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AA 2012 /’13 – Terza parte Dispense Corso Vangeli sinottici – prof. d. Davide Arcangeli 5. VANGELO DI LUCA E ATTI DEGLI APOSTOLI 5. 1. UN’UNICA OPERA IN DUE VOLUMI 5. 1.1. AUTORE Tre riferimenti (Fm 24; Col 4, 14; 2 Tm 4, 11) indicano Luca come compagno e collaboratore di Paolo, fedele anche nella prigionia. Egli è appellato come il “caro medico” (Col 4, 14) e il suo nome viene dopo un elenco di compagni (Aristarco, Marco, Gesù, Epafra) che vengono dalla circoncisione, ossia dal giudaismo (4, 11). Sembra dunque che anche Luca, che fa parte della lista seguente, non debba essere considerato parte dei compagni giudei di Paolo. Una conferma interna all’opera può venire da Lc 2, 22: qui infatti Luca sembra pensare ad una purificazione riguardante non solo la donna ma anche l’uomo: questo errore non sarebbe plausibile per un autore giudeocristiano. Infine la sua descrizione geografica della Palestina non è accurata (cfr. 4, 44; 17, 11). Ulteriori elementi vengono dal suo stile greco, con una grande capacità di imitazione di stili diversi, dalla retorica classica del discorso di Paolo all’areopago di Atene (At 17, 16 – 31), al prologo delle opere storiche in Lc 1, 1 – 3, allo stile della LXX nei racconti dell’infanzia (Lc 1 – 2). Nel prologo egli si include tra coloro che hanno raccolto le notizie dai testimoni oculari e ministri della parola. Da questi elementi possiamo dedurre che Luca è un greco, di livello culturale alto, con una profonda conoscenza della LXX (traduzione greca dell’Antico Testamento). Egli è un pagano convertito al cristianesimo a causa dell’incontro con Paolo e con la prima comunità cristiana. La sua conoscenza dell’Antico Testamento si può giustificare anche ipotizzando che prima dell’incontro con Cristo, Luca fosse un timorato di Dio, ossia un pagano in contatto col giudaismo sinagogale. 5.1.2 LETTORE IMPLICITO Le ultime righe del libro degli Atti degli Apostoli (At 28, 25 – 28) si riferiscono al compiersi delle profezie dell’Antico Testamento nella conversione dei gentili al Vangelo. Questa osservazione mostra già in modo assai probabile che il Vangelo di Luca sia stato scritto per un uditorio di pagani e non di giudeocristiani. Inoltre Luca lascia cadere le espressioni 1

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AA 2012 /13 Terza parte Dispense Corso Vangeli sinottici prof. d. Davide Arcangeli

5. VANGELO DI LUCA E ATTI DEGLI APOSTOLI

5. 1. UNUNICA OPERA IN DUE VOLUMI

5. 1.1. AUTORE

Tre riferimenti (Fm 24; Col 4, 14; 2 Tm 4, 11) indicano Luca come compagno e collaboratore di Paolo, fedele anche nella prigionia. Egli appellato come il caro medico (Col 4, 14) e il suo nome viene dopo un elenco di compagni (Aristarco, Marco, Ges, Epafra) che vengono dalla circoncisione, ossia dal giudaismo (4, 11). Sembra dunque che anche Luca, che fa parte della lista seguente, non debba essere considerato parte dei compagni giudei di Paolo. Una conferma interna allopera pu venire da Lc 2, 22: qui infatti Luca sembra pensare ad una purificazione riguardante non solo la donna ma anche luomo: questo errore non sarebbe plausibile per un autore giudeocristiano. Infine la sua descrizione geografica della Palestina non accurata (cfr. 4, 44; 17, 11). Ulteriori elementi vengono dal suo stile greco, con una grande capacit di imitazione di stili diversi, dalla retorica classica del discorso di Paolo allareopago di Atene (At 17, 16 31), al prologo delle opere storiche in Lc 1, 1 3, allo stile della LXX nei racconti dellinfanzia (Lc 1 2). Nel prologo egli si include tra coloro che hanno raccolto le notizie dai testimoni oculari e ministri della parola.

Da questi elementi possiamo dedurre che Luca un greco, di livello culturale alto, con una profonda conoscenza della LXX (traduzione greca dellAntico Testamento). Egli un pagano convertito al cristianesimo a causa dellincontro con Paolo e con la prima comunit cristiana. La sua conoscenza dellAntico Testamento si pu giustificare anche ipotizzando che prima dellincontro con Cristo, Luca fosse un timorato di Dio, ossia un pagano in contatto col giudaismo sinagogale.

5.1.2 LETTORE IMPLICITO

Le ultime righe del libro degli Atti degli Apostoli (At 28, 25 28) si riferiscono al compiersi delle profezie dellAntico Testamento nella conversione dei gentili al Vangelo. Questa osservazione mostra gi in modo assai probabile che il Vangelo di Luca sia stato scritto per un uditorio di pagani e non di giudeocristiani. Inoltre Luca lascia cadere le espressioni aramaiche di Marco e nomi di luogo, perch probabilmente non potevano essere compresi dal suo lettore. Ancora nella sua narrazione della vita e della passione di Ges Luca cerca di scagionarlo da ogni riferimento alla violenza, alla trasgressione della legge romana e a connotazioni di tipo politico/militare, insistendo molto sulla sua innocenza (cfr. 23, 4. 21. 41). Probabilmente si preoccupa che il lettore pagano non percepisca il Vangelo come in opposizione allimpero romano e alle sue leggi (cfr. At 17, 7), accusa che poteva facilmente essere rivolta anche da giudei ostili. Ancora ci sono caratteristiche nella presentazione di Ges che riflettono il romanzo ellenistico pagano, come ad esempio la narrazione dellinfanzia e delladolescenza di Ges. Infine la resistenza a presentare Ges sofferente e linsistenza sulla consolazione si addice particolarmente ad una presentazione adatta al mondo pagano. La tradizione secondo cui Luca fu compagno di Paolo rende verisimile che Lc/Atti fossero indirizzati a chiese che avevano avuto origine dalla missione paolina.

5.1.3 DATAZIONE

Gli esegeti sono pressoch concordi nel ritenere che Luca abbia utilizzato Marco come fonte (cfr. teoria delle due fonti). Su tale base, dal momento che Marco va datato a cavallo della distruzione di Gerusalemme e del Tempio ad opera di Tito (70 d.C.), bisogna datare Luca almeno dopo l80 d.C.. Infine non ipotizzabile una datazione posteriore al 100 d.C. dal momento che non c traccia nellopera lucana di un modello ecclesiale evoluto come quello (Vescovo presbiteri diaconi) testimoniato da Ignazio di Antiochia nelle sue lettere, databili allinizio del II sec., ma si parla soltanto di presbiteri.

5.2 COMPOSIZIONE NARRATIVA

5.2.1. COMPOSIZIONE NARRATIVA GLOBALE

La composizione obbedisce ad un progetto globale, gi anticipato in Lc 4, 16 28, episodio dellannuncio di Ges a Nazareth. Infatti nei vv. 24 27 Ges stesso si presenta come il compimento dellannuncio e del destino dei profeti, annuncio universale rivolto alle nazioni, che passa attraverso il rifiuto del suo popolo. Egli , come gi affermato da Simeone, in una preghiera rivolta a Dio: luce per rivelarti ai popoli, e gloria del tuo popolo Israele (2, 32). Questo progetto di rivelazione culmina nella passione, morte e resurrezione di Cristo a Gerusalemme e nellannuncio a tutti i popoli in vista della loro conversione e del perdono dei peccati (cfr. Lc 24, 46 47). Se la prima parte della rivelazione si compie nel Vangelo la seconda parte di compie con gli Atti degli Apostoli. La prima parte va dalla Galilea a Gerusalemme, dove il mistero pasquale culmina con la resurrezione e lascensione, la seconda parte invece da Gerusalemme fino a Roma, che rappresenta, per la presenza di Cesare, a cui Paolo si era appellato, il centro simbolico delluniversalit dei popoli pagani. Il libro degli Atti si conclude infatti con il compimento della profezia Isaiana (Is 6, 9 10) interpretata alla luce della storia della salvezza, per la quale il rifiuto del Vangelo da parte dei giudei apre lannuncio a tutti i popoli pagani (cfr. 28, 28). Si comprende allora perch in questo progetto narrativo non trovi posto il martirio degli apostoli. A Luca infatti sufficiente narrare larrivo del Vangelo fino ai confini della terra e inoltre ha gi parlato della conformazione martiriale del discepolo a Cristo narrando la morte di Stefano e anche le sofferenze di Paolo. Infine si comprende anche il grande ruolo che Paolo assume in tutta la seconda parte del libro. Egli infatti lApostolo, che porta a compimento il disegno profetico con lannuncio del Vangelo ai pagani.

5.2.2 COMPOSIZIONE NARRATIVA DEL VANGELO

Luca presenta lo stesso schema generale dei vangeli di Matteo e di Marco: unintroduzione, la predicazione di Ges in Galilea, la sua salita verso Gerusalemme, il compimento finale della sua missione in questa citt attraverso la passione e resurrezione. Ma la costruzione di Luca elaborata con cura allo scopo di far risaltare in questa storia i tempi e i luoghi della storia della salvezza.

I SEZIONE: TEMPO DELLA NASCITA.

Fino a 4, 3 Luca introduce tutto il quadro narrativo di Luca / Atti con la sezione dellinfanzia (1, 5 2, 51), del battesimo e delle tentazioni (3, 1 - 4, 13), ponendo la nascita e il ministero storico di Ges in rapporto con Giovanni il Battista. Ges il messia dotato di Spirito Santo (4, 1), il Figlio di Dio (3, 22; 4, 9) che compie le promesse dellAntico Testamento, globalmente rappresentate dalla predicazione del Battista (cfr. 3, 1 6).

II SEZIONE: TEMPO DEL MINISTERO STORICO. INIZIO IN GALILEA.

Con la prima predicazione a Nazareth (4, 14 29) ricapitolativa del progetto di Dio che, passando attraverso il rifiuto dei suoi, vuole portare il Vangelo fino ai pagani (cfr. 4, 25 27) inizia la nuova sezione del ministero di Ges in Galilea, che si protrae fino a 9, 50. Dopo la prima giornata missionaria a Cafarnao (4, 31 44 cfr. Mc 1, 21 - 34 ) Luca, distanziandosi dalla sua fonte marciana, colloca la chiamata dei discepoli (5, 1 11) ma poi ritorna a seguire lordine di Marco con la guarigione del lebbroso ( 5, 12 16 cfr. Mc 1, 40 45). Fino a 6, 11 Luca pone una serie di cinque controversie con i farisei, seguendo Mc 2, 1 3, 6. Da 6, 17 a 8, 3 Luca abbandona lordine di Marco e segue piuttosto un filo conduttore a partire da materiale in comune con Matteo (cfr. Mt 5 8). Si tratta del discorso di Ges sulle beatitudini e sullamore del nemico (Lc 6, 17 49) e di compimento delle promesse messianiche in Ges a partire dalla testimonianza del Battista (7, 18 50). La sequenza seguente (Lc 8, 4 25) riprende Marco con la sezione delle parabole del Regno (cfr. Mc 4, 1 41) e con le domande sullidentit di Ges, la confessione di Pietro e gli annunci della passione (Lc 9, 1 50. Cfr. Mc 6, 1 9, 40).

III SEZIONE: TEMPO DEL MINISTERO STORICO. GES IN VIAGGIO VERSO GERUSALEMME.

Da 9, 51 a 19, 27 Ges si mette in viaggio verso Gerusalemme e il narratore si ferma ripetutamente a ricordarlo, dopo lunghe sezioni discorsive (cfr. 13, 22; 17, 11). In 19, 28 con la narrazione dellingresso di Ges a Gerusalemme termina la sezione del viaggio. Unicamente lucani sono: lincontro ostile con un villaggio samaritano (9, 51 56), la missione dei settantadue (10, 1 12), la parabola del buon samaritano (10, 29 37), la parabola della donna che ha perso e ritrovato la sua moneta e del padre misericordioso (15, 8 32), dellamministratore disonesto (16, 1 8), del giudice iniquo (18, 1 8) del fariseo e pubblicano (18, 9 14) e i racconti dei dieci lebbrosi (17, 11 19) e di Zaccheo (19, 1 10).

IV SEZIONE: TEMPO DEL MINISTERO STkORICO. GERUSALEMME.

Da 19, 28 a 21, 38 viene narrato il ministero di Ges a Gerusalemme. Dopo il suo ingresso regale (19, 28 38) Ges d inizio al suo insegnamento nel tempio, che prova gravi contrasti e domande da parte dellautorit ( 19, 47 20, 8). Da 20,9 fino a 20, 44 una parabola (vignaioli omicidi) e tre controversie (tributo a Cesare, resurrezione dei morti, Cristo figlio di Dio e Signore di Davide) vengono concluse dal giudizio degli scribi e dei ricchi (20, 45 47. 21, 1 4). In 21, 5 37 si trova il discorso escatologico.

V SEZIONE: FINE DEL TEMPO STORICO DI GES. PASSIONE, MORTE, RESURREZIONE E ASCENSIONE IN GERUSALEMME

Da 22, 1 a 24, 53 si trova la sezione del racconto della passione/morte ( 22- 23) e resurrezione (24) di Ges. Unicamente lucano il racconto dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13 35).

Luca segna con chiarezza la distinzione tra il tempo di Ges e il tempo della Chiesa, perch dedica il primo libro al tempo storico di Ges e il secondo al tempo della Chiesa. Fin dallinizio sottolinea loggi della salvezza, indirizzata soprattutto ai poveri e agli ultimi. Lopera di Ges il tempo della visita, il momento che occorre cogliere (Lc 2, 29. 19, 42 44), con una decisione definitiva di conversione nellora della salvezza (Lc 4, 2. 7, 29 - 30). Litinerario storico di Ges va dalla Galilea a Gerusalemme, luogo in cui si compie la sua vicenda terrena con lascensione (Lc 24, 50 53).

5.2.3 COMPOSIZIONE NARRATIVA E TEOLOGICA DI ATTI

1, 1 14 introduzione con la narrazione dellascensione (1, 6 10), che si riaggiancia alla fine del Vangelo.

I PARTE 1, 12 8, 4 la parte in cui si parla della comunit gerosolimitana; 1, 12 2, 47 i Dodici e la Chiesa 2, 42 8, 4 comunit e missione; 2, 42 47 sommario come perno; 1, 12 14 transizione; 8, 1b 4 II transizione.

II PARTE 8, 1b 14, 28 inizio missione con Filippo e Pietro e anticipo vicenda di Paolo. Sommario in 9, 31 e in 12, 24.

12, 24 14, 28 Barnaba Paolo14, 27 28 transizione

III PARTE: 14, 27 16, 5 assemblea di Gerusalemme 15, 25 16, 5 transizione

IV PARTE: 15, 35 19, 22 missione di Paolo Macedonia Acaia; Asia; Efeso

V PARTE: 19, 20 28, 16 passione di Paolo; 19, 20 23, 11 Gerusalemme; 23, 11 28, 16 verso Roma

28, 14b 31 conclusione preceduta da transizione in 14b 16.

La composizione si semplifica molto considerando le due parti 1 12, 23 e 12, 24 28. Nella prima parte protagonista principale pietro, assieme ai dodici e ai diaconi Stefano e Filippo. Nella seconda parte il protagonista assoluto Paolo. Le due parti sono ben allacciate insieme da unanticipo della narrazione di Paolo in 9, 1 30 e una ricomparsa del protagonismo di Pietro in 15, 1 12, che sancisce la posizione di Paolo e Barnaba sulla loro missione ai pagani.

Nel tempo della Chiesa la geografia lucana ha un grande valore teologico. La missione parte da Gerusalemme e, dopo la persecuzione scoppiata a partire dalluccisione di Stefano (8, 1), si diffonde con la dispersione dei discepoli in Giudea e Samaria (cfr. 8, 2. 4 8), a Cipro, in Fenicia fino ad arrivare ad Antiochia (cfr. 11, 19 20). Da qui inizia il cammino di Paolo che porta lannuncio ai pagani fino ai confini del mondo, rappresentati idealmente dalla citt di Roma (At 13, 28).

5.3 APPROFONDIMENTO TEOLOGICO: ATTI COME PERCORSO DELLA TESTIMONIANZA.

Gli atti sono il percorso della testimonianza. In At, 1, 8 Ges annuncia ai suoi discepoli, subito prima di essere assunto in cielo: mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la giudea e la Samaria e fino ai confini della terra. Egli avendo il potere nei cieli, alla destra del padre, pu ormai assicurare ai suoi discepoli una testimonianza che si allarga a cerchi concentrici fino a coprire tutta lestensione della terra. Si parte da Gerusalemme e dalla giudea nei primi capitoli di Atti (fino a 8, 4) per poi estendersi in Samaria con la predicazione di Filippo (cfr 8, 5 8. 26 40) ai pagani di Cesarea con Pietro (c. 10), fino ai confini della terra con Paolo.

Cosa significa sarete testimoni di me? Questa espressione pu indicare lorigine della testimonianza, che Ges , colui che ha stabilito gli apostoli come testimoni e insieme anche il contenuto della testimonianza che Ges stesso. Se nel Vangelo Ges aveva mandato gli apostoli ad annunciare il regno e guarire i malati (cfr.Lc 9, 2), negli Atti degli Apostoli tale annuncio del Regno radicalmente cristologizzato.

Lannuncio degli Apostoli inseparabilmente una testimonianza di Ges e in particolare della sua resurrezione. Non a caso, quando si tratta di ricostituire il gruppo dei dodici sostituendo Giuda, i requisiti richiesti per la scelta di un nuovo membro siano lessere testimone della resurrezione di Ges, avendo condiviso con lui il suo ministero storico a partire dal battesimo di Giovanni fino allascensione. (cfr. 1, 21 22)

Questa sostituzione indica altres una componente decisiva della testimonianza, la sua pluralit o, pi esattamente, il suo carattere collegiale. Infatti Pietro sottolinea particolarmente la necessit di una persona che ha vissuto con noi, e di conseguenza in grado di testimoniare insieme. Quando, nel giorno di Pentecoste, Pietro parla alla folla radunata davanti agli apostoli, egli parla rappresentando anche tutti gli altri: questo Ges, Dio lha resuscitato e noi tutti ne siamo testimoni (At 2, 32).

5.3.1 LA FORZA DELLO SPIRITO

La travolgente onda della testimonianza apostolica ha un propulsore che a tratti si manifesta nella sua identit e conferma con i suoi segni lagire e il parlare degli apostoli: lo Spirito Santo. Annunciato gi da Ges prima della sua ascensione come forza che li sosterr continuamente (At 1, 8), lo Spirito Santo irrompe allimprovviso sugli apostoli in lingue di fuoco che si posano ciascuna su ogni discepolo e li rendono capaci di un annuncio universale, in ogni lingua del mondo. Da quel momento inizia la testimonianza degli Apostoli, con il lungo discorso di Pietro (1, 14 36), che identifica in questi effetti di una parola profetica moltiplicata, il compiersi della Scrittura del profeta Gioele (1, 17 21). Lo Spirito conduce al compimento della Scrittura, con la nascita di un popolo profetico negli ultimi giorni e produce la gioia dei tempi messianici (cfr. 8, 8; 13, 52). Questo popolo profetico riproduce in se quelle caratteristiche che erano proprie del messia Ges nel primo volume dellopera lucana: esso infatti sospinto dalla consolazione e dalla forza dello Spirito Santo. Se si vuole la Pentecoste negli Atti degli Apostoli corrisponde al battesimo d Ges (Lc 3, 21 22).

Se nel c. 2 la parola di Pietro conferma lagire dello Spirito riconoscendone i segni, nel c. 10 sar viceversa lo Spirito a confermare la parola di Pietro discendendo sulla famiglia del centurione Cornelio, in quella che si pu definire come una seconda Pentecoste, ossia la Pentecoste dei pagani. Lo spirito irrompe al culmine della testimonianza di Pietro, ossia quando egli dichiara il compimento della Scrittura profetica nel perdono dei peccati per mezzo del nome del risorto (10, 43 44).

5.3.2 I DISCEPOLI MODELLI DI CRISTO

Gli effetti dello Spirito si rivelano nel muovere questi discepoli ad una sempre maggiore assimilazione al loro modello, Cristo. Stefano, pieno di Spirito Santo (7, 55) va incontro al suo destino di morte per lapidazione, perdonando i suoi nemici come Ges; Paolo, colmo di Spirito Santo (13, 9) affronta i nemici della Parola di Dio con successo e predica ad Antiochia di Pisidia suscitando grande concorso di gente e linvidia dei giudei, proprio come Ges nel Vangelo.

I discepoli di Ges con la loro vita sono testimonianza del messia. Barnaba e Paolo affermano che Ges ad aver ordinato loro di portare la salvezza fino agli estremi confini della terra, secondo la profezia di Isaia, che vede nel servo di JHWH colui che la luce delle genti (Atti 13, 43; cfr. Is 42, 6. 9). Questa profezia compiutasi in Ges si compie ora in Paolo e Barnaba per la parola stessa di Ges (Lc 23, 34), facendo di essi modelli di Cristo stesso.

Come Cristo, i discepoli parlano con franchezza e operano segni e prodigi (14, 3), fanno miracoli, guariscono paralitici e storpi (cfr. 8, 7; Lc 5, 17 - 26), scacciano i demoni (8, 7; Lc 5, 31 - 37), fanno risorgere i morti (20, 7 12; Lc 8, 40 - 56).

Come Cristo affrontano la morte e la persecuzione (cfr. 7, 55 60; Lc 22, 39 - 46), come Cristo predicono le loro sofferenze e le affrontano nella debolezza e precariet (cfr. 20, 23 24; Lc 9, 22). Se Paolo ha predetto le sue sofferenze mosso dallo Spirito, negli ultimi capitoli, che narrano larresto di Paolo, la sua prigionia e larrivo a Roma, lo Spirito Santo non quasi pi citato. Come nel racconto della passione di Ges, anche qui le forze del potere umano diventano protagoniste e sembrano sommergere la forza dello Spirito. In realt sottotraccia il lavoro dello Spirito consiste in unassimilazione di Paolo in catene a Cristo sofferente, cos che il Vangelo possa provvidenzialmente essere testimoniato con la vita di Paolo fino a Roma.

5. 4 ATTI 11, 19 26. 27 30; 12, 24 25. 13, 1 3.

Dopo linizio della missione ai pagani, sancito dalliniziativa di Pietro su impulso dello Spirito Santo, ora Luca si concentra sulla fondazione della comunit di Antiochia, la prima comunit in cui convivono insieme giudeo cristiani e pagano cristiani.

Luca si riallaccia direttamente ad At 8, 1b 4, dove si narra la diffusione della Parola dovuta alla provvidenziale dispersione dei discepoli dopo la persecuzione scoppiata con il martirio di Stefano. In tal modo la nascita della Chiesa di Antiochia crocevia della missione cristiana verso lAsia e in Europa e vero laboratorio di comunione ecclesiale ed evangelizzazione finisce per dipendere direttamente dalla Chiesa di Gerusalemme e dalla fecondit della persecuzione che tale Chiesa madre ha dovuto subire.

La breve unit letteraria di 11, 19 26 si pu dividere in tre sottounit: vv. 19 21: arrivo dei dispersi ad Antiochia, evangelizzazione e successo. vv. 22 24: arrivo di Barnaba, esortazione e successo. vv. 25 26 arrivo di Saulo insegnamento e successo. Appendice (v. 26d): nasce la definizione di cristiani.

5.4. 1 LA PRIMA MISSIONE DI ANONIMI DISCEPOLI: PERICOLOSO DILETTANTISMO?

vv. 19 21 si riprende con le stesse parole il breve sommario della missione in Samaria e lungo la costa palestinese per riferire che ora la Parola viene proclamata in Fenicia a Cipro e perfino ad Antiochia, la metropoli situata sul fiume Oronte, a 35 Km dal mare, nellattuale Turchia poco lontana dalla frontiera con la Siria. La diffusione del Vangelo continua senza ostacoli, anzi ribaltando paradossalmente gli ostacoli e le persecuzioni incontrate in nuove occasioni di annuncio, sempre pi lontano. A questo punto Luca si preoccupa di chiarire che lannuncio della Parola era riservato unicamente ai Giudei, come gi era avvenuto per la Chiesa di Gerusalemme. Questa breve annotazione prepara la svolta (v. 20) alcuni giudei provenienti da Cipro e da Cirene, che erano parte del gruppo dei giudei cacciati da Gerusalemme, incominciano a predicare ai greci, ossia ai pagani, che Ges il Signore. Si tratta di una breve formula kerigmatica in uso nella Chiesa pagano cristiana di lingua greca (cfr. Rm 10, 9) e che indica la sovranit di Ges risorto su tutta la storia e atteso per la fine dei tempi.

Il successo di questa impresa spontanea attribuito dal narratore allazione della mano del Signore, qui da intendersi come riferimento consueto a Dio (cfr.Ez 40, 1; Lc 1, 66). Tuttavia lo stesso termine Signore viene usato nella stessa frase per indicare colui al quale i pagani credono e si convertono, ossia Cristo. evidente allora che qui lazione provvidenziale di Dio cristologizzata. Cristo che opera con la potenza della sua sovranit, dopo la ascensione al Padre, per confermare lazione spontanea di alcuni discepoli e indicare a tutta la Chiesa un modello di comunicazione del vangelo al passo con i tempi.

dunque interessante, in questo modello ecclesiale della Chiesa apostolica, come ci sia una reciprocit tra ministero apostolico e missione spontanea dei discepoli. Pietro era stato il primo ad annunciare il Vangelo ai pagani su impulso dello Spirito (At 10), poi vi liniziativa dei discepoli, che appare in un primo momento quasi scollegata. Tuttavia lazione stessa di Dio (lo Spirito nel caso di Pietro e la mano Signore nel caso di discepoli) a garantirne la continuit. Sar la presenza di Barnaba ad esplicitare questo legame tra apostolicit e missione dei discepoli.

5.4.2 BARNABA, AUTORIT APOSTOLICA E INSIEME CARISMATICA.

vv. 22 24 Cos come in 8, 14, avendo saputo dellevangelizzazione in Samaria, gli apostoli avevano inviato Pietro e Giovanni, qui la Chiesa di Gerusalemme invia Barnaba ad Antiochia. Egli giunge e vede la grazia di Dio, che una conferma del favore divino per questa missione (cfr. At 14, 3). Daltra parte Barnaba descritto come uomo pieno di fede e di Spirito Santo, dotato dunque delle lenti giuste per poter osservare lagire di Dio nella comunit antiochena. Altri due verbi descrivono la sua azione pastorale: si rallegr e esortava. La gioia accompagna sempre la presenza della grazia di Dio (cfr. charis/chairo), ed un segno delladesione di fede della comunit o di una singola persona (cfr. At 8, 8. 39). Barnaba sa abbandonarsi alla gioia della fede nel contemplare i frutti di una missione a cui egli non ha dato inizio in prima persona, di cui non n il padre n il riferimento insostituibile. Egli in prima istanza non arriva ad Antiochia per imporre una sua visione o per lasciare una qualche impronta personale a questa Chiesa, ma semplicemente per osservare la grazia di Dio, rallegrarsi e infine esortare. Con questo termine si allude alla funzione di annuncio della Parola non in chiave di prima evangelizzazione, ma di approfondimento didattico e insieme profetico del mistero cristiano. Barnaba, figlio dellesortazione (At 4, 36), e profeta (cfr. At 13, 1) chiamato ad approfondire la fondazione di questa comunit sulla pietra angolare di Cristo, facendole percorrere un cammino di mistagogia, per approfondire il mistero di quella Parola che gli antiocheni avevano gi accolto. Questa azione di Barnaba porta con se una ulteriore propulsione missionaria della comunit, e nuovi considerevoli ingressi nella comunit (v. 24).

La comunione resa possibile dal ministero di Barnaba tra la Chiesa madre di Gerusalemme e la neonata Chiesa di Antiochia, fondata sul discernimento dellazione dello Spirito nelle iniziative spontanee dei discepoli, sulla promozione e sullesortazione come un moltiplicatore della potenzialit di questa comunit. Essa lungi dallesaurire la propria attivit allesterno, appagata dai suoi risultati, con la guida di Barnaba si abbandona sempre pi alla potenza comunicativa del Vangelo. interessante la figura di Barnaba. Egli, chiamato a rappresentare le istanze degli apostoli nella Chiesa di Antiochia, si mostra profeta e dottore, in grado di esortare ed insegnare. Egli partecipa del dono dello Spirito di cui gode questa comunit e si pone a servizio di esso perch la comunit possa essere sempre pi consapevole dellazione e della volont di Dio in essa. Emerge un profilo ecclesiale dellapostolo che mette in discussione le nostre tradizionali distinzioni tra carisma e istituzione.

5.4.3 BARNABA E PAOLO MODELLI DI PASTORALE INTEGRATA

vv. 25 26. Sospesa in 9, 30 la narrazione riguardante Paolo riprende qui il filo, grazia allattivit mediatrice di Barnaba. Egli lo trova a Tarso di Cilicia, la sua citt natale e lo conduce ad Antiochia. Anche qui bisogna rendere a Barnaba lonore della sua apertura di mente, di cuore e della sua genialit spirituale. Perch andare a chiamare un uomo come Saulo, che a Gerusalemme aveva fortemente rischiato la vita? In 9, 26 era stato lo stesso Barnaba a presentarlo agli apostoli, che invece lo evitavano perch ne avevano paura. Anche qui Barnaba, da vero profeta, sa cogliere lenorme potenzialit del carisma spirituale di Paolo e al contempo intuisce la possibilit di metterlo a servizio per la Chiesa di Antiochia, chiesa ricca di carismi e soprattutto di differenze radicali tra cristiani provenienti dal giudaismo e cristiani provenienti dallellenismo. In un tale laboratorio di fede e missione cera bisogno di uno che fosse adeguatamente fondato sulla Scrittura, per comunicare ai greci, che non conoscevano questo patrimonio profetico, il compimento della Parola di Dio in Cristo. Cera bisogno di un maestro riconosciuto, in grado di insegnare insieme a Barnaba alla Chiesa la verit delle Scritture compiuta in Cristo, anche ai pagani, per completare il disegno formativo della mistagogia precedentemente iniziato con lesortazione da parte di Barnaba.

Barnaba fornisce un modello innovativo per una spiritualit presbiterale. Egli non solo evita il rischio di considerarsi unico punto di riferimento della Chiesa di Antiochia e garante dellazione dello Spirito. Non solo non azzera tutto ci che era nato prima che lui arrivasse per ricostruire da capo secondo la sua volont. Egli si rallegra di ci che vede e che non dovuto a lui, si pone a servizio dellazione dello Spirito che gi operante e individua gli ulteriori bisogni della comunit, discernendo la volont di Dio. A tali bisogni non pensa di dover rispondere solo lui, ma in grado di attivare collaborazioni con altri intuendo quali specifici carismi potevano essere necessari in ordine ai bisogni della comunit. Senza gelosie si mette a lavorare con Saulo di Tarso, dopo averlo cercato e trovato nella sua citt natale.

5.4.4 KOINONA E MISSIONE UNIVERSALE

11, 27 30 Un gruppo di profeti viaggia da Gerusalemme fino ad Antiochia. Come abbiamo gi visto per Barnaba si tratta di un carisma che dono di Dio e non frutto dellimposizione delle mani da parte dellautorit e la sua parola pu avere molti frutti, tra cui incoraggiare nelle prove, consolare, predire. Il legame tra Gerusalemme e Antiochia non caratterizzato solo da una responsabilit ministeriale da parte della Chiesa madre, ma anche da un flusso di carismi, che arricchiscono Antiochia. La risposta della giovanissima Chiesa di fronte alla profezia di Agabo la manifestazione concreta di questa koinona, comunione ecclesiale, che si stabilita con Gerusalemme. La colletta, di cui Paolo si far portatore ben oltre i bisogni di questa carestia, vista gi qui come il dono materiale delle Chiese della gentilit in risposta al dono della fede ricevuto dalla Chiesa giudeo cristiana di Gerusalemme (cfr. Rm 15, 25 27). Tale colletta viene consegnata agli anziani di Gerusalemme, prima interessante indicazione di un incarico ministeriale, distinto da quello degli apostoli, a capo della Chiesa madre.

La comunione ecclesiale un fatto insieme concreto e spirituale, che mostra il disegno di Dio in atto (giudei e pagani insieme, che fanno della loro differenza un dono reciproco). Lelezione del popolo di Dio per i gentili e lingresso dei gentili porta a Gerusalemme le ricchezze delle nazioni (cfr. Is 60, 1 5). Tale koinona insieme anche apertura universale della Chiesa, a tutti i tempi e tutti i luoghi. La Chiesa di Antiochia si mostrer pronta a donare due dei suoi pi autorevoli membri, Paolo e Barnaba, per una missione che oltrepassa i suoi confini territoriali.

5.4.5 PRESBITERIO, LUOGO DI PROFETI E DOTTORI

12, 24 25. 13, 1 3. Dopo aver narrato larresto di Pietro ad opera di Erode e la sua miracolosa liberazione e la morte di Erode, Luca, con un brevissimo sommario accenna al fatto che la parola di Dio cresceva e si diffondeva, senza che nessun potere umano potesse ormai ostacolarla. In questo contesto di persecuzione e di crescita della Parola Paolo e Barnaba avevano compiuto il loro servizio (diakona) verso la Chiesa di Gerusalemme e, avendo preso con se Giovanni Marco, tornarono ad Antiochia. Questa comunit viene nuovamente descritta da Luca come retta da profeti e dottori. Preghiera collettiva e digiuno sono la modalit con cui la Chiesa si pone in comunicazione con Dio per fare la Sua volont ed in questo contesto che interviene nuovamente lo Spirito Santo, che designa Paolo e Barnaba per lopera alla quale sono stati chiamati e che il lettore scoprir essere la grande opera di evangelizzazione delle genti.

La conoscenza e la profezia sono due polarit entrambe necessarie e spesso compresenti in ciascuno di questi leader della comunit antiochena. Infatti una conoscenza senza profezia manca di orecchi per ascoltare le indicazioni concrete e spesso improvvise dello Spirito. Ma anche una profezia senza conoscenza pericolosa, perch rischia di perdere di vista il disegno complessivo della missione ecclesiale connessa alla profondit del mistero di Cristo attestato dalle Scritture. Profondit di visione e capacit di intuire i passi concreti da fare e le persone da promuovere: questo mix che la polarit di profeti e dottori pu assicurare ad una Chiesa in cammino.

5. 5 EXCURSUS METODOLOGICO.

5.5.1 LA QUESTIONE SINOTTICA

La questione sinottica concerne il tentativo di individuare linterrelazione e le reciproche dipendenze tra i tre vangeli sinottici. Lottanta per cento del materiale di Mc si trova in Mt e il 65 in Lc. Il materiale di Mc che si trova in ambedue chiamato triplice tradizione. Il materiale non marciano che Mt e Lc hanno in comune chiamato duplice tradizione.

Si ipotizza che esista un vangelo prima dei sinottici. Gi nel xviii sec Lessing ipotizz lesistenza di un protovangelo in Aramaico, soluzione poi sviluppata da Eichorn e negli ultimi anni da Boismard, che individua quattro fonti documentarie utilizzate dagli evangelisti sinottici.

Unaltra soluzione ipotizza che Matteo fu il primo Vangelo e Luca us Matteo. Questa ipotesi fu anzitutto di Agostino, ma fin dallantichit Matteo stato considerato il primo vangelo. Secondo essa Matteo fu scritto per primo, Marco austeramente abbrevi Matteo e poi vennero Luca e Giovanni ognuno dei quali attinse ai suoi predecessori. In epoca moderna Griesbach (1789) riprende tale ipotesi sostenendo che Marco fu scritto per ultimo come riassunto che riporta prevalentemente materiale sul quale concordano Matteo e Luca. Inoltre ci sono brani, come Mt 26, 68 e par. in cui Luca e Matteo sono in accordo contro Mc, cos che sembra che Luca usi Mt. Tuttavia vi sarebbe da spiegare lomissione da parte di Mc di tutta la duplice tradizione, nonch i diversi racconti in cui Lc e Mt sono palesemente contraddittori (cfr. racconto dellinfanzia), nonch il diverso ordine con cui viene usato in Mt e Lc il materiale che hanno in comune (Fonte Q).

Altra soluzione, quella generalmente pi accettata, quella delle due fonti. In questa soluzione si ipotizza che Matteo e Luca dipendono da Mc e scrivono indipendentemente luno dallaltro. Ci che essi hanno in comune e che non dipende da Mc ossia la duplice tradizione, viene spiegato ipotizzando la fonte Q. Essa spiega bene come mai Mt e Lc concordano con Mc nellordine e nella formulazione e consente ragionevoli congetture sul perch se ne distanzino. Un argomento contrario potrebbe essere quello degli accordi minori, ossia dove Mt e Lc concordano contro Mc (cfr. Mt 26 , 68, che spesso viene spiegato ammettendo una forte presenza della comune tradizione orale).

Luca accoglie da Mc un 35 per cento del materiale, omettendo alcune parti ( Mc 6, 45 8, 26; 9, 41 10, 12), con alcune modifiche, con gi in Matteo, per mettere in miglior luce i discepoli, ed evitando espressioni irriguardose nei confronti di Ges. Accentua il distacco dai beni elimina le traslitterazioni dallaramaico. Diversamente da Matteo levangelista Luca conserva il materiale di Q in due sequenze in 6, 20 8, 3 e in 9, 51 18, 14 e utilizza certamente del materiale proprio, come per alcune parabole come quella del padre misericordioso e del buon samaritano. Luca ha fatto ben pi che raccogliere materiale disparato, ha organizzato unopera unitaria,con uno stile controllato e costante e con un progetto teologico unitario.

5.5.2 IL METODO REDAZIONALE

Senza entrare troppo nei dettagli, basta qui descrivere in modo semplice i presupposti e le operazioni di tale metodo. Il presupposto fondamentale che levangelista utilizzi delle fonti, pi o meno organizzate o scritte, e che egli ha in comune con altri evangelisti (ad esempio Lc utilizza Mc e Q come fonti, che ha in comune con Mt). Anche se non possibile determinare nel dettaglio la natura e lestensione di tale materiale tradizionale, sufficiente ipotizzare che esso esiste ed precedente rispetto allevangelista. Nel caso di Luca certamente necessario dare per assodata la teoria delle due fonti.

Le operazioni che il metodo prevede si compiono inizialmente attraverso la sinossi. Solo attraverso di essa infatti possibile individuare paralleli e differenze tra i sinottici e identificare il materiale tradizionale.

Dopo aver identificato ci che proviene dalla tradizione, il passo successivo quello di chiedersi come levangelista lo modifica e quali sono le sue inserzioni di carattere redazionale. Per far questo necessario mostrare le espressioni che sono proprie dellevangelista, il suo stile letterario e teologico e comprendere come egli interviene concretamente.

Il terzo passo sviluppare le motivazioni narrative e teologiche degli interventi redazionali dellevangelista. Solo quando questo passo affrontato, si pu dire che la proposta esegetica sia compiuta.

6. GIUSTIFICARE DIO

Lc 7, 29 30 tra tradizione e redazione

6. 1 INTRODUZIONE

Nella sezione lucana su Giovanni il Battista (7, 18 35), posta allinterno dellampia sequenza sul ministero galilaico di Ges (cc. 4 9), i vv. 29 30 interrompono bruscamente la descrizione del ministero del Battista per introdurre una constatazione sui destinatari del suo messaggio, divisi tra coloro che lo accolgono e coloro che lo rifiutano.

Tenendo conto del fatto che lungo tutta la sequenza del ministero pubblico di Ges in Galilea Luca descrive le opposte reazioni degli interlocutori al suo messaggio, si pu gi intuire limportanza narrativa di questi due versetti per Luca, che intende in tal modo collocare lorigine di tali reazioni a Ges nellaccoglienza o nel rifiuto del ministero del Battista.

Ma perch levangelista inserisce proprio a questo punto questi due versetti nel suo lavoro redazionale? E perch subito dopo il v. 35 fa seguire una nuova sezione narrativa, con il racconto dellunzione di Ges da parte della donna peccatrice in casa del fariseo Simone?

Si pu notare che i due personaggi di questo racconto erano gi stati introdotti dallevangelista proprio nei vv. 29 30, li dove si parla di pubblicani e peccatori da un lato e di farisei e dottori della legge dallaltro. Si tratta di un caso o di una precisa scelta narrativa?

A partire da unanalisi degli interventi redazionali nei versetti 29 30, con cui Luca rielabora la tradizione a lui pervenuta, si intende approfondire le motivazioni narrative dellevangelista alla luce del contesto (7, 18 50) e offrire qualche chiave interpretativa per comprendere il suo intento teologico e comunicativo in questa sezione del terzo vangelo.

6. 2. BREVE INQUADRAMENTO

Si pu notare che dal v. 24, a partire dal quale inizia il discorso di Ges su Giovanni il Battista, fino al v. 28 Luca presenti piccole differenze rispetto a Matteo (cfr. Mt 11,7-11), quasi tutte riconducibili con ogni probabilit a miglioramenti stilistici e letterari della fonte da parte di Luca.[footnoteRef:1] [1: Luca aggiunge probabilmente (v. 25) alla sua fonte per migliorare la comprensione del suo lettore. Al v. 28 sopprime e semplifica la frase sostituendo con . Nellintroduzione ( v. 24a par.) Luca riprende il termine , probabilmente per riconnettersi al v. 18 segnalando cos un nuovo inizio. cfr. F. BOVON, Luca ( Brescia 2005 ) I, 434. Orig.: Das Evangelium nach Lukas ( Neukirchen Vluyn 1989 ).]

Invece nei vv. 29 - 30 le differenze sono notevoli. Luca non riporta qui il detto di Ges sulla legge e i profeti che sono in vigore fino a Giovanni il Battista e sul regno che soffre violenza (cfr. Mt 11, 12-13), ma lo presenta pi avanti nella sua narrazione (cfr. Lc 16,16). Inoltre egli tralascia completamente il riferimento all'Elia redivivo applicato a Giovanni il Battista (cfr. Mt 11,14), che corrisponde piuttosto alla concezione teologica sul ruolo di Giovanni il Battista propria di Matteo e di Marco (cfr. Mc 9,13).[footnoteRef:2] [2: Vedremo che questi cambiamenti sono il frutto del lavoro redazionale di Luca. invece molto difficile stabilire se la versione riportata da Matteo in 11,12-14 corrisponde pi fedelmente alla fonte Q, perch anche in Matteo gli interventi redazionali sono pesanti. In questo caso oltre a notare il carattere tradizionale dei detti di riportati in Mt 11, 13 / Lc 16, 16a e Mt 11, 12 / Lc 16, 16bc non possibile proseguire a ricostruire nel dettaglio la fonte Q. Cfr. U. LUZ, Matteo ( Brescia 2010 ), II 224 orig. Das Evangelium nach Matthaus ( Neukirchen Vluyn, 1990 ). ]

Al posto di questi riferimenti nei vv. 29-30 Luca offre una valutazione teologica della divisione attuatasi nel popolo di Israele in relazione al battesimo di Giovanni. Da un lato tutto il popolo e i pubblicani hanno ricevuto il battesimo, cos da riconoscere la giustizia di Dio, dall'altro i farisei e i dottori della legge hanno rifiutato il battesimo e dunque hanno annullato la volont di Dio su di loro.

Levangelista sposta volutamente lattenzione dallidentit di Giovanni il Battista agli effetti del suo ministero nel popolo di Israele, caratterizzati insieme dall accoglienza e dal rifiuto del suo messaggio, cos da introdurre un nuovo apoftegma di accusa nei confronti di coloro che hanno rifiutato il Battista, prendendolo dalla fonte che egli ha in comune con Matteo (vv. 31-35).

In tal modo Luca crea una nuova ripresa del discorso di Ges, articolandolo in due versanti (24-28. 29-35) il primo dei quali centrato su Giovanni il Battista, mentre il secondo sulla reazione degli ascoltatori al suo messaggio.

Da quanto affermato emerge limportanza dei vv. 29-30, perch in essi levangelista concentra i suoi interessi e la sua peculiare visione, cos da conferire una connotazione precisa anche al contesto.

Tali versetti presentano un carattere redazionale e ci viene ammesso da tutti gli interpreti. Viene tuttavia anche comunemente affermato che in essi si trova del materiale preesistente che stato riformulato dallevangelista attraverso la sua propria prospettiva letteraria e teologica.

Qui si cercher di comprendere quale tradizione Luca riformuli e con quale interesse letterario e teologico.

6. 3 UNIPOTESI DIACRONICA

I versetti 29-30, malgrado loriginale formulazione lucana, non sono una creazione ex novo da parte dellevangelista, ma dipendono da una tradizione preesistente.

Si trova un interessante parallelo in Mt 21,31b-32, dove Ges commenta la parabola dei due figli, esplicitando l'accusa contro la classe sacerdotale del tempio. I pubblicani e le prostitute, credendo a Giovanni, precedono i sacerdoti, che non si sono pentiti e non hanno creduto a Giovanni.

Questo parallelo autorizza a ricostruire qui un loghion gesuano, che ogni evangelista avrebbe posto nel luogo pi confacente al suo percorso letterario e teologico? Se cos fosse quale dei due evangelisti, inoltre, conserverebbe la posizione originaria del loghion nella fonte?

Si pu osservare anzitutto che nonostante le notevoli differenze nella formulazione, ci sono importanti somiglianze formali e di contenuto tra Mt 21,31b-32 e Lc 7,29-30. Esse sono: 1. menzione di Giovanni il battista; 2. Presenza di due gruppi di personaggi, ossia figure di peccatori come i pubblicani da un lato e figure di leadership religiosa dallaltro; 3. Attitudine opposta di questi due gruppi nei confronti di Giovanni; 4. Accoglienza positiva di Giovanni da parte del gruppo dei peccatori e negativa da parte dei capi. Sono proprio tali somiglianze a condurre allipotesi di un loghion tradizionale.

Infatti dal momento che i due evangelisti riportano indipendentemente una stessa affermazione di Ges, seppure con formulazioni alquanto diverse, plausibile che, sulla base del criterio dell'attestazione molteplice, tale affermazione facesse parte di una tradizione, orale o scritta, che li precedeva[footnoteRef:3], cio fosse un loghion di Ges. [3: Cfr. J. JEREMIAS, Le parabole di Ges, ( Brescia 1973 ), 97. Orig. Die Gleichnisse Jesu ( Gttingen 1952 ).]

Molto pi difficile rispondere alla seconda domanda, ossia quale potrebbe essere la collocazione originaria di questo loghion vagante. Esso era collocato in un pi ampio apoftegma gesuano, magari in connessione con la parabola dei due figli, come in Mt 21,28-32?

A motivo dell'abbondante rimaneggiamento redazionale, sia da parte di Matteo[footnoteRef:4] che da parte di Luca, impossibile stabilire la formulazione originaria di questo loghion e ricostruire con esattezza il contesto in cui era inserito nella fonte. [4: Per approfondire il carattere redazionale in Matteo, che non possibile mostrare qui per ragioni di spazio, cfr. J. SCHLOSSER, Le regne de dieu dans le dits de jesus ( Paris 1980 ), 456.]

Tuttavia alcune osservazioni di natura formale e contenutistica possono fondare adeguatamente unipotesi su come tale loghion sia stato conservato e trasmesso dalla tradizione.

Anzitutto si possono notare le somiglianze tra i due contesti in cui tale parola inserita in Luca e in Matteo. In entrambi i contesti presente unaccusa da parte di Ges contro i capi del popolo[footnoteRef:5], nella quale sono presenti motivi sapienziali e parabolici e c in entrambi i motivi un riferimento ai figli (cfr. Mt 21,28-30 e Lc 7,31-32.35). Infine tale accusa in entrambi i casi relazionata al battesimo di Giovanni: in Matteo, infatti, essa scaturisce da una disputa sul battesimo di Giovanni (cfr. 21,24-27) e in Luca il confronto tra pubblicani e popolo da una parte e farisei e dottori della legge dallaltra formulato in relazione al battesimo di Giovanni (cfr. 7,29-30). Inoltre il confronto fra capi e pubblicani / prostitute pu essere considerato come un espediente retorico di accusa, proprio della tradizione profetica in Israele, per manifestare al popolo il suo peccato.[footnoteRef:6] [5: In Luca laccusa viene sviluppata nei vv. 31 35. Che tale accusa sia rivolta ai capi, ossia farisei e dottori della legge, lo si capisce per solo alla luce dei vv. 29 30, come vedremo. ] [6: Tale confronto ( in questo caso con pubblicani e prostitute ) fa parte del repertorio retorico profetico di accusa per spingere linterlocutore alla comprensione dellirragionevolezza del suo comportamento. Si legga ad esempio Is 1, 3, dove presente un confronto odioso di natura parabolica con gli animali o anche Ger 2, 11; Ger 3, 6 10 o ancora Ez 33, 34. 47 (qui le prostitute sono pi intelligenti di Gerusalemme, ed essa ha fatto peggio di Samaria e di Sodoma ). Per il NT si veda anche Mt 11, 20 -24 o Lc 7, 45 50.]

dunque possibile che lambiente vitale di questo loghion fosse quello di una accusa di Ges nei confronti dei capi, in stile profetico e con probabili riferimenti a Giovanni Battista.

In ogni caso quello che si pu ora affermare con sicurezza che Luca rielabora un loghion che gli proviene dalla tradizione, introducendo un contrasto tra farisei e scribi da una parte e popolo e pubblicani dallaltra, per spostare il destinatario dellaccusa da tutto il popolo ai capi e preparare in tal modo quello che racconter nellepisodio dellunzione di Ges da parte della donna peccatrice.

6. 4 I VERSETTI 29 30 TRA REDAZIONE E TRADIZIONE.

6.4.1 REDAZIONALIT

Il carattere redazionale dei versetti in esame pu essere evidenziato dalle seguenti espressioni.:

1. (tutto il popolo) (v. 29); . 2. (ricevere il battesimo) / (battesimo di Giovanni) (v. 29) 3. (hanno annullato la volont di Dio) (v. 30). 4. (scribi) (v. 30).

1. (pas o laos): l'espressione in esame presenta 20 ricorrenze nel NT, di cui 15 sono in Lc/Atti ( 9 in Lc e 6 in Atti ). Gi questa osservazione quantitativa mostra la predilezione di Luca per questa formulazione, che egli trova nel lessico proprio della LXX. Entrando un poco nei dettagli si pu notare che in tre contesti appartenenti alla tradizione comune a Mc e Lc, Luca modifica Marco aggiungendovi proprio l'espressione in esame (cfr. Lc 8,47; 9,13; 21,38 e par. in Mc). In altri due ricorrenze della triplice tradizione Luca o aggiunge tale espressione (Lc 18,43 e par in Mc e Mt) o la sostituisce al pi generico ( cfr. Lc 20,45 e par Mc /Mt ). In 7, 29 Luca modifica una fonte che ha in comune con Matteo togliendo il riferimento alle prostitute () e sostituendolo con la notazione riguardante tutto il popolo. Nelle sei ricorrenze di Atti (3,9; 3,11; 4,10; 5,34; 10,41; 13,24) Luca si riferisce sempre non ad una folla generica, ma precisamente al popolo di Israele. Si tratta del popolo che si riunisce nel tempio di Gerusalemme per il culto dovuto al Dio dIsraele ( cfr. 3,9.11 ) e al quale si rivolge Pietro per annunciare il vangelo di Ges Cristo, morto e risorto ( cfr. 4,10 ). In queste ricorrenze anche una piccola folla, radunata attorno al tempio, pu rappresentare la totalit di Israele, perch ci che a Luca interessa la funzione teologica e non la totalit materiale.

Si pu concludere affermando che tale espressione chiaramente redazionale ed usata dallevangelista per esprimere la totalit teologica del popolo di Israele.

2. Il verbo baptzo con oggetto interno (o figura etimologica) ricorre 5 volte in tutto il NT, di cui 2 in Luca e una in Atti. interessante notare che la ricorrenza di tale espressione in Lc 12,50 parallela a Mc 10,38-39 e (probabilmente, ma non vi evidenza testuale) a Mt 20,22-23. All'infuori di questa tradizione, che riporta un loghion di Ges nel dialogo con Giacomo e Giovanni, le uniche ricorrenze si trovano in Lc 7,29 e Atti 19,4. Si tratta probabilmente di un'espressione tradizionale che Luca pi degli altri evangelisti fa propria. In particolare il parallelo con Atti 19, 4 illuminante. Anche qui in gioco il battesimo di Giovanni e il suo ruolo nella teologia della storia proposta da Luca. Prima viene il battesimo di Giovanni, che un battesimo di conversione amministrato per il popolo in vista della fede nel veniente ( , cfr. anche Lc 7,19). Poi verr il dono dello Spirito che gli efesini si appresteranno a ricevere per l'imposizione delle mani di Paolo. Questa duplice scansione dei tempi presente implicitamente anche in Lc 7,29-30, dal momento che nei versetti successivi (vv. 31-35), il rifiuto del battesimo di Giovanni viene posto come preludio e motivazione profonda del successivo rifiuto del figlio delluomo

Tale battesimo infatti posto sempre da Luca come preparazione del ministero di Ges (cfr. Atti 10,37; 13,24). Inoltre tutta lazione storico salvifica di Cristo che culmina con il mistero pasquale e lascensione ai cieli ha il suo inizio nel battesimo ricevuto da Ges stesso (cfr. Atti 1,22), cos che battesimo e ascensione risultano i due eventi - limite di quel mistero di cui gli apostoli sono testimoni diretti.

Anche l' espressione battesimo di Giovanni( ), presente nella tradizione ( cfr. Mt 21,25 e par; Mc 11,30 e par; ) si ritrova soprattutto in Atti ( cfr. At 1,22; 18,25; 19,3 ).

Ci dunque mostra l'utilizzo ripetuto e personale che l'evangelista fa di espressioni presenti nella tradizione riguardante Giovanni Battista, per sottolineare la funzione del suo battesimo nella storia della salvezza.

3. il termine (boul)presenta 12 ricorrenze in totale nel NT, di cui 9 in Lc/ Atti ( 2 nel Vangelo e 7 in Atti ) e altre 3 ricorrenze in 1 Cor, Ef, Eb. Si pu mostrare che Luca utilizza questo termine per indicare una decisione, un progetto di natura umana ( cfr. Lc 23,51; At 27,12; At 27,42 ) o voluto da Dio ( cfr. Lc 7,30; Atti 2,23; 4,28; 5,38; 13,36; 20,27 ). In particolare in Lc 7,20, Atti 13,36 e 20, 27 presente esplicitamente l'espressione . In Atti 2,23 e 4,28 tale progetto di Dio quello che riguarda la consegna di Ges e la sua morte. In 5,38 Gamaliele a prendere parola con saggezza, per mettere in guardia il sinedrio di fronte all'inutilit della loro lotta contro un progetto che se viene dagli uomini, finir da solo, e se invece viene da Dio, non potr essere contrastato. Tale progetto di Dio, che si compie nella Chiesa per l'annuncio degli apostoli, trova un ulteriore riferimento in Atti 20,27, nel discorso di Paolo agli anziani di Efeso. dunque evidente la densit teologica di questo termine per l'evangelista.

Si pu quindi affermare che lespressione sia un chiaro conio lucano, utile ad indicare in estrema sintesi da un lato tutto il disegno salvifico di Dio che culmina nella morte e resurrezione di Cristo e che si prolunga nella storia della Chiesa e dallaltro la grave responsabilit di chi lo rifiuta.

4. il termine (nomikoi=scribi) usato praticamente solo da Luca fra gli evangelisti ( c' una sola ricorrenza in Mt 22, 35 ma essa dubbia dal punto di vista testuale[footnoteRef:7]). Su 8 ricorrenze totali nel NT 6 sono nel terzo Vangelo e 2 nella lettera a Tito. Si pu inoltre notare che Luca usa il sinonimo grammatus ogni volta in cui dipende da Mc ( cfr. 5,21.30; 9,22; 19,47; 20,1. 46; 22,2 ). Queste osservazioni mostrano con sufficente chiarezza che tale vocabolo proprio del redattore del terzo Vangelo. [7: Linserimento di questo termine in diversi testimoni della versione matteana si pu spiegare come armonizzazione a luogo parallelo. Cfr. B. M. METZGER, A Textual Commentary on the greek new Testament ( Stuttgart 1994 ), 48. ]

6. 4. 2 LUSO DI DIKAI

Il verbo dikai (trad. riconoscere la giustizia o giustificare) in Luca si trova con oggetto riferito a persona umana, nelle parti dove chiaro lintervento redazionale di Luca (cfr. Lc 10,29; 18,14). Quest'uso comune anche ad Atti, dove l'accezione del verbo propriamente paolina ( cfr. At 13, 38.39; cfr. anche Lc 18,14 ).

Le uniche due ricorrenze di dikai con Dio per oggetto si trovano in 7, 29.35, in un contesto dove Luca dipende da una fonte che ha in comune con Matteo.[footnoteRef:8] [8: Cfr. J. JEREMIAS, die Sprache des Lukasevangeliums ( Gttingen 1980 ), 165.]

Questo significa che Luca usa questo verbo con un'accezione piuttosto tradizionale, che proviene dalla fonte che egli utilizza. Ma qual qui la connotazione precisa e a quale tradizione fa riferimento?

L'uso di dikai con Dio come oggetto attestato nel NT, quasi unicamente nei passi che stiamo esaminando ( Lc 7, 29.35 e Mt 11,19; cfr. anche Rm 3,4, che una citazione del Salmo 51,6 e 1 Tm 3,16). Esso in prima analisi, ha qui il significato di "riconoscere, dichiarare giusto" [footnoteRef:9]. Uno sguardo pi ampio alle ricorrenze di tale connotazione pu arricchire la comprensione. Si tratta prevalentemente di contesti sapienziali, nei quali tale espressione comporta il riconoscimento della giustizia del piano di Dio e della sua salvezza. Nel Salmo 51 ad esempio, in un contesto penitenziale, il riconoscimento del proprio peccato simultaneamente un riconoscere Dio come giusto[footnoteRef:10].Non si tratta qui unicamente di un atto di comprensione intellettuale, ma di un processo di conversione che attraversa tutta la persona. Nei versetti lucani che stiamo esaminando il contesto complessivo di accusa nei confronti dei notabili e i riferimenti penitenziali al battesimo di Giovanni devono aver orientato l'evangelista a scegliere questa particolare connotazione di dikai, per esprimere che il processo di conversione dei peccatori comporta simultaneamente un riconoscimento della giustizia del piano salvifico di Dio, conforme alla volont stessa di Dio. [9: cfr.G. SCHRENK, , GLNT III, 1290.] [10: cfr. P. BOVATI, Ristabilire la giustizia AnBib 2005, 89.]

6. 5. I vv. 29-30 NEL CONTESTO DELLA SEZIONE SUL BATTISTA (vv. 18-35 )

6. 5. 1 UNA DIFFERENZA IN ISRAELE.

Dopo aver dimostrato che i versetti in esame presentano evidenti tracce di rielaborazione redazionale da parte dellevangelista, ora ci si pu chiedere quale motivazione, insieme teologica e letteraria, abbia guidato Luca in tale lavoro redazionale. Per far questo necessario approfondire i legami di questi versetti con la pi ampia pericope in cui sono inseriti (vv. 24-35 ). Si gi osservato come Luca segua da vicino la fonte che ha in comune con Matteo dal v. 24 fino al v. 28 e come sia poi assente in Luca il riferimento matteano allElia redivivo, applicato a Giovanni il Battista, e al suo posto vi siano i vv. 29-30 in esame. Si avverte una certa tensione nel passaggio dal v. 28 al v. 29. Infatti al v. 28 ci si trova ancora allinterno della presentazione di Giovanni il Battista da parte di Ges con un confronto tra i due eoni della storia della salvezza, in cui il pi piccolo nelleone del regno di Dio pi grande di Giovanni il Battista. Invece con il v. 29 Giovanni il Battista non pi direttamente loggetto del discorso, ma viene introdotto improvvisamente un altro paragone, quello tra il popolo e i pubblicani da una parte e i farisei e i dottori della legge dallaltra. Infine tale versetto il primo dellintera pericope in cui si chiama in causa il battesimo di Giovanni. Fino ad ora infatti si era parlato di Giovanni e non del suo battesimo. Per queste ragioni non possibile, come invece fa Bock[footnoteRef:11], considerare i due versetti come parte integrante del discorso di Ges su Giovanni il Battista. [11: D. L. BOCK, Luke, ( Grand Rapids NIV Application Commentary, 1996 ), 210s.]

Al v. 31 poi levangelista riprende la fonte comune con Matteo che presenta unaccusa diretta, con connotazioni sapienziali, nei confronti di questa generazione. Essa, non comprendendo lannuncio penitenziale di Giovanni, non potuta entrare nella gioia della comunione con il figlio delluomo. Nella versione lucana questa seconda parte (vv. 31-35 ) si riallaccia con ci che precede, in modo tale che questa generazione ( v. 31) viene a coincidere con i farisei e i dottori della legge ( v. 30 ). Cos se nella versione di Matteo lespressione questa generazione va intesa in senso globale, invece Luca, grazie allinserzione dei vv. 29-30 ha introdotto una separazione.[footnoteRef:12] Laccusa diretta nei confronti dei capi (farisei e scribi), e non di tutto il popolo. C infatti una parte di popolo, umile e peccatore, con cui si identifica teologicamente la totalit del popolo che, facendosi battezzare da Giovanni, ha riconosciuto la giustizia di Dio. [12: F. BOVON, 443.]

Alla luce di queste considerazioni risulta pi chiaro il ruolo chiave assunto da questi due versetti nel contesto della pericope. Quando nella fonte che Luca utilizza la presentazione di Giovanni il Battista arriva ad un punto culminante con il confronto tra i due eoni al v. 28, a Luca interessa soffermarsi sulle condizioni di accesso alleone del Regno di Dio e sulla separazione che viene a crearsi tra coloro che accolgono il piano e coloro che non lhanno accolto, proprio in relazione al ruolo storico-salvifico giocato da Giovanni come precursore. In tal modo lattenzione si sposta sensibilmente da Giovanni il Battista agli uditori del messaggio di salvezza cos da motivare pi profondamente le loro opposte reazioni al battesimo di Giovanni e quindi al messaggio stesso di Ges.

Lincomprensione del proprio peccato davanti a Dio e la conseguente assenza di una dimensione penitenziale nella propria esistenza, dimensione sottolineata dal battesimo di Giovanni e simbolizzata dallincapacit di piangere di fronte al lamento (cfr. v. 32), porta alla conseguente radicale incomprensione del messaggio di salvezza proposto da Ges, simbolizzata dallincapacit di danzare al suono flauto.

6. 5. 2 CHI SONO COLORO CHE GIUSTIFICANO DIO.

Ma ci sono alcuni che hanno compreso, perch la sapienza stata riconosciuta giusta dai suoi figli. Luca riconnette abilmente il v. 29 al v. 35 tramite la ripresa di dikai, che funge cos da segnale redazionale d inclusione e nello stesso tempo fonda su un versetto proveniente da materiale tradizionale la sua interpretazione teologica. Chi sono questi figli della sapienza secondo Luca?

Sono i pubblicani, i pi peccatori tra il popolo e, insieme a loro, il popolo stesso. Laccostamento tra una figura esemplare di peccatori e unindicazione di totalit del popolo una felice endiadi lucana, per la quale si deve leggere qui un unico soggetto. Si tratta non di un popolo particolare, o di una parte precisa del popolo, ma del popolo come tale, in quanto peccatore, rappresentato da coloro che pi di altri sono considerati lemblema del peccato di Israele. Il figli della Sapienza sono allora, per Luca, nientaltro che un popolo peccatore e umile, un resto che diviene figura dellintero popolo, attraverso un percorso di conversione e di riconoscimento della giustizia di Dio nella storia della salvezza.

6. 5. 3 IL BATTESIMO DI CONVERSIONE.

Come avviene per Luca tale percorso di conversione per il popolo di Israele? Attraverso il battesimo di Giovanni che, come abbiamo visto, Luca introduce qui di proposito, ricollegandosi alla sua fonte nel punto in cui essa distingue i due eoni della storia della salvezza (v. 28). Nella concezione lucana il battesimo di Giovanni descritto come battesimo di conversione (cfr.Lc 3, 3; At 13,24; At 19,4), unespressione che Luca trova probabilmente nella tradizione (cfr. anche Mc 1, 4) ma che utilizza volentieri per esprimere in modo condensato il significato che egli attribuisce al ruolo del battista nella storia della salvezza. Il battesimo di Giovanni il segno esplicito ed esteriore di un cammino di rinnovamento morale ed esistenziale che prepara allingresso in una nuova epoca della storia della salvezza.

La connessione lucana del verbo kersso (annunciare) con bptisma (battesimo) come complemento oggetto (cfr. Lc 3,3; Atti 10,37) mostra che il battesimo il segno che qualifica nel suo insieme una pi ampia missione di predicazione, volta a chiamare il popolo a penitenza. Infatti il battesimo di Giovanni non pu essere considerato solo dal punto di vista cultuale, ma deve essere accompagnato da frutti di conversione(cfr. 3,8-9) che mostrino un coinvolgimento concreto ed esistenziale della persona (cfr. 3,10-14). Qual la finalit di questo battesimo di conversione nella storia della salvezza? Porsi a cavallo tra due eoni, per preparare lingresso nella storia di colui che viene, ossia Ges. In effetti in Atti il battesimo di Giovanni viene usato per datare linizio del ministero storico di Ges (cfr. Atti 1,22; 10,37).

In particolare in At 19,4 questo battesimo di conversione chiaramente finalizzato alla fede in colui che viene, Ges, e non pu sostituire il battesimo cristiano, nel nome del Signore Ges, il quale comporta il dono dello Spirito (cfr. vv. 5-6) e caratterizza lingresso nel nuovo eone della storia della salvezza.

6. 6. QUALCHE CONSIDERAZIONE SU Lc 7,36-50

Dopo aver mostrato linteresse teologico e letterario di Luca nel rielaborare il materiale che gli pervenuto, in particolare nei vv. 29 30, alla luce della pericope ( vv. 24 -30 ), pu essere utile ampliare un po il campo di indagine e, mostrando le connessioni di quanto abbiamo scoperto con il contesto prossimo della pericope, illuminare ulteriormente linteresse teologico di Luca.

La maggioranza dei commentatori sono daccordo nellindividuare un rapporto tra la sezione su Giovanni il Battista (vv. 18-35) e il seguente episodio della donna peccatrice (vv. 36-50). Infatti la menzione del fariseo Simone (v. 36) richiama la precedente menzione dei farisei e dottori della legge (v. 30), il contesto del pranzo richiama le aggettivazioni poste nei confronti di Ges (mangione e beone v. 34), e Ges stesso, definito amico dei peccatori e dei pubblicani (v. 34), si mostra amico, in particolare, di una donna peccatrice (v. 37)[footnoteRef:13]. Inoltre ci che Ges dice a proposito dei farisei e dottori della legge, in contrasto con il popolo dei peccatori (v. 29-30), Luca sembra mostrarlo in atto attraverso il comportamento del fariseo Simone e della donna peccatrice nei confronti di Ges. [13: cfr. G. ROSS, 271.]

Aver chiarificato quale interesse di Luca motiva il suo lavoro redazionale ai v. 29-30 aiuta a comprendere non solo la sezione su Giovanni il Battista ma anche lepisodio della donna peccatrice e del fariseo Simone. Quella divisione allinterno del popolo che si stabilisce tra i notabili che hanno annullato la volont di Dio su di loro rifiutando il battesimo di Giovanni e il popolo dei peccatori che hanno riconosciuto la giustizia di Dio viene qui riproposta nel contrasto tra il fariseo Simone e la donna peccatrice.

Infatti i gesti damore della donna e il suo pianto segnalano una conversione di questa donna dalla sua storia di peccato e una comprensione profonda del disegno amoroso di Dio che si compie in Ges. Viceversa latteggiamento di giudizio nei confronti della donna e di sospetto nei confronti della qualit profetica del ministero di Ges da parte di Simone, mostrano quanto egli sia ancora lontano dallentrare in quellora della salvezza che Ges ha ormai inaugurato.

Lintervento redazionale in 29-30 sembra allora attuato da Luca non solo per riferire laccusa profetica seguente (vv. 31-35) ai farisei e ai notabili del popolo, ma anche in vista dellepisodio che sta per narrare dopo aver terminato la sezione su Giovanni il Battista. possibile ottenere una conferma di carattere narrativo a questa affermazione, basata non solo su alcuni richiami terminologici e di contenuto? Occorre anzitutto osservare che, poich Luca non fa conoscere al lettore la risposta definitiva del fariseo Simone allaccusa di Ges, il suo interesse narrativo di provocare la risposta personale del lettore, suggerendogli di identificarsi con Simone. Levangelista rivolge laccusa profetica di Ges non tanto al gruppo dei farisei storici - come invece accade in Matteo, per esempio con la parabola dei due figli e il loghion che abbiamo esaminato precedentemente (Mt 21, 31)[footnoteRef:14] ma al lettore stesso. [14: possibile che Luca abbia rielaborato tale loghion di accusa e ricollocato precedentemente in un contesto dove laccusa contro i farisei e i capi del popolo era meno esplicita, perch il suo interesse narrativo di rivolgersi ad un lettore che proviene dalla gentilit, che probabilmente non ha mai avuto a che fare con i farisei o i dottori della legge o i sacerdoti del tempio. ]

Ci di fondamentale importanza per capire linteresse narrativo di Luca che, dopo aver spiegato le condizioni di accesso al nuovo eone del Regno di Dio attraverso la figura di Giovanni Battista (vv. 29-30), vuole concretamente mostrare al suo lettore, che non ha mai conosciuto Giovanni Battista n ricevuto il suo battesimo, come tali condizioni si verificano per lui, nella sua vita.

Questo il motivo per cui i vv. 29-30 vanno letti come unanticipazione in termini esplicativi (telling) di ci che levangelista mostrer al suo lettore (showing) per sollecitarne una risposta di fede.

Che valore ha per la fede del lettore di Luca sapere che i farisei hanno annullato per loro la volont di Dio rifiutando il battesimo di Giovanni? Levangelista lo mostra nellepisodio seguente, dove il lettore non richiamato ad attuare qualche pratica cultuale di tipo penitenziale come il battesimo di Giovanni, ma piuttosto a riconoscere il proprio peccato di fronte allamore e alla giustizia di Dio che si compiono in Ges. Luca intende attualizzare per il suo lettore il rischio spirituale che avevano corso i notabili di Israele al tempo del ministero terreno di Giovanni il Battista: ossia il rischio che corre colui che, pensando di non avere grandi peccati e ritenendosi in fondo giusto, ama poco, ed quindi incapace di entrare in un vero percorso di conversione e di maturazione nellamore di Dio. Luca, come aveva fatto Giovanni il Battista per i suoi uditori, propone al suo lettore un percorso di conversione, di carattere penitenziale, che comporta simultaneamente il riconoscimento del proprio peccato e della giustizia del piano amoroso di Dio nella propria storia. Come si gi sottolineato, si tratta quindi di un percorso attivo ed esistenziale, che mette in gioco i pensieri e le azioni delluomo e che non si contrappone alla grazia di Dio, ma anzi reso possibile da essa. il percorso mostrato in modo esemplare dagli atti di pentimento e di amore della donna peccatrice nei confronti di Ges

Questa considerazione pu essere utile per risolvere il vero problema interpretativo di questo episodio, ossia lopposizione di significato che si registra tra la parabola dei due debitori raccontata da Ges e la sua applicazione alla donna. Se nella parabola i debitori amano nella misura del debito che stato loro condonato, invece alla donna sono stati perdonati i peccati perch ha molto amato. Questa tensione viene spiegata da molti come il segno della redazionalit della composizione. Luca avrebbe inserito una parabola tradizionale in un racconto altrettanto tradizionale, quello dellunzione di Ges da parte della donna. Cos il gesto damore della donna, che fa parte della tradizione pi originaria a cui Luca attinge, viene integrato da una parabola, attinta anchessa da una tradizione precedente, con uno scopo catechetico, ossia per mostrare il rapporto tra perdono di Dio ed etica. Nella sua rielaborazione Luca mantiene questa tensione tra le due tappe redazionali, che si pu cogliere per il contrasto tra il versetto 47a e 47b.[footnoteRef:15] Questa considerazione, tuttavia, lascia intatto il problema esegetico. Ci sono due possibilit: o Luca un pessimo scrittore, perch lascia una contraddizione palese nella sua attivit redazionale, oppure egli vuole mantenere tale tensione di significato, perch in essa nascosto il significato profondo del suo messaggio. Se la seconda possibilit quella giusta, come provarlo, e quale significato Luca vorrebbe veicolare al lettore? [15: cfr. F. BOVON, 462 e G. ROSS, 278. Green cerca di risolvere il problema ammettendo che la donna era stata gi perdonata precedentemente, e che ora si tratta solo di manifestare tale perdono dinanzi alla comunit. Ma rimane comunque la contraddittoriet nellaffermazione di Ges. J. B. GREEN, The Gospel of Luke ( Grand Rapids 1997 ), 313.]

Abbiamo appena mostrato come i versetti 29-30 giochino un ruolo essenziale per comprendere lintenzione di Luca in questo racconto della donna peccatrice e del fariseo Simone e possono fornire una chiave interpretativa del messaggio che Luca intende comunicare al lettore. Il comportamento della donna e di Simone attualizzano per il lettore ci che stato spiegato nei vv. 29 - 30 a proposito del popolo e dei pubblicani da una parte e dei farisei e dottori della legge dallaltra, perch il lettore possa comprendere quali sono nella sua vita, le condizioni concrete per entrare nella salvezza.

Ora il lettore di Luca ha di fronte a s due possibilit, la donna peccatrice e il fariseo Simone.

La donna colei che ha molto amato, ossia che ha fatto della sua miseria e del suo pubblico peccato il luogo antropologico in cui riconoscere la propria debolezza e insieme la grazia e lamore di Dio e cos ha reso attivo per lei quel perdono di Dio che il frutto del disegno damore di Dio per ogni uomo. Cos il perdono di Dio chiaramente incondizionato e gratuito ed fonte della risposta damore della donna in rapporto a quella di Simone (a chi perdonato poco, ama poco 47b). Tuttavia nello stesso tempo dipende dalluomo accogliere tale perdono e renderlo attivo nella propria vita (le sono rimessi i suoi molti peccati, perch ha molto amato, 47a). Ella con la sua vita ha giustificato Dio, mostrando di essere una vera figli della Sapienza ed entrando cos a pieno diritto nel nuovo eone del Regno di Dio che si compie in Ges.

Egli mostra in questo racconto ci che ha gi spiegato a riguardo del popolo peccatore e dei farisei e dottori della legge nei vv. 29-30: tutto dipende dalla volont di Dio che vuole essere giustificato dagli uomini e tutto allo stesso tempo dipende dalla libert delluomo di accogliere o meno tale volont.

6.7 BIBLIOGRAFIA CITATA.

BOCK, D. L., Luke, ( Grand Rapids NIV Application Commentary, 1996 ).

BOVON, F., Das Evangelium nach Lukas ( Neukirchen Vluyn 1989 ), I - II.

FITZMYER, J., The Gospel according to Luke, ( Garden City 1981.85).

GREEN, J. B., The Gospel of Luke ( Grand Rapids 1997 ).

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JEREMIAS, J., die Sprache des Lukasevangeliums ( Gttingen 1980 ).

LUZ, U., . Das Evangelium nach Matthaus ( Neukirchen Vluyn, 1990 ) I - II.

ROSS, G., Il vangelo di Luca ( Roma 1992 ).

SCHLOSSER, J., Le regne de dieu dans le dits de jesus ( Paris 1980 ).

SCHRENK, G., , GLNT III.

TANNEHILL R. C., The narrative Unity of Luke Acts, ( Philadelphia 1986 ) I - II.

7. LINEE TEOLOGICHE PER I SINOTTICI7. 1 VANGELO DI MARCO.

Il vangelo di Marco fa iniziare lattivit di Ges con lannuncio del Regno di Dio. Dice Ges: Il tempo compiuto, il regno di Dio vicino, convertitevi e credete nel Vangelo. Sullo sfondo di questo sunto della predicazione di Ges c la concezione profetica della regalit di Dio sulla storia e sul tempo. Larrivo della salvezza di Dio considerato imminente e il profeta ha il compito di annunciarlo e insieme renderlo presente con il suo annuncio. Il Vangelo diviene allora un annuncio che trasforma la realt, rendendo attuale la stessa salvezza di Dio: Come sono belli i piedi di colui che annuncia la pace, dellevangelizzatore che annuncia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio. Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano poich vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. (Is 50,7-8). La parola profetica diviene evento di Dio, presenza salvifica, realt che trasforma il castigo dellesilio nella gioia del ritorno a Sion. Modellato su tale teologia anche lannuncio del Regno di Dio da parte di Ges una parola profetica che si realizza nellatto stesso in cui viene proclamata. Essa infatti una parola autorevole, non solo un insegnamento, che si concretizza in segni di salvezza e di liberazione dal male (cfr. 1,27-28). Il Regno di Dio si instaura con la sconfitta definitiva delle potenze del male e in particolare di Satana (3,22-30) e con la chiamata dei Dodici (3,13-18) che sono il primo seme del Regno di Dio, inviati anchessi a predicare e a scacciare i demoni. Con il male vengono sconfitte da Ges anche le sue conseguenze, ossia il peccato e la morte. Il peccato viene vinto dal perdono definitivo che Ges porta nel mondo (cfr. 2,1-22). Il Regno assume qui i connotati della novit assoluta, la novit di una festa di nozze che lo Sposo, il messia, celebra con lumanit (2,19-22) grazie alla definitiva sconfitta della morte. Egli sposa lumanit malata, sofferente e incapace di generare alla vita, per ridarle la speranza radicale della resurrezione (cfr. 5,21-43 racconto dellemorroissa e della figlia di Giairo).

Se in un primo momento il Regno di Dio predicato da Ges sembra distinto dalla sua persona, man mano che il vangelo prosegue nella sua narrazione, si comprende sempre meglio che il cuore del Regno di Dio annunciato da Ges con la parabola del seme gettato nel terreno che porta frutto, la persona stessa di Ges. Subito dopo aver pronunciato il discorso in parabole Ges seda la tempesta con la sua Parola e i discepoli si chiedono: Chi costui, al quale il vento e il mare obbediscono?. Come abbiamo gi sottolineato, la narrazione procede attraverso le successive domande sullidentit di Ges, attraverso cio quella che si dovrebbe definire come una cristologia implicita, basata sui segni e le parole di Ges, fino al cuore del vangelo di Marco, li dove i discepoli per bocca di Pietro, arrivano finalmente alla proclamazione dellidentit messianica di Ges: Tu sei il Cristo, il Messia (7, 29).

Da questo punto in poi inizia il secondo versante del vangelo di Marco, in cui non si tratta pi di stabilire chi Ges, ma come Egli agisce, e che tipo di Messia egli . Da qui in poi, in una successione martellante di tre annunci della passione, Ges afferma subito pubblicamente (notare il contrasto con la richiesta di segretezza a riguardo della sua messianicit) di dover subire il destino di rifiuto dei capi, sofferenza e morte, per poi risorgere dopo tre giorni.

Ci concentriamo un po di pi sul terzo annuncio (Mc 10,32-34) che avviene immediatamente prima dellingresso di Ges a Gerusalemme ed un po pi descrittivo dei precedenti. I dettagli sono significativi: si parla non solo di condanna a morte e di consegna ai pagani, ma anche di derisioni, sputi e flagellazioni. Non a detrimento della verit storica sulla passione di Ges considerare che questa sequenza ripercorre esattamente le sofferenze descritte nel cosiddetto terzo canto del servo, allinterno della raccolta profetica deuteorisaiana: Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50,6). difficile non riconoscere qui lintento dellevangelista di mostrare che il messia non altri che un servo mite e umile, destinato a compiere la sua missione universale attraverso la sofferenza assunta confidando in Dio che solo rende giustizia (Is 50,8). Non si pu seguire Ges fin sotto la croce, se non accettando di essere da lui guariti nella nostra cecit di discepoli attratti da un maestro potente e carismatico (cf. 10,46-52). La cristologia marciana cos un grande commento narrativo ai canti del servo di jhwh, visti alla luce della vicenda storica di Ges, che culmina con il mistero pasquale della sua morte in croce e resurrezione. Infatti solo nellumilt della croce il messia si rivela definitivamente come il servo sofferente di Dio e solo a questo punto il discepolo con le parole del centurione potr affermare - definitivamente e senza paura di fraintendimenti o ambiguit - : Costui era veramente il Figlio di Dio.

Di fronte a questa progressiva descrizione narrativa della cristologia, Marco intende anche fornirci qualche elemento di ecclesiologia. Cos la Chiesa per Marco? Certamente essa concentrata nei discepoli e in particolare nei Dodici, che sono a servizio del Regno di Dio, chiamati anzitutto da Ges a stare con lui e poi inviati a predicare e scacciare demoni (3,13-19). Lo stesso numero Dodici indica lIsraele escatologico che si instaura con lavvento del Regno di Dio. Essi costituiscono il seme, il nucleo pi intimo della nuova famiglia di Ges, ossia di coloro che fanno la volont di Dio ( 3,31-35) e come Ges si muovono nei villaggi affidandosi totalmente alla potenza dellinvio di Ges e non a mezzi umani (6,7-13). Essi sono i testimoni dei segni di Ges, in particolare della moltiplicazione dei pani (6,30-44) ma al contempo sono incapaci di comprenderli fino in fondo, perch condividono la durezza di cuore degli uomini (6,51-52). Marco sottolinea nettamente lincomprensione che i discepoli manifestano nei confronti del loro maestro, che non cessa al momento in cui Pietro confessa lidentit messianica di Ges, ma anzi per cos dire aumenta (cfr.8, 33). Ogni annuncio della passione seguito da un episodio che manifesta la totale mancanza di sintonia dei discepoli (cfr. anche 9,33-37; 10,35-40) e che rende necessaria unulteriore catechesi da parte di Ges, in forma di parole e di gesti. Alcuni personaggi secondari nella narrazione, mostrano le caratteristiche positive che dovrebbe avere il discepolo, in particolare la sua fede nei confronti di Ges. Un esempio importante certamente quello della donna sirofenicia, donna straniera che costituisce un richiama implicito alla futura nascita di una comunit cristiana di provenienza pagana.

Da questi elementi possiamo trarre qualche conclusione sullecclesiologia marciana: la Chiesa una famiglia che attualizza il Regno di Dio in se stessa, un seme del Regno. Essa per sua natura missionaria, perch inviata dal messia Ges con una parola potente a compiere i segni del Regno nella sua storia. Essa accoglie al suo interno anche tutti i popoli, dunque universale. Essa anche la comunit in cui la fede in Cristo pu essere maturata solo stando con lui, e passando attraverso il travaglio della sua croce e resurrezione. Solo alla luce della croce la Chiesa pu comprendere fino in fondo chi chiamata a seguire lungo i sentieri della storia.

7. 2 VANGELO DI MATTEO.

Notiamo subito che Matteo non parla di Regno di Dio, ma, con unespressione ancor pi semitica, di Regno dei cieli (cfr. 13,11). Se il Regno dei cieli nel discorso della montagna deve essere caratterizzato da una sovrabbondante giustizia, che sola pu integralmente compiere la Legge di Mos (5,17-20), sono le parabole (c. 13) a manifestare il mistero di tale sovrabbondante giustizia.

La parabola del seminatore (13,3-9) mostra il contrasto tra una semina sovrabbondante e persino sprecata e una risposta differenziata dei diversi terreni. Alcuni di essi non rispondono positivamente, non fanno fruttificare questo dono del seme. Come possibile che ci accada, se la parola rivolta a tutti? Come possibile che la parola di Ges fallisca, producendo in molti casi rifiuto anzich accoglienza? questo linterrogativo di fondo dei discepoli, sul perch Ges parli il linguaggio oscuro e difficile delle parabole (cfr. 13,10). Le parabole mostrano la caratteristica paradossale del Regno dei cieli, che si instaura senza imporre una verit con la forza, ma donando a tutti, anche a chi lo rifiuter, il seme della Parola di Dio. Cos il suo insegnamento parabolico rispetta la libert dellinterlocutore e non gli impone una verit per via di sillogismi o dimostrazioni. Egli lo invita piuttosto a convertire il cuore allamore del Padre, che semina sprecando illogicamente il suo seme e che lascia crescere la zizzania insieme con il grano, per non correre il rischio di tagliare anche il grano (13,24-30). Si pu arrivare ad affermare che secondo Matteo compimento della giustizia deve passare attraverso il rifiuto degli uomini e in particolare del popolo di Israele, perch proprio quando il popolo arriva al culmine della sua durezza di cuore, della sua incapacit di ascoltare e comprendere la parola di Dio, che il Signore potr realizzare improvvisamente la sua guarigione e la sua conversione (cfr. 13, 14 14; Iss 6, 9 10). Come?

Attraverso la logica della croce, che il vero mistero significato dal seme gettato in terra della parabola. In fondo anche per Matteo il Regno dei cieli ha a che fare con Ges, Lui che il servo mite di Jhwh che non grida la verit in piazza (cfr. 12,19, Is 42,2) e porta la giustizia con misericordia (cf. 12,20 cit. di Is 42,3). Nella cristologia di Matteo molto pi sottolineato che in Marco il carattere ebraico del messia. Egli collegato a Davide e Abramo nella sua genealogia (1, 1) figlio di Davide (1, 17.20) lemmanuele di Isaia, ossia il discendente regale che porta Dio in mezzo al suo popolo (Mt 1,23;cfr. Is 7,14) il re-pastore (cf. 9,36) e il messia dIsraele (2,6), cosa che Ges stesso afferma ripetutamente (10,6; 15,24). solo dopo il rifiuto di Israele che i discepoli saranno inviati da Ges sul monte della galilea a fare discepoli tutti i popoli (28,19). Infatti il rifiuto di Israele fa s che il Regno di Dio sar tolto ai capi giudaici e sar dato ad un popolo che lo far fruttificare (21,43).

Il seme di questo nuovo popolo gi presente nel Vangelo di Matteo nei discepoli e apostoli di Ges. La loro caratterizzazione pi positiva che non in Marco. Essi infatti sono ammessi allintimit con Ges e possono accedere alla spiegazione delle parabole e alla comprensione profonda dei misteri del Regno dei cieli. Non solo, ma sono inviati da Ges a mostrare la gratuit del Padre nellannuncio del Regno dei cieli (10,8), fatto a parole, ma anche con i segni delle guarigioni, con la povert e soprattutto con la perseveranza nelle persecuzioni (10,17-39). In filigrana compare il volto di una Chiesa giudeocristiana fortemente messa alla prova dallo scontro con il giudaismo che si riorganizzava nella sua componente farisaica, dopo la recente distruzione di Gerusalemme e del tempio. Si tratta di una Chiesa che alla saggezza umana dei dottori della legge oppone la sapienza della croce, definitiva sapienza dei piccoli, che rivela il volto del Padre e il misterioso e abissale rapporto damore tra il Padre e il Figlio (11, 25 27). Pur essendo compresa anche dai piccoli, non si tratta di una sapienza infantile o ingenua, anzi, i discepoli di Ges sono definiti scribi (13,51), che devono tenere insieme cose nuove e cose antiche (AT e NT) nellunica sapienza della croce, sono profeti, sapienti e scribi che vivranno su di se il mistero del messia rifiutato e ucciso dal suo popolo (cfr. 23,34) ma che saranno ricompensati dal ritorno glorioso di Ges alla fine dei tempi alla luce dellamore che avranno manifestato, imitando il Padre (24,3.27; 25,31-46). Questa Chiesa ha un punto di riferimento centrale in Pietro, del quale viene affermato senza mezzi termini il primato a partire dalle parole di Ges: . Allora ordin ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo..

7. 3 QUADRI DI TEOLOGIA LUCANA7. 3. 1 INTRODUZIONE ALLA TIPOLOGIA

I vangeli sono inseriti allinterno di un canone, comprendente Antico e Nuovo Testamento, e una interpretazione esegetica e teologica di essi non pu non tenere conto dei rapporti che intercorrono tra questi testi e il loro con-testo. Il documento sulla Parola di Dio del Concilio Vaticano II, denominato Dei Verbum, afferma al n.16 la mutua dipendenza ermeneutica tra Antico e Nuovo Testamento : i libri dellAntico Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento, che essi a loro volta illuminano e spiegano.>>. Da una parte si afferma che il Nuovo Testamento porta a compimento ci che significato nellAntico, ma dallaltra si mostra che non si pu comprendere il Nuovo senza i libri dellAntico, che lo illuminano e lo spiegano. Non si possono dunque conoscere adeguatamente i Vangeli senza tener conto dellAntico Testamento.

Si potrebbe fondare questa affermazione sia dal punto di vista storico che dal punto di vista letterario. Linfluenza del mondo giudaico e della letteratura religiosa che ha contribuito a forgiare la sua identit, ossia quello che noi oggi chiamiamo Antico Testamento, e, pi nel dettaglio, linterpretazione viva dellantico Testamento (tor orale) propria dellebraismo del I secolo, sono la matrice nella quale si forgiano tutte le creazioni letterarie successivamente inserite nel canone del Nuovo Testamento. Dal punto di vista letterario poi si trovano forti legami, sottoforma di citazioni, allusioni, echi, riletture che i testi del NT fanno di altri testi dellAT. In definitiva lAT costituisce sempre lo sfondo dei testi del NT ed anche dei vangeli, come si pu abbondantemente dimostrare anche attraverso un elenco e una catalogazione di tutti i richiami interni al NT.

Tuttavia il lavoro esegetico e teologico che parte da questa constatazione non pu certamente fermarsi ad essa. Ci si pone infatti una domanda di fondo, estremamente importante a livello teologico : quale tipo di rapporto viene configurato da tale dipendenza storico- letteraria del NT e dei Vangeli nei confronti dei testi dellAntico Testamento? Data la poliformit letteraria di testi del NT e il loro diverso utilizzo dellAT, non per nulla semplice ricavare delle leggi generali. Talvolta bisogna accontentarsi di ritrovare lo sfondo veterotestamentario e notare linteresse del narratore nel riferire un compimento. Talaltra per si pu scavare maggiormente e notare dei rapporti pi precisi e definiti tra elementi dello sfondo veterotestamentario ed altri elementi presenti nel testo del NT. Ogni qual volta si pu accostare ad una figura (tipo) propria di un racconto dellAT, elementi di un racconto del NT (antitipo), mostrando un rapporto di continuit / discontinuit tra di essi, in modo tale che lantitipo riprende e supera il tipo compiendolo, qui siamo di fronte ad un funzionamento letterario- teoogico che possiamo denominare tipologia. Tali elementi (tipi) possono essere costituiti da eventi, circostanze, persone, popoli, istituzioni e il loro rapporto deve essere di compimento, ossia luno una preparazione dellaltro. Ci pu essere una tipologia esodale, mosaica, profetica, regale, sacerdotale, cultuale ecc

Per il nostro studio sufficente ammettere che in via di principio non possibile escludere la possibilit che gli autori del NT abbiamo fatto uso di tale strumento interpretativo, poich esso era presente nella cultura giudaica ed ellenistica del periodo intertestamentario e perch lAntico Testamento stesso, al suo interno, ne ha fatto uso. Lo studio della tipologia risulta allora particolarmente interessante, dal momento che contribuisce a riconnettere i Vangeli nel loro contesto canonico e mette in luce in modo assai convincente le loro teologie, nel quadro globale del compimento delle Scritture.

7. 3. 2 LA TIPOLOGIA NEL VANGELO DI LUCA (Lc 17,11-19).

Nel Vangelo di Luca la tipologia profetica, applicata a Ges, risulta particolarmente evidente ed estesa. A partire dal c. 4 in cui Ges predica a Nazareth, nella sua terra natale, Ges dipinto con i caratteri di un profeta (cfr. 4,24) che predica la parola di Dio e che rifiutato dal suo popolo, secondo il destino proprio di tutti i profeti di Israele. Ges appena consacrato dalla discesa dello Spirito Santo su di lui, dopo il battesimo, dotato di una parola profetica, che si esprime attraverso azioni e discorsi (cfr. 24,19) e che rende attuale la salvezza di Dio, il tempo del compimento delle promesse di salvezza di Isaia (cfr. 7,18-23).

Ormai al termine del suo itinerario verso Gerusalemme attraversando la Galilea e la Samaria, (Lc 17, 11) Ges incontra dieci lebbrosi, che si fermano a distanza, e appellandosi alla sua qualit di maestro lo supplicano di avere piet di loro: Ges, maestro, abbi piet di noi. (Lc 17, 12).

La scena della guarigione dei dieci lebbrosi (17, 11 19), dipinta con una certa rapidit da Luca, mostra di avere uno sfondo veterotestamentario profetico (cfr. 2 Re 5). In quale modo il narratore allude a tale sfondo? Quali sono gli elementi comuni e le differenze? Ges accreditato come un profeta?

Per rispondere a queste domande necessario approfondire lesegesi di questo testo.

Dobbiamo anzitutto notare che questo racconto interrompe una serie di discorsi di Ges con un miracolo di guarigione. Lultimo miracolo di Ges prima di questo in 14, 1 6, dopodich si tratta di una serie di insegnamenti fino a 17,11. Inoltre la notazione geografica di Luca sul cammino verso Gerusalemme contribuisce a creare uno stacco preciso da ci che precede e favorisce lidea di un nuovo inizio della narrazione. Si tratta della terza ed ultima sezione del viaggio di Ges verso Geursalemme che prosegue fino a 19, 27.

Il racconto di questo miracolo si conclude con laffermazione di Ges: alzati e va, la tua fede ti ha salvato (v. 19), perch dopo il samaritano ex lebbroso sparisce e ritornano in scena i farisei. interessante il paragone che viene a crearsi (syncrisis) tra la fede constatata da Ges a proposito del samaritano, che evidentemente ha saputo riconoscere in Ges la fonte del segno di guarigione appena manifestasi in lui, e la mancanza di fede mostrata dai farisei nei termini di una ricerca esteriore di segni. Il seguito dei discorsi di Ges porter avanti il tema della fede parlando della venuta del figlio delluomo (Ges) in rapporto ai segni (cfr. vv. 17, 22 37), della preghiera (18, 1 14), dellumilt di chi accoglie il Regno come un bambino, abbandonando le sue ricchezze per seguire Ges (18, 15 30).

Il cuore di questa sequenza narrativa che culmina con il terzo annuncio della passione e larrivo a Gerico ( 18, 31 34) dunque la fede in Ges come condizione dellingresso nel Regno dei cieli.

Il racconto del lebbroso samaritano contribuisce a introdurre questo tema di fondo, dal momento che il miracolo non che un passaggio, neanche brevemente descritto, per arrivare a sottolineare invece la salvezza ottenuta per mezzo della fede (v. 18). In effetti il culmine della trama non si ha con il miracolo, ma con la constatazione della fede del samaritano: qui infatti che la portata rivelativa del racconto si mostra in