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Luigi Maria Sanguineti Advaita Vedanta Alla luce degli insegnamenti di Pensatori tradizionalisti

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Luigi Maria Sanguineti

Advaita VedantaAlla luce degli insegnamenti di Pensatori tradizionalisti

AYahya Sergio Yahe Pallavicini

Presidente della ISESCO

(Istitutoper il dialogo tra le Civiltà)Consigliere della

COREIS( Comunità Religiosa Islamica Italiana )

grato dell'aiuto datomi per la conoscenza dell'Islam

IndiceAvvertenza1 – Dov'é il due, là c'é il timore.2 – Una rivoluzione esistenziale : porre l'IO al centro e l'idea, che abbiamo di Dio, alla periferia3 – Noi siamo semidei dormienti : un atto di fede imposto dalla ragione.4 - L'unità del tutto.5 – Dio é con forma e senza forma.6 – La ricerca della verità é come camminare sul filo del rasoio.7 – Che cosè il male8 – Non pazienza ma vittoria sul dolore.9– Il vero significato della rinuncia.10 – FatalismoAppendice : Pagine da Raja Yoga, di Yoghi RamacharakaScheda storica

Quando l'Advaita – Vedanta appare, é come quando tra gli animali della giungla si affaccia il leone : tutti gli altri rimangono azzittiti.Detto d'uso advaitico

Avvertenza

Chi , lodevolmente prudente, prima di spendere il suo tempo iniziando la lettura di questo libro, sta leggendo questa prima pagina, deve essere avvertito che non troverà nelle seguenti nessuna approfondita esposizione dell'Advaita-Vedanta (1) ; che, peraltro, l'autore conosce solo di seconda mano. Vi troverà solo l'esposizione delle opinioni personali di questi ; che però, consapevole dei suoi limiti, ha cercato di confortarle il più possibile con gli insegnamenti di Pensatori tradizionalisti ( insegnamenti riportati nelle note - e se mai questo libro meritasse di essere letto, lo meriterebbe, non per quanto risulta dal testo, ma dalle note). Ancora, chi sta leggendo questa “avvertenza”, se ha la pazienza e la curiosità di continuare a leggere, troverà le ulteriori pagine riempite di varie argomentazioni e dimostrazioni : ciò é dovuto essenzialmente ad una …. deformazione professionale dell'autore ( che fa l'avvocato ). Questi però ci tiene a dire ( per sfuggire almeno al ridicolo ) che é perfettamente consapevole che un libro, che si diffonde così tanto, in dimostrazioni e in più o meno riusciti ragionamenti, é un libro decisamente di seconda mano : i libri che veramente valgono sono quelli che contengono affermazioni che, sapendo giungere direttamente al cuore dei loro lettori, non hanno bisogno di dimostrazioni.(2)A questo punto , dopo una autocritica così masochistica dell'autore, chi legge vorrà sapere perché questi si é gravato della fatica di scrivere. La risposta a questa legittima domanda è questa : l'autore si é addossata la fatica ( ché fatica, nonostante i magri risultati, é stata, e non poca! ) nella speranza di trovare dei compagni di strada: con questo libro é come se egli dicesse ai lettori : queste sono le mie idee, mi sembrano sostanzialmente buone, dato che mi sembrano confortate dagli insegnamenti di grandi Maestri, c'é qualcuno tra voi che , almeno in linea di massima condividendole, é disposto ad accettarmi come suo compagno per approfondirle e liberarle dagli errori?

Note1) Con tutto ciò il lettore, consultando la scheda di inquadramento storico posta alla fine del libro, potrà avere le idee essenziali su l'Advaita-Vedanta e sul suo maggiore esponente, Shankara.2 - Swami Vivekananda , “Entretiens et causeries” p.304 e ss ( nella mia traduzione ): “La dimostrazione , la più perfetta che noi troviamo in un qualsiasi dominio della scienza umana non può che rendere un fatto probabile , e niente di più. I fatti i più dimostrabili delle scienze fisiche non sono che probabilità, non sono ancora dei fatti. I fatti non si trovano che nei sensi. I fatti debbono essere percepiti, e per dimostrare a noi stessi la religione, é necessario che noi la percepiamo. Ci é necessario sentire Dio con i nostri sensi per essere convinti che vi é un Dio. C'é necessario sentire con i nostri sensi i fatti della religione per sapere che essi sono dei fatti. Nient'altro, nessun ragionamento, ma solamente ciò che percepiamo noi stessi può fare che queste cose siano reali per noi, può rendere la nostra credenza salda come una roccia” .Da “Alla ricerca di Dio” - raccolta di insegnamenti di Shri Ramakrishna - , p.380 : “Signore, credete in Dio? - fu chiesto al Maestro. Si - Egli rispose. Potete provarlo, Signore? - Sì – E come? - Perché io vedo Dio come vedo Voi, ma molto più intensamente.”

1 – Dove c'é il due , là c'é il timore .

Junior- Dio esiste? Esiste un Quid che ha avuto il potere, per la mente umana inconcepibile, di autocrearsi e di autocrearsi dal nulla dato che nulla prima di lui esisteva ? E che, come aveva e ha tale potere di autocrearsi dal nulla, aveva e ha il potere di creare dal nulla ?

Senior – Certamente l'esperienza ci porta a negare che una qualsiasi cosa, un qualsiasi quid abbia avuto il potere di autocrearsi: infatti l'esperienza ci insegna che dal nulla non può venire che...il nulla e che qualsiasi cosa, nasce o viene tratta da qualche altra cosa. Ma tale negazione, formatasi in base alla considerazione che noi e nessun uomo come noi, ha mai visto una cosa particolare nascere dal nulla, perde di validità se applicata, non a una cosa particolare, ma a tutto l'universo, a tutto l'esistente. E infatti, se ci riferiamo e definiamo l'universo come “tutto ciò che esiste, nessuna cosa esclusa”, per spiegarne l'esistenza ( una volta escluso, che tale esistenza possa provenire da altra cosa, dato che con la definizione adottata abbiamo escluso che altra cosa possa esistere ) si offrono alla nostra scelta solo le due seguenti alternative : o l'universo si é autocreato oppure é stato creato dal nulla. E siccome non possiamo attribuire né all'uomo né , tanto meno, a entità inferiori all'uomo ( come le cose materiali : le pietre o....una nebulosa ) il massimo dei poteri immaginabili dall'uomo e cioé il potere di creare dal nulla, siamo costretti a pensare che l'universo, il “tutto esistente”, sia stato creato da un Quid dotato del potere ( massimo e dalla mente umana neanche immaginabile ) di creare dal nulla ; inoltre, dal momento che partiamo dal presupposto che nulla di esistente vi fosse prima che l'universo venisse ad esistenza, noi siamo costretti a ritenere che questo Quid , dotato del potere di creare dal nulla, si sia autocreato ( dato che nulla vi era che potesse crearlo e nulla vi era con cui potesse essere creato ).

Junior- Ma l'universo anziché creato non potrebbe essersi evoluto da un quid ?

Senior – La teoria dell'evoluzione non fa che spostare il problema : se infatti B si é evoluto da A , si pone il problema di come sia venuto ad esistenza A.

Junior – Dunque Dio esiste ed é onnipotente.

Senior.- A me sembrerebbe più esatto attribuire a Dio non l'onnipotenza ( ciò che fa pensare a un Essere più potente, sia pure infinitamente più potente, di altri esseri , che hanno però essi pure degli autonomi poteri ), ma il possesso di ogni e qualsiasi potere (1) E infatti non si può negare a Colui, che ha creato una cosa, il possesso di integrale di tale cosa, quindi anche il possesso dei poteri di cui tale cosa, é dotata.

Junior- Quindi quando l'uomo fa, esercitando i poteri che Dio gli ha dati, egli solo apparentemente fa: in realtà chi fa é Dio

Senior.- Mi pare una conclusione inevitabile. Ma su di essa torneremo.

Junior - Ma noi, a tale essere dotato di infiniti poteri, possiamo attribuire una infinita bontà ?

Senior - Certamente dobbiamo pensare a Lui come a un Essere privo di odio. E infatti l'odio é il sentimento che ci porta a distruggere ciò che ci é di ostacolo nella realizzazione dei nostri desideri. Ma siccome tale Essere , non può avere desideri, già tutto avendo e nella sua completezza, dobbiamo escludere che Egli possa odiare.Ma come non può odiare neanche può amare, nel senso di avere un sentimento che lo porta a far del bene a un dato, particolare, essere. E infatti é inconcepibile che un Essere dotato di infiniti poteri sia “portato” ( il che é come dire, “tratto”, “vincolato”) ad amare un qualche cosa. Si può quindi parlare dell'amore di Dio così come si parla del calore del sole – calore che riscalda tutti, sia la tigre che sbrana l'uomo sia l'uomo che é sbranato dalla tigre.

Junior – Non mi consola l'idea di questo Essere assoluto, che non impedisce la sofferenza del mondo, che non impedisce alla tigre di sbranare l'uomo. E non tirarmi fuori, per giustificare il male che c'é nel mondo, la teoria del karma e della reincarnazione. La legge del Karma, che fa conseguire, il male che riceviamo, dal male che abbiamo fatto ( tu, Epulone, oggi ti vedi negare il pane da Lazzaro, perché ieri fosti tu a negare il pane a Lazzaro) non é che una caricatura della legge che si applica nei tribunali ; e una caricatura per di più brutta , dato che i nostri tribunali almeno non condannano chi ha fatto, sì, il male, ma l'ha fatto non potendo fare altrimenti, mentre la legge del Karma condanna Epulone a una sofferenza ( certe volte atroce ) per un'azione, sia pure malvagia, ma che egli ebbe a compiere, perché così come era stato da Dio costruito ( con quei tanti vizi controbilanciati da così poche virtù ) non poteva non compiere.

Senior- Ma non é detto che chi ammette la legge del Karma, e io sono tra questi , ne vanti la giustizia, può, come me, semplicemente constatarne l'esistenza. Se tu tocchi una stufa rovente, ti scotti : non ha senso discutere se ciò é giusto o no : occorre solo prendere atto di tale legge. Così, se tu, Epulone, avrai agito così e colà, dovrai soffrire così e così : e anche qui non ha senso discutere se ciò é cosa giusta o no : é una legge che governa l'universo e, se siamo intelligenti, dobbiamo tenerla presente.

Junior- Ma proprio il fatto che quest'universo sia stato costruito in questo modo, con tali leggi crudeli, é la cosa che mi fa indignare; e mi fa condividere le parole di quel rivoluzionario francese che disse “ Se Dio esistesse, occorrerebbe fucilarlo” . E anche tu non fucileresti chi fosse stato tanto malvagio da rinserrare noi uomini in una gabbia ( la gabbia di questo mondo ) in cui siamo costretti, per sopravvivere a sbranarci a vicenda ?

Senior - Io potrei dirti a questo punto che la tua indignazione é, sì, sacrosanta (2 ) ; ma che proprio tale tua indignazione dimostra la ( sia pure infinita e quindi imparziale ) bontà di Dio : infatti essa parte da te e non, metti, da una...mucca perché

tu sei, più della mucca, una immagine ( sia pure opaca ) di Dio, insomma, tale indignazione é un riflesso di Dio in te: la tua indignazione contro Dio nasce e paradossalmente non può che nascere da Dio - non é forse Dio che fa muovere la tua lingua che lo bestemmia e fa battere il tuo cuore ( sei forse tu, che fai battere il tuo cuore, tu che forse neanche sai come funziona ?!). Ma riconosco che fa paura e non può non farla, l'idea di un Essere, al di fuori di noi ( e quindi, in un certo senso, contrapposto a noi ) - un Essere che proprio perché infinitamente superiore e quindi infinitamente diverso da noi, c'é da aspettarsi che pensi e agisca secondo logiche diverse da quelle che ispirano il pensiero e l'azione di noi uomini, quindi, in un modo, per noi uomini, “pazzesco” ( dato che noi uomini chiamiamo pazzo chi agisce con logiche, dalle nostre, diverse ) ( 3 ).Ma c'é una medicina per guarire da tale paura; e di essa parleremo nel nostro prossimo incontro.

Annotazioni –1 -Da La Suprema Sapienza di Yogi Ramacharaka, p.43, editore Venexia : “ Abbiamo visto che fra le qualità e gli attributi che le leggi della ragione ci costringono ad attribuire all'Assoluto, vi é anche quella dell'onnipotenza o potere supremo. In altre parole, siamo costretti a considerare l'Uno come la sorgente di tutto il potere che esiste, é esistito ed esisterà nell'Universo. Il potere dell'Uno non solo é superiore a qualsiasi altro potere, ma non vi può essere altro potere e perciò tutte le manifestazioni o forme di forza e di energia devono essere parte di quella grande energia che emana dall'Uno”.

2 - Da Guida allo Yoga - raccolta di scritti di Sri Aurobindo - p. 223. edizioni Mediterranee : “Si é pronti per la realizzazione supermentale quando si é completamente disgustati delle cose come esse sono (…....). Soltanto quando troverete il mondo disgustoso, insopportabile, inammissibile, sarete pronti per il cambiamento di coscienza. Per questo non concedo importanza all'idea della rinuncia. Rinunciare significa abbandonare ciò che si apprezza, che si deve gettare lungi da sé ciò che si crede valga la pena di essere conservato. Dovete invece sentire che il mondo é spaventoso, stupido, brutale, e pieno di sofferenze intollerabili; una volta che il vostro modo di sentire sia orientato in tal senso, tutto il fisico, tutta la coscienza materiale che non accetta più tutto ciò e vuole un cambiamento, griderà : “ Voglio un'altra cosa, qualcosa di vero, di bello, pieno di delizia, di conoscenza e di coscienza”.

3- Da Jnana-Yoga, di Swami Vivekananda , Editore, Fratelli Bocca p. 214:“Dovunque ci sia il due, esiste paura, pericolo, conflitto, lotta. Se tutto é Uno, chi odiare e con chi lottare?”.Da Entretiens et causeries raccolta di scritti di Swami Vivekananda , editore Albin Michel, p.76 ( mia traduzione) : “Noi non possiamo liberarci della paura, fino a che sussiste una qualsiasi cosa sopra di noi, anche se fosse Dio; é una necessità per noi

essere Dio”.

2- Una rivoluzione esistenziale : porre l'IO al centro e Dio – o meglio, l'idea che abbiamo di Dio - alla periferia.

Junior – Proseguiamo il discorso iniziato nel precedente incontro : che cosa é quella medicina che mi dovrebbe far guarire dal timore e dalla vera e propria disperazione che nascono in me dalla constatazione dell'infinita potenza, ma anche della infinita diversità e lontananza da noi, di Dio ?

Senior- E' il senso dell'IO ( 1 ). Quando ti volgi alla tua interiorità, due cose ti appaiono, incontestabili e di assoluta evidenza : l'esistenza dell'IO e la sua assoluta centralità ( 2 ).

Junior- Se poni l'IO al centro, finisci per porre Dio nel “non IO” e quindi alla periferia dell'IO : ma non é assurdo porre DIO, il creatore di tutto l'esistente e quindi anche del tuo IO, nella periferia di questo ?

Senior – Assurdo, in effetti, sarebbe porre DIO (3) nella periferia dell'IO e questo al centro. Ma io ti invito a porre nel “non-IO”, quindi nella periferia, non DIO, ma l'idea di DIO che la tua limitata mente umana si può fare. E tu non puoi negare che, volgendo lo sguardo alla tua interiorità, tu hai la vivida e incontestabile esperienza che tutto l'esistente, quindi anche DIO, sia alla periferia : tu puoi amare Dio, tu lo puoi odiare, ma sia nell'un caso che nell'altro lo poni alla periferia : lo ami perché verso di te si é dimostrato e si dimostra buono, lo odi perché verso di te si é dimostrato e si dimostra cattivo. Con ciò termina questo secondo nostro incontro. Siccome, però, quelli che contano veramente, non sono i discorsi che tra noi si possono fare, ma i fatti e l'esperienza diretta ( così come abbiamo visto nel nostro primo incontro dice Swami Vivekananda) ti invito, nel lasciarci, a leggerti , nell'appendice, le pagine da me tratte da Raja Yoga, di Ramacharaka Yogi – pagine in cui l'Autore dà preziose indicazioni per potenziare quella consapevolezza della centralità dell'IO, che di solito dorme in noi.

Note-

1 - E questo senso dell'IO é una base salda per ogni costruzione filosofica, dato che nessuno può negare l'esistenza dell'IO senza cadere in contraddizione col fatto che, per negare tale esistenza, egli deve pur...esistere.

“Nessuno può affermare “io non esisto” dice Shankara per sostenere la realtà dell'essere” - confr., Il pensiero Vedanta, di Angelo Morretta , p.147E qui viene naturale richiamare anche il Cogito ergo sum di Cartesio

2 - “Quando l'anima percepisce se medesima come un centro circondato dalla circonferenza; quando il sole sa di essere sole, circondato dai pianeti roteanti intorno; allora é il tempo della sapienza e del potere del Signore” , insegnamento ( probabilmente Vedantico ) tratto da Raja Yoga, di Ramacharaka Yoghi, p, 20, Fratelli Bocca Editori .

3- Qui mi riferisco al Dio Impersonale, all'AIN SOPH dei cabalisti. Ecco come Amlein parla ( in La Cabala operativa, p.47 ) di Dio, dell'Assoluto :” Al di là di tutto ciò che é concepibile, al di là di tutto ciò ch l'Uomo può immaginare, concepire, considerare, al di là di tutto ciò che é, per lui il BENE, e al di là di tutto ciò che é il MALE, esiste ancora “qualche cosa”. Questo qualcosa, é un “Impossibile” ancora più astratto delle impossibilità accessibili al nostro spirito. E ciò, é l'esistenza negativa di Dio, tutto ciò che Dio concepì con l'Uomo, non é”.Confesso che le parole di Amlein , qui riportate, non trovano in me un eco del tutto positivo. Ed io preferisco richiamarmi, per concettualizzare in qualche modo il Dio impersonale, alle parole di Ramakrishna ( tratte da Alla ricerca di Dio, ,p.312 - raccolta di insegnamenti di Ramakrishna stesso ) : “Brahman é al di là e al di sopra del pensiero e della parola, al di là della concentrazione e della meditazione, al di là del conoscente, del conosciuto e della conoscenza, al di là persino della concezione del reale e dell'irreale. Tutto sommato, é al di là di ogni relatività”.Anche il Cristianesimo conobbe una “teologia negativa” , ciè una teologia che sosteneva e sostiene che “Di Dio si può predicare solo l'inconoscibilità. Qualsiasi concetto attribuito alla divinità ( anche bontà, giustizia, amore ) é un'indebita estrapolazione di qualità prettamente umane, in definitiva una forma di antropoformismo” - confr. Filosofia - Storia delle idee dalle origini ad oggi, di Ubaldo Nicola, ed. Giunti, p.196. Dionigi l'Areopagita ( IX secolo ) , a cui si deve l'elaborazione cristiana della teologia negativa , insegnava : “Solo mediante la privazione della vista e della conoscenza, con il fatto stesso di non vedere e di non conoscere, é possibile vedere e conoscere ciò che sta oltre la visione e la conoscenza (. ….....) penetrando nella caligine che sta sopra l'intelligenza, troveremo, non la brevità delle parole, bensì la mancanza assoluta di parole e di pensieri”- confr. sempre, Ubaldo Nicola, Filosofia, cit. p.196.

3 – Noi siamo semidei dormienti : un atto di fede imposto dalla ragione.

Junior- Va bene, te lo concedo : io sono un centro di conoscenza, di influenza, di potere, come si legge nelle pagine del Ramacharaka da te riportate in “appendice”. Però il punto da vedere é : questo potere, questa conoscenza, questa capacità di influenza, che io indubbiamente ho, sono tali da soverchiare le forze a me ostili, che sono presenti nel “non-io”? Se non lo sono, la tua pretesa medicina contro il timore, che mi ispira la infinita potenza di Dio....non funziona.

Senior – Io credo che sì, che il potere che dorme in te (1), sia tale da soverchiare ogni potere ostile: tu, come si legge nel Vangelo, sei un Semidio dormiente.

Junior- Tu credi in ciò veramente ?

Senior – Il mio é un atto di fede.(2 )

Junior. Quindi un atto irrazionale.

Senior – Anche se la ragione non ci può dare l'assoluta certezza dell'onnipotenza dell'IO, il fare atto di fede che l'IO sia onnipotente, non é un atto irrazionale, ma l'unico atto ragionevole che un uomo possa fare. Se ti trovi bloccato in un appartamento, che le fiamme minacciano di invadere ; e ci sono solo tre strade che ti potrebbero portare al giardino in cui troverai la salvezza, strade di cui due chiaramente già invase dalle fiamme; e una voce ti dice che la terza dalle fiamme é immune, certo, la ragione non ti assicura che la voce sentita sia veritiera, ma l'aver fede che sia veritiera e imboccare la terza strada é certamente un atto perfettamente razionale, dal momento che l'alternativa sarebbe quella di sicuramente morire bruciato.(3)Con tutto ciò anche se dell'onnipotenza dell'IO non si può dare una piena prova, se ne possono dare alcuni principi di prova , che confortano la ragionevolezza dell'atto di fede compiuto.

Junior- Comincia a dire il primo di tali principi di prova.

Senior – Il primo di tali principi di prova é dato dal fatto che la ragione é costretta ad ammettere che l'IO non abbia bisogno degli organi del senso ( occhi, naso....) per connettersi con la materia.

Junior- E' un po' difficile a credersi.

Senior- Vediamo se lo é davvero: metti che i miei occhi cadano su un cartello pubblicitario raffigurante una cattedrale e i miei nervi trasmettano l'immagine della

cattedrale al cervello : e con ciò siamo arrivati al punto che l'immagine della cattedrale é nel cervello.A questo punto, che succede ?

Junior . Succede che tu vedi la cattedrale.

Senior – Non é detto : se io , metti caso, quando i miei occhi sono caduti sul cartello pubblicitario, ero tutto concentrato nel fare una partita a scacchi, probabilmente non mi sono accorto né del cartello pubblicitario né della cattedrale. Tu sai che alcuni scacchisti, quando sono concentrati nel loro gioco, neanche si accorgono se una vespa li punge. (4)Allora?

Junior- Allora, a un certo punto cesserai di concentrarti nella partita, ti connetterai, entrerai nel tuo cervello, e finalmente vedrai la cattedrale.

Senior. E qui, siamo venuti al punto che ci deve interessare: se io voglio entrare nel mio appartamento per prendervi qualcosa, devo usare un qualche strumento : le chiavi, di solito. Ora che strumento uso per entrare nel mio cervello ?

Junior- Non saprei.

Senior.- Non lo sai perché in realtà io non ho bisogno di nessun strumento per entrare nel mio cervello. Ma se l'IO non é limitato dalla necessità di usare degli strumenti per conoscere ( nel caso esemplificato , per conoscere quel che é entrato nel suo cervello ), questo non ci porta a pensare che la sua conoscenza in realtà non conosca limiti ? (5)

Junior - Non dico né sì né no : sono perplesso : passa a darmi un 'altra prova o, come tu ci tieni a precisare, un altro principio di prova, dell'onnipotenza dell'IO.

Senior. Se io voglio muovere il mio dito mignolo, la mia volontà manda un comando e....il dito mignolo si muove.

Junior.- Che c'é di strano ?

Senior.- Tu non ci trovi nulla di strano perché sei abituato a identificare il tuo “IO” col tuo corpo. Ma così non é, e che così non sia certo te ne sarai convinto leggendo le pagine di Ramacharaka ( poste in Appendice) : l'IO e il corpo sono due quid ben distinti. Se tu parti da tale considerazione, il fatto che il mio IO riesca a muovere , con un suo atto di volontà il mignolo, che é un quid ad esso estraneo , ti dovrebbe far pensare che esso ( id est, il mio IO ), con un suo semplice atto di volontà, potrebbe muovere anche un altro corpo, a lui estraneo, ad esempio una montagna, e che, se non riesce a questo, é solo perché, mentre quando manda il comando al mignolo di muoversi, in lui c'é l'aspettativa, la fede che il mignolo si muoverà, quando manda il

comando alla montagna di muoversi, in lui, un'eguale fede non c'é ( ma se ci fosse, la montagna si muoverebbe - non é detto nel Vangelo “ Se voi aveste solo tanta fede quanto un granello di senape, sareste capaci di muovere le montagne” ? ).

Junior.- Fermiamoci qua : ho capito il concetto : l'Io é onnipotente, l'IO é uguale a Dio.

Senior – No, l'IO non é eguale a DIO. Infatti DIO non é onnipotente, é qualche cosa di più : DIO “é colui che é”, cioé Egli ha tutte le sue potenzialità realizzate nella pienezza del suo essere. Mentre l'IO ha solo delle potenzialità infinite, di cui egli non sa, come chi dorme nulla sa di possedere cose, che pur possiede. O per usare un altro paragone, forse migliore, egli ha infinite potenzialità, di cui egli non osa usare, perché una malvagia ipnosi gli fa credere di non poterne usare : egli é come un uomo intorno al quale un malvagio ipnotizzatore abbia disegnato un cerchio ordinandogli poi di non oltrepassarlo : fino a che non riesce a liberarsi dall'ipnosi, quest'uomo non riuscirà ad oltrepassare il cerchio, per quanti tentativi egli faccia.

Junior- Occorre quindi , se ho ben capito, che noi ci si sforzi di liberarsi dall'ipnosi e così si giunga ad acquisire l'eredità divina che ci compete.

Senior- Se tu dici che l'IO deve sforzarsi di acquisire qualcosa , imposti male il problema . Perché deve sforzarsi ad acquisire una virtù chi ne manca . Ad esempio tu devi acquisire la virtù del coraggio solo se ne manchi, se sei un vile. Ma dal momento che si tratta di liberarsi da una ipnosi, che ti fa credere di essere un vile, parti male se dici “Io sono un vile e devo diventare un coraggioso”, perché, affermando di essere un vile ( che deve diventare coraggioso ), tu ribadisci la malefica ipnosi che ti é stata fatta.

Junior. E allora?

Senior.- Allora devi operare come insegnano i Maestri dell'Advaita- Vedanta : devi arditamente proclamare “IO sono il perfetto coraggio, solo un brutto sogno mi ha fatto credere di essere un vile”. (5)

Note-1- J.B. Van Helmont ( Hortus medicinae , Leyda, 1667 ) : “ Una occulta forza assopita a causa della caduta, giace latente nell'Uomo. Essa può essere risvegliata dalla Grazia divina, oppure dall'Arte della Cabala....”.Giamblico ( De Mysteriis, VII.7 ) : “Esiste nell'anima in principio superiore alla natura esteriore. Con questo principio, possiamo oltrepassare l'ordine e i sistemi di questo mondo, e partecipare alla vita Immortale e all'energia delle Essenze celesti”.

2 - . Ahimé, non una fede costante e assoluta! Perché per me vale più che mai, quel

che Emerson diceva per la generalità degli uomini : “La nostra fede viene a momenti; il nostro vizio é abituale” ( La superanima, in Saggi, Torino, 1962, edit. Boringhieri, p. 196 )

3- “ La fede é alla base di ogni progresso spirituale spirituale. Potrete fare a meno di tutto il resto; ma vi é necessario aver la fede....” - E' questo un insegnamento costante di Ramakrishna ( da noi tratto da Alla ricerca di Dio, cit. p.188 ).Ma , per Ramakrishna, la fede non si raggiunge in base a dei ragionamenti : “ Shri Ramakrishna obbiettò ad uno dei suoi discepoli che criticava la fede di un certo uomo, chiamandola “fede cieca” : “Spiegami che cosa intendi per fede cieca. Non é forse sempre cieca la fede ? Dove sono gli occhi della fede ? Parli di fede o di conoscenza?....” ( da, Alla ricerca, cit., passim ).Ma allora se la fede non ci é data dal ragionamento, da che cosa ci é data ? Risposta di Ramakrishna, dalla grazia di Dio : “ Senza la grazia di Dio i nostri dubbi non potranno mai dissiparsi” ( da, Alla ricerca di Dio, cit. p.252.). Ma come il vento soffia, sì, su tutti, ma gonfia solo le vele di coloro che le hanno spiegate, così la Grazia di Dio é offerta a tutti, ma può essere ricevuta solo da chi ha compiuto un lavoro preparatorio . In che consiste tale lavoro preparatorio ? Consiste nel dire la verità, non solo agli altri, ma soprattutto a sé stessi. Dio infatti “é l'anima stessa della verità”: “Se non dite sempre la verità non troverete Dio, che é l'anima stessa della verità” ( Alla ricerca di Dio p. 202). L'essere sinceri, soprattutto con sé stessi, quindi é il primo passo ( che non presuppone la fede in Dio, ma che ci porterà ad ottenere la fede in Dio ). Da questo primo passo ( dalla sincera autoanalisi, che ci porterà a scoprire che noi, come dice Gurdjieff (3bis), non siamo gli agenti, ma gli agiti mossi da forze su cui non abbiamo presa ) nascerà la brama di qualcosa che ci salvi dal baratro in cui ci troviamo. E se questa brama sarà veramente possente ( tanto possente come la brama che ha, chi é tenuto con la testa sott'acqua, di tornare a respirare ), allora otterremo la fede in Dio: “Voi riceverete ciò che cercate” “(Così come) colui che cerca la ricchezza o la potenza, la trova” “( così) colui che cerca Dio, lo trova” ( Alla ricerca di Dio, p.216 ). Per finire : “Dio non può può venire realizzato senza la sua grazia: senonché anche questa non discende così facilmente: occorre che voi diate totalmente il bando all'ego nel vostro cuore. Se conservate il sentimento egoista che siete voi ad agire, non vedrete mai Dio (…..) Dio non appare mai nel cuore di colui che pensa di agire di per se stesso” ( Alla ricerca di Dio, p.253 ).3bis -Mi si permetta un'auto citazione su Gurdjieff ( tratta dal mio Vita privata di grandi personalità alla luce di astrologia, grafologia e storia, p.235, pubblicato nel sito www.praticadiritto .it e nel sito http://www.sapervivere.net) - autocitazione che mi pare utile per chiarire il contenuto della precedente nota 3 : “ Nel 1914, all'età di 46 anni, Gurdjieff riappare in Occidente, a Pietroburgo. Dopo circa 20 anni di vagabondaggio spirituale, ormai senza preoccupazioni materiali perché é più che ricco, vuole trasmettere al pubblico un messaggio.E' questo, però, un messaggio piuttosto sconcertante : pochissimi di noi sono degli Uomini: la stragrande maggioranza non sono che delle macchine, e per di più delle macchine che assurdamente tendono sempre a rifare lo stesso percorso, in quanto essi

si muovono ( meglio sarebbe dire, sono mossi ) in base ad associazioni di idee in loro indotte dall'esterno e che, appunto, tendono a ripetersi continuamente.Occorre rompere questo perverso meccanismo, occorre “svegliarsi” dall'ipnosi di cui siamo vittime. Occorre guadagnarsi con una durissima lotta un “Io”: quell'Io che ora non possiamo dire di avere, dato che, avere un “Io” e non esserne consapevoli, é come non averlo ( e di questo “Io” non siamo consapevoli in quanto continuamente ci identifichiamo con le idee, i sentimenti che ci vengono dall'esterno e che, per così dire, ci “aspirano”, ci “risucchiano” : io sono continuamente “aspirato” dal cibo che mangio, dalla sigaretta, che fumo, dall'amore, che faccio, dalla pioggia, da quel quadro, da questo libro....).Gurdjieff non ama né blandire né illudere le persone : “Un uomo può smettere di essere soltanto una macchina. Ma in questo caso deve rendersi conto di essere una macchina, soltanto una macchina e nient'altro, una macchina irresponsabile. Conosci te stesso. Un uomo é responsabile. Una macchina non lo é. Voi non siete ancora esseri responsabili”.E insiste, ancora, duramente : “L'illusione suprema dell'uomo é la sua convinzione di poter fare . Ma in verità nessuno fa niente, nessuno può fare niente. E' la prima cosa che bisogna comprendere. Tutto accade. Tutto ciò che avviene nella vita di un uomo, tutto ciò che avviene da lui....tutto ciò, accade “.

4 -Da Jnana–Yoga, di Swami Vivekananda, p. 210 : “ Supponete di starmi ad ascoltare attentamente e che una zanzara vi punga sulla punta del vostro naso, dando a voi quella piacevole sensazione che possono dare le zanzare. Voi, però, siete così attenti ad ascoltarmi che non sentite affatto la morsicatura della zanzara. Che cosa é avvenuto ? La zanzara ha morsicato una certa parte della vostra pelle in cui vi erano certi nervi, i quali hanno trasmesso al cervello una certa sensazione. La impressione ha luogo, ma la mente, essendo altrimenti occupata, non reagisce, e così voi non siete consapevoli della presenza della zanzara. Allorché si ha una nuova impressione, se la mente non reagisce, non l'avvertiamo, ma quando avviene la reazione mentale, allora sentiamo, vediamo e udiamo. A questa reazione si accompagna la illuminazione, come la chiamano i filosofi seguaci del Samkhya. Vediamo che il corpo non può illuminare, poiché l'assenza di attenzione rende impossibile la sensazione “ (la sottolineatura é naturalmente mia ).

5 -Da Entretiens et causeries, di Swami Vivekananda, già citato. p.20 ( nella mia traduzione) : “Noi siamo tanto nel sole e nelle stelle come qui. Lo spirito é al di là dello spazio e del tempo; egli é dappertutto. Ogni bocca che glorifica il Signore é la mia bocca, ogni occhio che guarda, é il mio occhio. Noi non siamo ristretti in nessuna parte, noi non siamo un corpo, é l'universo che é il nostro corpo. (….) Noi siamo un ragno nella sua immensa tela, noi possiamo percorrere di tale tela i fili che noi vogliamo. Per il momento il ragno non ha coscienza che del punto in cui si trova, ma col tempo prenderà coscienza di tutta la tela. (…) . Dobbiamo riconoscere che siamo l'infinito, e allora ogni paura sparirà inevitabilmente. Ripetiamo sempre : Mio Padre e io siamo una sola cosa”

Ancora da Entretiens et causeries, citato, p. 85 : “Il più grande peccato é di credere che noi siamo deboli. Non ve n'é di più grande; rendiamoci conto che noi siamo Brahman. Una cosa non ha più potere di quello che noi le conferiamo. Noi siamo al di là del sole, delle stelle, dell'universo. Insegniamo la divinità dell'uomo. Neghiamo il male e non creiamone. Ergiamoci e proclamiamo : io sono il maestro, io sono il maestro di tutto. Siamo noi che forgiamo le nostre catene e noi soli possiamo romperle. Nessuna azione può darci la libertà; solo la conoscenza può renderci liberi. La conoscenza é irresistibile; lo spirito non può accettarla o rigettarla a suo capriccio. Quando essa viene, lo spirito é obbligato a riceverla”.

6-Ecco un preciso insegnamento di Shri Ramakrishna sul punto “ Nell'India i guaritori ordinano ai loro pazienti di ripetere con completa convinzione . “Non sono affatto malato. Non ho nessuna malattia.”. Il malato dice e ridice questa frase, e la suggestione mentale l'aiuta a liberarsi del male. Parimenti, se voi vi riterrete moralmente deficienti, in breve tempo lo diverrete. Sappiate che possedete un potere immenso, siatene convinti, e questo potere vi verrà un giorno incontro” (da ,Alla ricerca di Dio, p. 196 ).

4 – Unità del tutto-Junior – Tu hai detto che l'IO é onnipotente, ma non é assurdo, o meglio, contraddittorio, dire che io, te, e tutti gli altri uomini, anzi tutti gli altri esseri, siamo onnipotenti ? Infatti se io sono onnipotente e pure tu lo sei, i casi non possono essere che due : o la tua onnipotenza é veramente tale e allora essa nullifica la mia onnipotenza, essendo essa in grado di impedirmi di esplicare quei poteri che intralcerebbero e impedirebbero la manifestazione dei tuoi poteri, oppure....non lo é; nel primo caso, viene a rivelarsi errata l'affermazione della mia onnipotenza, nel secondo, l'affermazione della tua onnipotenza.

Senior – La tua affermazione é giusta se riferita all'ego, ma non all'IO.

Junior- Ma che cos'é l'ego ?

Senior – L'ego é l'IO quando si identifica col non-io : é l'IO quando - cadendo vittima dell'ipnosi, di cui nel precedente incontro abbiamo parlato - crede, ad esempio, di essere quella tal persona di nome Luigi, che ha scritto quei tali libri, ha questo e quest'altro difetto, ha questa e quest'altra virtù. Effettivamente quando l'IO si identifica in Luigi, non può essere onnipotente, perché la persona di Luigi, in quanto ha certe qualità e certi difetti, non può non avere certi desideri – desideri, la cui attuazione verrebbe a sacrificare altri desideri di altri “io”, trovando così una resistenza e limitazione nelle persone che hanno quest'altri desideri. : Luigi e Pietro se desiderano entrambi diventare presidenti della Repubblica, non possono non entrare tra di loro in conflitto e quindi vicendevolmente limitarsi.Ma quel che vale per l'ego, non vale per l'IO ; in quanto l'IO, non essendo una “persona” , essendo un Quid , diverso dalla persona–Luigi, dall'ego–Luigi, non é condizionato dalle qualità e dai difetti dell'ego-Luigi, quindi non può avere desideri, quindi non può entrare in conflitto con nessun altro IO , che in quanto tale é pur esso privo di qualità e difetti.

Junior. Ma come può l'IO essere privo di qualità e difetti : io non posso credere a una cosa simile.

Senior .Ti rispondo : tu puoi fare oggetto di esame i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, le tue qualità, i tuoi difetti ?

Junior. Certo, sì ; di ciò ne sono convinto dopo aver lette le pagine di Ramacharaka da te poste in Appendice.

Senior. Ma se tu puoi fare oggetto di esame tali pensieri eccetera, vuol dire che essi appartengono al non-IO. Non puoi non ammetterlo (1)

Junior- Debbo ammetterlo. Ma allora se il mio IO e il tuo non sono caratterizzati da virtù e difetti, neanche si distinguono più l'uno dall'altro : si identificano.

Senior – E' proprio così – e io penso che sia questo quel che i Maestri vogliono dirci quando affermano la “unità del tutto”.

Junior- Ma non identificandoci più nel “ego”, ma solo nel nudo IO, la vita non perderà per me il suo gusto ?

Senior - Se tu potessi mangiare con mille bocche, e non con una sola, avresti meno o più possibilità di gustare cibi di tutti i generi ? (2)Se tu potessi vedere con mille occhi e non con con solo due , avresti meno o più possibilità di ricrearti vedendo i luoghi più disparati ? Se tu sei un attore e reciti la parte del “cattivo” nel dramma, che vedrà trionfare il “buono”, la consapevolezza che tu hai di non essere il “cattivo”, ma solo di stare recitando la parte del “cattivo” per permettere lo svolgimento del dramma e il trionfo del “buono”, ti impedirà forse di godere degli applausi che, quando calerà il sipario, il pubblico tributerà al trionfo del “buono” ? O non sarebbe, invece, proprio una tua identificazione nella parte del “cattivo”, a lasciarti amareggiato a udire tali applausi ? Forse quelle ora dette sono solo boutades ; e io, pur convinto che alla fine la perdita della personalità venga a corrispondere a un'espansione del nostro essere e non a una sua mortificazione, mi rendo conto che il distacco dalla personalità potrebbe essere per molti di noi doloroso e traumatico ( e forse a tale doloroso distacco é dovuto il “deserto dell'anima”, di cui parlano alcuni mistici cristiani, e l'”orrore del vuoto”, di cui parlano alcuni Cabalisti ) (3). Ma chi ci costringe a dare uno strappo traumatico alla nostra personalità? Chi ci impedisce di limitarci all'inizio a vivere la nostra vita con quel distacco di cui danno prova le persone dotate del senso dell'umorismo, preparandoci così, gradualmente, al gran passo, di modo che, quando sopravvenga la necessità di compierlo, ci sia ciò possibile senza traumi ma in tutta serenità ?

Junior – Ma che succederebbe, se i buoni rinunciassero alla loro personalità e quindi al desiderio di migliorare la società e alla lotta contro il male ?

Senior – Fino a che Dio non riterrà di far calare il sipario sulla scena di questa terra, una totale rinuncia alla personalità con un totale ritiro dal mondo, rappresenterà sempre solo casi estremi E questi casi estremi costituiranno preziosi esempi, che solleciteranno gli altri ad accentuare i loro sforzi per quel loro distacco dalla personalità , che é benefico, e non malefico, per la società : forse che una società non prospera quanto più salda è la legge morale che la regola e quanto meno forte é la bramosia di beni terreni, che anima, e pone gli uni contro gli altri, i suoi componenti ?Ebbene la legge morale si fonda proprio su quella concezione dell'unità del tutto e su quel distacco dalla personalità di cui ti parlavo (4)

Note

1 -“ Mentre pelate una cipolla – diceva Ramakrishna - trovate sempre nuovi strati, ma non giungete mai ad un nocciolo. Del pari quando volete analizzare l'”ego”, questo scompare del tutto. Ciò che rimane in ultimo, é l'Atman, , il puro Chit ( la coscienza assoluta ). Dio non appare se non quando l'ego muore” ( Alla ricerca di Dio, p. 271 ).

2) “Ho detto alla Madre – é Ramakrishna che parla negli ultimi giorni della usa malattia – che, in seguito a questo male, non potevo deglutire più nulla, e l'ho supplicata di permettermi di assorbire qualche cibo. Ma la Madre, indicandovi tutti, mi ha detto: “Come, tu mangi già attraverso tante bocche!”. Mi é presa vergogna e non ho saputo rispondere nulla” ( Alla ricerca di Dio , p. 388 ).

3 - Da La Cabala, cit. di Amlein, p.48 : “Se ammettiamo che al di là di ciò che é concepibile e traducibile , c'é un dominio da cui non possiamo riportare alcuna immagine, allora dobbiamo riconoscere che questa nozione di “Luce” nondimeno é un'immagine!Respingiamo anche questa, come uno degli ultimi veli che ci nasconde l'Eternità di Dio e chiediamo aiuto al Nulla ! Il Nulla ci rivelerà ancora un segreto. Ci farà concepire una “regione” dell'Ignoto da cui non si diffonde nessuna “Luce” . Dinanzi a noi, protesi sull'orlo dell'Abisso, non c'é che una “Notte”, notte spaventosa, tenebre e silenzio. E queste Tenebre, le immaginiamo senza limiti, come lo era la stessa “Luce” precedente. Questo é, al di là di AIN SOPH AUR, il “Vuoto luminoso” . Al di là di questa “Luce” che era ancora una realtà, c'é “ AIN SOPH” il “Vuoto oscuro e illimitato”. Ma questa “Notte”, per quanto spaventosa sia, é pur sempre una realtà relativa, poiché possiamo concepirla! Essa é, a modo suo, e se ci fa concepire il “Nulla Assoluto” meglio della “Luce” precedente, che era una realtà ancora più tangibile, ci offre ancora una possibilità di evasione (.....) Immaginiamoci, dunque, in questo oscuro oceano, in questa immensità nera e fredda. Quando alla fine del viaggio, dopo essere stati, al di là della “Luce senza limiti” ad esplorare le “ Tenebre senza confini”, avremo respinto ogni nozione ed ogni immagine dell'INESPRIMIBILE stesso , quando sentiremo vacillare lo spirito, quando la vertigine della Follia ci trascinerà verso l'Orrore senza nome, verso l'INCOMPRENSIBILE, allora vedremo apparire la fine di questo “interrogatorio” demoniaco....E saluteremo con gioia l'annullamento liberatore! Poiché una nuova “regione” metafisica ci aprirà le “Porte”, al di sopra delle quali, leggeremo finalmente la “Parola che ci addormenterà” lenendo i nostri dolori e colmando il nostro cuore affannato, e questa aprola asrà “AIN” cioé : NULLA (….)”. Forse le parole di Amlein soffrono di un certa tendenza alla drammatizzazione. Ma mi é parso opportuno citarle perché possono dare un'idea della concezione grandiosa che i cabalisti hanno di DIO.

Del resto non meno conturbante e grandiosa é l'Idea di DIO che esprime la Bhagavad Gita ( il fondamentale etsto religioso dell'Induismo ). Nel suo undicesimo canto, Arjuna chede a Krishna di rivelargli la Sua Forma Suprema. Krishna l'accontenta ma vedendo la Forma Suprema di Krishna - ( che poi vera “forma” non é, dato che é costituita da “infinite forme, innumeri braccia, e ventri, e fauci, ed occhi”) - Arjuna viene preso da vero terrore e “quindi con voce soffocata, sopraffatto dal timore, prostrandosi” prega Krishna di mostrarglisi nella sua consueta forma : “”O Dio, mostrami la consueta forma! Signore degli Dei, rifugio dell'universo, sii propizio!”.

4) Da “Jnana- Yoga”, di Swami Vivekananda, p. 19 : “L'etica dice sempre : “Non io ma tu”. Il suo motto é il seguente : “Non il sé ma il non sè”. Le vane idee dell'individualismo a cui l'uomo si appiglia quando cerca quell'infinito potere o quell'infinito piacere attraverso i sensi, debbono essere abbandonate, - proclamano le leggi etiche. Dovete collocare voi stessi nell'ultima fila e farvi precedere dagli altri. I sensi dicono: “Prima io”, mentre l'etica insegna all'uomo che deve considerarsi come ultimo. Così, tutti i codici etici sono basati su questa rinuncia : distruzione, non costruzione dell'individuo sul piano materiale. Detto Infinito non troverà mai espressione sul piano della materia, né ciò é possibile o pensabile”.E' noto che, anche il profondo senso del dovere verso la società che animava gli Stoici, era fondato sul riconoscimento dell'Unità della Vita. Ecco come il Pohlenz, il grande studioso dello Stoicismo, ne riporta il pensiero ( in, La Stoa . Storia di un movimento spirituale, La Nuova Italia editrice, p.232 ) : “Sbaglia ( per gli stoici ) Epicuro quando fonda la sua etica nel naturale egoismo dell'uomo. Certo l'amore di sé é un tratto fondamentale della natura umana, ma l'oikeiosis, da cui esso deriva , ha anche un altro aspetto. L'animale stesso ha innato l'amore per i propri piccoli, che sente simili a sé e di cui si prende cura al di fuori di ogni motivo egoistico, sacrificando il proprio vantaggio e perfino la vita, finché non siano in grado di provvedere a se stessi. Nell'uomo, data la sua natura razionale, l'oikeiosis si estende al di là della prole. Essa si rivolge anche verso gli altri “parenti”, allarga più il suo ambito e finisce per abbracciare tutta la umanità, perché in ogni essere razionale noi riconosciamo un nostro “congiunto”, legato a noi, non solo dall'eguaglianza delle condizioni esterne di vita, ma anche da un naturale sentimento di stretta affinità. Ciò ha le sue ragioni nel profondo della natura umana”.

5- Dio é con forma e senza forma

Junior- Tu hai detto che DIO é qualche cosa di più dell'IO. Ma se é così, noi uomini non torniamo ad essere preda di quel timore di essere trastulli di una forza a noi superiore - timore che Tu avevi voluto esorcizzare ponendo l'IO al centro ?

Senior – Il Dio che sovrasta l'IO é un Quid del tutto inconcepibile dalla mente umana – é l'AIN SOPH, di cui ho parlato nella nota di un paragrafo precedente, é cioé un Quid a cui, ripeto, noi uomini non possiamo neanche tentare di rivolgere il nostro pensiero, dato che farLo oggetto di pensiero sarebbe un diminuirLo , un oggettivarLo, un porLo nel “non-io”, insieme agli altri quid , nel “non-io”, esistenti, il che sarebbe assurdo.Il Dio, invece, che può essere oggetto dei pensieri dell'Uomo , colpire la sua immaginazione, fargli paura, così schiavizzandolo e tarpandogli le ali che lo porterebbero a congiungersi alla gloria dell'IO, é il Dio personificato.

Junior- Però io posso pensare che anche l'AIN SOPH mi voglia nuocere.

Senior.- Certo. Ma, appena pensi ciò, declassi, per così dire, l'AIN SOPH a Dio personale; e quindi puoi esorcizzare il pensiero che ti possa nuocere con la consapevolezza della centralità del “IO”.

Junior . Dunque io mi debbo difendere dal Dio personale. Ma difendere come? Ignorandolo,considerandolo come un nemico da cui stare stare sempre in guardia ? Non é facile, perché ciò contrasta con l'insopprimibile esigenza dell'essere umano di entrare in una relazione amorosa con un “Tu”. Noi vediamo che anche l'uomo dotato del maggior autocontrollo finisce per riversare il suo affetto su qualcuno , metti un gatto, una scimmietta o un cagnolino. E allora non é meglio che, tale esigenza di una relazione amorosa, egli la soddisfi riversandola su un Essere superiore e, tanto più superiore é, tanto meglio é ? (1)

Senior.- Dire che bisogna difendersi dal Dio personale, non rende l'idea che volevo trasmetterti; perché fa pensare al Dio personale come un nemico pronto a nuocerci. Non é così. Il Dio personale può essere, anzi deve essere ed essere sentito, come il nostro amico, il nostro migliore Amico. Noi non dobbiamo difenderci da lui ma dalla nostra debolezza che rischia di farci dipendere da lui.

Junior.- Ma tutte le Divinità dobbiamo considerare come amiche ?

Senior – Non tutte, ma solo quelle che non sono di ostacolo alla nostra metà finale, che é il superamento dell'ego e la nostra identificazione con l'IO superiore. E, per essere accettata come tale, cioé come un aiuto e non come un ostacolo, alla nostra liberazione dall'ego, una Divinità dovrà soddisfare due condizioni.

Junior . Quali ?

Senior – La prima condizione, é che Essa sia somma bontà ( e quindi anche somma virtù e bellezza, dato che chi é sommamente buono, sommamente privo di ogni egoismo, non può non essere anche sommamente bello e virtuoso) : pensa al Gesù dei Cristiani, al Krishna dei Vaishnava, alla dea Kali dei Shivaisti. In un tal caso, effettivamente il rapporto con il Dio personale avrà un'influenza salvifica per noi , opererà cioé nel senso di liberarci dall'ego e di preparaci all'identificazione con l'IO : non é forse vero che la frequentazione di una persona, o anche il nostro pensare continuamente a una persona, ci porta ad acquisire le sue qualità ? E se é così, non si può dubitare che la diuturna frequentazione , sia pure nelle forme di un diuturno colloquio interiore, con un Dio di somma bontà e bellezza, ci aiuterà ad essere sempre più buoni e belli ( perché sempre meno legati al nostro ego ).

Junior- E la seconda condizione che deve essere soddisfatta perché noi si accetti una Divinità ?

Senior – La seconda condizione é che tale Divinità, lungi da voler condizionarci, voglia liberarci dall'attaccamento che la sua stessa somma bellezza e virtù potrebbe determinare in noi. Quando Ramakrishna fu richiesto da Tota Puri (un seguace dell'Advaita- Vedanta, rigoroso, sì, ma anche un po' limitato, in quanto non solo escludeva l'utilità della bakti, ma addirittura a questa irrideva ) di fare l'esperienza del Dio impersonale, Ramakrishna volle chiedere, per aderire a tale invito, l'autorizzazione della Dea Kali, e Questa tale autorizzazione gli diede : sublimità dell'amore divino ! Dio che tanto ci ama di aiutarci a liberarci dell'amore per Lui quando tale amore diventa per noi l'ostacolo a una ulteriore evoluzione!

Junior. Ma inevitabilmente il superare, il troncare la relazione con una Divinità, così amabile come tu la raffiguri, sarà ben doloroso.

Senior - Così come doloroso fu il distacco di Sri Ramakrishna dalla Dea Kali (2)

Junior- Ma chi é arrivato a congiungersi all' IO, potrà, una volta ritornato a sentirsi come un ego, continuare ad adorare il Dio personale che prima adorava ?

Senior - Così fece Ramakrishna ; e va anche, per inciso detto, che anche Tota Puri, sull'esempio di Ramakrishna, senza per nulla rinunciare alla fede nell'impersonalità di io ( alla fede cioé che Dio sia al di là e al di sopra dei limiti che Egli accetta quando si riveste di una forma umana ) si mise a praticare la bakti.

Junior. Ma che rapporto vi é tra questo Dio personale di cu parli e l'AIN SOF AUR, il DIO tanto lontano da noi da essere per noi assolutamente inconoscibile.

Senior - Prendendo spunto da una parabola di Ramakrishna, io penso che si possa paragonare, DIO, a una montagna di zucchero, noi uomini, a delle formichine, e i granelli di zucchero, agli Avatar, ( per tali volendo qui intendere le manifestazioni di DIO in forma umana ): certamente le formichine, non possono neanche pensare di mangiare tutta la montagna di zucchero, però portandosi nel formicaio un granello di zucchero e a poco a poco mangiandolo possono gustare, sia pure parzialmente, la montagna di zucchero ( DIO ).

Junior - Quindi non é vero al postutto che DIO sia inconoscibile.

Senior. E' vero e non é vero.(3) E' vero nel senso che DIO non può mai essere completamente conosciuto . Ed é falso nel senso che DIO, lungi dal occultarsi a noi, si propone continuamente a noi per essere gustato. Naturalmente nei limiti.....delle nostre capacità digestive : più ci evolviamo, più diventiamo capaci di gustare una maggiore quantità di DIO: la formichina non riesce a mangiare neanche un granello della montagna di zucchero, un uomo può mangiarne, metti, cento .

Junior- Ma mangiare continuamente dello zucchero , non porta alla sazietà ?

Senior. Così sarebbe se la montagna fosse fatta solo di zucchero, come quella del precedente esempio. In realtà DIO é infinita novità. Più ci evolviamo più EGLI si offre a noi in forme capaci di darci gusti sempre diversi e sempre più alti e, se mi é permessa la parola, più raffinati. Noi non possiamo avere neanche un'idea dei sentimenti che proveremo nella nostra ulteriore evoluzione, così come il selvaggio non potrebbe immaginare la squisitezza delle sensazioni che Chopin provava suonando il suo piano o che Romeo provava sfiorando solo con le dita i capelli di Giulietta. (4)

Junior- Ma il gusto che dà una cosa . dipende dalle qualità che ha il suo gustatore. Mi spiego , un pezzo di carne umana risulta gustoso alla tigre , ma risulta disgustoso al monaco buddhista, che troverebbe invece di suo gusto del riso, e ciò si spiega col fatto che questi ( il monaco ) ha la qualità della mitezza e quella ( la tigre ) la qualità della ferocia. Se é così, chi si identifica con l'IO, di conseguenza perdendo ogni

qualità, non perde la possibilità di gustare le cose del creato ?

Senior – Ma, in realtà. chi si identifica con l'IO non perde nessuna qualità, ma semplicemente concentra, unifica tutte le sue qualità in una sola ( la cui essenza e qualità é per noi inimmaginabile ). Questa progressiva unificazione delle qualità, aumenta sempre più quanto ci avviciniamo all'IO e diventa totale quando a lui ci identifichiamo. E questo é dimostrato dalla sempre maggiore versatilità che ha l'uomo quanto più si evolve. L'uomo poco evoluto può avere la qualità del coraggio, ma se ha la qualità del coraggio manca, o meglio, ha atrofizzata (5) la sensibilità per gustare delle poesie o della musica; può essere un buon generale, ma se é un buon generale non sa dimostrarsi un buon uomo di governo. L'uomo evoluto, invece, può essere un buon uomo d'affari e un buon poeta ( come Lorenzo dei Medici ), o un buon generale e un buon uomo di governo ( come Giulio Cesare) .(6) E questa unificazione delle qualità, nell'uomo evoluto, può spingersi al punto che egli, come fu per Ramakrishna, riesce a fondere perfettamente in sé le qualità femminili e le qualità virili.(7) E come non ha ragione di essere la paura, da te manifestata, la paura cioé che perdendo la “forma” ( le qualità che lo caratterizzano) l'uomo venga a perdere il gusto della vita ; così non ha ragione di essere la paura, da altri manifestata, che, troncato il rapporto con la Divinità dotata di forma , venga persa la gioia che dava la contemplazione della sua bellezza. Sciocca é questa paura come quella. La bellezza della Divinità non é data dalla forma che riveste; così come la attrazione che provoca in noi la donna amata non é data dal suo corpo ( chi mai troverebbe attraente un corpo privo di anima, un cadavere ? ), ma da quel tanto di anima che il suo corpo lascia trapelare: é ciò che ci dicono i suoi occhi, é la grazia delle sue movenze che ci attraggono, nell'amata. In realtà caduta la forma corporea della Divinità, con ciò stesso cade il velo che impediva la visione della sua piena bellezza.

Junior- Ma torniamo a parlare del Dio personale : questo Dio personale di cui tu parli, é una semplice costruzione della fantasia o esiste veramente ?.

Senior- Esiste veramente; anzi ha una realtà maggiore di tutto ciò che i nostri occhi di carne riescono a vedere.(8) Del resto che esistano esseri superiori all'uomo é quasi un dettato della logica : dal momento che esiste tutta una gerarchia di esseri a noi inferiori, perché non dovrebbe esistere una gerarchia di esseri a noi superiori ?

Junior - Quindi tali esseri non sono una illusione ?

Senior. Lo sono e non lo sono. Si possono dire una illusione solo così come si può dire un'illusione ogni cosa che appartiene al non-io.

Junior- Ma in che senso le cose che fanno parte del non-io sono una illusione : nel senso che non hanno un'esistenza reale?

Senior.- Non in questo senso .

Junior - Allora in che senso ?

Senior- Nel senso che la loro efficacia, la loro “presa” su di noi può essere nullificata da un altro quid. Io sono pieno di amore per Eloisa, ma una volta che incontro Lesbia e mi innamoro di lei, Eloisa é per me come se non esistesse più; anche se in realtà esiste e continua a far innamorare di sé altri uomini. Così, quando Ramakrishna trovò la forza per rompere il suo attaccamento per la Dea Kali, questa cessò per lui di esistere ed egli sperimentò il samadhi, cioè l'identificazione con l'IO; però ciò non significa che la Dea Kali cessò in quel momento di esistere; tanto é vero che Ramakrishna, ritornato al suo livello normale di coscienza, ne riprese il culto. Ed é interessante notare che, tra tutte le cose del non -Io, la Dea fu l'ultima a sparire nella coscienza di Ramakrishna. Ciò a riprova che il Dio personale, non solo esiste, ma ha una esistenza, per così dire, più forte delle cose che cadono ordinariamente sotto i nostri sensi.

Note

(1) “In realtà – ci fa osservare Prabhupada ( in La scienza della realizzazione spirituale , p. 61 ) - noi stiamo sempre rendendo servizio a qualcuno, famiglia, nazione o società, e colui che non ha nessuno da servire alleverà un cane o un gatto per diventarne servitore” . “ Tutto ciò – continua Prabhupada ( loc. cit.) - dimostra che la nostra posizione naturale e originale é quella del servitore; ma nonostante tutti i nostri sforzi, rimaniamo insoddisfatti, come insoddisfatta é la persona che serviamo. A livello materiale c'é solo frustrazione, perché il servizio offerto é mal orientato. Colui che vuole far crescere un albero, per esempio, deve annaffiare la radice e non le foglie o i rami, il che sarebbe fatica sprecata. Allo stesso modo, se si serve Dio, la persona Suprema, tutte le Sue parti integranti saranno contemporaneamente soddisfatte. Perciò, il servizio che si offre al Signore include tutte le forme di beneficenza, tutte le forme di aiuto alla società, alla famiglia e alla nazione”

2 -Ecco come Ramakrishna racconta la sua esperienza del samadhi: “Dopo l'iniziazione, Tota Puri, “l'uomo tutto nudo” mi insegnò le diverse conclusioni dell'Advaita Vedanta, e mi chiese di astrarre completamente il mio spirito da ogni oggetto terrestre immergendolo nell'Atman. Nonostante tutti i miei sforzi, non riuscivo a passare al di là del regno del nome e della forma e a instaurare nel mio spirito la condizione dell'incondizionato. Non provavo alcuna difficoltà a ritrarlo dagli oggetti di quaggiù, salvo da uno solo che era la forma anche troppo conosciuta della Madre Beata, essenza della Coscienza Pura. Essa mi appariva come una realtà vivente e non mi permetteva di oltrepassare la barriera che mi tratteneva nel regno del nome e della forma. Cercai per lungo tempo di concentrare il mio spirito sugli insegnamenti dell''Advaita, ma sempre la Madre mi sbarrava il cammino.

Disperato dissi all'”uomo nudo” : “ E' inutile, io non arrivo a fissare il mio spirito nello stato incondizionato e a immergerlo nell'Atman” . Indignato, mi rispose severamente : “Come non puoi arrivarci! Ma é assolutamente necessario che tu vi pervenga !”. Fece come se cercasse qualcosa intorno a sé, raccolse un pezzo di vetro. e, appoggiandone la punta fra le mie sopracciglia, disse : “Concentra il tio spirito su questo punto”. Io mi sedetti, pieno di ferma volontà, e ripresi la mia meditazione. Da che la forma graziosa della Madre si sollevò dinanzi a me, impiegai il mio discernimento come una spada, e la divisi in due.Allora cadde ogni barriera nel mio spirito, che si alzò immediatamente al di là del piano della relatività; e mi persi nel samadhi”.

3- Ecco la spiegazione di Vivekananda sul (difficile ) punto : “Un Dio noto non é più Dio: Egli é altrettanto finito come uno di noi. Dio non può essere conosciuto: Egli sarà sempre l'Inconoscibile. Ma l'Advaita dice che Dio é più che conoscibile. E' questo un grande insegnamento da impartire. Voi non dovete restar paghi dell'idea che Dio sia inconoscibile nel senso in cui l'assumono gli agnostici. (….) Questa sedia é conosciuta, ma Dio é intensamente più noto di essa, poiché in Lui e attraverso Lui veniamo a conoscenza della sedia medesima. Egli é il Testimonio, l'eterno Testimonio di ogni conoscenza. Egli é l'essenza del nostro stesso “io”; é l'essenza di questo “ego”, di questo “io”, e noi non possiamo saper nulla che in questo e per questo. Perciò, non potete conoscere che in Brahman e mediante Brahman. Per conoscere la sedia dobbiamo conoscerla in Dio e per Dio. Così Dio é infinitamente più vicino a noi che la sedia; però Egli é infinitamente più alto. Né noto né ignoto, ma qualche cosa di infinitamente più alto dell'uno e dell'altro aggettivo. Egli é il vostro Io . Chi vivrebbe un secondo; chi respirerebbe un secondo in quest'universo, se Egli non riempisse di sé il secondo medesimo?” ( da Jnana yoga, citato, p.97 ).

4- Questa esigenza di “varietà” era ben tenuta presente da Ramakrishna nei suoi insegnamenti : “Shri Ramakrishna domandò un giorno a Narendra quale fosse il suo ideale di vita. Restare assorbito in samadhi, rispose Narendra. Quale meschinità! disse il Maestro : Vai al di là del samadhi che, per te, é come niente.In un'altra occasione, Shri Ramakrishna ripeté a Narendra la stessa domanda, e ricevette la stessa risposta. Il Maestro allora osservò : Ti credevo più saggio! Come puoi contentarti di un ideale così limitato ? Ciò che fa la mia forza é il rigetto delle limitazioni. Per esempio, avrei piacere di mangiare del pesce preparato in modi molto diversi : fritto, bollito, in zuppa, con condimenti,ecc. Io godo del Signore, non solo nella Sua unità incondizionata, come Brahman senza attributi, nel samadhi, ma anche nella dolcezza delle relazioni umane. Cerca di essere simile a me, jnani e bhakta insieme”.Che l'ideale di Sri Ramakrishna non fosse né l'atarassia” degli stoici né il nulla di un mal compreso nirvana di certi buddhisti, risulta anche dal passo seguente ( tratto sempre da Alla ricerca di Dio, cit. , p.324) : “ Fu chiesto un giorno a Shri Ramakrishna : Signore, qual'é il più alto aspetto di Dio, quello che ha forma o quello che non ha forma ? Rispose: L'aspetto senza forma é di due specie : maturo e immaturo. L'aspetto maturo senza forma é molto alto. Non può essere raggiunto che

attraverso l'aspetto formale di Dio. L'aspetto senza forma immaturo, che insegnano i brahmo, é simile all'oscurità che si crea semplicemente chiudendo gli occhi” ( la sottolineatura é naturalmente nostra ).Nella Bagavad Gita l'aspetto supremo di Dio é quello impersonale. E infatti Arjuna ( nel canto undicesimo verestto 37 ), così si rivolge a Krishna - quando Questi gli si rivela nella Sua “Forma Suprema” ( che però come già avemmo occasione di dire in una precedente nota non é una vera forma) - : “O Infinito, Signore degli Dei, Rifugio dell'universo! Tu sei l'Essere, il Non-essere, e ciò che trascende entrambi”. Ma se é vero che la “forma”, che DIO assume per rendersi accessibile all'uomo, vela e nasconde questo Suo aspetto supremo , é anche vero che essa costituisce, per l'uomo, una protezione. Infatti é stato detto che l'uomo ( finché rimane uomo) “non può vedere DIO senza perire”. E, sempre nella precedente nota già richiamata, abbiamo visto che Arjuna a vedere DIO nel suo aspetto impersonale viene preso dal terrore e gli chiede di rivestirsi della Sua consueta forma.Tutto ciò spiega perché Ramakrishna insegni che l'aspetto impersonale di Dio può essere “raggiunto tramite l'aspetto formale di DIO”: é l'adorazione del Dio personale che ci introduce con sicurezza ed evitandoci molti pericoli della “via diretta” alla visione della Bellezza di DIO priva di ogni velo. Bisogna però distinguere tra adorazione di un Dio personale e culto delle Sue immagini. E al proposito io debbo dire che io non posso non approvare i Musulmani quando bandiscono ogni immagine di DIO : tutte le immagini della Divinità, per quanto ispirate esse siano, vengono a umanizzarLa e quindi a ridurne la bellezza e la grandiosità. La maggior parte delle immagini che adornano le chiese cattoliche soprattutto quelle di artisti rinascimentali vengono a costituire una vera profanazione del Divino. Molto più accettabili sono le immagini che si trovano nei templi indù ; e questo proprio perché esse sono meno umanizzate.

5- Atrofizzata, e non, mancante.. Infatti si deve pensare che nell'uomo esistano in potenza tutte le qualità. Proprio partendo da tale considerazione, Pico della Mirandola poteva parlare ( Sulla dignità dell'uomo, 1487 ) dell'uomo come un “camaleonte” - cfr. Filosofia, cit.p. 230.

6- Si può qui ricordare che il neoplatonico Nicola Cusano vedeva quel che lui chiamava Dio (e noi chiamiamo, “IO” ) come coincidentia oppositorum. Per Cusano “essendo infinito, Dio può essere contemporaneamente qualsiasi cosa e il suo contrario, tanto che lo si può definire una coincidenza degli opposti. In lui convivono il più e il meno; il massimo e il minimo; si può definire Dio come il più grande in assoluto, ma anche come il più piccolo in assoluto; come velocità infinita e quiete assoluta” - cfr. Filosofia. cit., p. 220.

7- Ma un ermafrodito é ben diverso da un omosessuale. Nel primo trovano espressione le virtù femminili, nel secondo i vizi femminili. Ad esempio quel che é nel primo “sensibilità” e “intuizione”, diventa nel secondo “svenevolezza”.

8- Tale é l'insegnamento di Ramakrishna : “ L'advaitista non deve dire : il mio punto di vista é il solo corretto, razionale e sostenibile. Coloro che credono in un Dio personale sono nell'errore”. Le manifestazioni personali di Dio non sono meno reali, ma al contrario infinitamente più reali del corpo, del pensiero o del mondo esterno”.

6 - La ricerca della verità é come un camminare sul filo di un rasoio

Junior –Come può un IO dotato dell'onniscienza e dell'onnipotenza cadere nell'errore di credersi un limitato ego.

Senior - Con ciò tocchi quel che é, insieme a quello dell'esistenza del male, uno dei più grandi e tormentosi misteri per l'umanità . Neanche Ramakrishna tentò di togliere il velo a questo mistero; quindi sarei ridicolo se lo tentassi io. Ma io ritengo che di fronte a certi problemi sia saggio assumere un atteggiamento pratico : io non so perché esiste il male, io non so perché l'IO é diventato un “ego”,

perché l'UNO é diventato i molti, però la bontà divina mi indica dei sentieri, dei metodi, dei mezzi per liberarmi dalla schiavitù dell'ego e per raggiungere la gloria dell'IO; e io, senza pormi tanti perché, tali sentieri comincio a percorrere, tali mezzi comincio ad utilizzare. (1)

Junior- Quindi ci sono problemi alla cui soluzione Dio ha posto un suggello, che l'uomo non può infrangere.

Senior - Dio non ha tolta la possibilità all'uomo di risolvere se non i “falsi problemi”, i problemi cioé che egli fa sorgere solo per dimostrare la sua abilità dialettica e la cui soluzione cerca mosso solo da una vana curiosità.Ogni problema se veramente reale, se veramente la sua soluzione risponde ad un'esigenza reale di chi se lo pone, ha per lui una soluzione. Il guaio é che spesso noi ci poniamo falsi problemi, falsi in quanto derivano dalla nostra incapacità di individuare, con un atto di introspezione, il vero e reale problema che dobbiamo risolvere.Nel Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, troviamo un bel esempio di ciò. A un certo punto un personaggio, mi pare Christian, comincia a prendersela con questo e con quello, un po' come molti giovani rivoluzionari, che, con rabbia lamentano questa o quella ingiustizia della società. Un altro personaggio, direi, Cyrano, un po' lo sta a sentire e poi lo interrompe “ Perché la fai tanto lunga, perché non dici che tutta la tua rabbia nasce dal fatto che Roxana non ti ama?”.

Junior. Ma non é facile scavare nella propria anima per scoprire il “problema-radice”, il problema da cui tutti gli altri pseudo problemi nascono.

Senior .- Lo so. Ed é per questo che la vita é come un camminare sul filo di un rasoio. E' per questo che il ricercatore di verità deve sempre dimostrare capacità di introspezione e sottigliezza per non cadere in fatali trabocchetti. (2)

Note1 - Va ascritta a merito del neo-positivismo la dimostrazione dell'improponibilità ( a causa dell'indeterminatezza e dell'imprecisione dei termini usati) di molte questioni di carattere metafisico.Non diversa, del resto, é la posizione di una grande “religione” come quella Buddhista. Come risulterà al lettore dal seguente passo da noi tratto da Emilia Rossi ( Atei all'alba ,La Fiaccola, 1973, p.43 ) : “Ovviamente non mancavano discepoli del Buddha che cercavano di investigare presso il Maestro il problema metafisico : se il mondo é eterno o no, se é limitato o infinito, se l'anima é una cosa sola col corpo o no, se un Buddha sopravvive dopo la morte. Ma il Buddha si rifiutò sempre di dare una risposta a queste domande paragonando l'uomo che si perde in simili questioni a colui che, ferito da una freccia, si rifiuta di lasciarsela estrarre prima di sapere il nome di chi l'ha ferito, a quale famiglia appartenga, se era alto o basso di statura e simili. Naturalmente arrischierà di morire della sua ferita prima di venir risanato. Dobbiamo quindi constatare come il rifiuto sistematico di ogni problema metafisico sia una vera

caratteristica del Buddha”.Vivaddio, c'é stata indicata una via da Persona che ci ispira fiducia : cominciamo a percorrerla : se non ci dà i frutti promessi l'abbandoneremo. Quel che contano sono i fatti!.A questo atteggiamento, che ritengo pratico e fattivo, é ispirato anche il seguente passo tratto da l'Iniziazione di Rudolf Steiner, p. 91 : “Come un uomo non può diventare pittore, se si rifiuta di prendere in mano il pennello, così pure nessuno può ( profittare degli insegnamenti del suo Maestro ) se non vuole adempiere alle richieste che il suo Maestro ritiene necessarie. In ultima analisi ( un Maestro ) non può dare che dei consigli, ed é in questo senso appunto appunto che si deve accogliere tutto ciò che egli dice. Egli ha già percorso le vie preparatorie che conducono alla conoscenza (…) e sa per esperienza ciò che é necessario; dipende completamente dalla libera volontà di ogni singola persona di decidere, se le convenga o no di seguire quelle medesime vie. Chi volesse chiedere a un maestro ( di dargli i suoi insegnamenti ), senza volerne però accettare le condizioni, somiglierebbe proprio a una persona che dicesse : insegnatemi a dipingere, ma non mi chiedete di toccare un pennello”..

2- Una dimostrazione della sottigliezza e dell'acume che il ricercatore di verità deve sempre avere ci é data dal seguente passo tratto da Alla ricerca di Dio”, cit, p. 65 : “Se ogni cosa é Dio espresso in una o in un'altra forma, potrete chiedervi perché occorra nondimeno fuggire certe forme, come per esempio la tigre. La risposta é che le persone che vi consigliano di fuggire la tigre sono esse pure manifestazioni di Dio. E perché dunque non ascolteremmo quel che essi ci dicono? Un certo guru insegnava al suo discepolo che ogni cosa é Vishnu e che perciò tutto ciò che esiste nel mondo ha diritto alla nostra adorazione. Il discepolo prese l'insegnamento alla lettera. Un giorno si scontrò nella strada in un elefante infuriato. L'animale avanzava verso di lui minaccioso e il guardiano gridava : “Fuggi,fuggi, l'elefante é impazzito”.Il discepolo pensò: “Perché dovrei fuggire? Io sono Vishnu, l'elefante anche: qual timore può avere Vishnu di se stesso ?”. Perciò non si mosse, ma anzi salutò cortesemente l'elefante e si mise a cantare le lodi del Signore. Senonché l'elefante lo sollevò con furia in aria con la proboscide e lo scagliò lontano. Rimase gravemente ferito, e quando tornò dal maestro, gli raccontò l'avventura. Il guru gli disse. “ Ti sta bene figlio mio. E' vero che tu sei Vishnu e l'elefante anche. Ma perché non hai ascoltato gli avvertimenti del guardiano-Vishnu che ti invitava a scostarti ? E' vero che l'elefante era una manifestazione di Vishnu, come ogni cosa, ma il guardiano ne era pure una, almeno altrettanto perfetta, e anche di più”.

7-Il male come ombra del bene. Ci avverte il Filosofo che le cose, in sé e per sè, non sono né buone né cattive: il fuoco che ci riscalda, ci può anche bruciare; l'acqua che ci disseta, ci può anche annegare (1). E quel che si può dire per le cose e gli eventi della Natura, può essere ripetuto per le azioni dell'uomo: Enrico VIII fa rotolare la testa di Anna Bolena? Male per questa, ma forse la terra ringrazia per il concime ( umano) che le vien dato. Insomma le azioni non sono né buone né cattive: sono e basta. Ciò non toglie che noi, buone o cattive, le possiamo sentire; e che il compimento di un'azione, che sentiamo “cattiva” possa determinare nella nostra psiche un nodo ( chiamiamolo, rimorso ) che ci costerà fatica e dolore sciogliere.Come può avvenire ciò? Come può accadere che noi si venga a sentire come cattiva e riprovevole un'azione e se ne senta rimorso? Può accadere, accade, perché l'uomo é un essere in evoluzione: egli é in cammino, un cammino talvolta lento talvolta faticoso, per realizzare nella sua anima la grande Idea: l'Idea che tutti : uomini, animali, piante, insomma tutti gli esseri dell'universo sono “Uno” ( Uno con Lui, con il suo “Io”) (2); e man mano che a tale Idea si avvicina, sempre più chiaramente ne percepisce il disegno (3) e ad esso adegua i suoi ideali: di conseguenza la sua anima traccia intorno a sé circoli sempre più ampi (4) e l'ideale nuovo offusca e fa sentire ripugnante l'ideale antico (5), come un nuovo vestito ci fa indossare mal volentieri quello antico e logoro.All'inizio del cammino, appena uscito dalla notte dei tempi, egli sa rinunciare alla sua vita per far salva quella dei figli neonati, ma trova giusto con la clava assalire il fratello della caverna accanto; fatto un passo avanti, egli é pronto sacrificarsi per il suo clan, e si sente maledetto da Dio come un Caino se leva il braccio armato verso l'occupante della capanna accanto alla sua, ma non esita ad assalire la tribù vicina; ancora un passo avanti, ed é pronto a morire per chi parla la sua lingua e veste il suo costume, e con orrore guarda chi uccide il concittadino ma loda ed emula chi al barbaro fa guerra....fino a che, circolo dopo circolo, passo dopo passo, egli, come il saggio indù davanti al soldato europeo che lo trafigge, estatico può dire al suo nemico Tat tuam asi,Tu sei Lui, Tu sei Dio, Tu sei Io che sono Dio. Giustamente dunque i saggi cultori della Cabala potevano definire il male come l'ombra del bene (6): invero il male esiste perché ( e questa é la benedizione! ) esiste il bene, perché l'uomo nella sua costante evoluzione sviluppa idee e concetti che gli fanno sentire male le azioni compiute in base alle vecchie idee e ai vecchi concetti: sono le nuove vette scalate, i nuovi traguardi raggiunti che ci fanno sentire bassi e vili le cime dianzi raggiunte, i traguardi dianzi tagliati.

Quale la conclusione da trarre da ciò? Quella di agire verso i nostri simili con comprensione e senza fanatismo. Tu non ti devi scandalizzare se il tuo vicino non ha la tua stessa sensibilità morale, se egli agisce in una maniera che tu giudichi immorale: ciò che é male allo stadio evolutivo in cui tu ti trovi, non é detto che sia male e può essere addirittura bene allo stadio evolutivo in cui lui si trova ( e viceversa!): i doveri dell'uno non sono i doveri dell'altro: per dirla con le parole dell'antica sapienza vedica , ognuno ha il suo dharma (7).Tu giovane “progressista” (8), se così ti aggrada, lotta pure per il “progresso morale” della società, ma...senza fanatismo: sapendo che mai esisterà una società senza “male” e senza “malvagi” ( perché? il perché l'ho spiegato: perché il male non é che l'altra faccia del bene).

Note

(1) Vivekananda ( Jnana Yoga , p. 57 ): “ Non esiste in questo mondo nessuna cosa su cui sia lecito apporre l'etichetta di buona, solamente di buona, oppure di cattiva, solamente di cattiva. Il fenomeno che oggi ci appare buono può apparirci domani cattivo. La stessa cosa che produce miseria nell'uno può produrre felicità nell'altro. Il fuoco che brucia il bambino può cuocere un buon pasto per un affamato. I medesimi nervi che producono le sensazioni di miseria producono altresì quelle di felicità”.

(2) Ramacharaka ( Corso superiore di filosofia yoga e di occultismo orientale, Milano, 1950, p. 89 ): “ Gli yogi ritengono che gli odierni ideali di morale, di condotta e di etica indichino che gli uomini stanno per abbandonare l'idea e l'illusione della separatività, e che la conoscenza dell'Unità sta sorgendo nelle loro menti. Questa albeggiante coscienza é la causa per cui molte cose che erano in passato considerate un “bene” vengono ora ritenute un “male”.

(3) Un'altra bella immagine tratta da Vivekananda ( Jnana Yoga, p.39 ):”Supponete che tra me e voi vi sia una parete nella quale sia stato praticato un piccolo foro, dal quale io possa scorgere alcune facce che stanno dinanzi a me. Ora supponete che il foro diventi progressivamente più grande e, stando così le cose, la scena davanti a me si riveli sempre maggiormente, finché, quando la parete sia scomparsa, io mi trovi al cospetto del tutto”.

(4) Traiamo l'immagine del “circolo” da Emerson ( Saggi, p. 218 ): “ La nostra vita é un apprendistato di quella verità secondo la

quale intorno ad ogni circolo é possibile disegnarne un'altro; per cui nella natura non c'é fine, ma ogni fine é un principio; c'é un'altra aurora che sorge sempre dopo il tramonto, e sotto ogni profondità un'altra profondità più profonda si apre”.Ancora Emerson ( Op. u.c., p. 229 ): “ Non c'é virtù che sia definitiva, tutte sono iniziali. Le virtù della società sono i vizi dei santi”.

(5) Ramacharaka ( in Corso superiore di filosofia yoga e di occultismo orientale, Milano, 1950, p.98 ) spiega che “ la tentazione o l'impulso a fare il “male” proviene dalle regioni inferiori della mente, quella parte della Mente Istintiva che concerne le passioni animali, le tendenze “innate”, le emozioni, ecc. le quali sono nostra eredità del passato. Esse non sono “cattive” in se stesse, ma fanno parte della storia dell'anima che ci siamo lasciati alle spalle e dalla quale ci stiamo liberando. Possono essere state il più alto “bene” che la nostra mente poteva concepire in qualche epoca della nostra evoluzione (....) Ma ora che abbiamo oltrepassato lo stadio in cui quei sentimenti, quelle passioni, quelle attività costituivano il più alto bene, e che il nostro attuale grado di sviluppo ci consente di trarre profitto da più elevate concezioni di verità, quelle vecchie esperienze ci appaiono decisamente “cattive” ed “errate”.

(6) Confr. R. Ambelain , La cabala operativa, passim

(7) Ramachraka ( nel suo Corso superiore di filosofia yoga e di occultismo orientale, p. 75 ) definisce il Dharma come “ la regola d'azione e di vita che meglio si adatta alla necessità dell'anima individuale e che meglio aiuta quella particolare anima nell'ulteriore passo del suo sviluppo”. Il Ramacharaka riconosce, però, con umiltà, che la definizione da lui data non giunge a cogliere completamente l'esatta e profonda essenza del Dharma.Forse a tale scopo più si avvicina il seguente passo tratto da Evola ( Yoga della potenza, p. 119 ):”Dharma (…) designa la natura propria di una cosa o di una persona: é ciò che, sul piano samsarico, la definisce e fa sì che sia quella e non un'altra (…) Così, ad esempio, il dharma del fuoco é bruciare, il dharma del pesce é nuotare, il dharma dell'essere di una data casta é la legge corrispondente ad essa, e via dicendo. Natura propria, dunque, e, simultaneamente, legge fondamentale di un dato essere condizionato”.Però “ una tale legge può essere più o meno riconosciuta e seguita, dal che – continua a spiegare Evola ( ibidem ) - procedono effetti

corrispondenti, secondo ciò che nella terminologia indù si chiama il karma. Il karma fa sì che ogni essere riceva proprio quel che é conforme alla qualità delle sue azioni, in forma immediata o differita. Non si tratta, però, qui, di una sanzione comunque estrinseca o legata a valori morali, bensì di una legge immanente: l'azione stessa partorisce un dato effetto. Epperò é karma che, ingerendo una sostanza contraria alla natura di un dato organismo, questo si ammali; lo stesso – secondo rapporti di pura causalità – vale per ogni dominio, quello spirituale compreso. Dharma e Karma sono , per tal via, strettamente connessi: certi effetti procedono dal karma per il fatto di avere un dharma e non un altro. Essi non sono uguali ove il dharma sia diverso. Per cui per es. ciò che per l'uomo é velenoso, per alcuni animali può non esserlo”.E' noto che nell'India vedica i membri della società erano suddivisi in varie categorie ( brahmana, ksastriya, vaisya, sudra...); e che per gli appartenenti a ciascuna di tali categorie era dettato un dharma diverso: ad esempio, per un brahmana era male reagire con violenza ad un'aggressione, lo ksastriya invece aveva il dovere di farlo. Ciò era senza dubbio più intelligente che il rendere, come la nostra Costituzione fa, tutti i cittadini eguali di fronte alla legge.

(8) Il seguente episodio della vita di Ramakrishna dimostra bene il poco conto e spazio che aveva, in una visione tradizionalista, quel tipo del “riformatore sociale”, che é tenuto, invece, in tanta auge nella attuale civiltà occidentale.“Rivolgendosi ad un gruppo di riformatori sociali entusiasti, Shri Ramakrishna disse loro :” Voi parlate molto di far del bene al mondo! Praticate prima la religione e realizzate Dio! Allora soltanto vi saranno dati l'ispirazione e il potere e potrete parlare di far del bene; non prima”. “Signore , chiese un brahmo, volete dire che dobbiamo rinunciare ad ogni lavoro fintanto che non abbiamo visto Dio?” - “Certamente no”, rispose il Maestro. “Perché rinunciare a lavorare? Occorre continuare a praticare la meditazione, il canto degli inni ed altri esercizi religiosi”. - “Intendo, precisò il brahmo, il lavoro che si riferisce al mondo. Occorre cessare completamente di occuparci di tutto ciò che é secolare?”“ Potete occuparvene, rispose Shri Ramakrishna , nella misura indispensabile per vivere. Ma occorre nel medesimo tempo che preghiate Dio con fervore perchè vi invii la Sua grazia e la forza di adempiere al vostro dovere senza sperare una ricompensa, né temere una punizione in questo mondo o nell'altro”( da Alla ricerca di Dio, p. 304 ).

8- Non pazienza ma vittoria sul dolore

Noi restiamo ammirati ( e giustamente ) quando vediamo un uomo che, pur patendo un gran dolore, non se ne lascia turbare, ma sa conservare il cervello lucido e l'animo sereno; noi restiamo ammirati di Epitteto, che, schiavo di un padrone crudele che si diverte a torcergli il piede, sa mantenersi nel dolore calmo, limitandosi a far osservare al sadico padrone che , così facendo , rischia di trovarsi uno schiavo storpio (1). Però la questione, la cui soluzione positiva preme allo spiritualista, non é se si possa diventare tanto forti ( nell'animo ) da sopportare il dolore, ma se si può riuscire a non soffrire pur in situazioni che in altri, dolore, provocherebbero: di più, se si può riuscire a trasformare in piacere ( in, ananda ), quel che in altri provoca dolore.Perché, é senza dubbio bella e buona cosa rendersi tanto forti da portare sulle spalle un quintale e camminare; ma ancor meglio é, poter andar liberi e sciolti per le strade del mondo. E ben s'intende di questo mondo ( di Malkhut, la più bassa Sephirot dell'Albero cabalistico, da cui il pellegrino mistico muove i suoi passi per risalire a Kether che, in cima all'Albero, a sua volta gli apre la contemplazione dello Ain Soph Aur, dell'Infinito Splendore di Dio); e non del mondo celeste , di un immaginario o

reale Paradiso. Perché é in questo mondo che il Cielo ci ha mandato per provare la nostra virtù ( intesa come capacità di vincere il “non-io”, trasformandolo da fonte di dolore in fonte di gioia e di ananda); é questo mondo il banco di prova in cui va dimostrato che lo Spirito ( lo “Io”) é in grado di vincere la Natura ( il “Non-Io” ) (2).Fatta questa premessa, noi ci proponiamo di seguito di confortare – non già di chiare e irrefutabili prove ( questo supererebbe la nostra intelligenza e forse quella di ogni altro essere umano ) - ma di palpabili indizi la tesi che sono vincibili ( nel senso sopra chiarito ) sia il dolore psicologico sia quello fisico.Cominciamo dalla tesi più facile a sostenere: quella che il dolore psicologico può essere superato.E' una tesi facile, in quanto la vita stessa ci offre innumerevoli esempi di persone che, gettate nel dolore da un dato evento che le ha duramente colpite, hanno, una volta portate a riflettere su un concetto o ad adottare una nuova concezione di vita, ritrovato il sorriso.Una madre ha perduta la figlia; a lei, che é in lacrime e si dispera, viene a parlare il buon Prete che le dice: “Perché piangi, tua figlia é in Paradiso, ora vede i Santi e la Santissima Vergine: non dovresti tu essere felice, invece che triste, per ciò?!”. La madre ascolta, l'idea di sua figlia tra i beati la consola e ritrova addirittura il sorriso al pensiero che la figlia non é più con lei, in questa valle di lacrime, a soffrire.Altro esempio: c'é Epulone e c'é Lazzaro ( quelli della parabola evangelica ). L'animo di Lazzaro soffre le torture dell'invidia e i morsi della rabbia: perché Epulone a banchettare e lui a contentarsi delle briciole? Ma viene un teosofo e gli parla della reincarnazione e della Legge del Karma: “Epulone é ricco perché in una precedente vita fece del bene, tu, Lazzaro, sei povero perché in una precedente vita facesti del male. Ora Epulone si sta comportando male, per cui se tu, Lazzaro, ti comporti ora bene, nella prossima vita le parti si invertiranno: tu mangerai e sarà lui a digiunare.

Lazzaro ascolta, si convince e il dolore, per l'ingiustizia che credeva di subire, l'abbandona.Non importa qui stabilire se le parole del prete e del teosofo, alla verità, corrispondono: sia quel che sia, consideriamole pure false; quel che importa é che le immagini mentali, da tali parole, indotte, hanno fatto sparire il dolore; così dimostrando in via di principio, che non v'é dolore ( psicologico ), che un'adeguata immagine mentale non possa cancellare.Ma, quel che é vero per il dolore psicologico, é vero anche per quello fisico? Noi a tale domanda rispondiamo di sì; riteniamo, infatti, che anche il dolore fisico abbia alla sua radice una concezione erronea della vita, un pensiero deforme e difettoso: per cui, sradicato questo, anche il dolore fisico é destinato a scomparire. Cerchiamo di dimostrare l'assunto ( senza l'ambizione di convincere qualcuno, ma solo contando di insinuare in qualcuno il dubbio salutare, che é anche una speranza, della non ineluttabilità del dolore, anche in questa terra ). Nel muovere i primi nostri passsi, possiamo farci forti delle parole ( non di un esoterista, ma ) di uno scienziato: un medico che scrive per altri medici. Si tratta del dott. Silvio Valseschini, autore di un pregevole libro dal titolo Il malato e la sofferenza (3).In tale libro l'Autore – dopo aver spiegato a medici e a infermieri come ci si rapporta

col malato sofferente – tratta ( in un'appendice ) delle “basi morfologiche e funzionali del dolore”. E che ci viene a dire ? Ci viene a dire: che noi siamo dotati di “ricettori periferici”, che raccolgono gli stimoli provenienti dall'ambiente e li convogliano verso il sistema nervoso centrale; che quando uno di tali ricettori viene stimolato, si determina quella che la scienza medica chiama una “afferenza sensoriale”; che tali “afferenze sensoriali” non sono delle vere sensazioni, ma delle cose neutre, se così ci é permesso di esprimerci, né dolorose né piacevoli: insomma delle semplici “attività elettriche”.E allora la sensazione di dolore o di piacere da che cosa deriva ? Deriva – ci spiega sempre la scienza medica per bocca del dott. Valseschini – dal sistema nervoso centrale: é questo che attribuisce alle “afferenze” il significato di dolore o di piacere. Però come ciò avvenga la scienza medica non lo sa; e il dott. Valseschini molto correttamente lo riconosce.Dovremmo anche noi, come la scienza medica, qui arrestare il passo? No, di certo, perché, pur nutrendo verso di essa gran rispetto, noi, non in essa vediamo la nostra vera guida, ma nella intuizione e nel buon senso.Che ci dicono questo e quella? Ci dicono che, se le sensazioni dipendono dal sistema nervoso centrale, diventa anche ben verosimile che esse dipendano dalle idee, dalle immagini mentali, dalle concezioni di vita che, in tale sistema nervoso, sono, per così dire, immagazzinate.E tale dettato dell'intuizione e del buon senso ci appare tanto più accettabile in quanto dà la spiegazione di fenomeni, che altrimenti resterebbero insolubili: perchè, ad esempio, uno stesso cibo sembra ghiotto o ripugnante a popoli di cultura diversa? La carne di cane arreca le stesse “afferenze” sia al palato di un europeo che a quello di un cinese, ma al primo provoca disgusto, al secondo, piacere: perché? Perché una diversa cultura ( una cultura sostanziata da diverse idee, immagini ecc. ) interpreta in maniera differente la stessa sensazione ( melius, afferenza ) ). Perché, altro esempio, se dò da bere dell'acqua a una persona facendole credere con appropriate suggestioni che trattasi di stricnina, la vedo torcersi dal dolore e addirittura stramazzare a terra ? La bevanda che le diedi era acqua e arrecava al suo sistema nervoso quelle solite “afferenze” che appunto l'acqua apporta, ma esse venivano, dalle idee da me, nel suo sistema nervoso centrale, immesse, interpretate in modo che il risultato era un dolore e non un piacere.Ma, giunti alla conclusione che le sensazioni ( le sensazioni in genere, sia quelle di dolore che di piacere ) dipendono dalle idee, che popolano il cervello di chi ha subito lo stimolo della “afferenza sensoriale”, facciamo un passo avanti, poniamoci la domanda: da quale idea dipendono in particolare le sensazioni di dolore?Dipendono, in radice – ecco la risposta che dà lo spiritualista a tale domanda - – dalla idea che la distruzione dell'apparato corporeo implichi e determini la distruzione del nostro “io”: é perché ci identifichiamo col nostro corpo e sentiamo la sua distruzione come la nostra stessa distruzione, che diventano per noi dolorose le “afferenze sensoriali”, che ci segnalano il rischio di una lesione di questo.In altri termini, all'origine del dolore c'é un sentimento di paura (4). E se noi fossimo in grado di non dar corso a tale sentimento negativo ( di paura ), ma di sostituirlo con uno positivo di adesione e di consenso alla forza ( lesiva ) che agisce nel nostro

corpo, noi proveremmo una sensazione, non di dolore, ma di piacere (5).E di questa possibile trasformazione del dolore in piacere la vita ci offre molteplici esempi. Si pensi alla deflorazione che può risultare, sì, dolorosa, se appunto la donna la sperimenta con apprensione, ma che é causa per essa di un potenziato piacere se essa é esaltata da una passione amorosa ( che non lascia spazio al timore )(6). Si pensi alle ferite che sogliono procurarsi i seguaci di certi culti ( come quelli che nell'antichità si celebravano in onore di Cibele ): ferite che non provocavano in essi dolore ma piacere (7)-

Note(1) Ramakrishna , colpito da un cancro alla gola, una delle malattie più dolorose, seppe mantenere sereno ed equanime il suo animo fino alla fine. Di più, si dice che fino alla fine i suoi occhi esprimessero gioia: la gioia di chi vive nell'ananda , nel piacere. Soleva dire: “ Che il corpo e il dolore prendano cura di se stessi, ma che il mio spirito resti pieno di gioia” ( da Alla ricerca di Dio , p. 155 ).

(2) E' una caratteristica dell'insegnamento del grande filosofo e pedagogista Mikhael Aivanhov , l'invito a non rifugiarsi nel Cielo ma a prendere ispirazione dal Cielo per migliorare la terra: “L'epoca viene in cui non si dovrà più cercare la propria salvezza rifugiandosi nel Cielo. Questa attitudine ha potuto essere buona in un certo momento, essa ha permesso di scoprire aspetti importantissimi della vita interiore. Ma ora non si tratta più di volersi salvare, si tratta di impegnarsi in un lavoro glorioso per portare il Cielo in terra ( Le veritable enseignement du Christ, Prosveta. 1984, 117 – traduzione nostra ).Ma Aivhanov anche avverte: “ Ciò non vuol dire voltare le spalle al Cielo, ma, al contrario occorre restare legati al Cielo per potere in seguito donare agli altri. Perché se voi non siete legati al Cielo, voi non siete ricchi, e allora che potreste voi distribuire?” ( Op.u. cit., p. 119 – traduzione nostra )

(3) Edito da Riza Libri-Endas nel 1982.

(4)E il Nietzsche, nella sua opera Volontà di potenza ( paragrafo 304 ), alla paura, appunto, riconnette il dolore, vedendovi “La ripercussione di uno shock provocato dalla paura nel focolare centrale del sistema nervoso, con una lunga sensazione che va poi a proiettarsi nella sede di un organo determinato” - ( confr., Ea, Sulla metafisica del dolore e della malattia, in Introduzione alla magia quale scienza dell'Io. Vol.II, p. 183 ed. Mediterranee, 1971.)

(5) Più precisamente la paura blocca, determinando così una sorta di ingorgo psichico, forze che, se lasciate scorrere liberamente, darebbero una sensazione di piacere. Questo, almeno, ci pare l'insegnamento, che dà Ea ( pseudonimo dietro cui si occulta l'Autore di Sulla metafisica del dolore e della malattia cit., p. 183 ). Ma riportiamo tale insegnamento diffusamente: “ Dal punto di vista esoterico, ecco di che si tratta. La fissità , che caratterizza gli esseri viventi come individui – e questa

fissità é da interpretarsi sia in senso generale, come tendenza a mantenere il proprio stato, sia in senso speciale, come coscienza che ha una relazione fissa con una data struttura organica – detta fissità fa sì che tutte le volte che si verifica un contatto con una forza trascendente si produce qualcosa di paragonabile ad una lesione – ad una lesione interiore. In quell'istante la coscienza, sorpresa, é messa in uno stato di orgasmo, di paura per il proprio essere individuale di cui sente oscillante la base; e questa reazione o contraccolpo animico-emotivo – come un contrarsi, un ansioso stringersi in sé della coscienza di fronte alla forza intervenuta – reazione che, naturalmente, soppianta la percezione di questa forza stessa – é il senso più profondo dell'esperienza del dolore e della sofferenza”. “In una coscienza aperta, libera rispetto alla propria individualizzazione – continua Ea – il dolore non esisterebbe come tale. Esso produrrebbe piuttosto il passaggio ad un'altra forma di coscienza, a quella corrispondente alla forza intervenuta, e poggiante, nel corpo, sopra un organo diverso dall'organo su cui il senso di sé si appoggia abitualmente. Invece, l'Io, che ha paura, che si ritrae agitato e si aggrappa a sè reagendo, ed ostruendo così la comunicazione, sperimenta il dolore. Il quale, oggettivamente, può considerarsi come un'esperienza puramente negativa dell'azione della forza extraindividuale manifestatisi”.Noi troviamo una conferma alla giustezza dell'insegnamento di Ea ( e cioé che il dolore nasce dal bloccaggio di una forza in noi destatasi ) in una stessa banale esperienza, frequente nell'amore profano ( e oggetto di libri famosissimi, come “Orgoglio e pregiudizio”, e simili ) : in una donna si accende una passione amorosa verso un uomo, che pregiudizi vari ( di casta, di religione...) le impediscono di amare: essa soffoca il suo sentimento ( di amore ) e pertanto....soffre. Se invece fosse capace di “denudare” tale sentimento da ogni scoria profana, se fosse capace di dar corso a tale suo sentimento, ma purificandolo, essa troverebbe la soluzione ottimale al suo problema esistenziale.

(6) Molti studiosi dell'esperienza sessuale hanno messo in luce “il piacere per la sofferenza” che anima molti amanti. E proprio sulla base di tali osservazioni si é creato il neologismo “algolagnia” ( da algo= dolore, e lagneia= essere eccitato sessualmente ). Sul punto cfr., Evola ( Metafisica del sesso, cit. , p. 113 ), il quale peraltro fa notare ( ivi, p. 114) che “ se il dolore viene vissuto come piacere, esso evidentemente non é più dolore”.Apprezzabili sono alcune osservazioni che, sulle potenzialità insite nella deflorazione, fa Evola ( Op. u. citata, p.115 ): “Nello stesso contesto ( id est, nel contesto di fenomeni di trascendenza del dolore, n.d.a ) potrebbe rientrare una considerazione speciale di quel che in determinate circostanze può offrire il momento della deflorazione. Sia per le angosce inconsce e le inibizioni della donna, sia per la primitività carnale e impulsiva che prevale quasi sempre nell'uomo, alcune possibilità eccezionali e irripetibili che, soprattutto per la donna, sarebbero offerte dall'esperienza della deflorazione in rapporto a quanto si é detto sull'algolagnia vanno irrimediabilmente perdute nelle normali relazioni sessuali umane. Anzi, questo atto di iniziazione della donna alla vita sessuale completa, quando esso é brutalmente condotto, ha spesso ripercussioni negative che, esercitando anche

successivamente la loro influenza, possono pregiudicare perfino quanto é da attendersi da una relazione normale. Vi é invece da pensare che se venisse anzitutto destato lo stato di ebbrezza in quella sua forma acuta, che ha già in sé un elemento distruttivo, il dolore della deflorazione, insieme a tutti i fattori sottili che vi si legano in termini di fisiologia iperfisica, potrebbe dar luogo ad un subitaneo, estremo innalzamento del potenziale estatico di quella stessa ebbrezza, secondo una congiuntura quasi irripetibile, potrebbe intervenire perfino un trauma, nel senso di una apertura della coscienza individuale sul sovrasensibile”.

(7) A proposito delle ferite, che si fanno in riti frenetici gli appartenenti ai Rufai, setta islamica legata al sufismo derviscio, uno sceicco dichiarò che esse sono fatte in uno stato, in virtù del quale non producono dolore ma “una specie di beatitudine che é esaltazione sia del corpo che dell'anima” e che tali pratiche in apparenza selvaggie non sono da considerarsi in sé, bensì solo come “mezzo per aprire una porta” - confr. W.B. Scabrook, Adventures in Arabia, New York, 1915, p.283; e Evola Metafisica del sesso ,cit., p. 111.Anche la “sofferenza” connessa ad una malattia può dar luogo in certe situazioni al “piacere”. Si legga quanto al proposito scriveva Aurobindo ad un suo discepolo: “ La vostra teoria sulla malattia é una convinzione piuttosto pericolosa, perché la malattia é una cosa da eliminare, non da accettare o da godere. C'é qualcosa nell'essere che gode della malattia; é anche possibile trasformare i dolori della malattia, come qualsiasi altro dolore, in una forma di piacere; perchè dolore e piacere sono entrambi degradazioni d'un ananda originale e possono essere ridotti l'uno nell'altro oppure sublimati nel loro principio originale di ananda. E' anche vero che bisogna essere capaci di sopportare la malattia con calma, equanimità resistenza e anche, giacchè é venuta, di riconoscere che fa parte delle esperienze da attraversare. Ma accettandola e godendone la si aiuta a durare, e ciò non deve succedere(...)- ( da Guida allo yoga , p. 118 ).

9-Il vero significato della rinuncia

Il Giovane - “Rinuncia”, io detesto questa parola : io voglio vincere, voglio affermarmi,

Il vecchio – E allora devi rinunciare alla debolezza. Se ti ritieni debole, carente, bisognoso come Penia ( Penia – ricordi ? - nel Simposio di Platone é la personificazione di chi, povero e bisognoso, può solo generare Eros, cioé un desiderio la cui soddisfazione dipende da altri ), se ti riduci a mendicare, da mendicante sarai trattato dalla vita. Se tu dalla vita vuoi essere ubbidito, se tu vuoi vivere la “tua vita” ( e non quella che inconsce suggestioni vorrebbero importi ), se tu vuoi forgiarti un glorioso destino, se vuoi essere trattato e ubbidito da re, non le vesti del mendicante, ma quelle del re devi indossare : devi comportarti da re, soprattutto essere convinto tu stesso di essere un re. Quindi la rinuncia che la vera Spiritualità, la Spiritualità solare, da te pretende é una rinuncia gloriosa, perché é l'altra faccia dell'affermazione coraggiosa del tuo potere sul non-io. Rinuncia, quella alla debolezza, necessaria, inevitabile, se non vuoi cadere in una tragica contraddizione : quella di piatire ai piedi della Donna l'elemosina di un bacio , sentendoti debole, carente e di Lei bisognoso, e, poi, di pretendere dalla vita le

cose, che la vita solo ai Forti dà.E, bada, quello che ora ti ho detto non é l'insegnamento di chi, come me, può essere giustamente sospetto di ignoranza e superficialità, ma é l'insegnamento di un grande Santo, di più, di un Avatar, Sri Ramakrishna – insegnamento da Lui dato sul letto di morte a un discepolo ( con parole, che un altro discepolo, Mahendranath Gupta, riporta in un bellissimo libro “ Les entretiens de Ramakrishna,, editore Cerf, e che io di seguito mi permetto di tradurre )“ Noren – Alcuni si arrabbiano con me, quando io parlo di rinuncia.SR Ramakrishna ( dolcemente ) - E' necessario rinunciare. Il Maestro indica le membra del suo corpo, e dice : Mettiamo che ci sia una cosa là e un'altra sopra di essa, se tu vuoi la prima, bisogna bene che tu sposti la seconda. Se tu non levi questa , non potrai avere quella”.

Il giovane – Volesse il cielo che io fossi un re; che cioé potessi farmi ubbidire dal non-Io, in primis dai miei pensieri, dai miei sentimenti ! Così purtroppo non é : io sono servo di questi e di quelli.

Il vecchio – No, tu ne sei il re ; semplicemente sei un re addormentato che sogna di essere un servo, un mendicante : un re che sogna di aver bisogno, per essere felice, di ottener quel certo impiego, che quella certa donna gli sorrida, di aver bisogno insomma di cose il cui possesso non dipende da lui. Non é così, basta che Tu voglia e il mondo si piegherà alla tua volontà

Il giovane – Ma “volere” richiede uno sforzo di cui io non sono capace.

Il vecchio – Che sciocchezza! “Volere” non costa nessunissimo sforzo: é semplicemente che tu – e come tu, anch'io – ti sei autoipnotizzato, ci siamo autoipnotizzati di essere deboli e , convinti della nostra debolezza, non osiamo volere. E finché continueremo a essere convinti di essere deboli, di essere periferia e non centro, non saremo effettivamente capaci di volere . Però noi non siamo periferia, siamo centro e quindi per noi vale l'incoraggiante insegnamento che ti riporto di seguito ( trascrivendolo dal bellissimo libro, già citato, di Ramacharaka Yogi “ Raja Yoga” , p.7, editore F.lli Bocca ) : “Quando l'anima percepisce se medesima come un centro circondato dalla circonferenza; quando il sole sa di essere sole, circondato da pianeti, roteanti intorno; allora é il tempo della sapienza e del potere del Signore”.Sì, la vita é come un sogno ( ti ricordi il famoso dramma di Pedro Calderon de la Barca, La vida es sueno ? ) e, una volta guariti dall'autoipnosi in cui siamo caduti, ci libereremo dai brutti sogni della vita con la stessa facilità e naturalezza con cui al mattino ci liberiamo dagli incubi della notte.

Il giovane – Tu mi vuoi ora ammannire l'insegnamento che il mondo non esiste, é solo un'illusione, é maya ? Io voglio lottare, combattere e non mi piace pensare che le cose per cui combatto in realtà non esistono, sono solo frutto di una illusione, come i mulini a vento contro cui, lancia in resta, si lanciò il don Chisciotte di Cervantes.

Il vecchio – Ma non é questo il vero insegnamento su Maya . Il vero insegnamento é che, come i sogni che facciamo di notte hanno una base reale, di cui però essi danno un'immagine deformata ( la caduta dell'orologio dal comodino, che si trasforma in un colpo di cannone e ci trasporta nel mezzo di una terrificante battaglia ), così anche i sogni che facciamo di giorno, hanno una base reale, di cui però essi ci danno una deformata visione . Del resto le cose della vita non ci ingannerebbero così facilmente se non contenessero una parte di verità, così come l'orefice disonesto non riuscirebbe ad ingannare facilmente il cliente, se nell'orologio che vuol vendergli come d'oro, non ci fosse d'oro almeno la verniciatura. Costante sforzo dell'uomo saggio é quello di sceverare, distinguere l'oro dal vil metallo, quel che di vero c'era in quella vicenda che lo aveva illuso, da quel che di falso essa aveva. Amalia lo abbracciava e gli giurava con false parole amore eterno; e...lui le credeva ? False erano le parole di Amalia, però forse che può dire falso l'intenso piacere che provava tra le sue braccia ? No, di certo. Ancora. Quella monaca santa, crede di vedere Gesù nelle sue estasi . L'apparizione di Questi alla monaca può ben essere frutto di una illusione, ma quel piacere fortissimo che la strappa dal corpo , é frutto, sì , di un illusione, ma in sé e per sé non può dirsi un'illusione. Tutto ciò per dirti che quel piacere infinito e trascendentale, quella ananda, di cui parlano i saggi , effettivamente esiste e che per raggiungerlo e gustarlo val la pena di lottare e vincere.Lottare, sì, perché sapere che il mondo é sotto l'incantesimo di Maia non ti deve portare alla passività, ma alla lotta . Sì, é vero, c'é dell'illusione nella muliebre bellezza che ti incanta. Ma é anche vero che tale bellezza ti incanta in quanto contiene dell'oro. E tu dalla prima constatazione non ti devi lasciar trasformare in un arido cinico, ma devi essere capace di trovare nella seconda ( constatazione : esservi

oro dentro all'illusione ) gli elementi che ti diano coraggio ( come un cercatore d'oro che ne ha trovata una pepita ) a raddoppiare gli sforzi per giungere finalmente a cogliere il tesoro che agogni : l'ananda, la infinita beatitudine. E giungere a coglierlo non sarebbe per te difficile se solo ti convincessi che tu non sei un mendicante ma un re ; e di conseguenza cambiando il tuo modo di pensare cambiassi con ciò stesso la tua personalità, scacciandone i viziosi modi di fare ( del mendicante) per sostituirli con quelli virtuosi ( del re che tu sei ). Il mondo infatti é come uno specchio che riflette le nostre virtù e i nostri vizi : noi vediamo il male ( il vil metallo ) negli altri perché il male é in noi; se fossimo interamente buoni, non vedremmo nessun male negli altri ( omnia munda mundi ), e anche in una Amalia troveremmo tutto oro e il mondo tutto ci apparirebbe come un paradiso.Ecco quel che poteva dire Swami Vivekananda del suo Maestro , Sri Ramakrishna : “Le labbra del mio Maestro non hanno mai maledetto nessuno, non hanno mai criticato nessuno. I suoi occhi non avevano più la possibilità di vedere il male, il suo spirito non era più capace di percepire il male. Egli non vedeva altro che bene.” ( ho tradotto dal francese del bel libro “Swami Vivekananda – Entretiens et causeries” p. 325, editore, Albin Michel ).E ci ammonisce ancora Vivekananda (in La suprema sapienza, Fratelli Bocca editore, p. 268 ) :

“ Come potreste vedere il male, se il male non fosse in voi ? Come potreste vedere il ladro ammenochè questi non risiedesse nel fondo del vostro cuore ? Come potreste vedere l'assassino ammenochè non foste voi l'assassino ? Siate buoni e il male scomparirà”. E tutto l'universo sarà così cambiato per voi in un Paradiso.Mi si lasci finire con ancora un insegnamento del grande Swami. In mezzo a tutte le nostre lotte e nonostante esse - ecco il Suo insegnamento – noi sentiamo una voce che ci dice che noi siamo liberi, che noi siamo divini. E noi seguendo tale voce “ come i bambini del villaggio attratti dalla musica del flautista ambulante” “corriamo tutti verso la libertà”. E, sempre seguendo tale voce, a poco a poco notiamo che il mondo sotto i nostri occhi si trasforma. “ Il mondo che fu il terribile campo di battaglia di Maya, é ora congiunto a qualche cosa di buono e di bello. Non malediciamo più la natura né diciamo che il mondo é orribile e che tutto é vano; non abbiamo più motivo di piangere e di lamentarci. Appena comprendiamo – stiamo sempre riportando le parole del grande Swami - il significato di tale voce, vediamo la ragione per cui questa lotta, questo combattimento, questa difficoltà, questa crudeltà, questi piccoli piaceri e queste piccole gioie, debbono avere luogo quaggiù; ci accorgiamo che essi sono nella natura delle cose, perché senza di questi non ci potremmo avvicinare alla “voce” di cui abbiamo parlato, non potremmo conseguire ciò a cui siamo destinati, ne abbiamo, o no, nozione” ( le parole tra virgolette sono passi tratti dalle pagine, 91,92,93 de “La Suprema Sapienza”, già citato ).

10 - Fatalismo

Sia l'ateo che il credente sono, dalla Logica e dalla Ragione, costretti ad ammettere che il futuro sia già determinato.Infatti, l'ateo, che ritiene che l'universo sia un insieme di elementi dovuti al caso, deve però pensare che tali elementi, ricevuto come che sia un input, tra di loro interagiscano in base a leggi inflessibili, che non possano non portare inevitabilmente ad un dato risultato: nel biliardo della vita la boccetta A colpisce la boccetta B, questa muove C e D e, una mente che fosse capace di calcoklare tutte le possibili interazioni delle varie boccette, potrebbe dire che la boccetta Z ad un certo punto schizzerà verso una data direzione.Il credente, a sua volta, che attribuisce a Dio una volontà onnipotente, deve ammettere che, tutto quel che accade, avviene secondo il Suo disegno e che tale disegno non può subire modifiche nel corso del tempo ( dato che niente e nessuno ha il potere di influire, condizionare e far deviare dai suoi originari propositi la Volontà che lo ha partorito).Il fatto che il futuro sia già determinato, non dovrebbe, però, farci sentire meno liberi e non dovrebbe turbarci: forse che ci toglie il piacere di leggere un romanzo giallo , il fatto che il suo autore ne abbia già scritta, nell'ultimo capitolo, la conclusione ? L'importante é che noi questa non si conosca già dalle prime pagine; ma fortunatamente, provvido, un velo a noi umani occulta il futuro.C'é però chi tenta di sollevare, di tale velo, i lembi e gettare lo sguardo negli anni a venire: che pensare di lui?Quel che insegnava il profondo penbsiero di Emerson (1): “che é cosa salutare per l'uomo non guardare al Fato ma in altra direzione”. E questo, non già per timore di essere costretti a vedere un futuro per noi tragico e doloroso: la mente umana non é così acuta da penetrare i definitivi disegni del Cielo: l'uomo non può conoscere il futuro. Egli, però, può conoscre quel progetto di futuro, che le forze possenti del Fato stanno per lui elaborando (2), e la sua volontà, morbida e debole, invece di agire, come potrebbe, per modificare almeno in parte tale progetto 83), può lasciarsi prendere da una vile rassegnazione (4) così contribuendo a realizzare la sua cattiva fortuna-Ma vi sono uomini che non sono di vil creta impastati: essi non vogliono, con imbelle curiosità, vedere il futuro, ma vogliono conoscere in che direzione si muovono le Forze e le Energie che stanno forgiando il futuro. Essi sanno che tali forze non sono cieche, ma mosse dalla volontà Divina, e, sapendo anche che l'uomo può ottenere un esito felice e fortunato nelle sue imprese solo a Quella conformandole, per conoscerLa interrogano con arte sapiente certi fenomeni della natura ( gli astri, il volo degli uccelli, le viscere degli animali....). Con non diverso spirito, quindi, di quello che muove un giovane – che deve scegliere la afcoltà universitaria a cui iscriversi – a interrogarsi e a cercare nel suo sé profondo la sua vocazione ( il compito che sulla terra Dio gli ha dato 9, ben sapendo che, se sceglierà una professione a questa vocazione ( a questo compito ) confacente, gli arriderà il successo, ma che se la sceglierà cedendo al capriccio, lo aspetterà il fallimento (5)

Chi opera così non fa male. Però il saggio per agire non ha bisogno di interrogare gli astri: gli basta domandare alla sua coscienza quale sia la volontà del Cielo: conformandosi ad essa sa di non sbagliare: sa che per compiere una buona azione ogni giorno é fausto, e per commetterne una cattiva, ogni giorno, infausto (6).

Note

(1) In La guida della vita , ed. Paravia, p.15.Emerson ( Op. cit.,p. 15 ) dopo aver ricordato anche il detto dell'oracolo “Non guardare la Natura, poiché il suo nome é fatale”, aggiunge che “la troppa contemplazione” dei limiti di questa “induce nella grettezza: e coloro che parlano molto del destino, della loro stella, e così via, sono su un piano inferiore e pericoloso e invitano i mali che temono”.

(2)Ma queste forze possenti, che forgiano il nostro futuro, che altro sono se non le forze dei nostri desideri? Noi diventiamo quel che desideriamo diventare, gli eventi felici o funesti che incontriamo nel percorso della vita sono quelli che noi stessi, col nostro desiderio, abbiamo evocati. Perché é vero che tutto avviene secondo la volontà di Dio, ma Dio vuole, per ammaestrarci, che i nostri desideri si realizzino.E Ramakrishna paragonava Dio al “Kalpatazu” , l'Albero che nelle sfere celesti esaudisce tutti i voti e dà tutto ciò che gli si chiede”. Perciò, ammoniva, bisogna stare attenti a ciò che si desidera: “ Se durante la vostra sadhana pregate per aver denaro, amici, oterrestri onori, i vostri desideri saranno senza dubbio almeno in parte realizzati. Ma attenzione! Sotto i doni che riceverete, si nasconderà la minaccia della tigre. Le bestie feroci che si chiamano: malattie, lutti, perdite di denari e di onori,ecc. fanno soffrire chi le subisce più ancora di una tigre in carne ed ossa” ( Alla ricerca di Dio, p. 163 ).Secondo la concezione orientale, in base ai nostri desideri si formano le azioni e gli eventi della nostra vita ( mnelius, delle nostre vite ); secondo una legge ( Legge di causa ed effetto – Legge del Karma 9, che agisce oggettivamente ( a prescindere cioé da ogni idea di premio e di castigo ), ma non in maniera inesorabilmente meccanica: la Grazia Divina può distruggere le conseguenze cattive dei nostri cattivi desideri. “Quando, per grazia di Dio,scende in noi lo spirito di immediata rinuncia, possiamo – sono parole di Ramakrishna ( Op.cit. p. 251 )- sbarazzarci dell'attaccamento alla donna e all'oro e così liberarci di ogni schiavitù a questo mondo”.Proprio perché, in definitiva, noi siamo gli autori del nostro destino, noi possiamo impedire che il progetto di destino che si sta formando a nostro danno, si realizzi. Ciò dipende dalla nostra volontà ( dalla nostra capacità di sostituire certi desideri, certe aspirazioni, con altri desideri e altre aspirazioni). E' chiaro, però, che quanto più il “progetto” é in stato di avanzamento, tanto più difficile riesce modificarlo.

(3) E in effetti “ vi sono previsioni ( del futuro ) esatte; ma ve ne sono altre, e numerose, a cui i fatti non hanno corrisposto”. Constatato ciò Ea ( uno pseudonimo dietro cui si occulta l'autore di Libertà, preveggenza e relatività del tempo, in Introduzione alla magia quale scienza dell'io”, vol. I, p.333) si domanda: “Bisogna

interpretare ciò come il semplice errore di una imperfetta facoltà dei soggetti, ammettendo dunque che quel che é stato previsto in modo sbagliato poteva, però, in via di principio, essere anche previsto in modo giusto?” ( e che pertanto il libero arbitrio non sussiste ).E a tale domanda Ea così risponde: “Questa é un'interpretazione possibile; ma ve ne é anche un'altra: si può cioé ritenere che molte delle previsioni “errate” fossero state “vere” in un primo momento, cioé corrispondenti ad un concerto di cause ( eventualmente con pre-visualizzazione dei loro effetti ) più probabili e tale, quindi, che in via normale avrebbe senz'altro prodotto quel fatto; e “false” siano divenute solo in un secondo tempo, per l'intervento o il risveglio imprevedibile di altre cause. Ammettendo questa veduta – continua Ea - , vi é di nuovo un margine per la libertà. E che sia così, in certi casi lo si potrebbe verificare in via perfino sperimentale. Perfino nel caso-limite che si tratti, non di predizioine, ma di pre-visione, cioé dell'evento futuro non annunciato ma visto in precedenza, con me stesso agente così e così, bisognerebbe che al momento dell'avvenire del fatto io fossi colto da una specie di amnesia totale, tanto da seguire automaticamente il corso delle cose. Se invece ci si ricordasse subito e si sapesse: “Ecco che accade proprio ciò che ho visto”, in molti casi si potrebbe anche intervenire e tentare di determinare un corso diverso di cose. E quando ciò riuscisse, per essere stato dimostrato, anche se in piccolo, il potere di far divenire “falsa” la previsione, verrebbe evitata la tesi dell'assoluto fatalismo”.

(4) Mentre Emerson ci mostra un modo virile di guardare al Fato: “Se volete mettervi dalla parte del Fato e dire che il Fato é tutto, noi allora diremo: una parte del Fato é la libertà stessa dell'Uomo : dall'Anima continuamante scaturisce l'impulso a scegliere ed agire. L'intelletto annulla il Fato: in quanto l'uomo pensa é libero” ( La guida deklla vita , p.15 ).E ancora ( ibidem ): “La migliore utilità del Fato é di insegnarci un fatale coraggio. Andate ad affrontare il fuoco in mezzo al mare, o il colera nella casa del viostro amico, o il ladro notturno nella vostra, o quale che sia il pericolo che si frappone sulla via del dovere: dovete essere consci che siete sotto la custodia dell'angelo del Destino. Se credete nel Fato pel vostro danno, credetevi almeno anche pel vostro vantaggio. Chè, se il Fato prevale, l'uomo pure ne fa parte e può affronatre Fato contro Fato”.

(5) Potrà chiarire lo spirito con cui nell'antica Roma si prendevano gli auspici, il seguente passo ( tratto da Evola j. L'arco e la clava,Milano, 1971, p. 46): “Se l'idea di una legge universale e di un volere divino non annullavano la nozione della libertà umana, pure fu costante preoccupazione dell'uomo antico formare la sua azione e la sua vita in modo che esse continuassero l'ordine generale, rappresentassero, per così dire, un prolungamento o un ulteriore sviluppo di esso. Partendo dalla pietas, ossia, romanamente,dal riconoscimento e dalla venerazione delle forze divine, ci si pose come compito di presentire la direzione di queste forze divine nella storia in modo da potervi accordare opportunamente l'azione,tanto da renderla massimamente efficace e piena di significato.. Da qui la parte importantissima che nel mondo romano, fin

nel dominio della cosa pubblica e dell'arte militare, ebbero l'oracolo e l'auspicio. Fu ferma persuasione del Romano che le peggiori sciagure,comprese le disfatte militari, non fossero tanto dipese da errori, debolezze o deviazioni umane quanto dall'aver trascurato gli auspici, cioé, riportando la cosa alla sua essenza, dall'aver agito disordinatamente e arbitrariamente, , seguendo i meri criteri umani, rompendo i contatti col mondo superiore ( romanamente, ciò voleva dire aver agito senza religio, ossia senza collegamento), senza tener conto delle “direzioni di efficacia” e del “momento giusto” condizionanti un'0azione “felice”.Certo si può anche agire – continua Evola – non tenendo conto del “fatum”, della direzione in cui muovono le forze cosmiche, però ( e qui torniamo ad usare le aprole di Evola, in Op. u.c., p.48 ) “Chi non tiene conto del fatum é quasi sempre destinato ad essere passivamente trasportato dagli eventi; chi lo conosce, lo assume e vi si innesta viene invece guidato verso un superiore compimento, ricco di un significato non soltanto individuale. Tale é il senso del detto antico secondo il quale ifata nolentem trahunt, volentem ducunt”

(6) Per riferirci ad un noto detto di Seneca.

Appendice

Pagine tratte da Raja Yoga di Yoghi Ramacharaka

Da pag. 16:

REGOLE ED ESERCIZI DESTINATI AD AIUTARE IL CANDIDATO NELLA SUA INIZIAZIONE

La prima istruzione secondo la linea di iniziazione è destinata a risvegliare la mente alla totale realizzazione e consapevolezza della individualità dell'Io. Si insegna al candidato come rilasciare il corpo, calmare la mente e meditare sull'Io finchè si presenti chiaranmente, nettamente alla consapevolezza. Con ciò diamo insegnamenti per produrre quelle condizioni fisiche e mentali per mezzo delle quali la meditazione e la concentrazione si ottengono più facilmente. Anche nei successivi esercizi, deve esser costante questo stato di meditazione, perciò lo studioso deve divenirne perfettamente familiare.

STATO DI MEDITAZIONE- Se è possibile conviene ritirarsi in camera o luogo tranquillo, dove non si abbiano a temere interruzioni, di modo che la mente possa riposare tranquilla. Certo questa condizione ideale non si puè sempre ottenere, e allora fate come meglio è possibile.

L'intento è di render possibile d'astrarsi al massimo grado da distrazioni esteriori, in guisa da essere solo con voi stesso, in comunione col vostro Io reale. Sarebbe bene sdraiarsi comodi. in modo da poter rilasciare i muscoli e liberare i nervi da ogni tensione. Dovete dimenticare interamente il mondo esteriore rilasciando ogni muscolo, fin che nn senso di perfetta calma e di pace riposante pervada ogni fibra del vostro essere. Che il corpo riposi e la mente sia calma. Questa condizione è indispensabile nei primi periodi dell'apprendimento; dopo il candidato acquisterà un tal grado di padronanza da poter ottenere rilasciamento fisico e calma mentale in qualunque tempo e luogo desideri. Ma egli deve guardarsi bene dall'acquistare apparenza di sognatore assorto in meditazione anche quando deve attendere agli affari della vita. Ricordatevi questo: lo stato di meditazione deve essere interamente sotto il controllo della volontà e si deve ottenerlo soltanto deliberatamente ed a tempo opportuno. La volontà dev`essere padrona di questo come di qualunque altro stato mentale. Gli iniziati non sono dei sognatori diurni, ma uomini o donne con pieno controllo di se medesimi e dei loro atteggiamenti. La consapevolezza dell'Io, quando è sviluppata per mezzo della meditazione, diventa ben presto uno stato immutabile e non ha più bisogno di essere prodotto da meditazioni. In tempo di lotte, dubbi o

turbamenti la consapevolezza può rinforzarsi per mezzo di volontà (come spiegheremo nelle lezioni seguenti) senza ricorrere allo stato di meditazione.

LA REALIZZAZIONE DELL' "IO" - Il candidato deve per primo familiarizzarsi colla realtà dell' "Io" prima di poterne conoscere la vera natura: questo è il primo passo. Che lo studioso si metta nello stato di meditazione prima descritto; poi deve concentrare tutta la sua attenzione sull'Io individuale escludendo ogni altro pensiero del mondo esteriore o d'altre persone. Che gli si formi nella mente l'idea di sè stesso come di cosa reale, di essere attuale, di entità individuale; di sole attorno cui graviti il mondo. Che nè falsa modestia nè senso d'inferiorità ostacolino questa idea, poichè voi non negate per ciò ad altri il diritto di considerare se stessi come altri centri. Voi siete infatti un centro di consapevolezza, fatto cosi dall'Assoluto e voi state per percepirne la realtà. Finchè l'Ego non riconosce sè stesso come un centro di pensiero, d'influenza e di potere, non può manifestare questa qualità: via via che viene riconosciuta questa sua posizione come un centro di manifestazione, per queste sue qualità non è necessario di paragonarsi con altri o di immaginarsi più grandi e migliori di altri, anzi simile paragone sarebbe biasimevole e indegno di un Ego progredito; sarebbe segno di mancanza di progresso piuttosto che del contrario. Nella meditazione deve rimanere ignorata semplicemente ogni considerazione delle rispettive qualiltà di altri, e deve esser procurato il riconoscimento del fatto che voi siete un gran centro di consapevolezza, di potere, d'influenza e di pensiero. E come i pianeti gravitano attorno al sole cosi il vostro mondo si svolge intorno a Voi che ne siete il centro. Non sarà necessario di pensare su ciò o di convincervi di questa verità con ragionamenti intellettuali: la nozione non viene così, ma in forma di avveramento di verità che gradualmente spunta nella consapevolezza per mezzo di meditazioni e di concentrazione. Raccogliete in voi questo pensiero, di voi centro di consapevolezza, di potere e di influenza, poichè questa è una verità occulta e via via che sarete capaci di realizzarla, diventerete capaci di manifestare queste qualità. La vostra posizione può essere mediocre, la vostra sorte dura, la vostra istruzione scientifica scarsa; voi non cambiereste il vostro "Io" col più fortunato, saggio e grande individuo del mondo. Potrete dubitare di ciò, ma pensate un momento e vedrete che abbiamo ragione. Quando dite che "vi piacerebbe di essere" questi o quegli, veramente pensate che vi piacerebbe averne il grado di intelligenza, di potere, di ricchezza, di posizione sociale ecc. Ciò che desiderate è qualche cosa che è di loro o qualche cosa di simile. Ma voi non desiderereste neppur un istante di confondere la vostra identità colla loro, o cambiarvi in loro. Rifletteteci un momento: per essere l'altro voi dovreste morire, ed allora solo invece di voi sareste l'altro. Il vero Voi verrebbe cancellato dall'esistenza, e voi non sareste affatto più voi, ma sareste l'altro. Se potete afferrare questo concetto vedrete che non vi verrebbe voglia di fare un tale cambio nemmeno per un momento. Certo tale cambio è impossibile. Il vostro "Io" non può essere cancellato; è eterno e progredirà avanti, avanti, avanti, salirà a stadi

sempre più alti, ma sarà sempre lo stesso Io. Precisamente come voi che, sebbene ora siate individuo ben differente di quando eravate fanciullo, riconoscete lo stesso "Io" in voi, come sempre in voi è stato. E sebbene possiate acquistare nell'avvenire sapere, esperienza, potere e saggezza, lo stesso lo sarà sempre con voi. L'Io è scintilla divina e non può mai estinguersi. La maggioranza degli individui all'attuale stadio di sviluppo della razza, ha soltanto fievoli concetti della realtà dell'Io. Accettano la constatazione di questa esistenza, ma sono consci di se stessi come di creatura che mangia, dorme e vive, un essere poco più alto di vita animale; non sono convinti della entità o realtà dell"Io, che deve destarsi in chiunque diventi reale centro d'influenza e di potere. Vi è chi si è imbattuto in questa consapevolezza o in un grado di essa, ma senza comprenderlo. Hanno sentito questa verità e sono usciti dal rango della gente ordinaria e sono divenuti potenze per il bene o per il male. Ciò fino ad un certo punto, è una disgrazia, poichè questa coscienza, cui manca la conoscenza ed il sapere che dovrebbero accompagnarla, può apportare del male all'individuo e agli altri. Il candidato deve meditare sull'Io, riconoscerlo, sentirlo, essere un centro. Questo è il primo intento. Imprimete nella vostra mente la parola "Io" in questo senso e significato e fate che penetri profondamente nella vostra consapevolezza cosi da diventar parte di voi stesso. E quando dite "Io" dovete accompagnare la parola coll'immagine del vostro Ego, come di un centro di consapevolezza, di pensiero, di potenza e d'influenza. Vedetevi cosi circondato dal vostro mondo; ovunque voi andiate, va il centro del vostro mondo. Voi siete il centro e tutto quello che è al di fuori di voi gravita attorno a questo centro. Questa è la prima grande lezione sulla strada dell'iniziazione: imparatela! I maestri Yoghi insegnano agli studiosi che si può affrettar la reallizzazione dell'Io come centro, ritirarsi nel silenzio, o in meditazione e ripetendo il loro nome con lentezza, deliberatamente, solennemente, un certo numero di volte. Questo esercizio tende a concentrare la mente sull'Io e molti casi di aurora di iniziazione sono risultati da questa pratica. Molti pensatori individuali sono giunti, per caso, a questo metodo senza che nessuno lo avesse loro insegnato. Un noto esempio è quello di Lord Tennyson il quale ha scritto di aver raggiunto un certo grado d'iniziazione in questa guisa. Egli avrebbe ripetuto il suo nome proprio più e più volte, nello stesso tempo meditava sulla propria identità, e racconta che così sarebbe divenuto consapevole e cosciente della sua realtà ed immortalità: in breve, avrebbe riconosciuto se stesso come un reale centro di consapevolezza. Crediamo di avervi dato la chiave del primo stadio di meditazione e di concentrazione. Prima di andare oltre lasciateci citare un antico maestro Hindu; a proposito di ciò. egli diceva: "Quando l'anima riconosce se stessa come un centro di circonferenza: quando il Sole riconosce di essere Sole circondato dai pianeti che li gravitano attorno, allora essa è pronta per la sapienza e il potere del maestro".

CONCEZIONE DELL'INDIPENDENZA DELL' "IO" DAL CORPO- Molti candidati trovano un impedimento alla piena realizzazione dell' "Io" (anche dopo aver cominciato a intuirlo), nella confusione della realtà dell' "lo" col senso del corpo fisìco. Ma questo è un incaglio che facilmente è superato per mezzo della meditazione e concentrazione, poichè la indipendenza dell' "Io" viene spesso rivelata allo studioso d'un subito, quando si prenda quale oggetto di meditazione un pensiero adatto. L'esercizio è dato come segue: Mettetevi in stato di meditazione e pensate di esser Voi, il vostro Io reale, indipendente dal corpo, che usi del corpo come di involucro e di istrumento. Pensate del corpo come pensereste di un vestito e vedrete che voi potete lasciare il corpo ed essere ancora lo stesso Io. Raffiguratevi di far ciò e di considerare il vostro corpo come una buccia dalla quale potere uscire senza alterare la vostra identità. Raffiguratevi come padrone di questo corpo che occupate poichè voi potete controllarlo, usarlo per miglior vantaggio e renderlo sano, forte e vigoroso, pur restando esso sempre un guscio o involucro del vostro vero Io. Considerate questo corpo composto di atomi e di cellule che cambiano di continuo, ma tenuti assieme dal vostro Ego e che voi potete migliorare a volontà. Persuadetevi che voi siete semplicemente un abitante del corpo e ne usate solo per convenienza, proprio come potreste servirvi di una casa. In meditazioni ulteriori cercate d'ignorare completamente il corpo; situate il pensiero sul reale “Io" che cominciate a sentirre come il "Voi", e troverete che la vostra identità, il vostro "Io" è qualche cosa una cara di totalmente distinto dal corpo. Voi potete ora dire " il mio corpo" con un significato nuovo. Respingete l'idea di essere un ente fisico e verificherete di essere al disopra di esso. Ma che questo concetto e avveramento non vi faccia ignorar il corpo. Dovete considerare il corpo come tempio dello Spirito e curarlo e farne una sede adatta al vostro "Io". Non spaventatevi se durante la meditazione vi avvenga di provare la sensazione di sentirvi fuori del corpo per qualche momento e di ritornarvi alla fine dell'csercizio. L'Ego è capace (nei casi di avanzata iniziazione) di emergere oltre i confini del corpo ma non ne stacca la connessione in quegli istanti. È come se uno guairda fuori dalla finestra della stanza quello che avviene e ritrae la testa quando desidera. Non deve lasciar la stanza, quantunque possa mettere fuori il capo per osservare ciò che avviene nella via. Non consigliamo il candidato di cercare di coltivare questa sensazione, ma se viene naturalmente durante la meditazione, non abbiate timori.

CONCEZIONE DELL'IMMORTALITÀ ED INVINCIBILITÀ DELL' "EGO" - Mentre la maggioranza accetta, per fede, il credo della immortalità dell'anima, pochi sono consci che ciò può essere dimostrato dall'anima stessa. I maestri Yoghi insegnano al candidato la seguente lezione: Lo studioso deve mettersi nello stato di meditazione o almeno di grande riflessione e sforzarsi di immaginare sè stesso come morto, ossia deve tentar di farsi un concetto mentale di sè stesso morto. Ciò dapprima pare una cosa molto facile da

immaginarsi, ma in realtà è una cosa impossibile da farsi poichè l' "Ego" rifiuta di concepire questo fatto e gli è impossibile immaginarlo. Provatelo voi stesso. Troverete che potrete immaginare il vostro corpo giacente immobile e privo di vita, ma lo stesso pensiero prova che per tal modo siete "Voi" che guardate il corpo. Così è chiaro che "Voi" non siete morto per nulla, neppure nella immaginazione, sebbene il corpo possa esserlo. Oppure, se rifiutate di staccarvi colla fantasia dal vostro corpo, potete pensare il vostro corpo morto, ma il Voi che rifiuta di lasciarlo è sempre vivo e riconosce il corpo morto come una materia distinta dal vostro vero Io. In qualunque caso voi tentiate considerare la cosa non potrete mai immaginare voi stesso come morto. L`Ego insiste nel rimaner vivo in ognuno di questi pensieri e cosi trova in se stesso il senso e la sicurezza dell'immortalità. In caso di sonno o stupore risultante da un colpo o da narcotici o anestetici, la mente è apparentemente assente, ma l`Io è conscio di una continuità di esistenza. E così uno può immaginarsi in uno stato di incoscienza o di sonno nel dodo più facile e vedere la possibilità di tale stato. ma quando vuole immaginare l'Io come morto la mente si rifiuta assolutamente di farlo. Questo fatto meraviglioso che l'anima porta in se stessa la prova della immortalità è magnifico, ma bisogna aver raggiunto un certo grado di sviluppo prima di poterne concepire il pieno significato. Si avverte il candidato di riflettere per proprio conto queste affermazioni con meditazione e concentrazione, cioè che perchè l`"Io" possa conoscere la propria essenza e le. proprie facoltà, deve verificare di non poter essere distrutto od ucciso. Deve conoscere ciò che veramente è prima di poter manifestare la propria natura. Cosi non lasciate questa parte dell'insegnamento finchè non ve ne siate bene impadroniti. Ed è anche bene all'occasione di ritornarvi sopra, per poter imprimere bene nella mente il fatto della vostra natura immortale ed eterna. Il solo bagliore di questo concetto di verità vi darà un senso accresciuto di forza e di potere, e troverete elio il vostro Io si è espanso ed accresciuto e vi sentirete più potente e più Centro di quanto avevate fino allora concepito. I seguenti esercizi sono utili per giungere alla rivelazione dell'invincibilità dell'Ego, della sua superiorità sugli elementi.Mettetevi in atto di meditazione ed immaginate che l' "Io" sia sottratto dal corpo. Lo vedete passare attraverso le prove d'aria, di fuoco e di acqua, incolume. Essendo escluso il corpo si vede che l'anima può a volontà passare traverso l'aria, volare come un uccello, tuffarsi sotto le acque, o viaggiare per l'etere. Si può vederla passare tra il fuoco senza danno nè sensazione di nessun genere, perchè gli elementi possono tangere solo il corpo fisico e non l'Io reale. Parimenti si può considerarla passare tra le acque senza disagio, nè pericolo, nè danno. Questa meditazione vi darà un senso di superiorità e di forza e vi svelerà qualcosa della natura del vostro "lo" reale. È vero ehe voi siete confinati nel corpo e che il corpo può essere influenzato dagli elementi, ma la nozione che l'Io reale è superiore al corpo, che non può essere in nessuna guisa nè offeso nè ucciso, è meravigliosa e tende a sviluppare la piena nozione dell'Io. Poichè Voi - l'Io reale – non siete

corpo; siete Spirito. L'Ego è immortale ed invincibile e non può essere nè ucciso nè danneggiato. Quando sarete penetrato di questa persuasione e conoscenza, sentirete un aumento di forza e di potere impossibile a descrivere. Il timore vi abbandonerà come un vestito logoro e sentirete che siete rinato. La concezione di questo pensiero mostrerà che le cose di cui abbiamo sempre avuto timore non possono tangere l'"Io" superiore, ma devono limitarsi ad offendere il solo corpo fisico; esse poi possono essere tenute lontane clal corpo fisico per mezzo di una adatta intelligenza ed applicazione di volontà. Nella prossima lezione vi sarà insegnato come separare l' "Io" dal meccanismo mentale; come poter realizzare la padronanza della mente precisamente come avete verificato la ìndipendenza dal corpo. Questa nozione vi sarà impartita per gradi, poichè dovete metter ben fermi i piedi sopra uno dei gradini della scala prima di far un altro passo.

La parola d'ordine di questa lezione è l' "Io" e il candidato deve comprendere pienamente il significato prima di poter progredire. Egli deve riconoscere la sua reale esistenza, indipendente dal corpo; deve considerarsi invincibile ed intangibile da danno, ferita o morte. Egli deve considerarsi come un grande centro di conoscenza, un solo intorno al quale gravita il suo mundo. Allora gli verrà nuova forza, sentirà una dignità calma e un potere che diverrà evidente a coloro coi quali sarà in rapporto. Egli potrà guardare in faccia il mondo senza titubanza e senza paura, poichè egli realizzerà la natura ed il potere dell' "Io". Riconoscerà di essere un centro di potenza, d'influenza; realizzerà che nulla può danneggiare l` "Io" e che qualunque tempesta della vita imperversi sulla personalità, il reale "Io" superiore, l'individualità è tangibile. Come una roccia che non crolla nella bufera, cosi l' "Io" supera ogni tempesta della vita della personalità, e saprà che quanto più progredirà in questa verifica, tanto più potrà padroneggiare queste tempeste e di imporre loro d'acquietarsi. Nelle parole di un maestro Yoghi: - L'Io è eterno. Passa incolume traverso fuoco, aria e acqua, Nè spada nè lancia possono ucciderlo o ferirlo. Non può morire. Le prove della vita fisica non sono per lui che sogni. Riposando sicuro nella nozione dell' "Io", l'uomo può sorridere delle peggiori calamità che la vita offra, ed alzando la mano può ordinar loro di sparire nella nebbia da cui sono emerse. Beato colui che può dire, con piena comprensione, "lo".Cosi, caro candidato, vi lasciamo compenetrare questa lezione. Non scoraggiatevi se i vostri progressi sono lenti; non scoraggiatevi se indietreggerete di un passo dopo averlo mosso; ne guadagnerete due la volta prossima. Il successo e la verità saranno vostri: il dominio vi sia dinanzi: lo raggiungerete : riuscirete. Pace sia con voi.

Da pag. 33:

ESERCIZIO MENTALE

Mettetevi in condizioni di calma e tranquillità per poter meditare sui soggetti che sottoporremo alla vostra considerazione; che questi soggetti possano trovare una accoglienza favorevole da parte vostra e serbate un'attitudine mentale favorevole a ricevere ciò che vi può attendere nelle regioni superiori della mente. Desideriamo richiamare la vostra attenzione a diverse impressioni e condizioni mentali una dopo l'altra affinchè possiate verificare che sono qualcosa di puramente accidentale e non costituiscono affatto il vero "Io"; che potete scartarle e considerarle allo stesso modo che potreste fare di qualsiasi cosa di cui vi foste servito. Non potreste scartare l' "Io" per considerarlo per tal modo, ma le varie forme del "non Io" possono essere cosi distinte e fatte oggetto di esame. Nella prima lezione avete acquistato la nozione dell' "Io", indipendente dal corpo e soltanto quasi uno strumento da adoperare. ora siete arrivati allo stadio in cui l'Io vi appare come una creazione mentale, un assieme di pensieri e di sentimenti, di stati d'animo ecc. Ma dovete ancora progredire. Dovete saper distinguere l' "Io" da queste condizioni mentali le quali sono gli strumenti precisamente come il corpo e le sue parti.Cominceremo dal considerare i pensieri più strettamente connessi col corpo e dopo progrediremo agli stati mentali superiori.Le sensazioni del corpo come fame, sete, dolore, sensazioni piacevoli, desideri fisici ecc., non possono più esser scambiate per qualità essenziali dell "lo" da molti candidati, perchè essi hanno già superano questo stadio, ed hanno imparato più o meno a secernere queste sensazioni per forza di volontà; non ne sono più schiavi. Non già che essi non le sentano queste sensazioni, ma si sono abituati a riguardarle come "incidenti" della vita fisica, buoni al loro posto, ma utili all'uomo progredito soltanto quando questi se ne è reso padrone al punto da non considerarli più come attinenti all'Io. Ancora, per alcuni queste sensazioni sono cosi strettamente identificate colla loro concezione dell'Io, che quando pensano di loro stessi, pensano soltanto come un assieme di queste sensazioni. Non sanno separarle e considerarle come cose a parte, da usare quando è necessario ed opportuno, ma come sensazioni non pertinenti all' "Io" . Quanto più un uomo è progredito tanto più queste sensazioni gli sembrano estranee. Per esempio, non già che egli non senta la fame; egli invece avverte la fame e vi soddisfa ragionevolmente sapendo che il corpo fisico reclama l'attenzione ed ha bisogno di nutrimento, e che questa domanda deve essere ascoltata. Ma, notate la differenza, invece di sentire che l' "Io" ha fame, egli sente che "il suo corpo" ha fame, così come potrebbe awertire se il suo cane o il suo cavallo reclamassero insistentemente il cibo. Comprendete bene ciò che vogliamo dire? L'uomo non identifica più se

stesso, l'"Io" col corpo; per ciò i pensieri che sono strettamente uniti alla vita fisica sembrano comparativamente "separati" dalla concezione del suo "Io". Un tal uomo pensa: "i mio stomaco questo" o "la mia gamba quest'altro" o "il mio corpo così" ; invece di "io questo" "io quest'altro" "io cosi". Può, quasi automaticamente pensare del corpo e delle sensazioni come di cose "sue", che "appartengono" a lui, che richiedono attenzioni e cure, piuttosto che parti reali dell' "Io". Egli può formarsi un concetto dell' "Io" esistente senza alcuna di queste cose, senza corpo nè sensazioni, e cosí fa il primo passo sulla via del riconoscimento dell' "Io". Prima di progredire noi chiediamo agli studiosi di fermarsi pochi momenti e di riandare mentalmente a queste sensazioni del corpo. Formatevi una immagine mentale di esse e riconoscete che sono semplici "incidenti" allo stato presente di sviluppo e di esperienza dell' "Io" e che non ne formano parte reale: esse possono essere e saranno distinte nei piani superiori di sviluppo dell'Ego. Potete aver raggiunto benissimo questa concezione mentale da molto tempo, ma ora vi chiediamo questo esercizio mentale per fissare bene nella vostra mente questo primo passo.Riconoscendo che potete segregare, mentalmente, queste sensazioni, che potete tenerle a relativa distanza, e considerarle come cosa estranea, voi le determinate mentalmente pertinenti al "non Io", e sistemate queste sensazioni nella collezione del "non Io", per prime, Proviamo a spiegarci ancor più chiaramente anche a costo di stancarvi a forza di ripetizioni (poichè dovete fissare salda questa idea nella mente). Dicendo che una cosa fa parte del "non Io" riconoscete che nella questione vi sono due punti: 1° il "non Io", 2º l' "Io", il quale sia considerando il "non Io" proprio come considererebbe una zolla di zucchero o una montagna. Vedete quello che vogliamo dire? Studiatelo fin o a chè non vi sia chiaro. Ora considerate qualche sentimento, come collera, odio, amore nelle forme ordinarie, gelosia, ambizione e le altre cent'una emozioni che ci passano per il cervello; troverete che potrete distinguere ognuna dì queste emozioni o sentimenti, studiarli, sezionarli. analizzarli, considerarli. Potrete intuirne l"inizio, il progresso e la fine di ciascuno di questi sentimenti: come sono sorti in voi e come potete ridestarli nella memoria o immaginazione proprio come potreste osservarne lo svolgimento nella mentedli un amico. Li troverete tutti immagazzinati in qualche scompartimento della mente e potrete (per usare una frase moderna del gergo americano) "farli trottare innanzi a voi e vederne i passi". Vedete dunque che non sono "Voi", ma soltanto qualche cosa che portate con voi in un bagaglio mentale. Potete immaginarvi di vivere senza questi sentimenti rimanendo sempre "lo", non è vero? Il solo fatto che potete segregarli, esaminarli e considerarli, e prova che appartengono al "non Io" poichè ci sono due soggetti in argomento: lº il "Voi" che sta esaminando e considerando e, 2° la cosa stessa, che è l'oggetto del vostro esame e della vostra riflessione a vostra portata. Cosi vanno nella collezione del "non Io" queste emozioni desiderabili e non desiderabili. La collezione va fortemente aumentato e in breve raggiungerà formidabili proporzioni .

Però non dovete immaginare che questa sia una lezione destinata a insegnarvi come allontanare queste emozioni, ma se vi rende possibile di liberarvi da quelle non desiderabili tanto meglio. Non è questo l'intento attuale. Vi consigliamo per ora di collocarle tutte insieme; poichè il nostro pensiero è di portarvi al riconoscimento che l` "lo" è superiore e indipendente da queste mentalità: quando poi avrete riconosciuto la natura dell`Io potrete tornare ad usare da padrone, di quelle emozioni che vi hanno asservito. Così non temete di collocare queste emozioni (buone e cattive) nella collezione del "non Io". Potrete ritornarci ed usare delle buone quando l`esercizio mentale è finito. Non importa che pensiate di essere strettamente legato da qualcuno di questi sentimenti. Riconoscerete, con analisi accurata, che appartengono tutti al " non Io", poichè l'Io esisteva prima che l'emozione entrasse a far parte attiva e vivrà molto dopo che l'emozione sarà svanita. La prova principale ne è che voi potete considerarla ad una tal quale distanza ed esuminarla questa emozione: e ciò prova che è "non Io". Ripensate l'intera lista dei vostri sentimenti, emozioni, stati d'animo ecc., precisamente come fareste con quelli d'un :unico o parente ben noto e vedrete che ciascuno -proprio tutti- sono del "non Io" e saprete distinguerli almeno per gli intenti dell'esperimento scientifico. Passando all'ìntel1etto potrete considerarne obbiettivamente, per esaminarlo, ogni processo o principio mentale. Potete dire di non crederlo: e allora leggete e studiate qualche buon lavoro di psicologia ed imparerete a sezionare e analizzare ogni processo intellettuale, a classificarlo ed sistemarlo nella propria casella. Studiate psicologia su qualche buon trattato e troverete che , uno per uno, ogni processo intellettuale è classificato, descritto e sistemato, precisamente come si potrebbe fare di una collezione di fiori. Se ciò non vi basta ancora svolgete le pagina di qualche opera di logica ed allora ammetterete che potete tenere questi processi intellettuali a relativa distanza, esaminarli e parlarne ad altri. Cosi questi meravigliosi strumenti dell'uomo, i poteri intellettuali, possono essere collocati nella categoria del "non Io" poi che l'Io è capace di stare da parte a considerarli e staccarli insomma da sè. ll più meraviglioso è che nell'ammettere tale fatto, verificate che l'Io usa queste facoltà intellettuali per oltrepassarle. Chi è il padrone che costringe queste facoltà a ciò verso se stesso? Il padrone della mente, l`"Io". E raggiungendo le regioni superiori della mente, perfino quelle della mente spirituale, sarete costretti ad ammettere che i soggetti sono venuti alla conoscenza e studiati precisamente come qualunque altro soggetto mentale, e cosi anche quei soggetti superiori devono essere collocati nel "non Io". Potreste obbiettare che ciò non prova che tutte le facoltà della mente spirituale possano essere trattate cosi; potrebbero esserci elementi dell'Io da non esser trattati così. Non vogliamo discutere questa questione, poichè non sapete nulla della mente spirituale, eccetto quello che essa stessa vi ha rivelato, e le regioni superiori di questa mente sono simili alla mente di un Dio paragonato a ciò che voi chiamate mente. Ma la testimonianza degli Illuminati, di coloro in cui la mente spirituale è meravigliosamente evoluta, ci

dice che perfino nelle forme più alte di sviluppo, gli Iniziati e, già, perfino i maestri riconoscono che al di sopra degli stati mentali supremi vi è sempre quell'eterno Io che li sovrasta come il sole sopra il lago, e che la più alta concezione dell'Io, nota alle anime avanzate, non è se non un debole riflesso dell'Io filtrante attraverso la mente spirituale, sebbene questa mente spirituale sia limpida come il cristallo più chiaro paragonata ai nostri stati mentali relativamente opachi. Lo stato mentale più elevato non è altro se non un arnese o istrumento dell' "Io" e non I' "Io" medesimo. Eppure I' "Io" si trova anche nelle forme più deboli di conoscenza, ed anima perfino la vita incosciente. L' "Io" è sempre il medesimo, ma il suo sviluppo apparente il risultato dello sviluppo mentale dell' individuo. Come lo abbiamo descritto in una delle lezioni del Corso superiore, è come una lampada elettrica avvolta molteplicemente di panno. Quando questi avvolgimenti uno dopo l'altro vengono rimossi, sembra che la luce si espanda e si intensifichi sebbene non sia affatto cambiata; il mutamento è avvenuto soltanto nella rimozione degli schermi che la limitavano ed oscuravano. Non possiamo aspettarci di farvi riconoscere l'Io in tutto la sua pienezza, ciò è troppo oltre alle più elevate cognizioni dell'uomo odierno, ma speriamo di portarvi alla realizzazione del più alto concetto dell'Io possibile ad ognuno, compatibilmente con lo stato presente di evoluzione, e progredendo, speriamo di potervi occasionare la caduta di molti ostacoli e che l'evoluzione ve lo consenta. I viluppi son pronti a cadere e tutto ciò che si richiede è il tocco di una mano amica che ve li faccia saltar via. Desideriamo portarvi al massimo riconoscimento possibile per voi dell'Io, per far di voi una individualità; perchè possiate comprendere ed avere il coraggio di prendere gli arnesi e strumenti che avete a portata di mano e lavorare all'opera che vi sta dinanzi. E ritorniamo all'esercizio mentale. Dopo di esservi persuaso che quasi tutto quello che potete pensare è pertinente al "non Io" arnese e strumento per vostro uso, ci chiederete: E ora che cosa resta che non debba essere posto nella collezione del "non Io"? A questa domanda noi rispondiamo: l' "Io" per se stesso. E quando ne domandate prova vi diremo "Provate a mettere da parte l'Io per meditarlo". Potreste provare da ora sino all'infinito, ma non riuscirete mai a mettere da parte l' "Io" reale per esaminarlo. Potete credere di farlo, ma un po' di riflessione vi mostrerà che state segregando solo qualcuna delle vostre qualità o facoltà mentali. E in questo processo qual'è l'opera dell'Io? Semplicemente di distinguere le cose per rifletterci sopra. Non vedete che l'Io non può insieme essere il consideratore e la cosa considerata, l'esaminatore e la cosa esaminata? Può il sole risplendere sopra sè stesso per mezzo della propria luce? Potete riflettere sull'Io di un'altra persona, ma è il vostro Io che è l'autore della riflessione. Non potete come un "Io" segregarvi a considerarvi da voi stesso come un Io. Allora qual prova abbiamo di possedere un nostro Io? Questa: siete sempre consci di essere il consideratore e l'esaminatore. In luogo dell'essere esaminato e considerato, ed inoltre avete la prova della vostra consapevolezza. E che nozioni può

offrirci la nostra conoscenza? Semplicemente questo e null"altro: "Io sono". Di ciò solo l'Io è cosciente a riguardo del suo vero sè. "Io sono", ma questa nozione vale tutto il resto, poichè il resto è soltanto "non Io", strumento che l' "Io" può usare. E cosi, in ultima analisi, trovate che vi è qualche cosa che si rifiuta di essere distinto ed esaminato dall' "Io"e questo qualche cosa è l'"Io" stesso, questo "Io" eterno, immutabile, questa goccia del grande oceano spirituale, questa scintilla della fiamma sacra. Come trovate impossibile immaginare l'"Io" morto, così, troverete impossibile di segregarlo per esaminarlo; tutto quello che vi avviene testifica: "Io sono". Se vi fosse possibile mettere da parte l'Io per esaminarlo, chi ne sarebbe l'esaminatore? Chi potrebbe esaminare, se non l' Io stesso? e se questo "Io" è là come può essere quì? L'"Io" non può essere il "non Io" neppure nel volo più audace dell' immaginazione: l'immaginazione in tutta la sua vantata libertà e nella sua potenza si confessa vinta quando è richiesta di fare ciò. Oh studiosi, possiate giungere al riconoscimento di ciò che siete! Possiate presto svegliarvi alla convinzione che voi siete DEI dormenti, che avete dentro di voi il potere dell'universo che attende la vostra parola per manifestarsi in azione. Vi siete affaticati durante lunghi anni per giungere a questo punto e dovrete ancora camminare molto prima di raggiungere soltanto il grande tempio; ma ora state entrando nello stadio cosciente di evoluzione spirituale. I vostri occhi non saranno piu chiusi mentre camminate per il sentiero: da ora in poi comincerete ad ogni passo a veder più e più chiaro nell'aurora della conoscenza. Voi siete a contatto con tutta la vita e la separazione del vostro "Io" dal grande "Io" universale è soltanto apparente e temporanea. Parleremo di queste cose nella terza lezione, ma prima dovete essere persuasi che dovete sviluppare entro di voi la conoscenza dell'Io. Non trascurate ciò come cosa di poca importanza. Non respingete la nostra debole spiegazione come "parole, sole parole", come molti sogliono fare. Stiamo segnalandovi una grande verità. Perchè non seguire l'indirizzo indicatovi dallo Spirito che anche nel momento in cui leggete, vi istiga a percorrere il cammino del Conseguimento? Meditate gli insegnamenti di questa lezione e praticate l'esercizio mentale finchè la mente non ne abbia ben sviscerato il significato, poi lasciatelo penetrare profondamente nell'intimo della vostra conoscenza; e allora sarete preparati per la lezione prossima e per le seguenti. Praticate questo esercizio mentale fin che non siete completamente convinti della realtà dell' Io e della relatività del "non Io" con la mente. Quando avrete afferrata questa verità, vedrete di essere capaci di usare di una mente molto più potente ed efficace, poichè la riconoscerete come arnese o istrumento fatto al vostro comando. Dovete padroneggiare gli stati d'animo e le emozioni quanto è necessario ed elevarvi dalla condizione di schiavo a quella di padrone. Le nostre parole sembrano meschine quando si consideri la grandezza della verità che ci siamo sforzati di apportare per mezzo di esse; perchè chi può

trovare parole che esprimano l'inesprimibile? Tutto quello che possiamo sperare è di risvegliare da parte vostra interesse acuto e viva attenzione per praticare 1'esercizio mentale ed ottenere la prova di verità dalla vostra propria mente. La verità non sarà tale per voi finchè non l'abbiate provata colla vostra propria esperienza, ed una volta provata non potrete più esserne defraudato, nè potrà esservi tolta per discussioni. Dovete riconoscere che dietro ad ogni sforzo mentale sta il vostro Io. Voi comandate alla mente di lavorare ed essa obbedisce alla volontà. Voi siete il padrone, non lo schiavo, della vostra mente: siete il conduttore e non il condotto. Liberatevi dalla tirannia della mente che vi ha oppresso per sì lungo tempo. Affermatevi, siate libero. Vi aiuteremo a questo intento durante il corso di queste lezioni, ma voi dovete dapprima affermari come padroni della mente. Formate la dichiarazione mentale di indipendenza dai vostri stati mentali d'animo, dalle vostre emozioni e dai pensieri incontrollati, ed affermate il vostro dominio sopra di essi. Entra nel tuo regno, o tu manifestazione dello Spirito! Questa lezione si propone principalmente di portare chiaramente nella vostra cognizione il fatto che l' "Io" è una realtà separata e distinta dai suoi strumenti mentali, mentre il controllo esercitato delle facoltà mentali dalla volontà, forma una parte delle future lezioni. Tuttavia pensiamo che questo sia un punto giusto per dimostrarvi i vantaggi derivanti dalla verifica della natura propria dell' "Io" e della costituzione relativa alla mente.Molti suppongono che la mente sia padrona nostra e ci lasciamo spesso tormentare e angariare da pensieri turbinanti che ci trascinano e si presentano in tempo inopportuno. L'iniziato è già libero da questa noia, poichè impara ad affermare la sua padronanza sulle diverse parti della mente e ne controlla e regola i processi mentali allo stesso modo che farebbe coi delicati congegni di una macchina. Sa controllare le sue coscienti facoltà pensanti e ne dirige il lavoro migliorandolo; impara anche a trasmettere l'ordine alle regioni mentali sub-coscienti e farle lavorare per lui mentre dorme o anche quando sta usando in altre guise della mente cosciente.Prenderemo in esame questi soggetti a tempo opportuno durante il corso di queste lezioni. A questo proposito può esser molto interessante leggere quanto dice Edoardo Carpenter sui poteri dell'individuo nel controllare il processo del pensiero. Nel suo libro From Adam's Peak to Elephanta, descrivendo le sue impressioni di una visita ad un Gnani Yoghi indiano, dice: "E se abbiamo poca voglia di credere in questa padronanza interiore sul corpo, siamo forse nella stessa guisa poco assuefatti all'idea di padronanza sui nostri pensieri e sentimenti più intimi. Che un uomo debba esser preda di qualunque pensiero che per caso prenda possesso della sua mente è usualmente ritenuto inevitabile. Può sembrar penoso che egli debba rimaner sveg1io tutta la notte dall'ansia per l'esito di un processo da discutersi domani; ma che costui possa avere il potere di determinare se debba rirnaner sveglio o no, sembra una pretesa stravagante. "L'immagine di una calamità imminente è senza dubbio penosa, ma è questa

pena per l'appunto, diciamo, che tormenta la mente persistentemente ed è inutile cercar di scacciarla". "Eppure è assurdo che l'uomo, erede di ogni era, sia preda delle creazioni evanescenti del cervello."Se un sassolino ci tormenta dentro la scarpa lo leviamo: ci togliamo la scarpa e la scuotiamo per estrarnelo. Una volta ben compreso l'argomento, diventa altrettanto facile espellere dalla mente un pensiero importuno e dannoso. Intorno a ciò non vi può essere errore, non vi possono essere due opinioni: la cosa è ovvia, chiara, indiscutibile. Dovrebbe essere altrettanto facile espellere un pensiero penoso dalla mente quanto espellere un sassolino dalla scarpa; e fino a che l'uomo non può fare questo, è un non senso parlare del suo predominio sulla natura, ecc. Egli è soltanto schiavo, preda dei fantasmi che svolazzano, come pipistrelli, entro al cervello. Pure le faccie stanche e preoccupate che incontriamo a migliaia, anche tra le classi privilegiate dei popoli civili, testificano fin troppo chiaro come raramente sia ottenuta questa padronanza. Com`è difficile davvero incontrare un uomo! e come è facile invece imbattersi in creature perseguitate da pensieri, preoccupazioni o desideri tirannici, oppresse, curve, sotto la sferza: oppure inorgoglite di correre gaie, guidate da un auriga che scuotendo le redini ne assevera la libertà; gente con cui non possiamo parlare in un tête à-tête senza preoccupazioni, perchè quella presenza estranea è sempre sull'attenti. "Una delle principali dottrine di Raja Yoga è che il potere di espellere i pensieri o, se vi è bisogno, di ucciderli addirittura, deve essere raggiunto. Naturalmente quest'arte richiede pratica, ma come tutte le altre arti, acquisitan che sia, non presenta più mistero nè difficoltà. E vale la pena di praticarla poichè si vuole dire bellamente che la vita comincia solo quando quest'arte è acquisita. "Per certo, se invece di essere governati da pensieri individuali, l'intera turba di essi nella loro moltitudine e varietà e capacità è in nostro potere di dirigerla e inviarla e usarla dove e come vogliamo (poichè Egli fa i venti suoi messaggeri ed il fuoco ardente suo ministro), la vita diventa così vasta e grandiosa, paragonata a quella di prima, che le sue condizioni precedenti possono considerarsi quasi antenali""Se potete uccidere un pensiero esistente potete pur fare qualunque altra cosa che vi piaccia; e perciò questo potere è così importante. Non solo libera l'uomo da tormenti mentali (che sono i nove decimi dei tormenti della vita) ma gli dà un potere concentrato di eseguire il lavoro mentale, prima assolutamente sconosciuto; le due cose sono correlative. Come è già detto, questo è uno dei principi di Raja Yoga."Mentre state lavorando il pensiero deve essere concentrato, non distratto da nessuna cosa estranea alla materia trattata, e funzionare come una grande macchina di potere gigantesco e d'economia perfetta, in cui non vi sia dispersione, nè consumo o spostamento di parti per forze differenti che lavorino contemporaneamente. Quando il lavoro è finito, se non vi è più bisogno di adoperare una macchina, essa deve essere fermata in modo

adeguato, assolutamente., non rovinata (come farebbe una brigata di ragazzi cui fosse permessa di mettersi a giocare con una locomotiva appena rientrata nel deposito) e l'uomo deve ritirarsi nella regione della conoscenza ove egli dimora veramente."Dico che il potere della macchina mentale è enormemente accresciuto per questa facoltà di lasciarla stare da canto quando non serve, e di adoperarla singolarmente e con concentrazione, dall'altro. Essa diventa un vero strumento, che un capomastro depone dopo di averlo adoperato, ma che solo un fannullone porta in giro con sè tutto il giorno per mostrar di esserne il possessore". Chiediamo allo studioso di leggere con molta attenzione le parole sopra riportate dal libro del Carpenter, perchè sono piene di suggestioni che possono esser raccolte con vantaggio da coloro che stanno emancipandosi dalla schiavitù della mente non dominata per metterla sotto controllo dell'Ego per mezzo della volontà. La nostra prossima lezione prenderà in esame le relazioni dell' "Io"" coll' "Io" universale e sarà chiamata "Espansione dell'Io". Il soggetto sarà trattato non da un punto di vista teorico, ma da quello del maestro che si sforza di rendere veramente manifesta ai suoi studiosi, la giusta loro conoscenza della verità della proposizione enunciata. Con questo corso noi non tentiamo fare dei maestri di teorie, ma ci sforziamo di mettere i nostri studiosi in grado di conoscere e possedere per conto loro e per propria esperienza le cose che loro insegnano. Per questo insistiamo che non vi contentiate di leggere queste lezioni, ma che le studiate, invece, e meditiate sugli insegnamenti dell'"Esercizio mentale" finché e le distinzioni appaiano chiare nella mente e fino a che non solo voi ben le crediate verità, ma siate veramente consci dell'"Io" e dei' suoi mezzi mentali, Pazienza e perseveranza. Il compito può essere difficile, ma la ricompensa e grande. Per diventare convinti della grandezza, della maestosità, della forza e del potere del vostro essere reale, occorrono anni interi di studio. Studiate dunque ed applicate gli insegnamenti con fiducia, diligenza e serietà. Pace sia con voi.

Scheda storicaAlcune notizie su l'Advaita – Vedanta e su Shankara – notizie molto sintetiche ( dato che al lettore a cui é indirizzato questo libro, ben poco possono interessare i dettagli sulla vita di Shankara, le opere che ha scritto, le sottigliezze interpretative su questo e quel concetto advaitico ) - notizie che noi estrapoliamo dalla voce “Advaita – Vedanta” di Wikipedia.L'Advaita – Vedanta é una Scuola di pensiero induista la quale ritiene che :- “il mondo, ha una natura illusoria” nel senso che é “impermanente”in quanto soggetto a un continuo divenire;- esiste però una realtà permanente : Dio, Brahman nirguna, dove “nirguna” significa : al di là della forma e di un qualsiasi attributo ;- con ciò l'Advaita non nega l'esistenza di Brahaman saguna , dove “saguna” significa “con forma, con attributi” e , lungi dallo sconsigliare l'adorazione di Brahman saguna ( di , Shiva. Vishnu , Kali....) vivamente la consiglia;- il Se, l'Atman, va concepito “indivisibile” da Brahman narguna.Shankara nacque nel 788 e morì nel 820 e, autore di numerosissime Opere, fu il principale esponente dell'Advaita Vedanta.