1 I DIVIETI DI DISCRIMINAZIONE NEL DIRITTO DEL LAVORO.

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I DIVIETI DI DISCRIMINAZIONE

NEL DIRITTO DEL LAVORO

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LA DISCIPLINA ANTIDISCRIMINATORIA NELL’ORDINAMENTO INTERNO

Art. 3 Cost.: referente ideale della normativa (più altre norme che tutelano specifiche caratteristiche di persone o gruppi)

Art. 4 l. 604/66: divieto licenziamento per motivi sindacali, politici, religiosi

Art. 15 Stat .lav.: divieto atti discriminatori per motivi →

- 1970: sindacali, politici, religiosi

- 1977: razza, lingua, sesso- 2003: handicap, età, orientamento sessuale,

convinzioni personali

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ALTRI NUCLEI NORMATIVI ANTIDISCRIMINATORI

- normativa sulle differenze di genere (d.lgs. 198/06)

- norme a tutela degli immigrati (T.U. n. 286/98)

- norme a tutela dei disabili (l. 68/99 e l. 67/06)

- norme a tutela dei soggetti affetti da virus HIV

- art. 10 d.lgs. n. 276/03- d.lgs. 215 e 216 del 2003

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LA DISCRIMINAZIONE NEL DIRITTO COMUNITARIO

- Art. 13 Trattato CE (oggi art. 19 TFUE) e

- Direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento per motivi di razza e origine etnica

- Direttiva 2000/78/CE per la pdt in materia di occupaz. e condizioni di lavoro (c.d. “direttiva quadro”)

- Direttiva 2006/54/CE su pari opportunità e pdt fra uomini e donne in materia di occupaz. e di impiego

- Art. 21 Carta di Nizza (dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona)

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DIVIETO DI DISCRIMINAZIONI E PRINCIPIO DI PARITA’ DI TRATTAMENTO

Discriminazione

Divieto di D. (obiettivo: eguagliamenti)

Principio di parità di trattamento (settore privato e settore pubblico)

Confusione terminologica nelle direttive (rapporto di strumentalità) e nei d.lgs. del 2003 (.. si intende…). Nel CPO uso interscambievole delle due nozioni

Uso improprio del concetto di D. nella normativa sui contratti flessibili

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LE DEFINIZIONI DI DISCRIMINAZIONE SUL LAVORO

• Pluralità di definizioni:

- art. 15 St. lav.

- art. 43 d.lgs. 25 luglio 1998. n. 286 (T.U. immigrazione)

- art. 2 d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215

- art. 2 d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216- art. 2 l. 1° marzo 2006, n. 67- art. 25 d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198

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LA NOZIONE DI DISCRIMINAZIONE ex art. 15 St. lav.

Nullità degli atti discriminatori attuati per tutti i fattori emersi nella legislazione

- Le condotte vietate - La rilevanza dell’intento discriminatorio- I fattori di discriminazione - I soggetti protetti e i soggetti obbligati - Le sanzioni: nullità dell’atto; sanzioni penali

Art. 28 St. lav. se discriminazioni sindacali

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IL RAPPORTO TRA L’ART. 15 E LE NUOVE NORME ANTIDISCRIMINATORIE

Tutti i fattori di discriminazione previsti dall’art. 15 sono contemplati nelle più recenti normative

D.lgs. 215/03→ razza, origine etnica

T.U. n. 286/98 → razza, gruppo etnico o linguistico, confessione religiosa, cittadinanza

Legislazione uomo/donna (d.lgs. 198/06) → sesso

D.lgs. 216/03 → età, handicap, orientamento sessuale, convinzioni personali

Inoltre la legislazione speciale:

1) dà una definiz. oggettiva e sostanziale molto ampia degli illeciti;

2) consente al giudice di adottare il provvedimento più opportuno

E’ OGGI SUPERLFUO IL RIFERIMENTO ALL’ART. 15

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LE DISCRIMINAZIONI VIETATE DAL CODICE DELLE PARI OPPORTUNITA’

Art. 25:1° comma: definizione di D. diretta (comprensiva

dell’ordine di discriminare): qualunque “disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando …..

2° comma: definizione di D. indiretta

Non occorre uno specifico intento discriminatorio

comma 2-bis: E’ d. anche il trattamento meno favorevole legato a gravidanza o maternità

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LE MOLESTIE E LE MOLESTIE SESSUALI NEL CODICE DELLE PARI OPPORTUNITA’

Art. 26, comma 1: molestie: comportamenti indesiderati, per ragioni connesse al sesso, aventi

LO SCOPO oppure L’EFFETTO di: 1) violare la dignità di un lavoratore/lavoratrice 2) creare un clima intimidatorio, ostile, degradante,

umiliante od offensivo Non è identificazione tra M. e D. ma equiparazione Indesiderabilità = mancato gradimento (occorre sia

conosciuto? o almeno prevedibile?) Comma 2: molestie sessuali: comportam. a connotazione

sessuale

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LE DISCRIMINAZIONI VIETATE DAL T.U. SULL’IMMIGRAZIONE

Art. 43: ampio divieto di D. per ragioni di razza, colore, ascendenza, origine nazionale o etnica, convinzioni o pratiche religiose, non solo in materia di lavoro

1° comma: ampia definizione di D. (diretta e indiretta) + elenco esemplificativo di D. {cfr. lett. c) e lett. e) “il datore di lavoro…”}

Non occorre uno specifico intento discriminatorio (“lo scopo o l’effetto”)

3° comma: divieto di atti xenofobi, razzisti o discriminatori

PROBLEMA del rapporto tra T.U. e d.lgs. del 2003

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LE DISCRIMINAZIONI VIETATE nei D.Lgs. n. 215 e 216 del 2003

D.lgs. n. 215/03: recepisce direttiva 43/2000→ razza, origine etnica. Fattori già previsti dal T.U: doppio regime di tutela. Non solo ambito lavorativo.

D.lgs. n. 216/03: recepisce direttiva 78/2000→ religione, età, handicap, orientamento sessuale, convinzioni personali. Ambito lavorativo.

Convinzioni personali: opinioni politiche, sindacali ecc.

Orientamento sessuale: novità!

Età: problemi di coordinamento con normative interne, ma ampie deroghe ammesse dalla direttiva (art. 6)

Handicap: già contemplato da l. 68/99 e ora anche da l. 67/06

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LA TASSATIVITA’ DEI MOTIVI DI DISCRIMINAZIONE VIETATI

1° orientamento: l’elenco è tassativo (dottrina prevalente; Corte Giust. CE sent. C-13/05 su malattia)

2° orientamento: l’elenco non è tassativo (dottrina minoritaria che fa leva sull’art. 3 Cost.: «condizioni personali e sociali»)

Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona: art. 21 Carta di Nizza: «è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, su…»

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LA DISCRIMINAZIONE DIRETTA nei d.lgs. n. 215 e 216

«quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga»

→ COMPARAZIONE attuale ma anche meramente IPOTETICA (= agevolazione probatoria)

→ non è richiesto l’INTENTO D.

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LA DISCRIMINAZIONE INDIRETTA nei d.lgs. n. 215 e 216

art. 2, comma 1, lett. b):

«quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone (…) in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone»

→ è richiesta una valutazione quantitativa

→possono: carattere potenziale (non dimostrazione effettivo svantaggio)

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LE MOLESTIE

Art. 2, comma 3:comportamenti indesiderati, posti in essere per un motivo

discriminatorio, aventiLO SCOPO oppure L’EFFETTO di: 1) violare la dignità di una persona2) creare un clima intimidatorio, ostile, degradante,

umiliante od offensivo

Non è identificazione tra M. e D. ma equiparazione Indesiderabilità = mancato gradimento (occorre sia

conosciuto? o almeno prevedibile?)

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L’ORDINE DI DISCRIMINARE

Art. 2, comma 4: l’ordine di discriminare per uno dei motivi tipizzati è considerato discriminazione

→ mandante equiparato all’esecutore

→ è perseguibile l’ordine non eseguito (finalità preventiva)

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LE ECCEZIONI AL DIVIETO: la clausola sui requisiti essenziali e determinanti

Art. 3, comma 3, d.lgs. 215 e 216: non sono d. le differenze di trattamento dovute a caratteristiche che costituiscono requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività

nel rispetto dei pr. di proporzionalità e ragionevolezza

Cfr. sentenza CGCE 12/1/ 2101, C-229/08 Wolf

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LE ECCEZIONI in favore delle organizzazioni di tendenza

Art. 3, comma 5, d.gs. 216/03:

non sono d. le differenze di trattamento, praticate da enti religiosi o altre org. pubbliche o private, basate su religione o convinzioni personali se queste (per la natura delle attività professionali degli enti o per il contesto in cui sono espletate) costituiscono requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell’attività

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L’ECCEZIONE fondata sulle «finalità legittime»

Art. 3, c. 4, d.lgs. 215/03 e art. 3, c. 6, d.lgs. 216/03:

Solo per le d. INDIRETTE: non sono d. se sono:

- giustificate oggettivamente

- da finalità legittime

- perseguite con mezzi appropriati e necessari

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LA DISCRIMINAZIONE PER ETA’

La genesi comunitaria del divieto di discriminazione per età

Fonte comunitaria del divieto: direttiva 2000/78/CE

MA! Sentenza Corte Giust. CE 22/11/05, C-144/04 (Mangold): il divieto di d. per età è «pr. generale del diritto comunitario»

Ragionamento riproposto dalla recentissima Corte Giust. CE 19/01/10, C-555/07 (Kücükdeveci), che richiama anche la Carta di Nizza

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LA DISCRIMINAZIONE PER ETA’: LE DEROGHE

Sia la direttiva 2000/78 (art. 6) sia il d.lgs. 216/03 (art. 3, commi 4-bis e 4-ter) consentono normative derogatorie

CONDIZIONI:

1) le deroghe devono essere oggettivamente e ragionevolmente giustificate da finalità legittime

2) i mezzi impiegati devono essere appropriati e necessari

Vi è un elenco esemplificativo di disposizioni derogatorie ammesse

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LA GIURISPRUDENZA DELLA CGCE SULLA DISCRIMINAZIONE PER ETA’

Corte Giust.: 8 sentenze (dal 2005 ad oggi) su domanda di pronuncia

pregiudiziale (5 sull’ord. tedesco)

L’iter argomentativo della Corte:

1) verifica se la normativa contestata rientra nell’ambito di applicazione del diritto comunitario

2) verifica se la normativa crea una disparità di trattamento per età

3) verifica se la disparità possa considerarsi giustificata, e ciò alla luce di: a) obiettivi perseguiti; b) mezzi utilizzati

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NORME INTERNE DI DIRITTO DEL LAVORO DISCRIMINATORIE?

Norme interne in materia di lavoro che usano il criterio dell’età:

- Primo accesso al lavoro (settore privato/pubblico, lav. subordinato e non)

- Protezione di minori e “giovani” rispetto a certe lavorazioni

- Contratti di lavoro non standard (apprendistato, CFL, inserimento, intermittente, accessorio)

- Cessazione del rapporto (licenziamenti individuali e collettivi; clausole pensionamento obbligatorio)

+ normativa previdenziale (esclusa però dal divieto comunitario)

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GIURISPRUDENZA INTERNA SULLA DISCRIMINAZIONE PER ETA’

Pochissime sentenze sulla discriminazione per età ex d.lgs. 216/03:

App. Firenze, 27 marzo 2006: le regole derogatorie contenute sia nella direttiva 2000/78, sia nel d.lgs. 216/03 non “salvano” gli accordi sindacali che abbiano utilizzato come unico criterio quello dell’anzianità contributiva (ritenuto a sua volta basato sul fattore età), non potendosi dire che l’adozione di tale criterio da parte degli accordi sindacali persegua legittime finalità di politica del lavoro e di mercato del lavoro

Tar Venezia Veneto, sez. II, 5 maggio 2008: non è discriminatorio il bando del Comune che impone un’età massima per il concorso per agente di polizia municipale, ex art. 3, c.3, d.lgs. 216/03 sui requisiti essenziali e

determinanti; l’età incide sui requisiti attitudinali richiesti

Trib. Asti, 5 marzo 2008: è discriminazione per età (oltre che per disabilità) la valutazione di un Ispettore in una relazione funzionale alla copertura di un posto di direzione

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L’AZIONE CIVILE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE NEL T.U.: l’art. 44

Secondo Cass., S.U., 7 marzo 2008, n. 6172 è un procedimento cautelare cui si applica l’art. 669 octies c.p.c.

Si apre con ricorso (proposto anche personalmente)

Competente: Tribunale civile in comp. monocratica (problema se questione di lavoro).

C. territoriale: luogo di domicilio del ricorrente

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L’AZIONE CIVILE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE NEL T.U.

Se non c’è urgenza: sentite le parti, omessa ogni formalità, atti di istruzione indispensabili ► COGNIZIONE SOMMARIA

Decisione: ordinanza immediatamente esecutiva

Il giudice ordina la cessazione del comportamento e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti → art. 28 St. lav.

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L’AZIONE CIVILE CONTRO LA D. NEL T.U.

Se c’è urgenza: il giudice assume ove occorre sommarie informazioni, può procedere inaudita altera parte

Decisione: decreto motivato

Udienza di comparizione delle parti entro 15 giorni davanti allo stesso giudice

All’udienza il giudice emette ordinanza con cui conferma, modifica o revoca i precedenti provvedimenti

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L’AZIONE CIVILE CONTRO LA D. NEL T.U.

Il regime probatorio (comma 9):

- possibile utilizzo della prova statistica- valutazione dei fatti secondo lo schema delle

presunzioni semplici (art. 2729 c.c.) → no inversione onere prova

Le sanzioni:

Risarcimento del danno, anche non patrimoniale

Sanzione amministrativa accessoria (comma 11) della revoca dei benefici

Provvedim. immediat. esecutivi, assistiti da sanz. penale

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L’AZIONE COLLETTIVA NEL T.U.(art. 44, comma 10)

Solo D. sul lavoro di carattere collettivo (anche se non sono individuati i soggetti lesi) commessa dal datore di lavoro

Legittimaz. attiva: rappr. locali delle OO.SS. maggiormente rappresentative a livello nazionale

Sentenza: ordina al datore di lavoro di definire un piano di rimozione delle D. accertate

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LA TUTELA GIURISDIZIONALE nei d.lgs. n. 215 e 216

Art. 4, comma 2 e ss.

Rinvio quasi integrale all’art. 44 T.U. (esclusi solo alcuni commi)

Sovrapposizione di procedimenti per le ipotesi comuni

Problema della natura cautelare o meno

Competenza: 2 tesi:

1) giudice del lavoro se cause di lavoro (lo conferma il tent. di conciliazione)

2) Trib. civile in composizione monocratica

G.A. per i rapporti non privatizzati

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LA TUTELA GIURISDIZIONALE nei d.lgs. n. 215 e 216

IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE Può essere promosso…. → E’ facoltativo? Sì, date le esigenze di speditezza

Il ricorrente può agire personalmente

ISTRUTTORIA condotta dal giudice nel modo più opportuno, senza le

formalità non necessarie→ cognizione sommaria

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LA TUTELA GIURISDIZIONALE nei d.lgs. n. 215 e 216

DECISIONE:

Se non c’è urgenza: ordinanza, immediatamente esecutiva

Se c’è urgenza: assunzione di sommarie informazioni (no convocazione parti), decisione con decreto, fissazione udienza comparizione parti, poi ordinanza con cui conferma-modifica-revoca i provvedimenti già adottati

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L’ONERE DELLA PROVA

D.lgs. 215/03:

il ricorrente può dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti ……. Art. 2729 c.c.

D.lgs. 216/03 (dopo le modifiche della l. 101/08):

quando il ricorrente fornisce elementi di fatto idonei a fondare, in termini gravi , precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti d., spetta al convenuto l’onere di provare l’insussistenza della d.

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LA DECISIONE DEL GIUDICE

Il giudice:

- dichiara la nullità dell’atto discriminatorio

- ordina la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti (ex art. 44 T.U. adotta ogni altro provvedimento idoneo)

- se richiesto, può condannare al risarcimento del danno, anche non patrimoniale (tenendo conto del carattere ritorsivo della d.)

- può ordinare un piano di rimozione delle d. accertate

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LA DECISIONE DEL GIUDICE

Il giudice:

- può ordinare la pubblicazione del provvedimento su un quotidiano nazionale

- dispone la sanzione amministrativa accessoria della revoca dei benefici (nei casi più gravi esclusione fino a due anni)→ è sanzione automatica: critiche

Inottemperanza alla pronuncia: art. 388 c.p. (reato di mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice, punibile a querela di parte)

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LE AZIONI COLLETTIVE

Legittimazione attiva:

D.lgs. 215/03: associazioni ed enti inseriti in un elenco approvato da Ministero Lavoro e Ministero P.O.

D.lgs. 216/03: OO.SS, associaz. e org. rappresentative del diritto o dell’interesse leso (dopo l. 101/08)

Azione in nome e per conto del soggetto leso

Iniziativa autonoma se d. collettive