1. Cos’è una scuola poetica? Perché parliamo di “scuola poetica siciliana”?

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1. Cos’è una scuola poetica? Perché parliamo di “scuola poetica siciliana”?

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1. Cos’è una scuola poetica? Perché parliamo di “scuola

poetica siciliana”?

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Cos’hanno in comune questi personaggi?

Iacopo da Lentini (1210-1260)

Notaio alla corte di Federico II, poeta, inventore del sonetto.

Stefano Protonotaro da Messina (1230 circa)

Notaio e poeta presso la corte di Federico II.

Iacopo Mostacci da Messina (1260)

Falconiere di Federico II, ambasciatore in Spagna per conto di Manfredi (figlio di Federico II) e poeta.

Guido delle Colonne (Messina 1210-1287)

Poeta e giudice (a Messina).

Pier della Vigna (Capua 1190- 1250)

Poeta e studioso di retorica e di diritto, fu alla corte di Federico II dove ricoprì importanti incarichi politici (giudice, cancelliere, alto funzionario).

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• Si definisce scuola poetica un gruppo di poeti che opera in genere nel medesimo luogo e contesto storico-culturale (la corte di Federico II, in Sicilia, tra il 1225 e il 1250) e che condivide le medesime tematiche (l’amore), la stessa lingua letteraria (volgare siciliano) e lo stesso stile (raffinato e solenne).

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3. La scuola siciliana si sviluppa nel contesto della “Magna Curia” di Federico II di Svevia che, oltre ad essere un abile politico, fu anche un grande promotore

culturale. Per quali motivi?

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4. Quali erano le differenze principali tra i trovatori

provenzali e i poeti della scuola siciliana?

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XII-XIII secolo XIII secolo

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5.Le differenze sociali tra trovatori e poeti siciliani spiegano anche alcuni elementi di novità della lirica siciliana rispetto a quella

provenzale. Quali? Perché?

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6.Qual è stato il contributo fondamentale di questa scuola poetica?

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1)I poeti siciliani non usano più la lingua d’oc per comporre poesia di ispirazione provenzale (come era avvenuto in precedenza), bensì il loro volgare locale, depurato e nobilitato.

2)L’importanza di questa scelta è enorme: i poeti siciliani danno inizio alla vera e propria tradizione poetica italiana, una tradizione aulica (solenne) e raffinata.

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L’importanza della scuola siciliana fu riconosciuta da Dante

nel De Vulgari Eloquentia.

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E’ evidente che il volgare siciliano assegna a se stesso una fama superiore agli altri volgari, sia perché col nome di «siciliana» viene indicata tutta la produzione poetica degli Italiani, sia perché troviamo che molti maestri nativi di Sicilia hanno composto poesia elevata, come le canzoni: “Ancor che l’aigua per lo foco lassi” (Guido delle Colonne), e Amor, che lungiamente m’hai menato (Guido delle Colonne).

E’ evidente che il volgare siciliano assegna a se stesso una fama superiore agli altri volgari, sia perché col nome di «siciliana» viene indicata tutta la produzione poetica degli Italiani, sia perché troviamo che molti maestri nativi di Sicilia hanno composto poesia elevata, come le canzoni: “Ancor che l’aigua per lo foco lassi” (Guido delle Colonne), e Amor, che lungiamente m’hai menato (Guido delle Colonne).

1.Perché la fama del volgare siciliano è superiore a quella degli altri volgari? 2.Qual è la ragione che rende un volgare più illustre rispetto a un altro?

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Tuttavia, se osserviamo bene dove va a parare questa fama della Trinacria vediamo che il suo permanere torna soltanto a vergogna dei principi italiani, che, dediti alla superbia, si comportano da plebei e non da grandi uomini. L’imperatore Federico e il suo nobile figlio Manfredi, che furono signori grandi e illustri, mostrarono l’elevatezza e la rettitudine della loro anima, dedicandosi, finché la fortuna lo permise, alle attività proprie dell’uomo e sdegnando quelle da bestie. Fu per questo che chi era dotato di nobile cuore e ricco di doni divini cercò di star accanto alla maestà di tali principi; di conseguenza, tutto ciò che a quei tempi fu prodotto da Italiani di animo insigne, nacque prima di tutto nella reggia di così grandi sovrani. La sede del trono regale era però in Sicilia, e perciò avvenne che tutta la produzione volgare dei nostri predecessori fosse chiamata «siciliana»: nome che noi conserviamo ancora e che neanche i posteri sapranno mutare.

Tuttavia, se osserviamo bene dove va a parare questa fama della Trinacria vediamo che il suo permanere torna soltanto a vergogna dei principi italiani, che, dediti alla superbia, si comportano da plebei e non da grandi uomini. L’imperatore Federico e il suo nobile figlio Manfredi, che furono signori grandi e illustri, mostrarono l’elevatezza e la rettitudine della loro anima, dedicandosi, finché la fortuna lo permise, alle attività proprie dell’uomo e sdegnando quelle da bestie. Fu per questo che chi era dotato di nobile cuore e ricco di doni divini cercò di star accanto alla maestà di tali principi; di conseguenza, tutto ciò che a quei tempi fu prodotto da Italiani di animo insigne, nacque prima di tutto nella reggia di così grandi sovrani. La sede del trono regale era però in Sicilia, e perciò avvenne che tutta la produzione volgare dei nostri predecessori fosse chiamata «siciliana»: nome che noi conserviamo ancora e che neanche i posteri sapranno mutare.

1.Che differenza c’è tra Federico II (e il figlio Manfredi) e i principi italiani (cioè i nobili che governano le diverse realtà statali presenti nell’Italia del Trecento)? 2.Che rapporto c’è secondo Dante tra la corte di Federico II (reggia di così grandi sovrani) e l’eccellenza della produzione poetica siciliana?