12.Varchi Treccani

2
1535 Varchi, Benedetto 1. Vita e opere Benedetto Varchi (Firenze 1503 - ivi 1565), dopo la laurea in utroque iure a Pisa e un breve esercizio di professione notarile, si dedicò alla poesia e agli studi umanistici. Di sentimenti re- pubblicani, aderì all’ambiente dei fuoriusciti fiorentini, stabi- lendosi nel 1537 a Padova, dove fece parte dell’Accademia de- gli Infiammati, e nel 1541 a Bologna. Nel 1543 accettò la chiamata a Firenze per entrare al servizio di Cosimo de’ Me- dici, dal quale ottenne l’incarico di stendere la Storia fiorentina. All’Accademia Fiorentina commentò Dante e Petrarca e tenne lezioni sulla grammatica e sulla poetica. Tradusse De be- neficiis di Seneca e il boeziano De consolatione philosophiae. Nel 1555 e nel 1557 dette alle stampe le due parti dei Sonetti. La sua produzione letteraria (prosa filosofico-scientifica e storica, poe- sia, traduzioni) riflette la profonda conoscenza della letteratura volgare e degli autori greci e latini, ma rappresenta anche il frutto delle ricerche sui generi letterari (analisi della Poetica e dei canti danteschi) e sulla lingua d’uso come serbatoio della scrittura. In difesa di Annibal Caro, coinvolto in una polemica con Ludovico Castelvetro, Varchi scrisse l’Ercolano, uno dei più significativi trattati italiani sulla lingua (Marazzini 1993: 296; Umanesimo e Rinascimento, lingua dell’; storia della lingua). 2. Le idee sulla lingua Grazie alla netta distinzione fra il parlato e lo scritto, che era il risultato dell’applicazione allo studio della lingua di una ri- gorosa analisi condotta secondo i criteri scientifici d’ascen- denza aristotelica, l’Ercolano anticipa alcuni fondamenti della moderna concezione del linguaggio. Uscito postumo nel 1570, in due edizioni diverse, fiorentina e veneziana (Varchi 1995: 166-235), il trattato dà una forma organica e sistematica al- l’annosa riflessione di Varchi intorno alle lingue e ai loro vari registri, iniziata nell’ambiente padovano e arricchita in se- guito dalle ricerche sul volgare fiorentino moderno e antico. I numerosi scritti composti prima dell’Ercolano e rimasti inediti per secoli dimostrano che il pensiero linguistico di Varchi era maturato già negli anni Quaranta (quando abbozzò una grammatica del toscano), in concomitanza con l’esegesi dell’Organon aristotelico affrontata nelle sue lezioni accade- miche a Padova. Considerando la logica fondamento dell’agire umano e base di tutte le scienze, si sforza di rendere accessi- bili in italiano le opere greche e latine sull’argomento e, nei trattatelli sulla questione del metodo (Varchi 1841), egli indica nei procedimenti analitico e sintetico («compositivo e risolu- tivo») la metodologia adeguata per insegnare la grammatica, considerata «il principio di tutte le scienze in tutte le lingue» (Varchi 2007: 325), con caratteristico approccio per cui «un grammatico deve cominciare secondo l’ordine della Natura a trattare delle lettere, e non può far di meno, se bene ci sono manco note che le sillabe e l’orazioni» (Varchi 1841: 321-322). In diverse occasioni, sia nelle lezioni accademiche dell’in- verno 1551-1552 sia nelle risposte ad allievi e amici (Varchi 2007), Varchi trattò delle questioni grammaticali in modo ge- nerale (attraverso il confronto delle strutture del volgare con il greco e il latino) e mise sempre in primo piano l’«insegnare favellare correttamente». Distinguendo la dimensione sociale della lingua da quella letteraria, argomentò la priorità del par- lato – «proprio de gl’animali ragionevoli, ciò è de gl’uomini» – rispetto allo scritto: «non essendo altro lo scrivere che un se- gno e una immagine delle parole, come le parole sono una im- magine e un segno de’ concetti» (Varchi 2007: 248, 250); di conseguenza, «chi saperrà correttamente favellare, saperrà an- cora correttamente scrivere» (ibid.: 250). Ogni grammatica prescrittiva di qualsiasi lingua si deve fondare, per Varchi, sulle regole che «si traggono senza fallo da gli scrittori, e gli scrittori le pigliano dall’uso di chi le favella» (ibid.: 251). Come il latino e il greco, anche il volgare (chiamato ora fiorentino ora toscano) aveva raggiunto il momento di eccellenza grazie al lavoro di se- lezione e alla creatività linguistica dei suoi autori (questione della lingua). Il discrimine nella scelta del modello da seguire è, quindi, la capacità di «ritrarsi» «dall’usanza del volgo», dai «modi di favellare bassi e plebei» (ibid.: 252). Varchi giudica come naturali in una lingua viva i cambia- menti del fiorentino parlato contemporaneo rispetto alla lin- gua dei tempi di Dante, Petrarca e Boccaccio. Così, muo- vendo da presupposti diversi da Pietro Bembo, interpreta in maniera non rigidamente classicista le sue idee; riconosce al- l’autore delle Prose della volgar lingua la ‘rifondazione’ della grandezza della lingua toscana, posta sulle regole grammaticali che questi aveva ricavato dagli scrittori del Trecento. L’impegno per rilanciare il primato linguistico e letterario di Firenze, auspicato dal potere mediceo e annunciato come programma del consolato varchiano (1545), trovava un solido appoggio nel bembismo, che indicava la strada per restaurare l’antico prestigio. Alla campagna a favore dello studio gram- maticale necessario a quei «nati e allevati in Firenze» che «fal- samente si persuadono» della sufficienza della lingua natìa (Varchi 2008: 295; Marazzini 1993: 268), Varchi aggiunge il proprio contributo all’edizione fiorentina delle Prose (1549). Il confronto con l’opera di Bembo culmina nell’Ercolano, dove in dieci «quesiti» viene esposta la teoria fondata sul pre- supposto del carattere orale della comunicazione linguistica (Marazzini 1993: 271-273). Con questo criterio Varchi classi- fica le lingue, quindi anche i volgari italiani, in «articolate», cioè dotate di espressione scritta, o «inarticolate»; in vive o morte; in quelle comprensibili o non per i fiorentini. Dimostrando V 1533-1548 4° impaginato:Progetto Italiano 12/05/2011 15.39 Pagina 1535

description

.

Transcript of 12.Varchi Treccani

  • 1535

    Varchi, Benedetto

    1. Vita e opere

    Benedetto Varchi (Firenze 1503 - ivi 1565), dopo la laurea inutroque iure a Pisa e un breve esercizio di professione notarile,si dedic alla poesia e agli studi umanistici. Di sentimenti re-pubblicani, ader allambiente dei fuoriusciti fiorentini, stabi-lendosi nel 1537 a Padova, dove fece parte dellAccademia de-gli Infiammati, e nel 1541 a Bologna. Nel 1543 accett lachiamata a Firenze per entrare al servizio di Cosimo de Me-dici, dal quale ottenne lincarico di stendere la Storia fiorentina.AllAccademia Fiorentina comment Dante e Petrarcae tenne lezioni sulla grammatica e sulla poetica. Tradusse De be-neficiis di Seneca e il boeziano De consolatione philosophiae. Nel1555 e nel 1557 dette alle stampe le due parti dei Sonetti. La suaproduzione letteraria (prosa filosofico-scientifica e storica, poe-sia, traduzioni) riflette la profonda conoscenza della letteraturavolgare e degli autori greci e latini, ma rappresenta anche ilfrutto delle ricerche sui generi letterari (analisi della Poetica edei canti danteschi) e sulla lingua duso come serbatoio dellascrittura. In difesa di Annibal Caro, coinvolto in una polemicacon Ludovico Castelvetro, Varchi scrisse lErcolano, uno dei pisignificativi trattati italiani sulla lingua (Marazzini 1993: 296; Umanesimo e Rinascimento, lingua dell; storia dellalingua).

    2. Le idee sulla lingua

    Grazie alla netta distinzione fra il parlato e lo scritto, che erail risultato dellapplicazione allo studio della lingua di una ri-gorosa analisi condotta secondo i criteri scientifici dascen-denza aristotelica, lErcolano anticipa alcuni fondamenti dellamoderna concezione del linguaggio. Uscito postumo nel 1570,in due edizioni diverse, fiorentina e veneziana (Varchi 1995:166-235), il trattato d una forma organica e sistematica al-lannosa riflessione di Varchi intorno alle lingue e ai loro variregistri, iniziata nellambiente padovano e arricchita in se-guito dalle ricerche sul volgare fiorentino moderno e antico.

    I numerosi scritti composti prima dellErcolano e rimastiinediti per secoli dimostrano che il pensiero linguistico diVarchi era maturato gi negli anni Quaranta (quando abbozzuna grammatica del toscano), in concomitanza con lesegesidellOrganon aristotelico affrontata nelle sue lezioni accade-miche a Padova. Considerando la logica fondamento dellagireumano e base di tutte le scienze, si sforza di rendere accessi-bili in italiano le opere greche e latine sullargomento e, neitrattatelli sulla questione del metodo (Varchi 1841), egli indicanei procedimenti analitico e sintetico (compositivo e risolu-

    tivo) la metodologia adeguata per insegnare la grammatica,considerata il principio di tutte le scienze in tutte le lingue(Varchi 2007: 325), con caratteristico approccio per cui ungrammatico deve cominciare secondo lordine della Natura atrattare delle lettere, e non pu far di meno, se bene ci sonomanco note che le sillabe e lorazioni (Varchi 1841: 321-322).

    In diverse occasioni, sia nelle lezioni accademiche dellin-verno 1551-1552 sia nelle risposte ad allievi e amici (Varchi2007), Varchi tratt delle questioni grammaticali in modo ge-nerale (attraverso il confronto delle strutture del volgare conil greco e il latino) e mise sempre in primo piano linsegnarefavellare correttamente. Distinguendo la dimensione socialedella lingua da quella letteraria, argoment la priorit del par-lato proprio de glanimali ragionevoli, ci de gluomini rispetto allo scritto: non essendo altro lo scrivere che un se-gno e una immagine delle parole, come le parole sono una im-magine e un segno de concetti (Varchi 2007: 248, 250); diconseguenza, chi saperr correttamente favellare, saperr an-cora correttamente scrivere (ibid.: 250). Ogni grammaticaprescrittiva di qualsiasi lingua si deve fondare, per Varchi, sulleregole che si traggono senza fallo da gli scrittori, e gli scrittorile pigliano dalluso di chi le favella (ibid.: 251). Come il latinoe il greco, anche il volgare (chiamato ora fiorentino ora toscano)aveva raggiunto il momento di eccellenza grazie al lavoro di se-lezione e alla creativit linguistica dei suoi autori ( questionedella lingua). Il discrimine nella scelta del modello da seguire, quindi, la capacit di ritrarsi dallusanza del volgo, daimodi di favellare bassi e plebei (ibid.: 252).

    Varchi giudica come naturali in una lingua viva i cambia-menti del fiorentino parlato contemporaneo rispetto alla lin-gua dei tempi di Dante, Petrarca e Boccaccio. Cos, muo-vendo da presupposti diversi da Pietro Bembo, interpreta inmaniera non rigidamente classicista le sue idee; riconosce al-lautore delle Prose della volgar lingua la rifondazione dellagrandezza della lingua toscana, posta sulle regole grammaticaliche questi aveva ricavato dagli scrittori del Trecento.

    Limpegno per rilanciare il primato linguistico e letterariodi Firenze, auspicato dal potere mediceo e annunciato comeprogramma del consolato varchiano (1545), trovava un solidoappoggio nel bembismo, che indicava la strada per restaurarelantico prestigio. Alla campagna a favore dello studio gram-maticale necessario a quei nati e allevati in Firenze che fal-samente si persuadono della sufficienza della lingua nata(Varchi 2008: 295; Marazzini 1993: 268), Varchi aggiunge ilproprio contributo alledizione fiorentina delle Prose (1549).

    Il confronto con lopera di Bembo culmina nellErcolano,dove in dieci quesiti viene esposta la teoria fondata sul pre-supposto del carattere orale della comunicazione linguistica(Marazzini 1993: 271-273). Con questo criterio Varchi classi-fica le lingue, quindi anche i volgari italiani, in articolate, ciodotate di espressione scritta, o inarticolate; in vive o morte;in quelle comprensibili o non per i fiorentini. Dimostrando

    V

    1533-1548 4 impaginato:Progetto Italiano 12/05/2011 15.39 Pagina 1535

  • variante combinatoria

    1536

    lesistenza delle lingue a prescindere dalla scrittura, rivisita laf-fermazione bembesca (non si pu dire che sia veramente lin-gua alcuna favella che non ha scrittori) per collocarla nel con-testo stilistico di prestigio letterario:

    [Bembo chiama] veramente lingua quella che noi chia-miamo lingua nobile [e] le lingue nobili si chiamanoquelle le quali [] hanno [] tali scrittori che an-dando per le mani e per le bocche degli huomini le ren-dono illustri e chiare (Varchi 1995: 658, 646)

    Varchi ridiscute anche la questione delluso linguistico diFirenze, affermando, in contrasto con Bembo, che il fiorentinoparlato di uomini raffinati dalle letture e dalla vita civile rap-presenta quel favellare correttamente, da sempre indicatocome obiettivo del grammatico e registro di riferimento degliscrittori, ben distinto dal parlare costellato di solecismi e bar-barismi del popolazzo (Varchi 1995: 794; 2007: 323). Infine,poich nelle lezioni aveva riletto il poema di Dante attraversoAristotele e Lucrezio, mostrando il suo carattere filosofico e lacontinuit con le opere degli antichi, nellErcolano opponealle critiche di Bembo sulla Commedia lappropriatezza del rea-lismo linguistico dantesco al genere heroico di tradizioneclassica (Andreoni 2004).

    Le idee di Varchi, oltre a suscitare reazioni polemichedopo la pubblicazione del trattato (Castelvetro, Ridolfo Ca-stravilla, Girolamo Muzio), incisero sui successivi sviluppi del-lattivit linguistica e letteraria a Firenze: da una parte, orien-tarono la rivisitazione del classicismo bembesco di Lionardo Salviati, dallaltra si ritrovano nellapproccio nientaffattopedantesco alla lingua degli accademici Alterati.

    3. La lingua di Varchi

    La descrizione della lingua di Varchi si basa sullesame di te-stimoni autografi: quarantasette lettere (1535-1542) a PieroVettori e Carlo di Ruberto Strozzi, provenienti da fondi diversi(cfr. Varchi 2008); capitoli della Storia fiorentina; Sonetti; te-sti riprodotti in Siekiera 2009: 352-357.

    La grafia degli scritti presenta in prosa abbreviazioni con-venzionali e unintera gamma di segni paragrafematici in tuttii tipi di scritti: virgola anche dinanzi a che (congiunzione epronome) ed e / et; accenti segnati di norma sulla preposizione e sulla (di essere), pi di rado su altre forme verbali (andr,lod). Conservate alcune grafie etimologiche: h allinizio di pa-rola e, talvolta, allinterno (huomo, hiersera, Hermolao, alhora,rihabbia, ma sempre Rettorica); -ti-, preponderante nella prosa(ambitione, gratia; invece, a giuditio si affiancano giudizio, giu-dicio, e a ufficio, ufizij); -tti- in lettioni, attioni (ma costanti az-zioni, elezzioni in Varchi, Storia fiorentina). Predomina lascrizione -enza, -anza di fronte agli isolati scienzia e scientie,elegantia. In prosa, tra le scrizioni di scempie e doppie, da no-tare -z- per le affricate alveolari sorde e sonore (mezo e avezare,pezo, gentileza di fronte a qualche occorrenza di gravezze).

    In campo fonetico si notano: per i dittonghi dopo conso-nante + r la contrapposizione di tipo prego (prevalente in prosaed esclusivo nei versi) a truovo, univocamente attestato; fissoil dittongo dopo la palatale (figliuolo, giuoco); danari accanto adenari. Si alternano le forme piene (comperar, offerono, dover-rei) alle sincopate (sadopr, morr). Non mancano casi di pro-stesi ( epentesi) dopo consonante (per iscusato, non iscrivo).I legami con loralit si hanno nei seguenti tratti: conguagliofonologico in enclisi (io nollo so), apocopi (tornerem qui, meldette), riduzione dei dittonghi discendenti (de boschi). Nontantissimi, nel complesso, i tratti del fiorentino vivo (vicitare;pagoneggiarsi; cavagli; costanti chiunche e dovunche; femminiliplurali della II classe in -e: le pelle, le golpe), significativamenteconcentrati nella morfologia verbale: alta frequenza di har, ha-remo; pressoch esclusivo il tipo fusse; casi del dileguo di -v-(havea, parea); futuri e condizionali analogici (trovarrete, pre-garrei); congiuntivo vadia; forme in -ino della terza personaplurale del congiuntivo presente (voglino) e imperfetto (guar-dassino, fussino). Al condizionale, alla terza persona singolare,sono numerose forme in -ia; si bilanciano, al plurale dellaterza persona, le forme in -ebbono e in -ebbero. Spicca -emo nella

    prima persona plurale dellindicativo presente (havemo, semo).Molti i participi passati accorciati della I classe (assetto, cerco,compro). Conforme allopzione bembesca, in tutti i tipi discritti, la prima persona dellimperfetto in -a (io voleva). Neicostrutti sono costanti la giustapposizione (in casa messerFrancesco) e laccordo del participio con il complemento og-getto posposto (Ho spesi pi di 20 scudi); frequente lomis-sione di che (mi disse gli trovassi) nelle lettere.

    Notevole la variet stilistica che corrisponde ai tipi diopere (altramente scrivono gli storici [] altramente i filo-sofi; Varchi 1841: 326-327): alla prosa della Storia fiorentina,con periodi ampi e costruzioni prolettiche, ricche di inversionie parallelismi (si come ventura era stato tutto, e caso, cosi caso, e ventura si governava; Varchi, Storia fiorentina, c.1r) si oppone il periodo lineare della scrittura scientifica (Sie-kiera 2007), imperniata sui costrutti nominali e brachilogici,modellati sul latino, ma anche sul parlato (quanto a per lamessa in rilievo). La costruzione della prosa filosofica e tecnicain volgare, destinata a un largo pubblico, si estende alla for-mazione del lessico concettuale: Varchi seleziona la termino-logia di poeti trecenteschi e di scritti scientifici medievali (ra-dezza), raccoglie i vocaboli di arti e mestieri (riverberi), ricorreai neologismi, adattando dal greco (analogo, amfibologia), ser-vendosi della rideterminazione semantica e impiegando i de-verbali (lastratto, il concreto, lambiente).

    Anna Siekiera

    FontiVarchi, Benedetto, Sonetti, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,

    Filze Rinuccini 13.65, cc. 195-242.Varchi, Benedetto, Storia fiorentina, primi sette libri, con la dedica a

    Cosimo I, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II.I.176.Varchi, Benedetto (1841), Lezioni sul Dante e Prose varie di Benedetto

    Varchi: la maggior parte inedite tratte ora in luce dagli originalidella Biblioteca Rinucciana, a cura e opera di G. Aiazzi & L.Arbib, Firenze, Societ editrice delle storie del Nardi e del Var-chi, 2 voll.

    Varchi, Benedetto (1995), LHercolano, ed. critica a cura di A. So-rella, presentazione di P. Trovato, Pescara, Libreria dellUniver-sit, 2 voll.

    Varchi, Benedetto (2007), Scritti grammaticali, a cura di A. Sorella,trascrizione e note di A. Civitareale, Pescara, Libreria dellUni-versit.

    Varchi, Benedetto (2008), Lettere (1535-1565), a cura di V. Bramanti,Roma, Edizioni di Storia e Letteratura.

    StudiAndreoni, Annalisa (2004), Alla ricerca di una poetica post-bembiana:

    il Dante lucreziano di Benedetto Varchi, Nuova rivista di lette-ratura italiana, 7, pp. 179-231.

    Marazzini, Claudio (1993), Le teorie, in Storia della Lingua Italiana,a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol.1 (I luoghi della codificazione), pp. 231- 329.

    Siekiera, Anna (2007), Aspetti linguistici e stilistici della prosa scienti-fica di Benedetto Varchi, Studi linguistici italiani, 33, pp. 3-50.

    Siekiera, Anna (2009), Benedetto Varchi, in Autografi del letterati ita-liani. Il Cinquecento. I, a cura di M. Motolese, P. Procaccioli & E.Russo; consulenza paleografica di A. Ciaralli, Roma, Salerno Edi-trice, pp. 337-357.

    variante combinatoria

    1. Definizione

    Lespressione variante combinatoria indica, fra le possibili rea-lizzazioni di un fonema ( allofoni), quelle determinate dalcontesto, che cio dipendono dallintorno fonetico in cui com-paiono e sono quindi prevedibili. Una variante combinatoria(il termine e la nozione si devono a Trubeckoj 1939) si sottraealla scelta del parlante, perch, data la natura articolatoria eacustica dei suoni che lo precedono e lo seguono, quel fonemapu essere realizzato solo in quel modo ( fonetica).

    Le parole sdentato e stentato, per es., costituiscono una coppia minima perch si differenziano per un solo fonema,rispettivamente /d/ e /t/. In realt, dal punto di vista stretta-

    1533-1548 4 impaginato:Progetto Italiano 12/05/2011 15.39 Pagina 1536