10. L'incapacita consensuale

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 LEZIONE 10 L’INCAPACITÀ CONSENSUALE (CAN. 1095) (Versione assolutamente provvisoria delle dispense, ad uso esclusivo degli studenti) H. Franceschi M.A. Ortiz 1. Introduzione 2. Un approccio storico al problema dell’incapacità matrimoniale. 3. Patologia e normalità: importanza della distinzione. 4. La mancanza del sufficiente uso di ragione. 5. Il difetto grave di discrezione di giudizio: Il problema dell’autonomia della mancanza di libertà interna. 6. L’incapacit à di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio e l’ammissibilit à o meno della cosiddetta «incapacità relativa».  Avvertenza: dei nn. 46 si offre soltanto una traccia provvisoria, come sussidio per lo stu dio , che deve ess ere comple tat a con l’a iuto del la bib liog raf ia qui segna lata . Il n. 6 concretamente è sviluppato nel testo del prof. Franceschi che si allega (L’incapacità relativa esplicita e implicita). Abbiamo indicato con un (*) i testi principale per lo studio di questa lezione. P.J. VILADRICH, Comentario al canon 1095, in «Comentario Exegético al Código de Derecho Canónico», vol. III, Pamplona 1996, pp. 12111259 (c’ è anche la versione in inglese); ID., Il consenso matrimoniale, Milano 2001, pp. 7166. (*) C.J. ERRÁZURIZ, Rifle ssioni sulla capacit à consensua le nel matri monio canon ico, in «Ius Ecclesiae» 6(1994), pp. 449464; I D., L’immaturit à, specie quella affettiva e la nullità del matrimonio, in La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 335350 (*) M.F. POMPEDDA, L’incapacit à consensuale, in «Studi di Diritto Matrimoniale Canonico», Milano 1993, pp. 451492. GIOVANNI PAOLO II,  Allocutiones ad Romanae Rotae Auditores, 5 febbraio 1987, in AAS 79 (1987), p. 1457, 25 gennaio 1988, in AAS, 80 (1988), p. 1183 e 27 gennaio 1997, in AAS, 89 (1997), pp. 486489 . P. BIANCHI, Quando il matrimonio è nullo?, Milano 1998; ID., Il canone 1095, in GRUPPO ITALIANO DOCENTI  DI DIRITTO CANONICO (a cura di), Quaderni della Mendola, vol. 3:  Matr imonio e discip lina eccle siast ica , Mila no 1996, 6384. I D., Le pe ri zie me di che e, in  particolare, quelle riguardanti il can. 1095 , in La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 145176. (*) H. FRANCESCHI F., L’incapacit à di assumere e l’incapacità relativa nella giurisprudenza rotale recente, in Ius Ecclesiae 9 (19 97) 15719 9; I D., L’incapacità relativa: «Status quaestionis» e  prospettiva antropologicogiuridica, in AA.VV., L’incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio, Città del Vaticano 1998, 101135; I D., La incapacidad relativa: una respuesta desde la perspectiva antropoló  gicojur í dica de Javier Hervada, in Ius Canonicum, vol. speciale

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LEZIONE 10

L’INCAPACITÀ CONSENSUALE (CAN. 1095)

(Versione assolutamente provvisoria delle dispense, ad uso esclusivo deglistudenti)

H. Franceschi M.A. Ortiz

1. Introduzione 2. Un approccio storico al problema dell’incapacità matrimoniale. 3.

Patologia e normalità: importanza della distinzione. 4. La mancanza del sufficiente uso di

ragione. 5. Il difetto grave di discrezione di giudizio: Il problema dell’autonomia dellamancanza di libertà interna. 6. L’incapacit à di assumere gli obblighi essenziali del

matrimonio e l’ammissibilità o meno della cosiddetta «incapacità relativa».

  Avvertenza: dei nn. 4 6 si offre soltanto una traccia provvisoria, come sussidio per lo

studio, che deve essere completata con l’aiuto della bibliografia qui segnalata. Il n. 6

concretamente è sviluppato nel testo del prof. Franceschi che si allega (L’incapacità relativa

esplicita e implicita). Abbiamo indicato con un (*) i testi principale per lo studio di questa

lezione.

P.J. VILADRICH, Comentario al canon 1095, in «Comentario Exegético al Código de Derecho

Canónico», vol. III, Pamplona 1996, pp. 1211 1259 (c’ è anche la versione in inglese); ID.,

Il consenso matrimoniale, Milano 2001, pp. 7 166. (*)

C.J. ERRÁZURIZ, Riflessioni sulla capacità consensuale nel matrimonio canonico, in «IusEcclesiae» 6(1994), pp. 449 464; I D., L’immaturità, specie quella affettiva e la nullità del

matrimonio, in La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della

«Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 335 350 (*)

M.F. POMPEDDA, L’incapacità consensuale, in «Studi di Diritto Matrimoniale Canonico»,

Milano 1993, pp. 451 492.

GIOVANNI PAOLO II,   Allocutiones ad Romanae Rotae Auditores, 5 febbraio 1987, in AAS 79

(1987), p. 1457, 25 gennaio 1988, in AAS, 80 (1988), p. 1183 e 27 gennaio 1997, in AAS,89 (1997), pp. 486 489 .

P. BIANCHI, Quando il matrimonio è nullo?, Milano 1998; ID., Il canone 1095, in GRUPPO 

ITALIANO DOCENTI  DI DIRITTO CANONICO (a cura di), Quaderni della Mendola, vol. 3:

  Matrimonio e disciplina ecclesiastica, Milano 1996, 63 84. I D.,  Le perizie mediche e, in

 particolare, quelle riguardanti il can. 1095, in La nullità del matrimonio: temi processuali e

sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 145 176. (*)

H. FRANCESCHI F., L’incapacità di assumere e l’incapacità relativa nella giurisprudenza rotale

recente, in Ius Ecclesiae 9 (1997) 157 199; I D., L’incapacità relativa: «Status quaestionis» e

 prospettiva antropologico giuridica, in AA.VV., L’incapacità di assumere gli oneri essenziali del

matrimonio, Città

del Vaticano 1998, 101 135; I D., La incapacidad relativa: una respuestadesde la perspectiva antropoló gico jur í dica de Javier Hervada, in Ius Canonicum, vol. speciale

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

(in onore di Javier Hervada), 796 815; I D., L’incapacità relativa esplicita ed implicita, in La

nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii»,

EDUSC, Roma 2005, pp. 351 393.

  J. FERRER ORTIZ, La capacidad para el matrimonio válido y su defecto, in Ius Canonicum, vol.

speciale (in onore di Javier Hervada), 633 644.

1. Introduzione

A norma del canone 1057 § 1, «Matrimonium facit partium consensus (...) quinulla humana potestate suppleri potest». Lo stesso legislatore definisce che cosa sia il

consenso e quale il suo oggetto, quando afferma nel § 2 dello stesso canone che«Consensus matrimonialis est actus voluntatis quo vir et mulier foedere irrevocabili

sese mutuo tradunt et accipiunt ad constituendum matrimonium». D’altra parte, ilcan. 1058 riconosce ad ogni uomo il diritto a contrarre il matrimonio, a meno che il

diritto (naturale o positivo) glielo proibisca. Lo ius connubii nonè

altro che lasituazione giuridica che si corrisponde con la struttura ontologica della personaumana (uomo e donna) ordinata, nel piano della natura, all’unione con una personadell’altro sesso. Tale diritto comprende un insieme unitario di situazioni giuridichecomprendenti sia la capacità giuridica (o abilità) per contrarre il matrimonio (il che è 

un diritto fondamentale del fedele) sia la capacità personale (la virtus contrahendi1) di

porre l’atto del consenso in quanto atto umano del quale scaturisce il vincolomatrimoniale.

Il consenso è un atto volontario personalissimo, un atto della persona, di

ognuno dei contraenti, che confluiscono nell’unico momento della fondazione delvincolo matrimoniale. Da questa verità scaturisce una chiara conseguenza: la capacità per tale atto è una capacità della persona. È questo uno dei punti centrali per capireche cosa si intenda per incapacità relativa, perché il concetto è veramente equivoco eha bisogno di precisazioni.

Quindi, bisogna sottolineare che l’oggetto del consenso matrimoniale sono lepersone nella loro coniugalità, e perciò la capacità per la donazione matrimoniale va

determinata in funzione della possibilità reale di donarsi ed accettarsi in quanto tali.Questa capacità, dicevamo, è capacità di ogni persona: capace o incapace è ognuno

dei coniugi.

2. Approccio storico:

a) Il Diritto Classico

Nel Diritto Classico, sia nel Decreto che nella Decretali, viene considerata lafattispecie del matrimonio dei  furiosi, affermandosi che, in linea di massima, non

sarebbero capaci di celebrare il matrimonio. Vediamo brevemente quale è stata laconsiderazione della fattispecie nel Corpus Iuris nella ormai nota dicitura: «Neque

furiosus neque furiosa contrahere possunt matrimonium».

1 Cfr. J. HERVADAP. L OMBARDÍA, El Derecho del Pueblo de Dios. Hacia un sistema de Derecho matrimonial, III/1,

Pamplona 1973, 315 e 335.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

– Decreto di Graziano

C’è nel Decreto un unico riferimento ai cosiddetti  furiosi riguardo al

matrimonio. Graziano presenta una autorità secondo la quale i furiosi non possonocontrarre matrimonio. Tuttavia, sembra che non sia una proibizione assoluta, in tanto

che dopo il divieto stabilisce che se lo avessero celebrato, non siano separati:

C. 32, q. 7, c. 26: Furiosus et furiosa matrimonium contrahere non possunt. Idem Fabianus Papa.

Neque furiosus, neque furiosa matrimonium contrahere possunt; sed si contractum fuerit non

separentur. Concluye con un dictum: Ut ergo ex premissis colligitur, non licet huic dimissa uxore

sua aliam ducere. Manet enim inter eos quoddam vinculum coniugale, quod nec ipsa separatione

dissolvitur.

In questo caso, l’imprecisione diede luogo a posizioni scontrate sulla capacità dei furiosi per contrarre matrimonio. Benché sia certo che il testo sostiene che non si

separino se celebrarono matrimonio, anche in questo caso dobbiamo tenere conto di

tutto il sistema per poter fare una retta interpretazione. Come si può osservaredall’analisi dei testi, il Decreto ribadisce piò volte l’insostituibilità del consensomatrimoniale personale, sufficiente e libero come unica causa efficiente del vincolo

matrimoniale, che dopo si perfeziona con la copula. Per Graziano non c’è dubbio chela copula senza consenso non è causa del vincolo. Con questa premessa si può 

superare l’apparente contraddizione di questa autorità con tutto il sistemamatrimoniale: se il furioso è tale che non può neanche prestare il suo consenso, nonpotrà celebrare matrimonio, perché senza consenso la copula non è niente. Se invecelo contrae, perché era capace al meno di emettere un consenso sufficiente, non li si

deve separare, perché

ci sarebbe vero matrimonio quindi indissolubile. Questaè

,peraltro, la linea interpretativa seguita dalla dottrina fino ai nostri tempi, realizzando

un grande sforzo di determinazione dei gradi e dei tipi di malattie mentali e la loroincidenza nel consenso matrimoniale.

L’interpretazione del canone è difficile. Infatti, molti decretisti nn ne fannoriferimento, ed altri considerano il  furor come causa della illecita celebrazione del

matrimonio2. Tra i decretisti, Ruffino, uno dei seguaci di Graziano più fedeli alla suaimpostazione del matrimonio, sarebbe quello che parla più chiaramente del  furur

come impedimento al matrimonio3.

2 Cfr. DE LEÓNC ARRERAS, La glossa “impossibilitas conveniendi” di Ruffino (C.27 pr.), in  Monumenta

Iuris Canonici. Series C: Subsidia, Vol. 11, Città del Vaticano 2001, p. 111 134 : «Il fatto più sorprendente è 

che, malgrado il testo neque furiosus raccolto da Graziano — dove si potrebbe ipotizzare l’esistenza di un

impedimento quanto meno impediente e cioè sulla liceità del matrimonio — la maggioranza dei decretisti non

feccero riferimento ad esso nell’elencare gli impedimenti all’inizio dei commenti alla C.27 pr., anche se alcuni —

come si vedrà — ne parlarono commentando C.32 q.7 c.26 (Neque furiosus). Il Magister Rolando – decretista di

rilievo anteriore nel tempo a Ruffino – nella sua summa (Thaner 114) non annovera il ‘furor’ tra gli impedimenti,

anche se nel commento alla C.32 q.7 c.26 (‘Neque furiosus’) dice: ‘Neque furiosus etc. et post.: Sed si coniuncti

fuerint, antequam insaniant, et carnali commixtione copulati fuerint, postea non separantur’, e quindi ‘a sensu

contrario’ si potrebbe pensare ad una invalidità del matrimonio contratto quando uno dei due era ‘furiosus’ o

‘furiosa’. Ma resta il fatto che non riporta la ‘furia’ nell’elenco degli impedimenti».

3 Ibidem: «Ruffino è, per quanto a noi risulta, di fronte all’indeterminazione del dictum di Graziano a C.32q.7 c.26 (Neque furiosus), il primo decretista che assume una posizione chiara in favore del carattere dirimente o

invalidante del  furor antecedente: il furioso non può contrarre matrimonio, poiché non può consentire, e se

contrae lo fa invalidamente. Per quanto riguarda, invece, l’anzidetta indeterminazione del dictum grazianeo,

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

– Decretali

Le Decretali di Gregorio IX riprendono l’affermazione già raccolta del Decretoriguardo all’impossibilità del matrimonio dei furiosi4, che a sua volta proveniva dal

Diritto romano, nel quale i furiosi, che erano chiamati con diversi termini, non

potevano contrattare né perciò celebrare il matrimonio5.

Nel Decreto, però, c’era un’aggiunta alla dottrina classica che rendeva moltodifficile la determinazione delle conseguenze giuridiche della furia, perché siaffermava «sed si contractum fuerit, non separentur». Questo fece sì che leinterpretazioni fossero alquanto diverse: alcuni decretisti non ne parlavano, altri

affermavano che la furia era impedimento impediente ma non dirimente, ed altriritenevano che era impedimento dirimente del matrimonio6. «Resta sempre

paradossale —affermano De León Carreras— il silenzio della decretistica riguardo il furor o furia. Se si prende l’elenco abbreviato di Ruffino essa viene omessa, anche se,

come sappiamo, è implicitamente contenuta sotto il titolo dell’impossibilitasconveniendi, che è triplice. Invece, se si prende l’elenco di altri decretisti, esso o non

viene menzionato o, nel caso lo sia, è presentato come semplice proibizione o divieto,che non intacca la validità del vincolo»7.

Il Liber Extra, invece, è più esplicito. Pensiamo che il motivo sia duplice:

l’incertezza causata dal canone del Decreto poc’anzi citato, nel quale non risulta

chiaro quali siano gli effetti del furore sul matrimonio, e la centralità del consensopersonale di presente come causa efficiente del vincolo, attorno al quale gira tutto il

sistema matrimoniale dei libri delle Decretali.

C’è un unico capitolo che riguarda direttamente il furore nel matrimonio, che

praticamente riporta la prima parte del testo grazianeo, ma omette la seconda parte,che era la causa della grande confusione e poteva far pensare alla possibilità che un

 furiosus potesse contrarre matrimonio:

X.4.1.24: Furiosus matrimonium contrahere non possunt. (Innocentius III. Vercellensi

Episcopo [5 de enero de 1205]).

(...) Rufinam filiam suam ciudam Opizoni Lancaveclae matrimonialiter copulavit,

ignorans quod Opizo fuisset furiosus. Unde humiliter postulavit a nobis, ut tam eidem quam

ipsius filiae consulere dignaremur. Quum autem eadem mulier cum ipso viro, qui continuo

furore laborat, morari non possit, et propter alienationem furoris legitimus non potuerit

Ruffino aggiunge nella summa, come commento alla parola contractum, che se i nubenti hanno contratto e anche

perfezionato il matrimonio mediante la copula coniugale prima di insanire non possono separarsi (‘“Neque (etc.)

contractum”, antequam insanirent, et carnali commixtione perfectum’ (Singer, 496). A sensu contrario si deve

intendere che il  furor antecedente sia alla copula che alla desponsatio sarebbe causa legittima di separazione,

intesa essa come “scioglimento” del vincolo (‘De impossibilitate conveniendi animo, inter furiosos, in Cs. XXXII.

q. VII cap. “Neque furiosus” (26)’ (Thaner, 434)».

4 C.32 q.7 c.26.

5 Cfr. Dig. 29.2.47: ‘...furiosi autem voluntas nulla est’; Dig. 50.17.5: ‘...nam furiosus nullum negotium

contrahere potest...’.

6 Cfr. DE LEÓNC ARRERAS , La glossa..., cit.

7 Ibidem.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

intervenire consensus, fraternitati tuae per apostolica scripta mandamus, quatenus, inquisita

plenius veritate, si rem noveris ita esse, praefatas personas cures sublato appellationis diffugio

ab invicem separare.

Questa decretale è importante, sia perché chiarisce definitivamente il dubbio

riguardo alle conseguenze della  furia nell’abilità per il matrimonio, sia perché dice

chiaramente quale è il fondamento della forza invalidante del furore: «propteralienationem furoris legitimus non potuerit intervenire consensus», cioè, il furioso

non può dare il suo consenso. Perciò, anziché una limitazione dello ius connubii,

questa decretale è una specificazione di un’esigenza del diritto naturale, perché ilconsenso di presente tra persone giuridicamente abili è l’unica causa efficiente del

vincolo matrimoniale indissolubile e nessuno si può sostituire a questo consenso: né igenitori, né la società, né l’autorità.

 b) La norma della pubertà: incapacitas triplex est (Ruffino)

Nel sistema classico, perciò, si può affermare che c’era un criterio unitario perdeterminare la capacità per il matrimonio, che era quello della pubertà intesa come ilmomento in cui la persona raggiunge lo sviluppo sufficiente e necessario, siacorporeo che spirituale, per conoscere, valutare, volere ad assumere il matrimonio,

essendo quindi l’incapacità un’eccezione.

Come abbiamo già affermato, tra i decretisti Ruffino esprime con grande

chiarezza il senso della pubertà come criterio unitario e punto di riferimento dellacapacità e, quindi, dell’incapacità. Queste sono le sue parole nella notissima glossa

alla decretale Neque Furiosus:Item impossibilitas conveniendi alia conveniendi animo, ut in furiosis; alia conveniendi

corpore, ut in frigidis et maleficiis impeditis; alia animo et corpore, ut in pueris et puellis (...);

De impossibilitate conveniendi animo, inter furiosus, in Cs. XXXII. q. VII. cap. Neque furiosus;

de impossibilitate conveniendi corpore, in frigidis et maleficiis impeditis, in Cs. XXXIII. q.I.; de

impossibilitate conveniendi utroque modo, in pueris et in puellis, in Cs. XXX. q. II8.

Questo criterio, senz’altro, serviva alla stessa comprensione degli elementi della

capacità per il matrimonio, identificandoli nello sviluppo che la persona, tenuto contodella inclinatio naturae al matrimonio, raggiungeva sia nell’animo che nel corpo al

momento della pubertà.

c) La rottura del criterio unitario: uso di ragione e capacitas coeundi.

Lasciata in disparte la pubertà, non c’è un criterio di identificazione deglielementi della capacità per il matrimonio. È quello che successe. La pubertà diventò 

soltanto il momento in cui si raggiungeva lo sviluppo necessario per poter consumareil matrimonio, restando quindi, dal punto di vista dello sviluppo spirituale necessarioper il matrimonio, il momento dell’uso di ragione dei sette anni: le persone sarebberocapaci di celebrare il matrimonio soltanto una volta raggiunta la pubertà, soltanto

però

perché

uno degli elementi necessari per essere capaci sarebbe lo sviluppo del

8 RUFINUS  VON BOLOGNA , (Magister Rufinus) Summa decretorum, ed. H. Singer (Paderborn 1902 = Aalen

Paderborn 1963) 433 34.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

corpo adeguato per la consumazione del matrimonio. Avremmo quindi due momentidiversi: i sette anni per lo sviluppo spirituale; la pubertà per lo sviluppo corporeo.

Questo criterio duplice, però, si è dimostrato insufficiente sia in ambitodottrinale che in ambito di applicazione del diritto. Proprio per questo, la

giurisprudenza è andata sempre oltre, nello sforzo di scoprire la verità delmatrimonio e della capacità nei singoli casi.

d) Il CIC 17: amentia e dementia

Nel Codice del 17, dove non c’era un canone specifico che riguardasse lacapacità psichica, soltanto c’era un riferimento generico alla amentia e alla dementia,

come situazioni in cui una persona era privata della sua ragione sia in genere(amens), che in un’ambito specifico, come poteva essere quello della sessualità o dellapossibilità di stabilire un rapporto matrimoniale (demens).

Era, senz’altro, un criterio troppo vago che richiedeva una più chiaradeterminazione dal punto di vista della scienza giuridica, tenuto anche conto del

grande sviluppo della scienza psicologica e psichiatrica in questo ultimo secolo.Questo fece sì che la giurisprudenza, soprattutto quella rotale, venisse incontro aquesti bisogni di chiarimento del contenuto e dell’ambito della capacità per ilmatrimonio dal punto di vista psichico. Più avanti faremmo qualche accenno al modo

in cui la giurisprudenza ha risolto le diverse questioni, all’analogia con l’impotenza,che si trova ancor oggi alla base del comma terzo del nuovo canone 1095.

e) La giurisprudenza rotale: discrezione di giudizio e incapacitas adsumendi

Nei tempi del Codice del 1917 era dottrina pacificamente acquisita che sia lamancanza dell’uso di ragione quanto il difetto grave della discrezione di giudizio

potevano rendere la persona incapace per contrarre il matrimonio. Le cause presso itribunali venivano solitamente impostate per amentia o per dementia. La sistematica

codiciale, però, si mostrava palesemente insufficiente dinanzi ad alcune situazioni in

cui, da una parte, sembrava chiaro che una persona era incapace per contrarre ilmatrimonio e, dall’altra, non sembrava messo in dubbio né l’uso di ragionesufficiente, né la discrezione di giudizio su che cosa sia —in concreto e nella pratica—

il matrimonio che si vuol celebrare. Questo diede luogo, soprattutto a partire deglianni sessanta e per analogia con la ratio legis dell’impotenza —ad impossibilia nemo

tenetur— alla considerazione di un nuovo capo di nullità, in linea di massima fondato

sulla stessa realtà del matrimonio, chiamato incapacitas adsumendi onera coniugalia.

Le fattispecie che diedero luogo a questo capo di nullità riguardavanosoprattutto le anomalie psicosessuali, nelle quali la capacità per capire e per assumereminimamente la realtà coniugale propria e dell’altro contraente erano gravementecompromesse (omosessualità, ninfomania, ecc.). È proprio per ciò che si parlava di

anomalie psicosessuali come causa di incapacità. Negli anni settanta, era già dottrina

pacificamente ammessa questa dell’incapacitas  adsumendi onera ed è stata proprio lagiurisprudenza la fonte principale del canone 1095 del Codice del 1983.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

f) La genesi del canone 1095:

Infatti, la prima redazione del can. 1095 utilizzava l’espressione «anomalia

psicosessuale», che poi, tenuto conto che c’erano situazioni di anomalia nonpropriamente psicosessuali che potevano rendere incapace una persona, venne

modificata per l’espressione «anomalia psichica».

Questa espressione, però, aveva ancora un grave inconveniente, quello di

spostare la incapacità dall’ambito giuridico a quello medico, confondendo quindil’incapacità come nozione giuridica dalla causa dell’incapacità. L’incapacità  è una

nozione giuridica, indipendentemente dalla causa che ne dà origine. Perciò, illegislatore ritenne opportune utilizzare un termine più generico, quello di «causa di

natura psichica», che è quello che è rimasto nel canone 1095. Il contenuto giuridicodelle nozioni del can. 1095 si evince con chiarezza dallo studio delle diverse redazionidel canone negli schemi, fatti lungo il lavoro di elaborazione del vigente Codice9.

3. La distinzione tra normalità e patologia

Essendo il matrimonio un «totius vitae consortium indole sua naturali ad

  bonum coniugum atque ad prolis generationem et educationem ordinatum» (can.1055, § 1), la capacità per assumerlo richiede un sufficiente e proporzionato grado di

maturità nei contraenti, tale da conoscerlo, discernere sufficientemente sulmatrimonio concreto che vogliono celebrare e che li renda capaci per darsi ed

accettarsi vicendevolmente come marito e moglie.

Questa capacità si presume, e si deve distinguere dalle condizioni ideali percostituire un rapporto coniugale perfetto. Non c’è equazione tra matrimonio perfettoe matrimonio valido. La perfezione, di solito, è il risultato di lunghi anni di impegno

e sforzi comuni. Tant’è così che da sempre si è affermato che uno dei fini delmatrimonio è il mutuo perfezionamento dei coniugi10. Ne consegue che le mancanze

ed i difetti non possano essere causa o prova della nullità di un matrimonio. Unavisione teorica del matrimonio troppo positiva può produrre una frattura tra quelloche dovrebbe essere il matrimonio, con tutte le sue ricchezze e possibilità, e quelloche è l’uomo con i suoi limiti. Il matrimonio sarebbe una realtà tanto bella ed

esigente, che sarebbero pochi quelli che riuscirebbero ad assumerla o viverla secondo

le sue esigenze, con un sufficiente grado di libertà11. Contro una siffatta impostazione,

9 Cfr. Communicationes, III, 1 (1971), p. 77; VII, 1 (1975), p. 41 54; IX, 2 (1977), p. 369 371.

10 Cfr. GIOVANNI PAOLO II,   Allocutio ad Romanae Rotae Auditores, 27 gennaio 1997, n. 5, in «L’Osservatore

Romano», 27 28 gennaio 1997, p. 6: «Questa realt à essenziale è una possibilità aperta in linea di principio ad ogni

uomo e ad ogni donna; anzi, essa rappresenta un vero cammino vocazionale per la stragrande maggioranza

dell’umanità. Ne consegue che, nella valutazione della capacità o dell’atto del consenso necessari alla

celebrazione di un valido matrimonio, non si può esigere ciò che non è possibile richiedere alla generalità delle

persone. Non si tratta di minimalismo pragmatico o di comodo, ma di una visione realistica della persona umana,

quale realtà sempre in crescita, chiamata ad operare scelte responsabili con le sue potenzialità iniziali,

arricchendole sempre di più con il proprio impegno e con l’aiuto della grazia».

11 IBIDEM, n. 4: «L’aspetto personalistico del matrimonio cristiano comporta una visione integrale dell’uomoche, alla luce della fede, assume e conferma quanto possiamo conoscere con le nostre forze naturali. Essa è 

caratterizzata da un sano realismo nella concezione della libertà della persona, posta tra i limiti e i

condizionamenti della natura umana gravata dal peccato e l’aiuto mai insufficiente della grazia divina. In

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

poco realistica, della relazione tra esigenze della natura umana e libertà, si è pronunciato Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Veritatis Splendor12. Conseguenze di

questa impostazione sono, ad esempio, la dottrina dell’inconsumazione esistenziale,

le soluzioni  pastorali  contra legem, l’uso dei processi di nullità come strumento di

divorzio, alcune delle teorie sull’incapacità relativa.

La capacità per il matrimonio richiede un minimo, quel minimo sufficiente

perché il consenso matrimoniale possa essere veramente un atto libero in quanto atto

mio, atto personale e volontario, e perché il contenuto essenziale di questo atto possa

essere assunto nella sua essenzialità, non nella sua totale completezza, da ognuno dei

contraenti13. È capace colui che al momento del consenso può mettere in atto unadecisione sufficientemente libera e responsabile, nella quale è presente, al meno in

germe, come un embrione, il matrimonio, la cui crescita e compimento dipenderà 

dalle cure posteriori e dal retto sviluppo delle tendenze che vengono coinvolte nelladimensione sponsale della sessualità, nei suoi diversi livelli: corporeo, affettivo espirituale.

Nell’interpretazione del canone 1095 nei suoi tre numeri, si deve sempre fare

attenzione al principio generale della capacità: tutti sono capaci, fino a che si dimostriil contrario (cfr. cann. 1058 e 1060); incapacità non è difficoltà ma impossibilità; la

capacità per il matrimonio viene indicata da un minimo sufficiente, non da uno statodi grande maturità che garantirebbe il successo della relazione matrimoniale: lanozione di normalità canonica tiene conto della realtà dell’uomo nella sua condizionedi creatura limitata, ma chiamata alla perfezione attraverso la lotta e il sacrificio 14, e

non si deve confondere con le caratteristiche ideali che i contraenti dovrebbero avereper celebrare una unione che sin dall’inizio sarebbe un fedele esempio dell’unione

perfetta. Il matrimonio è chiamato alla perfezione, come i coniugi sono chiamati allasantità nel loro stato. Ciononostante, la realizzazione di questa chiamata dipende dal

quest’ottica, propria dell’antropologia cristiana, entra anche la coscienza circa la necessità del sacrificio,

dell’accettazione del dolore e della lotta come realtà indispensabili per essere fedeli ai propri doveri. Sarebbe

perciò fuorviante, nella trattazione delle cause matrimoniali, una concezione, per così dire, troppo “idealizzata”

del rapporto tra i coniugi, che spingesse ad interpretare come autentica incapacità ad assumere gli oneri del

matrimonio la normale fatica che si può registrare nel cammino della coppia verso la piena e reciproca

integrazione sentimentale».

12 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Veritatis Splendor, 33.

13 Cfr. c. Davino, 24 aprile 1983: « In hac provincia cautissime se gerat Iudex oportet, ne in errorem incidat

quod frequenter invenimus in appellatis sententiis. Sunt qui, ultra modum extollentes requisitam capacitatem ad

agendum, ex quavis abnormitate, etiam levi, deducunt incapacitatem praestandi validum consensum. Dum non

desunt qui, ex erronee concepta naturali inclinatione ad matrimonium fere ad nihilum reducunt iudicii

discretionem ad valide contrahendum requisitam».

14 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Allocutio ad Romanae Rotae Auditores, 25 ianuarii 1988, in AAS, 80 (1988), p. 1181,

n. 5 e p. 1183, n. 7: «Quindi, mentre per lo psicologo o psichiatra ogni forma di psicopatologia può sembrare

contraria alla normalità, per il canonista che si ispira alla suddetta visione integrale della persona il concetto di

normalità, e cioè della normale condizione umana in questo mondo, comprende anche moderate forme di

difficoltà psicologica, con la conseguente chiamata a camminare secondo lo Spirito anche fra le tribolazioni e a

costo di rinunce e sacrifici. (...) Non è infatti difficile cogliere nei contraenti aspetti infantili e conflittuali che, inuna simile impostazione, diventano inevitabilmente la 'prova' della loro anormalità, mentre forse si tratta di

persone sostanzialemente normali, ma con difficoltà che potevano essere superate, se non vi fosse stato il rifiuto

della lotta e del sacrificio».

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

  buon uso della libertà dei coniugi, non soltanto dalla loro capacità per instaurarel’unione.

Parlando della maturità necessaria per celebrare il matrimonio, afferma SanTommaso: «Non exigitur tantus vigor rationis ad deliberandum, sicut in aliis; et ideo

ante potest in matrimonium sufficienter deliberans consentire quam possit incontractibus aliis res suas sine tutore pertractare»15. Il perché di questo lo troviamo

nell’inclinazione naturale al matrimonio. Questa maturità sufficiente, ricorda ilDottore Angelico, ha una sua specificità, in quanto il consenso matrimoniale è un atto

con un contenuto specifico od oggetto che coinvolge la vita futura della persona16.Non è sufficiente avere la capacità per prendere una decisione libera, dato che si

richiede anche lo sviluppo necessario per assumere il contenuto dell’atto, che vienespecificato dagli elementi propri ed essenziali del vincolo giuridico matrimoniale17.Da lì che si deve parlare di una maturità sufficiente e proporzionata all’atto delconsenso matrimoniale. L’insieme di questi elementi è stato specificato dal legislatore

nei tre commi del canone 1095: sufficiente uso di ragione, discrezione di giudiziocirca diritti e doveri essenziali, capacità di assumere gli obblighi essenziali. Sono

questi gli elementi della capacità consensuale. Soltanto dinanzi a una gravemancanza di alcuno di questi si potrà parlare di incapacità al matrimonio.

La capacità va quindi individuata in questi tre aspetti del consensomatrimoniale, che richiede una conoscenza dell’oggetto del consenso matrimoniale e

la possibilità di manifestare liberamente, come un atto proprio personale, il consenso(1095, 1º); la capacità di discernere sufficientemente sul matrimonio concreto con

questa persona determinata con cui si vuole celebrare, nonché circa i diritti e gliobblighi che nascono dal vincolo (1095, 2º); e la capacità di assumere l’oggetto delconsenso matrimoniale nei suoi elementi essenziali, cioè, di costituire il vincolo dalquale sorgono gli obblighi del matrimonio (1095, 3º). La incapacità sarà la mancanza

—per una causa che si può individuare con chiarezza— di alcuni di questi elementiessenziali che si richiedono, per diritto naturale, per costituire il vincolo

matrimoniale. In questa determinazione è importante ribadire che la nozione diincapacità  è una nozione giuridica, diversa dalle cause che ne diedero origine: il

giudice non deve fare lo psichiatra o lo psicologo, ma deve determinare se, dal puntodi vista giuridico, si sia verificata o meno la fattispecie legale consacrata dal

legislatore.

Il canone contiene tre criteri che si corrispondono con le tre dimensioni della

volontarietà dell’atto del consenso: la capacità all’atto umano del momento di

manifestazione del segno nuziale; la capacità a definirsi o costituirsi nell’identità disposo e la capacità a creare con gli atti le consuetudini con cui il consorzio vive la sua

15 Commentum in lib. IV Sententiarum, dist. XXXVI, q. 1, art. 5, ad 1

16 Cfr. S.Th., Suppl., q. 43, ad 2: «maior autem discretio rationis requiritur ad providendum in futurum,

quam ad consentiendum in unum praesentem actum».

17 Cfr. c. Anné, 17 gennaio 1967, n. 2, in RRDec.,  vol. LIX, p. 24: «Ex canone hoc veluti a germine, deducipossunt omnes defectus, ex quibus matrimonium nullum declarari debet, sive deficiunt qualitates substantiales

formales ex parte actus humani, sive deficiunt ea quae requiruntur ex parte obiecti seu materiae consensus ut hic

sit vere matrimonialis, sive deficiunt ea quae requiruntur ut consensus sit legitime manifestatus».

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

normale ordinazione ai suoi fini. Nel n. 1 si prende in considerazione il difetto dell’atto

 psicologico del consenso (perché manca il grado imprescindibile dell’intelletto e della volontà  

affinché si possa dire che è un atto umano: mancanza di sufficiente uso di ragione); nel n. 2, la

carenza della maturità necessaria per poter ritenerlo come proporzionato al matrimonio

(l’insufficiente discrezione di giudizio); nel n. 3 in fine l’indisponibilità dell’oggetto del

consenso (le persone degli sposi nella loro coniugalità)a titolo di debito (l’impossibilità diassumere gli oneri).

A queste tre dimensioni del matrimonio corrispondono le tre dimensioni della specifica

volontarietà del consenso che, a loro volta, sono la fonte dei tre criteri di misurazione della

capacità consensuale proposti dal can. 1095. In effetti, in primo luogo il consenso, in quanto

segno nuziale o manifestazione legittima, deve essere, in ogni caso, un atto umano, ossia un atto

di libera volontarietà razionale; in secondo luogo il consenso, in quanto atto di volontà interna

di ciascun contraente, deve essere un atto la cui libera volontarietà razionale è   proporzionata a

disporre il dono e l’accettazione reciproca della propria mascolinità o femminilità secondo un

contestuale vincolo di indole giuridica; e in terzo luogo, questo stesso atto di volontà interno

deve essere un atto la cui libera volontarietà razionale  può assumere qui e ora quei futuri atti equelle consuetudini coniugali che la retta ordinazione della convivenza al conseguimento dei

suoi fini essenziali esige, a motivo o titolo di obbligo dovuto in giustizia tra i coniugi.

(Viladrich).

I criteri del can. 1095 servono a sottolineare che l’atto di consentire dev’essere,

come atto psicologico umano, un atto libero, pieno e responsabile e idoneamenteproporzionato all’oggetto e al titolo matrimoniali. Per porre l’atto del consenso civuole una capacità adatta all’atto di volontà qualificato che è il consenso: vale a dire,il soggetto deve possedere l’uso sufficiente dell’intelletto e della volontà, la maturità 

di giudizio proporzionata per discernere (comprendendo e volendo i diritti e doveriessenziali che comporta la donazione accettazione matrimoniale) e dev’essere in

grado di poter assumere detti doveri.

È importante conservare una visione unitaria della capacità e dell’incapacità.Innanzitutto, va ricordato che la distinzione dei diversi numeri del can. 1095 non si

  basa su un diverso grado di incapacità o su una gradazione nello stato di salute

mentale del soggetto. C’è un’unica misura dell’incapacità (in senso giuridico) nei trecriteri del canone in questione, per cui ci deve essere nei tre casi un difetto completo

della volontarietà libera e razionale propria del consenso valido. E proprio perché nei

tre casi c’è la completa assenza dell’unica capacità consensuale, il risultato è lo stessoeffetto invalidante. Allora la differenza di ogni criterio (la mancanza di uso diragione, di discrezione di giudizio o di capacità di assumere) non sono, comedicevamo, diverse intensità psichiche dell’incapacità né tre incapacità psichichediverse. Non è dunque più incapace chi manca di uso di ragione di chi soffre il difetto

di discrezione di giudizio o di chi non può assumere gli obblighi essenziali.

«Il testo del can. 1095 ha inizio con la proposta di un’unica categoria di incapacità 

consensuale “ Sunt incapaces matrimonii contrahendi”con la quale si riferisce, in via negativa,

alla capacità consensuale. Con questo inizio espresso, precedente ai tre paragrafi, il legislatore

segnala molto chiaramente che i tre criteri per misurare l’incapacità, che propone nei tre

paragrafi seguenti, non costituiscono tre incapacità indipendenti destinate, ciascuna, a

classificare in tre paragrafi le anomalie psichiche e le infermità mentali; tre incapacità con

caratteristiche, requisiti, regole ermeneutiche e, ancor più grave, esigenze di prova

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

sostanzialmente diverse tra loro, senza una base comune che le articoli in modo unitario,

rendendo ciascun paragrafo del can. 1095 indipendente, e, a sua volta, separato dal principio

unificatore contenuto nell’affermazione iniziale del testo del canone, che è la nozione di

capacità consensuale o, in termini negativi, di incapacità» (Viladrich).

In altre parole, in un’impostazione del genere, le cause incapacitanti sarebbero

“gravissime, perpetue e assolute” nel caso dell’insufficiente uso di ragione, “meno gravi etemporanee” nel caso del grave difetto di discrezione di giudizio, e “relative tra gli sposi” e

limitate all’in facto esse nel caso in cui si trattasse dell’impossibilità di assumere i doveri

coniugali. Ma siccome il canone 1095 non contiene direttamente una classificazione delle

anomalie psicopatologiche, la prova dell’incapacità consensuale nei diversi numeri non

dipenderà direttamente della gravità dell’anomalia o della causa psichica, per cui qualunque

turbamento psichico, in linea di massima, può essere qualificato o in sede di mancanza di

sufficiente uso di ragione, o in sede di grave difetto di discrezione di giudizio, o in sede di

impossibilità di assumere i doveri essenziali coniugali, proprio perché la qualifica giuridica non

dipende dalla natura psicopatologica dell’anomalia psichica, ma dall’effetto finale che produce

sull’uso di ragione, sulla discrezione di giudizio o sulla possibilità di assumere i doveri

matrimoniali, provocando la completa mancanza della volontarietà

libera e razionale.(Viladrich).

Sono tre criteri per accertare l’incapacità totale e assoluta, nei tre casi, a porre

l’atto del consenso: ogni numero del canone prende in considerazione un aspetto,una dimensione dell’atto del consenso.

Bisogna anche non mescolare i piani, medici e giuridici: il dato medico è un dato

di fatto sul quale il giudice valuta la capacità per l’atto giuridico o meno.

Un’anomalia può causare l’incapacità per mancanza di sufficiente uso di ragione, didiscrezione di giudizio sufficiente o di capacità di assumere; oppure può non causare

l’incapacità, perché nel caso concreto il soggetto resta padrone di sé nelle tredimensioni menzionate.

4. La mancanza del sufficiente uso di ragione

a) nozione positiva e nozione negativa:

In senso positivo, perché ci sia il consenso matrimoniale, in quanto atto umano,

«la capacità consensuale consiste nella possessione, da parte del soggetto contraente,della sufficiente volontà libera e razionale per fare qui ed ora che l’atto di contrarre sia

veramente un atto umano».

In senso negativo, manca del sufficiente uso di ragione colui che non ha, al

momento di dare il suo consenso —qualunque sia la causa che dà origine a questamancanza— quel dominio armonico delle facoltà sensitive, intellettive e volitivenecessarie perché l’atto di contrarre si possa definire un atto umano.

 b) intelletto e volontà nella determinazione dell’uso di ragione

Il termine uso di ragione riguarda non soltanto l’elemento intellettivo dell’atto,

ma anche la necessaria volontarietà perché l’atto si possa dire proprio, nel senso dipersonale e libero: Il consenso matrimoniale come atto volontario che richiedeintenzionalità e libertà.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

c) La misura dell’insufficienza dall’uso di ragione

Viene indicata dall’indole matrimoniale della manifestazione del consenso,indole che si trova collegata con il segno nuziale come manifestazione del consenso

matrimoniale (cfr. can. 1104). Il canone parla di un uso di ragione sufficiente: né 

talmente minimo che non sia sufficiente per percepire il segno nuziale, né tale chedebba essere totale.

d) Il carattere attuale del difetto

Il carattere attuale dell’uso di ragione, indipendentemente dalla causa che ne

da origine, e la proporzionalità della causa psichica.

Nel primo numero del can. 1095 non si fa menzione di nessun disturbo oanomalia psichica, il che permette di far entrare nella mancanza di uso di ragione una

grande varietà

di fattispecie, sia dall’oligofrenia profonda e altri disturbi mentali, dipersonalità e di comportamento, dovuti a importanti lesioni cerebrali oppure da uno

stato di schizofrenia accompagnato da sindrome delirante; ma può essere provocataanche da una reazione a un farmaco in un soggetto abitualmente sano oppure da

un’intossicazione alcolica in un soggetto non portato ad eccessi ma cheoccasionalmente ha ingerito delle bevande in misura eccessiva per le sue abitudini.

Vale a dire, siccome questo primo numero del can. 1095 tutela il consenso in

quanto si manifesta in un segno nuziale qui ed ora , nei termini del can. 1104, il difetto di

uso di ragione dev’essere innanzitutto attuale  ; e qui sta una delle principali

differenze riguardo al difetto di discrezione di giudizio o di capacità di assumere,che costituiscono dei difetti “abituali” della capacità nel contraente; invece

l’incapacità del primo numero è  attuale com’è attuale l’atto di manifestare il segno

nuziale. In questo senso, possiamo concludere con Viladrich, è errato supporre che iln. 1 si riferisca direttamente ed esclusivamente solo a quelle infermità mentali

talmente gravi da privare permanentemente il soggetto dell’uso di ragione o daconsentirgli soltanto un uso estremamente deficitario di questa. Questi e altri disturbisono contemplati come possibili dati di fatto che causano insufficienza dell’uso diragione nell’atto del segno nuziale poiché, provocandone sempre l’assenza, a fortiori

causano quell’insufficienza in questo atto de praesenti. Tuttavia non sono questi gli

unici disturbi o le uniche circostanze che possono privare il contraente del sufficienteuso di ragione “attuale” per la validità dell’atto di contrarre. Bisognerà valutare se ilsoggetto singolo, in quel “qui ed ora” in cui accade l’atto concreto del contrarre,

possedeva o meno il sufficiente uso di ragione per realizzarlo come atto umano. Se

nel momento di celebrare il matrimonio mancava (momentaneamente) di questamisura dell’uso di ragione, il consenso è nullo qualunque sia la causa di fatto chespiega l’insufficienza legale del contraente, costituisca o meno questa causa unacategoria psicopatologica nei manuali di maggiore rilevanza che descrivono e

classificano i disturbi mentali e di comportamento, sia congenita o acquisita, abituale

o semplicemente una circostanza attuale presente all’atto del contrarre.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

In altre parole, si è in presenza del difetto invalidante non soltanto in presenzadi quei ritardi mentali profondi e di quelle infermità mentali aventi una base organica

in lesioni cerebrali molto gravi, che privano completamente il soggetto di uso diragione o lo debilitano estremamente in modo abituale, ma anche quando, mancando

questo carattere abituale, una causa psichica provoca l’insufficienza attuale dell’uso

di ragione nell’atto di contrarre, ad esempio gli stati momentanei di ubriachezzaacuta, di intossicazione acuta provocata da sostanze psicotrope o eccessivo dosaggiodi farmaci, sonnambulismo, ipnosi, episodi acuti di disturbi schizofrenici, psicotici,

deliranti, maniaci, depressivi, e altre forme analoghe di alterazioni molto intense etransitorie.

5. Il difetto grave di discrezione di giudizio.

Definizione attuale. La nozione del canone 1095, 2º è una nozione tecnico giuridica e molto più precisa da quella che si utilizzava nella tradizione canonistica.

Si potrebbe definire in questo modo: «quella misura di maturità nel governolibero e razionale di sé e dei propri atti, proporzionata perché l’uomo, in quanto tale,possa donarsi alla donna ed accettarla in quanto tale, e perché la donna, in quantotale, possa donarsi all’uomo ed accettarlo in quanto tale, costituendo tra loro

un’unione alla quale hanno diritto e che si devono in giustizia» (contenuto delladiscrezione di giudizio e relazione con l’intelletto speculativo e con l’intelletto

pratico).

Con l’atto del consenso, l’uomo e la donna danno e accettano sé stessi in quanto

uomo e donna, per costituire il matrimonio: si richiede per ciò un grado didiscrezione superiore sia al mero uso di ragione che al grado necessario per realizzare

molti negozi giuridici.

Consentire matrimonialmente è un atto di particolare gravità in quanto

comporta l’assunzione di precisi doveri, per cui non basta la discrezione raggiuntacon l’uso di ragione (in torno ai 7 anni): ci vuole una discrezione proporzionata al

matrimonio. Il n. 2 del can. 1095 (diversamente del n. 1) contiene un riferimento

esplicito alla materia matrimoniale: richiede la discrezione circa iura et officia

matrimoniali essentialia.

  È bene tener presente la naturale capacità: la discrezione richiesta non è collegata direttamente con la possessione di un particolare livello culturale o di un

livello intellettuale (anche se si può riscontrare un rapporto tra la discrezione digiudizio e la formazione intellettuale e culturale, nei casi concreti) ma con lo sviluppodella maturità del soggetto che gli consente di discernere sui diritti e doveri. Lacapacità e la norma, e l’incapacità l’eccezione: la giurisprudenza qualche volta

segnala che matrimonium etiam pro rudibus est: anche per le persone che non hanno un

livello culturale e intellettuale ma che sono in grado di discernere sufficientementeche cos’è il matrimonio, quali sono, sostanzialmente i diritti e i doveri della

condizione di sposo e di padre.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

Questa discrezione si presume con la pubertà (quando si è sviluppata la

persona –l’affettività, la capacità di donazione amorosa, gli organi corporali...–armonicamente), tranne prova in contrario.

Mancano della sufficiente discrezione di giudizio le persone che, pur essendo

capaci di intendere e di volere il segno nuziale, non hanno la capacità critica rispettoai diritti e i doveri matrimoniali: non riescono a discernere, a capire e a volere

adeguatamente.

Le fattispecie che rientrano in questo n. 2 sono varie, e possono riguardare dei deficit

nell’intelletto o nella volontà. Aznar ripercorre la giurisprudenza rotale al riguardo

raggruppando le cause di mancanza di discrezione di giudizio in: a) crisi temporanee della

personalità, che possono essere episodiche (l’immaturità e altre cause come mancanza di libertà 

interna, senilità, adolescenza, instabilità emotiva, eventi traumatici come la gravidanza...); b)

anomalie psichiche (psicosi; schizofrenia; paranoia; nevrosi; psicopatie; alcoolismo e

tossicodipendenza; e altre anomalie come epilessia, oligofrenia o frenastenia, neurastenia,

isteria e personalità isteriche, psicastenia e le varie personalità disordinate: antisociale,anafettiva e abulica)18.

Ciò non vuol dire che se il perito riscontra (per esempio) sintomi di instabilità o

di paranoia o di nevrosi automaticamente ci sia il difetto di discrezione e l’incapacità consensuale: vuol dire che in tali fattispecie si può riscontrare, l’effetto incapacitante:

dipende di come, nei singoli casi, l’anomalia abbia intaccato le facoltà del soggetto.Ciò che conta non è l’eventuale nome medico dell’anomalia (per esempio se si accertache il soggetto era timido o in cura psichiatrica) ma l’effetto sull’intelletto e/o lavolontà: sulla conoscenza critica dei diritti doveri o la libert à.

L’espressione usata dal can. 1095 (difetto grave) fa riferimento non all’anomaliama alla discrezione: ciò che rende incapace non è l’eventuale presenza di una

anomalia psichica, o la gravità di essa, ma il fatto che il soggetto manchi gravementedel discernimento. Come succede per esempio col dolo o il metus (non basta che ci siail tentativo di inganno se non si produce l’effetto), non basta che venga riscontratal’anomalia: ci vuole l’effetto incapacitante sulle facoltà psichiche del soggetto nei

termini del canone.

Spesso si usa indistintamente discrezione / maturità; ma è preferibile il termine

discrezione, poiché la maturità fa venire in mente una misura medica: per il medico è maturo chi è completamente maturo , mentre per il giudice basta essere sufficientemente

maturo, il che è compatibile con la presenza di sintomi di immaturità, infantilismo...

che però non sono talmente gravi da ritenere il soggetto incapace.

Il canone richiede che il difetto sia grave: un leve difetto di discrezione nonrende incapace; vale a dire, non si richiede (perché il matrimonio sia valido) unadiscrezione o una maturità completa, piena. Anche perché la maturità piena in

materia matrimoniale si ha soltanto dopo aver vissuto bene un’esperienza

18 Cfr. F.R. AZNAR GIL, Las causas de la falta de discreción de juicio para el matrimonio en la reciente

  jurisprudencia rotal, en Curso de derecho matrimonial y procesal canónico para profesionales del foro, IX, Salamanca 1990,

257 331.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

matrimoniale, per cui soltanto sarebbero capaci al matrimonio quelli già sposati, enessuno sarebbe capace quando si sposa per la prima volta.

La giurisprudenza ritiene che la discrezione richiesta «implicat exercitium tumfacultatis cognoscitivae et criticae seu aestimativae quae sistunt in recta

apprehensione ac debita ponderatione naturae et substantialis valoris ... tumfacultatis electivae, quae libertatem internam processus decisionalis tuetur circa

personam compartis ac matrimonium cum ea celebrandum».

Si richiede un’attività dell’intelletto pratico previa all’atto del consenso, con la

quale il soggetto giudica (per questo si chiama “discrezione di giudizio”) i motivi a

favore e contro la decisione di sposarsi e la susseguente assunzione dei diritti edoveri.

La discrezione di giudizio come dicevamo riguarda sempre uno stato abituale

del soggetto (pur ammettendo delle fasi, episodi, ecc. 19). Certamente un soggetto può essere privo del sufficiente uso di ragione al momento di porre il segno nuziale e allo

stesso tempo possedere una discrezione di giudizio abituale; e d’altra parte può esercitare un sufficiente uso di ragione per intendere e volere l’atto del segno nuzialecome atto umano, e mancare dell’autogoverno di sé e dei suoi atti, proporzionata aidiritti e doveri coniugali che dice di dare e ricevere. Parallelamente, la persona può 

mancare del sufficiente uso di ragione e presentare anche un grave difetto didiscrezione di giudizio: e le due mancanze possono avere la stessa causa oppure no.

Distinzione con l’ignoranza: siccome il Codice dedica il can. 1096 alla

conoscenza teorica, è chiaro che nel 1095,2 si tratta non di un’informazione ma di unacomprensione pratica: cosa comporta per me, qui e adesso, diventare sposo.

D’altra parte, l’ignoranza del can. 1096 si riferisce ad una deficienza attuale sucosa sia il matrimonio, teoricamente (riguarda l’atto di sapere o scientia); mentre la

discrezione di giudizio del can. 1095 fa riferimento ad una capacità di comprendere potenziale (che non deve comprendere i diritti e i doveri nei particolari) e che, del

resto, non si riduce ad una conoscenza intellettiva né puramente speculativa mariguarda una capacità di discernimento che è intellettivo volitiva oppure riflessivo

volitiva.

19 Sulla questione degli intervalli lucidi, cfr. P.J. VILADRICH, El consentimiento matrimonial cit., 72 e 108 110,

dove ricorda da una parte la necessità di evitare un’interpretazione del can. 1095 troppo legata alle categorie

precedenti delle infermità e dei disturbi mentali –l’amenza, la demenza in re uxoria, il disturbo mentale

transitorio o la debilitazione mentale–, direttamente ispirate alle malattie mentali, categorie che tra l’altro non

erano sempre pacifiche. Gli intervalli lucidi hanno una rilevanza maggiore in sede di mancanza di discrezione di

giudizio e di incapacità di assumere (a ragione del carattere attuale dell’usus ragionis). Certamente alcune

anomalie, nonostante le loro manifestazioni intermittenti potrebbero perfettamente permettere la capacita del

contraente a darsi ed accettarsi come sposo e, in questo senso, il soggetto avrebbe discrezione di giudizio. In altri

casi, certe forme di “intermittenza” potrebbero essere manifestazione di una causa psichica chiaramente

ostacolante la discrezione di giudizio o la capacità ad instaurare il vincolo come legame coniugale dovuto fra gli

sposi. Nel caso della capacità di assumere, bisogna anche fare attenzione al fatto se ci sono dei «periodi nei quali

il soggetto non avrà possibilità reali di adempiere obblighi coniugali essenziali, la cui possibilità di obbligarlo inmodo continuo e permanente si deve poter assumere nel momento stesso in cui contrae, in tali casi siamo

semplicemente dinanzi ad una causa psichica motivo di quella incapacità per impossibilità di assumere

riconosciuta dal paragrafo 3 del can. 1095».

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

In questo senso, la giurisprudenza rotale distingue tra i componenti delladiscrezione sufficiente: la conoscenza intellettuale minima sull’oggetto; la cognitio

critica (cui motivi, in relazione con la propria persona di chi si sposa, con capacità di

proiettarsi nel futuro); e la capacità di deliberazione.

2. Capacità di deliberazione riguardo alle motivazioni e ai condizionamenti,interni ed esterni.

È capacità intellettuale (non soltanto teorica, ma pratica: la ratio prudens) e

volitiva, che vengono esercitate armonicamente dal soggetto. Non si può distinguerenel soggetto una capacità di volere (appartenente alla volontà) e una capacità digiudicare (che appartiene alla ragione pratica), perché sono aspetti della stessa

capacità, poiché la volontà segue l’impero della ragion pratica: ogni decisioneproviene di un atto della ragion pratica. In definitiva: la capacità di giudicare, di

valutare e di volere sono aspetti della stessa capacità, della discrezione di giudizio20.

Non vuol dire che non esistano tali condizionamenti (pressioni, tensioni

affettive: chi non si decide a lasciare il fidanzato e lo sposa per “compassione”, chi è trascinato a sposarsi perché   è incinta...) ma non possono togliere la libertà di

scegliere, qui e ora.

Bisogna dimostrare che è stata intaccata la libertà e l’autodominio. E la prova

del difetto di discrezione mirerà a dimostrare la condizione abituale di fragilità delsoggetto (presente anche in altri campi della vita personale, soprattutto in quelli chehanno a che vedere con la sua capacità affettiva, relazionale, ecc.).

La prova dunque deve ricostruire la biografia del soggetto (proprio perché la

discrezione o il difetto di discrezione riguarda uno stato abituale, biografico, delsoggetto), sia mettendo in luce uno stato di fragilità sia delle circostanze che hannoinfluito sulla decisione sponsale, rendendo il soggetto incapace di resistere ai

condizionamenti.

Scrive Viladrich: Bisogna partire dal presupposto che la predisposizione alla sofferenza

in un soggetto, senza minacce esterne proporzionatamente gravi, una facilità alla commozione

interiore tale da provocargli una perdita grave del dominio di sé e del suo agire volontario, non

è una situazione normale del soggetto. Quando un soggetto riflette, nel suo iter biografico, la

propensione a perdere realmente la serenità nel corso dei suoi processi deliberativi e decisori,

con una facile tendenza a cadere in situazioni di angustia e ansietà, è opportuno riconoscere

una certa fragilità o debolezza psichica reale e oggettiva, poco idonea alla dose di libertà 

richiesta per un valido consenso, benché detta fragilità interiore abituale o circostanziale non

costituisca un quadro psicopatologico statisticamente definito dalla psicopatologia e dalla

psichiatria.

Tale situazione potrebbe provocare nel soggetto una mancanza di libertà interna, nel senso che si segnalerà subito.

La gravità del difetto di discrezione si valuta alla luce del criterio oggettivo: idiritti doveri essenziali che mutuamente si danno e si accettano . C’ è dunque il grave

20 Cfr. J. HERVADA, El Derecho del Pueblo de Dios cit., 379 s.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

difetto di discrezione se viene provato che il coniuge manca della maturità intellettivae volitiva necessaria per discernere i diritti e i doveri essenziali del matrimonio che

comportano la condizione di sposo. Manca la discrezione dunque se il soggetto non è in grado di darsi e accettarsi a titolo di vincolo giuridico in un’unica comunità di vita

e di amore, indissolubilmente fedele, ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione

e all’educazione della prole.

La conoscenza richiesta è quella essenziale. Non una conoscenza dettagliata

della natura dei diritti e doveri. Si tratta dei diritti e doveri essenziali e a sua volta del

contenuto essenziale di tali diritti doveri.

La legge non contiene un elenco di tali diritti e doveri: spetta alla esegesi e lagiurisprudenza. Segnala Viladrich al riguardo:

Questi diritti e doveri coniugali essenziali sono correlativi, nel senso che a ciascun diritto

coniugale corrisponde uno specifico dovere non meno essenziale. Sono i seguenti: il diritto dovere agli atti coniugali; il diritto dovere di non ostacolare la procreazione della prole; il diritto dovere

di instaurare, conservare e ordinare l’intima comunità coniugale ai suoi fini oggettivi; il diritto dovere di

 fedeltà ; il diritto dovere di mutuo aiuto in ordine agli atti e ai comportamenti in s é idonei e necessari al

conseguimento dei fini essenziali del matrimonio; il diritto dovere di accogliere e crescere i figli

nell’ambito della comunità coniugale, e il diritto dovere di educarli.

La giurisprudenza rotale non ammette facilmente l’immaturità affettiva come

fattispecie di difetto di discrezione di giudizio (oppure di incapacità di assumere),perché si tratta di un concetto assai ambiguo. Scrive Viladrich:

L’espressioneè

ambigua e non dobbiamo confonderla con le nozioni giuridiche di“discrezione di giudizio” o di “impossibilità di assumere”, che sono difetti della capacità. Tale

espressione è stata usata già precedentemente alla promulgazione di questo canone per

designare un ampio ventaglio di casi psicologici e manifestazioni comportamentali anomale,

attraverso le quali il paziente mostra una insufficiente responsabilità al momento di affrontare

le esigenze della vita matrimoniale. Alla luce dell’attuale can. 1095, tali svariate manifestazioni

non sono altro che elementi di fatto delle “cause psichiche” e questa è la soluzione tecnica che

dev’essere data alla cosiddetta “immaturità affettiva o emotiva”. In se stessa non è un capo di

nullità specifico e autonomo. Sarà o meno causa di nullità, se la causa psichica avrà provocato o

meno nel soggetto l’effetto finale di privarlo dell’uso di ragione per il segno nuziale, la

mancanza di discrezione di giudizio o l’impossibilità di assumere i doveri essenziali del

matrimonio.

Insomma, oggi la “immaturità affettiva o emotiva” è, agli effetti giuridici, una

manifestazione di fatto delle cause di natura psichica che possono o meno provocare un difetto

di capacità. Sarà forse più raro, benché non impossibile e neppure difficile, che alcuni casi di

immaturità emotiva o affettiva giungano a privare il soggetto del sufficiente uso di ragione per

il segno nuziale valido (paragrafo 1 del can. 1095). Ciò nonostante, l’esperienza dimostra una

frequente connessione di fatto fra l’immaturità emotiva e la fragilità interiore per riuscire ad

agire liberamente, cioè con la propensione a cadere in stati di angustia e di ansietà con

conseguente perdita di libertà. Fatta questa osservazione, possiamo riconoscere come possibile

che quelle mancanze di sufficiente autogoverno del soggetto in relazione a movimenti

sproporzionate, incontrollate, contraddittorie, instabili della sua emotività, se giungono agli

estremi di privare sufficientemente dell’autogoverno necessario a dare e ricevere i diritti dovericoniugali o ad assumere il proprio futuro come coniuge in termini di obbligazione de futuro,

possono essere qualificate, alla luce del can. 1095, come quella causa psichica che ha provocato

il grave difetto di discrezione di giudizio, qualora tale immaturità intacchi la capacità ad

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

instaurare qui e ora il vincolo coniugale. Allo stesso modo potremo qualificare una

impossibilità di assumere, se tale immaturità ha privato il soggetto della capacità di proiettarsi

obbligazionalmente già nell’atto di contrarre giacché, proprio a causa di questa immaturità 

psichica, il soggetto si dimostra idoneo solo ad avere percezione di sé e a vivere al momento,

nel presente, senza quella continuità di proposito né quel potere di perseveranza richiesta nel

futuro perché l’azione di assumere i doveri essenziali sia una vera possibilità, ossia contenga il

suo futuro adempimento come reale possibilità della volontà al momento di contrarrematrimonio.

Vale a dire: anche se spesso viene invocata la “immaturità affettiva” come capo

di nullità (come fattispecie autonoma dell’incapacità consensuale), in realtà taleimmaturità può essere presa in considerazione, nel singolo caso (tenendo presente la

concreta biografia dell’eventuale incapace) come originante di una mancanza di uso

di ragione, di un difetto di discrezione o di una incapacità di assumere.

La stessa cosa si può dire a proposito della mancanza di libertà interna21, anche

se in questo caso sembra più facilmente inquadrabile nell’ambito del difetto didiscrezione; al riguardo sostiene Errázuriz: «Il fatto che non si raccolga nel Codicel’ipotesi della cosiddetta mancanza di libertà interna per contrarre — mancanza di

volontà libera —, mostra che questa ipotesi rientra nel n. 2 del canone 1095,accogliendo implicitamente — a mio giudizio — il principio tradizionale ubi

intellectus, ibi voluntas (dov’è presente l’intelletto, è presente anche la volontà»22.

6. L’incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio23

Questa parte va completata col testo allegato: L’incapacit à relativa esplicita ed

implicita  , in La nullit à del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della«Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 351 393.

Il n. 3 del can. 1095 prende in considerazione i soggetti la cui struttura psichica

rende impossibilitati di impegnarsi seriamente circa i doveri essenziali delmatrimonio, indipendentemente della capacità che hanno di discernere tali doveri.

21 Viladrich: «Agli effetti giuridici, ci troviamo dinanzi ad una causa psichica che potrebbe provocare la

mancanza di sufficiente uso di ragione nella manifestazione del segno nuziale, o degli stati biografici di difetto

grave nella discrezione di giudizio o dell’impossibilità di assumere. L’interprete, dinanzi all’evidenza della

perdita di libertà per un turbamento interno, dovrà esaminare la spiegazione di tale anomala fragilità, la sua

proporzione rispetto ai fatti interni (percezioni, sensazioni, sentimenti ed emozioni perturbanti) ed esterni, edeterminare quale dimensione di volontarietà del consenso è stata intaccata in termini tali da causare il difetto di

volontarietà: se quella specifica richiesta dallo stesso atto umano del contrarre (il sufficiente uso di ragione), se

quella proporzionata ad instaurare efficacemente il vincolo mediante il dono e l’accettazione dei diritti e dei

doveri (il grave difetto di discrezione di giudizio), o quella tale da privarlo della sua capacità di proiettarsi in

modo obbligazionale (impossibilità di assumere). Insomma, la mancanza di libertà interna è una manifestazione

di una causa psichica ma, in se stessa, non è un capo di nullità autonomo. Come modalità della causa psichica,

potrà essere inquadrata in uno qualunque dei paragrafii del can. 1095, a seconda dell’aspetto di libera

volontarietà del consenso che si dimostra aver privato in modo effettivo il contraente».

22 C.J. ERRÁZURIZ, Riflessioni sulla capacità consensuale nel matrimonio canonico, in IE 6(1994), pp. 449 464.

23 Per questa parte, vid. H. FRANCESCHI, L’incapacità di assumere e l’incapacità relativa nella giurisprudenza

rotale recente, in «Ius Ecclesiae» 9 (1997), pp. 157 199 e I BID., L’incapacità relativa: «Status quaestionis» e prospettiva

antropologico giuridica, in in AA.VV., L’incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio, Città del Vaticano1998, 101 135; I D., La incapacidad relativa: una respuesta desde la perspectiva antropoló gico jur í dica de Javier Hervada, in

Ius Canonicum, vol. speciale (in onore di Javier Hervada), 796 815; I D., La nullità del matrimonio: temi processuali e

sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 351 393.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

Sono incapaci, secondo questo n. 3, i soggetti che non hanno la padronanza di sé 

stessi per potersi impegnare, per poter prendere su di sé e rispondere dei doveri

matrimoniali.

Il consenso come atto fondante di una co identit à tra gli sposi. Nel consenso si

assume (in modo embrionario) lo sviluppo del vincolo uno e indissolubile. Aperto alraggiungimento dei fini, non come condizione. È diverso formulare “mi sposo a

condizione che le cose vadano bene” a “mi sposo volendo riuscirci in un unionefedele e feconda”, e mi impegno ad adoperare i comportamenti idonei e necessari per

la consecuzione dei fini.

La persona si impegna ad essere fedele, ma un altro conto è che di fatto lo sia. Senon lo è (e ciò si applica agli altri doveri coniugali) bisognerà vedere se si eroimpegnato a qualcosa sulla quale non aveva la disponibilità (perché per motivi

psichici non poteva essere fedele) oppure se si deve ad altri fattori (perché si è 

innamorato, ecc.)

Non si garantisce il successo ma la sincerità dell’impegno di porre gli atti dovuti

in giustizia. Conta la capacità di impegnarsi (un altro conto è che poi le difficoltà, le

circostanze, facciano sì che di fatto non adempia i doveri).

Distinzione capacità di assumere e di adempiere; il legislatore ha preferito la

prima, per evitare di ritenere casi di incapacità quelli di fallimento matrimoniale dovec’è un’impossibilità di adempiere i doveri.

Il punto centrale dell’incapacità sta nel patto (la capacità di impegnarsi) e nonnella vita matrimoniale.

Le ragioni che impossibilitano l’adempimento sono molto varie: la separazionefisica, un incidente, il raffreddamento del rapporto...

Deve trattarsi di impossibilità e non di difficoltà (vedi i discorsi del Papa allaRota degli anni 1987 e 1988); e di una impossibilità presente nel momento del

matrimonio, non avvenuta dopo: le difficoltà sorte nella vita matrimoniale (forsedovute al deficiente uso della libertà, o a fattori esterni) possono originare una

impossibilità di adempiere gli obblighi e perfino dei disturbi mentali in una delleparti. Ma se non si riscontra una impossibilità originaria, nel momento di celebrare,

ma sopraggiunta, posteriore, non invalida il matrimonio.

Non si può confondere l’incapacità di assumere con la scelta sbagliata del

coniuge; mai si può dire che si conosce abbastanza, nemmeno sé stessi; e inoltre nel

matrimonio si assume anche il futuro dell’altro (ignorando se sarà fedele agli impegni

presi, ma fiduciosi nella sincerità dell’impegno).

In definitiva, con parole di Viladrich, «l’azione di assumere non è compatibile con

un’intenzione obbligazionale impossibile, per mancanza nel soggetto del sufficiente governo di

sé a impegnare giuridicamente il senso rettamente coniugale dei suoi atti e dei suoi

comportamenti futuri. In questo senso, bisognerà prestare attenzione soprattutto, dal punto di

vista contestuale e armonico dell’intelletto e della volontà, alla vita antecedente del soggetto,

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

visto nel suo ordinario contesto familiare, sociale e professionale in tempi non sospetti, per

valutare il potenziale realismo del suo ordine percettivo, affettivo ed emozionale, del dominio

dell’aggressività, della sua capacità di perseveranza e di proiezione verso gli atti e i

comportamenti della paternità e maternità, del sostentamento economico della famiglia, del

contributo alla vita in comune nell’ambito della casa, insomma, in quegli atti e comportamenti

richiesti essenzialmente perché l’ordinazione ai fini sia una possibilità reale, e non una

impossibilità sin dal momento costitutivo del matrimonio».

Obblighi essenziali

Il legislatore ha voluto lasciare indeterminato sia quanto si riferisce agli oneri

che alla causa psichica.

Il riferimento agli oneri matrimoniali è il riferimento oggettivo dell’incapacità di

assumere: è il modo di riferirsi all’essenza del matrimonio in termini di obbligogiuridico; oppure, da un altro punto di vista, all’oggetto del consenso che si dona e

perciò crea un dovere giuridico.

Certamente, ciò che si donano i coniugi sono loro stessi, nella loro coniugalità; ederivatamente ci sono dei diritti e doveri che si scambiano. L’oggetto del consensonon va visto primariamente come un insieme di diritti e obblighi, dei quali si

dovrebbe tener conto al momento di celebrare il matrimonio, ma in quanto le personestesse dell’uomo e della donna che si donano nella loro coniugalità, cioè, in quanto

marito e moglie. Da questa prospettiva, i diritti e gli obblighi non sarebbero l’oggettoprimario, ma la conseguenza giuridica della reale donazione coniugale. Pensiamo chein questo modo si capisca più facilmente l’unità del consenso matrimoniale. La

capacità   è semplicemente capacità per donarsi come marito o moglie, non capacità perrealizzare un atto che per la sua complessa struttura e per tutte le relazioni giuridiche che ne

scaturiscono richiederebbe un elevato grado di maturità e una capacità alquanto speciale.

Non esiste un elenco chiuso di detti obblighi; al riguardo, giova ricordarequanto abbiamo detto a proposito dei diritti doveri della discrezione di giudizio.

Gli oneri devono essere riconducibili al matrimonio stesso, gli elementi, proprietà 

essenziali, i fini. Pompedda dice che devono avere attinenza col bonum coniugum e la

generazione ed educazione della prole24.

Viladrich afferma che gli oneri essenziali riguardano l’obbligo circa l’atto coniugale comeunione corporale e principio generativo; l’obbligo della comunità di vita e di amore come

espressione dell’unione tra l’uomo e la donna (il che comporta dei beni reciproci e mutui e,

inseparabilmente, comporta l’ambiente per ricevere ed educare la prole; e l’obbligo di ricevere

ed educare i figli nel seno della comunità coniugale.

Questi obblighi essenziali debbono essere mutui, permanenti, continui, esclusivi ed

irrinunciabili. E d’altra parte deve trattarsi di comportamenti esigibili in giustizia,

24 Si possono ricondurre a “l’impossibilità di stabilire una relazione eterosessuale, intima, esclusiva e

perpetua”:  J.I. BAÑARES, Breve sí ntesis sobre criterios de distinción entre falta de discreción de juicio e incapacidad deasumir, en las sentencias recientes de la Rota Romana, in AA.VV., Incapacidad consensual para las obligaciones

matrimoniales, Pamplona 1991, 188; J. FERRER ORTIZ, La capacidad para el consentimiento válido y su defecto (can. 1095) ,

in Ius Canonicum, vol speciale 1999, 640.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

aspetti dei quali dipende l’esistenza del matrimonio: relativi all’esse del matrimonio e

non al bene esse.

Per cause di natura psichica:

L’anomalia dev’essere grave, psichica e causa dell’incapacità

Quando il comportamento (e la conseguente inadempienza) sfugge alle facoltà 

naturali dell’intelletto e la volontà. Non è pensabile che una persona sia ritenutaincapace di assumere gli obblighi matrimoniali e allo stesso tempo sia ritenuta

normale psichicamente.

Bisogna evitare le cause di indisponibilità che dipendono dalla volontà delsoggetto (rientrerebbe nell’ambito della simulazione) o dell’educazione (perché non è 

ammissibile una visione deterministica dell’uomo).

“Cause” è un termine generico: è stato preferito agli altri termini presi in

considerazione durante la redazione del canone: anomalie psicosessuali e anomaliepsichiche. Il termine “causa di natura psichica” vuole sottolineare anche che non

  basta che ci sia l’anomalia: tale anomalia deve essere causa dell’incapacità diassumere. Si può essere capace soffrendo un’anomalia (se tale anomalia non

impossibilita), ma non si è incapace se non alla presenza di un’anomalia (che tral’altro dev’essere grave, come si ricorderà).

Non esiste un elenco chiuso di anomalie che sono causa dell’incapacità. Nella

pratica si possono riscontrare:

–malattie mentali (le psicosi e le sue variazioni, le nevrosi...),

–le anomalie psichiche sessuali (che impediscono l’esercizio normale della

sessualità: iperestesia sessuale, alcune manifestazioni di sadismo o sadomasochismo,di omosessualità, transessualismo e altre disfunzioni sessuali);

–disturbi della personalità (gravi forme di narcisismo, di personalità antisociali

o portate alla violenza, personalità particolarmente deboli che possono esseretrascinate verso la droga, l’alcool o verso abitudini dannose per la vita familiare:ludopatia...)

Spesso si usano i criteri medici del DSM IV (noto manuale di psichiatria dove vengono

elencati i disturbi): personalità eccentriche (paranoiche, schizoidi..); personalità teatrali,

emotive, volubili, impulsive (antisociali, narcisisti, istrionici...); personalità ansiose (dipendenti,

ossessivo compulsive, passivo aggressive...); altre (depressive, sadiche...).

Siccome la figura è stata configurata sulla scia dell’impotenza, spesso si

richiedono l’antecedenza, gravità e perpetuità (categorie prese dall’impotenza),

nonché alle volte si ammette la relatività (come con l’impotenza).

Basta la presenza nel momento di contrarre. Ma deve essere perpetua? Certoche è più facile la prova se l’incapacità è perpetua; inoltre bisogna evitare confondere

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

l’incapacità con la difficoltà. Bisogna anche dire che nel caso dell’impotenza si trattadi una perpetuità giuridica (anche quella irreversibile con i mezzi ordinari). In realtà 

 basta la impossibilità di impegnarsi, nel momento di sposarsi.

Gli altri requisiti richiesti per l’impotenza non causano problemi (tranne la relatività, alla

quale ci riferiamo subito): l’anomalia dev’essere senz’altro certa e grave (perché

 è

grave l’effettocausato, l’incapacità); vedi al riguardo i discorsi del Papa alla Rota Romana del 1987 e 1988; si

consiglia di leggere J.T. MARTÍN  DE AGAR, L‘incapacità consensuale nei recenti discorsi del Romano

Pontefice alla Rota Romana, in «Ius Ecclesiae» I (1989), pp. 395 422.

È vero che soltanto l’anomalia grave rende incapace, ma non ogni anomaliarende incapace: deve essere la causa dell’incapacità, in concreto.

Non basta accertare che c’è una anomalia (depressione, oppure qualche formadi paranoia o altre anomalie che sono anche malattie con una cura medica) per

concludere che c’è l’incapacità: distinguere piani col perito.

In altre parole: non si può ritenere normale chi è ritenuto incapace di consentire:

soltanto si può dichiarare nullo il matrimonio di chi soffre una anomalia che

dev’essere grave perché è grave l’effetto causato.

D’altra parte, come abbiamo sottolineato, ciò che rende nullo il matrimonio nonè l’anomalia ma l’incapacità in senso giuridico, non medico. Ciò che si deve provare

non è tanto l’esistenza di una anomalia ma l’effetto incapacitante. Possono essercidelle anomalie che non incapacitano a prestare il consenso.

Come dicevamo per la discrezione di giudizio, non basta che ci sia l’anomalia,ma deve essere causa dell’incapacità di assumere.

Non basta costatare il fallimento: dev’esserci il nesso causale tra fallimento /causa / incapacità: Comunque l’importante è non tanto che si riscontri la malattia, il

disordine, il disturbo o l’anomalia ma che ci sia un nesso causale: l’oggetto della

prova non è tanto l’affermazione del fallimento del matrimonio né l’esistenza di unacausa psichica ma soprattutto la connessione causale e proporzionata tra il fallimento,

la causa invocata e lo stesso processo vitale nel quale si sono sviluppate le anomalemanifestazioni della causa psichica. Se manca questa connessione, si può dubitare se

sia giusta la qualificazione giuridica di incapacità, e possono esserci indizi diparzialità nella prova addotta per superare le presunzioni del can. 1060. E in fondo

dimostrano un’insufficiente istruzione della causa, la cui povertà renderà moltodifficile dettare una sentenza che sia realmente fondata sui fatti25.

Infatti, sia il perito che, soprattutto, il giudice, non possono valutare il caso sulla base di impressioni o segnali ritenuti sintomi di un’anomalia ma che non vengono

provati negli atti: l’affermazione di un teste che ritiene la parte “immatura”,

25 E infatti la prova del difetto di discrezione di giudizio non è affatto facile: nel volume di RRDec che

raccoglie le sentenze emanate nell’anno 1995 vengono pubblicate 18 sentenze che rispondono al capo di difettodi discrezione di giudizio (alle volte risolte cumulativamente col capo di incapacità di assumere). Di queste 18

sentenze sulla discrezione di giudizio, soltanto una ha concluso   pro nullitate matrimonii (quella Galvien. et

Duacen. coram Turnaturi del 16 giugno 1995): pp. 360 388.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

“insicura” o “infantile” sarà di poco aiuto se non viene confortata da fatti eloquenti.Bisogna dunque evidenziare, con parole di Viladrich, lo scenario biografico del soggetto

e la corrispondente sequenza cronologica. Nell’istruttoria allora –negli interrogatori

realizzati e verbalizzati con le parti e con i testimoni– si indagherà su qualimanifestazioni, in concreto, nell’attività personale, coniugale, familiare e

professionale si riflette il difetto di uso di ragione, di discrezione di giudizio o diincapacità di assumere. Di conseguenza, debbono venir fuori delle azioni,atteggiamenti e condotte che mettono in evidenza quanto abbia inciso la causapsichica nei campi più svariati della vita ordinaria (specialmente per quanto riguarda

la sua capacità relazionale ed affettiva), al fine di riconoscere la presenza o menodegli effetti dell’anomalia psichica sulla capacità del soggetto e il grado di tale

influenza sulla decisione coniugale26.

Non bastano le anomalie o i difetti superabili con i mezzi ordinari (tra i quali lo

sforzo, il sacrificio).  Anzi, i difetti spesso sono occasione di miglioramento e

compenetrazione tra gli sposi. Per cui la stessa anomalia (leve) può portare alperfezionamento o al fallimento (e in tal caso diventa grave, ma dopo il matrimonio)

Sull’incapacità relativa

Per questo tema, studiare il testo allegato di H. Franceschi, La incapacità relativa

esplicita e implicita, in La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione

della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma 2005, pp. 351 393.

Termine ambiguo: origine con l’analogia con l’impedimento di impotenza (è 

possibile apprezzare un’impotenza relativa, tra i due coniugi e non in senso assoluto).

Ma qui non si tratta di capacità per fare un atto insieme ma la capacità diimpegnarsi, di fare un atto singolare, dell’intelletto e la volontà.

Ricordiamo quanto dicevamo all’inizio: la capacità va riferita all’atto delconsenso, che è sempre un atto personale: anche la capacità va misurata in ognisoggetto, personalmente. Bisogna distinguere con chiarezza tra l’incapacità personalereale e le diverse sintomatologie in cui questa incapacità si può manifestare.

Pensare che si può

essere capace per assumere gli obblighi con tutte le persone tranne checon una denota spesso una confusione«fra il difetto di capacità, come causa di nullità e nozione

giuridica, e le caratteristiche più o meno aggravanti che può presentare il quadro

26 A modo di «guida per il consulente», Bianchi segnala delle linee da accertare: come sia andato il

fidanzamento e le cause delle eventuali difficoltà e rotture; se chi si suppone incapace ha avuto delle difficoltà in

qualche campo importante dell’esistenza (rapporti familiari, lavorativi, obblighi sociali...); se ha avuto una

“storia clinica” (se è stato curato da medici e se questi sono pronti a deporre; le diagnosi, le cure e gli eventuali

ricoveri realizzati); come parlasse prima delle nozze (se si riscontravano delle posizioni eccentriche o

sensibilmente immature); se era convinto a sposarsi o vi fu qualche causa che lo spinse al matrimonio (una

gravidanza, gli scrupoli, la soggezione di altre persone; bisogna tener conto del peso soggettivo di tali fattori

sulla persona magari labile e predisposta); come si sia comportato nei preparativi prenuziali e il giorno delle

nozze; come abbia svolto gli obblighi matrimoniali (difficilmente si ritiene che manca di discrezione verso gliobblighi chi li osserva bene e per lungo tempo); quale sia stata la “sotria clinica” posteriore al matrimonio; se il

soggetto è pronto a sottoporsi a perizie o al meno a liberare del segreto ai medici che l’hanno eventualmente

seguito...; cfr. P. BIANCHI, Quando il matrimonio è nullo? cit., 199 200.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

sintomatologico della causa psichica e il modo in cui avanza e si aggrava nella realtà 

esistenziale del paziente e, infine, di fronte alla chiarezza della trilogia di difetti di capacità del

can. 1095, eleva alla categoria giuridica di difetto di capacità e di causa di nullità ciò che non è 

altro che un modo di emergere e interagire di quadri diversi di alterazioni psichiche della

personalità e del comportamento»27.

Come afferma Viladrich, «l’argomentazione a favore della cosiddetta“incapacità relativa” è molto condizionata dalle sue origini, quando non esistevaancora l’attuale architettura della capacità che troviamo nel vigente can. 1095. Dopo

l’entrata in vigore di questo canone, molti hanno continuato ad interpretarlo sullafalsa riga precedente, senza notare la profonda novità in esso contenuta. È proprio in

queste vecchie chiavi ermeneutiche che troviamo la continua confusione fra il dato difatto e la causa di nullità, fra la perturbazione psichica e l’incapacità giuridica,insomma tra i modi di verificarsi e di evolversi di una disfunzione psichicanell’interazione coniugale e i criteri giuridici di incapacità di un contraente. A questa

strana mescolanza, lo spirito e le parole del can. 1095 hanno voluto mettere un puntofinale. Tuttavia, dalla suddetta mescolanza dipende ancora sostanzialmente la tesi

della “incapacità relativa”»28.

Pensiamo che sia proprio la confusione tra incapacità personale per il rapportomatrimoniale e le sue manifestazioni nel concreto rapporto coniugale interpersonale,la causa di molte confusioni nell’elaborazione di diverse teorie sull’incapacità 

relativa. Qualunque sia la risposta sull’ammissibilità o meno della cosiddettaincapacità relativa, i punti fermi nella determinazione di questa sono gli elementi

della fattispecie legale consacrata dal legislatore nel can. 1095, 3º. Il giudice deve

interpretare la norma legale, ma non può

modificarla o andare oltre, soprattutto sesono norme che restringono un diritto fondamentale della persona e del fedele, qualeè lo ius connubii.

Vi è anche un problema terminologico: spesso si parla di incapacità relativa per

riferirsi a deficit che comunque sarebbero assoluti.

È vero che nel matrimonio c’è una relazionalità, perché i matrimonio è sempretra due persone: ma ciò è un’ovvietà. D’altra parte, c’è una relazionatà rispetto agliobblighi; Funghini: la capacità va misurata erga onera, non erga compartem

La regola per misurare l’incapacità non può essere la personalità dell’altro ma icontenuti dei doveri essenziali: il criterio è sempre lo stesso, in ogni matrimonio.

In fondo il problema è determinare se l’incompatibilità di caratteri  è 

equiparabile all’incapacità di assumere? Incompatibilità che soltanto si scopre aposteriori (per cui se si verifica la mancata compatibilità sarebbe nullo).

Non si deve dimenticare che un grado di mancanza di compatibilità è positivo:può e dovrebbe diventare occasione di donazione, nella misura in cui l’integrazione

27 Cfr. P.J. VILADRICH, Comentario al canon 1095, in Comentario Exegético al Código de Derecho Canónico, III,

Pamplona 1996, pp. 1239 1240.

28 Cfr. P.J. VILADRICH, Il consenso matrimoniale, Roma 2001.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

non è qualcosa che dipende dalla capacità, ma dallo sforzo di entrambi i coniugi peraccettare l’altro nella sua concretezza, con i suoi difetti e le sue diversità.

Ci sono poi delle conseguenze paradossali dell’incapacità relativa:

– Non è pensabile un consenso parzialmente valido: è valido o non lo è,assolutamente;

– Si potrebbe essere capace assolutamente e incapace con una persona.

– Sarebbe incapace il matrimonio (che può essere valido o nullo, ma non capaceo incapace)

– Sarebbero capaci i soggetti con comportamenti aberranti ma complementaritra di loro! (un masochista e un sadico, un narcisista e un debole).

Sull’autonomia tra il comma 2 e il comma 3 del can. 1095

Il problema dell’autonomia del n. 3 rispetto al n. 2; : come si può assumere gli

obblighi non avendo la discrezione di giudizio? e all’inversa: se è incapace diassumere probabilmente non aveva la discrezione... Contro l’autonomia, C.J.ERRÁZURIZ M., Riflessioni sulla capacità consensuale nel matrimonio canonico cit.; E. TEJERO,

Naturaleza jurí dica de la incapacidad para asumir las obligaciones esenciales del matrimonio

 y «ius connubii», in Fidelium Iura 6 (1996) 227 333.

Si può considerare autonomo il n. 3 sottolineando che si tratta di un’unica categoria

giuridica, che si presenta sotto tre criteri. (E distinguendo i nn. 2 3 tra la capacit à perprendere una decisione libera e lo sviluppo necessario per assumere il contenuto

dell’atto): J. CARRERAS, La autonomí a de la «incapacidad de asumir las obligaciones esenciales

del matrimonio» como capí tulo de nulidad, in Ius Canonicum, vo. speciale 1999, 779 793.

Sui periti e la prova

Cfr. can. 1680: il giudice si serva dei periti a meno che la perizia sia

evidentemente inutile (perché è evidente l’incapacità o la capacità).

La missione dei periti nelle cause di incapacità

 è

determinare la natura e lagravità della causa psichica, il momento in cui è apparsa e la sua influenza nellaprestazione del consenso. Il giudice, che è   peritus peritorum, deve ponderare le

conclusioni del perito, specialmente se ci sono opinioni diverse e discordanti tra i

diversi periti, o se mancano di certezza morale, vuoi per le vie utilizzate o leconclusioni raggiunte, vuoi perché non abbiano sufficiente riscontro negli atti della

causa.

Il perito aiuta il giudice con la sua scienza propria a determinare le condizioni

psichiche del soggetto nel momento di celebrare il matrimonio.

Aiutare: la conclusione spetta al giudice (  peritus peritorum), che non assume

acriticamente le conclusioni del perito.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

Non basta che il perito dica che la persona è neurotica o immatura; bisognavedere se tale anomalia rende incapace, se rientra nelle fattispecie del canone 1095.

Come si pongono le domande al perito: il perito non deve dire se la persona eraincapace di assumere: questo spetta al giudice.

Con la scienza propria, e in questo i giudici devono stare attenti ale senso dei

termini utilizzati dal perito. Ad esempio, quando esso parla di maturità, si devedistinguere tra la maturità punto d’arrivo (che è il senso molte volte utilizzato daiperiti) o di partenza (per il giudice, perché anche le persone normali hanno lievidifetti e immaturità).

Nel momento di contrarre; non constata il fallimento e l’inviabilità della vita

comune ma lo stato psichico nel momento della celebrazione del matrimonio (conl’aiuto del esame del periziando, i testimoni, i fatti provati...).

Antropologia del perito compatibile con la antropologia cristiana: non

determinista, l’uomo capace di impegnare completamente la propria libertà,valutazione realistica degli ostacoli e i mezzi per superarli; realizzazione di sé che

passa attraverso il sacrificio (il dono di sé) e non l’egocentrismo... cfr. discorso delPapa del 1997 e il pericolo di scambiare personalismo con egocentrismo: il vero

personalismo cerca innanzitutto la realizzazione attraverso il dono di sé, in una

visione realistica della persona umana.

Riguardo alla prova dell’incapacità consensuale, la nuova Instructio Dignitas

connubii, nel suo art. 209, specifica bene che cose si deve chiedere al perito in ognunadella fattispecie considerate dal canone 1095:

Ǥ 1. In causis incapacitatis, ad mentem can. 1095, iudex a perito quaerere ne

omittat an alterutra vel utraque pars peculiari anomalia habituali vel transitoria

tempore nuptiarum laboraverit; quaenam fuerit eiusdem gravitas; quando, qua de

causa et quibus in adiunctis originem habuerit et sese manifestaverit.

§ 2. Singillatim:

1º in causis ob defectum usus rationis, quaerat utrum anomalia graviter temporecelebrationis matrimonii usum rationis perturbaverit; qua intensitate et quibus

indiciis sese revelaverit;

2º in causis ob defectum discretionis iudicii, quaerat qualis fuerit anomaliae

effectus in facultatem criticam et electivam ad decisiones graves eliciendas,

peculiariter ad statum vitae libere eligendum;

3º in causis denique ob incapacitatem assumendi obligationes matrimonii

essentiales, quaerat quaenam sit natura et gravitas causae psychicae ob quam pars

non tantum gravi difficultate sed etiam impossibilitate laboret ad sustinendasactiones matrimonii obligationibus inhaerentes.

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LEZ. X: L’INCAPACITÀ CONSENSUALE

§ 3. Peritus in suo voto singulis capitibus in decreto iudicis definitis iuxta

propriae artis et scientiae praecepta respondere debet; caveat autem ne limites sui

muneris ultragrediens iudicia quae ad iudicem spectant emittat (cf. cann. 1577, §

1; 1574)»29.

Il giudice dichiara la nullità del matrimonio se ritiene provata l’incapacità; nonsoltanto per il fatto che venga invocata, né perché il perito riscontra una anomalia, né 

perché la situazione dei coniugi è penosa: non possono ricostruire la vita comune,non possono magari avvicinarsi ai sacramenti...

Nello studio delle cause, particolarmente in quelle che riguardano l’incapacità, bisogna ricordare che la vera pastorale è quella che si basa sulla verità; che il Signorenon nega mai la sua grazia...

29 Uno studio molto chiaro sul ruolo del perito e sulla valutazione della perizia alla luce di quantostabilito dalla Dignitas connubii è quello di P. BIANCHI, Le perizie mediche e, in particolare, quelle riguardanti il can.

1095, in La nullità del matrimonio: temi processuali e sostantivi in occasione della «Dignitas Connubii», EDUSC, Roma

2005, pp. 145 176.

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