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PRESSIONE ATMOSFERICA Il miscuglio di gas che costituisce l'atmosfera e che avvolge come un immenso oceano invisibile il pianeta terra, si estende fino a 150- 200 chilometri di altitudine. I tre quarti di tutta l'atmosfera si trovano però in quella regione dello spazio chiamata troposfera il cui limite superiore è di circa 7 Km ai poli, di 13 km nelle medie latitudini e di 18 Km circa all'equatore. Anticamente si credeva che l'atmosfera fosse senza peso. Bisogna arrivare a Galileo Galilei per accertare che, nonostante la sua natura impalpabile, un metro cubo d'aria, al livello del mare, pesa circa 1,3 Kg. Pertanto, ogni porzione di atmosfera è sottoposta al peso degli strati immediatamente sovrastanti: è, appunto, tale peso che impedisce all'aria di disperdersi negli spazi interplanetari. Al peso esercitato su una superficie unitaria, ad esempio 1 cm², di una colonna d'aria che si estenda fino ai limiti dell'atmosfera, viene dato il nome di pressione atmosferica. In condizioni normali, tale peso al livello del mare, si aggira intorno a 1.033 g per cm². Essendo una forza esercitata su una superficie, la pressione si misura in Newton/m 2 . Nel S.I. a tale grandezza è dato il nome di Pascal (Pa). Per quanto riguarda le unità di misura valgono le seguenti identità: 1 atm = 101 325 Pa = 101 325 N/= 10 332 kgf/m²= 1 013,25 hPa = 1 013,25 mbar La pressione e lo stato del tempo La pressione atmosferica ha un ruolo fondamentale nelle vicende meteorologiche poichè i fenomeni più importanti traggono la loro origine dalla variazione nello spazio e nel tempo di tale fattore. In particolare, la differenza di pressione fra aree geografiche diverse determina lo spostamento delle masse d’aria e quindi il vento il quale trasferisce sul luogo di arrivo le condizioni meteorologiche associate alla particolare massa d'aria. Considerata l'importanza fondamentale che la pressione atmosferica riveste nel caratterizzare le condizioni del tempo, la maggior parte delle carte meteorologiche mostra la distribuzione attuale o prevista della pressione nelle zone prese in esame. Nelle medie latitudini, il valore medio annuo della pressione, al livello del mare, si aggira intorno ai 1.013 hPa8 ; tuttavia la pressione locale può subire ampie oscillazioni diurne o stagionali intorno a tale valore. le variazioni più notevoli sono quelle legate al passaggio delle perturbazioni che si muovono fra i 30° ed i 60° di latitudine o alle masse di aria fredde che, d'inverno, ristagnano nelle ampie distese continentali prossime al circolo polare. I valori locali della pressione, considerati a se stanti, non hanno alcun significato ; lo hanno invece se confrontati con i valori simultaneamente rilevati nelle zone adiacenti per mettere in risalto le aree di alta o di bassa pressione. Però, pur costituendo una regola alquanto grossolana, si può affermare empiricamente che i valori inferiori a 1.000 hPa sono associati a condizioni di tempo perturbato, mentre i valori superiori a 1.024 hPa sono accompagnati da tempo buono. Molto di più ci dirà, invece, la tendenza barometrica, cioè la variazione della pressione in un determinato intervallo di tempo. Nelle carte meteorologiche di previsione i punti con uguale valore di pressione atmosferica vengono uniti da una linea che prende il nome di isobara. A volte sulle carte si formano delle linee chiuse di alta pressione che, indicate con la lettera H (high) o A (alta), rappresentano gli anticicloni, mentre all'opposto le linee chiuse di bassa pressione, indicate con L (low) oppure B (bassa) rappresentano i cicloni depressivi. Il gradiente barico orizzontale è la differenza di pressione tra due punti distanti tra loro un grado di meridiano (111 chilometri) e situati sulla linea di massima pendenza delle isobare. In pratica, il gradiente barico orizzontale (G) viene misurato dal rapporto tra la differenza di pressione (dp) tra due punti e la distanza (dl) fra i punti stessi: G = dp / dl Gradiente barico alto significa: isobare più ravvicinate e velocità del vento più alta. Gradiente barico basso significa: isobare meno ravvicinate e velocità del vento più bassa. La misura della pressione atmosferica La pressione atmosferica si misura con un barometro a mercurio oppure con un barometro o barografo a capsule aneroidi.

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PRESSIONE ATMOSFERICA

Il miscuglio di gas che costituisce l'atmosfera e che avvolge come un immenso oceano invisibile il pianeta terra, si estende fino a 150- 200 chilometri di altitudine. I tre quarti di tutta l'atmosfera si trovano

però in quella regione dello spazio chiamata troposfera il cui limite superiore è di circa 7 Km ai poli, di

13 km nelle medie latitudini e di 18 Km circa all'equatore. Anticamente si credeva che l'atmosfera fosse senza peso. Bisogna arrivare a Galileo Galilei per accertare che, nonostante la sua natura impalpabile, un metro cubo d'aria, al livello del mare, pesa circa 1,3 Kg. Pertanto, ogni porzione di atmosfera è sottoposta al peso degli strati immediatamente sovrastanti: è, appunto, tale peso che impedisce all'aria di disperdersi negli spazi interplanetari. Al peso esercitato su una superficie unitaria, ad esempio 1 cm², di una colonna d'aria che si estenda fino ai limiti dell'atmosfera, viene dato il nome di pressione atmosferica. In condizioni normali, tale peso al livello del mare, si aggira intorno a 1.033 g per cm². Essendo una forza esercitata su una superficie, la pressione si misura in Newton/m2. Nel S.I. a tale grandezza è dato il nome di Pascal (Pa). Per quanto riguarda le unità di misura valgono le seguenti identità:

1 atm = 101 325 Pa = 101 325 N/m² = 10 332 kgf/m²= 1 013,25 hPa = 1 013,25 mbar

La pressione e lo stato del tempo

La pressione atmosferica ha un ruolo fondamentale nelle vicende meteorologiche poichè i fenomeni più importanti traggono la loro origine dalla variazione nello spazio e nel tempo di tale fattore. In particolare, la differenza di pressione fra aree geografiche diverse determina lo spostamento delle masse d’aria e quindi il vento il quale trasferisce sul luogo di arrivo le condizioni meteorologiche associate alla particolare massa d'aria. Considerata l'importanza fondamentale che la pressione atmosferica riveste nel caratterizzare le condizioni del tempo, la maggior parte delle carte meteorologiche mostra la distribuzione attuale o prevista della pressione nelle zone prese in esame. Nelle medie latitudini, il valore medio annuo della pressione, al livello del mare, si aggira intorno ai 1.013 hPa8 ; tuttavia la pressione locale può subire ampie oscillazioni diurne o stagionali intorno a tale valore. le variazioni più notevoli sono quelle legate al passaggio delle perturbazioni che si muovono fra i 30° ed i 60° di latitudine o alle masse di aria fredde che, d'inverno, ristagnano nelle ampie distese continentali prossime al circolo polare. I valori locali della pressione, considerati a se stanti, non hanno alcun significato ; lo hanno invece se confrontati con i valori simultaneamente rilevati nelle zone adiacenti per mettere in risalto le aree di alta o di bassa pressione. Però, pur costituendo una regola alquanto grossolana, si può affermare empiricamente che i valori inferiori a 1.000 hPa sono associati a condizioni di tempo perturbato, mentre i valori superiori a 1.024 hPa sono accompagnati da tempo buono. Molto di più ci dirà, invece, la tendenza barometrica, cioè la variazione della pressione in un determinato intervallo di tempo.

Nelle carte meteorologiche di previsione i punti con uguale valore di pressione atmosferica vengono uniti da una linea che prende il nome di isobara. A volte sulle carte si formano delle linee chiuse di alta pressione che, indicate con la lettera H (high) o A (alta), rappresentano gli anticicloni, mentre all'opposto le linee chiuse di bassa pressione, indicate con L (low) oppure B (bassa) rappresentano i cicloni depressivi.

Il gradiente barico orizzontale è la differenza di pressione tra due punti distanti tra loro un grado di meridiano (111 chilometri) e situati sulla linea di massima pendenza delle isobare. In pratica, il gradiente barico orizzontale (G) viene misurato dal rapporto tra la differenza di pressione (dp) tra due punti e la distanza (dl) fra i punti stessi:

G = dp / dl

Gradiente barico alto significa: isobare più ravvicinate e velocità del vento più alta. Gradiente barico basso significa: isobare meno ravvicinate e velocità del vento più bassa.

La misura della pressione atmosferica

La pressione atmosferica si misura con un barometro a mercurio oppure con un barometro o barografo a capsule aneroidi.

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Il barometro o il barografo possono essere collocati ovunque purchè al riparo dagli urti o dai raggi solari. Infatti, il barometro non misura la proprietà di un dato campione di aria, ma solo la pressione esercitata dall'atmosfera circostante, che ha lo stesso valore sia all'aperto che al chiuso. Se si vuole confrontare il dato del proprio barometro con quello simultaneamente rilevato dalle stazioni meteorologiche è indispensabile, per esigenze di omogeneità, che il valore letto sia opportunamente corretto come se l'osservazione fosse stata effettuata alla latitudine di 45°, al livello del mare e a 0°C. Particolari tavole permettono di eseguire rapidamente la correzione se il rilevamento è stato effettuato con un barometro analogico. Le moderne stazioni meteo correggono il dato automaticamente previo l'inserimento dell'altitudine alla quale è posizionata la stazione stessa.

Le variazioni locali della pressione atmosferica. Su una data località, la pressione atmosferica varia di continuo, con un tipico andamento periodico diurno che, in condizioni di tempo non perturbato, risulta evidente sul diagramma di un barografo. Tale andamento è indicato da due minimi intorno alle ore 04:00 e alle ore 16:00 locali e da due massimi intorno alle ore 10:00 ed alle ore 22:00 locali. L'ampiezza dell'oscillazione varia secondo la latitudine: è trascurabile ai Poli, inferiore ad 1 hPa alle medie latitudini, può essere superiore a 4 hPa all'Equatore. le variazioni locali di pressione più significative, ai fini dell'evoluzione del tempo, sono quelle determinate dallo spostamento delle masse d’aria. Così un afflusso di aria più fredda di quella preesistente nella verticale del luogo causa un aumento di peso della colonna d'aria sovrastante e quindi un aumento della pressione. Viceversa un afflusso di aria più calda al suolo determina una diminuzione della pressione. Anche il raffreddamento notturno ed il riscaldamento diurno degli strati prossimi al suolo determinano rispettivamente un aumento ed una diminuzione della pressione atmosferica.

Tendenza barometrica ed evoluzione del tempo Fra i fattori meteorologici indicativi per la previsione locale del tempo, la variazione di pressione osservata in un breve periodo è quella più significativa. Infatti, se la pressione atmosferica al suolo tende a diminuire, la bassa pressione che così si origina richiama masse d'aria dalle zone circostanti. Ora non potendo le masse d'aria accumularsi, sono costrette a sollevarsi trasportando l'aria dagli strati prossimi al suolo verso l'alto dove, a causa del raffreddamento, il vapore acqueo si condensa e diviene visibile

sotto forma di nubi.

La tendenza barometrica rappresenta la quantità di variazione subita dalla pressione atmosferica in un dato periodo di tempo, tipicamente tre ore. La tendenza barometrica ci può fornire indizi per prevedere

l'evoluzione delle condizioni meteorologiche. Osservando sul barometro l'andamento della pressione, in presenza di una diminuzione costante e pronunciata potremo dedurne che una perturbazione si sta avvicinando fino a transitare su di noi. In termini generali, si può dire quanto segue: 1) una variazione positiva molto forte può indicare l'avvento di un cuneo di alta pressione che porta un temporaneo miglioramento. 2) Una variazione negativa molto marcata preannuncia un rapido peggioramento della situazione, con afflusso di aria molto fredda in inverno e temporali durante l'estate, solitamente seguiti da un altrettanto rapido miglioramento. 3) Variazioni graduali portano a situazioni generalmente più persistenti:

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a) una graduale diminuzione della pressione predice condizioni di maltempo durevoli;

b) un lento costante aumento lascia intravedere l'avvento di alte pressioni stabili.

Le variazioni della pressione con l'altezza A mano a mano che si va verso l'alto, diminuisce l'altezza della colonna d'aria sovrastante l'osservatore e di conseguenza diminuisce anche la pressione atmosferica. Tuttavia, il decremento è più rapido negli strati prossimi al suolo essendo qui l'aria più densa. Con ottima approssimazione si può calcolare che nei primi 1.500 metri la pressione diminuisca di 1 hPa per ogni 8,3 metri di ascesa, a 3.000 metri di 1 hPa ogni 10 metri e a 9.000 metri di 1 hPa ogni 50 metri.

La rapidità di variazione della pressione con la quota, negli strati prossimi al suolo, si può notare dai valori indicati dal barometro. Così, due barometri ugualmente tarati e posti ad una diversa altezza di appena 32 metri, mostreranno una differenza di ben 4 hPa. Il gradiente barico verticale esprime la diminuzione della pressione al crescere dell'altezza lungo la verticale.

La variazione orizzontale della pressione La pressione varia orizzontalmente da luogo a luogo. A parte l'influenza esercitata dai grandi centri barici permanenti o semipermanenti ( anticiclone delle Azzorre, ciclone d'Islanda) e dalle perturbazioni che interessano vaste aree geografiche, a parità di latitudine e di altezza la distribuzione orizzontale della pressione dipende da numerosi fattori locali quali la natura e la copertura del terreno, l'orografia, la temperatura, l'intensità dell'irraggiamento notturno e la radiazione solare assorbita dal suolo. Tali fattori fanno si che all'interno dei grandi centri barici a scala planetaria si vengano a determinare, localmente, dei nuclei secondari di alta e bassa pressione, interessanti aree la cui estensione è dell'ordine dei 10-100 chilometri. Se si fa riferimento alla sola topografia locale, è bene tener presente che, durante la notte, negli avvallamenti si accumula aria più fredda per drenaggio dalle zone circostanti con conseguente aumento della pressione. le catene montuose costituiscono spesso un ostacolo per gli afflussi di aria fredda la quale interessa, di solito, gli strati più bassi dell'atmosfera. In tali condizioni, l'accumulazione di aria nel versante sopravvento determina un aumento della pressione atmosferica locale. Per fare un esempio, in presenza di intensi afflussi di aria fredda proveniente da Nord Ovest, tra gli opposti versanti dell'arco alpino vengono a determinarsi dislivelli barici di 10-15 hPa. I gradienti barici orizzontali normali sono di circa 1 hPa per 100 chilometri, ma da tale differenza di pressione, apparentemente modesta, trae origine la forza motrice che da luogo al movimento delle

masse d’aria..

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TEMPERATURA DELL’ARIA

Andamento della temperatura con l'altezza. All'atmosfera il calore viene fornito principalmente dalla superficie terrestre, quindi dal basso, e ne consegue che la temperatura diminuisce con l'aumentare della quota. Si chiama gradiente termico verticale la diminuzione della temperatura per una differenza di quota pari a 100 metri. Il gradiente medio per l'atmosfera standard, dei primi 10-15 chilometri è di 0,65°C. Il gradiente termico subisce molte variazioni soprattutto nei primi 300-600 metri dalla superficie terrestre a causa dell'evoluzione diurna della temperatura. Di notte, con venti deboli e cielo poco nuvoloso, il raffreddamento del suolo sottrae calore all'aria circostante, dando luogo alla formazione di uno strato spesso 200-400 metri all'interno del quale la temperatura, anzichè diminuire con la quota, aumenta. Il fenomeno è definito inversione termica. Nel periodo invernale ed in situazione anticiclonica nelle vallate chiuse e poco ventilate l'inversione con base al suolo tende a saldarsi con un'inversione che si forma per subsidenza a quote immediatamente superiori, dando luogo ad un'unica inversione dello spessore anche di 800-1.500 metri. Di giorno, sempre in presenza di venti deboli e di cielo sereno o poco nuvoloso, il calore dal suolo si propaga anche agli più bassi, determinando una più rapida diminuzione della temperatura con la quota. Nel periodo invernale questa rapida diminuzione interessa i primi 500-100 metri, mentre nella stagione estiva può spingersi anche a 500-1.000 metri. In tali casi la temperatura scende di 1°C ogni 100 metri di quota (gradiente adiabatico) e talvolta di una quantità superiore (gradiente superadiabatico). I valori della temperatura, alle varie quote dell'atmosfera standard, sono dati nella tabella che segue:

Altitudine (m) Temperatura(°C) Altitudine (m) Temperatura(°C) Altitudine (m) Temperatura(°C)

0 15,0 5.000 -17,5 10.000 -50, 1.000 8,5 6.000 -24,0 11.000 -56,6 2.000 2,0 7.000 -30,5 12.000 -56,5 3.000 -4,5 8.000 -37,0 13.000 -56,5 4.000 -11,0 9.000 -43,5

Il gradiente termico verticale determina la stabilità o l'instabilità dell'aria e quindi la possibilità di formazione delle nubi, di temporali, di nebbia da irraggiamento e la capacità dell'atmosfera di

diluire nello spazio la concentrazione di sostanze inquinanti.

Andamento diurno della temperatura. Se si osserva la temperatura registrata da un termografo si nota un tipico andamento sinusoidale giornaliero caratterizzato da un valore minimo intorno all'alba e da un valore massimo circa due ore dopo il passaggio del Sole allo Zenith. Molti fattori influisco però sul normale andamento della temperatura nell'arco di una giornata. L'escursione fra temperatura minima e massima è meno accentuata nelle giornate nuvolose a causa della restituzione del calore per effetto serra, mentre è più accentuata in condizioni di cielo sereno o poco nuvoloso. Il vento favorendo il rimescolamento dell'aria presente nei bassi strati con quella degli strati più elevati, impedisce che la temperatura del suolo si innalzi notevolmente di giorno e si abbassi notevolmente di notte.

Tutte le forme di energia coinvolte hanno la loro origine comune nella radiazione solare. Quest'ultima in assenza di nubi giunge quasi integralmente sulla superficie terrestre, dove in parte viene assorbita dal suolo, ed in parte viene riflessa nuovamente nello spazio e quindi va perduta. In altre parole, l'aria secca risulta trasparente alla radiazione solare e, di conseguenza, l'aria in prossimità del suolo non si riscalda per esposizione diretta ai raggi del sole. Il suolo esposto al sole, invece, assorbe energia, si riscalda e propaga in vari modi questo riscaldamento anche all'atmosfera sovrastante. Come avviene dunque questa propagazione del calore verso l'alto? Per gli strati più bassi dell'atmosfera, in particolare per i primi 300-800 metri, risulta importante soprattutto l'irraggiamento, ossia la capacità di qualsiasi corpo di emettere energia sotto forma di radiazioni nell'infrarosso. Di giorno il suolo si riscalda prima dello strato di aria immediatamente sovrastante per cui il bilancio nell'infrarosso tra la radiazione ricevuta dal suolo e quella emessa dallo strato stesso risulta positivo: l'aria a contatto con il suolo si riscalda e a sua volta trasmette calore, sempre per irraggiamento, anche agli strati superiori con un processo a catena che si

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attenua con l'altezza, sia per il progressivo allontanamento dalla fonte di calore, sia perchè parte della radiazione viene assorbita dal vapore acqueo e dall'anidride carbonica. Di notte le parti si invertono: il suolo si raffredda più velocemente dell'aria e sottrae calore a quest'ultima producendone un raffreddamento. L'escursione termica giornaliera prodotta da questo meccanismo risulta particolarmente evidente con un cielo sereno e limpido, ossia quando è scarso il contenuto di umidità a tutte le quote, e può raggiungere anche i 10-15 gradi. In tal caso vengono esaltati sia il riscaldamento diurno che il raffreddamento notturno del suolo. All'irraggiamento si affiancano anche altre due modalità di scambio di calore fra il suolo e l'aria: i moti turbolenti ed il trasferimento legato ai processi di evaporazione e condensazione. Dai primi deriva un rimescolamento tra strati atmosferici adiacenti ad opera di moti vorticosi che si sviluppano lungo il piano verticale, favorendo così anche il trasporto di calore ora verso l'alto, ora verso il basso, a seconda dei casi. Tali vortici possono essere sia di origine meccanica, ed in tal caso limitano la loro azione allo strato superficiale (ai primi 100-200 metri), sia di origine termica quando un irregolare riscaldamento della superficie terrestre nelle ore diurne si traduce in moti convettivi più ampi che possono interessare i primi 2-4 chilometri di atmosfera. Parte dell'energia assorbita dal suolo viene spesa nell'evaporazione di acqua dalle superfici dei laghi e dei mari e dalla vegetazione. Infatti, l'evaporazione di un grammo di acqua richiede circa 600 calorie, un'energia non indifferente che può essere restituita all'ambiente in una successiva condensazione. Il vapore immesso nell'aria viene diffuso in atmosfera, soprattutto attraverso i moti convettivi, e quando raggiunge le condizioni per condensare di nuovo rilascia l'energia accumulata riscaldando l'aria. Per dare un'idea dell'entità di questo processo diciamo che la condensazione di un grammo di acqua in un metro cubo di aria al livello del mare determina un innalzamento della temperatura dello stesso volume di aria di circa due gradi e mezzo. L'aria, oltre a muoversi orizzontalmente, può essere animata anche da moti lungo la verticale. Nei moti discendenti l'aria incontra pressioni via via maggiori e quindi si comprime riscaldandosi, un pò come si riscalda quando la comprimiamo con uno stantuffo all'interno di una pompa per biciclette. Viceversa quando si muove verso l'alto, l'aria si espande e si raffredda. In entrambe i casi l'entità di questo riscaldamento o raffreddamento è dell'ordine di un grado centigrado ogni cento metri di quota. Queste variazioni si riflettono poi sulla temperatura dell'aria circostante e possono quindi far perdere o guadagnare qualche grado alle località dove nell'evoluzione del tempo si instaurino moti verticali.

Temperatura e tipo di suolo. La radiazione solare incidente al suolo viene da questo immagazzinata e quindi restituita nell'atmosfera in misura maggiore o minore a seconda della natura del terreno. A parità di energia solare ricevuta un terreno ricoperto da vegetazione si scalda meno rapidamente di un terreno roccioso. Di conseguenza l'irraggiamento notturno determina un raffreddamento più rapido dei suoli che durante il giorno hanno immagazzinato meno energia solare. Sono numerosi gli esempi in cui la diversa costituzione del suolo dà luogo a differenti riscaldamenti diurni o raffreddamenti notturni dell'aria sovrastante. I casi di maggior interesse ai fini delle condizioni meteo locali sono le differenze di temperatura che si manifestano durante il giorno fra le distese liquide e la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, fra le montagne e le vallate. I mari, a causa della loro elevata inerzia termica, si riscaldano e si raffreddano meno velocemente della terraferma avendo immagazzinato una maggior quantità di energia solare. Sulla terraferma il riscaldamento del suolo (limitato ai primi 10-20 cm di profondità) è molto più rapido, come è altrettanto rapido il raffreddamento notturno a causa della ridotta energia immagazzinata. Le catene montuose si riscaldano più rapidamente delle pianure adiacenti, sia perchè il suolo è meno ricco di vegetazione sia perchè la radiazione solare incidente è maggiore di quella che giunge nelle zone pianeggianti. pertanto il minor calore assorbito dalle montagne durante il giorno determina un più rapido raffreddamento nelle ore notturne. Al di sopra del suolo più caldo, l'aria si riscalda anch'essa e tende a salire, mentre al di sopra di un suolo più freddo l'aria tende a discendere (moti convettivi). I moti convettivi sono responsabili della formazione delle nubi cumuliformi, spesso temporalesche, cha appaiono durante le ore più calde del pomeriggio.

Riscaldamento e raffreddamento diurno dell'aria sul mare. A differenza di quanto avviene sulla terraferma, l'assorbimento della radiazione solare da parte del mare non influenza in modo apprezzabile la sua temperatura. Pertanto, sia di giorno che di notte, anche l'aria a immediato contatto con il mare non subisce significative variazioni termiche. Sul mare, gli strati più bassi dell'atmosfera tendono ad essere stabili durante il giorno ed instabili durante la notte (temporali notturni). Sulla terraferma avviene l'esatto opposto (temporali pomeridiani).

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La temperatura in montagna. In montagna, con condizioni di cielo sereno e vento debole, la temperatura è legata essenzialmente all'azione dell'insolazione e del raffreddamento notturno. Di notte, l'aria più fredda, e pertanto più densa, scende dai pendii andando ad accumularsi nei fondovalle facendo riscontrare temperature minime più basse di quelle delle montagne vicine. Le montagne si riscaldano più intensamente e più rapidamente delle valli e delle pianure adiacenti. Il riscaldamento è notevole durante il periodo estivo e ciò fa si che le masse di aria fredda e relativamente umida provenienti dai quadranti settentrionali, scorrendo sopra le montagne calde, divengano molto instabili e diano luogo nelle ore pomeridiane a nuvolosità cumuliforme spesso accompagnata da

rovesci anche a carattere temporalesco.

Riscaldamento e raffreddamento dell'aria in movimento. Una massa di aria che si sposta verso luoghi più caldi si riscalda dal basso e diviene instabile. L'instabilità sulla terraferma varia durante l'arco della giornata raggiungendo un massimo nel pomeriggio ed un minimo in corrispondenza delle prime ore della mattina. A questo proposito è utile sapere che le masse di aria fredda di origine Atlantica , giunte sul Mediterraneo, tendono a diventare instabili poichè questo mare chiuso risulta essere più caldo dell'oceano di circa 4°C. Al contrario, quando l'aria si sposta verso regioni più fredde, essa si raffredda dal basso e se non intervengono altri fattori si forma un'inversione o un'isoterma negli strati atmosferici prossimi al suolo. Questa situazione di marcata stabilità impedisce sia i moti turbolenti che quelli convettivi favorendo l'accumulo di calore e di umidità nella bassa troposfera dando spesso origine alla nebbia. Questi fenomeni si possono riscontrare sulla nostra penisola nel semestre freddo in corrispondenza degli afflussi di aria calda di estrazione africana o provenienti dalle latitudini medio basse dell'Oceano Atlantico. In questo caso, le correnti di scirocco o di libeccio che investono le

nostre regioni solitamente non manifestano fenomeni di instabilità.

Influenza della temperatura sulla pressione atmosferica. La distribuzione orizzontale della pressione atmosferica è strettamente dipendente dall'andamento della temperatura. Nelle aree geografiche in cui il suolo è più caldo tendono a formarsi centri di bassa pressione, mentre nelle aree più fredde si instaurano centri di alta pressione. La differenza di temperatura fra aree continentali ed oceani si riflette sul campo barico. Nei mesi estivi gli oceani sono più freddi dei continenti vicini, pertanto su questi ultimi tende a formarsi, nei bassi strati, un'area di bassa pressione, mentre sugli oceani si affermano aree di alta pressione. Nella stagione invernale, invece, sui continenti si instaurano frequentemente zone di alta pressione per il fatto che la terraferma si raffredda più velocemente del mare. Questi campi di alta pressione vengono spesso spazzati via dal passaggio delle perturbazioni. Le differenze di temperatura influenzano l'andamento della pressione atmosferica anche in ambito locale. Infatti, a causa del diverso riscaldamento e raffreddamento, fra il mare e la terraferma, fra le catene montuose e le pianure, nelle zone che di giorno si riscaldano più rapidamente la pressione atmosferica diminuisce, mentre

nelle zone che di notte si raffreddano più rapidamente la pressione atmosferica aumenta.

L'umidità dell'aria

La quantità di vapore acqueo presente nell'atmosfera determina il grado di umidità dell'aria. Al pari della temperatura, l'umidità dell'aria varia da luogo a luogo e da un istante all'altro; ciò dipende dalla diversa intensità con la quale si manifestano i processi fisici preposti alla ridistribuzione nell'atmosfera del vapore acqueo liberato dalla superficie. I fenomeni tipici del tempo come le nubi, la nebbia e le precipitazioni non possono aver luogo senza la presenza del vapore acqueo. Nella stratosfera, dove la presenza del vapore acqueo è trascurabile, il cielo è perennemente sereno. Inoltre, il vapore acqueo nell'atmosfera è il principale responsabile dell'effetto serra e quindi della diversa intensità della perdita di calore del suolo per irraggiamento (infatti sulle aree desertiche, dove l'umidità dell'aria è molto bassa, si ha una notevole escursione termica fra il giorno e la notte in cui si raggiungono temperature anche prossime allo zero). In un'ipotetica atmosfera priva di vapore acqueo la temperatura superficiale della Terra sarebbe inferiore di circa 30°C rispetto ai valori medi osservati. Anche il grado di stabilità dell'aria dipende, oltre che dal gradiente termico verticale, dal contenuto di vapore acqueo. Infatti più l'aria è umida e più intensi sono i moti verticali ascendenti presenti in aria instabile. Diciamo infine che l'umidità, assieme alla temperatura, è il principale fattore che determina il benessere o il disagio fisiologico degli esseri viventi. Un'umidità molto elevata può

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essere sgradevole, intollerabile o addirittura nociva, un'umidità troppo bassa può causare altrettanti inconvenienti più o meno seri. La valutazione dell'umidità dell'aria ha un particolare significato nella previsione del tempo a breve scadenza perchè permette di individuare il tipo e la provenienza della massa di aria che interessa una data località, sia perchè consente di farsi un'idea sulla possibilità di formazione di nubi e quindi di pioggia o nebbia.

L'evaporazione

Le sorgenti principali del vapore acqueo sono le grandi distese di acqua dolce o salmastra e la traspirazione degli esseri viventi. L'intensità dell'evaporazione dipende dalla quantità di radiazione solare incidente sulla superficie terrestre. Infatti il Sole fornisce l'energia necessaria per far passare l'acqua dallo stato liquido a quello gassoso. I moti turbolenti e le correnti verticali si incaricano poi di diffondere il vapore acqueo liberato dalla superficie verso gli strati atmosferici superiori.

Saturazione e condensazione. Una massa di aria non può contenere vapore acqueo in quantità illimitata. Per una data temperatura esiste una quantità massima di vapore che può essere contenuta in un chilogrammo di aria (al suolo un chilogrammo di aria corrisponde ad un volume d'aria di circa 0,8 m³). Più è elevata la temperatura, maggiore è la quantità massima di vapore acqueo che l'aria può contenere. Quando questo limite viene raggiunto si ha la saturazione. Un ulteriore apporto di vapore acqueo o una diminuzione della temperatura determina la condensazione del vapore acqueo eccedente, fenomeno che si manifesta sotto forma di piccolissime goccioline delle quali sono costituite le nubi, la nebbia, la foschia o le altre idrometeore. Nella tabella successiva sono riportati alcuni valori in grammi (g) della quantità massima di vapore acqueo che può essere contenuto in 1 Kg d'aria negli strati prossimi al suolo.

°C -10 0 10 20 30 40

g/Kg 1,7 3,6 7,2 13,6 25,0 45,0

Generalmente la quantità di vapore acqueo nell'atmosfera è inferiore del 20-30% rispetto alla quantità massima che l'aria può contenere. La misura dell'umidità

L'umidità specifica (Ha) esprime quanti grammi (g) di vapore acqueo sono contenuti in un chilogrammo di aria. Questa grandezza definisce il contenuto reale di vapore all'interno di una massa di aria e mal si presta ad evidenziare la vicinanza o meno dell'aria alla saturazione e di conoscere quindi la possibilità di formazione di nubi. La temperatura di rugiada è la temperatura alla quale una porzione di aria deve essere raffreddata (senza subire variazioni di pressione o di contenuto di vapore) perchè possa divenire satura. Chiariamo questo concetto con un esempio: Si supponga che una massa d'aria alla temperatura di 20°C abbia un contenuto di vapore pari a 7,2 g/Kg di aria. Dalla tabella precedente si evince che l'aria in queste condizioni diventa satura se la si raffredda fino a 10°C. Quest'ultimo valore rappresenta la temperatura di rugiada della massa d'aria presa in considerazione. Se la temperatura di rugiada è inferiore agli 0°C, un ulteriore raffreddamento, darà luogo alla formazione di brina. L'umidità relativa (Ur) è la grandezza igrometrica che più si presta ad indicare se una massa d'aria è prossima alla saturazione perchè rappresenta il rapporto, in percentuale, fra la quantità di vapore effettivamente presente nella massa d'aria e la quantità massima di vapore che l'aria può contenere alla stessa temperatura (umidità di saturazione Hs).

Strumenti di misura dell'umidità relativa. Lo psicometro è lo strumento che serve per ottenere la temperatura di rugiada. E' composta da due termometri, uno normale ed il secondo a bulbo fasciato con una garza imbevuta di acqua distillata. Quando il termometro con il bulbo avvolto nella garza bagnata viene efficacemente ventilato, la temperatura segnata comincia a diminuire fino ad un certo punto e cioè fino al momento in cui l'evaporazione dell'acqua cessa. La temperatura così raggiunta è detta temperatura del termometro bagnato. La diminuzione della temperatura è causata dall'evaporazione dell'acqua contenuta nella garza che avvolge il bulbo. Ora l'entità dell'evaporazione è in relazione alla quantità di vapore contenuto nell'aria circostante. Quando l'aria circostante è satura l'acqua della garza cesserà di evaporare. Se l'aria dovesse essere già

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satura la garza che avvolge il bulbo non sarà soggetta ad evaporazione ed i due termometri segneranno la stessa temperatura. Gli strumenti di misura dell'umidità relativa si chiamano igroscopi quando indicano, con grossolana approssimazione, solamente lo stato di maggiore o minore umidità dell'aria; si chiamano igrometri quando ne danno anche la misura. Gli igroscopi sono basati sulle proprietà che hanno alcune sostanze di assorbire il vapore acqueo e di subire variazioni di lunghezza, torsione o curvatura. Citiamo per esempio le membrane organiche, le corde di violino, le lamine di corno o il cosiddetto osso di balena. Altri igroscopi sono fondati sulle proprietà che hanno alcuni materiali di assumere diversa colorazione a causa dell'assorbimento del vapore acqueo come ad esempio il cloruro di cobalto che, quando asciutto è di colore azzurro, mentre diventa rosa pallido se assorbe del vapore. Ora, dato che una notevole variazione di umidità è collegata alle variazioni delle condizioni atmosferiche, gli igroscopi possono essere usati utilmente come indicatori del cambiamento del tempo. Lo strumento più pratico e più largamente utilizzato per la misura dell'umidità relativa è l'igrometro a capelli basato sulle proprietà che hanno i capelli sgrassati di allungarsi quando l'umidità relativa diminuisce e di accorciarsi quando l'umidità relativa aumenta. per seguire poi le variazioni diurne dell'umidità relativa si usano degli igrometri registratori (igrografi), aventi anch'essi come elemento sensibile un ciuffetto di capelli sgrassati. In assenza di strumenti di misura, l'umidità dell'aria può essere grossolanamente stimata osservando la trasparenza dell'aria, cioè la visibilità. Minore è il contenuto di vapore acqueo, più

l'aria si lascia attraversare dalla luce e quindi l'atmosfera risulta più limpida.

Le variazioni dell'umidità. La variazione diurna dell'umidità relativa, nelle giornate soleggiate e poco ventilate, segue un andamento che è di segno opposto a quello della temperatura. Il massimo si raggiunge poco prima del sorgere del Sole ed il minimo fra le ore 13:00 e le ore 15:00. L'escursione fra il massimo ed il minimo valore è di circa il 20% in gennaio e di circa il 30% in luglio. Sul mare l'umidità relativa è sempre più alta che sulla terraferma, essendo prossima all'80%. Sempre sul mare, data la modesta escursione termica diurna, anche l'umidità relativa subisce, in assenza di tempo perturbato, una ridotta variazione. Anche la variazione annua dell'umidità ha un andamento opposto a quello della temperatura, essendo legata essenzialmente all'escursione termica media annua. Il valore medio mensile più elevato si ha di norma in dicembre e gennaio, mentre quello più basso in luglio.

La condensazione del vapore acqueo. La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera è il raffreddamento che può essere determinato sia dalla perdita diretta di calore del suolo per irraggiamento, sia dai moti ascendenti verticali. Il raffreddamento per irraggiamento interessa gli strati adiacenti al suolo e ciò avviene quando l'intensità della radiazione infrarossa emessa dal suolo supera la quantità di calore immagazzinata per effetto della radiazione solare incidente. Quando la temperatura dell'aria si abbassa tanto da raggiungere la temperatura di rugiada, si ha la condensazione del vapore acqueo in prossimità del suolo. In questo caso si formano nubi stratiformi poco spesse o nebbie da irraggiamento. Quando la condensazione non va oltre la decina di centimetri dal suolo si avrà la formazione di rugiada o brina a seconda che la temperatura di rugiada sia o meno superiore agli 0°C. Se il suolo è coperto da manto nevoso, l'irraggiamento notturno oltre ad abbassare la temperatura, fa solidificare una parte dell'acqua fusa durante la giornata per effetto della radiazione solare. La causa principale della condensazione del vapore acqueo nell'atmosfera risiede nel raffreddamento che le masse di aria subiscono quando sono animate da moti verticali. Quando un volume d'aria si muove verso l'alto subisce un'espansione per effetto della diminuzione della pressione con l'aumentare della quota. Questa espansione determina un raffreddamento e quindi la saturazione dell'aria. Alla quota in cui l'aria diventa satura si forma la base della nube

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Il vento

Il vento è lo spostamento orizzontale dell'aria causato dalla differenza di pressione atmosferica esistente fra zone adiacenti, differenza che a sua volta è causata dall'ineguale distribuzione del calore sulla superficie terrestre. L'importanza del vento per quanto riguarda le condizioni atmosferiche risiede nel fatto che le grandi perturbazioni, collegate ai centri di bassa pressione che si formano intorno alle latitudini comprese fra 50 e 60° dovute al conflitto di masse d'aria polari, si muovono in seno alle correnti d'aria occidentali con direzione e velocità determinate essenzialmente dal vento. La direzione di provenienza del vento da utili informazioni sulle caratteristiche delle masse di aria in arrivo e quindi sui fenomeni atmosferici,

sulle variazioni della temperatura e sulla quantità di umidità che possono manifestarsi.

La misura della velocità del vento. Lo strumento per misurare la velocità del vento è chiamato anemometro (dal greco anemos= vento e metron= misura). E' costituito essenzialmente in una girandola a palette o a semisfere cave oppure in un'elichetta. Le unità di misura che si utilizzano per la misurazione del vento sono: il metro al secondo (m/sec), il chilometro orario (Km/h), il nodo (knot) Per passare da un'unità di misura all'atra si può far uso di semplici relazioni e cioè: 1 nodo = 1,8 Km/h = 0,5 metri/secondo. 1 metro al secondo = 2 nodi = 3,6 Km/h. 1 Km/h = 0,56 nodi = 0,28 metri/secondo. In assenza di strumenti per la sua misurazione, la velocità del vento può essere stimata osservando gli effetti che esso produce sugli alberi, sul fumo dei camini, sul pelo libero dell'acqua. Questi effetti sono codificati convenzionalmente un una scala messa a punto nel 1806 dall'ammiraglio inglese Francis Beaufort.

Grado Beaufort

Termini descrittivi Velocità equivalente in *

Grado Douglas

Nodi Km/h m/sec

0 Calma < di 1 < di 1 < di 0,2 0

1 Bava di vento 1 - 3 1 - 5 0,3 - 1,5 1

2 Brezza leggera 4 - 6 6 - 11 1,6 - 3,3 2

3 Brezza tesa 7 - 10 12 -19 3,4 - 5,4 2

4 Vento moderato 11 - 16 20 - 28 5,5 - 7,9 3

5 Vento teso 17 - 21 29 - 38 8,0 - 10,7 4

6 Vento fresco 22 - 27 39 - 49 10,8 - 13,8 5

7 Vento forte 28 - 33 50 - 61 13,9 - 17,1 6

8 Burrasca 34 - 40 62 - 74 17,2 - 20,7 7

9 Burrasca forte 41 - 47 75 - 88 20,8 - 24,4 7

10 Tempesta 48 - 55 89 - 102 24,5 - 28,4 8

11 Tempesta violenta 56 - 63 103 - 117 28,5 - 32,6 9

12 Uragano 64 - Oltre

118 e Oltre

32,7 e Oltre 9

* Riferito ad un anemometro sito a 10 metri d'altezza sul livello del

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mare

Direzione del vento. Oltre alla velocità è necessario anche conoscere la direzione di provenienza del vento. A questo scopo vengono utilizzati gli anemoscopi, dal greco anemos= vento e skopeo= osservo, costituiti di leggere banderuole metalliche imperniate su un asse che passa per il loro centro di gravità. La direzione di provenienza del vento può essere espressa mediante l'angolo formato con il Nord geografico e contato in senso orario:

0° - 45°

45°

45°-90°

90° 90°-135°

135°

135°-180°

180°

180°-225°

225°

225°-270°

270° 270°-315°

315°

315°360°

360°

NNE

NE

ENE

E

ESE

SE

SSE

S

SSW

SW

WSW

W

WNW

NW

NNW

N

Nord Nord Est Nord Est Est Nord Est Est Est Sud Est Sud Est Sud Sud Est Sud

Su Sud Ovest Sud Ovest Ovest Sud Ovest Ovest Ovest Nord Ovest Nord Ovest Nord Nord Ovest Nord

Grecale

Levante

Scirocco

Austro (mezzogiorno)

Libeccio

Ponente

Maestrale

Tramontana

In maniera meno precisa la direzione del vento può essere espressa con i punti cardinali e intercardinali della Rosa dei Venti. Gli antichi avevano posizionato il centro della Rosa dei Venti in corrispondenza del basso Ionio associando ad ogni punto cardinale ed intercardinale il nome di un vento in base alla sua regione di provenienza.

Il vento e la pressione atmosferica. Se si riportano su una carta geografica le posizioni delle stazioni meteorologiche che misurano la pressione atmosferica e se accanto ad ognuna si annota la pressione ridotta al livello del mare, si può stabilire dove la pressione è alta e dove la pressione è bassa. Se poi si uniscono i punti di una zona più o meno vasta dove la pressione è uguale con delle linee chiamate isobare (dal greco isos= uguale e baros= peso)si definisce lo stato del tempo nella zona stessa. Nelle zone di bassa pressione, sulle carte indicate con la lettera B oppure L (lower), le isobare sono rappresentate con linee ellittiche piuttosto regolari e la pressione atmosferica diminuisce dalla periferia verso il centro. Nelle zone di alta pressione, sulle carte indicate con la lettera A oppure H (hight), le isobare sono meno regolari e la pressione cresce dalla periferia verso il centro.

Nelle alte pressioni, il cui diametro può superare i 3.000 Km, la pressione atmosferica si aggira fra i 1.020 ed i 1.030 hPa, il cielo si presenta di solito sereno ed il vento, poco intenso, circola in senso orario. Nelle basse pressioni, il cui diametro non va oltre le poche centinaia di chilometri, la pressione atmosferica è raramente inferiore ai 980 hPa, il vento è molto intenso e vi circola in senso antiorario. Questo ha validità per l'emisfero boreale, nell'emisfero australe vale l'esatto contrario, il senso di circolazione del vento è invertito.

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Gradiente barico orizzontale. la dinamica dell'atmosfera obbedisce a principi relativamente semplici secondo i quali la differenza di pressione tra due punti di un fluido situati sullo stesso piano orizzontale genera una spinta che fa muovere il fluido dal punto in cui la pressione è più alta verso il punto in cui la pressione è più bassa. L'aria tende quindi a spostarsi dai centri di alta pressione verso i centri di bassa pressione con una velocità direttamente proporzionale alla differenza di pressione esistente fra le due zone ed inversamente proporzionale alla loro distanza. Si chiama gradiente barico orizzontale il rapporto fra la differenza di pressione di due isobare e la loro distanza La Forza di Coriolis (matematico francese che fu il primo a dimostrare nel 1804 gli effetti del fenomeno). Per effetto delle differenze di pressione, le particelle d'aria dovrebbero muoversi perpendicolarmente alle isobare seguendo cioè la via più breve. Sennonchè altre forze, in apparenza debolissime, agiscono in modo da far discostare le particelle d'aria dalla traiettoria sopra citata. La forza principale che entra in gioco è la forza di Coriolis, altrimenti detta forza deviante. A causa della rotazione della Terra, il piano orizzontale di un osservatore ruota attorno ad un asse verticale con un movimento massimo ai Poli e nullo in corrispondenza dell'equatore.

Il vento e la temperatura. Il vento e la temperatura sono strettamente legati dal fatto che il primo dei due è il principale responsabile delle variazioni locali della temperatura, mentre la diversa distribuzione orizzontale della temperatura è la causa indiretta dello spostamento delle masse di aria. Abbiamo già viste che dove il suolo è maggiormente riscaldato, il conseguente sollevamento dell'aria più calda da origine agli strati adiacenti al suolo, un centro di bassa pressione, mentre sopra alle zone interessate da un raffreddamento tende a formarsi un centro di alta pressione. Queste differenze bariche provocate dal diverso riscaldamento, o raffreddamento, danno origine a venti diretti inizialmente dalle alte verso le basse pressioni. Successivamente i venti subiscono una deviazione verso destre, nel nostro emisfero, per l'azione della forza di Coriolis o forza deviante. Per lo stesso motivo la circolazione generale dell'atmosfera è determinata indirettamente dal diverso riscaldamento fra i Poli e l'Equatore, mentre su scala più ristretta, altri venti come i Monsoni, sono originati dal diverso riscaldamento dei continenti rispetto agli oceani vicini. I venti locali di origine termica si sovrappongono al vento causato dalle differenze bariche modificandone l'intensità e la direzione. Nella stagione estiva, in condizioni di alta pressione, i venti legati alla circolazione su vasta scala sono piuttosto deboli e pertanto vengono sostituiti dalle brezze che diventano i veri venti dominanti.

Le brezze. Brezza di mare. Durante il giorno, sotto l'azione della radiazione solare, la terra si riscalda più del mare adiacente e pertanto, sulla terra, si origina un'area di bassa pressione, mentre l'aria più fredda che sovrasta il mare acquista una pressione leggermente superiore. A causa di questa differenza di pressione si genera uno spostamento di aria, negli strati prossimi al suolo, dal mare verso la terraferma, mentre negli strati atmosferici immediatamente superiori le correnti seguono il percorso inverso.

Sulle coste italiane la brezza di mare si fa sentire da aprile a settembre mentre è poco frequente nel periodo invernale a causa della modesta differenza di temperatura fra il mare e la terraferma. Anche in una giornata in cui il cielo è coperto la brezza è molto debole o spesso nulla. La brezza di mare si origina nelle immediate vicinanze delle coste ed il suo sviluppo è preannunciato da improvvise raffiche (mai superiori ai 10 nodi) e dalla altrettanto improvvisa rotazione del vento verso la costa, preceduta da una fase di calma o di venti variabili. L'arrivo della brezza di mare sulla terraferma è segnalato da un aumento della velocità del vento e da un repentino abbassamento della temperatura. La velocità massima, anche di 8-10 nodi, viene raggiunta nelle ore pomeridiane quando la differenza termica fra il mare e la terraferma raggiunge il suo apice. La distanza dalla costa verso l'entroterra alla quale questi venti si propagano non supera solitamente i 40 Km; verso il largo la loro estensione è ancora minore. Il fronte di avanzata della brezza

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di mare verso la costa è spesso manifestata da una fila di cumuli di bel tempo disposti parallelamente fra loro. Nel tardo pomeriggio si calma il vento. Le brezze di mare si instaurano sotto costa attorno alle 10 del mattino ma se c'è vento contrario da terra ritardano e possono manifestarsi solamente per qualche ora dal tardo pomeriggio. Se il vento contrario da terra è superiore agli 8-10 nodi è poco probabile che la brezza di mare riesca ad instaurarsi. In questo caso l'effetto della brezza di mare si manifesta indirettamente con la graduale diminuzione della velocità del vento proveniente dall'entroterra nel corso della giornata. Se in condizioni di cielo sereno e venti deboli la brezza di mare non si sviluppa significa che l'atmosfera è instabile per la presenza nei bassi strati di un'inversione termica da subsidenza che impedisce, sulla terraferma, il movimento verticale delle correnti convettive. Nella sua fase iniziale, quando il vento è ancora debole, la brezza di mare ha una direzione perpendicolare alla costa. Successivamente, con l'aumentare della velocità, tende ad orientarsi, nel nostro emisfero, verso la destra del proprio movimento, finchè nel tardo pomeriggio soffia quasi parallela alla costa. A causa del maggiore attrito incontrato dal vento nel passare dal mare alla terraferma, le brezze di mare risultano più deboli sulla terra che sul mare, mentre l'accumulo di aria nelle immediate vicinanze della costa ne fa aumentare la velocità.

La Brezza di terra trae le sue origini nel più rapido raffreddamento notturno della terraferma rispetto al mare adiacente. La pressione atmosferica più alta sulla terraferma sposta l'aria dagli strati prossimi al suolo verso il mare, mentre negli strati immediatamente superiori le correnti soffiano in senso contrario e cioè dal mare verso terra.

Nella stagione estiva la brezza di terra si instaura verso le ore 22 per finire verso le ore 07 raggiungendo la sua massima velocità fra le 04 e le 06. Sul mare non si estende per più di 10-12 chilometri dalla costa. Il passaggio dalla brezza di mare a quella di terra e viceversa è preceduto da calma di vento che può avere una durata anche di tre ore in corrispondenza del periodo in cui la temperatura della terraferma e quella del mare si equivalgono.

Brezza di valle. L'aria che circonda i rilievi montuosi si riscalda e si raffredda più velocemente di quella che sovrasta le pianure adiacenti. Poichè sui rilievi, con cielo sereno ed assenza di ventilazione, la pressione atmosferica assume valori inferiori a quelli delle pianure vicine, si genera uno spostamento di aria dalla pianura verso i rilievi. Sulle zone pianeggianti il trascinamento dell'aria verso la catena montuosa si avverte fino ad una distanza di 30-40 chilometri dalle montagne. le brezze di valle sono frequenti nel periodo estivo mentre nel periodo invernale sono generalmente assenti.

Brezza di monte. Nelle ore notturne la pressione atmosferica più alta che si instaura sui rilievi montuosi rispetto alle aree pianeggianti adiacenti, spinge l'aria più fredda verso le pianure. A differenza della brezza di valle, la brezza di monte è presente in tutte le stagioni e nel periodo invernale persiste anche durante le ore diurne.

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CIRCOLAZIONE GENERALE DELL’ATMOSFERA

Il trasferimento del calore. Nel corso di un anno il pianeta Terra riceve dal Sole la stessa quantità di energia, sottoforma di calore, che poi la superficie terrestre irraggia verso lo spazio. La quantità di energia che una località riceve dal Sole in una giornata, dipende dall'inclinazione dei raggi solari e dalla durata dell'insolazione, in altri termini dalla latitudine e dalla stagione. Alla sommità dell'atmosfera giungono in media 2 calorie/cm2 al minuto delle quali circa il 60% viene assorbito e il rimanente 40 % riflesso e

diffuso verso l'alto.

Nelle regioni polari la radiazione incidente è sempre inferiore alla radiazione emessa e il contrario accade nelle regioni equatoriali e subtropicali. La forma geometrica della terra implica che l'angolo di incidenza della radiazione solare, ovvero l' angolo tra i raggi del sole e la perpendicolare alla terra nel punto di incidenza, varia con la latitudine e precisamente decresca dai poli verso l'equatore. Ne consegue che le zone equatoriali ricevono durante l'anno una quantità di calore dal Sole superiore a quella riemessa verso lo spazio. Al contrario ai Poli il bilancio tra calore ricevuto e calore perso è negativo. Le regioni delle latitudini inferiori ai 30° sono caratterizzate da un guadagno di energia, mentre quelle situate a latitudini più alte accusano un deficit energetico netto. Un trasporto di calore dall'equatore verso i poli è necessario perchè non si abbia un perenne aumento della temperatura

all'equatore ed una diminuzione costante ai poli. Questo trasferimento di calore viene effettuato dall'atmosfera la cui circolazione teorica sarebbe

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quella riportata nella figura precedente (frecce ellittiche rosse e blu- prima teoria elaborata nel 1735 da Hadley) se le sole cause dello spostamento fossero di natura termica e se la Terra non ruotasse attorno al proprio asse (forza di Coriolis). Il calore assorbito dalla Terra intorno all'Equatore scalda le masse d'aria sovrastanti che, dilatandosi diventano meno dense e più leggere, salgono verso la troposfera. Questa risalita d'aria genera nei bassi strati zone di bassa pressione (associate a condizioni meteo perturbate), mentre in quota l'apporto di aria dagli strati sottostanti crea una zona di alta pressione. Ai Poli invece il bilancio termico negativo genera un raffreddamento dell'aria che essendo più densa si porta dagli strati superiori, dove si crea una zona di bassa pressione, verso il suolo, dove al contrario si genera un'alta pressione. Quindi al suolo masse d'aria fredda vengono spinte dall'alta pressione polare verso la bassa pressione equatoriale, mentre in quota l'aria calda viene spinta dalle alte pressioni equatoriali verso le basse pressioni polari. Nell'emisfero settentrionale le masse d'aria che, alle alte quote, si muovono per cause termiche dall'equatore verso il polo vengono deviate verso est, infatti, attorno ai 30° di latitudine nord, le correnti in quota sono a componente occidentale. Da queste latitudini la massa d'aria ritorna verso l'equatore con correnti al suolo che prendono la direzione nord est (alisei) sempre a causa della forza deviante (cellula di Hadley). Questo accumulo di aria di origine subtropicale determina al suolo, intorno ai 30° di latitudine una cintura di alta pressione (A)- l'anticiclone delle Azzorre fa parte di questa cintura.

Alle alte latitudini è presente un'altra cella convettiva (cellula di Hadley polare) simile a quella

fra equatore e basse latitudini. Questa cella è caratterizzata, negli strati prossimi al suolo, da una fascia di basse pressioni (B) intorno ai 60° di latitudine (esempio il ciclone d'Islanda) e di un'alta pressione in corrispondenza del polo.

Sulla superficie terrestre si riscontrano: una fascia di basse pressioni all'equatore, una fascia di alte pressioni

alle latitudini di circa 30°nord e sud, una fascia di basse pressioni alle latitudini di circa 60° nord e sud ed infine una fascia di alte pressioni in corrispondenza delle calotte polari. Nell'illustrazione è raffigurata la

distribuzione dei centri barici al suolo nell'emisfero nord.

Le correnti occidentali delle medie latitudini. La differenza di temperatura che esiste fra le aree equatoriali e le aree polari determina la formazione di tre grandi blocchi di aria omogenea a carattere quasi permanente: due in corrispondenza delle calotte polari, relativamente freddi e poveri di vapore acqueo ed uno fra i due tropici, relativamente caldo e ricco di vapore acqueo. Fra questi due blocchi, all'incirca fra i 30° ed i 60° di latitudine, scorre in ciascun emisfero un vasto fiume di aria a temperatura intermedia, con direzione prevalentemente secondo i paralleli ed al

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quale è stato dato il nome di corrente occidentale . L'intensità di questa corrente aumenta man mano che si sale di quota e raggiunge il massimo attorno ai 10-12 chilometri di altezza. All'interno delle correnti occidentali ed ai limiti superiori della troposfera, scorre un fiume aereo velocissimo chiamato corrente a getto (jet stream si sono registrati venti anche a 600 Km/h, ma velocità di 100-200 Km/h sono frequenti).

La corrente a getto è il fenomeno equivalente delle correnti oceaniche ma, a differenza di queste ultime, cambia di giorno in giorno la propria posizione all'interno della fascia occupata dalle correnti occidentali. La corrente a getto ha un piccolo spessore verticale (nell'ordine dei 2-3 Km), relativamente stretta sul piano orizzontale (100-400 km), molto allungata nel senso delle correnti (qualche migliaio di chilometri) e sovrasta le zone di massimo contrasto termico al suolo tra masse di aria fredde e calde. La corrente a getto ha una notevole importanza per la genesi delle depressioni mobili, poichè la sua presenza sulla verticale delle aree dove più forte è il contrasto termico tra alte e basse latitudini non è casuale. Infatti le correnti occidentali risultano essere tanto più veloci quanto è maggiore la differenza di temperatura fra le masse di aria che stazionano sull'equatore e quelle che sovrastano il polo. Quando questa differenza di temperatura è molto grande viene a determinarsi un maggiore dislivello barico fra la cintura di alta pressione attorno ai 30° di latitudine e la fascia di bassa pressione attorno ai 60°. Questa differenza di pressione atmosferica tenderebbe a far aumentare indefinitamente anche la velocità delle correnti occidentali se queste, a causa della velocità, non diventassero instabili ad una quota oscillante fra i 3.000 ed i 12.000 metri. Questa instabilità genera grandi moti ondulatori sul piano orizzontale (onde planetarie o onde lunghe di Rossby). Il crescere dell'ampiezza delle onde fa penetrare sempre più le masse di aria calda tropicale verso le regioni polari e le masse di aria fredda verso le regioni equatoriali determinando in tal modo, fra le zone polari e quelle tropicali, uno scambio termico a grandissima scala che attenua il contrasto

determinato dalla diseguale distribuzione della radiazione solare.

Nel 1904 uno dei primi studiosi ad individuare la presenza di forti venti in quota fu Show. Utilizzando essenzialmente dati di analisi al suolo ed i rilevamenti dei venti fino alla quota di 4000 metri, scoprì che il vento aumentava di intensità passando da 3000 a 4000 metri assumendo una intensità di

circa 50kts.. In seguito furono istituiti fitte reti di stazioni che effettuavano sondaggi attraverso i quali

si evidenziò la presenza di forti venti in quota. Lo studio delle correnti a getto ebbe un grande impulso dopo la seconda guerra mondiale, quando l’esigenza del volo spinse ad approfondire la

conoscenza di venti particolarmente forti in quota.