CULTI E RELIGIOSITÀ NELLE PROVINCE...

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CULTI E RELIGIOSITÀ NELLE PROVINCE DANUBIANE A CURA DI LIVIO ZERBINI I LIBRI DI EMIL

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Il volume, pubblicato per iniziativa del Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Ferrara, raccoglie i testi delle comunicazioni presentate al II Convegno Internazionale «Roma e le province del Danubio», tenutosi a Ferrara dal 20 al 22 Novembre 2013, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri Italiano e dell’Association Internationale d’Épigraphie Greque et Latine.Questa pubblicazione, curata da Livio Zerbini, attraverso i contributi di alcuni dei più autorevoli storici, studiosi e ricercatori del mondo danubiano in età romana, provenienti da quindici Paesi, consente di fare lo status quaestionis sui culti e sulla religiosità nelle province danubiane, il cui interesse in questi anni ha riscontrato un notevole impulso. Gli scavi archeologici più recenti e gli esiti delle ultime ricerche mettono sempre più in evidenza che il mondo provinciale danubiano non costituisce un organismo uniforme e omogeneo, in quanto ogni provincia è caratterizzata da una propria identità, i cui tratti specifici meritano di essere ulteriormente indagati e studiati.

Nel volume, curato da Livio Zerbini, compaiono i saggi di Radu Ardevan (Cluj-Napoca), Edgardo Badaracco (Sassari), Riccardo Bertolazzi (Calgary), Dilyana Boteva (Sofia), Nicolò Giuseppe Brancato (Roma), Maurizio Buora (Udine), Juan Ramón Carbó Garcìa (Murcia), Paolo Casari (Udine), Alessandro Cavagna (Milano), Laura Chioffi (Napoli), Guido Clemente (Firenze), Carla Corti (Ferrara), Dan Dana (Parigi), Lietta De Salvo (Messina), Zdravko Dimitrov (Sofia), Lucietta Di Paola (Messina), Werner Eck (Colonia), Alexander Falileyev (Aberystwyth), Naser Ferri (Pristina), Andrea Frediani (Roma), Dénes Gabler (Budapest), Viola Gheller (Trento), Cristina Girardi (Graz), Eva Katarina Glazer (Zagabria), Snežana Golubović (Belgrado), Edina Gradvohl (Budapest), Roberto Guerra (Santo Stino di Livenza, Venezia), Ágnes Gyuricza (Budapest), Mihaela Iacob (Tulcea), Antonio Ibba (Sassari), Ettore Janulardo (Roma), John Karavas (Budapest), Péter Kovàcs (Budapest), Lucreţiu Mihailescu-Bîrliba (Iaşi), Miroslava Mirković (Belgrado), Fritz Mitthof (Vienna), Annapaola Mosca (Trento), Nemanja Mrdjic (Belgrado), György Németh (Budapest), Dorel Paraschiv (Tulcea), Maria Federica Petraccia (Genova), Ioan Piso (Cluj-Napoca), Serena Querzoli (Ferrara), Cecilia Ricci (Isernia), Daniela Rigato (Bologna), Alexander Rubel (Iaşi), Mirjana Sanader (Zagabria), Tadeusz Sarnowski (Varsavia), Gerda Sommer Von Bülow (Francoforte sul Meno), Csaba Szabó (Pécs), Milica Tapavički-Ilić (Belgrado), Alessandro Teatini (Sassari), Domagoj Tončinić (Zagabria), Mattia Vitelli Casella (Bologna), Claudio Zaccaria (Trieste), Mihail Zahariade (Bucarest), Livio Zerbini (Ferrara).

CULTI E RELIGIOSITÀNELLE PROVINCE DANUBIANE

€ 35,00

ISBN 978-88-6680-130-6

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Pubblicazione del LADLaboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane

Università degli Studi di FerraraDipartimento di Studi Umanistici

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Culti e religiosità nelle province danubiane

Atti del II Convegno Internazionale

Ferrara 20-22 Novembre 2013

a cura diLivio Zerbini

i libri di

EMil

© 2015 Casa editrice Emil di Odoya srlisbn: 978-88-6680-130-6

I libri di EmilVia Benedetto Marcello 7 – 40141 Bologna -

www.ilibridiemil.it

Il Convegno si è svolto sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblia Italianacon il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri Italiano

e dell’AIEGL

Coordinamento redazione: Laura Audino e Silvia Ripà

In copertina: Personificazione del Danubio (Colonna Traiana, Roma)

Indice

Presentazione Livio Zerbini 7

Akkulturation durch Recht: Die lex municipalis TroesmensiumWerner Eck 9

Parte I. Culti e religiosità nelle province danubiane

Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane Radu Ardevan 21

La religione e l’identità di gruppo nella regione danubiana in Moesia Superior e in area medio-balcanica in epoca romana Miroslava Mirković 39

Dei Patrii sulla riva del Danubio (e identità che non si contaminano) Laura Chioffi 49

Le divinità plurali del Noricum attraverso le testimonianze epigrafiche. Appunti di una ricerca in corso Cristina Girardi 57

Una devozione senza confini: Asclepio nelle province danubiane Daniela Rigato 71

I culti di influenza italica nella Dacia romana Livio Zerbini 87

I culti dei militari traci nelle province danubiane (ad eccezione della Mesia Inferiore)Dan Dana e Cecilia Ricci 99

Ruolo economico-sociale e religiosità femminile nelle province danubiane: le risultanze epigrafiche latine Nicolò Giuseppe Brancato 137

Where linguistics fails: towards Interpretations of some Theonyms in the Roman Danubian Provinces Alexander Falileyev 167

Percezioni e visioni culturali: per un’archeologia della destrutturazione fluida Ettore Janulardo 177

Notes on the Cults of National Numeri Stationed in the Danubian Provinces Riccardo Bertolazzi 183

Parte II. Noricum, PaNNoNia et Dalmatia

Il culto di Mitra nella Statio Bilachiniensis in Norico Paolo Casari 209

La presenza del sacro nei castra delle Cohortes Alpinorum in Pannonia Roberto Guerra 227

Il culto del Deus Sol Elagabalus presso il castellum di Intercisa:la devozione deglia usiliari della cohors HemesenorumEdgardo Badaracco 235

Le questioni cronologiche del tempio di Iside a Savaria Dénes Gabler 247

Proseucha in Mursa im Lichte neuer Ausgrabungen

Mirjana Sanader 267

Das Kind auf dem Gebiet der Provinz Pannonia Ágnes Gyuricza 279

Admistrative changes in Pannonia under Diocletian and Constantine Péter Kovács 287

Il culto imperiale nella provincia romana di Dalmazia attraverso le attestazioni epigrafiche Mattia Vitelli Casella 299

Religious Aspects of the Roman Influence on the Indigenous Population in the Croatian Danube Region Eva Katarina Glazer 315

Le credenze e i culti durante l’epoca romana nella regione dell’odierna Peja/Peć in Kosovo Naser Ferri 325

Der Donaulimes in Kroatien – von Augustus bis Claudius –von Dalmatien zur Donau Domagoj Tončinić 335

Dal Po al Danubio e dal Danubio al Po. Circolazione di uomini e merci in età romana Carla Corti 347

Ipotesi sulla carriera del giurista Ulpio Marcello Serena Querzoli 375

Parte III. Dacia, moesia et thracia

Neueste Ergebnisse der Magieforschung in Dacien György Németh 393

Two Protecting-Healing Amulets from Pannonia Edina Gradvohl 401

The Cult of Mithras in Apulum: Communities and Individuals Csaba Szabó 407

Epigraphica Potaissensia Ioan Piso 423

Le culte de Jupiter et de Junon en Mésie Inférieure: le témoignage d’une nouvelle inscription Lucreţiu Mihailescu-Bîrliba 439

Persönliche Frömmigkeit und ‘Staatsreligion’. Grundsätzliche Überlegungen zum Wesen der römischen Religion am Beispiel von Votivinschriften aus Dakien und Moesia InferiorAlexander Rubel 447

Viminacium Necropolis: Observing Acculturation Process Snežana Golubović 473

A Roman Burial Rite in Viminacium: The Latest Discovery Milica Tapavički-Ilić – Nemanja Mrdjic 483

Ulpia Ratiaria. Possible Temple Buildings According to the Architectural Details on the Terrain and Lapidarium Zdravko Dimitrov 497

Iuppiter und die legio I Italica Tadeusz Sarnowski 507

Cultura letteraria e antiquaria in due singolari dediche sacre del Municipium Montanensium Claudio Zaccaria 525

Il Priapo nicopolitano Alessandro Cavagna 545

La città romana di (L)Ibida, in Scythia Minor. Le ricerche recenti e l’accordo di collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Eco-Museali di Tulcea e l’Università di Sassari Mihaela Iacob, Antonio Ibba, Dorel Paraschiv, Alessandro Teatini 559

A Fort of the Danubian Roman Frontier: Halmyris Mihail Zahariade, John Karavas 575

Constitutio Antoniniana as a factor in the development of the religiouslife in the Thracian provinces of the Roman EmpireDilyana Boteva 585

La dedica di uno stationarius all’Heros OutaspiosMaria Federica Petraccia 593

Expressions of power and religiosity in Trajan’s Trophies: similarities and differences between the Danube and Euphrates Juan Ramón Carbó Garcìa 603

Parte IV. Tarda Antichità

La conversione gotica: una questione identitaria? Viola Gheller 619

A proposito dell’organizzazione ecclesiastica nelle Province danubiane Lietta De Salvo 637

Giustiniano e la Chiesa della Moesia Secunda. Riflessioni a margine della Nov. 65,1 (538)Lucietta Di Paola 649

L’incidenza della “Battaglia di Mursa” sulla caduta dell’Impero Romano Andrea Frediani 663

Arrius Antoninus an Helvius Pertinax. Beobachtungen zur Ziegelinschrift IDR II 391 aus Romula-MalvaFritz Mitthof 671

Tra Alpi e Danubio: l’unità difficile di un territorio conteso (IV-V secolo a.C.) Guido Clemente – Annapaola Mosca 683

Sacro e profano nelle lucerne bronzee della Romania Maurizio Buora 717

Zeugnisse älterer Kulte aus dem spätantiken Limeskastell latrus, (Moesia Secunda) Gerda von Bülow 739

Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

Radu ArdevanUniversità di Cluj-Napoca

La cosiddetta interpretatio Romana, per la prima volta osservata e definita da Tacito stesso1, è stato un fenomeno molto importante e significativo per il mondo romano provinciale, specialmente nell’Occidente europeo. Si tratta della rappresentazione delle divinità indigene, di vari popoli sottomessi dai Romani, in una maniera plastica romana oppure greco-romana, e anche della loro equivalenza con le divinità corrispondenti, cioè con attributi e funzioni simili2. Un segno ovvio di questo mutamento operato nel pensiero e nella sensibilità dei fedeli, è costituito proprio dal nome di una tale divinità – la soluzione più frequente essendo un nome romano accanto a un teonimo indigeno, il suo vecchio nome preromano oppure un epiteto evocativo3. Infatti, questo processo è molto più complesso e ambivalente, coinvolgendo anche l’azione creatrice degli indigeni sottomessi durante il processo di romanizzazione4.

L’esistenza dell’interpretatio Romana nella religione provinciale mostra senza dubbio i progressi dell’acculturazione e della romanizzazione5; però il fenomeno stesso rimane solo una prova, accanto a molti altri, per comprovare un tale sviluppo socio-culturale6. Dobbiamo notare che, nell’ambito spirituale di ogni provincia romana, anche se questa conversione è ovvia, si tratta di un fenomeno minoritario, una conseguenza visibile delle trasformazioni avvenute nella società7. Sarebbe molto rischioso tentare una quantificazione; tutto ciò che la ricerca può notare è il grado d’incidenza nella religione provinciale – quando sia visibile nelle fonti a nostra disposizione – e stimarne la varietà nelle diverse province.

In più, possiamo distinguere due modalità diverse del fenomeno, ciascuna con un proprio significato. Da un canto c’è l’interpretatio Romana subentrata in un ambito

1 Tacitus, Germania, XLIII, 4. 2 Tra le discussioni piu recenti, vedi: Webster 1995; Saddington 1999; Ando 2005; Cadotte 2012;

Häussler 2012. 3 Häussler 2008, pp. 15-19; Hainzmann 2011. 4 Häussler 2012, pp. 143-145, 171-174. 5 Alföldy 1988; Alföldy 2005; Häussler 2008, pp. 11-12, 16-18; Hainzmann 2011a, pp. 321-

323. Non ci referiamo ora ai lavori recentissimi che proprio negano la romanizzazione (sul problema, vedi Alföldy 2005a, pp. 25-27).

6 Alcuni esempi: MacMullen 1968; Mócsy 1970; Wallace-Hadrill 1989; Millett 1990; Fasold 1993; Jovanović 2000; Alföldy 2005a, pp. 28-29; Häussler 2008, pp. 9-15.

7 Häussler 2008, pp. 16-19.

22 Radu Ardevan

culturale straniero e arrivata nella provincia studiata tramite i coloni di età romana; in questo caso si tratta, ovviamente, di un semplice influsso estero sulla nuova civiltà provinciale specifica. Accade quasi la stessa cosa con le varie divinità orientali, che diventano popolari generalmente in ambito romano e sono spesso identificate con gli dei greco-romani tradizionali8. Dall’altro, dobbiamo tenere conto dall’interpretatio Romana che riguarda e coinvolge le divinità indigene della popolazione provinciale preromana, proprie della provincia indagata: quest’ ultimo aspetto è di straordinario interesse per la ricerca storica sul tema della romanizzazione.

Il fenomeno sopra menzionato, è stato conosciuto abbastanza bene e seriamente studiato per le province occidentali9; ma, nel caso della civiltà romana provinciale sul Danubio, ci si è avvicinati raramente a questo tema e finora manca ogni sintesi in tal senso. Noi abbiamo cercato ora di scoprirne i dettagli nelle province romane del bacino danubiano, al fine di apprezzare il suo peso relativo e, se possibile, di spiegare nel modo migliore possibile le eventuali differenze.

Prima dobbiamo ricordare la grande varietà, geografica ma anche umana, di questo largo spazio. Ai nostri giorni, il Danubio è famoso di essere il fiume più “europeo”, che influenza la vita di numerosi popoli. La situazione non era diversa nell’Antichità: nel bacino danubiano si incontravano popolazioni diverse e una grande varietà di culture e religioni10. Sul corso superiore e medio del Danubio dominavano le popolazioni celtiche, ma accanto ad esse si incontravano anche le tribù di Rezi, vari gruppi illirici oppure tracici; nell’età romana provinciale sono comparsi anche gruppi intrusivi allogeni, come gli Erciniati nella Pannonia o i Sarmati Iazigi fra il medio corso del Danubio e la Tissa. Sul basso Danubio, vicino ai Daci e ad altre popolazioni traciche, esistevano già popoli sarmatici nelle pianure orientali. In più, i Greci avevano da lungo tempo le loro città costiere sulla sponde occidentale del Mar Nero. Lo spazio geografico danubiano, incluso nell’Impero Romano, comprendeva nuove province: la Rezia, il Norico, le due Pannonie, le due Mesie e le tre Dacie11.

Ma queste province, di grande interesse per una ricerca intensiva ed estensiva da parte nostra, sono molto diverse, almeno da due punti di vista: il primo concerne sia le differenze geografiche, nazionali e culturali sia quelle cronologiche e delle diverse modalità di integrazione nel mondo romano; il secondo guarda il livello odierno della ricerca di ciascuna. Per ogni indagine, con intenzione di sintesi, dobbiamo prendere in considerazione tutti questi aspetti.

Nella ricerca da noi intrapresa, in primo luogo si suppone una scelta delle fonti impiegate. Abbiamo deciso di lasciare fuori tutte le prove di culti preromani come tali,

8 Rendić-Miočević, Segvić 1998, p. 10. 9 Derks 1992; Webster 1995; Saddington 1999; Ando 2005; Cadotte 2012; Häussler 2012. 10 Wilkes 2014. 11 Wilkes 1998, pp. 231-280.

23Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

sebbene la loro semplice menzione epigrafica o rappresentazione plastica mostra già un’abitudine romana, straniera alle usanze originarie. Ugualmente abbiamo ignorato i casi di tali interpretazioni di varie divinità esotiche, arrivate da altre province nel bacino danubiano. Lo stesso trattamento viene applicato alle divinità molto popolari in queste aree, ma di ovvia origine italica – come il Liber Pater o il Silvano12. Rimangono solo le informazioni concernenti teonimi romani con epiteti indigeni o altre manifestazioni incontrate solo in alcune delle province danubiane. Il nostro approccio non è esauriente, ma fa uso solo dei più importanti esempi, al fine di mettere in luce le tendenze basilari di questo sviluppo religioso regionale.

Rezia

La prima provincia romana danubiana, la Rezia, rappresenta una grande regione alpina, estesa fino al corso superiore del grande fiume. Le ricerche sono abbastanza sviluppate e ad oggi esistono alcune sintesi affidabili su di essa13.

La Rezia venne costituita nell’età augustea e comprendeva tribù celtiche, ma anche retiche. Durante la sua storia, questa provincia è sempre appartenuta all’areale gallico e venne inclusa nello portorio di coloro14. La composizione etnica e gli aspetti di civiltà mostrano la stessa orientazione generale. Un aspetto toccante della civiltà reto-romana è lo sviluppo urbano molto ridotto; è probabile vi fosse una colonia, ma manca di attestazione epigrafica; ci sono poi alcuni altri insediamenti importanti di aspetto urbano, sempre senza la documentazione delle fonti scritte, e un unico municipio attestato finora15. Malgrado l’evidente presenza indigena e la mancanza di prove per qualsiasi immigrazione romana massiccia, tutti i possibili centri di civitates si sono sviluppati dagli insediamenti nuovi, fondati nell’età romana16.

Per quanto concerne la religione di età romana alto-imperiale, si conoscono finora più di 50 diverse divinità venerate nella provincia17; tuttavia i culti preromani indigeni sopravvissuti nell’ambito provinciale rimangono pochi18. Non insistiamo ora su tali divinità, che appaiono accanto alle divinità romane, ma senza alcun segno di contaminazione. Non parliamo neanche dei vari genii loci, abbastanza frequenti19;

12 Rendić-Miočević, Segvić 1998, pp. 10-11. 13 Kellner 1971; Czysz et alii 1995; Bechert 1999, p. 155. 14 Kellner 1971, p. 97. 15 Kellner 1971, pp. 80-92; Czysz et alii 1995, pp. 186-211; Bechert 1999, pp. 152-153. 16 Kellner 1971, pp. 52, 80-92. 17 Czysz et alii 1995, p. 270. 18 Czysz et alii 1995, p. 271. 19 La Noreia Augusta sembra essere, in questo caso, una dea protettrice della Rezia e Vindelicia (Czysz

et alii 1995, p. 278).

24 Radu Ardevan

dobbiamo dire che, nella provincia, generalmente i riti e rituali, le usanze nel culto e le istituzioni sacerdotali sono tutte romane20.

Le contaminazioni fra culti indigeni e la religione romana sono ancora più ristrette. Si tratta di un interpretatio Romana solo in alcuni casi. Iuppiter Poeninus (il dio locale di un importante passo di montagna) è, senza dubbio, un esempio in tal senso, così come Iuppiter Arubianus (il dio locale nei pressi dello Chiemsee)21. Un dio locale è anche il Neptunus Danubius22. L’Apollo Grannus, anche accompagnato dalla Sirona, rappresenta un fenomeno più generale, visibile in tutto l’ambito gallo-romano; ma la triade di Apollo, Mercurio e Minerva, che si attesta solo nella Rezia, dovrebbe rispecchiare qualsiasi culto regionale specifico in forma estera romana23. Mercurio, la divinità prediletta dai Celti, riceve nella Rezia aspetti iconografici indigeni e anche vari epiteti locali24. Tutti questi sono casi palesi.

Però è necessario sottolineare che tutti i casi osservati finora si incontrano precisamente fra i Celti della provincia, mai fra i Rezi.

Norico

Questa è la provincia annessa dai Romani nel modo più pacifico, senza opposizione da parte dell’aristocrazia indigena. La sua società in età romana è stata indagata in maniera eccellente e rimane sempre oggetto di attenzione per gli studiosi25.

Il celtismo della popolazione è molto visibile (un gruppo veneto esisteva solo nell’angolo sud-ovest della provincia), così come la romanizzazione rapida e profonda26. Il Norico ha conosciuto uno splendente sviluppo urbano già dall’età di Claudio; nel III secolo aveva 9 città romane. Questo sviluppo avviene proprio come nella Gallia, cioè sulla base della società celtica, tramite la promozione dei vecchi centri civici allo statuto municipale latino27.

Sempre come accadde in Gallia, la religione provinciale comprende numerosi dei celtici, sia generalmente conosciuti, sia specificamente norici28, ma ve ne sono anche di locali29. Tali culti si sono sviluppati prima accanto all’adorazione delle divinità romane,

20 Czysz et alii 1995, pp. 285-287. 21 Czysz et alii 1995, p. 271. 22 Czysz et alii 1995, p. 276. 23 Czysz et alii 1995, pp. 272-274. 24 Per esempio, Harceius a Brigantium, Matutinus ad Augusta Vindelicum, Cimbrianus a Miltenberg,

Cissonius e Censualis a Castra Regina, Cimiacinus ad Epfach (Czysz et alii 1995, p. 272). 25 Alföldy 1974; Fischer 2002; Hainzmann 2011a; Šašel-Kos 2013. 26 Alföldy 1974, pp. 14-27, 132-142; Fischer 2002, pp. 6-14, 53-62. 27 Alföldy 1974, pp. 77-87, 96-97; Fischer 2002, pp. 66-69. 28 Alföldy 1974, pp. 22-25, 239-240; Fischer 2002, pp. 123-124. 29 Un esempio: Šašel-Kos 1999, pp. 131-151.

25Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

senza sovrapporsi né influenzarsi. Solo dopo alcune generazioni diventa visibile la contaminazione reciproca delle due religioni30.

Così, l’interpretatio Romana è molto evidente e gioca un ruolo più importante rispetto alla vicina Rezia. Accanto all’Apollo Grannus, accompagnato da Sirona, presenza diffusa quasi ovunque fra i provinciali Celti31, molto venerato sembra essere stato il Mars Latobius32 o anche il Mars Toutates. La dea protettrice del Paese, Noreia, ricevette vari epiteti romani, o venne identificata con divinità femminili dal pantheon imperiale (Victoria, Fortuna o anche Isis33). Le più frequenti manifestazioni del fenomeno riguardano il dio supremo, Giove; egli viene venerato con epiteti indigeni, rispecchiando proprio la sua identificazione con diversi dei celtici (specialmente delle montagne o del tempo). Esistono ricordi di Giove come Arubianus, Casuontanus, Smertius, Uxellinus, Vocretanus e così via. Alcune volte, questo teonimo romano accompagnato da un epiteto romano specifico della regione può nascondere infatti un caso simile – come Giove Culminalis o Depulsor34. Associato con l’Epona celtica, anche Ercole potrebbe sostituire una divinità indigena, rappresentata alla romana35.

L’identificazione di varie divinità celtiche con gli dei corrispondenti della religione romana non riguarda solo la teonimia. Sono visibili tali contaminazioni nell’iconografia o nell’edificazione di nuovi templi su di siti sacri preromani36. Benanche rimanendo sempre in minoranza nel pantheon provinciale, l’interpretatio Romana costituisce in ambito noricano un fenomeno ovvio e abbastanza importante, con varie manifestazioni e di una certa complessità. È importante sottolineare che è rappresentato quasi ovunque nella provincia e durante tutta l’esistenza di essa, da Claudio fino alla grande crisi del III secolo37.

Pannonia

La Pannonia, collocata tra le più orientali estensioni delle Alpi e il Danubio, è stata sottomessa sempre da Augusto, ma con grandi difficoltà, situazione del tutto diversa rispetto al vicino Norico38. Divisa da Traiano in due parti39, la provincia preservò una certa unità culturale. La ricerca scientifica moderna ha compiuto notevoli progressi, la

30 Alföldy 1974, pp. 135-138. 31 Šašel-Kos 1999, pp. 27-28.32 Šašel-Kos 1999, pp. 28-30. 33 Šašel-Kos 1999, pp. 33-39; Fischer 2002, p. 123. 34 Alföldy 1974, pp. 22-25, 135-138; Šašel-Kos 1999, pp. 121-151; Fischer 2002, pp. 123-124.35 Alföldy 1974, pp. 239-240. 36 Alföldy 1974, pp. 137-138; Fischer 2002, pp. 123-124. 37 Vedi anche Hainzmann 2011, pp. 331-336. 38 Mócsy 1974, pp. 31-43. 39 Mócsy 1974, pp. 92-94.

26 Radu Ardevan

civiltà romana nello spazio pannonico è ormai conosciuta abbastanza bene. Esistono una serie di sintesi successive riguardo questo soggetto, sempre ampiamente indagato. Tuttavia, persistono differenze notevoli fra i livelli di ricerca nei vari Paesi moderni, che oggi condividono il territorio dell’antica Pannonia40.

Nella popolazione, il peso dei Celti è considerevole, però dobbiamo prendere in considerazione anche le numerose e importanti comunità illiriche41. Occorre ricordare che la cultura materiale provinciale perde generalmente i tratti preromani persistenti fino al III secolo d.C.42. Il progresso dell’urbanizzazione romana proseguì gradualmente, fino a raggiungere i 25 centri urbani nel III secolo; è molto importante il fatto che la rete municipale finisca per coprire completamente la provincia, chiaro segno della romanizzazione di tutte le comunità esistenti43.

Sul piano religioso, appaiono notevoli differenze rispetto alle province occidentali. Le divinità adorate nella Pannonia sono in stragrande maggioranza romane44. Si aggiungono a queste i culti esotici, vale a dire quelli orientali, apportati sempre dai coloni stranieri45. Le principali correnti spirituali visibili nella società provinciale sono le medesime esistenti nell’Impero. Le divinità indigene rimangano poco attestate46. Le testimonianze di Matres Pannoniorum e dei cosiddetti Pannoniciani augures possono dire qualche cosa su una certa religiosità specifica, ma è significativo che esse provengano dalla Gallia e appaiano in circostanze eccezionali47.

Sono pochissime le prove di qualsiasi interpretatio Romana nella provincia stessa. Alcune dediche alle divinità fluviali (come per il Dravus, il Savus o il Danubius) sono ad opera di stranieri per divinità minori, considerate genii loci48. Forse è il caso di un certo Genius Ciniaemus49, di Minitra50 e di Neptunus Ovianus51, del tutto sconosciuti altrimenti. Allo stesso modo, divinità come Giove Culminalis o Giove Depulsor possono essere anche qui delle divinità regionali, celate da un nome romano52. Le Nutrices sono venerate a Poetovio, ma sembrano non essere proprio divinità locali53. Anche il

40 Alcuni contributi sintetici piu importanti: Pavan 1955; Mócsy 1974; Lengyel, Radan 1980; Hajnóczi 1995; Fitz 1998; Visy 2003; Migotti 2012.

41 Mócsy 1974, pp. 53-80, 152-153; Bechert 1999, pp. 142-144. 42 Mócsy 1974, pp. 145-150, 234, 245-248; Horváth 2004, p. 353. 43 Mócsy 1974, pp. 217-230; Bechert 1999, pp. 143-144. 44 I culti celtici sono molto meno documentati del Norico vicino (Šašel-Kos 1999, p. 17, nota 14). 45 Mócsy 1974, pp. 181-182, 253; Rendić-Miočević, Segvić 1998, pp. 10-11. 46 La Aecorna, venerata anche a Savaria, è infatti una divinità locale di Emona (Šašel-Kos 1998, p. 18;

Šašel-Kos 1999, pp. 31-33). 47 Mócsy 1974, p. 234. 48 Mócsy 1974, p. 182; Rendić-Miočević, Segvić 1998, p. 9; Šašel-Kos 1998, pp. 18-19; Póczy

1998a, p. 35; Šašel-Kos 1999, p. 93-120. 49 Mócsy 1974, p. 253. 50 Mócsy 1974, p. 253. 51 Šašel-Kos 1998, pp. 18-19. 52 Šašel-Kos 1998, p. 20; Šašel-Kos 1999, pp. 22, 43-45, 121-130.53 Mócsy 1974, p. 250; Šašel-Kos 1998, pp. 20-21; Šašel-Kos 1999, pp. 153-192.

27Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

Marte Latobius oppure Marmogius, ovviamente all’interno dell’interpretatio Romana, sembrano provenire da ambienti esterni alla provincia – così come anche altre divinità simili54.

La presenza del ben noto Silvano, solo in un caso, insieme con gli dei Vidasus e Thana, suggerirebbe l’identificazione con qualche dio illirico55. Esiste una ricca varietà di Nymphae delle sorgenti, spesso con attributi locali56. La coppia di Silvano e Diana potrebbe nascondere delle divinità indigene con funzioni simili57. Però in tutte queste situazioni si tratta di semplici supposizioni58. Infatti, i casi di sicura interpretatio Romana rimangano solo quello di Iuppiter Karnuntinus a Carnuntum e di Iuppiter Teutanus ad Aquincum59. Un Silvanus Maglae(nus?) rimane dubbio, sia per l’incerto completamento dell’epiteto sia come significato60.

Accanto a questa scarsa rappresentazione dell’interpretatio Romana in ambito pannonico, dobbiamo notare che generalmente i culti preromani fioriscono sì in età romana, ma specialmente nello III secolo. Questo cosiddetto “rinascimento indigeno”, che venne preso a lungo come prova di una debole romanizzazione, mostra proprio il contrario, cioè un buon livello della penetrazione culturale romana in ambito provinciale61.

Un altro aspetto richiede attenzione: i pochi casi sicuri attestati finora, come le situazioni di dubbia interpretazione romana, sono riscontrati piuttosto nelle parti celtiche della provincia.

Mesia

Anche la provincia di Mesia venne divisa, sotto il regno di Domiziano. In questo caso si tratta di una provincia costituita con molte più difficoltà. Il suo territorio comprendeva nell’età augustea solo la parte occidentale ed è stato poi esteso gradualmente lungo il Basso Danubio fino al Mar Nero. Questo processo si protrae in alcuni momenti successivi, fino a Vespasiano62. Il controllo romano sulla riva del fiume è stato ottenuto prima del controllo efficace della retroterra. Una vera civiltà romana provinciale venne costituita più tardi delle altre province danubiane, solo dal II secolo d.C.63.

54 Mócsy 1974, p. 253; Šašel-Kos 1999, pp. 28-30, 43-44. 55 Mócsy 1974, pp. 250-251; Dorcey 1992, pp. 71-72; Rendić-Miočević, Segvić 1998, pp. 9, 11. 56 Rendić-Miočević, Segvić 1998, pp. 8-9, 11. 57 Rendić-Miočević, Segvić 1998, p. 10. 58 Šašel-Kos 1999, pp. 44-45. 59 Póczy 1998; Alföldy 2009-2011, pp. 117-118. 60 Fitz 1998, p. 55, n. 6. 61 Mócsy 1974, pp. 147-153; Alföldy 2009-2011, pp. 123-128. 62 Mócsy 1974, pp. 23-24, 33-34, 36, 41-49; Suceveanu, Barnea 1991, pp. 22-30; Mirković 2007,

pp. 17-25. 63 Mócsy 1974, pp. 73, 115-116, 129-131, 134, 137-140; Mirković 2007, pp. 22, 43.

28 Radu Ardevan

Però le due parti della provincia erano molto diverse, sia geograficamente sia dal punto di vista del popolamento e del successivo sviluppo. La divisione è stata così necessaria e giustificata64. Le differenze iniziali sono diventate anche più profonde, a causa del destino moderno delle due province omonime e del diverso livello raggiunto nella ricerca. Di conseguenza, dobbiamo trattarle separatamente.

Per la Mesia Superiore esistono poche sintesi moderne65. La ricerca rimane meno sviluppata rispetto alle province menzionate sopra. Tuttavia è possibile sia delineare l’evoluzione della civiltà romana provinciale sia evidenziarne i limiti.

Il territorio della Mesia Superiore è stato conquistato gradualmente, diventando una provincia solo al principio del I secolo d.C.66. Il Paese era popolato in larga maggioranza da popolazioni traciche, poiché le tribù illiriche erano presenti solo sulla parte occidentale; pochi Celti sono attestati a nord67. Ovviamente, la municipalizzazione è stata più lenta; tra Domiziano e Marco Aurelio furono fondate 2 colonie e 9 municipi, ma la rete cittadina non ha mai coperto l’intero territorio provinciale68. Nessun insediamento urbano venne sviluppato da comunità preromane, tutti si fondarono sulla presenza dei coloni69. Viceversa, le miniere hanno giocato un ruolo prioritario e i centri minerari furono promossi al rango di città70.

Un aspetto particolare è il coinvolgimento ridotto degli indigeni nella civiltà provinciale e la loro scarsa visibilità. Sebbene la loro persistenza sia materialmente ovvia71, le loro élites non appaiono mai nella società in età romana72. Così, anche la romanizzazione del Paese sembra abbastanza debole. L’unica civitas indigena visibile e attiva nel periodo provinciale rimane quella di Dardani (nell’areale dell’odierno Kosovo), e solo questa comunità riceve anche un centro urbano, il Municipium Dardanorum73 (un simile Municipium Celegerorum venne attestato raramente; è molto probabile che la sua civitas indigena originaria fosse molto più debole e meno sviluppata74).

Naturalmente, nell’ambiente di questa provincia i culti indigeni furono molto meno rappresentati e le fonti su di essi – tutto come nella Pannonia – appaiono specialmente nel III secolo75. La maggioranza dei monumenti religiosi comprova la presenza di culti romani; è abbastanza importante anche la percentuale dei vari culti greci o provenienti

64 Mirković 2007, pp. 30-32. 65 Mócsy 1970; Mócsy 1974; Bechert 1999, pp. 171-174; Mirković 2007. 66 Mócsy 1974, pp. 55-57; Mirković 2007, pp. 20-24. 67 Mócsy 1974, pp. 63-70; Mirković 2007, pp. 12-17 (errore a Bechert 1999, p. 171). 68 Mócsy 1974, pp. 115-117, 129-131, 137-139, 153-154; Mirković 2007, pp. 43-64. 69 Mirković 2007, p. 43. 70 Mócsy 1974, pp. 131-134, 145, 216-221, 224-225; Dušanić 2004, pp. 265-270; Mirković 2007,

pp. 80-81. 71 Mirković 2007, p. 20. 72 Mócsy 1974, pp. 63, 137-138, 141, 145, 153, 240, 249; Mirković 2007, p. 44. 73 Mócsy 1974, p. 223; Mirković 2007, pp. 62-64. 74 Mócsy 1974, p. 223. 75 Mócsy 1974, p. 182.

29Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

dall’Oriente76. La preferenza per ciascun dio in qualsiasi areale geografico ristretto potrebbe suggerire una divinità specifica, rappresentata alla romana, ma niente è da assurgere a certezza77. Esistono poche prove sulla venerazione del Cavaliere Trace o dei Cavalieri Danubiani, sicuramente divinità balcaniche78. Però essi non sembrano avere avuto origine da questa provincia e dobbiamo considerarli divinità apportate da vari coloni e che abbiano risentito di influssi esteri79.

Rimangono poche divinità indigene ricordate nelle fonti (vari teonimi mai riscontrati altrove); esse appaiono piuttosto nella regione dei Dardani e meno nei pressi di Naissus80. Pensiamo, per esempio, al dio Andinus, una divinità probabilmente illirica81, al dio trace Zbeltiurdus82, agli strani Atta e Mundritus83, mentre la dea Oreia da Singidunum potrebbe essere una divinità celtica locale84. Ma tutti questi non mostrano alcuna identificazione con qualsiasi divinità romana.

Le prove per una vera interpretatio Romana sono rarissime. Un Ercole Naisas vicino a Naissus85, una Felicitas Stationis nell’areale dardano86 o le Deae Virgines87, sembrano nascondere divinità locali preromane, senza esplicitarlo. L’unico caso sicuro – sia epigrafico sia iconografico – è la Dea Dardania88. Non a caso, si tratta della divinità protettrice della più sviluppata città indigena. In conclusione, la Mesia Superiore mostra una grande debolezza del fenomeno religioso ora indagato.

Per la Mesia Inferiore, dobbiamo ricordare che si tratta di una provincia più recente, costituita solo verso la fine del I secolo89, e con grandi problemi iniziali di popolamento. La presenza dei Traci nordici (o Geti) è incontestabile90, così come la loro debolezza istituzionale. Le comunità indigene sono quasi assenti nelle fonti scritte, allo stesso modo le tracce dei loro aristocratici si sono mantenute tali e quali nella società di età romana91. Molto più visibili diventano vari gruppi immigrati, sia

76 Mócsy 1974, pp. 181, 253-256; Mirković 2007, pp. 82-84. Nell’ambito cosmopolita delle miniere appaiono sempre le divinità romane abituali (Dušanić 2004, p. 264).

77 Mócsy 1974, p. 254. 78 Mócsy 1974, p. 254; Mirković 2007, pp. 83, 85-86. 79 Mirković 2007, p. 86. C’è anche il caso del Giove Aepilofius (= Culminalis) a Naissus (Mócsy

1974, p. 254; Mirković 2007, pp. 83-84) ed a Ulpianum dello Zeus Ezzaios, dio degli Aezani ellenizzati (Mirković 2007, p. 61).

80 Mócsy 1974, p. 253; Mirković 2007, p. 84. 81 Mócsy 1974, p. 254; Mirković 2007, pp. 84-85. 82 Mirković 2007, pp. 84-85. 83 Mirković 2007, p. 58, 84. L’unico Atonipal non è che un epiteto del Cavaliere Trace (Mirković

2007, pp. 83-85). 84 Mirković 2007, p. 52. 85 Mirković 2007, p. 82. 86 Mirković 2007, p. 84. 87 Senza dubbio, un’ipostasi di ninfe (Mirković 2007, p. 84). 88 Mirković 2007, p. 85; Popović 2007, pp. 144-145. 89 Suceveanu, Barnea 1991, pp. 23-30; Iacob 2013, pp. 22-25. 90 Iacob 2013, p. 40. 91 Mrozewicz 1982, pp. 91-103.

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cittadini romani sia peregrini92. Le città romane, tutte fondate dai coloni, furono meno numerose (una colonia e forse cinque municipi)93. Accanto a queste stavano le città greche (sette quelle conosciute, di cui due nel retroterra)94. Una grande parte del territorio provinciale era interessato solo dalla presenza di comunità rurali o con lo statuto legale inferiore95.

Benanche le ricerche furono numerose, la provincia rimane scarsamente conosciuta96 e, a differenza delle altre province, per essa non abbiamo delle sintesi moderne affidabili97; solo poco tempo fa è stato pubblicato un libro di questo tipo98. La ricerca intrapresa si basa sulle raccolte epigrafiche finora pubblicate e su alcuni lavori puntuali, che non comprendono ancora tutta la provincia. Così speriamo di scoprire almeno i tratti basilari del fenomeno studiato. Senz’altro, le nostre costatazioni odierne sono parziali e discutibili.

La religione provinciale è molto variegata. Le divinità non-romane e non-greche sono numerose99. Tuttavia, in pochi casi possiamo stimare la presenza certa di culti indigeni. Il famoso Cavaliere Trace, chiamato con vari nomi, molto bene rappresentato100, sembra venire dal sud, diffuso poi dai coloni. Per i misteriosi Cavalieri Danubiani101 rimane impossibile precisarne l’origine. Stessa situazione per il Dio Magno (Theos Megas = Darzalas)102. Sicuramente Apollo Cendrissenus103 è una divinità di Philippopolis104. E ci sono anche altri dei, scarsamente menzionati, con nomi strani ed indeterminabili105.

Tuttavia, posiamo richiamare alcuni fonti che mostrano fenomeni di interpretatio Romana nella Mesia Inferiore. A Montana, Diana venne identificata con la Domina Montana106. Nella stessa regione, Silvano mostra certe contaminazioni iconografiche che potrebbero suggerire qualsiasi dio locale107. Nei dintorni dei centri romani di

92 Iacob 2013, pp. 41-42. 93 Aparaschivei 2010, pp. 77-123. 94 Suceveanu, Barnea 1991, pp. 39-47; Aparaschivei 2010, pp. 124-132; Iacob 2013, pp. 24-25. 95 Iacob 2013, pp. 30-42. 96 Vedi Iacob 2013, pp. 12-14. 97 Lavori molto meritevoli, ma parziali: Gerov 1952; Gerov 1953; Mrozewicz 1982; Suceveanu,

Barnea 1991; Boteva 1997; Tačeva 2000; ApArAschivei 2010; MAtei-popescu 2010. 98 Iacob 2013 (ma anche esso si concentra sull’economia provinciale). 99 Suceveanu, Barnea 1991, pp. 129-139; Iacob 2013, p. 206. 100 Iacob 2013, p. 206. Le dediche ad ogni Heros devono riferirsi sempre a questa divinità (esempi: AE

1925, 108; ILB 181, 210, 258, 286, 350). 101 Tudor 1969; Tudor 1976. 102 Peter 2005, pp. 109-111. 103 IGLN 2 (vedi anche p. 44). 104 Peter 2005, p. 109. 105 Per esempio, ILB 245 (Assalacanus) o 259 (Primerula). Ci sono anche molti altri casi di dei romani

con epiteti strani – cioè in ipostasi di interpretatio Romana (esempi: AE 1911, 17; AE 1921, 55; AE 1925, 108). Però non possiamo precisare se si tratta di qualche divinità indigena, o se c’è un fenomeno succeduto fuori della provincia.

106 Alexandrov 1984, p. 222. 107 Gočeva 1992, pp. 258-259.

31Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

Oescus e Novae appaiono divinità sconosciute altrove, come Iuppiter Tamitenus108, Diana Totobisia109, Diana Germethita110 o Silvanus Salt(e?)caputanus111. L’origine autoctona è probabile, ma non certa. Però sono sicuramente divinità locali, presentate alla romana, gli Dii Deaeque Giridavenses112 o i praesides Haemi montis113.

Di conseguenza, il fenomeno è presente, su piccola scala, anche in questa provincia, a quanto pare più che nella Mesia Superiore. Possiamo chiederci se esso fosse correlato con qualche civitas indigena; ma il livello attuale della documentazione vieta ogni risposta. In mancanza di ogni prova certa su tale civitates autoctone, propongo di pensare piuttosto ai gruppi immigrati nell’età provinciale114; infatti, per la maggioranza dei casi non abbiamo alcuna certezza che si trattasse di divinità indigene.

Senz’altro, in ambedue le Mesie il fenomeno rimane ristretto alla vita religiosa della provincia, assimilato alle manifestazioni già riscontrate nel Norico o nella Pannonia.

Dacia

L’ultima conquista romana rappresenta l’unica provincia transdanubiana, oggi molto indagata e conosciuta abbastanza bene. Tuttavia, rimangano settori poco esplorati, come per esempio la vita rurale. Ci sono diverse sintesi moderne su questa provincia115.

La Dacia venne conquista per mezzo di due sanguinose guerre e la sua società indigena è stata decimata e decostruita116. La colonizzazione romana fu molto ampia e variegata117. Naturalmente, i coloni hanno gettato le basi della società, per cui i Daci sono rimasti poco visibili. Nessuna civitas indigena sembra essere sopravvissuta in ambito provinciale118. La rete urbana, edificata da Traiano fino a Settimio Severo, comprende almeno 11 città romane, tutte nuove fondazioni, ma copre solo l’asse centrale della provincia119. Divisa in tre province da Adriano, la Dacia sarà governata, a partire da Marco Aurelio, da un unico consularis Daciarum trium120.

108 ILB 186, 214. 109 ILB 388. 110 ILB 225. 111 ILB 206. 112 ILB 237. 113 ILB 264. 114 Iacob 2013, pp. 40-43. 115 Petolescu 1995; Gudea, Lobüscher 2006; Oltean 2007; Ardevan, Zerbini 2007; Petolescu

2000; Petolescu 2010. 116 Ardevan, Zerbini 2007, pp. 23-33; Petolescu 2010, pp. 123-159. 117 Ardevan, Zerbini 2007, pp. 116-125; Petolescu 2010, pp. 236-241. 118 Ardevan, Zerbini 2007, pp. 114-116, 124-125; Petolescu 2010, pp. 232-236. 119 Ardevan, Zerbini 2007, pp. 131-155; Petolescu 2010, pp. 222-229. 120 Ardevan, Zerbini 2007, pp. 56-60; Petolescu 2010, pp. 168-169.

32 Radu Ardevan

Per quanto concerne la vita religiosa, la Dacia sorprende per la grande varietà di culti e religioni attestati, impareggiabile tra le altre province europee121. Però proprio i culti indigeni mancano completamente e le manifestazioni di interpretatio Romana coinvolgono sempre e solo le varie divinità straniere. Tutti i ricercatori hanno postulato l’esistenza di interpretatio Romana ed hanno cercato attentamente. Ma, già due decenni fa, hanno dovuto accettare l’assenza di ogni certezza di interpretazione per le divinità daciche – divinità rimaste quasi sconosciute122. Questa situazione davvero strana potrebbe spiegarsi in ragione del carattere della conquista, in aggiunta alla situazione dei Daci sopravvissuti.

Tuttavia, negli ultimi anni è stata mesa in luce una nuova fonte epigrafica, inedita finora. Si tratta di una dedica da Germisara per una divinità delle acque termali locali, sicuramente indigena123. Certamente, la scoperta è importantissima, però la Dacia rimane quasi priva dell’interpretatio Romana: una rondine non fa primavera.

Benanche simile alle due Mesie da certi punti di vista, questa provincia presenta un’ovvia particolarità in questo aspetto.

Conclusioni

Collocato tra l’Occidente latino e l’Oriente greco, ciascuno con la sua forte personalità culturale, lo spazio danubiano incluso nell’Impero Romano presenta un particolare interesse scientifico. Indagati separatamente, ma sempre all’interno dell’orizzonte danubiano, i tratti diversi della sua civiltà possono offrire una visione più sfumata agli studiosi interessati.

Sicuramente, le province danubiane sono uno spazio di lingua e cultura latina; la presenza greca sulla sponda pontica non cambia i connotati di questa realtà124. Senza dubbio, questo spazio presenta aspetti diversi a quasi ogni livello della ricerca e a quasi ogni oggetto di interesse scientifico. Per l’interpretatio Romana, le indagini compiute finora mostrano ovvie particolarità provinciali. Però, anche certe conclusioni storiche vengono alla luce.

Generalmente, il fenomeno è meno sviluppato delle province occidentali. La debolezza di questo fenomeno nelle nostre province non è l’espressione di una romanizzazione carente. Le ricerche più recenti hanno mostrato che la trasmissione dei culti indigeni attraverso l’interpretatio Romana riflette la persistenza di una certa

121 Ardevan, Zerbini 2007, p. 180; Petolescu 2010, pp. 266-271. 122 Ardevan, Zerbini 2007, p. 180; Petolescu 2010, pp. 270-271. 123 I. Piso, Der Nymphenkult in Germisara, comunicazione allo convegno internazionale “Non omnis

moriar. International conference in memory of István Hahn” (Budapest, 22-23 Marzo 2013). 124 Il problema esiste solo per la Mesia Inferiore; vedi: Mihăescu 1978, pp. 142-150, 319-321;

Mrozewicz 1984; Suceveanu, Barnea 1991, pp. 113-114, 140.

33Il fenomeno dell’interpretatio Romana nelle province romane danubiane

struttura comunitaria indigena e della sua aristocrazia125; si evince inoltre che il processo avvenga anche grazie ad un certo consenso popolare126. È proprio questo il caso della società noricana, la più ricca in tali manifestazioni. Per la Rezia, dobbiamo pensare che i Rezi, avversari difficili per Roma, non avvrebbero goduto degli stessi privilegi dei Celti e che proprio quest’ultime aristocrazie locali sono sopravvissute meglio. Forse non a caso, le poche testimonianze provengono dalla parte transalpina della provincia, urbanizzata in un secondo momento. Il caso pannonico conferma l’ipotesi: l’interpretatio Romana diventa visibile nelle comunità celtiche, le più sviluppate e quelle più attive sul piano della cooperazione con i Romani – i Boii e gli Eravisci. Dato che le città illiriche non offrono prove simili, è possibile ritenere che le loro comunità furono meno strutturate e – generalmente – meno capaci di adattarsi alla civiltà romana. Anche la loro conversione in municipi di tipo romano avviene più tardi e con maggiori difficoltà rispetto a quelle celtiche.

Alla luce di ciò, può essere spiegata anche la situazione della Mesia Superiore. Accanto a testimonianze scarse e discutibili, emerge la posizione particolare della città dei Dardani. Senza dubbio, le altre comunità preromane della provincia non hanno goduto di uno statuto giuridico o di un livello di complessità sociale paragonabile. Per quanto concerne la Dacia, è evidente la mancanza di strutture sociali indigene dopo la conquista, fatto rispecchiato perfettamente anche sul piano religioso.

Nella Mesia Inferiore la realtà sembra essere sorprendente, per il momento. Le prove di interpretatio Romana sono poche, ma la loro disposizione spaziale non è correlabile con alcuna città indigena. Pensando ai casi conosciuti nella Dobrugia romana (le colonizzazioni di Traci meridionali127), ci chiediamo se le poche manifestazioni conosciute finora non possano essere connesse con certe comunità, sempre peregrine, ma immigrate nella provincia già esistente (come fu il caso dei Transdanubiani spostati da Plauzio Silvano Eliano128).

Come conclusione, proponiamo di vedere l’interpretatio Romana come una prova di un certo sviluppo delle comunità indigene e della loro aristocrazia, uno sviluppo che le faceva divenire compatibili con la dominazione romana. Non si tratta esclusivamente dell’appartenenza etnica, ma di una capacità di interagire con lo Stato romano, di integrarsi in maniera efficiente in un nuovo contesto civile e sociale. La trasformazione contribuisce ampiamente alla creazione di una nuova identità collettiva – provinciale o regionale129.

125 Woolf 1998, pp. 218-237; Häussler 2012, p. 145. 126 Häussler 2012, pp. 145-147. 127 Suceveanu, Barnea 1991, p. 38. 128 Suceveanu, Barnea 1991, p. 26. 129 Hainzmann 2011a, pp. 326-336; Häussler 2012, pp. 146-156, 162, 171-174.

34 Radu Ardevan

Abbreviazioni

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Il volume, pubblicato per iniziativa del Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Ferrara, raccoglie i testi delle comunicazioni presentate al II Convegno Internazionale «Roma e le province del Danubio», tenutosi a Ferrara dal 20 al 22 Novembre 2013, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri Italiano e dell’Association Internationale d’Épigraphie Greque et Latine.Questa pubblicazione, curata da Livio Zerbini, attraverso i contributi di alcuni dei più autorevoli storici, studiosi e ricercatori del mondo danubiano in età romana, provenienti da quindici Paesi, consente di fare lo status quaestionis sui culti e sulla religiosità nelle province danubiane, il cui interesse in questi anni ha riscontrato un notevole impulso. Gli scavi archeologici più recenti e gli esiti delle ultime ricerche mettono sempre più in evidenza che il mondo provinciale danubiano non costituisce un organismo uniforme e omogeneo, in quanto ogni provincia è caratterizzata da una propria identità, i cui tratti specifici meritano di essere ulteriormente indagati e studiati.

Nel volume, curato da Livio Zerbini, compaiono i saggi di Radu Ardevan (Cluj-Napoca), Edgardo Badaracco (Sassari), Riccardo Bertolazzi (Calgary), Dilyana Boteva (Sofia), Nicolò Giuseppe Brancato (Roma), Maurizio Buora (Udine), Juan Ramón Carbó Garcìa (Murcia), Paolo Casari (Udine), Alessandro Cavagna (Milano), Laura Chioffi (Napoli), Guido Clemente (Firenze), Carla Corti (Ferrara), Dan Dana (Parigi), Lietta De Salvo (Messina), Zdravko Dimitrov (Sofia), Lucietta Di Paola (Messina), Werner Eck (Colonia), Alexander Falileyev (Aberystwyth), Naser Ferri (Pristina), Andrea Frediani (Roma), Dénes Gabler (Budapest), Viola Gheller (Trento), Cristina Girardi (Graz), Eva Katarina Glazer (Zagabria), Snežana Golubović (Belgrado), Edina Gradvohl (Budapest), Roberto Guerra (Santo Stino di Livenza, Venezia), Ágnes Gyuricza (Budapest), Mihaela Iacob (Tulcea), Antonio Ibba (Sassari), Ettore Janulardo (Roma), John Karavas (Budapest), Péter Kovàcs (Budapest), Lucreţiu Mihailescu-Bîrliba (Iaşi), Miroslava Mirković (Belgrado), Fritz Mitthof (Vienna), Annapaola Mosca (Trento), Nemanja Mrdjic (Belgrado), György Németh (Budapest), Dorel Paraschiv (Tulcea), Maria Federica Petraccia (Genova), Ioan Piso (Cluj-Napoca), Serena Querzoli (Ferrara), Cecilia Ricci (Isernia), Daniela Rigato (Bologna), Alexander Rubel (Iaşi), Mirjana Sanader (Zagabria), Tadeusz Sarnowski (Varsavia), Gerda Sommer Von Bülow (Francoforte sul Meno), Csaba Szabó (Pécs), Milica Tapavički-Ilić (Belgrado), Alessandro Teatini (Sassari), Domagoj Tončinić (Zagabria), Mattia Vitelli Casella (Bologna), Claudio Zaccaria (Trieste), Mihail Zahariade (Bucarest), Livio Zerbini (Ferrara).

culti e religiositànelle province danubiane

€ 35,00

isbn 978-88-6680-130-6

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