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Annata LXXXIII Maggio-Agosto 2008 N. 3-4 dir. fall. RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA gia ` diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981), ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003) DIREZIONE Girolamo Bongiorno, Concetto Costa, Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci, Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini estratto CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2008 ISSN 0391-5239

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Annata LXXXIII Maggio-Agosto 2008 N. 3-4

dir. fall.

RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

gia diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981),

ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003)

DIREZIONE

Girolamo Bongiorno, Concetto Costa,

Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci,

Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini

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CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2008

ISSN 0391-5239

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3-4

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CASSAZIONE CIVILE7 marzo 2007, n. 5273

Pres. G. Losavio - Rel. Salvato - P.M. Schiavon

Banca di Roma Soc. per az. c. C.F. Commercio Fibre Soc. a resp. lim.

Concordato preventivo - Omologazione - Effetti del concordato per i cre-ditori - Compensazione volontaria - Violazione della par condicio cre-ditorum - Configurabilita - Sussistenza - Dichiarazione di inefficaciadell’atto estintivo - Ammissibilita - Exceptio doli - Configurabilita -Esclusione(Artt. 1175, 1337, 1375 cod. civ., 180 e 184 legge fallim.)

L’esercizio di un’azione diretta ad ottenere l’inefficacia dei pagamenti effet-tuati nel corso della procedura di concordato preventivo, allo scopo di realizza-re la par condicio creditorum, non rappresenta un’ipotesi di esercizio fraudo-lento dei diritti derivanti da un contratto concluso dall’imprenditore ammessoalla procedura concorsuale, ne configura una violazione della buona fede e del-la regola della correttezza nell’esercizio dei diritti sorti con lo stesso. Di conse-guenza tale azione non puo essere paralizzata mediante la exceptio doli gene-ralis, in quanto la necessita di procedere al pagamento concorsuale di tutti idebiti preclude ogni trattamento preferenziale dei singoli creditori, i qualinon possono avvantaggiarsi, neanche attraverso il meccanismo della compensa-zione volontaria, in danno dei creditori concorrenti che vedono pagati i lorocrediti in percentuale concordataria, non potendo i negozi stipulati dall’im-prenditore concordatario, pur restando fermi, produrre effetti in contrastocon la cessione di tutti i beni dell’imprenditore per la soddisfazione concorda-taria dei suoi creditori attraverso lo strumento del concordato preventivo (1).

Svolgimento del processo. - 1. Il Tribunale di Biella, con sentenza del 10maggio 1995, accolse la domanda della C.F. Commercio Fibre soc. a resp.lim. in concordato preventivo (di seguito, C.F.), di condanna della Banca diRoma (infra, Banca) alla restituzione di euro 68.583.602, incassate in datasuccessiva all’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

La domanda fu accolta ritenendo che, con atto del 30 marzo 1990, era

(1) Eccezione di dolo, concordato preventivo e par condicio creditorum.

Una societa conferisce ad una banca, a fronte di un finanziamento, un mandato irrevo-cabile all’incasso dei propri crediti rappresentati da cambiali e ricevute bancarie. Dopo pochimesi dalla stipula del contratto, la societa viene ammessa alla procedura di concordato pre-

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stato conferito alla Banca un mandato irrevocabile all’incasso di crediti dellasocieta, portati da cambiali e ricevute bancarie.

La sentenza fu appellata dalla Banca e, all’esito del giudizio di secondogrado, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 31 luglio 1997, con-fermava la pronuncia del tribunale, ma accoglieva l’eccezione di compensa-zione parziale del credito della C.F. con un credito vantato dalla Banca ericonosciuto dal commissario liquidatore, condannando la predetta a paga-re la somma di lire 55.481.606, oltre interessi.

In particolare, la Corte territoriale: a) riteneva abbandonata l’eccezionedi difetto di legittimazione della C.F. e del commissario liquidatore ad eser-citare azioni di massa; b) reputava che l’interpretazione dell’atto del 30 mar-zo 1990 non era stata attinta da specifiche censure, in violazione dell’art.342 cod. proc. civ.; c) affermava che l’exceptio doli generalis proposta dallaBanca configurava una domanda riconvenzionale di accertamento negativodella legittimita della pretesa avanzata da C.F., siccome diretta a denunciarevizi relativi anche al tempo della notifica della pretesa di restituzione, ed eraquindi inammissibile, perche nuova.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione la Banca, affi-dato a quattro motivi; resisteva con controricorso la C.F., che proponevaricorso incidentale.

Questa Corte, con sentenza del 5 novembre 1999, n. 12320, riuniti i ri-corsi, accoglieva il ricorso principale, dichiarava assorbito il ricorso inciden-tale, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra Sezione dellaCorte d’appello di Torino.

Siffatta sentenza riteneva fondato il quarto motivo, con il quale la Bancaaveva denunciato omessa motivazione in ordine alla dedotta eccezione dicarenza di legittimazione della C.F., osservando che il giudice di secondogrado era incorso in una «erronea lettura della richiamata memoria del 6luglio 1995, nella quale nessun «abbandono» dello specifico motivo di gra-

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ventivo, nonostante cio la banca riscuote successivamente all’apertura della procedura con-corsuale diversi crediti. La societa pertanto, agisce in giudizio per chiedere la condanna dellabanca alla restituzione di lire 68.583,602, in quanto esatte in data successiva all’ammissionealla procedura di concordato preventivo. Secondo la prospettazione offerta dalla banca, l’a-zione proposta dalla societa rappresenterebbe un’ipotesi di abuso del diritto, perche fondata,dal punto di vista sostanziale, su un negozio giuridico annullabile, in quanto il dolo utilizzatodalla societa nella contrattazione avrebbe inciso in maniera determinate sulla manifestazionedel consenso dell’istituto di credito, viene denunciata in particolare, la violazione degli artt.1175, 1375, 1440 cod civ. La societa con il suo comportamento avrebbe approfittato dellabuona fede della banca, violando i doveri di informazione e obbligandosi a restituire sommeche non sarebbero mai pervenute all’istituto di credito, in forza del divieto insito nel principiodella par condicio creditorum. In particolare secondo la banca, l’abuso del diritto e la sussi-stenza del dolo, emergerebbero dalle risultanze processuali, dalle quali si evince che la societa

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vame (...) puo leggersi». Anzi, osservava questa Corte, la «memoria stessarichiama espressamente «tutte le conclusioni istruttorie di merito e di legit-timita gia formulate con l’atto di appello» ed era altresı «erronea [la] letturadelle conclusioni definitive, riportate nell’epigrafe della sentenza, con lequali l’eccezione proposta e espressamente ribadita».

La sentenza reputava fondato anche il primo motivo, avente ad oggettola denuncia di omessa motivazione in ordine alla natura della convenzionedel 30 marzo 1990 ed all’erronea applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ.

La censura proposta dalla Banca con l’atto di appello era infatti carat-terizzata dal requisito della specificita, «sol che si consideri che nella formu-lazione del motivo (pag. 8 dell’atto di appello), a confutazione della inter-pretazione data dal primo giudice era richiamata quella clausola particolaredella convenzione dalla quale, secondo l’assunto dell’appellante, si sarebbedovuto desumere l’intento delle parti in termini di «definitiva traslazionedel credito». In questo richiamo era infatti individuata «un’argomentazionecritica alla sentenza impugnata, idonea a dar corpo ad un motivo di grava-me dotato del requisito della specificita».

Questa Corte, ritenuto assorbito il secondo motivo, reputava fondatoanche il terzo, avente ad oggetto la denuncia di violazione e falsa applica-zione dell’art. 345 cod. proc. civ., nonche dell’art. 1175 cod. civ., in temadi exceptio doli. Secondo la sentenza n. 12320/99, la prospettazione dellaBanca configurava una eccezione diretta ad ottenere il rigetto della doman-da, in virtu di una qualificazione che la stessa Corte d’appello, «contraddit-toriamente rispetto al senso della decisione», aveva affermato.

2. La C.F. e la Banca, con distinti atti, riassumevano la causa innanzi allaCorte d’appello di Torino che, riuniti i giudizi, ne ordinava la sospensione,sino all’esito della decisione della domanda di revocazione della sentenza n.12320 del 1999, proposta da C.F., dichiarata inammissibile con sentenza diquesta Corte del 12 luglio 2001, n. 13249.

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aveva sottoscritto la convenzione relativa alla cessione dei crediti in data 30 marzo 1990 peressere poi sottoposta alla procedura di concordato preventivo gia in data 27 maggio 1990, adistanza di soli tre mesi e ventiquattro giorni, in cio evidenziandosi la mala fede in quanto lasocieta doveva ritenersi consapevole della circostanza che una volta ottenuta la disponibilitadelle somme, l’istituto di credito avrebbe dovuto poi restituire alla massa concordataria lesomme che la stessa aveva introitato.

2. La Suprema Corte, investita della decisione, coglie l’occasione per intervenire in rela-zione alla qualificazione dell’eccezione di dolo sollevata dalla banca, affermando cosı, che laexceptio doli specialis seu praeteriti individua il dolo usato al momento della conclusione delcontratto, come tale e finalizzata a consentire alla parte convenuta per l’esecuzione dello stes-so, la dimostrazione dell’esistenza di raggiri utilizzati per indurla a concludere il negozio, cosıda consentirle di ottenerne l’annullamento, paralizzando la pretesa azionata da controparte,

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La Corte territoriale, con sentenza depositata il 1º febbraio 2003, riget-tava l’appello, accogliendo tuttavia l’eccezione di compensazione parzialedel credito della C.F. con un credito vantato dalla Banca, che condannavaa pagare la somma di lire 55.481.606, oltre interessi; inoltre, dichiaravacompensata tra le parti per un terzo le spese del secondo grado, condan-nando la Banca a pagare la residua parte; dichiarava compensate le spesedel giudizio di legittimita; condannava la Banca a pagare le spese del giudi-zio di rinvio.

In particolare, la sentenza impugnata:a) affermava l’infondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione

attiva proposta dalla Banca.b) Riteneva infondata la censura concernente l’interpretazione dell’atto

del 30 marzo 1990, escludendo che la pattuizione contenuta nell’art. 2 con-sentisse di ritenere che le parti avevano convenuto «l’immediata traslazionedel credito in favore del mandatario», poiche, «parlando di autorizzazionealla Banca a trattenere, a soddisfo dei propri crediti, quanto sara da essaincassato», l’atto presupponeva «necessariamente che l’incasso abbia peroggetto ancora e sempre un credito della C.F.», anche alla luce del «tenoredelle distinte di ricevuta e delle comunicazioni dalla Banca al cliente (di cuiai documenti 1-10-14 di parte C.F.) e cioe di documenti predisposti dallaBanca».

La Corte territoriale riteneva inammissibile l’interrogatorio formale e laprova per testi articolati dalla Banca, in quanto diretti inammissibilmente a

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invece la exceptio doli generalis seu praesentis, individua il dolo attuale, utilizzato al momentoin cui viene intentata l’azione in giudizio, pertanto essa costituisce un rimedio generale, voltoad impedire l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti attribuiti dall’ordinamento. La modernaexceptio doli generalis (1), secondo un primo prevalente orientamento, costituirebbe una ma-nifestazione del principio della buona fede (2), il suo fondamento positivo dovrebbe rinvenirsicioe, negli artt. 1175, 1366 e 1375 cod. civ., norme che introducono vere e proprie clausole

(1) Secondo un insegnamento tradizionale, l’elaborazione della exceptio doli generalis, il cui merito e daattribuire al giurista repubblicano Aquinio Gallo, fu dettata dall’esigenza di «ricondurre a giustizia» le situazioni

di ingiustizia che potevano sorgere in dipendenza di una rigida applicazione dello jus civile, venendo a costituire,insieme all’actio de dolo, un compiuto sistema sanzionatorio di pretese che pur fondandosi su questo, appariva-

no latu sensu abusive: Cosı Cannata, Corso di Istituzioni di diritto romano, Torino 2003, pag. 21. Attraverso ilricorso alla exceptio doli il pretore chiamato a dirimere la controversia era autorizzato ad attingere alla naturalis

aequitas, anche a costo di dover disapplicare le regole proprie dello ius strictum, ma in piu sulla base di quelledecisioni si arrivava a formulare principi di piu ampio respiro che, entrati a far parte in via consuetudinaria del

tessuto giuridico vigente, era in grado di ispirare nuovi istituti di diritto sostanziale: Cfr. Costa, L’exceptio doli,pag. 282. Cfr. Romeo, Exceptio doli generalis ed exceptio doli specialis, in, I Contratti, n. 11/2007 pag. 971 e seg.

(2) Cfr. in particolare: Rescigno, L’abuso del diritto, in Riv. Dir. Civ., 1965, I (saggio pubblicato unitamen-te ad altri anche in L’abuso del diritto, Bologna 1998).

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«deferire al teste o alla parte personalmente una operazione di interpreta-zione giuridica nel contratto stesso e delle connesse operazioni bancarie».

c) Sul terzo motivo di appello osservava che, nonostante la Banca avesseesposto di proporre una exceptio doli generalis, aveva in realta formulatouna exceptio doli specialis seu praeteriti, infondata in quanto basata esclusi-vamente sull’asserito silenzio di C.F., inidoneo ad integrare gli estremi deldolo ex art. 1439 cod. civ., osservando che, in ordine alla seconda eccezio-ne, questa Corte ha escluso che essa possa essere integrata dall’esercizio ingiudizio dei diritti spettanti ad una parte secondo il diritto sostanziale.

Il giudice di rinvio riteneva che un documento ed un capo di prova di-retto a dimostrare che l’amministratore di C.F. «aveva tenuto un positivocomportamento di dolo» erano «funzionali ad un motivo di appello chenon e stato dedotto», «secondo cui la C.F. avrebbe tenuto comportamentipositivi integranti il dolo ex art. 1439 cod. civ.», con conseguente inammis-sibilita del motivo, «per tardivita», ed irrilevanza delle prove.

In ogni caso, secondo la sentenza, anche se il motivo di gravame fossestato ammissibile, il documento era irrilevante, per le ragioni esposte nellapronuncia, cosı come il capo di prova che in una restante parte era inam-missibile.

d) Riteneva che la sentenza di questa Corte n. 12320 del 1999 non avevatravolto il capo della pronuncia di secondo grado avente ad oggetto l’acco-glimento dell’eccezione di parziale compensazione sollevata dalla Banca diRoma che, in linea gradata, riteneva comunque fondata sulla scorta delleargomentazioni svolte nella pronuncia cassata, che faceva proprie.

3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la Banca, af-

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generali, in cui il legislatore ha individuato il principio della buona fede in senso oggettivo,nell’ambito dei rapporti obbligatori ed in particolare in quelli contrattuali (3). Un risalenteorientamento giurisprudenziale negava in effetti, la possibilita di attribuire a tali disposizioni,in ragione della loro natura di clausole generali, un reale valore precettivo, riducendole a for-mule retoriche prive di qualsivoglia contenuto (4). Tale prospettiva e oggi superata alla luce diuna piu approfondita riflessione che negli anni e stata condotta in merito ai principi dellabuona fede e della correttezza, valorizzati nella loro effettiva portata precettiva. In particolareoggi si ritiene che tale principio, nella fase di esecuzione del contratto concorra ad integrare ilcontenuto dello stesso, arrichendolo con alcune regole di condotta ulteriori, che se violate

(3) In virtu di queste disposizioni, buona fede e correttezza regolamentano il comportamento delle parti sianella fase delle trattative preliminari quanto nella fase esecutiva del vincolo contrattuale.

(4) Cfr. in tal senso: Cassazione, 16 febbraio 1963, n. 357, in Foro Pad., 1964, I, 1284 e seg., con nota criticadi Rodota, Appunti sul principio di buona fede, ivi, 1284 e segg.; Stolfi, Il principio di buona fede, in Riv. Dir.

Comm., 1964, I, 165.

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fidato a cinque motivi erroneamente numerati come sei motivi; ha resistitocon controricorso C.F.

Motivi della decisione. – (Omissis) – 2. La Banca, con il terzo motivo,denuncia vizi della sentenza in relazione all’«art. 360 n. 3 e 5 [cod. proc.civ.] con riferimento agli artt. 1175, 1337, 1440, cod. civ. art. 95 L.B.» e,dopo avere riportato alcuni brani della sentenza nella parte concernentel’exceptio doli, lamenta che il giudice di rinvio ha «disatteso che il dolo (el’abuso del diritto)» e stato invocato in via di eccezione. Pertanto, il riferi-mento all’art. 1439 cod. civ. sarebbe fuori luogo, occorrendo avere riguardoagli artt. 1175, 1337, 1440 cod. civ. e 95 della legge bancaria.

A suo avviso, essa ha sostenuto che la circostanza che C.F. ha approfit-tato della buona fede della Banca, venendo meno ai doveri di informazione,obbligandosi a restituire somme che «in forza del divieto previsto dal siste-ma mai sarebbero ritornate alla Banca», tenendo scientemente e consape-volmente siffatto comportamento, in violazione «dei piu elementari principia tutela del sinallagma contrattuale e dell’equilibrio economico», richieden-do «oggi il pagamento di somme pari a quelle ricevute, in virtu del fenome-no della cristallizzazione dei crediti, coevo al deposito del ricorso ex art. 160

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comportano l’insorgere di una responsabilita contrattuale (5). Un diverso orientamento collo-ca la exceptio doli generalis nell’ambito del divieto di abuso del diritto (6), in tale prospettiva ilfondamento delle categorie dell’abuso del diritto e dell’exceptio doli generalis, risiederebbenell’esigenza di evitare che un soggetto si avvalga della protezione fornita da norme di dirittosostanziale o processuale per conseguire effetti che, in relazione alle peculiarita del caso con-creto, non appaiono congrui, o comunque compatibili con la ratio sottesa al dettato legisla-tivo, si giunge cosı, a negare protezione giuridica a quelle pretese azionate con malizia o co-munque in maniera scorretta. In questi casi il comportamento preso in esame, risulterebbe inapparenza ossequioso della legalita, mentre da un’analisi piu approfondita, delle circostanzeconcrete della vicenda emerge una contraddizione intrinseca, rispetto al fondamento dellafattispecie astratta di diritto che viene invocata a tutela delle proprie ragioni, pertanto l’inter-prete dovrebbe «dequalificare»l’atto compiuto, da atto secundum legem, ad atto illecito e me-ritevole di sanzione da parte dell’ordinamento. Una ulteriore corrente di pensiero ne indivi-

(5) Cosı: Cassazione, 9 luglio 2004, n. 12685, in, Guida al diritto, 2004, 39, 63; Cassazione, 24 febbraio2004, n. 3610, in Guida al diritto, 2004, 16, 50; Cassazione, 15 marzo 1999, n. 2284, in Foro It., 1999, I,1169 con nota di Troiano; Cassazione, 14 luglio 2000, n. 9321.

(6) Cfr. Pellizzi, voce «Exceptio doli (diritto civile), in Noviss. Dig., VI, Torino 1960, 1077, 238); Natoli,

Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. Trim. Dir. Proc.

Civ., 1958, 22; Alpa, I principi generali, in Trattato di diritto privato, diretto da Iudica e Zatti, Milano, 1993,413 e seg.; Levi, L’abuso del diritto, in Milano, 1993, 14; Venosta, Note sull’exceptio doli generalis, in Banca,

Borsa e titoli di credito, 1989, II, 529 e seg.; Meruzzi, L’exceptio doli dal diritto civile al diritto commerciale, Pa-dova, 2005; Portale, Impugnative di bilancio ed exceptio doli, in Giur. Commerciale, 1982, II, 414 e seg.; Gal-

gano, Abuso del diritto: l’arbitrario recesso ad nutum della banca, in Contratto e impresa, 1998, 18.

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legge fallim., costituisce abuso, comportamento scorretto», che «non meritatutela in ragione dello squilibrato assetto degli opposti interessi».

Secondo l’istante, l’azione proposta dalla C.F. costituisce abuso del di-ritto e «fa seguito ad una condotta negoziale da dolo che ha inciso sul con-senso» da essa prestato, «con conseguenza sanzionatoria, ma non invalida-toria da annullamento».

La Barca riporta quindi il testo dell’art. 1175 cod. civ. e ricorda chel’art. 95 della legge bancaria prevede sanzioni a carico della parte che, alfine di ottenere credito, «rappresenta dati falsi sulla situazione economica,patrimoniale e finanziaria dell’azienda interessata alla concessione del credi-to», mentre l’art. 1440 cod. civ. sanziona il dolo incidente, atteggiandosi lareticenza del contraente quale «tipico fenomeno di dolo omissivo realizzatoin palese violazione del principio generale di buona fede».

A suo avviso, l’abuso del diritto e l’eccezione di dolo sono comprovatidalle risultanze istruttorie: a) la C.F. ha sottoscritto la citata convenzione il30 marzo 1990, «per cadere poi in concordato preventivo in data 27 maggio1990, e cioe per l’esattezza dopo tre mesi e ventiquattro giorni», sicche eillogica l’affermazione contenuta nella sentenza in ordine all’irrilevanzadel dato temporale, in quanto tre mesi prima del deposito ex art. 160 leggefallim. C.F. «era ben consapevole che ottenuta la disponibilita immediatarelativa all’apertura di credito, la Banca poi avrebbe dovuto restituire alla

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dua la ratio, cosı come avviene per il principio di buona fede in senso oggettivo e per il divietodi abuso del diritto, nella necessita di razionalizzazione dei rapporti giuridici e di selezionedegli interessi meritevoli di tutela, che «giustifica e legittima il sindacato del giudice sull’eser-cizio discrezionale dei diritti attribuiti dall’ordinamento allo scopo di verificarne la congruitacon i valori fondamentali espressi dall’ordinamento e con le finalita insite nel loro normaleesercizio». Si tratterebbe dunque di uno strumento processuale diretto a paralizzare l’efficaciadell’atto e a giustificare il rigetto della domanda avversaria fondata sullo stesso. La sua fun-zione viene individuata nella necessita di contenere quelle azioni giudiziarie intraprese in ma-niera palesemente pretestuosa o malevola al fine di arrecare un danno ad altri. In passato lagiurisprudenza di legittimita ha individuato il fondamento della exceptio doli generalis seupraesentis nella circostanza che l’attore, nell’avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudi-ziale, si rende colpevole di frode, in quanto sottace, nella prospettazione della fattispecie con-troversa, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere ed aventi forzamodificativa o estintiva del diritto stesso (7), ovvero nel caso di richieste di pagamento risul-

(7) Cosı Cassazione, sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10864, in Giut. Civ. Mass., 1999, 2049 e in Contratti (I), 2000,139 con nota di Lamanuzzi: tale pronuncia con specifico riferimento al contratto autonomo di garanzia ha sta-bilito che «il garante l’obbligo di proporre la exceptio doli, nell’ambito del dovere di protezione del garantito da

possibili abusi del beneficiario, pena la perdita del diritto di rivalsa, in presenza di una pretestuosa escussione diuna garanzia bancaria «a prima richiesta» e che l’eccezione e legittima solo in quanto sussistano prove sicure della

malafede del beneficiario».

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massa concordataria, le somme tutte che la stessa avrebbe poi introitato»; b)dalla relazione del Commissario giudiziale risulta che C.F. era in sofferenzagia negli anni 1988/1989, tant’e che nel 1989, a causa delle perdite, fu co-stretta a ricapitalizzare la societa, con conseguente fondatezza dell’exceptiodoli sia se riferita alla data della stipula della convenzione, sia se riferita almomento della notifica della citazione; c) C.F. «ora costituita in «holding»unitamente ad altre societa quali la Solaco e la ‘‘Mercurio’’». La seconda,dopo avere tentato di essere ammessa ad una procedura concorsuale mino-re, e stata dichiarata fallita nel settembre 1990 e dalla relazione dei curatorerisulta la «disinvoltura con la quale il legale rappresentante di detta societa(di nome Adolfo Sisto) ebbe ad operare nella zona del Biellese, «adocchian-do» proprio il banco di Roma al quale fece proposte di cessioni di creditiper ottenere finanziamenti utili a rinvenire i numeri per i suoi concordati».

In definitiva, la C.F. ha tenuto una condotta in contrasto con il doveredi correttezza e buona fede stabilito dall’art. 1175 cod. civ., risultando nellaspecie applicabile anche l’art. 1440 cod. civ.

La ricorrente, con il quarto motivo, denuncia vizi della sentenza in re-lazione all’«art. 360 n. 3 e 5 [cod. proc. civ.] in punto ‘‘prove testimoniali’’

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tanti abusive o fraudolente (8). E stato inoltre evidenziato (9) come nel nostro ordinamentogiuridico, l’operativita della exceptio doli generalis, sia strettamente legata, oltre che al temadell’abuso del diritto e della violazione del principio di buona fede, anche a quello del divietodi venire contra factum proprium, inteso quale divieto di esercizio di una situazione giuridicasoggettiva in contraddizione con un precedente comportamento tenuto dal titolare stesso (10).Il principio di non contraddizione trova, tradizionalmente nel diritto commerciale, e piu ingenerale nell’ambito dei rapporti obbligatori a contenuto patrimoniale i settori in cui si rin-

(8) Cfr. Cassazione Civ., sez. III, 21 aprile 1999, n. 3964, in Giust. Civ. Mass., 1999, 898, la cui massima

statuisce: «poiche nel contratto autonomo di garanzia al garante non e consentito di opporre eccezioni che trag-gano origine dal rapporto principale, salvo l’exceptio doli, formulabile nel caso in cui la richiesta di pagamento

risulti prima facie abusiva o fraudolenta, deve altresı escludersi, se la richiesta nei confronti del garante sia fon-data sull’inadempimento dell’obbligazione principale, l’onere del creditore di allegare e provare le specifiche ina-

dempienze del debitore principale; e invece il garante che per escludere la propria responsabilita deve fornire laprova certa ed incontestata dell’esatto adempimento da parte del garantito». Sempre in tema di eccezione di ex-

ceptio doli nel contratto autonomo di garanzia si vedano: Cassazione Civ., sez. I, 18 novembre 1992, n. 12341, inGiust. Civ. Mass., 1992, fasc. 11; Corte d’Appello Roma, 22 maggio 2001, in Giur. Romana, 2002, 14; TribunaleTorino, 29 agosto 2002, in Giur. Merito, 2003, pag. 1146; Corte d’Appello Genova, 25 luglio 2003, in Giur. Me-

rito, 2003, pag. 2362 con nota di Belfiore; Tribunale Modena, 11 luglio 1998, in Giur. It., 1999, pag. 50 e inBanca Borsa e Titoli di Credito, 1999, II, pag. 592 con nota di Corsini. In tema di fideiussione si veda: Tribunale

Torino, 27 settembre 2003, in Giur. Merito, 2004, pag. 280; con riguardo al contratto di assicurazione fideius-soria, si veda: Cassazione Civ., sez. III, 6 aprile 1998, n. 3552.

(9) Procchi, Divieto di venire contra factum proprium, in L’eccezione di dolo generale, applicazioni giuri-sprudenziali e teoriche dottrinali, a cura di Luigi Garofalo, Padova, 2006, pag. 77.

(10) Portale, Lezioni di Diritto Comparato, Torino, 2007, pag. 155 e seg.

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invocate dalla Banca e non ammesse dalla Corte», esponendo che avevachiesto «prove orali volte a dimostrare che C.F. Commercio, pressoche incontestualita alla convenzione 30 marzo 1990 ebbe a comunicare alla Bancache era in trattative per rilevare altro complesso aziendale di nome Mercu-rio soc. a resp. lim.», come poi e accaduto l’11 aprile 1990, ma questa so-cieta e stata poi dichiarata fallita nel settembre 1990.

L’istante censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissi-bile la prova, in quanto non si e avveduta che Adolfo Sisto, il quale ha sot-toscritto la convenzione del 30 marzo 1990, era legale rappresentante siadella C.F. sia della Mercurio soc. a resp. lim., sia di Solaco soc. in acc.sempl. Pertanto, «non di inammissibilita ma semmai di irrilevanza dovraparlarsi, posto che detta prova orale e ampiamente superata ed in positivoper la Banca dalla documentazione (non contestata ex adverso) prodotta incausa».

La Banca conclude quindi chiedendo, «solo in via di subordine, per l’i-potesi in cui la Corte dovesse ritenere necessario l’accertamento di fatto,che tale parte della sentenza venga cassata nonche le prove orali invocatepotranno, e successivamente, trovare ingresso.

2.1. Il terzo ed il quarzo motivo, da esaminare congiuntamente, in quan-to logicamente e giuridicamente connessi, sono infondati. La sentenza, nellaparte impugnata con tali mezzi, e, nel dispositivo, conforme a diritto, anchese la motivazione deve essere corretta ed integrata, ai sensi dell’art. 384,comma 2, cod. proc. civ., nei termini che di seguito si espongono.

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali282

vengono il maggior numero di pronunce giurisprudenziali (11). Con riferimento alla procedu-ra di concordato preventivo, recentemente un Autore ha individuato una ipotesi di violazionedel divieto di comportamenti contraddittori nella eventualita che i creditori aderenti al con-cordato rimettano in discussione il proprio assenso (12). I giudici di legittimita hanno fattoricorso al divieto di venire contra factum proprium per negare al curatore fallimentare e alcommissario la facolta di agire giudizialmente per ottenere la revoca di una causa di prelazio-ne in precedenza gia riconosciuta dai medesimi soggetti nella formazione dello stato passi-vo (13). In materia concorsuale e stato affermato altresı, che la dichiarazione di fallimento

(11) Ad esempio con riguardo alla disciplina dei segni distintivi, parte della dottrina ha segnalato l’oppor-tunita di distinguere l’inerzia dalla tolleranza del titolare rispetto all’uso del proprio marchio da parte di terzi, per

cui in caso di inerzia il terzo di buona fede troverebbe tutela ex art. 48 R.D. 21 giugno 1942, n. 929, solo dopoche siano decorsi cinque anni dal primo utilizzo, mentre un atteggiamento positivo di tolleranza puo integrare gli

estremi di un factum proprium idoneo a determinare un affidamento meritevole di tutela ancor prima del trascor-rere del termine previsto dalla legge, cfr.: Patti, Profili, pag. 165 e seg.

(12) Si tratta di Ambrosini, Il Concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato diDiritto Commerciale diretto da G. Cottino, Padova, 2008, pag. 170.

(13) Cassazione, 4 settembre 2004, n. 17888, in Foro It. Rep., 2004, voce Fallimento, n. 144.

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La sentenza n. 12320 del 1999, nel cassare con rinvio la pronuncia dellaCorte d’appello di Torino del 31 luglio 1997, ha accolto il terzo motivo deiricorso proposto dalla Banca, con il quale questa aveva dedotto la violazio-ne e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e dell’art. 1175 cod. civ.in tema di exceptio doli, affermando: «la prospettazione della convenuta ap-pellante circa il comportamento del rappresentante della societa C.F. (v.pag. 9-10 della citazione in appello) era in tutta evidenza finalizzata, secon-do il punto n. 3 delle conclusioni dell’appello, alla reiezione della domandadi restituzione delle somme proposta dalla societa C.F. Il contenuto e la na-tura di eccezione exceptio doli generalis, espressamente enunciata nell’attodi appello) che l’appellante intendeva fondata sul principio di correttezza,risultavano evidenti ed anche rafforzati – se dubbio avesse potuto sorgereal riguardo sulla base di quell’accenno al momento della conclusione del ne-gozio – dalla considerazione dell’interesse della Banca, certamente contrarioalla proposizione di una domanda riconvenzionale volta all’annullamento exart. 1441 cod. civ. della convenzione i cui effetti, invece, essa intendeva te-nere fermi in quel senso che le consentiva, attraverso il rigetto della doman-da dell’attrice, di incamerare definitivamente i crediti oggetto della sentenzastessa».

La sentenza ha, quindi, cassato la pronuncia impugnata, in quanto nonaveva considerato che la Banca aveva proposto una mera eccezione, affer-mando che «all’errore interpretativo del giudice dell’appello ha fatto segui-to la falsa applicazione nell’art. 345 cod. proc. civ., insita nell’aver ritenuta

Parte II - Giurisprudenza 283

non puo essere la conseguenza di una condotta abusiva da parte del singolo creditore ed epreclusa, salvo che vi siano altri creditori da tutelare, ogni qual volta lo stato d’insolvenzasia stato casualmente determinato da un comportamento improntato a mala fede in quantocontrario al dovere di correttezza e di cooperazione alla realizzazione degli interessi di con-troparte (14). In un altro caso in cui si e preso in esame il comportamento contraddittorio diun soggetto che aveva posto in essere una condotta totalmente configgente, nelle due diversevesti di amministratore e di socio, la Suprema Corte ha ritenuto che in materia di impugna-zione del bilancio non abusa del diritto di impugnativa, il socio che impugna la delibera as-sembleare di approvazione del bilancio, dopo avere in precedenza approvato il progetto dibilancio in qualita di componente del consiglio di amministrazione, giacche, in mancanzadi qualsiasi restrizione all’esercizio del diritto di impugnazione delle delibere difformi dalla

(14) Cassazione Civ., sez. I, 19 settembre 2000, n. 14405, in Giust. Civ. Mass., 2000, 1955: «nella specie, lasentenza di merito, pur avendo definitivamente accertato che l’unico creditore istante aveva negato il proprio

consenso al frazionamento del mutuo impedendo di fatto la vendita degli appartamenti del complesso ediliziorealizzato dalla societa debitrice e il conseguimento della necessaria liquidita , aveva affermato l’irrilevanza, in

sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento, delle cause del dissesto, la S.C. ha cassato con rinvio affinchesi accerti se sussista un nesso di causalita tra il rifiuto della banca al frazionamento del mutuo e lo stato d’insol-venza, revocando in caso positivo la dichiarazione di fallimento».

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proposta una domanda riconvenzionale di accertamento negativo, ritenutapoi inammissibile per il suo carattere di novita». Dunque, risulta chiaro chela sentenza di questa Corte si e limitata a ritenere ammissibile l’eccezione,che non ha affatto scrutinato nel merito, censurando il suo mancato esame– appunto nel merito – la parte della Corte d’appello.

Il giudice di rinvio, nel decidere il terzo motivo di gravame, ha afferma-to che, benche esso «si intitoli ‘‘exceptio doli generali (recte, generalis)», «inrealta, parlando del comportamento tenuto della C.F. al momento della sti-pula del contratto, illustra una exceptio doli specialis seu praeteriti».

La Corte territoriale ha quindi ritenuto infondata questa eccezione, inquanto l’istante ha dedotto «soltanto il silenzio della stipulante sulle propriecondizioni economiche, mentre invece, in linea di massima, il semplice si-lenzio della parte contraente non puo integrare gli elementi del dolo exart. 1439 cod. civ. (...), ne l’appellante ha indicato alcuna circostanza o ra-gione per cui, nel caso di specie, il semplice silenzio (...) dovrebbe integraregli estremi del dolo dante causa ex art. 1439 cod. civ.».

Tuttavia, la sentenza ha anche aggiunto: «per completezza di discorso,con riferimento alla vera e propria exceptio doli generalis seu praesentis, siricorda che e costante insegnamento della Suprema Corte che l’eserciziogiudiziario dei diritti spettanti a una parte secondo il diritto sostanzialenon puo mai integrare gli estremi di tale eccezione», escludendo che l’istan-te abbia indicato elementi in grado di derogare a questa regola, ovvero diallegare e provare elementi «idonei a fondare la menzionata eccezione».Il giudice di rinvio ha, quindi, esposto gli argomenti che l’hanno indottaa ritenere inammissibile la prova testimoniale articolata dall’istante.

2.2. Orbene, tenuto conto del dictum della sentenza di questa Corte,

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali284

legge o dall’atto costitutivo, per ipotizzare un abuso del suddetto diritto occorre provare laviolazione di principi di correttezza e buona fede, intese come regola di comportamento ea tali fini, non e sufficiente la semplice identita soggettiva tra chi prima ha approvato il pro-getto di bilancio e poi ne ha impugnato la delibera di approvazione, in quanto lo stesso sog-getto nelle due occasioni ha esercitato funzioni e ruoli distinti, e cioe quello di amministratoree quello di socio, pertanto e ben possibile che egli abbia espresso due diverse valutazioni, sen-za che per tale ragione sia configurabile una violazione del divieto di «venire contra factumproprium» (15). Con riferimento, invece, al contratto di assicurazione e stato precisato chel’art. 1460 cod. civ. non consente il ricorso allo strumento dell’eccezione d’inadempimentoallorche il rifiuto della prestazione sia contrario a buona fede e tale principio si applica ancheall’ipotesi prevista dall’art. 1901 comma 2 cod. civ. che costituisce una particolare espressione

(15) Cosı: Cassazione Civ., sez. I, 11 dicembre 2000, n. 15592, in Societa, 2001, 581, con nota di Carda-

relli, e in Giust. Civ., 2001, I, 2439 con nota di Costanza, e in Foro It., 2001, I, 3274.

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della motivazione della sentenza impugnata e delle censure sviluppate dal-l’istante, in particolare, dell’insistito richiamo fatto all’exceptio doli, tantospecialis seu praeteriti che generalis seu praesentis, occorre premettere che,secondo la definizione, di origine romanistica, la exceptio doli specialis seupraeteriti indica il dolo commesso al tempo della conclusione del negozio;la exceptio doli generalis seu praesentis indica invece il dolo attuale, commes-so al momento in cui viene intentata l’azione nel processo.

La prima e diretta a far valere l’esistenza di raggiri impiegati per indurreun soggetto a porre in essere un determinalo negozio e, quindi, ad ottener-ne l’annullamento, ovvero, qualora le parte sia convenuta per l’esecuzionedel medesimo, a far valere il vizio in via di eccezione (art. 1442, ultimo com-ma, cod. civ.), allo scopo di paralizzare la pretesa della controparte (Cassa-zione, n. 11182 del 2002), ma pur sempre invocandone l’invalidita e, dun-que, appunto per questo, l’improduttivita di effetti. Nella specie, come giaha accertato la sentenza di questa Corte che ha dato luogo al giudizio dirinvio, cio non e accaduto, essendo anzi l’«interesse della Banca, certamentecontrario alla proposizione di una domanda riconvenzionale volta all’annul-lamento ex art. 1441 cod. civ. della convenzione i cui effetti, invece, essaintendeva tenere fermi in quel senso che le consentiva, attraverso il rigettodella domanda dell’attrice, di incamerare definitivamente i crediti oggettodella sentenza stessa».

Pertanto, sono palesemente contraddittorie rispetto all’intento ed all’in-teresse della Banca di mantenere fermo il contratto del 30 marzo 1990 –ancora ribaditi in questa sede –, le deduzioni con le quali, reiteratamente,la ricorrente si duole della mancata considerazione della circostanza che l’a-zione «fa seguito ad una condotta negoziale da dolo che ha inciso sul con-senso» (pag. 17 del ricorso), ovvero si riferisce al «dolo commesso al tempodella conclusione del negozio» (pag. 19) e richiama l’art. 1337 cod. civ.(pag. 16) e l’art. 95, r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 (astrattamente applicabileratione temporis), che configurava il c.d. mendacio bancario, ipotesi di truf-

Parte II - Giurisprudenza 285

dell’istituto dell’eccezione d’inadempimento, pertanto in caso di mancato pagamento dei pre-mi, l’assicuratore non puo invocare questa disposizione, qualora cio avvenga in violazione del-la buona fede in senso oggettivo (16).

3. L’ambito in cui la tematica dell’eccezione di dolo ha trovato maggiore applicazione da

(16) Cosı: Cassazione Civ., sez. I, 8 novembre 1984, n. 5639, in Giur It., 1985, I, 1, 436, in Riv. Giur. Cir-col. Trasp., 1985, 223; in Foro It., 1985, I, 2050, in Resp. Civ. e prev., 1985, 422, in Dir. Economia assicurazioni,

1985, 445.

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fa riconducibile, sotto il profilo civilistico, alla figura del dolo determinante(o dolus causam dans).

Invero, siffatte deduzioni, cosı come sviluppate, mirano a prospettareun vizio invalidante del negozio, diretto cioe a porre nel nulla, complessiva-mente, gli effetti del negozio, quindi a conseguire un risultato che l’istanteha univocamente dimostrato di non volere, come gia accertato dalla senten-za di questa Corte che ha dato luogo al giudizio di rinvio.

Alla exceptio doli specialis seu praeteriti sono, altresı, riconducibili le de-duzioni con le quali la ricorrente sostiene che «l’area normativa invocata» e,tra l’altro, quella dell’art. 1440 cod. civ., evocando «la reticenza del con-traente (...) quale tipico fenomeno di dolo omissivo», quindi, la fattispeciedel dolo incidente (anche mediante il richiamo di Cassazione, n. 9523 del1999; n. 8318 del 1990; n. 5610 del 1980).

La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nellosvolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, benche assumarilievo anche, quale dolo incidente, se il contratto concluso sia valido marisulti pregiudizievole per la parte rimasta vittima del comportamento scor-retto, comporta infatti, secondo la disciplina stabilita dall’art. 1440 cod.civ., che, in questa ipotesi, la parte che si ritenga lesa puo agire al fine diottenere il risarcimento del danno che detta violazione gli abbia provocato,in quanto, in difetto, avrebbe concluso il contratto a condizioni diverse.

Nel naso di dolo incidente il contratto e dunque valido, in quanto l’at-tivita ingannatrice ha una incidenza minore, poiche influisce su modalita delnegozio che la parte non avrebbe accettato, se non fosse stata fuorviata dalraggiro. Questa figura di dolo attiene dunque alla formazione del contratto;

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali286

parte della giurisprudenza e quello del contratto autonomo di garanzia (17), la giurisprudenzaammette, infatti che il garante possa rifiutarsi di pagare opponendo l’eccezione di dolo gene-rale, quando l’escussione, sebbene fondata sul tenore letterale del contratto, appaia comun-que fraudolenta in quanto confliggente con i principi di correttezza e buona fede (18). In par-ticolare si ritiene che l’escussione della garanzia sia abusiva nell’ipotesi in cui il debitore abbia

(17) Tra le monografie piu recenti sul tema cfr. Monticelli, Garanzie autonome e tutela dell’ordinante,Napoli, 2003; Chine, Garanzia a prima richiesta, in Le garanzie rafforzate del credito, a cura di Cuffaro, Torino,

2000, 83 e seg.; Bozzi, Le Garanzie atipiche, I, Milano 1999; Tartaglia, I negozi atipici di garanzia personale,Milano, 1999; Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, in Tratt. di dir. civ. e comm. XVIII, 3, gia diretto da

Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1998.(18) Cassazione, 19 giugno 2001, n. 8324, in Banca Borsa e tit. cred., 2002, II, 653 e seg.; Cassazione, 17

maggio 2001, n. 6757, in Urb. e appalti, 2001, 862; Tribunale Firenze, 3 agosto 2000, in Giur. It., 2001, 941 esegg., con nota di Chine; Cassazione, 3 febbraio 1999, n. 917, pag. 856; Tribunale Alba, 22 giugno 1998, in

Giur. It., 1999, 1004 e seg.; Tribunale Udine, 22 giugno 1995, in Giust. Civ., 1996, I, 531, con nota di Di Garbo;Appello Milano, 27 maggio 1994, in Banca Borsa e Tit. di credito, 1995, II, 423 e segg.; Tribunale Milano. 2 marzo

1994.

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la sua eventuale esistenza non incide sulla possibilita di far valere i dirittisorti dal medesimo, ma comporta soltanto che il contraente in mala fedee responsabile dei danni provocati dal suo comportamento illecito ed i dan-ni vanno commisurati al «minor vantaggio», ovvero al «maggior aggravioeconomico» prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligodi buona fede, salvo che ne sia dimostrata l’esistenza di ulteriori, i quali ri-sultino collegati a detto comportamento da un rapporto rigorosamente con-sequenziale e diretto (Cassazione, n. 19024 del 2005; n. 9523 del 1999).

Nella specie, la ricorrente non ha affatto dedotto di avere proposto unasiffatta domanda – peraltro gia esclusa dalla sentenza 12320 del 1999, vin-colante nel giudizio di rinvio ed in questa sede – avendo espressamente in-sistito nel ribadire che «ha agito in via di eccezione, invocando gli articoliprevisti dal sistema a tutela della buona fede e dei contrapposti interessicontrattuali» (pag. 16), esclusivamente al fine di paralizzare la pretesa azio-nata dalla controparte.

2.3. Il richiamo all’artt. 1175 cod. civ. e, soprattutto, le deduzioni con lequali l’istante prospetta: che «la violazione della norma che pretende uncomportamento secondo correttezza e buona fede, ovvero di quella sulla di-

Parte II - Giurisprudenza 287

gia correttamente adempiuto la sua obbligazione (19), nonche quando l’inadempimento siaimputabile allo stesso beneficiario (20) , ovvero non sia comunque ascrivibile al debitore (21)e ancora quando il beneficiario sia a sua volta inadempiente (22). E stato precisato che talicircostanze, anche se relative al rapporto garantito, possono essere fatte valere anche dal ga-rante autonomo, senza che cio significhi negare alla garanzia il carattere dell’autonomia, inquanto tali fatti vengono in considerazione quali elementi da cui desumere la scorrettezzadel comportamento tenuto dal beneficiario nell’escutere la garanzia. In queste situazioni e sta-to configurato come un dovere, il rifiuto del pagamento da parte del garante, infatti in virtudel disposto degli artt. 1710, 1175 e 1375 cod. civ. il garante deve eseguire il mandato con-feritogli dall’ordinante, con diligenza e correttezza, ne deriva pertanto un obbligo di prote-zione nei confronti del mandante, che consiste innanzitutto nel dare puntuale avviso della ri-chiesta di escussione della garanzia al debitore principale, affinche questi possa fornire al ga-

(19) Tribunale Roma, 26 marzo 2001, in Riv. Dir. Comm., 2001, II, 141 e seg.; Pret. Cagliari. 2 novembre

1990, in Rass. Giur. Sarda, 1992, 110; Cassazione, sez. un., 1 ottobre 1987; Pret. Milano, 6 luglio 1981, in Banca,borsa e tit. di credito, 1982, II, 180; Pret. Bologna, 28 marzo 1981.

(20) Tribunale Milano, 22 luglio 1994, in Giur. It., 1996, I, 2, 60 e segg. Con nota di Dacco.(21) Sotto tale profilo e celebre il caso deciso da Tribunale Genova, 9 dicembre 1992, in Giur. Comm.,

1993, II, pag. 737 e segg. Con nota di Guaccero: con questa pronuncia il tribunale ha concesso la sospensione

del performance bond escusso da un ente dello Stato Iracheno per l’esecuzione di un contratto di fornitura daparte di due societa italiane, impossibilitate ad adempiere a causa del factum principis rappresentato dall’embargo

adottato nei confronti dell’Iraq per sanzionare l’invasione del Kuwait.(22) Tribunale Potenza, 12 marzo 1999, in Giur. Comm. 2000, 259; Tribunale Milano, 12 agosto 1993, in

Giur. It., 1996, I, 2, 60; Pret. Genova, 19 luglio 1990, in Nuova Giur. Civ. Commentata, 1991, I, 177, con nota diVenegoni.

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ligenza in sede di adempimento costituisce abuso del diritto e la relativa tu-tela, in astratto prevista, viene meno» (pag. 16 del ricorso); che «richiedereoggi il pagamento di somme pari a quelle prima ricevute (...) costituisceabuso, comportamento scorretto, con conseguente sanzione, e tale dirittonon merita tutela in ragione dello squilibrato assetto degli opposti interessi»(pag. 16 del ricorso); che sarebbe fondata l’eccezione di dolo «consumato almomento in cui la stessa ha avuto l’audacia di notificare la citazione voltaalla restituzione delle somme ‘‘sottratte’’ all’allora Banco di Roma» (pag.19 del ricorso), sono univocamente significative, anche alla luce delle argo-mentazioni complessivamente svolte, del fatto che, attraverso l’exceptio doligeneralis la ricorrente mira a paralizzare l’azione proposta, sostenendo chesussisterebbero i presupposti per negare la tutela giuridica invocata.

La tesi sviluppata e, quindi, coerente con la deduzione quale motivo diappello – giusta l’indicazione contenuta nella sentenza impugnata – dellaexceptio doli generalis seu praesentis che costituisce rimedio generale, diret-to a precludere l’esercizio fraudolento e sleale dei diritti di volta in volta at-tribuiti dall’ordinamento. Siffatto istituto, soprattutto di recente, e stato uti-lizzato anche al di fuori delle ipotesi espressamente codificate, benche sus-sistano opinioni non concordi in ordine al suo fondamento ed alla colloca-zione sistematica. Secondo un orientamento, detta eccezione costituirebbeespressione del criterio della buona fede; un differente indirizzo l’ha invece

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali288

rante le prove per un’eventuale opposizione dell’eccezione di dolo e perche possa tempesti-vamente adottare i provvedimenti piu idonei alla propria tutela (23). Un ulteriore campo incui la giurisprudenza ha applicato l’istituto dell’eccezione di dolo, e piu in generale il princi-pio della buona fede e stato quello della fideiussione omnibus, al fine di consentire al fideius-sore di paralizzare le pretese inique del creditore garantito (24). In materia di credito docu-mentario la giurisprudenza ha affermato che il comportamento della banca confermante

(23) Cassazione, 1 ottobre 1999, n. 10864, pag. 139; Cassazione, 19 marzo 1993, n. 3291, in Foro It., 1993,

I, 2171; Cassazione, 22 dicembre 1992, n. 12341, in Banca Borsa e Tit. di Credito, 284 e segg. e in Giust. Civ.,1993, I, 2765 con nota di Cassera; Tribunale Catania, 3 luglio 2002, in Banca Borsa e Tit. di Credito, 2002, III,

246 e seg.; Tribunale Vicenza, 10 luglio 2001, in Giur. It., 2002, 118 e seg.; Tribunale Verona, 20 maggio 2001;Tribunale Potenza, 9 marzo 1999, in Giur. Comm., 2000, II, 259; Tribunale Treviso, 24 dicembre 1997, in Riv.

Dir. Civ., 1998, II, 443 e segg.; Tribunale Padova 14 maggio 1996, in Banca Borsa e tit. di credito, 1997, II, 70.(24) Il creditore garantito da fideiussione non e esonerato dal dovere stabilito in via generale dagli artt. 1175

e 1375 cod. civ. cioe di comportarsi secondo correttezza e di eseguire il contratto secondo buona fede e dunquedall’impegno del fideiussore di collaborazione e di salvaguardia degli interessi del fideiussore. Da cio discendeche nuove concessioni di credito non possono essere effettuate dal creditore, specie quando si tratti di una banca,

tralasciandosi ogni piu elementare regola di prudenza ed omettendosi quei controlli e quelle cautele che, in ma-teria di esercizio dell’attivita creditizia sono richiesti al fine di ridurre il rischio dell’insolvenza del debitore, cfr. in

tal senso Cassazione, 20 febbraio 1997, n. 1567, in Giur. It. Mass., 1997; Cassazione, 6 febbraio 1997, n. 1123, inGiur. It. Mass., 1997.

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ricondotta al divieto di abuso del diritto; un altro orientamento rinviene ilsuo fondamento congiuntamente nel divieto di abuso dei diritto e nella vio-lazione del criterio di correttezza; un ulteriore indirizzo reputa che il rime-dio condivida con la buona fede oggettiva e con l’abuso del diritto la me-desima esigenza di razionalizzazione dei rapporti giuridici e di selezione de-gli interessi meritevoli di tutela, che giustifica e legittima il sindacato delgiudice sull’esercizio discrezionale dei diritti attribuiti dall’ordinamento, al-lo scopo di verificarne la congruita con i valori fondamentali espressi dal-l’ordinamento e con le finalita insite nel loro normale esercizio.

Indipendentemente da questo contrasto di opinioni, in estrema sintesi,per quanto qui interessa, e sufficiente osservare che il rimedio e strumentalerispetto allo scopo di paralizzare l’efficacia dell’atto o di giustificare la reie-zione della domanda giudiziale fondata sul medesimo. La sua applicazione estata effettuata «in chiave di oggettivo contenimento di azioni giudiziariepretestuose o palesemente malevole, intraprese, cioe, all’esclusivo fine di ar-recare pregiudizio ad altri o contro ogni legittima ed incolpevole aspettativaaltrui», sottolineando l’esigenza di disancorarne gli elementi costitutivi daaspetti e valutazioni essenzialmente soggettivi, ricercando sicuri contornidi natura oggettiva (Cassazione, n. 15592 del 2000). Questa Corte ha quindiindividuato una situazione legittimante l’exceptio doli generalis seu praesen-tis nella circostanza che l’attore, nell’avvalersi di un diritto del quale preten-de tutela giudiziale, si renda colpevole di frode, in quanto sottace, nella pro-spettazione della fattispecie controversa, situazioni sopravvenute alla fontenegoziale del diritto fatto valere ed aventi forza modificativa o estintiva deidiritto stesso (Cassazione, n. 10664 del 1999), ovvero – ancora con riguardoal cd. contratto autonomo di garanzia – nel caso di richieste di pagamento

Parte II - Giurisprudenza 289

che rifiuta il pagamento opponendo eccezioni documentali pretestuose integra gli estremidell’abuso del diritto (25), valutando cosı la condotta dell’istituto di credito che aveva eccepitol’irregolarita dei documenti, pur essendo la merce gia pervenuta a destinazione senza incon-venienti o contestazioni. L’applicazione al credito documentario del principio di buona fede,in relazione alla valutazione della regolarita dei documenti e analizzata con crescente atten-zione, si e affermato ad esempio che in ossequio a tale principio la banca non possa rifiutarei documenti senza specificare il motivi del rifiuto (26). Anche nell’ambito dei rapporti societariricevono applicazione gli istituti dell’abuso del diritto e dell’exceptio doli generalis, come cri-terio per valutare la legittimita dei comportamenti endosocietari e soprattutto delle delibereassembleari. La situazione di abuso del diritto viene ad esempio utilizzata per indicare quelle

(25) Tribunale Udine, 10 settembre 1999, in Banca Borsa e Titoli di Credito, 2001, II, 700 con nota di San-

tagata, Brevi note in tema di eccezioni pretestuose e limiti del formalismo nel credito documentario.(26) Cfr. Costa, Il Credito documentario, Torino, 1997, pag. 54 e segg.

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risultanti prima facie abusive o fraudolente (Cassazione, n. 3964 del 1999; n.3552 del 1998; n. 12341 del 1992), avendo talora fatto applicazione – siapure non esplicita – del divieto di venire contra factum proprium, affermatomediante la regola della correttezza (Cassazione, n. 5639 del 1984, in ma-teria di contratto di assicurazione; Cassazione, n. 12405 del 2000, in temadi dichiarazione di fallimento; Cassazione, n. 13190 del 2003, in materiadi rapporti di lavoro; cfr. anche Cassazione, n. 15592 del 2000, anche sesembra farvi riferimento al precipuo fine di applicazione le posizioni delladottrina), fermo restando il limite oggettivo della meritevolezza dell’interes-se perseguito.

2.4. La complessita del tema richiederebbe ulteriori riflessioni e, tutta-via, al fine che qui interessa, le considerazioni svolte permettono di esclu-dere che l’esercizio dell’azione in esame miri a conseguire un vantaggioda un precedente comportamento scorretto.

L’azione proposta, come ha affermato la Corte territoriale con statuizio-ne non censurata, e comunque corretta, non mirava ad invalidare il contrat-to stipulato tra le parti per la concessione di un finanziamento e per disci-plinare le modalita per la restituzione della somma, ma tende invece, unica-mente, a far valere gli effetti derivanti dalla procedura concorsuale sull’in-cameramento delle somme da parte della Banca dopo l’apertura della liqui-dazione concordataria. In particolare, e stata diretta a far dichiarare ineffi-

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali290

situazioni in cui risulti approvata una delibera che, pur non essendo in contrasto diretto conun precetto di legge, appaia, comunque determinata dall’intento di pregiudicare la minoran-za (27). In tal modo vengono sanzionate quelle forme di sopraffazione della minoranza chesfuggirebbero alla impostazione difensiva tradizionale proprio per la difficolta di concepireun diritto soggettivo che il singolo socio possa vantare per neutralizzare l’azione del gruppodi comando. In particolare la dottrina e la giurisprudenza concordano sull’applicabilita, in viagenerale degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. ai rapporti tra soci (28).

(27) Cfr. Meruzzi, L’exceptio doli dal diritto civile al diritto commerciale, Padova, 2005, pag. 400; Simo-

netti, Abuso del diritto di voto e regola della buona fede nelle societa di capitali, in Nuova Giur. Civ. commentata,

2000, II, 479 e segg.; Preite, L’abuso della regola della maggioranza nelle deliberazioni assembleari di societa perazioni, Milano, 1992, 74 e seg.; Id., Abuso di maggioranza e conflitto d’interessi del socio nelle societa per azioni, in

Trattato delle societa per azioni, diretto da Colombo e Portale, Torino, 1983 pag. 3 e seg. In giurisprudenza: Cas-sazione, 26 ottobre 1995, n. 11151, in Giust. Civ., 1996, II, 381; Cassazione, 29 maggio 1986, n. 3628, in Giust.

Civ., 1986, I, 2093.(28) Cfr. Di Sabato, Il principio di correttezza nei rapporti societari, in Il Nuovo diritto delle societa, Liber

amicorum G.F. Campobasso, Torino, 2006, Vol. I, pag. 131 e seg., secondo l’Autore il principio di correttezzanell’ambito del diritto delle societa sarebbe desumibile dal sistema, in particolare viene affermato che la corret-tezza non sarebbe espressione di una regola pregiuridica recepita dall’ordinamento, ne l’espressione della tutela

dell’impresa in se, ma della tutela del ceto degli imprenditori, come regola di reciproca convenienza; in giurispru-denza cfr. Cassazione, 11 giugno 2003, n. 9353, in Dir. e Giust., 2003, 95.

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caci pagamenti, in quanto effettuati – mediante il meccanismo negoziale so-pra descritto – in violazione della par condicio creditorum, poiche, i negozistipulati dall’imprenditore concordatario restano fermi e, tuttavia, non pos-sono produrre effetti in contrasto con la cessione di tutti i beni dell’impren-ditore per la soddisfazione concordataria dei suoi creditori attraverso lostrumento del concordato preventivo.

Il pagamento concorsuale di tutti i debiti preclude ogni trattamentopreferenziale dei singoli creditori i quali non possono avvantaggiarsi, attra-verso il meccanismo della compensazione volontaria, in danno dei creditoriconcorrenti, che vedono pagati i loro crediti in percentuale concordataria.

Parte II - Giurisprudenza 291

4. Il Supremo Collegio e giunto ad escludere, nella specie, la sussistenza di una situazionedi abuso del diritto, in quanto non ha ritenuto che l’azione promossa dalla societa mirasse aconseguire un vantaggio da un precedente comportamento scorretto, individuando, invece, ilfine dell’azione proposta nella dichiarazione di inefficacia dei pagamenti effettuati dalla stes-sa, in costanza della situazione di decozione patrimoniale in cui versava nel periodo anterioreal deposito del ricorso per concordato preventivo. In tale prospettiva il pagamento effettuato,appare infatti lesivo della par condicio creditorum in quanto dopo l’ammissione del debitorealla procedura concordataria, pur restando fermi i contratti da lui stipulati, deve ritenersi chegli stessi non possano produrre effetti in contrasto con il principio del concorso e dunque conl’esigenza di assicurare la soddisfazione concordataria di tutti i creditori ammessi alla proce-dura (29). La necessita di procedere la pagamento concorsuale di tutti i debiti, preclude, in-

(29) In giurisprudenza cfr. Corte d’Appello Milano, 2 marzo 2001, in Banca Borsa e tit. di credito, 2002, II,pag. 552 con nota di Werther Romagno: tale pronuncia ha precisato che dopo l’ammissione alla procedura

del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum, nemmeno se rea-lizzati attraverso la compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura

concorsuale. Cfr. altresı Tribunale Messina, 3 gennaio 2003, in Giur. Merito, 2003, 1737, la cui massima sancisceche: «nel caso di risoluzione del concordato preventivo e di conseguente dichiarazione di fallimento, la sorte dei

pagamenti eseguiti nel corso della prima procedura trova la propria disciplina, in via analogica, nella norma di cuiall’art. 140 comma 3 legge fallim., in tema di concordato fallimentare, secondo cui in creditori anteriori alla ria-

pertura della procedura fallimentare, sono esonerati dalla restituzione di quanto hanno riscosso in base al con-cordato risolto o annullato , sempre che si tratti di riscossioni valide ed efficaci e non di riscossioni cui essi

non avevano diritto; risultando dunque indebiti solo quei pagamenti che pur trovando la loro ragione di esserenella procedura concordataria e dunque effettuati sotto il controllo e dietro autorizzazione degli organi del con-cordato, siano divenuti estranei alla finalita dell’istituto, in quanto eseguiti al di la dei limiti stabiliti nella sentenza

di omologazione o in violazione del principio della par condicio creditorum e dell’ordine delle prelazioni». Cfr.altresı: Cassazione Civ., sez. I, 8 luglio 1998, n. 6671, in Giust. Civ. Mass., 1998, 1495. Cfr. Corte Cost., 20 otto-

bre 2000, n. 431, in Giur. Cost., 2000, f. 5. Cfr. Cassazione Civ., sez. I, 28 agosto 1995, n. 9030, in Fallimento,1996, 69, e in Dir. e Giur, 1996, 177 con nota di Guida. Cfr. Cassazione Civ., sez. I, 24 luglio 1980, n. 4798, in

Foro It., 1981, I, 117 e in Giur. Comm., 1981, II, 404; cfr. Cassazione Civ., sez. I, 10 dicembre 1979, n. 6389,secondo cui: «il principio della par condicio creditorum deve essere osservato, nei suoi contenuti essenziali, anche

nell’ambito del concordato preventivo, ma tale principio non puo considerarsi violato dall’adozione di modalitaesecutive marginali, in specie da una graduazione dei tempi di pagamento che sia compensata da opportuni van-taggi concessi ai creditori che subiscono la dilazione e che non comprometta la previsione del loro soddisfacimen-

to nella misura minima di legge». Cfr. Cassazione Civ., 1 dicembre 1992 n. 12827. Cfr. Cassazione Civ., sez. I, 29settembre 2004, n. 19533.

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Tanto in virtu e per effetto della disciplina secondo cui il concordato omo-logato e obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura del-la procedura di concordato (art. 184 legge fallim.) i quali, nel caso di con-cordato con cessione dei beni, non possono pretendere un soddisfacimentointegrale dei rispettivi crediti alla loro scadenza naturale, ma solo un soddi-sfacimento percentuale non inferiore al quaranta per cento dei crediti chi-rografari entro sei mesi dalla data di omologazione, alle singole scadenzestabilite nella sentenza di omologazione o, successivamente, con decretodel giudice delegato (artt. 181 e 184 legge fallim.).

Ne consegue che, benche i contratti stipulati dall’imprenditore primadella sua ammissione alla procedura di concordato preventivo conservinola loro validita, i suoi creditori non possono pretendere il pagamento inte-grale dei loro crediti secondo le modalita originariamente pattuite, ma de-vono accettare un pagamento percentuale, senza che cio implichi la revocao la modifica dei negozi dai quali derivano i crediti nei confronti dell’im-prenditore concordatario (Cassazione, n. 9030 del 1995; n. 3679 del 1985).

Pertanto, nel quadro dei principi sopra richiamati, risulta chiaro che l’e-sercizio dell’azione diretta ad ottenere l’inefficacia dei pagamenti effettuatinel corso della procedura concorsuale, allo scopo di realizzare la par condi-cio creditorum, e cioe di un’azione sorta a seguito ed in conseguenza dell’a-pertura di detta procedura, non puo configurare esercizio fraudolento deidiritti derivanti dal contratto del 30 marzo 1990, ovvero violazione dellabuona fede e della regola di correttezza nell’esercizio dei diritti pure conlo stesso sorti. La sentenza impugnata, nel rigettare la domanda, prendendoin esame la deduzione di una «vera e propria exceptio doli generalis seu prae-

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali292

fatti, qualsiasi trattamento preferenziale dei singoli creditori, cosa che si verificherebbe anchequalora si ammettesse la compensazione volontaria di un debito (30), in quanto cosı facendo silederebbero comunque gli altri creditori concorrenti che vengono soddisfatti nella percentua-le concordataria. Cio e una conseguenza diretta dei principi per cui dalla data di presentazio-ne del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo, i cre-ditori per titolo o causa anteriore all’ammissione della procedura non possono, sotto pena dinullita, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore (art. 168 legge fal-lim.) ed il concordato, una volta omologato, diventa obbligatorio per tutti i creditori anteriorial decreto di apertura della procedura (art. 184 legge fallim.). In seguito all’omologazione delconcordato, pertanto, pur restando validi i contratti stipulati dall’imprenditore in data ante-riore all’ammissione alla procedura, i suoi creditori non possono pretendere il pagamento in-tegrale dei loro crediti, secondo le modalita originariamente pattuite, dovendo accettare un

(30) Cfr. Ambrosini, Il Concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova 2008, pag.96. Cfr. Cassazione, 24 febbraio 2006, n. 4234, in Mass. Giust. Civ., 2006, 2.

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sentis», laddove ha affermato che «l’esercizio giudiziario dei diritti spettantia una parte secondo il diritto sostanziale non puo mai integrare gli estremidi tale eccezione», escludendo che l’istante abbia indicato elementi in gradodi derogare a questa regola, ovvero di allegare e provare elementi «idonei afondare la menzionata eccezione» (pag. 18 della sentenza) e, quindi, corret-ta nella conclusione, benche la motivazione vada corretta ed integrata con leargomentazioni sopra svolte.

La deduzione della condotta dolosa eventualmente tenuta dell’impren-ditore in sede di conclusione del contratto e irrilevante, una volta che lastessa ricorrente non ha inteso agire perche gli effetti del medesimo fosseroposti nel nulla – come gia accertato da questa Corte nella sentenza di rinvio–, come pure avrebbe potuto fare e che, come sopra precisato, neppure haagito, allo scopo di ottenere il risarcimento del danno derivante dall’even-tuale dolo incidente pure ascrivibile all’imprenditore, limitandosi invece aprospettare, con tesi non corretta, che questa condotta sarebbe idonea a pa-ralizzare l’esercizio di una azione sorta a seguito dell’apertura della proce-dura concorsuale.

Parte II - Giurisprudenza 293

pagamento percentuale, senza che cio comporti la revoca o la modifica dei negozi dai qualiderivano i crediti nei confronti dell’imprenditore concordatario (31). Per tale ragione, l’eser-cizio dell’azione finalizzata ad ottenere la declaratoria d’inefficacia dei pagamenti effettuatinel corso della procedura di concordato, al fine di realizzare la par condicio creditorum,non puo considerarsi un’ipotesi di esercizio fraudolento dei diritti derivanti dal contratto,o comunque violazione della buona fede e del principio di correttezza nell’esercizio dei dirittorinvenienti dal negozio concluso. Invero, nel concordato preventivo, l’esistenza del divieto dipagamento di debiti preesistenti si puo evincere agevolmente, dalla natura concorsuale della

(31) Cfr. Cassazione Civ., sez. I del 12 gennaio 2007 n. 678 la massima dispone: «dopo l’ammissione allaprocedura di concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum, nemmeno

se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della pro-cedura conrdataria, come si desume dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del con-

cordato in cui: l’art. 167 legge fallim. con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione comportache il patrimoni dell’imprenditore in pendenza del concordato sia oggetto di una oculata amministrazione perche

destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la par condicio; l’art. 168 nel porre il divieto diazioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento dei debiti anteriori, per-

che sarebbe incongruo che cio che il creditore non puo ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire invirtu di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parita di trattamentodei creditori; l’art. 184 nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che

non possa darsi l’ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.A tale regime deroga il pagamento di debiti che, per la loro natoro o per le caratteristiche del rapporto da cui

discendono, assumano carattere prededucibile e si sottraggano quindi alla regola del concorso, ma cio puo avve-nire soltanto per il tramite dell’autorizzazione del giudice delegato, nelle forme previste dell’art. 177 legge fal-

lim.», nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l’inefficacia di pagamenti ese-guiti dal debitore in data successiva alla sua ammissione alla procedura di concordato preventivo e relativi a debiti

sorti in data anteriore, non essendovi stata l’autorizzazione del giudice delegato.

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Siffatta conclusione conduce all’affermazione dell’infondatezza delquarto motivo di ricorso, in quanto avente ad oggetto la prova del doloeventualmente ascrivibile al legale rappresentante della C.F., ossia una cir-costanza che, per quanto sopra esposto, giammai potrebbe fondare l’excep-tio doli generalis e, quindi, e del tutto irrilevante.

3. L’istante, con il quinto motivo (erroneamente numerato come sesto),denuncia vizi della sentenza in relazione all’«art. 363 n. 3 e 5 [cod. proc.civ.] con riferimento all’art. 91 cod. proc. civ.», dolendosi che la Corte ter-ritoriale ha compensato le spese del giudizio di legittimita «in maniera apo-dittica, senza motivazione». La motivazione sul punto sarebbe sia omessasia illogica, in quanto il giudizio di legittimita ha avuto esito favorevoleper essa istante, sicche sono incomprensibili le ragioni della disposta com-pensazione, in mancanza di ogni motivazione sul punto.

3.1. Il motivo, e inammissibile.In linea preliminare, va osservato che, nel decidere questo mezzo, deve

farsi riferimento all’art. 92 cod. proc. civ. nella formulazione anteriore allemodifiche introdotte dall’art. 21, lettera a), legge 28 dicembre 2005, n. 263,dato che la norma, nel nuovo testo, ai sensi dell’art. 24, l. cit., come modi-ficato dall’art. 39-quater 2, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv., con modi-ficazioni, dalla l. 23 febbraio 2006, n. 51, e in vigore dal 1º marzo 2006 e siapplica ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, consolidatasi in ri-

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali294

procedura, che dovrebbe tendere ad eliminare la situazione di crisi in cui versa l’impresa, at-traverso il soddisfacimento delle pretese creditorie in misura percentuale. Tuttavia all’indo-mani dell’entrata in vigore della riforma della legge fallimentare, e stato evidenziato il mutatocarattere delle procedure concorsuali, quali strumenti di regolazione della crisi d’impresa, lacui origine viene individuata in una perdita della capacita reddituale della stessa (32). Questomutato carattere, emerge con particolare evidenza nello studio delle forme di definizione con-cordata della crisi d’impresa, i creditori possono, infatti, convenire con il debitore il soddisfa-cimento delle loro ragioni creditorie con le modalita piu varie, quali la cessione di beni, l’at-tribuzione di azioni, di quote, ecc. e la valutazione delle forme e delle modalita di soddisfa-cimento e rimessa essenzialmente ai creditori. Si assiste dunque ad una valorizzazione dell’au-

(32) Ambrosini, Il Concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, pag. 2 eseg.; L. Guglielmucci, Diritto Fallimentare. La nuova disciplina delle procedure concorsuali giudiziali, Torino,

2007, pag. 7; Fauceglia, La procedura di composizione concordata della crisi, in Dir. Fall., 2004, I, 1406; Fau-

ceglia, Prime osservazioni sugli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Dir. Fall., 2005, 842; Fimmano, Le pro-

spettive di riforma del diritto delle imprese, tra informazione, mercato e riallocazione dei valori aziendali, in Falli-mento, 2004, 462; Costa, La soluzione stragiudiziale delle crisi d’impresa, in Scritti Pavone La Rosa, I, Milano,

1999, 189; Giannelli, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani di risanamento dell’im-presa nella riforma delle procedure concorsuali. Prime riflessioni, in Dir. Fall., 2005, I; Guerrera, La procedura di

composizione concordata della crisi nel progetto di legge delega: problemi e prospettive, in Dir. Fall., I, 132.

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ferimento al citato art. 92 cod. proc. civ., in materia di spese processuali ilsindacato di legittimita e limitato alla violazione di legge, che si verificaqualora le stesse siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa(tra le piu recenti, per tutte, Cassazione, n. 20145 del 2005; n. 19161 dei2005). La compensazione totale o parziale delle spese del giudizio, sia nel-l’ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della ricorrenza di giustimotivi, costituisce una facolta discrezionale del giudice del merito e, quin-di, a valutazione, della ricorrenza delle ipotesi per disporla e rimessa al suoprudente apprezzamento e, come e stato ripetutamente affermato, egli puostabilirla anche senza fornire, al riguardo, alcuna motivazione, e senza che– per questo – la statuizione diventi sindacabile in sede di impugnazione edi legittimita, appunto perche la valutazione dell’opportunita della com-pensazione, totale o parziale, delle stesse, rientra nei suoi poteri discrezio-nali (ex plurimis, Cassazione, n. 8623 del 2005; n. 5405 del 2004; nn.17692, 12744, 11774 e 5386 del 2003; n. 5174 del 2002, alle quali addequelle richiamate di seguito).

Peraltro, l’orientamento al quale va qui data continuita ha anche sotto-lineato che siffatto principio e frutto di un’interpretazione costituzional-mente orientata degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in quanto realizza un cor-retto bilanciamento tra i valori costituzionali della difesa delle parti nel pro-cesso (art. 24 Cost.) e della ragionevole durata di quest’ultimo (art. 111,comma secondo, ult. parte, Cost.), restando escluso che, allo stato, sia pos-sibile offrire una diversa lettura di dette norme (Cassazione, n. 8540 del

Parte II - Giurisprudenza 295

tonomia privata e al contempo ad un ridimensionamento del ruolo del giudice che viene asvolgere essenzialmente una funzione di garante della legalita e di risoluzione di conflitti,con l’attribuzione invece al curatore e ai creditori della funzione d’impulso e di individuazio-ne delle modalita di risoluzione della crisi piu rispondenti agli interessi del ceto creditorio. Intale ottica e stato affermato che la valorizzazione dell’autonomia privata, nelle pattuizioni di-rette a consentire una definizione concordata della crisi, comporterebbe un ridimensiona-mento del principio della par condicio creditorum, che caratterizza le procedure concorsua-li (33). In particolare viene evidenziato come l’espressione par condicio, sia in realta impropria,in quanto dalla stessa intepretazione dell’art. 2741 comma 1 ai sensi del quale i creditori han-no tutti uguale diritto di soddisfarsi sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazio-ne, si evincerebbe che il principio del par condicio creditorum, avrebbe in realta valore resi-duale, in quanto destinato ad operare all’interno di ciascuna categoria omogenea di creditori,mentre nel rapporto tra le varie categorie di creditori vige comunque un principio di prefe-renza, per cui nella realizzazione delle ragioni creditorie andrebbe rispettato innanzitutto ilprincipio della graduazione di crediti e solo in via subordinata il principio della par condicio

(33) L. Guglielmucci, op. ult. cit., pag. 15.

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2005; n. 8623 del 2005; n. 8961 del 2005; n. 10420 del 2005; n. 13065 dei2005).

Pertanto, poiche il motivo si pone al di fuori dell’ambito entro il quale epossibile il sindacato giurisdizionale da parte di questa Corte di legittimita,il motivo deve essere dichiarato inammissibile.

In conclusione, il ricorso va rigettato; le spese di questa fase seguono lasoccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare lespese di questa fase, che liquida in complessivi euro 2.100,00, di cui euro100,00 per esborsi., oltre spese generali ed accessori di legge.

Il diritto fallimentare e delle societa commerciali296

creditorum. A cio si aggiunge che tale principio non sempre e agevolmente compatibile con leesigenze legate ad una soluzione concordata della crisi d’impresa in quelle ipotesi in cui visiano creditori aventi la stessa posizione giuridica, ma interessi economici disomogenei (34).L’art. 169 legge fallim. richiama in proposito una serie di norme che disciplinano il concorsodei creditori nella procedura fallimentare, questo rinvio nel sistema previgente si giustificavaperche nel concordato preventivo, era previsto il soddisfacimento dei creditori secondo cri-teri concorsuali analoghi a quelli previsti per il fallimento. Anche il nuovo concordato preven-tivo prevede il soddisfacimento dei creditori, anche se «attraverso qualsiasi forma», con il ri-spetto del principio della par condicio creditorum»nell’ambito della generalita dei creditori oeventualmente delle singoli classi in cui siano stati suddivisi, in tal senso, dunque, viene giu-stificato il richiamo ai criteri previsti per la regolazione concorsuale dei crediti nel fallimento.

Maurizio Galardo

Avvocato in Salerno

(34) Cfr. Ambrosini, Il Concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, pag.

42 e seg.; Jachia, «Nuova» prima lettura del concordato preventivo, in Il Caso it., Mantova, 2007, pag. 1 e seg.;Sciuto, La Classificazione dei creditori nel concordato preventivo (un’analisi comparatistica), in Giur. Comm.,

2007, 1/I; Ambrosini-De Marchi, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2005; Censoni, Il nuovo concorda-to preventivo, in Giur. Comm., I, 2005, 723; Ferri, Classi di creditori e poteri del giudice nel giudizio di omolo-gazione del «nuovo» concordato preventivo, in Giur. Comm., I, 2006, 553 e seg.; Iachia, Rassegna di Giurispru-

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