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Una moto sconosciuta e bellissima di cui abbiamo avuto la fortuna di trovare delle foto originali dell’epoca. Un motore che sarebbe stato adatto anche alle gare di velocità. di Gian Pio Ottone AERMACCHI 500 BIALBERO L’ Aermacchi, l’industria aeronau- tica passata nel dopoguerra alla produzione di motociclette e motocarri nel suo stabilimento sulle ri- ve del lago di Varese, è diventata famosa nel mondo per le sue moto da competi- zione; le invincibili Ala d’Oro sia da ve- locità in circuito e in salita che da mo- tocross. Le moto vittoriose e titolate della Casa varesina furono dapprima quelle dotate di motore a quattro tempi con cilindro orizzontale e distribuzione ad aste e bilancieri, e poi le monocilin- driche con cilindri sempre verticali con raffreddamento ad aria prima e a liqui- do poi. Poche persone sono però a co- noscenza del fatto che nel reparto corse della Schiranna nacquero anche dei motori a quattro tempi con distribuzio- ne bialbero. Infatti nel 1967 vennero costruite tre Ala D’Oro, a livello di pro- totipi, con motore e cilindro orizzonta- le e distribuzione bialbero in testa co- mandata da alberello dotato di doppia coppia conica. Queste tre moto di di- versa cilindrata furono lungamente te- state ma non scesero mai in gara, in quanto la potenza era solo leggermente superiore a quella erogata dai collauda- tissimi motori “a tiges” ed inoltre i pro- pulsori bialbero risultavano più fragili e più scorbutici. Il progetto bialbero fu accantonato e le moto furono vendute ad appassionati esteri: una in Svizzera e due in Germania. Ma già molti anni prima, nel 1959, un’altra creatura di casa Aermacchi aveva fatto sentire i suoi potenti ruggi- ti, e precisamente un monocilindrico bialbero per gare di motocross. Anche questo era un progetto del famo- so Alfredo Bianchi e venne realizzato da un suo collaboratore il tecnico varesino Francesco Botta. Si trattava di un mo- tore completamente diverso da quanto V ecchio cross

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Aermacchi 500 Bialbero

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Una moto sconosciuta e bellissima di cuiabbiamo avuto la fortuna di trovare delle fotooriginali dell’epoca. Un motore che sarebbe statoadatto anche alle gare di velocità.di Gian Pio Ottone

AERMACCHI 500BIALBERO

L’ Aermacchi, l’industria aeronau-tica passata nel dopoguerra allaproduzione di motociclette e

motocarri nel suo stabilimento sulle ri-ve del lago di Varese, è diventata famosanel mondo per le sue moto da competi-zione; le invincibili Ala d’Oro sia da ve-locità in circuito e in salita che da mo-tocross. Le moto vittoriose e titolatedella Casa varesina furono dapprimaquelle dotate di motore a quattro tempicon cilindro orizzontale e distribuzione

ad aste e bilancieri, e poi le monocilin-driche con cilindri sempre verticali conraffreddamento ad aria prima e a liqui-do poi. Poche persone sono però a co-noscenza del fatto che nel reparto corsedella Schiranna nacquero anche deimotori a quattro tempi con distribuzio-ne bialbero. Infatti nel 1967 vennerocostruite tre Ala D’Oro, a livello di pro-totipi, con motore e cilindro orizzonta-le e distribuzione bialbero in testa co-mandata da alberello dotato di doppia

coppia conica. Queste tre moto di di-versa cilindrata furono lungamente te-state ma non scesero mai in gara, inquanto la potenza era solo leggermentesuperiore a quella erogata dai collauda-tissimi motori “a tiges” ed inoltre i pro-pulsori bialbero risultavano più fragili epiù scorbutici. Il progetto bialbero fuaccantonato e le moto furono vendutead appassionati esteri: una in Svizzera edue in Germania.Ma già molti anni prima, nel 1959,un’altra creatura di casa Aermacchiaveva fatto sentire i suoi potenti ruggi-ti, e precisamente un monocilindricobialbero per gare di motocross. Anche questo era un progetto del famo-so Alfredo Bianchi e venne realizzato daun suo collaboratore il tecnico varesinoFrancesco Botta. Si trattava di un mo-tore completamente diverso da quanto

Vecchio cross

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era stato prodotto a Schiranna fino aquel momento e dopo quell’esperimen-to non si vide più nulla del genere nelreparto esperienze della Casa varesina.Per capire come e perchè si fosse arri-vati a costruire questo prototipo è ne-cessario fare un passo indietro. Nel 1955 il tecnico romagnolo LinoTonti, progettista di tutti gli scooter ele motoleggere a due tempi prodotte aVarese, dal Cigno al Monsone, dalla Bi-cilindrica allo Zeffiro, lasciò l’Aermac-

chi per altri lidi ed al suo posto arrivò iltecnico milanese Alfredo Bianchi prove-niente dalla moto Astoria.Bianchi aveva già progettato preceden-temente, per la Parilla, una 250 mo-noalbero ed anche una versione bialbe-ro, e poi per l’Astoria una 175 monoal-bero a catena, che era stata impiegataanche in gare di fondo con risultati in-teressanti ed era utilizzata dal pilotaOsvaldo Vettori in gare di motocross.Fu proprio Vettori, amico personale del

tecnico dell’Aermacchi, a convincerload allestire nel 1958 tre moto da cross,partendo da un telaio, debitamenterinforzato, dell’Ala Azzurra 250 e utiliz-zando il motore monocilindrico ad astee bilancieri nella versione sportiva chesi chiamò poi Ala d’Oro.Queste moto vennero portate in garainizialmente da Romano Castelli, Osval-do Vettori e dal pilota belga di origineitaliana Fernand Neri. I risultati furonosubito entusiasmanti ed i tecnici varesi-ni si convinsero che con un mezzo do-tato di maggiore potenza si potesserofare grandi cose in campo crossistico.Nel 1958 il belga Neri gareggiava conl’Aermacchi nella classe 250 e con unaBSA Gold Star nella classe 500. Il moto-re della Gold Star fu messo al banco

In alto, il motore della bialbero mostra unacerta somiglianza con la belga FN. In basso, come vedete la foto della moto èstata fatta in pieno inverno. In questoesemplare il tubo di scarico passa dallaparte opposta di quello della foto in alto.

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prova nel reparto esperienze di Schiran-na e, forse perchè non al meglio dellafreschezza, forniva una potenza vicinaai 3O CV.Ciò creò la convinzione che con una de-cina di cavalli in più si potessero vince-re facilmente gare di cross sia nazionaliche internazionali.Avuta la necessaria autorizzazione daparte degli alti dirigenti Aermacchi,Bianchi e Botta si buttarono a capofittonel nuovo esperimento ed in pochi me-si, praticamente gli ultimi quattro del1958, fu realizzato il progetto ambizio-so di una moto nata espressamente perl’impiego motocrossistico e di conce-zione rivoluzionaria.Così dal fervido ingegno di Bianchi edalla matita di Botta nacque a tempo direcord quel capolavoro di ingegneriameccanica che è (o fu!) il motore 500bialbero (di cui furono assemblati an-che due prototipi di 250).Il motore molto compatto, era di mec-canica estremamente raffinata. Monoci-lindrico verticale, a differenza degli altrimotori bialbero dell’epoca, aveva la car-tella della distribuzione sul lato sini-stro, in lega leggera con nervature perirrobustirla.I due alberi a camme in testa erano co-mandati da un treno di ingranaggi, lemolle delle valvole erano a spillo e, stra-namente per un motore da fuoristrada,erano scoperte come sul Norton Manx.Queste soluzioni erano già state adotta-te tempo prima sulle belghe FN e sulleNorton di Leslie Archer senza alcunproblema. Testa e cilindro erano in lega leggeracome anche i carter del motore.L’accensione era a spinterogeno con lacoppia puntine alloggiate in appositovano nella cartella della distribuzione,al di sopra della pompa dell’olio piazza-ta all’esterno dei carter. Il carburatoreera un Del’Orto SS 32. La trasmissioneprimaria era ad ingranaggi con denti di-ritti, sul lato destro del motore. La fri-zione era a dischi multipli in bagno d’o-lio mentre il cambio era in blocco aquattro rapporti (era disponibile ancheun cambio a sei velocità).

A lato, un’altra immagine che ritrae labialbero sulla neve.In basso, una vista del bellissimo e potente motore.

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A lato, una vista del telaio pressochèidentico a quello della Norton Manx.In basso, la versione di 250 è chiaramentepiù raccolta. Risulta diverso anche l’angolodelle valvole.

A differenza della maggior parte deglialtri motori italiani questo bialbero eracon lubrificazione a carter secco e ser-batoio dell’olio alloggiato sotto la sella.Il motore, altro particolare interessan-te, era chiuso completamente da viti abrugola e questa era una caratteristicadi tutti i motori progettati da Bianchi,dei quali il primo fu il 250 monoalberoParilla.Con un alesaggio di 88 mm e una corsadi 82 mm (pari a una cilindrata di 498,5cm3) il motore era ultraquadro con pos-sibilità di raggiungere un elevato regi-me di giri.Il rapporto di compressione era di 9 : 1con una potenza massima di 40 CV a6.200 giri. Nel gennaio del 1959 il motore giravagià al banco e prometteva grandi cose.Il primo telaio fu costruito da AlcideBiotti, grande appassionato di fuoristra-da e pilota ufficiale di Aermacchi in ga-re di regolarità. Si trattava di un telaioa doppia culla continua, secondo lascuola classica di quei tempi. Il serba-toio era in lamiera d’acciaio ed i tambu-ri dei freni in lega leggera ma di misuraeccessiva.La moto era già pronta nel mese di feb-braio del 1959, come dimostrano le fo-tografie con terreno innevato scattatein una tipica giornata di rigido invernoprealpino. Il peso in ordine di gara su-perava i 160 kg e pertanto, dopo i primicollaudi sul campo di cross della Mal-pensa, si decise di sostituire il telaiocon un altro monoculla più leggero econ interasse più corto che fu realizzatoanch’esso dal solito Biotti. Così nacque il secondo prototipo sulquale venne montata una delle primeforcelle Ceriani a perno avanzato. Il pe-so scese a 152 kg. La moto esordì nelmotocross internazionale di Solaro il12 luglio guidata da Fernand Neri cherimase nelle prime posizioni per circametà gara ma poi si dovette ritirare perun guasto meccanico.Neri partecipò ad altre gare in Europama con scarso successo, tanto chetornò a competere nella classe 500 conla sua vecchia BSA pur continuando a

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gareggiare nella classe 250 con un’Aer-macchi Ala d’Oro ufficiale. La bialberofinì in un angolo del reparto corse diSchiranna e per un certo periodo nonse ne parlò più.Nel gennaio 1960 l’Aermacchi decise dipartecipare ufficialmente al campionatoitaliano di motocross dando in gestioneal Gruppo Sportivo Fiamme Oro di Ro-ma tre Ala d’Oro da cross (quelle dellaseconda serie con telaio a sbalzo e ver-niciatura di colore rosso) più un mulet-to d’allenamento. Per partecipare alle gare della classe500 si sarebbero montati cilindri dimaggior alesaggio con clindrata di 253cm3 dacchè il regolamento di quel tem-po permetteva l’utilizzo di moto con ci-lindrata che superava anche di poco i250 cm3 per competere nella classe 500.La squadra della Fiamme Oro era com-posta da Angelini, Conti, Jaffei e dal sot-toscritto che aveva preso il posto di Al-tafini che si era congedato per convola-re a nozze.Ricordo che nel mese di febbraio del1960, in occasione di una visita di pilotie meccanici della Polizia Stradale aglistabilimenti di Varese/Schiranna, aven-do trovato abbandonata la bialbero dacross che per il suo aspetto aggressivosprizzava potenza da tutti i pori (pardonda tutte le parti...!), chiedemmo ai diri-genti Aermacchi di mettere la moto anostra disposizione per prove e collauditecnici. E così sul campo della Malpensa in oc-casione di una seduta di allenamentodurata ben tre giorni, potemmo consta-tare pregi e difetti della bialbero.Ci entusiasmò soprattutto la grande po-tenza del motore ma ci sembrò carentela ciclistica e di scarsa fruibilità.Poichè l’Aermacchi aveva già deciso diabbandonare il progetto sul quale non

A lato, la foto si riferisce alla gara diLombardore del 22 maggio 1960.Siamo alla partenza della prima manche:scatta in testa Ostorero su Bianchi seguitoda Angelini (6) sulla bialbero,De Giorgi(14) e Conti (4).In basso, il belga Fernand Neri a Solaronel 1959.

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voleva più investire altri capitali, deci-demmo noi delle Fiamme Oro, 4 pilotie 4 meccanici, di finanziare il rinnova-mento della moto secondo le nostreidee.Ci autotassammo di 10.000 lire a testa(il nostro stipendio di poliziotti era al-lora di circa 50.000 lire al mese) e rac-cogliemmo le 80.000 lire necessarie perpagare un telaio del tipo a doppia cullacontinua ispirato all’inglese Featherbeddella Norton Manx, costruito appostaper il motore del famoso tecnico torine-se Giuseppe Carrù. Il telaio era praticamente identico aquello delle Mondial e delle Mival cheavevano vinto i campionati italiani di

motocross negli ultimi quattro anni.Ricordo che l’amico Carrù, quando ciconsegnò il telaio grezzo, ci regalò an-che un serbatoio d’alluminio costruitoda lui a mano che era eccezionalmenteleggero.Il telaio fu verniciato di rosso vivo e lamoto fu assemblata dai nostri meccani-ci Pastore, Grieco, Miccheli e Corde-schi, presso il reparto corse della Schi-ranna. Purtroppo la nostra passione ed i nostrisforzi fisici ed economici non ottenneroi risultati sperati. La bialbero continuòad essere un cavallo scorbutico e diffici-le da domare. Il nostro caposquadra Angelini la portò

in gara due volte con risultati non certoeclatanti.Il 15 maggio, a San Severino Marche,Angelini si piazzò al quarto posto nellaprima manche alle spalle delle potentiBianchi 400 “Raspaterra”.Alla partenza della seconda manche, acausa della potenza eccessiva del moto-re, Angelini cadde e si ferì la mano sini-stra.Prontamente soccorso e medicato allameglio, risalì in sella e, dopo un accani-to inseguimento si piazzò al quinto po-sto preceduto dalle solite Bianchi uffi-ciali e dalla BSA Gold Star del romanoDe Giorgi. In classifica finale fu quartodietro a Ostorero, Castelletta e Cosciatutti su Bianchi.Una settimana dopo sul campo di Lom-bardore, Angelini si classificò terzo do-po Coscia e Caroli (ritirato Ostorero)davanti alla Gold Star del genoveseDonghi ma terminò la gara completa-

A lato, Angelini ai box nella pausa tra laprima e la seconda manche della gara diLombardore del 22 maggio 1960. Gli èaccanto il padre. In primo piano AlcideBiotti responsabile della ciclistica dellamoto.In basso, Angelini termina la gara in terzaposizione, molto provato nel fisico. Lo sipuò constatare dalla posizione di guida.Nella foto piccola, Angelini in una dellediscese che hanno reso facilmentericonoscibile il campo di Lombardore pervia dei tralicci dell’alta tensione. Inevidenza il mozzo della ruota anteriore digrande dimensione e il tubo di scaricorialzato.

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mente distrutto nel fisico e decise diabbandonare la bialbero e di utilizza-re la più snella e affidabile Ala d’Oro di253 cm3.La bialbero rimase a disposizione delleFiamme Oro e più volte usata da tuttinoi per allenamento. Venne prestata alpilota Vettori, rimasto appiedato dallasua Aermacchi 253, nella gara di Fer-mo. Vettori faticò non poco per portarea termine la gara e si classificò al deci-mo posto. La moto tornò poi ancora albelga Neri che la portò in gara all’este-ro, anche nel 1961, ma sempre con ri-sultati molto modesti.Tutto il materiale relativo al progettobialbero, e cioè le tre motociclette piùdue motori di 500 cm3 ed anche duemotori di 250 cm3 (dei quali on si cono-scon neppure i dati tecnici), fu raccoltoed ammucchiato in un capannone di la-miera zincata all’esterno dello stabili-mento insieme a un gruppo di ciclomo-tori nuovi rimasti invenduti.Purtroppo, una decina di anni dopo, unincendio distrusse completamente il ca-pannone con tutto quanto vi era conte-nuto.E così delle bialbero ora restano soltan-to le poche foto originali che abbiamoqui pubblicato ed i ricordi annebbiatidal tempo di qualche dipendente Aer-macchi ora in pensione.É rimasto però in me molto vivo il ri-cordo di questa motocicletta, per averlausata diverse volte in allenamento, e so-prattutto del suo potentissimo motore.Ricordo che quando prendeva i giri(penso oltre 3500/4000) scaricava a ter-ra una potenza incredibile, difficile dadosare e che rendeva la moto quasi in-guidabile.La “cavalleria” arrivava tutta insieme esenza preavviso!Per contro a basso regime la potenzaera scarsa ed irregolare, un vero cavalloimbizzarrito.Mi sono sempre chiesto se questo mo-tore (ed anche quello da 250 cm3) nonavesse potuto trovare maggior fortunain gare di velocità in circuito o magarianche in salita. Resterà un quesito sen-za risposta.

A lato, al podio dopo la gara diLombardore del 22 maggio 1960: primoCoscia, secondo Caroli, terzo Angelini. Afianco del podio si riconoscono i dirigentidel M.C. Settimo Torinese. La mano sinistradi Angelini porta ancora le tracce dellaferita della gara precedente.

Motore: monocilindrico verticale aquattro tempiDistribuzione: a doppio albero a cam-me in testa comandati da cascata diingranaggi racchiusi in cartella collo-cata sul lato sinistroAlesaggio e corsa: 88 x 82 mmCilindrata totale: 498,5 cm3

Lubrificazione: a carter secco conpompa a doppia mandata (ad ingranaggi)Accensione: a spinterogenoCarburatore: Dell’Orto SS 32Testa, Cilindro, Motore: in lega leggeraTrasmissione primaria: ad ingranaggi

con denti diritti sul lato destroFrizione: multidisco in bagno d’olioCambio: in blocco a 4 oppure 6 rap-portiRapporto di compressione: 9:1Potenza: 40 CV a 6.200 giri (non si co-noscono i dati tecnici relativi al moto-re 250)Telaio: sono stati assemblati tre diversitelai (due a doppia culla e uno mono-culla)Forcella anteriore: Ceriani a pernoavanzato (sul II prototipo)Ammortizzatori posteriori: CerianiPneumatici: ant. 3.00 x 21 post 4.00 x 19

SCHEDA TECNICA