1. p. renner i incontro- vizi e virtù superbia

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Corso SALIGIA ovvero i 7 vizi capitali 20 febbraio 2014 I lezione Pag. 1 Vizi e virtù nell’etica laica e cristiana La superbia, figlia dell’ignoranza d.Paul Renner Virtù cristiane ed antropologia * La proposta antica della aretologia greca (in parte ripresa dai cataloghi di vizi e virtù del NT: es. Gal 5,19-21; Col 3,5-8; I Cor 5,10-11), completata nell’ideale nuovo del “rivestirsi di Cristo” (Rom 13,12-14; cfr. l’abito nuziale di Mt 22,11), nel fare proprio un “habitus” (abitudine, condotta) cristonomo e cristoconformante. ITes 5,4-11 (leggere!): vivere con il Signore e come lui rende forti e fa “rivestire la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza“. 7 Virtù = vita piena, libertà e bellezza. 8 Troppe volte la dottrina morale è diventata una dottrina del proibito. Queste considerazioni vogliono restituire…la viva altezza, la grandezza e le bellezza del bene. 13 Una virtù genuina comporta una prospettiva che si estende su tutta l’esistenza. 16 Ogni vera virtù è in genere premessa o di gioia o di dolore spirituale (perché si avverte tutto con un più forte chiaroscuro). 16 La virtù può anche ammalarsi… (es. esagerato senso dell’ordine, caparbietà di non cambiare…). In ogni virtù si annida la possibilità dell’anti -libertà. 17 La virtù percorre l’intera esistenza come un accordo che la stringe in unità. Allo stesso modo essa sale fino a Dio, o meglio, discende da Lui. (Come già intuiva Platone, che chiamava Dio agathòn, Bene). 18 [In qualche modo poi la virtù comporta la dimensione del giudizio….] R. Guardini, Virtù. Temi e prospettive della vita morale, Brescia 2001 (Tugenden. Meditationen über Gestalten sittlichen Lebens, I vizi: delle virtù ammalate „Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male” (CCC 1865). “Tutti i vizi, quando sono di moda, passano per essere una virtù” (Molière) L’ozio, padre dei vizi? Stabgl, Treblinka, un lento tacitar la coscienza… (Lonardo in Scaraffia, 36). Non dare la colpa agli altri dei nostri errori.

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Corso SALIGIA ovvero i 7 vizi capitali 20 febbraio 2014 – I lezione Pag. 1

Vizi e virtù nell’etica laica e cristiana

La superbia, figlia dell’ignoranza d.Paul Renner

Virtù cristiane ed antropologia * La proposta antica della aretologia greca (in parte ripresa dai cataloghi di vizi e virtù del NT: es. Gal 5,19-21; Col 3,5-8; I Cor 5,10-11), completata nell’ideale nuovo del “rivestirsi di Cristo” (Rom 13,12-14; cfr. l’abito nuziale di Mt 22,11), nel fare proprio un “habitus” (abitudine, condotta) cristonomo e cristoconformante. ITes 5,4-11 (leggere!): vivere con il Signore e come lui rende forti e fa “rivestire la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza“.

7 Virtù = vita piena, libertà e bellezza. 8 Troppe volte la dottrina morale è diventata una dottrina del proibito. Queste considerazioni vogliono restituire…la viva altezza, la grandezza e le bellezza del bene. 13 Una virtù genuina comporta una prospettiva che si estende su tutta l’esistenza. 16 Ogni vera virtù è in genere premessa o di gioia o di dolore spirituale (perché si avverte tutto con un più forte chiaroscuro). 16 La virtù può anche ammalarsi… (es. esagerato senso dell’ordine, caparbietà di non cambiare…). In ogni virtù si annida la possibilità dell’anti-libertà. 17 La virtù percorre l’intera esistenza come un accordo che la stringe in unità. Allo stesso modo essa sale fino a Dio, o meglio, discende da Lui. (Come già intuiva Platone, che chiamava Dio agathòn, Bene). 18 [In qualche modo poi la virtù comporta la dimensione del giudizio….] R. Guardini, Virtù. Temi e prospettive della vita morale, Brescia 2001 (Tugenden. Meditationen über Gestalten sittlichen Lebens,

I vizi: delle virtù ammalate „Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male” (CCC 1865). “Tutti i vizi, quando sono di moda, passano per essere una virtù” (Molière) L’ozio, padre dei vizi? Stabgl, Treblinka, un lento tacitar la coscienza… (Lonardo in Scaraffia, 36). Non dare la colpa agli altri dei nostri errori.

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Un tema di cui poco si parla nel nostro tempo è quello dei vizi e delle virtù, che pure rappresenta un interessante elemento di connessione tra il mondo religioso e quello laico, in quanto può essere condiviso sia da persone credenti che dai cosiddetti “laici”. Se esistono infatti le classiche virtù prettamente teologali (fede, speranza e carità), già quelle cardinali (fortezza, temperanza, prudenza, giustizia) sono patrimonio comune delle persone di buona volontà. Si deve tuttavia osservare che vizi e virtù sono cronologicamente e geograficamente caratterizzati. Vizia quali la gola sono oggi promozionali senza alcun pudore, mentre quelle che un tempo erano virtù di prim’ordine (ad esempio fedeltà, disciplina, obbedienza, castità, pudore…) godono oggi di minor gradimento e di un ristretto numero di praticanti. I nostri tempi richiedono e premiano virtù “nuove” quali possono essere la mobilità, la fantasia, la capacità di discernere (e velocemente) tra bene e male all’interno dei nuovi fenomeni e sfide che di continuo si propongono. Circa la distribuzione geografica dei vizi e delle virtù, si sente spesso dire che alcuni popoli sono segnati nel loro insieme da vizi quali la superbia, l’accidia, la menzogna, l’inaffidabilità e così via. A titolo di compensazione va però anche detto che ad ogni nazione vengono fatte corrispondere anche determinate virtù: la laboriosità per i tedeschi, la precisione per gli svizzeri, lo charme per i francesi, la creatività funambolica per gli italiani. Ma guardando al nostro Alto Adige – Südtirol, possiamo individuare vizi e virtù tipici della nostra terra e delle nostre genti? Siamo in tempo di Quaresima ed allora proviamo a svolgere tale esercizio. Tra i vizi più presenti alle nostre latitudini c’è la presunzione tipica dei provinciali, che si sentono l’ombelico del mondo e guardano con sufficienza agli “altri”. Ne consegue una certa freddezza nei rapporti interpersonali, con il conseguente senso di autosufficienza e di diffidenza, che ci fa ritenere di non aver bisogno di nessuno, di saper fare da soli. Non manca poi a volte una forte dose di incoscienza nel progettare passi molto lunghi per la propria gamba (abusi ambientali, tunnel del Brennero). Vi è infine un marcato clientelismo: “siamo tutti una grande famiglia, ci si conosce bene, perché non aiutare il Sepp e il Mario che son dei cari ragazzi?” Né possiamo tralasciare una propensione al rischio (guida veloce, abuso di alcool), che si accompagna però ad una forte predisposizione alla depressione ed alla malinconia. Poi si potrebbe dire che i ladini sono a volte un po’ ingenui, i tirolesi cocciuti (“stur”), e gli italiani ondivaghi…ma non voglio buttarla sull’etnico. Ad ogni rovescio di medaglia corrisponde tuttavia anche un diritto. Quali sono allora le virtù, i punti di forza della nostra gente? In primo luogo la tendenza ad una vita sana, fatta di movimento, sport ed alimentazione sobria, più che in altre latitudini del nostro Paese. C’è poi una forte disponibilità al volontariato ed all’aiuto in caso di necessità. Vi è quindi un certo senso dell’ordine e della morale: si pensi ad esempio al rispetto delle regole della viabilità, allo smaltimento dei rifiuti o alla corresponsione delle tasse. L’impegno di leggere è molto diffuso ed abbiamo un basso tasso di analfabeti: solo che si privilegia il giornale ai libri e questo è un limite. Anche dal punto di vista etico si nota un vissuto alquanto virtuoso dei nostri conterranei: il rispetto della legge, della proprietà, della natura è più considerato che altrove. L’unica cosa che preoccupa è che un tempo vi erano la scuola e la Chiesa a sanzionare i vizi e a coltivare e premiare le virtù. Entrambe sono in crisi. Chi si assumerà in futuro tale compito? E’ una riflessione importante, una progettazione da osare, se non si vuole che la scuola si limiti a distribuire nozioni e la Chiesa santini. (Vizi e virtù, articolo di Paul Renner sul Corriere dell’Alto Adige di dom. 11.03.2006)

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SUPERBIA

In ordine alfabetico l’ultimo, in ordine di origine degli altri, il primo. Gregorio Magno (seguito poi da Tommaso d’Aquino) la definiva “peccato capitale”, pensando forse ad Adamo ed Eva e alla Torre di Babele. Il greco “yperefanìa” indicherebbe di per sé “eccellenza”, un animo umano, una sapienza insigne. E’ divenuto però indicativo di “arroganza”, “vanteria”, “alterigia”. Si situa cioè tra la “ybris” di chi disprezza e la “alazòn” del millantatore che inganna se stesso. La superbia ti illude per breve tempo e poi ti lascia deluso. “Il superbo è un folle presuntuoso, perché si vanta della sua posizione, del potere e della ricchezza, guardando gli altri sprezzantemente dall’alto in basso.” (Fisichella in Scaraffia, 23) Gli stoici la inseriscono nel catalogo dei vizi. “La superbia, in ultima analisi, è il rifiuto di Dio. Lui o io.” (Fisichella, 26). AGOSTINO: “Superbia significa allontanarsi da Dio e convertirsi a sé!” (De Civ 12,6). TOMMASO: “è il vizio e il peccato con il quale l’uomo, contro la retta ragione, desidera andare oltre la misura delle sue condizioni” (S.Th. II-IIae, 162,1). E’ irrazionale, perché porta a non confrontarsi con la realtà effettiva, non permette di giudicare coerentemente. I superbi di Dante (discepolo di TOMMASO), soffrono per i loro eccessi nei campi della nobiltà, dell’arte, della politica. (C. XI Purgatorio) Incoronazione di Paolo VI e rito dell’ovatta bruciata da un cardinale con il commento: “Sic transit gloria mundi!” “…ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore…” (Maria nel Magnificat) Lc 18,11-12: il fariseo e il pubblicano al tempio… Come riconoscere la superbia? “Quando si pensa che il bene derivi da noi stessi; quando si crede che, se ci viene dato dall’alto, è per i nostri meriti; quando ci si vanta di avere ciò che non si ha; quando, disprezzando gli altri, si aspira ad apparire gli unici dotati di determinate qualità…” (Gregorio magno, Commento morale a Giobbe, 33,16ss) Ai nostri tempi: narcisismo e ipertrofia dell’ego

Una possibile terapia: il recupero di una sana autoironia La superbia non rende un bue il rospo che si gonfia ma piuttosto lo fa miseramente scoppiare.