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Periodico di informazione, cultura e curiosità dell’Istituto “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo Anno 6, numero 3, Maggio 2009 Speciale Rivoluzione verde Racoon vince il Primo Premio La leggenda del Biochar Cic and Counseling Crisi: la parola ai sindacati Recensioni, Ipse dixit

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Terzo Numero del giornalino scolastico Racoon dell' Istituto d' Istruzione Secondaria Superiore Marco Casagrande

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Periodico di informazione, cultura e curiosità dell’Istituto “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo

Anno 6, numero 3, Maggio 2009

Speciale Rivoluzione verde Racoon vince il Primo PremioLa leggenda del Biochar Cic and CounselingCrisi: la parola ai sindacati Recensioni, Ipse dixit

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2 - Maggio 2009

GLI ESPERTI DEL CIC SONO PRONTI AD ASCOLTARTI!

VUOI UNA MANO?Stai vivendo situazioni “pesanti”

e non sai come uscirne? Hai problemi con la scuola, con la tua famiglia, con i tuoi amici?

NON ASPETTARE! Consulta il prospetto delle

disponibilità dello sportello CIC!

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Maggio 2009 - 3

Racoon editorialeeditoriale

Caporedattore

DOMENICO BOTTEGA - 4a D Ls

Redattori

Davide Amianti - 4a A Lspp

Lucia Barazzuol - 2a D Ls

Caterina Collodet - 5a B Ls

Chiara D'Agostin - 1a B Ls

Kayleigh Dall'Arche - 1a A Lspp

Matteo Manighetti - 4a B Ls

Teresa Manighetti - 1a A Lspp

Marta Panighel - 4a A Ls

Samuele Ziero - 4a B Ls

Layout

Samuele Ziero

Domenico Bottega

Sito Internet

Matteo Manighetti

Coordinatori Prof. Claudio Vidotto

Prof.ssa Mara Infanti

Chiuso in redazione il 16 maggio 2009.

[email protected] www.isisspieve.it/racoon

S i muovono in branco, sembrano randagi. Ringhiano, abbaiano. Mordono. E azzannano. No, non sono i cani di Marina di Modica, che lo scor-

so marzo hanno aggredito e ucciso un bambino di 10 anni. An-che se parlano la stessa lingua.

Pordenone, un venerdì sera, all’ora dell’aperitivo. Un uomo, reso invalido da un pestaggio di sette anni fa, omosessuale, sem-pre in compagnia di se stesso: bersaglio ideale per il branco, che senza nemmeno alzare troppo la voce insultandolo, comincia con un calcio alla schiena. Sono in tre e il pestaggio è solo all’inizio. Siamo in una piazza del centro e ce n’è di gente che gira ma la maggior parte preferisce non turbarsi, girare lo sguar-do, fare finta di non vedere e magari, come se niente fosse, com-mentare una vetrina, non badando al riflesso sul vetro di quel giovane inerme, vittima di due ventenni e un quarantenne, poi acciuffati dalla Polizia. Perché, per fortuna, qualcuno la chiama e denuncia il fatto al posto dell’uomo che, tornatosene a casa, pre-ferisce fare silenzio e dimenticare. Per la seconda volta.

Il Messaggero Veneto titola: «Che noia, picchiamo un gay», che sembra una banalizzazione ma in realtà è la più veritiera ver-sione dei fatti.

Venezia, zona Arsenale. Il copione è sempre lo stesso. Un quarantenne passeggia tranquillo, quando da una calle sbuca una squadra di dieci ragazzi che lancia qualche insulto. Nemmeno il tempo di voltarsi che almeno in sette gli sono addosso. Qualcu-no sente le grida e il branco, correndo, si dilegua. Uno del gruppo ha perso il cellulare e risalire ai complici è un gioco da ragazzi. «L’ho fatto per noia, non sapevo cosa fare». Fra-si un po’ troppo comuni di questi tempi.

Si trascinano stanchi sui sentieri dell’apatia, della scarsa moti-vazione, della noia, dell’indolenza. Non sanno dare un valore al proprio tempo, non hanno interessi. I loro pugni mordono, i loro insulti sembrano latrati. I loro atteg-giamenti: bestiali.

Domenico Bottega

CHE BRANCO DI CANI!CHE BRANCO DI CANI! Quando nell’uomo prevale la bestialitàQuando nell’uomo prevale la bestialità

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4 - Maggio 2009

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Racoon sommariosommario

IL SOLITO, GRAZIE! Le nostre rubriche 34

3 EDITORIALE

13 NEWS

22 CULTURA

31 ATOMI

34 BIT

36 IPSE DIXIT

37 ALLENA-MENTI

38 POETI

5 LA RIVOLUZIONE VERDE! La crisi riparte dalla green economy, con piacevoli sorprese...

10 CRISI ECONOMICA La parola agli addetti ai lavori: parla Vigilio Biscaro, della C.G.I.L.

14 CIC AND COUNSELING Consigli esperti in mo-menti di difficoltà e “disorientamento”

18 LIONS CLUB PIEVE 19.05.2009 ore 19.30 Con-certo di musica coreana all’Auditorium di Pieve

19 DANKON RACOON! - Grazie Racoon! Un tre-vigiano e la sua esperienza con l’Esperanto

32 CONCERTO J Ax Nonostante il “divorzio” da-gli Articolo 31, il rap'n'roll stupisce ancora!

34 CLOUD COMPUTING Le nuvole del futuro!

Si ringraziano per la collaborazione: la prof.ssa Anna Repossi, la prof.ssa Annalisa Colonna, la

prof.ssa Elisa Lazzari; Chiara Lot, Anna Da Ros e Eleonora Va-lentini, Caterina Zamai - con la collaborazione di Giulia

D’Arsié - per la realizzazione della cover dell’articolo “La Ri-voluzione Verde”, Giada Fornasier, Luca Pilat e Francesco

Frezza, la classe 1a A Ls e Raju Battiston.

J Ax IN CONCERTO Il rap’n’roll a Roncade

CLOUD COMPUTING Le nuvole del futuro: l’informatica a consumo

VISITA WWW.ISISSPIEVE.IT/RACOON VISITA WWW.ISISSPIEVE.IT/RACOON E PARTECIPA ALL’INIZIATIVA “STUDENTI IN

CATTEDRA”: PER I DETTAGLI VAI A PAGINA 13.

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6 - Maggio 2009

Q uando nasce una Rivoluzione? Quan-do qualcuno tenta di

attuare un’utopia. Pensate alla Rivoluzione france-

se e agli sconvolgimenti sociali e politici che ha portato non solo in Francia ma in tutt’Europa. Nasce da menti “geniali”, le cui idee non trovano spiegazioni razionali, di uomini che sconvolgono lo status quo, ammuffito dall’abitudine.

La cover di questo articolo na-

sce da un’altra mente geniale, Cate-rina: le avevo semplicemente chie-sto di creare un disegno sulle ener-gie rinnovabili… e il risultato è un vero capolavoro! Come avete sicu-ramente notato sono rappresentate forme utopiche di modi in cui si può realizzare energia…ma rende perfettamente l’idea della rivoluzio-ne verde, qualcosa in cui ancora in pochi credono, ma che è destinata a cambiare il mondo.

Recessione globale, grande cri-

si… sono solo alcuni dei termini che sentiamo continuamente per

radio, alla televisione e che leggia-mo sui giornali.

Anche noi di Racoon abbiamo

deciso di parlarne: a pagina 10 tro-vate il testo dell’intervista a Vigilio Biscaro della CGIL, raccolta dal professor Vidotto.

Altrettanto inflazionate sono parole quali energie rinnovabili, bio-edilizia, eco-compatibilità… sem-plicemente perché la maggior parte degli economisti mondiali ritiene che la recessione possa essere com-battuta puntando “sul verde”. Infat-ti la corsa alla cosiddetta green eco-nomy, l’economia che “sfrutta” l’ambiente, sta diventando sempre più frenetica. Basti pensare che paesi come gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone puntano su questa in-dustria nascente per farne uno dei punti di forza dei loro piani anticri-si. Ritengono che favorire questa produzione abbia un duplice effet-to: sfruttando le risorse che gratui-tamente la natura ci fornisce gli stati possono diventare sempre più e-nergeticamente indipendenti e inol-tre, essendo necessaria manodope-ra, si ottiene un aumento dei posti

di lavoro disponibili, esigenza a cui si riesce difficilmente a far fronte in questo periodo. Green Jobs delle Nazioni Unite è riuscita a quantifi-care questo risultato: stima in 20 milioni, di cui mezzo milione in Italia, l’incremento di posti di lavo-ro nel mondo entro il 2030 in set-tori che vanno dall’eco-energie all’edilizia, dal riciclo dei rifiuti alle vetture eco-compatibili, con un in-vestimento complessivo a livello mondiale di 630 miliardi di dollari.

Negli ultimi anni in Germania le “clean technologies” hanno rag-giunto il 16% della produzione to-tale. Obama è in prima fila – avete visto l’orto che Michele ha voluto alla Casa Bianca? – e infatti uno tra i primi provvedimenti che ha preso è stato lo stanziamento di 150 mi-liardi di dollari per investimenti in tecnologie ambientali, che occupa-no il terzo posto, dopo informatica e biotecnologie, nella lista delle manovre finanziarie americane. In Cina si possono notare iniziative analoghe.

L’Italia ha buone prospettive in questo campo: il clima italiano per-mette ottime possibilità di riuscita a

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tecnologie come il fotovoltaico, il geoter-mico, le biomasse, l’idroelettrico e il so-lare termico. La Ernst&Young è, recita Wik iped ia , «un network globale di società, attivo nel set-tore dei servizi profes-sionali alle imprese; le principali aree in cui opera sono la revi-sione di bilancio e la consulenza aziendale, finanziaria, fiscale e legale. Fa parte delle cosiddette "Big Four", ovvero le quattro maggiori società a livello mondiale nel mercato della revisio-ne». Un suo studio ci pone tra i Paesi euro-pei con un potenziale per le ener-gie rinnovabili che ci permettereb-be di raggiungere i risultati migliori nel cosiddetto Pacchetto 20-20-20 (ridurre del 20% le emissioni di gas effetto serra, aumentare del 20% il risparmio energetico e portare al 20% il consumo da fonti rinnovabi-li).

Spostandoci in Europa, dati alla mano, Germania e Danimarca si attestano come leader nell’eolico e

nel solare. E perché l’Italia, con il suo clima favorevole, col suo po-tenziale così alto non ha raggiunto gli stessi risultati? La risposta è fin troppo semplice. Perché Danimar-ca e Germania avevano progettato questi finanziamenti oltre dieci an-ni fa! Partiremmo con un po’ di ritardo ma sono convinto che la chiave per uscire, o comunque per f ron tegg i a r e l a c r i s i s t i a nell’investire nel verde: perché ri-

chiede ricerca per il suo sviluppo, e quindi fornisce posti di lavoro a brillanti neo-laureati, perché richie-de manodopera specializzata, per-ché ci risolve una miriade di pro-blemi (dall’indipendenza energetica alla fertilità del terreno, dal combu-stibile per le auto all’acqua della doccia…), perché sfrutta ciò che già la natura ci dà. Perché è il futuro.

Domenico Bottega

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Racoon

N on so se ricordate la leggenda: il conquistador Francisco De Orellana si avventurò nel cuore dell’Amazzonia in

cerca d’oro e, al suo ritorno, riferì di aver visto una fiorente civiltà nel cuore della foresta pluviale. E que-sta fu benzina sul fuoco della bramosia di ricchezza dei conquistadores europei. In verità la terra giallastra del-la foresta amazzonica è tutt’altro che fertile: ancora oggi gli abitanti sono soliti bruciare pezzi di foresta nel disperato tentavo di ottenere un rac-colto o due. Dopo-diché sono costret-ti a trasferirsi.

La terra gialla, simile al colore dell’oro, è assai ostile alle coltiva-zioni; è invece la terra preta, nera, come il carbone, a riservarci piacevoli sorprese: dei ricer-catori della Cor-nell University hanno sperimenta-to che in questi appezzamenti di terra preta la resa di grano migliora dell’880%! Il segreto di questa Eldorado alimentare risale a civiltà di sudamericani di 2500 anni fa. Queste, per finalità a noi sconosciute, usavano la tecnica della pirolisi: è la carbonizzazione di qualsiasi biomassa in assenza di ossigeno. Questa tecnologia è una miniera di risorse. La più importante è costituita dal biochar, dall’inglese bio-charcoal, carbone biologico, che, se distribuito nei campi, fertilizza il terreno; riesce a trat-tenere acqua fino a 5 volte il suo peso e richiede meno

irrigazioni; inoltre ritiene le naturali emissioni di meta-no, un potente gas serra.

E, sorprendentemente, il biochar sarebbe in grado di ridurre le emissioni di CO2! Vediamo come. In ge-nere succede che nel momento in cui si scava il carbo-ne fossile e lo si brucia per ottenere elettricità, aggiun-giamo carbonio all’atmosfera, sottraendolo alle viscere della terra. Con il carbone biologico avviene il contra-rio.

Sappiamo che le piante “si cibano” di fotoni dal sole e di anidride car-b o n i c a del l ’a tmosfera. Esse sono fatte per il 50% di car-bonio. Nel mo-mento in cui av-viene la pirolisi – ripeto, la carbo-nizzazione di una biomassa in am-biente asfittico - il 90% di questo carbonio resta nel biochar. Pensate che ogni anno la sola pota-tura degli ulivi

pugliesi fornisce 700 tonnellate di biomasse. Aggiun-gendo gli scarti dell’industria alimentare e sfruttando la pirolisi delle biomasse, l’Italia – e non solo – sarebbe in grado di ottenere energia – diventando un po’ più indipendente – e di ridurre le emissioni di anidride carbonica molto di più di quanto è stabilito nel Proto-collo di Kyoto.

E’ veramente un Eldorado. E questa volta non è una leggenda!

D.B.

UN BIO UN BIO -- SEGRETO, DIRETTAMENTE DA ELDORADO!SEGRETO, DIRETTAMENTE DA ELDORADO!

Il biochar, che fertilizza e diminuisce la CO2 dell’ariaIl biochar, che fertilizza e diminuisce la CO2 dell’aria

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F in dall’alba dei tempi Ma-dre Terra ci dà vita e ci sostenta; per ricambiare,

noi uomini ci impegniamo costan-temente per massacrarla al fine di produrre energia. L’abbiamo vora-cemente svuotata di beni preziosi come petrolio, carbone e gas natu-rale formatisi in milioni di anni, danneggiando irreparabilmente molti ecosistemi. Per non peggiora-re la situazione già drammatica, ci converrebbe trovare fonti di energi-a tali da produrre grandi quantità di elettricità, utile al fabbisogno mon-diale, che non si esauriscano nel tempo e che non inquinino, ovvero le fonti di energia alternativa. Una fonte di energia alternativa è un modo di ottenere energia elettri-ca senza utilizzare combustibili fos-sili, che sono fonti “non rinnovabi-li”. Le energie alternative non devono essere però confuse con le energie rinnovabili: infatti le fonti alternati-ve comprendono qualunque moda-lità di produzione di energia che non utilizzi combustibili fossili, quindi anche l’energia nucleare. Dopo le crisi petrolifere degli anni ’70 si cominciò ad avvertire il biso-gno dell’indipendenza dal petrolio e dalle altre fonti fossili. Nonostan-te i notevoli investimenti a tal pro-posito, gli interessi dei produttori di petrolio frenano la ricerca, anche se l’esaurimento del petrolio in as-senza di una fonte che possa sosti-

tuirlo avrebbe conseguenze disa-strose sull’economia mondiale, an-che a livello domestico. Alcune fonti energetiche alternati-ve sono rappresentate da: Energia nucleare (fissione e

fusione) Energia idroelettrica Energia geotermica Energia ricavata dalla biomassa

e biogas (anche i biodiesel)

Energia eolica Energia solare (centrali termi-

che e fotovoltaiche) Energia del moto ondoso delle

maree Energia da dissociazione mole-

colare L’energia ricavata dall’acqua, sia quella ricavata con il moto discen-dente dei fiumi, sia quella ricavata dal moto delle maree, è la fonte

alternativa che sappiamo sfruttare di più: per esempio in Italia costi-tuisce il 10% circa della produzione totale di energia. Con le attuali tecnologie, le centrali eoliche e solari non riescono a pro-durre grandi quantità di energia, così non possiamo fare affidamento solo su di esse; dobbiamo tuttavia cercare di concentrare i nostri sfor-zi nella ricerca in questo campo cosicché in un non lontano futuro riusciremo a produrre energia puli-ta in perfetta simbiosi con il piane-ta. A t t u a l m e n t e , l ’ a l t e r n a t i v a all’energia alternativa è data dalle centrali nucleari che sono in grado di produrre grandi quantità di ener-gia, inquinando in maniera conte-nuta: anche qui possiamo migliora-re , perfezionando il metodo della fusione nucleare, che permettereb-be di usare meno uranio e produr-re più energia, e trovando il modo di diminuire l’inquinamento dovu-to allo smaltimento dell’uranio . Altrimenti, possiamo fare affida-mento sul giapponese Zhong Lin Wang, che ha trovato il modo di produrre elettricità facendo correre un criceto su una ruota: ad esem-pio per caricare un telefono cellula-re ci vuole un migliaio di criceti. Cosa ci riserva il futuro? Maxi cen-trali eoliche? Mastodontiche cen-trali nucleari? Oppure eserciti di criceti? Non resta che darci da fa-re!

Pilaz e Bubino

ENERGIE ALTERNATIVE: COSA CI RISERVA IL FUTURO?ENERGIE ALTERNATIVE: COSA CI RISERVA IL FUTURO?

Maxi centrali eoliche o giganti centrali nucleari?Maxi centrali eoliche o giganti centrali nucleari?

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Racoon intervistaintervista

A nche gli studenti si chiedono quali sia-no le prospettive

future e gli sbocchi occupazionali coi quali si dovranno misurare nei prossimi mesi ed anni. Racoon ha deciso di interpellare i principali attori: forze politiche, imprese e lavo-ratori. Abbiamo comin-ciato da questi ultimi. Al-tri interventi seguiranno nei prossimi numeri. Ci risponde il dr. Vigilio Bi-scaro della Cgil.

Quali sono, alla luce della crisi economica, le prospettive di occupazio-ne nel settore del legno arredamento, riferite al comprensorio del Quar-tier del Piave.

Il quadro è negativo perché dal rientro dalle ferie c'è stato un quotidia-no rincorrersi di incontri per il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e di sospensioni del lavoro nel settore del legno arti-gianale. Tutto ciò si è ag-gravato da gennaio, ma le avvisaglie c'erano già alla fine del 2008, quando si sono verificate numerose richieste di sospensione

del personale. Questo è l'orizzonte nel quale ci troviamo a lavorare e inoltre va detto che il Quartier del Piave insieme a Pordenone, di fat-to il centro industriale italiano ma anche europeo del mobile d'arre-damento, sta avendo ripercussioni

negative per effetto della crisi eco-nomica che ha le sue origini nella bolla speculativa-finanziaria, arri-

vata a cascata dappertutto. Nella nostra edilizia la crisi era comincia-ta nell'estate del 2008, poi è stata la volta del meccanico, del tessile e adesso anche del legno. Il Quartier del Piave, se riuscirà a passare la "nottata" che verosimilmente si col-

loca nell'estate del 2009, probabilmente supererà la crisi senza danni. Per ora i dati che noi abbiamo come sindacato, parlano di un ricorso massiccio alla cassa integrazione. L’INPS riesce a far fronte all’aumento di spesa? In realtà l’INPS è co-stretta a ritardare i paga-menti ai lavoratori per-ché non dispone di tut-te le risorse necessarie. Il sindacato oltre a ge-stire le situazioni di crisi si preoccupa anche di favorire lo sviluppo? I grandi gruppi hanno investito e stanno inve-stendo e i grandi gruppi si trovano proprio nel Quartier del Piave. Homs, Siloma, Spagnol ecc. stanno investendo in nuovi prodotti. Pro-

dotti che da un lato si caratterizza-no per una qualità maggiore e dall'altro per essere connotati da

CRISI ECONOMICA: CRISI ECONOMICA: L’OPINIONE DEGLI ADDETTI AI LAVORIL’OPINIONE DEGLI ADDETTI AI LAVORI

Intervista al responsabile del settore arredamento della CGILIntervista al responsabile del settore arredamento della CGIL

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un risparmio di manodopera. I prodotti di qualità trovano oggi una collocazione sul mercato russo e su quello degli Stati Uniti. Con la nuova amministrazione americana viene dato il segnale secondo il quale i prodotti devono cambiare per avere un impatto ambientale minore: ciò vale in primo luogo per l'automobile ma interessa an-che tutti gli altri prodotti. Avevamo concordato con il governo prece-dente una sorta di paracadute vali-do per tutti i lavoratori, anche quelli del settore artigianale. Con-siste in ammortizzatori sociali u-guali per tutti. Attualmente si han-no sussidi differenti a seconda del-la retribuzione, o del settore nel quale ci si trova. Oggi anche il Pre-sidente del Consiglio comincia a preoccuparsi della situazione eco-nomica e forse stiamo recuperan-do il tempo perduto. Il 5 febbraio è stato fatto un accordo per la cas-sa integrazione in deroga, un aiuto per le aziende con meno di 15 di-pendenti, di cui non conosciamo ancora l'entità. Non sappiamo nemmeno dove verranno reperite le risorse necessarie. Si stanno muovendo anche alcuni comuni,

tra questi Vittorio Veneto, e tutta la provincia di Treviso. La nostra proposta è che le risorse di comu-ni e provincia vengano utilizzate in maniera solidaristica, evitando quindi che il comune con risorse finanziarie le usi solo per i propri cittadini. Una sorta di cassa provin-ciale in attesa che si rendano di-sponibili risorse della regione Ve-neto.

Inoltre, stiamo discutendo con le organizzazioni degli imprendito-ri sia di cassa integrazione sia di flessibilità dell'orario in modo da lavorare magari un po' meno oggi, continuando però a percepire lo stesso stipendio, e poi recuperare le riduzioni di orario del periodo di crisi nei momenti in cui il ciclo economico riprenderà a correre. Quasi tutte le imprese hanno uti-lizzato le ferie, i permessi, le ridu-zioni contrattuali di orario. Ciò va detto perché nelle nostre industrie non eravamo abituati a vedere usa-te sul serio tutte le settimane di ferie, ma solo una parte. Alcune aziende però non ce l'hanno fatta e hanno dovuto chiudere.

E per quanto riguarda le pro-spettive occupazionali nel futuro

prossimo? Noi pensiamo all'uso di fondi

europei, oltre a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro italiani. La formazione dei lavoratori è fon-damentale perché l'avvio di produ-zioni di qualità deve poter contare su una manodopera sempre più qualificata, altrimenti si rischia di rimanere ai margini dello sviluppo.

Queste nuove produzioni sono oggetto di una discussione che coinvolge sindacati imprenditori - magari con idee diverse - ma an-che le istituzioni e la politica oppu-re no?

Sì vi sono dei momenti di con-fronto, sia pure con posizioni di-verse, come dicevi tu. Quello che al momento manca è un'idea chia-ve sulla direzione da prendere. Sappiamo però che si sta lavoran-do su nuovi prodotti eco-compatibili, come le macchine che non vanno più a gasolio o benzina ma con motori a idrogeno o ad acqua. Faccio un esempio che vale per la provincia di Treviso: è appe-na stata inventata nel settore dei laterizi una tegola che porta incor-porato un pannello fotovoltaico.

Si tratta di una idea nostra, ma-gari sviluppata in qualche centro di ricerca o in qualche università?

Sì, è un'idea nostra. Dovremo anche recuperare un ritardo che è di circa 10 anni nel settore dell'edi-lizia rispetto a paesi come la Ger-mania. Qualcosa in questo senso sta facendo la CNA, l'associazione delle piccole imprese edilizie, che sta favorendo nuovi progetti rivolti esattamente nella direzione di cui parlavo.

Come vedete voi il ruolo delle

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Racoon intervistaintervista

banche in questa fase? Non esito a definire negativo il

ruolo delle banche. Hanno punta-to solamente a fare soldi, soprattut-to a scapito dei clienti più deboli. Noi invece auspichiamo un siste-ma bancario che finanzi nuove e più avanzate idee imprenditoriali in un quadro di norme che renda-no molto difficili gli abusi del pas-sato.

L’altro giorno all'assemblea degli industriali di Treviso e Vene-zia qualcuno ha chiesto ad Ales-sandro Profumo dove fossero finiti i soldi spariti a causa della bolla finanziaria. La domanda è rimasta senza risposta.

Io sono convinto che 7 o 8 mi-la miliardi di dollari siano oggi ben nascosti nei paradisi fiscali.

Speriamo allora che il G8 rie-sca ad eliminare questi privilegi che caratterizzano i paradisi fiscali.

Insomma, le banche dovrebbe-ro vivere per finanziare imprese sane, e casomai vigilare sulla loro salute e non spremerle fino all'in-verosimile praticando tassi da usu-ra.

Tornando alla formazione e quindi alla scuola, tu come vedi oggi la situazione italiana?

Noi tutti ci riempiamo la bocca della parola formazione ma poi all'atto pratico i risultati non si ve-dono. Preoccupa per esempio che il ministro Gelmini abbia pensato di eliminare l'informatica dalla scuola.

Abbiamo anche sentito Sacco-ni proporre agli industriali di gesti-re in prima persona le scuole tec-niche.

Penso che questo non debba succedere. Si rischierebbe di far mancare ai giovani una formazione di base. Casomai dopo i diciott'a-nni, quando si comincia a pensare a una specializzazione e, in genera-le, quando si parla di ricerca può essere importante mettere insieme pubblico e privato. Ma per il priva-to è troppo forte la spinta alla ri-cerca del profitto perché questi possa farsi seriamente carico della formazione dei giovani.

Sul piano della collaborazione con le varie forze politiche ed eco-nomiche, come è la situazione oggi in provincia di Treviso?

Per parlare chiaro tutto il sin-dacato lavora in armonia all'inter-no delle aziende, perché qui abbia-mo persone in carne ed ossa e i problemi da risol-vere. Sul piano invece delle regole che devono disci-plinare i compor-tamenti dei sinda-cati, delle associa-zioni imprendito-riali e del governo il disaccordo è oggi totale. Il patto separato col go-verno di Cisl e Uil che ha tentato di isolare la Cgil va in quella direzio-ne. Tra l'altro que-sto patto prevede che in caso di crisi

i contratti possono essere rivisti in senso peggiorativo per i lavoratori. I quali peraltro non sono assoluta-mente d'accordo. L'altro grosso problema è quello della democra-zia in fabbrica e in particolare deci-dere a chi spetti l'ultima parola. Noi crediamo che si debba fare come in Inghilterra dove nel con-flitto tra lavoratori italiani ed ingle-si per quell'impianto petrolifero il cui appalto è stato vinto da un'im-presa siciliana, i sindacati si sono incontrati, hanno trovato un accor-do, e l'accordo è stato sottoposto al voto dei lavoratori tutti che lo han-no approvato.

Prof. Claudio Vidotto

FORNITORE Torre più alta del mondo DUBAI—THE ARMANI HOTEL

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RACOON TORNA VINCITORE DA S. BENEDETTORACOON TORNA VINCITORE DA S. BENEDETTO

L’Helios Festival – Settimana di Amicizia tra i Popoli - arrivato alla XIX edizione, è una manifestazione che ha luogo annualmente tra Ripatransone (AP) e San Benedetto del Tronto: tra le numerosissime collabora-zioni e partners, per citare i maggiori, ci sono il Mini-stero della Pubblica Istruzione, numerosi Uffici Scola-stici Regionale (Marche, Sardegna, Lombardia) e Pro-vinciali, oltre al Ministero Spagnolo dell’Educazione e la Scienza. Helios porta avanti attività di solidarietà e assistenza socio-psico-pedagogica per i ragazzi, le fami-glie e i docenti; corsi di formazione e iniziative di pro-mozione artistico-culturale, laboratori giornalistici e di scrittura creativa. Il Festival offre la possibilità a Giornalini Scolastici di

tutta Italia di presentare i propri prodotti. Inizialmente selezionati come rappresentanti per il Veneto, una no-stra rappresentanza, composta dal prof. Vidotto, Davi-de Amianti e Lucia Barazzuol, si è recata a San Bene-detto, con la speranza di ritirare almeno una menzio-ne. Giunti quasi al termine della manifestazione senza esser stati ancora menzionati, mancava solo la procla-mazione del Primo Premio. Amareggiati dal dover ritornare a Pieve con un nulla di fatto, i nostri stavano per lasciare la sala quando sentono un nome familiare “…Redazione del Giornalino Scolastico Racoon”. I tre si guardano increduli. Dopo l’iniziale shock, entu-siasti ed orgogliosi, ritirano il Primo Premio!

D.B.

STUDENTI (FINALMENTE) IN CATTEDRA!STUDENTI (FINALMENTE) IN CATTEDRA! Penso sia capitato a tutti. Almeno una volta di pensare: “Se ci fossi io al posto del prof… di si-curo non mi comporterei così”. Noi di Racoon non possiamo proprio farvi pro-vare la stessa ebbrezza… ma possiamo avvicinar-ci! Frequento quest’Istituto da quattro anni ed è la prima volta che trovo dei rappresentanti – sia di Istituto che di Consulta – così attivi. Negli anni passati erano stati molto più latitanti e il loro o-perato rimaneva nascosto ai più!

Abbiamo pensato quindi di unire il desiderio smisurato degli studenti di mettere voti alla no-stra voglia di valorizzare questi sei ragazzi e quanto in questi mesi hanno fatto! E quindi… FORZA! STUDENTI IN CATTE-FORZA! STUDENTI IN CATTE-DRA! DRA! Vi proponiamo di fare le “pagelle” di Lu-ca, Lorenzo, Massimiliano, Mirco, Riccardo e Tommaso, accedendo al nostro sito www.isisspieve.it/racoon , da dove potrete com-pilare il questionario! Vi aspettiamo numerosi!

D. B.

FURTO AI DANNI DELLA REDAZIONEFURTO AI DANNI DELLA REDAZIONE A proposito di atti di inciviltà: forse non tutti lo sanno, dal momento che non è stata fatta una circolare a pro-posito, ma circa un mese fa è stato rubato lo schermo lcd (LG, 19’’, 16:10), destinato alla redazione del gior-nalino, che si trovava in biblioteca. Quest’ultima è a-perta dal lunedì al sabato fino alle 14.00 per i colloqui.

Sconosciuti gli autori del furto, ci chiediamo come sia possibile che nessuno abbia notato lo spostamento ‘alquanto inconsueto’ di un monitor. Il Preside ci ha procurato un altro video per permetterci di continuare l'attività.

Caterina

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14 - Maggio 2009

CIC & COUNSELLINGCIC & COUNSELLING Una aiuto nel momento del bisognoUna aiuto nel momento del bisogno

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CIC: la realizzazione di uno “spazio-ascolto” nasce dall’esigenza di of-frire agli studenti uno spazio per comunicare, per essere ascoltati, per segnalare situazioni di disagio in classe e fuori classe, per consulenza

psicologica (intervento di un esperto esterno). SPAZIO ASCOLTO GESTITI DAGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA

I Centri di Informazione e Consulenza delle scuo-le rappresentano il luogo

dove linguaggi ed esperienze di-verse, quelli della sanità e quelli della scuola, comunicano e si in-tegrano fra loro per rispondere

alla disgregazione sociale e per offrire ai giovani validi strumenti di ricomposizione, aiutandoli a riconoscere e a gestire le proprie emozioni e ad elaborarle in un sano progetto di vita" (Mariani,U. 2001).

Con la legge 309/90 sono stati

istituiti nelle scuole medie supe-riori i Centri di Informazione e consulenza (CIC), spazi dove so-no possibili la formazione emoti-va e l’educazione alla salute

I CIC nascono formalmente in

riferimento alla normativa in ma-

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teria di disciplina di stupefacenti e sostanze psicotrope, di prevenzio-ne, cura e riabilitazione dei relati-vi stati di tossicodipendenza. E’ una legge quadro molto comples-sa, che cerca di raggiungere un duplice obiettivo: da una parte la cura e il recupero, dall’altra la re-pressione dello spaccio e il conte-nimento della microcriminalità ad esso associato. L’art. 106 istituisce i CIC nelle scuole.

I CIC si sono dunque imposti

come vere e proprie strutture che nel tempo hanno assunto molte funzioni di servizio per gli studen-ti e per l’intera organizzazione della scuola. Tali funzioni devono facilitare la comunicazione tra scuola, servizi sanitari, enti locali e volontariato, per offrire ai giovani, alle loro famiglie e ai docenti in-formazioni, formazione, orienta-mento, supporto e assistenza in

materia di prevenzione del disagio adolescenziale, delle dipendenze patologiche e delle patologie cor-relate, valorizzando soprattutto il ruolo propositivo e i progetti delle consulte studentesche.

Questi obiettivi possono essere raggiunti solo se i CIC vengono attivati correttamente, se si attua-no tutte le procedure necessarie perché la struttura sia visibile e fruibile all’interno della scuola, se tale struttura viene promossa co-me parte integrante della realtà dell’istituto e se si delineano con chiarezza i ruoli dei diversi attori.

Per funzionare correttamente

un CIC ha bisogno, al di là delle normative, di un capo di istituto che lo sponsorizzi e ne valorizzi costantemente l’importanza.

Occorrono poi docenti refe-renti dell’educazione alla salute che siano motivati, capaci di tra-

smettere agli studenti la cultura della prevenzione e della promo-zione del benessere e che, soprat-tutto, riscuotano la fiducia dei ra-gazzi. Serve inoltre la disponibilità alla collaborazione dei docenti del Consiglio di classe. Infine c’è bi-sogno di operatori socio-sanitari che abbiano già esperienza di la-voro con gli adolescenti ed i loro problemi.

Considerando la complessa

architettura dei CIC, possono es-sere identificati vari modelli (“sportello”,“club”, “laboratorio”).

Tra i vari modelli possibili, nel nostro Istituto è stato privilegiato il modello “sportello”, consistente in un punto di ascolto dove gli studenti possono rivolgersi per ottenere informazioni, supporto, consulenza, orientamento. Il pun-to di ascolto non si configura co-me uno spazio sanitario. Le pre-

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stazioni erogate sono comunque vincolate al segreto professionale.

Il gruppo di insegnanti che ap-partiene al CIC partecipa ad una supervisione mensile con la psico-loga dott.ssa Chiara Marchesin.

P o i c h é c i s i a t t i e n e

all’attivazione di risorse il collo-quio non ha azione giudicante. La pratica e la tecnica del counselling prevedono uno sviluppo di 8-10 ore per caso. Perciò il percorso di tre ore previsto per gli alunni è un intervento parziale.

Prof.ssa Annalisa Colonna

“Se una persona si trova in difficoltà, il modo migliore di ve-nirle in aiuto non è quello di dirle cosa fare, quanto piuttosto quello di aiutarla a comprendere la sua situazione e a gestire il problema prendendo da sola e pienamente la responsabilità

delle eventuali scelte”. COLLOQUI GESTITI DA COUNSELLOR, SPECIALISTI NELLA RELAZIONE DI AIUTO

COUNSELLOR DELL’ISTITUTO PROF.SSE ANNALISA COLONNA E MARIA GRAZIA CESCON

C os’è il counselling? “Il counselling è un processo relazionale

di tipo professionale, che coinvol-ge un counsellor e una persona

che sente il bisogno di essere aiu-tata a risolvere un problema o a p rendere una dec i s ione ; l’intervento si fonda sull’ascolto, il supporto (della persona n.d.r.) ed è caratterizzato dall’utilizzo, da

parte del counsellor, di qualità personali, di conoscenze specifi-che, nonché di abilità e di strate-gie comunicative e relazionali fi-nal izzate a l l ’a t t ivazione e all’organizzazione delle risorse

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personali dell’individuo, al fine di rendere possibili scelte e cambia-menti in situazioni percepite co-me difficili dalla persona stessa, nel pieno rispetto dei valori e del-le sue capacità di autodetermina-zione” (Amadori e altri).

Il focus del processo è rappre-sentato dal problema o dal biso-gno del cliente, il processo riguar-da il presente ed è circoscritto nel tempo.

L’obiettivo del counselling è rappresentato dalla valorizzazione dello sviluppo delle risorse del cliente, il quale è l’attore principa-le del processo d’aiuto creando l’opportunità, senza obblighi né forzature, di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere più fruttuosi, ponendosi come obietti-vo principale il miglioramento della qualità di vita e del benesse-re.

Perché il counselling? Il counselling, da lungo tempo

sviluppato nei paesi anglosassoni, sta ora radicandosi anche in Italia in tutti i campi, dalla scuola all’azienda, dalle strutture medico- s a n i t a r i e a g l i a m b i t i dell’orientamento, della formazio-ne e dei servizi sociali. Non si trat-ta di una psicoterapia che va a cercare le motivazioni profonde

dell’agire ma aiuta a risol-vere problemi focalizzan-do le alternative praticabi-li.

Nel nostro Istituto il

progetto nasce dalla con-sapevolezza che vi sono allievi che possono richie-dere o essere indirizzati dal Consiglio di Classe o dai genitori ad interventi individualizzati e di rifles-sione circa la propria mo-tivazione allo studio e l’orientamento scolastico, in particolare a seguito dei risultati ottenuti alla fine del primo periodo di scuola. Mira a sviluppare l’autoconoscenza attraver-so la consapevolezza e lo sviluppo ottimale delle risorse personali.

Al momento è in corso di svol-gimento un ciclo di tre colloqui rivolti a venti allievi dell’Istituto.

Chi è il counsellor? Il counsellor è un professioni-

sta: il suo strumento è la comuni-cazione. Deve possedere una competenza di aiuto, cioè la capa-cità di dar vita ad una relazione in modo consapevole, controllato, intenzionale, padroneggiando ra-zionalmente le proprie abilità.

Non è quindi possibile improvvi-sare questa figura, senza un’adeguata formazione con la frequenza di un corso di specializ-zazione biennale o triennale.

Riservatezza e risultati Il counsellor è tenuto al segre-

to professionale. Non può quindi divulgare quanto è emerso nel corso dei colloqui se non autoriz-zato dagli interessati. D’altro can-to emerge anche la necessità di mantenere aperto un canale di comunicazione con i Consigli di Classe o con le famiglie che aves-sero eventualmente chiesto di uti-lizzare il servizio. Vanno quindi concordate preventivamente con l’interessato le modalità di comu-nicazione delle informazioni.

Prof.ssa Annalisa Colonna

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LIONS CLUB PIEVE DI SOLIGOLIONS CLUB PIEVE DI SOLIGO Impegno su più fronti: lottare l’invalidità, Impegno su più fronti: lottare l’invalidità,

promuovere la salute, servire la gioventùpromuovere la salute, servire la gioventù

I Lions, acronimo che sta per Liberty Intelligence Our Nation’s Safety, costi-

tuiscono la più grande associazione di servizio del mondo. Fondata nel 1917 negli Stati Uniti d'America, è presente in 180 paesi e conta 1.402.645 associati distribuiti in 44.500 clubs. I soci sono uomini e donne che offrono il proprio tem-po alle cause umanitarie.

Nel nostro territorio è attivo dal 1996 il Lions Club Pieve, che par-tecipa a numerosi progetti interna-zionali che si possono riassumere semplicemente in questi 4 punti: Conservare la vista, Lottare l'invali-dità, Promuovere la salute, Servire la gioventù.

Il loro impegno si concretizza anche in ambito locale, assistendo una Missione Saveriana in Burun-di, dove già da alcuni anni sta fun-

zionando e si sta sviluppando un acquedotto, realizzato con i contri-buti pievigini, attuando la raccolta di occhiali usati e di lenti da desti-nare alle popolazioni bisognose, organizzando ogni anno il concorso Un Poster Per la Pace e Il Progetto Amazzonia per i ragazzi delle scuo-le medie. Inoltre sostengono l’Opera di Don Mario Gerlin a Bambui in Brasile e la Casa per Disabili Maria Adelaide. Annual-mente promuovono il concerto Musica Per la Vita (vedi box), sen-sibilizzando la popolazione su di-versi temi, sia internazionali che locali, che riguardano la qualità del-la vita; ultimamente si sono adope-rati per la realizzazione del proget-to “ i l par to in acqua” dell’Ospedale di Conegliano e per sostenere il CEOD di Soligo, orga-nizzando una serata in loro favore.

Da oltre settant’anni i Lions sono

impegnati nel riciclaggio di occhiali usati che, una volta consegnati, ven-gono puliti, catalogati e consegnati a milioni di persone in Africa, nell’America del Sud, in India e nell’Est Europeo.

Gli occhiali da vista sono molto utili perché molte delle persone che li ricevono sono artigiani che ne hanno bisogno per poter svolge-re il loro lavoro di grande precisio-ne o studenti che li usano per stu-diare.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha stimato che la vista cir-ca un quarto della popolazione del mondo può essere migliorata attra-verso l’uso di lenti correttive. Sfor-tunatamente molti non possono permettersi un paio di occhiali.

Date un occhio al box qui sotto: il Lions Club vi invita ad un con-certo molto particolare. Non man-cate!

Nel dicembre 2008 si è tenuta l’ultima edizione del concerto Musica per la vita, originariamen-te organizzato per raccogliere fon-di per varie attività, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Flic Floc, con la duplice

finalità di dare visibilità ad artisti locali. Oltre ad alcuni classici, lo scorso dicembre sono stati presentati brani di origine coreana, cantati per la prima volta in ambito territoriale alla Corea. I fondi raccolti sono stati devoluti a Padre Edoardo Rasera, originario

di Falzè di Piave, per il “Progetto acquedotto di Chol-le” in Etiopia. Da questa manifestazione è nata l'iniziativa di un prossi-mo concerto che si terrà a Pieve di Soligo, presso l'Auditorium Battistella Moccia, il 19 giugno 2009 alle ore 19.00 con la collaborazione dell’Ambasciatore Co-reano. Saranno presenti gli autori – coreani - dei brani e delle musiche e una delegazione accompagnata dal Console Coreano. I brani verranno eseguiti dal sopra-no Silvia Da Ros, dal baritono Welthur Rognoni, dal tenore Yeong-Hwa Matteo Lee, accompagnati dalla pianista Song-A Cecilia Youn. D. B.

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Racoon culturacultura

D irei che possiamo incominciare con una breve presen-

tazione. Sono Francesco Lorenzon, un

esperantista trevigiano. Esperantista? Da quanto? Quattro anni, più o meno. E come noi tutti sappiamo l'e-

speranto è qualcosa che si man-gia... (la mia prima brutta figura!)

No, è una lingua… per di più è una lingua bellissima!

Una lingua... mi è stato detto che è "la lingua del dottore che spe-ra". Come mai?

Perché colui che l'ha creata, viveva in una città dove si parlavano quattro lingue diverse e spesso, a causa di questa diversità si creavano odi e razzismo. Per questo deside-rava, fin da quando era piccolo, risolvere questa situazione.

Chi era costui? Ludwik Lejzer ZamenhofIl,

nome esperanto che deriva da uno dei suoi pseudonimi, Doktoro E-speranto.

E, non sapendo che fare, ha creato una lingua?

Già, voleva creare una lingua che fosse adottata dalla gente come seconda lingua; in modo che tutti, parlandosi tra loro fossero aiutati nel conoscersi meglio e quindi si vedessero come appartenti ad un'u-nica famiglia.

Quindi mi stai dicendo che l'esperanto è "un idioma creato a tavolino, frutto di ingegno consape-vole attribuibile ad una sola perso-na che ne sviluppa deliberatamente la fonologia, la grammatica e il vo-cabolario"?

Solo inizialmente; dopo, la lin-gua è evoluta in senso naturale co-me tutte le altre.

Sicuramente non è stato facile; ha dedicato tutta la sua vita a que-sto ideale fin dai tempi del liceo.

E’ una lingua complicata? No, è più semplice di altre lin-

gue: non ci sono irregolarità, ha una grammatica potente ma sem-plice; allo stesso tempo, per i tempi verbali c’è solo il presente, il futu-ro, il passato, il condizionale e

l’imperativo. E’ molto espressiva, esattamente come le lingue natura-li. Lo dimostra il fatto che ci siano molti testi famosi tradotti in questa lingua: "Amleto", "La Divina Com-media", "I promessi sposi"… tutte opere non facili da tradurre… perfi-no "Il signore degli anelli". Il lessico poi cresce a dismisura mettendo prefissi e suffissi, tipo -on- e -ett-, così come succede in italiano ma, in esperanto, vale per tutte le paro-le e con molte più scelte a disposi-zione.

Aspetta aspetta... mi stai dicen-do che è più facile anche dell'ingle-se?

Sì. Soprattutto per la pronun-cia! In esperanto ogni lettera è un suono, più o meno come in italia-no.

Mi puoi dire, allora, perchè studiamo, ancora, quella specie di grugniti anglosassoni?

Beh, adesso non esageriamo, l'inglese è una lingua bellissima. Penso che il motivo sia che l'inglese è la lingua della superpotenza eco-nomica e militare statunitense. E

FRANCESCO, ESPERANTISTAFRANCESCO, ESPERANTISTA Un trevigiano ci aiuta a scoprire il misterioso EsperantoUn trevigiano ci aiuta a scoprire il misterioso Esperanto

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poi non è facile convincere la gente a imparare una lingua "artificiale". L'esperanto è la lingua più adatta ad essere scelta come lingua inter-nazionale (sottolineo "lingua inter-nazionale"), soprattutto dal punto di vista etico visto che non appartiene a nessun popolo; invece, sceglien-do come lingua franca una lingua di una nazione, si privilegiano le persone di quello stato a scapito di altre! Mentre tutti devono imparare la lingua franca della nazione X, gli abi-tanti di X possono dedicarsi a studiare altro (tipo fisica, matematica) e in ambito commercia-le e diplomatico ha più peso quello che parla senza tradut-tore… oppure che parla la propria lingua, nei confron-ti di qualcuno che parla una lingua straniera.

A questo pro-posito... una curio-sità... da dove deri-va il lessico?

Principalmente dalle lingue indoeuropee, soprattutto le lingue latine perché sono quelle che con-dividono maggiormente le parole rispetto ad altre.

Tornando all'ambito commer-ciale e diplomatico.... è sconosciuta questa lingua per i vertici della no-stra società occidentale?

Qualcuno la conosce; ma sono pochi: il Papa fa l'augurio di Pasqua e di Natale in esperanto, e c'è pure la messa in esperanto ma il Papa è

un caso a parte… Se non sbaglio l'esperanto nelle

Olimpiadi di Pechino 2008 è stato nel ristretto gruppo di nove lingue ufficiali attraverso le quali sono sta-te diffuse le notizie in tutto il mon-do... c'è da essere orgogliosi...

Eh beh, certo! È un bel ricono-scimento.

Quanti sono al mondo che lo parlano quotidianamente?

Quotidianamente, penso, 150.000; lo sanno parlare decente-mente un milione, a livello di scuo-la superiore: la grammatica, un po' di vocabolario e saper biascicare qualcosa! L’ultima battuta non met-terla nell’intervista!

Tranquillo… non si arrabbia nessuno! Sarà la lingua, tanto atte-sa, che si parlerà in futuro?

Si spera; perché in caso contra-rio la vedo brutta per le varie lingue medio-piccole che si parlano ades-

so: potrebbero morire! Come vivi sapendo che questa

lingua è sconosciuta ai tuoi coeta-nei?

Più che altro è fastidioso vede-re come alcuni ne parlino male, senza neppure averla un po' cono-sciuta.

(come io qualche mese fa.... che vergogna!) E... metodi efficaci che usi per far conoscere questa

lingua: quali so-no? Internet è un otti-mo mezzo! Poi, il "Festival sulle lin-gue"…hmm… du-rante gli incontri giovanili interna-zionali, vengono allestiti corsi di lingua e bancarel-le in cui si vendo-no libri scritti in esperanto e di grammatica. Nei corsi si spiegano anche le caratteri-stiche dei singoli paesi, la cultura... Ho sentito dire che dei grandi del nostro tempo han-

no approvato questa lingua... come Einstein…

Sì, poi Tolstoj l'aveva imparata (gasandosi e dicendo di averlo fatto in due ore!).

E vero? Probabilmente, dopo due ore,

si può capire qualche frase e dire qualcosa: è normale, come succede in tutte le lingue! Ma che l’avesse imparata bene… ho i miei dubbi!

Possiamo dire che anche Tol-stoj diceva, oltre che "guerra e pa-

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ce", anche le bugie.... Ah, ah, ah! Bello... ma io, che non sono

un credulone, ti metto alla prova.... sei pronto?

Pronto! Mi si traduca:“Ne, geknaboj, vi

eraris. Estis iam lignopeco”.

"No ragazzi (compresi maschi e femmine), avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno".

Straordinario... nientemeno che Carlo Collodi... senti, abbiamo fatto una bella chiacchierata... ma chi volesse saperne di più può an-dare... oltre che in http://

iej.esperanto.it/ anche in quali altri siti? Lernu.it ,un sito per imparare l'esperanto: il bello è che c'è gente di tutte le nazionalità! Poi c'è il sito della Gioventù Esperantista i t a l i a n a , h t t p : / /iej.esperanto.it/: lì c'è un forum in cui poter fare domande. Ci so-no corsi gratuiti via internet, gestiti da vo-lontari (il kirek). Inoltre ci sono diversi incentivi e borse di studio per raggiungere incontri esperantisti: questo soprattutto per i giovani. Mi iras momente al la necesejo! (mi guarda stralunato…) Non ti ho detto “ci vediamo

in seguito?” No, hai detto: “Vado un attimo

in bagno!” Ah... bene... direi, se vuoi, di

dare un saluto al Racoon... il no-stro giornalino che ha accettato di far conoscere questa lingua... e a tutto il M. Casagrande...

Dankon Racoon! Kaj mi elko-re salutas la studentojn de la lerne-jo "M. Grandadomo"!

Eh? Scusa la mia ignoranza. Il fatto è che non ho capito "elkore" e ....

"El kore" vuol dire "dal cuore".

Più o meno "con tutto il cuore"! E tutta la frase tradotta? (A be-

neficio di tutti coloro che non han-no afferrato il concetto!)

Grazie Racoon! E saluto con tutto il cuore gli studenti della scuo-la "M. Casagrande"!

Grazie... per te, o grande uo-mo... chiederò che i comunicati siano distribuiti per una settimana in esperanto... (se il preside accon-sente)!!!

Uh, grande! Speriamo bene. Grazie comunque per questa possi-bilità di far conoscere a più gente l'esperanto!

Davide Amianti

Agenzia Asprogram S.n.c. Via Capodivilla, 27/4 

31053 Pieve di Soligo (TV) Tel. 0438‐83483 ‐ Fax 0438‐841329 

Racoon culturacultura

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Eutifrone Eutifrone di Platone di Platone Provate voi a mettervi nei suoi pan-ni! Cosa avreste pensato, cosa avre-ste fatto, se foste stati voi al posto di Eutifrone? Immaginate: vostro padre è un im-prenditore. Un suo dipendente uccide un collaboratore dell'azien-da. Vostro padre come reagisce? Prende questo assassino, lo lega e lo chiude in una stanza. Intanto manda qualcuno a chiamare la po-

lizia, che però tarda ad arrivare; nel frattempo, però, il “prigioniero” si sente male e muore. Cosa ne pensate? Accusereste vostro padre di essere anche lui un assassino? Sareste capaci di intentare un'accusa in tribunale contro di lui come fece Eutifro-ne? Eutifrone dà per scontato di essere nel giusto e, anzi, accusando il padre d'omicidio, è convinto di compiere un'azione addirittura santa: egli è un sacerdote e un

indovino, uno che pensa di saperla lunga in materia di religione e di giustizia. Fuori dal tribunale di Atene, Eutifrone, però, non è solo. C'è anche Socrate, il famoso filosofo, l'altro prota-gonista di quest'opera di Platone. I due si incontrano e cominciano a parlare dell'accusa che Eutifrone è anda-to a muovere al padre. Su questo punto Socrate non lascerà in pace Eutifrone per tutto lo svolgimento del dialogo: davvero egli pensa che la sua azione sia santa e non piuttosto empia? Il dialogo tra Socrate e l'indovino Eutifrone è un esem-pio di come il pensiero e il dubbio socratico riescano a mettere in crisi i luoghi comuni e i valori dati per scon-tati. Questa conversazione non è soltanto un'elegante esercitazione logica ma mette in luce una profonda esi-genza etica: che cosa vuol dire compiere un'azione giu-sta e santa? Questa lettura vi porterà in un mondo parallelo ancora enigmatico, che vi indurrà a riflettere su tematiche di grande valore. Buono “sconvolgimento mentale” e buona fortuna!!

Chiara, Anna, Eleonora

Fontamara Fontamara di Ignazio Silonedi Ignazio Silone

Fontamara, dello scrittore abruzzese Ignazio Silone è un romanzo realistico diviso in 10 capitoli, per un totale di circa 200 pagine. È stato pubblicato per la prima volta a Zurigo nel 1933 in tedesco e poi nel 1934 è stato tradotto in italiano. Fontamara è un bor-go della Marsica che fa da sfondo alle vicende narra-te, che vedono come protagonisti i "cafoni", che per la loro ignoranza sono oggetto di ingiustizie e soprusi da parte dei borghesi potenti. Con un linguaggio es-senziale ma efficace e con uno stile semplice e chia-ro, Silone voleva denunciare i problemi che affliggo-no i fontamaresi, che si vedono sottrarre, con imbro-gli, anche quei pochi diritti che avevano. L'autore

affronta tematiche quali lo spirito di sacrificio, l'amore, l'amicizia e i proble-mi della classe più bassa della società attraverso gli stati d'animo dei contadi-ni e le loro vicende. La storia è narrata con un ritmo lento, infatti sono pre-senti molti dialoghi. La lettura di que-sto romanzo richiede, è vero, attenzio-ne ed impegno, ma al termine si ha una sensazione positiva in quanto gli argomenti trat-tati inducono alla riflessione e al ragionamento. La lettura di questo classico permette di capire l'impor-tanza di possedere una cultura solida in modo da non essere imbrogliati e sottomessi.

Classe 1a A Ls

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J ane Austen, nata a Steven-ton, Hampshire, nel 1775, è una delle più famose

scrittrici settecentesche. Dal 1794 al 1799 scrive la prima versione di Orgoglio e Pregiudizio, chiamata inizialmente "First Impres-sion" ("Prima Impressione") ma pubblicata solo nel 1813.

Oltre a questo romanzo Jane scrive, nello stesso periodo, "Juvenilia" ("Le opere giovanili"), "Elinor and Marianne", "Ragione e Sentimento", e molti altri, anch’essi entrati a far parte dei classici ingle-si.

Muore a Winchester nel 1817 a causa del raro morbo di Addison.

"Pride and Prejudice", ovvero "Orgoglio e Pregiudizio", ambienta-to nell’Inghilterra del ’700, raccon-ta la storia delle sorelle Bennet in età da marito e della loro famiglia. Il romanzo si svolge nello stesso periodo in cui l’autrice scrive.

Verso l’autunno, nella loro monotona vita di campagna, arriva Mr. Bingley accompagnato dal suo amico, lo sprezzante Mr. Darcy.

Quest’ultimo si innamora di Elizabeth (la secondogenita della famiglia) ad un ballo, ma è troppo orgoglioso della sua ricchezza che

mente a se stesso inducendosi a credere il contrario. Ma anche Eli-zabeth, all’inizio odiandolo per le sue maniere altezzose, lungo il cor-so degli eventi capisce che lo ricam-bia, raggirando i suoi pregiudizi.

È un romanzo dove si interse-cano le vite di tutti i personaggi for-mando una storia avvincente e ro-mantica, piena di colpi di scena inaspettati.

Un romanzo d’amore di stam-po antico ma allo stesso tempo mo-derno. Consigliato a tutte le Eliza moderne.

Kayleigh Dall'arche

I l muro invisibile è la storia di una famiglia ebrea vissuta in un povero quartiere di una cittadina grigia e piovosa nel centro

dell’Inghilterra. Harry Bernstein, con la sua voce calda e coinvol-

gente, ripercorre la sua infanzia in quella vecchia stra-da, divisa nel mezzo da un muro invisibile: da un lato gli Ebrei, dall’altro i Cristiani. Un’infanzia di lacrime e sorrisi, sofferenze e piccole gioie, speranze, sogni e delusioni, ma soprattutto un’infanzia di paura della guerra, che incombe sul mondo intero.

È un libro profondo, che con il suo linguaggio semplice e attraverso scene realistiche fa riflettere sul coraggio di cui abbiamo bisogno per distruggere il muro di pregiudizi che incombe ancora nonostante la sofferenza che ha comportato in passato.

Nella strada in cui abitano Harry e la sua famiglia,

le due fazioni, Ebrei e Cristiani, conducono una vita misera e nonostante l’odio che li divide, condividono i dolori della guerra e della povertà.

Grazie all’amore che nasce tra Lily, sorella di Harry, e Arthur, un ragazzo cristiano, i due lati della strada riusciranno a incontrarsi e distruggere, almeno in parte, il muro invisibile che è stato eretto dalle due differenti religioni. Così, dopo anni di contrasti, paro-le non dette, litigi e qualche momento di unione, E-brei e Cristiani si riuniscono, rendendosi conto dell’inutilità della loro diffidenza.

Con una nota di tristezza e nostalgia, l’autore rie-voca i momenti difficili di una vita che con i suoi inge-nui sogni e speranze coinvolge il lettore, commuoven-dolo e disegnando sul suo volto qualche raro sorriso. Un tuffo in una realtà passata che crediamo sia così distante …

Chiara

IL MURO INVISIBILEIL MURO INVISIBILE di Harry Bernsteindi Harry Bernstein

ORGOGLIO E PREGIUDIZIOORGOGLIO E PREGIUDIZIO di Jane Austendi Jane Austen

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paginepagine Racoon

I za è la donna della medi-cina del Clan "dell’Orso delle Caverne". Insieme

alla sua tribù, è alla ricerca di una nuova caverna, dal momento che quella vecchia è crollata durante un terremoto. Lungo il cammino, tro-va una piccola bambina ferita, sul punto di morire. La compassione ha il sopravvento e la donna decide di curarla. Naturalmente, non tutti nel Clan vedono di buon occhio la cosa, vista la diversità della bambi-na, perciò il capotribù decide di chiedere aiuto al Mog-ur, lo scia-mano del Clan "dei Testapiatta". Egli, dopo aver interpellato gli spi-riti, dà la sua approvazione, dando a Iza la possibilità di tenere la pic-cola, ribattezzata “Ayla”. Col passa-re del tempo, trovata una nuova caverna, la nuova arrivata comincia ad integrarsi, aiutando le donne, imparando lingua e leggi del Clan. Resta sempre evidente, però, la sua differenza con gli appartenenti alla tribù: mentre lei è alta, bionda, con gli occhi azzurri, loro sono bassi, quasi interamente ricoperti di peli marroni e con gli occhi castani. La distinzione più grande, però, non sta nel fisico, ma nell’appartenenza a due razze con diverso grado di evoluzione. Infatti Ayla, a differen-za dei Testapiatta, piange, ride, è intelligente. Essere stata accolta da Iza come una figlia la aiuta a supe-rare momentaneamente il proble-ma e l’amicizia con il Mog-ur le insegna che non tutto ciò che è di-verso è sbagliato. Accetta di essere

l’apprendista della madre adottiva e così comincia ad imparare l’arte delle erbe. Ma non tutto va come dovrebbe andare: la sua spontanei-tà, la sua indipendenza, il suo esse-re poco sottomessa agli uomini la mettono in seri guai che la porte-ranno ad una scelta molto impor-tante.

“Ayla figlia della terra” è il pri-

mo di una serie di cinque libri, co-munemente nota come “Saga dei figli della terra”, scritta da Jean M. Auel. È un libro fantasy storico, uno dei migliori che abbia letto. Non sono una vera appassionata di preistoria, ma questo libro mi ha dato la possibilità di capire più a fondo la vita primitiva. Grazie alle conoscenze della scrittrice e al suo modo di mostrare in ma-niera reale e vivida il mondo, le tradizioni e il punto di vista di una raz-za a noi lontana millenni, sono entrata facilmente in un’Europa preistorica di circa 25.000 anni fa. All’inizio il libro potrà sembrare un po’ noioso, ma dopo le prime 50 pagine non riuscirete più a staccarvene: Ayla vi coinvolgerà in ogni sua esperienza, positiva o negativa che sia, e vi farà gioire, soffrire e piangere con lei. Perciò non stupi-tevi se, chiuso il libro, sarete un po’ delusi nel

t o r n a r e nel nostro m o n d o super tec-nologico, o se so-gnerete di andare a caccia di mammut: è il pregio di questo libro avvi-cinare a noi un’epoca così lontana, e lo è anche farci scoprire un mondo allo stesso tempo simile e diverso dal nostro.

Luce

AYLA FIGLIA DELLA TERRAAYLA FIGLIA DELLA TERRA di Jean M. Aueldi Jean M. Auel

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Maggio 2009 - 25

GRAN TORINOGRAN TORINO

I l titolo di questo film si riferisce al modello dell'automobile "Ford"

che Walt Kowalski, veterano della guerra del Vietnam, possie-de e custodisce quasi come una figlia. Kowalski, rimasto vedovo, si trova ad abitare in un quartie-re popolato solo da famiglie co-reane. L’uomo, dai modi burbe-ri e poco gentili, ha un rapporto conflittuale con i figli, uomini d’affari che mantengono un con-tatto con lui con l’unico scopo di ottenere parte della sua eredità.

Una notte una banda formata da giovani teppisti irrompe nel quartiere e minaccia i vicini di Kowalski, una famiglia coreana con difficoltà economiche. Il protagonista, abile e temerario grazie all’esperienza acquisita in Vietnam, salva la famiglia met-tendo in fuga la banda. Da quel giorno egli diventa un vero e proprio eroe: viene ricoperto di

doni che in un primo mo-mento, imbarazzato, rifiu-ta, ma che successivamen-te accetta, arrivando persi-no a socializzare con colo-ro che prima definiva “musi gialli”. Si instaura un rapporto di amicizia, in particolar modo con il membro più giovane della fa-miglia, Thao, un ragazzo solita-rio e non accettato dagli amici e per questo soprannominato “Tardo” da Walt.

Kowalski riuscirà a migliorare la vita di Thao aiutandolo con utili consigli e allo stesso tempo anche Thao, senza rendersene conto, inciderà profondamente nella vita di colui che ora è il suo nuovo eroe, il modello a cui vuole ispirarsi.

Questo film vi darà molti spunti di riflessione. Nonostante non mi attirasse particolarmente, sono rimasta piacevolmente sor-presa di come alcuni temi quali

il razzi-smo, la vita e la

morte, ma anche l’amicizia siano stati trattati. Non deluderà i fan di Clint Eastwood, attore e regi-sta del film, che ancora una volta incanta tutti con il suo inconfon-dibile stile.

Giada Fornasier

Regia: Clint Eastwood Attori: Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her Paese: USA 2008 Genere: Dram-matico-Thriller Durata: 116 min. Distribuzione: Warner Bros.

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26 - Maggio 2009

kinokino

DIE WELLE (Deutschland, 2008)DIE WELLE (Deutschland, 2008)

T hema – Woche. Kurs über die Auto-kratie. Die Frage: «

Ihr seid also der Meinung, dass ´ne Diktatur heute in Deutschland nicht mehr möglich wäre?» Die Antwort: « Auf keinen Fall, dazu sind wir hier viel zu aufgeklärt ». Der Versuch und der Beweis de-monstrieren, dass es nicht unmög-lich ist, dass diese Erfahrung wie-der geschieht.

Die Welle spielt in einer deut-

schen Schule und der Film basiert auf einer wahren in Kalifornien

passierten Geschichte. Ein Gym-nastiklehrer, Führer des Kurs zum Thema Autokratie, entscheidet sich eine Woche lang eine Auto-kratie zu errichten, nur damit die Schüler deren schädliche Folge erleben können. Er fragt die Schü-ler nach den unentbehrlichen Be-standteilen einer Autokratie: einen Namen, eine Uniform, einen Gruß. Die Welle ist geboren, an der ein Heer Schüler teilnehmen, die sich ein weißes Hemd und Jeans anziehen. Aber man weiß, dass die Wellen sich verbreiten. Und das, was auf den Schulkurs hätte beschränkt bleiben müssen,

fängt an sich draußen auszudehnen: die jun-gen Leute drucken Klebstoffe, mit denen sie die Stadt verkleiden, teilen kostenlos den anderen Schülern weiße Hemden aus, organisie-ren Partys nur für die Mitglieder der Welle… Die Schüler sind davon sehr begeistert, weil ihre Probleme von der Gruppe gelöst werden und wer sich früher aus-gegrenzt gefühlt hatte, kann jetzt seine Rolle finden: alle verteidigen, alle werden verteidigt. Leider ist der Samstag gekommen und des-halb ist die Thema – Woche am Ende. Aber

jemand ist nicht froh, dass diese idyllische Situation, in der es keine Probleme gibt, am Ende ist. Nein, jemand ist nicht einverstanden.

Diese Menge von jungen Leu-

ten, die nur mit weißen Kleider angezogen sind, sehen wie die (Entwicklung der) „schwarzen Hemden“ aus, auch wenn sie ver-schieden sind: sie flößen Stille und Ruhe ein und das ist paradox, wenn wir daran denken, was sie machen.

Die einfache Frage: « Ihr seid

also der Meinung, dass ´ne Dikta-tur heute in Deutschland nicht mehr möglich wäre?» und die er-wartete Antwort: « Auf keinen Fall, dazu sind wir hier viel zu aufge-klärt» vom Beginn scheinen in der stummen Schlussszene widerzuhal-len. Nur die Tonspur begleitet die-se letzten Szenen, die so aussehen, als ob sie unter Wasser gedreht worden wären, wo die Schreie ersti-cken, wo das Weinen von den Wellen hinweggefegt wird. Besser noch, von der Welle. Von jener Welle, die alle und alles fortgeris-sen hat. Von jener Welle, die mit seinen Spitzenwerten den Schülern die Trunkenheit des Himmels hat erreichen lassen. Von jener Welle, die jetzt wieder gefallen ist und sie unter Wasser gesessen hat. Mit der Folge, dass jemand ertrunken ist.

Domenico Bottega

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Maggio 2009 - 27

L’ONDA (Germania, 2008)L’ONDA (Germania, 2008)

S ettimana a tema. Corso sull’autocrazia. La do-manda: “Voi dite che in

Germania una dittatura non sareb-be più possibile?” La risposta: “Lo escludo, ne conosciamo le conse-guenze”. Seguono l'esperimento e la prova che dimostrano come non sia affatto impossibile ripetere l'e-sperienza.

L’onda è ambientato in una scuola tedesca e il film si ispira ad una storia vera, accadu-ta negli anni settanta in Cal i fornia . Un professo-re di Educa-zione Fisica, a capo del corso che ha per tema l’autocrazia, decide di mettere in atto un regime autarchico, solo per quella settima-na, solo per far sperimentare le conseguenze deleterie che può ave-re. Chiede agli studenti gli elementi indispensabili per instaurarne uno: un nome, una divisa, un saluto. Ec-co che nasce "L’onda", fatta da un esercito di studenti in camicia bian-ca e jeans. Ma le onde, si sa, si pro-pagano. E ciò che sarebbe dovuto

rimanere circoscritto al corso scola-stico, inizia a espandersi all’esterno: i ragazzi stampano adesivi e con questi tappezzano la città, distribui-scono gratuitamente camicie bian-che a tutti gli studenti, organizzano feste esclusivamente per i membri dell’onda…

Tutti gli studenti sono entusiasti

perché i problemi vengono risolti dal gruppo, e chi prima si sentiva escluso ora riesce a trovare il pro-prio ruolo: tutti difendono tutti. Peccato che sia arrivato sabato e così la fine della settimana a tema. Ma a qualcuno non sta bene che questa situazione idilliaca, questa vita da sogno in cui i problemi non trovano posto abbia fine. No, qual-cuno non ci sta…

Questa moltitudine di ragazzi e ragazze vestiti di bianco sembrano l’evoluzione delle “camicie nere” ma, a differenza di queste ultime, trasmettono tranquillità e serenità, paradossali rispetto alle azioni che mettono in atto.

La semplice domanda - “Voi dite che in Germania una dittatura non

sarebbe più possibile?” – e la scontata risposta - “Lo escludo, ne conosc iamo le conseguen-z e ” – d e l l ’ i n c i p i t s e m b r a n o riecheggiare nel finale mu-to. La sola colonna sono-ra ad accom-pagnare que-ste ultime im-magini che s e m b r a n o essere state riprese sott'ac-qua, dove le

urla si soffocano, dove i pianti ven-gono spazzati via dalle onde. Anzi, dall’onda. Da quell’onda che ha travolto tutto e tutti. Da quell’onda che, con i suoi picchi, ha fatto loro toccare l’ebbrezza del cielo. Da quell’onda che ora è ricaduta e li ha sommersi. Facendo annegare qualcuno.

Domenico Bottega

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28 - Maggio 2009

DUPLICITYDUPLICITY

C laire è un agente della Cia mentre Ray è un agente dei

servizi segreti britannici. Si cono-scono a Dubai: lei lo seduce, lo droga e gli ruba importanti infor-mazioni riservate. Si ritrovano cinque anni dopo a New York, impiegati dal servizio di spionag-gio della medesima multinazio-nale: hanno il compito di scopri-re quale prodotto rivoluzionario i concorrenti siano prossimi a lanciare sul mercato.

Sembrano innamorati ma, per deformazione professionale, na-turalmente portati a non fidarsi di nessuno, nemmeno del pro-prio partner! E per coronare il

loro sogno d’amore cerche-ranno di incastrare i loro stessi datori di lavoro… quindi finiranno in un hotel svizzero, e berranno alla lo-ro salute!

Sarei rimasto dentro la

sala per riguardarlo una se-conda volta, solo per riusci-re a godere le minime astu-zie e i più insignificanti parti-colari che, precedentemen-te, avevo sottovalutato… pur-troppo era l’ultimo spettaco-lo della serata! E’ una pelli-cola che coinvolge, e il se-greto sta nella scelta della narrazione: la storia si co-struisce un po’ per volta per-

ché il film è una continua a l t e r na nz a tra flashback e vicende contempora-nee e così ci si ritrova a dover spesso c a m b i a r e opinione, a rettificare le proprie ipo-tesi. Avete pre-sente cosa accade quan-

do si pongono due specchi l’uno di fronte all’altro? Si ottiene che gli oggetti che si trovano nel mezzo si rispecchiano un nume-ro infinito di volte. Accade qual-cosa di analogo in Duplicity, "Doppiezza". Il film è un lungo inganno, dall’inizio alla fine. Tutti si trovano ignare vittime di un doppio gioco, spettatori com-presi che, giunti pressoché alla fine, credendo finalmente di es-sere riusciti a capire i giochi tre-mendamente ambigui di tutta la storia, comprendono di essere stati loro stessi ingannati!

Domenico Bottega

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Maggio 2009 - 29

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«D iverso? Io? Diverso da chi?»

Girato nella vicina Trieste in una tiepida atmosfera primaverile, com-media molto leggera ma che non scade nella banalità. Campagna elettorale per le ammi-nistrative: il partito Unione Demo-cratica – che, come dice il nome stesso, rappresenta lo schieramento di sinistra – decide di presentare come candidato sindaco Pietro (Luca Argentero), dichiaratamente omosessuale, fidanzato da quattor-dici anni con Remo (Filippo Ni-gro). Adele (Claudia Gerini) è candidata vicesindaco; è “un’estremista di centro”, antidivorzista, assoluta-mente a favore della famiglia intesa in senso tradizionale. All’inizio Pie-tro e Adele stentano a trovare un accordo ma poi iniziano a frequen-tarsi, lavorano insieme fino a tarda notte e…nasce inaspettatamente l’amore! Ma sarà lo stesso Pietro a non voler ammettere questa attrazione e Adele, che ha profonda-mente mutato le sue convinzioni sui gay, a p p a r e m e n o “bacchettona” di lui, non disposto a riconoscersi diverso tra i diversi! In Diverso da chi? l’omosessualità è un

aspetto che si configura come assolutamente par-te integrante della società e non come un universo sospetto ed estraneo. Risultano originali – e, in alcuni passaggi, anche comici – i sentimenti contrastanti del protago-nista che, dopo aver ac-cettato la sua identità ses-suale, si trova ora spaesa-to nel dover ammettere di essere innamorato di una donna. Gli schemi di normalità e diversità risultano sovvertiti: il per-no della storia non sta nel fatto che Pietro si sia invaghito di Adele ma, soprattutto, nel rapporto uomo-donna, che per lui risulta essere trasgressivo, fonte di senso di col-pa. E risulta incredibile che Pietro sia intimorito dalla reazione che suo padre potrebbe avere alla noti-zia che lui ha tradito Remo con

una donna! Lo sceneggiatore del film Fabrizio Bonifacci scrive: “In passato ho scritto storie su schizofrenici, egizia-ni, donne con due figli ma nessuno ha mai pensato che io fossi schizo-frenico, egiziano o madre. Invece

stavolta molta gente si fa do-mande sui miei gusti sessua-li, dando per scontato che solo i gay possano scrivere di gay!”

Questo film, nato da un gio-co un po’ irriverente, esce infatti in un mondo in cui ancora gli omosessuali com-battono per i propri diritti e nel quale i pregiudizi da sfa-tare sono ancora molti!

D.B.

DIVERSO DA CHI?DIVERSO DA CHI?

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30 - Maggio 2009

AUSTRALIAAUSTRALIA

L ady Sarah Ashley (Nicole Kidman), un’aristocratica ingle-

se, furiosa del fatto che suo marito desse più attenzioni al loro ranch “Faraway Downs” che a lei stessa, si reca in Australia, dalla grigia In-ghilterra, per venderlo. Arrivando riceve la drammatica notizia che suo marito è stato assassinato, pre-sumibilmente, da un aborigeno. Dopo il triste funerale, Lady A-shley comincia a guardarsi attorno e scopre per quale motivo suo ma-rito non avrebbe voluto vendere quel pezzo di terra per nessuna ragione al mondo: si era innamora-to dell’Australia. Affascinata dalle

immense pianure, dai serpeggianti e lipidi fiumi, dai mas-sicci rocciosi e dai curiosi aborigeni de-cide di dedicare la s u a v i t a all’allevamento del bestiame come suo marito. In questo è ostacolata da King Carney, il maggior allevatore di bestiame della città; Lady Ashley deve trasportare una mandria di 1500 capi fino al porto di Darwin dove saranno venduti ed imbarcati dall’esercito e per farlo si fa aiutare dal rude mandriano Dro-v e r ( H u g h J a c k m a n ) , dall’ubriacone e contabile di fami-glia, dal restio cuoco cinese e dal piccolo Nullah, un mezzosangue figlio di un’aborigena e di un bian-co. Grazie al piccolo, Lady Ashley o, come era solito chiamarla Nul-lah, “Miss Boss” comprende ed impara le tradizioni aborigene: per loro tutto è legato alla musica e so-lo cantando si può comprendere ciò che li circonda e riuscire a pre-vedere ed evitare i pericoli. Il canto accompagna tutto il film inizial-mente con i riti di morte dello scia-mano aborigeno, nonché nonno di Nullah, poi anche con la canzone “Somewhere over the rainbow” del Mago di Oz cantata da Lady A-shley per consolare il piccolo Nul-lah dalla tragica morte di sua ma-dre mentre cercavano di nascon-dersi dalla polizia. Anche quando Nullah è costretto ad andare con i

missionari cattolici che lo confina-no in un collegio per bambini di sangue misto, fa promettere a Lady Ashley di venire a cercarlo con la frase che tanto viene ripresa lungo l’arco della storia, che ci fa com-muovere: “Miss Boss, io canto te a me!”

Drammatiche le scene del bombardamento da parte dei giap-ponesi al porto di Darwin e alla missione dove era segregato il pic-colo Nullah; la seconda guerra mondiale incombe su tutti i perso-naggi come una belva feroce porta-trice di morte che non fa distinzio-ni di sesso, razza, sangue, cultura e religione. In quei momenti si vedo-no inglesi e aborigeni, americani e afro-americani, cinesi e olandesi plasmare vincoli di amicizia pro-fondi che in tempi di pace non sa-rebbe stato possibile.

Centosessantatre minuti di una “lunghissima ed avvincente favola romantica”, una straordinaria alchi-mia di musica, sentimenti e paesag-gi australiani di una bellezza da mozzare il fiato.

Davide Amianti

Regia: Baz Luhrmann Atto-ri: Nicole Kidman Craig, Hugh Ja-ckman Paese: USA 2008 Genere: Drammatico, Romantico, Storico Durata: 163 min.

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Maggio 2009 - 31

Racoon atomiatomi

PILLOLE DI SCIENZAPILLOLE DI SCIENZA Lo sai che...Lo sai che...

È stata individuata una nuova proteina che rego-

la i ritmi circadiani nelle piante. I vegetali distinguono il giorno dalla notte grazie alla proteina chiama-ta Che, che si lega al dna e regola la produzione di altre protei-ne. Che interagisce con gli altri pez-zi dell’orologio interno delle pian-te, in particolare con quelli che re-golano l’attività all’alba e al tramon-to. Secondo "Science", lo studio potrebbe essere utile per aumenta-re la produttività dei vegetali.

Alcuni metri sotto la superficie

degli oceani, il fitoplancton forma uno strato sottile che può estender-si per chilometri. Un fatto sorpren-dente, perché molti degli organismi che compongono il fitoplancton sarebbero capaci di nuotare verso l’alto e verso il basso. Ma si è sco-perto che, in presenza di perturba-

zioni orizzontali, i microrganismi rimangono intrappolati tra gli strati d’acqua che scorrono uno sull’altro. La ricerca potrebbe servi-re a capire meglio il problema delle fioriture algali, scrive "Science".

I grandi incendi che divampano

periodicamente in Indonesia sono in gran parte di origine umana, so-stiene "Nature Geoscience". Analiz-zando i dati di visibilità presso gli aeroporti, i ricercatori hanno con-cluso che tra il 1960 e il 2006 il fuoco si è diffuso soprattutto negli anni di siccità. Ma fino agli anni ottanta il Borneo non era mai stato colpito da incendi, neanche nei periodi di siccità. Solo quando è aumentata la popolazione e l’agricoltura è diventata industriale si sono diffusi i roghi.

Si chiude il 22 marzo a Istanbul

il quinto Forum mondiale dell’acqua, che dal 16 marzo ha

riunito rappresentanti di 120 gover-ni, ambientalisti, ricercatori ed e-sperti dei servizi idrici per discutere di acqua, cambiamento climatico e sviluppo. Si stima che circa un mi-liardo di persone nel mondo non abbia accesso all’acqua potabile, mentre 2,6 miliardi non hanno ser-vizi fognari. Uno dei problemi al centro della discussione è il finan-ziamento delle infrastrutture. Nel giorno di apertura del Forum si è svolta una manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua e la poli-zia turca ha arrestato una decina di persone. Il rappresentante della Banca Mondiale, Jamal Saghir, ha dichiarato che l’attuale crisi econo-mica rischia di provocare una ridu-zione degli investimenti.

Le strutture sanitarie dello Zim-

babwe sono al collasso e la situazio-ne è fuori controllo. Lo denuncia "Medici senza frontiere" nel suo rapporto. Il segno più evidente del-

la crisi è l’epidemia di colera, che da agosto ha colpito 77.650 persone uccidendone 3.688, ma sono in difficoltà tutti i settori dell’assistenza sanitaria, compresa quella per i malati di aids. Secondo "Msf", le misure del governo fre-nano gli aiuti delle orga-nizzazioni umanitarie.

A cura di Luce

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32 - Maggio 2009

Racoon notenote

N on mi accorgo

del tempo che

scorre se non

quando mi fermo e guardo indie-

tro. Era il 2002, avevo undici anni

ed era appena uscito “Domani

Smetto”, nuovo cd degli Articolo

31. Quanto ho cantato

quelle canzoni, quanto ho

gridato, quanto ho ballato,

quanto ho saltato ascol-

tandole. Sembra ieri. Può

sembrare retorico ma il

tempo passa troppo velo-

cemente: me ne sto accor-

gendo io, se n'è accorto J

Ax, che nel suo ultimo

a lbum da so l i s t a ,

Rap'n'Roll, canta ironica-

mente "I vecchietti fanno

oh". E' stato traumatico

accettare la divisione degli

Articolo 31 (avvenuta nel

2006); mi considero di-

sposta ad accettare cam-

biamenti ben più radicali

ma, cresciuta fra le rime

taglienti di “Nato Per

Rappare” e le note strug-

genti di “Non E' Un Film”, non ero

pronta per ricevere il colpo. Tutta-

via bisogna ammettere che J Ax

con il primo album da solista, “Di

sana pianta”, si è fatto perdonare lo

smacco. Contenente 17 tracce, il cd

unisce ai testi irriverenti stile Arti-

colo sonorità più tendenti al rock

che al rap; a volte fin troppo melo-

dico ma, nel complesso, piuttosto

buono.

Il 23 gennaio di quest'anno e-

sce il secondo lavoro da solista di J

Ax, Rap'n'Roll : dopo aver negato

ogni etichetta per anni, da “Strade

di città” (album del '93) fino a

“S.N.O.B.” (singolo del 2006), il

cantante ha deciso di auto-definire

il proprio stile rap'n'roll, appunto.

In realtà ad ogni ascolto la sensa-

z ione che r imane è che

"Rap&Dance" o "Rap&Techno" sa-

rebbero stati titoli decisamente più

appropriati: i testi sono, al

solito, splendidamente rap,

sfacciati, ritmati. I suoni inve-

ce, di rock hanno ben poco

(escludendo qualche caso

sporadico, come il singolo

“Rap'n'Roll”): a pezzi forti

come “Aumentaci Le Dosi”

o “Mi Rifiuto”, si alternano

ballate come “In Mezzo” o

“Signora”. Le undici tracce

sono decisamente apprezza-

bili. Il problema del cd è il

titolo: l'autore ha puntato

troppo in alto, non soddisfa-

cendo alle aspettative create.

Ma, naturalmente, sono solo

considerazioni: l'album resta,

come ho detto, molto piace-

vole.

Fra alti e bassi, la mia passio-

ne per gli Articolo 31 prima e per J

Ax poi, continua (quasi) ininterrot-

tamente da sette anni. E' quindi

forse comprensibile l'attacco d'ansia

J Ax A RONCADEJ Ax A RONCADE Un mix di Rap’n’roll, Rap&Dance e Rap&TecnoUn mix di Rap’n’roll, Rap&Dance e Rap&Tecno

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Maggio 2009 - 33

Racoon notenote

misto a gioia e incredulità quando

sono venuta a sapere che al "New

Age", locale di Roncade, J Ax a-

vrebbe tenuto una delle rappresen-

tazioni del suo tour. Naturalmente

sono corsa a comprare il biglietto.

Venerdì 13 marzo, ore 22.20:

dentro al "New Age" le luci si fanno

soffuse, i fan iniziano a gridare, e-

sce qualcuno sul palco: Space One,

rapper che collabora con J Ax fin

da quando facevano parte degli Ar-

ticolo, apre il concerto con qualche

brano proprio. Si tratta solo del

solito escamotage per riscaldare gli

animi. Infatti, alle ore 22.40, fra le

urla dei fan che intonano qualche

canzone, J Ax sale sul palco. E' lui,

è davvero lui. Un po' bassino, per

essere sinceri. Ma pieno di grinta:

inizia subito a cantare, continuerà

per due ore e mezza con una pic-

cola interruzione soltanto. Fenome-

nale. Soprattutto perché la settima-

na scorsa è stato

immobile a letto

per uno strappo

alla schiena; lui

ci scherza, auto-

citandosi: "l'altra

settimana i vec-

chietti hanno

fatto ahi!". Le

aspettative era-

no alte, altissi-

me. E J Ax non le ha deluse: ha

cantato tutti i pezzi del nuovo al-

bum che, dal vivo - sarà stata l'adre-

nalina del momento, sarà stata la

passione che Ax ha messo nel pro-

porsi - risalta molto di più. La band

ha eseguito anche numerose canzo-

ni da”Di Sana Pianta” (“S.N.O.B.”,

“Ti Amo O Ti Ammazzo”, “Aqua

Nella Scquola”, “Se Mi Sposo”,

“Generazione Zero”, “Tua Mam-

ma”). E non poteva certo mancare

qualche perla dei vecchi Articolo:

“La Legge Del Taglione”, “Ohi

Maria”,“Non E' Un Film”,“Spirale

Ovale”,“Domani Smetto”,“La Mia

Ragazza Mena”,“L'Italiano Medio”.

Sono state due ore e mezza inten-

sissime: ancora una volta ho canta-

to quelle canzoni, ho gridato, ho

ballato, ho saltato ascoltandole. Ma

con J Ax davanti a me. Che ha mo-

strato, oltre alle capacità di artista, il

suo lato umano: pur saltellando

tutto il tempo, instancabile, quando

arrivava la pausa marcata dalle bal-

late, si sedeva su di uno sgabello,

massaggiandosi la schiena probabil-

mente ancora dolorante; ripren-

dendo a cantare, accortosi che sta-

va sbagliando a iniziare un pezzo,

ha chiesto al pubblico: "Urlatemi

sceeemoo! Sceeemoooo!".Se qual-

cuno sette anni fa mi avesse detto

che avrei sentito J Ax dal vivo, mol-

to probabilmente non ci avrei cre-

duto. E invece eccomi qui, a gon-

golare. E' stata un'esperienza irripe-

tibile che consiglio a chiunque: ri-

marrà senza dubbio impressa nella

mia mente per lungo tempo.

Marta Panighel

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34 - Maggio 2009

Racoon bitbit

I n origine erano i grandi server

Erano i gloriosi anni '70 quando nelle aziende venivano installati mastodontici server, noleggiati per svariate migliaia di dollari, che do-vevano occuparsi di fare i con-ti. A questi erano collegate centinaia di terminali tecni-camente definiti "stupidi", che avevano l'unico compito di richiedere e fornire infor-mazioni al server. Da allora il modo di fare informatica è notevolmente cambiato, e la diffusione del computer non solo nelle grandi azien-de, ma anche in quelle più piccole, ed infine nelle case, ha portato alla valorizzazione di quei terminali che occupa-vano l'ultimo posto della gerarchia, aprendo il mercato dei Personal Computer.

E ora... arriva il passato! Sono passati trent'anni ormai dal boom dell'informatica nelle azien-de, e gli scenari sono completa-mente cambiati. Ma molti dei fatto-ri di cambiamento stanno facendo ripercorrere al contrario la strada percorsa nei passati decenni. La rete, innanzitutto, è tornata di vitale importanza: non più la rete aziendale, ma una rete globale co-me Internet. In più abbiamo una nuova attenzione per i consumi e

l'ecologia, fattore magari non essen-ziale ma di sicuro importante, al-meno a livello domestico, dove i produttori di soluzioni informati-che fanno a gara per potersi fregia-re del titolo di "più ecologici". Infi-ne, la disponibilità di grande poten-

za di calcolo in computer relativa-mente economici ha aumentato e reso relativamente facile l'offerta di servizi via internet, come veri e pro-pri server da gestire da casa pro-pria, magari anche gratis. Tutto questo ha portato alla nascita del Software come servizio: il sof-tware e le risorse informatiche non sono più qualcosa da possedere fisicamente, ma vengono noleggiate via internet, e si sfruttano grazie alle tecnologie della Grande Rete, pro-prio nella stessa maniera in cui sfruttiamo le reti dei gestori quando facciamo telefonate o inviamo sms.

Questa nuova forma software, che non si trova più installata sul singo-lo computer, ma funziona su una rete, prende il nome di Cloud Computing.

I meccanismi della nuvola Come abbiamo visto, l'architettura

del Cloud Computing ripren-de la classica struttura delle vecchie reti, basata su un grosso server e vari "terminali stupidi", arric-chendola delle tecnologie del nuovo Web. Troviamo quindi in cima alla scala la componente "fisica" della nuvola, costituita da im-mensi parchi di server ge-stiti da grandi aziende co-me Google, Amazon o

Microsoft, che si occupano di fornire le risorse necessa-

rie, in termini di spazi di archiviazione dei dati e potenza di calcolo. Poi interviene un secondo agente che si occupa di creare il software da far girare sulla nuvola: a volte sono le stesse aziende che forniscono l'hardware, o spesso organizzazioni o singoli esterni. In-fine c'è l'utente finale, che attraver-so Internet e le tecnologie del Web 2.0 accede ai programmi e ai servi-zi. Ma facciamo un esempio pratico,

ad esempio guardando la struttura della nuvola di Google, che offre praticamente tutte le opportunità che abbiamo visto. Google ovvia-

CLOUD COMPUTINGCLOUD COMPUTING Servizi web a consumo: la rivoluzione informaticaServizi web a consumo: la rivoluzione informatica

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Maggio 2009 - 35

Racoon bitbit

mente ci fornisce tutto l'hardware necessario. Possiamo poi scegliere tra utilizzare l'infrastruttura messaci a disposizione con delle nostre ap-plicazioni, o con servizi di Google. Nel primo caso è Google App En-gine a fare al caso nostro: grazie a questo infatti potremo caricare i nostri programmi nella nuvola di Google e sfruttarne le capacità di calcolo secondo le nostre necessità, in maniera gratuita per operazioni semplici, e a pagamento per calcoli più impegnativi. La seconda oppor-tunità che abbiamo è usare le appli-cazioni già fatte da Google, ed esse-re solamente utenti della nuvola. Fanno quindi al caso nostro le Go-ogle Apps, che magari in molti già conosceranno. Sto parlando ad esempio di Google Docs, una quasi-completa suite di programmi da ufficio in grado di funzionare di-rettamente dal browser web, sfruttando potenza di calcolo, spazio su di-sco e memoria dei server di Google.

E i miei dati? Proprio da questo esem-pio di Google Docs e-

merge una questione abbastanza scottante: che sicurezza c'è per i nostri dati, una volta che vanno a finire nella nuvola?

Credo sia una domanda destinata a rimanere irrisolta. Richard Stal-lman, uno dei padri dell'informati-ca moderna, ritiene addirittura ne-cessario boicottare tutte i servizi basati sul cloud computing fino a che non saranno liberamente di-sponibili gli standard che ci stanno alla base, in modo da poter capire come effettivamente vengono gestiti i nostri dati. In realtà, da anni il web si basa sull'utilizzo dei nostri dati personali: proviamo a pensare a come finirebbero YouTube o Facebook se stessimo tutti un po' più attenti alla privacy... Il Cloud Computing quindi è, in quest'ottica, semplicemente un altro dei rischi che abbiamo voluto correre con il Web. Riassumendo, come dice Gil Shwed "se volessimo una rete senza vulnerabilità, dovremmo rinunciare a gran parte dei servizi che ci mette a disposizione". Il discorso cambia se i dati diventa-

no materiale sensibile, magari pro-prietà di qualche azienda. È ovvio quindi come sia rischioso affidare tutto il materiale ai server di Goo-gle, anche se nemmeno loro sanno esattamente dove si trovino fisica-mente i nostri dati. Il rischio però non sembra essere tanto quello di vedere i propri dati in mano ad altri, quanto quello di non averli, all'improvviso, più a disposizione, magari per un guasto o qualcosa di imprevedibile, molto più probabile nel web che in una dimensione più "locale". Certamente quindi la solu-zione più comoda è effettuare rego-lari copie dei dati più importanti.

Per entrare nella nuvola Il Cloud Computing è, come già detto, più che reale, e numerosi sono gli esempi di Software-Servizio che si stanno diffondendo sul Web anche per gli "utenti qua-lunque". Ecco alcuni esempi: il già citato Google Docs, completa suite di ufficio accessibile via web., Eye-OS, gOS/zonbu.

Matteo Manighetti

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Racoon svagosvago

Ipse dixit Prof. (inglese): “Allora, ragazzi, cosa vuol dire @@@@?” Alunno: “Dovrebbe essere ‘incantevole’..” Prof.: “Cosa c’entra il gazebo?” Alunno: “No, ho detto INCANTEVOLE” Prof.: “Ah, ok… sì è corretto”. Alunno (mentre consegna il prodotto delle sue tre ore di simulazione di prima prova, viene invitato dal professore a ricontrollare visto che ha altre due ore di tempo): “Prof. non è che perché consegno per primo significhi che il compito è andato male!” Prof. (dopo aver corretto il compito): “Non era det-to che andasse male, comunque hai preso 4 e 1/2”. Prof.: “La shock economy mi sembra…non è stata quella Naomy Campbell a inventarla? Ah no, quel-la era una modella”. Prof.: “Nietzche era figlio di un pastore tedesco(…)” Alunno: “Eh, quando si dice ‘figlio di un cane’”. Prof.: “No, non posso chiudere le finestre perché abbiamo gente in andropausa” Alunno.: “Eh?!” Prof.: “Massì! Ragazzi con le maniche corte con questo freddo boia, hanno le ‘vampate’...” Alunna1 all’Alunna2: “Ma scusa! Perché ogni cosa che dico sembra cadere nell’oblio?! E’ frustrante!” Alunna2: “Eh?” Alunna1: “Lasciamo perdere”. Prof. (dopo aver portato una classe al terzo anno di filosofia): “Il modo di fare filosofia nella scuola ita-liana non è utile. Quelli che hanno il debito adesso non si ricordano le cose che ho detto un mese fa, figuriamoci quelle degli anni scorsi!” Alunno (con debito): “No! Guardi io mi ricordo

molto meglio Campanella (fatto in IV) con la sua Antartide!” Prof.: “Appunto, come volevasi dimostrare.” Alunno: “Perché??” Prof.: “Era l’Atlantide”. Prof.: “Guardate adesso, detto così fuori fra i den-ti (…)”. Prof.: “Plinio il Vecchio aveva già osservato l’erezione vulcanica...ma cosa sto dicendo! Eruzio-ne.” Prof. (mentre traduce): “Mia madre annuncia che è apparita in cielo una strana nuvola”. Prof.: “Tu, tu e tu! Ambedue dal preside!” Prof.: “Vi lascio navigare sui binari della vostra i-gnoranza!” Prof.: “I monaci tanto erano presi dalle letture, mentre camminavano talvolta si tozzavano tra loro”. Alunno: “I grilli si chiamano tra loro per gracchiare insieme”. Alunna1 (tentando di decifrare la calligrafia della professoressa): “Dunque la nube si chiama Talon(…)” Alunna2: “Eh? Io leggo T=10K” Prof.: “Osservate l’albero ginecologico... ehm...genealogico!” Prof. (introducendo un nuovo autore): “Nasce a California, in Arizona e ha avuto una vita molto sgretolata!”.

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Racoon svagosvago

ALLENA ALLENA -- MENTIMENTI 1. IL SACCO MAGICO In un sacco sono presenti alcune mele. O-gni mela si “duplica” a intervalli di 1 minu-to. In’un ora il sacco si riempie completa-mente. Quanto tempo è necessario affinché il sac-co si riempia a metà? 2. LA POLKA DEI DISCHI Due dischi A e B di centro, rispettivamen-te, O e P, tangenti esternamente, praticano il seguente movimento di danza, in due tempi: A comincia a girare attorno a B, in senso orario, in modo che il suo centro formi un angolo a (strettamente compreso tra 0 gradi e 180 gradi) attorno al punto P. Poi, è la volta di B che deve girare attorno ad A, sempre in senso ora-rio, e formare un angolo a/2 attorno al punto O. I dischi ballerini effettuano 10 movimenti completi di questa danza, (ciascuno costituito da due tempi) dopo di che si ritrovano per la prima volta nella posizione di partenza. Dare il valore dell´angolo a in gradi. Nota: il problema ammette tre soluzioni. 3. CROCI SULLA SCACCHIERA Su una scacchiera 11 per 11 sono state scelte 22 caselle in ragione di 2 per riga e 2 per colonna (confrontare il disegno). Due scelte sono consi-derate equivalenti se possono essere ricavate l´una dall´altra attraverso permutazioni di righe e/o colon-ne. Quante sono le scelte non equivalenti possibili?

A cura di Zio_Sam Tratti da unibocconi.it

1. IL SACCO MAGICO: 59 minuti 2. LA POLKA DEI DICHI: 3 soluzioni: 24°- 72° - 168°

3. CROCI SULLA SCACCHIERA: 14 scelte

SOLUZIONI:

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Dolore, Rabbia, AmoreDolore, Rabbia, Amore di Raju Battistondi Raju Battiston

poetipoeti Racoon

PENSO SOLO A ME STESSOPENSO SOLO A ME STESSO

Tutti i compagni penseranno che queste rime svaniranno.

Quando sono disperato immagino te al mio fianco.

E con me stesso sarò perdonato e da tutti amato.

Vorrei toccare piano la tua delicata mano.

Quando penso a te è finita ma è proprio lì che inizia la salita.

Forse sarò fissato ma di te sono innamorato.

A volte ho paura ma tu sei la mia dolce tortura.

Quando mi hai parlato mi sono innamorato.

Mi sento diverso in questo strano universo.

Mentre questa teoria sta sparendo qualcuno ora sta morendo.

E’ vero che penso solo a me stesso perché mi sento molto diverso.

Così non penserò solo a me ma anche a te.

L’INVERNO TRISTEL’INVERNO TRISTE

La mia ragione di vivere è come un gran livore

ogni mio giorno di mestizia. Non se ne andrà mai più via

i miei pensieri si dispongono nel mio cuore con dolore

la mia unione potrebbe essere afflizione. Piano piano la solitudine mi porterà all’alienazione tutti loro mi indicheranno per quello che non sono

quieto starò zitto per l’eternità. Poi la mia freddezza

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Racoon poetipoeti

IO NON SONO!IO NON SONO!

Io nella mia mente sono un combattente.

Io non sono un soldato ma sono solo pazzo.

Io non sono dispiaciuto ma sono sempre deluso.

Io non sono violento

ma sono ostinato. Io non smetterò di urlare

ma solo fantasticare. Io non sono un salice piangente ma sono solo una stupida mente.

Io non sono un rimorso

ma sono solo odioso. Io non predico

ma non dimentico. Io non posso dormire

ma so di vivere.

Io non sono simpatico ma penso di essere fanatico.

Io non sono arrabbiato ma sono solo addolorato. Io non sono un ragazzo

SOLO VITA MIASOLO VITA MIA

Guardo su nel firmamento e mi chiedo cos’è un sentimento?

Direi forse una percezione.

Come ragazzo sono inappagato zitto con disinganno

solo un giorno in un anno.

La mia vita sta per decedere i miei sentimenti sono sempre in mezzo

e con molto disprezzo.

Seduto sulla spiaggia me ne sto zitto con la mia rabbia

lì sulla sabbia.

Ogni mia delusione mi carica di tensione

come una strana passione.

E le bianche nubi si stanno annerendo

tutto sta calando.

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