo fedele compagno), rientravo a casa con gli occhi pieni di stelle e lo spettacolo del Sole che sorgeva, arrivando a destinazione giusto il tempo per dormire una mezz’ora prima di andare al lavoro. Poi gli anni (anagrafici) sono aumentati ed è diventato molto più complicato affrontare spedizioni impegnative con il pesante strumento. Poi, con l’apparizione della cometa Hale-Bopp a fine anni novanta, per me è arrivata anche l’elettronica ed il passaggio al digitale. Il telescopio è rimasto così per molto tempo stabilmente installato nel poggiolo, inizialmente coperto da un telo e poi da una sorta di piccola casupola in policarbonato, sopportando calure estive, gelo invernale e subendo anche direttamente le intemperie, incluse violente grandinate in occasione di forti temporali estivi che hanno perfino divelto la copertura. Ma senza mai riportare alcun danno grazie alla sua struttura robusta . Lo scorso anno, in seguito ad alcuni lavori ai poggioli, ho dovuto smontare tutto ed ho colto l’occasione per ridimensionare la strumentazione. L’idea c’era da tempo, ma ero restio ad abbandonare un vecchio strumento che mi ha accompagnato per così tanto tempo. Il glorioso newtoniano è finito per ora in cantina ed è stato rimpiazzato da un rifrattore da 10 cm che mi consente un minore ingombro e una maggiore manovrabilità e visibilità del cielo. La montatura rimane sempre quella, artigianale ma aggiornata da ormai molti anni con il puntamento automatico (la vecchia motorizzazione dell’Osservatorio di Remanzacco), non certo l’ultimo ritrovato della tecnica, che però fa ancora il suo dovere. Il CCD oggi, quasi magicamente, consente di ottenere risultati sorprendenti. La possibilità di sommare immagini ha permesso di riprendere comodamente da casa e dalla città, oggetti che prima richiedevano spedizioni in montagna alla ricerca di cieli limpidi e puliti. Sorprendente riprendere senza fatica ad esempio le nebulose del Sagittario, anche con la Luna a tre quarti a non più di trenta gradi di distanza e con un forte inquinamento luminoso. Fantascienza rispetto alle possibilità dell’era dominata dal visuale e dalla fotografia su pellicola. Riguardando indietro sembra quasi impossibile un salto così grande. Sembrano passati secoli, o almeno un secolo, ma invece sono solo 20 anni ed è cambiato davvero tutto!

Astronomia Pratica, di Wolfgang Schroeder , un

libro di riferimento per gli astrofili

di qualche decennio fa

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L’ALTRO CIELO di Vittorio De Nardin

In cielo ci sono 88 costellazioni, divise grosso modo tra i due

emisferi. Alle nostre latitudini possiamo osservare tutte quelle del

nostro emisfero ed alcune di quelle australi. Molte risultano dunque

inaccessibili, a meno che non ci si imbarchi su un aereo e si affronti

qualche ora di volo, magari con destinazione qualche sperduta

fattoria trasformata in un accogliente albergo nel deserto della

Namibia. Proprio in questo paese dell'Africa si trovano alcune

strutture che permettono di ammirare uno dei cieli più bui e

maestosi della nostra Terra. Una di queste è la Tivoli-astrofarm che

mette a disposizione un parco strumenti molto vario, dal rifrattore

per fare foto, al Dobson, il telescopio re del visuale. Qui possiamo

prendere confidenza con delle costellazioni che ospitano al loro

interno oggetti che mozzano letteralmente il fiato. Il primo

raggruppamento di stelle di cui andiamo a parlare è quello del

Centauro. La mitologia parla di Chirone, che era appunto un centauro, una creatura metà uomo e metà cavallo.

Chirone, a differenza degli altri suoi simili che erano brutali e di fattezze mostruose, era molto saggio, tanto da

essere il maestro di Giasone ed Ercole. Ferito accidentalmente da quest'ultimo ed in preda ad immani

sofferenze, ma senza la possibilità di morire poiché era immortale, pregò Zeus di mettere fine al suo dolore.

Questi consentì al centauro di morire e lo collocò tra le stelle. In questa costellazione troviamo Alpha Centauri,

una bella stella doppia binaria, con le due componenti che girano l'una attorno all'altra in circa 80 anni e

Proxima Centauri, in assoluto la stella più vicina alla Terra, distante solo 4,3 anni luce. Un oggetto celeste

contenuto in questa costellazione, tra i più belli dell'intera volta celeste, è Omega Centauri , splendido ammasso

globulare formato da circa un milione di stelle. E' distante circa 16.000 anni luce e questo ne fa uno dei più

vicini della sua categoria. E’ visibile ad occhio nudo come una stella sfocata di quarta magnitudine. A

differenza della maggior parte degli ammassi globulari, solitamente tondeggianti, ha una forma ovale:

l'osservazione al telescopio regala una visione grandiosa. Poco a nord di questo oggetto c'è NGC5128 , una

galassia ellittica con una caratteristica banda scura al centro che la taglia in due. Chiamata anche Centaurus A è

una potente radiosorgente che emette una quantità di energia mille volte superiore a quella emessa dalla Via

Lattea.

Altra costellazione australe piuttosto famosa è la Croce Del Sud, che tra l'altro compare sulla bandiera di

numerose Nazioni. Nell'emisfero australe ha aiutato i marinai di altri tempi a trovare il sud, grazie

all'allineamento della coppia di stelle Acrux e Gacrux. Al suo interno troviamo due oggetti degni di nota: NGC

4755 “lo Scrigno” e C 99, la nebulosa “Sacco di Carbone”. Il primo è un bell' ammasso aperto la cui

caratteristica è quella di essere costituito da un centinaio di stelle azzurre che fanno da cornice ad una brillante

stella rossa, che sembra un rubino sospeso su un pavé di zaffiri. La seconda è una delle più estese e dense

nebulose oscure; se il cielo è abbastanza buio la si nota facilmente ad occhio nudo sullo sfondo della Via

Lattea.

Passiamo ora al raggruppamento di stelle che prende il nome di Dorado, una costellazione non molto estesa ma

in cui troviamo due piacevoli oggetti , la “Grande Nube di Magellano” (PGC 17223) e la “Nebulosa

Tarantola” (NGC 2070) in essa contenuta. La Grande Nube di Magellano è visibile ad occhio nudo sotto un

cielo sufficientemente buio: si tratta di una piccola galassia di forma irregolare che si trova però molto vicina

alla Via Lattea e per questo è ben visibile. Prende il nome dall'esploratore Ferdinando Magellano che la notò

nel suo viaggio di circumnavigazione terrestre. Nel 1987 in questa galassia

esplose una brillante supernova che venne denominata 1987A. La Nebulosa

Tarantola è invece la più grande regione di formazione stellare conosciuta

nel Gruppo Locale di galassie.

Ora, spostandoci di poco, andiamo a conoscere la costellazione del Tucano,

uccello dal grande becco e dai colori vivaci. Qui ci sono altri due notevoli

oggetti visibili ad occhio nudo: 47 Tucanae (NGC 104) e la “Piccola Nube di

Magellano” (PGC 3085). Il primo contende la palma del più bell'ammasso

globulare del cielo ad Omega Centauri: è veramente difficile dire quale sia il

più maestoso. L'osservazione di questi ammassi con telescopi di buon

diametro, permette di risolvere una quantità enorme di stelle fino al centro

dell'oggetto. La Piccola Nube di Magellano, come la sorella maggiore, è uno

degli oggetti più distanti visibili con i nostri occhi dalla Terra. Galassia nana,

dalla sagoma irregolare, forma un bel quadretto con il vicino 47 Tucanae.

Tra la Croce del Sud e il Dorado si trova la Carena. Questo raggruppamento

di stelle faceva parte dell'antica ed estesa costellazione della Nave Argo, il

vascello sul quale avevano navigato Giasone e gli Argonauti alla ricerca del

Vello d'oro. Tanto estesa da essere successivamente divisa in quattro costellazioni : la Bussola, la Poppa, la

L’ammasso globulare Omega Centauri

La Piccola Nube di Magellano

e in alto a sinistra 47 Tucanae

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di tutto il firmamento. Altra stella degna di menzione è Eta Carinae, una ipergigante blu fra le più massicce

conosciute ( 100 - 150 volte più del Sole... ), che negli ultimi quattro secoli ha avuto notevoli variazioni di

luminosità passando da valori di magnitudine pari a quelli della luminosissima Canopo fino a scomparire alla

vista dell’occhio. Eta Carinae si trova all’interno di una vasta e luminosa nebulosità nota come “Nebulosa della

Carena” (NGC 3372) o “Nebulosa Buco della Serratura”, una delle più spettacolari della Via Lattea. Essa

contiene diversi ammassi aperti ed è visibile ad occhio nudo; al suo interno si trova anche la Nebulosa

Omuncolo.

Questo è solo un piccolo assaggio di quello che ci può regalare il cielo australe. Uno dei miei sogni è quello di

poter intraprendere un viaggio assieme a qualche amico astrofilo, che ci porti a veleggiare tra costellazioni e

oggetti che finora non abbiamo mai potuto osservare.

Carl Sagan (1934 - 1996) , astrofisico statunitense

Dal libro "Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space"

Noi riuscimmo a fare questa fotografia, e, se tu la guardi, tu vedi un puntino. Quello è qui. Quella è la nostra

casa. Quello è noi. Su di esso, tutti quelli di cui sei venuto a sapere, ogni essere umano che ci sia mai stato,

tutti hanno vissuto là. L’insieme di tutte le nostre gioie e sofferenze, migliaia di religioni, ideologie e dottrine

economiche, ogni cacciatore e allevatore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e

contadino, ogni giovane coppia innamorata, ogni bambino pieno di speranza, ogni madre e padre, ogni

inventore ed esploratore, ogni moralista, ogni politico corrotto, ogni divo, ogni duce supremo, ogni santo e

peccatore nella storia della nostra specie vissero là, su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole.

La Terra è un palcoscenico molto piccolo in un’enorme arena cosmica. Pensa ai fiumi di sangue versati da

tutti i generali ed imperatori affinché in gloria e trionfo loro potessero divenire i padroni momentanei di una

frazione di un puntino. Pensa alle crudeltà senza fine degli abitanti di un angolo del puntino sugli abitanti di

un altro angolo appena distinguibile del puntino. Così frequenti i loro malintesi, così ansiosi sono di

uccidersi l'un l'altro, così fervente il loro odio. La nostra presunzione, la nostra immaginata auto-importanza,

la nostra illusione di avere una posizione privilegiata nell'Universo, sono sfidate da questo puntino di luce

p a l l i d a .

Il nostro pianeta è una macchiolina solitaria avvolta nel grande buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta

questa vastità, non c'è suggerimento d’aiuto che verrà da altrove a salvare noi da noi stessi. Si dice che

l’Astronomia insegna la modestia e io aggiungo che è un’esperienza che costruisce il carattere. Io penso che

non c’è forse nessuna migliore dimostrazione della follia della presunzione umana che questa immagine da

lontano del nostro piccolo mondo. Secondo me, essa sottolinea la nostra responsabilità di avere più

gentilezza e compassione l'un con l'altro e di preservare e curare teneramente quel pallido puntino blu, l'unica

RIFLESSIONI SU UN GRANELLO DI POLVERE

Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per

partecipare occorre prenotarsi telefonando al Comune di S.

Tomaso in mattinata allo 0437/598004 oppure passare

direttamente in Municipio. Il costo è fissato in 5 euro per gli

adulti e 3 euro per i minorenni. Non pagano i bambini sotto i

cinque anni e i portatori di handicap. Al raggiungimento del

tetto massimo di prenotazioni per una serata, si sarà

dirottati alla successiva o alla prima dove ci sia posto (se d'

accordo).

Per le scolaresche sono due le giornate di apertura

settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle 9.00 e

alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile

tramite bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le

superiori. Il numero massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per

le superiori (nel numero rientrano gli accompagnatori).

PER GLI ASSOCIATI L’INGRESSO E’ GRATUITO

PLANETARIO DI S. TOMASO

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Wikipedia definisce l’astrofilo: “(dal greco astèr, "stella", e philos "amico")

un dilettante appassionato di astronomia che si diletta nello studio e

nell'osservazione dei fenomeni astronomici”. La passione degli astrofili non

è per tutti la medesima in quanto l’osservazione del cielo abbraccia vari

settori. Fin dalle sue origini, l’Unione Astrofili Italiani ha suddiviso i vari

rami in Sezioni di Ricerca, le più seguite delle quali sono le sezioni Comete,

Meteore, Occultazioni, Pianeti, Sole, Luna ecc. ecc. Tra esse, c’è la sezione

Quadranti Solari, che comprende una vera e propria pattuglia di appassionati

sparsi in tutta Italia. I seminari di gnomonica sono sempre molto frequentati

con presenze costantemente superiori al centinaio. Il XVIII Seminario s’è

svolto a Chatillon in Valle d’Aosta nell’ottobre 2012, mentre il prossimo si

terrà a Cefalù in Sicilia nei giorni 4,5 e 6 aprile del 2014. La gnomonica è

stata inserita nelle Sezioni di Ricerca in quanto un quadrante solare, detto anche orologio solare o più

comunemente meridiana, è uno strumento prettamente astronomico.

L’elemento fondamentale di ogni meridiana è lo gnomone. La parola gnomone [dal greco gnômôn,

“indicatore”], in un quadrante solare è l’asta (o stilo) che serve a proiettare sul quadrante l’ombra dello stesso.

Nell’antichità, era invece il semplice bastone che piantato verticalmente sul terreno proiettava un’ombra che

variava direzione col passare delle ore, costituendo, di per sé, l’orologio solare. I popoli antichi capirono che

con lo gnomone era possibile individuare facilmente il mezzogiorno. Al mattino col Sole basso a levante

l’ombra proiettata dal bastone sul terreno è lunga. Poi, mentre lentamente il Sole sale in cielo percorrendo il suo

abituale tragitto, l’ombra del bastone sul terreno si accorcia fino a raggiungere la lunghezza minima. In quel

momento il Sole si trova nel punto più alto dell’arco diurno, la sua direzione è esattamente quella Sud, e, dalla

parte opposta, l’ombra sul terreno indica in modo rigoroso la direzione Nord. E’ mezzogiorno. La Piramide di

Cheope, i cui lati sono diretti verso i quattro punti cardinali, potrebbe essere stata orientata con questo sistema.

La parola meridiana, oggi d’uso comune in tutti gli orologi verticali, deriva da meridies, “mezzogiorno”. La

linea meridiana è quindi la linea che indica l’ora del mezzogiorno locale o della culminazione del Sole. Nelle

meridiane a camera oscura, la linea si trova in un ambiente con poca luce e l’ora è segnata dal transito

dell’immagine del Sole che penetra in un foro di dimensioni ridotte che funge da gnomone.

In alcune grandi chiese esistono importanti meridiane con foro gnomonico molto alto e conseguente linea

meridiana molto lunga. In Italia sono celebri la meridiana di Cassini nella chiesa di San Petronio a Bologna

(1655) con linea meridiana lunga ben 67 metri, quella del Toscanelli a Santa Maria del Fiore a Firenze (1475)

con foro gnomonico alto 90 metri, quella del Bianchini a Santa Maria degli Angeli a Roma (1702), di De

Acerbis al Duomo di Milano (1786), e dell’Abate Piazzi alla Cattedrale di Palermo (1801). Queste meridiane,

oltre che per regolare l’ora, furono usate anche per altri importanti studi astronomici, come la riforma del

calendario, il calcolo della data della Pasqua e soprattutto per confermare gli studi di Copernico e ribadire le

leggi di Keplero. Le grandi meridiane nelle chiese furono, per alcuni secoli, dei veri e propri laboratori,

l’emblema dell’Astronomia, “caratterizzando un’epoca nella storia del rinnovamento delle scienze” (Jérôme

Lalande).

L’ora delle meridiane ha sempre imitato l’ora civile. Ai giorni nostri l’orologio solare riporta le cosiddette ore

moderne o francesi, in cui il giorno comincia a mezzanotte e l’ora 12 indica il mezzogiorno. Questo sistema

orario è in vigore in Italia solo dalla metà del XIX secolo. Le ore d’oltralpe, altro nome delle ore moderne,

sostituirono le ore italiche usate da metà del XIII secolo fino al 1850 circa. Con il sistema ad ore italiche il

giorno cominciava col tramonto del Sole e per questo furono anche dette ab occasu. Le ore italiche hanno

anche altri nomi: ore moderne, ore uguali, ore equinoziali; con esse ebbe infatti inizio la suddivisione del

giorno in 24 ore tutte uguali tra loro. Prima di allora vigevano in Italia le ore temporarie o diseguali, così

chiamate perché andavano dall’alba al tramonto e viceversa, dividendo il giorno e la notte in due periodi di 12

ore, evidentemente diversi tra loro e variabili con le stagioni e la latitudine. Queste ore sono anche chiamate ore

giudaiche perché citate anche nei Vangeli (Matteo 20, 1-16). A quel periodo appartengono anche le ore

canoniche che segnavano i momenti di preghiera del giorno e della notte. Le ore canoniche furono di grande

importanza per la Chiesa perché sono, anch’esse, citate nei Vangeli a proposito della Passione e morte di Gesù.

Le ore canoniche sono rimaste in uso nella liturgia cattolica nella recita del breviario fino alla riforma del 1970:

mattutino (recitato nella notte), lodi (all’alba), prima (ore 6), terza (ore 9), sesta (ore 12), nona (ore 15), vespro

(al tramonto), compieta (prima del riposo). Le veglie notturne, vigilae, avevano cadenze più empiriche. Sia

nelle ore temporarie sia nelle ore canoniche il mezzodì corrispondeva all’ora sesta, da cui è rimasta la parola

“siesta”. Le ore canoniche erano annunciate col suono delle campane azionate dal campanaro nelle torri

municipali e dal sagrestano nei campanili delle chiese. La campane dei municipi battevano tre tocchi ad alba e

tramonto (prima e vespro), due alle ore terza e nona, uno al mezzodì: “battere il tocco” indica appunto l’ora

sesta o il mezzodì. Nei campanili delle chiese le cadenze erano spesso differenti e non era facile per i cittadini

districarsi tra i vari rintocchi con numero, cadenze e tonalità diverse tra loro. Tornando alle ore italiche, le

testimonianze sul loro uso si trovano un po’ ovunque. Per esempio, J.W. Goethe nella sua opera “Italienische

LE MERIDIANE DELL’AGORDINO di Giuseppe De Donà

La meridiana di Colle S. Lucia

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ziosamente un sistema da lui ideato per la comprensione delle “complicate” ore italiche. A. Manzoni nel suo

capolavoro “I Promessi Sposi” scrive: “..Quantunque, nel momento che usciva da Gorgonzola, scoccassero le

ventiquattro, e le tenebre che venivano innanzi..”, indicando che, evidentemente, Renzo esce dal paese dopo il

tramonto del Sole. Va rilevato che, seppur complicato, quel sistema era comodo per i lavori all’aperto in

quanto, in ogni stagione, quando una meridiana segnava le 23 significava che c’era ancora un’ora a

disposizione prima del buio. A quell’ora il Sole era basso sull’orizzonte, fastidioso, per cui bisognava a volte

calare la tesa del cappello verso il Sole. Il detto “portare il cappello sulle 23” deriva appunto da quel periodo. Il

sistema a ore italiche fu abbandonato nel 1850, quando si passò all’attuale sistema a ore francesi (o d’oltralpe)

con le tradizionali 24 ore che iniziano dalla mezzanotte. Il passaggio, decretato da Pio IX nel 1846, creò

parecchi malumori, come testimonia la strofa di un sonetto del poeta romano Gioacchino Belli:

….

E intanto er zanto padre ha la corata

de mette l’orologgio a la francese.

Un papa! Ammalapena ar quarto mese

der papatico suo! Brutta fumata!

……

L’adeguamento al nuovo metodo non fu semplice. Le

tradizionali meridiane a ora italica furono usate ancora per

lungo tempo e, in molti casi, furono affiancate da quelle

col nuovo sistema orario prima di essere definitivamente

abbandonate.

L’ora della meridiana

Come detto, il mezzogiorno (e le altre ore) indicato

dall’ombra del Sole su una meridiana, è quello solare vero.

L’orologio che portiamo al polso indica invece un’ora

media che non coincide mai con l’ora della meridiana. La

differenza è dovuta a due fattori:

– Equazione del tempo. Mentre il giorno medio ha una

durata costante di 24 ore, a causa della differente velocità

di rivoluzione della Terra intorno al Sole durante l’anno e

dell’obliquità dell’eclittica, l’intervallo tra due successivi

passaggi del Sole su un meridiano qualsiasi non è mai di

24 ore. La differenza arriva fino a ±30 secondi ogni

giorno. Pochi secondi, che, accumulandosi tra loro, durante l’anno giungono a totalizzare differenze di ±

15 minuti che costituiscono la cosiddetta “equazione del tempo”.

- Longitudine della località. L’ora media del nostro paese, cioè il TMEC (Tempo Medio dell’Europa

Centrale), ha come meridiano di riferimento quello di longitudine 15° Est. La Terra ruota da Ovest verso

Est di 15° ogni ora, di 1° ogni 4 minuti. Pertanto, per esempio in una località posta a 12° Est, il Sole

transita in meridiano (e in un quadrante solare l’ombra indica il mezzogiorno), dodici minuti dopo esser

transitato e aver indicato il mezzogiorno in un analogo quadrante posto a 15° Est. La correzione dovuta a

questo secondo fattore non era necessaria quando l’orario usato era quello locale. L’adozione del TMEC è

avvenuta col Regio decreto il 10 agosto 1893. Alcuni moderni gnomonisti non adottano nei loro quadranti

l’ora locale ma l’ora vera del fuso. Questi orologi sono riconoscibili in quanto la linea delle ore 12 non è

verticale. Anche in questo caso questa seconda correzione non è necessaria. Questi orologi hanno il pregio,

a volte, di segnare un’ora più vicina a quella dell’orologio, ma perdono le importanti caratteristiche

astronomiche insite nell’ora locale. Siccome l’ora non è in ogni caso quella dell’orologio, i pareri sul suo

impiego sono spesso discordi tra i vari gnomonisti dando sovente adito, durante i seminari e nelle mailing

list, ad accanite discussioni.

L’osservatore di una meridiana solitamente ignora queste differenze, per cui, quando guarda l’orario segnato

dall’ombra solare e lo confronta con quello del suo orologio, vedendo una discordanza pensa che l’orario

dell’ombra dello gnomone sia sbagliato. Non è così. L’ombra di una meridiana va letta con cura tenendo conto

dei concetti sopra riportati.

La meridiana come “segnale orario”

Come detto, in passato, prima dell’invenzione dell’orologio meccanico, i quadranti solari furono i principali

indicatori dello scorrere del tempo. I primi orologi, in genere collocati sulle torri campanarie, risalgono alla fine

del XIII secolo. Nei secoli successivi la loro “avanzata fu lenta e inesorabile, ma l’orologio solare rimase anco-

La meridiana di Jore

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ra il deus ex machina della misura del

tempo dando il segnale orario

all’orologio meccanico per rifasarlo

quando necessario” (Girolamo

Fantoni). L’orologio meccanico è

stato certamente l’artefice

dell’installazione di un grande numero

di meridiane tra il 1600 e la fine del

1800. In quel periodo gli orologi

meccanici, migliorarono la loro

precisione proprio grazie ai quadranti

solari. Allora non c’erano i segnali

orari, per cui con la meridiana si

regolava l’orologio della torre o del

campanile della chiesa, da cui poi

ognuno poteva regolare l’ora

dell’orologio del proprio taschino.

Nelle meridiane verticali si trova

spesso una linea trasversale, strana per l’inesperto; si tratta della linea equinoziale. Quella linea non misura le

ore, ma indica se siamo in estate o in inverno, in autunno o in primavera. Nei quadranti più recenti, oltre alla

linea equinoziale, sono spesso inserite anche le linee del solstizio estivo e quello invernale. Pertanto, l’orologio

solare non misura solo le ore del giorno, ma ha anche un’importante funzione calendariale. Per costruire un

quadrante solare in modo geometrico o matematico, è necessario conoscere esattamente le coordinate terrestri

locali e l’orientamento, rispetto ai punti cardinali, della parete dove l’orologio è tracciato. Infine va chiarito che

lo stilo può essere piantato ortogonale alla parete (ortostilo), oppure obliquo in direzione del polo nord celeste

(assostilo), cioè parallelo all’asse di rotazione della Terra. Nel primo caso è solo la punta dello gnomone a

segnare l’ora, mentre nello stilo polare tutta l’ombra si sovrappone alla linee orarie ed è quindi di lettura più

facile ed intuitiva.

Le meridiane nell’agordino

Nel catalogo-guida dei quadranti solari italiani dal titolo “Meridiane dei Comuni d’Italia” curato da Enrico Del

Favero e Claudio Garetti e stampato nel 2001 con il patrocinio dell’UAI (Unione Astrofili Italiani) e dell’ANCI

(Associazione Nazionale Comuni Italiani), nei sedici comuni dell’agordino erano censiti 37 quadranti solari.

Nel 2011 è nato il sito www.sundialatlas.eu, uno strumento dedicato agli orologi solari di tutto il mondo dove

ognuno può inserire attraverso il Web ogni meridiana che non sia censita. Il numero di orologi dell’agordino

registrati su Sundial Atlas (SA) ha raggiunto le ottanta unità. Molti orologi sono stati costruiti dopo il 2000

(circa 25), altri, seppure di antica costruzione, sono stati segnalati e inseriti di recente. Su SA è prevista anche

l’introduzione di meridiane naturali. Si tratta di quei riferimenti, in genere montagne, che, per la loro

particolare posizione rispetto al luogo d’osservazione, funzionano come veri e propri gnomoni che hanno

aiutato i nostri antenati a ricavare l’ora del giorno. Su SA nell’agordino sono censite tre meridiane di questo

tipo: il Bech del Mezzodì ad Alleghe e il Bech da Mesdì ad Arabba prendono il nome dalla loro collocazione a

sud rispetto ai due paesi. Meno nota è la fessura del Pelmo. In primavera, quando il nevaio di Val d’Arcia è ben

coperto di neve, la luce del Sole che attraversa la fessura che divide Pelmo e Pelmetto irraggia a nord il nevaio.

Visto dalla Val Fiorentina o da Colle Santa Lucia l’immagine si muove sulla neve come la lancetta di un

orologio che indica l’ora di pranzo. Su SA sono censiti anche il Sasso delle Undici e delle Dodici in Marmolada

e il Sasso delle Undici e Piz de Mez nel Gruppo del Cimonega, tutti osservabili dall’agordino (Porta Vescovo e

Gosaldo). Nel censimento la loro sistemazione è attribuita ai comuni atesini di Canazei e Sagron Mis in quanto,

in entrambi i casi, il Sole passa sopra le quattro cime alle 11 e 12 locali se osservato delle zone trentine del lago

del Fedaia lato Canazei e di Sagron Mis.

Per molte meridiane non è facile stabilire la data della loro costruzione. Il foro gnomonico del Castello di

Andraz costruito da Nicola Cusano nel 1457 e di cui s’è parlato nel numero scorso di Cieli Dolomitici,

dovrebbe essere il più antico. Molto vecchi e importanti sono anche i due orologi ubicati nel 1606 nella Chiesa

Parrocchiale di Colle Santa Lucia e di casa Piazza. Il primo è ben conservato mentre del secondo rimangono

purtroppo solo tracce. Le meridiane delle chiese, quelle usate per regolare gli orologi degli annessi campanili,

sono 16. E’ recente solo quella costruita da don Antonio De Fanti nella chiesa di Agordo. In questa

esposizione, per non fare torto a qualcuno, non sono citati i nomi degli artisti che hanno dipinto i quadranti né i

tanti motti, molti in latino, che spesso accompagnano le meridiane. Nell’elenco che segue, con i comuni in

ordine alfabetico e l’indicazione succinta della loro collocazione, sono elencate le 80 meridiane censite su SA a

fine di novembre 2013.

Agordo; numero quattro quadranti. Uno sulla Chiesa Arcidiaconale, uno sull’ex Istituto Minerario e due a

Toccol, sull’abitazione del presidente di “Cieli Dolomitici” Tomaso Avoscan. Alleghe; n. 9. Bech di Mezzodì,

La meridiana di Pradesora

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Chiesa Parrocchiale, Municipio, Scuola elementare, via Coldai, loc. Fontanive, via De Gasperi, casa nel bosco

vicino a Caprile e casa del 1777 a Casaril. Canale d’Agordo; n. 2. Baita del Cacciatore raggiungibile a piedi

da Colmean in circa 1h e l’importante dipinto della Casa delle Regole. Questo quadrante è piuttosto misterioso

e di dubbia funzione astronomica; non ha lo gnomone ed è collocato sulla parete a nord. Le ore indicate

potrebbero essere riferite a quelle delle preghiere in funzione della posizione del Sole. Cencenighe; n. 6.

Chiesa Parrocchiale, Pradimezzo, Pradisopra raggiungibile a piedi da Pradimezzo in 30m, e tre orologi a Bogo.

Colle Santa Lucia; n. 6. Chiesa Parrocchiale, casa Piazza, Costalta, Troi, in piazza e l’orologio naturale sulla

Fessura del Pelmo. Falcade; n. 5. Via Venezia, due ad ore italiche sulla Chiesa di Falcade Alto, due sulla

Chiesetta di Jore raggiungibile a piedi da Sappade in 30m. Gosaldo; n. 6. Chiesa Parrocchiale a Don, Stallivere,

Renon, Villa S.Andrea e due a Ren. La Valle Agordina; n. 2. Noach e baita a Ciuit raggiungibile a piedi in

30m. Livinallongo del Col di Lana; n. 8. Bech da Mesdì, foro Cusano al Castello di Andraz, Andraz, Chiesa di

Larzonei, Arabba, Pian di Salesei, Costa di Salesei e Salesei di Sotto. Rivamonte; n. 1. Visibile dalla strada

provinciale. Rocca Pietore; n. 9. Chiesa Parrocchiale, casa vicino alla Chiesa, Scuola elementare, Sottoguda,

Ronch di Laste, Sorarù, Col di Rocca e due a Saviner di Calloneghe. San Tomaso Agordino; n. 3. Chiesa

Parrocchiale, Avoscan, e uno recente in centro vicino alla chiesa. Selva di Cadore; n. 4. Chiesa Parrocchiale,

Scuola elementare a S. Fosca, casa vicino alla Chiesa di S. Fosca e Rova. Taibon Agordino; n. 4. Chiesa

Parrocchiale, via Foch, via della Merla e via Besarel. Vallada Agordina; n. 5. Scuola elementare, Chiesa di

Andrich, Sacchet e due a Piaz. Voltago Agordino; n. 2. Frassenè e via Roma a Voltago.

In totale 76 quadranti visibili. Su SA è possibile censire anche i quadranti scomparsi di cui ci sia una fonte certa

della loro antica esistenza. Nell’agordino ce ne sono quattro, tutti documentati nel censimento UAI del 2000 e

nel libro Le Meridiane Bellunesi di Gabriele Vanin (Ed. Pilotto, 1991). Tre si trovavano nel comune di

Gosaldo; due a Ren ed una a Pattine. Il quarto quadrante si trovava sulla Chiesa di Celat ed è documentato dalla

foto dello gnomone scattata da Vanin. Il totale sale quindi a 80 quadranti.

Ogni comune dell’agordino ha almeno una sua meridiana. La densità è molto alta con un quadrante ogni 250

abitanti: in Italia la densità è circa 1/3000, mentre in provincia di Belluno è circa 1/500. Il comune con densità

minore è, stranamente, Agordo, con un quadrante ogni 1000 abitanti. Il comune più “ricco” è invece Colle

Santa Lucia con un quadrante ogni 70 abitanti. Va sottolineato che, per motivi vari, alcune zone sono state

vagliate in modo più scrupoloso, altre in maniera meno meticolosa. Sicuramente qualche quadrante non è

ancora censito e c’è notizia di alcune meridiane di futura costruzione. Quota 100 non è quindi lontana.

Chiunque voglia segnalare un quadrante che non figura nell’elenco sopra riportato può scrivere una mail a:

[email protected], oppure telefonare al numero di cellulare: 3474374141.

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La storia del cielo ha vissuto molti

momenti emozionanti. Nell’antichità

si vedevano solo 5 pianeti, ma col

passare del tempo è stato inventato il

telescopio e si scoprirono altri pianeti.

Il primo a fare delle scoperte con il

telescopio è stato Galileo Galilei.

Dopo moltissimi anni, nel 2003, è nata

l’Associazione Astrofili Agordini

“Cieli Dolomitici”, ovvero la nostra

associazione e quasi tutti gli

appassionati agordini hanno voluto

entrarne a far parte. Poi sono entrato

anche io e devo dire che finora è stato

bello questo viaggio.

Io ho iniziato ad appassionarmi nel 2009 perchè mio papà Claudio mi aveva chiesto di andare con lui a

osservare Saturno. Da quel momento mi sono innamorato del cielo. Anche adesso continuo a far parte

dell’Associazione e mi sto divertendo a scoprire nuovi e sconosciuti mondi. Non mi resta che consigliarvi di

iscrivervi, vi divertirete.

Ringrazio quelli che hanno letto il mio articolo e vi ricordo di ascoltare su Radio Più “Per tetto un cielo di

stelle”, una trasmissione dedicata all’ astronomia dove collaboro anche io. In futuro spero di rubare il posto di

conduttore principale a Claudio.

IO, IL CIELO E L’ASSOCIAZIONE di Simone Pra

LE ORIGINI DEL CALENDARIO adattamento di Claudio Pra

I nomi dei mesi e dei giorni e le modalità con cui è ripartito il nostro calendario hanno una

storia millenaria che si è svolta in gran parte nel nostro paese. La misurazione del tempo è

derivata dalla regolarità con cui si ripetono alcuni fenomeni astronomici. L’alternarsi di

luce e tenebre è stata la prima e più evidente unità di misura con cui calcolare la lunghezza

di un giorno. Le quattro principali fasi della Luna, che si verificano ogni sette giorni circa,

sono alla base della settimana e l’intervallo che passa tra una luna nuova e la successiva,

pari a circa trenta giorni, è diventato il riferimento temporale per la misurazione del mese.

Dodici lunazioni, quindi dodici cicli lunari completi, sono alla base della ripartizione

dell’anno in dodici mesi e corrispondono più o meno al tempo che serve al Sole per

eseguire un giro completo tra le stelle dello zodiaco e quindi a completare un anello in cielo. La parola anno

deriva appunto da anello o rotondità, quindi completamento circolare di un ciclo. Naturalmente la posizione

occupata dal Sole tra le stelle è servita per capire la durata dell’anno solare e scandire le stagioni.

Il termine calendario deriva da (kalendae) che significa “chiamare a raccolta”. Nei primi tempi di Roma infatti,

al primo apparire della nuova luna uno dei pontefici convocava il popolo e annunziava il principio del mese.

Quindi il giorno delle calende era il primo giorno del mese.

Il termine “mese”, nelle più remote lingue del ceppo indo europeo, è un miscuglio tra le parole menes (mese),

mes (Luna) e me (misura) da cui il legame anche etimologico tra la parola mese e la il concetto di durata della

lunazione.

Attualmente in occidente i mesi hanno nomi molto simili fra loro, a testimonianza della comune origine che è

antica almeno quanto quella delle civiltà sviluppatesi in Italia, alle quali si possono far risalire i principali nomi

del calendario ancor oggi conosciuti.

L'antico calendario romano era un calendario rustico, che serviva per regolamentare i lavori agricoli che

iniziavano con la buona stagione e si concludevano con l'inizio dell'inverno. Esso contava solo 10 mesi e

trascurava i due più freddi in cui non si svolgevano lavori nei campi.

L'anno cominciava con martius (marzo), dedicato a una delle divinità prevalenti, Marte, dapprima protettore

della natura e del suo risorgere, divenuto poi il guerriero che brandisce l’ascia e difende il gregge, identificato

in seguito con il greco Ares. I mesi successivi fino a giungo trassero il loro nome da aspetti caratteristici della

natura nei corrispondenti periodi. Aprilis (aprile), deriva infatti da aperire, cioè aprire, con chiaro riferimento

al dischiudersi della vita in primavera e il germinare delle semenze. Seguiva maius (maggio), che in relazione

al crescere della vegetazione era dedicato alla dea Maia, divinità propiziatrice della fecondità della terra. Il

prosperare della natura e la dea Giunone (Juno) dettero il nome a junuis. Giunone, oltre che la dea della

maternità, era considerata la dea del calendario alla quale venivano dedicati i giorni delle calende. Seguivano

quintilius (quinto mese) che verrà successivamente cambiato in Iulius (luglio) in onore di Giulio Cesare, che

era nato in quel mese. La stessa cosa accadrà per il sesto mese, sextilis, che verrà cambiato in Agustus per

onorare Augusto imperatore. Quindi seguivano september, october, november e december che erano

rispettivamente il settimo, l'ottavo, il nono e il decimo mese dell'anno.

Scomparso Romolo, il suo successore Numa Pompilio aggiunse al calendario altri due mesi. L’undicesimo

mese prese il nome di januarius in onore di Janus, Giano, la figura espressiva più sacra ai romani, dio della

porta (janua) e protettore dell’inviolabilità del domicilio, i cui attributi sono il bastone e la chiave. Al

dodicesimo mese fu dato il nome di e februarius (da februalia, che erano le feste di purificazione). Questo

mese, allora come oggi, era il periodo destinato a sanare periodicamente le anomalie del calendario .

Successivamente, verso la metà del II secolo a.C. l' inizio dell'anno civile, per motivi di organizzazione

militare, venne spostato al 1° gennaio. Così l'undicesimo e il dodicesimo mese divennero rispettivamente il

primo e il secondo mese dell'anno. In questo modo gennaio, il mese dedicato a Giano, dio che presiedeva gli

ingressi, diventava il più adatto a chiudere la porta del vecchio anno e ad aprire quella del nuovo.

I nomi dei giorni furono assegnati dai Babilonesi ed ereditati dai Romani. Hanno origine dai nomi del Sole,

della Luna e dei 5 pianeti conosciuti fin dall’antichità perché visibili a occhio nudo. Così il lunedì era il giorno

della Luna (Lunae dies), martedì di Marte (Martis dies), mercoledì di Mercurio (Mercuri dies), giovedì di

Giove (Iovis dies), venerdì di Venere (Veneris dies). Sabato era in origine il giorno di Saturno (Saturni dies)

tanto che la denominazione si ritrova oggi nell’inglese Saturday. Però, con il diffondersi in Occidente del

cristianesimo, il termine ebraico “shabbat”, ovvero “giorno di riposo”, sostituì in molte lingue il nome pagano.

Analogamente il nome domenica (in latino Dominica, ovvero giorno del Signore) fu introdotto da Costantino,

convertito al cristianesimo, in sostituzione del più antico Solis dies, giorno del Sole, che resiste nell’inglese

Sunday e nel tedesco Sonntag.

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Recentemente per lavoro mi sono spostato a Zurigo, la maggiore città

della Svizzera.

Ho potuto così vedere il Politecnico federale di Zurigo, fondato nel

1855 e considerato uno dei più importanti centri di ricerca,

attualmente considerato, nel settore dell’ ingegneria e delle scienze

applicate, l’ottavo al mondo e il secondo in Europa.

Oltre una ventina di premi Nobel sono legati a questa scuola, fra cui

il celebre Albert Einstein, Premio Nobel per la fisica. La grandezza di

Einstein consiste nell' aver mutato per sempre il modello di

interpretazione del mondo fisico. Nell'ottobre del 1896 (a 16 anni)

Einstein superò l'esame di ammissione al Politecnico di Zurigo.

Concluse i suoi studi nel luglio del 1900, superando gli esami finali

con la votazione di 4,9/6, risultando quarto su cinque dei candidati in

matematica e fisica. Egli fu l'unico dei diplomati a non ottenere un

posto come assistente. Dopo il diploma Einstein trovò un lavoro all'

ufficio brevetti di Berna. Insieme all'amico e collega di lavoro,

Michele Besso, fondò un gruppo di discussione chiamato

"Accademia Olimpia", dove si discuteva di scienza e filosofia. Nel 1905 (passato alla storia come l'annus

mirabilis) Albert Einstein risolve le contraddizioni presenti tra le equazioni di Maxwell dell' elettromagnetismo

e la relatività galileiana, pubblicando in un articolo la teoria della relatività ristretta. Einstein comprese che la

massa e l’energia, due realtà fisiche apparentemente così diverse, sono in verità strettamente legate da un valore

numerico molto preciso: il quadrato della velocità della luce (E=mc2). Questa geniale e semplice formula, che

all'epoca risultò assolutamente rivoluzionaria, stabilisce che massa ed energia sono equivalenti. Questa nuova

teoria cade però a sua volta in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton: negli anni

successivi Einstein cerca così di modificare la teoria della gravitazione in modo da renderla compatibile con la

relatività ristretta. Dopo dieci anni di studi, nel 1915 Einstein descrive la gravità come curvatura dello

spaziotempo a quattro dimensioni. dedusse inoltre il modo in cui la materia curva lo spaziotempo imponendo

l'equivalenza di ogni possibile sistema di riferimento (da cui il nome di relatività generale). In particolare, il

potenziale gravitazionale newtoniano viene reinterpretato come l'approssimazione, per campo debole, della

componente temporale del tensore metrico: da questo discende il fatto che il tempo scorre più lentamente in un

campo gravitazionale più intenso. La nuova teoria gravitazionale risulta anche essere molto più accurata di

quella newtoniana nel prevedere la precessione del perielio di Mercurio.

Alla pubblicazione, la teoria della relatività generale venne accolta con scetticismo da parte degli scienziati,

perché essa derivava da ragionamenti matematici e analisi razionali, non da esperimenti o osservazioni. Ma nel

1919 le predizioni contenute nella teoria, furono confermate dalle misurazioni dell'astrofisico Arthur Eddington

in occasione di un'eclissi di Sole, in cui verificò una delle conseguenze della teoria, e cioè la flessione dei raggi

luminosi (di una Stella) in presenza di forte campo gravitazionale (il Sole). Esperimenti più precisi hanno

confermato le predizioni della teoria della relatività generale, che oggigiorno vengono usate nel normale

funzionamento dei sistemi GPS.

Dopo quasi un secolo, la teoria della relatività generale di Albert Einstein continua ad essere valida: E' di

quest'anno la notizia che le osservazioni condotte su una stella pulsar binaria distante settemila anni luce,

confermano la correttezza delle previsioni della teoria della relatività generale. Un laboratorio stellare, scoperto

nel 2003, e da allora utilizzato dagli astrofisici per verificare sperimentalmente quello che Einstein aveva

previsto un centinaio di anni prima, nella sua Teoria della Relatività. Il risultato conferma la validità della

teoria einsteiniana con una precisione del 99.95% anche in condizioni di campo gravitazionale così estremo

come quello presente nel sistema binario in questione.

Visita all'osservatorio Urania di Zurigo

L' Urania Sternwarte è l'osservatorio pubblico di Zurigo. E' stato inaugurato Il 15 giugno 1907 e possiede un

telescopio rifrattore Fraunhofer Carl Zeiss di 30 cm. di apertura e 5,05 metri di lunghezza focale. Il rifrattore

pesa dodici tonnellate ed è installato all'interno di una cupola posizionata su una torre alta 50 metri.

L'osservatorio offre visite guidate per scuole e gruppi. Le visite pubbliche a pagamento vengono svolte 3 volte

a settimana, a partire dalle 20:00, ed è possibile anche osservare al telescopio. La sua posizione nel centro della

città di Zurigo è un problema serio: l'inquinamento luminoso permette infatti solo l’osservazione di pochi

oggetti celesti. In condizioni di scarsa visibilità o la pioggia, vengono effettuate in alternativa lezioni di

astronomia, aiutandosi con la proiezione di immagini e animazioni su uno schermo. Un piano più in basso, il

bar Jules Verne offre uno splendido panorama sulla città.

VIAGGIO A ZURIGO di Andrea Cibien

L’Osservatorio Urania di Zurigo

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ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE (luglio --novembre 2013)

Sabato 10 agosto al Rif. Bottari, si è tenuta la ormai tradizionale serata dedicata alle Perseidi, le “stelle cadenti”

per antonomasia, organizzata da Cieli Dolomitici in collaborazione con il CAI di Oderzo, proprietario della

struttura. Cielo terso, tante stelle, tante meteore e tanta gente rapita da un fenomeno sempre suggestivo e dalla

possibilità di ammirare al telescopio gli oggetti celesti del periodo.

Lunedì 12 agosto al Rif. Scarpa abbiamo proposto un altro evento legato alle perseidi in collaborazione con il

gestore del Rifugio Aron Lazzaro. Notevolissimo il telescopio messo a disposizione, un Dobson da quasi

mezzo metro di diametro, che ha mostrato gli oggetti celesti in maniera quasi fotografica lasciando di stucco gli

intervenuti.

Sabato 17 agosto, al Castello di Andràz, si è tenuta una serata particolare divisa in più parti. Inizialmente una

piccola conferenza ha accolto gli intervenuti. Successivamente è stato possibile visitare la stanza del Castello

dove è presente un foro di possibile funzione astronomica attribuito a un illustre personaggio vissuto nel 1400,

Nicolò Cusano, cardinale, teologo, filosofo, umanista, giurista, matematico e astronomo tedesco. A spiegare

l’ipotesi del foro è intervenuto colui che l’ ha formulata, Giuseppe De Donà. Infine tutti al telescopio ad

osservare la Luna.

Sabato 9 novembre alla scuola Gabelli di Belluno, uno dei nostri divulgatori (Claudio Pra) ha proposto una

piccola lezioncina a cinquanta bambini di seconda elementare. La visita ha suscitato l’entusiasmo dei piccoli e

degli insegnanti, rapiti dal cielo e dalle sue meraviglie. Questi incontri sono forse i più belli e gratificanti anche

per noi dell’Associazione.

Venerdì 22 novembre, presso la Sala convegni della Comunità Montana Agordina “Don Ferdinando Tamis” ,

abbiamo festeggiato il decimo compleanno dell’Associazione con un mesetto di anticipo, proponendo un

incontro diviso in due parti: nella prima si è parlato del raggiungimento dell’importante traguardo, rievocando i

momenti più significativi anche grazie al supporto di audiovisivi. La seconda parte è stata invece dedicata alla

cometa ISON.

“Per tetto un cielo di stelle”, la trasmissione dedicata al cielo stellato condotta da Claudio e Simone Pra per

conto dell’Associazione, ha continuato (e continua) ad andare in onda settimanalmente sull’emittente agordina

Radio Più, interrompendosi soltanto per un paio di mesi in estate.

E’ continuato l’invio settimanale via mail agli Associati delle news contenenti informazioni astronomiche,

appuntamenti, notizie sull’ Associazione, consigli per osservare il cielo, immagini ecc.

Per il nostro decimo anno di attività abbiamo dato alle stampe un calendario molto particolare dedicato alla

Luna e alle nostre montagne. Luna 2014, oltre ad essere un bellissimo ed utile calendario, è anche una

testimonianza della nostra attività nei primi dieci anni di vita.

I divulgatori dell’Associazione hanno continuato a gestire le visite al Planetario di S. Tomaso che, come di

consueto, propone un picco di lavoro nei mesi di luglio e agosto.

Nuovo Orione e Coelum,

Le due riviste astronomiche che vi consigliamo,

in edicola tutti i mesi.

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