150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti,...

32
Il seme e' la Parola di Dio (Luca 8:11) 150 anni di presenza battista in Italia Rivista del Dipartimento di evangelizzazione dell'UCEBI Trimestrale - n. 2 /3- anno 103 – aprile//settembre 2014

Transcript of 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti,...

Page 1: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

Il seme e' la Parola di Dio(Luca 8:11)

150 annidi presenza battista

in ItaliaRivi

sta

del

Dip

arti

men

to d

i eva

ngel

izza

zio

ne d

ell'U

CEBI

Trim

estra

le -

n. 2

/3-

anno

103

– a

pril

e//s

ette

mb

re 2

014

Page 2: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

2

Emanuele Casalino*

Quello che presentiamo è un numero speciale della rivista “Il Seminatore” per ricordare le cele-brazioni che si sono svolte nel settembre 2013 presso l’Istituto G. B. Taylor (Roma) in occasio-ne dei 150 anni della missione delle chiese battiste in Italia. Un evento che è rimasto nella me-moria e nel cuore di tutti e tutte coloro che vi hanno partecipato e che hanno potuto condividere

non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti di riflessione biblico-teologiche e di carattere sociale che caratterizzano da sempre l’impegno dei battisti nel loro confronto con la società (immigrazione, lotta alla razzismo, impegno per la giustizia sociale). Uno sforzo notevole che ha mobilitato tutte le istanze dell’Unione battista, dal Comitato Esecutivo ai tre Di-partimenti (teologia, evangelizzazione, chiese internazionali), dal Ministero musicale al Collegio pastorale che, con sinergia e grande spirito di collaborazione, hanno lavorato per la riuscita della manifestazione.

Il numero però è stato pensato non solo per quanti e quante vi hanno partecipato bensì anche per i fratelli e le sorelle delle nostre chiese che per vari motivi non erano presenti. Abbiamo pensato di “immortalare” quei giorni soprattutto attraverso il materiale fotografico che lo SPAV ha preparato. Le foto più delle parole, a volte, esprimono meglio le sensazioni e le emozioni che si vivono. Non solo foto, naturalmente. Si è pensato poi di pubblicare la serie di articoli, a cura del Dipartimento di teologia, che il settimanale Riforma ha pubblicato nel corso di tutto il 2013 e che illustrano, a grandi linee, la storia dei battisti sottolineando gli aspetti più peculiari della loro prassi e della loro teologia (battesimo dei credenti, congregazionalismo, libertà religiosa, separazione tra Stato e Chiesa…). Naturalmente, per ragioni di spazio, il numero non riesce a dar conto della ricchezza dei contributi e delle riflessioni che sono state prodotte su tutto il territorio in occasione del 150° anniversario. Ma speriamo che esso possa essere uno strumento di consultazione e di divulgazione per le persone che, “passando” nelle nostre comunità, possano sempre più conoscere la nostra piccola ma vivace realtà e desiderare di condividere con noi la nostra proposta di cristianesimo.

Infine, la pubblicazione che qui presentiamo unitamente al numero del Seminatore (Un’avventura di fede) e al materiale audiovisivo sulla Storia dei battisti Italiani dello SPAV, possono essere utilizzati per animare giornate di evangelizzazione.

* coordinatore del gruppo organizzatore del Festival

Introduzione

Trimestrale d’evangelizzazioneNumero 2/3 - Anno 103 - aprile/settembre 2014

Redazione e amministrazionePiazza San Lorenzo in Lucina, 35 - Roma

Direttrice responsabileMarta D’Auria

Autorizzazione Tribunaledi Roma n. 5894 del 23/7/1957.

Progetto GraficoPietro Romeo

TipografiaMultimedia S. c. a r. l. - Giugliano In Campania (NA)

Redazione

Marta D’Auria(direttrice; [email protected])

Pietro Romeo(settore Stampa; [email protected])

Gabriela Lio(segretaria DE; [email protected])

Per contatti scrivere a:Dipartimento di Evangelizzazione dell’UcebiP.zza S. Lorenzo in Lucina, 35 - 00186 Roma

tel. 06.6876124

e-mail: [email protected]

Page 3: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

3

Il Festival battista

Dal 5 all’8 settembre 2013 si è svolto il Festival per i 150 anni della presenza battista in Italia, organizzato dall’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) presso il comprensorio dell’Istituto G. B. Taylor, nel quartiere di Centocelle-Roma. Il programma dell’evento è stato illustrato la mattina del 5 settembre in una conferenza stampa, tenutasi presso la sala stampa

della Camera dei Deputati, alla quale hanno partecipato il presidente dell’Ucebi, past. Raffaele Volpe, la teologa battista Elizabeth Green, e il deputato Luigi Lacquaniti.

Il Festival, a cui hanno partecipato oltre 250 persone, si è ufficialmente aperto con un culto presie-duto dal pastore Volpe. Tra gli ospiti presenti: Marco Marrone, consigliere per il dialogo tra le religioni del ministero per l’integrazione, presieduto dalla ministra Cecile Kyenge; il missionario Charles Worthy che ha portato il saluto della International Mission Board (una volta conosciuta come Foreign Mission Board), organizzazione che ha avuto un ruolo importante nella storia del battismo italiano.

Gli ampi spazi verdi del Taylor hanno favorito l’incontro gioioso dei partecipanti, grandi e piccoli, giunti da tutta Italia per esprimere la propria riconoscenza al Signore per aver compiuto 150 anni di storia in Italia, e anche per rinnovare il proprio impegno di testimonianza nel Paese. Segno tangibile di una testimonianza che dal passato si proietta nel futuro è stato il percorso storico-musicale attraverso l’innologia evangelica e battista, in particolare, proposto nei tre concerti serali a cura del Ministero musicale: partendo dagli inni tradizionali si è giunti fino alle melodie e canti contemporanei.

Il programma ha previsto diversi laboratori, in maggioranza a cura dei tre Dipartimenti dell’Ucebi (Teologia, Evangelizzazione, Chiese internazionali), e tre incontri in plenaria che hanno visto intervenire ospiti nazionali e internazionali, tra i quali: il moderatore della Tavola valdese, Eugenio Bernardini; la pre-sidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia, diacona Alessandra Trotta; Mercedes Frias, già membro del Parlamento italiano; Franca Di Lecce, direttore del Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); Regina Claas, vice presidente dell’Alleanza battista mondiale; Tony Peck, segr. generale della Federazione battista europea; Karin Wiborn, segr. generale del Consiglio delle chiese cristiane di Svezia.

(a cura di Marta D’Auria)

Page 4: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

4

I laboratori

Nel corso del Festival sono stati organizza-ti nove diversi laboratori che hanno affrontato alcuni temi su cui le chiese battiste sono im-pegnate nella riflessione e nel lavoro oggi. Ne riportamo di seguito una breve sintesi.

Come diventare una «Eco-comunità»Il gruppo, guidato dal past. Herbert Anders,

ha riflettuto sul cammino di conversione che le chiese devono compiere per essere ecologica-mente sostenibili. La conversione è un vero e proprio atto di obbedienza a DioDalla condivi-sione delle diverse esperienze è emerso il cre-scente numero di comunità sensibili a queste tematiche che sono in rete con la Commissione Globalizzazione e ambiente della Fcei.

La bella e buona varietà del VariEtàDa 8 anni l’Unione battista, in collaborazione

con la Fgei, organizza campi estivi intergenera-zionali chiamati «Varietà». Nel gruppo, guidato da Antonio Pascale, è stata evidenziata la specifici-tà del VariEtà: un’occasione per vivere la sfida dell’incontro fra le diverse generazioni fuori e dentro le chiese, un incontro spesso difficile ma che si rivela essere anche fecondo e arricchente.

Come ti accompagna Gesù nel cammino della fede?Il laboratorio, a cura di Alessandra Zeppieri e

della past. Gabriela Lio del Dipartimento di Evan-gelizzazione, è stato rivolto ai bambini presenti al Festival. Attraverso una caccia al tesoro, la realizzazione di lavoretti, e l’utilizzo di colori, i bimbi hanno raccontato chi era Gesù per loro. «Gesù sei il mio più grande amico» è stata la frase scelta alla fine all’uninimità dai bambini.

Ritorno al futuroLo scopo del laboratorio, preparato dal Di-

partimento di teologia, è stato quello di coinvol-gere i partecipanti nella riflessione su: libertà religiosa, libertà di coscienza, battesimo, se-parazione tra Chiesa e Stato, autonomia della chiesa locale nella comunione con le altre chie-se. I quattro gruppi hanno valutato se e in quali termini questi “frutti” del battismo sono ancora presenti nelle chiese.

Orgoglio e pregiudizioAttraverso un gioco di ruolo, condotto da Sil-

via Zerbinati e Alessia Melillo del Dipartimento di chiese internazionali (Icd), i partecipanti si sono confrontati con diversi stereotipi e le dinamiche che ne derivano. Sui pregiudizi lavora l’Icd che sostiene le chiese a vivere appieno l’essere chiesa insieme con le comunità di migranti che fanno parte dell’Unione.

Page 5: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

5

Maschio e femmina-natura o habitus?Il laboratorio è stato a cura della pastora Sil-

via Rapisarda segretaria del Dipartimento di teo-logia. I partecipanti hanno letto la saga di Isacco e Rebecca per scoprire che nella Bibbia c’è più che un modello unico del modo di essere uomo e di essere donna. Inoltre ci si è interrogati sulla nuova umanità alla quale chiama Cristo e se e quale ruolo giochi realmente in essa l’identità di genere.

I vostri giovani avranno delle visioni (Atti 2, 17)Il laboratorio, a cura della Fgei, ha offerto a

quanti e quante vi hanno preso parte uno spazio intergenerazionale di condivisione. Attraverso i ricordi passati, le storie presenti e i sogni per il futuro, il gruppo ha riflettuto su cosa significano per ciascuno le parole: federazione, giovanile, evangelica, italiana.

Forum interculturaIl laboratorio, condotto dal past. Carmine

Bianchi e da Mercedes Frias del Dipartimento chiese internazionali, ha proposto una sessione di comunicazione interculturale. Si è partiti dalle esperienze personali (es. il racconto di quando gli italiani in viaggio all’estero si sono sentiti “stranieri”). La riflessione si è poi concentrata

sull’essere chiesa insieme, importante sfida a cui sono chiamate tutte le chiese evangeliche oggi.

Il mondo del carcere-esperienze pastorali a confrontoIl laboratorio è stato curato dai pastori Mas-

simo Aprile e Anna Maffei, che da anni svolgono cura pastorale ai carcerati. I partecipanti hanno ascoltato dalla voce di persone coinvolte in pri-ma persona non solo la durezza del mondo-car-cere nel nostro paese, ma anche il ruolo prezio-so portato avanti da chi svolge questo difficile e impegnativo ministero.

Infine un’intera sala ha ospitato la presenta-zione della Mostra storico-documentaria «I battisti e l’Italia. Partendo dalle origini del XVII secolo fino ai nostri giorni, la Mostra ripercorre le tappe fondamentali della presenza battista in Italia (1868-2013). Guidati dal prof. Massimo Rubboli, dai pastori Martin Ibarra e Emmanuele Paschetto, e dalla pastora Cristina Arcidiacono, i partecipanti hanno riflettuto sull’importanza del recupero del proprio passato che, ripensato cri-ticamente, può e deve contribuire a riflettere sul presente e sul futuro della testimonianza batti-sta in questo Paese.

Page 6: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

In marciacon lo Spirito

di Raffaele Volpe

6

Riportiamo di seguito alcuni passaggi della predicazione del culto di apertura tenuta dal past. Raffaele Volpe, presidente dell’Ucebi, sul testo di Galati 5, 25 – 6. 18.

Il maestro interiore, così Calvino chiamava lo Spirito, «… mediante il quale penetra in noi e trapassa le nostre anime, la promessa della salvezza che altrimenti non farebbe che battere l’aria o risuonare alle nostre orecchie» (I. C. III, cap. I, 4).

Lasciamoci guidare dallo Spirito. Biso-gna dedicare un ringraziamento speciale allo Spirito di Dio che in 150 anni ha conti-

nuato instancabilmente a trapanare la dura cro-sta della nostra infedeltà, perché penetrasse in noi e trapassasse le nostre anime la promessa della salvezza.

Spesso malgrado noi, qualche volta con noi, lo Spirito ha guidato, dal 1863 ad oggi, donne e uomini che si sono confessati cristiani e battisti; lo Spirito ha guidato le chiese battiste poste più al nord, insieme con quelle più al sud; è lo Spiri-to che ci ha condotti fin qui. (…)

Chi è troppo rigido o austero, si scontrerà con la creatività dello Spirito. Basta ripercorrere le esortazioni che Paolo rivolge ai Galati in nome dello Spirito, per confrontarsi con la leggerezza del frammento. Lo Spirito è leggero, non è pe-sante. E nello stesso tempo lo Spirito non ama i superficiali e i codardi. Nei frammenti d’amore dello Spirito ci sono spazi enormi che invitano alla responsabilità. È lo Spirito che tiene il timo-ne, ma ciascuno di noi è chiamato a correre tra la prua e la poppa e lungo i fianchi della barca che è la Chiesa. Per issare la vela principale, tenere l’albero in posizione, regolare la tensio-ne delle vele ed effettuare il cambio durante le manovre di virata. È lo Spirito che stabilisce la conduzione della barca. Ma noi dobbiamo sfrut-tare la forza trasversale del vento dello Spirito.

Se viviamo nello Spirito, marciamo pu-

re nello Spirito. Dice Paolo. E allora, cosa stiamo aspettando? Riprendiamo la marcia dello Spirito. Se ci siamo fermati o abbiamo rallenta-to. Non importa. Certo, dobbiamo fare i conti con l’acido lattico delle nostre contraddizioni. Con le contrazioni muscolari delle nostre fazio-sità. Dum tempus habemus, mentre abbiamo tempo, dobbiamo imparare a dire basta. Basta alle discussioni inutili e infinite. Basta al fetici-smo delle nostre personalità. Basta al culto del-la rissosità e alla trasformazione delle chiese in palcoscenico delle frustrazioni. Basta all’invidia che cova dentro il suo seno uno spirito maligno. (…)

Lasciamo che vada lo Spirito alla testa del corteo. Riprendiamo la marcia. E cancelliamo dai nostri volti lo scetticismo, la rassegnazio-ne, il cinismo. Quanti credenti frustrati incontro che si chiedono come mai le nostre chiese non crescano. Ma che domanda è mai questa? Non crescono perché è impossibile raccogliere un frutto che non abbiamo seminato.

L’evangelo non è nostro. La chiesa non è nostra. Niente ci appartiene. Eppure noi appar-teniamo a Dio per mezzo di Cristo. (…)

Lasciamoci guidare dallo Spirito e ri-prendiamo la marcia dello Spirito. Noi non sappiamo dove lo Spirito ci condurrà, cono-sciamo però il luogo di partenza. Non è un’idea. Non è una dottrina. Non sono i principi battisti. Né i nostri padri e le nostre madri. Le nostre strutture e il nostro piano di cooperazione. Non è neppure il nostro cuore e il nostro intelletto. La fede è il punto da cui bisogna ripartire. Non la fede in qualcosa, ma la fiducia in qualcuno. Oggi la domanda è: ti fidi di Dio? Ci fidiamo di Dio? (…)

Se ci fidiamo di Dio possiamo guardare negli occhi il nostro prossimo. Se ci fidiamo di Dio, non è più necessario giocare i primi 45 minuti nel campo dello Spirito e i secondi 45 minuti nel campo della carne. Dio non può essere preso in giro.

E la carne intesa come la paura che la fidu-

Page 7: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

77

cia in Dio non possa bastarci; come il costante compromesso tra una preghiera rivolta a Dio e un ammiccamento rivolto agli altri dei; come formula chimica composta di una molecola di egoismo, una molecola di presunzione e una molecola di codardia.

È nel campo della carne che spesso Dio ci sorprende a giocare e siccome è impossibile prendere in giro Dio, in questo modo prendiamo solo in giro noi stessi. (…)

Lasciamoci guidare dallo Spirito. Riprendia-mo la marcia dello Spirito. Anche se noi non sappiamo dove lo Spirito ci condurrà. Lasciamo che Dio ci tiri verso la terra ferma della fede e non scivoleremo verso le acque paludose del dubbio e del compromesso.

Io mi vanto soltanto della croce del Si-gnore Gesù Cristo, dice Paolo. E poi aggiunge che così si diventa una nuova creatura. Che pa-radosso! Se troviamo il nostro vanto nella cro-ce, diventiamo una nuova creatura.

Qualcuno è ancora alla ricerca del manuale del discepolo perfetto, o della evangelizzazione infallibile, o delle indicazioni etiche chiare. Ecco servito su un vassoio d’argento tutto questo:

esercitiamoci nel vanto della croce e, giorno per giorno, grazie ad una metamorfosi misterio-sa, saremo trasformati in nuove creature. (…)

Nella chiesa greca si poteva scegliere se diventare monaco o stolto; e la stultizia era la conseguenza del discepolato del crocifisso. Oggi, come ieri è successo ai nostri padri e alle nostre madri, siamo chiamati a compiere una decisione simile: cosa vogliamo essere monaci evangelici più o meno fedeli ad una tradizione oppure stolti discepoli e discepole della croce?

Saremo monaci se portiamo la croce appe-sa al petto. Saremo stolti, invece, se ci lascere-mo guidare dallo Spirito.

Saremo monaci se ci accontenteremo di una buona predicazione. Saremo stolti, invece, se riprenderemo la marcia dello Spirito.

Saremo monaci se ci affideremo alle nostre sicurezze. Saremo stolti, invece, se seguiremo lo Spirito anche se non se non sappiamo dove lo Spirito ci condurrà.

Io mi vanto soltanto della croce del Signore Gesù Cristo: è questa la nostra stultitia. Ed è questa la decisione a cui siamo chiamati oggi! Non lasciamo scappare questa grande occasio-ne. Amen.

Page 8: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

150 anni di battismo

Due ipotesi sulle originidi Martin Ibarra

8

alle modifiche arminiane al calvinismo tradizio-nale, credevano che Cristo era morto per tutti gli esseri umani; i battisti particolari rimaneva-no saldi nella credenza di una redenzione per i soli predestinati ma modificarono l’ecclesiologia e il ministero del calvinismo classico in chiave congregazionalista. La prima chiesa identifi-cabile come battista generale fu costituita nel 1608 ad Amsterdam. Era formata da un gruppo di separatisti inglesi guidati da John Smyth e Thomas Helwys emigrati in Olanda per sfuggire alla persecuzione. Decisero di sciogliere la loro comunità, di battezzarsi ricostituendo la loro chiesa sulla base del loro battesimo. Più tardi Smyth e una parte della chiesa ripudiarono quel-la scelta e chiesero di entrare a formar parte della chiesa mennonita anabattista. Il resto della comunità, guidata da Helwys, rientrò in Inghilter-ra e costituì a Londra la prima chiesa battista generale in suolo inglese nel 1612.

I battisti particolari sorsero invece nel 1630 all’interno del dissenso «semiseparatista» atti-vo in diverse comunità a Londra. Nel 1616, un semiseparatista chiamato Henry Jacob, fondò una comunità congregazionalista nel quartie-re del Southwark a Londra. Erano membri di questa congregazione dei separatisti e dei se-miseparatisti. Anche se manteneva una linea congregazionalista non era ostile nei confronti della Chiesa Anglicana. L’evoluzione di questa congregazione ci è nota grazie ad alcuni re-gistri che annotano le vicende più importanti fra il 1616 e il 1638. La chiesa è costituita sulla base di un patto, una confessione di fede e di peccato. Succedettero a Jacob nella con-duzione della chiesa di Southwark prima John Lathrop e poi Henry Jessey. La composizione mista di questo gruppo provocò una serie di problemi e di divisioni. Nel 1630, un gruppo diretto da un Mr. Dupper si staccò dalla chie-sa per una controversia attorno al battesimo e creò una congregazione contraria al battesimo infantile e a mantenere forme di comunione con la Chiesa Anglicana. Ci sono almeno due

La controversia sulle origini delle chiese battiste si incentra sulla questione dei rapporti con il puritanesimo radicale e l’anabattismo. La prima questione è

determinare se c’è stata un’influenza anabatti-sta nello sviluppo del separatismo puritano. La seconda, più specifica, è considerare se nella decisione di Smyth di rifondare la sua chiesa sulla base del battesimo dei credenti ebbero una qualche influenza i mennoniti di Amsterdam, chiamati Waterlander. La terza è più teologica, consiste nell’accertare se i mennoniti influenza-rono in altre questioni teologiche il gruppo di John Smyth e Thomas Helwys, ad esempio nel-la modifica in senso arminiano del loro calvini-smo. La quarta riguarda i battisti particolari, se i mennoniti della chiesa di Ryhnsburg chiamata Collegiante influenzarono nella loro decisione di adottare il battesimo per immersione.

Le due ipotesi sull’origine del battismo si pos-sono dunque riassumere così: la prima sostiene che esiste una connessione fra l’anabattismo e il battismo; la seconda sostiene la continuità fra il puritanismo, il separatismo e il battismo. Da-to che la continuità è avallata dai documenti e dall’evoluzione stessa delle idee in campo puri-tano, separatista e battista, chi sostiene la tesi della connessione anabattista la deve dimostra-re, cioè ha l’onere della prova. Possiamo quindi concludere, consapevoli che non tutti saranno d’accordo, che le chiese battiste hanno origine dal movimento puritano inglese e concretamen-te dalla sua parte più radicale, il separatismo. Partendo da questa radice, secondo alcuni per influenza anabattista non ancora dimostrata, o come risultato naturale dello sviluppo delle stesse idee separatiste e puritane, si sviluppò nel XVII secolo, in due gruppi paralleli, l’identità battista che presenta tratti specifici che la di-stinguono dal resto delle chiese cristiane.

Concretamente sono sorte due tipi di chiese battiste: i battisti generali aderivano al tipo di ecclesiologia congregazionalista e

Page 9: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

9

motivi per rifiutare il battesimo infantile da par-te dei più radicali: o perché proviene da una chiesa statale e che perseguita la vera chiesa; o perché è stato amministrato a dei bambini incapaci di credere e di confessare i loro pec-cati. Nel 1633, un altro gruppo condotto da Samuel Eaton si staccò e formò un’altra con-gregazione a Londra. Sappiamo che Eaton e altri di quel gruppo ricevettero un secondo bat-tesimo. Nel 1638 altre sei persone lasciarono la chiesa di Southwark e si unirono al gruppo di Eaton che allora era diretto da Spilsbury. Altri invece pensano che il gruppo di Spilsbury fos-se un terzo gruppo diverso da quelli di Dupper e Eaton. Nel 1637 era entrato in questa comu-nità, che già praticava il battesimo di credenti, William Kiffin, uno dei più importanti dirigenti futuri dei battisti particolari. Dunque, verso il 1638 c’erano due o tre congregazioni di se-paratisti calvinisti a Londra che praticavano il battesimo degli adulti.

I registri di queste chiese rivelano inoltre che verso il 1640 cominciarono a praticare il batte-simo per immersione. Il recupero della pratica dell’immersione come modo del battesimo av-venne in due diverse maniere. Uno dei gruppi tentò di assicurare una sorta di continuità sto-rica dell’immersione attraverso la missione di Richard Blunt in Olanda presso i mennoniti. L’al-tro gruppo diretto da Spilsbury, semplicemente, adottò l’immersione sulla base dell’autorità che

pensavano gli dava la Bibbia. Sappiamo che nel 1644 c’erano sette chiese dei battisti particola-ri a Londra. Quell’anno stamparono una confes-sione di fede che è la base dottrinale del nuovo gruppo di battisti. Tra i firmatari ci sono quindi-ci ministri, tra essi troviamo Kiffin, Spilsbury e Knollys. Oltre alla questione battesimale e ec-clesiologica in questa confessione presentata al Parlamento di maggioranza pre sbiteriana, si chiede per loro e per tutti la libertà di coscienza in materia religiosa. I due gruppi di battisti lotta-rono a fianco all’esercito del Parlamento contro re Carlo nelle rivoluzioni inglesi combattute a partire del 1642.

A differenza dei primitivi congregazionalisti, i primi battisti cercarono una forma di collega-mento delle loro comunità. Volevano esprimere attraverso il collegamento la comunione fra le chiese, sviluppare forme di sostegno e di soli-darietà per proteggere, in un’epoca di persecu-zione al dissenso religioso, le chiese più deboli. Le confessioni di fede sottoscritte insieme da più chiese e la nascita delle prime associazioni di chiese saranno note distintive di entrambi i gruppi di battisti. Il collegamento fra le chiese ha ancora oggi, un’importanza fondamentale. Non è un dato secondario ma ecclesiologico, anche se ci sono diverse interpretazioni sul va-lore ecclesiologico dei collegamenti regionali, nazionali o internazionali delle chiese battiste.

Page 10: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

Organizzazione e sviluppi: autonomia nella comunione

di Helene Fontana

Autonomia e comunione, diversità ed unità. Sono concetti che si possono coniugare? Sembrerebbe difficile, ma i battisti hanno sempre creduto ferma-

mente che fosse possibile, ed il loro modo di vivere la fede e la chiesa già dall’inizio è stato caratterizzato dallo sforzo di cercare di tenere insieme questi opposti. I battisti trovavano (e trovano) la base per questo sforzo nelle Scrit-ture, dai quali insegnamenti traevano sia l’affer-mazione che ogni gruppo di credenti riunitosi in comunità costituisce la chiesa di Cristo, e per-ciò è libera ed autonoma nell’autogoverno, sia la convinzione che i credenti sono chiamati alla solidarietà ed alla missione condivisa.

I nomi dati al movimento cristiano del 1600 da cui provengono i battisti sottolineano più che altro l’aspetto dell’autonomia e della diversità che caratterizzavano già i loro primi gruppi (ma ricordiamo che questi nomi venivano loro affib-biati da chi guardava il movimento dal di fuori, spesso da oppositori). Il terreno da cui sono cresciute le prime chiese battiste era, infatti, quello dell’ala indipendentista o separatista del-la chiesa d’Inghilterra, il movimento di coloro che, diversamente dai puritani, non coltivava-no più la speranza di riformare la chiesa dal di dentro, ma che vedevano come unica possibi-lità per costituire una chiesa «pura», secondo le prescrizioni bibliche, quella di separarsi dalla chiesa ufficiale per creare delle comunità indi-pendenti, formate da persone che avevano dato la loro libera e consapevole adesione alla fede.

Seguendo questa logica, dagli inizi del 1600 diversi gruppi di credenti cominciarono a forma-re delle comunità. I gruppi condividevano ragio-namenti e critiche, ma ciascuno si staccò dalla chiesa d’Inghilterra e creò la propria comunità in modo indipendente, senza un piano o un’azione comuni. Questo spirito indipendente continuò a caratterizzare la vita dei gruppi e la natura del-le comunità che essi formarono, e si nutrivano dalla lettura della Bibbia che, diversamente dai tempi antecedenti alla Riforma, ora era accessi-bile a tutti per l’interpretazione.

Da questa lettura i gruppi separatisti erano giunti alla convinzione che il principio della Ri-forma del sacerdozio universale doveva esse-re vissuto in modo più radicale di quanto non avveniva nella loro chiesa di origine. Ciascun credente risponde in modo libero e diretto a Dio, e su questa risposta deve fondarsi anche la chiesa, la comunità di coloro che confessano la loro fede in Dio e che accettano di legarsi gli uni agli altri in un patto di solidarietà e di con-divisione. Non ci vuole altro per essere chiesa, non sono obbligatori o necessari né legami con altre chiese/istituzioni, né l’esistenza di un’au-torità istituzionale superiore. È «l’avere Cristo» l’unico presupposto per l’esistenza della chiesa, e Cristo si trova lì dove due o tre sono riuniti nel suo nome: la chiesa locale è perciò la Chiesa di Cristo.

In base a questa interpretazione del testo biblico le prime chiese battiste sorsero come chiese pienamente autonome, ciascuna respon-sabile del proprio governo e della propria pre-dicazione, e con la facoltà di scegliere i propri ministri.

Ma la costituzione di queste prime comuni-tà locali già presenta un indizio del fatto che i primi battisti non affermavano soltanto il valore dell’autonomia e il diritto alla diversità di pen-siero e di organizzazione. Dagli inizi credevano anche nel valore della comunione e dell’unità. La fede, infatti, per questi credenti, nonostante sia un rapporto diretto con Dio, non è da vivere in isolamento, senza legami con gli altri. I credenti che confessano la loro fede sono chiamati ap-punto a riunirsi in comunità e a legarsi gli uni agli altri in un patto di solidarietà e di condivisione, spirituale e materiale. Un concetto, quello del patto, che rimane importante per molte comuni-tà battiste fino ad oggi.

Questa ricerca di comunione con altri cre-denti si evidenziò non solo a livello personale, ma anche a livello comunitario. Nonostante la ferma convinzione dell’autonomia della comu-nità locale, le stesse comunità cercarono da subito momenti di condivisione tra di loro. Testi-

10

Page 11: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

11

monianza di questo fatto si trova già nell’espe-rienza del «gruppo pioniere» di John Smyth che, arrivato in Olanda in fuga dalle persecuzioni su-bite dai gruppi separatisti in Inghilterra, come primo passo fece quello di cercare contatti con il gruppo mennonita locale. Contatto che poi si sarebbe rivelato fondamentale per l’adozione da parte dei primi battisti di quel segno che sareb-be diventato la loro caratteristica distintiva, e che più di ogni altro rappresenta la fede libera e consapevole della persona in Dio su cui si fonda la chiesa: il battesimo dei credenti, già in uso presso i mennoniti.

La comunione e l’unità tra le comunità batti-ste si materializzavano anche in Inghilterra – e poi in tutti gli altri paesi nei quali in seguito il bat-tismo si espanse – nella forma di confessioni di fede condivise e nella creazione di associazioni e convenzioni. La Prima Confessione di Londra (1644) è l’esempio di una confessione condivi-sa, in questo caso da sette chiese battiste di Londra. Come alle confessioni di fede condivise che sarebbero seguite, anche a quella del 1644 le chiese aderirono in modo del tutto libero e volontario, fedeli al concetto dell’autonomia del-la comunità locale in materia di fede: una con-

fessione di fede viene condivisa nella misura in cui rispecchia la fede della comunità, mai per imposizione di un’autorità superiore.

Anche l’adesione alle associazioni ed alle convenzioni che si crearono tra le chiese era libera, e l’associazione, anche se in contesti diversi avrebbe poi assunto caratteristiche e compiti diversi, non aveva mai potere decisio-nale sulle comunità locali. Erano spazi per la comunione spirituale e per la collaborazione materiale, agli inizi per il mutuo sostegno in tempi di persecuzione, più tardi per progetti di evangelizzazione e missione.

Autonomia e comunione, diversità ed unità. Sono concetti e valori che hanno caratterizza-to, e caratterizzano ancora, le chiese battiste. E se è vero che a causa delle debolezze umane hanno a volte portato le chiese a litigiosità, di-visioni e senso di autosufficienza, è altrettanto vero che hanno anche ispirato in loro: senso di responsabilità, tolleranza e rispetto nei con-fronti del «pensiero diverso», lotta per la libertà di coscienza e di religione, e la volontà di una missione e una testimonianza comuni, basate su una fede nel Dio di Gesù Cristo che è libera, personale e consapevole.

Page 12: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

12

La questione del battesimo

di Ivano De Gasperis

In ambito ecumenico, quando si pensa all’identità delle chiese battiste, per i più è immediata l’associazione col battesimo dei credenti adulti; ma se alcuni, curiosi

di conoscere il pensiero delle chiese batti-ste in merito al battesimo e alla Santa Ce-na, prendessero in mano la Confessione di fede dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, dovrebbero inoltrarsi sino all’artico-lo 9 per giungere a leggere del battesimo e all’articolo 10 per imbattersi nella Cena del Signore.

Se invece l’attenzione di questi studiosi si rivolgesse a più antiche e rappresentative confessioni del battismo, come è ad esempio la Second London Baptist Confession (1689), l’attesa risulterebbe ancora più lunga; infatti gli articoli sul battesimo e la Cena del Signore si collocano pressappoco alla fine di questi importanti documenti.

Non solo la posizione all’interno delle Con-fessioni, ma anche l’estensione degli articoli su battesimo e Cena del Signore potrebbe deludere i nostri diligenti ricercatori…

Infatti, a dispetto del nome che portano, i battisti non si sono primariamente concentra-ti sulla produzione di opere teologiche con-cernenti il battesimo in quanto tale, né, tanto-meno, hanno fatto dei sacramenti il fulcro del loro interesse. La vera passione dei battisti è altra e la si può facilmente comprendere se si ha la pazienza di scavare un poco nella loro tormentata storia.

I battisti nascono in un’epoca di profonda delusione nei confronti della chiesa istituzio-nale che, nel contesto dell’Inghilterra del XVII secolo, non è cattolica, ma anglicana.

Agli occhi dei primi aderenti al movimen-to la cosiddetta estabished Church appare come una chiesa troppo distante dall’ideale apostolico, collusa col potere della Corona; una chiesa che dispone di tribunali e di car-ceri, dove condannare coloro che, al pari dei battisti, desiderano una sua Riforma radicale.

In un mondo dove trono e altare si con-

fondono e coloro che celebrano i sacramenti somigliano, in tutto e per tutto, ai miscreden-ti, diventa necessario trovare uno strumento utile a ridefinire la Chiesa.

I Battisti individuano tale strumento in una ritrovata disciplina battesimale, sul cui fon-damento ricostituire la Chiesa come «comu-nità di santi» (questa espressione non è da intendersi come pretesa superiorità morale dei battisti, quanto piuttosto quale irrinuncia-bile nota Ecclesiae, ovvero qualifica spirituale della vera Chiesa di Cristo). È evidente che, anche quando riflettono sul battesimo e sulla Santa Cena, l’interesse dei battisti non è sa-cramentale, ma ecclesiologico.

Certamente i battisti elaborano un loro di-scorso battesimale biblicamente ben radica-to, ma potremmo aggiungere che, per essi, il problema vero non è il «come» quanto il «chi» del sacramento e, con una brutale operazione di semplificazione, impostare tale questione nella forma di una domanda e di una risposta che per i battisti risultano fondanti.

Domanda: «Tutti, indiscriminatamente, debbono scendere nelle acque battesimali e spezzare il pane?».

Risposta: «Non tutti indiscriminatamente, ma tutti coloro che rispondono all’Evangelo con fede, confessando Gesù quale personale Signore e Salvatore».

Con ciò non viene evidenziato un nuovo si-gnificato teologico della Cena o del battesimo – che nella sua essenza corrisponde a quello riformato – ma un criterio per l’individuazione dei destinatari a cui si applicano questi ordi-namenti.

L’eco di questo criterio – dato dalla fede personale – è ancora chiaramente rintraccia-bile nell’attuale Confessione di fede dell’Unio-ne cristiana evangelica battista d’Italia (Uce-bi). Invertendo un celebre motto, possiamo dire che, nel battismo, il battesimo e la Santa Cena rappresentano culmen et fons (culmine e fonte) di una realtà già presente nel cuore del discepolo: la realtà della fede che, nell’ob-

Page 13: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

13

bedienza al Maestro, diventa una sorgente inarrestabile, che scaturisce in vita eterna…

Sono trascorsi quattro secoli dalla nascita di questo fecondo movimento e il suo impatto sull’ecumene è difficilmente minimizzabile. A oggi la pratica del battesimo per immersione dei credenti adulti non è più una «peculiarità» battista, ma è divenuta un patrimonio comune a gran parte delle chiese evangeliche.

Nel nostro Paese ci accingiamo a festeg-giare un secolo e mezzo di presenza battista, eppure questa particolare attenzione alla fe-de personale continua a rendere il rapporto liturgico con il sacramento molto vivo e di-namico.

Il momento della celebrazione del batte-simo nella chiesa battista è sovente accom-pagnato da vibranti e coinvolgenti narrazioni della propria esperienza di conversione. Il calore familiare che si percepisce quando si spezza il pane e si beve il vino insieme a fra-telli e sorelle, di cui si conosce l’itinerario spi-rituale, è qualcosa che tocca il cuore e apre una luce calda di comunione. Un vecchio inno che bene rappresenta il culto battista recita così: «È la mia storia è la mia fe’, tutta la glo-ria al Cristo mio Re». Non è negli elementi esteriori, ma è nell’autenticità della predica-zione, delle relazioni stabilite e della fede espressa da chi partecipa alla celebrazione che sta il cardine di tutto il discorso battista. Ricordo ancora con grande commozione al-cuni recenti battesimi celebrati presso il mare di Ostia, dove la potenza delle testimonian-ze di fede ha trasformato la spiaggia in una vera e propria chiesa a cielo aperto. Posso garantire che assistere al miracolo di quelle nuove nascite non è diverso dall’assistere a vere e proprie risurrezioni o alla guarigione dei ciechi… Ripenso con emozione alle Cene del Signore celebrate nel contesto dell’agápe comunitaria, piuttosto che all’aperto, nel par-co della missione dove usiamo evangelizzare; lì abbiamo bevuto da un unico calice assieme alle persone che hanno accolto commosse la Parola della Grazia.

Non c’è nulla di eclatante nel gesto del-la Cena del Signore o del battesimo in sè, eppure, proprio per questo, essi sono atti di una fede veramente rivoluzionaria. In fondo l’istituzione battesimale dal punto di vista ma-teriale non differisce da un semplice bagno, come la Cena non sembrerebbe molto diver-sa da un pasto ordinario, ma è esattamen-te questa semplicità a rivelare la prossimità straordinaria di quel Dio che si è fatto carne, per incontrarci non solo all’interno di uno spa-zio liturgico definito, ma ogni giorno anche nella quotidianità delle nostre vite.

Page 14: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

14

I principi delle origini

e gli sviluppi teologicidi Domenico Tomasetto

Le Chiese battiste non hanno avuto una teologia ben definita fin dalle loro origini, ma sono il prodotto di continue elabora-zioni, determinate dalle situazioni stori-

che e teologiche, che hanno portato ad una de-finizione sempre più chiara della propria identità confessionale. Solo al termine del percorso si forma il quadro completo.

Tutto comincia in Inghilterra nel corso del XVI secolo: Enrico VIII, per sciogliere il suo ma-trimonio, litiga con il papa, si divide da Roma, istituisce la Chiesa anglicana e stabilisce che «Sua maestà il re è l’unico capo supremo della Chiesa d’Inghilterra». Il sovrano (re o regina) sul trono nominava arcivescovo e vescovi e decide-va teologia e liturgia della chiesa anglicana. Nel frattempo l’Inghilterra (via Scozia e Francia) era stata raggiunta dai calvinisti, che non condivide-vano affatto questa impostazione, né accetta-vano una partecipazione formale dei credenti: si adoperavano per una chiesa costituita da puri cristiani impegnati (da qui «puritani»). Que-sto gruppo era costituito da movimenti diversi, che non accettavano che il sovrano decidesse in materia di fede per tutti gli inglesi del regno. Molti si separarono dalla Chiesa d’Inghilterra, ri-vendicando la libertà religiosa e negando al re e allo Stato il potere di decidere su questioni interne alle loro chiese. Questo è il principio del separatismo, che ritroveremo anche nei futuri battisti.

Fra i puritani si svilupparono due linee ec-clesiologiche: da una parte la struttura naziona-le, dall’altra la centralità della singola comunità locale («congregation»). Da qui il congregazio-nalismo. Quest’ultima posizione, nel valorizzare l’autonomia e l’indipendenza, isolava le singole comunità l’una dall’altra. Per evitare questo pe-ricolo alcune chiese instaurarono collegamenti fraterni (Associazioni o Unioni territoriali di chie-se). Abbiamo un congregazionalismo rigoroso e uno «temperato»: due tesi ecclesiologiche pre-senti ancora oggi fra i battisti.

La domanda che aspettava ancora una ri-sposta era: come avere una comunità di cre-

denti rinnovati? Le risposte del tempo partivano dalla tesi della predestinazione. I santi erano i predestinati, gli eletti: una chiesa di soli eletti era, in quanto tale, una chiesa di santi. Questa tesi dava una grande fiducia di essere nelle ma-ni del Signore ed esigeva una grande responsa-bilità dai singoli. Ma non sempre questo si tradu-ceva in un rinnovamento della vita dei credenti. L’altra tesi prevedeva che gli effetti della croce di Cristo fossero rivolti a tutti gli uomini, e che il singolo dovesse partecipare alla sua salvez-za (arminianesimo). La prima tesi caratterizzò i battisti particolari, la seconda i battisti generali. Prese allora vigore la discussione sul battesi-mo, in quanto il «pedobattismo» non sembrava costituire la base per una chiesa di santi.

Il battesimo allora praticato era amministra-to ai bambini e per aspersione. Gli Anabattisti lo rifiutarono, esigendo una previa confessione di fede personale. Cominciarono a battezzare i credenti (adulti, quindi «ri-battezzare»), per af-fusione.

Fra continui sconvolgimenti storici ed elabo-razioni teologiche, gli anni 1596-1614 ci forni-scono i primi testi di quei gruppi (separatisti e proto-battisti) dai quali emergeranno i futuri bat-tisti (1596, The True Confession, separatista; 1609, Short Confession of faith in XX Articles, di J. Smyth; 1610, A Short Confession of Faith, di J. Smyth e altri 43; A Declaration of Faith of English People Remaining at Amsterdam, 1611, T. Helwys e il suo gruppo; 1612-14, Preposi-tions and Conclusions, la chiesa di J. Smyth). In questi gruppi si pratica ancora il battesimo per affusione dei credenti (adulti), e si afferma la distinzione tipica della Riforma fra chiesa univer-sale e chiesa locale e il loro rapporto. Questa linea ecclesiologica si ritrova nelle successive confessioni di fede battiste.

Dopo il 1614 ci sono testi confessionali di singoli gruppi o personalità, che non hanno as-sunto valenza più vasta. Ma nel 1644 viene pub-blicata la prima London Confession (da sette chiese battiste particolari di Londra, con alcuni separatisti del 1596). Queste chiese avevano

Page 15: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

15

mune confessione di fede cristiana? Potevano prendere parte alla Cena del Signore soltanto i battezzati da credenti, oppure anche gli altri credenti? Sembrano domande di oggi. Le rispo-ste furono elaborate nella Second London Con-fession, (1677, battisti particolari), basata sulla Westminster Confession (1646, presbiteriana), e parallela alla Savoy Declaration (1658, con-gregazionalista) e al The Oxford Creed, (1678, battisti generali). Su questa base i battisti furo-no ricompresi nell’«Atto di tolleranza» del 1689: il periodo del non-conformismo e dei «dissen-ters» è terminato; ora sono una chiesa libera riconosciuta dal Parlamento inglese. Le due confessioni del 1644 e del 1677 (che richiama le tesi calviniste e più volte rivista fino al 1809), costituiscono i documenti fondanti l’identità bat-tista.

P.S. Per chiarezza storica e lucidità teologi-ca segnalo l’articolo di Paolo Spanu, Il contribu-to dei battisti nella concezione della chiesa, GE, n. 66, dicembre 1980, pp. 5-8.

fatto chiarezza sul battesimo e definito la loro concezione: praticano il battesimo dei creden-ti, per immersione completa nell’acqua fin dal 1641, sulla base della confessione di fede. Il battesimo comporta l’incorporazione del cre-dente in Cristo, con la conseguente morte al peccato e il rinnovamento della vita. Così il cre-dente diventa membro della chiesa. Finalmente sono nati i battisti, che usano per la prima volta questo nome (per distinguersi dagli Anabattisti, con i quali venivano identificati, e dai battisti generali). Il risultato era una chiesa formata da santi, rinnovati sulla base di un impegno di fede personale. Questi battisti hanno collegato l’elezione divina con la risposta consapevole del singolo credente.

A questo punto si posero altre domande: do-vevano predicare soltanto i ministri laureati e or-dinati, o anche predicatori laici riconosciuti dalla Chiesa? Si dovevano accettare come membri di chiesa soltanto i battezzati da credenti, op-pure anche altri credenti sulla base della co-

Page 16: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

16

Il Ministero Musicale:

un servizio importante di Dario Monaco

Nella cornice del Festival Battista, ab-biamo incontrato il M° Carlo Lella, ministro per la musica delle chiese battiste, al quale abbiamo chiesto di

parlarci del lavoro e delle prospettive di questo importante servizio alle chiese locali. Comincia-mo subito con una domanda a bruciapelo: qual è il senso del Ministero Musicale?

«Il culto protestante, dalle sue origini ad oggi, si è sempre contraddistinto per l’uso del-la musica espressa, in maniera peculiare, nel rapporto con la comunità, che non è esclusa, ma pienamente partecipe. Anche se il Settore musica ha operato all’interno del Dipartimento di Evangelizzazione dal 2000, il Ministero Mu-sicale si concretizza nel 2013, come ricono-scimento della diaconia per la musica. In altri Paesi, il ministero per la musica fa parte inte-grante dei ministeri della chiesa locale, esso è riconosciuto come attività specifica offerta da un musicista vocato e formato. Molte persone sono giunte nelle nostre chiese attratte dalla buona musica, o perché hanno sentito un bel coro o una comunità cantare, e dunque possia-mo dire che lo Spirito di Dio si è servito di un/a musicista che dedica il suo dono al servizio del-la chiesa. Noi dobbiamo incoraggiare i talenti, sostenere i/le musicisti/e presenti nelle chiese, promuovere la loro formazione, spesso lunga e costosa, affinché essa diventi, insieme al talen-to e alla vocazione, un elemento qualificante del ministro per la musica».

— L’Unione battista in questo momento ha un ministro musicale a disposizione di tutte le chiese. Non sarebbe meglio un ministro per ogni chiesa?

«Sarebbe auspicabile arrivare al riconosci-mento che in una chiesa non c’è solo il pastore, ma che ci sono altri ministeri che concorrono alla vita e alla crescita di una comunità. Come la formazione è richiesta ai pastori, così deve avvenire per i ministri per la musica. La forma-zione è fondamentale perché la musica può anche dividere. Mi spiego meglio. Il ministro del-la musica deve conoscere i gusti musicali dei

membri della comunità nella quale opera, deve conoscere i diversi stili innologici, per rendere l’esperienza del culto più comunitaria possibile, deve essere cioè il ministro di tutti. Riconoscen-do che il percorso di formazione è necessario, il Ministero Musicale ha istituito nel 2007 la Scuo-la Asaf per animatori/trici musicali».

— Quale deve essere il compito di un mini-stro della musica nella propria chiesa?

«Un ministro della musica si occupa della conduzione musicale e liturgica dei culti, delle riunioni di preghiera e di eventi di evangelizza-zione a cura della chiesa locale; ricerca nuovi talenti nella chiesa dove opera, promuovendo ad esempio, la formazione di un gruppo musi-cale, di un coro; avvicina la comunità alle storie dei compositori e alla teologia dell’inno; cura i lavori di ricerca musicale ed innologica con pub-blicazioni di piccole raccolte ad uso locale. Il ministro della musica, infine, si assume la re-sponsabilità della formazione personale. Non deve mai pensare che gli basta lavorare nella sua comunità per formarsi. Il confronto con le differenti esperienze è vitale per la crescita per-sonale.

Dico a tutti gli allievi e allieve (e a me stes-so, allievo in continua formazione): se in vostra assenza, la comunità non riesce più a cantare, significa che non abbiamo lavorato bene. Certo, ogni singolo animatore/trice o ministro avrà le sue competenze, i suoi punti di forza e i suoi do-ni personali, ma l’unicità non deve scoraggiare la crescita dell’altro/a».

— C’è quindi un’armonica evoluzione che dall’animatore musicale tende verso il ministro della musica?

«Occorre ancora molta formazione per indi-viduare il percorso più adatto a chiarire le com-petenze specifiche del ministro della musica. Di-ciamo che il confine tra, quello che chiamo l’ani-matore d’intrattenimento e l’animatore liturgico, non è ancora ben distinto, per cui assistiamo a volte ad animazioni d’intrattenimento piuttosto che di chiamata alla missione. Tuttavia, sono fiducioso che potremo avvicinarci sempre più

Page 17: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

17

presenza battista in Italia, il materiale musicale cantato nelle chiese battiste dell’Ucebi; indican-do delle proposte per il rinnovamento e l’am-pliamento del repertorio musicale delle chiese evangeliche; infine, proponendo un repertorio che è frutto della sensibilità e delle diverse tra-dizioni che animano i culti e la testimonianza nelle chiese».

— In conclusione, quali sono i sogni e gli obiettivi futuri?

«Il Ministero musicale è impegnato nella direzione della Nuova Scuola Asaf. Inoltre, sic-come lavorare in solitudine non è né bello né proficuo, ho costituito un gruppo di lavoro che possa sostenermi nelle attività che sono in pro-gramma: seminari quadriennali per la direzione di coro, per la creazione di gruppi musicali, per la musica rivolta ai bambini e alle bambine, ol-tre alla formazione degli animatori e animatrici musicali.

Viaggio molto per visitare le chiese sparse in tutta Italia e, nonostante il difficile momento storico che stiamo vivendo, incontro tanti fratelli e sorelle che sono desiderosi di camminare, di crescere, di testimoniare l’Evangelo con gioia, anche attraverso la musica e il canto. Sono cer-to che se ci affideremo fiduciosi nelle mani di Dio, Egli ci sosterrà e nelle nostre piccole e, a volte fragili comunità, vedremo i frutti delle sue benedizioni».

alla definizione corretta del ministero musicale. La Scuola Asaf, la Nuova Scuola Asaf (Scuola di formazione per animatori ed animatrici per la missione, la predicazione, la musica e l’intercul-tura), i seminari sulla direzione di coro, i semina-ri sulla formazione di gruppi musicali, i seminari sulla musica per l’infanzia, vogliono appunto sviluppare sempre più una coscienza professio-nale e missionaria di questo ministero».

— Come rispondere, quindi, a chi chiede “a cosa serve il ministro della musica”?

«Credo che quanto fin qui esposto chiarisca meglio gli ambiti e l’importanza del ministro della musica. Oggi, poi, nelle nostre chiese, nei convegni, nelle assemblee, nei concerti di evangelizzazione, il ruolo della musica è molto chiaro. Inviterei chi ha fatto la domanda a met-tersi in viaggio con me per conoscere le sorelle e i fratelli che, tra mille difficoltà, si incontrano per cantare insieme, per osservare - ad esem-pio - cosa accade dopo un concerto di evange-lizzazione o dopo un culto dove persone delle diverse generazioni, cantando alla gloria di Dio, sperimentano la gioia della fede e riscoprono la chiamata alla missione».

— L’innario «Celebriamo il Risorto», edito dalla Claudiana, è parte di questo lavoro?

«Certo. Il Ministero Musicale ha lavorato alla realizzazione di un nuovo innario raccogliendo, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni di

Page 18: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

18

Il battismo in Italia e la diffusione mondiale

di Massimo Rubboli

Negli ultimi due decenni del XVIII seco-lo, si diffuse nel mondo protestante un nuovo spirito missionario, le cui radici risalivano all’appello alla preghiera per

l’estensione del regno di Dio a tutto il mondo che - in paesi e tempi diversi - era stato rivol-to da alcuni importanti esponenti del Risveglio, come Philip Doddridge (1702-1751) in Inghilter-ra e Scozia, e Jonathan Edwards nelle colonie americane. Questo appello venne raccolto da battisti «particolari» in alcune contee inglesi e nell’autunno del 1792 l’associazione delle chiese battiste del Northamptonshire decise di costituire la Particular Baptist Society for the Propagation of the Gospel, poi Baptist Missiona-ry Society (BMS), la prima società missionaria inglese su base volontaria, che nel 1792 inviò William Carey, un ex calzolaio, in India. Lo spirito di Carey infuse una nuova visione e un senso nuovo di appartenenza a molte chiese battiste, sia in Europa sia in America, che si mobilitarono per sostenere iniziative missionarie. Lo spirito missionario portò anche maggiore unità e coo-perazione tra le chiese.

Nonostante l’opposizione di molte chiese ad ogni forma amministrativa centralizzata e, con-seguentemente, a opera missionaria che non fossero direttamente controllate dalla chiesa lo-cale, si formarono altre organizzazioni, come la Baptist General Tract Society, creata nel 1824 per fornire materiale di sostegno ai missiona-ri, e l’American Baptist Home Mission Society (HMS), formata nel 1832 per coordinare l’attivi-tà di evangelizzazione negli Stati Uniti.

La testimonianza battista in Asia, che oggi supera i quattro milioni di credenti, iniziò con l’arrivo in India di William Carey e John Thomas e continuò con missionari britannici e americani in Cina, Giappone e Tailandia. Quando i missionari furono espulsi dalla Cina, in seguito alla creazio-ne della Repubblica popolare nel 1949, conti-nuarono la loro opera a Singapore, Hong Kong, Taiwan e in Indonesia. Durante la rivoluzione culturale, tutte le chiese cristiane furono chiuse, ma il cristianesimo sopravvisse in molte chiese

clandestine. Nel 1979, ebbe inizio una nuova era di parziale tolleranza religiosa: le chiese po-terono riaprire ma sotto controllo governativo e senza divisioni denominazionali.

Missionari americani fondarono la pri-ma chiesa battista in Giappone nel 1873, a Yokohama. Oggi si contano più di 50.000 battisti giapponesi, divisi in diversi gruppi di chiese. L’opera battista ha conosciuto uno svi-luppo molto maggiore in Corea, dove ha supera-to i 700.000 membri; un pastore coreano, Billy Kim, è stato presidente della BWA dal 2000 al 2005.

Altri missionari americani arrivarono nelle Filippine nel 1900, dopo l’acquisizione dell’arci-pelago da parte degli Stati Uniti. Qui, le chiese battiste hanno oggi oltre 350.000 membri.

In Africa, invece, il Battismo non iniziò per un intervento missionario bensì tramite ex schiavi che fecero ritorno in Sierra Leone (1792) e in Liberia (1822). Durante la guerra civile ameri-cana (1861-65), la maggior parte dei missiona-ri tornò in patria lasciando la conduzione delle chiese battiste africane ai leader locali; dopo la fine della guerra, il ritorno dei missionari pro-vocò non pochi problemi perché la leadership locale si era ormai consolidata.

L’inizio del movimento battista in America del Sud risale al 1818, quando il missionario scozzese Diego (James) Thompson, agente della British and Foreign Bible Society (BFBS), iniziò a distribuire Bibbie in Argentina, Cile, Pe-rù, Ecuador e Colombia, promuovendo anche il sistema di lettura creato dal pedagogista quac-chero Joseph Lancaster, fondato sulla memo-rizzazione della Bibbia come testo, che godeva di un certo successo in Inghilterra. Nel 1825, Thompson creò in Colombia la prima Società Biblica dell’America Latina. Oggi, si contano più di 8.000 chiese locali con oltre un milione di membri, di cui circa l’80% in Brasile, dove dal 1907 esiste una Convenção Batista Brasileira (CBB) alla quale dal 1958 si affianca una Con-venção Batista Nacional (CBN), di orientamento carismatico.

Page 19: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

19

per tutti, che siano cristiani, ebrei, musulmani o altro». Nel 1884, alla morte di Oncken, l’Unione contava 165 chiese con oltre 30.000 membri in più di una dozzina di paesi europei.

A partire dalla metà dell’Ottocento, il Battismo si diffuse anche in Russia, in parti-colare nell’Ucraina meridionale, nel Caucaso set-tentrionale e nella Transcaucasia tramite l’opera di evangelizzazione di battisti tedeschi. Un con-tributo significativo fu dato da Lord Radstock, un nobile inglese influenzato dalle idee dei Fra-telli di Plymouth, che nel 1874 visitò San Pietro-burgo, allora capitale dell’impero russo, e diede vita ad un movimento di cristiani evangelici che nel 1944, per pressioni politiche, si unì all’Unio-ne battista russa. In quanto dissidenti religiosi, i battisti furono perseguitati dallo Stato e dalla Chiesa fino alla promulgazione del Manifesto di tolleranza del 1905, dopo il quale godettero di una relativa libertà e poterono aprire un luogo di culto anche nella capitale, chiamato Casa del Vangelo (Dom Evangeliya). Nel 1912, nell’impe-ro russo vivevano circa 115.000 battisti che, secondo alcune fonti, diventarono mezzo milio-ne alla fine degli anni Venti, grazie alla maggiore libertà di cui beneficiarono dopo la rivoluzione del 1917. Questo notevole sviluppo si arrestò con l’avvento del regime stalinista, durante il quale i battisti furono perseguitati e molti dei loro leader condannati a morte o deportati in Siberia. Nella seconda metà degli anni Ottanta, sotto Gorbačëv, fu concessa maggiore libertà religiosa e infine, nel 1992, si costituì la Fede-razione euro-asiatica delle Unioni dei cristiani evangelici battisti, che riunì dieci unioni battiste dell’ex Unione Sovietica.

Gli inizi della diffusione del Battismo nell’Europa continentale risalgono al 22 aprile 1834, quando Barnas Sears (1802-80), un pastore battista americano che si trovava a Halle per motivi di studio, battezzò un gruppo di sette credenti ad Amburgo, nel fiume Elba. Del gruppo faceva parte Johann Gerhard On-cken (1800-84), che aveva trascorso diversi anni in Gran Bretagna, dove era entrato in con-tatto con i presbiteriani scozzesi e con chiese indipendenti in Inghilterra; tornato in Germania come agente di una società britannica per la distribuzione della Bibbia e di altra letteratura cristiana nell’Europa continentale, aveva svolto un’intensa opera di evangelizzazione tra i mari-nai. L’attività di Oncken in diverse parti d’Europa portò nel 1849 alla costituzione dell’Unione del-le chiese associate di cristiani battisti in Germa-nia e Danimarca. In Danimarca, la persecuzione nei confronti dei battisti da parte delle autorità statali e religiose (ad es., i loro figli venivano battezzati nella Chiesa luterana) terminò con la costituzione del 1849, che concedeva una par-ziale libertà religiosa (per cui la Chiesa luterana perse lo status di chiesa di stato e divenne la Danske Folkekirke), anche se la Chiesa battista fu l’ultima ad essere riconosciuta ufficialmente (1952). Nelle regioni tedesche, i battisti furono discriminati per diversi anni; nel 1848, poco dopo la pubblicazione del Manifesto di Marx e Engels, un collaboratore di Oncken, Julius Köb-ner (1806-84) pubblicò il suo manifesto per una piena libertà religiosa, nel quale scriveva: «Non rivendichiamo soltanto la nostra libertà religio-sa, ma la chiediamo per tutti coloro che abitano la nostra patria. La chiediamo in ugual misura

Page 20: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

20

La presenza nel nostro paese dagli inizi ai giorni nostri

di Emmanuele Paschetto

A. L’inizio della presenza battista nel nostro paese

Nel 1863 due pastori battisti inglesi, Ja-mes Wall e Edward Clarke, fecero un giro nel nostro paese per esaminare la possibilità di intraprendervi un’ope-

ra missionaria. Nello stesso anno il Wall si stabilì a Bologna, mentre il Clarke iniziava nel 1866 un lavoro a La Spezia, dando vita alla “Spezia Mission for Italy” e fondando la prima chiesa battista sul nostro paese, tuttora esistente.

Nel 1870, dopo la presa di Roma, la Sou-thern Baptist Convention (SBC), del sud degli Stati Uniti, stabiliva nella nuova capitale una ba-se di evangelizzazione con un suo missionario, sostituito nel 1873 dal pastore George B.Taylor. Sempre nel 1870 la Baptist Missionary Society (BMS), inglese, nominava Wall suo agente per l’Italia.

Queste due missioni crearono nel 1884 l’Unione Cristiana Apostolica Battista (UCAB), che raccoglieva le comunità del ramo inglese e americano, con circa 800 membri battezza-ti, sparsi in una ventina di località e 25 pastori ed evangelisti. Nello stesso anno fu fondato un mensile “Il Testimonio” che sarà l’organo dei bat-tisti italiani fino al 1992, quando venne sostitui-to dal settimanale “Riforma”, comune a valdesi, battisti e metodisti.

La “Spezia Mission” non entrò in questa Unione, pur conservando con essa buoni rap-porti, e proseguì la sua opera con un gruppo li-mitato di comunità, agendo particolarmente nel settore dell’assistenza all’infanzia abbandonata e dell’istruzione.

Nel 1900 l’UCAB contava circa 2000 mem-bri battezzati, con una quarantina di pastori, evangelisti e missionari e oltre 40 località dove si tenevano regolarmente i culti. Nel periodo che precedette la prima guerra mondiale vi fu un notevole sforzo per allargare la presenza battista in Italia e inserirsi nel contesto socio-culturale del nostro paese: furono seguiti con molto interesse le vicende del movimento ope-raio e i tentativi del “modernismo” di rinnovare

la Chiesa cattolica. Nel 1901 si aprì a Roma la Scuola Teologica Battista, nel 1907 si diede vita al “Seminatore”, un periodico di evangelizzazio-ne tuttora esistente. Poco dopo venne fondata una rivista di cultura religiosa, “Bilychnis”, che per oltre un ventennio fu un punto di riferimento per gli studi teologici e storico-religiosi in Italia e in Europa.

B. La Missione battista americana Alla vigilia della prima guerra mondiale, i

battisti in Italia erano 2200, con 64 pastori a cui si aggiungevano circa 400 membri della Missione della Spezia. Dopo la guerra, che vide diminuire massicciamente l’aiuto delle missio-ni, la B.M.S. lasciò l’Italia e passò proprietà, co-munità e dipendenti alla Missione americana. Nel 1923 nacque così l’Opera Cristiana Evan-gelica Battista d’Italia, con 51 chiese e 2240 membri.

Durante il regime fascista vi furono restrizio-ni e vessazioni che portarono – fra l’altro - alla chiusura di alcuni locali di culto, delle riviste Bily-chnis e Conscientia e delle scuole elementari della Missione della Spezia. La crisi economica degli anni Trenta e la seconda guerra mondiale ridussero drasticamente l’aiuto americano, fino ad annullarlo e le difficoltà contribuirono ad arre-stare il progresso del battismo italiano.

La ripresa del dopoguerra permise la ri-apertura per un certo tempo a Rivoli, presso Torino, dell’Istituto Teologico Battista che era stato chiuso dopo la crisi degli anni Trenta. L’O-pera, si trasformò nel 1956 in Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (UCEBI), acquisendo maggior autonomia rispetto alla Missione bat-tista americana, autonomia che divenne totale nel 1978.

Fin verso il 1960 il numero dei membri creb-be, giungendo ad oltre 5000. Nel 1966 la Mis-sione della Spezia che dal 1953 aveva preso il nome di Associazione Missionaria Evangelica Italiana confluiva nell’UCEBI.

Le relazioni fra gli evangelici storici si erano rafforzate dopo la guerra. Nel 1946 fu creato il Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche

Page 21: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

21

C. Gli ultimi venti anniNel 1992 la S.B.C. cedette le proprietà

che possedeva in Italia e le attività che gestiva all’Unione Battista e questa firmava nel 1993 le intese con la Repubblica Italiana, in attuazione dell’art. 8, della Costituzione.

Negli ultimi anni una grave crisi finanziaria ha causato la dismissione alquanto frettolosa di diverse proprietà di valore. Attualmente la situa-zione economica sembra essersi stabilizzata, ma le chiese non godono di una particolare pro-sperità dal punto di vista spirituale.

La grande novità dell’ultimo decennio è costi-tuita dall’entrata nell’UCEBI di oltre quaranta co-munità di stranieri, con circa 2400 membri, men-tre le chiese e i gruppi italiani sono attualmente poco meno di novanta, con 3600 membri. Fanno parte dell’Unione Battista quindi circa 130 chiese e gruppi, con 6.000 credenti battezzati e una po-polazione di oltre 10.000 persone. Alcune miglia-ia sono i credenti raccolti da altre organizzazioni più piccole che si richiamano ai principi battisti.

Contemporaneamente si è sentita l’esigenza di rinnovare la liturgia e il canto: è stata creata la Scuola Asaf per preparare persone desidero-se di impegnarsi in questo settore, è nata una corale battista nazionale ed è stato pubblicato un innario che raccoglie oltre 300 canti nuovi, provenienti da tutto il mondo.

e nel 1967 nacque la Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane (FCEI) con valdesi, metodi-sti, battisti, luterani, Esercito della Salvezza.

I Giovani battisti, metodisti e valdesi, fonda-rono nel 1969 la Federazione Giovanile Evan-gelica Italiana (FGEI). Nel 1976 nasceva la FDEI (Federazione Donne Evangeliche Italiane) ad opera delle Unioni Femminili valdesi, battiste e metodiste, che in seguito si allargava alle don-ne luterane, avventiste, salutiste e riformate del Canton Ticino.

I movimenti politico-sociali degli anni ses-santa-settanta ebbero un forte impatto sulle chiese battiste italiane che cominciarono a perdere membri: a centinaia i giovani lascia-rono le chiese, che giudicavano conservatri-ci ed incapaci di accogliere le istanze di una società in radicale cambiamento. Negli anni ottanta si procedette ad una riorganizzazione del battismo italiano mediante il rinnovamen-to di un patto e l’attuazione di un “Piano di cooperazione” tra le chiese per sostenere la testimonianza comune: questo processo si concluse nel 1990 con l’approvazione di una Confessione di Fede da parte dell’Assemblea Generale.

Nel 1982 fu introdotto il pastorato femminile e nel 2004 Anna Maffei fu la prima donna eletta presidente dell’UCEBI.

Page 22: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

22

Oltre Marta e Maria le donne nelle chiese battiste

di Cristina Arcidiacono

Nelle chiese battiste, come del resto nelle altre chiese evangeliche, tante Marta e tante Maria si affaticano e scelgono ogni giorno la parte buona,

rendendo le chiese luoghi di accoglienza e co-munione e di annuncio dell’evangelo. Spesso fanno entrambe le cose, che siano pastore, an-ziane, diacone, o che non rivestano ufficialmen-te alcun ruolo istituzionale.

Prima ancora di parlare del pastorato fem-minile è doveroso sottolineare il peso leggero e dinamico delle donne nelle chiese, che, nella storia nel battismo italiano si coniuga con l’e-sigenza dell’istruzione e della dignità sociale. La mostra storico-documentaria «I battisti e l’Italia» fa iniziare l’attività delle donne dall’i-naugurazione, nell’ottobre del 1912, dell’or-fanotrofio femminile di Migliarina a La Spezia, dove vennero ospitate ragazze rimaste orfane a seguito del terremoto che colpì San Bene-detto dei Marsi nel 1915. Il binomio chiesa e scuola, caro alla Riforma, identificò anche le chiese battiste: basti pensare, oltre a La Spe-zia, all’Asilo infantile di Altamura, alla Scuola Elementare Evangelica di Messina, fondata do-po il terremoto del 1908 da Sandrina Melodia (il cognome è del marito pastore) e dalla pro-fessoressa Alessandrina M. Riccelli.

A partire dagli anni ‘30 del 1900, più di un secolo dopo la prima donna «ministra», accetta-ta negli Stati Uniti dai Quaccheri, Lucrezia Mott, il dibattito sul ruolo delle donne nelle chiese bat-tiste fu sempre più intenso. Fu Susy Whittinghill, statunitense, giunta in Italia con la sua famiglia di missionari a denunciare la posizione subalter-na delle donne nelle chiese e a incoraggiare una presa di coscienza delle donne in vista «dell’in-cremento della conoscenza del lavoro dell’ope-ra missionaria in tutto il mondo, lo sviluppo della vita spirituale per mezzo della preghiera e del-lo studio della Bibbia, ravvivamento dei culti e della vita della chiesa, contribuzioni per aiutare l’opera missionaria in Italia, visite agli ammalati e ai poveri». Nel 1933 si tenne a Roma, nella chiesa di Piazza San Lorenzo in Lucina, il primo

convegno delle donne battiste italiane. Da allo-ra molta strada è stata fatta, soprattutto dalle donne. Nel 1947 a Firenze si svolse un’assem-blea delle Unioni Femminili Missionarie Battiste d’Italia, che vide la partecipazione di 150 donne provenienti da 28 città. In quella occasione fu eletta presidente nazionale la sorella Gina Bassi (cfr. mostra «I battisti e L’Italia», p. 27). Il nume-ro speciale della rivista «Il Seminatore», a cura del Dipartimento di Evangelizzazione, dedicato ai 150 anni di presenza battista in Italia, offre i profili di due delle protagoniste del Movimento femminile: Virginia Wingo, già segretaria dell’U-nione Femminile Battista della Lousiana, direttri-ce della Scuola Biblica Femminile «Istituto Be-tania» di Roma, frequentata da tante ragazze, soprattutto del Sud Italia, alcune delle quali si dedicarono poi al lavoro missionario in Sarde-gna e nella penisola; Elena Girolami, presiden-te del Mfeb dal 1967, che visse l’esigenza di cambiamento del ruolo delle donne nelle chiese impegnandosi a livello sociale per la dignità del-le persone più ai margini, bambini e bambine soprattutto, e predicando la parola dell’Evange-lo «per suscitare nelle persone la speranza e il coraggio di ricostruire la vita». Assieme a tante sorelle e fratelli Elena ha contribuito al sorgere del Centro Battista di Rocca di Papa, gestito dal Movimento Femminile, centro che negli anni ha avuto come attività principale la formazione di bambine e bambini e delle donne.

Un prossimo numero de Il Seminatore sarà dedicato al pastorato femminile: 12 interviste, a cura di Piera Egidi Bouchard, a 12 pastore, consegnano quello che la teologa Elizabeth Gre-en, nella sua introduzione, chiama un «bouquet di fiori di colori, forme, profumi diversi». Dodici pastore in servizio, alle quali se ne aggiungeran-no altre, fa subito andare la mente al numero dei discepoli, di quei Dodici, in nome dei quali, tutti maschi, spesso si è precluso il pastorato alle donne. Che di donne le prime chiese sono piene: donne che profetizzano, che predicano, che ospitano, che servono a tavola, che man-tengono la comunità con i propri beni, che cre-

Page 23: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

23

dopo un intenso dibattito, l’Assemblea generale Ucebi del 1982 portò a un pronunciamento po-sitivo sul pastorato femminile.

Oggi essere una pastora non vuol dire es-sere «semplicemente» un pastore donna, ma rischiare la complessità del proprio ruolo e della propria esistenza, crescere con la chiesa in mo-do da riconoscere e valorizzare i doni di tutti e tutte. Tante sono ancora le domande: una teolo-ga una volta mi ha chiesto se le chiese evange-liche non si fossero aperte al pastorato femmi-nile solo quando il pastorato non rappresentava più uno status desiderabile dagli uomini in ter-mini di potere. La questione del potere richiama anche il nodo dei conflitti tra donne, che non ci piacciono ma ci sono, conflitti che spesso non vengono esplicitati e Marta e Maria si ritrovano come sorelle separate e subordinate l’una all’al-tra. Il cammino per le donne e gli uomini nelle chiese è ancora lungo.

ano problemi, che litigano. Come i loro fratelli, mariti, padri, figli, amici, riferimenti autorevoli della predicazione della Grazia per la quale il ge-nere è irrilevante, testimoni di Dio che in Cristo fa nuova ogni cosa e ogni creatura, che è tutto in tutti e in tutte.

La centralità ritrovata dalla Riforma sul Sola Gratia, sul dono puramente gratuito della sal-vezza di Dio, che non ammette «corsie prefe-renziali», e il sacerdozio universale, che abbat-te il muro di separazione tra sacro e profano, rendendo «sacra» l’ordinarietà della vocazione di ciascuna e ciascuno, non ha impedito alle chiese di essere «del mondo» e di fare fatica a riformarsi seguendo l’evangelo.

La storia delle pastore battiste si intreccia con quella delle pastore metodiste e valde-si, consacrate in Italia a partire dal 1967. Nel 1976 la missionaria Marylou Moore fu incari-cata di svolgere un ministero di «coadiutorato pastorale» nelle comunità di Gravina di Puglia;

Page 24: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

24

Una chiesa in cammino per la libertà di coscienza

di Massimo Rubboli

Uno dei tratti distintivi non solo del bat-tismo originario ma di tutta la storia battista è senza dubbio l’accentuazio-ne del concetto di libertà, sul quale si

è fondata una lunga tradizione di rivendicazione della libertà di coscienza. La libertà del singolo credente è stata fin dall’inizio «the Baptist way», il modo d’essere tipico dei battisti, e rimane nor-mativa per tutti i veri battisti.

John Smyth e Thomas Helwys sono di soli-to indicati come i primi sostenitori degli ideali battisti di libertà religiosa, separazione tra stato e chiesa e libertà di coscienza, e come i primi difensori del diritto di tutti di esercitare una libe-ra scelta nel campo religioso, sulla base di una comprensione teologica della persona umana creata ad immagine di Dio e quindi dotata di capacità di scelta. Tuttavia, un esame dei loro scritti, considerati nel contesto culturale degli inizi del XVII secolo, rivela una significativa dif-ferenza tra il loro modo di pensare e quello mo-derno e lo sforzo di ricollegarsi alle origini della storia battista per mantenere viva l’eredità del battismo storico non può ignorare le complessi-tà e diversità di questa eredità. Per secoli l’idea di libertà è stata un elemento costitutivo delle varie tradizioni battiste ma il suo significato è cambiato.

Infatti, in Smyth e Helwys la difesa della liber-tà religiosa, cioè libertà da una religione impo-sta e libertà di scelta religiosa, non si fondava sull’idea dei diritti umani, perché questa idea si diffuse soltanto più tardi, con la pubblicazio-ne della Lettera sulla tolleranza di John Locke (1689). Smyth e Helwys vissero in un tempo in cui «libertà di coscienza» implicava un dovere religioso, non un diritto naturale, e il loro pen-siero risentiva di una lunga tradizione che risa-liva ad Agostino, per il quale la coscienza non era un’innata sensibilità morale personale o una consapevolezza etica bensì il mezzo con il qua-le la legge eterna o naturale, alla quale tutti gli uomini devono obbedienza in ogni circostanza, esercita il suo controllo sulla condotta dell’indi-viduo. Nell’Inghilterra degli inizi del Seicento, la

coscienza non riguardava la libertà di scelta in-dividuale ma piuttosto una questione di giudizio e responsabilità: la coscienza era uno strumen-to per discernere la volontà di Dio, non per giu-stificare le proprie idee. È in questo contesto, del quale non facevano parte le nozioni moder-ne di diritti umani naturali o di libertà individuale, che Smyth e Helwys elaborarono il loro pensiero nei riguardi della libertà e della separazione tra stato e chiesa.

Smyth pensava di non avere scelto o sco-perto la verità con l’esercizio delle sue facoltà razionali ma di essere stato guidato da Dio, per mezzo della coscienza, a raggiungere la verità. Nel suo ultimo libro (c. 1612), Smyth identifica Dio come «il signore che è il mio Giudice nella mia coscienza», verso il quale egli era respon-sabile per le sue parole e le sue azioni.

Ciò che precludeva l’intrusione dei magistra-ti nelle questioni religiose non era una presunta autonomia della coscienza o una rivendicazione della libertà individuale ma la signoria di Cristo sulla coscienza. L’esercizio della coscienza do-veva essere libero dal controllo umano, perché la coscienza apparteneva esclusivamente a Dio.

L’affermazione della libertà religiosa non si fondava sui diritti umani o su un generico princi-pio di tolleranza bensì sull’unicità e priorità del Vangelo di Cristo che non poteva essere sotto-posto a nessuna legge umana.

Per le prime generazioni di battisti inglesi, la libertà era un dono di Dio, resa possibile dal sacrificio di Cristo sulla croce e dalla sua resur-rezione, e la coscienza non era autonoma ma poteva essere esercitata soltanto sotto l’autori-tà di Dio, rivelata nella Scrittura.

Questa posizione di Smyth, Helwys e dei primi battisti fu in seguito modificata facendo sempre più riferimento a teorie filosofiche e poli-tiche per costruire una teologia della libertà fon-data tanto sulle concezioni illuministe dei diritti naturali e delle libertà individuali quanto sull’ori-ginaria teologia battista. Questo percorso, che portò ad una riformulazione della posizione dei primi battisti e divenne un elemento centrale

Page 25: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

25

potere politico».Tenendo conto di questo principio, ogni cre-

dente rispetta il diritto delle opinioni diverse e, quindi, la difesa della libertà religiosa nell’ambi-to sociale e politico.

1. V. Edgar Y. Mullins, The Axioms of Reli-gion: A New Interpretation of the Baptist Faith, 1908.

dell’identità battista, poté dirsi concluso con l’af-fermazione dei «diritti assiomatici» dell’individuo nel campo della religione. 1

Il principio della libertà religiosa, considerata come la più preziosa di tutte le libertà, caratte-rizzò la teologia e la prassi delle chiese batti-ste, prima in Europa e poi in America del Nord. Furono infatti i battisti, insieme ai quaccheri, ad introdurre il principio della libertà religiosa nelle colonie americane, i primi nel Rhode Island (con Roger Williams), i secondi in Pennsylvania (con William Penn).

Williams stabilì che tutti avrebbero dovuto godere della «libertà dell’anima» e questa po-sizione lo portò a scontrarsi con le autorità pu-ritane della Nuova Inghilterra. Pur essendo egli stesso un puritano, Williams non condivideva le conseguenze politiche di alcune dottrine; in par-ticolare, era contrario all’assegnazione di auto-rità religiosa ai magistrati civili ed era convinto che «Dio non richiede che un’uniformità di reli-gione venga decretata e imposta in ogni stato civile», perché non è necessaria per il benesse-re né della chiesa né della società civile. Una po-litica di uniformità religiosa, sosteneva Williams, richiede la persecuzione dei dissenzienti, cosa che alla chiesa fa più male dell’esistenza di una diversità religiosa, perché la persecuzione «con-traddice direttamente lo spirito, la mente e la pratica del Principe di Pace»; inoltre, l’intolleran-za e la persecuzione sono dannose anche per «la pace e il benessere di tutti i regni e paesi».

In America, la libertà religiosa fu una conqui-sta graduale ma inevitabile. I battisti della Virgi-nia contribuirono a fare adottare dall’assemblea legislativa del loro stato uno Statuto per la liber-tà religiosa, presentato da Thomas Jefferson e difeso da James Madison, che servì da modello per il I emendamento della Costituzione federale (approvato dal Congresso nel 1789 e ratifica-to nel 1791), che garantiva ai cittadini la libera espressione della propria fede religiosa e proi-biva il riconoscimento di una chiesa particolare da parte dello Stato. Come commentò il battista John Leland, «Ogni uomo deve rendere conto di sé a Dio, e perciò ogni uomo deve essere libero di servire Dio nel modo più consono alla sua coscienza» (The Rights of Conscience Inaliena-ble, 1791). Il riconoscimento del principio della separazione tra sfera religiosa e sfera politica e della libertà di coscienza rappresentavano la conclusione della lunga lotta iniziata dai battisti inglesi quasi due secoli prima.

Come ha affermato il teologo battista Walter Shurden, la difesa della libertà di scelta dell’in-dividuo è anche il presupposto «del diritto ina-lienabile e della responsabilità di ogni persona di rapportarsi a Dio senza l’imposizione di un credo, l’interferenza del clero o l’intervento del

Page 26: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

26

Uniti per evangelizzare

plurali in ecclesiologiadi Raffaele Volpe

È ormai nota ed è stata già citata più vol-te quella parte della lettera che James Wall scrive a Natale del 1863, da Bolo-gna, e che viene pubblicata dal giornale

Freeman, con lo scopo di trovare i finanziamenti per l’inizio del lavoro missionario in Italia. «Credo che se questa Missione si svilupperà interamente non settaria, ma semplicemente evangelistica… essa sarà una benedizione perenne per l’Italia».

Wall, il primo missionario inglese battista ad arrivare in Italia, ragiona da vero missionario: quando si annuncia l’evangelo, non bisogna pre-dicare i diversi modelli ecclesiologici. Tanto si sa che finché ci saranno anche due soli cristiani sulla faccia della terra, vi saranno almeno due diversi modelli di chiesa. E se questi due cristiani sono battisti, i modelli non saranno meno di tre!

Wall è convinto che bisogna essere uniti se si vuole predicare l’evangelo agli italiani. Per evangelizzare è necessaria l’unione degli evan-gelici. I missionari stranieri non debbono porta-re i loro modelli nazionali di chiesa, ma, assieme agli italiani, devono puntare alla ricerca di una via italiana dell’evangelismo.

Lo stesso atteggiamento si riscontra nell’al-

tro missionario inglese, Edward Clarke, che ini-zia la sua attività missionaria a La Spezia nel 1866: «Com’è vero che la chiamata macedone venne a Paolo, … così arrivò la mia imperio-sa chiamata ad essere un missionario in Italia. In essa milioni di persone erano immerse nelle ombre fredde e profonde della morte… e non conoscevano il brivido di gioia che penetra l’ani-ma… con la fede del Salvatore».

Clarke, come Wall, antepone ad ogni altro interesse la causa prima: evangelizzare gli ita-liani. Ma qual era, invece, l’atteggiamento dei missionari battisti americani che arrivarono in Italia nel 1870, poco dopo l’occupazione di Ro-ma da parte delle truppe del generale Cadorna?

J. B. Taylor affronta la questione in un suo articolo su Il Testimonio dell’1 gennaio 1885: «Dovunque lo spirito di unione e di amore regna, gli uomini sono convertiti», e aggiunge subito dopo che tale unione non significa una «unione meramente esterna, meccanica». Taylor non di-sdegna il pluralismo confessionale, soprattutto a motivo della divisione intorno al battesimo dei credenti e il battesimo degli infanti, e purtuttavia insiste: «… fino a che noi vediamo occhio ad

Page 27: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

27

tisti abbiano dato un contributo essenziale nel definire la democrazia come forza fondamen-tale della religione. Lo spazio religioso, spesso abitato dalle opacità dei poteri autoritari, viene conquistato dal principio democratico secondo il quale il pluralismo è insuperabile ed è governa-bile soltanto attraverso regole condivise. Sono convinto che in Italia questo principio sia alquan-to straniero e non soltanto nei due ambiti in cui è divisa l’Italia: il cattolicesimo e il laicismo. Credo che lo sia anche nella cultura protestante.

La proposta federativa ottocentesca, che trova poi espressione nella Federazione delle chiese evangeliche in Italia nel 1967, è tuttora una formula efficace per pensare all’unità e alla comune collaborazione. Formula che però va sempre nuovamente sottoposta al vaglio della riforma. E qui pongo una domanda: è possibile, nel prossimo futuro, immaginare una confedera-zione di federazioni, visto che accanto alla Fcei vi è una altrettanto rappresentativa Federazione delle chiese pentecostali?

L’ultimo punto riguarda la soul compe-tency (competenza dell’anima), formula coniata dal teologo battista E. Y. Mullins e che a me pia-cerebbe tradurre come la competenza di ogni singolo credente. Principio sacro per i battisti, per il quale hanno spesso pagato l’alto prezzo della persecuzione. Ogni credente è competen-te nel suo rapporto con Dio.

Questa competenza non deve coprire una moltitudine di ignoranza, ma deve sapere strin-gere l’alleanza con un cammino di formazione di ogni singolo credente, che potremmo definire una soul formation (formazione dell’anima), do-ve l’io auto centrato e monarca è sopraffatto da una soggettività democratica e pluralista che sa fare spazio già nella propria anima ad una mol-teplicità di voci.

occhio, faccia a faccia sopra le questioni che ci dividono, comportiamoci ed emuliamoci a vicenda nell’amore e nella santa attività». Ed an-cora: «… fino a tanto che esistono le Denomina-zioni, è una consolazione che mentre causano qualche male, esse, nella Provvidenza di Dio, hanno fatto altresì molto vero bene».

Credo che sulle spalle di questi tre nostri ge-nitori nella fede, possiamo intravedere il percor-so già tracciato e quello soltanto abbozzato della «ecumenicità» battista. Un percorso con molte tappe, almeno tre delle quali vorrei evidenziare.

Desidero riprendere la parola che sta tanto a cuore a Wall: evangelizzazione. Parola che si ritrova nei documenti dell’Assemblee/Sinodi dei primi incontri tra battisti, metodisti e valdesi negli anni 1990 e 1995. Il lettore mi perdonerà una ulteriore citazione: questo è quanto si legge nel documento finale del ‘90: «L’Assemblea e il Sinodo nella loro sessione congiunta, in vista di un’evangelizzazione comune che esprima l’a-zione profusa dalle chiese battiste, metodiste e valdesi nell’unità dell’amore, della fiducia e della stima reciproca, invitano il coordinamento inter-distrettuale per l’evangelizzazione delle chiese metodiste e valdesi e il Dipartimento di evange-lizzazione dell’Ucebi a ricercare un rapporto di collaborazione in uno scambio di esperienze e di persone». Belle parole, destinate purtroppo a rimanere tali. Per ragioni che andranno indagate dagli storici, altri ordini del giorno andranno avan-ti e l’evangelizzazione sparirà dall’agenda dei rapporti BMV. Oggi credo che questo tema, tra-sversale per tutti gli evangelici, dovrebbe esse-re rimesso al centro della discussione, assieme all’ottimismo del Taylor, secondo il quale dove regna l’amore e l’unione, gli italiani si convertono.

Uniti nell’evangelizzazione, non necessaria-mente uniti nei modelli di chiesa. Credo che i bat-

Page 28: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

28

Nell’incontro con i migranti passano le sfide teologiche

intervista a Carmine Bianchi

Il pastore Carmine Bianchi è segretario del Dipartimento chiese internazionali (Icd) dell’Unione cristiana evangelica battista d’I-talia. A lui sono state rivolte alcune domande

sulle sfide teologiche e culturali che le chiese battiste stanno affrontando oggi.

– Negli ultimi decenni l’Italia è diventata terra di immigrazione, dopo essere stata per molti anni un paese di emigrazione. Un certo numero di immigrati, provenienti da chiese evangeliche, si sono inseriti nell’UCEBI. Come è vissuta que-sta presenza dalle chiese battiste italiane?

«Le chiese battiste storicamente sono state chiese “aperte” agli immigrati e lo sono tutt’o-ra. Oggi l’Ucebi è formata per un terzo da chie-se di immigrati, ma anche molte chiese locali tradizionalmente italiane oggi sono formate da italiani e immigrati, fratelli e sorelle di diverse nazionalità. Inevitabilmente ognuno di noi porta con sè il proprio bagaglio culturale, chi è nato e cresciuto in una chiesa ne ha assorbito i modi di fare e di essere. L’Unione battista e le chiese che ricevono gli immigrati sono chiamate a svi-luppare un’apertura, una disponibilità a recepire esperienze diverse e ad integrarle. La chiesa locale, e l’Unione stessa, ricevono sollecitazioni da questi fratelli e queste sorelle – che in parte vorrebbero veder riprodotta nella chiesa in Italia i modelli che hanno lasciato nel proprio paese – e fanno i conti con la tentazione di chiudersi in difesa della propria identità».

– Può spiegare meglio cosa significa che le chiese battiste italiane sono comunità “aperte”?

«Le nostre sono chiese che storicamente accettano il pluralismo di idee e di prassi, la diversità ed anche il dissenso al loro interno; l’obbiettivo del pluralismo è il riconoscimento reciproco delle diversità e la convinzione che la diversità arricchisce. Una chiesa pluralista deve avere però un “presupposto fondamentale”: le altre posizioni diverse hanno la stessa dignità della propria. L’integrazione tra chiese diverse, che hanno presupposti culturali e teologici di-versi, è possibile solo se esiste di fatto un rico-noscimento reciproco».

– Spesso la resistenza a integrare la diversi-tà affonda le sue radici nella paura di perdere la propria identità. Questa preoccupazione è pre-sente all’interno dell’Unione battista?

«È un timore degli italiani, ma soprattut-to degli stranieri. Identità è “riconoscersi ed essere riconoscibili”, dice Giovanni Jervis nel suo testo La Conquista dell’identità. Essere se stessi, essere diversi (Feltrinelli, 1999). Vivia-mo in un tempo delle fragili identità. Abbiamo paura di non essere accettati, di essere uno fra i tanti, di essere inghiottiti dall’anonimato. Questa paura è generalizzata, ma è molto più profonda negli immigrati. Proviamo a metterci nei panni di una persona che viene sradicata da una serie di rapporti affettivi (famiglia e comunità allargata), da un luogo, da abitudini consolidate. Queste persone devono lottare perché la loro identità sopravviva. Perché oltre alla difficoltà a mantenere la loro identità in un contesto diverso, devono lottare anche perché hanno “la sensazione di non essere conside-rati (da parte della maggioranza privilegiata), ma anche perfino, come molti lamentano, di non essere neppure visti, come se fossero tra-sparenti. Questa esperienza intacca anch’essa uno degli aspetti fondamentali del sentimento d’identità” (Op. cit. p. 37). In questo caso è vitale un saldo legame con le radici, con il pas-sato, le tradizioni, il cibo, nel caso delle chiese, con il modo di celebrare il culto, con l’organiz-zazione sociale che gli immigrati avevano nella loro terra d’origine. “Essere poveri di identità significa non soltanto soffrire, ma anche veder diminuire la propria capacità di sopravvivere” (ibidem).. Nella mia esperienza di visitatore abituale di chiese evangeliche composte da stranieri mi rendo conto che per questi fratelli e sorelle il tempo in cui si incontrano in chie-sa per celebrare e rendere il culto al Signore, diventa un tempo prezioso per rivivere gesti famigliari, ritrovarsi per poter essere un grup-po con una propria dignità culturale e cultuale. Tutta la settimana vivono in luoghi di lavoro, dove spesso vengono a malapena tollerati, ma

Page 29: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

29

alle sfide culturali del mondo con il quale era venuto in contatto».

– La multietnicità è una realtà della nostra società e della chiesa. Siamo di fronte ad un processo irreversibile?

«Nelle nostre comunità è oramai diffusa su larga scala una multietnicità, dovuta alla presen-za di immigrati, ma dobbiamo sviluppare una tensione costante verso multiculturalità. Multi-culturalismo è un termine prescrittivo, in quanto descrive un progetto che si propone di realizza-re (crf. Vincenzo Cesareo, Società multietniche e multiculturalismi, ed. Vita e pensiero, Milano, 2000).

Le chiese battiste stanno prendendo co-scienza che la partita si gioca proprio nella ca-pacità di includere, non di escludere, di pensare in termini di universalità e di reciprocità, non di particolarità e di superiorità, di accettare la sfi-da dell’integrazione fra etnie, popoli, culture e teologie diverse, senza pretese di esclusività, di indipendenza, di assoluta sicurezza. Vi sono attualmente nelle nostre chiese fermenti, idee, esperienze capaci di sostenere questi tentativi».

la domenica si incontrano in un luogo “loro”, dove si sentono protetti da gesti, odori, lingue famigliari e questo fornisce loro un’esperienza di salvezza, di liberazione. La fede diventa per loro un luogo sacro in cui ritrovare se stessi, Dio, le proprie radici. Visitare queste chiese è per me un’esperienza di grande arricchimento spirituale e umano».

– Fin dal suo sorgere il Cristianesimo si è confrontato con le diversità al suo interno…

«Il Cristianesimo si è dovuto rapportare ab-bastanza presto con la diversità culturale di cui era anche portatore. Considerato inizialmente una setta all’interno del giudaismo, il Cristia-nesimo successivamente si è sviluppato come religione autonoma dall’ebraismo. La prima comunità cristiana ha dovuto fare i conti con il problema della diversità e si è dovuta porre il problema dell’inculturazione. Gesù di Nazareth era ebreo, circonciso, sottoposto alla Torah. Il Cristianesimo, con l’inserimento dell’ala elleni-sta, si trovò confrontato con un’altra cultura e con altre esigenze. Doveva decidere se rimane-re una costola del Giudaismo o essere aperto

Page 30: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

30

La passione per il Regno come ragion d’essere

di Gabriela Lio

In questi ultimi anni si sono tradotti diversi te-sti che propongono formule e strategie per far accrescere il numero dei membri di chie-sa o per rispondere all’epoca attuale, veden-

dola a volte come inclinata al presentismo che convive con il risorgere di feroci tradizionalismi, altre volte come una dicotomia fra religiosità in-dividuale e comportamento sociale, incapace di tradurre il discorso religioso della chiesa in altri ambiti della vita.

Credo che non abbiamo bisogno di formule né strategie adatte a far divenire una chiesa, un agente di trasformazione spirituale e sociale nel luogo dove essa è stata chiamata a testimonia-re, bensì vi sono alcune caratteristiche che fa-cilitano la comunicazione dell’evangelo e, come conseguenza, la trasformazione della società.

La chiesa è la presenza incessante di Cristo nel mondo. Le scritture ci insegnano, come di-ce Bonhoeffer, che la chiesa è chiesa quando è chiesa per gli altri e per le altre, così l’avevano interpretata i/le credenti del Nuovo Testamento. Essa deve essere una chiesa interessata a Ge-sù Cristo, come Signore e Maestro, come fonte d’ispirazione e contagiandosi della passione per il Regno, nella concretezza della sua vita.

La passione per il Regno di Dio è stata la ragione di vita di Gesù e quindi essa deve es-sere riattivata come causa ultima e ragione dell’essere della chiesa. Gesù ci ha rivelato un Dio che ha un progetto storico che è il regno. Un Dio che vuole migliorare le cose, liberare l’u-manità, cambiare il mondo e la miseria umana in Regno di Dio. Così come per Cristo, Dio e il Regno sono inseparabili anche per noi; dire Re-gno dovrebbe manifestare redenzione sovrab-bondante, salvezza piena, liberazione totale e speranza per tutti e tutte e per tutto. Il regno non è un insieme d’idee o un’utopia escatologi-ca, bensì un «movimento» politico, economico, culturale e religioso.

Affinché il Regno sia una realtà nei nostri giorni, occorre fare una reinterpretazione dell’essere e del fare della chiesa, al meno in tre aspetti vitali: nell’ecclesiologia, nella pneumato-

logia e nella sua missionologia.Quasi a conclusione dei diversi incontri nel-

le comunità locali che hanno festeggiato i 150 anni di testimonianza battista in Italia, è impor-tante riprendere la domanda di Gesù: chi dite voi che io sia? O se volete: Come manifestiamo Gesù Cristo?

Per rispondere, oggi a queste provocazioni bisogna riprendere la visione di Gesù sul Regno Dio. Gesù chiama i suoi discepoli e le sue disce-pole «sale della terra» e «luce del mondo»; lan-cia una sfida «Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini (e delle donne), affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli», e alla fine del suo ministero insegna ancora che «Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servi-to, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti».

L’essere chiesa per gli/le altri/e contrasta con l’essere chiesa per se stessa. Per risolvere questo dilemma dobbiamo avere il coraggio di domandarci cosa significa oggi, in un contesto multiculturale e multireligioso, essere chiesa di Cristo, quale rapporto con il mondo e quali ministeri sono oggi prioritari per annunciare il Regno di Dio. L’evangelo ci chiama a narrare il proposito di Dio di redimere la vita umana in tut-te le sue essenze. La chiesa è chiesa di Cristo nella misura in cui definisce lo scopo della sua esistenza in termini di testimoniare Cristo morto e risorto non solo per ciò che essa dice, ma anche per ciò che è e ciò che fa.

I discepoli e le discepole di Gesù si distinguo-no non per una mera adesione ad una religione bensì per uno stile di vita che rifletta l’amore e la giustizia del Regno di Dio tanto nel privato come nel pubblico, tanto nello spirituale come nel ma-teriale, in continuità con la pedagogia di Gesù.

Come afferma J. Perkins, la chiesa è chia-mata a «prendere il posto di Gesù in una comu-nità specifica, facendo quello che Lui avrebbe fatto e andando dove lui sarebbe andato, ed insegnando quello che lui avrebbe insegnato» (Beyond Charity: The Call to Christian Commu-

Page 31: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,

31

essa si organizzi, non tanto per assicurarsi una sopravvivenza, bensì per collaborare con Dio nella realizzazione del suo proposito per la vita umana e per tutta la creazione.

Il modello storico della missione che la chie-sa deve realizzare ci è stato dato, una volta e per sempre, nella persona e vita di Gesù di Na-zareth. Per la missione della chiesa non c’è un altro cammino che la mobilizzazione della tota-lità dei suoi membri con i loro doni e ministeri per essere una comunità di speranza, fede e amore, cioè una comunità che si configura in funzione della missione per la gloria di Dio. Che lo Spirito Santo, creatore e datore di vita, generi in noi questo sentimento d’impellenza!

nity Development, Baker Books, Grand Rapids, 1993, p. 39). La missione della chiesa recla-ma la rivalorizzazione del sacerdozio universa-le dei/delle credenti dove tutti e tutte ricevano stimolo per scoprire e suscitare doni e ministe-ri per le molteplici aree della vita umana che necessitano d’essere trasformate dal potere dell’evangelo. Una comunità di doni e ministeri che s’integrano fra loro e che contribuiscono in ugual modo al bene comune, consapevole che le strutture che favoriscono l’unità di comunio-ne con Cristo per fede e la fraternità nell’amore sono necessarie tanto per la vita interna quanto per la vita esterna della chiesa.

Il carattere storico della chiesa esige che

Page 32: 150 anni - Il Seminatore online · non solo giorni di intensa e gioiosa comunione fraterna (culti, preghiere, canti, …), ma anche momenti ... Il programma ha previsto diversi laboratori,