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Ringraziamenti:

Innanzitutto volevo ringraziare, prima mio padre, mia madre e tutto il

resto della mia famiglia che mi sono stati sempre di grande supporto,

dandomi sempre il loro affetto e il loro aiuto in qualsiasi cosa avessi voluto

fare della mia vita: spero di non deludervi mai. Poi ci tenevo a ringraziare

tutti miei numerosissimi amici in Italia e tutti quelli sparsi in giro per

l’Europa: abbiamo condiviso molte avventure e molte esperienze

memorabili: tutti i bei ricordi e le avventure vissute insieme rimarranno

sempre nella mia memoria. Un ringraziamento speciale va anche a quella

che stata una delle mie professoresse durante il mio anno di studi in

Turchia: Banu Akdenizli. “ Cok tesekkur ederim!!”

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Indice:

Introduzione ............................................................................................... 1

Capitolo 1 ................................................................................................... 5

Introduzione alla storia e all’economia turca 1.2 ........................................ 5

Il ruolo del settore dei media nell’economia 1.3 ...................................... 11

Come vengono amministrate le televisioni 1.4 ......................................... 14

I profitti pubblicitari e la loro distribuzione 1.5 ........................................ 15

In che modo vengono amministrati i giornali 1.6 ..................................... 16

La distribuzione e i profitti della pubblicità 1.7 ......................................... 18

Il ruolo di Internet nel panorama dei media 1.8 ....................................... 20

Organizzazioni impegnate nella pubblicazione online 1.9 ........................ 21

Il rapporto tra politica e media 1.10 ......................................................... 22

Capitolo 2 ................................................................................................. 26

L’inizio della campagna contro la stampa 2.1 ........................................... 28

Il caso Curdo 2.2 ....................................................................................... 32

Gezi Park e la sua censura 2.3 .................................................................. 39

I media e lo scandalo della corruzione 2.4 ................................................ 46

La censura della rete 2.5 .......................................................................... 48

Capitolo 3 ................................................................................................ 52

Colui che guida il paese 3.1 ...................................................................... 53

Il disastro di Soma 3.2 .............................................................................. 54

Il primo presidente eletto dalla popolazione 3.3 ...................................... 57

Le ragioni dell’instabilità del governo 3.4 ................................................. 58

Fethullah Gulen: una concreta minaccia al governo di Erdogan 3.5 ......... 60

Nuove minacce ai social network 3.6 ....................................................... 63

Il nuovo arresto di giornalisti 3. ................................................................ 64

Il futuro della Turchia 3.8 ......................................................................... 65

Conclusioni ............................................................................................... 67

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Bibliografia.…………………………………………………………………………………………….73

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1

Introduzione

Quanto segue vuole essere un’attenta analisi sulla situazione mediatica

odierna in Turchia, paese dalla ricca e travagliata storia, della sua censura

messa in pratica per favorire lo sviluppo di un potere autocratico

all’interno delle alte sfere del governo. L’obiettivo finale è quello di

dimostrare il forte legame che vige fra i media e la politica odierna attuale;

per fare ciò sarà necessario prima di tutto esporre un’ampia introduzione

della storia della Turchia e delle sue tradizioni.

Questo servirà innanzitutto a chiarire quanto siano stati importanti gli

insegnamenti di Ataturk, padre del moderno stato turco. Il mix di

tradizione e di nazionalismo va unito anche alla religione islamica,

elemento che ha maggiormente influenzato la storia politica di questa

nazione. Questi tre elementi hanno avuto un forte effetto nella storia

dell’ultimo secolo e in quella odierna: a partire dal tramonto dell’Impero

Ottomano e dell’ascesa al potere di Ataturk. Sarà proprio questo

personaggio ad avere un’incredibile influenza sul paese creando una forte

identità e unità nazionale. Il fine ultimo del carismatico leader era proprio

quello di modernizzare la sua madrepatria per renderla competitiva anche

nel panorama internazionale. Bisogna inoltre ricordare che all’interno dei

confini del paese sono presenti numerosi tipi di popolazioni appartenenti

ad etnie diverse da quella turca: fra queste troviamo anche la popolazione

curda che, dopo la fondazione della repubblica, si troverà molto spesso in

conflitto con le opinioni dei vari governi che si succederanno alla testa del

paese.

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Occorre inoltre ricordare che, nell’ultimo secolo, vi è stata una sorta di

integrazione e uno sviluppo tecnologico, forzato, allo scopo di catapultare

uno stato arretrato come quello Ottomano fra le potenze industriali del

‘900.

Le tradizioni secolariste e nazionalistiche introdotte da Ataturk, saranno

considerate sacre ed assolutamente intoccabili.

A difendere questi saldi principi, Ataturk, dopo la sua morte, lascerà

l’esercito, che avrà il compito di difendere la nazione ed il popolo da idee

che andranno contro gli ideali del leader. Tutto ciò risulterà in un XX

secolo travagliato dalle interferenze da parte dell’esercito nell’ambito

delle questioni politiche, in parte giustificate e in parte no.Esse hanno

contribuito a formare un clima politico instabile e denso di repentini

cambi di potere. Quest’atmosfera si è protratta fino all’incredibile scalata

al potere di colui che è l’attuale presidente della Turchia: Recep Tayyip

Erdogan.

Alla testa dell’AKP, il partito islamico tradizionalista di maggioranza, è

stato in grado di governare il paese a partire dal 2002 fino ad oggi, senza

pressoché nessuna interferenza da parte dell’opposizione.

Erdogan infatti, oltre ad essere una persona molto carismatica, ha avuto la

lungimiranza di legare strettamente la sua linea politica all’informazione.

Inizialmente, il suo partito ha effettuato una copertura mediatica molto

favorevole al governo, per poi tramutarla in una e vera propria censura di

tutte le idee e le opinioni troppo critiche sulla sua gestione e sui suoi

intrighi. Proprio grazie al forte controllo che l’AKP ha esercitato sui canali

mediatici, è risultato essere uno dei mezzi che ha consentito al presidente

Erdogan di mantenere il potere così a lungo. Al fine di spiegare le relazioni

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presenti fra i media e la politica è prima necessaria un’attenta analisi dei

tre principali media maggiormente diffusi all’interno del paese: la

televisione, i giornali ed internet. Infatti è d’obbligo prima capire come si

sia sviluppato il mercato, chi siano i principali protagonisti e quali sono,

dove presenti, gli interventi da parte dello stato.

Si procederà successivamente a esporre la crescente censura, aumentata

con la sempre maggiore sete di potere del presidente. Per mettere a

tacere l’opposizione, principalmente formata da intellettuali e giornalisti

che hanno in diversi casi origine curda, vi è stato spesso un abuso delle

leggi sul terrorismo che, come si vedrà, risultano essere abbastanza vaghe,

permettendo così al governo vasta mobilità di azione nel definire

determinati comportamenti come atti terroristici. Uno degli eventi

mediatici analizzati, in modo da rendere il più chiara possibile la portata

della censura all’interno del paese, sono state le proteste avvenute alla

fine di maggio del 2013 a Gezi Park, nella città di Istanbul. Questo sarà il

primo evento a subire una forte censura da parte dei media, esponendo

entrambe le correnti di pensiero secondo le quali essa possa o non possa

essere imposta dal governo.

Il presidente Erdogan capirà presto che per mantenere il potere avrà

bisogno un’informazione di parte in modo da influenzare positivamente il

proprio elettorato tradizionalista e con un basso livello di istruzione. Tutto

ciò porterà a sviluppare una forte influenza sui giornali, sulla televisione e

sulla radio. I media, ormai assoggettati al governo, si troveranno costretti

ad applicare una forte censura sulla gestione di argomenti

particolarmente scottanti; un valido esempio è la copertura della

situazione curda e le proteste avvenute a Gezi Park nel maggio del 2013.

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E’ importante ricordare Gezi Park, poiché è proprio dopo questi

movimenti che il governo si renderà conto non avere sotto controllo la

rete. A partire da questo momento la censura, che si stava facendo

sempre più forte sulla carta stampata e la televisione, stringerà nella

propria morsa anche internet. Erdogan ha proceduto successivamente ad

implementare diversi emendamenti di legge per cercare di limitare il più

possibile la fuga di notizie negative sulle politiche del proprio governo,

arrivando anche a bloccare numerosi siti troppo critici fra i quali vanno

ricordati Twitter e Youtube. Questa chiusura delle piattaforme non sarà

mai definitiva, ma attuata nei momenti in cui il governo si è trovato

maggiormente esposto alla critica.

Dopo aver presentato il crescente uso della censura si passerà a trattare la

crescente sete di potere del presidente Erdogan. Verrà quindi analizzato il

suo travolgente successo elettorale, culminato con la nomina a presidente

della Repubblica turca. Successivamente verrà chiarito come sia stato in

grado di mantenere il potere sul proprio governo. Nonostante tutto

questa crescente autocrazia non è esente da rischi che potrebbero porre

fine alla lunga era dell’AKP.

In Turchia al giorno d’oggi si trova in una situazione politica

estremamente delicata: da una parte l’Occidente, che ha fortemente

criticato molti atteggiamenti politici del presidente, dall’altra il Medio

Oriente, con il quale viene condivisa la stessa religione, ma gettato

totalmente nel caos da movimenti di fanatici religiosi. Il paese

ironicamente si trova preso nel mezzo, trovandosi a fare da ponte tra due

culture completamente diverse.

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Capitolo 1

In questo capitolo verrà prima presentata rapidamente la storia della

Turchia del ‘900, partendo dal tardo Impero Ottomano, uscito sconfitto

dalla prima guerra mondiale. I provvedimenti troppo duri del post-guerra

hanno favorito l’avvento di idee nazionalistiche. L’ideologia nazionalistica,

simile ,in alcuni tratti, a quelle che si sono sviluppate

contemporaneamente in Europa, sono state portate avanti da un da

Ataturk, leader carismatico, che segnerà in maniera decisa il futuro del

paese in tutte le sue istituzioni. Verrà data anche particolare importanza al

ruolo che ha svolto l’esercito, sarà proprio esso che si chiamerà spesso a

difendere i valori del tanto osannato leader.

Successivamente viene presentato l’evoluzione dei settore dei media in un

panorama turbolento e caotico come è quello della storia turca del secolo

passato, descrivendo nel dettaglio come si sia sviluppato il mercato dei

giornali, della televisione e di internet. Viene successivamente presentato

come, talvolta la politica è entrata nei media con il fine ultimo di imporre il

proprio controllo: andando di conseguenza a influenzare in maniera

scorretta l’opinione pubblica, portando spesso a celare delle verità

nascoste.

Introduzione alla storia e all’economia turca 1.2

Alla fine della prima guerra mondiale, il trattato di Sèvres del 1920 aveva

garantito il dismembramento dell’ormai tracollante impero Ottomano,

esso aveva lasciato solo una sottile striscia di terra della penisola Anatolica

ai turchi. Questa si dimostro una punizione troppo severa, portando a non

poche conseguenze negli anni a venire: all’interno del paese si formò

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lentamente un forte movimento nazionalista motivato proprio

dall’umiliazione subita. Alla testa del movimento nazionalistico vi era

Mustafa Kemal, l’unico dei comandanti dell’esercito turco che è stato in

grado di ottenere qualche vittoria militare. Egli è stato in grado di

riorganizzare la resistenza turca a stabilire un’assemblea nazionale nella

città di Ankara, nel cuore della penisola Anatolica.

Nel contempo l’esercito greco, notata la momentanea debolezza dei

turchi, aveva pensato di avanzare fuori dalla neo conquistata città di

Smirne, motivata dalla possibilità di riprendere il controllo totale sulle

sponde dell’Egeo. Questa venne vista da Mustafa Kemal come la

provazione necessaria per galvanizzare maggiormente la popolazione

turca in cerca di rivalsa. Dopo una guerra di tre anni l’esercito turco,

guidato dal proprio leader riuscì a cacciare i greci fuori dalla penisole a

riprenderne il controllo.

I confini del moderno stato turco furono definiti alla fine della guerra nel

trattato di Losanna del 1923.

Con la fine della guerra i turchi consolidarono come propria capitale la

città di Ankara ed abolirono definitivamente il sultanato. Mustafa Kemal

assunse la presidenza della repubblica alla testa del partito CHP (Partito

Repubblicano del popolo). Successivamente otterrà il nome Ataturk

(padre dei turchi).

La visione del nuovo presidente era ampia: Ataturk voleva vedere la

Turchia tra i più moderni paesi europei. A quel tempo, il paese era povero

ed era stato dilaniato dalla guerra, quindi bisognava ricostruire un paese

praticamente partendo da zero. Gli anni del governo di Ataturk furono

caratterizzati da un despotismo illuminato: egli infatti mentre fondava le

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basi per un istituzione democratica da una parte non concesse mai

abbastanza campo all’opposizione per ostacolarlo. Oltre a ciò sconfisse

con l’uso della forza i gruppi di dissidenti e di indulgenti che si opponevano

al suo governo, è proprio in questo periodo che si è verificata il genocidio

degli armeni, evento storico che avrà lungo dibattito nella storia della

Turchia, esso infatti non venne mai riconosciuto da parte dello stato turco

e di conseguenza il suo insegnamento nelle istituzioni scolastiche non

ebbe mai luogo. Questo evento è uno degli eventi di maggiore discussione

della storia turca. Questo massacro venne giustificato affermando che sia

stato necessario per la nascita dell’identità del popolo turco. Altro punto

critico per la storia turca era appunto la volontà da parte di Ataturk di

voler formare un paese formato esclusivamente da una popolazione di

origine turca. Inoltre per incoraggiare la nascita dell’identità nazionale, è

stata negata l’entità culturale alla numerosa popolazione curda, molti dei

quali hanno combattuto a fianco del leader per l’indipendenza. Dopo poco

tempo i curdi, popolazione che si è stabilità nell’est del paese, si

riorganizzò e diede sfocio alla prima delle numerose rivolte nella penisola

Anatolica.

Il desiderio di creare una nazione unificata portò a una sorta di “scambio”

di popolazioni con diverse origini tra la Grecia e la Turchia: intere

comunità di origine greca, che vivevano ancora nella penisola, furono

costretti a trasferirsi nuovamente in Grecia, in senso contrario, molti

musulmani che vivevano in Grecia furono costretti a emigrare in Turchia.

Questa decisione pragmatica è stata portata avanti in modo da prevenire

nuovi scontenti etnici all’interno dello stato, politica che poi si rivelerà

particolarmente efficace.

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Lo zelo per la modernizzazione è stato senza precedenti, molti elementi

furono riformati: vi fu l’introduzione del calendario Gregoriano,

l’abolizione della scrittura araba in favore dei caratteri romani e la lingua

turca venne standardizzata in tutto il paese. Questa serie di riforme portò

la Turchia a spostare la propria linea di influenza più sull’ovest,

“staccandosi” almeno in parte dal Medio Oriente.

Dopo la sua morte, avvenuta nel 1938, Ataturk divenne una figurata

osannata da tutta la popolazione turca e visto come colui che aveva creato

un solido stato, partendo dalle ceneri dell’ormai decadente Impero

Ottomano. Ataturk inoltre lasciò all’esercito il compito di difendere i

principi dallo stato da lui fondato, dando il diritto alle forze armate di

intervenire e di sciogliere il governo, qualora esso provasse ad agire

contro l’interesse dello stato e del popolo turco.

Nonostante le continue riforme di modernizzazione, il paese rimaneva

economicamente e militarmente arretrato, fu anche a causa di questo che

la Turchia non partecipò attivamente alla Seconda Guerra Mondiale,

schiarandosi, prima della capitolazione delle forze dell’asse, con gli Stati

Uniti e i suoi alleati.

Quest’alleanza venne coltivata anche nel dopo guerra, fornendo alla

Turchia una maggiore importanza strategica contro il blocco sovietico.

Questa mossa diplomatica è stato ricambiato dagli Stati Uniti con parecchi

aiuti economici al paese.

Nel 1960 ebbe luogo il primo intervento dell’esercito negli affari di stato.

Infatti un partito democratico filo islamico prese il potere, ma attuò una

serie di riforme di carattere troppo autocratico, di conseguenza le forze

armate entrarono in parlamento e lo sciolsero. Gli anni ’70 e ’80 sono

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caratterizzati da una situazione di caos politico, costringendo l’esercito a

intervenire più volte per riportare l’ordine nel paese, questo periodo ebbe

fine con l’ascesa politica di Turgut Ozal, leader del partito ANAP, egli è

stato il primo, nella storia della repubblica, a vincere e a formare una

coalizione formata esclusivamente dal proprio partito. Questo gli permise

di governare il paese con una maggiore libertà di manovra riportando

l’ordine all’interno del paese. Attuò numero riforme economiche e

giuridiche di vitale importanza che portarono finalmente la Turchia in linea

con il resto del mondo moderno, nonostante questo bisogna ricordare

altri due fenomeni che avranno non poca influenza sulla situazione politica

odierna: la crescita della corruzione e la ripresa del separatismo curdo.

Con l’inizio della prima guerra del Golfo, la Turchia si ritrovò ad avere un

ruolo centrale nell’invasione dell’Iraq questa politica ha avuto il risultato

di consolidare l’alleanza con gli Stati Uniti e la Nato. Al termine della

guerra milioni di Iracheni di origine curda, temendo rappresaglie da parte

di Saddam, fuggirono a nord verso il versante sudest della penisola

Anatolica. L’esodo catturò l’attenzione dei media, portando la situazione

curda per la prima volta sotto i riflettori. La diaspora dei connazionali

galvanizzò il partito curdo PKK, movimento illegale di impronta

terroristica. Questa nuova provocazione da parte dei curdi venne visto

dallo stato turco come un tentativo per dividere il paese, proprio per

questo la repressione da parte delle forze militari fu durissima. L’uso della

forza da una parte e dall’altra ha portato a una situazione di guerra civile

nella zono sud est dell’Anatolia. Questo clima di violenza non migliorò,

nonostante gran parte della zona interessata fosse sotto legge marziale,

finché nel 1999 Abdullah Öcalan fondatore del PKK, non fu arrestato.

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Nel contempo Turgut Ozal morì all’improvviso nel 1993, lasciando un

profondo vuoto di potere all’interno del parlamento turco: il clima di

instabilità che aveva preceduto la sua ascesa politica era tornato. Infatti

per tutta la durata degli anni ’90, fino all’ascesa di Erdogan, il paese vide

governi deboli e instabili che costrinsero nuovamente l’esercito ad entrare

in azione per riportare l’ordine.

Il nuovo millennio vide la nascita di una nuova forza politica: Recep Tayyip

Erdoğan, alla testa del suo partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP)

preannunciando l’inizio di un nuova era improntata alle riforme sociali,

capitalizzazione e un miglioramento dell’economia. Di forte impronta

islamica, l’AKP inizialmente volle fortemente l’entrata nell’Unione Europea

in modo da porre un freno alle continue ingerenze da parte dell’esercito

negli affari politici. Il bacino degli elettori dell’AKP veniva dalle piccole

cittadine sparse per tutta l’Anatolia, dovuto al grande boom economico

che le medio-piccole cittadine stavano attraversando. L’economia turca

continuava a crescere rapidamente con un’annuale crescita del prodotto

interno lordo, questo prorompente crescita fece pensare a molti turchi

che l’entrata nell’Unione Europea non era necessaria, spaventati anche

dalla paralisi economica che ebbe luogo nella vicina Grecia.

L’AKP ha attratto tuttavia numerose critiche da parte della comunità

internazionale, soprattutto a causa delle restrizioni sulla libertà di

espressione nei confronti dei media.

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Il ruolo del settore dei media nell’economia 1.3

Fino agli anni ’80 il controllo dei media era in mano a famiglie di investitori

che erano da sempre nel settore. Con le decisioni prese nel 1980, il

governo abbandonò le sovvenzioni alla stampa; questo si tramutò in una

minore dipendenza da parte dello stato grazie anche all’aumento dei ricavi

derivati dalla pubblicità. Nonostante questo tutte le pubblicazione che non

erano in grado di sostenere i costi di stampa e che non erano in grado di

avere abbastanza visibilità per ottenere maggiori proventi derivati dalla

pubblicità, furono costrette a uscire dal mercato. Mentre gli anni ’90 sono

noti come un periodo di instabilità generale nell’economia del paese, il

gruppo degli investitori nel settore dei media aumentò rapidamente grazie

a sussidi e prestiti a basso tasso di interesse concessi dal governo. Il

settore dei media subì un duro colpo nel 2001 e nella crisi finanziaria che

ne scaturì, gli investitori o furono costretti a uscire dal mercato o furono

comprati dal “TMSF”1, associazione governativa che si occupa di

assicurazioni e depositi bancari, inizialmente supervisionata dalla Banca

Centrale di Turchia e successivamente associata all’ufficio del primo

ministro. Il gruppo “Bilgin” proprietaria del “Yeni Asir”, del “Sabah”

(giornali fra i più venduti e popolari nel paese) e del canale televisivo ATV,

subì maggiormente il contraccolpo della crisi. Rimasero coinvolti oltre

3900 giornalisti2 e 4815 rimanendo disoccupati; inoltre i guadagni dalla

pubblicità passarono da 1 miliardo di dollari a 500 milioni di dollari.

Aydin Dogan proprietario del gruppo “Dogan”, leader nel settore, era

passato indenne dalla crisi, fece un offerta per l’acquisizione del gruppo

1 Associazione governativa che si occupa di assicurazioni e depositi bancari

2 Dati pervenuti dall’associazione dei giornalisti turchi

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“Bilgin” negoziando con il TMSF. Il gruppo “Bilgin”, in precedenza aveva

operato soltanto nel settore giornalistici, entrando in questo momento

anche nel settore televisivo, con la fondando del canale “NTV”: canale di

riservato alle sole notizie di cronaca e di finanza, primo nel suo genere nel

paese.

Dopo il 2002, il settore dei media in Turchia diventò un ottimo mercato

per gli investimenti, questo si tramutò in un incremento dei guadagni

derivati dalla pubblicità e un progresso tecnologico nelle apparecchiature.

In concomitanza all’aumentare degli investimenti vi è stato un aumento di

giornali stampati in circolazione.

Con la ripresa nel primo quarto del 2002, i profitti tornarono a crescere in

media del 20% fino al 2007. Questo viene ricordato come l’anno di inizio

della crisi economica globale, la riluttanza nell’investire denaro colpì

duramente anche il settore dei media che vide i profitti derivanti dalla

pubblicità diminuire del 2.1% agli inizi del 2008. Nel 2010 gli effetti della

crisi cominciarono a diminuire e i profitti tornarono a crescere del 35% per

tutto l’anno.

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Questo continuo aumento dei profitti derivati dalla pubblicità, unito alla

stabile e positiva economia, ha reso il settore dei media ancora più

invitante per gli investitori, in particolare quelli stranieri. L’iniziativa per

attirare investitori stranieri in Turchia era già iniziata nel 1990 con il

supporto del governo. Questo portò a una serie di fusioni tra compagnie

nazionali e non, fra il 2002 e il 2008. Una parte significativa degli

investimenti finirono nel settore televisivo, facendosi partecipe di un

notevole sviluppo. La flessibilità dimostrata nei confronti delle emittenti

televisive stranieri e la situazione economica del paese dimostra che il

settore dei media turco continuerà a svilupparsi anche in futuro. Bisogna

ricordare però che coloro che desiderano investire nel settore sono

costretti a contattare direttamente il governo, allo scopo di controllare le

valutazioni economiche e di avere i requisiti necessari per investire. Anche

se un processo simile avviene in molti paesi europei, questo potrebbe

lasciar supporre che il governo sia in grado di manovrare gli investitori: la

decisione del gruppo “Dogan” di diminuire gli investimenti dopo

l’imposizione di numerose sovvenzioni è guidata dall’intento del governo

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Ricavi derivati dalla pubblicità in Milioni di dollari

Ricavi derivati dalla pubblicitàin Milioni di dollari

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di manipolare e di scoraggiare investitori non graditi. Questo meccanismo

potrebbe essere adottato in modo da favorire gli investitori simpatizzanti

alle idee del governo e di scoraggiare tutti gli altri.

Come vengono amministrate le televisioni 1.4

Come riportano i dati forniti dall’RTUK3, vi sono al momento 24 emittenti

nazionali, 15 regionali e 209 locali in onda. La divisione come nazionale,

regionale e locale è stata effettuata prendendo in considerazione le

frequenze di messa in onda e attraverso le licenze concesse dalla stessa

RTUK. Tuttavia lo sviluppo della tecnologia e la diffusione su larga scala del

ricevitore satellitare continua a marcare la differenza fra nazionale,

regionale e locale.

La televisione è il canale media che ha la più alta percentuale di

penetrazione nel paese, raggiungendo più del 98% di tutta la popolazione

che vive in Turchia. La media giornaliera spesa a guardare la televisione

sono 3 ore, fino ad arrivare a 7 per le casalinghe. La Tv via cavo è

disponibile in 21 città, con circa 1 milione e 275 mila iscritti. “Turksat”,

essa emette la programmazione sulla televisione pubblica e privata, è di

proprietà dello stato ed è un monopolio. La compagnia provvede a fornire

sia infrastrutture che servizi di trasmissione, quindi ha il potere di decidere

chi può trasmettere sulle sue reti.

3 È l’ente statale che si occupa dell’amministrazione e della pubblicazione nella televisione e nei giornali

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I profitti pubblicitari e la loro distribuzione 1.5

I profitti della trasmissione televisiva consistono in pubblicità e

sponsorizzazioni. Interessante è notare che i piccoli canali hanno ridotto

l’unità di prezzo per la pubblicità in modo da avere entrate pubblicitarie

maggiori, rimanendo competitivi contro le compagnie più grandi. Ali Atif

Bir, che lavora per “AGB Anadolu”, compagnia che opera misurazioni di

audience televisivo nel lungo termine, afferma che il prezzo per secondo

di pubblicità su canali nazionali che hanno la percentuale di share più alta

arrivano a 75-dollari, scendendo addirittura sotto il dollaro per i canali

minori.

L’articolo 10 paragrafo 10 della legge numero 6112 varata il 3 marzo 2011

asserisce che “la quantità di qualsiasi pubblicità messa in onda, escluso il

telemarketing, non può superare il 20% di un ora” limitando il tempo per

la pubblicità a 12 minuti. Tuttavia delle nuove normative hanno limitato il

tempo della pubblicità a 6 minuti. Questo si è tradotto in una perdita di

guadagno da parte dei canali televisivi, chiaramente maggiore per quelli

più popolari. A questo punto gli esperti dei settore hanno intuito che i

canali TV avrebbero optato per un aumento del prezzo e che gli esperti di

marketing avrebbero cercato di recuperare i profitti persi sviluppando

nuove applicazioni: per esempio l’aumento delle sponsorizzazioni,

incentrando i programmi principalmente sull’audience piuttosto che sulla

qualità dei contenuti stessi oppure aumentando le entrate vendendo la

pubblicità in cambio di crediti e azioni bancarie.

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In modo da ottimizzare la distribuzioni pubblicitaria nel 1992 è stato

formato un comitato per la ricerca e la misurazione dell’audience

televisivo: il TIAK4.

Nel paese sono presenti solo 24 enti di programmazione nazionale con

frequenza nazionale e la maggior parte di essi è controllata dai grandi

gruppi mediatici. Esse di conseguenza si spartiscono più dell’80% dei

profitti televisivi, portando di conseguenza a una struttura di mercato

molto concentrata.

Un così alto tasso di concentrazione ha portato a una serie di

provvedimenti introdotti con la legge numero 6112 sullo Stabilimento

delle compagnie della radio e della televisione. La legge impone che la

presenza massima sul mercato da parte di una singola compagnia non

deve essere superiore al 30%, in modo tale da prevenire una eccessiva

concentrazione. Ci si aspetta quindi che le compagnie che hanno una

quota di mercato superiore a quella prestabilita siano costrette a

diminuirla, per rientrare nei limiti imposti, però questo potrebbe non

avvenire: infatti grazie ai grandi profitti che vengono ottenuti dai gruppi, si

potrebbe pensare che essi preferiscano pagare una multa piuttosto che

rispettare la legge.

In che modo vengono amministrati i giornali 1.6

I dati forniti dalla TURKSTAT del 2009 indicano che nel paese sono

presenti: 163 giornali nazionali, 73 regionali e 2368 locali, con un totale di

2604 stampe. Analizzando i dati sulla circolazione della TURKSTAT del

2009, risulta che il consumo di giornali nazionali è di oltre l’80%, seguito

da quello dei giornali locali 15.3% e di quelli regionali con una quota del

4 A partire dal 2010 la misurazione del’audience è stata trasferito alla “TNS Piar”

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2.4%. In linea con il Comitato di ricerca dell’audience5 “BIAK”, che si

occupa di misurare il numero di lettori dei giornali e di studiarne il profilo,

vi sono 11,4 milioni di lettori regolari presenti nella parte più urbanizzata

del paese Turchia. Per quanto riguarda al numero di circolazione dei

giornali in Turchia6, le cifre ammontano a circa 4 milioni e 200 mila.

Comparato con gli anni passati, si nota una diminuzione delle vendite dei

giornali.

Si nota dalla tabelle segue, risulta che il giornale più venduto è lo

“Zaman”, con una media di vendita di 900 000 di copie. Il più vicino

contendente è il “Posta” e “Hurriyet, con una media di circolazione

approssimativa di 500.000 copie. A differenza del settore televisivo nel

settore giornalistico si nota una minore concentrazione da parte dei

singoli giornali.

5 “BIAK”: si occupa di misurare il numero di lettori dei giornali e di studiarne il profilo

6 Dati forniti dal Dipartimento della Pubblicità Stampata “BIK”

Page 23: 1008447 Nicolò Seidita

18

Dati relativi alla concentrazione del mercato e delle vendite nel settore dei

giornali quotidiani:

Giornali Media di vendite

giornaliere

Zaman 880.000

Posta 451.000

Hurriyet 431.000

Sabah 342.000

Haberturk 217.000

Sozcu 210.000

Milliyet 153.000

Aksam 140.000

La distribuzione e i profitti della pubblicità 1.7

Da quanto emerge i ricavi dei giornali arrivano solamente da due fonti:

dalle vendite del giornale e dalla pubblicità. Sono stati fatti quindi molti

più sforzi per aumentare i guadagni provenienti dalla pubblicità piuttosto

che dalle vendite, questo perché in Turchia non vi è la possibilità per un

giornale di sopravvivere basandosi solamente su di esse, questo a causa

del basso potere di acquisto del paese e delle strategie messe in atto dai

leader del mercato. Oggi i giornali in Turchia vengono venduti con una

media di prezzo di TL 0.50 (0.17 €), prezzo che copre solamente i costi

Page 24: 1008447 Nicolò Seidita

19

della carta e della stampa, tutte le risorse umane, i costi del marketing e

dell’amministrazione. I profitti vengono dunque dai ricavi pubblicitari.

In Turchia, le pubblicità e gli annunci che compaiono sulla carta stampata

provengono da due fonti diverse. I primi sono le pubblicità e gli annunci

ufficiali che arrivano dal “BIK”7, mentre i secondi sono pubblicità private

che i media stessi prendono da clienti privati. Bisogna però chiarire che il

Dipartimento Generale della Pubblicità Stampata distribuisce ai giornali

annunci e speciali avvisi di enti pubblici o legali che non possono essere

strettamente considerati come pubblicità. Una significante porzione degli

annunci che viene distribuita attraverso il Dipartimento Generale della

Pubblicità va ovviamente a giornali con maggiore tasso di circolazione. Per

ottenere un maggior guadagno le case editrici tendono ad avere più di una

pubblicazione, in modo da avere una maggiore entrata da parte della BIK.

Essendo un ente statale, la legittima esistenza del Dipartimento Generale

della Pubblicità Stampata, la sua funzione e la sua incapacità di operare

autonomamente è stata oggetto di dibattito sin dal giorno della sua

fondazione. Il dibattito verte sul fatto che, avendo l’associazione il potere

di decidere a quale pubblicazione fornire o no la pubblicità, questo

potrebbe risultare in una violazione dell’etica sui media. Infatti potrebbe,

in alcuni casi creare effetto di censura. Recentemente la BIK si è dedicata

al rafforzamento della stampa locale: raggiungendo un accordo con la

“RTUK” per usare il 3% dei guadagni ottenuti da quest’ultima dai canali

televisivi per rafforzare le case editrici minori. Il Dipartimento Generale

della Pubblicità Stampata ha inoltre dichiarato che porteranno avanti

attività per il rafforzamento delle condizioni di lavoro, garantendo che gli

7 Dipartimento Generale della Pubblicità Stampata

Page 25: 1008447 Nicolò Seidita

20

impiegati abbiano un contratto di lavoro in linea con la legge sul lavoro no.

5953 e che le pubblicità saranno distribuite in maniera più equa.

Tuttavia risulta che i quattro gruppi media più grandi hanno una posizione

dominante in gran parte del mercato, occupano infatti circa il 90% del

settore e che il gruppo più grande, il “Dogan” prende più della metà della

percentuale. Proprio a causa di questa ragione è stata approvata

un’imposta pecuniaria al gruppo, a causa della posizione dominante che

ha assunto all’interno del mercato.

Nonostante l’imposizione pecuniaria e la vendita di due suoi quotidiani, è

ovvio che il gruppo Dogan punti a mantenere la posizione di leader nel

mercato. Altra considerazione che è necessario fare è che il diretto

“competitor” del gruppo, il DK Giornalismo non sembra essere in grado di

abbassare la concentrazione dei profitti pubblicitari come non è riuscito a

strappare una parte della quota di mercato nelle vendite.

Il ruolo di Internet nel panorama dei media 1.8

Alcuni dei gruppi media e finanziari maggiori quali Dogus, Cukurova,

Dogan, Sabanci e Koc, sono stati fra i primi a investire in Internet a fini

commerciali. Questi gruppi sono entrati nel settore con lo scopo di offrire

diversi servizi online, principalmente di “providing”8. Tuttavia, la crisi che

emerse alla fine del 2000 nel mercato di internet, seguita dalla crisi

economica del 2001, fece bruscamente interrompere gli investimenti sul

web.

8 Il “providing” è l’attività di fornire, a pagamento, l’accesso a Internet

Page 26: 1008447 Nicolò Seidita

21

Gli investimenti nel web ricominciarono verso la fine della prima decade

del nuovo millennio quando i grandi gruppi del settore dei media decisero

di investire nuovamente, questo è avvenuto principalmente portando il

contenuto dei propri giornali sulla rete. Dietro a questa decisione vi era

l’obiettivo di espandere i propri contenuti sulla rete e di effettuare

nuovamente servizio di “providing”, il tutto motivato dall’idea che un

giorno Internet avrebbe soppiantato la stampa e la televisione. I gruppi

hanno sfruttato a pieno le funzionalità del web in modo da aumentare la

propria gamma di prodotti e di conseguenza aumentando la propria quota

di mercato nel nuovo settore.

L’uso di internet in Turchia sta crescendo rapidamente. Secondo i dati

forniti dalla “Internet World States”, vi sono 35 milioni di utenti in Turchia:

ciò corrisponde all’incirca al 45% della popolazione. Inoltre i dati forniti

dalla TURKSTAT sull’uso della ICT indicano che il 41% delle abitazioni

hanno un accesso alla rete.

Organizzazioni impegnate nella pubblicazione online 1.9

Come già accennato precedentemente, grandi gruppi capitalistici,

compresi quelli dei media, sono stati fra i primi a fare investimenti

sostanziali nella pubblicazione in rete in Turchia. Il giornalismo online ha

visto il suo inizio nel 1996, quando i gruppi hanno incominciato a portare

le proprie testate online. Grazie anche a ciò, già in quegli anni avevano

fatto la loro apparizioni siti di notizie che operano esclusivamente sul web.

Non bisogna inoltre dimenticare i “blogs”, descritti come diari pubblicati in

rete da utenti amatoriali, che attualmente stanno diventando attori

importanti nel giornalismo del rete.

Page 27: 1008447 Nicolò Seidita

22

Il rapporto tra politica e media 1.10

Ora che è stato chiarito e presentato come si presenta il mercato dei

media nei suoi diversi settori, si può analizzare il rapporto talvolta

conflittuale che essi hanno avuto nella vita politica del paese. Come si è

visto il mercato dei media è fortemente concentrato in mano a pochi e

potenti gruppi, questi infatti hanno moltissime proprietà condivise

all’interno dello stesso settore. Le testate giornalistiche e le televisioni,

nonostante offrano una moltitudine di testate e di spettacoli televisivi,

tuttavia non sono in grado generare una quantità di profitti sufficiente al

proprio sostentamento e sono quindi costrette ad operare in negativo.

Proprio a causa di questa ragione il panorama mediatico del paese è stato

da lungo tempo campo di battaglia per interessi personali, a carattere

politico e ovviamente anche commerciale.

Nuri Colakoglu, uno fra i giornalisti più importanti e con maggiore

esperienza in Turchia, ora presidente del gruppo “Dogan”, spiega che

storicamente le relazioni fra il governo e i media non hanno mai favorito la

libertà. Durante i periodi di governo militare e durante i colpi di stato, i

media erano parzialmente ristretti con varie forme di controllo in modo

tale da limitare la diffusione di materiale troppo vicino a uno dei partiti

che ciclicamente cercava di attuare riforme contrarie ai principi di Ataturk.

Il giornalismo in Turchia ha avuto vita difficile, crescendo in un clima ostile

e dedito alla censura dei mezzi di comunicazione.

Nonostante questo si può affermare che negli anni ’90 fino all’ascesa

dell’AKP nel 2002 i media fossero relativamente liberi dal giogo della

censura. Ciò però è cambiato con le vittorie dell’AKP che hanno

trasformato i media in un potente mezzo per di chi detiene il potere. Con

l’ascesa al potere di Erdogan il mercato dei media ha avuto, grazie ai

Page 28: 1008447 Nicolò Seidita

23

sovvenzionamenti da parte del BIK, l’entrata nel mercato di numerosi

concorrenti e l’ampliarsi, degli interessi proprietari. Inoltre si è vista la

nascita di una forte influenza da parte del partito nei confronti dei media,

questo ha provocato una polarizzazione delle opinioni del paese: da una

parte i gruppi dichiaratamente a favore dell’AKP, dall’altra in opposizione

ad essi. La mancanza di idee moderate o di centro ha portato nel paese un

forte “dualismo” delle opinioni, provocando una forte intolleranza verso

coloro che hanno un’opinione politica diversa dalla propria. Questa

strategia di affrontare i media ha creato una forte influenza a favore del

primo ministro e del suo governo. Si stima che l’AKP attualmente controlli

intorno al 50% dei media direttamente, il 30% indirettamente e il

rimanente 20% è formato da piccole parti. La capacità del governo di

manovrare i fili dei media ha avuto terreno fertile grazie agli interessi dei

diversi gruppi mediatici: infatti la maggior parte di essi ha proprietà anche

nel settore dell’industria, dell’energia, dell’educazione, ecc. A causa degli

interessi in altri settori che basano i propri profitti su contratti pubblici ed

appalti da parte dello stato, essi sono ovviamente facilmente ricattabili da

parte del governo. Almeno una dozzina di giornali e 10 enti televisivi9 sono

di proprietà di compagnie che hanno interessi in altri settori al di fuori di

quello mediatico:

- Gruppo Dogan: Energia, retail, turismo, finanza, industria

- Gruppo Demiroren: Gas, costruzione, educazione, industria

- Gruppo Ciner: Energia, miniere, industria e settore terziario

9 Bucak S., Censorship in The Park: Turkish Media Trapped by Politcs and Corruption, Londra, 2014, pp

14-16

Page 29: 1008447 Nicolò Seidita

24

- Gruppo Dogus: Banche, finanza, ferroviario, costruzione, turismo,

energia e catene di ristorazione

- Gruppo Calik: tessile, energia costruzione, finanza, telecomunicazioni,

miniere

Come si nota sono tutti settori che hanno una forte dipendenza dallo

stato, accreditando la tesi che esse possano essere “pilotate” dal governo.

“Alcune industrie non erano per natura inclinate ad ottenere delle

proprietà nel settore dei media, ma a causa di certi affari hanno sentito

l’esigenza di entrare nel settore sotto pressione da parte di parti

politiche”- afferma la ricercatrice della “Galatasaray University”, Ceren

Sozeri.

Quanto viene affermato accredita maggiormente la tesi del ricatto: “gli

industriali hanno largamente ammesso che vi sia stata una pressione

politica per la loro entrata nel mercato dei media.” In una situazione del

genere vi sarebbe quindi il rischio che, in cambio di favori nel settore dei

media, il governo assicuri ai gruppi contratti pubblici e appalti. “Questo

profilo di proprietà spiega perché i proprietari dei media assecondino il

governo in ogni occasione possibile” afferma Sozeri. “Spiega inoltre

perché l’auto-censura era così diffusa nei media durante le proteste a Gezi

Park”.

Fatih Gokhan Diler, giornalista per “Agos”, giornale bilingue che si occupa

anche della comunità armena in Turchia e il cui editore Hrant Dink è stato

assassinato da estremisti nel 2007, afferma che, a causa di queste ragioni,

all’estero non si è prestata molta attenzione alla corruzione, ai lunghi

conflitti con la popolazione curda o alle tensioni con l’Armenia in seguito

alle negazione del genocidio della propria popolazione nel 1915.

Page 30: 1008447 Nicolò Seidita

25

Diler continua affermando che le forti influenze dell’AKP nel mercato si

sono tradotte in una manipolazione mediatica in cambio di favori

commerciali. “I membri dei media e del governo descrivono similmente il

governo di Ankara come lobbistico per le proprie compagnie”10.

Il rapporto ha trovato collegamenti di affari e prove che il governo ha

impropriamente effettuato pressioni sul settore dei media per limitare il

dibattito pubblico sulle proprie azioni, questo atteggiamento ha

contribuito ad aumentare la divisione sociale fra coloro che hanno

opinioni politiche diverse, andando ulteriormente ad accrescere le

tensioni all’interno del paese.

“Il governo deve riconoscere che i propri sforzi al fine di controllare un

dibattito libero è alienante per i cittadini e potrebbe potenzialmente

minacciare la stabilità del paese. Può anche mettere a rischio

l’integrazione della Turchia in Europa e la sua forte alleanza con gli Stati

Uniti”11.

10

Ibidem 11

Ibidem

Page 31: 1008447 Nicolò Seidita

26

Capitolo 2

Nel capitolo che segue verranno presentati in ordine cronologico i motivi

per cui Erdogan sia stato in grado di mettere a tacere le opinioni di diversi

intellettuali a lui ostili attraverso un uso diretto ed indiretto della censura.

Questo meccanismo è stato attuato principalmente nei settori già

analizzati in precedenza. L’ascesa del controllo mediatico da parte dell’AKP

ha sostanzialmente avuto inizio nell’estate del 2012, in contemporanea

con la ripresa delle ostilità con il partito, di impronta terroristica, del PKK.

Il partito, mai riconosciuto nella legalità da parte dello stato turco,

rappresenta le idee separatiste ed estremiste di una parte della

popolazione curda. Inizialmente viene presentato come i giornalisti e gli

intellettuali che hanno a cuore la causa curda, esponendo delle idee più

moderate di quelle proposte dal PKK e come siano stati presi nel mezzo da

parte di questi ultimi ed il governo. Infatti il governo che, da prima ha

dimostrato una relativa apertura al dialogo sulla questione, ha sfruttato a

suo vantaggio la situazione, usando l’accusa di terrorismo per processare

Page 32: 1008447 Nicolò Seidita

27

la maggior parte dei giornalisti curdi che hanno preso posizione troppo

critiche sulla questione.

Successivamente sono state analizzate la serie di proteste avvenute in

protezione del parco di Gezi, iniziate il 28 maggio 2013 e proseguite per

tutta l’estate. Le rivolte, iniziate con un semplice sit-in pacifico da parte

della popolazione, nel giro di un mese hanno subito un escalation che ha

mostrato al mondo una violenza simile a quella appena vissuta dalla

primavera araba, con la sostanziale differenza che, in questo caso, oltre a

non aver portato un cambio radicale alla testa del paese, si è rivelata uno

sfogo e una causa comune per unire tutta l’opposizione contro il nemico

comune: Erdogan. Verrà dato maggior rilievo a come i canali mediatici si

sono comportati di fronte a una situazione molto critica. Infatti, a parte

l’iniziale censura da parte dei media, nel momento in cui i canali mediatici

sono stati costretti a guardare in faccia la realtà hanno presentato la

notizia con due visioni completamente diverse: la prima, favorevole al

governo, che sostiene che le rivolte siano state un tentavo ordito da alcuni

intellettuali per rovesciare il governo e la seconda, di visione

completamente opposta, che denuncia il crescente autoritarismo di

Erdogan, la censura attuata sui media e l’uso della forza bruta per

reprimere l’opposizione. Si passerà successivamente ad approfondire gli

effetti che le proteste hanno avuto sui media, mostrando come siano stati

puniti tutti quei giornali, reti televisive e siti web che hanno deciso di

trattare l’argomento in maniera troppo critica e contraria al governo. In

particolare il governo stesso, accortosi della larga diffusione dell’uso delle

piattaforme web per diffondere notizie sulle proteste, ha preso

provvedimenti radicali sulla questione che porteranno alla rimozione di

contenuti, giudicati offensivi, dai diversi siti. Questo approccio, simile a

Page 33: 1008447 Nicolò Seidita

28

quello attuato già in Cina, ha portato inizialmente alla rimozione di

contenuti e successivamente ad un blocco di due dei più diffusi siti web

per la diffusione d’informazione: Twitter e Youtube. La chiusura di queste

due piattaforme multimediali, seppur temporaneo, avrà un’importanza

fondamentale per il mantenimento del potere da parte dell’AKP.

L’inizio della campagna contro la stampa 2.1

Nuray Mert, una delle principali e più importanti colonniste e

commentatrici politiche, ha già in passato fortemente criticato l’allora

primo ministro Erdogan e il suo governo. Tuttavia i suoi articoli, pubblicati

nell’estate del 2012 riguardanti i metodi con cui viene amministrata la

situazione curda hanno superato il limite, provocando l’ira del primo

ministro. In un discorso tenuto poco dopo la pubblicazione, il capo dello

stato ha dichiarato che Mert era una traditrice e che cercava di sollevare

l’opinione pubblica contro il governo, ed ha anche sostenuto che avrebbe

dovuto temere per la propria incolumità personale consigliando inoltre ai

suoi superiori di licenziarla e di sospendere il programma televisivo che

conduceva.

“Mi sono sentita intimidita in molti modi” ha affermato la giornalista in un

lettera resa pubblica, dichiarando “Ho ricevuto diverse lettere contenenti

Page 34: 1008447 Nicolò Seidita

29

minacce, il mio bagaglio viene controllato ogni volta che viaggio e le mie

telefonate private vengono registrate”12. Nonostante il caso di Mert

sembri drammatico, la giornalista è stata molto più fortunata di molti altri

suoi colleghi che hanno osato sfidare le idee e la politica di Erdogan e del

suo partito.

Le autorità turche, infatti, hanno effettuato una delle più grandi censure

della stampa della storia recente. Durante l’agosto del 2012 sono stati

imprigionati oltre 76 giornalisti, la maggior parte dei quali con l’accusa di

aver effettuato azioni sovversive con l’intento di destabilizzare l’opinione

pubblica13. Più di tre quarti degli arrestati non no è stato condannato per

alcun crimine, ma sono dovuti comunque rimanere in carcere o agli arresti

domiciliari in attesa di giudizio per mesi se non anni. Si registra inoltre che

alla fine del 2011 vi erano tra le 3.000 e le 5.000 cause contro giornalisti

che erano in attesa di giudizio. Lo stesso Erdogan ha personalmente

portato avanti la campagna contro la stampa , finendo a sua volta a violare

le leggi sulla diffamazione. Contemporaneamente è riuscito a mantenere

sotto pressione i mezzi di informazione, riuscendo a mantenere il dominio

sulla critica di maggioranza. L’uso del pugno di ferro contro coloro che

esprimono idee contrarie al partito ha provocato una sempre più ampia

autocensura da parte nei confronti di giornalisti, per paura di rappresaglie

finanziarie, legali o professionali. Gli argomenti che principalmente era

meglio non discutere erano la situazione curda o la diminuzione della

libertà di espressione stessa.

Hakan Altinay, presidente della “Open Society Foundation” in Turchia,

associazione per la promozione dei diritti umani e della democrazia, ha

12

Ognianova N. in collaborazione con il “Comitatato per la Protezione dei Giornalisti, “Turkey’s Press Freedom Crisis”, New York, 2012, pag.13 13

Ivi, pag.20

Page 35: 1008447 Nicolò Seidita

30

dichiarato: “L’opinione del primo ministro conta molto. Lui ci ha

comunicato quali giornali dovremmo e non dovremmo leggere. Ha

‘segnalato’ ai proprietari dei media quali reporter dovrebbero licenziare e

quali colonnisti con cui lui è in disaccordo. Molti di loro difatti gli hanno

dato ascolto. E’ importante anche ricordare che il primo ministro non ha

mai detto di aver imparato qualcosa dalla voce di un dissidente o

ringraziato qualcuno per una critica che lo abbia aiutato a scoprire un

eventuale errore.”

L’AKP ha dimostrato di essere pronto a prendere il controllo mediatico del

paese, proponendo un emendamento istituzionale che avrebbe ristretto la

copertura della stampa su vaste aree della vita pubblica: dal sistema

giuridico alla sicurezza nazionale, giustificando che ciò era in relazione con

il mantenimento dell’ordine pubblico.

Almeno 61 dei giornalisti arrestati agli inizi di agosto dello stesso anno

sono stati incarcerati con accuse direttamente imputabili per il lavoro da

essi svolto. Le prove contro i rimanenti 15 sono meno chiare ed i motivi

per il loro incarceramento non lo sono altrettanto.

Di coloro che sono stati imprigionati, più della metà sono di origine curda;

sono stati accusati di aiutare le organizzazioni terroristiche del partito per

la liberazione curdo14. I giornalisti rimanenti hanno dovuto affrontare

l’accusa di tramare il rovesciamento del governo o di essere membri di

movimenti politici illegali. Altri ancora sono stati collegati senza alcuna

prova alla cospirazione “Ergenekon”, che non sarebbe altro che un altro

tentativo per rovesciare il governo servendosi però dell’esercito. I

giornalisti, secondo le teorie del governo, usavano la copertura delle

14

PKK

Page 36: 1008447 Nicolò Seidita

31

notizie in modo da seminare il caos che poi avrebbe condotto a una

destabilizzazione del governo. Sono stati anche registrati numerosi abusi

durante il processo: i giornalisti furono trattenuti per prolungati periodi

mentre aspettavano il processo o il verdetto, sottoponendoli a

persecuzioni e a punizioni soltanto per l’accusa di un crimine. Inoltre nel

caso di giornalisti curdi, i giudici e le forze dell’ordine hanno spesso

proibito ai difensori di dare dichiarazioni nella propria lingua natia,

nonostante traduzioni sono tipicamente concesse ad altri difensori di

lingua straniera.

Gli indizi forniti portano a credere che lo scopo ultimo del governo sia

quello di imprigionare i giornalisti che hanno coperto e pubblicato

materiale che le autorità governative trovano offensivo. Il reportage sul

PKK, per esempio, è dichiarato come materiale propagandistico al partito.

Per questi giornalisti, la normale attività di raccolta delle informazioni

viene dichiarata come attività con il fine di entrare in contatto con

organizzazioni terroristiche, vengono usate come prova del crimine in

tribunale il fatto di aver condotto interviste con dei membri del KCK o con

dei dipendenti governativi.

La CPJ ha cercato dichiarazioni del primo ministro, il quale ha emesso una

risposta attraverso Namik Tan, ambasciatore turco negli Stati Uniti: Tan ha

affermato che, il suo governo stava assicurando riforme in consultazione

con l’Unione Europea, il consiglio Europeo e l’Organizzazione per la

Sicurezza e la Cooperazione in Europa15. Tan, si riferisce al 2008 quando

richiede al ministro della giustizia l’approvazione di un emendamento per

la repressione di coloro che offendono e minacciano l’integrità dello stato

turco. Tan afferma inoltre che “la maggioranza” dei giornalisti imprigionati

15

Ivi, pp. 52-53

Page 37: 1008447 Nicolò Seidita

32

è stata accusata di crimini che “riguardano la sicurezza e l’integrità del

paese e che non sono collegati al lavoro da loro svolto”, sostenendo

inoltre che le detenzioni prima del processo attribuite con la supposizione

di innocenza, non sarebbe giusto considerarle delle violazioni della libertà

di stampa.

Anche il ministro della giustizia Sadullah Ergin ha condiviso una posizione

simile a riguardo “Noi, come membri del governo, non vogliamo che

nessuna persona, giornalista o no, venga vittimizzato per il proprio

pensiero o le loro espressioni”16. Ma Ergin ha giustificato la persecuzione

criminale dei giornalisti affermando che la Turchia deve distinguere la

protezione della libertà di espressione dalla diffusione di materiale

propagandistico di stampo terroristico.

In un paese con un lungo passato di colpi di stato militari, le parole di

Erdogan e del suo governo hanno contribuito ad affermare il proprio

punto di vista, facendo aumentare i timori che vi fosse stato

effettivamente un tentativo di colpo di stato. Questa mossa tattica ha

avuto l’effetto auspicato: accusando e criminalizzando l’opposizione

intellettuale di terrorismo, il governo è stato in grado di separare e

combattere singolarmente i diversi casi; inoltre il partito di opposizione a

Erdogan, il CHP, non è riuscito a sfruttare i fatti che si stavano verificando

per aumentare il proprio favore sull’opinione pubblica.

Il caso Curdo 2.2

Il caso curdo è sempre stato un tema molto caldo per la Turchia a causa

delle diversità culturali: dal collasso dell’Impero Ottomano, fino alla

16

Ivi, pp 50-51

Page 38: 1008447 Nicolò Seidita

33

creazione del moderno stato turco e della sua nuova identità, incentrata

sull’integrazione delle minoranze piuttosto che alla loro tutela. “Molti

turchi sono portati a credere che permettere ai curdi di parlare e studiare

la loro propria lingua natia sarebbe un primo passo per la divisione dello

stato” come affermato dall’International Crisis Group nel settembre del

2011. La minoranza curda ha da sempre opposto resistenza agli sforzi di

Ankara a fronte all’integrazione, anche impiegando l’uso della violenza.

Tuttavia i partiti nazionalisti vicini al PKK disegnano soltanto in parte il

volere dei curdi, infatti il gruppo armato vede se stesso come l’unica e

legittima organizzazione a favore del popolo curdo. Nell’ intollerante

mondo del nazionalismo curdo, ogni critica alle idee del PKK è vista come

un tradimento alla causa finale del partito. “Alcuni intellettuali e giornalisti

curdi hanno preso le distanze dal PKK, pur rimanendo legati alla causa

curda” dice Pierre Vanrie, giornalista per il giornale “Courrier

International” con sede a Parigi- “Tuttavia, hanno spesso affrontato

ostilità da parte del PKK e dai suoi membri.”17 I giornalisti curdi sono presi

nel mezzo: da una parte le autorità turche, che assottigliano la linea che

divide l’espressione di idee politiche e il diretto supporto delle azioni

violente e terroristiche del PKK, dall’altra i terroristi del partito stesso che

non accettano nessun compromesso con idee più moderate. L’attitudine

dello stato sul caso curdo non è semplicemente un’espressione di

autoritarismo politico, ma riflette le difficoltà della Turchia nel considerare

la diversità etnica, come sostiene la Human Rights Watch in un report

redatto nel 2010: “la cittadinanza e l’identità turca è formata per la

maggioranza dalle comunità di musulmani turchi e sunniti. Ai cittadini

(esclusi armeni, ebrei e greci, riconosciute come minoranze nel 1923 con il

17

Ivi, pag. 22

Page 39: 1008447 Nicolò Seidita

34

trattato di Losanna) ci si aspettava che le restanti minoranze

abbandonassero le proprie affiliazioni etniche e religiose per entrare a far

parte della popolazione turca. Anche oggi, diverse persone sono

perseguitate per l’espressione non violenta di opinioni riguardanti il caso

curdo, il genocidio degli armeni perpetrato da Ataturk, le critiche alle

politiche dello stato sul riconoscimento dei diritti alle minoranze.”

Le cause contro i giornalisti curdi sottolineano un’ingerenza da parte

dell’ordine legale turco, in particolare il codice penale toglie una piccola

parte della libertà di espressione. L’articolo 216 del codice penale, per

esempio punisce “chiunque che apertamente incita una sezione della

popolazione all’odio contro un’altra gruppo basato su differenze di ceto, di

razza, di religione, in maniera tale per cui presenti un pericolo imminente

di ordine pubblico”. Le autorità sono state spesso troppo zelanti

nell’impiego di questo articolo: “l’articolo viene usato per mettere a

tacere la voce dei dissidenti” scrive Frèdèerike Geerdink, un

corrispondente olandese con base ad Istanbul, “I politici e giornalisti curdi

in particolare sono condannati da questa legge, per esempio, ogni volta

che richiedono più diritti per il loro popolo oppure quando redigono

rapporti sui militanti del PKK.”18

Le autorità turche hanno spesso fatto prolifico uso di una durissima

legislazione contro il terrorismo: “negli ultimi tre anni, il problema

maggiore è stato l’uso sbagliato di leggi antiterroristiche per portare

accuse criminali contro persone ordinarie che hanno espresso

legittimamente la propria opinione in maniera non violenta”, afferma

Emma-Sinclair-Webb, capo ricercatrice per Human Rights Watch. Uno

studio del 2011 della Associated Press ha messo in evidenza che un terzo

18

Ivi, pag. 22

Page 40: 1008447 Nicolò Seidita

35

di tutte le cause legate al terrorismo in tutto il mondo dopo l’11

settembre, hanno avuto luogo in Turchia.

La legge antiterrorismo nota come “TMK” contiene una definizione di

terrorismo sulla quale molti esperti stranieri ritengono sia troppo “ampia e

vaga”: “nella maggior parte dei casi non vi è alcuna prova di nessuna

attività che potrebbe essere descritta come terrorismo” prosegue Sinclair-

Webb “la vaga natura delle leggi turche sul terrorismo dà una zelante

persecuzione e conferisce il potere di imprigionarli prima ancora di aver

provato l’affiliazione al PKK.”

I procuratori turchi hanno instaurato “speciali corti di giustizia” per i

processi di questi casi, come viene messo in luce negli articoli 250 e 251

del Codice di Procedura Penale, le corti speciali hanno coperto gruppi

terroristici e crimini contro l’ordine costituzionale. L’insurrezione armata,

iniziata nel 1984, trae il proprio supporto da un’economia sottosviluppata

e dalla povertà, ma prende forza anche dal profondo senso di

discriminazione e di umiliazione della minoranza curda a causa delle

norme troppo rigide imposte dallo stato turco.

Fra il 1984 e i primi anni del 2000 la regione sudest del paese è stata

travagliata dall’occupazione da parte dell’esercito militare e da gruppi

paramilitari che hanno portato avanti la distruzione di numerosi villaggi e

il trasferimento forzato di centinaia di migliaia di curdi. Secondo le stime

del governo vi sono stati 44.000 di morti fra soldati, combattenti del PKK e

civili uccisi nelle azioni di guerriglia.

Dopo la vittoria delle elezioni del 2002 da parte dell’AKP vi è stata una

maggiore apertura sulla questione curda, in parte grazie alla continua

insistenza dell’Unione Europea riguardo i diritti delle minoranze e in parte

Page 41: 1008447 Nicolò Seidita

36

grazie alla condivisione della stessa fede musulmana. Il partito al governo

ha dimostrato una maggiore apertura verso la comunità curda che, a

causa del nazionalismo etnico turco, non era mai stata neppure

riconosciuta. Questo approccio alla situazione ha portato a una maggiore

libertà nell’uso della lingua curda nei media, infatti nel gennaio del 2009 è

stato ufficialmente inaugurato il primo canale curdo: TRT6.

Nel giugno del 2009, il primo ministro Erdogan sembrava essere disposto a

continuare la sua opera di dialogo, iniziando quella che è stata definita

“l’apertura curda”, caratterizzata da una politica più moderata, allo scopo

di isolare la parte più radicale. Sfortunatamente, questo approccio ebbe

vita breve a causa di movimenti ultranazionalistici all’interno dell’esercito,

della cerchie giuridiche e dell’intransigenza del PKK stesso; il governo si

vide costretto quindi a ritornare alla vecchia politica e a sconfiggere i

dissidenti con l’uso della forza.

Nel dicembre del 2011 un attacco aereo sulla città di Uludere ha riportato

la violenza nella regione est della Turchia: le vittime erano 34 civili,

scambiati per combattenti del PKK. In questo violento contesto la

discussione della questione curda si trasforma inevitabilmente in un

campo minato: curdi che cercano di affermare la propria etnia e identità

comunitaria usando mezzi convenzionali rischiano la censura e la

persecuzione, dall’altra parte il governo non può sorvolare sul problema

senza prendere decisioni drastiche.

Nello stesso anno le autorità turche hanno effettuato maxi arresti di

politici, giornalisti e accademici con l’accusa di far parte del partito fuori

legge dell’ Unione delle Comunità in Kurdistan (KCK) un’organizzazione di

copertura per i gruppi terroristici curdi fra i quali il PKK.

Page 42: 1008447 Nicolò Seidita

37

Lo stato ha denunciato l’espressione di idee troppo vicine alla causa curda

con l’accusa di apologia terroristica, anche l’uso di determinate parole è

stato criminalizzato e controllato dalle autorità: nel maggio del 2012 il

Consiglio dello Stato, la più alta corte di amministrazione turca ha, per

esempio, proibito l’uso della parola “guerriglia” in riferimento alle azioni

del PKK. Nell’ottobre del 2011, i procuratori hanno ordinato l’arresto

dell’editore indipendente Ragip Zarakolu, un accanito sostenitore della

non-violenza, dei diritti umani e della libertà di espressione con l’accusa di

avere legami con il KCK e di averlo sostenuto nelle sue azioni criminali:

un’accusa che avrebbe potuto risultare in una condanna di 15 anni di

reclusione, Zarakolu è stato tuttavia rilasciato in attesa di giudizio

nell’aprile dell’anno successivo.

Tutta la cerchia di giornalisti che hanno coperto il caso curdo in una

maniera troppo critica vengono accusati di attività sospette e di aiutare i

terroristi. Molti fra la popolazione sono riluttanti a giudicare le azioni delle

corti di sicurezza stabilite originariamente per punire trame anti-

governative che avrebbero condotto all’instabilità politica durante il

periodo di Ataturk, ma le organizzazioni per la difesa dei diritti umani

hanno manifestato il proprio disappunto, in quanto molti degli accusati

sono stati tenuti in custodia per anni senza un verdetto finale. Le corti

inoltre sono andate oltre il giudicare attività paramilitari terroristiche,

accusando anche scrittori e giornalisti che hanno coperto, in maniera

troppo negativa, le azioni del governo. Mentre il destino dei giornalisti

curdi è legato ai casi di violenza politica ed etnica, questi fattori non

possono giustificare le infrazioni sulla libertà di espressione.

“Perseguitando e imprigionando media e giornalisti che coprono la

questione curda, la Turchia ha infranto in numerose occasioni l’articolo 10

Page 43: 1008447 Nicolò Seidita

38

della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani” afferma

Dirk Voorhoof, professore di diritto dei media presso la Belgium’s Ghent

University19.

“Il supporto o il solo riferimento al movimento di indipendenza curdo, la

crtica sulle azioni militari da parte dello stato nella ragione sud est della

Turchia, riferimenti al ruolo o alle azioni del PKK e l’intervista a membri del

partito, sono considerate dallo stato come azioni terroristiche,

incitamento all’odio oppure azioni di propaganda separatista. Tuttavia la

Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti umani considera

queste ingerenze accettabili solo se vi sono incitamenti alla violenza e se vi

è un rischio reale che questo incitamento porti all’uso della violenza,

resistenza armata o alla rivolta.” Una società democratica non può

progredire senza incontrare la critica da parte della stampa anche sugli

argomenti più sensibili, ma la forte repressione effettuata da parte del

governo sembra essere un’ingerenza nei confronti della libertà di

espressione degli individui stessi.

I giornalisti curdi erano più del 70% dei 76 giornalisti imprigionati in

Turchia nell’agosto del 2012, accusati di aiutare il partito fuori legge del

PKK. Di conseguenza il caso curdo è tornato sotto i riflettori come un

argomento “caldo” nel contesto turco, in particolare riguardo alla libertà

di espressione nel paese. Le tesi dei giornalisti curdi non hanno messo

semplicemente alla prova la democrazia dello stato, ma hanno sfidato il

senso di identità del paese stesso, sentimento ancora forte, figlio del

nazionalismo innestato da Ataturk. I turchi con origini curde sono

compresi tra i 12 milioni e i 20 milioni in un paese la cui popolazione totale

è di 75 milioni, con più o meno la metà che ha aventi residenza nel sud est

19

Ivi, pag. 23

Page 44: 1008447 Nicolò Seidita

39

e nell’ ovest, in particolare a Istanbul. A causa di una grande diaspora

nell’est Europa, il conflitto curdo ha avuto considerevole visibilità anche

all’estero. Il governo turco ha ribadito più volte la chiusura della “Roj TV”,

una televisione satellitare stazionata in Danimarca e in Belgio.

Gli episodi di violenza sono poi continuati nei primi mesi del 2012, quando

dei sospetti simpatizzanti del partito PKK hanno prima perquisito e poi

incendiato sedi a Parigi, Colonia e altre città europee del giornale

“Zaman”, giornale turco di punta vicino al movimento di Fethullah Gulen e

favorevole al governo dell’AKP. Concludendo, a causa delle azioni violente

di entrambe le parti a questo punto pare che la situazione di guerra civile

sia stata ristabilita e non vi sia ancora all’orizzonte la definitiva chiusura

della questione curda.

Gezi Park e la sua censura 2.3

I movimenti di Gezi Park varranno poi successivamente definite come la

più grande protesta di tutta la storia della Turchia , la rivolta trova la sua

origine da un piano di rinnovamento pubblico che prevedeva la

distruzione del parco, situato nel centralissimo quartiere di Taksim nella

città di Istanbul, per fare posto a un monumentale centro commerciale.

Questa non è stata altro che la goccia che ha fatto traboccare il vaso,

dando un’occasione a tutti coloro che erano in disaccordo con il governo

di unirsi assieme sotto un’unica causa, infatti durante i giorni della

protesta erano presenti circa 7 milioni di dimostranti nella sola città di

Istanbul fra ambientalisti, curdi, nazionalisti secolari, tifosi di calcio e

anche islamici di sinistra.

L’immagine icona usata durante i giorni di protesta, in modo da

ridicolizzare l’auto-censura dei maggiori media al riguardo degli

Page 45: 1008447 Nicolò Seidita

40

avvenimenti è stata il pinguino: in un sit-in che ha avuto luogo nel parco

dopo uno dei numerosi scontri avvenuto il 2 giugno 2013, , mentre

l’emittente internazionale CNN mostrava la violenza delle proteste con

numerosi combattimenti fra protestanti e polizia, il partner turco CNN

Turk ha deliberatamente deciso di ignorare la situazione drammatica,

mettendo in onda un documentario sulla vita e le abitudini dei volatili.

Questa episodio di censura della protesta è continuato su tutti i media:

incluse le testate giornalistiche maggiori per i tre giorni successivi.

Nonostante i drammatici avvenimenti, non vi è stata virtualmente alcuna

prova di umanità nel trattare i fatti da parte dei maggiori dirigenti del

settore. Solo un media leader si è preso la responsabilità pubblica di

riportare la notizia. Il CEO20 del gruppo media “Dogus”, Cem Aydin, si è

scusato con il proprio staff e ha accolto la critica da parte di coloro che si

erano raccolti fuori dall’edificio dell’emittente televisiva del gruppo (NTV)

per protestare contro la mancata copertura della notizia, dopodiché ha

dato le proprie dimissioni. Dall’altra parte le posizioni prese da Aydin il

giornale, molto vicino alle idee dell’AKP, “Sabah” decise di ignorare

totalmente la violenza che aveva luogo ad Istanbul, pubblicando in prima

pagina un articolo su un premio ricevuto dal primo ministro per la lotta al

fumo e mostrando foto del presidente della repubblica Abdullah Gul

presentatosi a cavallo durante una visita in Turkmenistan.

Nonostante la censura da parte dei media convenzionali la storia è stata

raccontata: come migliaia di dimostranti si sono fermati nel centro di

Istanbul, gli eventi sono stati vigorosamente riportati su Twitter e

attraverso altri social media e network, interpretando un ruolo

fondamentale nel tenere le persone informate sui fatti.

20

Chief Executive Officer

Page 46: 1008447 Nicolò Seidita

41

L’attenzione che i media hanno dato alla copertura di una tale notizia ha

messo in evidenza l’inadeguatezza, dei media stessi, nel coprire situazioni

così drammatiche, questo anche a causa delle forti pressioni che sono

state da sempre esercitate dal governo stesso. A sostenere questa ipotesi,

molte degli intervistateti dalla EJN21, dopo gli avvenimenti di Taksim,

hanno affermato che agenti governativi hanno sempre avuto contatti

telefonici con i maggiori dirigenti ed editori allo scopo di controllare la

copertura delle notizie.

Esra Arsan, professore di giornalismo presso la Bilgi University di Istanbul

ha affermato: “ vi è stata una censura diretta ed indiretta da parte del

governo di Ankara. Alcuni giornalisti della “NTV” si sono dimessi dopo gli

avvenimenti poiché sono stati sottoposti a censura”22.

Questa pratica non è nuova nel paese, nel 1997 il primo ministro

Necmettin Erbakan che aveva presentato proposte di legge troppo radicali

e anti-islamiche, era stato costretto a dare le dimissioni. Secondo la BBC,

numerosi giornalisti sono stati imprigionati, i titoli di molti giornali

manipolati e certe pubblicazioni troppo vicine alle idee del vecchio

governo furono addirittura soppresse. Tuttavia le prove a dimostrare

questo comportamento da parte del governo sono comunque poche in più

diversi giornalisti più conservatori, come per esempio Mumtazer Turkone,

colonnista del giornaliero Zaman affermano che ciò non sia mai successo:

“Nessun organo governativo ha mai detto: “Se tu non fai così, noi faremo

questo” in modo diretto.”23

21

European Journalism Network, associazione che si occupa della libertà di espressione nei media 22

Bucak S., Censorship in the Park: Turkish Media Trapped by Politics and Corruption, Londra, 2014, pag.6 23

Ivi, pag.7

Page 47: 1008447 Nicolò Seidita

42

Nonostante le diverse opinioni degli intellettuali, rimane comunque la

possibilità che la censura sia stata applicata dai dirigenti dei media stessi,

nel caso alcuni argomenti trattati dai propri dipendenti avessero

contenuto informazioni sensibili che avrebbero potuto danneggiare

l’immagine del governo. Deniz Ergurel, segretario generale degli impiegati

del gruppo dell’Associazione dei Media, ne è meno certa: “vi sono

impiegati che affermano che organi governativi hanno chiamato gli uffici

giornalistici chiedendo di non coprire certi avvenimenti. Questo non è mai

stato provato, ma penso che vi sia la possibilità che questo sia

effettivamente accaduto.” Ammettendo che vi possa essere stato anche

qualche elemento di autocensura, vi sono coloro che pensano che i media

non abbiano trattato la notizia perché hanno pensato che fosse “un

argomento marginale motivato e stimolato da un piccolo gruppo di

persone che stava causando problemi.” Tuttavia questa prospettiva non

spiega perché i media stessi non abbiano trattato gli avvenimenti neanche

nel momento in cui la protesta, da modesto sit-in, si è trasformata in una

gigantesca rivolta a causa della reazione troppo brutale ed oppressiva da

parte delle forze di polizia turche.

Quando i media hanno finalmente iniziato a trattare l’argomento la loro

copertura della notizia è stata nuovamente polarizzata, dividendo il punto

di vista sulla questione in due parti: una favorevole al governo attuale e

l’altra schierata con l’opposizione. Nella febbrile atmosfera direttamente

seguente agli avvenimenti, il governo ha cercato di far trasparire l’idea che

vi sia stata una nuova cospirazione per rovesciare il governo.

Deniz Ergurel, afferma anche che “gli eventi di Gezi park sono stati uno

shock per il sistema politico e per quello dei media. I giornalisti e gli

editori, come i politici, non sono stati in grado di comprendere che cosa

Page 48: 1008447 Nicolò Seidita

43

stesse succedendo. Era forse una specie di Primavera Araba? Chiaramente

no, Gezi Park non è stato un movimento di protesta contro la struttura

dello stato, è stato un movimento apertamente contro il governo stesso e

il suo primo ministro.”

Nonostante i mezzi d’informazione hanno riportato l’evento come una

cospirazione con gli obiettivi di colpire personalmente lo stato. Mehmet

Ozer, dirigente del notiziario “TVHyat”, sostiene che la maggior parte dei

media ha affermato che vi erano “degli interessi stranieri” dietro gli

eventi, ipotesi che lascia trasparire un suggerimento da parte del governo.

L’idea dietro le manifestazioni di Gezi Park era di prendere il potere con la

forza rovesciando il governo e il primo ministro, questa è stata la posizione

portata avanti dal giornale “Yeni Safak”, noto per presentare idee molto

vicine a quelle del governo attuale. Il giornale è stato uno dei primi a

difendere il governo. Nel giornale erano inoltre presenti attacchi personali

a Memet Ali Alabora, giovane attore turco e uno delle molte celebrità

presenti alla manifestazione nonché fondatore e presidente

dell’Associazione degli Attori Indipendenti. L’articolo riguardava

personalmente lui e il gruppo di scrittori, attori ed redattori che

lavoravano con lui, Alabora veniva dipinto come il capo di un

organizzazione segreta che era già stata creata settimane prima delle

manifestazioni con lo scopo di rovesciare il governo. L’attore è stato

inoltre accusato di aver diffuso materiale diffamante attraverso il proprio

account Twitter ed è diventato l’obiettivo principale delle critiche da parte

del governo e dei giornali. Alabora, a causa delle continue minacce è stato

costretto a vivere sotto scorta e successivamente a lasciare il paese.

Questo ha avuto altro effetto che gettare ulteriore benzina sul fuoco,

inasprendo gli schieramenti nell’ opposizione.

Page 49: 1008447 Nicolò Seidita

44

Nei giorni che ne seguirono l’ente per la regolarizzazione della messa in

onda, l’Alto Consiglio della Radio e della Televisione (RTUK), dominato da

membri del AKP, prese di mira tutti i media che decisero di violare il

silenzio mediatico avvicinandosi troppo alle posizioni dei manifestanti. La

RTUK emise enormi multe accusando di “incitamento alla violenza” e di

“violazione dei principi di trasmissione.” L’AKP si dimostrò intransigente

verso coloro che non vollero rispettare le direttive. Il gruppo mediatico

“Dogan”, a causa delle affermazioni Aydin , fu soggetto a una forte

pressione da parte di agenti fiscali, poiché aveva dato rifugio ai

manifestanti all’interno di uno degli hotel di proprietà del gruppo, dopo

che essi erano stati messi in fuga dalle cariche della polizia e dai

lacrimogeni.

Nuri Colakoglu, uno dei più considerevoli giornalisti ed redattori del paese,

ora presidente del gruppo “Dogan”, non ritrattò mai le proprie parole,

affermando che: “Erdogan ha usato il gruppo Dogan come capro

espiatorio”.24

Contemporaneamente però, il gruppo mediatico ha dato dimostrazione

agli altri gruppi giornalistici delle conseguenze di opporsi alle volontà del

governo. Non bisognerebbe quindi stupirsi se il resto dei mezzi di

informazione ha trattato la storia con una certa cautela. Vi sono però le

prospettive per cui diversi redattori siano pronti a dimostrare

apertamente la propria frustrazione e che siano decisi a lottare per porre

fine alle ingerenze autoritarie del primo ministro.

Un report del Reuters del febbraio 2014 afferma che Fatih Altayli,

redattore capo del giornale “Haberturk”, ha aperto un nuovo fronte nella

24

Ivi, pag.9

Page 50: 1008447 Nicolò Seidita

45

battaglia per l’indipendenza editoriale affermando che la pressione

politica ha lasciato i redattori del settore media intimiditi e ha creato un

clima nel quale non sono liberi di pubblicare materiale “liberamente”.

La risposta del ministro non è tardata ad arrivare, durante una riunione

dei principali esponenti del proprio partito, ha accusato i media di essere

un gruppo lobbistico che cospirava alle sue spalle, sostenendo che, prima

che l’AKP prendesse il potere, il settore dei media funzionava al di sopra

dell’autorità del governo. Certi leader del settore mediatico sono convinti

che gli eventi di Gezi Park abbiano distrutto il mito dell’indipendenza

giornalistica, essendo ormai visto come vulnerabile alle pressioni

governative.

“Le proteste di Gezi Park hanno messo in evidenza la pericolosa relazione

fra governo e media” dice Muge Sokmen, editore e proprietario del “Metis

Publishing House”, una delle più importanti case editrici in Turchia. “Le

persone sono rimaste colpite dal fatto che i media non hanno riportato

quello che stava effettivamente accadendo. Molti di loro erano

preoccupati per le condizioni degli amici, dei famigliari ma di tutto questo

non hanno avuto nessuna notizia da parte dei giornalisti.” La realizzazione

improvvisa che i media non erano più fonte affidabile d’informazione ha

avuto un forte impatto sulla popolazione, in particolare fra i giovani:

“Coloro che hanno partecipato alla manifestazione e in particolare i più

giovani sono rimasti particolarmente colpiti, pensavano di essere

adeguatamente informati, ma all’improvviso hanno scoperto che i media

hanno deliberatamente ignorato la brutalità che succedeva nelle strade

principali delle città. Hanno di colpo realizzato per la prima volta che se

questo è successo per Gezi Park, in che modo le testate avrebbero potuto

coprire fedelmente qualsiasi altra storia?”

Page 51: 1008447 Nicolò Seidita

46

I media e lo scandalo della corruzione 2.4

La temperatura nel paese rimase bollente per tutta l’estate, ripresentando

continuamente il dibattito con i due punti di vista sempre più

contrapposti. Tuttavia nel dicembre del 2013 riemersero nuovamente

degli elementi che facevano credere ai forti legami tra media e politica.

Infatti venne portato alla luce un nuovo scandalo di corruzione che vedeva

coinvolti il primo ministro, membri del governo e della sua famiglia. Lo

scandalo scoppiò alti ufficiali di polizia e giudici che stavano lavorando a

un caso di corruzione su larga scala che ha successivamente portato

l’arresto di importanti uomini di affari e figli di membri del gabinetto del

ministro, affermando che stavano prendendo parte a un “colpo di stato

giuridico”. Erdogan dichiarò subito che tutti coloro che stavano lavorando

al caso stavano cospirando a un colpo di stato per rovesciare il governo, ha

quindi proceduto chiudendo il caso e riassegnando tutti coloro che erano

coinvolti. Queste azioni hanno fatto emergere una moltitudine di

documenti riservati in mano a giornalisti e non appartenenti a testate di

proprietà del governo, portando di nuovo a un confronto diretto fra

media e politica, rimessi alla prova sulla loro libertà di agire per la prima

volta dopo gli eventi di Gezi Park.

Il governo ha successivamente adottato il pugno di ferro per fermare la

propagazione di queste affermazioni sulle testate: il primo ministro

Erdogan ha chiamato il reporter investigativo, Mehmet Baransu, un

traditore per la pubblicazione relativi allo scandalo e ha ordinato ai propri

avvocati di aprire un causa contro il giornalista per i suoi messaggi troppo

critici su Twitter.

Page 52: 1008447 Nicolò Seidita

47

Queste manovre non si sono rilevate abbastanza efficaci: su diversi

giornali emerse un documento che affermava la convocazione del figlio di

Erdogan per un interrogatorio da parte della polizia e riportava la scoperta

di 4.5 milioni di Lire Turche in contanti nascosti in scatole per scarpe nella

casa del direttore della banca di stato. Il primo ministro ha quindi

proceduto a difendersi dalle accuse sostenendo che dietro il tentativo di

colpo di stato ci fosse Fethullah Gulen. Egli, oltre ad essere rivale politico

del primo ministro, vanta una forte influenza presso la polizia e i giudici, e

in certi settori mediatici. E’ stato quindi accusato di aver usato queste forti

influenze per destabilizzare il governo.

E’ interessante notare come i giornali che precedentemente si sono

dimostrati compiacenti alle idee dell’AKP come lo “Zaman” e il “Bogun”,

siano stati etichettati come periodici sotto l’influenza di Gulen, questo in

seguito alla pubblicazione delle foto rappresentanti le scatole da scarpe

riempite di banconote, in aggiunta essi hanno pubblicato diverse

intercettazioni telefoniche fra uomini d’affari e affiliati di Erdogan.

Tuttavia altri giornali vicini al governo come il “Sabah”, lo “Star” e in

particolare “Yeni Safak”, hanno dimostrato la propria “fedeltà”,

sostenendo che le indagini facessero parte di un complotto per

destabilizzare il governo di Erdogan.

I nuovi episodi hanno riportato alla luce le dubbie relazioni del governo e

dei media: è interessante notare come la voce di un ipotetico colpo di

stato per rovesciare il governo sia sempre una costante nelle crisi

mediatiche all’interno del paese. Questa sembra quasi essere una diretta

conseguenza del caotico panorama politico del secolo passato, frastagliato

da repentini cambi di governo anche a causa delle ingerenze, giustificate e

non, perpetrate dall’esercito. Inoltre bisogna dire che la sempre maggiore

Page 53: 1008447 Nicolò Seidita

48

polarizzazione dell’opinione pubblica ha giocato un ruolo importante per

consolidare il potere del primo ministro, questo unito al legame, anche se

parziale, con i media, gli ha consentito di mantenere saldo il proprio

governo.

La censura della rete 2.5

Capire le restrizioni nel panorama dei media turco è indispensabile per

capire come il governo si sia comportato nei confronti di internet: è

necessario innanzitutto ripetere che durante le proteste a Gezi Park i

partecipanti hanno usato piattaforme, in particolare Twitter, Facebook e

servizi di live-streaming come Ustream, allo scopo di diffondere la notizia

che i media avevano deciso di ignorare. Tuttavia la peculiarità di questo

mezzo di comunicazione ne rende difficile l’amministrazione e, nel caso

turco, e il controllo delle fughe di informazioni.

Il governo ha quindi proceduto all’intensificazione dei propri controlli per

cercare di controllare la rete: a Smirne, terza città per grandezza del

paese, 29 utenti di Twitter sono sotto processo per l’incitamento alla

protesta dopo aver “retwittato” informazioni riguardanti le proteste a Gezi

Park. La repressione continua in aprile, quando il cronista Onder Aytac

viene condannato a 10 mesi di prigione per aver insultato il primo ministro

in un Tweet, inoltre le autorità hanno accusato di simili reati anche il

redattore del giornale “Today’s Zaman” per Tweet effettuati dal proprio

Page 54: 1008447 Nicolò Seidita

49

account personale. E’ importante ricordare questo tipo di casi perché

riguardano contenuti resi pubblici tramite social media.

Il meccanismo chiave per il controllo della maggior parte dei media non

arriva da una legge, ma ancora dalla relazione fra i proprietari dei media e

il governo.

Uniti a questa stretta relazione coi media, la Turchia inoltre possiede

diversi strumenti legali usati per la repressione e la punizione dei

dissidenti: questi includono leggi penali e civili contro la diffamazione,

tuttavia esse vengono spesso impiegate con troppo zelo da parte dei

giudici. Il presidente Erdogan stesso ha archiviato migliaia di casi di

diffamazione, molti dei quali hanno avuto origine sulla rete. Questo

processo continua nonostante la Corte Europea per i Diritti dell’uomo, ha

dichiarato che l’uso di leggi civili sulla diffamazione allo scopo di

proteggere ufficiali pubblici è una violazione dell’articolo 10 della

Convenzione Europea dei Diritti Umani. Le leggi antiterrorismo sono state

ampiamente usate per contrastare la diffusione di informazioni contrarie

all’opinione del governo, sono state usate anche per etichettare i discorsi

su temi politici particolarmente sensibili come “propaganda terroristica”.

Nell’esecuzione della sentenza non viene tenuto conto se non sia stato

trovato nessun collegamento fra l’utente e l’organizzazione terroristica.

Dall’approvazione della legge numero 5651 nel 2007 il governo turco ha

bloccato centinaia di migliaia di siti web. La Presidenza delle

comunicazioni e telecomunicazioni dello stato (TIB), grazie a questa, non è

obbligata a fornire nessuna spiegazione per la chiusura di un sito, questo

si è tradotto in una mancanza di trasparenza sulle effettive cause che

possono portarne al blocco.

Page 55: 1008447 Nicolò Seidita

50

Il sito di news online “VagusTV” è stato bloccato, proprio grazie a questa

legge, per più di una settimana per circostanze legali non chiare, un altro

sito di news “T24” è stato bloccato per aver coperto in modo troppo

critico l’indagine sulla corruzione.

Il governo ha quindi proceduto a innovare la legge con l’approvazione di

emendamenti, aumentando il potere in possesso della TIB nel tentativo di

fermare la fuga di notizie. Grazie a questi provvedimenti i provider della

rete sono costretti a mantenere tutte le informazioni degli utenti per la

durata minima di un anno a un massimo di due. Inoltre con i nuovi poteri

tutti i siti web come Twitter e Facebook definiti come “hosting provider”

devono essere in possesso di una certificazione emessa dal TIB in modo da

essere online in Turchia. Per riassumere, gli emendamenti della legge 5651

hanno riformato la politica dello stato nei confronti dei media, ma nella

direzione opposta a quella auspicata dall’Unione Europea, aggiungendo

nuove norme per intensificare il proprio controllo.

In aprile sono stati approvati diversi decreti di legge che hanno aumentato

anche il potere dei servizi segreti dello stato (MIT),permettendo ad esso

l’accesso a qualsiasi informazione, documento, dato o registrazione da

qualsiasi istituzione pubblica, finanziaria, o enti con o senza natura

giuridica specifica, in più, ora, è possibile agli agenti di avere accesso ad

archivi, database e infrastrutture di comunicazione. La legge ha stabilito

che nessun altro obbligo giuridico, nazionale o internazionale, può limitare

le richieste della MIT, il rifiuto a fornire le richieste è reso punibile con una

condanna a un massimo di 5 anni di reclusione. Inoltre l’acquisizione e la

diffusione di informazioni sulle attività del MIT è resa punibile con una

pena fino a 9 anni di reclusione.

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51

Tuttavia anche con questi nuovi emendamenti di legge la fuga di notizie

sulle presunte relazioni fra stato e media non si è visto diminuire potendo

potenzialmente mettere a rischio l’esito delle elezioni locali del 30 marzo ,

così il primo ministro ha deciso di bloccare Twitter il 21 marzo e anche

Youtube il 27 dello stesso mese. Il governo ha dichiarato che queste azioni

sono state prese per la protezione della privacy dei singoli individui. Il 2

aprile la Corte Costituzionale della Turchia ha dichiarato che il blocco di

Twitter ha violato l’articolo 26 della costituzione, articolo che protegge la

libertà di espressione, accade lo stesso per Youtube il 28 marzo. Tuttavia

le dichiarazioni della Corte Costituzionale arrivarono dopo le elezioni,

tenute di conseguenza con entrambe le piattaforme di social media

bloccate, questa ha senz’altro anche se in maniera marginale all’esito delle

elezioni che ha visto il nuovo successo dell’AKP. Ora entrambi i siti sono

nuovamente online, ma a partire dal 14 aprile il governo ha richiesto la

rimozione di diversi contenuti da Twitter: solamente nella prima metà del

2014 la Turchia ha mandato 186 richieste di rimozione , di cui il 30% è

stato rifiutato da Twitter. Questo sostanziale cambiamento ha avuto come

conseguenza la svolta delle politiche di Twitter nei riguardi della rimozione

dei contenuti, soprattutto in paesi dove il social network non ha impiegati

o servers, in questo momento Twitter sta attuando una politica molto

simile a quella che è costretta ad adottare in paese che attuano una forte

censura dei contenuti multimediali come, per esempio, la Cina.

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52

Capitolo 3

Nel capitolo conclusivo ci si occuperà principalmente dell’attualità politica,

delle tensione autoritarie e di un crescente uso della censura nei media.

Innanzi tutto viene chiarito, procedendo in ordine cronologico, come sia

stato capace Erdogan a mantenere il potere fino ai giorni nostri, verrà

inoltre trattato un nuovo caso mediatico: l’incidente minerario di Soma.

Evento che ha di nuovo messo in evidenza l’ormai crescente legame fra i

media e la politica dell’AKP. Tuttavia sembra che il governo abbia

ulteriormente consolidato il proprio controllo sui mezzi mediatici

riuscendo a pilotare la notizia con maggiore efficacia. Successivamente

vengono trattate le elezioni presidenziali, che danno la possibilità al primo

ministro Erdogan di continuare a mantenere il potere, diventando

Presidente della Repubblica turca. Tuttavia, dopo l’ennesimo successo

elettorale, il neo-eletto presidente deve fare molta attenzione, poiché

all’interno del paese si stanno formando degli elementi che potrebbero

portare all’instabilità: l’economia sta subendo un rallentamento, la politica

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53

estera non pare favorire la Turchia e il rivale politico Fethullah Gulen,

potrebbe approfittare del momento di incertezza per ordire un nuovo

colpo di stato. Dopodiché si ritorna a trattare l’argomento della censura:

ormai il controllo sulla stampa e sulla televisione è chiaro, l’unico canale

mediatico che non sembra del tutto sotto il controllo del governo rimane

la rete. Ora però il presidente Erdogan sta cercando di assoggettare anche

questo canale grazie all’uso di moderne leggi sul controllo di internet: pare

proprio che la libera informazione all’interno del paese sia giunta al

tramonto.

Colui che guida il paese 3.1

Il successo politico del presidente Erdogan e del suo partito AKP ha inizio

nel 2002, egli da oltre dieci anni governa incontrastato il paese basandosi

su un forte elettorato nell’Anatolia centrale, zona che si trova proprio a

cavallo fra la popolazione turca più occidentalizzata e le popolazioni curde

delle montagne orientali. Questo territorio, originariamente povero e

sottosviluppato ha visto una sorprendente modernizzazione durante il

governo di Erdogan, garantendogli il proprio supporto elettorale. Questo

ampio bacino di elettori sarà uno dei fattori principali che hanno permesso

al presidente un così lungo periodo al potere. Come già esaminato, nella

storia dell’ultimo secolo della Turchia, praticamente tutti coloro che sono

stati in grado di governare il paese per un discreto periodo di tempo

hanno, infine cercato di accrescere maggiormente il proprio potere,

costringendo l’esercito a entrare in causa e ad appianare la situazione.

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54

Questo potrebbe fare dunque nascere il dubbio sulla correttezza di tutti i

principi imposti da Ataturk:

così come riportato Aykan Erdemir deputato repubblicano “Il governo

turco include le masse e contemporaneamente esclude le opposizioni; si

fonda su valori etici ma anche sul più cinico pragmatismo; si batte per il

consolidamento e, allo stesso tempo, per la frammentazione della società.

Il prodotto di tutto questo è un nuovo modello culturale, quello turco, che

possiamo chiamare Erdoganismo”25.

Il disastro di Soma 3.2

Una nuova crisi mediatica nel paese è avvenuto in seguito al disastro

minerario di Soma, esso ha fatto nuovamente finire sotto accusa

nuovamente il primo ministro. Il 13 maggio del 2014 si è verificato infatti il

più grande disastro industriale di tutta la storia della repubblica turca. In

questa data quasi 800 minatori di carbone che lavoravano presso la

miniera di Soma, piccola cittadina situata nella provincia di Manisa, a sud

est della penisola sono rimasti coinvolti in un esplosione avvenuta nelle

profondità della miniera. L’incendio scaturito ha continuato a bruciare per

oltre 3 giorni prima di essere finalmente domato. In seguito a successivo

controllo della miniera si è scoperto che la maggior parte dei decessi è

avvenuta a causa delle condizioni di lavoro non sicure, infatti la negligenza

degli ispettori governativi e dei dirigenti della miniera hanno messo al

primo posto il profitto e l’efficienza economica trascurando la sicurezza

25

Ginammi A. e Vitullo A.. Il paese delle contraddizioni. The Post Internazionale [Online]. “2013”.

Page 60: 1008447 Nicolò Seidita

55

dei minatori. Nella conferenza stampa avvenuta immediatamente dopo il

disastro minerario Erdogan ha dichiarato che certe tragedie sono nella

natura stessa dell’attività mineraria, trascurando che prima del disastro

erano già state denunciate delle perdite di metano nelle profondità della

cava. La popolazione locale ha acclamato, invano, le dimissioni del primo

ministro.

Nella maggior parte delle democrazie del mondo un episodio così grave

sarebbe costato il posto ad alcuni ministri, o addirittura al primo ministro

stesso. La critica e l’opposizione all’interno del paese annunciavano a gran

voce che il primo ministro non sarebbe stato in grado di essere

democraticamente eletto alle elezioni presidenziali in agosto. Questo

evento mette nuovamente in luce delle crepe all’interno dell’elettorato di

Erdogan, infatti a differenza delle proteste di Gezi Park e quelle successive,

i protestanti non facevano parte dell’opposizione politica del primo

ministro, ma sono in maggioranza conservatori sunniti che, da sempre

hanno dato il proprio sostegno all’AKP a partire dalla sua fondazione.

Nonostante il primo ministro abbia promesso un’indagine approfondita

sui fatti avvenuti a Soma, sono stati in pochi a crederlo, pensando che la

faccenda sarebbe stata insabbiata come l’ultimo scandalo che ha visto

coinvolti alcuni componenti della sua stessa famiglia26. Infatti dall’inizio

dell’ispezione sono stati posti sotto arresto solamente otto impiegati della

miniera, ma nessuno dei dirigenti di alto livello fa parte di questi e tutti

hanno mantenuto il proprio posto di lavoro anche dopo l’incidente.

Il monopolio propagandistico creato dal primo ministro ha definito tutti

coloro che hanno incolpato il governo dell’incidente come “Ebrei” e

26

Vedere Capitolo II: “I media e lo scandalo della corruzione”

Page 61: 1008447 Nicolò Seidita

56

“Cospiratori”, con il fine ultimo di destabilizzare il governo. Un altro

obiettivo della propaganda pro-Erdogan sono stati i media stranieri,

Hasnain Kazim, giornalista presso il giornale tedesco “Der Spiegel”, ha

ricevuto minacce di morte ed è stato accusato di essere un ebreo dopo

aver trattato in maniera troppo critica la vicenda. I movimenti anti-

tedeschi sono cresciuti dopo che il presidente tedesco Joachin Guack, ha

fortemente criticato l’erosione delle libertà civili durante una visita

avvenuta nel paese avvenuta lo scorso aprile.

Questo episodio non ha fatto altro che aumentare le preoccupazioni del

mondo occidentale verso la Turchia. “La Turchia dovrebbe essere un

importante partner commerciale degli Stati Uniti durante un periodo di

persistente instabilità in una delle regioni chiave del mondo. L’aumentare

delle spinte autoritarie del primo ministro hanno enormemente

aumentato queste difficoltà”27 sostiene Eric Edelman, ambasciatore

americano presso la Turchia. Abdullah Gul, che al tempo era ancora

presidente della repubblica, è stato da lungo visto come colui che avrebbe

potuto arginare gli eccessi del primo ministro: vi sono voci di corridoio che

affermano che il presidente abbia cercato di convincere il proprio primo

ministro a dare le dimissioni, ma ogni tentativo pare essere stato vano.

Questo tuttavia non è avvenuto ed Erdogan è stato nuovamente in grado

di mantenere unito e coeso il proprio governo anche durante questa

ennesima prova di forza. Tuttavia con il termine del proprio mandato di

primo ministro e le elezioni presidenziali alle porte, Erdogan vide la

possibilità di continuare a governare il paese, candidandosi come

presidente.

27

Disillusioned and divided, in “The Economist Europe”. 2014.

Page 62: 1008447 Nicolò Seidita

57

Il primo presidente eletto dalla popolazione 3.3

Dopo un’accesa campagna elettorale, caratterizzante anche dalle forte

critiche mosse su di lui l’ex primo ministro riesce nel suo intento,

diventando il 12 presidente della repubblica turca e il primo eletto dalla

popolazione. Grazie a questo ennesimo successo elettorale avvenuto

nell’agosto del 2014 Erdogan è in grado di mantenere il potere dello stato

per il nono anno consecutivo. Nel discorso dopo la vittoria elettorale il neo

eletto presidente ha dato l’intenzione di voler continuare a governare il

paese dal proprio palazzo presidenziale, formando una nuova costituzione

che gli darebbe potere esecutivi: trasformando così la Turchia in una

repubblica presidenziale.

Il presidente, oltre a questa nuovo e crescente volere di potere, ha

dichiarato di cercare di appianare le divergenze fra le diverse minoranze

etniche all’interno del paese cercando di rendere tutti i cittadini uguali fra

loro. Questo tuttavia sembra essere in conflitto con quello emerso

durante la campagna elettorale che lo ha visto attaccare uno dei leader

dell’opposizione per le proprie radici curde. Nonostante ciò il bacino

elettorale ha ancora molta fiducia nel carismatico leader, questo viene

dimostrato dai dati delle elezioni presidenziali: che lo hanno visto vincere

con una solida maggioranza del 52%.

Erdogan, successivamente alla vittoria, ha avuto l’opportunità di scegliere

a piacere chi sarebbe stato il nuovo primo ministro del paese. Il presidente

aveva bisogno di una persona a lui fedele, con il carisma necessario a

mantenere unito l’AKP, ma non abbastanza forte da potersi permettere di

sfidarlo: la scelta è ricaduta sul ministro degli esteri del suo vecchio

governo, Ahmet Davutoglu

Page 63: 1008447 Nicolò Seidita

58

Ora però il presidente deve affrontare nuove minacce al suo potere: le

elezioni hanno visto infatti l’emergere di un nuovo partito, formato

principalmente dalla popolazione curda, musulmani moderati, cristiani e

anche diversi gruppi di socialisti. Il neonato partito guidato dal neoeletto

leader Demirtas ha ottenuto un grande aumento del proprio elettorato

raggiungendo una soglia vicina al 10%, soglia minima per l’entrata in

parlamento. Se il partito di Demirtas entrasse effettivamente a far parte

del parlamento, l’AKP non sarebbe più in grado di avere abbastanza voti

per effettuare i cambi costituzionali che servono per fornire al proprio

presidente i poteri esecutivi. Tuttavia ci si aspetta che Demirtas sia

disposto a scambiare il proprio voto in cambio diverse concessioni

politiche verso la popolazione curda.

Le ragioni dell’instabilità del governo 3.4

Nonostante il mastodontico palazzo presidenziale, inaugurato il 29 ottobre

2014 e la momentanea debolezza dell’opposizione, il governo del primo

ministro non è più così solido. I motivi fondamentali di questa debolezza

sta essenzialmente nell’economia del paese e nella politica. Partendo dalla

crescita economica, uno dei pilastri portanti del potere di Erdogan, sembra

oggi subire un forte rallentamento tanto da essere inserita dal New York

Times nella lista delle “Fragile Five”, vale a dire le cinque economie

emergenti che celano profonde debolezze strutturali28.

L’economia turca ha beneficiato per lungo tempo di una grandissima

quantità di liquidità da parte di aziende internazionali, dovuto alla politica

di espansione monetaria attuata dalla Federal Reserve. La politica di

28

Landon T, Fragile Five is the latest club of Emerging Nations in Turmoil in New York Times. 2014

Page 64: 1008447 Nicolò Seidita

59

stimoli economici, conclusasi nell’ottobre del 2014 è stata creata in modo

da tamponare la crisi finanziari globale iniziata nel 2008.

Punti fondamentali di questa politica finanziaria sono stati investimenti a

basso tasso di interesse, però con il loro termine potrebbe costringere la

Turchia a doversi sostenere solamente sulla propria politica monetaria del

tentativo di compensare questa perdita.. Questi problemi, come riporta il

“New York Times”, sono tipici dei mercati emergenti, nei quali gli

investimenti da parte di forze straniere permette di indebitarsi con una

valuta straniera, per poi ritrovarsi con moneta senza valore quando i

capitali stranieri vengono meno.

Il secondo punto che rende instabile il governo di Erdogan è dato proprio

dalla politica: la guerra al confine con la Siria, vede gli americani sostenere

le popolazioni curde contro i terroristi dello Stato Islamico (ISIS). Le

popolazione curde, uno dei primi baluardi a opporsi ai terroristi dell’ISIS

hanno già chiesto a gran voce l’intervento dello stato turco.

Tuttavia la situazione non è semplice per la Turchia che si trova divisa su

due fronti: come cita la giornalista italiana Marta Ottaviani in un articolo

su “La Stampa”29. La complicità taciuta con i jihadisti e la resistenza ad

aiutare i curdi al fronte hanno compromesso i rapporti con gli alleati

occidentali. Quello che sembrava uno spazio di manovra per un grande

ritorno della Turchia come potenza regionale sembra sgonfiarsi

inesorabilmente”.

Per molti anni la Turchia di Erdogan si è sentita al centro di un grande

gioco, che poteva essere comodo e rischioso al tempo stesso. La linea di

politica estera ha fatto in modo che il paese si trovasse materialmente in

29

Ottaviani M. Liberi dopo centro giorni i turchi presi in ostaggio a Mosul. 2014.

Page 65: 1008447 Nicolò Seidita

60

mezzo fra le forze della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, da

una parte e dall’altra una regione gettata totalmente nel caos, vista come

terreno fertile per le proprie ambizioni di potere regionale. Come ora

sappiamo ogni tentativo da parte della Turchia di entrare nell’Unione

Europea sembra definitivamente destinato a fallire dopo le violenze

emerse da Gezi Park. Dall’altra parte ogni tentativo di porre la propria

influenza nei territori del Medio Oriente sembra essere fallito.

Angela Merkel, commentando l’integrazione della Turchia nell’Unione

Europea, definì il governo di Ankara “un ponte fra due mondi”,

particolarità che porta il paese turco a trovarsi nel mezzo fra due mondi

ben distinti senza tuttavia poterli avvicinare. Sembra proprio questo uno

dei problemi principali della politica estera turca: il volersi posizionare

“come via di mezzo” fra la due culture totalmente diverse, senza mai

riuscire a spostare il proprio baricentro da nessuna delle due parti.

Fethullah Gulen: una concreta minaccia al governo di Erdogan 3.5

Sicuramente una delle più concrete minacce al potere del presidente

Erdogan è senz’altro Fethullah Gulen. Egli è stato un Imam presso la città

di Smirne fino al 1981, quando si è ritirato per dedicarsi ad attività

politiche, fondando il proprio movimento islamico-moderato degli Hizmet

(“La comunità”). Viene inoltre definito come una delle personalità più

influenti della religione islamica.

Hakan Yavuz, autore della sua biografia, lo ha descritto come un

musulmano le cui idee sono molto vicine a quelle calviniste, questo grazie

all’adozione di idee neoliberali e capitalistiche. Gulen fino ad ora è riuscito

a reclutare più di tre milioni di aderenti al suo movimento in tutto il

Page 66: 1008447 Nicolò Seidita

61

mondo, le sue idee comprendono inoltre la diffusione dell’educazione

media nelle classi medio-basse in tutta la Turchia, andando ad arricchire e

modernizzare i valori morali dell’Islam con la scienza, in particolare la

matematica, la chimica e la fisica, permettendo così la formazione di una

nuova classe dirigente turca in grado di sradicare il secolarismo impiantato

dalle idee di Ataturk. Una volta superati i valori del Kemalismo, secondo la

filosofia di Gulen, essi andrebbero rimpiazzati con i nuovi valori dell’Islam.

Nonostante non vi fossero reali accuse formulate contro la sua persona,

Gulen decise di abbandonare il paese e fuggire negli Stati Uniti nel 1999,

imponendosi una sorta di esilio volontario. Per 15 anni Gulen è stato in

grado di costruire e guidare il proprio impero fondato sull’educazione

elementare ed accademica, e compagnie operanti nel mercato finanziario

e mediatico. Tuttavia dopo il suo esilio è stato accusato di aver ordito un

colpo di stato per imporre un regime islamico in Turchia, tuttavia viene

dichiarato innocente e le accuse contro di lui sono cadute. Nonostante la

sua innocenza Gulen non è più ritornato nel suo paese natio.

Egli potrebbe essere definito come leader di un movimento islamico

moderato e aperto al dialogo interreligioso, la sua interpretazione

dell’Islam è più aperta alla modernizzazione e al dialogo con l’Occidente, a

causa di tutti i vantaggi che questo potrebbe comportare. Questa nuova

interpretazione dell’Islam ha avuto parecchia fortuna nelle popolazioni

musulmane dell’Asia Centrale e nelle comunità emigrate in Europa,

America e Australia, oltre che in Turchia.

Durante l’ascesa politica di Erdogan, Gulen ha consigliato agli aderenti al

proprio movimento di dare il proprio supporto all’AKP. Gli Hizmet hanno

Page 67: 1008447 Nicolò Seidita

62

però avuto un certo attrito con l’AKP, sostenendo idee più liberali e un

modello per lo sviluppo dell’economica più moderno ed efficace.

Questo è stato un argomento sul quale inizialmente i due gruppi non

hanno trovato punti di rottura, ma che, con il protrarsi del successo del

partito e dell’aumento del suo potere, è diventato un punto di disaccordo

fra i due gruppi. Gli Hizmet sono stati, inoltre in grado di infiltrarsi ad alti

livelli in diverse istituzioni statali tra le quali: la polizia, i servizi segreti,

l’amministrazione giuridica e pubblica. E’ quindi plausibile che le voci su un

tentativo di rovesciare il governo di Erdogan con un colpo di stato siano

fondate, abbiano un fondo di verità.

In fine si potrebbe sostenere che Gulen e il suo movimento sono diventati

attori di massima importanza per destabilizzare, la già critica situazione

politica turca. Infatti il miracolo economico ha introdotto un forte bisogno

di riforme e di diritti, soprattutto presso le culture emancipate, le forti

influenze di Gulen potrebbero portare a una divisione all’interno dello

stesso partito dell’AKP. Tuttavia le idee dell’imam, hanno un lato negativo:

le sue azioni per modificare la linea di potere all’interno del paese, non si

posso definire assolutamente lecite.

Nonostante Gulen abbia sostenuto più volte che la missione del suo

movimento non è politica ma educazionale, recenti avvenimenti

all’interno del paese dimostrano che le sue ambizioni erano

effettivamente quelle di stabilire il proprio dominio sulle istituzioni dello

stato turco, senza servirsi della trasparenza della legalità fornita da

un’attiva partecipazione politica. Egli ha quindi preferito pianificare la sua

infiltrazione nell’organismo statale attraverso lo spionaggio e il

sotterfugio. Alcuni indizi dell’uso di questi metodi non esattamente

Page 68: 1008447 Nicolò Seidita

63

convenzionali posso essere ritrovati in uno dei suoi discorsi nel quale

affermava:

“Invitiamo i nostri amici che hanno cariche legislative elevate all’interno

del governo e delle istituzioni statali di usare le proprie abilità

amministrative, allo scopo di riformare lo stato turco e renderlo più ricco

in tutte le sue parti nel nome dell’Islam.”30

Questo tipo di infiltrazioni negli organismi statali ha danneggiato la

Turchia e la sua reputazione all’estero, infatti l’uso di questi metodi non

convenzionali ha portato in alcuni casi agli arresti di numerosi innocenti,

perpetrati dai sostenitori di Gulen nella polizia e negli organi giuridici.

Nuove minacce ai social network 3.6

Nel dicembre del 2014 si è verifica una nuova fuga di notizie riguardanti

dei nuovi illeciti governativi. Questa nuova crisi mediatica, ha nuovamente

messo alla prova il settore dei media. La documentazione presente su

internet afferma che nel 2 gennaio del 2014 due camion, sotto copertura,

appartenenti ai servizi segreti turchi sono stati fermati al confine con la

Siria. Una successiva perquisizione dei due mezzi ha rinvenuto un carico di

armi: le voci che le armi rinvenute fossero destinate ai jihadisti in Siria non

si sono fatte attendere, nonostante ciò tutte le notizie riguardanti il fatto

sono state censurate, rendendo chiaro che ormai l’AKP ha quasi

completamente assoggettato il controllo mediatico.

30

Softic O. What is Fethullah Gulen’s real mission?. Open Democracy. “2014”.

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64

In modo da estendere la propria influenza anche sul web, le autorità

hanno avvisato tutti siti che la pubblicazione di video ed altro relativo allo

spostamento di mezzi appartenenti alle autorità turche fra il confine

turco-siriano potrebbe scaturire una nuova censura nelle piattaforme di

Twitter, Youtube e Facebook.

Infatti il 14 gennaio la RTUK, ha messo in atto la legge 6112, datata il

marzo del 2014. In essa viene affermato che il primo ministro o il suo

gabinetto ha il potere di censurare qualsiasi media “nel caso sia

assolutamente richiesto per la sicurezza del paese o quando l’ordine

pubblico potrebbe essere compromesso”

Gli ufficiali turchi, ora hanno quindi il potere di bloccare siti web sospetti

senza nessuna sentenza della corte di giustizia a causa di questo numerosi

siti web si sono piegati alle autorità per non andare incontro a ulteriori

sanzioni, tra questi bisogna citare anche Facebook e Twitter.

Il nuovo arresto di giornalisti 3.7

Erdogan ha mostrato nuovamente il pugno di ferro contro alcuni

giornalisti del quotidiano “Zaman”, sostenitori di Gulen. Durante la retata,

avvenuta nel mese di Febbraio del 2015, alla redazione del giornale sono

stati arrestate più di 24 persone compreso il direttore stesso, gli arresti

erano stati inizialmente impediti dalla folla che si era radunata davanti al

giornale.

Come si è già descritto in precedenza i mandati d’arresto si basano su

accuse di terrorismo e di aver costituito un’organizzazione segreta per

attentare alla sovranità dello stato, oltre ai dipendente dello “Zaman”

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65

sono stati arrestati il direttore, gli operatori e i conduttori di una rete

televisiva troppo simpatizzante alle idee di Gulen e dell’Hizmet.

Erdogan prima della retata aveva dichiarato: “Non ci troviamo ad

affrontare una semplice organizzazione, bensì un pilastro delle forze del

male nel Paese e all’estero. Chiunque siano coloro che stanno al loro

fianco o dietro di loro, distruggeremo questa rete e li costringeremo a

pagare il conto31”.

Prima dei fatti, un account anonimo di Twitter aveva avvisato il web di una

possibile retata, facendo addirittura i nomi di alcuni persone che poi

effettivamente sono state fermate dalla polizia. Ovviamente le critiche da

parte dell’estero non sono tardate ad arrivare, tra le quali anche quelle di

Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera dell’Ue.

Questo evento è da interpretarsi come un tentativo, da parte del

presidente, di cercare di bloccare il lavoro di persone che presentano idee

troppo vicine a quelle dell’avversario politico. Erdogan sta quindi cercando

di evitare che il rivale Gulen, grazie all’uso della propria influenza nei

media, possa sollevare l’opinione pubblica contro il suo governo,

elemento che aprirebbe le porte ad un possibile cambio di potere

all’interno del paese.

Il futuro della Turchia 3.8

Presa coscienza di quanto è stato esaminato fino ad ora, siamo in grado di

poter asserire che le nuove politiche adottate dal primo ministro si stanno

traducendo in un notevole passo indietro per il paese. Infatti Erdogan

31

Turchia, retata di Erdogan contro la stampa e l’opposizione: 23 arresti.In Huffington Post Italia

Page 71: 1008447 Nicolò Seidita

66

coltiva il sogno di far ritornare la Turchia al vecchio splendore che aveva

durante l’impero Ottomano, all’interno del quale la popolazione Sunnita

prevale su tutte le altre minoranze. Le manie di grandezza e i sogni di

gloria del presidente si sono tramutati anche in opere ambiziose come il

faraonico palazzo presidenziale costruito ad Ankara, per un costo totale di

più di 615 milioni di dollari. Questo amore romantico per il passato ha

riportato l’insegnamento dell’antica lingua e scrittura Ottomana nelle

scuole, oltre che all’apertura di numerosissime scuole per la formazione

delle cariche clericali dell’Islam, il numero di queste scuole è addirittura

quadruplicato da quando l’AKP è al potere.

Tuttavia questo aumento del potere autocratico del presidente, che si

nota soprattutto con la crescente richiesta di poteri esecutivi deve

incontrare diversi ostacoli nell’anno corrente. Una delle priorità del primo

ministro è sicuramente quella di mantenere il proprio controllo sul suo

partito, questo sta avvenendo mantenendosi in ottimi rapporti con il

primo ministro da lui scelto Davutoglu, nonostante questo vi sono già

alcune crepe all’interno dello stesso soprattutto a causa di personalità

troppo vicine all’orientamento di pensiero di Gulen.

Altro grave problema dell’immediato futuro è la corruzione, infatti un

piccolo gruppo sta iniziando a sospettare che le accuse di corruzione

presentate contro Erdogan e alcuni suoi compagni possano essere

effettivamente fondate. Inoltre sono finiti sotto accusa i metodi con cui

vengono perseguitati tutti coloro che mettono in dubbio la credibilità del

governo.

Tuttavia vi sono anche segnali positivi per il governo di Erdogan

nell’immediato futuro, soprattutto dalle relazioni tra l’AKP e il partito

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67

curdo HDP, che già nelle ultime elezioni aveva ottenuto un discreto

successo. Nel caso in cui il neonato partito fallisse a raggiungere la quota

minima del 10% per avere accesso al parlamento, l’AKP sarebbe in

possesso di due terzi dei parlamentari, consentendo la modifica della

costituzione senza un possibile referendum. L’ago della bilancia quindi

pesa ironicamente sul partito curdo.

Conclusioni

Riepilogando quanto emerso dallo studio possiamo sostenere che: la

censura dei media si è sviluppata di pari passo con l’aumento del potere

autocratico del primo ministro.

Usufruendo delle informazioni ricavate dal primo capitolo, siamo ora in

grado di comprendere che la storia del paese, travagliato da una forte

instabilità di quasi ogni governo e dalle ingerenze da parte dell’esercito,

abbia prodotto un clima politico caratterizzato da una forte tensione e da

una crescente paura di improvvisi colpi di stato. Anche il retaggio degli

insegnamenti di Ataturk, di grande importanza per la modernizzazioni

delle istituzioni nel ‘900, hanno giocato un ruolo negativo per

l’integrazione e la coesione dei diversi gruppi etnici. Gli ideali hanno infatti

portato a far credere a gran parte della popolazione che, coloro che sono

originari del paese, ma non condividono la stessa cultura, sono dei

separatisti: questo ha contribuito a una depenalizzazione della repressione

dello stato nei confronti della situazione curda. Ulteriore prova che gli

Page 73: 1008447 Nicolò Seidita

68

insegnamenti di Ataturk sono stati idealizzati e resi intoccabili, è fornita

dal totale negazionismo vigente nel paese sul genocidio degli Armeni,

evento che tutt’ora non viene riconosciuto dalla maggioranza della

popolazione locale.

Ora che si ha un quadro generale del mercato dei media nei diversi settori,

si può affermare che lo stesso è caratterizzato da una forte

concentrazione di diversi mezzi di comunicazione nelle mani di pochi e

potenti gruppi. Inoltre essi sono stati costretti a svilupparsi in un clima

ostile e dedito all’uso della censura, infatti già prima di Erdogan, negli anni

’90 a causa di un colpo di stato hanno subito un’ingerenza da parte delle

forze politiche.

Con l’ascesa politica dell’AKP, i media hanno vissuto una forte

polarizzazione delle opinioni, dividendo la popolazione turca in due

schieramenti: uno favorevole al governo e ovviamente uno totalmente

contrario. Questa ha provocato una crescente intolleranza di coloro che

hanno idee diverse dalla propria. Inoltre la maggior parte dei gruppi media

ha interessi in diversi settori che si basano su appalti e opere pubbliche

per ottenere profitti, questo ha reso possibile al governo scambiarli con un

aumento della propria influenza nell’informazione. Grazie a questi

elementi Erdogan ha avuto terreno fertile per attuare un nuovo clima di

censura.

L’AKP ha quindi proseguito a sfruttare l’influenza guadagnata per mettere

a tacere le opinioni di intellettuali e giornalisti che presentavano idee a lui

ostili. Questo espediente è stato usato per la prima volta contro coloro

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69

che hanno criticato apertamente le misure messe in atto per contenere la

riapertura delle ostilità contro il PKK. Sfruttando la legge sul terrorismo,

che fornisce un ampio margine di azione, sono stati messi a tacere. Loro

malgrado i giornalisti di origine curda che hanno cercato di esporre

un’opinione più moderata sull’argomento si sono trovati presi nel mezzo:

da una parte l’AKP e dall’altra il PKK.

L’uso della censura è stato nuovamente impiegato per cercare di limitare

le proteste di Gezi Park, che si temeva avrebbero condotto a un colpo di

stato simile a quelli avvenuti durante la Primavera Araba. Alcuni dei

media, non potendo più ignorare la situazione si sono schiarati

apertamente schierati a favore dell’AKP, altri hanno preso posizioni

totalmente contrarie. Questo ha portato a una sempre maggiore e

marcata opposizione fra le diverse idee presenti nel paese. Una volta

terminate le proteste il presidente Erdogan ha voluto dimostrare ai gruppi

mediatici le conseguenze di presentare opinioni troppo critiche nei

confronti della sua linea politica, ha fatto imponendo e perseguitando tutti

i canali d’informazione che hanno trattato l’argomento in maniera troppo

critica. A causa delle proteste di Gezi Park, il governo si è accorto che era

necessario prendere delle contromisure per evitare la fuga di notizie

anche sul web. Questo ha portato alla chiusura di diversi piattaforme

multimediali per la diffusione di notizie, nei momenti di maggiore

vulnerabilità da parte dell’AKP.

Negli ultimi due anni si è registrato quindi un crescente sviluppo di potere

autoritario e di una sempre maggiore d intransigente organismo di

censura. Questo ha permesso al governo di Erdogan di mantenere il

potere nonostante le successive fughe di notizie che mettevano a

repentaglio la sua reputazione. Il potere autocratico del presidente è stato

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70

inoltre in grado di passare, nuovamente, indenne attraverso una nuova

crisi mediatica. Infatti ci si aspettava che l’incidente minerario di Soma

potesse finalmente obbligare l’AKP a lasciare definitivamente il potere.

Questo tuttavia non si è verificato grazie a una maggiore efficacia

nell’opprimere le opinioni troppo negative sul proprio operato,

portandolo successivamente in trionfo con la vittoria delle successive

elezioni presidenziali.

Per concludere l’ormai affermato potere autoritario di Erdogan non è

completamente al sicuro, nonostante abbia pubblicamente espresso il

volere di trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale,

governandola come presidente in una situazione politica simile a quella

russa. I fattori economici non sono più così positivi come lo erano quando

era primo ministro, stanno emergendo nuove forze politiche che

potrebbero effettivamente contrastare il trasferimento di poteri esecutivi

nelle mani di presidente, in più il suo acerrimo rivale Gulen, con i suoi

mezzi non sempre leciti, potrebbe riuscire a destabilizzare il governo.

La Turchia negli ultimi 20 anni di storia ha visto quindi lo svilupparsi di una

relazione fra i media e la vita politica, talmente stretta che ha portato allo

sviluppo di un governo autoritario, tramite l’uso diretto ed indiretto della

censura. In questo caso, la Turchia, dovrebbe essere un esempio negativo

di come la politica sia in grado di manipolare e di censurare qualsiasi

opposizione o pensiero contrario al proprio tramite il diretto controllo dei

mezzi mediatici. Questo atteggiamento ha quindi portato il paese ad una

situazione politica molto simile a quella cinese, dove vengono applicate

manovre di controllo dei mezzi mediatici in un maniera parallela a quelle

riscontrate nel caso di studio.

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71

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