Samsung e la Per Kantar Huawei è Voto elettronico: dove TV ... · Voto elettronico: dove si usa...
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
Come scattare la foto perfetta alla super-lunaTorna la luna gigante, vi spieghiamo come catturare foto emozionanti utilizzando una reflex e un cavalletto
JBL, Infinity e AKG parlano coreanoSamsung fa sua Harman per 8mld $L’acquisizione, guidata dall’interesse per il mondo car e l’audio di qualità, è più rilevante della storia di Samsung02
TV OLED: la gamma LG 2017. Pronta anche Sony?
Voto elettronico: dove si usa nel mondo e come funziona 05
Per Kantar Huawei è leader in Italia, ma Gfk la smentisce 03
Nuova vita al vecchio PC con un SSDGuida pratica alla sostituzione dell’hard disk del PC con una nuova e più veloce unità SSD
IN PROVA
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In test Hyundai IONIQ Elettrica in 3 versioni
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Huawei Mate 9 La prova in anteprima
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Samsung e la grande chance dell’audio di qualitàE Samsung si comprò il gruppo Harman per la cifretta monstre di 8 miliardi di dollari. Harman è qualcosa di più “dell’azienda leader nella nell’elettronica delle connected car”, come è stata presentata dai quotidiani e dallo stesso comunicato di Samsung. Harman è il più grande colosso nell’audio e nell’alta fedeltà, che governa e controlla marchi storici e importantissimi come harman/kardon, JBL, Mark Lenvinson, AKG, Lexicon e Infinity, oltre ad avere un ruolo primario nel settore dell’audio professionale: buona parte dei grandi diffusori nei cinema di tutto il mondo sono JBL. A onor del vero, anche i diffusori dei TV del grande competitor LG sono marchiati Harman.
Samsung, giustamente, cerca nuovi ambiti di crescita fuori dal “mainstream” di smartphone e TV, mercati che stanno per diventare saturi in tutto il mondo e che per i prossimi anni vivranno quasi esclusivamente di sostituzione. La buona notizia è che la decisione di Samsung sia quella di crescere nel settore audio, perché Harman è un’azienda francamente audio. Gli investitori di Samsung preferiscono forse pensare che i soldi in cassa (l’azienda finanzierà interamente l’acquisizione con la propria liquidità) vengano spesi per entrare con il piede giusto nella sfida delle auto connesse: in parte è anche così; ma il know-how di Harman è nell’alta fedeltà e nella riproduzione audio, in macchina, a casa, nelle grandi sale cinematografiche, negli stadi e nei palazzetti.
Audio, audio hi-fi, alta fedeltà: parole che a molti sembrano essere diventate vecchie trent’anni fa. Probabilmente anche ai chi ha scritto il comunicato stampa di Samsung. Certamente, l’elettronica in auto è un ambito non nuovo ma in cui Samsung non ha mai contato e dove quindi può lecitamente aspirare a crescere. Ma se Samsung ha l’obiettivo di crescere, anche l’audio domestico e personale può dare grandi soddisfazioni. Negli ultimi anni, dopo il boom e lo “sboom” dell’home theater, la sensibilità e la cultura della buona riproduzione audio sono crollate ai minimi storici. Samsung stessa, in uno spot di un paio di anni fa – tra i meno riusciti - proponeva come (poco credibile) sistema di riproduzione audio un “gruppo” di diversi Galaxy S sincronizzati tra loro. Le orecchie, in tempi di smartphone e auricolari da 2 dollari, si sono allenate a sentire male e ora il mercato è tutto da ricostruire; e quindi può tornare a crescere, anche se con paradigmi nuovi. Se la musica, nel frattempo, fosse sparita, le prospettive sarebbero cupe; invece non si è mai ascoltata così tanta musica come oggi, grazie soprattutto a Internet e ai sistemi di streaming. Per questo gli 8 miliardi di Samsung sono ben spesi: c’è da migliorare (e non ci vuole tanto) l’audio di tutti i prodotti di elettronica di consumo, dai TV, mai caduti così in basso, ai sistemi audio domestici, anch’essi spesso sotto i minimi sindacali. C’è poi da cambiare la sensibilità al buon suono di tutta una generazione cresciuta senza alta fedeltà. C’è da fare, insomma, e Harman filiale di Samsung può fare di più e meglio di un’Harman indipendente. A patto che, come promesso, non ci saranno “incorporazioni” e gli ingegneri Harman saranno lasciati liberi di creare i sistemi audio del futuro.
Gianfranco Giardina
Come il Wi-Fi rivoluzionerà i trasportiSiamo saliti a bordo delle auto e dei camion del futuro percorrendo 10 km di strade “intelligenti”
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
Kantar la spara grossa Huawei n.1 in Italia al posto di Samsung Ma non è veroNell’ultimo trimestre Huawei sarebbe diventato il numero 1 degli smartphone in Italia sorpassando Samsung Ma le vere quote di mercato sono diverse di Roberto PEZZALI
“In Italia Huawei ha scavalcato Samsung come nuovo leader de-gli smartphone diventando con il 27.3% di quote di mercato il nuovo top brand, un salto del 15.2% ri-spetto al terzo trimestre del 2015. Samsung è scesa al 24.7”, un de-clino netto dal 40.6% del prece-dente trimestre.” Una bomba di mercato lanciata da Kantar World Panel, stimata società di analisi di mercato, che ha pubblicato un co-municato con la situazione paese per paese del mercato degli smar-tphone, delineando con la frase ri-portata sopra come in Italia le cose siano cambiate: Huawei sarebbe il nuovo numero 1. Peccato che non sia così: Samsung è ancora il nu-mero uno e con un discreto margi-ne. Non è dato sapere quali siano gli elementi che hanno portato Kantar a rilasciare dati così distanti dalla realtà italiana, ma è certo che nonostante la crescita innegabile di Huawei nel nostro paese la di-stanza tra i due marchi, se pren-diamo le quote di mercato GFK, è superiore al 10% sia a valore che a pezzi venduti. Huawei è attorno al 20% oggi in Italia, Samsung è abbondantemente sopra il 30%. Senza calcolare poi che nei giochi rientra anche Apple, che ha iniziato a vendere subito l’iPhone 7 e che in Italia ha una quota che non si può certo considerare irrilevante. La filiale italiana di Samsung, ri-masta colpita dalla notizia, ha ovviamente chiesto spiegazioni a Kantar.
di Roberto FAGGIANO
Sui tavoli della RIAA, l’associazio-
ne delle case discografiche USA
arrivavano da tempo strani dati di
vendita: mentre sul mercato tradiziona-
le le vendite di compact disc erano so-
stanzialmente stabili, su Amazon i dati
erano inspiegabilmente negativi.
Fiutando il problema, la RIAA ha ordinato
casualmente 194 dischi su Amazon.com
e ha atteso la consegna. I risultati hanno
confermato i dubbi ma hanno messo in
luce risultati ancora peggiori del previ-
sto: su 194 titoli ordinati ben 44 erano
dei falsi, con molta probabilità prodotti
in Cina replicando perfettamente il CD
originale. Secondo il report pubblicato
dal Wall Street Journal l’analisi dei falsi
ha anche visto una concentrazione nel-
la categoria Greatest Hits, dove su 36
CD ordinati ben 28 erano dei falsi.
La RIAA ha ordinato i CD da diversi for-
nitori e ha dovuto constatare che risul-
tavano falsi anche alcuni dischi venduti
direttamente da Amazon. Una volta in-
formato della situazione, il colosso delle
vendite online ha garantito un maggiore
controllo dei fornitori e ribadito la sua li-
nea dura contro chi vende prodotti falsi-
ficati, come già avvenuto recentemente
con gli accessori Apple.
La RIAA dal canto suo continuerà a
vigilare sui prodotti falsi anche se il
compito è molto arduo: le copie cinesi
sono realizzate in modo estremamente
accurato, tanto che perfino gli esperti
chiamati a controllare i CD hanno avuto
molti dubbi prima di dichiararli falsificati.
Molti falsi giungono anche dalla Russia,
ma sarebbero molto più facilmente in-
dividuabili.
MERCATO Sconcertante risultato di un inchiesta svolta dalla Associazione dei discografici USA
Il 22% dei CD acquistati su Amazon è falsoSu 194 compact disc 44 erano contraffatti, alcuni dei quali venduti direttamente da Amazon Le tracce dei malfattori portano in Cina, Amazon promette massima severità nei controlli
di Dario RONZONI
E videntemente l’affaire Galaxy Note 7
non ha pesato poi così tanto sul por-
tafogli di Samsung. È questo il pen-
siero, tra il serio e il faceto, balenato a
molti di fronte alle notizie che rimbalzata
da Seul: il colosso coreano ha infatti annunciato l’acquisizione di Harman, colosso statunitense di apparecchiature
video e audio Hi-Fi, per la cifra record
di 8 miliardi di dollari: giusto per dare
un’idea, il gruppo Harman consta di
marchi quali JBL, Harman Kardon, Mark
Levinson, AKG, Lexicon, Infinity e Revel.
Non per niente si tratta dell’acquisizione
più costosa nella storia di Samsung. No-
nostante le indubbie sinergie in tutti que-
sti settori, l’acquisto è un altro tassello
che va a comporre il puzzle dell’impegno
sempre più diretto di Samsung in campo
automotive. Harman del resto fornisce al
comparto auto una vasta gamma di siste-
mi di infotainment e la sua acquisizione
rappresenta l’ideale testa di ponte per un
ingresso in pompa magna nel segmento,
che è previsto in fortissima crescita per
tutto il prossimo decennio. Stando alle di-
chiarazioni del CEO di Samsung Oh-Hyun
Kwon, le due compagnie si completano a
vicenda in termini di tecnologie, prodotti
e soluzioni. Di fronte ai progetti di auto a
guida autonoma di Google, Tesla e altri,
pare che Samsung voglia concentrarsi al
MERCATO Il colosso coreano finanzia con la sola cassa la sua più grande acquisizione
Samsung compra Harman per 8 miliardi di $ L’obiettivo dichiarato è “salire” in automobile Harman è un colosso dell’audio, forte anche nei sistemi di car infotainment, dove Samsung non c’è
momento su una tecnologia connessa
più facilmente applicabile in tempi brevi,
con ripercussioni immediate sul mercato.
L’accordo con Harman non può che ac-
celerare il processo.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Gianfranco GIARDINA
P rosegue la querelle sulle quote di mercato nel mer-
cato italiano della telefonia. La “bomba” era scop-piata qualche giorno fa con la pubblicazione da
parte della stimata società di ricerche di mercato Kantar
del proprio rapporto relativo al terzo trimestre 2016.Uno dei dati più rilevanti tra quelli comunicati era sta-
to il brusco crollo della quota di mercato Samsung e il
relativo sorpasso in testa alla classifica delle vendite di
Huawei.
“In Italy, Huawei replaced Samsung as the reigning
smartphone leader to become the top brand sold at
27.3%, a 15.2 percentage point gain vs. the third quarter
2015. Samsung accounted for 24.7% of smartphone sa-
les in Italy, a decline from 40.6%”.
La notizia è stata ripresa pari pari – anche un po’ incau-
tamente – da diversi mezzi di stampa (ci è cascata anche
Ansa) e di certo ha colto di sorpresa Samsung, che ritie-
ne i dati Kantar irrealistici. Anzi, peggio: “I dati Kantar ci
sorprendono ma non li riteniamo rilevanti – ci ha detto
Carlo Barlocco, Presidente di Samsung Italia -. Siamo
dal 2011 i leader indiscussi del mercato smartphone in
Italia, leadership che si conferma anche nel terzo trime-
stre 2016, con una quota di mercato del 40% secondo i
dati GfK, istituto di ricerca di riferimento del mercato”.
Huawei Italia, presunta prima in classifica, non commen-
ta i dati di Kantar ma si limita a darci la sua attuale quo-
ta di mercato in Italia: “La nostra quota di mercato per
il mese di settembre secondo i dati GfK è del 23,6%”.
Certamente la crescita di Huawei è davvero rilevante
(lo scorso anno nel medesimo mese era a meno della
metà di quota di mercato, pari al 10,9%) e un eventuale
sorpasso a Samsung resta tra le cose che potrebbero
concretizzarsi nei prossimi mesi, ma non sembra affatto
che la questione sia di stretta attualità nel nostro Paese.
Visto quindi un differenziale di circa il 17% riconosciuto
dai due produttori coinvolti, ci si aspettava una sorta di
revisione dei dati da parte di Kantar. La società, invece,
da noi contattata, si è detta “Fiduciosa nei confronti della
validità dei dati italiani e della metodologia applicata”,
MERCATO Kantar, che ha “detronizzato” Samsung da leader della telefonia in Italia a favore di Huawei, diventa un caso
Kantar-Gate: la società di ricerche conferma i dati Ma sia Samsung che Huawei la smentisconoKantar conferma i dati trimestrali, malgrado i concorrenti diano numeri diversi. I media nel frattempo danno la notizia
sgombrando quindi il campo da ogni possibile marcia
indietro. “Non intendiamo commentare ulteriormente
la vicenda”, è stata la chiusura secca dell’azienda alle
nostre richieste di ulteriori chiarimenti. Su Twitter, Kantar
sembra aver dato la responsabilità delle differenze tra
il proprio dato e quello GfK al fatto che il panel Kantar
monitori sia gli acquisti in negozio che online, contraria-
mente a quello che – sempre secondo Kantar - farebbe
GfK.
Besana (GfK): “Una questione di metodologie. E l’online lo rileviamo eccome”Abbiamo quindi chiesto a GfK, società che viene nor-
malmente utilizzata come riferimento dalle aziende per
le quote di mercato in tutta l’elettronica di consumo, di
provare a spiegarci il perché di tale differenza tra i pro-
pri dati e quelli Kantar. Antonio Besana, Deputy General
Manager Italy and Retail Director di GfK da noi raggiun-
to telefonicamente, prima ancora di entrare nel merito
della questione, ci ha tenuto a precisare di non voler
cogliere questa occasione per commentare i dati pub-
blicati da un’azienda concorrente. “Detto questo – ha
proseguito Besana – ci sono delle grandi differenze
nella metodologia: Kantar, come ho letto sul loro sito,
fanno 10mila rilevazioni per trimestre con metodo CAWI
(ovverosia Computer Assisted Web Interview, ovverosia
contattando gli utenti via Internet, ndr); i nostri dati si
riferiscono invece a un campione di 2,5 milioni di os-
servazioni riferite ad atti di acquisto di telefonia mobile
reali e certificati nell’ultimo trimestre, sia nei negozi che
online”. Differenze sui dati presentati dalle due aziende
sarebbero quindi fisiologici, ma l’accuratezza del dato
sarebbe tutta dalla parte di GfK, dato che le 10mila ri-
levazioni Kantar non sono necessariamente legate solo
ad acquisti di telefonia, riducendo ulteriormente il già
esiguo campione; inoltre, la sola rilevazione via Web
in qualche modo limita il campione a solo un fascia di
utenti non pienamente rappresentativa del mercato. Ri-
guardo al canale online, Besana ha rigettato l’insinuazio-
ne circolata in rete: “Sono male informati: noi rileviamo
eccome il canale online”.
Perché le quote di mercato sono importantiQualcuno potrebbe essere portato a pensare che le quo-
te di mercato siano solo un esercizio sterile a favore di
qualche presentazione aziendale. Invece la partita è mol-
to più rilevante. Basti pensare che gli obiettivi stessi delle
filiali locali e gli incentivi relativi manager delle diverse
aziende sono spesso legati proprio alle quote di mercato.
In tempi in cui anche i più attenti sondaggisti del mondo
hanno sbagliato le previsioni e le proiezioni relative alle
elezioni, probabilmente anche definire in maniera chiara
le quote di mercato è diventato difficile. Cambiando la
metodologia, i risultati cambiano anche di molto e solo
chi fa uno sforzo di analizzare molti dati riesce ad ottene-
re quote statisticamente “solide”. Il passo falso di Kantar
- peraltro ostinatamente confermato dalla società - getta
un grave dubbio sull’attendibilità di questi dati e sulla
metodologia applicata per ricavarli: avrà ancora senso in
futuro commentare i dati del Kantar Worldpanel?Carlo Barlocco, Presidente di Samsung Italia. Antonio Besana di GfK
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
D ash Button arriva finalmente in Ita-
lia: Amazon ha infatti lanciato i due
nuovi servizi “Iscriviti e Risparmia”
e “Pantry”, ora con i bottoni Dash va a
chiudere un cerchio offrendo al consu-
matore una nuova modalità per ordinare
quei prodotti che tendono a consumar-
si nell’uso quotidiano. Il funzionamento
è semplice: il cliente associa il bottone
ad uno dei prodotti disponibili e quan-
do clicca sul tasto parte l’ordine. I clienti
Prime, ed è bene dirlo perché i bottoni
Dash sono riservati a chi è abbonato ad
Amazon Prime, riceveranno l’ordine nei
tempi brevi previsti dalla spedizione rapi-
da senza ovviamente costi aggiuntivi.
I bottoni Dash costeranno 4.99 euro su
Amazon, importo che verrà però detratto
dal primo ordine effettuato. Amazon ha
già preparato un catalogo con i marchi
più popolari: si possono già ordinare i
tasti di Ace, Barilla, Biorepair, Brabantia,
Caffè Vergnano 1882, Dash, Derwent,
Durex, Fairy, Finish, GBC, Gillette, Hug-
gies, Kleenex, L’Angelica, Lines, Lines
Specialist, Mulino Bianco, Nerf, Nobo,
Pampers, Pellini, Play-Doh, Rexel, Scholl,
Scottex, Scottonelle e Tampax.
Amazon Dash Button funziona material-
mente sfruttando il Wi-Fi di casa: utiliz-
zando l’app per smartphone di Amazon
si possono configurare i singoli bottoni
dando l’accesso alla propria rete wire-
MERCATO Un telepass per lo shopping, per ordinare i prodotti basta un semplice un click
Amazon Dash Button arriva anche in ItaliaTra i primi bottoni disponibili quelli di Barilla, Biorepair, Gillette, Mulino Bianco e Pellini Caffè
less e impostando il
tipo di prodotto che
si vuole ricevere alla
pressione. Ad ogni
bottone può essere
associato un singolo
prodotto o un bun-
dle di prodotti se
questo viene prepa-
rato dal produttore.
Il bottone è pronto: può essere attaccato
alla lavatrice, inserito in una credenza o
nell’armadietto in bagno: quando un pro-
dotto sta per terminare basta premere il
pulsante Dash per ordinarlo nuovamen-
te. Sono previste ovviamente soluzioni
“anti bimbo”: fino a quando l’ordine non
è stato consegnato non può essere in-
viato un altro ordine, quindi se in famiglia
più persone premono il bottone arriverà
solo ed esclusivamente una cosa. Que-
sta opzione può essere disabilitata, ma
ovviamente un bimbo che gioca con il
bottone potrebbe richiedere inavver-
titamente decine e decine di prodotti.
L’utente dell’account Amazon collegato
ai bottoni verrà ovviamente avvisato del-
l’ordine, e può comunque annullarlo pri-
ma della spedizione: inoltre come ogni
prodotto Amazon può essere reso senza
problemi. I clienti Prime possono preor-
dinare Dash Button alla pagina www.amazon.it/dashbutton e le spedizioni
partiranno il 15 novembre.
Amazon ha
annunciato
la disponi-
bilità anche
in Europa di
Amazon Dash
Replenishment, un
servizio cloud che
consente ai produttori
di dispositivi di abilitare i propri prodotti
dotati di connettività in modo che ordini-
no in automatico gli articoli da Amazon:
il bottone Bash potrà così essere inserito
in una lavatrice o in una macchina del
caffè dal produttore, e in alcuni casi au-
tomaticamente potrà essere addirittura
il prodotto a effettuare un ordine quando
una scorta sta per terminare. Tra i pro-
duttori di dispositivi che stanno lavoran-
do sull’integrazione con Dash Replenish-
ment sono presenti Grundig, KYOCERA,
Samsung e Whirlpool insieme a Beko,
Bosch e Siemens per quanto riguarda gli
elettrodomestici.
di Alvise SALICE
Al di là delle più rosee aspettative:
1 miliardo di dollari nei primi 5
minuti, 5.2 miliardi di dollari nella
prima ora, 11.9 a mezzogiorno. Il gigante
Alibaba, controparte cinese di Amazon,
supera di slancio gli spaventosi nume-
ri raggiunti l’11 novembre dello scorso
anno, quando il giro d’affari registrato
su Alipay (la piattaforma per il paga-
mento online del gruppo di Jack Ma) a
conclusione della Giornata dei Single si
fermò ad una quota equivalente a 14,3
miliardi di Dollari US.
Con uno show degno dei migliori ca-
MERCATO La piattaforma cinese di e-commerce di Jack Ma ha registrato numeri allucinanti
Alibaba da record: vendite per miliardi in poche ore Nella festa dei single vendite per 1 miliardo di dollari nei soli primi 5 minuti dell’evento
podanni, il fondatore Jack Ma è stato
protagonista dell’avvicinamento alla
mezzanotte, mentre milioni e milioni
di cinesi guardavano online il Global
Shopping Festival Countdown Gala,
attendendo spasmodicamente lo scoc-
care dell’11/11.
Per dare il via alla Giornata dei Single
in grande stile, Alibaba ha riunito alcune
star planetarie dello sport e dello spet-
tacolo: dall’attrice hollywoodiana Scar-
lett Johansson all’ex campione NBA
Kobe Bryant, passando per lo “spice
boy” David Beckham. Grande assente
Katy Perry, che ha annullato il concerto
previsto ufficialmente a causa di proble-
mi familiari (ma sono in molti a ritenerla
invece una forma di solidarietà a Hillary
Clinton, a lungo sostenuta dalla cantan-
te durante la campagna elettorale).
Il tracotante successo dell’iniziativa di
Alibaba dimostra al mondo intero le
potenzialità di questo gruppo e-com-
merce: già monopolista incontrastata
in Cina, ma nicchia di basso rilievo sul
mercato occidentale (dove Amazon la
fa da padrone), la struttura creata da
Jack Ma intende raggiungere entro die-
ci anni una penetrazione del 50% pres-
so tutti i mercati non cinesi.
WhatsApp attiva la verifica in due passaggi Addio al “trucco” della segreteria telefonicaLa nuova beta di WhatsApp per Android impedisce ai malintenzionati di leggere messaggi di un altro account di Franco AQUINISulla nuova beta di WhatsApp per Android spunta finalmente la verifica in due passaggi, il noto si-stema di sicurezza che aggiunge alla classica password un metodo di autenticazione in più. Finora, il sistema richiedeva soltanto la verifica del numero telefonico, ottenuta inviando un codice via SMS o telefonata. La procedura è sempre stata poco sicura e la scoperta fatta da InTheCyber sul-la possibilità di sfruttare la segre-teria telefonica per intercettare questo codice, cui è seguito l’ap-profondimento di dday.it, non ha fatto che aumentare questa cer-tezza. Whatsapp ha quindi deciso di aggiungere un ulteriore livello di sicurezza con una password da sei caratteri che verrà richiesta in aggiunta alla verifica telefonica. Con una nota WhatsApp ha av-visato che, con la verifica in due passaggi attiva, sarà impossibile verificare di nuovo WhatsApp (ovvero attivarlo su un altro di-spositivo) senza passcode nei sette giorni successivi all’ultimo utilizzo. Per questo motivo, pro-segue la nota, se si dimentica la passcode e non si fornisce un in-dirizzo email per disabilitarla, non sarà possibile in nessun modo riverificare WhatsApp nei sette giorni successivi l’ultimo utilizzo. Se l’account verrà verificato dopo 30 giorni dall’ultimo uso della password, allora verrà totalmente cancellato l’account e ne verrà creato uno nuovo. La funzione è ancora in beta, ma sembra un de-ciso passo in avanti sul fronte del-la sicurezza rispetto al passato.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Gaetano MERO
I l diritto di voto in Italia è sancito dall’articolo 48 della
Costituzione ed esteso a tutti i cittadini che abbia-
no compiuto la maggiore età. Dall’introduzione del
suffragio universale la società ha attraversato grandi
cambiamenti di tipo culturale ed economico, qualcosa
però è rimasto pressoché immutato nel nostro Paese:
il sistema di voto. Dopo le elezioni presidenziali ame-
ricane e a pochi giorni dalla chiamata alle urne dei
cittadini italiani per il referendum costituzionale si ria-
pre puntualmente il dibattito sul voto elettronico quale
alternativa alla classica scheda elettorale cartacea. La
questione è alimentata dai dati di affluenza alle urne in
Italia che hanno registrato un crollo nell’ultima con-sultazione referendaria, risalente allo scorso aprile, in
cui solo il 31% degli aventi diritto si è recato a votare
e ad una generale disaffezione alle ultime elezioni di
Camera e Senato in cui solo il 75% della popolazione
ha espresso la propria preferenza. Non è difatti errato
pensare all’e-voting come un metodo per avvicinare
nuovamente i cittadini all’esercizio di uno dei più im-
portanti diritti messi a disposizione dalla democrazia vi-
sti gli effettivi miglioramenti ottenuti in altri stati europei
come Francia ed Estonia. In più, considerando l’attuale
situazione del Centro-Italia, in cui molti cittadini versa-
no nella condizione di sfollati a seguito del sisma che
ha colpito a più fasi il nostro territorio, una piattaforma
di voto digitale potrebbe fare la differenza semplifican-
do l’accesso alle urne nelle zone più colpite.
Nello specifico la votazione elettronica o e-voting per-
mette di esprimere il proprio voto mediante processi
informatici che implicano l’utilizzo di computer, elabo-
ratori e, nei sistemi più recenti, del web. Se in alcuni
settori come quello privato il voto tramite Internet è or-
mai accettato e previsto dalle normative vigenti, in Eu-
ropa ad esempio la CE si è espressa favorevolmente
nel 2007 sull’e-voting per le società quotate in Borsa,
i problemi sorgono quando si entra nella disciplina po-
litica. I sistemi di voto elettronico che comportano l’uti-
lizzo di PC e software gestionali per memorizzare ed
effettuare il conteggio delle preferenze espresse dagli
elettori, ed eventualmente una connessione alla rete,
faticano ad affermarsi a seguito di timori, alcuni a ra-
gion veduta altri meno, sulla correttezza e trasparenza
dell’intera procedura di voto e soprattutto sul delicato
aspetto della privacy.
In America si vota elettronicamenteLa prima forma di e-voting adottata in America, in uso
ancora oggi in alcuni Stati, è stata su scheda perforata,
un sistema in cui all’elettore è richiesto semplicemen-
te di effettuare un foro accanto al nome del candidato
prescelto. La tessera va poi inserita in un lettore appo-
sito che memorizza il voto e tiene conto delle prefe-
renze totali espresse fornendo un risultato immediato
SOCIAL MEDIA WEB Dopo il voto USA e a poche settimane dal referendum costituzionale, ci si interroga sul voto elettronico
Il voto elettronico: dove si utilizza nel mondo In Italia siamo ancora fermi a carta e matitaPotrebbe semplificare le nostre procedure di voto, ecco come funziona nel mondo e le sperimentazioni eseguite in Italia
grazie ad un elaboratore.
La situazione nei 50 Stati che
compongono gli USA appare
assai variegata come è pos-
sibile osservare dal grafico
disponibile sul sito istituzio-
nale Verified Voting: anche
all’interno dello stesso Stato
si possono incontrare diverse
metodologie di voto in quan-
to ogni contea ha la libertà
di decidere autonomamente.
Alla scheda perforata difatti si
aggiungono i sistemi a lettura
ottica e i sistemi a registrazio-
ne elettronica diretta (DRE) che, a loro volta, possono
prevedere una ricevuta cartacea comprovante il voto
oppure essere totalmente digitali. Ciò che accomuna
tali forme di e-voting è la necessaria presenza dell’elet-
tore presso le urne, fatta eccezione per il voto tramite
corrispondenza qui non contemplato, che deve essere
dunque riconosciuto dal sistema elettronico prima di
effettuare la votazione.
L’approccio con le urne automatizzate, diventate negli
anni schemi touch, non è stato dei più semplici. Si sono
infatti scatenati diversi dibattiti circa l’effettiva valenza
di tali sistemi, del metodo di calcolo degli errori degli
elettori, dei possibili malfunzionamenti al macchinario
o al software e soprattutto la possibilità di manomissio-
ni da parte di hacker. In particolare, ciò che ha smosso
di più la sensibilità pubblica in tema di elezioni è stato
l’episodio accaduto durante le elezioni presidenziali
del 2000 in Florida quando le schede perforate ripor-
tarono un errore di “impaginazione” che spingeva gli
elettori a commettere degli sbagli durante l’espressio-
ne del voto e a cui fece seguito una battaglia legale tra
i candidati George W. Bush e Al Gore. Ciò ha compor-
tato una quasi totale abolizione di tale sistema in favore
dei DRE considerati più sicuri.
Europa: due facce della stessa medagliaIn Europa la situazione in tema di e-voting è comples-
sa. Gli esperimenti per l’adozione del voto elettronico
non sono mancati anche se la maggior parte sono stati
bruscamente interrotti o mai usciti dalla fase embrio-
nale. Una mappa aggiornata al 2015 pubblicata dal
sito e-voting.cc riesce a dare un’idea di come le cose
stiano andando nel Vecchio Continente e nel resto del
mondo. Molti Stati europei, tra cui l’Italia come vedre-
mo successivamente, sembrano in una fase di stallo
dalla quale è complicato uscire o, peggio, si mostrano
totalmente disinteressati ad avviare un dibattito sull’ar-
gomento.
Germania e Norvegia sono i Paesi che più escono
scottati dal sistema elettronico. Il Ministero degli Enti
Locali e dello Sviluppo Regionale norvegese dopo un
periodo sperimentale iniziato nel 2003 con l’introdu-
segue a pagina 06
torna al sommario 6
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
SOCIAL MEDIA WEB
Voto elettronico nel mondosegue Da pagina 05
zione di una piattaforma per il voto online ha deciso nel
giugno di 2014 di interrompere ogni forma di e-voting.
La scelta è stata presa a seguito di continui discussio-
ni parlamentari in ambito di sicurezza del sistema che
non garantiva una precisa autenticazione dei voti. In tal
modo si è voluto salvaguardare il principio di segretez-
za e libertà di voto da parte dei cittadini preferendo il
sistema tradizionale.
In Germania è stata la Corte Costituzionale a stabilire
nel 2009 che il voto digitale fosse incompatibile con
una procedura corretta nello svolgimento delle elezio-
ni, abolendone dunque ogni forma. Lo Stato tedesco
aveva avviato una fase di test tra il 2000 e il 2006 con
macchine DRE scatenando una serie di preoccupazioni
nei cittadini circa il funzionamento del software di ge-
stione e nella sua affidabilità.
Francia ed Estonia costituiscono l’altra faccia della
medaglia, in cui l’e-voting ha superato i pregiudizi e le
incertezze assumendo le sembianze di un sistema di
votazione valido ed affidabile. Già nel 2003 i france-
si residenti negli USA hanno potuto eleggere i propri
rappresentati utilizzando una nuova piattaforma online,
preferita al sistema tradizionale da oltre il 60% degli
aventi diritto. La stessa procedura è stata successiva-
mente adoperata per le primarie presidenziali nel 2007
in 750 seggi facendo registrare un picco nell’affluenza.
L’Estonia è stata tra le prime nazioni a garantire ai propri
cittadini l’opportunità di voto tramite Internet. Nel 2005
per gli elettori estoni fu possibile utilizzare un PC con-
nesso, la carta d’Identità digitale ed un lettore di smart
card apposito collegato al computer per poter esprime-
re la propria preferenza per gli incarichi politici locali,
due anni dopo la procedura è stata estesa anche alle
elezioni nazionali. Oggi la piattaforma è cresciuta acqui-
stando la fiducia dei cittadini tanto che nel 2014 oltre
il 30% degli elettori ha scelto di utilizzare l’e-voting a
scapito del metodo tradizionale. La comodità di questo
sistema connesso risiede naturalmente nel poter svol-
gere comodamente da casa le operazioni di voto senza
dover obbligatoriamente presenziare alle urne.
In Italia tutto da rifareItalia, punto e a capo. I dibattiti online sui pro e i con-
tro circa la possibile introduzione di un sistema di voto
elettronico nel nostro Paese proliferano ad ogni appun-
tamento dei cittadini con le urne. In Italia non esistono
però allo stato attuale delle vere e proprie linee guida
da perseguire né un programma politico che porti ver-
so l’e-voting.
Bisogna davvero rinunciarci per sempre? In realtà qual-
cosa si era mosso già all’inizio degli anni 2000 quando
in Sardegna, Liguria, Lazio e Puglia grazie al Ministero
dell’Interno sono stati avviati i primi test in tal senso,
utilizzando dapprima dei lettori ottici e poi dei sistemi
computerizzati più classici in circa 13.000 sezioni.
Più recente il progetto attuato dalla regione Puglia nei
comuni leccesi di Melpignano e Martignano denomi-
nato Salento e-voting e che ha visto l’utilizzo di un si-
stema tecnologico basato su pannelli touchscreen, già
adoperato in Messico, durante la consultazione refe-
rendaria del 2013. Tutti episodi conclusi positivamente
e in cui si è parlato di innovazione, digitalizzazione e
società 2.0 ma che, ad oggi, hanno portato ad un nulla
di fatto. Il 4 dicembre andremo a votare con carta e
matita proprio come nel secolo scorso.
Elettronico o cartaceo? Pro e contro dei due sistemiDiscutere sulla genuinità dell’e-voting rispetto al siste-
ma tradizionale è meno semplice di quanto si creda.
Molti dei dibattiti partono dal presupposto che carta e
matita siano una soluzione in sé per sé perfetta, eppure
durante lo spoglio dei seggi elettorali è capitato spes-
so di assistere a casi di voti annullati per la presenza di
più segni sul foglio, per una croce apposta nel punto
sbagliato della scheda, per la compilazione del campo
cognome del candidato poco chiara o completamente
errata. Questo ha portato molte volte, specie nell’am-
bito di elezioni amministrative in piccole comunità, alla
vittoria di uno o dell’altro candidato per un minimo
scarto di voti sui quali alcuni errori involontari hanno
avuto un peso specifico. A ciò si aggiungono le schede
bianche, modificabili in qualsiasi momento successivo
al voto oltre ad errori umani nel conteggio. Il metodo
tradizionale può dunque essere considerato scevro
da qualsiasi tipo di problematica? Di sicuro a favore di
quest’ultimo gioca la possibilità per qualsiasi cittadino
di presenziare durante le fasi di spoglio e segnalare
tempestivamente le eventuali scorrettezze alle forze
dell’ordine e l’impossibilità che qualcuno possa recarsi
alle urne al posto nostro privandoci del diritto al voto.
Il metodo di espressione del voto, come evidenziato
dalla Costituzione, deve garantire libertà del suffragio,
eguaglianza, segretezza e personalità. Sono proprio
questi i principi cardine con i quali il sistema di e-voting
si scontra da anni. Lo spauracchio del broglio elettorale
è dietro l’angolo poiché l’impossibilità di poter vedere
con mano, e contare, le schede elettorali spaventa e
crea timori sulla correttezza generale del metodo digi-
tale, qualsiasi esso sia. C’è da fare però una distinzione
tra e-voting in urna ed e-voting tramite un collegamento
ad Internet da qualsiasi parte del mondo. Quest’ultimo
mostra sicuramente una maggiore libertà ma comporta
i rischi più grossi relativi ad esempio all’effettiva identi-
ficazione dell’elettore o al problema dell’hacking.
Privacy e segretezza sono dunque altri punti cardine
sui cui spesso l’opinione pubblica ed i maggiori esper-
ti si politica si sono confrontati, è fondamentale che il
proprio voto rimanga segreto e protetto e va impedito
a qualsiasi ente o soggetto di risalire all’identità del vo-
tante. Le software house giocano un ruolo fondamenta-
le nella partita, hanno tra le mani la responsabilità delle
elezioni politiche di intere nazioni ed uno dei diritti sa-
crosanti dei cittadini e devono garantire crittografia dei
dati ed un adeguato sistema anti-hacking che preservi
da attacchi in grado di compromettere o modificare i
risultati di un esito elettorale. Negli anni alcuni intoppi
eclatanti (vedi il caso Florida) e la diffusione di video sul web in cui chiaramente un elettore americano
prova a selezionare un candidato e il touchscreen ne
sceglie arbitrariamente un altro hanno alimentato altri
dubbi sul metodo digitale. Come difendersi? I sistemi
ibridi, che comprendono una fase digitale (DRE) e la
stampa di una ricevuta che memorizza il voto espres-
so da riporre nell’urna dopo un controllo da parte del-
l’elettore, sembrano essere oggi i metodi più sicuri e
maggiormente preferiti dai cittadini.
I benefici di un sistema di voto automatizzato sono di-
versi, tra questi troviamo sicuramente l’immediatezza
del risultato, la garanzia di un numero minore di errori
da parte dell’elettore considerando che deve sem-
plicemente toccare con un dito il SI o il NO oppure il
nome del candidato prescelto e che tale metodo non
prevede errori accidentali. In molti casi l’adozione del-
l’e-voting ha comportato una crescita dell’affluenza
alle urne, inoltre garantisce minori costi ed impiego
di risorse rispetto al metodo cartaceo, certo questo ri-
scontrabile nel corso degli anni, dopo aver effettuato
un adeguato investimento.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
L G ha scommesso sull’OLED e sta
raccogliendo i suoi frutti: i TV OLED
LG sono tra i modelli più venduti nel
segmento Premium. Il bello però deve
ancora venire, perché il prossimo anno
LG potrà aggiungere al suo arco una
nuova freccia. Sul sito della Wi-fi Allian-
ce sono apparse infatti le sigle dei nuo-
vi modelli per i quali LG ha richiesto la
certificazione wireless, la nuova serie 7
che verrà presentata a gennaio al CES
di Las Vegas. Abbiamo raccolto qualche
informazione su questi modelli che spa-
ziano dal nuovo entry level B7 alla nuo-
va versione del Signature G7 passando
per il curvo C7 e per il best buy E7: LG
produrrà solo TV 4K e i modelli qui sopra
citati saranno la naturale evoluzione dei
modelli attualmente in gamma, senza
troppi stravolgimenti. Niente che non ci
aspettassimo: ai TV LG non manca asso-
lutamente niente e probabilmente la se-
rie 2017 sarà accompagnata dalla nuova
versione di WebOS e da un nuovo pro-
cessore video. Dalla certificazione richie-
sta alla Wi-fi Alliance ricaviamo anche
una seconda informazione: non ci saran-
no modelli inferiori ai 55” classici, tutte le
serie saranno declinate nei classici 55”,
65” e 77”, questi ultimi solo per il model-
TV E VIDEO Svelati i nomi dei nuovi TV OLED LG, ci sarà anche un modello sottile come un foglio
OLED LG: nel 2017 arriva un TV super sottile Evoluzione per gli attuali modelli e non ci saranno schermi piccoli: si parte comunque da 55”
lo top. C’è però una grande
sorpresa, ed è la nuova serie
W: ci è stato confermato da
più fonti che W equivale a
Wall e che questa nuova serie
sarà un prodotto di incredibile
design con il pannello di po-
chi mm da applicare al muro
come un foglio. Non siamo
davanti ad una novità assoluta: abbiamo
già visto in passato alle fiere qualco-
sa di simile, e LG ha più volte mostrato
questo concept. Quello che però farà la
differenza, almeno da quando abbiamo
colto, sarà quello che ci sarà “sotto”: LG
per fornire un TV così sottile è costretta
a spostare tutti i circuiti in un box ester-
no e dovrebbe aver preparato, in questo
caso, un super entertainment center che
potrebbe essere dotato sia di soundbar
harman/kardon che di blu-ray Ultra HD
con Dolby Vision. Inutile dire che il prez-
zo non sarà molto popolare, ma è anche
giusto così: come esistono le Ferrari ser-
vono anche i TV da sogno.
di Roberto PEZZALI
N on c’è una conferma ufficiale, ma
sono sempre più frequenti le voci
che parlano di un ritorno di fiam-
ma di Sony sull’OLED. L’azienda avrebbe
infatti deciso di seguire le orme di Pana-
sonic comprando pannelli da LG per svi-
luppare una line-up di TV di fascia alta,
da lanciare il prossimo anno con classica
presentazione al CES di Las Vegas.
Sony e Panasonic sono sempre andate
a braccetto sull’OLED: insieme hanno
presentato in passato un prototipo di te-
levisore OLED da 55” e insieme hanno
deciso poi di non fare più nulla, ponendo
fine a quella che sembrava una alleanza
TV E VIDEO Sono sempre più frequenti le voci sull’arrivo di una serie di TV di fascia alta Sony
Sony: pronta una gamma OLED per il 2017I TV top di Sony sarebbero basati su pannelli OLED LG, in attesa dello sviluppo del micro LED
interessante. Poi a inizio
anno la scelta: in attesa
della tecnologia inorgani-
ca a micro LED, prevista
per il 2019, Sony avrebbe
deciso di variare la sua of-
ferta affiancando ai classici
LCD anche OLED, diventati
ormai più economici gra-
zie ad un boost produttivo
dato dalle nuove linee LG
Display. Abbiamo provato a verificare
la notizia e ovviamente le bocche sono
tutte cucite, ma sembra che in ogni caso
la cosa si farà: i prototipi sono già pronti
e qualcuno ha già avuto modo di vederli
le scorse settimane. Un OLED con la tec-
nologia di processing dell’immagine di
Sony, ad oggi forse la migliore sul mer-
cato, potrebbe essere davvero il nuovo
reference TV. Con Panasonic, Sony, Phi-
lips e ovviamente LG che presentano TV
OLED cosa farà Samsung?
Panasonic UB700 disponibile a 499 euro Finalmente disponibile anche in Italia il nuovo Blu-ray Ultra HD entry level Panasonic Il prezzo di listino resta però più alto di quello del modello Samsung e della Xbox One S di Roberto PEZZALI
il player Ultra HD Panasonic costa meno: l’UB900, il primo prodotto lanciato da Panasonic è final-mente in dolce compagnia grazie all’arrivo nei negozi del nuovo UB700, un modello più economi-co che viene venduto in Italia a 499 euro. Il DMP-UB700, questa la sigla esatta, rinuncia all’esteti-ca “premium” del modello top ma non alla certificazione Ultra HD Premium, anche se è l’assenza delle uscite audio analogiche 7.1 la più grossa differenza rispetto al modello top. Panasonic ha rispar-miato anche nella certificazione THX, e sappiamo che l’obolo all’ex azienda di Lucas è un costo per l’azienda non da poco e al velo-ce e efficiente chroma processor, usato soprattutto in fase di upsca-ling. Questa è forse la mancanza che si farà sentire di più, perché se le altre sono modifiche funzio-nali questo cambiamento impatta sulla qualità video del prodotto in alcune situazioni, come la riprodu-zione di DVD e blu-ray su schermi 4K. L’UB700 non permette co-munque a Panasonic di scendere sotto una determinata soglia “psi-cologica”: il player Samsung costa meno, 399 euro, e l’Xbox One S ancora meno, 299 euro. Non vorremmo fare pronostici, visto il clima dopo le elezioni americane, ma crediamo di non sbagliarci se diciamo che entro la fine del 2017 ci saranno player a 99 euro.
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Giulio MINOTTI
D opo il 4K ed i video a 360 gra-
di, YouTube introduce il suppor-
to al formato HDR che fa ora il
suo ingresso anche sulla più famosa
piattaforma di streaming al mondo. Il
supporto all’ HDR è stato annunciato lo
scorso 8 novembre, con queste paro-
le: “A partire da oggi potete guardare i
video di YouTube in HDR sui dispositivi
compatibili, come i televisori HDR a cui
è connesso il nuovo Chromecast Ultra
e presto sulle TV 2016 SUHD e UHD
di Samsung. Se state utilizzando un
dispositivo che ancora non supporta
l’HDR, non c’è da preoccuparsi, i video
saranno ancora riprodotti nella moda-
lità Standard Dynamic Range”.
Video, i cui vantaggi sono già ben noti agli appassionati, che saranno
riproducibili ovviamente su tutti i di-
spositivi compatibili con l’HDR e anche
sulla nuova Chromecast Ultra di Goo-
gle presentata qualche settimana fa, in
grado di gestire i video in 4K e dispo-
nibile a breve nel nostro Paese ad un
prezzo di 79 euro.
Per il lancio di questo nuovo formato,
Google ha realizzato diversi contenuti
creati in partnership con alcuni famo-
si YouTuber come MysteryGuitarMan,
Jacob + Katie Schwarz e Abandon Vi-
suals.
Questa è indubbiamente una bella no-
tizia che potrebbe però trasformarsi
in un boomerang per l’HDR: tra tutte
le tecnologie video, dal 360 al VR per
arrivare al 4K probabilmente l’HDR è
quella più difficile in assoluto da ge-
stire per chi crea materiali. YouTube
ha infatti preparato una pagina di supporto, ma è evidente che leggen-
do quella pagina il target è un utenza
professionale che sa come gestire un
workflow video e conosce anche tool
ENTERTAINMENT Sulla celebre piattaforma arriva il supporto ufficiale all’High Dynamic Range
YouTube apre ai video 4K in formato HDR Ma forse per l’HDR non è una bella notiziaIl rischio di trovare dei video fatti male è alto, realizzare video in HDR non è affatto facile
di color grading come DaVinci Resol-
ve. Realizzare un bel video d’impatto in
HDR, oltre ad avere bisogno di una vi-
deocamera con una gamma dinamica
estesa, richiede quindi una lavorazione
e un processamento che pochi posso-
no garantire, e di certo questi “pochi”
non coincidono con coloro che abitual-
mente caricano video su YouTube.
Il network ha fatto comunque le cose
per bene: prima di tutto ha chiarito che
i video devono essere caricati con un
color grading fatto su un monitor cali-
brato in spazio colore Rec2020, e so-
prattutto che la curva di gamma deve
essere o la PQ SMPTE ST 2084 usata
per l’HDR10 oppure la BT.2100 usata
per l’Hybrid Log Gamma, il formato
opensource creato da NHK e BBC per
le trasmissioni broadcast.
Se non vengono rispettate certe spe-
cifiche il risultato può essere terribile,
peggio ancora di un video con gamma
dinamica standard: YouTube avvisa
anche di non usare lo spazio colore
DCI-P3 e soprattutto deve contenere
le informazioni sul display che è stato
usato per il master, in caso contrario
verrà usato di default il profilo del-
l’OLED 4K da 30” Sony BVM-X300. C’è
però una scappatoia “pericolosa”: per
chi non utilizza un workflow standard
come quello HDR di DaVinci Resolve o
di altri tool professionali è stata realiz-zata una utility che aggiunge i meta-dati HDR a questi video.Il rischio, concreto, è che qualcuno
decida di aggiungere il flag HDR an-
che a contenuti che non lo sono cari-
cando quindi contenuti che si vedono
male, video non in vero HDR. L’utility
dovrebbe controllare prima di aggiun-
gere il flag che su uno specifico video
è stato fatto un color grading corretto
e che sono presenti le curve di gam-
ma regolate in un certo tipo, ma come
scrive nella pagina di supporto YouTu-
be “l’utente prima di usare il tool do-
vrebbe assicurarsi che il video è stato
realmente realizzato in HDR perché il
risultato potrebbe essere un video di-
storto”.
YouTube è un network nato per conte-
nuti autoprodotti, e nonostante Google
abbia sempre aggiornato la piattafor-
ma alle ultime novità tecnologiche
forse con l’HDR è bene andarci un po’
cauti, magari mettendo un controllo
ulteriore sulla qualità dei video prima
della pubblicazione. I video realizzati
da YouTube con i partner sono ec-
cellenti, ma chi ci assicura che anche
quelli fatti dai vari YouTuber siano al-
trettanto ben fatti e siano quindi una
ottima pubblicità per l’HDR?
Visti i costi di una produzione seria
HDR, dagli apparecchi alle camere per
arrivare ai software, è davvero difficile
che su YouTube possano arrivare veri
video HDR in quantità.
TV Sony pronti per i giochi HDR L’aggiornamento migliora la velocitàSony ha rilasciato un aggiornamento software per i TV HDR 2015/2016 che migliora le prestazioni e che riduce l’input lag quando si attiva l’HDR Una mossa che anticipa l’imminente arrivo della PS4 Pro di Roberto PEZZALI
L’input lag, ovvero il tempo di ritar-do che del segnale che arriva ad un TV prima di essere visualizzato è il peggior nemico del gamer. I TV ormai hanno tempi di input lag ridotti, ma quando subentra-no elaborazioni pesanti, come ad esempio quella HDR, ci si trova con tempi che non sono compa-tibili con una buona sessione di gioco. Sony ne è consapevole e in concomitanza con l’arrivo della nuova PS4 Pro ha rilascia-to un importante aggiornamento firmware per i suoi TV HDR del 2015/2016: l’update v3.533 è di-sponibile da e può essere installa-to da tutti i possessori delle serie KD-85XD8505, KD-75XD8505, XD9405, KD-65XD9305, XD8599, XD8577, XD8505, SD8505, KD-55XD9305, XD8599, XD8588, XD8577, XD8505 e SD8505. Sony oltre alla riduzione del tem-po di risposta del TV con il gaming HDR ha inserito anche una corre-zione per il flickering dell’immagi-ne con alcuni decoder UHD ester-ni e un miglioramento generale della stabilità e delle prestazioni del sistema. L’aggiornamento è disponibile alla pagina supporto del produttore.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto FAGGIANO
O ra il giradischi lo possiamo tro-
vare anche al discount: la catena
tedesca Lidl sta proponendo in
diversi Paesi la vendita di un giradischi
Ion in offerta a 69,99 euro. Certo fa im-
pressione vedere un giradischi buttato
nella mischia di un discount, accanto
a calzini, trapani, detersivi e giacconi,
ma ormai il vinile è di moda e anche
una catena discount ha capito che l’ar-
ticolo può interessare a chi certo non
frequenta negozi specializzati.
Il giradischi proposto da Lidl è un mo-
dello della ION, una casa specializzata
che realizza molti modelli nella fascia
economica. Tra le caratteristiche più
importanti la presenza di amplificato-
re e diffusori già integrati, in modo da
poterlo usare da solo. Non manca un
ingresso minijack ausiliario per colle-
gare un’altra sorgente, ma c’è anche
l’uscita stereo per il collegamento a un
sistema stereo. la presa USB (con cavo
in dotazione) permette di collegarlo al
computer per registrare il contenuto
HI-FI E HOME CINEMA Il giradischi è di moda, inevitabile trovarlo in vendita fuori dai negozi di Hi-Fi
Il giradischi si compra anche al discountAlla Lidl un giradischi ION viene proposto a 69,99 euro in volantino. Si tratta di un modello dotato di amplificatore e diffusori, pronto all’uso da solo o collegato a un impianto stereo
dei dischi in formato MP3 sul computer.
Curata l’estetica con mobile in legno
e coperchio antipolvere. Il giradischi
è pronto per l’uso e non necessita di
nessuna regolazione, il funzionamento
è manuale con stop a fine disco men-
tre le velocità comprendono, oltre a 33
e 45 giri, anche i vecchi 78 giri. Nessu-
na notizia sulla testina e sul suo peso
di lettura, ma per il prezzo richiesto
non si può pretendere molto. Al mo-
mento il giradischi non è disponibile in
Italia, ma di solito questa catena pro-
Retrogaming avanti tutta Dopo il NES torna anche Sega Mega Drive L’esperimento nostalgico si rifà al modello lanciato nel 1989. Al contrario del NES di Nintendo, sarà perfettamente compatibile con le cartucce originali di Francesco FIORILLO
Sugli scaffali dei negozi è tornato il popolare Nintendo Entertainment System, grazie alla riedizione nota come NES Mini. I fan della casa di Kyoto potranno riprendere in mano il vecchio e indimenticabile pad a “due pulsanti” e riscoprire così un universo fatto di pixel, punteggi sempre più elevati e meccaniche ludiche tanto semplici quanto in-triganti.Anche gli appassionati alla Casa che ha dato i natali al velocissimo porcospino Sonic possono torna-re a sorridere. La produzione del-l’originale Sega Genesis (questo il nome americano scelto da Sega) è stata interrotta nel lontano 1997 ma la console gode di una notevo-le popolarità in Brasile, dove riesce ancora a piazzare qualcosa come 150.000 unità vendute ogni anno. La domanda è talmente alta che l’azienda Tectoy ha deciso di riav-viarne addirittura la produzione. Le nuove console sono realizzate sotto licenza ufficiale e perfetta-mente compatibili con le cartucce originali. 22 giochi preinstallati permetteranno comunque ai vi-deogiocatori nostalgici di divertirsi anche senza le vecchie schede di plastica, mentre lo storico control-ler a tre tasti sarà presente in ogni confezione. Essendo una replica fedele, il “nuovo” Mega Drive non potrà ovviamente contare su alcun tipo di uscita HDMI e permetterà il solo collegamento tramite cavi AV. Il costo sarà di circa 138 dollari, al momento non esiste alcun piano per portare la console Sega fuori dai confini brasiliani.
ENTERTAINMENT Offensiva della Guardia di Finanza di Roma, che esegue un sequestro record
Calcio pirata, la GdF chiude 152 siti illegaliMa purtroppo in quasi tutti i casi la soluzione è il debole e spesso inefficace blocco del DNS
di Roberto PEZZALI
S i tratta del sequestro più impo-
nente della storia dell’Internet
italiano: 152 siti che trasmette-
vano partite live in streaming e film
pirata sono stati sequestrati dai Nuclei
Speciali della Guardia di Finanza di
Roma. Una operazione disposta dal
Giudice delle Indagini preliminari di
Roma, Alessandra Boffi, che abbatte il
precedente record di 124 siti web. Tut-
ti i provvedimenti si possono scaricare
dal sito Agcom e riguardano principal-
mente il calcio “live”, ma c’è spazio
anche per i film e per siti di musica.
Leggendo le delibere si scopre che
molte delle segnalazioni sono state
fatte da Mediaset e che comunque i
proprietari di questi siti si erano ben
nascosti: i domini sono stati registrati
tramite Namecheap con protezione
del nome del proprietario grazie a
Whoisguard, società panamense che
maschera i dati dei proprietari dei
domini, mentre i server sono nascosti
dietro la CDN Cloudflare. Considera-
ta la localizzazione estera dei vari siti
è stato richiesto ai provider italiani il
blocco dei DNS di questi siti, l’unica
mossa possibile. Purtroppo, come ab-
biamo scritto più volte, l’arma dei DNS
è una piccola spada spuntata.
pone le stesse offerte in tutta Europa
e magari il giradischi potrebbe arrivare
prima di Natale.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
Schermo gigante, batteria super e prestazioni da
primo della classe: sono questi gli elementi che
caratterizzano il nuovo Mate 9 di Huawei, smar-
tphone top di gamma che spera di raggiungere nei nu-
meri il piccolo P9, che con 9 milioni di esemplari ven-
duti in tutto il mondo è stato lo smartphone di maggior
successo del produttore cinese.
Mate 9 non è uno smartphone per tutti ma il prodotto
giusto per accontentare chi cerca un prodotto con un
grande schermo che permetta di lavorare tutto il giorno
senza preoccuparsi troppo della durata della batteria.
Con una cella ai polimeri di litio da 4.000 mAh, Huawei
garantisce oltre 2 giorni di autonomia con un uso mo-
derato, più di un giorno con un uso intenso, almeno 20
ore di navigazione 4G e altrettante ore di video play-
back. Non male, soprattutto se a questa batteria viene
affiancato anche Huawei PowerCharge, un sistema di
ricarica proprietario che permette di ricaricare in un’ora
lo smartphone raggiungendo il 50% di carica in soli
30 minuti. Grazie ad un caricabatterie proprietario de-
dicato, dotato di un chip di regolazione, PowerCharge
“spara” nel telefono tramite USB Type C ben 5 ampere
con voltaggio variabile, il tutto con oltre cinque layer
di sicurezza per evitare problemi di surriscaldamento
o, come ha detto sul palco lo stesso CEO di Huawei
Richard Yu, “esplosioni”.
Il vulcanico chief operating officer dell’azienda cinese
non si è come al solito risparmiato sul diretto confronto
con Samsung e Apple, identificati come gli unici brand
in grado di competere con Huawei: il Mate 9 non solo
si ricarica più velocemente di tutti gli altri smartphone,
ma si riscalda anche molto meno del Galaxy S7.
Se la batteria è importante non devono passare in se-
condo piano le altre novità di quello che resterà per
un anno il prodotto di punta dell’azienda: Huawei uti-
lizza uno schermo AMOLED con risoluzione Full HD
spalmati su 5.9” di diagonale, un display che secondo
il produttore migliora sia nel contrasto sia nella resa
cromatica.
A spingere il tutto ci pensa il nuovo SoC Kirin 960, suc-
cessore del già ottimo 950 usato sul P9 capace non
solo di performance migliori ma anche di una maggiore
efficienza energetica.
Huawei snocciola alcuni numeri: la nuova versione è
più veloce del 18% rispetto al modello precedente e del
MOBILE Huawei lancia Mate 9: schermo gigante, doppia fotocamera realizzata in collaborazione con Leica e 2 giorni di autonomia
Mate 9: display da 5.9 pollici e prestazioni super Prezzo non economico ma “abbordabile”: 699 euro. Prevista anche una versione Porsche Design, in vendita a 1395 euro
15% più efficiente. Il processore è un octa core: 4 core
Cortex A73 da 2.4 Ghz ad alte prestazioni sono affian-
cati a 4 core A53 da 1.8 Ghz ad alta efficienza.
Il “boost” in termini di prestazioni arriva però dalla nuo-
va GPU Mali G71, anche lei octacore: grazie all’integra-
zione con le api Vulkan di Android 7.0 le prestazioni
grafiche sono secondo Huawei quanto di meglio si
possa avere su uno smartphone Android.
Nuovo anche il modem LTE, un Cat12 che assicura
un downlink di 600 Mbps. 4 i GB di RAM, 64 i GB di
memoria espandibile con il classico slot multifunzio-
nale Huawei; la dotazione hardware di un certo livello
permette al Mate 9 di ottenere la certificazione Google
Daydream, il programma per i dispositivi compatibili
con la realtà virtuale di Android.
Richard Yu ha voluto precisare che il Mate 9 non è
solo veloce ma resterà così a lungo: oltre al nuovo
filesystem già introdotto, lo smartphone integra infatti
un algoritmo di ottimizzazione basato sul machine lear-
ning che impara i comportamenti dell’utente e cerca
di capire quali saranno le prossime funzioni che userà,
dati utili per ottimizzare il sistema e la memoria. Huawei
assicura che dopo 18 mesi Mate 9 avrà le stesse pre-
stazioni del primo giorno, cosa che invece non accede
con altri smartphone.
Sul fronte fotocamera continua la collaborazione con
Leica: resta il doppio sensore ma questa volta arrivano,
oltre allo stabilizzatore ottico, una risoluzione maggiore
per il sensore monocromatico: di fianco al classico sen-
sore RGB da 12 megapixel troviamo anche un sensore
monocrome da 20 megapixel.
Rivista anche la messa a fuoco: sul Mate 9 oltre alla
messa a fuoco laser per i soggetti vicini e quella a ri-
cerca di contrasto ci sono anche pixel per la messa a
fuoco a ricerca di fase sui sensori e un sensore aggiun-
tivo per rilevare la distanza dei soggetti.
Novità anche sul video: oltre ai 4 microfoni direzionali
Huawei fa debuttare sugli smartphone la compressio-
ne HEVC per i file 4K: pesano il 50% in meno dei file
MP4, anche se ovviamente la compatibilità è al mo-
mento limitata. Rinnovata infine l’interfaccia: la nuova
Emui 5.0 basata su Android 7.0 è più leggera e sem-
plice: per certi aspetti ricorda molto IOS, ma Huawei
ci ha messo anche molto del suo: per esempio ha im-
plementato un algoritmo per rilevare i tocchi casuali e
ha aggiunto una sorta di spazio privato per contatti e
foto accessibile solo sbloccando lo smartphone con un
determinato dito.
Huawei Mate 9 arriverà in diverse colorazioni, tra cui
un bellissimo nero opaco: in Italia dovrebbero arriva-
re solo due colori; una sola la configurazione: 4 GB di
RAM, 64 GB di memoria a 699 euro.
Oltre al Mate 9 ci sarà anche una versione con design Porsche, un prodotto unico venduto solo negli store
Porsche in edizione limitata: ha uno schermo curvo da
5.5”, 6 GB di RAM e 256 GB di memoria che portano il
prezzo a 1395 euro.
Abbiamo avuto modo di utilizzare per qualche ora il
Mate 9, se volete saperne di più vi rimandiamo alla no-stra prova in anteprima
torna al sommario 12
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Alvise SALICE
D opo il colossale flop tecnico di cui
è stato protagonista il Note 8, per
il suo prossimo dispositivo flagship
Samsung vuole fare le cose in grande,
nell’intento di rilucidare presto e bene
la propria immagine sul mercato degli
smartphone. Con un comunicato, la mul-
tinazionale coreana ha annunciato di es-
sere al lavoro su di un assistente virtuale
destinato a debuttare col Galaxy S8, che
rimpiazzerà lo sfortunato S-Voice e verrà
realizzato da Viv Labs: fondata nel 2012
dai creatori di Siri, la start-up è stata acqui-
sita da Samsung giusto di recente.
Portandosi in casa Viv, il gigante di Seoul
ha messo le mani su di un’autentica ec-
cellenza nel campo degli algoritmi IA: la
tecnologia di cui la start-up è deposita-
ria, infatti, può interrogarsi in modo evo-
luto sulle domande poste dall’utente,
reagendo in forme costruttive, fino ad
oggi mai osservate negli assistenti vo-
cali installati su prodotti mainstream.
Con una dichiarazione a caldo rilasciata
al Korea Herald, Rhee In-jong, vice-pre-
sidente esecutivo di Samsung Electro-
nics, ha spiegato che grazie al nuovo
strumento sviluppato in sinergia con Viv
Labs “gli sviluppatori di app potranno
cariare servizi collegarli direttamente al
nostro assistente. E se anche Samsung
non dovesse più creare applicazioni
proprie, più servizi gli verranno connes-
si e più l’IA diventerà smart, apprenden-
do nuovi servizi e fornendoli all’utente
finale con facilità”. In buona sostanza, il
nuovo assistente virtuale (che potrebbe
chiamarsi Bixby) renderà superfluo ac-
cedere ogni volta a una data app per
richiamarne il relativo servizio: staremo
a vedere la prova dei fatti, ma se così
avanzata dovesse rivelarsi, la prossima
I.A. di Samsung potrebbe fornire ai futuri
Galaxy un nuovo, importante vantaggio
competitivo sulla concorrenza Google,
Apple e Microsoft.
MOBILE L’azienda di Seoul è pronta a pensionare S-Voice: i creatori di Siri sono al lavoro su Bixby
Samsung, nuovo assistente virtuale per l’S8 Bixby, un’I.A. vocale rivoluzionato, è destinato a debuttare con il prossimo smartphone hi-end
di Franco AQUINI
WhatsApp, che recentemente
ha aggiunto il supporto alle
GIF animate, ha introdotto una
novità importante: la possibilità di crea-
re GIF partendo dai video girati con lo
smartphone. Le GIF animate, tornate
alla gloria recentemente grazie alla
potenza virale dei social network, rap-
presentano il mezzo perfetto per condi-
MOBILE WhatsApp ora può trasformare video in GIF animate e ci si può anche scrivere sopra
WhatsApp trasforma i video in GIF animateÈ una grande aggiunta e funziona molto bene, anche se per ora è disponibile solo per iOS
videre dei piccoli video ricorsivi, leggeri
e che possono essere inglobati in una
pagina web senza necessità di usare
player specifici. Unico neo? Il fatto che
non siano semplicissime da creare per
l’utente. Ecco perché l’introduzione di
questa funzionalità all’interno del si-
stema di messaggistica e condivisione
più popolare al mondo è una evento di
una certa portata, anche se per ora la
novità è limitata ai dispositivi con siste-
ma iOS. Gli iPhone,
per intenderci. La
nuova funzionalità,
disponibile sulla ver-
sione di WhatsApp
2.16.15 rilasciata da
poco, permette di
condividere GIF dal-
l’archivio internet di
Giphy, uno dei più
vasti online, oppu-
re di crearne di originali condividendo
un proprio video. Non tutti i video, sia
chiaro, solo quelli lunghi al massimo 10
secondi. Ma se il video è più lungo non
c’è problema, l’editor prevede anche la
possibilità di tagliare il video. Oltre a ta-
gliarlo si possono aggiungere disegni a
mano libera, emoticon o testi, sfruttando
gli strumenti di modifica delle immagini
messi a disposizione da iOS10.
Ottima novità, ma le GIF sono poi
esportabili? Curiosamente si, ma non
su Facebook. Condividendo le GIF pro-
dotte con WhatsApp sul social network
gemello, verrà condivisa solo un’imma-
gine, mentre facendo lo stesso su altri
sistemi di messaggistica, Slack o Tele-
gram per esempio, verrà condivisa la
GIF animata. È una grande aggiunta e
funziona molto bene, pronti a dire addio
alla vostra produttività e agli altri sistemi
di messaggistica?
LG G5 è il primo smartphone (non Google) a ricevere Android 7 L’azienda ha iniziato la distribuzione in Corea del Sud dell’ultima release del sistema operativo di Google. Un corposo aggiornamento che introduce novità nell’interfaccia, nelle possibilità di personalizzazione e altro ancora di Giulio MINOTTI
LG G5 è il primo smartphone, non di Google, ad essere aggiornato ufficialmente ad Android 7. In Co-rea del Sud, il device modulare dell’azienda coreana ha ricevuto un corposo aggiornamento con-tenente, oltre all’ultima release di Android, altre interessanti novità.Update che arriverà in America, in Asia ed in altri mercati nelle prossime settimane che include le nuove feature dell’ultimo OS di Google come il multi-window che permette l’esecuzione di due ap-plicazioni in contemporanea e le notifiche potenziate con la possi-bilità di rispondere rapidamente ad un messaggio e altro ancora.LG ha anche introdotto aggiorna-menti nell’interfaccia (quick setting stock e temi) e miglioramenti nella fluidità dello smartphone, al knock code, al sensore delle impronte digitali e ridisegnato l’utility Smart Doctor per il monitoraggio della memoria del G5.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Gaetano MERO
L o smartphone flessibile di Sam-
sung potrebbe vedere la luce già
nel primo semestre del 2017. A
sbilanciarsi questa volta è il sito specia-
lizzato Sammobile.com che pubblica in
anteprima nuove immagini relative al
cosiddetto Project Valley. Il primo mo-
dello della gamma dovrebbe prendere
il nome di Galaxy X, si tratta in sostanza
di un dispositivo dotato di display OLED
di grandi dimensioni in grado di piegarsi
su se stesso e di assumere diverse po-
sizioni grazie ad una cerniera flessibile
presente nella parte centrale della scoc-
ca del telefono, ben visibile sul retro.
A cosa possa servire un telefono richiu-
dibile come i modelli a conchiglia, tanto
di moda fino a fine anni ‘90, non è an-
cora molto chiaro. Lo schermo appare
oblungo rispetto ai dispositivi che siamo
ormai abituati a vedere per cui si guada-
gnerebbe solo in altezza modificando
più o meno drasticamente l’aspect ratio
del telefono rispetto al formato attuale.
MOBILE Samsung sta lavorando da tempo a uno smartphone con schermo totalmente flessibile
Ecco lo smartphone flessibile Samsung Si chiama Galaxy X, arriverà nel 2017La società avrebbe depositato nuovi brevetti, si pensa ad un lancio del dispositivo nel 2017
Di certo il Galaxy X costituirebbe una ri-
voluzione nel settore ormai abbastanza
saturo di idee e soluzioni innovative.
Una parte del display potrebbe essere
riservata, ad esempio, ad alcune app
specifiche sempre attive in background
o a scorciatoie e menù contestuali
come accade nei modelli Edge. Inoltre,
la parte inferiore piegandosi potrebbe
fungere da base durante una chiamata
video, così da non essere costretti a te-
nere il telefono in mano tutto il tempo.
Le risposte a tutti i dubbi, se il rumor fos-
se confermato, dovrebbero comunque
arrivare a breve.
Arriva l’SOS sull’iPhone Chiama amici e polizia Interessanti novità nella seconda Beta di iOS 10.2. Funzione SOS tramite tasto accensione e App TV per la gestione dei servizi video di Giulio MINOTTICon la seconda Beta di iOS 10.2, Apple introduce numerose novità, a partire dalla funzione “SOS”, simile a quella già pre-sente sull’Apple Watch con wa-tchOS 3, che fa partire dall’iPho-ne una chiamata d’emergenza al 112 quando si preme il pulsan-te di accensione per 5 volte di seguito. La richiesta di soccor-so sarà preceduta da un breve conto alla rovescia (per evitare chiamate accidentali) accom-pagnato da un suono di sirena. Questa funzione, attivabile nelle Impostazioni, sarà disponibile in vari Paesi: Stati Uniti, Regno Uni-to, India, Francia, Hong Kong, Giappone, Italia, India, Belgio, Australia, Brasile, Francia, Cana-da, Cina, Russia e Spagna. All’in-terno dei setting della funzione sarà possibile anche impostare dei contatti di emergenza che saranno automaticamente av-vertiti dell’attivazione dell’SOS, tramite un messaggio contenen-te la posizione di chi ha richiesto aiuto.Sull’ultima release di iOS arriva inoltre l’App TV, applicazione presentata da Apple lo scorso 27 ottobre, che ingloba al suo interno i programmi TV e i film provenienti da iTunes e da altre servizi esterni come HBO Now; assente Netflix almeno per ora. Un’applicazione, disponibile at-tualmente solo in USA, che con-sente di avere in un unico luogo i propri programmi preferiti sen-za dover passare da un servizio all’altro. Infine arrivano anche nuovi sfon-di, ulteriori Emoji, un widget per i video e altro ancora.
di Mirko SPASIANO
U no smartphone con processore In-
tel in grado di far girare la versione
completa di Windows 10 e, da quan-
to emerso da alcune indiscerzioni e pare
che questa misteriosa entità sia molto più
vicina di quanto si potesse immaginare.
Non si tratta però del tanto chiacchierato
Surface Phone, ma di un dispositivo pro-
dotto da Dell che, almeno nel prossimo
futuro, non arriverà sul mercato.
Erano in molti a ritenere che il Surface
Phone fosse l’ultima speranza per la piat-
taforma Windows Phone, ora conosciuta
come Windows 10 Mobile. Purtroppo,
però, questo fantomatico device non è
mai arrivato e gli ultimi rumor suggeri-
scono addirittura che sia stato posticipa-
to almeno alla fine del 2017. Evan Blass,
meglio conosciuto come @evleaks, ha
diffuso su Twitter quelli che sembrano
MOBILE Trapelate alcune immagini che ritraggono un misterioso smartphone Windows di Dell
Surface Phone, spunta un misterioso progetto Dell Alcune fonti parlano di un processore Intel e della versione completa di Windows a bordo
dei render del progetto Dell. Le immagini
mostrano un’interfaccia ottimizzata per il
mobile, con, però, un’espandibilità che
presumibilmente si sarebbe poggiata su
un’esperienza simile a Continuum (ma
più completa, con la versione desktop di
Windows 10), per mezzo di un accessorio
simile al Mobile Extender di HP.Secondo Brad Sams, noto giornalista
in ambito Windows, il progetto sarebbe
stato abbandonato dopo che Intel ha
“cessato le ostilità” nella competizione
dei processori mobile. Per il rapporto pre-
stazioni/consumi dei processori dell’epo-
ca, un prodotto del genere sarebbe stato
difficilmente gestibile, con particolare rife-
rimento alla sua autonomia.
Nonostante i desideri più sfrenati dei fan
e il lavoro “oscuro” dei partner hardware
del colosso di Redmond, sembra che Win-
dows 10 Mobile sia destinato ad essere
confinato sui processori con architettura
ARM. Del resto, le dichiarazioni rilascia-
te a margine del Windows 10 Event da
Terry Myerson, vicepresidente esecuti-
vo del gruppo Windows and Devices di
Microsoft, non fanno che confermarlo.
Il presente è rappresentato da ARM: è
semplicemente impareggiabile in quan-
to al rapporto prestazioni/consumi. Per
un’esperienza simil-PC da smartphone ci
si dovrà accontentare di soluzioni di cloud
computing come quelle implementate da
HP nel suo Elite x3.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
N iente USB classiche, niente
SD Card e neppure MagSafe, il
processore non è il nuovo Kaby
Lake e con una scheda video NVIDIA
sarebbe andato più veloce: il nuovo
MacBook Pro, a dispetto delle criti-
che mosse dopo il lancio, si dimostra
una vera miniera d’oro per Apple. No-
nostante il prezzo decisamente alto,
troppo forse, gli utenti che attendeva-
no il MacBook Pro si sono precipitati a
prenotare i nuovi modelli attirati pro-
babilmente dalla Touch Bar.
Se prendiamo per attendibili i dati di
Slice Intelligence, società di analisi
che dice di avere un panel di oltre
4.4 milioni di acquirenti online, Apple
con i nuovi notebook ha frantuma-
to ogni possibile record di vendita e
guadagno in soli 5 giorni. Il grafico
che pubblichiamo parla chiaro: in soli
5 giorni il nuovo MacBook
Pro ha fatto guadagnare a
Apple quasi quanto ha fat-
to guadagnare all’azienda il
MacBook da 12” in tutta la
sua storia, quindi dal suo
lancio nell’Aprile del 2015.
Un dato che stupisce e che
fa riflettere: qualsiasi cosa
Apple produca e qualsia-
si sia il costo non manca
quello zoccolo duro di ap-
passionati che compra a
prescindere, senza neppu-
re preoccuparsi di eventuali criticità
del prodotto o senza fare troppe va-
lutazioni. Imbarazzante il gap che si è
venuto a creare con i migliori prodotti
della concorrenza: Il MacBook Pro ha
fatto registrare in questi cinque giorni
guadagni 10 volte superiori a eccel-
lenti prodotti come il Dell Inspiron 2
in 1 e il Lenovo Yoga 900 e 3 volte e
mezzo i guadagni del Surface Book.
Questa specifica indagine è stata
PC Il MacBook Pro irrompe nelle statistiche di vendita: in soli 5 giorni ha fatturato più di ogni altro notebook nell’ultimo anno
La Touch Bar piace: vendite esagerate per MacBook ProCostoso e criticato, qualcuno ha detto che la Touch Bar è un “gingillo attira polli”, ma allora il mondo è pieno di ricchi polli
di Roberto PEZZALI
N on si placa la polemica per l’as-
senza di connettori “legacy” sui
nuovi MacBook Pro. “Il MacBook
nuovo costa tanto, e vanno messi in
conto almeno 200 euro di adattatori”: è
questo bene o male il pensiero di molti,
ma come abbiamo già avuto modo di
scrivere la scelta di Apple è un male ne-
cessario se si vuole definitivamente rot-
tamare l’USB per guardare a qualcosa di
più nuovo, moderno e veloce.
In ogni caso Apple è subito corsa ai
ripari, tagliando di colpo i prezzi di tut-
ti gli adattatori a catalogo per i nuovi
MacBook Pro e agevolando anche l’ac-
quisto di prodotti e accessori di terze
parti con uno sconto del 25%. I nuovi
monitor di LG con pannello 4K e 5K nati
per il nuovo MacBook, annunciati a 1399
euro e 749 euro, sono già stati scontati a
1049 euro e 561 euro, un taglio comun-
PC Mossa a sorpresa di Apple per accelerare la diffusione del nuovo standard USB C
Apple taglia il prezzo di accessori e adattatori USB C L’adattatore base scende da 29 a 9 euro diventando uno dei prodotti Apple più economici Importante taglio di prezzo anche per i nuovi super monitor LG, in vendita scontati del 25%
que temporaneo che coincide con la
disponibilità dei nuovi prodotti. Dispo-
nibilità che per i monitor è di quasi due
mesi: il prodotto ha avuto inevitabilmen-
te successo.
Cala definitivamente invece il prezzo de-
gli adattatori: l’adattatore che verrà usa-
to di più, ovvero quello da USB Type C a
USB standard costava 29 euro fino alla
scorsa settimana, ora costa solo 9 euro,
diventando uno dei prodotti ufficiali
Apple più economici del listino. Scen-
de anche l’adattatore da Thunderbolt
3 a Thunderbolt 2: Apple chiedeva 59
euro, ora ne servono 35. Infine ci sono
i due adattatori multipli: i multiporta da
HDMI / VGA passano da 89 euro a 59.
Non sembrano cambiati invece i prezzi
dei cavi da USB a Lightning per colle-
gare un iPhone alle porte di MacBook
e MacBook Pro: costavano e costano
ancora 25 euro e 35 euro nelle versioni
da 1 o 2 metri. Non c’è traccia sul sito
italiano dell’adattatore da USB Type C a
SD Card: negli Stati Uniti è stato ribas-
sato da 49$ a 29$, in Italia costava 59
euro ma sembra essere sparito. Apple si
è resa conto probabilmente che ad oggi
è ancora impossibile fare a meno di certi
adattatori, e in questo modo cerca di fa-
cilitare la connessione dei prodotti che
lei stessa definisce “legacy”, sperando
che gli altri produttori di PC seguano la
sua strada obbligando così chi produce
periferiche e chiavette USB ad abban-
donare per sempre il vecchio USB.
PC
Edge più sicuro di Firefox e Chromel furti di informazioni personali sono in continuo aumento. Nel 2016 sono state segnalate ogni mese oltre 145.000 campagne e-mail di phishing, con 125.000 siti web di phishing rilevati, il numero più alto mai registrato. NSS Labs ha verificato la sicurezza dei browser Microsoft Edge, Firefox e Chrome testandoli contro una varietà di attacchi phishing e SEM (social engineered malware). Dall’analisi è emerso che il browser di Microsoft (versione 38.14393.0.0) è il più sicuro con un tasso di successo del 91,4% contro il phishing e del 99% contro gli attacchi di malware. Chrome (versione 53.0.2785) ha ottenuto, invece, un tasso dell’82,4% contro il phishing e il 85,8% contro i malware, mentre Firefox (versione 48.0.2) ha segnato, rispettiva-mente, 81,4% e 78,3%. Microsoft Edge si è dimostrato anche il browser più veloce nell’affrontare i SEM, bloccando dopo un solo giorno il 99% degli URL pericolosi, contro il 94,4% e l’81,6% di Chrome e Firefox.
condotta su circa 13.000 acquiren-
ti, e i dati potrebbero ancora essere
superiori se si pensa che molti utenti
Apple preferiscono andare di persona
in un Apple Store per mettere le mani
sui prodotti. Il prezzo elevato ha ov-
viamente influito in questa statistica,
perchè stiamo parlando di incasso e
non di pezzi: basta un MacBook Pro
da 15” ben configurato per far guada-
gnare quanto 4 Surface Book.
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
DDAY Magazine_M5500_A4.pdf 1 28/09/16 11:14
torna al sommario 16
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Franco AQUINI
SSD, acronimo di Solid State Disk ovvero disco allo
stato solido. Se ne parla sempre di più ed l’unica
vera rivoluzione che ha fatto compiere agli home
computer un balzo prestazionale in avanti. Si tratta di
memorie di massa costruite con la stessa logica delle
chiavette USB o della memoria contenuta negli smar-
tphone, ma ovviamente più veloci grazie ad un con-
troller dedicato. È una tecnologia in effetti esistente da
molti anni, ma che ha sempre avuto il difetto di non
raggiungere la stessa capacità dei dischi meccanici. Il
piccolo taglio dei nuovi dischi a stato solido e i prezzi
molto alti, hanno relegato per molto tempo l’uso dei
dischi a stato solido agli appassionati o agli addetti ai
lavori. Ora però il vento sta cambiando: sia la diffusione
che l’evoluzione della tecnologia, hanno permesso ai
dischi SSD di raggiungere capienze molto simili a quel-
le dei dischi meccanici. Non è difficile portarsi a casa
un disco da 1 Terabyte con interfaccia SATA a meno
di 250 euro e Samsung ha già annunciato il taglio da
4 Terabyte per i suoi 850Pro.
Cosa offre in più un disco SSD? Moltissimi vantaggi. Il
primo: è estremamente più veloce di un disco mecca-
nico. Questi ultimi hanno velocità che possono arrivare
in teoria fino a 100 o 150MB/s (Megabyte al secondo),
valori però riferiti alla lettura e scrittura di dati sequen-
ziali, ovvero quando i dati sono disposti uno dopo l’al-
tro. Tuttavia i dati, soprattutto quelli che riguardano il
sistema operativo, sono sparsi letteralmente “un po’
qui e un po’ là”: il risultato è quindi una testina mecca-
nica, proprio come quella di un 33 giri, che continua a
muoversi per recuperare informazioni sulla superficie
del disco rotante. Le prestazioni, in questo contesto,
crollano letteralmente. Sul disco SSD, al contrario, i dati
sono disposti in diversi chip di memoria che vengono
letti in parallelo. Questo riesce a garantire velocità di
lettura che arrivano 500 MB/s nel caso dei dischi con
interfaccia SATA, e di 3 GB/s nel caso di alcune solu-
zioni SSD proprietarie come quelle usate da Apple nei
suoi nuovi MacBook Pro.
Il secondo vantaggio riguarda la stabilità. Non essendo-
ci parti in movimento, il disco è praticamente immune
da qualsiasi guasto o perdita di dati dovuti al movimen-
to delle parti meccaniche. Un guasto meccanico dopo
una caduta, tanto per fare un esempio, è un problema
PC Con un po’ di pazienza si può rinfrescare il proprio pc, desktop o notebook, sostituendo il disco meccanico con uno a stato solido
Dare nuova vita al vecchio PC con un disco SSD La nostra guida pratica alla sostituzioneEcco la guida pratica alla scelta, sostituzione e allo spostamento dei dati nel cambio di disco con un nuovo modello SSD
ancora molto frequente nei classici hard disk. Con un
disco allo stato solido, questo genere di guasti non può
accadere e i dati sono più al sicuro.
Il terzo vantaggio riguarda i consumi energetici. Di
nuovo: non essendoci parti in movimento, il computer
consumerà di meno. Il che è un vantaggio enorme so-
prattutto sui notebook, dove la sostituzione di un disco
meccanico con uno a stato solido, può aumentare di
molto l’autonomia della batteria.
Serial ATA, l’unica certezzaPrima di addentrarsi nella giungla di standard, connes-
sioni e acronimi, ci si soffermerà sull’interfaccia di gran
lunga più diffusa: la SATA (Serial ATA). Nel 99% dei casi
il computer, sia desktop che notebook, avrà un hard-
disk con questo tipo di interfaccia. Con i dischi SATA
non si andrà incontro a grandi problemi di compatibi-
lità, a patto di avere un controller SATA3 I dischi SSD
funzionano anche con controller SATA2, ma in questo
caso è bene assicurarsi che il disco non dia problemi
prima di acquistarlo. Per gli utilizzatori di un computer
Desktop ci sarà una piccola spesa in più da conside-
rare, ovvero l’adattatore da 2,5 pollici. I dischi SSD in-
fatti vengono venduti nel formato adatto ai PC portatili
ed hanno quindi bisogno di un adattatore per essere
alloggiati al posto dei dischi più grandi da 3,5 pollici,
quelli che solitamente troviamo nei computer desktop.
È comunque un componente che si può acquistare fa-
cilmente con una spesa che va dai 5€ ai 10€.
Un altro consiglio, nel caso di sostituzione del disco un
pc portatile, è l’acquisto contestuale di un box esterno
USB. È in sostanza una scatoletta vuota, al cui interno
trova posto un’interfaccia SATA a cui collegare il disco
meccanico che si sostituirà nel notebook o nel compu-
ter desktop. Il box sarà ovviamente da 2,5 pollici nel
caso in cui la sostituzione avverrà sul portatile e da 3,5
pollici sul computer desktop. Con questo escamotage
si potrà riutilizzare il disco meccanico sostituito come
unità di backup esterna e, in secondo luogo, sarà mol-
to più semplice effettuare la clonazione dei dati sulla
nuova unità SSD.
Nel caso si stia sostituendo il disco su un computer
desktop, c’è un ultimo consiglio da poter dare: spesso
è buona pratica non sostituire il disco meccanico con
uno solido, ma semplicemente aggiungerlo. Anche se,
come abbiamo detto, i dischi a stato solido si avviano
a raggiungere le capacità dei loro antenati meccanici,
esiste ancora un bel divario tra i tagli disponibili oggi sui
dischi meccanici, dove i 2 Terabyte sono all’ordine del
giorno, e quelli raggiunti dai dischi a stato solido, dove
il taglio da 1 Terabyte è già un bel traguardo. Tanto vale
quindi aggiungere il disco a stato solido installandoci
il sistema operativo e i programmi, che beneficeranno
al massimo della nuova tecnologia, lasciando invece i
dati e le librerie voluminose (fotografie, musica, video,
backup, ...) al vecchio disco meccanico. A patto che
quest’ultimo sia in salute, ovviamente.
Come orientarsi tra i modelliFino a qui abbiamo fatto chiarezza sulle tipologie di
SSD esistenti. Ma in definitiva, quale scegliere? Di qua-
le dimensione? Ci sono alcuni casi in cui è possibile
adottare un disco SSD sia in formato SATA che M.2.
Questi ultimi, come abbiamo già detto, sono più pre-
stanti dei primi. In alcuni casi è possibile scegliere sia
una che l’altra tecnologia. È il caso di diversi notebook,
che vengono venduti con un disco meccanico SATA,
ma che hanno anche uno slot M.2 libero. Oppure è il
caso dei computer desktop, dove si può scegliere di
montare un disco SSD SATA o PCIexpress. Se la sche-
da madre ha anche il connettore M.2, si può addirittura
scegliere anche questa alternativa.
segue a pagina 17
torna al sommario 17
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
Il criterio dev’essere sempre la finalità del cambio di-
sco. Se l’utilizzo del pc è prevalentemente generico,
ovvero se usiamo posta elettronica, suite da ufficio
come Office e navighiamo sul web, allora sostituire il
disco SATA con un disco allo stato solido con la stessa
interfaccia è la soluzione migliore. Costa pochissimo e
garantirà un incremento prestazionale notevole, senza
costringerci a diventare dei super esperti di connessio-
ni e protocolli. Se, al contrario, cerchiamo prestazioni
al top, magari per una macchina che sarà dedicata al
gioco o all’editing video, allora è il caso di valutare le
alternative M.2 e PCIexpress.
Per quanto riguarda il taglio, anche in questo caso la
scelta non è banale. Sia sui notebook con doppio slot
(SATA e M.2), che sui desktop, non è sbagliata l’ipote-
si di mantenere un disco meccanico dalle dimensioni
generose (1TB è ormai il taglio minimo) accoppiandolo
a un disco SSD di dimensioni più ridotte (256GB) per il
sistema operativo e le applicazioni. È proprio la soluzio-
ne che utilizza la Apple nei suoi iMac con disco ibrido.
Un disco SSD da 128GB viene accoppiato a un disco
meccanico da diversi terabyte in un unico volume logi-
co, dove il sistema operativo gestirà cosa mettere nel
disco più veloce e cosa invece parcheggiare nel disco
più capiente.
In questo modo, l’operazione diventa anche più sem-
plice dal punto di vista pratico. Non bisognerà più
sostituire il disco, clonare i dati con un altro computer
e poi rimontare il nuovo disco. Basterà aggiungere il
disco SSD e il gioco è fatto. Se invece il nuovo disco
va a sostituire quello esistente, meglio prenderlo della
dimensione giusta. Anche in questo caso, per la scelta
del taglio di memoria, vale lo stesso principio: utilizzo
standard con posta elettronica, Office e web? non an-
dare oltre i 256GB o al massimo i 500GB. Scaricate
musica, film e foto dal smartphone e reflex? Allora bi-
sogna orientarsi senza alcun dubbio sulla versione da
1TB, altrimenti ci si pentirà in fretta dell’acquisto.
Cambiare disco senza perdere datiUna volta acquistato il nuovo disco, nel caso in cui
si decida di sostituirlo a quello montato di serie, ci si
troverà davanti al problema di dover clonare il vec-
chio disco sul nuovo. Come fare? L’operazione è più
semplice di quello che potrebbe sembrare. Di seguito
analizzeremo sia il caso di clonazione del disco sia sul
Un notebook ROG di ASUS con 3 slot per Hard disk, uno SATA e uno SATA/M.2.
computer portatile che sul computer fisso.
Se non si dispone di un secondo computer e occor-
re clonare il disco con un computer portatile, allora è
bene valutare anche l’acquisto di adattatori esterni
USB. Vediamo come procedere caso per caso.
Notebook - Sostituzione di un disco SATA con un disco SSD SATAIn questo caso è necessario dotarsi di un adattatore
USB-SATA esterno. Se ne trovano da pochi euro (in
passato alcuni produttori lo fornivano generosamente
insieme al disco) ed è praticamente indispensabile. Un
prezioso suggerimento può essere quello di acquista-
re un box per dischi esterni SATA USB3. Lo si potrà
utilizzare per clonare il disco e al termine lo si potrà
impiegare per riutilizzare il disco meccanico sostituito
come hard-disk esterno. Un disco in più per i backup
non fa mai male.
Notebook - Aggiunta di un disco mSATA o M.2 a un notebook con doppio slotIn questo caso non è necessario nessun adattatore
esterno. Basterà aggiungere il nuovo disco nello slot
libero, accendere il computer, lanciare l’utility per clo-
nare i dati e al termine rimuovere il disco meccanico.
Aggiungere un disco SSD al computer DesktopSul computer desktop si potrà fare a meno di acquista-
re adattatori esterni, visto che sarà comunque neces-
sario aprire il computer per collegare la nuova unità.
Anche in questo caso però, può essere utile il consiglio
di acquistare un box esterno per recuperare il disco
sostituito e ottenere così un nuovo disco esterno per
i backup. Ne esistono infatti anche da 3,5 pollici. Tutta-
Un box esterno da 2,5 pollici SATA-USB. Utile sia per copiare i dati sul nuovo disco, che per utilizza-re il vecchio come backup.
via, nel caso del computer desktop, il vecchio hard-disk
può essere lasciato tranquillamente al suo posto, per
parcheggiarci dati a cui magari non si accede troppo
frequentemente.
Clonare il disco, un gioco da ragazziUna volta montato il nuovo disco insieme al vecchio, si
può procedere alla fase di copia dei dati. Di software
ne esistono decine. Alcuni produttori, tra i quali Sam-
sung, forniscono la propria soluzione software gratuita
(Samsung Data Migration). Altrimenti ci si può rivolge-
re a soluzioni gratuite, come EASEUS Partition Master. Solitamente questi software offrono diverse possibilità.
La copia della partizione, la copia del disco 1:1 (ovvero
la copia del disco fedele all’originale) e la copia del si-
stema operativo. Nel caso in cui si voglia clonare un di-
sco che contiene il sistema operativo, e magari anche
le partizioni di ripristino, è necessario clonare sempre
l’intero disco, altrimenti il sistema non si avvierà.
Una volta selezionata la copia del disco, bisogna fare
attenzione alla modalità di copia. Il software ci chie-
derà infatti se vogliamo mantenere la stessa dimen-
sione delle partizioni, o se vogliamo adattarle alla
nuova dimensione. Significa che se il disco originale
è da 256GB e il nuovo è da 1TB, il software allargherà
proporzionalmente le partizioni per occupare l’intero
spazio disponibile. La seconda opzione, quella che
ridimensiona automaticamente le partizioni, è da evi-
tare. Così facendo infatti, verranno allargate anche le
partizioni di ripristino che, oltre a sprecare spazio inutil-
mente, possono impedire il corretto funzionamento del
sistema. Bisogna quindi lasciare inalterata la dimensio-
ne delle partizioni. Successivamente alla clonazione, si
potrà estendere la sola partizione dei dati o del sistema
operativo senza toccare quelle di ripristino.
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PC
Dare nuova vita al PC con un disco SSDsegue Da pagina 16
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
C’è poi da fare un’ultima precisazione. La memoria flash
ha una struttura differente rispetto ai piattelli magnetici
dei dischi meccanici. Per questo è opportuno esegui-
re, dopo il clone, un operazione di allineamento delle
partizioni. A questo scopo esistono diversi software, tra
tutti quello considerato il riferimento per questo scopo,
Paragon Alignment Tool, e altre alternative gratuite (ma
presumibilmente meno efficaci), come MiniTool Parti-
tionWizard Home Edition. Samsung, ancora una volta,
ha un software per la gestione completa e l’ottimizza-
zione del disco SSD. Si chiama Magicians Software ed
è un utile tool di manutenzione del disco. Conclusa la
fase di allineamento, il disco è pronto per poter essere
sostituito all’orginale.
Attenzione! Meglio non avviare il computer con entram-
be i dischi clonati collegati. In questo caso si potrebbe-
ro ricevere errori di sistema o schermate blu. Meglio
scollegare il vecchio disco e avviare il pc con il nuovo.
Una volta testato il funzionamento, si potrà cancellare
il vecchio disco o con l’utility del produttore o con la
funzione Wipe Disk di EasuUS Partition Master.
La sostituzione sul notebookL’apertura di un PC portatile può spaventare. In real-
tà è, per la maggior parte dei casi, meno complicata
di quello che si possa immaginare ed è decisamente
più semplice seguendo le guide che si trovano in rete.
YouTube e siti specializzati come iFixit.com rappresen-
tano una risorsa inestimabile per ogni operazione di
riparazione o sostituzione.
Suddividiamo l’operazione di apertura del notebook
in due tipologie: la prima molto semplice, la seconda
leggermente più complicata. Nella prima situazione, il
portatile ha degli sportelli chiusi da viti, che servono
a permettere facilmente l’accesso ai due componenti
sostituibili dall’utente: Ram e disco. Facile capire come
questa sia la situazione in assoluto più semplice. Si tol-
gono le viti, si sollevano tutti i coperchi finché non si
trova il disco e poi si tolgono le altre viti che lo ancora-
no al case. Tutto qui. L’unica accortezza è da porre nel-
l’estrarre il disco dal vano, perché normalmente il cavo
di collegamento alla scheda madre non è lunghissimo
e va quindi scollegato appena possibile.
La seconda condizione è decisamente più complicata,
ma non impossibile. Si verifica quando il portatile non
ha vani per l’alloggiamento del disco, ma richiede la
completa apertura della scocca. Diciamo che la fase
PC
Dare nuova vita al PC con un disco SSDsegue Da pagina 17
realmente complicata è una sola. La scocca, formata
da una parte superiore e una inferiore, è chiusa ad
incastro tramite dei dentini di plastica molto delicati.
La procedura prevedere quindi la rimozione di tutte le
viti. Spesso ce ne sono molte nel vano della batteria
(controllate bene!) oppure sotto i piedini in gomma che
vanno scollati dalla loro sede. Tolte tutte le viti, ricon-
trollate di nuovo tutto da capo. Dimenticare una vite e
tirare con forza la scocca potrebbe essere disastroso.
Per questo è fortemente raccomandato usare una gui-
da fotografica o video.
Una volta tolte le viti, bisognerà separare le due scoc-
che facendo rientrare i dentini. Per farlo esistono degli
strumenti in plastica appositi, simili a delle piccole pa-
lette molto sottili. In molti casi però basterà un plet-
tro molto sottile, quelli che si usano normalmente per
suonare la chitarra, o una tessera tipo fidelity card, ma
non troppo spessa. Bisognerà inserirla lateralmente
tra la scocca superiore e quella inferiore e poi farla
scorrere cercando di giocarci un po’ quando raggiun-
gerà un ostacolo (il dentino). Facendo un po’ su e giù,
il dentino si sgancerà e si potrà proseguire lungo tutto
il perimetro dello chassis sganciando un dentino dopo
l’altro finché la scocca superiore non verrà via.
A questo potrebbe essere necessario anche scollega-
re la tastiera, che è collegata alla scheda madre trami-
te una fettuccia. La fettuccia, nella maggior parte dei
casi, non ha un vero e proprio connettore, ma un sot-
tilissimo pettine inserito nella scheda madre, bloccato
soltanto da un piccolo profilo di plastica che normal-
mente è in posizione orizzontale. Facendolo scattare
in posizione verticale, la fettuccia con i contatti si sfi-
lerà. A questo punto, dovremmo vedere l’hard disk e
poterlo sostituire proprio come nel caso precedente.
Quest’ultima è in effetti un’operazione un po’ delica-
ta che va praticata con un minimo di competenza nel
maneggiare componenti elettronici. Tuttavia, con una
buona guida davanti, non si farò troppa fatica.
Questa, nonostante sia un’operazione molto comples-
sa, è di fatto la situazione peggiore che possa capita-
re. È il caso di notebook molto sottili ed
economici dove, per questioni di costo,
sono stati eliminati tutti i vani di accesso
ai componenti sostituibili. Nella maggior
parte dei casi, ci teniamo a rassicurarvi,
saranno presente i classici sportelli.
Cosa succede alla garanziaA questo punto crediamo sia chiaro: un
SSD cambia la vita ad un PC, e non solo
a quelli vecchi: i produttori si ostinano a
strozzare le prestazioni dei notebook inserendo ca-
pienti (ma lenti) dischi da 1 TB al posto di un veloce
SSD da 256 GB. Se un notebook è fuori garanzia ov-
viamente non ci sono problemi, installare un SSD rien-
tra sotto la responsabilità di ogni singolo utente.
Ma se invece c’è la garanzia ovviamente le cose
cambiano: un utente potrebbe essere timoroso nel
toccare un computer appena comprato ma questo
ovviamente implica anche il fatto di tenere un compu-
ter strozzato nelle prestazioni per i tipici due anni di
protezione offerta dalle aziende.
Abbiamo quindi chiesto ai principali produttori di no-
tebook cosa succede se si cambia l’hard disk in un
notebook in garanzia, e la disposta è stata pratica-
mente unanime: la garanzia non decade se l’hard disk
è accessibile con uno sportellino dedicato sul fondo
del portatile.
In poche parole ci sono sul mercato notebook predi-
sposti per il cambio del disco, dove basta solo svitare
un paio di viti, e notebook dove invece si deve smon-
tare tutto il blocco inferiore, operazione quest’ultima
che invece invaliderebbe la garanzia.
In fase di acquisto la possibilità di upgrade diventa
uno dei parametri da verificare, anche se da una veri-
fica che abbiamo fatto molti prodotti sono predisposti:
quelli che non lo sono o hanno già un SSD a bordo o
sono prodotti molto vecchi, quindi già fuori garanzia.
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Un notebook predisposto per l’upgrade.
Su questo vecchio notebook l’operazione non è fattibile.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
Le evoluzioni futureIl disco a stato solido, come si è detto, sta finalmente
conoscendo la rapida evoluzione di cui i computer
avevano bisogno. Com’è normale in questo settore,
le nuove tecnologie evolvono rapidamente tanto più
si diffondono rapidamente. Così anche i dischi stan-
no conoscendo una rapidissima evoluzione, purtrop-
po seguendo la deriva della moltitudine di standard,
protocolli e connettori che spesso caratterizzano la
prima parte della vita di queste nuove tecnologie. Per
questo abbiamo deciso di dare uno sguardo al futu-
ro, che poi futuro non è, vista la presenza di dischi
Pci Express e M.2 già su molti notebook, soprattutto
in ambito gaming. Andiamo quindi a fare una picco-
la analisi di quello che il mercato offre già oggi , in
modo da capire quale sarà la probabile evoluzione
prossima.
SATA, mSATA, M.2 e PCIExpress, facciamo chiarezza nella solita giungla di sigleSe i produttori non facessero sempre una gran con-
fusione tra sigle e standard, probabilmente non ci
sarebbe bisogno di queste guide. Invece, mai come
in questo caso, è impossibile non addentrarsi un po’
nelle spiegazioni tecniche per districarsi un minimo
nella gran confusione di sigle, interfacce, bus e stan-
dard differenti. La prima interfaccia, la SATA (Serial
ATA) è un’interfaccia ormai consolidata da anni. Sia-
mo arrivati alla versione 3, ma il connettore è sempre
lo stesso. Impossibile quindi che non sia disponibile
sulla scheda madre o sul notebook a cui dovremo
sostituire il disco. Fino a poco tempo fa esisteva pra-
ticamente solo la SATA, affiancata dalla sua antenata,
la Parallel ATA. Poi la situazione è cominciata a com-
plicarsi con l’arrivo, soprattutto in ambito server, degli
hard-disk su bus PCI Express. Attenzione, il BUS non
è l’interfaccia, ma è il tipo di connessione attraverso
cui viaggiano i dati. Da qui in poi è stato un moltipli-
carsi di interfacce e di sigle. Prima c’è stata la mSATA
(mini SATA), poi PCI Express con connettori x2 o x4
e infine la più recente M.2, evoluzione della mSATA. I
termini complicati non finiscono qui, perché non è dif-
ficile imbattersi in hard-disk M.2 NVMe, acronimo di
Non-Volatile Memory Express. Sono, in pratica, quelli
nati per accedere a memorie di tipo flash, ovvero i
più veloci.
M.2, l’evoluzione della mSATASenza scendere nel dettaglio di ogni connettore, ar-
riviamo dritti al dunque: nonostante l’interfaccia M.2
sia nata in ambito mobile, sta rapidamente arrivando
anche sulle schede madri di computer desktop e non
è difficile pensare che si diffonda rapidamente in en-
trambi gli ambiti. A fine maggio, dalla fiera Computex
di Taipei, vi avevamo raccontato come i dischi SSD
con interfaccia PCI Express occupassero gran parte
degli stand dedicati ai PC desktop da gioco. Quindi
è lecito supporre che anche questi si diffondano ve-
locemente a partire già dalla fine del 2016. Tuttavia
l’ampia diffusione e crescita di notebook sempre più
leggeri, fa presagire che i dischi con interfaccia M.2,
oltre a diffondersi, scenderanno rapidamente di prez-
zo, prendendosi una larghissima fetta del mercato
degli hard-disk a stato solido.
Attenzione! Per complicare ulteriormente la situazio-
ne, come se non lo fosse già, il connettore M.2 è di-
sponibile in vari tagli e misure. Quindi non è scontato
che se il notebook o la scheda madre supporta il con-
nettore M.2, sia al 100% compatibile con il disco che
andremo ad acquistare. Per questo è bene verificare
online se il modello di notebook o di scheda madre
sia effettivamente compatibile con il disco che stiamo
acquistando. In commercio è possibile trovare dischi
M.2 con lunghezza 30, 42, 60, 80 e 110mm. Queste
misure vengono classificare con un numero a quattro
cifre che ne indica lunghezza e larghezza. Per fare un
esempio il comune modello 2242, è un disco M.2 lar-
go 22mm e lungo 42mm.
Se ai produttori non piacessero portare i consumatori
alla disperazione non avrebbero introdotto, oltre al
connettore, al bus, al protocollo e al formato, anche
la variabile del pettine. Già, perché il disco M.2 è di-
PC
Dare nuova vita al PC con un disco SSDsegue Da pagina 18
L’utile tabella di ramcity per districarsi tra connet-tori e standard.
sponibile anche in 3 differenti configurazione di pet-
tine, ovvero la parte con i collegamenti in rame che
va innestato nel connettore. M.2 Esiste in formato B
Key, M Key e B&M Key. Il primo ha un taglio sulla si-
nistra, il secondo un taglio sulla destra, il terzo ce li
ha entrambi. Un esempio? L’ormai celebre Samsung
950 ProM.2 NVMe è un disco con prestazioni da
capogiro. Sul sito del produttore è possibile legge-
re le dimensioni 80,15 x 22,15 x 2,38mm (LxAxP). In
questo caso si tratta di un 2280 (22 di larghezza e
80 di lunghezza) con connettore M.2 M Key. Consul-
tando tabelle facilmente reperibili in rete si scoprono
esattamente i modelli di notebook compatibili con il
Samsung 950 Pro.
PCI Express, il più veloce sui desktopAbbiamo detto che i dischi più veloci sono quelli che
sfruttano il bus PCI Express. In questo caso possiamo
scegliere dischi con interfaccia M.2 o direttamente
PCI Express x2 o x4. Il vantaggio, in questo è caso, è
sicuramente sui computer desktop dove è molto più
facile trovare uno slot x2 rispetto a uno M.2. In questo
caso il disco si presenta molto simile a una comune
scheda PCI Express. Quindi come una scheda video
di piccole dimensioni, per capirci. Esistono in com-
mercio anche degli adattatori per montare un disco
M.2 o mSATA su una scheda PCI Express x2. Utile nel
caso in cui si ha un disco SSD con interfaccia mSATA
o M.2 e lo si vuole riutilizzare su computer desktop.
Quale scegliere quindi?Partiamo da una certezza: gli hard-disk SSD M.2 sono
più veloci, costano poco di più e si affermeranno ten-
denzialmente sia nel mercato notebook che in quel-
lo desktop. Attenzione però a controllare che sia un
vero disco PCI express e che non si limiti ad utilizzare
il bus SATA. Questo è la principale fonte di confusio-
ne. I connettori M.2 sono retrocompatibili ed è facile
imbattersi in dischi che in realtà si fermano ai 600
MB/s (teorici) del bus SATA. È bene quindi controllare
la presenza della sigla NVMe o meglio ancora con-
trollare il dato tecnico di velocità in lettura/scrittura.
Questo, ovviamente, quando si può montare un disco
con questa tecnologia. Se non fosse possibile mon-
tare un disco PCI Express, non ci si deve fasciare la
testa. Un disco SSD SATA da 2,5 pollici, rappresenta
comunque un enorme balzo prestazionale e rimane
comunque conveniente, soprattutto sotto il profilo
economico. Un disco da 256GB, per intenderci, si
trova facilmente sotto i 100€ e velocizza qualunque
PC più di qualsiasi altro upgrade.
L’adattatore PCI Express di Kingston per montare dischi M.2 su computer desktop.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Dario RONZONI
S i chiama D5600 la nuova Nikon
della linea D5x00, il segmento
mid-range dedicato ai fotoamato-
ri in cerca di qualcosa in più. La reflex,
costruita attorno al classico sensore
CMOS da 24,2 Megapixel e al proces-
sore di immagine EXPEED 4, fa della
presenza di SnapBridge, l’ormai col-
laudato sistema Nikon di condivisione
delle immagini via Bluetooth, la sua
caratteristica principale.
Tra le altre novità, il display touch da
3,2”, orientabile su più assi, presenta
ora alcune funzioni e gesture mutuate
dalla D500. Altra caratteristica eredi-
tata dalle sorelle maggiori, la ripresa
time-lapse con funzione di esposizione
automatica.
Da segnalare, poi, il mirino ottico con
circa il 95% di copertura dell’inquadra-
tura, un sistema autofocus a 39 punti
con nove sensori a croce, ripresa Full
FOTOGRAFIA Annunciata l’erede della D5500, una reflex mid-range pensata per utenti evoluti
Nikon presenta D5600, creatività al top e condivisione per fotoamatori evolutiTra i punti di forza della D5600 figurano la funzione SnapBridge e un display migliorato
HD 50p/60p e un corpo macchina dal
peso contenuto di 415 grammi.
I kit comprenderanno anche la doppia
dotazione di obiettivi 18-55mm VR e
70-300mm VR. Al momento non sono
ancora disponibili informazioni sul
prezzo e sulla data di uscita.
di Gaetano MERO
Arriva per tutti i possessori di Parrot
Bebop 2 l’utile modalità Follow Me,
la possibilità cioè di esser seguiti
e ripresi dal drone, che implementa un
sofisticato sistema di visual tracking, in
automatico. In questo modo si potranno
svolgere le attività sportive più estreme
in completa libertà. La nuova funzionalità
sarà disponibile sotto forma di aggiorna-
mento in-app dell’applicazione ufficiale
FreeFlight Pro al prezzo di 19,99 € dopo
15 giorni di free trial, subito per iOS e da
dicembre per Android.
Follow Me per assicurare il massimo del-
la precisione combina tre fattori: visual
tracking, sistema GPS dello smartphone
e barometro, se disponibile sul proprio
device. Il tracking sviluppato da Parrot
riesce ad isolare i colori e le differenti for-
me del soggetto all’interno dell’ambiente
garantendo un’inquadratura accurata.
GADGET Parrot implementa la funzione Follow Me sul Bebop 2, l’aggiornamento costa 19,99 €
Parrot Bebop 2 ti segue e non ti molla mai Il drone sarà in grado di seguire da solo il pilota e di inquadrare alla perfezione i soggetti
GPS e barometro fanno il re-
sto, assicurando la posizione
con precisione fino a 5 metri
e l’ottimizzazione del tracking
in verticale sulla scena.
Due le opzioni di volo se-
lezionabili: Auto Follow e
Sovra-pilotaggio. Con l’Auto
Follow l’utente può imposta-
re altitudine di volo, altezza
dal soggetto e angolo di vi-
sione tramite app e poi infilare il telefono
in tasca o nello zaino, Bebop 2 farà tutto
da sé. In più si potrà scegliere se filmare
in Perfect Side, tenendo cioè il soggetto
al centro dell’inquadratura o con la moda-
lità Magic Dronies che farà fare al drone
una serie di movimenti pre-programmati
come un’orbita di 360° o una parabola ad
arco fino a 10 mt di altezza. Col Sovra-pi-
lotaggio sarà invece possibile prendere
il controllo del drone e settare tutte le
impostazioni in qualsiasi momento uti-
lizzando lo smartphone. Il visual tracking
potrà essere sfruttato ad ogni modo an-
che durante l’esperienza di pilotaggio
manuale, attivando infatti l’inquadratura
automatica la telecamera del Bebop 2 si
regolerà in modo da tenere il soggetto
sempre al centro dell’immagine, durante i
voli stazionari il drone ruoterà sul proprio
asse per non perdere di vista l’obiettivo
durante le riprese.
GoPro ritira Karma: potrebbe precipitare in qualsiasi momentoContinuano i guai per il famoso produttore di action cam, dopo i negativi risultati finanziari viene annunciato il completo ritiro dal mercato del drone ripiegabile Karma, per problemi di alimentazione di Giulio MINOTTI
GoPro non sta certo attraversan-do un periodo roseo; la famosa azienda produttrice di action cam aveva ha divulgato pessimi risultati finanziari relativi al terzo trimestre del 2016 con un fatturato sceso di quasi il 40% in un anno.Ai problemi finanziari si aggiungo-no ora quelli relativi al nuovo drone ripiegabile Karma che, dopo una breve apparizione sul mercato, vie-ne ritirato per problemi di alimenta-zione che possono causare la ca-duta improvvisa del velivolo. Dopo diversi episodi, documentati anche su Youtube, l’azienda ha deciso di togliere questo drone dal mercato risarcendo i suoi acquirenti.Il problema degli spegnimenti improvvisi in volo è stato rilevato solo su una piccola percentuale dei 2.500 Karma venduti, ma Go-Pro non conoscendone la causa ha scelto, per motivi di sicurezza, di ritirarli tutti. Al momento non è, inoltre, noto quando il prodotto tor-nerà sul mercato.I proprietari del Karma possono mettersi in contatto con l’assisten-za clienti di GoPro o recarsi nel ne-gozio dove è stato acquistato per ottenere il rimborso completo (non è prevista la sostituzione).
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
L e notti del 14 novembre sarà una delle ultime oc-
casioni per scattare la foto alla super-luna: il nostro
satellite infatti passerà a 356 mila km dalla terra
e, se il meteo sarà clemente, in tutta Italia sarà davve-
ro possibile realizzare scatti d’autore; una distanza di
questo tipo si riproporrà solo tra molti anni, nel 2034.
Fotografare la luna però non è semplicissimo, ecco
perché abbiamo raccolto alcuni suggerimenti per chi
vuole provare a immortalare il suggestivo fenomeno.
Conoscere tempi e posizione è importantissimoPrima di tutto bisogna conoscere i tempi della luna:
scattare una foto quando la luna è in cielo non offre
lo stesso risultato di quando si riesce a fare una foto
dove la luna si specchia in un lago oppure viene in-
corniciata da altri elementi del paesaggio. Ecco per-
ché conoscere il momento esatto in cui la luna sorge
e tramonta è indispensabile, e ovviamente questo
momento varia leggermente a seconda della posi-
zione geografica: esistono tuttavia applicazioni (come
Sun Surveyor nella versione a pagamento per iOS e
Android) che ci aiutano, ma anche il semplice sito del
meteo fornisce questo dato. Al nord Italia la “super
luna” del 13-14 novembre sorge intorno alle 17:20 per
tramontare alle 6:45 circa del mattino.
Le migliori foto con la superluna si ottengono riu-
scendo a giustapporre nell’inquadratura un elemento
“terrestre”, come una serie di case in lontananza, un
campanile, un grande albero, e così via. Ovviamente,
visto che i due oggetti sono a distanze molto diverse,
per avere entrambi a fuoco è necessario che anche
il soggetto terrestre sia sufficientemente lontano dal
punto di scatto per posizionare il fuoco all’infinito (o lì
vicino) tenendo entrambi i protagonisti della foto nel
range della profondità di campo ottenibile.
Va ovviamente tenuto conto che per fare la foto con
la luna e altri elementi nel quadro è necessario che
la luna sia sufficientemente bassa (o quando sorge o
quando tramonta) e che magari ci sia ancora un mini-
mo di luminosità della volta celeste in modo tale da
illuminare anche il soggetto terrestre.
La app Sun Surveyor mostra in realtà aumentata dove
passerà la luna un dato giorno alla data ora, uno stru-
mento indispensabile per chi vuole andare sul sicuro
FOTOGRAFIA Torna la super luna: ecco alcuni semplici consigli per scattare una foto perfetta utilizzando la reflex e il cavalletto
Come scattare la foto perfetta alla super-lunaUn’occasione davvero imperdibile per gli appassionati, anche perché una luna così grande si rivedrà solo tra diversi anni
nell’inquadrare luna e altri soggetti terrestri o vuole
semplicemente sapere quando la luna sarà visibile dal
proprio punto di vista rispetto ad eventuali ostacoli.
La scelta del giusto punto di scatto va fatta aiutandosi
appunto con le app già citate che, fissato un luogo
mostrano anche in realtà aumentata dove passerà la
luna e a che ora.
L’equipaggiamento adatto e indispensabileUna volta tanto gli smartphone non servono a nulla:
per scattare una foto alla luna servono zoom e ca-
valletto, non si scappa. L’idea è avere uno zoom da
almeno 300 mm, anche se la dimensione extra della
luna nei prossimi giorni aiuterà un po’. Con un 400
mm o meglio ancora un 800 mm, raggiunto magari
con anelli di moltiplicazione: sono disponibili per tutte
le fotocamere reflex ad un costo anche abbordabile.
Il cavalletto è poi indispensabile, meglio un cavalletto
solido e stabile.
La modalità di scatto, meglio il manualeScattare la foto alla luna in automatico è impensabi-
le: se l’obiettivo è avere una foto dove si intravedono
crateri e laghi lunari allora è importantissimo esporre
nel miglior modo la luna evitando di fotografare una
sagoma bianca sovraesposta. Per farlo le soluzioni
sono o lo scatto manuale oppure lo scatto a priorità
di diaframmi, impostando però la misurazione espo-
simetrica su “spot”.
Così facendo la macchina fotografica utilizzerà come
riferimento per l’esposizione una piccola area pari al
3% attorno al punto di messa a fuoco selezionato, che
nel caso della foto alla luna dovrebbe proprio esse-
re il corpo celeste. Attenzione però, a seconda della
modalità di messa a fuoco il funzionamento della mi-
surazione spot cambia: con il fuoco automatico punto
di misurazione spot e di fuoco coincidono (ma posso-
no essere svincolati), con il fuoco manuale invece è il
punto centrale, ma è possibile bloccare l’esposizione
sul soggetto desiderato e poi spostare l’inquadratura
oppure spostare il punto con le reflex più evolute.
Una fotocamera che dispone di funzione spot (quasi
tutte le reflex) dispone anche di un’altra funzione in-
dispensabile, ovvero il bracketing. Questa modalità,
solitamente usata per le foto HDR, può essere utile
per avere a disposizione più scatti da moltiplicare o
aggiustare. Sempre per lo scatto diamo altri suggeri-
menti: disattivare la messa a fuoco automatica (e quin-
di misurare l’esposizione in modalità spot sul punto
centrale e poi bloccarla) e se si fa uno scatto solo usa-
re la funzione di blocca specchio (o il Live View).
Chi vuole scattare invece in manuale può partire da
F10 e ISO 200 cercando il tempo di posa più indicato.
La luna non si muove velocemente, un po’ di tentati-
vi si possono fare. Sulla modalità di scatto, è sempre
indicato preferire l’autoscatto (ovverosia il timer di
scatto) in modo tale da evitare anche il micromosso
legato alla pressione sul tasto; con le reflex è bene
anche utilizzare la modalità a specchio sollevato per
evitare anche le vibrazioni dovute al movimento dello
specchio stesso.
Prepararsi all’editing: due scattiRealizzare una foto con la luna esposta correttamen-
te e anche il “contorno” ben visibile è praticamente
impossibile con una sola foto. Ecco perché solo Pho-
toshop più aiutare in questo. Per realizzare una foto
perfetta infatti si devono realizzare due scatti distinti:
uno dove la luna sarà sovraesposta e il “contorno”
sarà visibile e una dove sarà perfettamente visibile la
luna e il resto sarà una silouette.
A questo punto le due foto, che devono essere per-
fettamente allineate, possono essere caricate in Pho-
toshop come due livelli di una unica immagine per
lavorare sulle “opzioni di fusione”.
La funzione si chiama proprio “Opzioni di Fusione”
o “Blending Options” per chi tiene Photoshop in in-
glese: lavorando sullo slider si riesce a trovare il bi-
lanciamento perfetto tra luci e ombre. L’unico effetto
collaterale di questo “giochetto” è la necessità di na-
scondere l’alone generato dalla luna, e spesso ci si
riesce o tagliandolo via o rimpicciolendo leggermente
un livello.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Gaetano MERO
U na casa in cui l’impianto di riscalda-
mento può essere programmato in
base alla temperatura esterna, che
si spegne se non c’è nessuno e che, so-
prattutto, fa risparmiare sulla bolletta è il
desiderio di milioni di famiglie. L’Internet
delle cose è ormai una realtà per molti
utenti, e il concetto stesso di termostato
smart è tutt’altro che una novità (Nest...),
ma merita comunque segnalare la presen-
za di un’ulteriore soluzione proposta da
Momit. La start-up spagnola, attiva dal 2011
nel settore hi-tech, ha presentato Bevel:
un termostato intelligente completamente
gestibile tramite app e connesso alla rete
ideale per impianti domestici. Il bello è che
si tratta di una sistema davvero stand alo-
ne: il particolare design permette a Bevel
di essere scollegato dalla base e traspor-
tato nei diversi ambienti dell’abitazione
per assicurare il massimo del comfort e
consentire un utilizzo ottimale del sistema
di riscaldamento. Il dispositivo difatti può
misurare la temperatura e l’umidità nelle
differenti stanze della casa e abbassare
o aumentare i caloriferi memorizzando le
preferenze degli inquilini.
Bevel è dotato di un pratico schermo e-ink
SMARTHOME Un termostato gestibile tramite app che è in grado di apprendere le abitudini
Momit Bevel, il nuovo termostato smart che si può anche portare in giro per casa Spegne il riscaldamento se non c’è nessuno facendo risparmiare fino al 30% in bolletta
sul quale leggere tutte le informazioni, è
alimentato a batterie ricaricabili e si con-
nette alla rete tramite un gateway in do-
tazione. Una delle feature più interessanti
del dispositivo è sicuramente la funzione
di geolocalizzazione grazie a cui il mo-
mit Bevel sa quando non c’è nessuno in
casa e quando si è di ritorno dal lavoro,
così da spegnere automaticamente il ri-
scaldamento per evitare inutili sprechi e
accenderlo al momento opportuno per far
trovare al rientro la casa alla temperatura
ideale. Attraverso la modalità MyBudget,
attivabile da app, sarà possibile consul-
tare le previsioni meteo e tutta una serie
di statistiche relative a temperature, valori
di umidità e consumi direttamente dal di-
splay del proprio telefono permettendo
all’utente di programmare il calendario di
accensione e spegnimento dell’impianto.
In questo modo si potranno tenere sotto
controllo le spese di riscaldamento e sti-
mare i costi delle future bollette energeti-
che con un risparmio stimato fino al 30%,
ottenendo il massimo rendimento dall’im-
pianto termico ed emettendo meno CO2
nell’ambiente.
Momit Bevel è compatibile con la mag-
gior parte degli impianti domestici ed è
disponibile in Italia al prezzo di 199 euro,
comprensivo anche dell’utilizzo dei servizi
Web di momit.
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingClaudio Stellari
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
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Hackerate le lampade intelligenti Philips con un drone Un gruppo di hacker è riuscito ad accendere e spegnere il sistema di illuminazione di una casa e di un complesso di uffici, sfruttando un drone e un bug nel firmware delle lampadine smart Philips Hue di Alvise SALICE
Quando l’Internet of Things è un’arma a doppio taglio. Utiliz-zando un drone distante circa un quarto di miglio di distanza dal bersaglio, alcuni hacker statuni-tensi sono riusciti ad aggirare i protocolli di sicurezza software che garantirebbero il funziona-mento delle lampade intelligenti Philips Hue, finendo con l’agire a piacere, in remoto, sull’illumina-zione smart di una casa prima e di un complesso di uffici poi. Nel-lo specifico, si trattava di hacker “white-hat”, ossia sostanzialmen-te di ricercatori che in virtù di mo-tivi etici si oppongono all’abuso dei sistemi informatici. Fortunata-mente non erano hacker “black-hat”, ovvero quelli che usano le proprie capacità a scopo crimi-noso. I ricercatori hanno trovato e sfruttato una vulnerabilità nel Touchlink del protocollo ZigBee: “Abbiamo semplicemente utiliz-zato attrezzature disponibili sul mercato a qualche centinaio di dollari [...]”: questa la dichiara-zione rilasciata dopo aver conse-gnato a Philips un report inclusivo di tutte le criticità software e delle eventuali soluzioni suggerite per tappare ogni falla. Tra i dettagli della relazione è specificato che l’illuminazione della casa è stata hackerata da 70 metri di distan-za, mentre per il complesso di uf-fici è bastato posizionarsi addirit-tura ad un quarto di miglio (circa 350 metri).
SMARTHOME Amazon pensa a un servizio di pulizie a domicilio
Amazon cerca babysitter e colf Pulizie Prime con prezzo super?
di Alvise SALICE
Amazon ha pubblicato due annunci
con cui cerca personale per collabo-
razioni domestiche. Il Seattle Times
ha scoperto le inserzioni dell’azienda di
Jeff Bezos, rivolte ad assistenti casalinghi
che si occuperebbe di un servizio di pulizie
disponibile per i suoi utenti. Nella versione
originale i due annunci facevano riferimen-
to al pacchetto “Amazon Prime”, lasciando ipotizzare che questo nuovo servizio extra
potesse essere appannaggio esclusivo degli abbonati. Successivamente il testo delle
inserzioni è stato corretto, eliminando ogni indicazione in merito. Restano dunque da
capire le tempistiche, ma sembra proprio che tutti gli utenti Amazon (paganti l’abbona-
mento Prime o meno), avranno presto l’opportunità di richiedere l’invio a domicilio di un
collaboratore domestico “a gettone”, che si occupi di riordinare “a chiamata” la casa dei
clienti, farne il bucato, spolvernarne i mobili e quant’altro.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Massimiliano ZOCCHI
Tutti aspettano Tesla Model 3, c’è at-
tesa anche per i nuovi SolarRoof ma
la più grande novità di Tesla potreb-
be essere passata quasi inosservata.
Insieme alle nuove tegole fotovoltaiche,
Elon Musk ha presentato anche la nuova
batteria per storage casalingo PowerWall
2, che ha il doppio della capacità energe-
tica del suo predecessore, molto proba-
bilmente grazie alla prima applicazione di
un nuovo tipo di celle al litio.
Storicamente Tesla, come molti altri co-
struttori, ha usato le note celle 18650, in
cui 18 sono i mm di diametro, e 65 mm la
lunghezza. Queste celle, che tutte insie-
me vanno poi a comporre le batterie, han-
no una capacità tra 1.500 e 3.000 mAh,
ovvero una densità energetica di circa
250 Wh/kg. La strada nuova è la 2170,
cioè una nuova cella da 21 mm per 70
di lunghezza, che con il 50% di volume
in più, può arrivare a raddoppiare la sua
capacità. Le celle 2170 hanno un range di
capacità di 5.750-6.000 mAh. Un raddop-
pio di energia rende possibile un Powe-
rWall più piccolo ma col doppio dei kWh
AUTOMOTIVE Tesla sta per introdurre un’importante novità nel campo delle batterie al litio
Musk pensa a una batteria da 1.000 km Un nuovo tipo di cella potrebbe portare l’autonomia fino a 1.000 km per singola carica
disponibili. Si tratta ovviamente della più
grande innovazione fin dalle prime Tesla
prodotte, perché una batteria di questo
tipo può essere applicata senza difficoltà
a molti contesti (difatti non solo Tesla e
Panasonic la stanno per adottare in mas-
sa, c’è anche una certa Samsung...).
Sfruttando lo stesso spazio utilizzato ad
oggi sui pianali delle vetture Tesla, con
un aumento di peso ridotto, si potrebbe
puntare a ben più di 100 kWh, sognando
una vettura da 1.000 km per singola cari-
ca. Poterlo fare non significa affatto che
si farà, anche perché più energia signifi-
ca anche tempi più lunghi di ricarica, ma
la questione può incidere positivamente
sul costo al kWh. Attualmente la stima è
di 150-190 dollari per kWh, quando inve-
ce Musk, con l’ausilio della Gigafactory,
punta a una soglia di 100 dollari. Una
nuova cella più performante potrebbe
essere la chiave per abbassare i costi, e
puntare a mantenere realmente basso il
prezzo della ormai vicina Model 3.
Per chi fosse interessato, già nel 2014 il CTO Tesla, JB Straubel, aveva le idee chiare sullo sviluppo delle batterie nel mondo
Tesla dice basta al Supercharger gratuito Ma solo per i nuovi clientiFine della ricarica gratuita tramite la rete Supercharger I vecchi proprietari continueranno a usufruire dell’offerta, chi compra una nuova auto disporrà di una soglia e poi dovrà pagare di Massimiliano ZOCCHI
Con un comunicato, Tesla Motors ha annunciato la fine della ricari-ca gratuita illimitata dalla sua rete Supercharger. Solo i vecchi pro-prietari continueranno a poterne usufruire, come da contratto al momento dell’acquisto. I nuovi pro-prietari (per vetture ordinate dopo l’1 gennaio 2017) invece avranno una soglia di ricariche gratuite pari a 400 kWh (quindi 4 ricariche com-plete per il modello top) dopodiché le successive ricariche avranno un costo che ancora non è stato de-ciso, ma le tariffe saranno scelte solo per coprire il costo dell’energia erogata. Il risparmio così ottenuto si trasformerà in investimenti per ingrandire la rete di ricarica. Questo cambiamento avrà ripercussioni sul mercato dell’usato, dove le Tesla Model S e Model X con accesso il-limitato al Supercharger acquisiran-no valore aggiunto, nonostante la mancanza dell’Enhanced Autopilot appena introdotto. Curiosamente ci sarà una piccolissima parte di vet-ture che sarà probabilmente quella col più alto valore sul mercato, cioè quelle ordinate dal 20 ottobre fino alla fine del 2016, e consegnate entro l’1 aprile 2017. Tutti questi esemplari, potenzialmente dotati di guida autonoma avanzata (se scelta in fase di ordine) secondo la nuova policy saranno le ultime ad avere accesso alla ricarica illimita-ta, divenendo quindi le uniche con entrambe queste caratteristiche. Se pensavate di ordinarne una, non perdete tempo.
di Massimiliano ZOCCHI
L e statistiche europee evidenziano
come la maggior parte dei proprietari
di veicoli elettrici preferiscano ricari-
care a casa (o sul posto di lavoro) utiliz-
zando wallbox dedicate, o spesso anche
normali prese di corrente con alimentatori
appositi. In questi casi le alte potenze in
gioco, insieme ai tempi prolungati, na-
scondono delle insidie, soprattutto con
prese e spine non studiate progettate per
questi scopi.
Anche per questo BTicino ha deciso
di lanciare anche nel mercato italiano i
prodotti Green’Up, ovvero delle soluzio-
ni pensate appositamente per la ricarica
domestica di veicoli elettrici.
Una normale presa schuko, se utilizzata
per troppe ore ad alta potenza, può non
reggere il carico e causare anche incen-
di. Ecco quindi che la soluzione ideale
è Green’Up Access. All’apparenza una
AUTOMOTIVE Arrivano in Italia i prodotti Green’Up per la ricarica casalinga delle auto elettriche
Ricarica auto in sicurezza con BTicino Green’Up I prodotti Green’Up verranno distribuiti da BTicino, da sempre attenta ai temi della sicurezza
normale presa con sportellino, in realtà
nasconde una costruzione a standard più
elevati.
Quando il cavo della vettura viene inse-
rito, il sistema di ricarica rileva la presa
Green’Up e consente la ricarica fino a 14
ampere, contro gli 8 normalmente sop-
portati da una presa casalinga. Questo
perché anche le prese certificate 10 o
16 A, non sono adatte per la ricarica, che
spesso dura molte ore, e possono dete-
riorarsi col tempo, e diventare pericolose.
Access è perfettamente compatibile con
qualsiasi strumento di uso comune, assi-
curando piena compatibilità.
Chi fosse invece interessato ad avere a
casa una vera e propria stazione di rica-
rica può puntare su Green’Up Premium,
una wallbox che utilizza la presa standard
per i veicoli elettrici, la Tipo 2, permetten-
do di ricaricare direttamente col cavo da
colonnina in dotazione all’auto, con po-
tenza fino a 32 ampere. Installabile sia a
muro che su apposita colonna, è dotata
anche di programmazione dell’orario di
ricarica e esclusione in caso di sovrac-
carico. Quest’ultima soluzione ha prezzi
a partire da 1.054 euro fino a 1.957 euro,
a seconda della configurazione, mentre
Access non ha ancora un prezzo italiano
anche se non dovrebbe discostarsi molto
dal listino francese di 67 euro.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Massimiliano ZOCCHI
Come avevamo raccontato già lo scorso anno, alla kermesse mila-
nese dedicata alla due ruote, la
presenza di moto, scooter e ad altri mez-
zi più o meno particolari con propulsione
elettrica, è ormai massiccia. Molti di que-
sti però sono prodotti semi sconosciuti,
o spesso frutto solo dell’intraprendenza
industriale cinese. Ora sta per irrompere
nel settore uno storico marchio italiano
che ha fatto la storia delle due ruote a
piccola cilindrata, con il lancio del pro-
getto Vespa Elettrica.
Secondo il gruppo Piaggio i mezzi elet-
trici sono il futuro, soprattutto per quanto
riguarda i piccoli spostamenti personali
(come già visto anche con Mp3 Hybrid),
e così Vespa prova a innovare ancora
pur rimanendo sempre fedele a se stes-
sa. Al momento siamo allo stadio di con-
cept, ma è già in fase avanzata la ricerca
di partner leader a livello mondiale per i
AUTOMOTIVE Piaggio sceglie EICMA per un annuncio che segna l’inizio di una nuova leggenda
Vespa stupisce, nel 2017 arriva l’elettricaPiaggio punta sull’elettrico e riporta il glorioso marchio Vespa nell’olimpo dell’innovazione
motori elettrici, per arrivare a una versio-
ne finale e la commercializzazione per
la seconda metà del 2017. Secondo la fi-
losofia del progetto, Vespa Elettrica sarà
una vera Vespa, con tecnologie moder-
ne e un motore ecologico e scattante,
ma mantenendo le caratteristiche che
ne hanno fatto un marchio riconoscibile
nel mondo.
Piaggio vuole mantenere il più possibi-
le lo stile storico, l’agilità e la facilità di
utilizzo come tutte le Vespa degli anni
passati, ma con l’aggiunta di tecnologia
all’avanguardia e soluzioni di connettivi-
tà. Al momento non sono noti altri detta-
gli tecnici. Ne seguiremo con attenzione
lo sviluppo in attesa del lancio finale.
Stay tuned...
Samsung Il parabrezza “smart” per scooter è realtàAll’EICMA 2016 Samsung e GIVI hanno presentato Smart Windshield, un parabrezza per scooter che permette l’interazione con lo smartphone anche durante la guida di Massimiliano ZOCCHI
Lo smartphone è il centro di molti servizi che ormai tendiamo a con-siderare scontati, anche alla guida. Per evitare quindi infrazioni e pe-ricolo di incidenti, Samsung e GIVI hanno studiato Smart Windshield, il parabrezza che consente di inte-ragire con le proprie app e funzio-nalità preferite, anche mentre si è in sella al proprio scooter. Smart Windshield permette al guidatore di accedere a diverse informazio-ni ricevute sullo smartphone gra-zie all’ausilio si una app e di uno schermo integrato nel parabrezza nella parte interna. Le notifiche ricevute sul telefono vengono inoltrare al display, così da essere visualizzate riducendo al massimo la distrazione, oppure offrendo indicazioni di rotta tramite il navi-gatore. Nel caso di una chiamata è possibile scegliere se fermarsi a rispondere, oppure dopo alcu-ni squilli far partire un messaggio automatico per l’interlocutore, per avvisare che si è impegnati alla guida e verrà richiamato più tardi. Smart Windshield sarà disponibile in diverse misure, a seconda del-la tipologia di scooter dove dovrà essere montato. Sconosciuti per ora prezzo e periodo di lancio. Qui un video di presentazione.
di Massimiliano ZOCCHI
Avevano stupito tutti con prototipi
ultra moderni, promettendo grandi
autonomie, guida autonoma, e tut-
to il meglio che gravita attorno al mondo
delle auto elettriche. Ora invece molto
probabilmente LeSee e Faraday Future
dovranno rivedere (molto) al ribasso i
loro piani. LeEco, l’azienda cinese che
sta dietro a entrambi i marchi, naviga in
cattive acque, ed è lo stesso fondatore
a dichiararlo.
In una lunga lettera indirizzata ai di-
pendenti, Jia Yueting ha chiesto scusa
agli investitori per non essere riuscito a
supportare adeguatamente i budget ri-
chiesti dai diversi progetti. LeEco infatti
è una società ombrello che ha ramifica-
zioni un po’ in tutti i settori, dai media,
alle smart tv, smartphone, e ora anche
automobili. Ad una crescita esponen-
ziale dell’azienda, non ha fatto seguito
l’altrettanto esponenziale crescita dei
capitali e del fundraising, generando
AUTOMOTIVE Con un messaggio ai dipendenti comunicato il difficile momento per l’azienda
LeEco (la Tesla cinese) è in grave crisi finaziariaAnnunciati tagli drastici. A rischio anche LeSee e Faraday Future, società del gruppo LeEco
una situazione di stallo finanziario.
I progetti nel settore automotive sono
appunto due; LeSee, “la Tesla cinese”,
ha già un prototipo (funzionante?) ed un
aspetto futuristico ma stradale, mentre
la controllata Faraday Future per ora ha
messo in mostra solo un mockup di una
supersport. Nonostante un investimen-
to da un miliardo di dollari, le ricerche
sulla guida autonoma sono ancora in
alto mare, così come la promessa “Gi-
gafactory” nello stato del Nevada. A
farne le spese saranno ancora una vol-
ta i dipendenti, con un taglio del 10%,
e investimenti più controllati nei settori
ad alto budget, con il rischio che le su-
percar autonome asiatiche non vedano
mai la luce.
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
D opo il grande successo registrato con il P9,
Huawei prova ad alzare l’asticella con il nuo-
vo Mate 9: il numero porta fortuna, senza
dubbio, ma è evidente che in un settore sempre più
difficile la fortuna non basta. Se ti chiami Apple puoi
fare quello che vuoi, anche levare il jack audio, se
ti chiami Samsung puoi ormai stare certo che ogni
prodotto che si chiami Galaxy sarà un successo,
mentre se ti chiami Huawei devi ancora fare molta
attenzione. Huawei ha avuto negli anni una crescita
vertiginosa, e quando si sale velocemente si rischia
anche di cadere e farsi male, ma senza coraggio e
determinazione non si può arrivare in cima. Se il P9
era il prodotto della svolta, tecnologicamente parlan-
do, il Mate 9 vuole essere il prodotto della conferma:
Huawei punta ancora in alto con uno smartphone
che sul listino italiano fa segnare ben 749 euro, 50
euro in più degli altri paesi europei per bilanciare
SIAE e Iva che nel nostro paese incidono non poco.
Prezzo alto? In realtà no, perché se il Mate 9 riesce
davvero a fare quello che promette non ci sono ra-
gioni per urlare allo scandalo.
Abbiamo avuto tempo di provare il Mate 9 per di-
verse ore, focalizzandoci soprattutto sugli aspetti
che possono essere valutati in modo rapido come
le prestazioni generali, l’ergonomia e la fotocamera.
Per autonomia e display si dovrà attendere il tempo
di metterlo alla frusta in laboratorio e tornare con
qualche dato.
Di Mate 9 colpiscono le dimensioni: 5.9” di schermo
in un corpo che occupa gli stessi spazi di un iPhone
7 Plus con schermo da 5.5”, questo grazie alla ridu-
zione delle cornici. Apple ha scelto di tenere cornici
spesse per privilegiare l’ergonomia e evitare tocchi
casuali, Huawei ha inserito un sistema che riconosce
i tocchi casuali e evita problemi sul touch. Il risultato
il termini estetici e funzionali è notevole, anche se
è bene subito dire che non siamo davanti ad uno
smartphone per mani piccole. Senza custodia l’allu-
minio della scocca è davvero scivoloso e, come già
abbiamo avuto modo di vedere con il Mate 8, una
mano femminile difficilmente riesce a maneggiare un
TEST Abbiamo giocato per qualche ora con il Mate 9 mettendo alla prova soprattutto la doppia fotocamera realizzata con Leica
Huawei Mate 9: cosa ci piace e cosa invece no Abbiamo provato in anteprima il nuovo e atteso smartphone top di gamma Huawei. Ecco le nostre prime impressioni
prodotto di queste dimensioni senza rimediare una
caduta al mese.
Sotto il profilo costruttivo il Mate 9 è curato, ben co-
struito, ma non riesce a trasmettere quella sensazio-
ne di prodotto “nuovo”, sembra un qualcosa di già
visto. Uniche novità il gruppo lenti, sempre firmato
da Leica, e le due cover in plastica nella parte supe-
riore e inferiore che nascondono antenne wi-fi, LTE,
NFC e Bluetooth. Se Apple ha scelto di far scorrere
le righe delle antenne sul bordo, Huawei ha pensato
di coprirle: l’utilizzo della plastica ovviamente per-
mette una maggiore penetrazione dei segnali radio,
ma allo stesso tempo in alcune finiture si può notare
la differenza cromatica tra il retro in alluminio e le
due piccole cover a spicchio.
La scelta dello schermo guarda invece all’autonomia:
nonostante le dimensioni abbondanti, 5.9”, Huawei
ha scelto di tenere sul Mate 9 uno schermo Full HD
con un pannello Amoled (in attesa di verifica, erava-
mo convinti fosse un IPS ma Huawei ci ha detto che
sia il 5.9 “che il 5.5” sono OLED). Se da una parte
questo schermo è luminoso, ha un buon angolo di
visione e sicuramente consuma poco dall’altra dob-
biamo dire che soprattutto sui bianchi un leggero
reticolo se si guarda con attenzione lo si scorge, e
tradisce la natura della matrice. Ad occhio lo scher-
mo non ci sembra regolato al meglio, ma non è la
prima volta che Huawei preferisce dare una spinta ai
colori privilegiando la brillantezza e il colpo d’occhio
alla naturalità e alla fedeltà cromatica. L’assenza di
un sistema di gestione dei profili colore in Android
non aiuta, e i produttori si fanno prendere la mano
spingendo lo schermo oltre quello che dovrebbe es-
sere il riferimento. L’utente può correggere solo la
temperatura colore, di default tendente al freddo ma
impostabile in pochi passaggi come “caldo”.
Poche le parole da spendere sul processore: il
Kirin 950 era un ottimo prodotto, il Kirin 960 dovreb-
be essere ancora meglio, soprattutto sotto il profilo
grafico, e con 4 GB di RAM a bordo è davvero im-
possibile metterlo in crisi. Inutile continuare a fare
confronti usando benchmark grafici e di processore:
nell’uso standard che si può fare di uno smartphone
anche processori meno potenti oggi danno soddi-
sfazioni, e se qualcosa non funziona a dovere il dito
andrebbe puntato verso il sistema operativo e verso
le app poco ottimizzate. Huawei assicura che le stes-
se prestazioni e la stessa fluidità che abbiamo oggi
su un device nuovo la avremo anche tra 18 mesi, e
questa affermazione da un certo punto di vista è pa-
radossale perché dovrebbe essere il comportamen-
to standard di ogni prodotto. Per spiegare questo
concetto Richard Yu parla di un avanzato sistema di
segue a pagina 27
lab
video
torna al sommario 27
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
machine learning, ma la nostra impressione è che
Huawei abbia usato il concetto di “machine learning”
per fare più scena che altro.
Merita invece un capitolo a parte la fotocamera: sul
P9 Huawei ha iniziato una collaborazione con Leica
che come abbiamo visto ha portato anche dei frutti.
Se la fusione delle immagini dei due sensori, bian-
co e nero e colori, sul P9 non ci sembrava funzio-
nare, la resa dei due sensorisul Mate9 è a dir poco
eccellente, soprattutto scattando in RAW, Il Mate 9
vuole spingersi oltre, perchè non solo inserisce la
stabilizzazione ottica e una sistema di messa a fuoco
con 4 sensori da usare a seconda delle situazioni
ma adotta anche un nuovo sensore monocromatico
da 20 Megapixel. La vera novità, da quanto abbiamo
avuto modo di vedere, è che questa volta la fusione
dei pixel tra colori e bianco e nero funziona anche
se solo in sporadiche situazioni e con un effetto che
non sempre è visibile: il sensore in bianco e nero
crea una base con i dati di luminosità che poi vengo-
no “colorati” con i dati del sensore RGB.
Sulla fotocamera Huawei ha fatto un gran lavoro, ma
ancora non ha capito che andrebbe privilegiata la
semplicità, perchè quando si mettono troppe cose
alla fine l’utente, in mezzo alla confusione, tutte que-
ste funzionalità non le usa. Presenti come sempre
i controlli manuali per foto, foto in bianco e nero e
video, presente anche la possibilità di scattare foto-
grafie in RAW ma solo ed esclusivamente utilizzando
il sensore da 12 Megapixel a colori.
Come nel caso del P9 anche il Mate 9 se si scatta in
RAW ha una marcia in più: chiaramente solo con il
RAW l’immagine mantiene la sua naturalità, mentre il
Jpeg tende a comprimere troppo oltre ad applicare
una maschera di contrasto che si mangia i dettagli.
Il P9 scatta in RAW solo ed esclusivamente se viene
attivata la modalità “Pro” sulle fotografie a colori, e
il file RAW sarà sempre e solo da 12 Megapixel. Di-
ciamo questo perché la fotocamera di default scatta
foto a 20 Megapixel, ma essendo il sensore RGB da
12 Megapixel queste foto subiscono ovviamente un
upscaling. Dalle foto è possibile vedere il leggero
intervento del pixel binning, ovvero della combina-
zione delle informazioni di luminosità del sensore
monocromatico sovrapposte a quelle del sensore
RGB: c’è un leggero guadagno nel recupero delle
informazioni sulle zone sottoesposte, ma il lavoro
più grande viene fatto sul recupero del dettaglio e
nell’abbattimento del rumore sugli alti ISO.
Lo scatto in bianco e nero mette in mostra l’incredi-
bile dinamica del sensore privo di filtro, qui lo scatto
è un “vero” 20 Megapixel. Ci sarebbe piaciuto poter
avere il RAW di queste immagini in B&W, sicuramente
è un file di qualità sbalorditiva se si pensa che è stato
scattato con un sensore grande quanto un’unghia.
C’è spazio anche per qualche confronto: il Huawei
Mate 9 dispone di uno zoom 2x ibrido che secondo
Huawei è meglio di quello dell’iPhone 7 Plus..
Mate 9, confronto RAW-JPEG
Un crop al 100% di uno scatto realizzato a 20 Megapixel confrontato con il rispettivo RAW da 12 Megapixel.
E’ evidente che qui Huawei deve lavorare ancora
per ottimizzare il risultato perché oltre a essere poco
naturale presenta anche vistosi artefatti.
Nel complesso il Mate 9 ci è parso davvero un buon
prodotto, una naturale evoluzione del Mate 8 con un
comparto fotografico che sotto il profilo hardware
è eccellente ma necessita ancora di qualche ritoc-
co sotto il profilo del software, dove ci sono punti
di luce (il pixel binning riduce il rumore sugli scatti
notturni) e punti di ombra, come lo zoom ibrido che
non è eccelso, lo scatto a 20 Megapixel sostanzial-
mente inutile e la funzione sfocatura che ancora non
funziona benissimo. Huawei deve lavorare anche
sullo sviluppo del file RAW: la base di partenza è ec-
cellente, il risultato è “crispy” sugli schermi piccoli
di uno smartphone ma al 100% è troppo elaborato
digitalmente, manca di naturalezza.
Per quanto riguarda le prestazioni generali ci è parso
scattante, rapido nell’aprire le app e davvero fluido,
anche in ambito 3D. Vale 749 euro? Se la batteria
dura davvero come dice Huawei 2 giorni (e lo vedre-
mo) sicuramente possiamo considerare il Mate 9 uno
degli smartphone da prendere in considerazione se
uno vuole un big size.
TEST
Huawei Mate 9segue Da pagina 26
torna al sommario 28
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Vittorio Romano BARASSI
I l mercato degli smartphone, da qualche tempo è
privo di reali novità, di killer-feature in grado di dare
una vera e propria scossa al settore non se ne sono
viste. C’è stato il tempo del sensore di impronte digi-
tali, con Apple ad arrivare prima di tutte, e da qualche
tempo va per la maggiore la doppia fotocamera, con
LG e Huawei a tracciare la strada, ma negli ultimi anni
poco altro. Motorola quest’anno ha deciso di punta-
re forte, anzi fortissimo, sul concetto di smartphone
modulare; Moto Z è lo smartphone che inaugura il
nuovo corso: è bello, sottile, completo e può essere
integrato con moduli realizzati da produttori di terze
parti. Costa 699 euro e ha tutte le carte in regola per
dettare legge.
Qualità costruttiva al top Ma non una gran comoditàIl primo elemento che si apprezza una volta estratto
Moto Z dalla confezione di vendita è certamente la
sua sottigliezza. Motorola è riuscita nell’impresa di
realizzare uno smartphone con uno spessore di soli
5,2 millimetri, misura che però non tiene conto dei
millimetri aggiuntivi, almeno un paio, della corposa
sezione circolare racchiudente il modulo fotocame-
ra. Moto Z è indubbiamente uno smartphone legge-
ro: 136 grammi distribuiti su di un corpo da 153,3 x
75,3 millimetri sono davvero poca cosa e il risultato
raggiunto da Motorola è indubbiamente significativo.
Fare smartphone sempre più piccoli e leggeri è possi-
bile e l’ormai certa pensione del jack audio da 3.5mm,
assente su Moto Z (ma nella confezione c’è l’adattato-
re), aiuterà non poco tutti i produttori.
Il dispositivo è realizzato facendo uso di un sapiente
mix di materiali che donano quell’aspetto Premium or-
mai imprescindibile per un dispositivo che si affaccia
sul mercato a 699 euro. C’è Gorilla Glass 4 di Corning
nel frontale mentre gran parte della scocca è compo-
sta da alluminio lavorato con tecniche di derivazione
aeronautica e acciaio inossidabile.
Volendo cercare un limite di questo Moto Z lo si po-
trebbe trovare negli “spigoli” della scocca; le linee
sono tagliate in maniera netta, e questo, unito all’ec-
TEST Moto Z è sul mercato al prezzo di 699 euro, è un top di gamma e si differenzia dalla massa per la sua anima modulare
A tu per tu con Moto Z, lo smartphone modulare con il proiettore e una fotocamera Hasselblad Il telefono è di alto livello, il modulo proiettore è una piccola chicca, ma la fotocamera Hasselblad non ci ha convinto
cezionale sottigliezza, può causare qualche problema
di impugnatura. Poca cosa, comunque. La situazione
migliora applicando la shell magnetica (il retro di Moto
Z è composto da piccoli magneti e contatti per i Moto
Mods) inclusa nella confezione oppure installando
il bumper – non bellissimo ma utile - in dotazione;
degno di nota il primo accessorio: porta lo spessore
a livello di quello della fotocamera ma annulla total-
mente la sensazione di scomodità del telefono. Anzi,
lo smartphone, grazie al trattamento
simil-stoffa molto morbido diventa
incredibilmente comodo e piacevole
da tenere in mano.
Moto Z è un dispositivo unibody.
Schede nanoSIM e microSD (fino a
256 GB) si inseriscono nella porzione
superiore mentre il connettore USB
Type-C è posizionato centralmente
nella parte inferiore del dispositivo;
il lato destro presenta i tasti volume
su/giù e il pulsante di sblocco giustamente zigrina-
to, mentre il lato sinistro è libero. Come anticipato in
precedenza, manca l’ingresso jack da 3,5mm per le
cuffie: se si vuole utilizzare questa tipologia di acces-
sorio bisogna necessariamente affidarsi all’adattatore
offerto in dotazione (o usare un auricolare bluetooth).
Bello il display AMOLED Precisissimo il sensore d’impronteMotorola ha deciso di equipaggiare il nuovo Moto Z
con un display AMOLED da 5,5 pollici di diagonale
e risoluzione QHD (1.440 x 2.560 pixel). Il pannello è
indubbiamente di alta qualità e ben si sposa con le
aspettative di un acquirente che ha deciso di sborsa-
re una cifra importante: i neri sono assoluti, i bianchi
brillanti e i colori, anche in modalità vivace (impostata
di default, ma è possibile passare ad un preset “nor-
male”), sono molto piacevoli e non troppo distanti dal-
lab
video
UN TOP DI GAMMA “NORMALE” CHE STUPISCE CON I MOD MOTO Z PUÒ DIRE LA SUA IN UN MERCATO DIFFICILISSIMO
699,00 €
L’essere stati in compagnia di Moto Z per qualche settimana non ha fatto altro che rafforzare l’iniziale sensazione di “solidità” (a tutto tondo) che il dispositivo è in grado di offrire. Moto Z non ha nulla da invidiare agli altri top di gamma presenti sul mercato e grazie alla nuova filosofia modulare di Lenovo punta ad offrire agli utenti che lo sceglieranno quel “plus” – anche e soprattutto in prospettiva - che manca a tutti i concorrenti. La potenza di Moto Z non è mai in discussione, la qualità costruttiva non è da meno e il design convince (ma non stupisce); unico vero punto debole dello smartphone è dato dalla batteria poco capiente ma con 5.2 millimetri di spessore non è che si potessero far miracoli. Perché scegliere Moto Z piuttosto che un altro top di gamma? Difficile rispondere: se è vero che probabilmente l’appeal e il blasone non giocano a vantaggio di Lenovo, è anche vero che Moto Z non soffre di complessi di inferiorità e che ha “qualcosa di diverso” da offrire. La sensazione è che Lenovo stia preparando una bella offensiva per attaccare il mercato degli smartphone su un lato scoperto; per ora l’affondo manca di convinzione, ma nel prossimo futuro potremmo vederne delle belle.
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEMateriali e finiture di buon livelloPrestazioni da primo della classeL’idea dei “Mod” convince...
Autonomia inferiore alle atteseSenza “shell” è fastidioso da impugnareCon i “Mod” si sfondano i 1000 euro
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 7 8 8 78.2
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Lenovo Moto Z
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
la realtà. Certo, si tratta pur sempre di un AMOLED
e per questo la vividezza cromatica è tipica, ma sul
mercato esistono prodotti con display analoghi e co-
lori molto più sparati e meno naturali.
La scelta di equipaggiare Moto Z con un display
AMOLED, probabilmente, è anche stata abbastanza
forzata: per fare un dispositivo così sottile sarebbe
stato difficoltoso inserire un pannello LCD, così come
l’autonomia di sistema sarebbe potuta diventare un
problema.
Sopra il display è presente la cuffia auricolare che
funge anche da altoparlante principale (dalla qualità
discutibile); ai suoi lati vi sono fotocamera anteriore
(a sinistra) e flash frontale (a destra), mentre nascosti
sulla destra e praticamente invisibili vi sono il sensore
di prossimità principale e quello per la luminosità am-
bientale (che funziona molto bene).
Sotto il display c’è una sostanziosa porzione nera
contraddistinta dalla presenza del logo “moto” e
dal sensore di riconoscimento delle impronte digi-
tali; quest’ultimo, piuttosto piccolo ma ben rialzato e
contornato, fa il suo lavoro in maniera egregia e pro-
babilmente è quanto di meglio si possa trovare sul
mercato. Anche a lungo andare il riconoscimento è
sempre veloce e preciso, pure con mani umide. Dav-
vero un peccato che il sensore non svolga anche le
funzioni di un normale tasto home: oltre ad utilizzarlo
per blocco e sblocco del device (basta una pressione
leggermente prolungata per bloccare lo smartphone),
nei primi giorni di utilizzo inevitabilmente lo si andrà a
cercare quando si vorrà tornare alla schermata princi-
pale del sistema.
Pronto per Android NougatIn Moto Z c’è quanto di meglio l’utente possa cer-
care sotto il profilo hardware. Il dispositivo fa dello
Snapdragon 820 di Qualcomm (la CPU è quad core,
2x2,15 GHz e 2x1,6 GHz) il suo cuore pulsante e con
4 GB di memoria RAM difficilmente si avranno mai
problemi, anche spingendosi all’estremo con il mul-
titasking. Nel corso della prova il prodotto si è dimo-
strato estremamente rapido e scattante, manifestan-
do solo sporadicamente alcuni “crash” di applicazioni
di terze parti probabilmente non perfettamente a loro
agio con Marshmallow 6.0.1 e con la risoluzione del
display. La GPU è una Adreno 530 che si comporta
benissimo anche con i videogames più assetati di ri-
sorse e, nonostante l’altissima densità di pixel dello
schermo, garantisce sempre qualità e framerate. Nes-
sun problema neppure con video in 4K a 30fps (sia
H.264 che H.265) mentre riproducendo formati con
bitrate più elevati (situazione alquanto improbabile
nel normale utilizzo) il dispositivo va in difficoltà. 32
sono i GB di storage fisico a disposizione del modello
base, di cui 8,37 sono occupati dai file di Android.
Il sistema operativo è praticamente stock e Lenovo ha
già annunciato che il dispositivo riceverà presto l’ag-
giornamento ad Android Nougat 7.0. Le personalizza-
zioni sono ridotte all’osso e il produttore ha deciso di
intervenire solamente con l’aggiunta delle sue ormai
note – e molto utili - funzionalità smart Moto Action,
Moto Voice e Moto Display. La prima feature permette
di effettuare gestures a cui seguiranno azioni ben de-
finite, la seconda è un assistente vocale (funziona alla
grande) che si appoggia totalmente a Google Now e
la terza fa sì che il display sia sempre accessibile (nel-
la parte bassa del telefono sono presenti due sensori
di prossimità secondari, basta passarci sopra per atti-
vare la lockscreen) e facile da consultare.
Volendo tirare le somme sul comparto software non
ci si può davvero lamentare: Lenovo ha voluto lascia-
re intatta l’user experience di Android e i puristi ne
rimarranno sicuramente soddisfatti. Magari manca un
po’ di immediatezza rispetto ad altre UI proposte su
dispositivi della concorrenza, ma evidentemente in
casa Lenovo hanno deciso di continuare a strizzare
l’occhio ai fedelissimi di Android. Un’assenza tra tutte
potrebbe lasciare un po’ spaesati: non c’è una vera e
propria app “Galleria” e tutto è affidato a Google Foto
che su Moto Z è un tuttofare.
Fotocamera promossa Ma senza impressionareChe Moto Z non voglia essere secondo a nessuno
lo si capisce subito anche dalla fotocamera princi-
pale che i tecnici Lenovo hanno deciso di installare
sul loro top di gamma. Veloce, stabilizzata e con lenti
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TEST
Lenovo Moto Zsegue Da pagina 28
torna al sommario 30
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
luminose. Il sensore è da 13 megapixel con pixel da
1,12μm, c’è l’autofocus laser, la stabilizzazione è ottica
e l’apertura massima dell’obiettivo è fissata in f/1.8.
Con hardware di questo tipo a disposizione sarebbe
stato quasi impossibile fare male e Moto Z non fa ec-
cezione: le fotografie scattate in condizioni di buona
luminosità sono ricche di dettagli anche se, viste su
uno schermo ben calibrato, presentano colori non
molto naturali (il display AMOLED del dispositivo ten-
de ad accentuare questa sensazione); anche l’esposi-
zione è sempre ben gestita. La messa a fuoco è ful-
minea e lo scatto rapidissimo, elementi che insieme
concorrono a rendere Moto Z come lo smartphone
perfetto per il “punta e scatta”.
Con l’HDR attivo e quando la luminosità inizia a calare
si perde molta di questa immediatezza; ne risentono
anche un po’ i dettagli, più morbidi ma mai troppo
rumorosi, segno del buon lavoro del software di otti-
mizzazione delle immagini. Di sera emerge pure una
certa tendenza al micro-mosso, probabilmente dovu-
ta alla scelta – automatica - di tempi di scatto legger-
mente dilatati più del dovuto piuttosto che a qualche
limite dello stabilizzatore ottico.
L’applicazione “Fotocamera” è essenzialmente quella
stock di Google alla quale Lenovo ha aggiunto una
modalità “Pro” attraverso la quale l’utente può inter-
venire consapevolmente sui vari parametri di scatto.
Nelle altre modalità le opzioni sono davvero poche,
ma non si sente mai il bisogno di molto altro. Buono
il doppio flash dual-tone: non fa miracoli ma nell’arco
di due-tre metri è in grado di assicurare una buona
luce.
Buone anche le impressioni per quanto concerne le
possibilità di registrazione video. Moto Z è in grado
di catturare filmati a 2160p e 30 frame per secondo e,
scendendo con la risoluzione a 1080p, si può anche
decidere di impostare il framerate a 60fps. Gli slow-
motion sono a 120 fps, ma con una risoluzione ferma
a 720p. Ottimo, in tutte le situazioni, il lavoro dello sta-
bilizzatore ottico.
Giusto è spendere qualche parola anche per il modu-
lo frontale da 5 megapixel il quale assicura buoni sel-
fie, pure al buio, grazie al flash LED posto a lato della
capsula auricolare. La registrazione video è a 1080p.
La sensazione generale che si arriva ad ottenere
dopo aver avuto a che fare - per qualche settimana
- con le fotocamere di Moto Z è quella di un comparto
estremamente solido. È anche vero che, però, manca
ancora qualche gradino per arrivare a livello di altri
competitor; sebbene gli scarti tra i vari flagship siano
ormai davvero minimi, Moto Z non è il miglior came-
ra-phone sul mercato. La vetta, comunque, è davvero
due passi.
Troppo sottile, l’autonomia ne risenteLeggendo la scheda tecnica si intuisce immediata-
mente come Moto Z non può né potrà mai essere un
campione di autonomia. I soli 2600mAh della sottilis-
sima batteria integrata permettono di arrivare a sera
con fatica, spesso anche rinunciando all’utilizzo del
telefono quando le avvisaglie di un livello di carica
piuttosto basso iniziano a presentarsi. Fortuna che c’è
la ricarica rapida (20% in 15 minuti) e che lo smartpho-
ne riesce ad effettuare lo “0-100” in poco meno di 75
minuti. Con una componentistica di livello assoluto
e un display esigente (seppur AMOLED) ci saremmo
TEST
Lenovo Moto Zsegue Da pagina 29
aspettati di meglio sotto il profilo dell’autonomia ma,
evidentemente, questo è lo scotto da pagare per ave-
re uno smartphone ultrasottile come Moto Z.
La connettività è completa (ci sono NFC e Wi-Fi ac
dual-band), la ricezione telefonica è buona come mol-
to buona è pure la qualità delle chiamate; manca la
radio FM, l’audio prodotto dell’altoparlante è poco più
che sufficiente (per qualità, ma è abbastanza potente)
mentre non è niente male il sonoro proveniente dalla
porta USB Type-C. Come già anticipato in precedenza
Moto Z rinuncia all’ingresso jack da 3.5mm e, quindi,
per ascoltare musica con le cuffie bisogna affidarsi
all’adattatore offerto in dotazione. Il caricabatterie
incluso nella confezione di vendita è tutt’uno con il
cavo: per collegare lo smartphone al PC/Mac l’utente
dovrà dunque procurarsi un cavo USB Type-C a parte
oppure affidarsi a metodiche wireless.
Mods: ottima idea, migliorabileMoto Z non è uno smartphone come gli altri: Lenovo
ha deciso che questo sarebbe stato il dispositivo con
cui rilanciare il concetto di modularità nel settore mo-
bile, strada già tracciata da LG e che il colosso cinese
ha intenzione di sviluppare in maniera più adeguata e
a lungo termine. L’idea di Lenovo è realizzare più pro-
dotti in grado di lavorare con svariati accessori (Mods)
messi a punto da partner di mercato selezionati; il de-
sign dei prossimi Moto sarà compatibile con l’idea di
modularità e, per questo motivo, presenterà analogie
che sarà difficile non notare.
Il retro di Moto Z, come già scritto in precedenza nel-
l’analisi del telefono, è metallico e presenta alcuni
contatti nella sua porzione inferiore; basta avvicinare
il modulo ai contatti in questione per avere l’immedia-
to collegamento tra smartphone e Mod: il dispositivo
vibrerà e, una volta acceso l’accessorio, l’utente potrà
immediatamente sfruttare le caratteristiche del modu-
lo aggiuntivo. L’immediatezza è sconvolgente: Leno-
vo, da questo punto di vista, ha fatto centro.
Per dimostrare le potenzialità del proprio concetto
di modularità, Lenovo ha voluto sottoporre al nostro
giudizio i due Mod su cui probabilmente spinge di più
sul mercato italiano: la fotocamera Hasselblad True Zoom e il Moto Insta-Share Projector, le cui prove
sono accessibili selezionando i rispettivi link.
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torna al sommario 32
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
C’è tablet e tablet: se da una parte Apple, Mi-
crosoft, Samsung e Huawei puntano su pro-
dotti di altissimo livello destinati alla produtti-
vità e ad un utilizzo spinto, dall’altra Amazon continua
a sfornare prodotti destinati invece a chi vuole fruire
di contenuti video senza spendere una esagerazione.
Il Fire HD da 8” è l’ultimo nato di questa categoria:
109 euro per un tablet con display di dimensioni stan-
dard in alta definizione e 16 GB di memoria (11 liberi),
129 euro per la versione da 32 GB che però non con-
sigliamo. Il Fire HD da 8” è infatti dotato di slot SD
Card, e trattandosi di un prodotto destinato proprio
alla fruizione di video, sia in streaming che offline, una
capiente card da 64 GB è consigliata e costa esatta-
mente gli stessi 20 euro chiesti da Amazon per pas-
sare da 16 a 32 GB.
Prima di tutto bisogna chiarire chi è l’utente tipo di
questo tablet: non è lo smanettone che vuole installa-
re di tutto sul tablet, e non è neppure un utente atten-
to alle specifiche e alla versione di Android. Il Fire HD
è un tablet per chi non vuole preoccupazioni: Amazon
aggiorna regolarmente i suoi prodotti, ha un’ottima
assistenza e crea prodotti di qualità. Non c’è il Play
Store, non ci sono tutte le app dei tablet Android e
neppure di iOS ma crediamo che alla maggior par-
te delle persone bastino e avanzino le app che sono
già installate, oltre ovviamente a Netflix, a Infinity e a
qualche gioco. Per la sua semplicità, la possibilità di
impostare un efficace e semplice parental control, e
per la sua robustezza, il Fire è perfetto per i bambini:
se cade non è un problema e soprattutto è davvero
impossibile effettuare operazioni come l’accesso ad
internet e l’acquisto di app o prodotti se un genitore
blocca queste funzioni.
Buon display e audio potente Lo schermo del fire HD 8 è un LCD IPS da 1280 x
800, equivalenti a 189 punti per pollice: non è una
risoluzione esagerata ma è quella che permette di
raggiungere una
autonomia più che
buona e di tenere il
prezzo basso senza
mostrare un’imma-
gine di bassa qua-
lità. La luminosità è
buona, la resa cro-
matica anche così
come l’angolo di
visione, anche se
si presuppone co-
munque una visio-
ne frontale. Il filtro
antiriflesso non è
dei migliori per la
visione all’aperto,
ma non si può cer-
TEST Abbiamo provato il nuovo Fire HD di Amazon: 8” e poco più di 100 euro per un prodotto che ha davvero pochi difetti
Amazon Fire HD 8, a 109 euro è un vero affareFire HD 8 è perfetto per chi cerca un tablet semplice, economico, nato per vedere film, leggere libri e ascoltare musica
to pretendere troppo da un prodotto di questo tipo.
Amazon ha pensato questo Fire HD 8 per un utilizzo
landscape, ovvero orizzontale: i due speaker stereo
sono disposti nella parte alta e anche afferrando il
tablet con due mano non si coprono le aperture. La
resa audio non può essere eccelsa, trattandosi di un
tablet, ma comunque la potenza di uscita è buona.
Il corpo è in robusta e allo stesso tempo economica
plastica: non è elegante, non da sensazioni di “lusso”
ma è solida e assicura un buon grip. Sul retro trova
spazio anche la piccola fotocamera da 2 megapixel,
replicata sul frontale con un modello VGA: entrambi i
moduli fanno giusto presenza ma non sono utilizzabili
per le foto, meglio usarli come supporto per alcuni
giochi o app di messaggistica e videochiamata. C’è
un jack audio per le cuffie, c’è un piccolo microfono
e ci sono i tasti per i volume, di fianco al connettore
USB per la ricarica: la batteria dovrebbe durare cir-
ca 12 ore, ma a seconda della luminosità si passa da
9 a 13 ore. La luminosità può essere regolata in auto-
matico, ed è presente anche la funzione BlueShade
che riduce l’emissione di luce blu dai LED del display
per aiutare ad addormentarsi prima. segue a pagina 33
lab
video
Amazon Kindle Fire HD 8” (2016)PREZZO BASSO, BUONA QUALITÀ E ZERO COMPLICAZIONI 109,00 €Il tablet Fire è il prodotto perfetto per chi vorrebbe prendere un iPad Mini ma non vuole spendere così tanto e ha bisogno di più memoria: molto più semplice e intuitivo di un prodotto con Android, il Fire ha il vantaggio di avere aggiornamenti frequenti, ottime prestazioni e di essere più sicuro e gestibile grazie al parental control. Ci sono tablet “cinesi” che sulla carta offrono di più allo stesso prezzo, ma come ormai diciamo sempre più spesso l’hardware non è che una scatola, il contenuto è importante. E Amazon ha contenuti di valore, da Amazon Underground all’accesso facilitato al cloud, con un futuro ancora più roseo quando arriveranno video e musica su Prime. E’ robusto, ha un buon audio e una buonissima autonomia, cosa che lo rende un perfetto strumento di intrattenimento per i più piccoli in auto o al ristorante: se cade non si rompe, se cade male e si rompe costa quanto si paga per far riparare un iPad.
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACECosta poco per quello che offrePrestazioni adeguate, Amazon Underground è un valore aggiunto
Non ci sono le app Google
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 7 8 8 98.5
Mancano app? Non è vero Molte sono anche gratisChi compra un tablet Amazon dev’essere consapevo-
le che a bordo non ha Android, ma ha una versione
modificata di Android da Amazon di nome Fire OS
(basata su Android 5). Amazon ha modificato radical-
mente l’esperienza d’uso, sebbene alcune cose siano
rimaste simili: non c’è lo store di Google, c’è il negozio
applicazioni di Amazon dove si possono trovare giochi
e applicazioni di uso comune. Quello di Amazon stato
visto da Google un po’ come un tradimento, pertanto
non aspettatevi funzioni che si possono trovare su un
tablet Android o iOS e neppure le Google App: niente
Youtube, niente Google Maps e non c’è neppure il sup-
porto Chromecast.
Per quanto riguarda le app sviluppatori di terze parti
hanno trovato il modo di realizzare versioni non ufficia-
li, mentre per Chromecast non c’è nulla (di semplice)
da fare. Lo store di Amazon è comunque ben fornito: il
produttore parla di 500.000 apps, molte probabilmen-
te sono inutili ma ci sono comunque i giochi più famosi,
torna al sommario 33
MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
TEST
Amazon Kindle Fire HD 8” (2016)segue Da pagina 32
molte app di streaming, apps per i principali servizi e
utility di vario tipo. Il Fire è ovviamente una porta di ac-
cesso sul mondo Amazon: semplifica l’acquisto di og-
getti dallo store online e è una porta verso i vari mondi
Amazon, dai libri Kindle al Cloud.
Infine c’è Underground, una sezione dello store dove
si trovano applicazioni e contenuti totalmente gratuiti:
non stiamo parlando di app free o free to play, ma di
applicazioni che su altre piattaforme sono a pagamen-
to e che Amazon ha già pagato per l’utente, che potrà
fruirne in modo completo. Oltre alle app abbiamo sen-
tito la mancanza di un bel player per i video dalla card:
c’è VLC, c’è il player interno ma non abbiamo trovato
un prodotto del livello di Infuse, una delle app che pre-
feriamo in assoluto sull’iPad.
Una nota infine sul cloud: Amazon è il più grosso forni-
tore di web services al mondo e vale la pena sfruttare
lo spazio cloud drive che Amazon mette a disposizio-
ne: si possono caricare le foto, i video, la musica e i libri
in formato PDF (o nei formati Kindle) per potervi acce-
dere dal tablet dove si vuole e come si vuole, sempre
che ci sia un collegamento al web.
Fire è ottimo anche per leggere i fumetti, un po’ meno
per i libri, dove un eBook è più indicato. Nel comples-
so le performance sono davvero buone: grazie al sof-
tware e al sistema operativo ottimizzato il processore
da 1.3 Ghz quadcore (Mediatek) e gli 1.5 GB di RAM
che Amazon ha inserito in questo Fire sono più che
sufficienti per non snaturare un prodotto bel bilanciato
sotto il profilo prezzo / prestazioni / autonomia.
di Gaetano MERO
L a società OpenSignal si occupa
di testare le reti mobili nel mondo
grazie a una pratica app per smar-
tphone che raccoglie quotidianamente
i dati di milioni di utenti. È stato da poco
diffuso sul sito ufficiale dell’azienda un
report dettagliato sullo stato di salute
delle reti mobili in Italia, ottenuto dopo
oltre 500 milioni di misurazioni che
hanno coinvolto circa 44.000 utenti in
tutto il territorio nel periodo che va dal 1
luglio al 30 settembre.
È bene precisare che l’Italia si prepara
ad affrontare un periodo di cambiamen-
to importante, Wind e 3 hanno difatti
ricevuto il via libera dall’antitrust alla
fusione a livello societario che avverrà
nel 2017 anche se, dal punto di vista
commerciale continueranno ad operare
come compagnie separate. Ciò porterà
con molta probabilità ad un’ottimizza-
zione sul versante infrastrutture e ad
un parco offerte ancora più competitivo
che potrebbe cambiare alcuni equilibri
nel settore, anche se è troppo presto
per fare delle previsioni.
L’approfondita inchiesta eseguita da
OpenSignal ha preso in considerazione
i quattro principali operatori nazionali:
3, Tim, Vodafone e Wind concentran-
dosi soprattutto su velocità e tempi di
risposta della rete. Vodafone si confer-
ma in assoluto l’operatore più veloce e
con una maggiore diffusione della rete
MOBILE Pubblicato da OpenSignal un interessante report sullo stato di salute attuale delle reti mobili nel nostro Paese
Vodafone rete 4G migliore in Italia. Torino città più veloceVodafone ha la rete 4G LTE più veloce e meglio distribuita, bene anche Tim. Wind e 3 rimangono per ora ancora indietro
LTE seguita da Tim che ha raggiunto
buoni risultati anche su rete 3G, Wind
e 3 devono invece compiere ancora
qualche sforzo per raggiungere i com-
petitor.
La velocità del 4G in Italia sembra go-
dere di buona salute, superando in
generale la media europea: l’operatore
che ha registrato maggiore velocità in
download su rete LTE è indubbiamente
Vodafone con 34,36 Mbps. Al secondo
posto si posiziona 3 che scende di qua-
si 10 mega registrando 25,06, seguono
Tim con 23,68 e Wind con 18,94 Mbps.
OpenSignal ha quindi calcolato la di-
sponibilità delle reti 4G degli operatori
sul territorio, il report non pretende di
stabilire la copertura nazionale ma dà
un’idea dell’effettiva accessibilità da
parte degli utenti alla rete veloce nel-
l’arco della giornata. Il risultato ha visto
ancora una volta primeggiare Vodafo-
ne con una percentuale pari al 71,63,
seguita dal principale competitor Tim
con il 68,06%, Tre e Wind si attestano
quasi a pari merito con performance
nettamente inferiori registrando rispet-
tivamente il 39,86% e il 37,90%.
La società ha misurato altresì la veloci-
tà della rete 3G dove ancora una volta
è Vodafone a guidare la classifica con
una media di 6,77 Megabit al secondo
in dowload, Tim si ferma a 5,87 Mbps,
Wind al terzo posto con 5,67 Mbps e
fanalino di coda 3 con 5,27 Mbps.
La velocità di download media, tra rete
LTE e 3G, misurata da OpenSignal negli
ultimi 3 mesi in Italia vede all’ultimo po-
sto Wind con 8,99 Mbps, 3 raggiunge
invece i 10,60 Mbps, Tim si posiziona
ancora una volta sul secondo gradino
del podio con 14,63 Mbps mentre a do-
minare troviamo Vodafone con 21,30
Mbps.
I dati di latenza della rete sono impor-
tanti per comprendere i tempi di rispo-
sta e l’affidabilità della stessa, in questo
caso il minore punteggio indica la per-
formance migliore: per quanto riguarda
il 4G Vodafone ha registrato il tempo
più basso con 40,81 millisecondi, segui-
ta da Tim con 42,77 ms, 3 con 54,99 ms
ed infine Wind con 67,49 ms. La stessa
misurazione su rete 3G ha dato come
risultato un quasi pari merito tra Voda-
fone (75,68 ms) e Tim (75,73), maggiore
il distacco di 3 (87,77), chiude la classifi-
ca ancora una volta Wind (95,61 ms).
OpenSignal ha anche fornito i risultati
dei test in quattro grandi città italiane:
Milano, Torino, Roma e Napoli. La ve-
locità in download su rete 4G è in as-
soluto un primato di Vodafone che si
afferma in ben tre città su quattro tra
cui Torino nella quale l’operatore rosso
raggiunge i 50,69 Mbps. Mentre a Na-
poli, dove la velocità media scende, 3
(24,53 Mbps), Vodafone (24,40) e Tim
(20,97) si classificano quasi alla pari. I
dati sulla disponibilità della rete LTE ve-
dono invece contendersi Milano, Roma
e Napoli da Tim e Vodafone mentre a
Torino è Tim la rete con maggiore diffu-
sione capillare (85,54%).
Velocità delle reti 4G
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Massimiliano ZOCCHI
N e abbiamo già parlato diverse volte, anche per-
ché la Hyundai IONIQ è attesa fin dal gennaio scorso, quando venne svelata per la prima volta.
Ora dopo un piccolo ritardo rispetto ad altri paesi, è ve-
nuto finalmente il momento anche dell’Italia, e al nuova
Green Car coreana raggiungerà le concessionarie nel-
le prossime settimane.
Come ormai noto, è la prima volta che una vettura
viene proposta in tre varianti diverse, tutte in qualche
modo elettriche. La base è una ibrida classica, in cui il
motore a combustione è comunque prevalente, e sarà
affiancata da subito dal modello completamente elettri-
co. Più avanti verso metà 2017 arriverà la versione che
forse è destinata ad avere più successo, ovvero ibrida
plug-in, con la possibilità di fare fino a 50 km in puro
elettrico, ricaricabile alla spina. Come da nostra tradi-
zione, ci siamo dedicati esclusivamente alla IONOQ
Electric, per capire se davvero può diventare un punto
di riferimento per la categorie delle auto ad elettroni.
Tre versioni, tutte greenAl momento in cui scriviamo i listini italiani di IONIQ
electric non sono ancora noti, ma non dovrebbe-
ro discostarsi molto da quelli dei paesi a noi vicini,
salvo variazioni dovute alla differente tassazione. Si
parla di cifre oscillanti tra 33.000 e 38.000 euro a
secondo dell’allestimento; è giusto dire che anche il
TEST Hyundai IONIQ è la prima vettura al mondodisponibile in tre declinazioni diverse: ibrida, ibrida plug-in e 100% elettrica
Hyundai IONIQ Electric, diventerà un best seller?Abbiamo provato la nuova vettura Hyundai in anteprima, puntando sulla versione elettrizzata, scoprendone pregi e difetti
modello base ha un discreto equipaggiamento.
Prezzo come sempre alto, ma perfettamente in linea
con modelli concorrenti, e comunque in parte giu-
stificato da una buona percezione di qualità globale
per materiali, assemblaggio, design e specifiche. È
sempre bene ricordare che le auto elettriche, a fron-
te di costi iniziali più alti, hanno diverse voci di ri-
sparmio durante la loro vita, pareggiando, e talvolta
superando in economicità, le controparti a motore
termico. Inoltre Hyundai ha scelto la sola strada della
batteria di proprietà, che però viene garantita ben 8
anni. Gli studi di design coreani ci hanno abituati a
risultati tutt’altro che cattivi, e anche in questo caso
la linea è piacevole, con un tocco tipico da green car,
ma senza far storcere il naso come alcune competi-
tor (non è un segreto che IONIQ sia soprannominata
“anti-Prius”). Il CX è ottimo, con uno 0,24 che assicu-
ra buone prestazioni, tra le migliori nella categoria,
assicurando un consumo medio di 115 Wh/km.
La capienza della batteria, che già era nota da alcuni
mesi, è di 28 kWh. Un dato questo che ha diviso gli
addetti ai lavori. Chi la considera troppo piccola per
una novità del 2017, con ormai la concorrenza stabile
tra i 30 e i 40 kW, e chi invece preferisce una scelta
che aiuta a mantenere il prezzo basso e a velociz-
zare la ricarica. I 250 km dichiarati possono essere
raggiunti in ambiente urbano, ma anche a velocità
più elevate non dovrebbe faticare molto a sfiorare
i 200 km reali, per poi sfruttare due diversi tipi di
ricarica.
Nel caso della corrente alternata, il caricatore di bor-
do lavora a 6,6 kW, caricando in circa 4 ore, mentre
nel caso si abbia a disposizione una colonnina in
corrente continua, si può sfruttare la presa COMBO
CCS (per ora di serie) che a 50 kW di potenza carica
fino all’80% in soli 23 minuti. Nonostante ci siamo
ormai diversi caricatori casalinghi in commercio, la
casa coreana prevede di attivare delle partnership
il bagagliaio cede spazio alle batterie sottostanti, ma è comunque ampio e comodo.
La wallbox Hyundai per la ricarica nel box di casa
con fornitori terze parti per offrire anche una wallbox
per la ricarica nel garage di casa.
Hyundai per compensare la batteria più piccola della
concorrenza, ha puntato molto sull’efficienza, sia del
powertrain, sia della vettura stessa; IONIQ è gom-
mata con le Michelin Energy, studiate apposta per
le auto elettriche. Troviamo poi nel sistema di bordo
diverse regolazioni, per impostare diversi livelli di
guida (eco, normal e sport), a loro volta modificabi-
li come limite di velocità e capacità della vettura di
recuperare energia in decelerazione; due classiche
leve dietro il volante permettono di scegliere 4 livelli
di frenata rigenerativa, da zero fino a livello 3, in cui
la frenata è consistente, aumentando la rigenerazio-
ne, e attivando anche i fari stop.
Una media con spazio a bordoHyundai non ha voluto puntare sul settore delle utilita-
rie, già forse sovraffollato per il segmento, ma sceglie-
re piuttosto una media, sia come finiture che come
dimensione, per incontrare il favore degli acquirenti.
La lunghezza di 4.47 m non la fa eccedere nelle di-
mensioni, ma offre comunque una buona abitabilità
interna anche per i sedili posteriori. L’assemblaggio e
le plastiche non offrono sensazione di economico, an-
che se spesso sono semplici senza finiture particolari.
L’unico segno distintivo per la Electric sono i dettagli
esterni e interni in color rame, a ricordare appunto il
motore elettrico.
Per quanto riguarda la meccanica, come sempre nel-
le EV il motore è compatto, con pochissimi organi in
movimento, e monomarcia. Questo compensa in par-
te il peso delle batterie, rendendo l’auto comunque
maneggevole nei cambi direzione. Come accennato,
l’elettronica fornisce ampie regolazioni per lo stile di
guida, permettendo di ottimizzare il range, o favorire
le prestazioni.
lab
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
Nella modalità Eco viene tagliata la potenza moto-
re disponibile, oltre a limitare la velocità massima.
Lo spunto resta buono, grazie al fatto che il motore
elettrico ha sempre tutta la coppia disponibile a zero
giri. Il limite massimo è comunque configurabile sul
display touch principale, svincolandolo dall’imposta-
zione generale scelta. Il cruscotto dietro al volante è
in realtà LCD e contiene sempre tutte le informazioni
sia sulla modalità in uso, sia sui Km restanti, ma an-
che sullo stile di guida istantaneo differenziando in
verde, giallo e rosso la pesantezza del piede.
Non c’è cambio dunque, ma nemmeno una leva ba-
silare, sostituita da un controller nel tunnel centrale
più simile a oggetti tecnologici di altri settori, con i
pulsanti di drive, retro e parking oltre al freno a mano
automatico. Molto interessante la modalità di freno
automatico, che permette di non tenere premuto
il freno ogni volta che ci si ferma, innestandosi da
solo, e disattivandosi appena si preme nuovamente
l’acceleratore.
Come ormai accade in molti modelli dotati di limita-
tori vari, a fondo corsa dell’acceleratore c’è un pul-
sante che se premuto col pedale, disattiva momen-
taneamente tutte le limitazioni, offrendo la potenza
e velocità massima, come nel caso di un sorpasso
o di una manovra improvvisa. Le varie impostazioni
di guida poi sono variabili in qualsiasi momento, an-
che in marcia, e il cambio di potenza è chiaramente
avvertibile. Le sensazioni sono le solite a cui le auto
elettriche ci hanno abituato: estrema reattività alle
accelerazioni, fluidità di marcia data dall’assenza
del cambio, facilità di raggiungimento della velocità
massima, guida semplice e divertente.
Comfort e tecnologiaL’abitacolo è curato, senza eccedere nel lusso, ma
mantenendo livelli adeguati al segmento. Di parti-
colare rilievo il lavoro fatto sulla insonorizzazione
e isolamento. Le auto elettriche sono per tipologia
già molto silenziose, ma in questo caso anche i mi-
nimi rumori dati dal motore elettrico, sibilo o stridio
nella fase di rigenerazione in frenata, sono quasi
del tutto assenti, dando l’impressione di solidità e
quiete assoluta. Non manca ovviamente la tecno-
logia nei sistemi di bordo. Il centro di comando è
un display touchscreen da 8”, ben reattivo, e che
propone tutte le regolazioni indicate per la guida,
ma anche la programmazione delle ricariche, il
navigatore satellitare (con mappa delle colonnine
disponibili) e come lecito aspettarsi anche il siste-
ma infotainment. Oltre ai comandi classici di lettura
mp3 (presa USB e due prese 12 volt) e Bluetooth,
l’impianto è compatibile con Android Auto e Apple
CarPlay, permettendo quindi di interagire al massi-
mo con lo smartphone. Nel tunnel centrale è pre-
sente anche una base di ricarica a induzione Qi,
utile nel caso il device sia compatibile con questo
standard, eliminando anche i cavi di ricarica.
Ottima in città, ma si può spingere oltreIn definitiva si può dire che l’attesa non è stata vana
e che questa vettura elettrica ha le potenzialità per
fare bene sul mercato. La qualità dei materiali e del-
la meccanica non tradisce, ed è una vera e propria
auto elettrica studiata nei dettagli, non una mera
conversione. L’unico limite può essere la batteria un
po’ piccola, ma in città e come auto di famiglia è
perfetta, consentendo con una sola ricarica di viag-
giare per una settimana intera anche a chi fa 20-
25 km al giorno. Al di fuori del tessuto urbano può
muoversi comunque in modo accettabile, anche se
la velocità di ricarica è condizionata dalla presenza
di colonnine di tipo DC COMBO, che ancora sono
poche in Italia. Milano ormai è ben servita, è fattibi-
le muoversi anche verso est grazie alla stazione di
ricarica in zona lago di Garda, e anche verso la Li-
guria grazie ad Autogrill Dorno. Per altre zone italia-
ne bisognerà attendere il 2017 e la rete diffusa che
Enel ha più volte promesso. Al momento la scelta di
Hyundai limita la IONIQ a scampagnate non oltre i
100 km, o qualcosa in più potendo caricare anche
da una normale presa nel luogo d’arrivo.
TEST
Hyundai IONIQ Electricsegue Da pagina 34
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
di Roberto PEZZALI
S trade intelligenti, dove i camion viaggiano in
fila indiana come treni per risparmiare carbu-
rante e le auto si muovono in base ai segnali
che vengono inviati da altri veicoli, dalle persone e
dai segnali stradali. Non è un sogno e neppure un
futuro tanto lontano, perché tutte queste tecnologie
esistono già e manca poco ad una implementazione
su scala globale. Lo abbiamo visto con i nostri occhi,
e abbiamo anche provato cosa vuol dire essere su
una macchina che “ascolta” quello che accade intor-
no per evitare incidenti, ridurre il traffico al minimo e
soprattutto inquinare meno. La tecnologia alla base
di tutto non è sconosciuta e non è neppure nuova,
anzi, è simile a quella che ognuno ha in casa o sul-
lo smartphone: stiamo parlando infatti del Wi-Fi. Nel
2004 un gruppo di lavoro ha iniziato infatti a deli-
neare le specifiche di una versione di Wi-Fi denomi-
nata 802.11p, pensata esplicitamente per un utilizzo
“automotive e infrastructure” e ideata per soddisfare
determinati requisiti di sicurezza, portata e latenza.
Autorizzato nel 2008 dall’Unione Europea, che gli
ha allocato un range di frequenze a 5.9 Ghz, questa
nuova connessione wireless è diventata successiva-
mente standard e gli è stato dato il nome di Wave,
sigla che significa Wireless Access in Vehicular En-
vironments. La certificazione di questa nuova forma
di comunicazione sicura senza fili ha dato il via alla
creazione di quella che viene oggi definita V2X, una
sigla che dice poco ma che rivoluzionerà davvero il
modo in cui ci muoveremo sulle strade tra qualche
anno. “Vehicle to X”, ovvero una forma di comuni-
cazione che mette a contatto il veicolo con qualsiasi
cosa: “X” può essere un altro veicolo, un cantiere
stradale, un semaforo o un mezzo di soccorso, una
rete locale a medio raggio che avvisa di un ingor-
go, della frenata brusca di un veicolo posto davanti
a quello che ci precede e quindi fuori dal raggio di
TEST La piattaforma V2X per la comunicazione tra veicoli e infrastrutture sarà disponibile tra qualche anno in Europa e in America
Il Wi-Fi può rivoluzionare il settore dei trasporti Siamo saliti sulle auto e sui camion del futuro Abbiamo percorso 10 km per provare tutti i vantaggi che il V2X offre per le autovetture e per il trasporto merci su strada
visione, dell’arrivo di un veicolo di soccorso o di un
tratto stradale con asfalto scivoloso.
Come funziona la piattaforma V2XUna rete V2X è una rete composta da oggetti che ri-
cevono e inviano a loro volta informazioni, senza un
access point preciso. Le regole del V2X sono quelle
del “broadcast”: ogni oggetto presente sulla strada
trasmette dati per i veicoli che sono in ascolto, con
un segnale capace di raggiungere anche un chilo-
metro di distanza in campo aperto rimbalzando sugli
edifici e sulle infrastrutture. L’802.11p ha una latenza
bassissima e soprattutto si spegne quando non vie-
ne utilizzato, una caratteristica questa simile a quella
del bluetooth LE necessaria per rispamriare energia
e non affollare l’etere con dati inutili.
La latenza ridotta è indispensabile per applicazioni
di questo tipo, dove la reattività è fondamentale, ed
è questo il motivo per il quale viene scelto il Wi-Fi e
non il 5G: da tempo si dice che il 5G sarà il futuro del-
l’Internet of Thing e delle smart cities, ma il 5G sarà
complementare al V2X: se un semaforo trasmetterà
il suo stato alle auto tramite Wi-Fi, utilizzando il 5G
il semaforo parlerà alla centrale operativa distante
svariati kilometri e agli altri semafori per regolare il
traffico. Toyota ha già iniziato a implementare il V2X
su alcune auto: le nuove Prius vendute in Giappone,
ad esempio, hanno già a bordo sia il ricevitore sia il
trasmettitore, ed è proprio su una Prius che siamo
saliti per saggiare le potenzialità del sistema. Ogni
produttore di auto potrà implementare il sistema
come meglio crede: le informazioni potranno arriva-
re proiettate sul parabrezza, sulla plancia insieme al
navigatore o sul cruscotto, l’importante è che il siste-
ma è standard e sarà universale per tutti i veicoli.
Sicurezza e privacy Nessun rischio per gli utentiMacchine che dialogano, infrastrutture che ascoltano,
server che elaborano e trasmettono dati: di fronte ad
una struttura simile c’è da chiedersi come sono stati
affrontati gli argomenti relativi alla sicurezza e alla
privacy. Prima di tutto, ci dice NXP, tutte le soluzioni
implementate dai produttori sono non solo sicure ma
dispongono anche di soluzioni che rilevano eventuali
intrusioni. Spiace dirlo, ma con una soluzione simile
potrebbe sempre esserci chi, per fare il furbo, decide
di far emettere alla propria auto il segnale di un mezzo
di soccorso o delle forze dell’ordine per far spostare gli
altri veicoli o far diventare verdi i semafori. Una situa-
zione questa che è stata ovviamente affrontata, e nel
caso di “hacking” del sistema automaticamente l’iden-
tificativo originale dell’auto viene rigirato alle forze del-
l’ordine per intervenire.
Questo è l’unico caso in cui viene “rotta” la privacy:
durante l’uso normale non è possibile collegare in al-
cun modo i dati delle singole auto ai singoli proprie-
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MAGAZINEn.144 / 1614 NOVEMBRE 2016
tari. Non solo: proprio per aspetti legati alla privacy e
alla sicurezza dei dati lo standard scelto dall’europa,
nonostante l’infrastruttura simile, è diverso da quello
americano che ha requisiti meno stringenti in termini
di protezione dei dati e di accesso dei dati da parte
delle autorità che ne fanno richiesta.
In Europa una macchina emette un segnale anonimo
che indica la posizione, il tipo di macchina e alcuni
comportamenti come la frenata improvvisa (per avvi-
sare le auto che la precedono) o la velocità (per capire
se ci sono code), ma se una macchina sta sorpassan-
do il limite di velocità o si trova in una zona vietata è
un tipo di dati che può essere inviato solo in forma
anonima. La polizia, per esempio, potrà ricevere un
avviso che c’è un auto che viaggia a 250 km orari su
un determinato tratto di strada ma non potrà sapere
chi la guida: deve intervenire sul posto bloccando la
folle corsa.
Una soluzione simile sarebbe utile anche per gestrie
meglio i rapporti tra assicurazioni e clienti: un utente
potrebbe scegliere di far cadere dei paletti legati alla
privacy per pagare meno di assicurazione, anche per-
ché grazie al V2X è possibile tracciare l’auto per il fur-
to, controllare le dinamiche degli incidenti e registrare
i comportamenti alla guida. Ad oggi però questa fase
non è prevista: l’obiettivo è ridurre le code, l’inquina-
mento e gli incidenti.
Il platooning: così i TIR ridurranno consumi e emissioniUn TIR da 40 tonnellate percorre con ogni litro di car-
burante circa 2/3 km: un semaforo rosso, che costrin-
ge un TIR a fermarsi, implica il consumo di almeno 1 li-
tro di carburante per tornare nuovamente alla velocità
di crociera di 70 km/h, tutto questo con quello che ne
consegue a livello di costi e inquinamento. La tecno-
logia sta per mettere fine però a tutto questo: NXP e
DAF, uno dei principali produttori mondiali di camion,
stanno lavorando attivamente per portare su strada
una soluzione chiamata “Platooning”, camion connes-
si tra loro che riescono a guidare sincronizzati e vicini
sfruttando così i benefici aerodinamici del treno per
abbattere il consumo e migliorare la sicurezza.
Il “platooning” è una idea europea, ed è stata proprio
l’Unione Europea il principale sponsor dell’European
Truck Platooning Challenge, una sfida sulle strade del
nostro continente per promuovere un trasporto su
gomma sostenibile.
Il principio del platooning è semplice: il camion davanti
guida, gli altri si accodano come vagoni sincronizzan-
dosi agganciandosi agli altri veicoli con la tecnologia
V2X: accelerazione, frenata e ogni tipo di problema
vengono trasmessi dal camion frontale a quello subito
dietro, con tempi di risposta che sono a dir poco in-
credibili. NXP e DAF, grazie alla tecnologia RoadLink,
Strada scivolosa: un segnale di allerta inviato al-l’auto ci avvisa direttamente del pericolo. Questo permette di adottare le dovute precauzioni.
Sul sistema da noi provato i segnali arrivavano su un tablet: i produttori integreranno il tutto diretta-mente nel sistema di infotainment.
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Come il Wi-Fi rivoluzionerà i trasportisegue Da pagina 37
Il sensore che indica la distanza con il veicolo precedente in secondi: siamo a 1 solo secondo dal camio di fronte.
Nel monitor posizionato nella parte alta riceviamo in real time il segnale della camera posta sul camion di fronte, così possiamo vedere quello che succede davanti a noi.
riescono a gestire senza problemi una fila di camion
che viaggiano collegati tra loro a 11 metri di distanza e
ad una velocità di 80 km/h, praticamente un ritardo di
0.5 secondi tra un camion e un altro.
Ed è solo l’inizio: nel 2017, ci dice Kurt Sievers, Ge-
neral Manager di NXP Automotive, questa distanza
verrà ridotta a soli 7 metri, praticamente 0.3 secondi
di distanza a 80 km/h. “Pensate – prosegue Sievers
– stiamo parlando di un tempo di reazione che è 30
volte maggiore di quello di un essere umano”. L’appli-
cazione della tecnologia V2X ai trasporti non si limita
solo al collegamento dei veicoli tra loro: i veicoli sono
in grado infatti di gestire e controllare quello che ac-
cade in strada, come per esempio vedere con antici-
po di un km lo stato del semaforo. “Così facendo si
può ridurre la velocità per passare quando c’è verde
– dice Sievers – e soprattutto si evitano frenate bru-
sche se sta arrivando il rosso”. Tra le altre funzionalità
del platooning c’è anche il rilancio del segnale video
da camion a camion: chi sta dietro può vedere quello
che vede il conducente che guida il camion frontale
grazie alle videocamere poste di fronte.
NXP e DAF hanno ovviamente pensato anche a tut-
te le implicazioni legate alla sicurezza e alla gestione
della flotta: se una macchina si immette tra due ca-
mion la distanza viene aumentata automaticamente
e ovviamente se un camion del “treno” prende uno
svincolo il flusso si ricompatta automaticamente per
chiudere il buco. “Ad oggi non è prevista la guida au-
tonoma ma è qualcosa che in futuro potrà sicuramen-
te essere utile, soprattutto per i camion che seguono.
Un autista a bordo ci sarà sempre, ma potrà comun-
que lasciare anche il volante oltre ai pedali per lunghi
tratti autostradali”. Potevamo rinunciare ad un lungo
giro su questi colossi intelligenti? Ovviamente no, nel
video qui sotto vi mostriamo come è andata.
il Wi-Fi rivoluziona i trasportiA bordo del camion del futuro
lab
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