17 maggio LA SFIDA Divieto Usa per Huawei L’ANALISI DI ... · mente passata alla democrazia. Q...

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LA SFIDA Il colosso cinese delle tlc inserito nella lista nera americana del commercio. Pechino reagisce: «Solo una scusa la sicurezza nazionale, proteggeremo le nostre società» Merkel e Macron: da noi porte aperte 26 ECONOMIA E LAVORO Venerdì 17 maggio 2019 Divieto Usa per Huawei dall’Ue nessuna sponda PAOLO M. ALFIERI el pieno delle trattative per un complicato accordo commerciale tra Usa e Ci- na, la nuova mossa dell’Ammini- strazione Trump contro il colosso ci- nese delle telecomunicazioni Huawei è destinata a sollevare ulte- riori tensioni tra i due Paesi. Interes- si di mercato, contrapposizioni e al- leanze politiche, dubbi su sicurezza, spionaggio e intelligence: nella di- sfida tra Washington e Pechino i va- ri piani si intersecano, mentre l’Eu- ropa, Germania e Francia in testa, sembra non avere intenzione di fa- re da sponda a Trump. Con un ordine esecutivo, il presi- dente Usa ha dichiarato l’altra sera lo stato di emergenza nazionale a tu- tela delle reti di comunicazione, u- na decisione — secondo la Casa Bianca — in linea con l’impegno as- sunto da Trump di proteggere servi- zi e tecnologia delle informazioni e delle telecomunicazioni degli Stati Uniti. L’ordine autorizza il Diparti- mento per il Commercio ad impe- dire alle società statunitensi di trat- tare con determinati fornitori este- ri. Poco dopo, la cinese Huawei e 70 sue affiliate sono state inserite nel- la “Entity List”, la lista delle società considerate a rischio per la sicurez- za nazionale. Huawei ha replicato assicurando di voler trattare con il governo ameri- cano «misure efficaci a tutela della sicurezza dei prodotti». Secondo il colosso di telecomunicazioni cine- se, il divieto di operare negli Usa fi- nirà per danneggiare imprese e con- sumatori frenando gli sforzi per svi- luppare il 5G. La risposta delle auto- rità cinesi è arrivata ieri: la Cina «si oppone con forza alla imposizione unilaterale di sanzioni», ha sottoli- neato il portavoce del ministero del Commercio cinese Gao Feng, se- condo il quale Pechino «ha enfatiz- zato molte volte che il concetto di si- curezza nazionale non dovrebbe es- sere abusato e non dovrebbe esse- re utilizzato come uno strumento per il protezionismo commerciale». Successivamente la Cina ha antici- pato l’intenzione di introdurre mi- sure per proteggere le società cine- si da pratiche «inique» adottate da- gli Stati Uniti. La mossa Usa limita per Huawei gli acquisti di componenti da società a- mericane. Un passo che rende diffi- cile per l’azienda vendere i suoi pro- dotti, vista la loro dipendenza da componenti americani. Negli ultimi tempi Huawei è stata alle prese con gli sforzi per firmare accordi di «non spionaggio» con diversi governi. Trump è da mesi sotto pressione dei «falchi» della sua Amministrazione, che premevano per la firma dell’or- dine esecutivo sulla scia dei timori che le debolezze e le presunte falle N delle apparecchiature Huawei pos- sano essere usate per lo spionaggio da parte di Pechino. La campagna anti-Huawei gli Stati Uniti l’hanno condotta anche fuori dai confini na- zionali, mettendo in guardia gli al- leati sul fatto che gli Usa avrebbero sospeso la condivisione di informa- zioni di intelligence nel caso in cui a- vessero usato tecnologie Huawei o di altre società cinesi per la realizza- zione delle reti 5G. Almeno dall’Europa, però, Trump ha visto alzare un muro. Per il presi- dente francese Emmanuel Macron «non è appropriato lanciare una guerra tecnologica o una guerra commerciale contro qualsiasi Pae- se. La nostra prospettiva non è bloc- care Huawei o altre società, ma pre- servare la nostra sicurezza naziona- le e la sovranità europea». Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier olandese Mark Rutte non intendono seguire il divieto Usa di aprire il proprio mercato a Huawei. La Germania «ha già sviluppato un percorso ben strutturato per deci- dere sulla partecipazione alla rete 5G», ha affermato la cancelliera, al- l’interno del quale sono formulati i criteri generali di sicurezza che de- vono valere per tutte le compagnie interessate. La Commissione Euro- pea sottolinea che «tocca agli Stati membri valutare i rischi connessi a ciascuna proposta garantendo la si- curezza nazionale e europea». Per Trump, dunque, nessuna sponda. Il suo ordine arriva peraltro in un mo- mento di alta tensione nelle relazio- ni fra Stati Uniti e Cina e rischia di complicare le trattative per un ac- cordo commerciale. Un’intesa che appare lontana dopo la rottura del- le ultime settimane e che ora po- trebbe allontanarsi ulteriormente. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ANALISI DI IGNAZIO MUSU Perché è sul digitale la vera battaglia tra Cina e Stati Uniti PIETRO SACCÒ uella su digitale e intelli- genza artificiale è la vera grande battaglia tra Stati Uniti e Cina. «C’è molta at- tenzione sulla guerra commercia- le, ma la vera tensione tra Stati U- niti e Cina è sulla tecnologia» spie- ga Ignazio Musu, professore eme- rito di Economia politica all’Uni- versità Ca’ Foscari di Venezia, che mercoledì assieme all’Associazio- ne Guido Carli ha presentato al Po- litecnico di Milano il libro Econo- mia, società e politica nella Cina di Xi Jinping, da poco edito da Don- zelli. «Trump è un giocatore molto abile, Xi appena meno – ricorda Musu –. Nessuno dei due ha un og- gettivo vantaggio ad andare avan- ti su questa strada dello scontro commerciale. Arriveranno a un ac- cordo. Ma nella cyberwar trovare un’intesa è molto più difficile», per- ché gli interessi delle due potenze sono evidentemente contrastanti: l’avanzata digitale cinese mette a rischio l’egemonia americana sul- l’economia globale. «La Cina non dirà mai che punta all’egemonia – spiega Musu –. È una caratteristi- ca di Xi Jinping: parla sempre del- la “comunità”, del “destino condi- viso” dell’umanità e vuole che la Cina abbia un ruolo e dia il suo contributo». Il problema del contributo cinese, agli occhi delle democrazie occi- dentali, è che a offrirlo è un regime autoritario. «Questo è il vero pun- to, oggi – nota il docente –. Pechi- no dice: non chiediamo che voi a- dottiate il nostro sistema politico, ma non pretendete di imporci il vo- stro. Per molti anni in Occidente si pensava che con la crescita econo- mica la Cina sarebbe spontanea- mente passata alla democrazia. Q Oggi la Cina è invece il migliore e- sempio di come questo passaggio non sia affatto ovvio». Anzi, oggi le democrazie occidentali sono in cri- si mentre i regimi autoritari, come in Cina e in Russia, godono di otti- ma salute. «Le nostre democrazie sono in crisi per problemi nostri, non è colpa dei cinesi. Loro però sono abili a vedere dove ci sono de- bolezze e approfittarne – sottoli- nea Musu –. In Europa prima si so- no accordati con la parte più de- bole, i Paesi dell’Est, quindi con la Grecia e il Portogallo. Infine con l’I- talia. Xi dopo avere firmato il me- morandum sulla Via della Seta è andato in Francia, ma sapeva che lì si doveva limitare a un accordo commerciale. Sanno com’è la si- tuazione, ma hanno molta pazien- za. «Hanno grandi problemi di di- seguaglianza, di demografia, am- biente, indebitamento, hanno bi- sogno di riforme finanziarie. La Belt&Road li aiuta a risolvere so- prattutto problemi interni, ma ri- chiede un sacco di risorse. Hanno riserve enormi, circa 3mila miliar- di di dollari, e un risparmio del 40- 45% del Pil, però anche le loro ri- sorse non sono infinite, soprattut- to perché all’interno c’è una do- manda crescente da parte di una classe media sempre più forte». In questo contesto, le tensioni in- ternazionali difficilmente rientre- ranno. «È un problema enorme, perché ci sono molte questioni che andrebbero affrontate insieme nel mondo: il clima, le diseguaglianze, la robotica… Occorrerebbe coope- rare, ma oggi non è più possibile. L’Europa, che su questo potrebbe fare qualcosa, sembra confusa, in- certa tra la voglia di un rapporto più stretto e la paura dei rischi che comporterebbe». © RIPRODUZIONE RISERVATA CONVEGNO La via della seta: per l’Italia un’opportunità da non perdere CINZIA ARENA Milano a Cina è vicina. L’adesione al- la «La Belt and Road Initiati- ve» (Bri), il più grande pro- getto infrastrutturale e di investi- menti della storia varato nel 2013 da Pechino, lo scorso marzo si può considerare un punto di non ritor- no per il nostro Paese. Stime ufficiali sul monte investi- menti che il progetto muoverà ver- so l’Europa e l’Italia ancora non ve ne sono: è certo, tuttavia, che sa- ranno circa 5 miliardi di Renminbi in totale l’ammontare dei "panda Bond", obbligazioni emesse da CDP nell’ambito dell’intesa di partena- riato strategico sottoscritto tra Cas- sa Depositi e Bank of China, fina- L lizzato a reperire risorse finanziare a supporto delle imprese italiane in Cina. Nell’intesa, si parla anche di un programma di co-finanziamen- to per imprese italiane che investo- no in Cina. È questo uno dei temi tracciati da avvocati, analisti ed imprenditori riuniti oggi a Milano per il primo Britalks, la Conversazione sul Belt and Road Initiative promossa da A- zimut Capital Management, Studio Previti Associazione Professionale, Dezan Shira & Associate, e Tea Web. Un’idea nata prima della sottoscri- zione dell’accordo da parte del go- verno giallo-verde lo scorso 23 mar- zo. «Quando abbiamo iniziato a pensarci ad ottobre non era ancora ipotizzabile una simile svolta – spie- ga Andrea Bernasconi dello Studio Previti –. Abbiamo voluto mettere insieme i diversi punti di vista di co- loro che ogni giorno vivono la Cina. Si è trattato di un evento introdut- tivo al quale sicuramente ne segui- ranno altri su temi specifici». L’Ita- lia ha sottoscritto 29 memorandum ed avrà un ruolo fondamentale nel- le due rotte marittime (mentre altre tre sono quelle terrestri) visto che è previsto il coinvolgimento dei por- ti di Genova, Palermo e Trieste (o Venezia). La scelta italiana non è stata ovviamente accolta con favo- re dagli Usa, che con la Cina hanno in corso una lunga guerra commer- ciale a colpi di dazi. «È chiaro che i nostri alleati nutrano delle preoc- cupazioni ma l’Italia ha un ruolo centrale nel Mediteranneo e non poteva restare fuori da questo pro- getto che coinvolge circa 120 Paesi, circa il 65% della popolazione mon- diale e un terzo del Pil» continua Bernasconi. Accanto alle rotte fisi- che i riflettori sono puntanti sull’e- commerce. Andrea Ghizzoni di Ten- cent Group ha illustrato le poten- zialità di wechat (l’applicazione ci- nese paragonabile a whatapp che consente di chattare, navigare ma anche fare shopping) approdata da poco nel vecchio continente e già utilizzata da alcune griffe del mon- do della moda italiana. In Cina gli u- tenti sono un miliardo. «Per le im- prese italiane – spiega Ghizzoni – lo sbarco su wechat può essere un vo- lano che consente di superare l’ob- bligo di avere un partner commer- ciale in Cina». © RIPRODUZIONE RISERVATA In Asia 2,5 miliardi escono dalle Borse I risultati della guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti si fanno sentire sui mercati finanziari. Secondo un calcolo dell’Institute of International Finance l’annuncio del rialzo dei dazi americani sui prodotti cinesi ha provocato l’uscita di 2,5 miliardi di dollari dai mercati finanziari della Cina la settimana scorsa e di altri 1,5 miliardi solo questo lunedì. La tendenza al ribasso non ha risparmiato Taiwan e altri paesi asiatici emergenti, come Corea del Sud, India e Indonesia: tutti, secondo il rapporto periodico dell’Iif, «hanno rispecchiato la tendenza della Cina, evidenziando i rischi più ampi delle crescenti tensioni commerciali Usa- Cina». È stata la maggiore fuga di capitali dai mercati emergenti da ottobre 2018. Ma anche negli Stati Uniti c’è chi guarda con crescente preoccupazione al degenerare dello scontro. Il colosso del comercio Walmart ha chiuso il primo trimestre con vendite in aumento del 3,4%, sono stati i migliori primi tre mesi degli ultimi nove anni, ma la catena ha ammesso che senza un accordo tra Stati Uniti e Cina potrebbe finire per dovere aumentare i prezzi. Quanto vale il gigante cinese 11 miliardi di dollari Il valore dei componenti che ogni anno Huawei compra da aziende americane come Intel e Qualcomm per realizzare i suoi prodotti 721 miliardi di yuan Il fatturato 2018 di Huawei, pari a circa 94 miliardi di dollari. È il secondo maggiore produttore di smartphone dopo Samsung

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LA SFIDA

Il colosso cinesedelle tlc inserito

nella lista neraamericana del

commercio. Pechinoreagisce: «Solo una

scusa la sicurezzanazionale,

proteggeremo le nostre società»

Merkel e Macron:da noi porte aperte

26 ECONOMIA E LAVORO Venerdì 17 maggio 2019

Divieto Usa per Huaweidall’Ue nessuna spondaPAOLO M. ALFIERI

el pieno delle trattative perun complicato accordocommerciale tra Usa e Ci-

na, la nuova mossa dell’Ammini-strazione Trump contro il colosso ci-nese delle telecomunicazioniHuawei è destinata a sollevare ulte-riori tensioni tra i due Paesi. Interes-si di mercato, contrapposizioni e al-leanze politiche, dubbi su sicurezza,spionaggio e intelligence: nella di-sfida tra Washington e Pechino i va-ri piani si intersecano, mentre l’Eu-ropa, Germania e Francia in testa,sembra non avere intenzione di fa-re da sponda a Trump.Con un ordine esecutivo, il presi-dente Usa ha dichiarato l’altra seralo stato di emergenza nazionale a tu-tela delle reti di comunicazione, u-na decisione — secondo la CasaBianca — in linea con l’impegno as-sunto da Trump di proteggere servi-zi e tecnologia delle informazioni edelle telecomunicazioni degli StatiUniti. L’ordine autorizza il Diparti-mento per il Commercio ad impe-dire alle società statunitensi di trat-tare con determinati fornitori este-ri. Poco dopo, la cinese Huawei e 70sue affiliate sono state inserite nel-la “Entity List”, la lista delle societàconsiderate a rischio per la sicurez-za nazionale.Huawei ha replicato assicurando divoler trattare con il governo ameri-cano «misure efficaci a tutela dellasicurezza dei prodotti». Secondo ilcolosso di telecomunicazioni cine-se, il divieto di operare negli Usa fi-nirà per danneggiare imprese e con-sumatori frenando gli sforzi per svi-luppare il 5G. La risposta delle auto-rità cinesi è arrivata ieri: la Cina «sioppone con forza alla imposizioneunilaterale di sanzioni», ha sottoli-neato il portavoce del ministero delCommercio cinese Gao Feng, se-condo il quale Pechino «ha enfatiz-zato molte volte che il concetto di si-curezza nazionale non dovrebbe es-sere abusato e non dovrebbe esse-re utilizzato come uno strumentoper il protezionismo commerciale».Successivamente la Cina ha antici-pato l’intenzione di introdurre mi-sure per proteggere le società cine-si da pratiche «inique» adottate da-gli Stati Uniti. La mossa Usa limita per Huawei gliacquisti di componenti da società a-mericane. Un passo che rende diffi-cile per l’azienda vendere i suoi pro-dotti, vista la loro dipendenza dacomponenti americani. Negli ultimitempi Huawei è stata alle prese congli sforzi per firmare accordi di «nonspionaggio» con diversi governi.Trump è da mesi sotto pressione dei«falchi» della sua Amministrazione,che premevano per la firma dell’or-dine esecutivo sulla scia dei timoriche le debolezze e le presunte falle

N

delle apparecchiature Huawei pos-sano essere usate per lo spionaggioda parte di Pechino. La campagnaanti-Huawei gli Stati Uniti l’hannocondotta anche fuori dai confini na-zionali, mettendo in guardia gli al-leati sul fatto che gli Usa avrebberosospeso la condivisione di informa-zioni di intelligence nel caso in cui a-vessero usato tecnologie Huawei odi altre società cinesi per la realizza-zione delle reti 5G.Almeno dall’Europa, però, Trump havisto alzare un muro. Per il presi-dente francese Emmanuel Macron«non è appropriato lanciare unaguerra tecnologica o una guerracommerciale contro qualsiasi Pae-se. La nostra prospettiva non è bloc-care Huawei o altre società, ma pre-servare la nostra sicurezza naziona-le e la sovranità europea». Anche lacancelliera tedesca Angela Merkel eil premier olandese Mark Rutte non

intendono seguire il divieto Usa diaprire il proprio mercato a Huawei.La Germania «ha già sviluppato unpercorso ben strutturato per deci-dere sulla partecipazione alla rete5G», ha affermato la cancelliera, al-l’interno del quale sono formulati icriteri generali di sicurezza che de-vono valere per tutte le compagnieinteressate. La Commissione Euro-pea sottolinea che «tocca agli Statimembri valutare i rischi connessi aciascuna proposta garantendo la si-curezza nazionale e europea». PerTrump, dunque, nessuna sponda. Ilsuo ordine arriva peraltro in un mo-mento di alta tensione nelle relazio-ni fra Stati Uniti e Cina e rischia dicomplicare le trattative per un ac-cordo commerciale. Un’intesa cheappare lontana dopo la rottura del-le ultime settimane e che ora po-trebbe allontanarsi ulteriormente.

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L’ANALISI DI IGNAZIO MUSU

Perché è sul digitalela vera battagliatra Cina e Stati UnitiPIETRO SACCÒ

uella su digitale e intelli-genza artificiale è la veragrande battaglia tra Stati

Uniti e Cina. «C’è molta at-tenzione sulla guerra commercia-le, ma la vera tensione tra Stati U-niti e Cina è sulla tecnologia» spie-ga Ignazio Musu, professore eme-rito di Economia politica all’Uni-versità Ca’ Foscari di Venezia, chemercoledì assieme all’Associazio-ne Guido Carli ha presentato al Po-litecnico di Milano il libro Econo-mia, società e politica nella Cina diXi Jinping, da poco edito da Don-zelli. «Trump è un giocatore moltoabile, Xi appena meno – ricordaMusu –. Nessuno dei due ha un og-gettivo vantaggio ad andare avan-ti su questa strada dello scontrocommerciale. Arriveranno a un ac-cordo. Ma nella cyberwar trovareun’intesa è molto più difficile», per-ché gli interessi delle due potenzesono evidentemente contrastanti:l’avanzata digitale cinese mette arischio l’egemonia americana sul-l’economia globale. «La Cina nondirà mai che punta all’egemonia –spiega Musu –. È una caratteristi-ca di Xi Jinping: parla sempre del-la “comunità”, del “destino condi-viso” dell’umanità e vuole che laCina abbia un ruolo e dia il suocontributo».Il problema del contributo cinese,agli occhi delle democrazie occi-dentali, è che a offrirlo è un regimeautoritario. «Questo è il vero pun-to, oggi – nota il docente –. Pechi-no dice: non chiediamo che voi a-dottiate il nostro sistema politico,ma non pretendete di imporci il vo-stro. Per molti anni in Occidente sipensava che con la crescita econo-mica la Cina sarebbe spontanea-mente passata alla democrazia.

QOggi la Cina è invece il migliore e-sempio di come questo passaggionon sia affatto ovvio». Anzi, oggi ledemocrazie occidentali sono in cri-si mentre i regimi autoritari, comein Cina e in Russia, godono di otti-ma salute. «Le nostre democraziesono in crisi per problemi nostri,non è colpa dei cinesi. Loro peròsono abili a vedere dove ci sono de-bolezze e approfittarne – sottoli-nea Musu –. In Europa prima si so-no accordati con la parte più de-bole, i Paesi dell’Est, quindi con laGrecia e il Portogallo. Infine con l’I-talia. Xi dopo avere firmato il me-morandum sulla Via della Seta èandato in Francia, ma sapeva chelì si doveva limitare a un accordocommerciale. Sanno com’è la si-tuazione, ma hanno molta pazien-za. «Hanno grandi problemi di di-seguaglianza, di demografia, am-biente, indebitamento, hanno bi-sogno di riforme finanziarie. LaBelt&Road li aiuta a risolvere so-prattutto problemi interni, ma ri-chiede un sacco di risorse. Hannoriserve enormi, circa 3mila miliar-di di dollari, e un risparmio del 40-45% del Pil, però anche le loro ri-sorse non sono infinite, soprattut-to perché all’interno c’è una do-manda crescente da parte di unaclasse media sempre più forte».In questo contesto, le tensioni in-ternazionali difficilmente rientre-ranno. «È un problema enorme,perché ci sono molte questioni cheandrebbero affrontate insieme nelmondo: il clima, le diseguaglianze,la robotica… Occorrerebbe coope-rare, ma oggi non è più possibile.L’Europa, che su questo potrebbefare qualcosa, sembra confusa, in-certa tra la voglia di un rapportopiù stretto e la paura dei rischi checomporterebbe».

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CONVEGNO

La via della seta: per l’Italia un’opportunità da non perdereCINZIA ARENAMilano

a Cina è vicina. L’adesione al-la «La Belt and Road Initiati-ve» (Bri), il più grande pro-

getto infrastrutturale e di investi-menti della storia varato nel 2013da Pechino, lo scorso marzo si puòconsiderare un punto di non ritor-no per il nostro Paese. Stime ufficiali sul monte investi-menti che il progetto muoverà ver-so l’Europa e l’Italia ancora non vene sono: è certo, tuttavia, che sa-ranno circa 5 miliardi di Renminbiin totale l’ammontare dei "pandaBond", obbligazioni emesse da CDPnell’ambito dell’intesa di partena-riato strategico sottoscritto tra Cas-sa Depositi e Bank of China, fina-

Llizzato a reperire risorse finanziarea supporto delle imprese italiane inCina. Nell’intesa, si parla anche diun programma di co-finanziamen-to per imprese italiane che investo-no in Cina.È questo uno dei temi tracciati daavvocati, analisti ed imprenditoririuniti oggi a Milano per il primoBritalks, la Conversazione sul Beltand Road Initiative promossa da A-zimut Capital Management, StudioPreviti Associazione Professionale,Dezan Shira & Associate, e Tea Web.Un’idea nata prima della sottoscri-zione dell’accordo da parte del go-verno giallo-verde lo scorso 23 mar-zo. «Quando abbiamo iniziato apensarci ad ottobre non era ancoraipotizzabile una simile svolta – spie-ga Andrea Bernasconi dello Studio

Previti –. Abbiamo voluto mettereinsieme i diversi punti di vista di co-loro che ogni giorno vivono la Cina.Si è trattato di un evento introdut-tivo al quale sicuramente ne segui-ranno altri su temi specifici». L’Ita-lia ha sottoscritto 29 memorandumed avrà un ruolo fondamentale nel-le due rotte marittime (mentre altretre sono quelle terrestri) visto che èprevisto il coinvolgimento dei por-ti di Genova, Palermo e Trieste (oVenezia). La scelta italiana non èstata ovviamente accolta con favo-re dagli Usa, che con la Cina hannoin corso una lunga guerra commer-ciale a colpi di dazi. «È chiaro che inostri alleati nutrano delle preoc-cupazioni ma l’Italia ha un ruolocentrale nel Mediteranneo e nonpoteva restare fuori da questo pro-

getto che coinvolge circa 120 Paesi,circa il 65% della popolazione mon-diale e un terzo del Pil» continuaBernasconi. Accanto alle rotte fisi-che i riflettori sono puntanti sull’e-commerce. Andrea Ghizzoni di Ten-cent Group ha illustrato le poten-zialità di wechat (l’applicazione ci-nese paragonabile a whatapp checonsente di chattare, navigare maanche fare shopping) approdata dapoco nel vecchio continente e giàutilizzata da alcune griffe del mon-do della moda italiana. In Cina gli u-tenti sono un miliardo. «Per le im-prese italiane – spiega Ghizzoni – losbarco su wechat può essere un vo-lano che consente di superare l’ob-bligo di avere un partner commer-ciale in Cina».

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In Asia2,5 miliardiesconodalle Borse

I risultati della guerradei dazi tra Cina eStati Uniti si fannosentire sui mercatifinanziari. Secondoun calcolodell’Institute ofInternational Financel’annuncio del rialzodei dazi americani suiprodotti cinesi haprovocato l’uscita di2,5 miliardi di dollaridai mercati finanziaridella Cina lasettimana scorsa e dialtri 1,5 miliardi soloquesto lunedì. Latendenza al ribassonon ha risparmiatoTaiwan e altri paesiasiatici emergenti,come Corea del Sud,India e Indonesia:tutti, secondo ilrapporto periodicodell’Iif, «hannorispecchiato latendenza della Cina,evidenziando i rischipiù ampi dellecrescenti tensionicommerciali Usa-Cina». È stata lamaggiore fuga dicapitali dai mercatiemergenti da ottobre2018. Ma anche negliStati Uniti c’è chiguarda con crescentepreoccupazione aldegenerare delloscontro. Il colossodel comercio Walmartha chiuso il primotrimestre con venditein aumento del 3,4%,sono stati i miglioriprimi tre mesi degliultimi nove anni, mala catena haammesso che senzaun accordo tra StatiUniti e Cina potrebbefinire per dovereaumentare i prezzi.

Quanto valeil gigante

cinese11 miliardi di dollariIl valore dei componenti che ogni anno Huaweicompra da aziende americane come Intele Qualcomm per realizzare i suoi prodotti

721 miliardi di yuanIl fatturato 2018 di Huawei, pari a circa 94miliardi di dollari. È il secondo maggioreproduttore di smartphone dopo Samsung

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