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Rivista ItalianaLa Care in Perinatologia

Volume 2 - Numero 1 - Maggio 2008

Assistant EditorFrancesco Tandoi

Editorial BoardGraziella Andrich, Marina Battaglioli, Maria Elena Bolis,

Onorina Chinetti, Elsa Del Bo, Arianna De Martino,Giusy Di Lorenzo, Anna Maria Di Paolo, Gennaro Disiena,

Elisa Facondini, Matilde Ghinassi, Lorenzo Giacchetti,Sandra Lazzari, Giovanna Liguoro, Gianluca Lista,

Nicoletta Mallozza, Isabella Mondello, Romeo Nicola,Luigi Orfeo, Maria Pia Paganelli, Lorena Paghinini,

Anna Persico, Angela Bossi, Paola Serafini,Gino Soldera, Monika Stablum, Stefania Viero,

Vincenzo Zanardo

www.careperinatologia.it

Autorizzazione Tribunale Bologna (In attesa del n. di registrazione)

Copyright © 2008

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Editor in ChiefArturo Giustardi

Executive EditorMassimo Agosti

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Rivista Italiana Care in Perinatologia 1/2008

Indice

Editoriale....................................................................................................... pag. 1Francesco Tandoi

La continuità della Relazione: dal bonding prenatale all’attaccamento postnatale ............................. “ 2Gino Soldera, Treviso, Maria Beatrice Nava, Bergamo

La clinica della genitorialità osservata dal neonatologo ....................... “ 13Nicola Romeo, Rimini

La culla vuota: rottura e riequilibrio di una genitorialità prematura ........................................................................ “ 16Elena Bolis, Varese

Scelti per voi ................................................................................................ “ 23

Home and Abroad ..................................................................................... “ 25

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Dopo gli incoraggianti riscontri del “numerozero” della rivista, l’impulso a svilupparne i contenu-ti e ad ampliarne gli orizzonti ha rappresentato per noidel board editoriale più che la “sfida” che avevamoprevisto nel precedente editoriale, il piacere di senti-re di aver messo nero su bianco un complesso mon-do di interazioni fra le molteplici professionalità cheinteragiscono in un delicato ambito di interventi me-dici e relazionali. In Marzo a Verona si è svolta la pri-ma riunione del board editoriale, in cui si è palpatodirettamente l’entusiasmo ed il coinvolgimento di tut-ti nel fornire il proprio apporto a questa idea. Sem-bra, quindi, doveroso sentire dalla voce dei due diret-tori, Massimo Agosti e Arturo Giustardi, quali sonole prospettive di sviluppo e le proposte legate a que-sto progetto.

Dopo una partenza rivolta soprattutto aglioperatori, come pensate che possano essere po-tenziate le prospettive della rivista, in considera-zione delle problematiche trattate?

Sicuramente il cosiddetto “numero zero” ha rap-presentato un buon banco di prova per saggiare l’at-tenzione degli operatori, in primo luogo, nei confron-ti di tale progetto. Il riscontro c’è stato, il che ha rap-presentato una notevole spinta ad andare avanti e afare meglio.

La riunione di Verona, in tal senso, è stata dav-vero proficua, in primis per l’entusiasmo che i parte-cipanti al board hanno espresso nei confronti del pro-getto, ma soprattutto per il clima che si è creato, real-mente positivo e propositivo. In tale contesto, le ideeche ogni professionalità ha saputo esprimere sono sta-te numerose e anche originali. Sicuramente l’amplia-mento dell’audience, rappresenta uno degli obiettivifuturi; in questa ottica un obiettivo è stato identifica-to nella diffusione della rivista a soggetti istituziona-li quali le scuole di formazione professionale in cam-po medico/psicologico, le università, i collegi infer-mieristici o ostetrici. Anche il coinvolgimento delleassociazioni dei genitori significherebbe per noi rag-giungere e, perché no, collaborare con un gruppo dilettori che entrano di diritto a far parte dei temi del-la nostra rivista. E’ intuibile come da interventi di que-sto tipo le ricadute positive possano essere moltepli-ci andando dall’ampliamento della diffusione, alla col-laborazione con altre di figure professionali o istitu-zioni, alla promozione di eventi in tema (riunioni, gior-nate scientifiche…). Come vedete, le idee e la volontànon mancano!

Quali sono gli obiettivi che la rivista si ponein relazione ad un argomento quale la genitoria-lità, che si impone allorquando si affrontano temi

quali la nascita pretermine o, più in generale, lapatologia del neonato?

Come già accennato, una tematica di questo tiporiveste un ruolo centrale nella nostra rivista. Già nelprecedente editoriale emergeva un “obiettivo genito-ri”, in quanto in noi è ben presente la consapevolez-za delle difficoltà che, una gravidanza o una nascitapatologica, comportano per entrambi i genitori.

Ci sembra doveroso ribadire che abbiamo forte-mente voluto nel nostro board editoriale quelle profes-sionalità che con la loro grande esperienza, hanno con-tribuito a fornire il loro apporto non solo alla rivista,ma soprattutto ai fruitori di quest’ultima, su una tema-tica che per tutti gli operatori rappresenta un bisognorelazionale urgente cui far fronte nella quotidianità.

Il progresso tecnologico offre oggi una ampiapossibilità di supporto alle professionalità che ope-rano in campo peri-neonatologico. Quale può es-sere il ruolo della rivista in tale chiave di lettura?

Noi tutti credo che dobbiamo ringraziare ilprogresso e la tecnologia che attualmente consento-no, tanto in un ambito diagnostico quanto in quelloterapeutico, di supportare il nostro lavoro, costituen-do una parte fondamentale di esso. Non dobbiamomai dimenticare, comunque, che il ruolo degli ope-ratori resta centrale in un compendio di interazioniche, specie in campo relazionale, offre poco spazioalla tecnologia. A volte senza una nostra frase o sen-za una nostra parola, tali strumenti sarebbero solo ste-rili mezzi ad uso e consumo dei soli operatori, piut-tosto che uno strumento che lega un genitore al de-stino del proprio figlio. Lo sviluppo e la divulgazio-ne di quegli strumenti relazionali che rendono gli ope-ratori l’interfaccia di collegamento fra tecnologia e fa-miglia sarà sempre fra gli scopi del nostro lavoro.

E nei confronti del neonato a termine, qua-li pensate possano essere i punti su cui la rivistapuò concentrarsi?

Il neonato a termine rappresenta il termine di con-fronto con la normalità e con la fisiologia. Questo suoruolo lo pone come figura di riferimento centrale tan-to rispetto agli operatori quanto rispetto ai genitori,appunto nel suo paradigma di confronto con la pa-tologia. Viene, ad esempio, da pensare agli scenari chesi aprono in seguito alla nascita inattesa di un neona-to malformato o asfittico, situazioni che possono met-tere in crisi l’apparato relazionale in seno ad un inte-ro reparto oltre che ad un nucleo familiare. In que-sto l’analisi di tali problematiche può rappresentareuno degli argomenti in cui profondere il nostro im-pegno divulgativo.

Francesco Tandoi

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Editoriale

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Riassunto

La Teoria dell’Attaccamento fornisce una cornice uti-le a comprendere le dinamiche relative alla formazionee all’evoluzione delle relazioni primarie tra il feto-neo-nato e i suoi caregivers primari: la madre e il padre. L’ar-ticolo propone un percorso ideale lungo le tappe di forma-zione del legame di attaccamento a partire dalla vita pre-natale attraverso il parto e i primi momenti di vita ex-trauterina. Particolare rilievo viene dato al concetto di con-tinuità della relazione, come rappresentazione della con-tinuità di vita tra la fase pre- e postnatale.

1. La teoria dell’attaccamento

Nell’ambito dell’ampio filone di studi e ricer-che che ha indagato il legame madre-bambino,un posto di assoluto rilievo è occupato dalla Teo-ria dell’Attaccamento ideata da John Bowlby, psi-chiatra e psicoanalista inglese. Con la formula-zione della sua Teoria dell’Attaccamento, Bowlbypropone una visione del legame primario tra ma-dre e bambino e una interpretazione dell’eziolo-gia dei problemi mentali e della condotta pato-logica completamente innovativa rispetto alle teo-rie del suo tempo, quali il comportamentismo ela psicoanalisi.

La Teoria dell’Attaccamento (che si fonda suuna posizione di multidisciplinarietà nella qua-le la psicoanalisi è integrata con l’etologia, la so-ciobiologia, la psicobiologia, la teoria ciberneti-ca dei sistemi di controllo e l’approccio struttu-rale moderno allo sviluppo conoscitivo) afferma

che il bambino si lega alla madre e ne cerca il con-tatto a seguito di una motivazione primaria a man-tenere la prossimità con essa, in quanto è attra-verso la vicinanza con la madre che può essereprotetto.

Il legame di attaccamento viene a costituirsicome base evolutiva personale e relazionale su cuil’individuo fonderà altri successivi e più comples-si aspetti della propria personalità, legati soprat-tutto al nucleo della sicurezza ed alle possibilitàadattive che esso rappresenta per l’individuo. Lacostruzione di un attaccamento sicuro nella pri-ma infanzia, infatti, sembra rappresentare una fon-damentale risorsa per l’individuo, un fondamen-to della costruzione del Sé e delle possibilità di svi-luppo affettivo, cognitivo e sociale anche nelle epo-che successive alla prima infanzia.

Tre modelli principali di attaccamento, de-scritti per la prima volta dalla Ainsworth e dai suoicolleghi nel 1971, sono oggi identificati con si-curezza: Insicuro Evitante (tipo A), Insicuro Am-bivalente (tipo C), Sicuro (tipo B). I bambini A,attraverso il mantenimento di una moderata di-stanza dalla madre, quella che viene detta optimaldistance, evitano il rischio di essere rifiutati, comeaccadrebbe se si avvicinassero troppo; nello stes-so tempo si pongono in condizione di essereeventualmente soccorsi nel caso il pericolo diven-ti eccessivo. I bambini C, esagerando l’espressio-ne dei loro bisogni, si fanno carico di mantene-re vicina una madre altrimenti imprevedibile; ibambini B espri mono in maniera chiara e con fi-ducia i loro bisogni, nella consapevolezza di es-sere aiutati e confortati in caso di necessità (1).

La continuità della Relazione:dal bonding prenatale

all’attaccamento postnataleGino Soldera*, Maria Beatrice Nava**

*Psicologo, psicoterapeuta. Presidente dell’ANPEP, Treviso**Psicologa esperta in psicopedagogia Prenatale ANPEP, Certified Infant Massage Instructor AIMI

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Oltre a questi tre pattern ne sono statiidentificati altri, tra i quali lo stile di attaccamen-to Disorganizzato/Disorientato (tipo D) equello Confuso (Co), individuati ad opera di stu-diosi come Main & Solomon (2, 3), George &Main (4) e Crittenden (5) e Attili (6). Si tratta distili di attaccamento patologici, spesso conseguen-ti ad esperienze di maltrattamento, abuso, gravetrascuratezza, orfanità, istituzionalizzazione.

Da una recente ricerca (7) sembra esservi lapossibilità che l’attaccamento Disorganiz za -to/Disorientato possa derivare da esperienze dimaltrattamento fisico, mentre l’attaccamentoConfuso da esperienze di abuso sessuale.

2. Il concetto di Attaccamento Pre-natale

L’idea dell’esistenza di una relazione di attac-camento tra una madre ed il feto non è, come sipotrebbe pensare, uno sviluppo recente nell’am-bito della psicologia della gravidanza; Deutsch(1945, come citato in Condon, 1993) (8) fu il pri-mo a ipotizzare che l’attaccamento potesse ini-ziare durante la gestazione. Rubin (9) ipotizzò l’e-sistenza di quattro “compiti” legati alla gravidan-za: 1. la ricerca di una transizione sicura per sé e peril nascituro, 2. l’assicurarsi che il nascituro venga accettato dal-le persone significative della propria famiglia, 3. il creare un legame (binding-in) con il proprio bam-bino sconosciuto4. l’imparare a donarsi. Il concetto di Rubin di “legame” (binding-in) èpiuttosto simile a quello di “relazione” (bonding)e si è evoluto nel costrutto di “attaccamento pre-natale”. Nell’ambito della letteratura sull’accudi-mento, l’“attaccamento pre-natale” è stato defi-nito come “la singolare relazione di amore chesi sviluppa tra una donna e il suo feto” (10).

Katz-Rothman (11) afferma che “il momen-to della nascita dovrebbe essere visto come quel-lo in cui la relazione tra madre e il figlio conti-nua e non inizia”; Cranley (12), dal canto suo, af-ferma che c’è un cambiamento qualitativo nel-la relazione della madre con il proprio bambinoal momento della nascita, ma non per questo essorappresenta l’esordio della loro relazione.

Nonostante questa prospettiva, che conside-ra l’attaccamento come un processo continuo cheha inizio prima della nascita, e anche se il con-cetto di “attaccamento pre-natale” origina dal-

la Teoria dell’Attaccamento, è necessario chiari-re che l’attaccamento pre-natale e quello post-na-tale possono richiedere cornici concettuali leg-germente differenti (13).

Lo psichiatra Condon (8) ha proposto un mo-dello di attaccamento adulto e lo ha applicato al-l’attaccamento materno pre-natale. Condon af-ferma che la sua concettualizzazione dell’attac-camento segue i lavori di Bretherton (14), che de-finisce genericamente l’“attaccamento” come unvincolo emotivo (emotional tie) o un legame psi-cologico (psychological bond).

Bowlby (15) concettualizza l’attaccamentocome un processo bidirezionale tra il bambinoe il caregiver. Anche questo concetto richiede unaggiustamento se vogliamo analizzare l’attacca-mento emotivo pre-natale.

Laxton-Kane e Slade (13) affermano che nelcontesto della gravidanza, non vi siano opportunitàdi interazione reciproca. Gli Autori affermano che,di conseguenza, lo studio sull’attaccamento pre-na tale si è concentrato sull’analisi dell’intensitàe della qualità del legame madre-feto.

Laxton-Kane e Slade affermano, inoltre, chela stessa esperienza di attaccamento della madre,l’influsso dovuto ad altri ruoli e responsabilità checompetono con quelle del “caregiver” e il soste-gno disponibile durante la gravidanza abbianomaggiore influenza nel determinare l’attaccamen-to pre-natale proprio a causa della mancanza diinterazioni reciproche tra madre e feto.

Ancora, scoperte emergenti da uno studio diSiddiqui, Hägglöf e Eisemann (16), conferma-no l’idea secondo cui le esperienze infantili di at-taccamento della madre abbiano un certo impat-to sul suo attaccamento pre-natale; in questo stu-dio, gli attaccamenti pre-natali più intensi risul-tavano formarsi nelle donne che avevano espe-rito calore materno e rifiuto paterno.

Vi è anche uno studio di Mikulincer and Flo-rian (17) che contribuisce a rinforzare ulterior-mente il concetto secondo cui le esperienze ma-terne di attaccamento nell’infanzia influiscono sulsuo attaccamento pre-natale nei confronti del feto:attraverso l’utilizzo dell’AAI (Adult AttachmentInterview) (17, 18) e il MFAS (12), si scoprì che ledonne con attaccamento sicuro (B) instauravano un in-tenso attaccamento con il proprio feto fin dagli esordi del-la gravidanza. Inoltre, si scoprì che le donne conattaccamento evitante (A) mostravano un attac-camento debole verso il feto nel primo e nel ter-zo trimestre di gravidanza e più forte nel secon-do trimestre e che le donne con attaccamento am-bivalente (C) mostravano un incremento dell’at-

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taccamento verso il feto con il procedere dellagravidanza.

Così, sebbene il vincolo emotivo reale chele donne esperivano verso il loro feto non po-tesse essere considerato “attaccamento” nelsenso tradizionale del termine (in accordo, cioè,con la tradizione Bowlbiana), questo è il termi-ne che è stato usato da coloro che hanno ope-razionalizzato il costrutto.

Speckhard (19) suggerisce che l’attacca-mento ha inizio ben prima della nascita, quan-do la donna inizia a formarsi un’immagine men-tale del proprio bambino e sente il desiderio diallevarlo e proteggerlo. L’attaccamento al fetosembra cominciare circa a 10 settimane di gesta-zione (20), e crescere rapidamente a partire cir-ca dalla 16a settimana di gestazione (21).

E’ ormai stabilito che l’attaccamento mater-no-fetale cresce significativamente durante la gra-vidanza (13, 20-25), e con rapidità (24, 26, 27).Un altro studio mostra come i sentimenti posi-tivi verso il feto siano positivamente correlati almovimento fetale e all’età gestazionale (28).

3. L’imprinting pre-natale

Il concetto di “imprinting pre-natale” èmultiforme e può essere declinato secondo di-verse accezioni.

Si può affermare che durante la vita fetale visia un imprinting neurobiologico, dato che nelcorso della gestazione l’emisfero cerebrale destro- responsabile, tra le altre cose, della espressio-ne e gestione del coping, della socialità e delleemozioni - si forma e si struttura in modo nonindipendente dal suo ambiente condiviso, cioè l’u-tero materno e, in senso più generale, la madretutta. Recenti ricerche hanno dimostrato comegli ormoni materni regolino l’espressione dei geninel cervello del feto e come forti cambiamentidei livelli ormonali materni inducano cambiamen-ti dell’espressione dei geni che si mantengono an-che in età adulta (29).

In altre parole “Nature’s potential can be rea-lized only as it is enabled by nurture”, che tra-dotto suona così: “il potenziale naturale può rea-lizzarsi soltanto nel modo in cui l’ambiente lo con-sente” (30).

Studi recenti indicano che le primissime espe-rienze affettive di interazione influenzano diretta-mente la maturazione del sistema di regolazione dell’e-misfero cerebrale destro, che è coinvolto centralmente nel-la comunicazione delle emozioni. Molto più che il si-

nistro, l’emisfero cerebrale destro è profondamen-te connesso alla maturazione pre-natale del siste-ma nervoso autonomo (responsabile delle com-ponenti somatiche dell’espressione emotiva) e al-l’asse ipotalamico-adreno-pituitario, che regolala risposta individuale allo stress (31).

E’ dunque possibile affermare che l’esperien-za pre-natale di interazione con l’ambiente influi-sce sulla struttura del sistema nervoso centralee sull’architettura del cervello in evoluzione.

Lo sviluppo dell’attaccamento è così un prodotto con-giunto della predisposizione temperamentale (geneticamen-te determinata) e dell’ambiente affettivo e relazionale of-ferto dal caregiver, a partire dall’epoca pre-natale.

Si può parlare di imprinting anche da un pun-to di vista a metà tra il clinico e il biologico; percomprendere i disordini dell’attaccamento e delbonding è fondamentale comprendere il “trau-ma prenatale” e più nello specifico, la relazionetra concepimento, impianto dell’embrione ecordone ombelicale. Bisogna inoltre avere unaprofonda comprensione del simbolismo.

Il concepimento implica un’interazione “diattaccamento” quando lo spermatozoo si unisceall’ovulo. L’impianto dell’embrione implica un “at-taccamento” dell’ovulo fecondato alla parete ute-rina. Il cordone ombelicale è il tramite che per-mette la vita del feto, mantenendolo “attaccato”alla madre, ed è il mezzo attraverso il quale il na-scituro riceve nutrimento e tossine.

Se l’atto sessuale con il quale si concepisceun bambino è “ostile”, carico di paure, ambiva-lente, o semplicemente ha luogo tra due perso-ne che non si amano e non sono legate l’una al-l’altra da un reciproco impegno, sia l’ovulo chelo spermatozoo recano in sé questo “imprinting”cellulare (32). Se un ovulo fecondato vive un dif-ficile impianto - cioè l’“attaccamento” alla pare-te interna dell’utero - anche qui si verifica un cor-relato “imprinting” cellulare. Qualunque sial’imprinting, il bambino lo agirà simbolicamen-te nel proprio comportamento.

Vi sono terapeuti “della vita pre-natale e del-la nascita” (Prenatal and Birth Therapist) che sioccupano di bambini molto piccoli con vari di-sturbi del comportamento (es. difficoltà delsonno e dell’alimentazione, aggressività ecc.) in-terpretando la sintomatologia di sofferenzacome espressione di una trauma pre-natale o le-gato alla nascita ed intervenendo attraverso di-verse tecniche (il gioco - soprattutto legato alladrammatizzazione della gravidanza e del parto- ed il massaggio craniosacrale), ottenendo sod-disfacenti e spesso rapidi risultati in termini di re-

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missione dei sintomi e miglioramento della qua-lità di vita (33).

L’esperienza clinica di altri terapeuti, adesempio di Leah LaGoy, è che i bambini cui si dia-gnostica un disturbo dell’attaccamento hannoesperito un “attaccamento” pre-natale traumati-co, in aggiunta a ulteriori successivi traumi (34).

Si può inoltre parlare di imprinting anche daun punto di vista fisiologico-percettivo; il neo-natologo Bellieni (35), uno tra i più importantistudiosi della continuità tra la vita pre-natale equella post-natale, afferma che “la percezione fe-tale sarebbe necessaria per meccanismi come l’im-printing, indispensabile alla vita neonatale”.

Si parla infine di imprinting genomico (36)e imprinting psico-affettivo (37) nel dibattito le-gato alla Procreazione Medicalmente Assistita,con particolare riferimento alle problematicheconnesse alla procedura di fecondazione ICSI (In-tro Citoplasmatic Sperm Injection).

4. L’attaccamento madre-feto

La relazione di attaccamento pre-natale ma-dre-feto si struttura a partire dall’intima, continuae costante condivisione delle esperienze che la ma-dre ed il feto vivono, in maniera fortemente cor-relata sebbene non identica, come è per le rela-zioni tra Persone che si amano profondamente.

“Da due Persone può nascere solo un’altraPersona e il bambino-Figlio è da subito una Per-sona” (38) e le persone hanno una propria spe-cificità ed unicità che li distingue da sempre e persempre. La gestazione è una condizione che ri-guarda madre e feto, coinvolgendoli in un rap-porto a due che è probabilmente il più profon-do e intimo di cui un essere umano possa fareesperienza; “prima della nascita, la madre e il bam-bino vivono in osmosi” (Loux, 2001).

Il feto si sviluppa all’interno del corpo ma-terno, nutrendosi di tutto ciò che la madre gli of-fre, a livello chimico-biologico e anche a livellopsico-emotivo: “Tutto ciò che la madre vive, ilbambino lo vive con lei” (39). Ed ancora: “l’u-tero non è solo la prima culla per il bambino maè anche il suo primo vero mondo e il modo incui lo sperimenta incide sulla formazione dellasua futura personalità” (40).

Diversi studi dimostrano che lo stress vissu-to dalla madre durante la gravidanza, se continua-to ed intenso, danneggia enormemente lo svilup-po del feto, arrivando ad influire negativamentesu di esso persino a livello di formazione del si-

stema nervoso e modificando i livelli di arousaldel feto stesso, influendo - anche a lungo termi-ne - sulla sua componente temperamentale (41).

Ciò che definiamo “nutrimento” non è quin-di solo quello che passa dal corpo della madre aquello del feto attraverso la connessione del cor-done ombelicale, ma anche ciò che - grazie al tra-sferimento di “informazioni” legato al funziona-mento del sistema endocrino, ad esempio - la ma-dre prova a livello psico-affettivo: gioia, rabbia,angoscia, tristezza, serenità. L’adrenalina, il cor-tisolo, le endorfine... la risposta chimica del cor-po materno alle emozioni intense “in-forma” an-che il corpo in divenire del feto e contribuisce -a volte irreparabilmente - a definirne la fisiono-mia. Da un certo punto in poi della gravidanzail feto è in grado di “reagire” a tali “messaggi” ma-terni e di comunicare attivamente la propria pre-senza, soprattutto attraverso il movimento.

Più la gravidanza prosegue nel tempo e piùla relazione di attaccamento materno fetale si in-tensifica, grazie anche all’occorrere di eventi comela crescita ponderale della donna (la “pancia” cheaumenta di volume, con il suo effetto di “eviden-za della gravidanza”, per la madre stessa ma an-che per gli “altri”, in primis il padre), l’esperien-za dell’incontro visivo con l’immagine corporeaancora indefinita del feto grazie allo strumentoecografico (42) e il palesarsi della sua presenza“viva e vivace” grazie al movimento, fatto di ca-priole, arrampicate, nuotate e scalciate all’inter-no dell’utero materno.

La relazione di attaccamento pre-natale tramadre e feto si configura proprio a partire da que-ste possibilità di incontro. Questa relazione, mol-to emotiva e interiore, fatta di pensieri, sentimen-ti, sensazioni, già nel suo formarsi può sviluppar-si differentemente e può essere rilevata e moni-torata per sostenerne la formazione e la sana evo-luzione nel tempo.

5. L’attaccamento padre-feto

La gravidanza vissuta dal punto di vista ma-schile non ha le stesse caratteristiche di quella vis-suta dal punto di vista femminile: il padre non vivele sensazioni corporee legate alla gestazione,come la cessazione della comparsa del ciclo me-struale, le nausee, l’ingrossamento del seno, la cre-scita ponderale, il comparire della “pancia”, ecc.Tutti questi vissuti corporei vengono a lui raccon-tati, ma non fanno veramente parte di lui perchénon derivano dalla sua diretta esperienza.

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Eppure esiste una gestazione paterna: si trat-ta di una gestazione mentale, si tratta dell’avereil feto come ospite-dentro-di-sé, dentro la par-te di sé che dell’uomo-maschio definisce la fisio-nomia e la struttura: la mente. Tanto la donnaesperisce la gravidanza nel corpo e nel sentimen-to, tanto il padre può farne viva esperienza a li-vello mentale, facendo del suo Pensiero un“utero” buono e accogliente per il figlio che na-sce e che cresce nel grembo materno.

“Bisogna porre attenzione alle potenzialità,alla forza della Mente ed alla Potenza creatricedel Pensiero; il Pensiero, intriso di Emozione eDesiderio, sa Creare” (38).

L’attaccamento padre-feto è, inoltre, molto le-gato all’esperienza concreta e, se può nascere comedesiderio della mente, necessita di esperienzeconcrete e tangibili per costruirsi e definirsi. Righet-ti (42), ad esempio, indica come l’esperienza del-la prima ecografia sia importante per la coppia eper il padre in particolare, che esperisce concreta-mente (per la prima volta?) la presenza viva del feto:lo guarda muoversi, lo osserva, ne riscontra l’esi-stenza vera e tangibile. L’intensità dell’attaccamen-to padre-feto aumenta, dopo questo “incontro”.

E nei mesi successivi, durante il corso dellagestazione, il padre avrà modo di relazionarsi conil feto attraverso il tatto, carezzando la pancia del-la donna, sentendo il movimento del feto pog-giandovi sopra le mani e l’orecchio, “giocando”con il feto ormai cresciuto ed in grado di rispon-dere agli stimoli esterni come, ad esempio, la vocee il tocco.

L’uomo, avendo una struttura psichica orien-tata all’azione e al pragmatismo, tende a pensar-si padre di un bimbo “cresciuto”, grande abba-stanza da potersi relazionare con lui attraversolo scambio ed il gioco, attraverso l’attività; la don-na, invece, orientata al mondo interiore, si pen-sa madre di un bimbo da accudire, indifeso, bi-sognoso di cure ed amorevoli attenzioni (43). Larelazione padre-figlio, originante anche dallarelazione di attaccamento pre-natale padre-feto,ha i suoi esordi nella mente, nel Desiderio del-la Mente, nell’immaginazione, nel mondo inter-no afferente alla Volontà; la relazione madre-fi-glio, invece, trae la propria origine dal Desideriodel Cuore, dal mondo dell’emozione e del sen-timento, dalla sfera affettiva.

Soldera (44) evidenzia come “il padre ha co-minciato a modificare, anche se a fatica, il suo at-teggiamento tendenzialmente distaccato verso ilfiglio. In passato il suo ruolo di delega della fun-zione educativa alla madre lo aveva messo in una

condizione di grande disagio spesso compensa-to da altri interessi, come il dedicarsi al lavoro,allo sport o altro, senza per altro consentirgli diprovvedere alla soddisfazione dei suoi bisogni af-fettivi e relazionali più profondi, di vivere la suanaturale empatia e tenerezza nei confronti del fi-glio e, meno ancora, di ritrovarsi nella sua realtàumana più intima e vera avendo anche lui attra-versato, da bambino, quello che sta attraversan-do ora suo figlio. E per recuperare questoprofondo istinto umano (viene da pensare “unistinto di Attaccamento”, N.d.A.), soffocato dagenerazioni, può essere aiutato dalla sua compa-gna, la quale dalla perdita di questo ruolo esclu-sivo che gli veniva dato può trarre grande van-taggio. Si è visto che il modo con cui il padre vivela gravidanza condiziona la relazione e il tipo disostegno che dà alla sua compagna e questo a suavolta influenza l’andamento della gravidanza”.

La relazione di attaccamento tra esseri uma-ni ha basi biologiche e neurologiche, come ab-biamo già avuto modo di evidenziare in questoarticolo.

Infine, sembra interessante sottolineare chele variazioni ormonali nella donna dipendenti dal-la gestazione e che la preparano “psico-fisicamen-te” alla relazione con il feto-nascituro, nonsono una sua prerogativa esclusiva. La biologaKatherine Wynne Edwards della Queen Univer-sity di Ontario, riferisce che il 65% dei padri chefrequentano i corsi pre- (e post) parto hanno uncalo di testosterone, a favore di una maggiore pro-duzione di estradiolo (45). In un certo senso que-sti padri assumono tratti “materni” nel percor-so di acquisizione della propria paternità pre-na-tale, come se la natura lavorasse a dare forma fi-sica al loro coinvolgimento durante la gravidan-za. Come se regalasse loro l’opportunità dicreare una relazione di attaccamento con ilfeto, di cui sono generatori biologici (paternità)e psicologico-relazionali (paternalità).

6. L’attaccamento post-natale:rooming-in, marsupioterapia e allattamento al seno

Michel Odent afferma che “Non vi è alcu-na esperienza che possa tener testa alla forza eallo splendore del primo contatto tra i genitoried il loro bambino. Essere parte di questa espe-rienza come madre e come padre, significa par-tecipare a uno dei rari miracoli della vita. Il flus-so di amore che si viene a formare tra madre, pa-

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dre e bambino è un’emozione palpabile: il lega-me che si viene a formare in questi primi gior-ni e settimane fondamentali diverrà una fonte diamore e di attenzioni sia per il bambino che peri genitori durante tutta la loro esistenza”.

Si tratta del bonding post-natale, il processotramite il quale il bambino e il genitore creanoun legame, una connessione, un’intimità traloro. Il bonding è un dialogo, una complicità chesi instaura tra bambino e genitore, che comincia pri-ma della nascita, ma fiorisce nelle prime settima-ne e nei primi mesi che seguono il parto.

L’esperienza emozionale del bambino si svi-luppa in sintonia con gli input materni e pater-ni. Alla nascita, il neonato porta con sé nove mesidi esperienza e manifesta una precisa e ben de-finita individualità, come i segni che ha nelle suemani e nel suo corpo, che lo rendono diverso equindi distinguibile da qualsiasi altro essere.

L’incontro di questo giovane e promettenteessere umano con i suoi genitori è un incontrotra persone e come tale si articola nella scopertareciproca, nel desiderio di conoscenza e di rela-zione e nel rispetto della specificità di ognuno.

E’ necessario tutelare, proteggere e pro-muovere la formazione di questa relazione; espe-rienze come il rooming-in, la marsupioterapia (KMC)e l’allattamento al seno contribuiscono all’instaurar-si ed al consolidarsi dell’attaccamento post-na tale.

Il rooming-in consiste nella permanenza delbambino assieme alla madre nella stessa stanzad’ospedale per il periodo di tempo più lungo pos-sibile nell’arco delle 24 ore, vale a dire sia di gior-no che di notte, ad eccezione dei periodi legatialle cure ospedaliere, e con inizio dopo il parto,non appena la madre risulta essere in grado di ri-spondere alle richieste del bambino. Tale opzio-ne rappresenta un’opportunità che andrebbe of-ferta in tutti i casi dove non è strettamente ne-cessario l’allontanamento del neonato (46).

L’evidenza clinica (medica e psicologica) deibenefici derivanti dall’agevolare e favorire ilcontatto precoce e continuato tra il neonato e lamadre sottolinea la necessità di incontro tra i dueper il benessere di entrambi.

Il che è assolutamente logico e ragionevole:due esseri viventi - una donna e un neonato, ma-dre e figlio - che hanno trascorso nove mesi divita intensissimi, in intima e viscerale comunio-ne psico-fisica, possono venire separati l’uno dal-l’altro ed allontanati a seguito del parto (che giàdi per sé rappresenta una separazione), quandomassimo è il loro bisogno di riconoscersi, facciaa faccia, e di ricostituire quella vicinanza di men-

ti e di corpi che ha costituito l’intera loro espe-rienza pregressa comune?

E’ la stessa madre, è lo stesso figlio, è la stessa re-lazione che continua, ma le condizioni sono cam-biate; ritorna il legame con la madre, ma il neo-nato è costretto in una relazione caratterizzata dafattori prima sconosciuti (la forza di gravità, ilfreddo, l’aria nei polmoni...): il linguaggio dellapelle, il conforto tattile, corporeo, sono gli stru-menti che la creatura possiede per far fronte alladiversità del rapporto.

“In più del 50% degli ospedali italiani, no-nostante le evidenze scientifiche, si separano i ge-nitori dal figlio soprattutto nelle prime due oredi vita” (43): davvero si può pensare che tutto ciònon abbia alcuna conseguenza?

Anche nel caso di nascita pre-termine, even-to che spesso implica la lontananza e la separa-zione tra la madre e il neonato, che resta in pa-tologia neonatale lontano dall’odore, dal caloree dalla voce della sua mamma, sarebbe auspica-bile che il neonato potesse restare in intimo con-tatto con la madre (e, perché no? con il padre)attraverso la marsupioterapia (KMC - KangarooMother Care). E’ davvero curioso come la KMCsia nata in Colombia (1978), prima come solu-zione al problema della carenza di incubatrici (!)e poi come espediente per ridurre l’impatto del-la separazione delle madri dai neonati. Nello spe-cifico spazio-temporale a cui si fa riferimento, sitrattava di neonati con un peso inferiore a 1 kg(e con il 50% di probabilità di sopravvivenza): in-vece di metterli in incubatrice, i pediatri decise-ro di “impacchettarli” a testa in su tra i seni del-la madre. Grazie al latte materno, al battito car-diaco, alla voce e alla costante attività della ma-dre, malattia e mortalità subirono un tracollo: noveneonati su dieci sopravvissero.

L’allattamento è un momento fondamentaledel legame madre-bambino, soprattutto nell’ot-tica della continuità di tale legame, e rappresen-ta un valido indicatore del buon instaurarsi del-la relazione; è “il modo più semplice e naturaleper continuare e rafforzare il legame madre-bam-bino iniziato durante la gestazione” (47).

Sempre nell’ottica della continuità relaziona-le e dell’empowerment delle competenze geni-toriali, è possibile affermare che “...già durantela gravidanza si può apprendere che allattare alseno il proprio bambino è cosa semplice e na-turale” e che “...l’educazione pre-natale con il po-tere della conoscenza ha una influenza realmen-te positiva nel sostegno dell’allattamento alseno” (47).

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Abbiamo evidenziato come “il contattoprecoce con la madre consente l’ideale adattamen-to del neonato alla vita extrauterina” (48) e come“la struttura che accoglie la madre e il nasciturodovrebbe offrire alla nuova famiglia la possibi-lità di incontro e contatto precoci, che danno ini-zio ai processi di attaccamento (extrauterino,N.d.A.) e lattazione” (48).

Nei momenti immediatamente successivi allanascita, l’abbraccio della mamma fornisce al neo-nato il sostegno che gli veniva dal grembo ma-terno: è un contenimento fisico, psicologico enutritivo.

Come osserva Winnicott, la madre tiene inbraccio il suo bambino talora fisicamente, inmodo simbolico sempre (49).

Se osserviamo un neonato, molto spesso dopoun vagito, se posto sul ventre materno, interrom-pe immediatamente il pianto. Gradualmente, sela luce non lo acceca, apre gli occhi, osserva e ri-volge lo sguardo verso la fonte del suono: la vocematerna. Punta i pugnetti, cerca di sollevare il col-lo, tenta di sostenere il peso della testa per qual-che istante, poi cede e si adagia. Alcune volte siaddormenta; altre volte muove il corpo in dire-zione delle mammelle e inizia il processo di esplo-razione del capezzolo. Quando arriva spontanea-mente al seno, se non raggiunge il capezzolo, suc-chia il pollice o la mano in modo vigoroso.

E’ meraviglioso osservare l’incontro di mam -ma e bambino, quando lo si rende possibile, quan-do non si altera con una gestualità meccanica lanaturalezza di questo evento.

L’allattamento è tempo di incontro, di nutri-mento psico-fisico, di soddisfazione reciproca.Allattare significa riconoscere una logica origina-le di scambio (cioè di comunicazione e relazione),una logica di domanda-offerta nella relazione tradue soggetti che vivono il bisogno fisico equello emotivo-affettivo in modo paritetico.

Il neonato ha bisogno della madre, ha biso-gno della rassicurante prosecuzione di quella re-lazione fatta di suoni (su tutti la voce), sapori (ilsapore del colostro è affine a quello del liquidoamniotico che il feto ha ingerito durante la vitaintrauterina), odore e calore materni; la madre,d’altro canto, ha bisogno di proseguire la grati-ficante esperienza del contenere e del protegge-re, del nutrire e del sostentare.

Ma non sembra essere soltanto la dimensio-ne del “bisogno” a caratterizzare il vissuto mater-no rispetto all’allattamento: la rivista italiana “Lescienze” (2005) riporta una ricerca pubblicata sul“Journal of Neuroscience” del 5 gennaio 2005 ti-

tolando “La maternità è come una droga. La na-tura ricompensa biologicamente le madri che nu-trono i propri piccoli”. Questa ricerca rivela che“le scansioni cerebrali di ratti esposti alla cocai-na sono indistinguibili da quelle delle madri cheallattano i piccoli, supportando l’idea che la na-tura - e l’evoluzione - offra una ricompensa allemadri che nutrono i propri piccoli. Lo studio po-trebbe aiutare a comprendere meglio il legame ma-dre-figlio anche negli esseri umani”. Si tratta di at-tendere che la scienza dia spessore sperimentalealla comprensione clinica e psicologica dellachiara “funzionalità” del comportamento di al-lattamento, che permane nella specie umana dasempre, come scelta “vincente” della specieumana quindi, da un punto di vista non solo me-dico e psicologico, ma anche evoluzionistico.

Vi è dunque la dimensione del bisogno di al-lattare-nutrire e dell’essere allattati-nutriti, vi è ladimensione dell’ “opportunità” e della “corret-tezza” evoluzionistica di tale comportamento, evi è anche la dimensione della competenza ad al-lattare e ad essere allattati.

“Non ci sono dubbi. Tutte le donne posso-no allattare. Il latte arriverà senza alcuno sforzo”(47); e ancora “non ha nessun significato prepa-rare il seno, è già pronto alla sua funzione” (47).

Certamente spesso le puerpere riportano unostato d’animo governato da smarrimento, consentimenti di autocolpevolezza e inadeguatezza;espressioni comuni sono “ma questo è norma-le?”, “ma sarò all’altezza?”, “sarò capace?”,“come farò ad accudire mio figlio?”.

Ancora una volta ci viene in aiuto una frasedi Tosoni (43): “La donna va rassicurata, ha bi-sogno di essere sostenuta e condotta ad un ruo-lo di madre e ad una ricerca interiore di tutte lepotenzialità che già possiede geneticamente”. Eancora: “E’ importante sostenere la competen-za materna attraverso il processo di empowerment(potenziamento) della donna stessa, promuoven-do consapevolezza- indipendenza e autonomia”.

Anche il neonato è competente, perché ri-cerca attivamente il seno materno, guidato - comeabbiamo visto - dall’olfatto; addirittura ponen-do un reggiseno utilizzato dalla madre e uno pu-lito ai due lati della testa di un neonato, questi sivolterà più spesso verso il lato del reggiseno uti-lizzato. Questo già a pochi giorni dalla nascita (50).Nelle prime ore dopo il parto i livelli di noradre-nalina nel neonato sono molto alti, per l’attiva-zione di una speciale zona del cervello primiti-vo (locus ceruleus) (51), che ha strette connessionicon il bulbo olfattorio. Alla nascita l’odore del-

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la madre (e con il suo anche quello del liquido am-niotico e del seno) è già familiare e questa familia-rità indubbiamente gioca un ruolo fondamenta-le nell’adattamento alla vita extrauterina (52).

Il neonato sa succhiare il latte materno e lofa istintivamente, senza bisogno di apprendimen-to alcuno. “(i neonati) La prima volta che ven-gono avvicinati al petto della madre succhianoe respirano in perfetta sincronia” (50).

La competenza materna affermata nella “ca-pacità di allattare” e quella del neonato di nutrir-si al seno materno, compensano il senso di per-dita sperimentato con il parto; l’allattamento è illegame viscerale ritrovato, nel quale è avvenutoun processo di maturazione, una trasformazione del-la relazione, che continua così ad esistere.

7. Quando il neonato non è unosconosciuto…

“Spesso si nega che il feto sia una personaperché si associa questa idea a quella di autoco-scienza, dimenticando che l’autocoscienza (cosìcome la bellezza, l’età, il censo, il linguaggio, larazza) è un attributo (la filosofia li chiamerebbeaccidenti). La sostanza della persona è un’altra:è il far parte come individuo di quel livello del-la natura in cui si è in grado di poter cercare ilsignificato di sé e della realtà. “In grado” (in po-tenza) significa che magari ora come ora non èpossibile (proprio come quando dormiamo), mase le condizioni cambiassero lo sarebbe. (...) E’l’alba dell’io. Di quell’ “io”, il nostro “io”, già pre-sente dal concepimento” (35).

La parola chiave di questo paragrafo è “sin-tonia”. Questo termine deriva dal greco syntonìa,composto di syn “insieme” e di un derivato di tò-nos “tono”. Il significato letterale è quindi “stes-so tono”, cioè accordo, armonia.

L’armonia, intesa come “essere sulla stessalunghezza d’onda”, è esattamente quel che si ve-rifica quando il neonato che la madre ed il pa-dre si trovano ad incontrare dopo il parto non èuno sconosciuto, perché con lui si sono intessuti rap-porti e relazioni pre-natali significative.

Il primo incontro faccia a faccia, i primi sguar-di del neonato (che Ajuriaguerra ha sapientemen-te compreso essere costituiti da due “componen-ti”: lo “sguardo-visione” e lo “sguardo-sortilegio”,che “strega” i genitori) (53) rivolti alla madre, san-ciranno il ritrovare qualcuno che già si conosce eche, finalmente, si può conoscere anche nella di-mensione corporea e visiva.

Creare armonia e sintonia con qualcuno chenon si conosce non è facile, perché ci vuole unpercorso a volte anche lungo e laborioso per en-trare in contatto e in relazione l’un con l’altro; èil periodo dell’avvicinamento e dell’ascolto, del-la comprensione di qualcuno che è altro-da-noie che va scoperto nella sua irripetibile identità.

E’ il periodo degli “aggiustamenti”, dei ten-tativi di scambio efficace, è un po’ come fare leprove per un importante concerto; gli strumen-ti vanno accordati perché il loro suono sia nel-l’insieme armonico, i musicisti devono “entrarein sintonia” l’un con l’altro e conoscersi nei ri-spettivi stili e modalità di esecuzione, altrimen-ti uno accelera, l’altro rallenta e il terzo tiene lanota quando gli altri la cambiano.

Risultato: una cacofonia sgradevole all’orec-chio e un bel po’ di lavoro da fare insieme perraggiungere un equilibrio.

E’ esattamente la stessa cosa che accade adun neonato e ai suoi genitori da dopo il parto inavanti: se non vi è stata comunicazione, intera-zione, comprensione e reciproca conoscenza du-rante la gravidanza, il neonato risulta essere unosconosciuto per sua madre e suo padre. Cosa glipiacerà e cosa no? Come andrà cullato per cal-mare quel pianto che non si riesce a capire? Dormepoco/dorme tanto: è strano? (ma durante la gra-vidanza com’erano i suoi movimenti?). Alla sera nonsi addormenta mai (e magari per nove mesi la mam-ma ha lavorato fino a tarda sera abituandolo a questi rit-mi di sonno/veglia...).

E così via, una serie di “incomunicabilità” cherendono difficile comprendersi perché non ci siconosce, perché quel neonato è in realtà uno sco-nosciuto di cui nulla si sa, né del suo tempera-mento, né dei suoi gusti, né delle sue preferen-ze musicali, né della sua vivacità, né di altro.

E’ esattamente in situazioni come queste chesi evidenzia come un’adeguata assistenza e soste-gno durante la gravidanza possa fare la differen-za, aiutando genitori e feto a conoscersi e a co-municare l’un con l’altro già durante i primi mesidi gestazione.

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Sebbene sia noto come il processo di costru-zione del ruolo genitoriale di madre e di pa-dre si avvii già durante i nove mesi della gra-

vidanza, è il momento della nascita a rappresen-tare per entrambi i genitori un momento di “cri-si” caratterizzato dal profondo cambiamento del-la propria identità e permeato da un profondoed intimo coinvolgimento emotivo (1-3).

Questo cambiamento è vissuto in maniera piùintensa da chi vive questa esperienza per la pri-ma volta. Infatti, all’arrivo del nuovo nato la cop-pia deve riorganizzare i tempi e gli spazi fisici del-la propria vita ed è chiamata, soprattutto a livel-lo mentale, ad accogliere il bambino trasforman-dosi da coppia a triade (4-6).

Nell’arco di una generazione si sono trasfor-mati i cicli della vita familiare, si sono profonda-mente modificati i ruoli sia femminile che maschi-le ed i compiti genitoriali oltre agli stili educativi (7).

Focalizzando l’attenzione alle fasi iniziali del-l’esperienza genitoriale è importante sottoli-neare come oggi, con la scomparsa della cosid-detta famiglia allargata, vi sia una tendenza a vi-vere l’esperienza della maternità all’interno del rap-porto di coppia, escludendo le famiglie di origi-ne (8). Ciò sembra trovare conferma in un recen-te studio qualitativo condotto, presso il repartodi Ostetricia del Policlinico Universitario di Firenze (9), per meglio comprendere l’esperien-za soggettiva della maternità in un gruppo di 24mamme i cui bambini avevano un’età compre-sa tra i tre e gli otto mesi, erano nati sani e nonpresentavano problemi di sviluppo. L’età mediadel campione di donne che hanno partecipato allostudio era di 31 anni, con una scolarità media di14 anni e di queste il 50% erano occupate. Il 62%delle donne erano coniugate, le restanti erano con-

viventi. Il 92% del campione era rappresentatoda primipare.

Si sono raccolte le emozioni e le convinzio-ni che le donne avevano riguardo la gravidanzaed il periodo successivo al parto ed in partico-lare i temi trattati nei 5 focus group condotti sonostati: i sentimenti di soddisfazione o d’infelicitàdurante la gravidanza ed il parto, la conoscenzadella depressione post partum e le possibili areedi miglioramento nei servizi sanitari dedicati al-l’assistenza durante tutto il percorso nascita. Eb-bene, sia durante la gravidanza che nel post par-tum le donne indicano come prevalente sentimen-to di soddisfazione il supporto del partner indi-viduando questa figura come la più importanteper aiutarle ad affrontare il compito materno.Dopo il parto le donne indicano come fattoreprincipale di soddisfazione la capacità del part-ner di condividere i cambiamenti che avvengo-no nella coppia dopo il parto.

Ovviamente, grande importanza per unpieno sentimento di soddisfazione riveste purelo stabilirsi di una buona relazione con il propriobambino correlata per più con la riuscita dell’al-lattamento al seno.

Nello stesso studio le donne indicano tra i sen-timenti d’infelicità, prima del parto, principalmen-te le paure e le preoccupazioni per l’andamentodella gravidanza ed a seguire eventuali contrasticon il partner intesi soprattutto come differenteatteggiamento nei confronti della gravidanza.

Nel post partum, invece, il sentimento pre-dominante riferito dalle donne è quello della ina-deguatezza nell’acquisizione sia del nuovo ruo-lo materno che della responsabilità che si avver-te nei confronti dell’accudimento e del benesse-re del proprio bambino.

La clinica della genitorialitàosservata dal neonatologo

Nicola RomeoU.O. T.I.N.-Neonatologia, AUSL Rimini

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Queste incertezze nell’acquisire il ruolo ma-terno coincidono con la percezione delledonne di essere lasciate sole nella cura del lorobambino sia da parte del partner sia da partedelle strutture sanitarie.

La critica rivolta dalle donne nei confron-ti del servizio sanitario si riassume nell’eviden-te discrepanza tra la ridondanza dei servizi loroofferti durante la gravidanza ed il quasi nullache caratterizza il periodo immediatamente suc-cessivo al parto.

Nelle conclusioni di questo studio, gli Au-tori attribuiscono questa esperienza di solitu-dine riferita dalle mamme alla crisi del model-lo materno tradizionale. La scomparsa della fa-miglia allargata ed il fallimento del tentativo di“maternalizzazione” della figura paterna spin-gono le donne a cercare negli operatori sani-tari quelle informazioni, l’assistenza ed il sup-porto necessario per affrontare ed acquisire ilnuovo ruolo materno.

Dall’osservatorio neonatologico, sulla basedi quanto emerge dagli studi psicoanalitici sulnuovo ruolo genitoriale nell’attuale contestosociale, si rafforza il convincimento che i ser-vizi sanitari impegnati ad erogare l’assistenzalungo l’intero percorso nascita devono centra-re quegli obiettivi chiaramente indicati nellanormativa vigente (Progetto Obiettivo Mater-no Infantile (P.O.M.I.), parte integrante delP.S.N. 98/00) (10).

Alcune tappe del percorso assistenzialesono, a mio avviso, fondamentali per offrire ser-vizi qualitativamente adeguati in grado di rispon-dere ai variegati bisogni delle coppie che a noi sirivolgono lungo questo articolato, complesso maanche affascinante percorso nascita. Provo ad in-dicarne le principali:a) l’importanza attribuita ai corsi di accom-

pagnamento alla nascita è ormai un datoacquisito. Le modalità con cui questi cor-si si svolgono non sono standardizzate. Amio avviso, è comunque importante pre-vedere sempre almeno un incontro deigruppi di madri e padri con gli operatoridel punto nascita non solo per le informa-zioni che potranno ricevere a riguardo del-le prassi assistenziali rivolte alle mamme edai neonati ma, soprattutto, per la possibi-lità offerta alla coppia di “familiarizzare”con gli ambienti ed il personale che incon-treranno da lì a poco tempo nella fase cru-

ciale di tutto il percorso rappresentata dalmomento della nascita.

b) Organizzare l’assistenza alla nascita ed al-l’inizio del puerperio in modo da tutelarelo stato di salute di madre e neonato maanche garantendo alla coppia ed al lorobambino di non essere disturbati nell’ini-zio della loro relazione così piena di inten-se e personali emozioni. Questo inizio del-la relazione tra i genitori ed il loro bambi-no va facilitata (aspetti organizzativi) e so-stenuta dal personale dell’area ostetriconeonatale con atteggiamenti e comporta-menti adeguati. Ciò vuol dire che tutto ilpersonale di assistenza deve avere chiari gliobiettivi assistenziali, deve saper governa-re i cosiddetti aspetti tecnicistici dell’assi-stenza ma deve anche conoscere le nozio-ni basilari della comunicazione al fine di po-ter trasmettere alle donne i messaggi“educativi” ma anche saper cogliere i se-gnali di allarme per un’iniziale disturbo del-la relazione madre-padre-neonato.

c) Il momento della dimissione dall’Ospe-dale rappresenta, come abbiamo visto, unmomento critico per la mamma specie sealla prima esperienza. Ecco perché è im-portante accompagnarle in modo adegua-to ed attento durante tutto il periodo del-la degenza post partum. Facilitare il con-tatto precoce pelle a pelle e l’inizio del-l’attaccamento al seno subito dopo ilparto, così come l’attuazione del “roo-ming-in” 24/24 ore, rappresentano sicu-ramente fattori facilitanti l’acquisizione delruolo genitoriale, soprattutto quello ma-terno che richiede tempo e supportoadeguato. Tuttavia, anche quando tuttosembra essere andato bene il rientro a casada parte delle mamme rappresenta un mo-mento critico. Questo è noto da tempo ela stessa normativa vigente (P.O.M.I.)prevede, tra le azioni da intraprendere nel-l’organizzazione dei servizi rivolte alpuerperio, di attuare, laddove possibile,almeno una visita domiciliare entro 24-48ore successive alla dimissione. Oggi, an-cora più di ieri, la sostenibilità di tali ser-vizi sembra essere un miraggio, per cui èutile ricorrere all’utilizzo di strumenti chepossano in qualche modo individuare il bi-sogno e rendere così appropriata l’attiva-zione dei servizi territoriali per il suppor-to alle puerpere.

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La conoscenza da parte degli operatori deidiversi momenti emozionali che vivono lecoppie durante tutte le tappe del percorso na-scita (gravidanza, parto e puerperio), la capa-cità di pensare a nuove modalità di erogazio-ne dei servizi assistenziali in grado di soddisfa-re questo bisogno di sostegno alla genitorialitàcosì diffuso soprattutto nel puerperio, permet-teranno di pianificare meglio l’organizzazioneassistenziale dei nostri servizi.

Prima di concludere sento il bisogno di con-dividere con Voi una riflessione personalematurata in questi ultimi anni. Il sostegno allagenitorialità è un bisogno diffuso nella nostrapopolazione e non appartiene in modo preva-lente ai cittadini non italiani, che pure presen-tano un elevato rischio socio sanitario e richie-dono tutta la nostra attenzione. Penso però chesia arrivata l’ora di affrontare in modo sistemi-co questo problema del sostegno alla genito-rialità con interventi incisivi e ad ampio raggio.Inizierei focalizzando l’attenzione sul disagiogiovanile…………i genitori di domani.

Bibliografia

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7. Lorenz K. Gli otto peccati capitali della nostra civiltà. 1973.8. Sabbadini L. Gravidanza e parto: una nuova coscienza fem-

minile, un nuovo protagonista maschile. Roma, ISTAT 2001.9. Valoriani V, Benvenuti P, Pazzagli A. L’esperienza sogget-

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10. Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n° 131 del7 Giugno 2000. Serie generale. Decreto Ministeriale 24Aprile 2000 adozione del progetto obiettivo materno-infan-tile relativo al “Piano sanitario nazionale per il triennio1998-2000”.

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Il progresso tecnologico degli ultimi decenni nel-l’ambito delle cure intensive neonatali, haportato ad una sensibile riduzione del tasso di

mortalità neonatale, modificando così anche lafrequenza e il tipo di morbilità.

I successi prodigiosi ottenuti dalla medicinain ambito perinatale, grazie a cure sempre più so-fisticate e l’ausilio dell’alta tecnologia, hanno per-messo la sopravvivenza di neonati sempre più pic-coli e con patologie più complesse.

Sono emerse tuttavia nuove problematicheed interrogativi, che pongono oggi al centro del-l’attenzione l’outcome e la qualità di vita di que-sti neonati prematuri, non soltanto da un pun-to di vista medico, ma anche secondo un’otticadi sviluppo psichico, sociale, relazionale.

La necessità di conoscere la sorte dei figli sal-vati dalle macchine e l’esigenza di strutturare ap-procci medico-psicologici atti a garantire ai so-pravvissuti uno sviluppo fisico-psichico il più fa-vorevole possibile, ha favorito la produzione diuna vasta letteratura sull’argomento.

Al di là dei dati clinici che si stanno accumu-lando nel corso degli ultimi anni, è il follow-upche proviene dalla storia a fornirci dati più inco-raggianti: tra le fila dei nati prematuri si annove-rano Keplero, Newton, Thomas Hobbes, PabloPicasso, Wiston Churchill.

Questi modelli rassicuranti mostrano comeil potenziale e le risorse umane del singolo, al dilà delle macchine salvifiche, siano infinite e sor-prendenti e di come non sia possibile assumereun approccio strettamente deterministico incampo di potenzialità di sviluppo.

La “condizione organica di prematurità” haperso così progressivamente la sua connotazio-

ne di unicità e centralità nella genesi dei distur-bi evolutivi ed è stata contestualizzata in una vi-sione più globale di sviluppo, considerato comela risultanza dell’interazione di più fattori.

Ha assunto grande rilevanza la funzione del-l’ambiente socio-affettivo con cui il neonato in-teragisce sin dai primi momenti: si è riconosciu-to come la sua vulnerabilità neurocomportamen-tale del prematuro possa essere influenzata e mo-dulata in senso facilitante o ostacolante, dall’am-biente che lo circonda, dalle modalità di cura eprotezione delle figure primarie.

Sono diventati quindi oggetto di studio le dif-ficoltà genitoriali, i vissuti e le reazioni emotive del-le madri alla nascita prematura e si indagano i dan-ni dovuti alla separazione neonatale precoce.

Parlare di prematurità richiede, quindi, il con-tributo di diversi saperi, in un intrecciarsi di com-plesse dinamiche psichiche della madre, limiti bio-logici del bambino, offerta della scienza.

Nell’ottica dell’attaccamento la nascita prema-tura può avere un impatto drammatico sugli inizidella vita sociale del bambino e sulla costruzionedel legame affettivo con la madre, interferendo conla strutturazione del legame di bonding.

In condizioni fisiologiche madre e bambinosperimentano, nei giorni successivi al parto,una dimensione relazionale ed affettiva che per-mette loro di creare un legame, una connessio-ne, un’intimità. Grazie alla possibilità di uncontatto prolungato e continuativo, imparano pre-sto a coordinare i loro comportamenti, a sincro-nizzarli, ognuno riconoscendo e adattandosi airitmi dell’altro. L’esperienza emozionale delbambino si sviluppa in sintonia con gli input datidalla madre e dal padre. Attraverso i canali di sen-

La culla vuota: rottura e riequilibrio di una

genitorialità prematuraElena Bolis

Nido, Neonatologia e TIN - Ospedale “F. Del Ponte”, Varese

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so con il contatto corporeo, la manipolazione, loscambio emotivo, mamma e bambino costruisco-no insieme un senso di appartenenza reciproca.All’interno della relazione il bambino impara ariconoscersi come individuo e a dare significa-to a ciò che lo circonda, mentre la madre si ri-conosce come genitore e, attraverso i feedbackche il figlio le restituisce, aumenta il senso di si-curezza e fiducia delle proprie capacità materne.Il bonding è la premessa per una buona relazio-ne e uno sviluppo del bambino e genitoriale fa-vorevole. Una precoce separazione può provo-care dei danni spesso irreversibili.

In una nascita prematura i primi rapporti trala madre e il piccolo prematuro avvengono nelreparto di terapia intensiva neonatale, un ambien-te stressante ed ostile per la diade e assai pocofavorevole agli scambi relazionali. L’incubatrice,che assicura il mantenimento della temperatura,umidità e concentrazione di ossigeno, costitui-sce, di fatto, una vera e propria barriera fisica al-l’interazione fisica e affettiva. In queste condizio-ni la madre non può compiere quei gesti che por-tano a prendere confidenza con il proprio ruo-lo genitoriale e naturalmente all’attaccamento.

La sopravvivenza del proprio figlio è appe-sa ai fili di macchinari sofisticati e alle cure co-stanti di specialisti, le modalità e le tempistiched’accudimento non sono subordinate ai ritmi ealle esigenze relazionali ma determinate dalla strut-tura ospedaliera.

La forte sensazione di impotenza e inutilitàrelega i genitori in un vissuto di estraneità, carat-terizzato dal sentirsi “visitatori”, piuttosto che ireali genitori di quel bambino.

Il carattere altamente tecnico e strumentaledell’ambiente in cui madre e bambino vivono iprimi momenti di relazione ha inevitabilmenteuna forte ripercussione sull’immaginario mater-no. Con l’entrata in TIN, i pensieri della madrerimangono in massima parte assorbiti da preoc-cupazioni concrete di carattere medico, centra-te sul corpo e sulle problematiche fisiche del bam-bino, spostando interamente il contesto emoti-vo dell’elaborazione della relazione agli aspetti piùtecnici. Spesso la donna si trova a vivere un bam-bino indiretto, raccontato dalle parole dei medi-ci e interpretato attraverso i suoni dei monitor:il contatto intimo attraverso lo sguardo e il tat-to lascia il posto ad una conoscenza mediata dal-l’ambiente circostante. Lo spazio dedicato al“prendersi cura” viene ridimensionato in un’ot-tica di “cura”, con una restrizione delle espres-sioni emotive, fantastiche e simboliche. I primi

contatti relazionali rischiano spesso di caratteriz-zarsi per un vuoto rappresentativo e una fortecoartazione emotiva della madre.

Se pochi sono gli scambi affettivi positivi, l’in-terazione anche quando è permessa è resa dif-ficile dalla condizione di immaturità e instabilitàdel neonato che fatica a reagire e tollerare gli sti-moli esterni. In generale il bambino preterminenon è un partner sociale ideale in quanto è menoattraente, adattabile e prevedibile di un bambi-no fisiologico.

Il suo organismo non ha ancora raggiuntola capacità di autoregolazione a causa dell’imma-turità neurocomportamentale che lo contraddi-stingue; per questa ragione, il piccolo non è an-cora pronto a ricevere stimoli complessi, qualiquelli di natura sociale, motivo per cui, cerca didifendersi adottando strategie di risposte evitan-ti o disorganizzate. L’assenza di un’organizzazio-ne comportamentale periodica e prevedibilerende, nei primi tempi, più difficile per il neona-to adattarsi alle richieste ambientali e, viceversa,rende problematico all’adulto interpretare i suoisegnali. I due sistemi che dovrebbero entrare incomunicazione si trovano in una situazione disquilibrio, in quanto le funzioni dell’uno non sonoancora sufficientemente mature per aprirsi al rap-porto e quelle dell’altro non trovano sequenzetemporali organizzate nelle quali inserirsi.

Questo alimenta nei genitori il senso di sfi-ducia nelle proprie capacità di accudimento, ac-compagnato da un forte senso di frustrazione,sentimenti che disincentivano i tentativi di entra-re in relazione con il neonato. L’interazione nongarantisce quelle rassicurazioni e incoraggiamen-ti di cui hanno bisogno per sentirsi confermatie amati dal proprio bambino.

Per quanto riguarda il genitore, la prematu-rità del bambino può avere un forte impatto trau-matico e generare sentimenti di scoraggiamen-to, di stanchezza, di incredulità, di lutto, elemen-ti tutti che possono interferire con la sensibilitàe disponibilità della madre ad entrare in relazio-ne empatica con lui. Bisogna infatti sottolinea-re come la nascita prematura si inserisca trauma-ticamente nella vita reale e mentale della coppia,provocando spesso un forte shock emotivo.

L’“evento nascita”, spesso atteso comel’apice della tempesta emotiva che l’arrivo di unfiglio evoca nella coppia, il momento di verifi-ca delle proprie capacità generative, diviene in-vece un evento luttuoso che obbliga entrambia confrontarsi con vissuti di angoscia, dolore,perdita. La prematurità viene così a costituirsi

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come un fattore altamente disorganizzante peril funzionamento mentale dei genitori, per la sta-bilità emozionale, interferendo con i comples-si e articolati processi dinamici che portano allagenitorialità.

Il complesso lavoro di destrutturazione e rior-ganizzazione personale che ogni nascita porta consé, può, infatti, in questa situazione di criticità,realizzarsi con estrema difficoltà ostacolando l’or-ganizzarsi di una funzione genitoriale favorevo-le allo sviluppo di un bambino.

La maternità non è, infatti, un sentimento oun’attitudine innata che scatta automaticamen-te alla nascita, ma piuttosto un sentimento chesi sviluppa nel tempo.

Il termine “transizione alla genitorialità” sot-tolinea la dinamicità di questo processo in un con-tinuo divenire lungo i nove mesi della gestazio-ne fino al primo anno di vita.

Nel corso dei nove mesi, tanto la madre,quanto il figlio, subiscono profondi cambiamen-ti che li preparano al momento del parto. Men-tre il bambino reale si sviluppa fisicamente nel-l’utero quello immaginario si sviluppa fantasti-camente nell’utero psichico della madre e ne an-ticipa lo sviluppo.

Le trasformazioni emotive e psicologiche chela donna vive in gravidanza sono funzionali al-l’elaborazione di nuove rappresentazioni menta-li relative al sé come madre e al nascituro, con lacreazione di uno spazio mentale ed affettivo, doveaccogliere, nutrire e far crescere il proprio bam-bino e la propria dimensione materna. La don-na deve compiere quel cruciale passaggio dal ruo-lo di figlia al ruolo di madre, da “oggetto” di curaa “soggetto” che si prende cura in una progres-siva riorganizzazione del suo assetto psichico.Questo processo consente quindi alla donna diriconoscere alla nascita il proprio bambino, in-vestendolo di un amore oggettuale.

In caso di prematurità, la donna interrom-pe troppo precocemente la gravidanza, in una fasein cui non è ancora psicologicamente pronta afar nascere il proprio figlio e nascere ella stessacome madre.

Il parto improvviso non trova soltanto unbambino prematuro, ma anche una madreimpreparata e prematura. Come il bambino nonha raggiunto, infatti, un grado di sviluppo ne-cessario che possa garantirgli la sopravviven-za autonoma, così la donna non ha raggiuntoancora un grado di sviluppo affettivo, menta-le, rappresentativo, che le consenta di vivere ilsuo ruolo di madre.

La nascita prematura amputa quindi la gra-vidanza, negandone alla madre gli ultimi mesi, tap-pe psichiche cruciali per la differenziazione e se-parazione psichica dal bambino.

Spesso, in caso di grossa prematurità, ella staancora attraversando una fase simbiotica, dovegli esatti confini tra il sé e il nascituro non sonochiaramente percepiti. Il figlio è ancora vissutocome un prolungamento del sé narcisistico e lacreazione dell’immagine come persona distintae indipendente è in uno stato di abbozzo, cosìcome la propria immagine materna.

Inoltre negli ultimi mesi di una gravidanzafisiologica vi è normalmente una progressiva ri-duzione delle rappresentazioni, forse come di-fesa della madre contro l’inevitabile discordan-za tra le proprie fantasie e l’imminente realtà delnascituro. Il neonato prima del termine corrispon-de invece ancora, nella mente della madre, adun’immagine molto idealizzata e perfetta dibambino, che racchiude in sé gli ideali dell’Io del-la gestante. Il colmare il divario tra ideale e rea-le richiede alla donna un lungo e costoso proces-so di elaborazione.

La rapidità del parto, provoca un passaggiotroppo brusco ed inaspettato da una sensazio-ne di pienezza e perfezione a quello di “conte-nitore privo d’oggetto”, creando una situazionedi shock. La mente infatti non riesce ad adattar-si altrettanto velocemente alla realtà e questo ge-nera vissuti di disorientamento, estraneità, con-fusione, con la sensazione di avere “pancia e lebraccia vuote”.

La madre finisce spesso per provare unprofondo senso di insoddisfazione, di delusio-ne rispetto alle aspettative, un senso di incom-pletezza. Sente, infatti, di non essere riuscita a por-tare a termine il suo compito generativo, di nonaver saputo creare quel “bambino bellissimo” cor-rispondente al proprio ideale. La nascita è carat-terizzata da un forte senso di fallimento e vissu-ta come una profonda ferita narcisistica. Ilbambino che ha lasciato l’utero materno troppoprecocemente, è un bambino non finito, un bam-bino imperfetto, che verrà protetto e completa-to in altri luoghi da persone più competenti, pron-te a riparare ciò che lei non è stata in grado di fare.Questo sentimento di inadeguatezza vieneproiettato sulla percezione della propria capacitàdi essere genitori quasi come se le competenzegenitoriali fossero direttamente correlate a quel-le generative. Non aver saputo trattenere, con-tenere, proteggere in utero, equivarrebbe a nonsapere accudire fuori dall’utero.

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Si viene così a costituire un doppio lutto: quel-lo legato alla perdita del bambino immaginario,ideale e quello dell’immagine di sé come “buongenitore” portatore di vita.

Il figlio che si trova davanti è ben diverso dalbambino ideale che ha costellato l’immaginariomaterno durante la gravidanza: il neonato che lesi presenta sembra concretizzare i fantasmi di mu-tilazione, deformità e morte, fonte di angosciain gravidanza. Molte donne hanno una fase ini-ziale di rifiuto o sentimenti molto ambivalenti neiconfronti del bambino prematuro: da un lato an-goscia e preoccupazione per la sua sopravviven-za, dall’altro delusione e frustrazione.

Il bambino viene vissuto con una doppia sim-bologia: come pericoloso per l’incolumità psichicadel genitore e contemporaneamente in pericolo equindi oggetto di preoccupazione dello stesso.

La madre trova spesso difficoltà nel ricono-scere in quel bambino il proprio figlio, frutto diun personale progetto familiare. La nascita pre-matura si configura come brusca rottura rispet-to alle attese e alle aspettative con una difficoltàa collocare e accogliere il neonato all’interno del-la propria storia familiare. La donna non riusci-rebbe, infatti, nel difficile compito di disinvesti-re il bambino della gravidanza per reinvestire i me-desimi sentimenti su quello che si trova davanti.

La rottura con il passato relega la neo fami-glia in un presente ritualizzato di giorno in gior-no, che assorbe il passato e il futuro in una sor-ta di atemporalità. Entrambi i genitori si sento-no sospesi in uno stato di incertezza, dovendo-si accontentare di prognosi temporanee e inde-finite, nell’impossibilità medica di fare previsio-ni precise su eventuali sequele neurologiche e de-ficit permanenti. Il vissuto di precarietà e incer-tezza che contraddistingue il primo periodo, agi-sce arrestando la dimensione fantasmatica ma-terna e la progettualità futura: vi è un’incapacitàa creare uno spazio mentale per “sentire” e “pen-sare” il bambino. Insieme al bambino ideale si per-de anche la libertà di pregustare in anticipo il suofuturo e quello familiare. I genitori si trovano pa-ralizzati in un “qui ed ora” pregno di angosciae paura di morte.

Vi è una posticipazione dell’investimento af-fettivo, per proteggersi dal dolore della perditae limitare l’angoscia del possibile lutto. Per sca-ramanzia non si fanno i preparativi per il ritor-no a casa, in una sorta di “lutto anticipato”. Lanascita pretermine diviene, in alcuni casi, solo unatto medico: dovrà avvenire una seconda nasci-ta con la dimissione.

Questo spostare il “tempo” dell’investi-mento genitoriale e della ripresa emotiva rappre-senta un atteggiamento difensivo volto a proteg-gere la madre dalla paura della perdita del bam-bino, dal rischio di “cadere” in uno stato psico-logico di insicurezza, depressione e apatia. Se ini-zialmente può essere una modalità funzionale, chepermette un adattamento graduale alla realtà, seprotratto nel tempo, può portare a difficoltà neltrovare una sintonia empatica con il proprio bam-bino, a rintracciare quei fili relazionali e rappre-sentazionali interrotti bruscamente dalla nasci-ta prematura.

Sentimento comune, che rappresenta un pas-saggio cruciale nell’elaborazione del lutto, è la rab-bia, sentimento spesso proiettato verso bersaglidiversi: l’équipe medica, attraverso aggressioni omeccanismi svalutanti, verso il bambino che hadeluso aspettative del genitore e li ha relegati inuna condizione di sofferenza, verso il destino opersone esterne ritenute più fortunate. La rab-bia talvolta viene introiettata portando spessoad un aumento dei sentimenti depressivi, sensidi colpa e di inadeguatezza.

Dobbiamo sottolineare come, nonostantedalle storie singole possano emergere vissuti e trat-ti comuni, ogni genitore reagisce alla nascita pre-matura del proprio figlio con modalità e tempi-stiche che lo caratterizzano: non tutti provano lemedesime angosce, mettono in campo le stessedifese, né tutti conservano le stesse tracce di que-sto sconvolgimento.

Le reazioni dipendono sia dalla propria sto-ria di sviluppo - rapporto con i genitori e stile diattaccamento - sia dalla situazione attuale -struttura di personalità, capacità di coping, rap-porto di coppia, sostegno familiare.

Nella migliore delle ipotesi il trauma, il rifiu-to, la rabbia, le colpevolizzazioni sono funziona-li all’accettazione della realtà, poiché danno il tem-po per metabolizzarla assorbendo l’evento trau-matico gradualmente. Il processo di lutto impli-ca, quindi, fasi che portano progressivamente allamobilitazione delle risorse personali e alla ristrut-turazione e riorganizzazione cognitiva.

Alcune madri si rivelano capaci di elaborare l’ac-caduto e di stabilire con il bambino legami di at-taccamento sicuri ed empatici. Queste madri rie-scono a reinvestire su se stesse in quanto buoni ge-nitori, capaci di amare e di prendersi cura del lorobambino come oggetto di amore.

Quando invece queste emozioni si cristal-lizzano impediscono alla madre di reagire inmodo funzionale, diventano quindi patologi-

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che, continuando ad influenzare l’atteggiamen-to del genitore verso il figlio anche a diversianni di distanza.

Il processo di lutto mal elaborato, i mec-canismi di difesa, possono rendere estremamen-te difficile affrontare la realtà di malattia del fi-glio, portando all’assunzione di comporta-menti e stili genitoriali non favorevoli al poten-ziale di sviluppo del bambino.

Alcuni genitori rimangono a tal punto in-trappolati nel fantasma della prematurità, da nonriuscire a stabilire una relazione armonica conil proprio figlio, con la tendenza a svilupparerapporti sbilanciati in termini di distanza-vici-nanza affettiva. In alcuni casi si strutturano di-namiche relazionali iperprotettive ed estrema-mente invischianti, all’estremo opposto, atteg-giamenti distanzianti, rifiutanti.

In generale la non completa integrazionedel trauma rischia di rendere l’etichetta di neo-nato prematuro un marchio indelebile pertutta la vita, nucleo attorno al quale si organiz-zeranno le successive rappresentazioni del fi-glio, il legame di attaccamento e il proprio sti-le genitoriale.

La visione del figlio non sarebbe tanto ba-sata sul riconoscimento del bambino reale, masulle necessità affettive, riparatorie, sulle pau-re, sui conflitti materni.

Il bambino reale faticherebbe a trovare unospazio mentale genitoriale entro il quale collo-carsi, nel quale sentirsi riconosciuto ed accet-tato per quelli che sono i propri limiti, ma an-che per le proprie risorse. Tanto più il bambi-no reale viene oscurato dalle fantasie, paure,idealizzazioni genitoriali, tanto più i suoi biso-gni saranno disattesi.

L’incapacità di alcune madri a decentrarsiin favore della prospettiva del figlio, ad attua-re quello spostamento dell’investimento da séall’“Altro”, impedisce in definitiva di dare e ri-conoscere piena soggettività al bambino, pro-cesso che implica l’accettazione delle sue ne-cessità, diverse dalle proprie.

“Sembra talvolta che ci sia in queste madriuna difficoltà a delimitare degli esatti confinitra il sé e il bambino, e a distinguere aspetti delneonato da vissuti che sono propri. La presadi coscienza di quanto riguarda il mondo inte-riore della madre distintamente dal bambino,la differenziazione tra il figlio, la sua sofferen-za i suoi bisogni e se stesse, si pone come aspet-to molto significativo per l’attuazione del pro-cesso di separazione-individuazione così diffi-

cile da ottenere in caso di nascita prematura”(Negri R, 1998).

Verrebbe così a mancare la possibilità dicreare una relazione autentica, un rapporto ba-sato sulla capacità di regressione, identificazio-ne, sintonizzazione affettiva con il mondo in-teriore del bambino, processi che permettonoal genitore di “vederlo” per ciò che è realmen-te e “sentirlo” per quelli che sono i suoi effet-tivi bisogni e necessità.

Tale situazione affettiva può portare spes-so ad uno sbilanciamento dell’investimento sulfiglio: se da un punto di vista operativo il bam-bino è iperinvestito, con un’attenzione verso il“fare” e un’eccessiva razionalizzazione dellecure, dall’altro c’è un’incapacità a calarsi in unadimensione dello “stare” e “sentire”, con un in-vestimento empatico e una risonanza affettivalimitata. Questo rischia di provocare grossi dan-ni evolutivi al figlio.

Una visione reale del bambino porta, infat-ti, a proporre all’interno della relazione, stimo-lazioni adeguate e favorevoli al suo sviluppo,riconoscendo le sue capacità e competenze maanche le sue difficoltà e limiti.

Una visione basata sulle proprie aspettati-ve ed esigenze emotive, non permette, inve-ce, il rispetto dei tempi di sviluppo. La sovra-stimolazione genitoriale a cui vanno incontroalcuni bambini prematuri, sembrerebbe più fun-zionale ad esorcizzare fantasmi e paure di me-nomazioni psichiche del proprio figlio, che a fa-vorire il suo sviluppo.

Queste riflessioni evidenziano la necessità,nel processo di cura del pretermine, di una pre-sa in carico anche genitoriale, considerandol’ambiente familiare che circonderà e si pren-derà cura del bambino un fattore prognosticofondamentale per il suo sviluppo.

La guarigione fisica, infatti, non corri-sponde necessariamente a quella psichica: unbambino non guarisce completamente fino aquando la sua identità di malato non viene ri-mossa dalla mente dei genitori, i quali devonoiniziare a conoscerlo e a ricostruire la sua nuo-va identità.

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Rivista Italiana Care in Perinatologia 1/2008

The efficacy of non-pharmacologi-cal interventions in the manage-ment of procedural pain in pre-term and term neonates. A systema-tic literature review

Cignacco E, Hamers JPH, Stoffel L, van Lingen RA,Gessler P, McDougall J, Nelle M. European Jornal ofPain 2007; (11): 139-152.

Il controllo del dolore in Neonatologia rap-presenta un punto centrale nell’ambito degli ap-procci terapeutici al neonato critico. Sono nume-rosi gli studi che enumerano le procedure dolo-rose cui è sottoposto un neonato pretermine du-rante la fase di ospedalizzazione oltre ad alcunecondizioni morbose che sono causa di dolore cro-nico. Sono altrettanti gli studi che evidenzianocome un controllo del dolore non adeguato puòavere rilevanti effetti negativi sull’outcome neu-rocomportamentale a lungo temine. In conside-razione del limitato numero di oppioidi o ben-zodiazepine utilizzabili in Neonatologia, appareopportuno, quindi, considerare, a supporto deitrattamenti convenzionali, anche le tecnichenon farmacologiche per il controllo del dolore.Questa revisione rivolge la propria attenzione neiconfronti della corrente letteratura al fine di ve-rificare le evidenze (13 studi e due metanalisi) cir-ca una serie di procedure che si sono imposte ne-gli anni come metodi analgesici non convenzio-nali. Sono state prese in considerazione proce-dure quali la suzione non nutritiva, la musica, letecniche posturali e di contenimento, la stimo-lazione olfattiva e multisensoriale, la marsupio-terapia. E’ stata omessa l’analgesia con soluzio-ne glucosata in quanto i suoi effetti sono ampia-

mente documentati e validati dalla letteratura.Volendo riassumere, gli interventi maggior-

mente efficaci, si sono dimostrati la suzione nonnutritiva e le tecniche posturali o di contenimen-to, sebbene tutte le tecniche, contestualmente agliobiettivi in studio, hanno evidenziato un certogrado di efficacia. Permangono, tuttavia, questio-ni metodologiche (fra cui, la scelta degli strumen-ti più appropriati per la rilevazione del dolore, lastrutturazione degli studi in cieco, la numerositàdei campioni in analisi, la mancanza di standar-dizzazione di alcune procedure) che, per alcunistudi in particolare, rendono problematica l’in-terpretazione o il confronto dei risultati. Di ri-lievo appare, inoltre, la conclusione a cui giun-ge la revisione per cui, per alcune procedure, l’ef-ficacia maggiore sia espressa prevalentemente neineonati a termine piuttosto che nei pretermine.

Gli Autori concludono che, allo stato attua-le delle conoscenze, la maggior parte dei suddet-ti interventi non farmacologici per il controllo deldolore, fornisce un certo grado di beneficio ai neo-nati sottoposti a procedure dolorose; tuttavia pertutte le procedure esaminate non sussistono an-cora evidenze per cui i trattamenti possano so-stituire le terapie convenzionali nelle manifesta-zioni dolorose più intense o croniche.

Non-pharmacological tecniques forpain management in neonates

Golianu BG, Krane, E, Seybold J, Almgren C, AnandKJS. Seminars in Perinatology 2007; (31): 318-322.

Riguardo questo lavoro, il primo rilievo da fareriguarda gli Autori, in quanto la review è stata pub-

Scelti per voiUna panoramica sulla più recente

letteratura in tema di......supplementazioni e profilassi vitaminiche

A cura di Francesco Tandoi

CollaboratoriArianna De Martino, Lorenzo Giacchetti

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blicata dal gruppo di Anand, fra più attivi nellaricerca sul dolore del neonato; il gruppo si è di-stinto, in particolare, nel delineare l’impatto di unainadeguata analgesia sul successivo outcome cli-nico e comportamentale nel neonato.

Un rilevante concetto espresso in questo ar-ticolo riguarda la capacità che il neonato preter-mine ha di esprimere il dolore mediante modi-ficazioni comportamentali, capacità che in que-sti neonati è strettamente in relazione con il gra-do di maturazione complessiva; pertanto la ca-pacità degli operatori di individuare una condi-zione dolorosa nei neonati maggiormente pre-termine può essere di difficile individuazione.

L’articolo si snoda, quindi, nella disamina didifferenti tecniche non farmacologiche di con-trollo del dolore: rispetto all’articolo preceden-te vengono prese in considerazione le tecnichedi distrazione (musicoterapica, stimoli olfattivi),per cui quando viene stimolata l’attenzione i pro-cessi cerebrali di attivazione del dolore sono menoattivi, l’allattamento al seno, che secondo una re-cente review della Cochrane ha un effetto anal-gesico equivalente a quello della somministrazio-ne di glucosata, il massaggio, che incrementan-do l’attività parasimpatica promuove l’organiz-zazione di uno stato fisiologico di calma.

Un paragrafo a sé occupa, invece, l’agopun-tura il cui effetto principale si attuerebbe nella fasedi svezzamento del neonato pretermine da lun-ghi periodi di sedazione farmacologica. In tale ot-tica l’agopuntura avrebbe un ruolo importante neltrattare i sintomi di astinenza come anche gli sta-ti di agitazione/irritabilità. Viene riferito come, inuno studio pilota, neonati sottoposti ad agopun-tura hanno richiesto meno somministrazione dibenzodiazepine ed oppioidi nella fase di svezza-mento dalla sedazione. L’agopuntura potrebbe an-che rivelarsi utile nella fasi post-operatorie, ridu-cendo lo stress post-chirurgico. E’ chiaro che lavalidazione di tale procedura e il successivo tra-sferimento alla pratica clinica dovranno richiede-re uno sforzo collaborativo multicentrico.

Viene, infine, sottolineata la multidisciplina-rietà dell’approccio al dolore del neonato.

Music for very young ears

Hunter BC, Sahler OJZ. Birth 2006; (33): 2, 137-138.

Da tempo l’utilizzo della musica nelle tera-pie intensive neonatali è al centro di attente va-lutazioni in quanto è documentata la capacità delfeto di ascoltare come anche quella del neona-to di esprimere preferenze rispetto a differentitipi di melodia. I suoi effetti (se somministratada sola o, meglio, se associata alla suzione nonnutritiva) sulla risposta al dolore o sulle capacitàconsolatorie sugli stati di stress, ha trovato con-senso anche in letteratura, pur non rappresentan-do ancora un intervento standard nella maggiorparte delle TIN.

Sebbene l’articolo in questione sia uncommento, contiene tuttavia, numerosi prin-cipi di somministrazione di musica ai neona-ti con un buon supporto da parte delle eviden-ze scientifiche.

Fra essi risalta la raccomandazione ad espor-re con estrema cautela i neonati pretermine a que-sto tipo di trattamento. In tal senso, ad esempio,l’intensità della musica deve essere inferiore a 70dB, la musica deve essere accompagnata possi-bilmente al canto di una voce femminile, il tem-po di esposizione al trattamento non deve supe-rare i 30 minuti al giorno.

Il corpo dell’articolo, quindi, si concentra sul-l’esperienza del Children Hospital di Rochester,NY, nel somministrare musica dal vivo (arpa) esui documentati vantaggi di tale trattamento neiconfronti della musica registrata.

Gli Autori individuano comunque nella mu-sica un elemento capace di infondere un climadi serenità a tutti gli operatori della TIN e ai ge-nitori, tanto da essere entrata, su richiesta dellemadri, nei locali adibiti all’estrazione del latte ma-terno. Tale esperienza sembra rendere tale pro-cedura più gradevole e accompagnarsi ad unamaggiore estrazione di latte.

La bibliografia contiene importanti riferimen-ti per coloro che vogliono approfondire l’argo-mento.

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Rivista Italiana Care in Perinatologia 1/2008

Corsi dell’Associazione Italiana per la Care in Perinatologia

19-20 maggio 2008“Educazione prenatale, vita prenatale eneonatale (educare i genitori durante lagravidanza)”Crediti ECM richiesti per medici,ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologi.Costo 160 euro, max 20 partecipanti

3 giugno 2008 “Assistenza al neonato in sala parto”(10 crediti)Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali.

22-23 settembre 2008 “Il neonato che non respira”(20 crediti) Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologiCosto 160 euro, max 20 partecipanti.

20-21 Ottobre 2008 “Pronto Soccorso emozionale”(20 crediti) Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologiCosto 160 euro, max 20 partecipanti.

3 novembre 2008 “Il pianto del neonato e del lattante come gestirlo. L’uso della fascia, prove pratiche”Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologiCosto 100 euro, max 20 partecipanti.

17-18 novembre 2008 “Assistenza della madre e del neonato in acqua”(20 crediti) Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologiCosto 160 euro, max 20 partecipanti.

10-11 Dicembre 2008 “Kangaro mother care e assistenza persona-lizzata del prematuro”(20 crediti) Crediti ECM richiesti per medici, ostetriche in-fermiere pediatriche e professionali, puericultri-ci, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologiCosto 160 euro, max 20 partecipanti.

Iscrizioni e informazioni: Monika Stablum,

Tel.: 3383679491 dalle 15:00 alle 18:00 e-mail: [email protected]

Convegni

24-25 Maggio 2008 “L’esperienzaprenatale traneuroscienze, medicina, psicologia ed edu-cazione”Presidenti:Giulio Bevilacqua, Gabriella Ferrari Parma Sala Auditorium del Campus UniversitarioCosti: Euro 240,00 IVA esclusa, speciale studen-ti: Euro 80,00 IVA esclusa.Segreteria Congresso: [email protected]; www.anep.org

KMC Europe 20081st European Conference on the KangarooMother Care method6-7 Ottobre 20087th International Workshop on KangarooMother Care8-11 Ottobre 2008 - Uppsala, Sweden.

5 Novembre 2008 “Il Neonato Critico”Villa Porro-Pirelli, Induno Olona - Varese

Home and AbroadUno sguardo a convegni, corsi ed eventi, in Italia e all’estero,

che hanno come tema la “care” in medicina perinatale

Docenti: Arturo Giustardi - Monika StablumSala Kolping, Via Ospedale - Bolzano

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