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TURISMO & AMBIENTE Analisi, strategie, strumenti, norme per un “TURISMO SOSTENIBILE” Università degli studi di Messina Facoltà di Economia Corso di

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TURISMO & AMBIENTE

Analisi, strategie, strumenti, norme per un“TURISMO SOSTENIBILE”

Università degli studi di MessinaFacoltà di Economia

Corso di ECONOMIA E GESTIONE DEI SERVIZI TURISTICI

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Indice pag. 2Mappa concettuale della tesi pag. 4Premessa pag. 5Cap. 1 Economia dell’ambiente generalea) L’ambientalismo pag. 10b) Boulding “la nave spaziale” pag. 10c) Le due scuole di pensiero pag. 10d) Il principio precauzionale pag. 11e) Il fallimento del mercato pag. 11f) Il fallimento dell’intervento pubblico pag. 12g) L’ambiente e il fisco pag. 12h) L’imposta ecologica pag. 13i) Il principio precauzionale pag. 13j) Principi di politica ambientale pag. 14m) Conclusioni pag. 14Cap. 2 Analisi dei fattori ambientali sul territorio2.1 Effetti dell’inquinamento atmosferico sul benessere e sulla salute dell’uomoa) Storia pag. 15b) Esposizione pag. 15c) Studi epidemiolocici pag. 16d) Studi tossicologici pag. 172.2 Monitoraggio della qualità dell’aria attraverso bioindicatori: licheni, epitefiti e funghi pag. 18a) Bioindicazione della qualità dell’aria pag. 19b) I licheni come bioindicatori pag. 21c) Area di studio pag. 24d) Rilevamento licheni pag. 24e) Misura dell’indice di purezza atmosf. pag. 26f) Proposta d’impiego de funghi come

Bioindicatori della qualità dell’aria pag. 26g) Protocollo oper. Sporobolomyces pag. 282.3 I fattori inquinanti (emissioni)a) I maggiori inquinanti dell’aria pag. 30 b) Periodo di campionamento pag. 31c) Alcuni valori della normativa vigente pag. 332.4 L’inquinamento da rifiuti solidi urabani (RSU)a) L’aumento incontrollato dei rifiuti pag. 40b) La questione rifiuti pag. 41c) La produzione dei rifiuti pag. 432.5 L’azione di Legambientea) Le iniziative di Legambiente pag. 45b) Assenza d’investimenti pag. 46c) Le proposte di Legambiente pag. 48d) Obiettivi del decreto Ronchi pag. 512.6 Le modifiche al decreto Ronchi pag. 54a) Decreti tecnici approvati pag. 56b) Decreti tecnici non approvati pag. 57c) Situazione leggi regionali pag. 58d) Situazione piani gestione rifiuti pag. 592.6Gli accordi di programma sul territorio pag. 622.7 Il CDR pag. 652.8 Il documento di Legambientea) Premessa pag. 68b) Campania pag. 72c) Calabria pag. 76d) Puglia pag. 82e) Sicilia pag. 85

5.7 Valutazione d’impatto ambientale pag. 155

Pag. 2

Cap. 3 Economia del turismo3.1 Sistema turistico in generale pag. 91a) Il turismo proprio pag. 92b) Il turismo improprio pag. 92c) L’escursionismo pag. 923.2 Articolazione dell’offerta turistica pag. 933.3 Riforma della legislazione nazionale sul turismo pag. 943.4 Il sistema turismo e ambiente nelle sue interazioni con i sistemi reali, concettuali e astrattia) Il sistema turistico pag. 127b) le evoluzioni del turismo negli ultimi decenni pag. 1283.5 Dati tendenziali della domanda turistica

pag. 1293.6 Evoluzione della domanda turistica pag. 130a) la domanda turistica pag. 131b) turismo, mostro o fattore di sviluppo? pag. 132c) Lo sviluppo dell’economia turistica pag. 132d) L’effetto macroeconomico ed equilibratore pag. 133e) L’effetto moltiplicatore

pag. 134 f) Il turismo Friendly pag. 134Cap.4 Analisi della domanda e dell’offerta turistica4.1 Lo sviluppo del turismo mondialea) Il turismo nell’economia globale

pag. 135b) La posizione dominante

pag. 1354.2 Il turismo in Italia pag. 136a) L’industria turistica italiana pag. 136b) l’offerta turistica italiana pag. 137c) L’evoluzione del turismo in Italia

pag. 138d) le dinamiche della domanda turistica pag. 139e) La distribuzione della domanda turistica pag. 1404.3 Il trend dei flussi turistici in Italia pag. 1414.4 Le valutazioni dell’OMT pag. 142a) La distribuzione dell’offerta turistica pag. 144b) La stagionalità pag. 144Cap 5 Il sistema turistico e ambientale nelle interazioni con i sistemi reali negativi e positivi5.1 Il sistema turistico ed il sistema ambientalea) Evoluzione positiva ambiente turismo pag. 145b) Alcuni effetti del turismo pag. 146c) Le prime conflittualità pag. 146d) il mercato turistico libero e le diseconomie pag. 147e) Il limite allo sviluppo turistico pag. 148f) Il declino turistico pag. 1495.2 Localizzazione di un’impresa turistica pag. 150a) fattori di attrazione pag. 150b) fattori di esclusione pag. 150c) fattori che determinano la scelta pag. 1505.3 L’antropizzazione, l’ambiente ed il turismo a) Attività turistica e ambiente pag. 151b) L’espansione spontanea degli abitanti pag. 151c) i possibili rimedi pag. 1525.4 I rapporti tra l’agricoltura e il turismoa) Binomio positivo pag. 153b) Binomio negativo pag. 1535.5 I rapporti tra turismo, industria e artigianato a) I conflitti pag. 154

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5.8 Turismo ed ambiente Italiaa) Le esternalità negative e le diseconomiepag. 156b) Relazione tra turismo e ambiente pag. 158

c) I termini della pressione turistica e degli effetti ambientali in Italia pag. 159

d) La disponibilità idrica pro capite pag. 160e) Il divario nord sud positivo pag. 160f) la tutela del territorio pag. 161g) l’abusivismo edilizio pag. 161h) I mezzi di trasporto per il turismo pag. 162i) La depurazione delle acque reflue pag. 1625.8 Verso uno sviluppo equilibrato e sostenibilea) Limiti allo sviluppo pag. 163b) Concetto di sostenibilità turistica pag. 164c)Gli impegni internazionali e la carta

del turismo sostenibile pag. 164d) 1999 L’anno del turismo – l’agenda 21 pag. 165e) I codici di condotta e gli audit ambientali pag. 1665.9 La strategia dell’Unione Europea per

un turismo sostenibilea) Programma d’azione dell’UE pag. 166b) Le priorità pag. 167c) Le linee guida pag. 1685.10 Gli strumenti volontari di sostenibilità in Italia nel turismo per una politica di sviluppoa) La qualità ambientale e la certificazione

pag. 170b) Le certificazioni ambientali pag. 171c) La gestione ecocompatibile pag. 172d) Le regole pag. 173e) Verifica ambientale per i comuni pag. 173f) Il marchio di qualità pag. 1745.11 Jesolo per l’ambiente (caso pratico) pag. 1775.12 Gli accordi volontaria) Gli accordi volontari e agenda 21 locale

pag. 1815.13 La politica ambientale della catena Jolly Hotel pag. 1855.14 I consumi energetici nell’impresa turisticaa) indicatori di performance pag. 1875.15 La risorsa acqua nelle strutture ricettivea) Rinnovabilità della risorsa acqua pag. 193b) Il trattamento delle acque reflue pag. 1955.16 Risparmio energetico ed edilizia biologicaa) Il risparmio energetico e lo standard

dei servizi pag. 197b) la bioarchitettura pag. 1995.17 Energia e sviluppo sostenibile pag. 204a) esempi di consumi energetici nel

settore turistico pag. 205b) Opportunità pag. 210c) conclusioni pag. 2115.18 Gli strumenti di comunicazione ambientalea) L’impatto ambientale e le politiche

Aziendali pag. 212b) Scheda d’indagine statistica per

l’orientamento al turismo sostenibile pag. 2135.19 L’Italia e l’agenda 21 localea) Il quadro generale italiano pag. 2155.20 La comunità Europea, il Turismo e l’ambientea) la politica comunitaria

pag. 216

Pag. 3

5.21 Le deduzioni di legambiente per un turismo sostenibile e durevole pag. 217a) turismo e vacanza pag. 218b) L’industria del turismo oggi ed in prospettiva pag. 219c) Il turismo insostenibile pag. 220d) Strategie per un turismo sostenibile pag. 221e) codici etici di comportamento pag. 223f) Carta d’identità per i viaggi sostenibili pag. 223g) Codice globale di etica per il turismo pag. 224h) Un settore turismo – Legambiente pag. 225i) Un’esperienza già in corso: gli alberghi ecologici pag. 2265.22 Quale futuro per lo sviluppo sostenibile ?a) il Vertice di Johannesburg pag. 227Elenco allegati pag. 229Bibliografia pag. 230

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Mappa concettuale dell’elaboratoMappa concettuale dell’elaborato

Pag. 4

P R E M E S S AP R E M E S S A

ECONOMIA DELL’AMBIENTE

Cap 1

ECONOMIA DEL TURISMO

Cap 3

ANALISI

FATTORI

AMBIENTALI

PRESENTI

SUL

TERRITORIO

Cap2

ANALISI

DELLA

DOMANDA

E DELLA

OFFERTA

TURISTICA

Cap. 4

IL SISTEMA

TURISMO E

AMBIENTALE

NELLE

INTERAZIONI

CON I

SISTEMI

REALI,

NEGATIVI

E

POSITIVI

Cap.5

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PremessaL’Economia dell’ambiente è una scienza giovane legata alla complessità

dell’evoluzione storica, sociale, economica e culturale dell’ultimo secolo.

Non poche sono le difficoltà, che gli economisti hanno incontrato,

nell’analizzare i fenomeni economici-ambientali; dal punto di vista sociale

prevale il grande valore etico della difesa dell’ambiente, nel mentre il

contesto economico-produttivo, meno nobile ma altrettanto importante, fa

prevalere il rapporto costi benefici, legati anche all’uso dell’ambiente, che

si misura costantemente con il maggiore o minore benessere complessivo

della collettività.

I problemi maggiori sono rappresentati: - dall’analisi costo-benefici

dell’uso dell’ambiente, - dalla difficoltà dell’imputazione dei costi,

dall’attribuzione di un valore, certo o di mercato, all’ambiente, - dalla

difficoltà delle imprese di sostenere il totale del costo senza pregiudicare la

vita dell’impresa, - dal livello soggettivo di valutare il costo ed il beneficio

marginale, ecc...

Nell’economia tradizionale le aziende mirano a massimizzare i profitti,

considerando un “Beneficio Privato Marginale Netto (BPMN)” imputando

al prodotto il costo privato ed escludendo il costo sociale (ambientale); in

definitiva l’Ambiente, che pure ha una capacità d’assorbimento degli

“scarti o rifiuti” limitata nel tempo e nello spazio, come “bene limitato”

dovrebbe avere un costo ed un prezzo; in effetti, è considerato un bene

comune dove ognuno gode dei benefici e nessuno sopporta i costi

(“tragedia del bene comune” Hotelling), o meglio, in molti casi, si tende a

godere dei benefici presenti, demandando, la sopportazione dei costi, alle

generazioni future (sviluppo insostenibile). Di contro, già dal 1920,

l’economista Pigou enunciava “il principio del chi inquina paga PIP” ma

solo negli ultimi anni le direttive europee, e gli Stati facenti parte, hanno

mandato segnali in questa direzione.

Pag. 5

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Secondo quanto riportato nel documento dal titolo "Progettiamo il futuro"

di Educazione Ambientale (supplemento a "Legambiente notizie), il

concetto di sviluppo sostenibile sintetizza un problema di grande

complessità. Le riflessioni intorno a questo nodo sono scaturite dalla

consapevolezza, emersa nel corso degli anni settanta, di una "sostanziale

contraddizione tra la crescita continua del prodotto lordo materiale dei

diversi paesi e la limitatezza delle risorse, nonché della capacità

dell'ambiente di assorbire i rifiuti e le emissioni inquinanti" (Bresso M.,

1995). In sede internazionale la prima sistematizzazione della materia risale

al rapporto redatto dall'UNEP nel 1987, conosciuto come "Rapporto

Brundtland" dal nome della sua coordinatrice (pubblicato in Italia con il

titolo "Il futuro di noi tutti"),

dove si afferma che per sviluppo sostenibile

si debba intendere quello sviluppo capace di

"assicurare il soddisfacimento dei bisogni

della generazione presente senza

compromettere la possibilità delle future

generazioni di soddisfare i propri bisogni”.

Il concetto di sviluppo sostenibile implica dei limiti, non limiti assoluti ma

quelli imposti dal presente stato dell'organizzazione tecnologica e sociale

nell'uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera di assorbire

gli effetti delle attività umane". Tale concetto presuppone la conservazione

dell'equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale, la ridefinizione

dei criteri e strumenti di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo

periodo in modo da rispecchiare le conseguenze ed il valore socio-

economico reale dei consumi e della conservazione del patrimonio naturale,

ed una distribuzione ed uso equi delle risorse tra tutti i paesi e le regioni del

mondo. A tale proposito la relazione Brundtland rileva che i paesi

sviluppati, che rappresentano solo il 26% della popolazione del pianeta,

sono responsabili dell'80% del totale dei consumi energetici, di acciaio, di

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CONCETTO DI

“SVILUPPO SOSTENIBILE”

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altri metalli e di carta e di circa il 40% dei consumi alimentari.

Successivamente le definizioni di sviluppo sostenibile si sono moltiplicate:

nel 1991 se ne registravano ben 25. Un tentativo riportato da Andriola

nell'articolo "Il Nuovo Piano nazionale di Sviluppo Sostenibile" pubblicato

sul IX Rapporto sul Turismo Italiano di ridurre l'ambiguità che circonda

l'espressione di sviluppo sostenibile si è concretizzato attraverso

l'indicazione di principi e norme che definiscono la sostenibilità per

l'industria turistica. 1 concetti fondamentali della sostenibilità e

dell'impegno ambientale sono espressi già da alcuni anni in molti

documenti che delineano in maniera generale come il turismo possa essere

pianificato e svolto in modo tale da salvaguardare il patrimonio e le risorse

naturali per le generazioni future, come ad esempio: la Carta Etica dei

Turismo e dell'Ambiente approvata dall'AITR (Alliance Internationale de

Tourisme) presentata a Rio nel 1992, la Carta del Turismo Sostenibile

(Conferenza di Lanzarote, 1995), i documenti LTNEP di Manila e di Calvià

(1996), la Dichiarazione "Turismo durevole e sviluppo sostenibile" di

Berlino del 1997, ed infine l'Agenda 21, un ampio ed articolato

"Programma di Azione" per la Comunità internazionale, l'ONU, i Governi,

le ONG, redatto dalla Commissione Sviluppo Sostenibile delle Nazioni

Unite durante la conferenza di Rio (1999). A livello nazionale, vale la pena

di ricordare il documento "Turismo responsabile: Carta d'Identità per viaggi

sostenibili (AITR, Verona 1997), e La Carta di Rimini presentata alla

Conferenza Internazionale per il Turismo Sostenibile del 2001.

Il fenomeno turistico, per le sue peculiarità quantitative e qualitative, ha

bisogno di un approccio che si presenta complesso e non privo di difficoltà

sostanziali, le quali mettono in dubbio addirittura la sua stessa esistenza

come settore a se stante, problema recentemente affrontato anche dalla

legge n. 135 del 29.3.2001, poiché la pluralità e l’eterogeneità dei prodotti

turistici che lo compongono, prodotti che appartengono anche ad altri

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settori non turistici, rendono lo studio impegnativo e attento nell’analisi dei

fattori che lo determinano.

Rimane chiaro che un trattamento approfondito è necessario per essere

esaustivo, l’obiettivo che mi prefiggerò sarà di evidenziare il più possibile

spunti di riflessione su questo fenomeno tanto interessante quanto

affascinante, tanto complesso quanto utile allo sviluppo dei popoli,

soprattutto quelli in ritardo di sviluppo economico e sociale.

Il binomio turismo-ambiente sarà trattato, non solo nelle interrelazioni e

interdipendenze che lo caratterizzano, ma anche perché i consumatori

turistici sono per lo più consumatori di ambiente, il quale, in genere, è un

consumo sostenibile valorizzante dei beni ambientali; anche se spesso si è

rivelato il contrario, quando una politica di sviluppo non è stata

programmata o la programmazione non ha tenuto conto di tutte le variabili

endogene ed esogene di carattere economico, sociale ed ambientale.

L’impostazione della tesi è su una ricerca sull’economia dell’ambiente in

generale, degli effetti dell’inquinamento e degrado dell’ambiente

sull’economia, e quindi anche sul turismo, in particolare, attraverso

un’analisi degli strumenti di rilevazione, semplici e complessi, con esempi

pratici ed attuali di rilevazione; per passare ad una esposizione analitica

dell’economia del turismo con le sue interazioni con l’ambiente, reali,

concettuali, astratte.

Le ricerche sono arricchite da dati statistici attuali che sostanziano e

confortano le affermazioni.

Nell’analisi delle problematiche legate all’ambiente e trasversalmente al

turismo, particolare attenzione è data alla “questione rifiuti”, in

considerazione anche del fatto che le regioni in emergenza risultano proprio

quelle nel meridione che necessitano maggiormente di un ambiente

spendibile nel settore turismo.

Pag. 8

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Infine, grande spazio è dedicato alla sostenibilità dell’economia turistica, in

tutti i suoi aspetti e contraddizioni, anche attraverso l’esposizione di tutta

una serie di norme, iniziative e documenti.

Particolare ringraziamento, per la mole di materiale di ricerca raccolto, va

fatto alla Legambiente, da sempre impegnata per un turismo sostenibile,

della quale il sottoscritto è esponente attivista da un decennio, ed al gruppo

di scuole, operanti nella Regione Calabria, nel progetto in rete

“Helianthus”, del quale il sottoscritto è un referente.

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Cap. 1

Le origini dell’Economia dell’Ambiente risalgono

agli anni sessanta attraverso una prima diffusione

di intuizioni politiche riunite sotto il nome di

ambientalismo nei paesi maggiormente sviluppati

o industrializzati.

Interessante, per avere una comprensione ed una visione complessiva della

problematica ambientale, è la tesi di Boulding (concetto della nave spaziale).

Boulding puntualizza l’importanza del “bilanciamento dei

materiali”, dove la terra va vista appunto come una nave

spaziale, quindi con dei limiti abbastanza circoscritti a:

- capacità assimilative dei rifiuti

- stock di risorse

costruendo così le basi per un passaggio da un’economia chiusa ad un’economia

aperta o estesa.

c) Le due scuole di pensiero:

1. TECNOCENTRICO: filosofia del libero mercato,

senza vincoli, con la convinzione che le tecnologie

rappresentano la migliore soluzione, tanto per la

produzione, che per la soluzione del problema ambientale;

2. ECOCENTRICO: salvaguardia delle risorse

finalizzato al non intaccamento del “capitale critico”.

Naturalmente vi sono le posizioni intermedie, ma appare

ovviamente chiaro che il problema va affrontato anche dal

punto di vista etico, e non solo economico;

il valore intrinseco dell’ambiente, il criterio della equità intragenerazionale ed

intergenerazionale per la quale va riconosciuto il diritto ad ereditare uno stock di

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a)

L’AMBIENTALISMO

b)BOULDING

LA NAVE SPAZIALE

TESI

ANTITESI

SINTESI

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capitale naturale critico sufficiente ai bisogni delle generazioni future, il quale

rappresenta indiscutibilmente un dovere per le generazioni attuali.

A prescindere dal livello di sostenibilità ritenuto più o meno opportuno, va tenuta

in stretta considerazione la possibile irreversibilità

della ricostituzione del capitale naturale critico e

quindi deve valere il PRINCIPIO PRECAUZIONALE

al fine di assicurare il LIVELLO MINIMO DI

SICUREZZA.

Molti economisti sono convinti degli effetti equilibratori di un mercato libero senza

vincoli, ma se ciò può essere accettabile per alcuni casi, non lo è altrettanto quando

parliamo di ambiente,

che, come ho già citato non viene considerato un costo per

le imprese, le quali tendono a massimizzare i profitti

(beneficio privato marginale netto BPMN) raggiungendo un

equilibrio di mercato domanda-offerta-prezzo, sfruttando

senza limiti la risorsa ambiente, e senza considerare i costi

sociali (costo esterno marginale CEM) che ne derivano.

Mentre se tali costi fossero imputati alle imprese farebbero alzare il prezzo, con la

consequenziale diminuzione della domanda ed una riduzione della produzione a

livelli di miglior equilibrio a favore dell’ambiente.

0 Q a Qs Qm

Abbiamo visto come la mancanza di incentivi, per le singole aziende,

rappresenta un fallimento di un mercato, incapace di limitare il danno

ambientale e quindi la diminuzione di benessere della collettività.

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d)PRINCIPIO

PRECAUZIONALE

e)

IL FALLIMENTO

DEL MERCATO

BPMN CEM

COSTO

Quantità

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Tuttavia pur se un intervento pubblico risulta

indispensabile per regolare il mercato, quando

quest’ultimo è consumatore di ambiente, non

sempre tale intervento risulta idoneo o nella giusta

direzione per la soluzione del problema; anzi in

alcuni casi è proprio l’intervento pubblico la causa

del problema.

Ciò risulta da politiche d’incentivazione d’infrastrutture turistiche e non, in aiuto

di economie in ritardo, senza una programmazione sostenibile degli interventi.

Un intervento pubblico con l’istituzione di imposte sull’ambiente è e può essere

un intervento valido e possibile in diversi modi, analizziamone alcuni:

Intervento diretto sul prezzo e sui costi:

mediante prelievo con imposte sui prodotti (tasse

di produzione), oppure sui processi che generano

la produzione (tassa di emissione);

Intervento indiretto sui prezzi e sui costi: con

incentivi creditizi e fiscali;

Con la commercializzazione dei diritti di emissione:

(permessi negoziabili) stabilita una quantità massima di inquinamento

possibile, vengono distribuite quote di permesso d’inquinamento, i quali

sono negoziabili secondo una serie di norme al fine di non creare devianze

sul mercato;

Obbligazioni di assicurazioni legate al risultato:

richiedono un versamento di un deposito di garanzia affinché le attività

svolte dall’impresa, al controllo risultino accettabili dal punto di vista

ambientale, in caso contrario i costi di bonifica vengono finanziati dal fondo

di deposito;

Lo sforzo dei governi è nella direzione di individuare imposte ecologiche, ed

hanno come obiettivo, non tanto quello di procurare introiti ma quello di

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f)IL FALLIMENTO

DELL’INTERVENTO

PUBBLICO

g)INTERVENTI

FISCALI E NON, PER L’USO

DELL’AMBIENT

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scoraggiare l’inquinamento, comunque basate sulla stima del danno provocato

(imposta Pigouviana), in applicazione al PIP “principio del chi inquina paga”

(Pigou 1920).

Pigou mette in evidenza come un’imposta (o multa)

troppo bassa induce l’impresa a produrre un

quantitativo maggiore del limite stabilito, quindi

maggiore inquinamento, in quanto una maggiore

produzione copre i costi dell’imposta o multa e tende

a massimizzare dei profitti.

In ogni caso la maggiore difficoltà incontrata è quasi sempre la fissazione degli

standard ambientali alle quali fare riferimento per l’applicazione degli

interventi su indicati, che diano come risultato standard minimi di sicurezza.

Tali incertezze inducono i governi ad adottare

misure in riferimento al principio precauzionale,

in presenza delle seguenti situazioni:

Prova scientifica incompleta al fine di essere

approssimativamente nel giusto ma in tempo utile, piuttosto che esattamente

nel giusto ma troppo tardi;

Quando il danno all’ecosistema rischia di provocare

la perdita di funzioni e servizi di grande valore, cioè a sistemi di sostegno

alla vita.

L’onere di dimostrare il grado di tutela ed il

principio del “chi inquina paga” affinché gli oneri non cadano sulle vittime

potenziali.

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h)

L’IMPOSTA ECOLOGICAE LA TEORIA

DI PIGOU

i)PRINCIPIO

PRECAUZIONAL

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Una politica ambientale credibile, oltre che al principio pigouviano del chi

inquina paga deve far propria tutta una serie di principi qui di seguito descritti:

PPP principio di prevenzione e precauzione che

riconosce l’esistenza dell’incertezza e quindi

prevede un margine di sicurezza (SMS standard

minimi di sicurezza);

PEC principio di efficienza economica/efficienza

dei costi attraverso una definizione di strumenti politici per raggiungerla;

PS principio di sussidiarietà : le decisioni

ambientali, a livello amministrativo, devono essere prese più in basso

possibile;

PEL principio dell’efficienza legale attraverso

norme di facile applicazione.

Dallo studio effettuato si sono evidenziati tutta una serie di strumenti ed

interventi per la riduzione dell’inquinamento che a prescindere dal pensiero

ecocentrico o tecnocentrico, deve essere considerato il costo sociale sopportato

dalla collettività mondiale e la messa in atto di tutte le forme di riduzioni di

inquinamento possibili:

Con tecnologie di riduzione alla fonte (a bassa

percentuale di scarto);

Con tecnologie di fine processo (oggi più in

uso, ma non molto efficienti)

La produzione e i consumi, nella quantità e nella qualità, vanno portati a livelli

sostenibili ed il Principio precauzionale deve essere una costante e non una

variabile, ogni attività che va in questa direzione va incentivata con tutti gli

strumenti e mezzi possibili.

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l)PRINCIPI DI POLITICA

AMBIENTALE

m)CONCLUSIONI

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Cap. 2ANALISI FATTORI AMBIENTALI PRESENTI SUL TERRITORIO

2.1 EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO SUL

BENESSERE E SULLA SALUTE DELL’UOMO1

a) Storia

L’inquinamento dell’aria è un fenomeno antico quanto la storia dei combustibili.

La prima citazione risale al 361 a.C. da parte di Teofrasto. Ma la prima pena

documentata inflitta per la violazione di una legge contro l’inquinamento

atmosferico risale al 1306. A causa, infatti, della crescente preoccupazione della

popolazione, fu firmato in quell’anno un editto reale che proibiva l’uso del

carbone a Londra. Il proprietario di un’industria disobbedì a questo editto e fu

processato e condannato a morte per decapitazione. Da allora furono fatti

periodicamente dei tentativi per proibire l’uso del carbone a Londra, ma, tutto

sommato, la gente si rassegnò all’idea che l’aria inquinata fosse una componente

"normale" della vita urbana.Studi più approfonditi sugli effetti

dell’inquinamento dell’aria sulla salute umana sono stati fatti a partire dalla

prima metà di questo secolo in seguito ad incrementi della mortalità e delle

malattie respiratorie e cardio-circolatorie, conseguenti all’esposizione della

popolazione ad elevati livelli di inquinanti dell’aria.

b) Esposizione

L’esposizione si inserisce in un "continuum" di eventi: la diffusione e le

trasformazioni degli inquinanti, il loro accumulo nell’ambiente, l’esposizione, la

dose interna, la dose biologicamente efficace, i primi segnali di alterazione

biologica, l’effetto sanitario.Il tempo di esposizione e’ un parametro

estremamente importante nel determinare l’effetto, che può essere acuto o

cronico.

Note: 1 progetto Helianthus - M.I.U.R. Dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione per le relazioni

internazionali

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Gli effetti acuti sono spesso reversibili e risultano di meno immediata percezione

di uno stato conclamato di malattia: alterazioni dei parametri fisiologici,

alterazioni cellulari, alterazioni enzimatiche e genetiche. Altri invece sono dei

veri e propri effetti sanitari a carico di organi specifici (apparato respiratorio,

cardiovascolare, riproduttivo, nervoso).

Gli effetti cronici sono la bronchite cronica, l’enfisema, l’asma bronchiale, le

patologie cardiovascolari. Il cancro e’ una patologia correlata a fattori genetici e

al fumo di sigaretta oltre che all’inquinamento atmosferico, per questo gli autori

sono ancora in disaccordo nell’individuare decisamente una correlazione tra il

cancro polmonare e i livelli di inquinamento atmosferico. L’esposizione può

avvenire per inalazione o per ingestione dei composti tossici che, per

deposizione al suolo e assorbimento da parte delle piante e degli animali,

penetrano nella catena alimentare, della quale l’uomo si trova nella parte

terminale. La popolazione reagisce secondo una distribuzione gaussiana nei

riguardi degli inquinanti dell’aria. Per un certo livello di esposizione, si

osservano quindi delle sottopopolazioni a rischio maggiore, in quanto più

sensibili per una serie di fattori diversi quali le caratteristiche genetiche, l’età, lo

stato di gravidanza, malattie preesistenti, lo stile di vita, il livello di attività fisica

e lo stato nutrizionale; in altre non si osserva alcun effetto indesiderato, quindi a

rischio nullo, e, nel mezzo di questi due insiemi, si trovano sottopopolazioni che

manifestano tutte le varie gradazioni dell’effetto in questione.

c) Studi epidemiologici

1) Inquinamento atmosferico di tipo riducente: brusco e notevole incremento

della morbosità e mortalità per affezioni dell’apparato respiratorio e circolatorio,

soprattutto nei soggetti di età avanzata, dovuto alle esposizioni acute a livelli

insolitamente elevati d’inquinamento in occasione di avverse condizioni

meteorologiche durante le inversioni termiche della durata di parecchi giorni che

hanno impedito la dispersione degli inquinanti con aumento, in particolare, delle

concentrazioni della polvere sospesa e degli ossidi di zolfo.

Numerosi studi a Londra, Milano, Canada e Stati Uniti hanno dimostrato una

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correlazione fra bronchite cronica, enfisema ed entità dell’inquinamento, con un

aumento della mortalità e con l’aggravarsi della sintomatologia per pazienti di

età media o avanzata.Concentrazione media giornaliera di SO maggiore di 0,16

ppm e di polvere sospesa maggiore di 0,5 mg/m3 : aumento di mortalità nella

popolazione .Concentrazione media annuale di SO maggiore di 0,03 ppm e di

polvere sospesa di 0,1 mg/m3 : aumento della mortalità per bronchite cronica ed

enfisema e nei bambini un aumento delle affezioni a carico dell’apparato

respiratorio.

2) Inquinamento atmosferico di tipo ossidante: irritazione oculare e crisi

d’asma.Ad elevate concentrazioni di NO2 (maggiore di 0,1ppm) si e’ osservata

una maggiore frequenza di malattie acute dell’apparato respiratorio.

d) Studi tossicologici

1) Ossido di carbonio: compete con l’ossigeno nei confronti dell’emoglobina e

riduce la dissociabilità dell’ossiemoglobina.

Concentrazioni di carbossiemoglobina ematica superiori al 5% interferiscono

con certe funzioni integrative del sistema nervoso centrale e aumentano il

numero di errori in varie prove psicomotorie.

2) Piombo: i livelli di piombo trovati nelle urine e nel sangue degli abitanti delle

città sono notevolmente inferiori a quelli associati con il classico avvelenamento

da piombo, ciò può significare che il piombo viene preferibilmente ingerito con

il cibo o l’assunzione di acqua inquinata. I livelli di piombo inalati sono

piuttosto bassi. Ciò nonostante recenti indagini fanno ritenere che tali

concentrazioni possano ridurre la eritropoiesi. In conclusione si accenna

velocemente agli effetti sulle piante: SO e NO2 determinano un effetto acuto

caratterizzato da necrosi fogliare di colore avorio o bruno-rossastro, a seconda

delle specie, che compare tipicamente tra le nervature e ne riduce la crescita.

2.2 Monitoraggio della qualità dell’aria attraverso

bioindicatori: licheni epifiti e funghi

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L'inquinamento dell'aria è definito, correntemente, in termini di concentrazioni

atmosferiche di sostanze che possono determinare alterazioni all'ambiente ed

influire negativamente sulla salute degli esseri viventi.

Per alcune di queste sostanze sono stabiliti per legge livelli soglia, utilizzando

criteri che variano da paese a paese e normalmente il criterio più utilizzato è il

danno alla salute umana.

La quantificazione dei livelli di inquinamento si basa di solito sul numero di

sostanze inquinanti che in una data area superano i livelli soglia stabiliti per

legge.

Gli elevati costi delle centraline di rilevamento necessarie per effettuare il

monitoraggio diretto costituiscono, tuttavia, un limite importantissimo al numero

di misure effettuabili, e per questo motivo i dati delle reti di rilevamento

strumentale spesso hanno uno scarso significato statistico, nonostante la

precisione di ogni singola misura.

Infine bisogna ricordare che ci sono anche altri fattori, oltre alla "quantità"

d'inquinante, che giocano un ruolo fondamentale nel fenomeno polluttivo e che

non sono rilevabili dalle centraline, come i tempi di persistenza in atmosfera,

fenomeni di accumulo e di rimozione, la geomorfologia del territorio, le

componenti meteorologiche.

La qualità dell'aria è quindi ben definita nell'area di dislocazione della centralina,

che fornisce dati significativi per quel determinato periodo di campionamento;

poche informazioni sono invece disponibili sui fenomeni cronici d'inquinamento

e per ampie zone di territorio. Non si possono inoltre evidenziare gli effetti che i

gas hanno sulla salute dell'uomo e degli altri esseri viventi. Per tutti questi

motivi diventa indispensabile dotarsi di metodi di ricerca integrativi, quali le

tecniche di biomonitoraggio, che forniscano ulteriori indicazioni, utilizzando

specifici organismi viventi come gli indicatori biologici, o bioindicatori.

I licheni epifiti si sono dimostrati particolarmente adatti al ruolo di bioindicatori

e vengono utilizzati anche nel presente studio, per valutare la qualità dell’aria

con il sistema di rilevamento delle centraline.

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L'acquisizione di conoscenze ambientali integrate permette di avere un quadro

generale della situazione del territorio consentendo di sviluppare strategie di

sviluppo economico con un impatto ambientale prevedibile e compatibile con la

realtà territoriale. La presente ricerca ha lo scopo di fornire uno strumento

idoneo al perseguimento di queste finalità.

a) Bioindicazione della qualità dell’aria

La legislazione italiana nel D.P.R. n.322 del 15/4/71 definisce l'inquinamento

come "stato dell'aria atmosferica conseguente all'immissione nella stessa di

sostanze di qualsiasi natura, in misura e condizioni tali da alterare la salubrità

dell'aria e da costituire pregiudizio diretto o indiretto per la salute dei cittadini e

danno ai beni pubblici e privati". L'alterazione della salubrità è strettamente

legata alla conoscenza della composizione dell'aria pura o presunta tale, ed è

generalmente presa a riferimento la composizione dell'aria secca campionata

presso il mare (Howard e Hesket, 1972).

La normale composizione dell'aria può essere alterata da fenomeni naturali di

una certa rilevanza, come attività vulcaniche e geotermiche, incendi boschivi od

anche il metabolismo e la decomposizione vegetale ed animale (Grossman,

1972). A queste situazioni naturali si devono aggiungere le alterazioni create da

fonti antropiche. L'inquinamento da parte di sorgenti fisse è dovuto agli

insediamenti civili e produttivi (centrali termoelettriche, centrali termiche civili

e commerciali, raffinerie, impianti di riscaldamento, emissioni industriali, ecc.) e

spesso si concentra in aree ristrette, in cui talvolta, anche a causa di barriere

morfologiche o di origine antropica, si assiste a fenomeni d'accumulo favoriti da

particolari condizioni meteorologiche. Le sorgenti mobili di sostanze nocive

sono invece costituite dagli scarichi di automobili, autocarri, autobus, aerei, navi,

treni, che trasformano reti viarie e rotte in fonti lineari d'inquinamento.

II monitoraggio dell'inquinamento mediante l'uso di organismi viventi prende il

nome di biomonitoraggio e si basa sulle variazioni ecologiche indotte

dall'inquinamento sull'ambiente.

Tali variazioni si manifestano in modo più o meno evidente a tre diversi livelli:

- accumulo delle sostanze inquinanti negli organismi;

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- modificazioni morfologiche o strutturali degli organismi;

- modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali.

Di conseguenza un organismo può essere considerato un buon bioindicatore se

presenta reazioni identificabili a differenti concentrazioni di determinati

inquinanti.

Un buon bioindicatore dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

- sensibilità nota a determinati inquinanti;

- ampia distribuzione nell'area di indagine;

- scarsa mobilità;

- lungo ciclo vitale;

- uniformità genetica.

Un bioindicatore diventa ottimale quando è in grado di fornire una relazione

quantitativa, cioè misurabile, tra risposta biologica e concentrazioni di

inquinante. Un'informazione migliore della misura delle modificazioni

ambientali si può ottenere se, nell'ambito della stessa ricerca, sono studiati più

organismi bioindicatori, ciascuno con differenti soglie di sensibilità.

L'index of atmosferic purity (I.A.P.), proposto da De Sloover (1964), fornisce

una valutazione quantitativa del livello di inquinamento atmosferico basandosi

sul numero, la frequenza e la tolleranza delle specie licheniche presenti nell'area

considerata. Sono state studiate molte varianti di questa formula, le quali davano

un'importanza diversa alle variabili considerate. Sottoponendo a test di

regressione multipla lineare i dati diretti, ottenuti da centraline automatiche, e i

dati I .A. P. corrispondenti, è emerso che la formula I.A.P., che ha presentato la

correlazione massima con i dati diretti di inquinamento, è una delle formule più

semplici. Questa si limita a sommare semplicemente le frequenze di tutte le

specie presenti entro un reticolo di rilevamento composto di 10 unità. Questo

metodo permette di predire i tassi di inquinamento da determinate sostanze con

una certezza pari al 98% e risulta quindi molto interessante per l'alta

produttività, per la relativa facilità di esecuzione, per la bassa soggettività e l'alta

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riproducibilità dei dati.

Oltre ai licheni vi sono altri esempi già collaudati di organismi bioindicatori,

come i protozoi ciliati, per la valutazione dell'efficienza depurativa negli

impianti di depurazione (Chierici e Madoni, 1991 ); le api, il cui censimento

permette una correlazione con il grado di tossicità dei pesticidi (Celli e Porrini,

1991 ) e tra i vegetali la Nicotiana tabacum, che è un buon indicatore per l'ozono

(Lorenzini et al., 1988).

b) I licheni come bioindicatori

Nei licheni, le ife fungine e le alghe inferiori formano un'associazione che

costituisce un'unità morfologica e fisiologica. Le alghe che entrano a fare parte

dei licheni sono unicellulari o filamentose ed appartenenti alle classi delle

Cyanophyceae (per es. Chroococcus, Gloeocapsa, Scytonema, Nostoc) o delle

Chlorophyceae (per es. Coccomyxa, Cystococcus, Trebouxya, Chlorella). I

funghi delle simbiosi licheniche sono quasi tutti Ascomiceti (Helotiales o più

raramente Sphaeriales); in pochissimi casi si tratta di Basidiomiceti. Dal punto di

vista morfologico la forma dei licheni dipende in alcuni casi dalla struttura

dell'alga, ma per lo più da quella del fungo.

I licheni, in particolare gli epifiti, sono organismi molto sensibili alle variazioni

delle condizioni ambientali e per questo motivo possono fornire informazioni

utili sulla qualità dell'ambiente.

II decremento del tasso di umidità atmosferica, correlabile anche all'attingimento

intensivo delle acque sotterranee ed ai fenomeni di deforestazione, ha provocato

la diminuzione o la scomparsa di alcune specie licheniche in Europa. Ancora più

decisivo è stato l'aumento del fenomeno relativo all'inquinamento atmosferico,

in particolare quello a carico dell'anidride solforosa. Questa sostanza riduce

l'attività fotosintetica dell'alga, portandola a morte e determinando la

conseguente morte del lichene.

I primi studi sulla sensibilità dei licheni sono stati effettuati verso la metà del

secolo scorso in Gran Bretagna ed a Parigi (Nylander, 1 866), ma non si sono

successivamente sviluppati fino a quando, ai giorni nostri, le ricerche

sull'inquinamento atmosferico non hanno fornito dati diretti; solo a questo punto

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è stato possibile ipotizzare le correlazioni tra inquinamento e licheni.

Le peculiarità che fanno assurgere il lichene al ruolo di buon indicatore sono:

alta capacità di assorbimento di sostanze atmosferiche, dovuta alla caratteristica

di operare gli scambi gassosi giorno e notte, con tutta la superficie del suo

organismo. Si ha così un processo di continuo accumulo dei contaminanti

persistenti in atmosfera;

resistenza allo stress idrico e termico. La resistenza a basse temperature consente

il protrarsi dell'attività metabolica anche in inverno, allorquando I'inquinamento

raggiunge, di solito, valori più importanti. In condizioni di bassi livelli di

umidità atmosferica i licheni diminuiscono la loro attività metabolica

aumentando la resistenza agli inquinanti;

impossibilità di potersi liberare delle porzioni vecchie o intossicate del tallo

lichenico, come invece avviene nelle piante superiori;

sensibilità diversa agli inquinanti. Le varie specie rispondono in maniera diversa

ai vari inquinanti: si cita ad esempio la scomparsa dalla Gran Bretagna e dalla

Scandinavia di Lobaria pulmonaria in conseguenza delle precipitazioni acide. A

tale proposito l'utilizzo dei licheni quali bioindicatori ha trovato applicazione su

vastissime aree già nel 1970 in Gran Bretagna, quando fu eseguita la mappa della

qualità dell'aria per l'intera isola (Hawksworth e Rose, 1970).

Gli adeguamenti morfologici, strutturali e fisiologici del lichene nei confronti

delle alterazioni ambientali sono di vario tipo e gradualità in funzione del

presunto inquinante.

L'anidride solforosa (S02) è il principale inquinante che interessa i licheni su

larga scala, in quanto ne danneggia la clorofilla. Alcuni autori sostengono che

l'aumento della tossicità dell'SO2 a valori di pH compresi tra 3,2 e 4,4

(determinati per esempio dalle piogge acide) è associato con la distruzione della

clorofilla a causa di un processo irreversibile di ossidazione (Richardson e

Puckett, 1973). La stessa risposta si ha per effetto dei metalli: è il caso del

piombo per i licheni raccolti nelle vicinanze di reti viarie, in particolare in

Parmelia caperata (Dervelle e Petit, 1983). Si è dimostrata, infatti, un’alterazione

della permeabilità della membrana in licheni contaminati da piombo,

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sottolineando l'effetto sinergico di tale metallo con lo zinco, l'ozono, l'S02. Le

particelle dei metalli pesanti sono immobilizzate nel partner fungino e non

contaminano il simbionte algale, se non quando la concentrazione degli elementi

diventa molto alta; perciò la diminuzione dell'attività fotosintetica segnala un

livello di contaminazione molto elevato (Nieboer e al., 1979).Attualmente sono

disponibili delle "scale di tolleranza" delle specie licheniche nei confronti della

concentrazione media atmosferica di anidride solforosa, che permettono di

stimare il grado di inquinamento a partire dalla composizione della flora

lichenica.

Fenomeni di scolorimento del lichene e distacco dalla superficie della corteccia

denotano cattive condizioni del lichene. Queste sono situazioni che si ritrovano

nelle vicinanze delle fonti inquinanti. Un'altra risposta alle alterazioni ambientali

è data dalla riduzione di fertilità delI'organismo.

Vari autori hanno infatti dimostrato che la fertilità dei licheni diminuisce in

funzione del tempo di esposizione e della vicinanza alla fonte inquinante. Tale

diminuzione si esplica nella riduzione della larghezza degli apoteci e nella loro

rarefazione.

I mutamenti più importanti ai fini della valutazione effettiva della qualità

dell'aria, che hanno un riscontro facilmente visibile nell'analisi di campo, sono

quelli relativi alla riduzione del numero di specie licheniche nel tempo e nello

spazio e alle alterazioni delle comunità licheniche stesse. Coppins e Lambley

(1974), studiando la vegetazione lichenica del Suffolk, una contea inglese,

notarono che nel 1972 erano rimaste soltanto 67 delle129 specie segnalate nel

1912. Lavori simili sono stati condotti da altri autori in varie città ed hanno

confermato che il numero di specie diminuisce con I'incremento

dell'inquinamento e si assiste viceversa, nel tempo, ad eventuali recuperi nella

densità di licheni, laddove le condizioni di inquinamento atmosferico migliorino.

I licheni presentano quindi tutte le caratteristiche dí un buon bioindicatore,

poiché rispondono con variazioni identificabili del proprio stato a determinati

livelli di sostanze inquinanti.

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c) Area di studio e indicazione delle stazioni di rilevamento per la

bioindicazione

L’area interessata dalla ricerca deve comprendere un territorio di una certa

estensione.

Le stazioni devono essere individuate in modo da coprire adeguatamente l’intero

territorio, ad eccezione di zone in cui non sono presenti le specie arboree idonee

per i rilevamenti. Una rete di campionamento più fitta deve essere adottata in

prossimità delle più importanti fonti di inquinamento.

AI termine della fase di rilevamento biologico il numero totale di stazioni

campionate deve essere tale per cui si abbia una densità media di una stazione

per 0,1 Km.

d) Rilevamento dei licheni

II rilevamento deve essere effettuato registrando la presenza dei licheni sulla

corteccia di alcune specie arboree: Tiglio, Roverella, Cerro, Castagno, Leccio.

Gli alberi devono essere ulteriormente selezionati in base alla presenza dei

seguenti requisiti relativi al tronco:

- circonferenza superiore a 70 cm,

- inclinazione inferiore a 35° (come scostamento dalla verticale),

- corteccia con caratteristiche chimico-fisiche omogenee,

- assenza di fenomeni di disturbo (verniciature, crescite di rampicanti,

fessurazioni marcate della corteccia, abbondante sviluppo di muschi, ecc.),

- buona esposizione alla luce solare.

Di norma in ciascuna stazione saranno fatti i rilevamenti su tre alberi,

scegliendo, quando possibile, quelli con frequenza lichenica più elevata. Quando

si troveranno stazioni con almeno tre alberi, il rilevamento sarà ritenuto

comunque rappresentativo, nel caso in cui la composizione lichenica non si

discosti troppo da quella delle stazioni più vicine.

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La frequenza lichenica viene determinata utilizzando un opportuno reticolo di

campionamento, formato da dieci rettangoli uguali tra loro, di dimensioni 10x15

cm, disposti in due colonne parallele di 5 rettangoli per ciascuna. Tale reticolo è

appoggiato sul tronco dell'albero, ad una altezza da terra non inferiore a 120 cm,

nel punto in cui la densità lichenica è massima.

Durante il rilevamento sarà compilata una scheda per ciascun albero, in cui

saranno riportati i seguenti dati:

- data del prelievo,

- codice della stazione,

- sua ubicazione,

- caratteristiche del sito (esposizione, intensità del traffico autoveicolare,

presenza nelle vicinanze di possibili fonti di inquinamento);

- caratteristiche dell'albero: specie, circonferenza del tronco, altezza, distanza da

terra del bordo inferiore del reticolo e suo orientamento;

- elenco delle specie licheniche presenti all'interno del reticolo, ciascuna

abbinata ad una sigla (in cui compare anche il codice della stazione e dell'albero)

ed al numero corrispondente alla frequenza rilevata;

- nome di altre specie presenti sulla corteccia, ma esterne al reticolo;

annotazioni varie.

e) Misura dell'indice di purezza atmosferica

La frequenza di ciascuna specie lichenica presente all'interno del reticolo è

ricavata contando il numero totale di rettangoli in cui ciascuna specie è presente

ed il valore così ottenuto corrisponde all'Indice di Purezza Atmosferica (I.A.P.)

della specie, relativamente a quell'albero (De Sloover, 1964). Lo I.A.P. di una

specie può variare fino ad un valore massimo di 10 (presenza in tutti i quadranti

del reticolo). L'indice I.A.P. totale per un albero è la somma delle frequenze di

tutte le specie presenti nel reticolo di campionamento. L'indice I.A.P totale per

una stazione è il valore massimo trovato per i tre alberi considerati per quella

stazione; maggiore è questo valore, migliore è la qualità dell'aria in prossimità

dell’area di rilevamento. I valori di I.A.P. abbinati alle coordinate geografiche di

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ciascuna stazione saranno, successivamente, inserirli in un adeguato software di

cartografia computerizzata, che trasforma i singoli dati discreti in un modello

distribuzionale continuo.

f) Proposte di impiego dei funghi come bioindicatori della qualità dell'aria

Mentre le ricerche volte a dimostrare la sensibilità dei funghi a vari tipi di

inquinanti atmosferici sono ormai piuttosto numerose, ancora poche e timide

sono le proposte di impiego concreto di questi organismi nella biondicazione.

Nel nord Europa, molte indagini sulla qualità dell’aria sono state condotte

impiegando lieviti della famiglia delle Sporobolomycetaceae (Dowding &

Peacock, 1993). Essi sono infatti sensibili all’inquinamento dell’aria urbano e

industriale e, soprattutto, a SO2 ( Richardson et al., 1985; Dowding & Peacock,

1993 ). La loro risposta è rapida, inferiore a 6 ore, il metodo per contarli è

pratico ed economico e la loro presenza numerica sul filloplano sembra essere

negativamente correlata con la media delle concentrazioni di SO2 nei 2-5 giorni

precedenti, in un intervallo da 0 a 30 mg/m3 di aria.Infatti la foglia è una

superficie direttamente e continuamente esposta all’azione degli inquinanti

atmosferici e così i microrganismi residenti su di esse. Un buon numero di

ricerche ha messo in evidenza che i funghi filloplanici sono sensibili agli

inquinanti e in modo particolare i lieviti e tra questi, i più sensibili appartengono

alla famiglia delle Sporobolomycetaceae.Ricerche in campo dimostrano che la

carica di Sporobolomyces roseus su foglie di fraxinus excelsior prelevate in città

è notevolmente inferiore rispetto a quella riscontrata su foglie raccolte in aperta

campagna, soprattutto quando su foglie di città sono presenti elevate quantità di

piombo, come è stato dimostrato su piante di Acer pseudoplatanus.

Particolarmente adatto per essere usato come bioindicatore è lo Sporobolomyces

roseus, un fungo lievitiforme appartenente sempre alla famiglia delle

Sporobolomycetaceae.

Le Sporobolomycetaces presentano speciali balistospore vegetative che hanno

origine all’estremità degli sterigmi, in posizione obliqua; esse vengono lanciate

lontano per mezzo di uno speciale meccanismo; non vi sono basidi ma cellule

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omologhe e le cellule gemmanti ricordano le blastospore dei lieviti.Una ricerca

portata avanti da alcuni giapponesi, attraverso il metodo della caduta delle

ballistospore, una vecchia tecnica segnalata da Derx nel 1930 ed ancora

impiegata come un buon metodo per l’isolamento selettivo dei lieviti

ballistosporous, ha messo in evidenza come lo sviluppo delle colonie ben note di

Sporobolomyces roseus, Sporobolomyces salmonicor e altre avviene in

brevissimo tempo e a temperature di 25 °C a scapito dello sviluppo di altre

specie fungine presenti sul filloplano e che richiedono tempi di sviluppo più

lunghi, caratteristiche queste non compatibili con quanto richiesto ad un

bioindicatore a risposta rapida.Una classificazione moderna colloca le

Sporomycetales tra i funghi imperfetti meglio denominati Deuteromycota poiché

i membri di questo gruppo difettano di una fase sessuale.

La maggior parte dei Deuteromyceti ha un micelio ben sviluppato con i

conidiofori distinti alcuni però hanno un tallo unicellulare.

Al gruppo dei Deuteromyceti appartengono i Blastomiceti, i Criptococcali, i

Criptococcali ecc. e tra gli altri gli Sporobolomyces con tallo unicellulare e le

caratteristiche balistospore precedentemente citate.

g) Protocollo operativo per il monitoraggio tramite Sporobolomyces

Individuazione delle stazioni:

Gli ambienti in cui operare il prelievo devono essere scelti in stazioni adatte a

fornire indicazioni sulle varie tipologie ambientali. Cioè luoghi dalle

caratteristiche molto diverse tra loro.

Campionamento:

Prelevare alcune foglie di piante su cui si presume siano presenti le specie di

Sporobolomyces; per il prelievo sono necessari guanti, forbici, grandi buste

sterili in cui riporre le foglie e in cui è preferibile scrivere il luogo del prelievo.

È importante recarsi il più rapidamente possibile nel luogo in cui procedere alla

semina; in caso che ciò non fosse possibile, è necessario porre le buste in

frigorifero.

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Preparazione dei campioni:

In laboratorio si dovrebbe avere a portata di mano, possibilmente per ogni

gruppo impegnato nella preparazione dei campioni, un becco Bunsen, un becker

contenente paraffina, le capsule Petri contenenti malt agar, una fustellatrice.

Semina:

Si riscalda la paraffina sino al suo punto di fusione, con la fustellatrice si fanno

dischetti di foglie che devono essere prelevate con delle pinzette e posti sul lato

interno della capsula Petri;

l’ancoraggio del lembo fogliare alla superficie della capsula è assicurato da una

goccia di paraffina. La lamina superiore della foglia deve essere rivolta verso il

terreno di coltura, in modo che le spore eventualmente presenti possano cadere

sul terreno di coltura. È necessario lavorare a finestre chiuse, lasciando le

capsule aperte il minor tempo possibile.

Incubazione:

Le capsule devono essere incubate per 24 ore a 25 °C non capovolte. Il giorno

successivo bisogna capovolgerle per mantenere un sufficiente tasso di umidità

nel terreno di coltura.

Lettura:

Dopo 4 giorni si possono leggere i risultati, contando il numero di colonie col

contacolonie; è importante non superare i 4 giorni per la lettura in quanto

altrimenti le colonie tendono a convergere e i risultati divengono illeggibili.

È bene fare diversi prelievi in un mese facendo, per ogni mese, la media

aritmetica.

Conclusioni:

II problema principale posto dall'utilizzo di bioindicatori o bioaccumulatori

deriva dal fatto che gli organismi viventi sono influenzati da un grande numero

di parametri ambientali, e che l'inquinamento è soltanto uno di questi. Per questo

motivo, è spesso difficile standardizzare le procedure di campionamento. Un

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altro problema è che la maggior parte dei bioindicatori non può venire utilizzato

come "monitor": è infatti difficile trovare organismi che presentino una risposta

di tipo lineare a concentrazioni crescenti di un singolo inquinante. D'altro lato, il

fatto che gli organismi possono rivelare gli effetti sinergici di più inquinanti può

venire considerato come un vantaggio, dal momento che questo tipo di

informazione è preziosissimo per sviluppare degli standard di qualità dell'aria.

Uno dei vantaggi principali delle tecniche di biomonitoraggio è dato dai loro

costi relativamente bassi. Questo permette di adottare delle strategie di

campionamento basate su un'alta densità spaziale di misura, il che aumenta

notevolmente la qualità dei dati ottenuti. II grado di errore intrinseco al dato

biologico è allora ampiamente compensato dall'alta densità delle stazioni di

rilevamento, il che permette di redigere carte della qualità dell'aria o delle acque

di notevole dettaglio, che non sarebbe stato possibile ottenere sulla base di un

rilevamento strumentale con poche stazioni. L'uso di bioindicatori e

bioaccumulatori non deve comunque venire considerato come alternativo al

monitoraggio strumentale. Uno dei problemi principali del monitoraggio

strumentale è I'ottimizzazione della dislocazione spaziale dei pochi strumenti di

misura disponibili. Uno studio di biomonitoraggio preliminare sia tramite i

licheni attraverso i quali si è in grado di valutare gli effetti di una esposizione a

lungo termine, sia tramite alcuni funghi che forniscono informazioni riguardanti

il corso degli ultimi giorni, può permettere di individuare rapidamente e a costi

moderati delle "aree a rischio" in cui posizionare le centraline per il

monitoraggio diretto. Un approccio integrato, dove bioindicatori,

bioaccumulatori e centraline vengano usati congiuntamente, sembra essere la

soluzione più razionale al problema del monitoraggio dell'inquinamento dell'aria.

2.3 I fattori inquinanti (emissioni)

a) I maggiori inquinanti dell’aria

I parametri più importanti per valutare la qualità dell’aria sono:

il monossido di carbonio(CO);

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i composti organici volatili (idrocarburi);

gli ossidi di azoto (NOX);

gli ossidi di zolfo (SO2);

le particelle sospese nell’aria (particolato): tutti inquinanti dovuti ai processi di

combustione (autoveicoli, centrali termiche, industrie, ecc…).

La misura di ossidi di azoto e di idrocarburi consente anche di ricavare

informazioni sullo smog fotochimico che si forma in presenza di radiazioni

solari; la misura dell’ozono (O3), che è il prodotto quantitativamente più

abbondante di questo fenomeno, ci aiuta a valutare tale tipo d'inquinamento.

b) Periodo di campionamento e significatività dei dati

Lo scopo di un sistema di monitoraggio è quello di ricostruire in maniera

realistica lo stato dell’inquinamento in una certa area e per un certo periodo.

L’inquinamento atmosferico cambia nel tempo nello spazio sia a causa delle

diverse sorgenti di emissione sia per le diverse condizioni metereologiche. Un

elemento che spesso complica la confrontabilità dei dati rilevati è la disponibilità

dei risultati acquisiti in campagne di diversa durata. L’uso di differenti tempi di

campionamento è una necessità per “catturare” in maniera esauriente la qualità

dell’aria ( la normativa prescrive diversi tempi di campionamento per i diversi

inquinanti).

Il laboratorio mobile per il controllo della qualità dell’aria è uno strumento che

consente di effettuare misurazioni, in continuo, sia degli inquinanti presenti

nell’atmosfera (misura delle immissioni) che di quelli presenti nei fumi che

fuoriescono dagli scarichi derivanti da attività produttive in genere.

Le funzioni della stazione mobile sono controllate da un personal computer

installato a bordo della stessa che provvede a gestire il funzionamento dei vari

analizzatori, sia durante le normali operazioni di acquisizione dati sia durante le

operazioni di calibrazione e archiviazione dei dati su supporto magnetico.

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Il sistema è configurato per salvare un valore ogni minuto e per calcolare le

medie orarie. Tutti gli analizzatori funzionano quindi in automatico senza

interruzioni se non in caso di malfunzionamenti, od operazioni di calibrazione.

Il contenuto di polveri in atmosfera viene misurato utilizzando un sistema

indipendente, sempre installato all’interno della stazione mobile, costituito da

una testa di prelievo in grado di ospitare 8 filtri, una centralina di controllo e una

pompa.

Il sistema viene programmato in modo da fare depositare su ogni filtro il

particolato contenuto nell’aria aspirata per un periodo di 24 ore.

Per quanto riguarda il controllo della qualità dell’aria è possibile misurare in

continuo il contenuto di:

1. biossido di zolfo (D.P.R. 203/88, D.M.A. 12/11/92), prodotto

essenzialmente durante i processi di combustione nei quali vengono impiegati

combustibili che contengono zolfo (soprattutto gasolio per riscaldamento

domestico). Analizzatore assorbimento-UV;

2. ossidi di azoto (D.P.R. 203/88, D.M.A. 12/11/92), prodotti in tutti i processi

di combustione, soprattutto quando avvengono ad alta temperatura. Analizzatore

fotochemiluminescenza;

3. monossido di carbonio (D.P.C.M. 28/03/83, D.M.A. 12/11/92), prodotto nei

processi di combustione, soprattutto se questi avvengono in difetto di ossigeno.

Analizzatore assorbimento IR;

4. ozono (D.P.C.M. 28/03/83; D.M.A. 12/11/92), prodotto a seguito

dell’irradiazione dell’ossigeno con i raggi ultravioletti provenienti dal sole.

Analizzatore assorbimento UV;

5. idrocarburi (D.P.C.M. 28/03/83), la cui presenza è dovuta sia a fenomeni

naturali di decomposizione di materia organica che ad attività antropiche legate

soprattutto all’uso di veicoli con motori a scoppio;

6. particelle sospese (D.P.R. 203/88, D.P.C.M. 28/03/83, D.M.A. 12/11/92),

ovvero le polveri prodotte sia naturalmente che da attività antropiche.

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E’ inoltre in grado effettuare il monitoraggio in continuo di alcuni parametri

meteorologici necessari per una corretta interpretazione dei risultati forniti dagli

analizzatori. Per quanto riguarda il controllo delle emissioni, ovvero degli

scarichi in atmosfera di fumi prodotti a seguito di attività produttive varie, è

possibile effettuare il controllo di ossidi di azoto, monossido di carbonio, di

polveri, di biossido di zolfo, di ossigeno. La misura di questi inquinanti

all’interno dei fumi emessi in atmosfera è prevista dal D.P.R. 203/88 e dal D.M.

12/07/90.

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c) Alcuni valori della normativa vigente:

Riferimento legislativo  Tipo di limite  Intervallo di misura  Valore                                                                 (concentr. media)

D.M. 25/11/94      CO           1                      1 ora                 15 mg/m3                                                2                      1 ora                 30 mg/m3D.M. 25/11/94     NO2           1                      1 ora               200 mg/m3                                                 2                      1 ora               400 mg/m3D.M. 25/11/94      O3              1                      1 ora               180 mg/m3                                                 2                     1 ora               360 mg/m3D.M. 25/11/94     PTS             1                   24 ore              150 mg/m3                                                  2                   24 ore              300 mg/m3D.M. 25/11/94     SO2             1                   24 ore              125 mg/m3                                                 2                    24 ore              250 mg/m3

D.P.C.M. 28/03/83 NMHC     3                      3 ore (*)*: consecutive in corrispondenza del superamento del limite di 200 mg/m3

Definizioni:

1 - Livello di attenzione: il livello che determina lo stato di attenzione, ovvero

una situazione di inquinamento atmosferico che, se persistente, determina il

rischio che si raggiunga lo stato di allarme.

2 - Livello di allarme: il livello che determina lo stato di allarme, ovvero una

condizione di potenziale pericolo per la salute e/o l’ambiente.

3 - Valore limite: limite massimo di accettabilità della concentrazione di un

inquinante.

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A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti

rilevamenti:

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 16/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 14,4 0,0 340,7 0,0 81,3 0,02 20,0 0,0 234,7 0,0 54,2 0,03 20,3 0,0 163,1 1,8 54,1 0,04 20,3 0,0 168,8 10,7 65,3 0,05 12,3 0,1 308,5 0,0 37,6 0,06 12,4 0,3 373,8 0,2 37,5 0,07 14,9 0,2 316,4 1,6 62,0 0,08 16,8 0,2 150,3 6,3 61,2 0,09 26,6 0,1 170,3 8,8 60,0 1,010 21,3 0,6 168,4 12,4 62,4 0,611 18,3 0,6 223,2 14,4 64,3 0,612 14,3 0,4 423,3 18,3 66,4 1,913 13,3 0,3 590,1 15,0 70,8 3,714 18,7 0,0 255,8 19,1 56,3 2,515 12,9 0,0 419,1 3,2 71,7 2,216 13,8 0,3 360,3 16,3 70,3 2,417 14,2 0,3 230,4 19,2 71,1 3,218 14,5 0,0 344,8 15,1 71,9 4,319 14,0 0,0 308,2 26,5 71,9 2,620 18,4 0,0 217,7 32,6 44,7 1,921 16,5 0,0 345,1 18,5 51,8 0,622 21,0 0,0 206,3 39,2 51,8 0,023 11,7 0,0 459,3 11,4 39,9 0,424 13,2 0,0 498,1 0,0 67,3 0,0

Medie 16,4 0,1 303,2 12,1 60,3 1,2

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A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti

rilevamenti:

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 17/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 14,0 0,0 325,3 19,4 49,3 0,02 14,4 0,0 269,0 29,6 47,5 0,03 13,9 0,0 273,1 30,4 63,2 0,04 10,2 0,0 297,6 27,6 63,2 0,05 7,1 0,0 251,9 34,2 50,2 0,56 4,6 0,7 406,4 19,2 63,9 2,17 8,1 2,9 342,3 11,7 63,9 6,78 13,2 1,9 143,4 44,9 58,2 4,99 14,4 1,9 151,3 44,9 59,3 2,610 15,1 0,6 166,7 56,0 77,5 0,311 18,1 0,9 113,5 57,1 46,4 0,612 10,7 1,8 386,3 27,3 52,9 1,613 8,9 2,1 423,1 33,4 52,8 4,214 11,7 1,1 260,1 67,1 48,3 1,815 18,7 0,6 167,7 76,3 63,6 1,016 17,7 0,6 144,6 99,8 63,6 0,017 23,5 0,1 69,8 106,1 41,7 0,018 19,2 0,6 193,8 79,6 48,8 0,019 15,3 0,7 171,4 82,9 48,8 1,520 9,6 0,5 264,6 64,0 41,9 0,421 7,8 0,4 417,5 40,3 53,8 0,022 10,8 0,2 271,4 55,6 53,8 0,023 13,2 0,2 262,7 54,4 47,4 0,024 11,6 0,0 444,5 8,8 49,3 0,0

Medie 13,0 0,7 259,1 48,8 54,6 1,2

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A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti

rilevamenti:

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 18/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 11,1 0,1 197,6 67,6 61,9 0,02 18,1 0,0 80,7 77,6 43,4 0,03 16,7 0,0 127,7 69,6 52,3 0,04 14,7 0,0 212,7 42,7 52,3 0,05 8,2 0,9 410,3 25,2 41,0 1,06 7,6 1,1 371,7 28,1 51,0 3,87 8,7 3,0 342,3 14,6 50,2 6,48 13,2 2,1 151,0 43,8 58,2 5,99 14,8 1,9 184,3 44,7 54,4 4,110 15,2 0,7 162,9 52,6 63,4 3,411 19,8 0,9 233,3 41,9 52,9 2,312 17,3 0,7 200,6 50,0 79,5 2,513 29,9 3,1 149,5 45,1 79,5 1,014 26,5 0,2 189,0 127,9 57,2 1,815 24,9 0,5 147,7 104,6 70,7 2,616 22,4 1,6 161,2 101,2 62,7 1,617 21,3 1,2 142,2 99,6 43,0 1,018 18,4 0,5 117,4 93,6 37,6 0,019 11,5 0,7 304,9 106,5 41,5 0,420 8,5 0,8 472,3 99,2 38,2 0,421 8,0 1,0 606,0 95,3 50,5 1,322 5,2 1,3 717,8 67,8 56,3 1,423 3,8 1,1 794,4 64,9 51,4 0,924 11,4 0,2 217,9 62,8 61,9 0,0

Medie 14,9 1,0 279,0 67,8 54,6 1,7

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A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti

rilevamenti:

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 19/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 11,6 0,9 332,9 69,6 78,2 1,02 12,9 0,1 111,2 90,7 68,9 0,03 14,1 0,0 66,9 92,7 52,8 0,04 16,8 0,0 45,1 90,3 58,9 0,05 18,2 0,4 47,3 86,0 52,5 0,06 10,6 1,5 177,1 99,1 45,5 0,47 10,7 3,1 329,4 94,5 50,6 4,78 16,9 3,4 251,1 83,9 46,3 6,49 20,4 2,5 184,3 105,2 65,3 3,910 22,1 1,2 153,9 99,9 74,9 2,011 21,3 1,1 188,3 88,2 66,4 1,612 19,2 1,9 280,8 84,5 58,2 1,913 20,3 1,9 335,2 80,4 65,1 2,714 21,7 1,7 192,6 94,8 57,8 2,215 21,7 2,1 165,7 97,9 48,1 1,616 17,7 1,6 246,3 112,7 53,5 1,517 16,2 2,5 248,3 101,2 53,1 2,318 15,1 3,3 249,7 95,8 54,0 3,219 10,2 3,6 413,8 77,3 58,7 6,020 10,3 2,7 399,4 68,5 52,2 5,421 13,4 1,5 264,7 68,7 43,7 2,522 13,1 1,3 272,7 65,0 48,6 1,023 11,8 1,3 286,3 67,7 44,1 1,324 5,8 0,9 641,5 80,3 69,7 1,1

Medie 15,5 1,7 245,2 87,3 57,0 2,2

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rilevamenti:

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 20/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 14,5 0,8 201,1 64,6 60,2 0,62 9,8 0,3 185,2 74,5 53,5 0,43 10,7 0,2 75,1 78,6 44,2 0,04 9,5 0,4 97,1 79,8 49,1 0,05 7,7 1,0 145,1 88,2 44,3 0,06 6,0 2,3 126,4 91,6 46,2 1,67 6,2 2,8 213,8 86,0 51,3 3,48 16,1 2,5 128,4 74,1 46,4 2,79 18,8 4,0 142,7 69,2 52,2 3,610 19,6 2,9 150,4 68,6 58,2 4,711 21,4 2,4 129,4 70,5 52,4 3,912 22,4 2,4 132,3 69,1 56,2 3,613 24,5 2,2 136,1 71,1 67,4 3,614 25,0 1,7 109,3 63,9 60,1 1,315 23,4 1,9 122,3 71,3 58,3 1,616 22,0 2,4 150,2 74,4 56,4 2,017 20,7 2,5 181,7 78,2 54,4 1,218 14,5 2,5 326,0 78,0 51,5 2,419 12,8 2,5 121,6 69,5 57,4 3,220 7,3 3,4 530,0 71,6 51,4 3,721 7,6 2,8 486,1 66,3 47,7 4,422 8,2 1,8 374,0 70,8 53,1 2,923 8,4 1,7 384,8 70,6 47,6 1,524 14,8 1,1 162,7 75,1 53,8 0,7

Medie 14,7 2,0 200,5 74,0 53,0 2,2

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ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA

Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate

in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia

MEDIE GIORNALIERE 21/04/2002

ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

1 11,0 1,4 361,0 59,2 50,1 0,02 7,9 1,5 371,9 64,0 45,2 0,03 10,1 1,1 398,0 50,6 50,2 0,04 11,4 0,9 270,5 57,0 55,9 0,05 13,7 1,0 265,1 49,4 50,0 0,06 13,1 1,3 198,6 57,1 43,1 0,47 14,3 1,3 118,6 63,7 47,8 0,98 14,7 1,4 167,4 61,2 43,3 1,39 17,1 1,2 87,1 72,7 55,5 1,5

10 24,3 0,5 33,4 66,4 62,0 0,011 29,1 0,4 25,7 61,0 55,3 0,012 38,6 0,6 22,5 41,5 45,7 0,013 42,4 0,6 15,4 35,9 50,9 0,014 41,5 0,9 8,3 37,6 45,7 0,015 38,8 0,8 16,6 43,5 40,9 0,016 38,0 0,9 14,5 48,3 45,3 0,017 29,7 1,2 31,7 63,5 41,0 0,018 24,3 1,9 38,7 76,2 46,1 1,419 18,9 2,5 49,4 84,7 52,4 1,320 15,5 2,2 98,3 75,8 47,0 2,721 10,1 2,0 137,0 84,1 43,8 1,422 13,4 2,1 121,9 75,9 48,6 0,923 19,4 1,8 106,7 62,0 43,8 0,324 11,1 1,2 386,0 58,2 45,0 0,8

Medie 21,2 1,3 139,3 60,4 48,1 0,5

 MEDIE GIORNALIERE 16-21/04/2002

  OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE  g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3

16/04/2002 16,4 0,1 303,2 12,1 60,3 1,217/04/2002 13,0 0,7 259,1 48,8 54,6 1,218/04/2002 14,9 1,0 279,0 67,8 54,6 1,719/04/2002 15,5 1,7 245,2 87,3 57,0 2,220/04/2002 14,7 2,0 200,5 74,0 53,0 2,221/04/2002 21,2 1,3 139,3 60,4 48,1 0,5

Livelli di attenzione 180 15  200 150 10

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2.4 L’INQUINAMNETO DA RIFIUTI SOLIDI URBANI(rsu)

Questo argomento godrà di particolare attenzione, non solo perché rappresenta

una delle maggiori emergenze ambientali, ma anche perché l’industria turistica

è una delle maggiori fonti di produzione di RSU che contribuisce a mettere in

crisi il settore ambiente, il quale rappresenta una leva imprescindibile di

sviluppo turistico.

Negli ultimi decenni le tematiche legate alla gestione dei rifiuti solidi urbani

(RSU) hanno acquisito sempre maggiore rilevanza determinata dal costante

aumento della produzione di rifiuti con conseguente minaccia per l'ambiente.

Nei paesi industrializzati la produzione di rifiuti negli ultimi 20 anni è

pressoché triplicata.

I dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico

segnalano, in Europa tra il 1990 ed il 1995, un

aumento di circa il 10%. Secondo l'ANPA,

l'aumento incontrollato della produzione di rifiuti

è non solo una minaccia per la salute dell'uomo e

dell'ambiente ma anche spia di un uso inefficiente

delle risorse.

Nel quadro generale di uno sviluppo socioeconomico sostenibile deve iscriversi

ogni azione attinente al ciclo dei rifiuti. Nel settore turistico il tema assume

grande rilevanza per le problematiche connesse alla gestione dei territorio in

termini di appetibilità della destinazione turistica, contesto paesaggistico,

capacità di carico, flora e fauna locale.

Nell'Italia Meridionale, il sistema di gestione dei rifiuti, risulta ancora

particolarmente arretrato. Una non corretta gestione dei rifiuti determina gravi

fenomeni di inquinamento dei comparsi ambientali (aria, acqua e suolo),

rendendoli non più fruibili se non a prezzo di interventi di ripristino molto

costosi.

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a)L’AUMENTO

INCONTROLLATO DEI

RIFIUTI

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Una corretta gestione dei rifiuti, oltre a contribuire a ridurre le emissioni di gas

serra (responsabili dell'effetto serra), in particolare di metano, contribuisce al

recupero di energia e di materie prime preziose, sia attraverso l'utilizzo diretto

dei rifiuti stessi come combustibile, che attraverso il riuso dei materiali

derivanti dai processi di riciclaggio.

La grande produzione di rifiuti urbani e industriali, le difficoltà di un loro

corretto e sicuro smaltimento costituiscono uno dei grandi capitoli della crisi

ambientale contemporanea, legato a doppio filo con i modelli di produzione e

di consumo.

La crescita dei consumi non determina infatti solo un impoverimento delle

risorse disponibili sia rinnovabili che non rinnovabili, ma anche una crescente

quantità di rifiuti prodotti.

Nel nostro Paese la soluzione di questo problema risulta particolarmente

complessa, per il gravissimo ritardo con il quale ci si è decisi ad affrontarlo.

La questione dei rifiuti appare come uno dei

fronti d’impegno centrali per l’Italia, non

solo da un punto di vista strettamente

ambientale, ma anche rispetto agli obiettivi

di modernizzazione e riconversione

ecologica dell’economia e di lotta

all’illegalità e alla criminalità organizzata.

Nel documento rifiuti del V Congresso di Legambiente, del 1995, indicavamo

una scala di priorità e una gerarchia di interventi necessari per orientare

politiche concrete di gestione dei rifiuti ed abbiamo quindi accolto con

soddisfazione e fiducia l’emanazione del Decreto Ronchi che, facendo propri

questi criteri, ha di fatto fornito strumenti per dare avvio ad una riforma

complessiva del sistema.

Con questo testo normativo anche l’Italia si è uniformata alle norme europee

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b)LA

QUESTIONE RIFIUTI

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sulla gestione dei rifiuti, incentrata sulla riduzione delle quantità e della

pericolosità dei rifiuti prodotti, sul riutilizzo per allungarne il ciclo di vita, sul

riciclo di materia e sul recupero di energia, marginalizzando il sistema finale di

smaltimento.

Particolarmente significativa nel nuovo testo è l’assunzione del principio di

responsabilità condivisa fra tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella

distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo dei beni da cui originano i rifiuti, che

ha portato alla creazione del CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, e dei

Consorzi di filiera per il recupero degli imballaggi e che ha imposto obiettivi di

recupero e di riciclo dei rifiuti provenienti dagli imballaggi, ponendo l’onere

economico a carico dei produttori e degli utilizzatori di questi beni.

Pur dando un giudizio complessivamente positivo della riforma, fin

dall’inizio ne abbiamo sottolineato anche i limiti: gli scarsi strumenti

previsti per ottenere una concreta riduzione della produzione dei rifiuti, i

timidi obiettivi di recupero per il sistema imballaggi, i possibili ritardi e le

distorsioni nella fase di definizione dei Decreti tecnici attuativi del Decreto,

indispensabili per dare concreta attuazione a molti passaggi che nel testo

vengono solo enunciati.

A questo va aggiunta la forte resistenza offerta dal sistema delle imprese e

delle pubbliche amministrazioni a farsi carico delle proprie responsabilità e

degli oneri necessari per avviare la trasformazione di un sistema artigianale in

un vero e proprio sistema industriale, che ha contribuito a ritardare il concreto

avvio della riforma.

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In Italia, secondo gli ultimi dati del Rapporto

ANPA - Osservatorio Nazionale sui Rifiuti

riferiti al 1997, si producono circa 26 milioni di

tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani : oltre

70.000 tonnellate al giorno, più di un

chilogrammo al giorno per abitante.

Il 40% in peso e il 60% in volume dei rifiuti prodotti è costituito da imballaggi.

Vengono raccolte in maniera differenziata circa 2,5 milioni di tonnellate di

rifiuti pari al 9,4% della produzione totale, ma con una fortissima divaricazione

geografica: infatti, mentre la percentuale di raccolte differenziate al Nord è pari

al 17%, scende al Centro al 6,4% e al 1,4% al Sud.

Circa il 78% dei rifiuti urbani è avviato a smaltimento in discarica, il 9,4%

ad impianti di selezione per la produzione di frazione organica stabilizzata

e frazione secca, il 6,6% ad impianti di incenerimento con e senza

recupero energetico, il 6% ad altre tipologie di impianti di trattamento.

Il trend sembra comunque dimostrare che anche in Italia è possibile cambiare il

sistema di gestione dei rifiuti urbani. Nel corso degli ultimi cinque anni infatti

la raccolta differenziata è quasi raddoppiata, principalmente per effetto

dell’introduzione della raccolta della frazione verde e del rifiuto organico e per

la crescita della raccolta della carta.

Dall’ultima indagine realizzata da Legambiente con i Comuni Ricicloni,

emerge che circa 130 Comuni hanno superato il tasso di raccolta differenziata

del 50%, anche se in nessuna Regione la raccolta differenziata intercetta e

recupera più del 30% dei rifiuti prodotti.

Ai rifiuti solidi urbani si aggiungono i rifiuti industriali: in questo caso il

calcolo della effettiva produzione e dello smaltimento risulta più complicato,

per la difficoltà di disporre di dati certi e comparabili. La base disponibile per

la contabilità è data dalle dichiarazioni del Modello Unico di Dichiarazione

Pag. 43

c)

LA PRODUZIONE

DIRIFIUTI

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(MUD), che forniscono di fatto solo una approssimazione per difetto.

L’indagine condotta da Legambiente e Fise-Assoambiente nel corso del 1998

sulla produzione e la destinazione dei rifiuti di origine industriale rappresenta il

primo contributo per colmare l’attuale carenza di informazioni in termini di

dati e di tendenze.

L’indagine ha di fatto anticipato quanto emerso dal rapporto ANPA -

Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, ovvero l’enorme difficoltà ad ottenere dati

certi, per inadeguatezza del sistema di contabilità fino ad oggi adottato, il forte

divario tra quantità prodotte e smaltite, uno scarso ed insufficiente ricorso a

tecnologie avanzate ed appropriate di smaltimento.

La produzione di rifiuti speciali prodotti nel nostro Paese ammonta a oltre

61 milioni di tonnellate, è localizzata per il 59,3% nelle Regioni del Nord

Italia dove si concentra la gran parte delle attività del settore produttivo.

L’industria chimica e farmaceutica e quella metallurgica determinano la

più alta produzione di rifiuti pericolosi, mentre per quanto riguarda gli

speciali non pericolosi la maggior produzione si rileva nell’industria delle

costruzioni, del trattamento dei rifiuti e delle acque, nell’industria ceramica, del

vetro e nell’agroalimentare.

La quantità gestita di rifiuti speciali, pericolosi e non, ammonta a circa

46,6 milioni di tonnellate di cui il 45% viene conferito in discarica, il 26%

è avviato a recupero, il 16% ad altri trattamenti, il 9% a selezione e

cernita ed il 2% viene incenerito, ed un altro 2% è avviato a compostaggio.

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2.5 L’AZIONE DI LEGAMBIENTE

Negli ormai quasi tre anni dalla data di emanazione del Decreto Ronchi,

l’azione di Legambiente è stata quella di sensibilizzare e stimolare tutti gli

attori della complessa partita dei rifiuti - dalle istituzioni centrali e locali,

alle imprese di settore, al settore industriale - affinché l’avvio della riforma

tanto auspicata divenisse un fatto reale.

Abbiamo, grazie all’efficace

strumento di Ecosportello,

promosso ed organizzato corsi per

amministratori, seminari e convegni;

abbiamo promosso e preso parte in

numerose città italiane ad occasioni

d’incontro e di discussione sui vari

aspetti della gestione dei rifiuti; seguiamo il tema in ambito europeo e

prendiamo parte alla discussione sulle modifiche alle Direttive; abbiamo

partecipato ai gruppi di lavoro per la preparazione della Conferenza Nazionale

Energia e Ambiente e - presso ANPA - per la predisposizione del Rapporto

annuale sulla gestione dei rifiuti solidi urbani ed abbiamo contribuito con la

nostra indagine condotta assieme a FISE-Assoambiente alla raccolta dei dati

per il Rapporto sugli speciali.

Abbiamo inoltre realizzato la campagna "Vuoto a vincere" per incentivare

il riuso ed il recupero degli imballaggi in vetro.

Con la rivista "Rifiuti Oggi" svolgiamo una puntuale opera d’informazione e

aggiornamento rivolta a tutti i Comuni italiani, agli operatori del settore ed ai

nostri circoli.

Questa continua opera di monitoraggio dello stato e della qualità di

applicazione del Decreto Ronchi ci fa dire, oggi, che la situazione è

tutt’altro che soddisfacente, anche se dobbiamo prendere atto, da quanto

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a)

LEINIZIATIVE

DILEGAMBIENTE

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detto sopra in termini di numeri, che qualcosa si è mosso.

Purtroppo l’analisi in positivo è ancora sbilanciata verso il Centro - Nord,

mentre il Mezzogiorno del Paese sembra non emergere dal guado.

Sono quattro le Regioni commissariate per l’emergenza rifiuti a cui si è

aggiunta la Provincia di Roma.

Il bilancio dei commissariamenti non è certo positivo: ben poco si è fatto per

uscire dalla fase di emergenza e per creare condizioni che consentissero il

ritorno all’ordinaria amministrazione.

La gestione dei rifiuti nel Mezzogiorno è svolta ancora in larga parte in

economia (43%), con servizi inefficienti, di bassa qualità ambientale e

sanitaria; risulta marginale la presenza di aziende pubbliche e di società miste,

scarsi gli operatori privati qualificati. Ed il regime commissariale, anziché

snellire le procedure e stimolare moderne politiche di gestione, ha finito per

smorzare anche i faticosi tentativi di alcune amministrazioni di dotarsi di

strutture più efficienti.

L’assenza di investimenti volti a creare

un settore con caratteristiche industriali

e quindi di tecnologie innovative in

termini impiantistici è, tra l’altro, il

miglior terreno per il proliferare

dell’attività legata alla malavita

organizzata, il cui fattore competitivo è

stato da sempre caratterizzato

nell’offrire facili soluzioni a basso costo.

Il nostro Paese resta ancora fortemente dipendente dal sistema delle discariche,

gran parte delle quali prive dei minimi dispositivi di protezione ambientale, e

questa situazione è ancora più grave nelle Regioni del Sud.

Infatti, se nel corso degli ultimi anni si è avuto un parziale rinnovo delle

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b)

ASSENZA DI

INVESTIMENTI

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strutture impiantistiche e l’avvio, anche se ancora non omogeneo, di raccolte

differenziate, del riciclaggio e del compostaggio, il sistema di smaltimento

finale è invece rimasto praticamente invariato.

Le discariche rappresentano oggi uno dei principali fattori d’impatto

ambientale ed il principale ostacolo allo sviluppo di politiche corrette di

gestione dei rifiuti, tese al loro recupero e alla valorizzazione

La marginalizzazione dell’uso della discarica è uno dei cardini fondamentali

della strategia delineata dal Decreto Ronchi, ma il divieto di smaltimento in

discarica a a partire dal 1° gennaio del 2000, di rifiuti non stabilizzati previo

trattamento sembra ad oggi fortemente a rischio.

Lo scenario che si pone è infatti abbastanza scontato, ovvero la proroga

all’utilizzo delle discariche per il prossimo futuro, con le modalità attuali. La

marginalizzazione dell’uso della discarica, avrebbe invece la grande valenza di

dare un effettivo sviluppo al sistema integrato di gestione dei rifiuti.

L’altro cardine su cui poggia la riforma della gestione rifiuti, ovvero la

trasformazione della TARSU in Tariffa, passaggio che avrebbe determinato

una svolta fondamentale per l’adozione di meccanismi trasparenti nella

determinazione dei costi a carico dei cittadini e delle imprese, già rinviata di un

anno rispetto a quanto previsto dal Dlgs.22, ha subito durante la discussione

della Legge Finanziaria di novembre un ulteriore rinvio di ben tre anni.

Ufficialmente il rinvio è stato motivato dal fatto di non penalizzare i primi 437

Comuni che dal primo gennaio avrebbero dovuto adottare il regime tariffario,

su cui veniva a gravare l’IVA del 10%, con un aumento della quota che i

cittadini avrebbero dovuto pagare per la gestione del servizio.

In realtà è piuttosto evidente ed anche riconosciuto da molte parti

(Federambiente in primis) che si è dato seguito alle richieste di quella parte

dell’amministrazione pubblica che, per incapacità o per mancanza di strumenti,

non era ancora in grado di adeguarsi al nuovo sistema. In pratica ha vinto

ancora una volta la parte più conservatrice e reticente alle situazioni di

Pag. 47

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cambiamento.

E’ convinzione di Legambiente, che per affrontare correttamente e

realisticamente il problema dei rifiuti, occorra rispettare la gerarchia

d’interventi delineati per il raggiungimento di una concreta gestione integrata.

In ordine di priorità, gli obiettivi da perseguire sono :

1. Produrre meno rifiuti

2. Produrre rifiuti meno pericolosi

3. Promuovere il riutilizzo

4. Programmare su un’adeguata scala

territoriale la gestione integrata del ciclo

dei rifiuti a partire dalla raccolta

differenziata

5. Promuovere il recupero di materia dai

rifiuti

6. Prevedere un corretto recupero di

energia dai rifiuti

Per ottenere una riduzione della quantità di rifiuti prodotti bisogna

puntare innanzitutto sulla riduzione degli imballaggi, a partire da una

globale assunzione di responsabilità da parte del sistema industriale, che deve

impegnarsi per promuovere il riutilizzo e favorire il riciclo dei materiali da

imballaggio e dall’adozione di meccanismi fiscali e tariffari - come la cauzione

- che incentivino il riutilizzo degli imballaggi.

Ma decisivo per raggiungere lo scopo è la forza che dobbiamo mettere in

campo con i cittadini. Occorre incrementare le campagne di informazione e

sensibilizzazione, in particolare quelle rivolte al mondo della scuola, che hanno

già dato risultati positivi.

Pag. 48

c)

LE PROPOSTE

DI LEGAMBIENTE

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Per questo motivo dopo aver organizzato la campagna Vuoto a Vincere, per il

riutilizzo ed il recupero dei contenitori in vetro, rivolta in particolare ai pubblici

esercizi, organizzeremo la giornata contro l’uso improprio degli

imballaggi.

"Disimballiamoci" sarà una giornata di mobilitazione nei supermercati e

nei grandi centri di distribuzione in cui, dopo aver riempito il carrello

della spesa ed aver pagato alla cassa, libereremo i prodotti acquistati di

tutti gli imballaggi inutili, per sensibilizzare i presenti sul "peso" che

hanno gli involucri sulla produzione dei rifiuti e su come la

responsabilizzazione del cittadino e la scelta consapevole al momento

dell’acquisto sia importante per orientare il settore verso la ricerca di

soluzioni a minor impatto sulla produzione dei rifiuti.

Sarà naturalmente anche l’occasione per richiedere con forza l’attivazione

di politiche concrete per la riduzione dei rifiuti.

L’azione di Legambiente per ottenere che vengano messe in atto politiche volte

alla riduzione dei rifiuti si è incentrata e continuerà nei prossimi mesi anche nel

settore degli inerti da scavo e da demolizione. La produzione di inerti nel

nostro Paese è stimata pari a circa 20 milioni di tonnellate l’anno, cifre

sicuramente sottostimate, dato che solo le attività di costruzione e demolizione

generano un tasso di circa 500 Kg per abitante.

Solo il 5% dei rifiuti inerti viene recuperato, il resto viene conferito in

discarica.

L’azione di Legambiente è volta a stimolare la definizione di un accordo di

programma nazionale sottoscritto dagli attori principali del settore, per operare

verso politiche concrete di recupero e riutilizzo di questi materiali, dopo che

hanno subito trattamenti idonei ad ottenere un prodotto con caratteristiche

analoghe a quello vergine.

Intervenire in tal senso nel settore degli inerti offre importanti vantaggi di

carattere ambientale, ed inoltre ha la grande valenza di contrastare in

Pag. 49

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maniera concreta l’attività delle ecomafie, che proprio nel ciclo del

cemento (attività di cava, estrazione di inerti, appalti per opere pubbliche)

ha il suo principale punto di forza (sono 90 i clan dell’ecomafia che

svolgono attività in questo settore).

I vantaggi dal punto di vista della salvaguardia ambientale possono essere

schematicamente riassunti in:

riduzione della quantità di rifiuti speciali prodotti;

riduzione del ricorso alla discarica;

riduzione dell’uso di materiali vergini per attività edilizia e quindi

riduzione dell’attività estrattiva (cave di terra e fluviali);

maggior controllo sullo smaltimento, grazie alla necessità del passaggio in

impianti di trattamento;

riduzione dello smaltimento illegale e selvaggio, grazie al fatto che l’inerte

diviene un materiale con un valore economico, anziché un rifiuto da

smaltire.

Il secondo obiettivo che Legambiente da sempre si pone è quello di

promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti : la differenziazione a monte

dei rifiuti, in primo luogo tra frazione umida compostabile e frazione

secca, e poi la separazione in flussi omogenei all’interno di quest’ultima,

rappresentano un altro anello fondamentale del ciclo integrato di gestione

dei rifiuti.

Per promuovere la diffusione delle raccolte differenziate, che dovrebbero

raggiungere al 2003 l’obiettivo minimo del 35%, da anni organizziamo

Comuni Ricicloni, ovvero la premiazione dei Comuni che maggiormente si

sono impegnati nelle raccolte differenziate e che quindi hanno raggiunto

obiettivi significativi, che avviano a riciclaggio i materiali selezionati e, da

quest’anno, utilizzano prodotti ottenuti da riciclaggio per esempio nell’arredo

urbano.

Legambiente pone una particolare attenzione alle politiche di gestione dei

rifiuti in aree particolarmente sensibili del nostro territorio quali le Aree

Pag. 50

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Protette dove è in particolar modo inaccettabile che non si riduca la produzione

dei rifiuti e non si mettano in atto programmi di raccolta differenziata e di

recupero.

Il sistema delle aree protette che già per molti versi svolge una funzione

fondamentale nella concreta attuazione di uno sviluppo sostenibile anche

in questo campo deve assumere un ruolo avanzato e da protagonista nella

attuazione della riforma.

In questa direzione va l’indagine che abbiamo avviato presso i Comuni di 4

Parchi Nazionali (Dolomiti Bellunesi, Arcipelago Toscano, Cilento,

Aspromonte) per verificare lo stato dell’arte e promuovere e sostenere i

Comuni nel processo di cambiamento.

In molte realtà gli obiettivi minimi previsti dal

Decreto Ronchi per la raccolta differenziata sono

ancora lontani. Molto spesso è proprio qui che si

continua a perseguire la vecchia logica dello

smaltimento, senza mettere in atto azioni concrete

per gestire in maniera corretta il problema dei rifiuti

e si propongono impianti di incenerimento dei rifiuti

tal quale come sistema risolutivo.

Il trattamento termico dei rifiuti è per Legambiente un’opzione praticabile

soltanto a valle di un’ampia selezione che consenta il riutilizzo o il riciclo di

tutti i materiali recuperabili, per smaltire quella parte della frazione secca dei

rifiuti non utilizzabile in altro modo, e in presenza di norme rigorose che

fissino la composizione merceologica e il potere calorifico del combustibile

derivato da rifiuti (CDR).

L’incenerimento dei rifiuti dovrà rappresentare un sistema di recupero di

energia solo di quella parte di rifiuti che, fatti tutti i passaggi, non è più

utilizzabile in altro modo e che è stata trattata per arrivare ad essere CDR.

Ovvero una frazione secca con caratteristiche di composizione merceologica e

potere calorifico noti, un combustibile da impiegare prevalentemente in

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d)

OBIETTIVIDEL

DECRETORONCHI

(Vedi allegato)

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alternativa al carbone e al gasolio, o in combustione con essi, presso utenze

industriali e termoelettriche già esistenti, se adeguatamente dotate di sistemi

per l’abbattimento dei fumi, oppure in impianti dedicati (cioè costruiti ad hoc)

con recupero energetico che diano le massime garanzie sul piano ambientale e

della sicurezza.

Per la realizzazione degli impianti dedicati alla combustione di CDR,

dovranno inoltre essere verificate le effettive quantità di rifiuti prodotte sul

territorio in cui viene previsto l’impianto, in modo che la sua capacità

corrisponda alle effettive esigenze di smaltimento. Sarà questo il modo per

poter contrastare la realizzazione di quegli impianti che non hanno alcuna

giustificazione di essere realizzati sulla base di una corretta pianificazione.

Molti degli impianti termici esistenti bruciano rifiuti tal quale o si limitano

a trattamenti di deferrizzazione e triturazione prima dell’incenerimento e

oltretutto sono impianti obsoleti che portano a rese di processo

decisamente basse e ad alti problemi di emissioni.

In altre parole sono impianti che non forniscono alcuna garanzia :

andrebbero semplicemente chiusi e su questo indirizzeremo la nostra

azione.

Nei prossimi mesi Legambiente si impegnerà con forza nelle azioni per

promuovere la riduzione dei rifiuti a partire da "Disimballiamoci".

Inoltre le nostre azioni punteranno a:

promuovere a livello nazionale e locale accordi di programma volti a

massimizzare il recupero e il riutilizzo dei rifiuti (es. inerti)

verificare lo stato di attuazione sul territorio nazionale, del sistema degli

incentivi economici alla produzione di energia elettrica da rifiuti, previsti

dalla Legge 10 sulla base del CIP6 .

contrastare la concessione di incentivi economici (vedi il vecchio CIP6) alla

produzione energetica tramite combustione di CDR.

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controllare le realtà sottoposte al regime di commissariamento per

l’emergenza rifiuti, per raggiungere in tempi brevi il ripristino delle

situazioni ordinarie

richiedere l’introduzione della cauzione almeno sui contenitori per liquidi,

in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero

previsti per gli imballaggi;

richiedere l’introduzione della cauzione sui beni durevoli, qualora il

sistema non provveda ad organizzarsi in tal senso

che non vengano prorogati i termini di utilizzo per le discariche

autorizzate secondo procedura di emergenza.

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2.6 LE MODIFICHE

APPORTATE AL DECRETO RONCHI

Dlgs 8 novembre 1997, n. 389 (c.d. "Ronchi bis");

legge 9 dicembre 1998, n. 426 recante "Nuovi interventi in campo ambientale"

(nota come "Ronchi ter");

Dl 28 dicembre 1998, n. 452 (convertito nella legge 35/1999), che ha

prorogato il termine - previsto dall'articolo 4, comma 26 della legge 426/1998 -

per l'adesione al CONAI al 28 febbraio 1999;

articolo 49 della legge 448/1998 (collegato alla finanziaria 1999), che ha,

invece, prorogato al 30 giugno 1999 il termine - stabilito dall'articolo 57

comma 5 del "Decreto Ronchi" - entro il quale le attività e i rifiuti che in base

alle leggi statali e regionali vigenti risultavano esclusi dal regime dei rifiuti e i

materiali, e le sostanze individuate nell'allegato 1 al decreto del 5 settembre

1994 (cd. "mercuriali"), devono conformarsi alle disposizioni del Dlgs

22/1997. Sulla questione del "tutto rifiuto" è intervenuto il Min. Ambiente: con

la circolare 28 giugno 1999 il Ministero ha cercato di chiarire quando i

"mercuriali" sono soggetti al regime giuridico dei rifiuti e quando, invece, sono

sottoposti a quello delle materie prime;

articolo 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge Finanziaria 2000), che

ha ulteriormente prorogato (il primo rinvio è avvenuto ad opera della legge

426/1998) il termine per l'entrata in vigore del sistema tariffario per la gestione

dei rifiuti urbani, previsto dagli articoli 49 e seguenti del Dlgs 22/1997;

articolo 1, comma 1, del Dl 30 dicembre 1999, n. 500, che ha prorogato il

termine ultimo per il recapito in discarica di determinati rifiuti. Il Dl - come

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La normativa vigente

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convertito in legge (25 febbraio 2000, n. 33) - modificando l'articolo 5, comma

6, del Dlgs 22/1997, ha infatti spostato "sino alla data di entrata in vigore del

provvedimento di recepimento della direttiva 1999/31/CE (...) e in ogni caso

non oltre il termine del 16 luglio 2001" la data a partire dalla quale è consentito

smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme

tecniche ed i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e

di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D11 di cui all'allegato B al

"Decreto Ronchi".

articolo 9 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ("Collegato" alla Finanziaria

2000) che ha aggiunto all'articolo 41 del Dlgs 22/1997, relativo al CONAI, il

seguente comma: "2-bis. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di

recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI

e dai consorzi di cui all'articolo 40 nelle riserve costituenti il loro patrimonio

netto non concorrono alla formazione del reddito a condizione che sia rispettato

il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e

riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi e del CONAI. I soggetti di

cui all'articolo 38, comma 3, lettera a) partecipano al finanziamento dell'attività

del CONAI".

legge 23 marzo 2001, n. 93 ("Disposizioni in campo ambientale"), che ha

introdotto rilevanti novità in tema di: bonifiche dei siti inquinati; terre di scavo

e materiali vegetali; raccolta differenziata; contributo per lo smaltimento;

sanzioni per il traffico illecito di rifiuti;

decreto legge 16 luglio 2001, n. 286 (convertito in Legge 335/2001), che ha

prorogato l'addio alla discarica previsto dall'articolo 5, comma 6 del "Decreto

Ronchi", stabilendo che i rifiuti diversi dagli inerti e da quelli pre-trattati

potranno continuare ad andare in discarica fino all'emanazione delle norme

tecniche (che stabiliranno a quali di loro sarà ancora concessa tale forma di

smaltimento) ma - comunque - non oltre un anno dalla data di entrata in vigore

della legge di conversione del Dl. Tale data è identificabile nel 22 agosto 2002.

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Il decreto legge ha inoltre prorogato al 31 ottobre 2001 il termine per l'adesione

obbligatoria al Consorzio per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene

(POLIECO).

a) DECRETI TECNICI APPROVATI

OGGETTO DECRETONorme tecniche sulle caratteristiche del CDR Dm 5 febbraio 1998Norme tecniche per il recupero energetico agevolato da rifiuti non pericolosi

Dm 5 febbraio 1998

Norme tecniche per il recupero di materia agevolato da rifiuti non pericolosi

Dm 5 febbraio 1998

Determinazione diritto annuale di iscrizione agli Albi provinciali Dm 21 luglio 1998, n.350Norme tecniche sul compost ottenuto da frazione organica dei rifiuti urbani

Dm 5 febbraio 1998

Rifiuti sanitari Dm 26 giugno 2000, n.219Conferimento ai centri di raccolta dei veicoli e rimorchi non reclamati dai proprietari

Dm 22 ottobre 1999, n.460

Approvazione statuto Consorzio obbligatorio oli vegetali e grassi animali esausti

Dm 15 luglio 1998

Approvazione statuto Consorzio riciclaggio polietilene (POLIECO)

Dm 15 luglio 1998

Elaborazione metodo normalizzato tariffa rifiuti urbani Dpr 158/99 (modificato dall’art.33 Legge finanziaria 2000)

Bonifiche Dm 25 ottobre 1999, n.471Riorganizzazione catasto rifiuti Dm 4 agosto 1998, n.372Modello uniforme di registro carico/scarico Dm 1 aprile 1998, n.148, Circ. 4

agosto 1998Modello uniforme di formulario di identificazione per il trasporto Dm 1 aprile 1998, n.148, Circ. 4

agosto 1998Criteri e norme per la spedizione transfrontaliera di rifiuti Dm 3 settembre 1998, n.370Valori limite emissioni e norme tecniche per coincerimento rifiuti pericolosi

Dm 25 febbraio 2000, n.124

Istituzione sezioni regionali dell’Albo e organizzazione Albo nazionale

…Dm 28 aprile 1998, n.406

Approvazione statuti consorzi filiera imballaggi Dm 15 luglio 1998Approvazione statuto CONAI Dm 29 ottobre 1997

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b) DECRETI TECNICI NON APPROVATI (ALCUNI FONDAMENTALI)

e

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OGGETTO TERMINE ULTIMONorme tecniche per il calcolo su base annua dell’energia utile ottenuta da rifiuti urbani

31/12/1998

Norme tecniche per l’autosmaltimento di rifiuti non pericolosi Non previstoDeterminazione modalità condizioni, misure, incentivi per utilizzo rifiuti come combustibile per produrre energia

01/05/1997

Norme tecniche per lo smaltimento in discarica (recepimento direttiva 1999/31/CE)

16/07/01

Introduzione cauzionamento obbligatorio sui beni durevoli in caso di necessità

02/03/2000

Norme tecniche su caratteristiche impianti autodemolizione 02/09/1997Disciplina recupero amianto e prodotti contenenti amianto Non previstoDeterminazione criteri quali-quantitativi per l’assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali

Non previsto

Garanzie finanziarie Albo gestori impianti 31/05/1997Adozione misure economiche sugli imballaggi a seguito mancato raggiungimento obiettivi recupero e riciclaggio

Non previsto

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Le Regioni che hanno dato attuazione ai decreti legislativi 22/97 e 118/1998 sono

l’Abruzzo, l’Emilia Romagna e la Liguria, mentre il Lazio, le Marche, la Toscana e

il Veneto hanno emanato solamente norme regionali in materia di rifiuti; infine, la

Basilicata, il Piemonte e l’Umbria hanno provveduto ad emanare disposizioni di

legge unicamente in materia di decentramento amministrativo.

c) Situazione leggi regionali Tabella 1

REGIONE Legge regionale di attuazione D.Lgs. 22/97

Legge regionale di attuazione D.Lgs. 112/98

ABRUZZO 83/00 110/00 (11/99)BASILICATA 7/99EMILIA ROMAGNA 25/99 3/99LAZIO 27/98LIGURIA 17/97 18/99LOMBARDIA 1/00MARCHE 28/99 – 17/00MOLISE 34/99PIEMONTE 44/00TOSCANA 25/98 – 71/00UMBRIA 3/99VENETO 3/00

Fonte: leggi regionali

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La tabella di seguito riportata fornisce una visione complessiva dei Piani regionali e provinciali.

d) Situazione Piani gestione rifiuti al 30 giugno 2001 Tabella 2ENTE SITUAZIONE PIANO

Regione Piemonte Approvato con D.C.R.n. 436-11546 del 30/07/1997

Provincia di Alessandria Approvato con D.G.R. n. 16-308 del 29/06/2000

Provincia di Asti Adottato con D.C.P. n. 7974 del 18/03/1998 e approvato con presa d’atto della Regione

Provincia di Biella Adottato con D.C.P. n. 1 del 13/01/1998 in corso di approvazione regionale

Provincia di Cuneo Adottato con D.C.P. n. 142/5 del 21/12/1998 in corso di approvazione regionale

Provincia di Novara Adottato con D.C.P. n.188 del 03/12/1998 approvato con D.G.R. n. 21-471 del 17/07/2000

Provincia di Torino Adottato con D.C.P. n. 413-109805 del 08/09/1998 e n. 196353 dell’11/01/2000 approvato con D.G.R. n. 18-29780 del 03/04/2000

Provincia di Verbano C. O.

Adottato con DGP n. 10 del 27/01/2000 in fase di approvazione da parte del Consiglio provinciale

Provincia di Vercelli Approvato con D.G.R. n. 47-27062 del 12 aprile 1999

Regione Lombardia -

Provincia di Bergamo Adottato con D.C.P. n.118 del 23/07/1997 revisione del Piano previgente, trasmesso alla Giunta regionale per approvazione

Provincia di Brescia Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione

Provincia di Como Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione

Provincia di Cremona Piano approvato con D.G.R. n. V/1167 del 12/10/1994 attualmente in fase di revisione

Provincia di Lecco Piano approvato dalla Regione con Deliberazione n. VI/1532 del 29/02/2000

Provincia di Lodi Revisione del Piano previgente in corso, sarà completata entro il 2001

Provincia di Mantova Piano approvato con D.C.P. n. 31 del 29/07/1999 all’esame della Giunta regionale

Provincia di Milano Prevista revisione del Piano, approvato con D.C.R.del 15/11/1995 e aggiornato con D.C.P. n. 30059-9898-93 del 20/04/1999, entro il 2001

Provincia di Pavia Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione

Provincia di Sondrio In corso revisione del Piano adottato dal CP e approvato con D.G.R. n. VI/558 del 09/04/1997

Provincia di Varese In corso di revisione il Piano adottato dal Consiglio provinciale e approvato con D.G.R. n. VI/557 del 09/04/1997

Regione Veneto (*) Adottato con D.G.R. n. 451 del 15/02/2000 in corso di approvazione da parte del Consiglio regionale

Provincia di Belluno Adottato con D.C.P. n. 11 del 12/05/2000 in corso di approvazione regionale

Provincia di Padova Adottato dal Consiglio provinciale non ancora approvato dalla Regione

Provincia di Rovigo -

Provincia di Treviso -

Provincia di Venezia Adottato con D.C.P. n. 8538/99, in corso di aggiornamento

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Provincia di Verona In fase di elaborazione

Provincia di Vicenza Predisposto, non ancora adottato

Regione Liguria Approvato con D.C.R.n.17 del 29/02/2000

Provincia di Genova Prevista adozione da parte del Consiglio provinciale entro luglio 2001

Provincia di Imperia Consegnato alla Provincia dall’esecutore, sarà adottato entro settembre 2001

Provincia di Savona -

Provincia della Spezia Consegnato alla Provincia dall’esecutore, attualmente è all’esame del CP, si prevede l’approvazione entro il mese di luglio 2001

Regione Emilia Romagna -

Provincia di Bologna Prevista a breve la revisione e l’integrazione del Piano infraregionale

Provincia di Ferrara Prevista revisione e l’integrazione del Piano infraregionale a seguito emanazione Linee guida regionali previste dalla L.R. 03/99

Provincia di Forlì Approvato con Deliberazione della Regione n. 1705/99 del 21/09/1999

Provincia di Modena Adottato con D.C.P. n. 202 del 24/07/1996 e approvato con D.G.R. n. 1073 del 24/06/97

Provincia di Parma -

Provincia di Piacenza -

Provincia di Ravenna Adottato con D.C.P. n. 134 del 31/10/98 e n. 78 del 15/06/99. Approvato con D.G.R. n. 208 del 16/02/00

Provincia di Reggio Emilia

Prevista a breve revisione e integrazione del Piano infraregionale a seguito dell’emanazione delle Linee guida regionali previste dalla L.R. 03/99

Provincia di Rimini -

Regione Toscana Approvato con D.C.R.n. 88/1998

Provincia di Arezzo Adottato 1° stralcio relativo a RU e RUA con D.C.P. n. 44 del 14/04/1999 pubblicato su BURT n. 12 del 02/03/2000 suppl. straordinario

Provincia di Firenze Adottato con D.C.P. n. 35 del 28/02/2000 approvato con D.G.R. n. 728 del 04/07/2000

Provincia di Grosseto -

Provincia di Livorno Adottato con D.C.P. n. 168 del 14/09/2000 approvato con D.G.R. n. 1082 del 17/10/2000

Provincia di Lucca Adottato con D.C.P. n. 178 del 17/11/1999 in corso di approvazione regionale

Provincia di Massa Carrara

Adottato con D.C.P. n. 69 del 06/10/1998 richieste, integrazioni con D.G.R. n. 261 del 15/03/1999

Provincia di Pisa Adottato con D.C.P. n. 36 del 25/02/2000 approvato con D.G.R. n. 370 del 14/07/2000

Provincia di Pistoia -

Provincia di Prato -

Provincia di Siena Adottato con D.C.P. n. 2 del 01/03/1999 approvato con D.G.R. n. 537 del 10/05/1999

Regione Umbria In corso di approvazione

Provincia di Perugia -

Provincia di Terni -

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Regione Marche Approvato con D.C.R.n. 7 del 28/10/1999

Provincia di Ancona Adottato con D.C.P. n. 60 del 19/04/2001, attualmente all’esame della GR

Provincia di Ascoli Piceno -

Provincia di Macerata Adottato con D.C.P. n. 99 del 22/12/2000, in fase di pubblicazione sul BUR

Provincia di Pesaro -

Regione Lazio -

Provincia di Frosinone -

Provincia di Latina Adottato con D.C.P. n. 71 del 30/09/1998. Giudizio di conformità con D.G.R. n. 6523 del 24 novembre 1998, come rettificata con D.G.R. n. 201 del 26 gennaio 1999

Provincia di Rieti Adottato, trasmesso alla Regione per giudizio di conformità.

Provincia di Roma Approvato con deliberazioni provinciali n. 345 del 29/05/1998 e n. 368 del 6/08/1998. Giudizio di conformità con D.G.R. n. 6523 del 24/11/1998

Provincia di Viterbo Approvato dalla Provincia e in attesa di giudizio di conformità della Regione

Regione Abruzzo In fase di predisposizione

Provincia di Pescara Approvato come preliminare

Provincia di L’Aquila Avviate le procedure per l’affidamento dell’incarico per la redazione

Provincia di Pescara Affidato l’incarico per la redazione

Provincia di Teramo In fase di approvazione

Regione Molise Piano di emergenza sui rifiuti solidi urbani approvato con D.G.R. n. 1240 del 25/09/2000

Provincia di Campobasso -

Provincia di Isernia -

Regione Basilicata Approvato con L.R. n. 6 del 02/02/2001

Provincia di Matera -

Provincia di Potenza -

(*) La Regione Veneto intende pronunciare il parere di conformità sui Piani provinciali con un unico atto di imminente formulazione.Fonte: Regioni, Province

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2.6 GLI ACCORDI DI PROGRAMMA SUL TERRITORIO

Gli accordi di programma sono uno strumento utile ad agevolare le operazioni

di riduzione, riciclaggio e recupero dei rifiuti, in quanto possono permettere di

concordare con i diversi soggetti politici 1

Gli enti locali che svolgono funzioni di programmazione, quali le regioni e le

province, negli ultimi anni hanno iniziato a ricorrere ad accordi e contratti di

programma per ottimizzare la gestione di alcune tipologie di rifiuti. Le

iniziative condotte hanno riguardato alcuni rifiuti che presentano

caratteristiche tali da rendere necessarie azioni volte a semplificare la gestione

di alcuni procedimenti amministrativi. In particolare, gli enti pubblici,

attraverso la stipula di accordi di programma, hanno inteso favorire la

gestione integrata dei rifiuti con la partecipazione di tutti i soggetti pubblici e

privati a vario titolo coinvolti, con lo scopo di:

– migliorare l’efficacia dei controlli pubblici;

– semplificare gli oneri burocratici a carico delle imprese;

– agevolare l’adozione di sistemi di raccolta differenziata e il riciclaggio e

recupero;

– mettere a disposizione dell’utenza idonei servizi di smaltimento e

recupero dei rifiuti.

Il settore nel quale è stato concluso il maggior numero di accordi è quello

dei rifiuti agricoli, in considerazione della dispersione sul territorio delle aziende

del settore e della presenza di strutture consolidate di servizi territoriali a loro

disposizione (es. ex consorzi agrari, cooperative, ecc.), della presenza di diverse

tipologie di rifiuto (contenitori per fitofarmaci, oli per motore, batterie, teli di

polietilene, ecc.) che gli operatori si trovano a dover gestire.

Le Regioni Emilia Romagna, Toscana e Piemonte hanno adottato degli

“schemi tipo” di accordo, da utilizzare da parte delle province per la conclusione

di specifici accordi nel proprio territorio.1 ? Per approfondimenti vedi Appendice D su“Rapporto Rifiuti 2001” a cura di ANPA-ONR reperibile

sui seguenti siti: www.anpa.it; www.minambiente.it

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A seguito di tali interventi, risulta che hanno concluso accordi di

programma di settore le Province di Bologna, Modena, Forlì, Ferrara, Reggio

Emilia, Rimini, Pisa, Alessandria, Asti e Verbania. Risulta inoltre che altri

accordi per la gestione dei rifiuti agricoli sono stati conclusi nelle Province di

Padova, Pesaro e Rieti.

Per quanto riguarda i rifiuti inerti, è stato siglato il 1° febbraio 2001 tra la

Regione Marche, gli Enti locali e le Associazioni di categoria e i soggetti privati

interessati un Accordo di programma. Anche in Emilia Romagna si sta

procedendo in questa direzione: fra le diverse iniziative si segnala quella della

Provincia di Bologna, dove è in fase di definizione un Accordo di programma

relativo ai residui derivanti dall’attività di costruzione e demolizione e

sull’utilizzo dei rifiuti inerti da attività produttive.

Fra le altre iniziative si segnalano le seguenti:

– Accordo di Programma per la gestione integrata dei rifiuti nel territorio

siglato il 1° giugno 2001 dal CONAI, con il Ministero dell’ambiente, la

Regione Friuli-Venezia Giulia, la Provincia di Udine, la Provincia di

Trieste, il Comune di Trieste, il Comune di Udine, il Comune di

Tavagnacco ed il Comune di San Giovanni al Natisone, con la finalità

di incrementare i livelli di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e di

quelli assimilati prodotti dalla piccola e media industria;

– Regione Emilia Romagna: Accordo di programma con le Ferrovie dello

Stato SpA per il recupero dei rifiuti da traverse e altri manufatti in legno

provenienti dallo smantellamento di linee ferroviarie14;

– Provincia di Grosseto: Accordo di programma per il riutilizzo dei gessi

rossi provenienti dal ciclo di produzione del biossido di titanio, siglato

il 12 aprile 2000;

– Regione Veneto: sono state stabilite le condizioni generali per la

definizione di un Accordo di Programma con il Consorzio Nazionale

Compostatori e i vari gestori degli impianti di compostaggio per

l’ottimizzazione della gestione degli impianti di compostaggio sul

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territorio, la promozione delle attività sul territorio ed il monitoraggio

della qualità (attraverso la calmierazione dei prezzi di conferimento

della frazione organica agli impianti, la definizione di priorità di

accesso agli impianti per la FOS prodotta in Regione, il sostegno

tecnico e finanziario agli impianti, azioni per l’introduzione di

programmi di qualità nelle aziende);

– il Consorzio Italiano Compostatori ha concluso alcuni accordi di

programma con alcune regioni per lo sviluppo, la raccolta differenziata

delle frazioni organiche, il trattamento di compost e l’impiego del

prodotto (Regione Emilia Romagna, Agenzia Regionale Recupero

Risorse della Regione Toscana, Agenzia Laziale Ambiente).

Sono in fase di predisposizione gli accordi con le Regioni Marche,

Umbria e Veneto.

Attualmente l’attività relativa alla definizione degli accordi di

programma su scala locale sta subendo una battuta d’arresto in alcune

regioni, tra cui la Toscana e il Piemonte che stavano procedendo alla

definizione di accordi per il recupero dei rifiuti del settore tessile nelle

aree di Prato e Biella. Si registra la difficoltà di definire in modo

puntuale quali siano effettivamente le semplificazioni adottabili

nell’ambito di accordi di programma su scala locale, con i quali si

sostituiscono alcuni adempimenti amministrativi, quali ad esempio

l’obbligo alla tenuta dei Formulari di identificazione – di cui all’art. 15

del D.Lgs. 22/97 – e dei Registri di carico e scarico – di cui all’art. 12 –

con altre scritture e documenti contabili. Infatti, in base a quanto

disposto dall’art. 4 del D.Lgs. 22/97, è prevista la possibilità da parte

delle “autorità competenti” di stabilire agevolazioni in materia di

adempimenti amministrativi, nel rispetto delle norme comunitarie, per i

soggetti che si impegnano a favorire il riutilizzo e il recupero dei rifiuti.

La difficoltà operativa risiede nella necessità di stabilire dal punto di

vista giuridico quali sostituzioni siano prevedibili con atti regionali,

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ovvero se le regioni siano le autorità competenti a procedere in tal

senso, senza che i soggetti firmatari di eventuali accordi di programma

rischino di essere soggetti alle sanzioni previste per i mancati

adempimenti.

2.7 Il CDR

Il CDR, Combustibile Derivato dai Rifiuti, è un prodotto regolamentato

ottenuto dai rifiuti urbani o meglio dalla frazione secca residua dopo aver

raccolto le altre frazioni in maniera differenziata. Le caratteristiche tecniche

del CDR sono definite per legge tramite il D.M. del 5.2.1998.

E’ considerato a tutti gli effetti un Combustibile Secondario, diverso dagli

RDF (Refuse Derived Fuel), perché a differenza di questi risponde a

specifiche definite.

L’uso dei Combustibili Secondari ed in particolare del CDR, presenta

vantaggi ambientali e economici. I vantaggi ambientali rispetto

all’incenerimento della frazione residua degli RSU dopo raccolta

differenziata, riguarda due aspetti: innanzitutto la quantità di CO2 prodotta a

parità di energia utilizzabile; inoltre essendo il CDR un combustibile con

caratteristiche note e costanti permette di garantire stabilità di combustione e

di conseguenza di prevedere la tipologia delle emissioni al camino e quindi di

abbatterle.

Ma veniamo all’aspetto che riguarda la minor produzione di CO2 prodotta a

parità di energia utilizzabile.. Questo avviene perché la quantità di acqua

contenuta nel CDR, a parità di peso è inferiore rispetto al rifiuto tal quale.

L’energia liberata dalla combustione viene recuperata in caldaia dove i fumi

di combustione raffreddandosi riscaldano il vapore; ma se il combustibile

contiene acqua, questa durante il processo di combustione assorbe calore che

non può essere recuperato in caldaia.

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Nella tabella seguente si mettono a confronto le diverse quantità e la CO2

prodotta per ottenere la stessa quantità di energia - 1KWh - da due diversi tipi

di carbone, da CDR e da frazione residua dei RSU.

COMBU-

STIBILE

ENERGIA

RECUPERATA* CO2

g KWh G %

CARBONE

AFRICANO

184,8 1 440,2 -17,1

CARBONE

AMERICANO

166,5 1 426,5 -19,7

CDR 259,1 1 391,1 -26,4

RSU 458,4 1 531,1 100

*Energia termica recuperata=differenza di entalgia dei fumi rapportata a una

variazione di temperatura di 900-200=700°C

Fonte: ECODECO

E’ evidente dalla tabella che l’incenerimento di RSU è quello che

produce la maggior quantità di CO2, persino più del carbone, e che se il CDR

viene utilizzato in alternativa al carbone in impianti esistenti, si ottiene un

vantaggio aggiuntivo nella riduzione di CO2, che varia a seconda del tipo di

carbone sostituito.

Quindi a parità di energia recuperabile, la combustione di CDR produce

il 26,4% in meno rispetto all’incenerimento della frazione residua dei rifiuti

urbani e un risultato analogo si ottiene anche in confronto all’incenerimento

degli RSU tal quali.

Da uno studio condotto da FISE-Assoambiente, oltre a verificare il

vantaggio ambientale della combustione di CDR, si rileva anche un vantaggio

economico che diviene più evidente a seconda dell’ampiezza del bacino di

riferimento.2 Il vantaggio aumenta se si utilizzano impianti esistenti, dato che

non ci sono i costi di realizzo del nuovo impianto.2 ? Per approfondimenti chiedere il file: Pasini.pdf

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L’uso di CDR in una cementeria che usa carbone permette quindi una

riduzione totale di CO2 tra il 34 e il 36,6% in meno rispetto all’impiego

combinato dell’incenerimento e del carbone.

L’aspetto più interessante del CDR sta quindi nella possibilità di utilizzare

centrali esistenti per la sua combustione con recupero di energia, con

interventi relativamente semplici e quindi investimenti aggiuntivi modesti per

trasformare il combustibile secondario in modo da essere compatibile per

l’alimentazione degli impianti. Attualmente il processo veramente semplice e

ben collaudato riguarda la gassificazione ed alimentazione del fluido gassoso

ottenuto in centrali a carbone, ma i vantaggi interessanti che questa pratica

presenta dovrebbero indurre a sperimentare altre soluzioni. Per comprendere

l’importanza dell’uso di centrali esistenti in alternativa agli impianti di

incenerimento è utile ricordare che il CDR derivante dai rifiuti prodotti in un

bacino è sufficiente per produrre non più del 4% dell’energia elettrica

utilizzata dallo stesso bacino; senza dubbio una frazione piccola se paragonata

alla quantità di metano utilizzata, ma importante se vista come quantità in

sostituzione di combustibili fossili. Inoltre il 27 ottobre scorso è entrata in

vigore la direttiva sulle Fonti rinnovabili di energia3 che prevede una

sostanziale riduzione delle sovvenzioni rispetto alla situazione italiana dei

"certificati verdi" (che ha in pratica sostituito il meccanismo del CIP6). Con il

basso livello di sovvenzione previsto l’incenerimento dei rifiuti costerà molto

di più nell’immediato futuro rispetto alle 52 centesimi di euro/Kg, da molti

millantato in base alla direttiva sull’incenerimento.

3 ? Per saperne di più www.greenprices.com

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Rifiuti al Sud,

l'emergenza infinita

Roma, 2 aprile 2001

 

a. Premessa

Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile

che, dopo la Campania, potrebbe interessare le altre regioni del Sud Italia in

emergenza rifiuti, ovvero Calabria, Puglia e Sicilia. In effetti dopo anni di

commissariamento poco, troppo poco si è fatto per uscire dal regime di

amministrazione straordinaria nel settore. Le raccolte differenziate viaggiano

ancora su percentuali pressoché pari allo zero percentuale. Molti degli

impianti necessari per il trattamento delle varie frazioni dei rifiuti (di

compostaggio, di produzione del combustibile derivato dai rifiuti, meglio noto

come "Cdr", di combustione del Cdr, etc.) previsti nei piani d'emergenza o in

quelli regionali sono ancora nella fase della scelta del sito di localizzazione o

del bando di gara. Altri impianti, in costruzione o in ristrutturazione da anni,

sono ancora lontani dalla messa in esercizio. Ergo, la discarica era e rimane

l'unica via di smaltimento; ma le vecchie discariche sono in gran parte

esaurite e per realizzarne di nuove non ci sono più territori disponibili e

popolazioni disposte ad accettarne. Di ridurre la quantità di rifiuti prodotti non

se ne parla neanche lontanamente. Situazione ottimale per i business

dell'ecomafia, che infatti continua a "gestire" i rifiuti riempiendo di discariche

abusive il Sud Italia e non solo.

La Campania e la Puglia sono commissariate per l'emergenza rifiuti con

ordinanza del Ministero dell'Interno dal 1994, a seguire dal 1997 la Calabria e

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2.8

Il Documento

di Legambiente

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infine nel 1999 la Sicilia. Ma in queste regioni il problema della gestione dei

rifiuti è ancora più remoto e purtroppo il regime di commissariamento non ha

dato i risultati sperati. L'aver conferito pieni poteri a commissari che altri non

erano se non gli stessi amministratori che non erano stati in grado di gestire in

regime ordinario il problema, non si è rivelata la scelta corretta. Sono stati

allora affiancati dai prefetti a gestire le discariche pubbliche, sono state chiuse

quelle private, si sono inserite figure esterne agli apparati regionali, sono stati

incaricati tecnici di fondata esperienza: si è cominciato a vedere qualche

risultato, ma non è stato sufficiente. Le prescrizioni delle ordinanze, tranne

qualche rara eccezione, sono rimaste elenchi di cose da fare, gli obiettivi di

raccolta differenziata numeri sulla carta, gli impianti abbozzati a progetti.

La situazione generale in ciascuna regione è ad oggi a dir poco sconfortante.

Iniziamo dalla Campania, la regione pesantemente coinvolta negli ultimi mesi

dall'emergenza rifiuti. Il commissariamento della regione inizia nel 1994 e per

ora è prorogato fino al 31 dicembre 2002. Da una iniziale situazione in cui

l'unico sistema di smaltimento dei rifiuti era basato sulle discariche, tutte

gestite dai privati, si è arrivati nel 1997 all'elaborazione del piano regionale,

corretto nella versione attuale nel 1998. In questo piano è previsto l'esercizio

di diversi impianti (compostaggio, produzione di Cdr ed incenerimento) che

in piccola parte stanno per iniziare l'attività. Per quanto riguarda le raccolte

differenziate dall'autunno del 1999 i soldi impegnati per acquistare mezzi,

attrezzature ed impianti di compostaggio e riciclaggio degli inerti sono stati

oltre 400 miliardi di lire. La percentuale di raccolta differenziata a fine 2000

secondo i dati del Commissario è stata pari al 5% ed è destinata ad aumentare.

Potrà sembrare strano ma ci sono comuni in Campania con percentuali

"lombarde": in alcuni comuni dell'avellinese e del beneventano si è passati

dallo 0,8% all'8% in pochi mesi, Pomigliano d'Arco è arrivata al 16%. Ma in

parallelo permane ancora il ciclo illegale dei rifiuti: dal Rapporto Ecomafia

2001 di Legambiente emerge che le forze dell'ordine hanno riscontrato nello

scorso anno 229 infrazioni ed hanno operato 115 sequestri.

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In Calabria la situazione è diversa. Il commissariamento ha avuto inizio tre

anni più tardi - nel 1997- ed è stato prorogato per ora fino al 31 dicembre

2001. Se è vero che sono state chiuse oltre 400 discariche avviate con

procedura d'urgenza ed è stato finalmente presentato il nuovo piano regionale

(il precedente era stato bocciato dalla Commissione europea perché mancante

dei dati iniziali sulla produzione dei rifiuti!), molti sono ancora i problemi da

risolvere. Nonostante le elevate percentuali di raccolta differenziata previste

dalle ordinanze succedutesi negli anni, i numeri ufficiali forniscono un quadro

desolante: dallo 0,6% nel 1998 si è passati, secondo il Commissario, al 2,4%

nel 1999. Il piano presentato prevede due impianti di incenerimento da

120.000 tonnellate all'anno, impianti di produzione di Cdr, impianti per il

compost. Attualmente, oltre alle 59 discariche autorizzate, sono attivi solo due

impianti di selezione dei rifiuti. Nessuno dei nuovi impianti previsti dal piano

è stato realizzato. Nei 409 comuni calabresi l'Ufficio del Commissario ha

individuato 696 siti inquinati con volume superiore ai 250 metri cubi, la cui

bonifica ha un costo stimato in circa 1000 miliardi di lire. In Calabria,

secondo i dati riportati nel Rapporto Ecomafia 2001 di Legambiente, sono

stati accertati 149 reati nel ciclo dei rifiuti e 75 i sequestri compiuti.

In Puglia dal 1994, anno del commissariamento prorogato finora al 31

dicembre 2001, nulla è cambiato. Il piano regionale conforme a quanto

previsto nel decreto Ronchi è stato presentato il 7 marzo 2001, a quasi quattro

anni di distanza. Le discariche (tutte in attività grazie a proroghe date dal

Commissario) continuano ad essere essenzialmente l'unico metodo di

smaltimento dei rifiuti. Tre sono gli impianti di compostaggio presenti: un

solo impianto è effettivamente attivo, anche se è ampiamente sottoutilizzato,

dato che la raccolta dell'umido in Puglia non è sostanzialmente mai partita. Le

raccolte differenziate, nonostante il servizio sia esteso al 76% dei comuni

pugliesi, nel 1998 erano pari al 2,8 % (Ministero dell'Ambiente). Secondo il

Commissario al 30 giugno 1999 la percentuale era pari al 4%. Ma alla Puglia,

con 260 reati accertati e 95 sequestri compiuti, spetta sicuramente il primato

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per le illegalità nel ciclo dei rifiuti, così come riportato nel Rapporto Ecomafia

2001 di Legambiente.

Infine la Sicilia, dove il commissariamento è il più recente (è iniziato nel 1999

ed è stato prorogato fino al 31 dicembre 2001), ma lo scenario è più o meno lo

stesso delle altre regioni ed il problema di una pessima gestione dei rifiuti

altrettanto remoto. La discarica, in genere autorizzata con procedura di

emergenza, è da sempre l'unico siatema di smaltimento dei rifiuti. Nel 1997

Legambiente ne censì oltre 300 in tutta la regione e alla metà del 2000 nella

sola provincia di Messina ve ne erano circa 70. Emergenza nell'emergenza

viene segnalata dallo stesso ufficio del Commissariato per l'emergenza rifiuti,

riguardo alla discarica di Bellolampo di Palermo: se non si riuscirà ad

ampliarne la volumetria, entro pochi mesi i rifiuti della città e dell'intera

provincia non sapranno più dove smaltirli. Come dire dalla discarica alla

discarica. E la raccolta differenziata prescritta come rimedio dall'ordinanza?

Dal'1% si è passati secondo il Commissario all'1,9% alla fine del 1999. In

Sicilia secondo i numeri riportati nel Rapporto Ecomafia 2001, sono state

accertate 149 infrazioni e sono stati effettuati 75 sequestri.

Questo è lo scenario in cui vivono circa 17 milioni di persone, oltre un quarto

della popolazione del nostro paese, in un territorio ormai saturo di discariche

da bonificare, e con un sistema di gestione dei rifiuti che fatica ad uscire

dall'emergenza.

La situazione è allarmante. E' necessario individuare al più presto le carenze

del regime delle ordinanze e le sinergie politiche ed amministrative utili per

uscire definitivamente dall'emergenza, e mettere finalmente in piedi un

sistema ordinario per la gestione dei rifiuti. Un sistema basato sul ciclo

integrato, a partire dalle raccolte differenziate e dal riciclaggio dei materiali da

esse derivanti, l'unico in grado di porre le basi per la realizzazione di un

sistema di gestione industriale in grado di togliere definitivamente spazio

all'operato delle ecomafie, che sui rifiuti hanno fondato buona parte del loro

business.

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Certo i segnali che arrivano non sono molto incoraggianti; l'emendamento

inserito in extremis nel disegno di legge sugli interventi in campo ambientale

votato in senato il giorno prima della chiusura del Parlamento, che interviene

sulla definizione di raccolta differenziata, non aiuta certo in tal senso.

E' stato infatti "tagliato" dalla definizione di cosa è la raccolta differenziata il

destino finale dei materiali che da essa derivano, prima previsti in riutilizzo,

riciclaggio e recupero di materia prima. Che è come dire raccogliete in modo

da raggruppare in frazioni omogenee i rifiuti e poi decidete quale destino far

loro intraprendere, senza fastidiose gerarchie a limitare la possibilità di

recuperare energia da esse. Anzi se questo è il sistema ritenuto più efficiente

ed economico si lasci pure che tutte le frazioni derivanti dalla raccolta

differenziata dei rifiuti vengano recuperate in termini energetici. Se il decreto

che dovrà individuare i criteri per la contabilizzazione delle raccolte

differenziate, anch'esso previsto con altro emendamento in quel disegno di

legge, andrà in quella direzione, ecco create le condizioni e l'avallo per la

realizzazione di impianti per incenerire tutti i rifiuti che adesso prendono la

via della discarica, ovvero quasi l'80% di quelli prodotti.

Non era e non è questo il sistema industriale che Legambiente da sempre

propone e per il quale continuerà a battersi.

b. Campania

L'emergenza rifiuti in Campania esplode nel 1994. Da allora sono stati

prodotti circa 18 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, smaltiti per il 98% in

discarica, colmando oltre 25 milioni di metri cubi di invasi. Un'emergenza che

precipita in maniera definitiva il 16 ed il 20 gennaio scorso, quando

l'intervento della Asl determina la chiusura delle discariche di Tufino (Na) e

Parapoti (Sa), già esaurite e il cui esercizio era stato prorogato in assenza di

altri invasi disponibili. Motivo: elevato rischio ambientale. I due centri

raccoglievano i rifiuti di 152 comuni, pari ad un'area abitata da circa due

milioni di abitanti, per una produzione complessiva di 3.000 tonnellate al

giorno. In questi 70 giorni sono state prodotte in queste zone circa 200mila

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tonnellate di rifiuti: circa un terzo sono stati smaltiti in discariche della

Campania (in particolare sono state riaperte le discariche di Palma Campania,

Serre e Castelvolturno, quest'ultima sequestrata dalla magistratura ed in attesa

del dissequestro) e di altre regioni, un altro terzo è stato trattato negli impianti

di vagliatura (tre in funzione e altri in arrivo), triturazione ed imballaggio (4

attivi e altri in arrivo); la restante parte giace in siti di stoccaggio provvisorio

o deve ancora essere rimosso dalle strade. Al momento circa 1.000 tonnellate

al giorno vengono inviate fuori regione (Toscana, Umbria ed Emilia

Romagna). E' previsto l'invio in Germania di parte dei rifiuti derivanti dalla

triturazione ed imballaggio.

Nel febbraio 1994 il Prefetto di Napoli diventa commissario straordinario per

lo smaltimento dei rifiuti. Allora le discariche erano gestite tutte da imprese

private, molte delle quali "in odore di camorra". Nel 1996 al Prefetto si

affianca anche il presidente della Regione, con una funzione rivolta

prevalentemente all'elaborazione di un piano regionale ed alla localizzazione

di impianti di smaltimento. Fino a quel momento esisteva solo lo smaltimento

in discariche. Se ne contavano in Campania 115 autorizzate in via provvisoria

in attesa del piano regionale. La convenienza era soprattutto di natura

economica: 40 - 50 lire al chilo contro le 200 lire delle regioni del nord Italia.

Gli impianti previsti nel piano sono dimensionati partendo dalla produzione

complessiva dei rifiuti della Campania, senza tenere presente la raccolta

differenziata. Le ordinanze che si sono succedute negli anni hanno invece

imposto percentuali di raccolta differenziata sempre più alte, fino al 35%

attuale. Questo dovrebbe comportare comunque un ridimensionamento degli

impianti previsti.

Va comunque sottolineato che tutte le discariche attualmente in esercizio in

Campania sono prossime all'esaurimento e che non sono sufficienti a garantire

lo smaltimento dei rifiuti prodotti in attesa della realizzazione degli impianti

previsti e della messa a regime della raccolta differenziata. Questi rifiuti

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dovranno comunque essere trattati (mediante vagliatura, imballaggio e bio-

stabilizzazione) e dovranno essere individuati siti di stoccaggio definitivo.

La raccolta differenziata in Campania all'inizio dell'emergenza parte al

rallentatore. Sulle raccolte dal '96 al '99 vengono investiti solo 4 miliardi e la

percentuale regionale rimane su valori bassi. Nell'autunno del '99 comincia la

svolta. Da allora ad oggi i miliardi impegnati per acquistare mezzi ed

attrezzature per le raccolte e per costruire gli impianti di compostaggio e

riciclaggio degli inerti sono diventati oltre 400. Nell'ultimo periodo qualcosa

comincia a muoversi. Il commissariato ha previsto la realizzazione di 18

impianti di compostaggio. Ad Avellino è partito un interessante esperimento

sul compostaggio domestico che ha interessato 6 mila nuclei familiari,

raccogliendo in breve tempo il 5% di umido. Inoltre e' stato avviata la gara per

l'acquisto di 100 mila compostatori domestici da dislocare in tutta la regione,

che vedrà coinvolte successivamente altrettante famiglie. Inoltre se fino allo

scorso anno c'era un unico comune (Pomigliano d'Arco) che faceva la raccolta

differenziata con una percentuale quasi "lombarda" (16%), oggi sono oltre

una trentina i comuni che la praticano con buoni risultati. Tanto per fare

qualche esempio nel salernitano il comune di San Cipriano Picentino,

raggiunge la percentuale del 60%, mentre in molti comuni del nolano, in

provincia di Napoli, si raggiunge la quota del 40%. In alcune città della

provincia di Avellino e Benevento e nel Cilento, si è passati dalla ridicola

percentuale dello 0,8% a quella più accettabile dell'8%. Ma siamo ancora

lontani dal traguardo prefissato, da una raccolta differenziata degna di questo

nome. Basti pensare che una metropoli quale Napoli, abitata da oltre 1

milione di persone, raggiunge la misera percentuale del 2% smaltendo i suoi

rifiuti ancora nella discarica di Giugliano. Per la città di Napoli è previsto un

piano per portare in pochi mesi la raccolta differenziata al 20%. In ogni caso

secondo i dati del Commissario a fine 2000 la percentuale di raccolta

differenziata nella regione Campania è arrivata a circa il 5%.

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Mentre tutto questo accadeva la camorra continuava ad occuparsi nel business

dei rifiuti rendendo la Campania la regione italiana più investita da questo

tipo di fenomeno criminale. Solo lo scorso anno, secondo quanto riportato nel

Rapporto Ecomafia 2001 di Legambiente, le forze dell'ordine hanno accertato

229 infrazioni alla normativa sui rifiuti, operando 115 sequestri per un valore

complessivo di oltre 11 miliardi di lire.

Tornando alle cronache degli ultimi giorni, le considerazioni da fare sono

molte. Nel prossimo futuro mai più si deve ricorrere all'utilizzo di discariche

per uscire dall'emergenza, il peggior modo per smaltire i rifiuti che ha

permesso di alimentare il business dell'ecomafia. Per cambiare rotta, e uscire

in modo definitivo dall'emergenza, la struttura commissariale ed i sindaci

abbiano il coraggio di utilizzare la stessa determinazione, usata in questi

giorni rispettivamente per aprire le discariche provvisorie e per protestare

insieme ai cittadini, al fine di far decollare la raccolta differenziata e per

permettere la costruzione degli impianti a tecnologia complessa per il

trattamento dei rifiuti. Solo in questo modo si potrà dare una scossa definitiva

all'emergenza e parallelamente agli interessi della camorra. Infatti è proprio

questo che l'ecomafia non vuole: l'avvio definitivo del ciclo integrato di

smaltimento dei rifiuti.

In definitiva, oggi c'è il rischio che l'emergenza rifiuti diventi l'alibi per

bloccare l'avvio della raccolta differenziata in Campania. Deve essere chiaro a

tutti, in primis cittadini, amministratori, politici, istituzioni, che senza un

risultato positivo e soddisfacente di raccolta differenziata non esiste impianto

moderno e tecnologicamente avanzato che possa risolvere la partita rifiuti in

Campania. Cortei, manifestazioni, proteste, scontri fisici, lacrimogeni? Ecco il

conto che si paga per l'assenza in questi anni di una seria politica per

l'ambiente e per lo smaltimento dei rifiuti. Ed il futuro non è dei più rosei se si

pensa che per beghe politiche sono alcuni mesi che la Giunta Bassolino è

priva dell'Assessore all'Ambiente.

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c) Calabria

Oggi, a tre anni e mezzo dalla dichiarazione dello stato di emergenza,

cominciano a scorgersi i primi timidissimi segnali di cambiamento della

situazione che ha portato al commissariamento della Regione. Sicuramente un

fatto positivo è la chiusura delle circa 400 discariche aperte con procedura

d'urgenza negli anni scorsi e la presentazione del nuovo piano per le raccolte

differenziate e per la complessiva gestione dei rifiuti. Ma sono però ancora

molte purtroppo le note dolenti sul commissariamento della regione Calabria:

la produzione dei rifiuti continua ad aumentare di anno in anno, le raccolte

differenziate sono su percentuali ancora troppo basse, di impianti di

trattamento dei rifiuti a tecnologia complessa non se ne vede ancora traccia,

mentre le illegalità commesse nel ciclo dei rifiuti pongono la regione al quinto

posto nella classifica nazionale, con 149 infrazioni accertate nel 2000.

Entrando nel dettaglio dei dati, la produzione dei rifiuti urbani in Calabria era

pari a 697.210 tonnellate (t) nel 1997 ed è aumentata a 736.900 t nel 1998

(+5,7%), mentre la raccolta differenziata dei rifiuti urbani era allo 0,57% nel

1997 ed è "aumentata" allo 0,65% nel 1998 (fonte: Secondo rapporto sui

rifiuti urbani, Anpa e Osservatorio nazionale sui rifiuti, febbraio 1999, e

Relazione sullo stato dell'ambiente, Ministero dell'Ambiente, febbraio 2001).

Il commissario ha fornito il dato del 2,37% a fine del 1999. I dati sulle

illegalità nel ciclo dei rifiuti nel 2000 hanno registrato rispetto al 1999 una

diminuzione delle infrazioni accertate dalle forze dell'ordine (dalle 336 nel

1999 alle 149 nel 2000), a fronte di una crescita considerevole dei sequestri

effettuati, a testimonianza della maggiore gravità delle infrazioni commesse

(dai 43 del 1999 ai 75 dell'anno appena trascorso) (fonte: Rapporto Ecomafia

2001 di Legambiente, marzo 2001).

Ma veniamo alla cronistoria dell'emergenza rifiuti in Calabria.

Miriadi di discariche attivate sul territorio regionale con procedure d'urgenza

(ex art. 12 del Dpr. 915/82); drammatica carenza di impianti tecnologici di

trattamento dei rifiuti; incapacità della Regione nella programmazione di un

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piano idoneo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti; smaltimenti illeciti di

rifiuti provenienti da altre regioni ad opera della criminalità organizzata: sono

stati questi i motivi che hanno spinto il Governo a proclamare nel settembre

del 1997 lo stato di emergenza e di crisi socio - economico - ambientale nel

settore dello smaltimento dei rifiuti solidi - urbani (Decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri del 12 settembre 1997).

Viene quindi nominato come Commissario delegato il Presidente della giunta

regionale della Calabria, affiancato dai cinque prefetti delle province, in

qualità di sub - commissari, e da una commissione tecnico scientifica. In

quest'ordinanza, a firma del Ministro degli Interni, il quadro fornito sulla

gestione dei rifiuti in regione è a dir poco inquietante. Vale la pena

richiamarne qualche frase:

"la gestione attuale dei rifiuti della regione Calabria si basa in larga misura su

discariche, molte delle quali attivate dai sindaci con procedure d'urgenza,

gestite in modo carente, tanto da aver fatto rilevare al Nucleo operativo

ecologico dei Carabinieri vasti spazi di illegalità che vanno dalla mancanza

dei requisiti tecnici, a gravi omissioni amministrative, a smaltimenti abusivi di

rifiuti provenienti da varie regioni";

"i pochi impianti a tecnologia complessa in esercizio non sono adeguati ai più

recenti requisiti tecnici, che garantiscono un corretto esercizio e che la

realizzazione di altri impianti si trascina nel tempo in modo da impedire il

formarsi di previsioni ragionate";

"la gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti va immediatamente

riportata sotto controllo, impedendo l'introduzione di rifiuti provenienti da

altre regioni, operando riforme strutturali nel settore della raccolta, del

trasporto, della valorizzazione, del recupero di materie e di energia";

"vanno immediatamente censiti e contrastati i casi di smaltimento abusivo,

come pure individuate, chiuse e bonificate le discariche esistenti, limitando lo

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smaltimento residuale in discarica e operandolo in un numero ridotto di

discariche pubbliche adeguatamente attrezzate, gestite e controllate";

"dalla attività svolta dalla magistratura e dalle forze dell'ordine risultano

infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dello smaltimento dei

rifiuti".

Sulla base dell'ordinanza il Commissario Delegato, doveva predisporre entro

la fine del 1997 un piano di interventi di emergenza e l'organizzazione, sulla

base di bacini provinciali, della raccolta differenziata di carta, vetro, metalli,

legno, frazione organica con l'obiettivo di raggiungere il 10% di raccolta entro

il 30 giugno 1998 ed il 35% nei successivi due anni.

Nel maggio del 1998 viene presentato il piano ed entro la fine di quell'anno

vengono chiuse oltre 400 discariche, provvedendo allo smaltimento dei rifiuti

in 59 discariche pubbliche, dislocate su tutto il territorio regionale ed

autorizzate dal Commissario.

Le scadenze temporali sulla raccolta differenziata riportate nell'ordinanza si

dimostrano un "bluff". Vengono emanate quindi diverse nuove ordinanze che

rinviano i termini per l'attivazione delle raccolte e che modificano gli obiettivi

percentuali delle stesse:

con l'Opcm n. 2856 del 1° ottobre 1998 i termini per l'organizzazione e

l'attivazione della raccolta differenziata sono prorogati al 31 dicembre 1998.

Mentre gli obiettivi per la raccolta differenziata prefissati nel 10% alla data

del giugno 1998, vengono rimodulati nella misura del 20% da raggiungere

entro il 30 giugno 1999, fermo restando la programmazione degli interventi

per realizzare l'obiettivo minimo del 35% nei successivi due anni;

con l'Opcm n. 2881 del 30 novembre 1998, (in cui vengono conferiti al

Commissario delegato anche i poteri per la gestione dei rifiuti speciali e

pericolosi, per la bonifica dei siti inquinati ed per la tutela delle acque), viene

previsto un meccanismo di penalità in cui si dispone che la tariffa per il

conferimento in discarica dei rifiuti urbani dei comuni che non hanno attivato

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la raccolta differenziata sia maggiorata del 4% per ogni punto percentuale in

meno rispetto all'obiettivo minimo del 25% previsto nella precedente

ordinanza;

con l'Opcm n.2984 del 31 maggio 1999, vengono dettate le nuove norme e

fissati i nuovi obiettivi che consistono nel conseguire, entro il 31 dicembre

1999, l'obiettivo del 15% di raccolta differenziata della carta, plastica, vetro,

metalli, legno e la programmazione degli interventi per realizzare l'obiettivo

del 25% nei due anni successivi. Inoltre, per quanto riguarda la frazione

umida, viene fissato l'obiettivo minimo del 10% al 31 dicembre 1999 e del

15% nei due anni successivi. Complessivamente quindi gli obiettivi per la

raccolta differenziata previsti nell'ordinanza risultano pari al 25% entro la fine

del '99 e al 40% entro il 2001;

nell'ultima ordinanza (n. 3062 del 6 luglio 2000), che proroga ed integra i

poteri conferiti al Commissario Delegato con le precedenti ordinanze fino alla

cessazione dello stato di emergenza, il Commissario Delegato, al fine di

ottenere la riduzione dei rifiuti da conferire in discarica, deve disporre anche

la riduzione e, successivamente, il divieto di conferimento di qualsiasi tipo di

imballaggio, della sostanza organica, dei rifiuti inerti, degli ingombranti, dei

beni durevoli nonché dei rifiuti assimilati ed assimilabili, in relazione allo

sviluppo della raccolta differenziata.

Il "Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti

solidi urbani ed assimilabili", presentato nel maggio 1998 - puntualmente

criticato da Legambiente in molte sue parti - è stato bocciato dalla Direzione

generale ambiente della Commissione europea nel giugno dello scorso anno.

Le motivazioni della bocciatura sono pesanti: nel Piano sono assenti dati di

partenza, essenziali per la definizione di un piano di gestione rifiuti, come la

tipologia, le quantità e l'origine dei rifiuti prodotti; degli impianti previsti

viene fornita una descrizione sommaria, senza nessuna indicazione sulle

tipologie di rifiuti da destinare ad essi; l'assenza dei dati di base sulla

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produzione dei rifiuti prodotti non dà modo di stabilire il necessario

dimensionamento degli impianti previsti nel Piano. Per dirla in breve il piano

presentato non poteva essere assolutamente definito un piano di gestione

rifiuti, così come previsto dalle direttive europee. Con la conseguenza non

trascurabile che la Calabria rischiava di perdere parte dei finanziamenti

previsti nei Fondi strutturali dell'Unione europea.

Successivamente alla bocciatura europea, all'inizio del 2001, è stato

finalmente presentato il nuovo piano di gestione dei rifiuti e per la bonifica

dei siti contaminati. Il piano suddivide il territorio regionale in cinque Ambiti

territoriali ottimali (Ato). Viene prevista la realizzazione di due impianti di

combustione della capacità di 120.000 t/anno cadauno: il primo da localizzarsi

nel territorio di Gioia Tauro (Rc); l'altro, inizialmente previsto nella provincia

di Cosenza, molto probabilmente verrà localizzato in quella di Crotone.

Considerando la prossima attivazione e messa a regime delle raccolte

differenziate, la costruzione di due impianti di quella taglia continua a

sembrare sovradimensionata. Sono previsti inoltre il completamento e/o il

potenziamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi impianti per

la valorizzazione del rifiuto a Crotone, Piano Lago (Cs), Gioia Tauro (Rc),

Siderno (Rc) e Castrovillari (Cs). Completano l'impiantistica prevista ben 14

stazioni di trasferimento dei rifiuti. Attualmente sono stati attivati gli impianti

di selezione dei rifiuti di Sambatello (Rc) e di Lamezia Terme (Cz), mentre è

stato chiuso, finalmente, l'inceneritore di Settimo di Rende (Cs). L'impianto di

selezione di Rossano (Cs) completato da anni, inspiegabilmente continua a

rimanere chiuso. Dei nuovi impianti previsti tranne le stazioni di trasferimento

non ne è stato realizzato nessuno. Il costo totale di tutti gli impianti previsti è

stimato in oltre 340 miliardi di lire.

Attualmente, se si escludono i rifiuti conferiti agli impianti di valorizzazione e

compostaggio di Lamezia, Sambatello e Alli, la stragrande maggioranza dei

rifiuti urbani è smaltita nelle 59 discariche autorizzate. Finalmente sono stati

attivati in tutti i sedici sottoambiti le società pubblico-private per l'attivazione

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della raccolta differenziata. Non esiste la raccolta dei rifiuti ingombranti, né

tanto meno quella dei rifiuti urbani pericolosi (pile, farmaci).

Particolarmente problematica si presenta anche la raccolta e lo smaltimento

dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, soprattutto per la carenza di

impianti. Infatti gli impianti esistenti riescono a coprire non oltre il 50% dei

rifiuti prodotti nelle regione.

Per quanto riguarda la bonifica dei siti contaminati, dall'indagine sui siti

potenzialmente inquinati da rifiuti nella Regione Calabria, effettuata

dall'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, nei 409 comuni

calabresi sono stati censiti 696 siti potenzialmente inquinati da rifiuti con un

volume superiore ai 250 mc. Il costo previsto per realizzare le bonifiche è

stimato in circa 1000 miliardi di lire. Anche se le discariche sono tutte

dismesse il problema dell'inquinamento del suolo e delle acque sotterranee

rimane comunque un pericolo attuale: la maggior parte non è dotata di

recinzione, né di impermeabilizzazione del sottofondo; oltre il 60% è ubicata

a meno di 150 m da corsi d'acqua. Esempi singolari da questo punto di vista

sono rappresentati dalle discariche di Locri e Siderno che insistono all'interno

dell'alveo del Fiume Novito in piena area di esondazione. Critica si presenta

la situazione nei comuni di Cassano allo Ionio e di Cerchiara di Calabria,

dove sono ammassate, senza precauzione alcuna, centinaia di tonnellate di

ferrite di zinco, rifiuto pericoloso contenente alte concentrazioni di metalli

pesanti, proveniente dalla Pertusola Sud di Crotone.

 

d) Puglia

Ad ormai 6 anni e mezzo dalla dichiarazione dello stato d'emergenza la

situazione pugliese non ha subito alcun cambiamento: gli unici impianti

continuano ad essere solo le discariche; le discariche esaurite sono stati

riaperte con ampliamenti d'ufficio decisi dal commissario - delegato; la

gestione è sempre in mano a pochi oligopoli, come sostenuto in più occasioni

dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e confermato

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dal Procuratore generale della Corte d'appello di Bari Dibitonto all'apertura

dell'anno giudiziario 2001; i piani di gestione sono ancora ben lontani

dall'essere concretizzati; lo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi è

ancora lungi dall'essere attuato. Nel frattempo la Puglia, secondo il Rapporto

Ecomafia 2001 di Legambiente, è diventata la prima regione d'Italia per le

illegalità riscontrate nel ciclo dei rifiuti nel 2000, con ben 260 reati accertati

dalle forze dell'ordine e 95 sequestri operati.

I dati sui rifiuti pugliesi parlano chiaro. Anche se nel corso degli anni 1998 e

1999 i servizi di raccolta differenziata si sono diffusi al 76% dei comuni, a

servizio di oltre l'80% della popolazione, la raccolta differenziata in Puglia nel

1998 era ancora pari al 2,8% (Fonte: Relazione sullo stato dell'ambiente,

Ministero dell'Ambiente, febbraio 2001). Il dato fornito dal Commissario ed

aggiornato a giugno 1999 è pari al 4%. Le raccolte differenziate non

decollano anche perché nessun impianto di raccolta, di prima lavorazione e

stoccaggio dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata è mai entrato

in funzione.

Nella regione Puglia l'emergenza rifiuti è iniziata nel novembre 1994, insieme

all'emergenza sanitaria per i casi di colera a Bari, dovuti all'inquinamento

delle acque. Da allora lo stato d'emergenza è stato prorogato annualmente,

come nelle altre regioni.

L'ultima delle ordinanze sul tema ("Ulteriori disposizioni per fronteggiare

l'emergenza in materia di gestione dei rifiuti urbani, speciali e speciali

pericolosi, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle

falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque

superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nel territorio della Regione

Puglia") è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 agosto 2000. Il

provvedimento prevede la nomina del Presidente della Regione Puglia nella

veste di Commissario delegato fino al 31 dicembre 2001, data entro la quale

dovrebbe rientrare l'emergenza. Gli stessi poteri erano stati attribuiti in

precedenza al Prefetto di Bari, al quale sono stati confermati i poteri di

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commissario delegato "per il completamento degli interventi, i cui lavori siano

in corso nonché quelli relativi a gara dallo stesso aggiudicati, ovvero i cui

bandi siano stati già pubblicati o in corso di pubblicazione ed i termini di

presentazione delle offerte siano scaduti alla data di pubblicazione della

presente ordinanza".

Per quanto riguarda la pianificazione la situazione è la seguente:

il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è stato approvato

dal Consiglio regionale nel 1993. Con legge regionale nel 1996 sono state

dettate le disposizioni per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei

rifiuti urbani e per l'attuazione del piano. Il 7 marzo scorso è stato presentato

il nuovo piano per l'emergenza rifiuti;

con deliberazione della Giunta regionale del 1989 è stato adottato il piano

regionale per lo smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi; questo piano

non e' mai stato approvato dal Consiglio regionale;

con delibera del Consiglio regionale del 1995 è stato approvato il piano

regionale per la bonifica delle aree inquinate.

Per quanto riguarda gli impianti lo smaltimento dei rifiuti urbani della Puglia

avviene quasi esclusivamente in discarica. La situazione attuale delle

discariche attive in regione è la seguente: 5 a Bari, 2 a Brindisi, 5 a Foggia, 4

a Lecce e 2 a Taranto. Tutte le discariche per rifiuti urbani autorizzate sono

attualmente in attività con proroghe date dal commissario delegato con

progetti di ampliamento per una volumetria pari a 300.000 mc ad impianto.

Oggi siamo all'esaurimento di dette volumetrie e nessun impianto nuovo e'

ancora partito. E' presumibile che siano prossimi altri ampliamenti d'ufficio

ordinati dal commissario delegato.

Tre sono gli impianti di compostaggio presenti in Puglia: il primo è

ampiamente sottoutilizzato (proprio perché la raccolta differenziata della

frazione umida dei rifiuti non è mai effettivamente partita) il secondo è in fase

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di avviamento, mentre il terzo è in fase di adeguamento. Allo stato attuale

nessun inceneritore per rifiuti urbani è attivo.

In attuazione del Programma varato dal Commissario Delegato, sono stati

previsti 4 centri di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali

provenienti dalla raccolta differenziata in provincia di Bari, 2 a Brindisi, 3 a

Foggia, 4 a Lecce e 3 a Taranto. Sono previsti anche impianti di

compostaggio per i vari ambiti territoriali, ma sono ancora sulla carta. Il piano

di emergenza prevede anche la realizzazione di due impianti per la produzione

di Cdr: uno da 130.000 t/a da localizzare nella provincia di Bari e uno da

190.000 t/a da localizzare nel Salento. Il Cdr prodotto da questi impianti

dovrebbe essere bruciato nella centrale ENEL di Brindisi sud - Cerano, ma

tuttora non esistono accordi siglati in tal senso.

Sono previsti infine tre impianti di combustione per le tre province di Bari,

Taranto e Foggia, ma al momento poco o nulla si è fatto circa le loro

localizzazioni.

Per quanto riguarda i rifiuti speciali e/o pericolosi, questi vengono destinati

alle discariche dell'Ilva di Taranto, dell'Enichem di Brindisi e di Monte

Sant'Angelo. Ovvero impianti realizzati ad uso esclusivo di questi stabilimenti

industriali. I rifiuti speciali prodotti da tutti gli altri stabilimenti industriali

vengono smaltiti molto probabilmente fuori regione, dato che non esistono

altre discariche di terza categoria.

Per quanto riguarda i rifiuti pericolosi non esiste infatti alcun piano né

regionale, né di ambito o bacino territoriale, anche se la loro gestione è

prevista dall'ordinanza. I rifiuti ospedalieri e altre tipologie compatibili sono

inceneriti, mentre il Consiglio regionale non ha ancora approvato il piano di

smaltimento dell'amianto

e) Sicilia

I rifiuti urbani prodotti vengono quasi totalmente smaltiti in discariche, molte

delle quali autorizzate con procedura d'urgenza. Oltre 300 i siti censiti da

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Legambiente nel 1997, utilizzati in tal senso e nella sola provincia di Messina

a metà del 2000 erano attive 75 discariche di questo tipo.

Gli impianti di trattamento dei rifiuti a tecnologia complessa sono inesistenti o

quasi. Le raccolte differenziate sono su percentuali che non arrivano al 2%.

Basta questa breve descrizione per capire come ancora oggi, a circa 22 mesi

dall'inizio del commissariamento della regione Sicilia per la gestione dei

rifiuti, non si colgono assolutamente segnali di cambiamento e di inversione

di rotta sull'emergenza.

Le discariche per antonomasia in Sicilia sono da sempre: Bellolampo (Pa),

Motta S. Anastasia (Ct), Catania, Lentini (Sr) e negli anni passati Portella

Arena a Messina (fino al disastro ambientale dell'ottobre 1998).

Gli altri impianti presenti in Sicilia sono costituiti dall'inceneritore di San

Raineri a Messina (inattivo da anni a causa di perenni lavori di adeguamento e

ristrutturazione); e l'inceneritore di Pace a Messina (recentemente è stata

attivata una linea con una capacità di trattamento pari a 80 tonnellate al

giorno), le cui condizioni di funzionalità complessive risultano scadenti. A

questi si aggiungono una piattaforma per il riciclaggio della plastica in

provincia di Palermo; alcune piattaforme Conai disseminate nelle varie

provincie senza concreta funzionalità; un impianto di stabilizzazione e

produzione di Cdr in provincia di Trapani, mai entrato in funzione anche se

attualmente si stanno operando degli interventi di adeguamento per renderlo

funzionante.

Industrie in grado di riciclare alcuni materiali provenienti dalle raccolte

differenziate sono una vetreria a Marsala con potenzialità di 42.000 tonn/anno

e tre cartiere: una a Palermo e due sul versante ionico della regione, in zona

Francavilla di Sicilia. Situazione non certo favorevole per rendere operativo in

tempi brevi un sistema efficiente.

Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'ambiente nella Relazione sullo

stato dell'ambiente dello scorso febbraio la raccolta differenziata in Sicilia nel

1998 era pari all'1%. Gli ultimi dati del Commissario danno una percentuale

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dell'1,9% a fine 1999. Sono completamente assenti i servizi di raccolta

differenziata della frazione organica dei rifiuti urbani e degli scarti verdi,

nonché l'organizzazione dei servizi su scala comprensoriale e/o di bacino. I

metodi di raccolta sono orientati verso il conferimento volontario in

contenitori stradali. Più raramente si assiste a servizi di raccolta "porta a

porta", attivati per un puro adempimento formale, con costi elevati e scarsa

redditività, troppo lontani da quei criteri di economicità ed efficienza previsti

dal Decreto Ronchi. Tutto questo si verifica anche perché mancano direttive

chiare su scala locale, preparazione professionale, impiantistica al servizio

delle raccolte differenziate, gestione dei servizi su scala comprensoriale ed

una politica di gestione dei rifiuti fatta di interventi programmati e pianificati.

La questione dei rifiuti ha da sempre rappresentato uno dei problemi

ambientali più rilevanti in questa Regione. Negli ultimi 10 anni si è

costantemente operato in regime di emergenza, senza alcuna pianificazione e

programmazione degli interventi. Il Piano regionale del 1989 (Dprs 35/89),

emanato in seguito al Dpr 915/82 e nato quindi con ben sette anni di ritardo,

mostrava già allora di essere superato sia dal punto di vista legislativo che

tecnologico.

Il Dpr 915/82 e poi il Decreto Ronchi sono stati applicati dalle

amministrazioni locali solamente nella parte che riguarda il ricorso alle

ordinanze contingibili ed urgenti al fine di individuare siti da adibire a

discariche. La dichiarazione dello stato di emergenza e la gestione

commissariale, potevano quindi giungere in Sicilia già molti anni fa.

Il commissariamento ha inizio con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio

dei ministri il 31 maggio 1999, ed il Presidente della Regione viene nominato

commissario straordinario per l'emergenza rifiuti. L'ordinanza dà inoltre il

potere d'intervento ai Prefetti delle varie province per l'individuazione e

l'attivazione di discariche d'emergenza.

Ma già a dicembre il Commissario delegato chiede la proroga del

commissariamento per un altro anno. La proroga viene concessa fino al 31

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dicembre 2001, estendendo i poteri del Commissario Delegato anche ai rifiuti

speciali e pericolosi.

Viene inoltre prevista la predisposizione del Piano di gestione rifiuti e delle

bonifiche delle aree inquinate e di un Piano degli interventi di emergenza per

la realizzazione degli interventi necessari a far fronte alla situazione di

emergenza. Una successiva ordinanza impone infine l'individuazione e la

localizzazione degli impianti a carattere prioritario nonché la definizione degli

ambiti e dei sub-ambiti territoriali ottimali.

Il "Documento delle priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti in Sicilia"

(il cosiddetto "Pier"), approvato con decreto commissariale del 25 luglio

2000, prevede un periodo transitorio dell'emergenza fissato in ventiquattro

mesi. Vengono previsti 9 ambiti territoriali ottimali (Ato), che corrispondono

alle province, e 25 sub - ambiti ottimali, sede di stazioni di trasferenza di

rifiuti, impianti selezione e valorizzazione dei rifiuti ed impianti di

compostaggio.

Le previsioni impiantistiche per la regione sono foriere di grandi scenari: 9

impianti di produzione di Cdr; 15 stazioni di trasferenza; 26 impianti di

selezione e valorizzazione dei rifiuti; 18 impianti di compostaggio e diverse

aree attrezzate per il compostaggio nelle isole minori (Ustica, Pantelleria,

Lipari, Favignana, Lampedusa); diversi centri di conferimento del Consorzio

nazionale imballaggi (Conai) ed impianti di compostaggio modulari di piccola

taglia.

Secondo le previsioni, tutti i comuni dovranno attuare la raccolta differenziata

preferibilmente monomateriale per le seguenti frazioni: frazione secca

riciclabile: carta, plastica, metalli e vetro; frazione organica per la produzione

di compost di qualità; pile e farmaci scaduti; conferimento presso isole

ecologiche delle altre tipologie di rifiuti riciclabili.

I fabbisogni finanziari necessari per mettere in atto questo piano di uscita

dall'emergenza sono stimati in circa 800 miliardi di lire così suddivisi: 230

miliardi di lire per mezzi, cassonetti e punti di raccolta, 204 miliardi di lire per

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i centri comunali di raccolta, 179 miliardi di lire per gli impianti di

compostaggio, 145 miliardi di lire per gli impianti comprensoriali di selezione

e di valorizzazione, 41 miliardi per le stazioni di trasferenza. Da questa stima

sono esclusi discariche ed impianti di produzione per il Cdr per il quale si

ipotizza il ricorso al "project financing".

Si prevede inoltre di realizzare tre impianti per la combustione di Cdr, che

dovrebbe essere usato come combustibile anche in impianti industriali già

esistenti quali cementifici e centrali termoelettriche.

Intanto dalla struttura commissariale per l'emergenza arriva l'allarme che se

non si riuscirà a portare a termine l'ampliamento della discarica di Bellolampo

in fase di progettazione, entro pochi mesi i rifiuti della città di Palermo e di

molti comuni della provincia esauriranno le residue volumetrie disponibili.

Con il rischio fondato di rivedere nel palermitano le stesse scene che stanno

caratterizzando in questi giorni diversi comuni delle province di Napoli e

Salerno.

Le conclusioni non possono essere che critiche riguardo da un lato l'operato

del Commissario delegato e dall'altro la valutazione tecnica del Piano.

L'operato del Commissario delegato è stato carente sotto tutti i punti di vista.

Innanzitutto per i ritardi con i quali ha affrontato l'emergenza. Sono gravi le

inadempienze ed i ritardi del Commissario: i 90 giorni di tempo per

approntare il Piano d'emergenza sono divenuti oltre un anno, e la prima bozza

di Piano dell'emergenza del febbraio 2000 non era altro che la continuazione

degli interventi mancanti e non attuati nel vecchio piano regionale del 1989,

tutto orientato verso la realizzazione di nuove discariche e inceneritori.

L'esame critico del Piano mostra delle anomalie nella fase di pianificazione ed

attuazione: si assiste ad un massiccio ricorso alla produzione di Cdr in

mancanza di idonei impianti dedicati e senza un accordo di programma con il

sistema industriale. La suddivisione in bacini prevista mostra evidenti lacune

rispetto al territorio in cui è calata, così come la distribuzione degli impianti:

le stazioni di trasferenza dimensionate per bacini di 100.000 abitanti faranno

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aumentare i costi di trasporto, soprattutto per i Comuni dell'entroterra e della

fascia pedemontana a scarsa densità abitativa.

Non sono previste forme di gestione su scala comprensoriale per ottimizzare

l'efficienza dei servizi e la loro economia di gestione.

Manca ancora il "Regolamento attuativo relativo ai criteri tecnico-economici

per l'organizzazione dei servizi di raccolta differenziata" che doveva essere

emanato entro 60 giorni dall'approvazione del P.R. Regolamento di

fondamentale importanza per dare direttive chiare ed immediate ai comuni per

l'attivazione dei servizi di raccolta differenziata secondo i criteri di efficienza,

economicità e compatibilità ambientale, nonché per puntare sulla qualità dei

prodotti recuperati.

Poche sono infine le garanzie affinché venga dato seguito alla convenzione

siglata fra la regione Sicilia ed il Conai, al fine di attivare sul territorio

regionale le piattaforme per il ricevimento dei materiali provenienti da

raccolta differenziata per avviarli quindi ad effettivo recupero.

Insomma c'è ancora molto, troppo da fare.

 Le percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti nelle regioni in emergenza

Regione % all'inizio del

commissariamento

%

nel 1998

%

nel 1999

Campania 0,4 (1994) 1,6 5 (*)

Puglia 0,6 (1994) 2,8 4

Calabria 0,6 (1997) 0,65 2,4

Sicilia 1 (1999) - 1,9

Fonte: Ministero dell'ambiente e Uffici dei Commissari per l'emergenza rifiuti

(*) il dato è riferito all'anno 2000

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Uno dei problemi, legati alla raccolta e smaltimento dei rifiuti, riguarda il

turismo, quale settore formato da utenti consumatori di ambiente, i quali

spostandosi lontano dalla propria dimora abituale, spostano anche l’enorme

produzione di rifiuti. Capita spesso che, piccole cittadine turistiche di poche

migliaia di abitanti, vedano centuplicare la popolazione, in qualche periodo

dell’anno, e con essa anche la centuplicazione di rifiuti solidi urbani, con

enormi difficoltà di organizzazione, a discapito degli stessi turisti.

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Cap. 3

ECONOMIA DEL TURISMO

3.1

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DOMANDA OFFERTAFATTORI CONDIZIONANTI

FATTORI AMBIENTALIPolitico-legislativiSocio culturaliClimatico-ambientaliEconomiciTecnologiciDemograficiNaturaliinsediative

METE DEL TURISMO(condizioni originarie

di attrazione o di repulsione)

Naturali Paesaggistiche Antropiche

-Attrezzature ricettive

-Pararicettive-Complementari-Servizi pubblici

e vari

ORGANIZZAZIONE DELLA OFFERTA

AREA DI TRANSITO

TRASPORTI

Proprio

Improprio

Non turismo

FORME DI TURISMO

POPOLAZIONE TOTALE

Livello culturale (mentalità)

grado d’istruzione

Psicologiche accettazione

delle innovazioni

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3.1 FORME DI TURISMO

Il fenomeno denominato Turismo ”proprio” fonda il proprio oggetto d’indagine sul

consumatore di ambiente, cioè sul turista tipo,

soggetto che per motivi non di lavoro, ma di

vacanza o divertimento, abbandona la propria

dimora abituale per recarsi in un luogo di

soggiorno, ambiente diverso dal proprio, attivando

così, una serie di effetti economici e sociali oggetto

d’indagine.

Pur se la distinzione tra turismo proprio e improprio non è sempre ritenuta valida, la

discriminante fondamentale sta nelle motivazioni

che fanno muovere il turista: nel primo caso motivi

di diporto (Leisure), nel secondo altri motivi quali:

di salute

di famiglia

di studio/scientifico

affari

diplomatico

ecc..

Accanto a queste forme di turismo è oggetto di studio anche l’escursionismo, detto

anche “forma di non turismo” poiché si tratta di

ricreazione nelle aree prossime al luogo di abituale

residenza, esaurendosi in un periodo di tempo

inferiore ad una giornata.

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a)Il TURISMO “PROPRIO”

b)

Il TURISMO “IMPROPRIO”

c)L’ESCURSIONISMO

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3.2 ARTICOLAZIONE DELL’OFFERTA TURISTICA

3.3 Legge 29 marzo 2001, n. 135

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(Strutturale)

(creata)

(data)

ALLOGGIO E RISTORAZIONEStrutture ricettive (alberghiere ed extra alberghiere: Alberghi, Motel, Villaggio albergo, Residence, Villaggi turistici, Campeggi, Alloggi agrituristici, Case per ferie, Case e appartamenti per Vacanze, Ostelli per la gioventù, Rifugi alpiniStrutture pararicettive (complementari): ristoranti, trattorie, osterie, tavole calde, rosticcerie, pizzerie, bar, caffè, gelaterie, birrerie, spacci, ecc...

INFRASTRUTTURE PER ATTIVITA’:

ricreativeSpettacoliConvegniManifestazioniSportEventiEcc..

SHOPPINGsouvenirarticoli da regaloartigianatoartevestiariocuriosità

I BENI NATURALI, ARTISTICI E ANTROPICI

DELLAOFFERTA

TURISTICAPUBBLICA E

PRIVATA

ARTISTICI E ANTROPICI:monumenti, opere artistiche e architettoniche, musei, tradizioni gastronomiche, tradizioni culturali, archeologia, parchi naturali, parchi tematici, strade, autostrade, porti, aeroporti, ferrovie, ecc...

NATURALI: Mare, laghi, fiumi, isole, morfologia territoriale, acque termali, clima, flora, fauna, ecc...

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"Riforma della legislazione nazionale del turismo"COMMENTI, RAPPORTO CON LA LEGGE PRECEDENTE

E VESTE GRAFICA DI Angelo Raso

Negli anni del dopoguerra, ai primi accenni del turismo di massa, tra la fine

degli anni 50 e l’inizio degli anni 60, l’azienda turistica Italia era considerata

nel mondo come un modello da imitare. Film come “la dolce vita”

additavano il nostro paese come ricco di storia, cultura e clima favorevole,

facendo si che turisti a migliaia si riversassero in cerca di emozioni, sapori,

sensazioni, impressioni popolari, affiancandosi al già consolidato turismo di

élite.

Poi, improvvisamente qualcosa si ruppe, e il momento magico si frantumò,

sopravvenne la crisi degli anni 70 e l’Italia, che non investì in questo settore

di vitale importanza per l’economia (da non dimenticare l’effetto

moltiplicatore del turismo “Keynes”e i benefici per la bilancia dei

pagamenti), non seppe trovare la strada che invece le altre nazioni percorsero

con costanza: i grandi parchi a tema, le grandi catene alberghiere e di

ristorazione, le organizzazioni turistiche di massa, i musei interattivi, ecc…

In definitiva mentre il turismo nel mondo diventava industria, in Italia

rimaneva piccola impresa artigianale, in una parola l’Italia è rimasta estranea

al processo d’industrializzazione dell’Impresa turistica.

Questa breve premessa a dimostrare come un settore, appunto quello

turistico, ha trovato in Italia, che pur detiene oltre il 50% delle risorse

artistiche e culturali del mondo, difficoltà a decollare nella giusta misura.

Naturalmente la legislazione in materia è stata anch’essa non all’altezza del

compito, si pensi soltanto che da una legge, per la classificazione

alberghiera, antecedente alla seconda guerra mondiale (legge 382 del

18.1.1939) si è dovuti attendere una legge quadro o cornice del 1983 (la

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217), per uniformarsi ai criteri con le stelle, ormai adottate in tutti i paesi del

mondo. Gli anni 80 possono essere ricordati come gli anni delle leggi

cornice (la 217/83, la 730/85, la 6/89), nate per stabilire, in modo esplicito

ed organico i principi fondamentali della materia in relazione all’esercizio

dei poteri legislativi delle Regioni.

Ma solo recentemente nel marzo 2001 abbiamo una legge (la 135) che

riconosce al turismo un ruolo strategico per lo sviluppo economico e

occupazionale, la quale verrà approfondita più avanti..

Anche la Comunità Europea, in un primo momento, non ha dato la giusta

importanza al settore turistico, infatti, il Trattato istitutivo del 1957, non

prevedeva alcun riferimento esplicito al turismo, il che avrebbe comportato

prima facie la negazione di una competenza diretta della Comunità in questa

materia.

Dobbiamo attendere il dicembre 86 (Decisione del Consiglio n. 86/664 CEE)

per avere un “Comitato Consultivo del turismo”, con mansioni meramente

consultive. Solo nel 1992 (Trattato di Maastricht sull’Unione Europea) si

pone il turismo nella giusta considerazione, nominandolo come strumento

per realizzare le finalità della Comunità stessa, emanando una serie di

direttive che hanno portato, gli Stati membri, alla legislazione attuale, o in

itinere.

Nelle seguenti pagine sarà analizzata la Legge 135, con delle comparazioni

con la 217/83, finalizzate proprio ad osservare i processi evolutivi della

normativa in materia di turismo ed i punti di forza della Legge verso uno

sviluppo equilibrato del settore e dell’economia in generale.

Pag. 95

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1.La presente legge definisce i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione

Da notare come la 135 definisce, non solo i principi, come la 217/83, ma anche gli strumenti legislativi, economici e sociali.

2. La Repubblica:

a) riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese nel contesto internazionale e dell'Unione europea, per la crescita culturale e sociale della persona e della collettivita' e per favorire le relazioni tra popoli diversi;

Il ruolo strategico del turismo è riconosciuto dalla Repubblica in tutti i suoi aspetti.

b) favorisce la crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico nazionale, regionale e locale, anche ai fini dell'attuazione del riequilibrio territoriale delle aree depresse

Viene riconosciuto al turismo “l’effetto equilibratore” delle economie, a favore delle aree in ritardo economico

c) tutela e valorizza le risorse ambientali, i beni

culturali e le tradizioni locali anche ai fini di

uno sviluppo turistico sostenibile;

Viene tenuto conto del binomio turismo-ambiente e si parla di sviluppo turistico sostenibile

Pag. 96

Art. 1Capo 1

PRINCIPI

Non solo principi

Riconoscimento di ruolo

Effetto equilibratore

Sviluppo

Page 97: La statistica, grazie anche allo sviluppo scientifico e ...  · Web viewRoma, 2 aprile 2001 a. Premessa . Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile

c) sostiene il ruolo delle imprese operanti nel settore turistico con particolare riguardo alle piccole e medie imprese e al fine di migliorare la qualita' dell'organizzazione, delle strutture e dei servizi;

Si accentua l’attenzione sulla qualità ed il ruolo delle piccole e medie imprese

d) promuove azioni per il superamento degli

ostacoli che si frappongono alla fruizione

dei servizi turistici da parte dei cittadini,

con particolare riferimento ai giovani, agli

anziani percettori di redditi minimi ed ai

soggetti con ridotte capacita' motorie e

sensoriali;

Pone l’attenzione sull’incentivazione della fruizione del turismo da parte dei

giovani, anziani, e soggetti portatori di handicap percettori di redditi

minimi, creando seri presupposti per un aumento della domanda turistica.

f) tutela i singoli soggetti che accedono ai

servizi turistici anche attraverso

l'informazione e la formazione

professionale degli addetti;

Tutela dei turisti-consumatori e migliore formazione degli addetti al settore

turistico

g) valorizza il ruolo delle comunita' locali,

nelle loro diverse ed autonome espressioni

culturali ed associative, e delle

associazioni pro loco;

Pone attenzione al ruolo degli enti ed associazioni locali

Pag. 97

Qualità e ruoli delle imprese

Turismo per fasce sociali

deboli

Informazione e formazione

Principio sussidiatorio

Page 98: La statistica, grazie anche allo sviluppo scientifico e ...  · Web viewRoma, 2 aprile 2001 a. Premessa . Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile

h) sostiene l'uso strategico degli spazi rurali e

delle economie marginali e tipiche in chiave

turistica nel contesto di uno sviluppo rurale

integrato e della vocazione territoriale;

Da peso allo sviluppo possibile alle attività rurali e agrituristiche

i) promuove la ricerca, i sistemi informativi, la

documentazione e la conoscenza del fenomeno

turistico;

Riconosce nei sistemi informativi-statistici la giusta importanza ai fini del

marketing turistico

l) promuove l'immagine turistica nazionale sui mercati mondiali, valorizzando le risorse e le caratteristiche dei diversi ambiti territoriali.

Riconosce un ruolo importante alla promozione e pubblicità, ai fini

dell’immagine turistica

3. Sono fatti salvi poteri e prerogative delle regioni a statuto speciale e delle

province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di cui alla presente

legge nel rispetto degli statuti di autonomia e delle relative norme di

attuazione.

Pag. 98

Sviluppo economie marginali

Dati

Promozione dell’immagin

e turistica

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1. Lo Stato e le regioni riconoscono, sulla

base del principio di sussidiarieta' di cui

all'articolo 4, comma 3, lettera a), della

legge 15 marzo 1997, n. 59, il ruolo dei

comuni e delle province nei corrispondenti

ambiti territoriali con particolare riguardo

all'attuazione delle politiche intersettoriali

ed infrastrutturali necessarie alla

qualificazione dell'offerta turistica;

riconoscono altresì l'apporto dei soggetti

privati per la promozione e lo sviluppo

dell'offerta turistica

2. Le regioni, in attuazione dell'articolo 117

della Costituzione, ai sensi della legge 15

marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo

31 marzo 1998, n. 112, esercitano le

funzioni in materia di turismo e di industria

alberghiera sulla base dei principi di cui

all'articolo 1 della presente legge.

Le funzioni e i compiti conservati allo Stato

in materia di turismo, fino alla data di

entrata in vigore dei decreti legislativi di cui

all'articolo 11, comma 1, lettera a), della

legge 15 marzo 1997, n. 59, sono svolti dal

Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato. Per i fini di cui al presente

comma, il Ministero dell'industria, del

commercio e dell'artigianato cura in

Pag. 99

CompetenzeDel Ministero

dell’Industria, del commercio e

dell’artigianato

Competenze delle Regioni

La sussidiarietà

Art. 2Capo 1 COMPETENZE

Page 100: La statistica, grazie anche allo sviluppo scientifico e ...  · Web viewRoma, 2 aprile 2001 a. Premessa . Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile

particolare il coordinamento intersettoriale

degli interventi statali connessi al turismo,

nonché l'indirizzo e il coordinamento delle

attività promozionali svolte all'estero, aventi

esclusivo rilievo nazionale. Allo stesso

Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato spetta la rappresentanza

unitaria in sede di Consiglio dell'Unione

europea in materia di turismo.

4. Entro tre mesi dalla data di entrata in

vigore della presente legge il Presidente del

Consiglio dei ministri definisce, ai sensi

dell'articolo 44 del decreto legislativo 31

marzo 1998, n. 112, con proprio decreto, i

principi e gli obiettivi per la valorizzazione

e lo sviluppo del sistema turistico. Il decreto

e' adottato d'intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, sentite le associazioni di

categoria degli operatori turistici e dei

consumatori. Lo schema di decreto e'

trasmesso alla Camera dei deputati e al

Senato della Repubblica ai fini della

espressione del parere da parte delle

competenti Commissioni parlamentari

permanenti. Il decreto, al fine di assicurare

l'unitarietà del comparto turistico e la tutela

dei consumatori, delle imprese e delle

professioni turistiche, stabilisce:

Pag. 100

Decreto legislativo

entro 3 mesi

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a) le terminologie omogenee e lo standard

minimo dei servizi di informazione e di

accoglienza ai turisti

b) l'individuazione delle tipologie di imprese

turistiche operanti nel settore e delle attività

di accoglienza non convenzionale;

c) i criteri e le modalità dell'esercizio su tutto il

territorio nazionale delle imprese turistiche

per le quali si ravvisa la necessità di

standard omogenei ed uniformi;

b) gli standard minimi di qualità delle camere di

albergo e delle unità abitative delle residenze

turistico-alberghiere e delle strutture ricettive

in generale;

e) gli standard minimi di qualità dei servizi

offerti dalle imprese turistiche cui riferire i

criteri relativi alla classificazione delle

strutture ricettive;

f) per le agenzie di viaggio, le organizzazioni e

le associazioni che svolgono attività similare,

il livello minimo e massimo da applicare ad

eventuali cauzioni, anche in relazione ad

Pag. 101

Standard dei servizi

omogenei

Standard dei criteri valutativi dello esercizio

Standard di qualità delle unità

abitative

Standard qualitativo per la classificazione

Agenzie di viaggio e livelli

di cauzione

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analoghi standard utilizzati nei Paesi

dell'Unione europea;

g) i requisiti e le modalità di esercizio su tutto

il territorio nazionale delle professioni

turistiche per le quali si ravvisa la necessità

di profili omogenei ed uniformi, con

particolare riferimento alle nuove

professionalità emergenti nel settore;

h) i requisiti e gli standard minimi delle attività

ricettive gestite senza scopo di lucro;

i) i requisiti e gli standard minimi delle attività

di accoglienza non convenzionale;

l) i criteri direttivi di gestione dei beni

demaniali e delle loro pertinenze concessi

per attività turistico-ricreative, di

determinazione, riscossione e ripartizione dei

relativi canoni, nonché di durata delle

concessioni, al fine di garantire termini e

condizioni idonei per l'esercizio e lo sviluppo

delle attività imprenditoriali, assicurando

comunque l'invarianza di gettito per lo Stato;

m) gli standard minimi di qualità dei servizi

forniti dalle imprese che operano nel settore

del turismo nautico;

Pag. 102

Profili delle Professioni turistiche

Attività ricettive Onlus

Accoglienza non convenzionale

Beni demaniali

Turismo nautico

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n) i criteri uniformi per l'espletamento degli

esami di abilitazione all'esercizio delle

professioni turistiche.

5. Il decreto di cui al comma 4 formula altresì principi ed obiettivi relativi:

a) allo sviluppo dell'attività economica in campo

turistico di cui deve tenere conto il Comitato

interministeriale per la programmazione

economica nello svolgimento dei compiti ad esso

assegnati, con particolare riferimento all'utilizzo

dei fondi comunitari;

b) agli indirizzi generali per la promozione turistica

dell'Italia all'estero;

c) alle azioni dirette allo sviluppo di sistemi turistici

locali, come definiti dall'articolo 5, nonché dei

sistemi o reti di servizi, di strutture e infrastrutture

integrate, anche di valenza interregionale, ivi

compresi piani di localizzazione dei porti turistici

e degli approdi turistici di concerto con gli enti

locali interessati;

I sistemi turistici locali sono una novità rispetto alle leggi precedenti e

vengono riconosciuti e incentivati

d) agli indirizzi e alle azioni diretti allo sviluppo di

circuiti qualificati a sostegno dell'attività turistica,

quali campi da golf, impianti a fune, sentieristica

Pag. 103

Abilitazione Professioni turistiche

Programmazione per l’utilizzo dei fondi

comunitari

Promozione turismo all’estero

Sviluppo dei sistemi turistici

Sviluppo circuiti turistici e

infrastrutture annesse

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attrezzata e simili;

e) agli indirizzi per la integrazione e l'aggiornamento

della Carta dei diritti del turista di cui all'articolo

4;

f) alla realizzazione delle infrastrutture turistiche di

valenza nazionale e allo sviluppo delle attività

economiche, in campo turistico, attraverso

l'utilizzo dei fondi nazionali e comunitari.

6. Nel rispetto dei principi di completezza ed

integralità delle modalità attuative, di efficienza,

economicità e semplificazione dell'azione

amministrativa, di sussidiarietà nei rapporti con le

autonomie territoriali e funzionali, ciascuna regione,

entro nove mesi dalla data di emanazione del decreto

di cui al comma 4, da' attuazione ai principi e agli

obiettivi stabiliti dalla presente legge e contenuti nel

decreto di cui al medesimo comma 4.

Pag. 104

LA CARTA DEL TURISTA

Infrastrutture

Entro 9 mesi, ciascuna Regione deve legiferare in

base a detti principi

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7. Allo scopo di tutelare e salvaguardare gli interessi unitari non frazionabili,

in materia di libertà di impresa e di tutela del consumatore, le disposizioni

contenute nel decreto di cui al comma 4 si applicano, decorsi inutilmente i

termini di cui al comma 6, alle regioni a statuto ordinario, fino alla data di

entrata in vigore di ciascuna disciplina regionale di attuazione delle linee

guida, adottata secondo le modalità di cui al medesimo comma 6.

8. Per le successive modifiche e integrazioni al decreto di cui al comma 4 si

applicano le medesime procedure previste dall'articolo 44 del decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge. I termini previsti

da tali disposizioni sono ridotti alla metà.

1. E' istituita la Conferenza nazionale del

turismo. La Presidenza del Consiglio dei

ministri indice almeno ogni due anni la

Conferenza, che e' organizzata dal

Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano.

Sono convocati per la Conferenza: i rappresentanti della Conferenza dei

Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i

rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI),

dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e dell'Unione nazionale comuni

comunità enti montani (UNCEM), del Consiglio nazionale dell'economia e

del lavoro (CNEL) e delle altre autonomie territoriali e funzionali, i

rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative degli

imprenditori turistici, dei consumatori, del turismo sociale, delle associazioni

pro loco, delle associazioni senza scopo di lucro operanti nel settore del

Pag. 105

Art. 3Capo 1

CONFERENZA NAZIONALE

SUL TURISMO

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turismo, delle associazioni ambientaliste e delle organizzazioni sindacali dei

lavoratori. La Conferenza esprime orientamenti per la definizione e gli

aggiornamenti del documento contenente le linee guida.

2. La Conferenza, inoltre, ha lo scopo di verificare l'attuazione delle linee

guida, con particolare riferimento alle politiche turistiche e a quelle

intersettoriali riferite al turismo, e di favorire il confronto tra le istituzioni e

le rappresentanze del settore. Gli atti conclusivi di ciascuna Conferenza sono

trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti.

3. Agli oneri derivanti dal funzionamento della

Conferenza, pari a lire 100 milioni annue a decorrere dall'anno 2000, si

provvede nell'ambito degli ordinari stanziamenti del Ministero dell'industria,

del commercio e dell'artigianato.

1. La Carta dei diritti del turista,

redatta dal Ministero dell'industria, del

commercio e dell'artigianato, in

almeno quattro lingue, sentite le

organizzazioni imprenditoriali e

sindacali del settore turistico, nonché

le associazioni nazionali di tutela dei

consumatori contiene:

a) informazioni sui diritti del turista per

quanto riguarda la fruizione di servizi

turistico-ricettivi, ivi compresi quelli relativi

alla nautica da diporto, comunque effettuata,

sulle procedure di ricorso, sulle forme di

arbitrato e di conciliazione per i casi di

Pag. 106

Art. 4Capo 1

PROMOZIONE DEI DIRITTI

DEL TURISTA

Fruizione dei servizi e arbitrariato

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inadempienza contrattuale dei fornitori

dell'offerta turistica;

b) informazioni sui contratti relativi

all'acquisizione di diritti di godimento a tempo

parziale dei beni immobili a destinazione

turistico-ricettiva, di cui all'articolo 1, comma

1, lettera d), del decreto legislativo 9

novembre 1998, n. 427, recante attuazione

della direttiva 94/47/CE del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994;

c) notizie sui sistemi di classificazione

esistenti e sulla segnaletica;

d) informazioni sui diritti del turista quale

utente dei mezzi di trasporto aereo,

ferroviario, marittimo, delle autostrade e dei

servizi di trasporto su gomma;

e) informazioni sui diritti e sugli obblighi del

turista quale utente delle agenzie di viaggio e

turismo, dei viaggi organizzati e dei pacchetti

turistici;

f) informazioni sulle polizze assicurative,

sull'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie

e doganali;

Pag. 107

Termini dei contratti

Trasporti

Pacchetti turistici

Informazioni sui servizi accessori

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g) informazioni sui sistemi di tutela dei diritti e

per contattare le relative competenti associazioni;

h) informazioni sulle norme vigenti in materia di

rispetto e tutela del sistema turistico ed artistico

nazionale e dei beni culturali;

i) informazioni concernenti gli usi e le

consuetudini praticati a livello locale e ogni altra

informazione che abbia attinenza con la

valorizzazione, la qualificazione e la

riconoscibilità del sistema turistico.

Da notare che quest’ultima informazione, nelle leggi precedenti, poteva

essere attinta esclusivamente dalle sedi locali delle Camere di Commercio

2. Ad integrazione di quanto stabilito alla lettera b) del comma 1 del presente

articolo, al decreto legislativo 9 novembre 1998, n. 427, di attuazione della

direttiva 94/47/CE, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 e' sostituita dalla seguente:

"d) "bene immobile": un immobile, anche con destinazione alberghiera, o

parte di esso, per uso abitazione e per uso alberghiero o per uso turistico-

ricettivo, su cui verte il diritto oggetto del contratto";

b) l'articolo 7 e' sostituito dal seguente:

"Art. 7. - (Obbligo di fidejussione). - 1. Il venditore non avente la forma

giuridica di società di capitali ovvero con un capitale sociale versato

inferiore a lire 10 miliardi e non avente sede legale e sedi secondarie nel

territorio dello Stato e' obbligato a prestare fidejussione bancaria o

assicurativa a garanzia della corretta esecuzione del contratto.

Pag. 108

Tutela del consumatore

Informazioni sui doveri del

Informazioni sugli usi e

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2. Il venditore e' in ogni caso obbligato a prestare fidejussione bancaria o

assicurativa allorquando l'immobile oggetto del contratto sia in corso di

costruzione, a garanzia dell'ultimazione dei lavori.

3. Delle fidejussioni deve farsi espressa menzione nel contratto a pena di

nullità.

4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 non possono imporre all'acquirente la

preventiva escussione del venditore".

5. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,

singolarmente o in forma associata ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera

a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, costituiscono le commissioni

arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra

imprese e consumatori ed utenti inerenti la fornitura di servizi turistici. E'

fatta salva la facoltà degli utenti, in caso di conciliazione per la risoluzione

di controversie con le imprese turistiche, di avvalersi delle associazioni dei

consumatori.

1. Si definiscono sistemi turistici locali i

contesti turistici omogenei o integrati,

comprendenti ambiti territoriali

appartenenti anche a regioni diverse,

caratterizzati dall'offerta integrata di beni

culturali, ambientali e di attrazioni

turistiche, compresi i prodotti tipici

dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o

dalla presenza diffusa di imprese turistiche

singole o associate

Pag. 109

Art. 5Capo 1

SISTEMI TURISTICI

LOCALI

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2. Gli enti locali o soggetti privati, singoli o

associati, promuovono i sistemi turistici locali

attraverso forme di concertazione con gli enti

funzionali, con le associazioni di categoria che

concorrono alla formazione dell'offerta turistica,

nonché con i soggetti pubblici e privati interessati.

3. Nell'ambito delle proprie funzioni di

programmazione e per favorire l'integrazione tra

politiche del turismo e politiche di governo del

territorio e di sviluppo economico, le regioni

provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della

parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento

degli enti locali, approvato con decreto legislativo

18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a

riconoscere i sistemi turistici locali di cui al

presente articolo.

4. Fermi restando i limiti previsti dalla disciplina

comunitaria in materia di aiuti di Stato alle

imprese, le regioni, nei limiti delle risorse

rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 6 della

presente legge, definiscono le modalità e la misura

del finanziamento dei progetti di sviluppo dei

sistemi turistici locali, predisposti da soggetti

pubblici o privati, in forma singola o associata, che

perseguono, in particolare, le seguenti finalità:

Pag. 110

L’offerta turistica dei

sistemi turistici locali

Riconoscimento delle Regioni

Aiuto alle imprese nei

sistemi turistici

locali

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a) sostenere attività e processi di aggregazione e di

integrazione tra le imprese turistiche, anche in

forma cooperativa, consortile e di affiliazione;

b) attuare interventi intersettoriali ed infrastrutturali

necessari alla qualificazione dell'offerta turistica e

alla riqualificazione urbana e territoriale delle

località ad alta intensità di insediamenti turistico-

ricettivi;

c) sostenere l'innovazione tecnologica degli uffici di

informazione e di accoglienza ai turisti, con

particolare riguardo alla promozione degli standard

dei servizi al turista, di cui all'articolo 2, comma 4,

lettera a);

d) sostenere la riqualificazione delle imprese

turistiche, con priorità per gli adeguamenti dovuti a

normative di sicurezza, per la classificazione e la

standardizzazione dei servizi turistici, con

particolare riferimento allo sviluppo di marchi di

qualità, di certificazione ecologica e di qualità, e di

club di prodotto, nonché alla tutela dell'immagine

del prodotto turistico locale;

e) promuovere il marketing telematico dei progetti

turistici tipici, per l'ottimizzazione della relativa

commercializzazione in Italia e all'estero. Da

notare il riconoscimento di un marketing impostato

sulle nuove tecnologie di commercializzazione.

Pag. 111

Finalità

Interventi infrastruttura

Informazione e accoglienza

Riqualificazion

New economy

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5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, a decorrere

dall'esercizio finanziario 2001, nell'ambito delle disponibilità assegnate dalla

legge finanziaria al Fondo unico per gli incentivi alle imprese, di cui

all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, provvede agli interventi

di cofinanziamento a favore dei sistemi turistici locali per i progetti di

sviluppo che prestino ambiti interregionali o sovraregionali. Con decreto del

Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i criteri e le modalità per la

gestione dell'intervento del Fondo unico per gli incentivi alle imprese

6. Possono essere destinate ulteriori provvidenze ed agevolazioni allo

sviluppo dei sistemi turistici locali, con particolare riferimento a quelli di cui

fanno parte i comuni caratterizzati da un afflusso di turisti tale da alterare, in

un periodo dell'anno non inferiore a tre mesi, il parametro dei residenti.

Altro elemento di novità, rispetto alla Legge 217/83, i luoghi di grande

interesse turistico, che rispondono ai parametri sopra indicati, possono

accedere a finanziamenti speciali.

1.Al fine di migliorare la qualità

dell'offerta turistica, e' istituito,

presso il Ministero dell'industria, del

commercio e dell'artigianato, un

apposito Fondo di cofinanziamento,

alimentato dalle risorse di cui

all'autorizzazione di spesa stabilita

dall'articolo 12 per gli interventi di

cui all'articolo 5.

Pag. 112

Art. 6Capo 1

FONDO DI COFINANZIAMENTO

DELL'OFFERTA TURISTICA

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2. Le risorse di cui al comma 1 vengono ripartite per il

70 per cento tra le regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano che erogano le somme per gli

interventi di cui al medesimo comma. I criteri e le

modalità di ripartizione delle disponibilità del Fondo

sono determinati con decreto del Ministro

dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previa

intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo

8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

3. Il Ministero dell'industria, del commercio e

dell'artigianato ripartisce tra le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano il restante 30 per

cento delle risorse del Fondo di cui al comma 1,

attraverso bandi annuali di concorso predisposti sentita

la citata Conferenza unificata. A tale fine le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano

predispongono, sentiti gli enti locali promotori e le

associazioni di categoria interessate, piani di interventi

finalizzati al miglioramento della qualità dell'offerta

turistica, ivi compresa la promozione e lo sviluppo dei

sistemi turistici locali di cui all'articolo 5, con impegni

di spesa, coperti con fondi propri, non inferiori al 50

per cento della spesa prevista.

4. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro tre mesi

dalla pubblicazione del bando, predispone la graduatoria, ed eroga i

contributi entro sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa.

Pag. 113

70% delle Risorse

alle Regioni

30% delle Risorse

a concorso

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1. Sono imprese turistiche quelle che

esercitano attività economiche,

organizzate per la produzione, la

commercializzazione, l'intermediazione e

la gestione di prodotti, di servizi, tra cui

gli stabilimenti balneari, di infrastrutture

e di esercizi, compresi quelli di

somministrazione facenti parte dei

sistemi turistici locali, concorrenti alla

formazione dell'offerta turistica.

2. L'individuazione delle tipologie di imprese turistiche di cui al comma 1 è

predisposta ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera b).

3. L'iscrizione al registro delle imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993,

n. 580, da effettuare nei termini e secondo le modalità di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, costituisce condizione

per l'esercizio dell'attività turistica.

4. Fermi restando i limiti previsti dalla disciplina comunitaria in materia di

aiuti di Stato alle imprese, alle imprese turistiche sono estesi le agevolazioni,

i contributi, le sovvenzioni, gli incentivi e i benefici di qualsiasi genere

previsti dalle norme vigenti per l'industria, così come definita dall'articolo 17

del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nei limiti delle risorse

finanziarie a tale fine disponibili ed in conformità ai criteri definiti dalla

normativa vigente.

5. Sono professioni turistiche quelle che

organizzano e forniscono servizi di promozione

Pag. 114

Art. 7Capo

2

IMPRESE E PROFESSIONI TURISTICHE

Professioni turistiche

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dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza,

accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti.

6. Le regioni autorizzano all'esercizio dell'attività di cui al comma 5.

L'autorizzazione, fatta eccezione per le guide, ha validità su tutto il territorio

nazionale, in conformità ai requisiti e alle modalità previsti ai sensi

dell'articolo 2, comma 4, lettera g).

7. Le imprese turistiche e gli esercenti professioni turistiche non appartenenti

ai Paesi membri dell'Unione europea possono essere autorizzati a stabilirsi e

ad esercitare le loro attività in Italia, secondo il principio di reciprocità,

previa iscrizione delle imprese nel registro di cui al comma 3, a condizione

che posseggano i requisiti richiesti, nonché, previo accertamento, per gli

esercenti le attività professionali del turismo, dei requisiti richiesti dalle leggi

regionali e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui

all'articolo 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

8. Sono fatte salve le abilitazioni già conseguite alla data di entrata in vigore

della presente legge.

9. Le associazioni senza scopo di lucro, che operano per

finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, sono

autorizzate ad esercitare le attività di cui al comma 1

esclusivamente per i propri aderenti ed associati anche se

appartenenti ad associazioni straniere aventi finalità analoghe

e legate fra di loro da accordi internazionali di

collaborazione. A tal fine le predette associazioni devono

uniformarsi a quanto previsto dalla Convenzione

internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), resa

esecutiva con legge 27 dicembre 1977, n. 1084, dal decreto

legislativo 23 novembre 1991, n. 392, di attuazione della

direttiva n. 82/470/CEE nella parte concernente gli agenti di

Pag. 115

Le

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viaggio e turismo, e dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n.

111, di attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i

viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso".

10. Le associazioni senza scopo di lucro che operano per la promozione del

turismo giovanile, culturale, dei disabili e comunque delle fasce meno

abbienti della popolazione, nonché le associazioni pro loco, sono ammesse,

senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ai benefici di cui alla

legge 11 luglio 1986, n. 390, e successive modificazioni, relativamente ai

propri fini istituzionali.

1. L'articolo 109 del testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza,

approvato con regio decreto 18

giugno 1931, n. 773, e successive

modificazioni, e' sostituito dal

seguente:

"Art. 109. - 1. I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive,

comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i

proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere,

ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad

eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o

dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone

munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne

l'identità secondo le norme vigenti.

2. Per gli stranieri extracomunitari e' sufficiente l'esibizione del passaporto o

di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi

internazionali, purché munito della fotografia del titolare.

3. I soggetti di cui al comma 1, anche tramite i propri collaboratori, sono

Pag. 116

Art. 8Capo

3

Modifiche all’art. 109 del T.U.

approvato con Regio Decreto 18.6.31 n. 773

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tenuti a consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità

conforme al modello approvato dal Ministero dell'interno. Tale scheda, anche

se compilata a cura del gestore, deve essere sottoscritta dal cliente. Per i

nuclei familiari e per i gruppi guidati la sottoscrizione può essere effettuata da

uno dei coniugi anche per gli altri familiari, e dal capogruppo anche per i

componenti del gruppo. I soggetti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a

comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone

alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore

successive al loro arrivo. In alternativa, il gestore può scegliere di effettuare

tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure

territorialmente competenti i dati nominativi delle predette schede con mezzi

informatici o telematici o mediante fax secondo le modalità stabilite con

decreto del Ministro dell'interno".

Notare che si autorizza, a livello nazionale, l’uso degli strumenti telematici

per la comunicazione dei dati anagrafici dei turisti, mentre prima il sistema

era utilizzato solo su convenzione con l’ufficio P.S. in alcune città.

1. L'apertura e il trasferimento di sede

degli esercizi ricettivi sono soggetti ad

autorizzazione, rilasciata dal sindaco del

comune nel cui territorio e' ubicato

l'esercizio.

Pag. 117

Art. 9Capo

3Semplificazioni

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Il rilascio dell'autorizzazione abilita ad effettuare, unitamente alla prestazione

del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone

alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva

in occasione di manifestazioni e convegni organizzati. La medesima

autorizzazione abilita altresì alla fornitura di giornali, riviste, pellicole per uso

fotografico e di registrazione audiovisiva, cartoline e francobolli alle persone

alloggiate, nonché ad installare, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature

e strutture a carattere ricreativo, per le quali e' fatta salva la vigente disciplina

in materia di sicurezza e di igiene e sanità.

2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata anche ai fini di cui

all'articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con

regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le attività ricettive devono essere

esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in

materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza, nonché

di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.

3. Nel caso di chiusura dell'esercizio ricettivo per un periodo superiore agli

otto giorni, il titolare dell'autorizzazione e' tenuto a darne comunicazione al

sindaco.

2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata anche ai fini di cui

all'articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con

regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le attività ricettive devono essere

esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in

materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza, nonché

di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.

3. Nel caso di chiusura dell'esercizio ricettivo per un periodo superiore agli

otto giorni, il titolare dell'autorizzazione e' tenuto a darne comunicazione al

sindaco.

Pag. 118

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6. I procedimenti amministrativi per il rilascio di licenze, autorizzazioni e

nulla osta riguardanti le attività e le professioni turistiche si conformano ai

principi di speditezza, unicità e semplificazione, ivi compresa l'introduzione

degli sportelli unici, e si uniformano alle procedure previste in materia di

autorizzazione delle altre attività produttive, se più favorevoli. Le regioni

provvedono a dare attuazione al presente comma. I comuni esercitano le loro

funzioni in materia tenendo conto della necessità di ricondurre ad unità i

procedimenti autorizzatori per le attività e professioni turistiche, attribuendo

ad un'unica struttura organizzativa la responsabilità del procedimento, fatto

salvo quanto previsto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394. E' estesa alle

imprese turistiche la disciplina recata dagli articoli 23, 24 e 25 del decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dal relativo regolamento attuativo.

1. E' istituito presso il Ministero

dell'industria, del commercio e

dell'artigianato un Fondo di rotazione per

il prestito ed il risparmio turistico, di

Pag. 119

Art. 10Capo 3

FONDO DI ROTAZIONE PER IL PRESTITO E IL

RISPARMIO TURISTICO

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seguito denominato "Fondo", al quale

affluiscono:

a) risparmi costituiti da individui, imprese, istituzioni o

associazioni private quali circoli aziendali, associazioni

non-profit, banche, società finanziarie;

b) risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e

liberalità, erogati da soggetti pubblici o privati.

2. Il Fondo eroga prestiti turistici a tassi agevolati e

favorisce il risparmio turistico delle famiglie e dei

singoli con reddito al di sotto di un limite fissato ogni

tre anni con decreto del Ministro dell'industria, del

commercio e dell'artigianato, secondo i criteri di

valutazione individuati nel decreto legislativo 31 marzo

1998, n. 109. Le agevolazioni sono prioritariamente

finalizzate al sostegno di pacchetti vacanza relativi al

territorio nazionale e preferibilmente localizzati in

periodi di bassa stagione, in modo da concretizzare

strategie per destagionalizzare i flussi turistici. Hanno

inoltre priorità nell'assegnazione delle agevolazioni le

istanze relative a pacchetti di vacanza localizzati

nell'ambito delle aree depresse.

Da notare le condizioni per l’accesso al credito agevolato, finalizzato

all’aumento della domande turistica:

Oltre al basso reddito, la vacanza deve essere spesa nel territorio nazionale,

nelle aree depresse e in bassa stagione.

Pag. 120

Fonti di finanziament

o

Le agevolazioni per i pacchetti

vacanza

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E’ chiaro che tali condizioni, oltre alla già citata destagionalizzazione,

mettono in moto un incremento della domanda turistica, che si allarga a ceti

sociali finora impossibilitati finanziariamente, e crea i presupposti per un

miglioramento dei rapporti di sviluppo più equilibrato nord-sud.

Pag. 121

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3. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, allo scopo di

collegare il Fondo con un sistema di buoni vacanza gestito a livello

nazionale dalle associazioni non-profit, dalle associazioni delle imprese

turistiche e dalle istituzioni bancarie e finanziarie, previa intesa nella

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata

in vigore della presente legge provvede con decreto a stabilire:

a) i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo;

b) la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati;

c) i soggetti che possono usufruire delle agevolazioni;

d) le modalità di utilizzo degli eventuali utili derivanti dalla gestione per

interventi di solidarietà a favore dei soggetti più bisognosi.

4. Al fine di consentire l'avvio della gestione del Fondo di cui al comma 1 e'

autorizzato un conferimento entro il limite di lire 7 miliardi annue nel

triennio 2000- 2002.

5. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, valutato in lire 7

miliardi annue nel triennio 2000-2002, si fa fronte mediante corrispondente

riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-

2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto capitale "Fondo

speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e

della programmazione economica per l'anno finanziario 2000, allo scopo

parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero

dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Pag. 122

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1. E' abrogato il regio decreto-legge

24 ottobre 1935, n. 2049,

convertito, con modificazioni,

dalla legge 26 marzo 1936, n. 526,

e successive modificazioni.

2. Alle imprese ricettive non si applica l'articolo 99 del testo unico delle

leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.

773.

3. E' abrogato l'articolo 266 del regolamento di esecuzione del testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio

1940, n. 635. Le disposizioni degli articoli 152, 153, 154 e 180 del

medesimo regolamento non si applicano alle autorizzazioni di cui all'articolo

9 della presente legge.

4. La sezione speciale del registro degli esercenti il commercio, istituita

dall'articolo 5, comma 2, della legge 17 maggio 1983, n. 217, e' soppressa.

5. Sono abrogate le seguenti disposizioni del decreto-legge 29 marzo 1995,

n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 203:

a) l'articolo 1, commi 6, 7, 8 e 9;

b) l'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), per quanto di competenza del settore

del turismo;

c) l'articolo 10, comma 14;

d) l'articolo 11;

e) l'articolo 12.

6. La legge 17 maggio 1983, n. 217, e' abrogata a decorrere dalla data di

entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 2, comma 4, della presente

legge.

Pag. 123

Art. 11Capo 4

ABROGAZIONI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

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7. Fino alla data di entrata in vigore della disciplina regionale di

adeguamento al documento contenente le linee guida di cui all'articolo 2,

comma 4, della presente legge si applica la disciplina riguardante le superfici

e i volumi minimi delle camere d'albergo prevista dall'articolo 4 del regio

decreto 24 maggio 1925, n. 1102, e successive modificazioni, e dalla lettera

a) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 97,

convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, come

modificata dal comma 7 dell'articolo 16 della legge 7 agosto 1997, n. 266.

8. A decorrere dalla stessa data di cui al comma 7 cessano di avere

applicazione le disposizioni, ad esclusione del comma 2 dell'articolo 01, del

decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla

legge 4 dicembre 1993, n. 494, relative a concessioni demaniali marittime

con finalità turistico-ricreative, che risultino incompatibili con la nuova

disciplina recata dal documento contenente le linee guida di cui all'articolo 2,

comma 4, lettera l), della presente legge e con la disciplina regionale di

recepimento o di adeguamento alle stesse linee guida.

Pag. 124

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1. Per il finanziamento del

Fondo di cui all'articolo 6,

e' autorizzata la spesa di

lire 270 miliardi per

l'anno 2000, di lire 80

miliardi per l'anno 2001,

di lire 55 miliardi per

l'anno 2002 e di lire 5

miliardi a decorrere

dall'anno 2003.

2. All'onere derivante dal comma 1 si provvede, per l'anno 2000, mediante

corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio

triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto

capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro,

del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2000,

allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero

medesimo, e, per il triennio 2001-2003, mediante corrispondente riduzione

dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003,

nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale"

dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo

parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il

Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e'

autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di

bilancio.

3. A decorrere dall'anno 2004 lo stanziamento complessivo del Fondo di cui

all'articolo 6 e' determinato dalla legge finanziaria con le modalità di cui

all'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e

successive modificazioni.

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Autorizzazione di spesa per 410 miliardi

Art. 12Capo 4

COPERTURA FINANZIARIA

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3.4 IL SISTEMA TURISMO E AMBIENTE NELLE SUE INTERAZIONI CON I SISTEMI REALI, CONCETTUALE ED ASTRATTI

In realtà, l’attività turistica non è un’attività ben definita dal punto di vista

economico, come non è mai stata una scienza ben definita dal punto di vista

scientifico.

Se dal punto di vista economico si colloca

all’incrocio fra differenti settori produttivi,

nell’ottica scientifica si trova da sempre all’incrocio

fra differenti scienze sociali: la geografia,

l’economia, la sociologia, l’antropologia culturale,

la psicologia sociale,

e tutto questo non ne ha permesso la sua ricomposizione in unità. La

rivoluzione del pensiero sistemico potrebbe rappresentare l’occasione della

rivoluzione dell’approccio al fenomeno turistico e, per la prima volta, della sua

approssimazione globale, il che potrebbe, di conseguenza, determinare una

maggiore razionalizzazione delle decisioni e delle azioni che sono sempre

compiuti dai vari agenti ed elementi interessati.

Pag. 126

Sistema scientifico

Sistema politico

Sistema culturale

Sistema educativo Sistema economico

Sistema demografico

Sistema tecnologico

Sistema socio-

Sistema ecologico

a)

IL SISTEMA TURISTICO

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La pratica stessa del turismo si è rapidamente evoluta. Il turista è divenuto infatti

sempre più esigente: oggi richiede

un'informazione chiara, completa e dettagliata

sulle opportunità offerte, valuta con estrema

attenzione le soluzioni che gli vengono proposte,

seleziona la destinazione ed i servizi che più lo

attraggono, e pretende un trattamento

personalizzato che soddisfi pienamente ogni sua

esigenza.

L'attenzione dei turista nel processo di scelta si è progressivamente spostata dal

"dove" al "perché" e al "come" viaggiare: non è più tanto la destinazione in sé a

costituire l'appeal per il cliente, ma la tipologia di vacanza proposta e la qualità

di aspetti ritenuti complementari. Sia in ambito leisure che business nascono

nuove motivazioni, e quindi nuove esigenze da soddisfare: cresce, per esempio,

l'importanza di variabili non prime (ecologia, valori culturali, tradizioni

locali ... ) e l'esigenza di risposte sempre più specifiche (dal segmento alla

nicchia). Mantenere competitività impone dunque un continuo sforzo di

aggiornamento e adeguamento: significa oggi conoscere, seguire e saper

assecondare le esigenze e le preferenze della domanda. Gli operatori turistici,

sebbene possano contare su un territorio ricco di grandi richiami di carattere

naturalistico e storico-artistico, per non rischiare di perdere quote di mercato, si

trovano pertanto a dover affrontare investimenti per innovare le proprie strutture

e adeguare i propri servizi alle nuove. molteplici, mutevoli richieste dei mercato.

Per mantenere competitivítà è oggi necessario evolvere l'offerta e adeguarsi alle

tendenze della domanda nazionale ed internazionale.

Pag. 127

b)LE EVOLUZIONI

DEL TURISMO NEGLI ULTIMI

DECENNI

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3.5 Dati tendenziali della domanda turistica (fonte: indagine per Alpitour e TCI, 1998 “La

Sicilia in ascesa”) Tendenze della domanda val. %

VACANZE PIU’ FREQUENTI E PIU’ BREVI, ANCHE FUORI STAGIONE 21.6PRENOTAZIONI ALL’ULTIMO MINUTO E DECISIONI D’IMPULSO 14.2MAGGIORE ATTENZIONE AL PREZZO 11.5MIGLIORI INFORMAZIONI PRE-VACANZE, NUOVE TECNOLOGIE 8.8RICHIESTA DI COMFORT DEL VIAGGIO E DELL’ALLOGGIO 8.8DESTINAZIONI RAGGIUNGIBILI FACILMENTE E COMODAMENTE 7.4VIAGGI INDIVIDUALI PIUTTOSTO CHE TURISMO DI GRUPPO 4.7RITORNO ALLE DESTINAZIONI, DOVE L’ESPERIENZA E’ STATA MIGLIORE 4.1PIU’ SICUREZZA INDIVIDUALE (MENTALE, SOCIALE, FISICA) 4.1TURISMO ALTERNATIVO, AUTENTICITA’, RITORNO ALLE ORIGINI 3.4AUMENTO DELLA SENSIBILITA’ AMBIENTALE 2.7TURISMO ATTIVO, SPORT 2.0GARANZIE CLIMATICHE 1.3PIU’ MOBILITA’ DURANTE LA VACANZA 1.3

EVOLUZIONE DEL MERCATO TURISTICO3.6 EVOLUZIONE DELLA DOMANDA TURISTICA

Pag. 128

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Anni Cinquanta Sessanta Settanta

Anni Ottanta Novanta

Unica vacanza Più vacanze e più turismiMito delle vacanze balneari Mare: vacanza fra le altrePochissimi italiani all’estero Sviluppo delle vacanze all’esteroScarso uso del mezzo aereo Abitudine all’uso dell’aereoConcetto di distanza chilometrica Prevalenza della distanza virtualeLimiti all’esportazione di valuta Liberalizzazione valutariaPrevalenza delle economie locali Internazionalizzazione dell’economia Scarsa considerazione dell’ambiente Strategie ambientali

Le indagini sulle tendenze della domanda turistica rilevano il progressivo

affermarsi di nuove motivazioni e nuove esigenze da soddisfare, quali le

variabili definite non price (ecologia, valori culturali, tradizioni locali ... ).

Parallelamente, si assiste, specialmente in Europa, ad una diversificazione delle

richieste dei visitatori, i quali, per esempio, hanno acquisito una maggiore

sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali, e tendono oggi a preferire

località e strutture eco-compatibili, considerando l'adozione di misure di

protezione e valorizzazione dell'ambiente come indice della qualità del servizio

offerto, tanto che destinazioni e strutture hanno già avviato processi di

adeguamento a tali nuove richieste. Come rileva Borzini, nel testo "Marketing

Turismo e ambiente", l'ecoturismo, indicato come l'unica alternativa

ecologicamente sostenibile allo sviluppo "fagocitatore ed irrispettoso", è

diventato nell'ultimo decennio non soltanto una realtà, ma un affare di

dimensioni mondiali ed il segmento specializzato con il maggior tasso di crescita

nel mercato del tempo libero. Anche in Italia, da qualche anno, anche in risposta

a tale tendenza generale, sta crescendo la sensibilità verso le tematiche

ambientali e del risparmio energetico.

Gli operatori cominciano ora a considerare la convenienza economica di prestare

l'adeguata attenzione ai nuovi flussi di turisti, per

Pag. 129

a)LA

DOMANDADI

ECOTURISMO

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lo più provenienti dal nord Europa, i quali, oltre

ad essere attenti alle prestazioni cosiddette

"ambientali"(verde, riciclo, bioedilizia, prodotti

ecologici, ecc.), risultano particolarmente esigenti

anche dal punto di vista del comfort e del prezzo.

Secondo un'indagine effettuata dal Centro Studi e Formazione della Rete

mondiale per il turismo ecologico ATNA di Trento sono oltre 1300 le strutture

ecoturistiche in Italia, concentrate per lo più nelle regioni settentrionali e

centrali. La designazione dell'anno 2002 quale "anno dell'ecoturismo",

costituisce un'ulteriore conferma della rilevanza e dell'attualità delle tematiche

legate a questa forma di turismo. Per cogliere l'opportunità di seguire questa

emergente tendenza del mercato, salvaguardando contemporaneamente la

possibilità di soddisfare i consumatori anche nel futuro, risulta opportuno che gli

operatori italiani si attivino per operare interventi di adeguamento delle strutture

e delle tipologie di servizi attualmente proposti alla clientela. Attenzione, però:

come fa notare Borzini, nel testo "Marketing Turismo e ambiente", non è

sufficiente dare una “mano di verde" ai viaggi ed alle attività all'aria aperta;

emerge, al contrario, la necessità di dotare le strutture di accoglienza di

strumenti che permettano di coniugare il business con la qualità ambientale,

anche e soprattutto, attraverso il conseguimento di miglioramenti nell'efficienza

e nella professionalità della manodopera locale.

Nei vari convegni sul turismo, non difficile trovare relatori in netta dicotomia

sugli effetti del turismo sull’ambiente; da una parte si osserva un turista che

fruisce dell’ambiente, senza nulla asportare, anzi, la sua presenza invoglia le

autorità competenti a mantenere e valorizzare le risorse turistiche, inserendo

l’attività turistica a pieno titolo tra le risorse rinnovabili ed ecocompatibili per

uno sviluppo sostenibile.

Dall’altra il turismo è considerato, nel periodo della sua maturità, fattore di

degrado, come un mostro destinato a divorare le risorse

da cui ha avuto origine.

Pag. 130

b)TURISMOMOSTRO

OFATTORE DI SVILUPPO ?

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Nella realtà l’esperienza maturata dalle diverse aree

dell’offerta offre innumerevoli esempi di entrambi i casi,

come è ampiamente prospettato, nelle opere del

“Lozato” (Prof. Università di Parigi, economista-

geografo).

Le teorie su esposte sono le due facce di una stessa medaglia e sono due realtà

dotate di verità parziale; vediamo di esaminarne una per volta ad iniziare da

quella positiva:

Un’economia regionale trae beneficio maggiore rispetto ad altri settori

commerciali, tale beneficio è maggiormente desumibile dalle seguenti fasi dello

sviluppo:

1. arrivo dei turisti in considerazione che il

bene turistico va consumato in loco;

2. consumo turistico: la regione diventa

area di consumo turistico, ciò influisce sul reddito dei

residenti che a loro volta aumentano la quota dei

consumi;

3. decollo turistico: la fase di consumo fa

seguire una fase d’investimenti che crea un apparato

produttivo permanente amplificando la spesa turistica

regionale;

4. la fase del distacco: lo sviluppo regionale

perde la caratteristica di “monocoltura” per effetto

della ricchezza di risorse finanziarie le quali creano

attività produttive al di fuori del mercato turistico.

E’ interessante considerare l’effetto macroeconomico della spesa turistica, sul

piano locale, regionale, nazionale ed internazionale: nei luoghi di maggior

Pag. 131

c)

LO

SVILUPPO

DELLA

ECONOMIA

TURISTICA

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benessere, normalmente troviamo interesse turistico sia di incoming sia di

outgoing, ma soprattutto di outgoing, perché è proprio in questi luoghi che si

concentra la maggior parte della domanda turistica;

in questo caso vi è una parte di

compensazione tra i luoghi di benessere con

una prevalenza, in termine di spesa, in uscita.

Di contro nei luoghi (li chiamiamo luoghi per

includerli tutti, considerato il caso che questo

effetto vale tanto tra due località di una

stessa regione come per due località o paesi

da un capo all’altro del pianeta) non

sviluppati, o in via di sviluppo,

troviamo interesse particolarmente per l’incoming, perché la mancanza di

industrie, l’ambiente non ancora incontaminato, il costo della vita, mancanza di

benessere, fondamentale per la domanda turistica, ecc.., concentra solo l’offerta,

non vi è quindi particolare compensazione, con una assoluta prevalenza di spesa

in entrata. Questo è anche definito L’EFFETTO EQUILIBRATORE DEL

TURISMO.

Pag. 132

d)L’EFFETTO

MACROECONOMICO

E L’EFFETTOEQUILIBRATORE

DEL TURISMO

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e) L’EFFETTO MOLTIPLICATORE (keynes): si intende una funzione tra

variabili per la quale, un incremento di una variabile (esogena) indipendente,

produce un effetto proporzionale sull’incremento di una variabile (endogena)

dipendente.

In altre parole, la spesa dei turisti è da considerare

come immissione di moneta (esogena) dal reddito

formato all’esterno che si aggiunge alla circolazione

di moneta (endogena) della regione che la riceve;

l’effetto moltiplicatore consiste nel fatto che la spesa

originaria circola più volte.

Ancora, è opportuno evidenziare gli effetti ambientali/strumentali positivi

quando parliamo della relazione turisti-residenti friendly, cioè quando per il

turista vi è un beneficio ma nello stesso tempo le località turistiche godono di

più campi da tennis,

più parcheggi, spiagge pulite, in generale, maggiori

attrezzature e benefici, che in un periodo dell’anno

sono a disposizione dei turisti, e per il resto a

disposizione dei residenti, aumentando il loro

benessere.

Pag. 133

f)IL TURISMOFRIENDLY

L’EFFETTO MOLTIPLI-CATOREDELLA SPESA

TURISTICA

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Cap. 4

ANALISI DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA TURISTICA4.1 LO SVILUPPO DEL TURISMO MONDIALE

Dall'inizio degli anni '70 la domanda turistica ha registrato un processo di

crescita formidabile nel mondo e una notevole diffusione territoriale, ed il

numero di turisti continua ad aumentare ogni anno.

Si assisterà anche ad una forte crescita dei viaggi

sulla lunga distanza (24% in media mondiale, 15%

in Europa); pur restando prevalente il movimento

intraregionale, si assisterà anche ad una forte spinta

alla globalizzazione, pur nel mantenimento

dell'interesse per le caratteristiche e le peculiarità

locali.

Si prevede che il turismo diventerà la prima industria del XXI' secolo, e che sarà

uno dei primi 3 settori nell'economia globale, trovandosi sempre più al centro di

un sistema complesso collegato ad altre attività (es. trasporti, agro-industria,

energia, etc.).

Le entrate per turismo sono arrivate a 400 MD di US$ nel 1.995 e l'aumento

previsto è del 6,7% annuo. Il turismo impiega oltre 9 ML di persone (6% del

mercato del lavoro) e indirettamente molti ML, e rappresenta, in media, il 5,5%

del PIL e 1/3 delle esportazioni di servizi.

Questi dati rispecchiano una posizione dominante

sul mercato mondiale. L'Europa esercita una forte

attrattiva per la storia, la natura, la cultura e resterà

la principale regione di destinazione in termini

globali, anche se la crescita prevista è inferiore alla

media e la quota di mercato risulta in declino (- 9%

rispetto al 59% del 1995); in compenso, a crescere

sarà la regione Est-Asia e Pacifico (+7% annuo).

Pag. 134

a)IL TURISMO

NELL’ECONOMIA GLOBALE

b)LA POSIZIONE DOMINANTE

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I paesi mediterranei in particolare cresceranno del 2,8%, riducendo la quota di

mercato dal 30% al 25% in proiezione al 2010. Gli incrementi minimi sono

previsti per il Sud e l'Ovest Europei. L'Italia seguirà questo trend (+2,2%) e

scenderà al 6' posto nella graduatoria delle principali destinazioni, dopo Cina,

USA, Francia, Spagna e Hong Kong.

4.2 IL TURISMO IN ITALIAIl nostro paese risulta una delle destinazioni preferite dal turismo internazionale

sia per fatturato che per numero di arrivi e presenze: nel 1998 era al 4' posto

come meta preferita dal turisti di tutto il mondo e al 2' per le entrate. Nel 1997 la

spesa turistica in Italia è stata di circa 130.000 miliardi di lire (80.000 MD spesi

dagli italiani e 50.000 MD dagli stranieri), pari al 10,7% dei consumi interni.

Il peso percentuale del settore turistico sul PIL

italiano (97) in termini di valore aggiunto turistico

è pari al 5,7%, più del doppio di quello prodotto sia

dal comparto alimentare che da quello agricolo;

l'industria turistica inoltre ha un ruolo rilevante nel finanziamento della bilancia

dei pagamenti, il saldo positivo è di circa 22.000 NM (97), così come nel

numero di unità di lavoro occupate che è di quasi 2 milioni pari al 9%

dell'occupazione totale.

Pag. 135

a)L’INDUSTRIA

TURISTICA ITALIANA

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Il sistema delle imprese dell'ospitalità ha un carattere molto frammentato, è

costituito da molte Piccole e Medie Imprese, spesso a conduzione familiare.

Risulta estremamente difficile censire il numero

ufficiale degli esercizi ricettivi: nel '97 si contano ca

34.000 esercizi alberghieri, ca 2.400 campeggi e

villaggi turistici, 7.000 agenzie di viaggi, 4.600

aziende agrituristiche ufficiali. La distribuzione delle

strutture ricettive nel territorio italiano è

disomogenea; infatti 15.500 ca si trovano nel Nord-

Est, 7.000 nel Nord-Ovest, 6.000 ca al Centro e solo

5.000 ca nel Meridione (98). Le statistiche ufficiali

non rilevano il movimento negli alloggi in affitto,

ignorano i pernottamenti nelle abitazioni in proprietà

e sottostimano le altre componenti.

L"Italia dispone infatti di ca 3,5 milioni di posti letto censiti anche se una

valutazione più aderente alla realtà porta tale stima a 6,5 milioni considerando

l'offerta 44 sommersa". Alcune analisi indicano che il. movimento turistico reale

è pari ad almeno 3 volte quello ufficialmente rilevato. Per quanto riguarda la

domanda di turismo e l'articolazione regionale, dagli anni '50 il turismo in Italia

è diventato un fenomeno di massa, fino alla cosiddetta "esplosione" degli anni

Settanta e Ottanta, generata sia da fenomeni socio-culturali che economici e

demografici (maggiore reddito disponibile, urbanizzazione spinta ecc). Le

regioni che tradizionalmente presentano la maggiore percentuale di famiglie che

fanno vacanza sono quelle industrializzate e con grandi centri urbani

(Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna), mentre ben più distanziate

sono le aree meridionali. Il turismo italiano si è caratterizzato per una forte

prevalenza di domanda interna (circa il 70%), con rilevanti variazioni da regione

e regione, mentre l'apporto straniero risulta concentrato nelle città d'arte o in

alcune aree quali la riviera adriatica e alcune località del mezzogiorno di "prima

colonizzazione".

Pag. 136

b)L’OFFERTATURISTICA ITALIANA

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In termini geografico-territoriali, il fenomeno ha seguito le linee principali dello

sviluppo con una concentrazione antropica lungo le coste, caratterizzandosi

quindi come turismo essenzialmente balneare; mentre il turismo alpino invernale

inizia a svilupparsi a partire dagli anni '60. Il turismo italiano si caratterizza per

la predominanza dei movimenti interregionali e quindi generalmente come

turismo di prossimità, con utilizzo del mezzo proprio per una mobilità di breve

raggio, spesso verso la seconda casa. Inoltre, il turismo si configura

generalmente come stanziale e concentrato nel periodo estivo, con una

attivazione limitata dell'economia in alcune aree.

Questo quadro, prevalente negli anni '70, si

modifica nel decennio successivo a fronte di una

maggior propensione degli italiani al turismo

internazionale che comincia a manifestarsi nella

seconda metà degli anni '80. Nella stessa epoca si

registra anche un forte incremento del turismo

straniero verso il nostro Paese.

L'evoluzione economico-sociale ha portato in evidenza una maggior diffusione

della propensione alla vacanza, alla quota di reddito destinata al turismo, alla

varietà di motivazioni e modi di vacanza e all'emergere del turismo d'affari e dei

convegni e meeting. I turisti italiani hanno confermato negli anni '90 la tendenza

ad effettuare turismo all'estero, anche con prodotti quali la crociera e il villaggio

turistico. Circa il 25% dei viaggi effettuati oggi da italiani sono diretti all'estero:

questo fenomeno sta progressivamente trasformando l'Italia da prevalente paese

di destinazione a importante mercato di origine della domanda internazionale.

La distribuzione territoriale nell'ultimo decennio evidenzia l'evoluzione verso le

aree interne, con particolare riferimento al turismo culturale o verde, guidato

anche da un'offerta diffusa (Toscana, Umbria) e da temi rilevanti (salute e

bellezza, enogastronomia, ecc.). Cresce anche la domanda e l'offerta di

ricreazione urbana, nelle sue varie forme, gestite sia dalle amministrazioni che

dai privati (palestre, parchi, mostre ed eventi, centri commerciali).

Pag. 137

c)

L’EVOLUZIONE DEL TURISMO

IN ITALIA

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Le dinamiche della domanda, dunque, sono state

accompagnate anche da strategie nell'offerta: se

per esempio dagli anni '50 alla metà dei '70 si è

assistito ad una crescita continua dell'offerta

turistico-alberghiera (si pensi al litorale adriatico)

con un certo spontaneismo, dal periodo della crisi

petrolifera in poi si è assistito ad un processo di

"localizzazione, ridimensionamento e

miglioramento della qualità ricettiva" ben

individuabile, che oggi vede inoltre l'affermarsi di

forme di networking (franchising ecc.) e l'ingresso

delle catene internazionali.

Accanto a questo trend del comparto ricettivo si è anche arricchita la tipologia di

offerta: nuovi servizi e infrastrutture, parchi tematici e luoghi di intrattenimento,

attrazioni culturali "rivalorizzate", itinerari alternativi, centri per il turismo

d'affari. L'offerta si è quindi arricchita contribuendo a rendere sempre più ricco e

complesso il prodotto turistico e rendendo più numerose le alternative e le

opportunità per il consumatore, spesso con una maggior sinergia tra operatori,

privati e pubblici, tesi a mantenere la competitività. Per quanto riguarda le

seconde case e l'edilizia di vacanza privata, lo sviluppo è stato particolarmente

intenso negli anni 70' in particolare per alcune zone (si veda il caso delle regioni

meridionali con i fenomeni di turismo etnico) e pare rallentato negli ultimi anni,

che vedono piuttosto l'emergere di nuove forme (multipropietà, time-sharing)

che trovano ragion d'essere nel desiderio di diversificare la vacanza, e di

effettuare investimenti all'estero. Riassumendo in termini quantitativi le

dinamiche descritte, il quadro si presenta come segue.

Nel 1970 gli arrivi in Italia erano 37,4 ML e le presenze 244ML; nel 1980 si

registrano 51,5 ML di arrivi e 328,7 ML di pernottamenti; nel 1990 ben 64 ML

di arrivi e 354 ML di presenze. Con riferimento agli anni più recenti, il flusso

turistico ufficialmente rilevato (ISTAT 97) è costituito da ca 71 ML di arrivi (40

Pag. 138

d)LE

DINAMICHE DELLA

DOMANDA TURISTICA

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ML italiani e 31 ML stranieri) e 292 milioni di presenze (174 ML di italiani e

118 ML di stranieri).

Dal 1970 al 1997 risulta così evidente una crescita degli arrivi, accompagnata da

una diminuzione della permanenza media e quindi da una dinamica più

moderata dei pernottamenti totali. Per quanto riguarda la domanda straniera, dai

12,7 ML del 1970 si è passati ai 18 ML del 1980 ai 21,8 del 1990 e ai 31 del

1997.

Le presenze alberghiere risultano distribuite per il

58,8% al Nord, il 21,9% al Centro, il 19,3% al

Sud. 1 visitatori stranieri trascurano il meridione

(13%) a favore delle regioni del Nord-Est (48%):

questa tendenza, per quanto meno marcata, è

valida anche per i turisti italiani (37% Nord-Est;

19% Nord-Ovest; 22% Centro; 22% Sud).

Le regioni meridionali, infatti, che rappresentano 1/3 del territorio nazionale e

possiedono il 60% del litorale italiano, presentano molteplici vantaggi dal punto

di vista turistico: bellezza del paesaggio, clima soleggiato, zone archeologiche di

grande rilevanza turistica, ricchezza dei patrimonio architettonico ed artistico,

ma raccolgono una quota non rilevante di presenze e dei consumi turistici totali

in Italia.

Pag. 139

e)

LA DISTRIBUZIONE

DELLA DOMANDA TURISTICA

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4.3 IL TREND DEI FLUSSI TURISTICI IN ITALIAGli stranieri che visiteranno l’Italia nel 2002 raggiungeranno i 38 milioni, con un

tasso di crescita dello 0,9% rispetto al 2001, mentre nel 2003 l’aumento

dovrebbe attestarsi sul 2,7%, arrivando alla quota di 39 milioni. Prima dell’11

Settembre, nel 2002, ci si aspettava una crescita del 4% (fonte CISET Venezia)

QUADRO SINTETICO DEI FLUSSI TURISTICI

“INCOMING E OUTGOING” 2002 -2003

2002 2003

INCOMING Valori

*assoluti

Variazioni

%

Valori

*assoluti

Variazioni

%

Arrivi mondiali in Italia 38.032 0,9 39.060 2,7

Arrivi in Italia da 21 Paesi 32.892 0,6 33.654 2,3

Arrivi Area mediterranea 4.506 1,5 4.616 3,4

Arrivi Europa centrale 17.533 1,6 17.961 2,4

Arrivi Nord Europa 3.680 0,7 3.718 1,0

Arrivi Extra Europa 7.172 -2,5 7.359 2,6

2002 2003

OUTGOING Valori

*assoluti

Variazioni

%

Valori

*assoluti

Variazioni

%

Partenze degli italiani

verso l’estero 17.627 2,1 18.051 2,4

Partenze Area Mediterranea 10.607 2,9 10.891 2,7

Partenze Europa Centrale 3.192 1,8 3.251 1,9

Partenze Nord Europa 1.167 0,5 1.645 2,0

Partenze Extra Europa 2.215 0,0 2.263 2,2

* valori in migliaia

Pag. 140

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4.4 Le valutazioni dell'OMTL'Organizzazione mondiale dei Turismo ha ulteriormente corretto, a fine

gennaio 2002, il dato relativo all'andamento degli arrivi del turismo

internazionale mondiale dell'anno 2001. Se prima dell'11 settembre dello scorso

anno ci si aspettava una crescita intorno al 4%, una prima stima a fine ottobre

aveva portato ad una riduzione dell'incremento all'1 %; a dicembre le stime

indicavano una situazione di stazionarietà. A febbraio 2002, si ipotizza che si

verifichi una diminuzione dell'1,3% (dai 697,5 mi di arrivi dei 2000 ai 688,5 dei

2001). Da notare che, secondo quanto dichiarato dalla stessa OMT, dal 1982 (-

0,4%) non si era più verificata una diminuzione negli arrivi internazionali e che

nel decennio 1990- 2000 il saggio medio annuo di crescita era stato dei 4,3%; la

congiuntura era molto positiva se è vero che nel 2000 si era verificata una

crescita record intorno al 7% rispetto all'anno precedente.

Le prospettive, dunque, erano improntate ad un grande ottimismo. Secondo

l'OMT, comunque, la crisi che si è verificata a fine anno si è innestata su di una

situazione che presentava già qualche segnale di preoccupazione;

per l'andamento difficoltoso delle economie di alcuni dei principali

bacini di origine, in particolare Germania, Giappone ed USA, con

conseguente diminuzione dei flussi outbond;

per la crisi economica Argentina;

per l'effetto dovuto alla mucca pazza per paesi britannici, con un calo

intorno al 5% degli arrivi;

per il sovrapprezzo dei dollaro con conseguente effetto sui flussi incoming

verso l'USA;

per il perdurare di guerre e di focolai di crisi in Medio Oriente.

Gli effetti dell'11 settembre non hanno avuto solo una dimensione quantitativa,

ma, almeno nell'immediato, hanno prodotto anche sostanziali cambiamenti

degli stili di vita delle popolazioni.

Pag. 141

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E' da aspettarsi che alcuni di questi mutamenti di abitudine da fatto

congiunturale imposto da un evento esogeno diventino un fatto strutturale e di

lungo periodo.

In sintesi si può affermare che alla base dei nuovi atteggiamenti, vi è stata

l’esigenza di trovare soluzioni più sicure e forme di turismo più autentiche, con

maggiore attenzione ai localismi, alle componenti ambientali ed alle tradizioni.

L’intreccio di questi nuovi comportamenti porterà ad una figura di turista

sempre più consapevole delle proprie scelte, sempre più voglioso di

praticare forme di turismo autentico e sempre più attento alla componente

ambientale, sia come tipologia specifica e pratica di una nuova forma di

turismo, sia come componente essenziale e condizionante di tutti gli altri

turismi.

Da un punto di vista qualitativo per l'anno 2002 si prevede un ulteriore forte

sviluppo dei turismi cosiddetti ambientali, (montagna estiva compresa) e la

valorizzazione di tutte quelle forme che fanno riferimento alla tradizione ed alla

possibilità di provare esperienze dirette sul territorio. Si avrà, insomma, una

riscoperta del gusto e delle tradizioni. Il turismo della salute trarrà un ulteriore

impulso, sia come terme tradizionali che come benessere, per l'attenzione che

sempre più è data alla promozione della propria salute in chiave di

orientamento ambientale. Inoltre, per quanto riguarda gli italiani, si tenderà a

distinguere fra le vacanze in Italia per le quali si cercherà affidabilità e

tradizione e vacanze all'estero, che saranno sempre più riscoperte nel corso

dell'anno, concepite di più come trasgressione e ricerca di discontinuità.

Tuttavia la forza del turismo italiano in termini di grandi numeri continuerà a

poggiare solidamente sulle componenti tradizionali e sostanziali dell'arte e della

cultura e del turismo balneare.

Pag. 142

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L'Emilia Romagna è la regione con il più consistente movimento turistico, per

quanto riguarda gli italiani: infatti è prima in graduatoria (97) per le presenze di

italiani (16,8%), seguita da Trentino (10,8%) e Lombardia (8,7%).

Considerando le presenze totali nel 1997, in

Veneto ne sono state registrate oltre 41 ML in

Emilia Romagna 32 ML, in Toscana 31 ML e in

Lombardia quasi 23 ML.

Considerando il movimento complessivo

(alberghiero e complementari) le località balneari

e lacuali incidono per il 40,2% (il periodo giugno-

settembre raccoglie quasi l'80% delle presenze e il periodo aprile-settembre il

90%); segue quindi il turismo d'arte (19%), il turismo d'affari (13.5%) e quello

montano (12,7%).

La stagionalità è uno degli elementi più tipici del

turismo italiano, più accentuata per gli italiani che

per gli stranieri; infatti il mese di agosto è il mese

preferito con ca il 23% delle presenze annue,

seguito da luglio, giugno e settembre (tutti con ca

il 18%), anche se sembra sia in atto un

allungamento della stagione a settembre- ottobre,

mentre novembre è il mese con minore

movimento complessivo.

Le località montane presentano una bistagionalità con concentrazione delle

presenze in luglio-agosto e nel periodo gennaio-marzo. Si stima che in periodo

di bassa stagione più della metà degli esercizi alberghieri chiuda ed almeno i 2/5

delle camere (in particolare negli esercizi di piccole dimensioni nelle località

balneari e montane) siano chiusi al pubblico.

Cap.5Pag. 143

a)

LA DISTRIBUZIONE DELL’OFFERTA

TURISTICA

b)

LA STAGIONALITA’

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IL SISTEMA TURISTICO E AMBIENTALE

NELLE INTERAZIONI CON I SISTEMI REALI,

NEGATIVI E POSITIVI5.1 IL SISTEMA TURISTICO ED IL SISTEMA AMBIENTALE

Il sistema turistico è in scambio ed in relazione con il sistema ecologico. Questo

scambio determina la ragione stessa del sistema turistico che può causare, come

in alcuni casi ha causato, l’avvilimento ed il deterioramento dell’ambiente,

ma che a sua volta, per questo deterioramento e

avvilimento, perde la sua fondamentale motivazione

turistica. Appare evidente che il sistema turistico deve

realizzare un evoluzione positiva, sia strutturale sia

funzionale, e l’approccio al problema non può essere

disgiunto da sistema ecologico.

Il sistema turistico può produrre dei servizi e può soddisfare dei bisogni. Sono

questi due generi di risultati cui giunge il sistema regione turistica.

Il vertiginoso incremento degli spostamenti per turismo ha comportato l'esigenza

di affrontare una serie di nuove e complesse problematiche di natura ambientale.

L'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), nel documento

"Strategie e strumenti per lo sviluppo sostenibile del turismo" dei febbraio 2001,

fa rilevare come il turismo e l'ambiente, inteso come complesso dei beni naturali

e culturali, sono caratterizzati da una relazione biunivoca: il turismo ha nelle

risorse ambientali il patrimonio indispensabile per il proprio sviluppo; viceversa

l'ambiente trae beneficio dalle risorse mosse dalle attività turistiche quando con

esso compatibili. Tale relazione positiva, tuttavia, spesso non si verifica, ed il

turismo, in particolare quello di massa, comporta degli effetti negativi per

l'ambiente.

Pag. 144

a)

EVOLUZIONE POSITIVA

AMBIENTE-TURISMO

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Tra gli effetti del turismo, infatti, secondo quanto riportato nel documento

"Turismo durevole e Sviluppo Sostenibile - il

quadro di riferimento italiano" di Andriola-

Manente, rientrano il degrado marino costiero e

montano, la cementifícazione, i rifiuti solidi, le

emissioni in atmosfera, gli scarichi, la

desertificazione, l'insalinamento delle falde di

pianura costiera, l'eccessiva infrastrutturazione.

Tra le esternalità collegate alle attività turistiche vanno ricordate quelle negative

che sono all'origine della possibile diminuzione della identità sociale e culturale

dell'area ospitante, dell'aumento della produzione dei rifiuti, dell'aumento dei

consumo di beni primari e risorse (acqua, energia ecc.), della modificazione e

distruzione degli ecosistemi montani, lacustri, costieri, marini, la perdita di

biodiversità, gli impatti estetici e visivi, l'inquinamento del suolo e dell'acqua, la

congestione e l'inquinamento acustico, la concentrazione dei benefici in poche

aziende di elevate dimensioni e/o estere, l'aumento della domanda di mobilità, il

lavoro nero e/o minorile e la prostituzione. Purtroppo, in Italia si rileva una

scarsa disponibilità informativa riguardo i termini della pressione turistica e

degli effetti ambientali, mancano dati organizzati "ad hoc" e riferiti tutti allo

stesso arco di

tempo, cosa che di fatto inibisce la

conoscenza e la valutazione sistematica dei

fenomeni legati al turismo. Negli anni 70' con

"I limiti dello sviluppo" dei Club di Roma si

iniziò a parlare dei conflitto tendenziale tra

crescita economica e demografica ed

ambiente.

Pag. 145

b)

ALCUNI EFFETTI

DEL TURISMO

c)LE PRIME

CONFLITTUALITA’

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In particolare da una decina di anni a questa parte è stato riconosciuto il peso

che i modelli tradizionali di sviluppo dell'industria turistica hanno in termini di

impatto negativo sull'ambiente e sul tessuto sociale delle comunità ospitanti. A

fronte di questa consapevolezza, sta oggi crescendo la preoccupazione per gli

obblighi che le generazioni di oggi hanno nei confronti di quelle future, e

vengono ricercate le misure correttive secondo il concetto di sostenibilità.

Le recenti ricerche dei più accreditati Centri di Studi mostrano che il mercato dei

turismo è in continua crescita, e che il numero di turisti nel mondo continuerà ad

aumentare nel prossimo futuro a ritmi sostenuti.

Ma ciò che, in questi termini, può apparire come una naturale conseguente

opportunità di business, comporta in realtà la necessità per ogni località di

effettuare grossi sforzi per non restare esclusa dal trend di sviluppo.

Infatti, fenomeni quali la globalizzazione, la crescente sensibilità dei governi

verso il settore e la professionalità acquisita dagli operatori internazionali,

aumentano la competitività nel comparto.

Inoltre, le caratteristiche e le tendenze della domanda rendono il settore sempre

più complesso e dinamico.

Un mercato libero, di imprese turistiche e non,

senza vincoli, non è accettabile, soprattutto

quando parliamo del binomio

ambiente/turismo, dove l’ambiente non è

considerato un costo per le imprese,

le quali tendono a massimizzare i profitti, raggiungendo un equilibrio di mercato

domanda-offerta-prezzo, sfruttando senza limiti la risorsa ambiente, cioè senza

considerare i costi sociali (diseconomie o esternalità negative) che ne derivano.

Pag. 146

d)

IL MERCATO TURISTICO LIBERO E LE DISECONOMIE

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Mentre sarebbe sufficiente che tali costi fossero

imputati alle imprese, i quali farebbero alzare il

prezzo, quindi creerebbero una diminuzione della

domanda e conseguenzialmente una riduzione della

produzione a livelli di miglior equilibrio a favore

dell’ambiente.

Quando ci soffermiamo sul settore turistico, inoltre, dobbiamo considerare che

l’ambiente non rappresenta soltanto un fattore di benessere/malessere dei

cittadini, ma anche prodotto turistico, per cui un inquinamento di una qualunque

impresa, rappresenta una diseconomia per il settore turistico (curiosa, a

proposito, la definizione dell’economista Candela: beni ambientali quando

distribuiscono benefici a tutta la collettività e mali ambientali, al contrario,

quando vi è inquinamento).

Anche la stessa attività turistica, in alcuni casi, rappresenta uno sviluppo

insostenibile, per esempio, quando in una località la massa di turisti va oltre la

capacità del territorio di sostenerli, creando così minor benessere tanto per i

residenti che per i turisti stessi (avviando la causa di declino dello sviluppo

turistico);

Pag. 147

e)IL LIMITE

ALLO SVILUPPO TURISTICO

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A tal proposito, da alcuni studi dell’OECD (the impact of tourism on the

environment – general report, Paris 1980) sono determinati gli effetti negativi

principali sull’ambiente:

Effetti d’inquinamento (dell’aria, dell’acqua, da rumore,

dei siti)

Perdita di terreni agricoli e per la pastorizia

Danneggiamenti della flora e della fauna

Degradazione del paesaggio e dei siti artistici

monumentali

Effetti di congestione del traffico e delle spiagge

Effetti di conflitto tra turisti e residenti

Effetti di concorrenza di manodopera tra le diverse

attività

I danni più frequenti sono subiti, nella maggior parte dei Paesi, e sopratutto sulla

costa, dalla vegetazione, per la costruzione di infrastrutture turistiche stabili o

temporanee (campeggi, villaggi turistici, seconde case, e di strade carrozzabili a

servizio di queste strutture.

Pag. 148

f)

IL

DECLINO

TURISTICO

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5.2 Il privato, naturalmente, non sceglie la localizzazione di

un’impresa turistica, in relazione all’impatto sull’ambiente in

particolare, ma valuta le proprie convenienze, in base a:

Reddito della popolazione

Presenza di tessuto industriale

Trend positivo delle aziende dell’area

Attrazioni naturali e artificiali

Stazione ferroviaria

Eventi

Traffico congestionato

Disoccupazione elevata

Distanza dai maggiori centri urbani

Costo elevato del viaggio ferroviario

Scarso tessuto commerciale

Assenza di attrazioni

Vincoli comunali all’uso del terreno

Vincoli urbanistici

Normativa antincendio

Normativa licenze

Burocrazia snella o farraginosa

Costi di acquisizione

Costo del lavoro

Tariffe affitti

Assicurazioni

Riscaldamento ed elettricità

Condizioni di leasing

Profitti e flussi di cassa attesi

Pag. 149

a)FATTORI

DI ATTRAZION

E

b)FATTORI

DI ESCLUSIONE

Selezione area geografica

c)FATTORI CHE DETERMINANO LA SCELTA

1. Accessibilità

2. Convenienze

3. Territorio

4. Aspetti legali

5. Costi di costruzione e di gestione Fonte F. Butle[1986]

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5.3 L’ANTROPIZZAZIONE, L’AMBIENTE ED IL TURISMOUna eccessiva antropizzazione della costa (industrie

turistiche, insediamenti residenziali), con relativo

scarico a mare delle fogne, nella stragrande maggioranza

non depurate, porta inesorabilmente ad un inquinamento

da “superamento degli standard colimetrici” (100

colibatteri fecali per 100 ml d’acqua,

secondo le direttive UE), senza contare la presenza nelle acque di materie solide

di varia natura, che trasformano gli arenili in ricettacoli d’immondizia,

incompatibili per una spiaggia adatta alla balneazione turistica.

Nelle regioni montane, danni all’ambiente derivano dal diffondersi dei veicoli

fuoristrada, dalla moda di raccogliere tutto ciò che è raccoglibile: fiori (anche se

protetti), funghi (anche oltre il consentito), lamponi, mirtilli, e l’abbandono di

ogni sorta di rifiuto, quasi sempre non biodegradabile.

Ulteriori alterazioni nei riguardi dell’ambiente naturale, in particolare della

morfologia, sono determinate dagli sbancamenti o comunque dai movimenti di

terra dovuti alla realizzazione di strutture turistiche più o meno grandi, di

seconde case, di strade, di aree di parcheggio, di stabilimenti balneari, e in

ultima analisi, di porti turistici.

Nelle aree che sono meta di turismo, il progressivo affermarsi di questo

fenomeno provoca effetti tutt’altro che trascurabili, soprattutto quando mancano

vincoli edilizi pianificati (pianificazione occulta degli insediamenti turistici).

In alcuni casi le strutture, ricettive e pararicettive richieste

dal turismo, si sono incastonate nel preesistente tessuto

abitativo senza provocare particolari alterazioni. In altri,

invece, l’affermarsi del gigantismo edilizio, soprattutto

degli esercizi alberghieri-residenziali (a seguito anche

dell’aumento dei prezzi dei suoli edificabili),

Pag. 150

a)

ATTIVITA’ TURISTICA

E AMBIENTE

b)

L’ESPANSI-ONE

SPONTANEA DEGLI

ABITATI

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e il diffondersi, in territori più o meno estesi di seconde case isolate, a schiera,

o in condomini di grande dimensioni, hanno determinato un largo consumo

del suolo e di alterazioni paesaggistiche.

Accanto agli interventi locali, vi sono una serie di interventi a carattere

nazionale, finalizzati a salvaguardare, difendere, valorizzare le risorse

ambientali:

Biòtopi, intesi come luoghi caratterizzati dalla

presenza di specie animali e vegetali di elevato

interesse scientifico (possono comprendere anche

fondali marini e scogliere);

Aree demaniali generalmente boscosi facenti parte

del patrimonio inalienabile dello Stato;

Parchi nazionali , aree di eccezionale importanza e

complessità naturalistica, di vasta estensione e di

interesse internazionale, famosi anche per la

presenza di alcune specie di animali e/o vegetali;

Riserve naturali statali: riserve biogenetiche, zone

umide di valore internazionale, zone marine di

tutela biologica;

Vincolo Paesaggistico: parchi regionali, riserve naturali regionali,

aree di tutela, parchi sperimentali marini, parchi minerari, parchi tematici;

Vincolo idrogeologico restrittivo per industria estrattiva e di

trasformazione;

Comprensori di bonifica;

Strumenti urbanistici (piano regolatore);

Rimane, quindi abbastanza chiaro, che le realtà politico amministrative locali

nazionali ed internazionali devono porsi in coordinato rapporto con tutti gli

altri settori produttivi, pianificando il territorio, in modo socialmente

sostenibile, e compatibilmente con la preservazione delle risorse.

5.4 I RAPPORTI TRA L’AGRICOLTURA E IL TURISMO

Pag. 151

c)

I

POSSIBILI

RIMEDI

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L’agricoltura intrattiene col turismo rapporti multiformi e differenziati a

secondo delle aree e delle forme di turismo:

l’agricoltura quale fornitrice di beni di

consumo per i turisti ha concomitanza d’interessi col

turismo, attivando anche forme di vendita dirette

produttore/consumatore. Nelle forme di agriturismo

(coesistenza di agricoltura e turismo) nell’uso del

suolo, nei riguardi di quel tipo di turismo che, per

reazione all’urbanesimo, ha individuato nello spazio

agricolo, non urbanizzato, l’ultima frontiera,

ovvero il terzo spazio turistico (dopo la scoperta delle coste e della

montagna), addirittura (vedi Legge 915 sull’agriturismo) il turismo si prefigge

lo sviluppo del consumo di prodotti tipici, integrazione del reddito agricolo e

freno dall’esodo rurale.

In altri casi si assiste ad un antagonismo tra questi

due settori per l’uso del suolo e l’utilizzazione delle forze lavoro:

Nell’uso del suolo si sono verificati i danni ambientali più

rilevanti, derivati dalla trasformazione subita

dall’edilizia rurale, da diffondersi in campagna di

cottages e villette, dall’erosione di terreno agricolo da

parte del turismo, dalla lievitazione dei prezzi,

anche dei terreni dichiarati non edificabili e, conseguentemente, riduzione

dalla propensione agli investimenti agricoli, a medio e lungo termine.

Nei riguardi della forza lavoro agricola, l’affermarsi del turismo, crea spesso

situazioni di competizione con esodo dalla campagne, soprattutto nella

stagione estiva quando entrambi i settori necessitano di molta manodopera.

Un altro rischio è la perdita della campagna della sua identità (soprattutto in

certe aree agrituristiche) per effetto dell’introduzione di scenari turistico

folclorici artefatti, aventi scarse relazioni con la realtà locale.

Pag. 152

a)

BINOMIO POSITIVOAgricoltura

-turismo

b)

BINOMIO NEGATIV

OAgricoltura

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5.5 I RAPPORTI TRA IL TURISMO L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATO

Il turismo, inteso come un complesso di attività di servizio, presenta

interdipendenze ora negative, ora positive, con l’industria l’attività

artigianale.

I contrasti si manifestano, ovviamente per l’uso del

territorio e per la presenza, in certe aree di

potenziale sviluppo turistico, di industrie inquinanti.

In altri casi, la presenza di industrie “pulite” (d’avanguardia come

l’elettronica) che sono andati ad insediarsi addirittura in aree già valorizzate

turisticamente, ha rappresentato, o rappresenta, un momento di grande

potenzialità turistica molto appetibile.

Gli aspetti più significativi, delle interdipendenze

turismo-industria e turismo–

artigianato, si hanno in sede di consumo dei beni

prodotti dalle aziende, da parte dei turisti, (il

cosiddetto shopping), e da parte delle aziende

ricettive, pararicettive, di trasporto e servizi turistici

vari, per la fornitura dei fattori produttivi dei servizi

erogati (business2business).

Pag. 153

a)I CONFLITTI

b)LE

INTERDIPEN-DENZE

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5.6 I rapporti tra turismo e attività commercialiLe attività commerciali presentano legami diretti ed indiretti con il turismo; in

alcuni casi rappresentano l’indotto del turismo, in altri è il turismo un indotto

dell’attività commerciale.

Il turismo, in ogni caso influenza notevolmente le attività

commerciali, caratterizzando l’aspetto della regione

turistica, sia nella quantità di esercizi, superiori alla

domanda della popolazione indigena, sia nelle loro

dimensioni o forme (molto presenti anche gli ambulanti,

fiere, sagre, mercati periodici), sia nella qualità (forte

presenza di punti vendita extra alimentari), e nella

lievitazione dei prezzi nella stagione.

5.7 In definitiva anche il turismo va sottoposto ad una valutazione

d’impatto ambientale (VIA) con l’analisi costi-benefici:

Pag. 154

a)

L’INDOTTO

BENEFICI Incremento del reddito Incremento dell’impiego Miglioramento delle strutture

economiche Miglioramento delle capacità

imprenditoriali Modificazione della società

agricola in società urbana Apporto al commercio locale Apporto all’artigianato Apporto alla gastronomia Migliore conoscenza della

storia, della cultura e della religione

COSTI Pericolo della monoculturalità

economica del turismo Inflazione derivata da turismo e

speculazione sul territorio Modelli eccessivi di consumo Stagionalità del turismo Basso interesse tratto

dall’investimento turistico Determinazione di costi sociali

non compensati dalle imprese turistiche

Saturazione socioeconomica del turismo

Importazione dei quadri dirigenti dall’esterno della Regione

Erosione del linguaggio e della cultura regionale

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5.8 TURISMO ED AMBIENTE IN ITALIANel nostro Paese si rileva una scarsa disponibilità informativa riguardo i termini

della pressione turistica e degli effetti ambientali, cosa che di fatto inibisce la

conoscenza e la valutazione sistematica dei fenomeni legati al turismo.

a) Le esternalità ambientali del settore turistico

Per definire in modo univoco le condizioni di criticità o stress ambientale

connesse al turismo, si deve partire dall'identificazione dei fattori sistemici

(l'Ambiente, i Turisti, i Residenti) e degli input-output tra turismo ed ambiente.

Gli input possono essere le risorse energetiche, le

risorse idriche, le risorse di territorio (suolo,

vegetazione, etc.), le risorse alimentari. Gli output

sono il degrado marino costiero e montano, la

cementificazione,

i rifiuti solidi, le emissioni in atmosfera, gli scarichi, la desertificazione,

l'insalinamento delle falde di pianura costiera, l'eccessiva infrastrutturazione.

Tra le esternalità collegate alle attività turistiche vanno ricordate quelle negative

che sono all'origine della possibile diminuzione dell’identità sociale e culturale

dell'area ospitante, dell'aumento della produzione dei rifiuti, dell'aumento del

consumo di beni primari e risorse (acqua, energia ecc.), della modificazione e

distruzione degli ecosistemi montani, lacustri, costieri, marini, la perdita di

Biodiversità, gli impatti estetici e visivi, l'inquinamento del suolo e dell'acqua, la

congestione ed l'inquinamento acustico, la concentrazione dei benefici in poche

aziende di elevate dimensioni e/o estere, l'aumento della domanda di mobilità, il

lavoro nero e/o minorile e la prostituzione.

Le esternalità positive dipendono dall'arca in esame e possono esprimersi nel

recupero e valorizzazione economica e sociale (moltiplicatore di reddito ed

occupazione) di aree altrimenti degradate. Un elemento fondamentale per

inquadrare il fenomeno turistico e le sue complesse relazioni è la "capacità di

Pag. 155

LE ESTERNALITA’

NEGATIVE(diseconomie)

Page 156: La statistica, grazie anche allo sviluppo scientifico e ...  · Web viewRoma, 2 aprile 2001 a. Premessa . Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile

carico" di cui si riporta la definizione: "il massimo utilizzo di un'area senza la

creazione di effetti negativi sulle risorse naturali, nonché sul contesto sociale e

culturale locale".

La capacità di carico può essere suddivisa a sua volta in:

capacità di carico fisica o ecologica

capacità di carico economica

capacità di carico sociale.

Quindi per ogni destinazione turistica si può definire una capacità di carico

fisica od ecologica come il limite (esprimibile concretamente con un numero di

visitatori) oltre il quale le risorse ambientali o culturali della destinazione

risultano danneggiati (degrado di un ecosistema o di un monumento); una

capacità di carico economica, cioè il limite oltre il quale la qualità della visita si

riduce drasticamente, al punto da determinare una contrazione della domanda (e

di conseguenza delle attività nate per soddisfarla).

Tali specificazioni esprimono il numero di visitatori oltre il quale l'impatto fisico

(prevalentemente negativo) diventa inaccettabile e l'impatto economico (in

partenza positivo) crolla.

A queste due specificazioni va aggiunta la capacità di carico sociale che

rappresenta il limite oltre il quale le altre funzioni (non-turistiche) dell'area

risultano danneggiate o ostacolate, con conseguente degrado nella qualità della

vita della popolazione ospitante o danno sulle altre attività produttive. In questo

caso il turismo tende a sostituire in una destinazione tutte le attività concorrenti,

arrivando a forme di specializzazione spinta o, all'estremo, di monocolture.

Pag. 156

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Le relazioni fra turismo ed ambiente, espresse in

termini di "Carrying capacity” e/o di “foot print

ecologico", possono essere espresse dai seguenti

macroindicatori.

In termini di “foot print ecologico" (che

corrisponde alla "impronta ecologica" la cui

definizione è "l'area di terreno produttivo

necessaria per soddisfare le esigenze di consumo

di risorse ed assimilazione dei rifiuti di una data

popolazione, ovunque esso sia situato"

Wackemagel e Rces, 1996):

Il consumo di territorio (kmq impermeabilizzati da infrastrutture

turistiche), mare (Mare Tirreno, Adriatico e Jonico), monti (Alpi e

Appennini), ovvero spazio occupato da infrastrutture turistiche (=

desertificazione); spazio procapite (,spiaggia, verde e territorio)

disponibile nell'ambito delle aree turistiche;

spazio residuo disponibile pro-capite;

risorsa idrica pro-capite e sua provenienza (se da acque sotterranee o da

acque superficiali);

Input all'ambiente:

richiesta alimentare (in particolare per il pescato e le acque minerali) e

peso dei flussi alimentari da una regione ad un'altra;

richiesta energetica;

richiesta idrica;

Output all'ambiente:

peso dei turismo sullo smaltimento degli R.S.U.;

peso del turismo sulla depurazione delle acque reflue;

peso sulle infrastrutture a rete (viarie, ferroviarie, aeroportuali, fognarie e

acquedottiche);

Pag. 157

b)

RELAZIONE

TURISMO E

AMBIENTE

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peso del turismo sulla qualità delle acque di balneazione;

peso del turismo sulla qualità dell'aria;

valutazione del peso dell'agriturismo (quando possibile).

Le relazioni fra indicatori in grado di esprimere condizioni di criticità possono

essere espressi da rapporti di indicatori dove valori positivi esprimono

condizioni sostenibili, come ad es.:

n° turisti-residenti/impianti di depurazione (abitanti equivalenti depurati)

su base nazionale, regionale e/o provinciale nei periodi di massimo

afflusso e di minimo afflusso;

n° turisti-residenti/smaltimento rifiuti solidi su base regionale e/o

provinciale nei periodi di massimo afflusso e di minimo afflusso;

n° turisti-residenti/richiesta e consumo idro-potabile nei periodi di

massimo afflusso e di minimo afflusso;

n° turisti-residenti/qualità delle acque di balneazione; espansione urbana

lungo la costa (dati dell'Emilia-Romagna, Toscana e Lazio);

n° di turisti-automobili/qualità dell'aria nei luoghi di concentrazione

balneare e nelle città d'arte; casistica degli incidenti stradali per turismo

(punte degli esodi pasquali, di Capodanno e di agosto) ed incidenza sulla

spesa sanitaria;

n° di turisti nelle aree protette; qualità delle acque fluviali e lacuali.

c) I termini della pressione turistica e degli effetti ambientali in Italia

In Italia si rileva una scarsa disponibilità informativa riguardo i termini della

pressione turistica e degli effetti ambientali, mancano dati organizzati "ad hoc"

e riferiti tutti allo stesso arco di tempo, cosa che di fatto inibisce la conoscenza

e la valutazione sistematica dei fenomeni legati al turismo.

Se si esamina la disponibilità idrica pro capite (turisti+residenti) per

ripartizioni geografiche si evidenzia una

disponibilità pro-capite che eccede il

Pag. 158

d)LA DISPONIBILITA’

IDRICA PRO-CAPITE

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valore di 300 litri/giorno indicato come

disponibilità idrica pro capite ottimale.

La Relazione sullo Stato dell'Ambiente del 1997 del Ministero dell'Ambiente,

indica che esistono fasce di popolazione non servite in modo sufficiente, con un

forte squilibrio al Sud; ciò potrebbe anche significare che la necessità di

approvvigionamento dei centri turistici valga a discapito delle popolazioni

residenti.

Se si considera la superficie pro-capite disponibile riferita ai metri di spiaggia

ed agli ettari di bosco, si evidenze che, considerando soltanto il numero dei

turisti ed escludendo la popolazione residente che non va in ferie, il minore

quantitativo di spiaggia balneabile pro capite spetta alla Regione Emilia

Romagna con circa 33,6 turisti per metro lineare di costa, seguita dal Veneto.

Complessivamente a scala nazionale si denota un

forte divario fra Nord, Sud e Centro del paese

passando dai valori 11,8 - 33,6 dei Nord Est e

11,8 della Liguria ai 9,7 e 1,25 del Centro ai 4,3 e

0,46 del Sud.

Il Piemonte, la Liguria, la Calabria e la Sardegna offrono al turista uno spazio

verde in termini di superficie boscata davvero elevato.

Per una valutazione degli effetti del turismo nelle aree più fragili e sensibili

come le aree naturali integre, le aree marino costiere e montane, i centri storici,

non sembrano al momento disponibili dati affidabili. La qualità ambientale di

queste aree, sulla base di dati solo indirettamente riferibili alla pressione

turistica, mostra nel periodo successivo al 1993 un andamento contraddittorio. Il

livello di protezione formale del territorio nel corso degli anni '90 è cresciuto in

maniera rilevante:

secondo dati del Ministero dei Beni Culturali nel

97 il territorio sottoposto a regime di tutela

Pag. 159

e)IL DIVARIO NORD SUD POSITIVO

f)LA TUTELA

DEL TERRITORIO

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derivante dalle Leggi n. 431185 e n. 1497/39

assommava al 46,1% della superficie nazionale.

Per quanto accresciuta, l'efficacia di questi vincoli è ancora precaria per la

perdurante assenza in alcune regioni dei necessari Piani Paesistici o dei Piani

Urbanistico-Territoriali e dell'assenza di Leggi Regionali.

Nell'ultimo decennio si è ampliata l'estensione delle aree protette, dei parchi e

delle riserve. Il 75% del territorio protetto, pari a ca. il 7% dei paese, è stato

istituito nell'ultimo decennio e dotato di effettivi strumenti operativi soprattutto

nella seconda metà degli anni novanta. Per contro, nel periodo tra il 1994 e il

1998 si è registrata una nuova ondata di abusivismo edilizio, determinata in

parte anche da motivi di tipo turistico in senso lato.

In questi ultimi cinque anni sono state realizzate,

secondo stime Cresme, ca 230.000 abitazioni

abusive, equivalenti al 19% di tutte le costruzioni

realizzate nello stesso periodo.

Per quanto non siano disponibili stime sull'evoluzione del fenomeno, si deve

registrare un livello particolarmente accentuato di cementificazione sulle aree

costiere, come rileva un recente censimento del costruito sulle aree del

demanio marittimo.

Pag. 160

g)

L’ABUSIVISMO EDILIZIO

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Gli italiani mostrano una netta preferenza per l'uso della propria automobile

quando sono in vacanza (64%), in misura maggiore di quanto facciano i

cittadini di altri paesi europei ad eccezione della Francia, seguita dall'aereo

(14%), dal treno (9%), dal pullman (5% ca), dalla nave (5,0%) e dalla

motocicletta (1% ca).

Il trend evolutivo mostra che nel 1988 l'automobile era utilizzata dal 69% dei

turisti, il treno dal 13% e l'aereo dal 7%.

In 10 anni l'uso dell'aereo è più che raddoppiato, a

scapito degli altri due mezzi. Il turismo italiano

che, come si è detto, si caratterizza come turismo

di prossimità, utilizza l'automobile per una

mobilità di breve raggio, che vede spesso nella

seconda casa la destinazione.

Ne derivano tanto fenomeni di congestione e di degrado di alcune aree, quanto

una accresciuta domanda di infrastrutture stradali per alleviare il disagio che si

registra in questi periodi di picco.

Tra i fattori di pressione sulle coste (isole comprese), più direttamente

riconducibili al turismo, si deve ricordare lo sviluppo della portualità turistica.

Nel 1997, rispetto al 1996, è cresciuto di oltre il 10% il numero di orari e porti

turistici (da 304 a 343) e dei relativi posti barca (da 77.000 a 86.000).

In materia di depurazione il dato ufficiale ISTAT

(93) utilizzabile è riferito alle ripartizioni -

geografiche e agli abitanti equivalenti serviti

(AES), ed è relazionato al numero di turisti l’anno

(98) e agli abitanti residenti.

Se si considera il valore globale della capacità di depurazione delle acque reflue

in Italia, che corrisponde a 76.962.000 abitanti equivalenti (ISTAT, 98) si

evince che "globalmente" il paese può essere in grado di accogliere un flusso

turistico di tale portata; tuttavia, l'aggregazione dei dati statistici disponibili

(ISTAT), non consente calcoli precisi a scala regionale, provinciale e comunale.

Pag. 161

h)I MEZZI DI

TRASPORTO PER

IL TURISMO

i)LA

DEPURAZIONE DELLE ACQUE

REFLUE

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L'andamento della qualità delle acque di balneazione, con i limiti di

rappresentatività che ha questo dato, testimonia un miglioramento della tutela

ambientale del mare: tra il 1993 e il 1998 la costa temporaneamente o

permanentemente vietata per inquinamento è diminuita del 16%, ma è ancora

pari a ca. il 20% della costa totale in Lazio e Campania.

5.8 VERSO UNO SVILUPPO EQUILIBRATO E

SOSTENIBILE DEL TURISMONegli anni 70' con "I limiti dello sviluppo" del Club di Roma si iniziò a parlare

del conflitto tendenziale tra crescita economica e

demografica ed ambiente. Negli stessi anni

aumenta la consapevolezza della dimensione

planetaria della questione ambientale che ha

portato allo sviluppo delle iniziative per la difesa

dell'ambiente globale e locale.

In particolare da una decina di anni a questa parte è stato riconosciuto il peso

che i modelli tradizionali di sviluppo dell'industria turistica (in cui le attrazioni

turistiche sono spesso concentrate in determinate zone e sono soggette ad una

intensa frequentazione stagionale) hanno in termini di impatto negativo

sull'ambiente e sul tessuto sociale delle comunità ospitanti.

A fronte di questa consapevolezza, sta oggi crescendo la preoccupazione per gli

obblighi che le generazioni di oggi hanno nei confronti di quelle future, secondo

il concetto di sostenibilità intesa come "soddisfazione dei bisogni del presente

senza compromettere la possibilità di soddisfare quelli delle generazioni future".

A questo concetto fanno riferimento peraltro le più recenti ed importanti "Carte

per un turismo sostenibile" ("Carta di Lanzarote"; "Turismo: Principi base per

uno sviluppo sostenibile" WTO 96; "Dichiarazione di Berlino" 97) che

contengono definizioni e principi generali.

Pag. 162

a)I LIMITI

ALLO SVILUPPO

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Il concetto di sostenibilità associata alle attività turistiche si rifà comunque alla

definizione data dalla WCED nel Rapporto

Brundtland nel 1987: "Le attività turistiche sono

sostenibili quando si sviluppano in modo tale da

mantenersi vitali in un'area turistica per un

tempo illimitato, non alterano l'ambiente

(naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano

o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed

economiche".

Lo sviluppo sostenibile del turismo pone alla base del proprio sviluppo un piano

mirato a garantire la redditività del territorio di una località turistica in una

prospettiva di lungo periodo con obiettivi di compatibilità ecologica, socio-

culturale ed economica.

La sostenibilità ha anche un valore di immediato interesse economico, infatti le

località turistiche devono la loro popolarità all'integrità delle bellezze naturali,

se questa si degrada oltre una certa soglia, i flussi turistici sono destinati al

declino.

La consapevolezza della necessità di dover affrontare i problemi dell'ambiente

unicamente alla necessità di dover garantire un più equo sviluppo economico e

sociale, si è tradotta in impegno anche a livello internazionale.

Per delineare un quadro di riferimento

internazionale sull'impegno ambientale nel settore

turistico, la Carta del Turismo Sostenibile redatta

in occasione della Conferenza di Lanzarote nel

1995, è uno dei documenti fondamentali.

La carta raccoglie 18 principi che delineano in maniera generale in quale

modo il turismo possa essere pianificato e svolto in modo tale da

salvaguardare risorse naturali e patrimonio per le generazioni future. Altri

decaloghi di norme di comportamento (UNEP, 1996) sono quelli di Manila e

Pag. 163

b)

CONCETTO DI

SOSTENIBILITA’ TURISTICA

c)GLI IMPEGNI

INTERNAZIONALI E

LA CARTA DEL TURISMO

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di Calvià che a differenza della Carta di Lanzarote suggeriscono delle misure

che mirano a ridurre il consumo di risorse idriche, risorse energetiche, dei

rifiuti solidi nonché a rispettare le tradizioni culturali e artistiche delle

comunità che ospitano le attività turistiche.

L'Agenda 21 è un ampio ed articolato "Programma di Azione" per la

Comunità internazionale, l'ONU, i Governi , le ONG ed i settori privati che

trattano gli aspetti economici e sociali dello sviluppo, i problemi della

conservazione e gestione delle risorse, il ruolo delle principali categorie

sociali ed indica i metodi da utilizzare per lo Sviluppo Sostenibile.

La Comunità Internazionale nel percorso dall'Agenda XXI di Rio ai lavori

della Commissione Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (il 1999 è stato

l'anno del Turismo), pone l'accento per il turismo sui seguenti temi:

gli impatti su ambiente e società, le aree costiere, le

acque potabili, il contributo per parchi e aree

protette, il sostegno alla crescita economica, la

droga, la prostituzione ed il lavoro minorile ed

identifica conseguentemente le seguenti sfide: la

preservazione dell'identità locale, il coinvolgimento

delle comunità locali, la concentrazione di servizi e

profitti, la mancanza di infrastrutture, l'accesso delle

piccole e medie imprese, l'aumento della

integrazione con gli altri settori economici.

L'Agenda 21 propone per il turismo sostenibile le seguenti "Azioni per i

Governi": strategie nazionali, proibizione in aree ecologicamente o

culturalmente sensibili, gestione integrata delle aree costiere, applicazione

del principio "chi inquina paga", considerazione di opzioni di finanziamento,

energia, acqua. il trasferimento dei benefici alle comunità locali,

monitoraggio della performance di settore, attenzione al lavoro minorile e al

turismo sessuale.

Pag. 164

d)

1999L’ANNO

DEL TURISMO

L’AGENDA 21

LOCALE

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Propone altresì come "Azioni per il Privato" i

codici di condotta, gli accordi volontari, gli audit

ambientali e sociali. Per la comunità internazionale

vengono proposte le seguenti azioni: gli Accordi

multilaterali e la formulazione di linee guida, il

supporto finanziario e tecnico.

Obiettivo dei lavoro dell'ultima riunione dei febbraio 1999 a New York della

CSD è stato anche la definizione dell'anno 2002 come anno dell'Ecoturismo e/o

Anno delle Montagne.

5.9 LA STRATEGIA DELL'UNIONE EUROPEA PER UN

TURISMO SOSTENIBILE

Gli indirizzi di una strategia di interazione tra turismo ed ambiente proposti

nel V' Programma politico e d'azione della

Comunità europea a favore dell'ambiente e di

uno Sviluppo Sostenibile (in G.U.C.E. Serie

C 138 del 17.05.1993), che conservano

tuttora piena -validità di indirizzo, sono:

il controllo della pianificazione territoriale;

un migliore scaglionamento delle vacanze estive;

la gestione dei traffico privato da e verso le zone turistiche;

la diversificazione dell'offerta turistica;

l'attuazione e il controllo severo delle norme ambientali riguardanti il

rumore, l'acqua potabile e le acque di balneazione, le acque reflue e le

emissioni atmosferiche (comprese le emissioni nell'hinterland delle zone

turistiche);

Pag. 165

e)

I CODICI DI CONDOTTA E

GLI AUDIT AMBIENTALI

a)

PROGRAMMA D’AZIONE DELLA UNIONE EUROPEA

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la creazione di zone tampone intorno alle aree più sensibili e fragili dal

punto di vista ambientale (lagune, dune, coste etc.);

regole rigide per le nuove costruzioni e lotta all'edilizia abusiva, la

sensibilizzazione e l'educazione della popolazione locale e dei turisti;

l'istruzione e la formazione professionale delle persone direttamente

coinvolte nell'amministrazione delle zone interessate.

Nella relazione intermedia della Unione europea (1996) sulla applicazione

del V' Programma veniva ammesso che "sono evidenti alcuni progressi

nell'integrazione del turismo e dell'ambiente, ma gli obiettivi del V'

Programma, le misure e gli strumenti non sono ancora applicati a fondo".

Nel documento è riportato che "è necessario avviare al più presto le

seguenti azioni: Integrazione; Protezione delle zone vulnerabili;

Informazione ai turisti; Gestione deflusso di turisti”.

Nel documento (1998) della Commissione riguardante il riesame del V'

Programma viene indicato che: "La Comunità svilupperà strategie migliori e

più coerenti per integrare le esigenze in materia di protezione dell'ambiente

nel settore dell’ intervento turistico, alfine di facilitare l'avanzamento verso

uno sviluppo sostenibile".

Per quanto riguarda il settore Turismo la Comunità si concentrerà a tale fine

sui seguenti problemi prioritari che possono

essere risolti in modo più efficiente agendo a

livello comunitario:

prevedere periodici scambi di informazioni sugli effetti del turismo

sull'ambiente;

sostenere campagne di sensibilizzazione intese a promuovere l'uso delle

risorse turistico-ambientali;

promuovere l'applicazione di buone pratiche innovative nel settore dello

sviluppo sostenibile del turismo, anche attraverso progetti pilota, nel

quadro degli strumenti finanziari esistenti rispettando il principio di "chi

inquina paga";

Pag. 166

b)

LE PRIORITA’

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assicurare che i Fondi Strutturali contribuiscano a forme sostenibili di

turismo, sulla base dei requisiti fissati dai regolamenti, comprese le

disposizioni concernenti l'analisi dell'impatto ambientale delle operazioni

e delle altre disposizioni giuridiche comunitarie in materia, quali le misure

riguardanti la valutazione dell'impatto ambientale (VIA);

promuovere, ove opportuno, l'inserimento del tema "Ambiente e Turismo"

nel negoziato internazionale.

La Risoluzione dei Consiglio "sulla Cooperazione Euromediterranea nel

settore del Turismo" riporta che "in base al principio dello sviluppo

sostenibile, la promozione del turismo mediterraneo deve assicurare la

salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale, storico e

culturale.. omissis " In particolare la Commissione, nell'ambito della sua

proposta sul I' Programma pluriennale a favore del Turismo Europeo

denominato "Philoxenia" (97-2000), ha proposto un quadro di riferimento

che fornirà una valida base per iniziative volte ad incoraggiare una maggiore

competitività del settore ed a migliorare la qualità del turismo europeo.

La Commissione attribuisce grande importanza a tale programma a favore

del turismo nonostante il perdurante disaccordo degli stati membri all'interno

del Consiglio e si impegnerà affinché venga approvato.

Le "Linee Guida per la Valutazione Ambientale Strategica V.A.S. - Fondi

Strutturali 2000- 2006" del 1999 indicano i

seguenti obiettivi per il turismo:

ridurre la produzione e la pericolosità dei rifiuti, in particolare attraverso

l'adozione e lo sviluppo di tecnologie pulite;

aumentare il territorio sottoposto a protezione; tutelare le specie

minacciate e la diversità biologica;

adeguare le infrastrutture fognarie e depurative ai criteri della direttiva

911271 e del nuovo decreto legislativo sulle acque;

Pag. 167

c)LE LINEE GUIDA

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garantire gli usi dei corpi idrici entro l'anno 2008, secondo quanto

disposto dal nuovo decreto legislativo;

proteggere la qualità dei suoli come risorsa limitata e non rinnovabile per

la produzione di cibo e di altri prodotti e come ecosistema per gli altri

organismi viventi;

difendere il suolo dai processi di erosione e di desertifícazione;

consolidare, estendere e qualificare il patrimonio archeologico,

architettonico, storico-artistico, paesaggistico delle aree depresse; dotare

le aree depresse di strutture e sistemi per la gestione degli interventi di

restauro e valorizzazione del patrimonio;

sviluppare l'imprenditorialità legata alla valorizzazione del patrimonio e

sostenere la crescita delle organizzazioni, anche del terzo settore, nel

settore culturale.

Pag. 168

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5.10 GLI STRUMENTI VOLONTARI DI SOSTENIBILITA’ IN ITALIA

NEL TURISMO PER UNA POLITICA DI SVILUPPO

Per sostenere una politica di sviluppo sostenibile si possono individuare alcuni

strumenti attuativi come:

gli strumenti volontari di certificazione ambientale

accordi volontari

gli strumenti di comunicazione ambientale

La rilevanza del fattore "Qualità ambientale" per il settore turistico è

indubbia; esistono delle iniziative e

degli strumenti in merito attivati a

livello comunitario e internazionale. Si

segnalano in particolare: i Sistemi di

Gestione Ambientale

(EMAS,ISO14000) e la certificazione di

prodotto (Ecolabel, ISO14040).

Sul modello dei sistemi di gestione della qualità sono stati recentemente

introdotti, a livello puramente volontario o, come meglio precisato di seguito,

volontario-istituzionale, i Sistemi di Gestione Ambientale, strumenti

finalizzati al miglioramento continuo delle prestazioni ambientali di una

attività produttiva: le norme ISO 14000 e il Regolamento CE n.1 836/93

EMAS.

Si tratta di meccanismi che fanno leva sul ritorno d'immagine delle aziende:

tale ritorno si esplica principalmente attraverso il miglioramento dei rapporti

con le comunità locali e con le autorità di controllo, ma anche se in questo

senso gli strumenti più efficaci sono quelli relativi alla certificazione di

prodotto, si ripercuote sull'immagine complessiva dell'azienda e quindi sugli

aspetti commerciali.

Pag. 169

a)

LA QUALITA’ AMBIENTALE E GLI

STRUMENTI VOLONTARI DI CERTIFICAZIONE

AMBIENTALE

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La necessità di garantire al massimo il sistema di attribuzione di tali

strumenti ha indotto, negli ultimi anni, la Comunità Europea ad affiancare

dei propri riconoscimenti ad altri marchi ambientali, "autocertificati" da

soggetti dello stesso mondo industriale o rilasciati da istituti di certificazione

privati.

Sono nati cosi l'EMAS e l'Ecolabel. Alla fine del 1996, l'ISO ha pubblicato

la norma 14001 (in Italia prontamente tradotta dall'LTNI - Ente Nazionale di

unificazione), sui sistemi di gestione ambientale. Essa fornisce i requisiti

standard per la certificazione di un sistema di gestione ambientale EMS

(Environmental Management Systems).

Nell'arco di tempo che va da settembre 1996 (pubblicazione delle ISO

14001) a giugno 1998, la certificazione

ambientale secondo questo standard

internazionale è stata rilasciata in tutto il

mondo a oltre 4.000 aziende (dato dicembre

1998). In Italia (settembre 1999) sono circa

150 le aziende certificate ISO 14001, e sono

recenti le prime certificazioni ambientali ISO

14001 nel settore turistico per strutture

alberghiere, campeggi e Amministrazioni

Locali.

Nel campo della gestione ambientale, alcuni Enti di certificazione hanno

predisposto uno specifico schema di certificazione ambientale per le

Amministrazioni Comunali e sono state maturate in Italia le prime

esperienze mediante la certificazione ISO 14001 dei Comuni di Capri e

Varese Ligure.

La certificazione 150 14001/EMAS per un albergo e, in generale, per una

struttura ricettiva, rappresenta una efficace forma di riconoscimento degli

Pag. 170

b)

LE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

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impegni e dei risultati in campo ambientale, ed è sinonimo di visibilità e

riconoscibilità a livello internazionale.

La flessibilità di tali schemi al tempo stesso consente la loro applicazione a

qualsiasi realtà indipendentemente dalle sue dimensioni e ubicazione; non

determina una caduta della qualità dei servizio e favorisce invece sensibili

risparmi già nel breve periodo.

D'altro canto tra alberghi gestiti in maniera "eco compatibile" e Comuni

"verdi" esistono evidenti sinergie: incontrano

infatti le aspettative del movimento turistico

che, sempre più, ricerca luoghi caratterizzati

da una buona qualità ambientale e, al tempo

stesso, servizi organizzati per preservarla e

migliorarla nel tempo.

Non a caso numerosi Comuni a vocazione turistica e strutture ricettive-

alberghiere sono interessati all'applicazione degli schemi di certificazione

ambientale.

Profonde analogie con la norma ISO 14001 presenta l'EMAS (Environmental

Managementand Audit Scheme), introdotto dalla CE con il Regolamento n.

1836/93 EMAS "sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale

a un sistema comunitario di ecogestione e audit", che si basa

sull'atteggiamento "proattivo" da parte delle imprese che puntano al

miglioramento continuo attraverso "l'applicazione economicamente

compatibile delle migliori tecnologie disponibili (EVABAT)".

La più significativa novità introdotta rispetto agli strumenti volontari

tradizionali è la formalizzazione, attraverso un Regolamento che è la forma

legislativa maggiormente vincolante della Comunità, di uno strumento

volontario.

Si tratta quindi di un ponte tra la normativa cogente e quella volontaria.

Allo stato attuale (fine '99) l'EMAS si sta diffondendo piuttosto rapidamente

in Europa (dove sono più di 2.000 i siti registrati) mentre in Italia,

Pag. 171

c)

LA GESTIONE

ECOCOMPATIBILE

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principalmente per un ritardo nella fase di avvio, si contano (febbraio 2000)

26 siti registrati.

Un elemento di grossa novità riguarda la recente proposta di riforma della

procedura EMAS (denominata EMAS 2; probabile pubblicazione in GUCE

nel giugno 2000) che allarga a tutti i settori di attività economica, incluse

quindi tutte le attività del settore turistico, l'applicabilità delle procedure di

Certificazione Ambientale.

Le "regole" per le imprese del settore turistico .dovranno perciò sempre di

più conformarsi alle regole del settore

industriale in generale, sia a livello nazionale

che comunitario ed internazionale;

la prima azione pilota "il Progetto Hotel- EMAS" per l'introduzione del

Regolamento EMAS è di ENEA di concerto con Federturismo di

Confindustria.

Un'altra applicazione dei Sistemi di Gestione Ambientale (S.G.A.) è quello

della certifícazione della qualità ambientale dei Comuni (Amministrazioni

Locali).

La prima applicazione sperimentale (Dicembre 1999), del Regolamento

Comunitario n. 1836/93 (Emas) ad

un'Amministrazione Comunale (a vocazione

turistica), è avvenuta nel caso del progetto

pilota di Varese Ligure (Verificatore

Ambientale EMAS.- RINA). Per la messa in

pratica dei principi sanciti dalla Agenda XXI

locale, infatti il S.G.A. permette il

coordinamento di tutti gli interventi e inoltre

consente il monitoraggio e il controllo del

Programma Ambientale stabilito in attuazione

della Agenda XXI, in sostanza l'S.G.A. può

Pag. 172

d)LE REGOLE

e)

VERIFICA AMBIENTALE PER I COMUNI

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assicurare che gli impegni del Comune siano

messi in pratica.

La U.E. attraverso il "UK Competent Body'' ha già sperimentato con

successo diverse applicazioni del Regolamento CE n.1836/93 EMAS in

Gran Bretagna (Emas in Local Authorities LA-EMAS), quasi il 50% degli

Enti locali del Regno Unito sta adottando l'EMAS. Un ulteriore elemento di

grande interesse è la promozione del marchio europeo di qualità ecologica

nel settore turistico: ECOLABEL europeo per il TURISMO.

Infatti il Regolamento n. 880192 CEE/UE concernente un Sistema

Comunitario di assegnazione del marchio di

qualità ecologica dei prodotti dopo la sua

recente revisione è stato ampliato come campo

di applicazione anche ai servizi. Il primo di

essi per il quale è stato deciso di avviare i

lavori per l'individuazione dei criteri ecolabel

è il settore del turismo; alcuni lavori

preliminari sono stati già svolti ed in autunno

1999 è stato avviato un feasibility study che

consentirà di individuare il gruppo di prodotto

di riferimento.

In Italia dal settembre 1999 si è riunito il "Tavolo di Lavoro Nazionale" per

l'Ecolabel europeo per il Turismo (rappresentante ENEA: L. Andriola) che si

pone l'obiettivo di capire le possibili applicazioni dell'ecolabel, al settore del

turismo italiano, e di definire una posizione mediata e coerente con la realtà

italiana da portare in sede comunitaria.

In parallelo allo studio di fattibilità europeo in corso di elaborazione e

attraverso il tavolo di lavoro nazionale, l'ANPA intenderebbe realizzare uno

studio di fattibilità nazionale, che consenta una definizione di un gruppo di

prodotto in linea con le esigenze nazionali di settore e la definizione di

criteri in grado di garantire la valorizzazione delle iniziative esistenti.

Pag. 173

f)

IL MARCHIO

DI QUALITA’

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Riguardo i marchi di qualità ambientale esistenti in Italia si riportano i

risultati di una ricerca svolta dalla associazione ACTA commissionata dal

CTS (Centro Turistico Studentesco) presentata nell'ambito del Convegno:

"L'Albergo verde" organizzato dalla Provincia di Torino, a Torino il

16.10.99.

L'intervento dal seguente titolo: "I marchi di qualità ambientale nel settore

turistico-ricettivo: le esperienze in Italia" ha presentato la rassegna delle

iniziative italiane censite:

Pag. 174

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Nome

iniziativa

Anno

avvio

Istituzioni

responsabili

Strutture

aderenti

Aree

interessate

Fase del

progetto

Albergo per l’ambiente

1994Ass.Jes.Alb.Ass. Comm.

APT,ComuneProv.VE

80alberghi JesoloAllargamento

a tutta l’offerta turistica

“Jesolo per l’ambiente)

Valigia blu 1996

“Promozione alberghiera “(soc.coop. di

Alberghi)

2 alberghi Rimini Verifica gradimento

della clientelaCavalluccio

marino 1995Comune di Igea

Marina e Bellaria15 alberghi, 1 pensione, 1 campeggio

Igea Marina e Bellaria

In fase di trasformazione

in “club prodotto”

Green Key Hotel 1997

Soc. Innova Hotel” , Confeserc., Banca

Popol.

15 alberghi1 campeggio

Da Cattolica a Ferrara

Diffusione a livello

regionaleMarchio di

qualità ecologica

1999Coop La lumaca, Camera Comm.

Modena

10 strutture (alberghi,

agriturismi, rifugi)

Provincia di Modena

Diffusione di un manuale di

“gestione ambientale

semplificato”Tartufo verde

1998

Diverse ass. di agricoltori,

LegambienteUmbria

Agriturismi, produttori

agroalimentari Val di norcia

Marchio per l’ospitalità

sostenibile e prodotti locali

biologiciMarchio di

qualità ambientale

1999Coop. La

montagna, Prov. Roma

Ancora nessuna

Parco dei castelli romani

Progetto life appena

finanziatoGli alberghi e

l’ambiente 1998Legambiente Ass.

Albergatori e Comune Riccione

30 alberghi Riccione Promozione

Bandiera arancione 1999

Regione Liguria, Touring club

Ancora nessuna Liguria

In fase di definizione

Sigillo ambientale Alto Adige

1995Prov. Di Bolzano,

Ass.albergatori Alto adige

120 alberghiAlto Adige,

AustriaAdozione del

marchio austriaco, 4°

anno di attività

Elbambiente 1996Ass. Alberg. Elba

e LegambienteAncora nessuna Elba

Stampa di un depliant

Cigno blu Garda 1997

Un. Gardesana Albergatori veronesi,

Legambiente

60 alberghi Sponda

veronese del Lago di Garda

Istituzione della

Commissione di controllo

Pag. 175

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5.11 JESOLO PER L’AMBIENTE (caso pratico)Prendendo come riferimento i principi elencati nella «Carta sull'etica del

turismo e dell'ambiente» stilata dal Comitato Etico Internazionale per il

Turismo e l'ambiente, e facendo tesoro delle indicazioni emerse dall'indagine

condotta sui turisti che hanno frequentato la località di Jesolo, nonché delle

«Raccomandazioni sulla carta dell'ambiente» della Deutscher Reisebuero

Verband e.V. (DRV) l'associazione Jesolana Albergatori si è fatta promotrice,

di concerto con l'amministrazione Comunale di Jesolo, l'Azienda di

Promozione Turistica, l'Assessorato al Turismo della Provincia di Venezia,

l'Associazione Commercianti e la consulenza del Movimento dei Consumatori

del Veneto, di un progetto denominato «Jesolo per l'Ambiente.»

Lo Scopo del progetto è quello di adottare misure ed attivare interventi atti a

ridurre l'inquinamento nell'intento di salvaguardare il patrimonio ambientale

ed ecologico dell'intera località. La dichiarazione d'intenti è costituita da un

protocollo che raggruppa una serie di impegni, in forza dei quali

l'Associazione Jesolana Albergatori, l'Associazione

Commercianti, l'Amministrazione Comunale di Jesolo, L'Azienda di

Promozione Turistica n. 5 Jesolo-Eraclea, in primis, ed in seguito tutti gli

iscritti alle associazioni di categoria che aderiranno al progetto, assicurano di

rispettare 11 principi generali, soggetti a periodico aggiornamento.

I principi d'azione sono costituiti da una serie di impegni comuni in forza dei

quali l'associazione Jesolana Albergatori, l'associazione Commercianti,

l'amministrazione Comunale di Jesolo, l'Azienda di Promozione Turistica e

tutte le realtà che aderiscono al progetto, intendono:

1) Applicare una politica formale di protezione dell'Uomo e dell'Ambiente

definita al più alto livello e sostenuta da tutti i cittadini e collaboratori;

2) Perseguire la riduzione dell'impatto delle attività turistiche produttive e

di servizio sull'ambiente;

3) Perseguire lo sforzo di prevenzione e gestione dei rischi di ogni forma di

inquinamento;

Pag. 176

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4) Fare in modo che il bilancio per l'uomo e l'ambiente, dell'attività turistica

nell'intero territorio del Comune di Jesolo, sia qualificato e positivo, e che gli

effetti negativi vengano progressivamente ridotti;

5) Tenere in conto il ciclo di vita dei prodotti utilizzati, nell'attività

economica e turistica, e promuoverne la corretta eliminazione, oltre a favorire

ed incentivare il loro riciclaggio.

6) Valutare periodicamente la situazione e quantificare i progressi compiuti

in materia di protezione dell'ambiente;

7) Partecipare alla definizione degli obiettivi futuri in materia d'ambiente e

di sicurezza, ed all'evoluzione delle norme e degli standard comunitari;

8) Assumere precise iniziative per favorire la cura del patrimonio

ambientale nelle sue varie espressioni e la creazione di aree da destinare a

parchi urbani;

9) Informare sulla situazione in materia d'ambiente, in uno spirito di

apertura al dialogo con chiunque e nel reciproco rispetto;

10) Esercitare una concreta azione di stimolo nei confronti delle pubbliche

amministrazioni e delle associazioni di categoria affinché adottino

atteggiamenti e misure adeguate per ridurre l'impatto ambientale.

Pag. 177

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Per favorire la partecipazione diretta di tutti gli

alberghi, più in generale di tutte le attività

produttive all'iniziativa, e far in modo che la

dichiarazione d'intenti ed i principi d'azione

trovino pratica applicazione all'interno delle

singole aziende, verrà assegnato, a coloro che

aderiranno, un marchio (raffigurante un

gabbiano in volo sulla laguna) che consentirà al

turista di visualizzare immediatamente coloro

che partecipano al progetto.

Il documento "Il regolamento comunitario di ecogestione e audit:

un'opportunità per le imprese" del Dipartimento Ambiente dell'ENEA rileva

come i rapporti tra lo sviluppo delle attività produttive ed il rispetto

dell'ambiente costituiscano lo scenario entro il quale già si confrontano le

imprese, i consumatori, le associazioni ambientaliste e, più in generale, i vari

operatori a livello sia nazionale che comunitario.

Le aziende ormai operano in un mercato sempre più vasto e diversificato a

causa dei rapido evolversi dell'innovazione tecnologica, dell'incremento dei

flussi informativi, dell'ampliamento dei mercati. In quest'ottica, il vantaggio

competitivo può essere ricercato sia nel miglioramento intrinseco di prodotto

e di processo, sia nell'ottimizzazione dell'efficienza globale del «sistema

impresa»; un aspetto importante di tale ottimizzazione è appunto il

miglioramento dell'interazione sistema aziendale-ambiente.

Le principali motivazioni per un'azienda nel dare sempre maggiore

importanza alle proprie caratteristiche di interazione con l'ambiente possono

essere così indicate:

- la pressione delle leggi ed i relativi costi (man mano che leggi, normativa e

regolamenti in campo ambientale aumentano e diventano più stringenti,

Pag. 178

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crescono le difficoltà ed i costi per l'adeguamento ad essi da parte delle

aziende);

- la responsabilità ambientale (la responsabilità risultante da eventuali

incidenti ambientali, quali per esempio le emissioni di sostanze nocive con

contaminazione di suoli e falde, può causare notevoli danni in termini

finanziari, di tempo e di immagine per l'azienda);

- l'attenzione ed il giudizio del pubblico (la gestione dei problemi ambientali

da parte di un'azienda è sempre più soggetta al giudizio e all'attenzione del

pubblico e dei mass media);

- le opportunità di mercato (le tematiche ambientali offrono alle aziende un

ventaglio di opportunità per migliorare la propria posizione di mercato in

termini di prodotti, servizi e immagine complessiva).

L'integrazione europea che si sta realizzando determina continue variazioni

delle dinamiche di mercato; le imprese italiane devono avere la capacità di

comprenderle e di anticiparne i tempi, per evitare di essere costrette a

rincorrerle con il rischio di venire relegate in posizioni di arretratezza da

«meridione d'Europa».

Gli effetti di questi cambiamenti si stanno già avvertendo e stanno mettendo

in luce le difficoltà del «sistema Italia», e soprattutto delle «piccole e medie

imprese» (PNU), nell'adeguarsi ai nuovi scenari.

In questo senso il rischio attuale è quello di non riuscire a cogliere le

opportunità favorevoli, ma di risentire, in prospettiva, solo degli effetti

negativi di tali cambiamenti. L'evoluzione della normativa tecnica, sempre

anticipata in termini volontari dai concorrenti più avanzati e poi subita come

cogente dagli altri paesi (vedi il caso della marmitta catalitica), rappresenta

un esempio concreto di come queste dinamiche incidano pesantemente, già

da ora, sulla competitività dei diversi sistemi industriali della Comunità.

L'ambiente rappresenta senza dubbio un terreno privilegiato per questa

competizione, anche perché costituisce una delle tematiche su cui l'Unione

europea punta ad intervenire maggiormente, mettendo a disposizione ingenti

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risorse economiche ed attivando strumenti capaci di orientare i consumi dei

cittadini verso i prodotti e i cicli produttivi più compatibili con l'ambiente.

In particolare, l'Unione europea ha emanato una serie di provvedimenti che

da un lato conservano un carattere di adesione volontaria da parte delle

aziende, dall'altro provvedono a regolamentare e standardizzare le varie

politiche ambientali europee.

5.12 GLI ACCORDI VOLONTARIGli accordi ambientali volontari sono in pratica dei contratti in cui ci si

impegna da un lato, quello turistico-imprenditoriale, a raggiungere

determinati obiettivi ambientali, e dall'altro quello della pubblica

amministrazione, a fornire adeguate contropartite.

In particolare per quanto riguarda il partenariato, il Comune (turistico) deve

facilitare il processo di Agenda XXI locale

attraverso uno sforzo congiunto tra le diverse

componenti della società, i residenti, le

imprese turistiche e loro associazioni, le

agenzie di viaggio, i tour operators, agenti

immobiliari, associazioni dei consumatori.

I principali accordi già stipulati e in via di definizione sono quelli di:

Jesolo per l'ambiente (fine 1997): promosso dall'Associazione degli

Albergatori e dei Commercianti, dal Comune di Jesolo, dall'Azienda di

Promozione Turistica, dall'Assessorato al turismo della Provincia di

Venezia, con la partecipazione del Movimento Consumatori ed il

contributo della Camera di Commercio (già stipulato).

Albergatori della Provincia di Modena (già stipulato).

Tourist Park (1999): in corso di definizione tra Federalberghi e Ministero

dell'Ambiente per il censimento della ricettività complessiva insistente

all'interno di tutti i parchi naturali italiani (in via di definizione).

Pag. 180

a)

GLI ACCORDI VOLONTARI E

AGENDA 21 LOCALE

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Il Tour Operator è l'intermediario più frequente tra il turista e la vacanza,

ovvero è colui che organizza l'offerta turistica, agendo come "venditore", ma

anche come "cliente" delle località e delle strutture turistiche.

E’ quindi il Tour Operator che può essere promotore di una diversificazione

delle destinazioni, di un riequilibrio dei flussi, di un'ospitalità più varia,

integrata e rispettosa dell'ambiente, comprendendo i mutamenti degli stili di

vita dei consumatori ed individuandone le ripercussioni possibili nella scelta

della tipologia della vacanza. La sua attività economica lo rende idoneo a

ricoprire un ruolo di stimolo nei confronti della promozione di forme di

turismo non aggressive ed intelligenti, attraverso:

la struttura dell'Organizzazione aziendale, in sintonia con i principi di

un'economia compatibile con la tutela delle risorse naturali e sociali. 1

temi prioritari delle strategie ambientali da adottare riguardano

principalmente:

a) l'utilizzo di criteri ecologici nella definizione dei pacchetti turistici

b) l'utilizzo di criteri ecologici negli acquisti

c) Informazione del personale

la domanda di destinazione ad elevata qualità ambientale,

privilegiando una destinazione turistica e/o una struttura ricettiva che

abbia forme di gestione compatibili con lo sviluppo sostenibile e con i

programmi per la riduzione dell'impatto ambientale;

l'offerta nuova e diversificata di viaggi e vacanze, attraverso

la formulazione di offerte che scaturiscano da indagini che definiscono il

target potenziale cui ci si vuole rivolgere e da un'attenta conoscenza dei

luoghi, della loro storia, dei loro aspetti ambientali e territoriali.

una sapiente politica dei prezzi, poiché un servizio eco-

compatibile implica alcune spese aggiuntive a breve termine, ma anche

molte forme di risparmio a lungo termine: alcune inchieste di mercato

indicano che c'è la disponibilità dei consumatori a pagare fino al 10-15%

in più per viaggi che garantiscono una qualità ambientale.

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Tuttavia, poiché il turismo eco-compatibile non deve rappresentare un

prodotto d'elite, i prezzi vanno rapportati ai costi-benefici in termini

ambientali, alle risorse utilizzate, e al conseguente impatto sul contesto.

La maggior parte dei Tour Operators ha iniziato a riconoscere che un

ambiente, non compromesso, è un punto fondamentale per il loro successo,

ma pochi di questi possiedono gli strumenti di gestione e l'esperienza per

progettare e condurre viaggi che minimizzano gli impatti ambientali e sociali

negativi.

I Tour Operators riconoscono ormai il loro ruolo nel promuovere un turismo

sostenibile e l'importanza di condividere le informazioni e le esperienze, di

adottare buone pratiche di gestione ambientale, di minimizzare

l'inquinamento e la produzione di rifiuti e di gestire in maniera eco-

compatibile l'energia, l'acqua e le altre risorse.

I Tour Operators sono consapevoli che l'attuazione di questa politica a lungo

termine porta numerosi benefici, quali un ritorno d'immagine, un risparmio

nei costi, incrementi nei guadagni ed un miglior rapporto con le Autorità

Locali.

L'iniziativa fa parte degli "Strumenti volontari" adottati dalla politica

ambientale ed è quindi libera, non-profit e aperta a tutti gli operatori turistici

che vogliono aderirvi. Essa consiste nell'adottare buone "pratiche

ambientali" quali:

- uso responsabile delle risorse naturali (suolo, energia e acqua);

- riduzione e prevenzione dell'inquinamento e dei rifiuti incluse le

emissioni atmosferiche e gli scarichi idrici, preservazione della

biodiversità ovvero protezione di piante, animali ed ecosistemi

fragili;

- preservazione della diversità culturale tramite il rispetto delle culture

locali;

- cooperazione con le comunità locali;

- utilizzo dei prodotti locali;

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- lotta contro forme illegali di turismo.

I membri dell'iniziativa promuovono gli obiettivi del turismo sostenibile

anche accrescendo la cooperazione tra l'industria del turismo, le autorità e le

comunità locali.

Questo include lo sviluppo e la realizzazione di una gestione integrata delle

aree di destinazione per preservare la loro qualità e futura accessibilità.

Workshops e Conferenze saranno organizzati al fine di educare-formare tutti

i membri dell'iniziativa e realizzare guide e manuali sui argomenti specifici.

I principali Tour Operators internazionali, in occasione dei World Travel

Market di Londra (novembre 2000) hanno presentato esempi di buone

pratiche adottate per migliorare la loro performance ambientale e

promuovere una politica di sviluppo sostenibile nel settore turistico.

Verso i membri dell'Iniziativa (20 operatori) nel 1999 si sono rivolti più di

27 milioni di turisti da tutto il mondo.

I Tour Operators si sono impegnati ad adottare pratiche di "sviluppo

sostenibile", nella gestione della loro organizzazione interna, nei rapporti

con i loro fornitori e nelle aree di destinazione turistica, in quanto consci

della posizione cruciale che occupano nell'industria del turismo e

dell'influenza che hanno verso il livello ed il tipo di sviluppo delle

destinazioni turistiche.

I Tour Operators, grazie all'iniziativa, possono acquisire maggiore forza nel

promuovere pratiche eco-compatibili tra tutti gli attori coinvolti nel turismo.

Pag. 183

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5.13 LA POLITICA AMBIENTALE

DELLA CATENA JOLLY HOTEL

Esistono altri esempi di azioni positive o casi di successo sia in Italia che in

Europa sul tema degli strumenti volontari: al momento è da citare

l'emissione ufficiale della "Politica Ambientale della catena Jolly Hotel"

(Politica di Corporate) cui ENEA ha contribuito per la messa a punto dei

contenuti (coerenti ai requisiti EMAS e anche ISO 14001) del 1 settembre

1999 a firma del Presidente della maggiore catena italiana a 4 stelle (la

Politica è stata emessa nell'ambito del Progetto ENEA: "Hotel-EMAS").

La gestione quotidiana di una struttura alberghiera, come riportato nel

documento ENEA di Andriola-Seminara "Indicatori di performance

ambientale nel settore dei servizi turistici", risulta piuttosto complessa, essa

implica:

la garanzia di servizi diversi dall’alloggio alla ristorazione;

l'accoglienza, dall'organizzazione di occasioni di divertimento e di visite,

alle informazioni su avvenimenti sportivi, artistici, culturali, ecc.;

il coinvolgimento di molte persone, dai clienti al personale, dai fornitori

alle popolazioni residenti, ecc.

Inserire elementi di attenzione all'ambiente nella gestione ordinaria di un

albergo significa quindi attuare azioni che investono vari aspetti. La strategia

complessiva di queste azioni è in sostanza di minimizzare l'impatto

sull'ambiente esterno e di garantire ai clienti e al personale dipendente, da un

lato, un ambiente interno gradevole e sano, dall'altra, quello di contribuire a

diffondere un senso di sensibilità e responsabilità nei confronti delle

tematiche ambientali e socio culturali. Come già detto, il mercato si sta

facendo sempre più attento alle questioni relative alla sicurezza, alla qualità

ambientale, alla trasparenza nei rapporti con i clienti.

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Per mantenere un alto livello di competitìvità in questo scenario dovrà essere

necessario rispondere alle nuove esigenze, attraverso la definizione di

obiettivi chiari, una pianificazione attenta degli interventi e quindi la

realizzazione puntuale delle azioni necessarie per raggiungerli.

Gli indicatori di prestazione ambientale rappresentano, in linea di principio,

lo strumento per rendere i dati ambientali nel settore turistico comprensibili.

Un riferimento potrebbe essere rappresentato dagli indicatori di pressione

discussi durante i lavori dei "Tavolo di lavoro nazionale: Ecolabel Europeo

per il Turismo (di cui ENEA fa parte), che riguardano i seguenti aspetti:

- indicatori generali di pressione ambientale

- indicatori di pressione ambientale per

tipologia di impatto:

inquinamento atmosferico,

perdita di biodiversità,

alterazione dell'ambiente marino e

costiero,

consumo di risorse,

produzione di rifiuti,

congestione da traffico,

inquinamento idrico.

Per descrivere macroscopicamente e oggettivare quanto più possibile il trend

di efficienza ambientale nel settore alberghiero possono essere utilizzati

indicatori di performance tecnico-economici.

Essi possono consentire di esprimere alcune valutazioni di carattere generale

sulle prestazioni ambientali di un'organizzazione. In particolare, per il

servizio di pernottamento su consumi idrici, consumi energetici (elettrici e

termici), consumi di biancheria per la stanza, consumi di materiale per

l'igiene personale del cliente e del personale dipendente, consumi di prodotti

di pulizia; per il servizio di ristorazione su consumi di biancheria per il

Pag. 185

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ristorante, consumi di oli vegetali per la frittura, consumi di generi

alimentari.

5.14 I CONSUMI ENERGETICI

NELL’IMPRESA TURISTICA

A partire dalla Conferenza di Kyoto il risparmio energetico è diventato uno

degli obiettivi primari di quest'ultimo periodo. In Italia, a rendere ancora più

urgente la diffusione di una politica finalizzata al risparmio è il “caro prezzi”

dell'elettricità che preoccupa soprattutto le imprese che hanno conosciuto

rincari annui fino al 44%.

Il continuo aumento dei prezzi da un lato, l'impiego crescente di macchine

automatiche dall'altro, impongono urgenti

scelte strategiche riguardo l'ottimizzazione dei

consumi che diventeranno in futuro un fattore

determinante nel bilancio aziendale. Secondo

quanto riportato nel documento ENEA di

Andriola-Seminara "Indicatori di performance

ambientale nel settore dei servizi turistici", al

settore civile (residenziale e terziario) sono

imputabili oltre il 35% dei consumi energetici

dell'UE.

Una parte importante dell'energia viene, infatti, utilizzata per riscaldare e

raffreddare gli ambienti, per riscaldare l'acqua, per erogare l'elettricità.

Complessivamente il settore civile assorbe in Italia quasi la stessa quantità di

energia del settore industriale. Secondo uno studio dell'Energy Efficiency

Office britannico, gli alberghi consumano più energia degli edifici industriali

e di quelli scolastici.

Da indagini svolte dall'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione

dell'Ambiente) risulta che in Italia i consumi di energia elettrica nel settore

Pag. 186

a)

INDICATORI DI

PERFORMANCE

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turistico-ricettivo, con particolare riferimento alle strutture alberghiere, sono

quattro volte superiori a quelli registrati in ambito civile residenziale.

Secondo dati forniti dall'ENEL relativamente al 1998, il consumo energetico

complessivo degli alberghi italiani è di 9.200 milioni di MJ/anno pari al

consumo energetico totale di un quarto della regione Sardegna e all'1% dei

consumo totale di energia in Italia (1.000.000 milioni MJ/a nel 1999).

Andriola-Seminara fanno rilevare che nel settore alberghiero, i consumi

dipendono da molti fattori, quali la localizzazione geografica, l'esposizione,

il tipo di struttura, le dimensioni, l'impiantistica, l'età dell'edifício, le

ristrutturazioni effettuate, la categoria, i servizi offerti, ecc.

Consumi medi del settore alberghiero nazionale

Categoria 4-5 stelle 3 stelle 1-2 stelle

KWh/anno 181.776 54.530 23.169

Per avere un'idea della prestazione energetica di un albergo si può prendere

in considerazione la seguente tabella, che comunque va usata con cautela

perché molti fattori, come detto, possono influenzare notevolmente i

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consumi, così come l'impianto di condizionamento può aumentare il

consumo di elettricità dei 50% e di combustibile del 10%.

Tipicità dei consumi in alberghi (KW/anno)

Numero camere 0-50 50-100 >150

Prestazione buona < 14.000 <19.000 <15.000

Prestazione sufficiente 14-19.000 19-25.000 15-21.500

Prestazione non buona >19.000 >25.000 >21.500L'Eco audit nelle strutture alberghiere, ACTA, 1995.

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Grafico di una buona prestazione

05.000

10.00015.00020.000

10-50 camere 50-100 camere oltre 150 camere

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Tra i consumi di energia elettrica, quello per l'illuminazione ha un’incidenza

del 10% e un margine di risparmio superiore agli altri settori.

La costruzione di un impianto per l'illuminazione, in cui tutte le componenti

concorrano al risparmio energetico, è quindi uno dei punti di partenza per

una politica aziendale rivolta a ridurre i consumi, i costi e a tutelare

l'ambiente.

La scelta appropriata della lampada, dell'alimentatore, dell'apparecchio, la

corretta progettazione e l'attenzione all'integrazione tra luce elettrica e luce

naturale sono i criteri basilari da seguire. Per la efficace e corretta

illuminazione di un ambiente occorre sempre tener conto, prima dell'acquisto

delle lampade, della destinazione d'uso, ovvero del tipo di attività che

prevalentemente svolgeranno e della relativa durata media giornaliera. Per

esempio, non occorre aumentare la potenza delle lampadine, e di

conseguenza i consumi; basta scegliere il tipo di lampada appropriato e una

corretta posizione delle fonti luminose (ad es. una lampada da 100 watt

illumina quanto 6 lampadine da 25 watt, consumando il 50% in meno). Lo

scaldacqua è uno degli elettrodomestici che più incide sul bilancio dei

consumi energetici. Al momento dell'acquisto è, quindi, opportuno valutare

l'alternativa di un dispositivo a gas che, a fronte di una maggiore spesa

iniziale, garantisce costi di gestione significativamente inferiori. Scelto

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opportunamente il tipo di alimentazione, sarà importante considerare due

aspetti essenziali:

- la taglia ovvero il volume adatto alle proprie

esigenze in quanto un volume esageratamente superiore costituirebbe

un semplice spreco;

- la coibentazione del serbatoio dell'acqua

(boiler). Per riscaldare 80 litri di acqua a 60 'C, per esempio,

occorrono circa 4,4 kWh. Uno scaldacqua non ben coibentato può

disperdere da 2 a 3 kWh al giorno, anche se non viene utilizzato.

Nell'utilizzo dello scaldacqua è consigliabile seguire alcuni semplici

accorgimenti:

- regolare il termostato a 45' in estate e 60' in inverno: valori superiori

comportano solo la miscelazione di maggiori quantità di acqua calda con

acqua fredda prima dell'uso, facendo aumentare le dispersioni di calore e

i depositi di calcare;

- prevedere una programmazione delle accensioni con un timer (dispositivo

con orologio che regola automaticamente accensione e spegnimento) in

modo da far entrare in funzione lo scaldacqua solo alcune ore prima

dell'utilizzo e non anche quando non serve;

- installare lo scaldacqua per quanto possibile vicino al punto di utilizzo,

per evitare inutili dispersioni di calore lungo le tubazioni;

- installare lo scaldacqua a gas rivolgendosi ad installatori esperti e

pretendendo il rispetto delle norme di sicurezza: a tal proposito, lo

scaldacqua a gas deve essere collocato in ambiente ben aerato e avere lo

scarico dei fumi all'esterno;

- effettuare manutenzioni periodiche (ogni 2-3 anni) per eliminare calcio ed

incrostazioni. La soluzione ideale per la produzione di acqua calda

sanitaria è sfruttare una fonte rinnovabile ossia rivolgersi al "solare

termico": l'installazione di un sistema a pannelli solari consentirà, infatti,

di risparmiare energia inquinando meno.

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Una volta ammortizzato il costo dell'impianto, si disporrà di acqua calda

gratuita ed ecologica. Considerato che una persona consuma mediamente 50-

60 litri di acqua calda sanitaria al giorno, per un totale di 20-25 mila litri

all'anno, secondo la seguente tabella, risparmio annuo conseguibile con fonti

rinnovabili (sistema solare) può variare dai 64,55 euro rispetto al caso di

acqua riscaldata con gas ai 96,85 euro rispetto al caso di acqua riscaldata con

energia elettrica.

Spesa media annua per acqua calda sanitaria

Acqua riscaldata con energia elettrica € 130

Acqua riscaldata con gas metano € 97

Acqua riscaldata con sistema solare che fornisce il 70% di

energia

€ 32,3/38,8

Fonte ENEA

Riportando tale risparmio a un nucleo di più persone, ad esempio uno

standard di 4 persone, una maggiore spesa iniziale di 1.300-1.800 euro è

ammortizzabile in un periodo di 5 anni. Inoltre, esistono agevolazioni

finanziarie che consentono detrazioni dalle tasse o finanziamenti delle spese

di acquisto e di installazione.

Ripagato il costo dell'investimento si disporrà di acqua calda gratuita. Si

possono trovare molte soluzioni all'interno della propria azienda per ottenere

risultati significativi sul fronte del risparmio energetico, raggiungendo anche

valori di risparmio che variano dal 10% al 30% dei consumi. L'attivazione di

un efficace sistema di misurazione e di controllo in grado di fornire

un'analisi dettagliata dei consunti, divisi per reparto, consente di individuare

quale consuma di più e comprenderne le ragioni per intervenire

efficacemente nella riduzione dei costi. Introducendo semplici misure di

risparmio energetico basate maggiormente sull'uso di buone pratiche, è

ragionevole ipotizzare riduzioni dei consumi anche dell'ordine dei 10%,

Pag. 191

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abbattendo così di circa 1.000 milioni di MJ/a le esigenze di

approvvigionamento energetico nel settore alberghiero ed evitando,

conseguentemente, le emissioni inquinanti che derivano dai processi di

conversione basati sull'utilizzo di fonti energetiche convenzionali

(combustibili fossili). Considerando, al solito, uno scenario di risparmio

energetico ove è plausibile ipotizzare riduzioni dei consumi del 10%,

corrispondenti a circa 120.000 MJ/a, saranno indiscutibili gli effetti benefici

sull'ambiente

5.15 LA RISORSA ACQUA NELLE STRUTTURE

RICETTIVESino a pochi anni fa, e forse ancora oggi,

l'importanza della risorsa acqua è stata

sottovalutata per via dei bassi costi di fornitura

idrica e della considerazione comune, o meglio

del luogo comune, circa la rinnovabilità di tale

risorsa.

Di fatto, però, la scarsa disponibilità di acqua, soprattutto di qualità idonea al

consumo umano, è un problema che assilla molti paesi del mondo ed una

razionalizzazione nelle sue modalità di impiego è destinata a diventare un

intervento di fondamentale importanza ed un'esigenza primaria. Non

bisogna, infatti, dimenticare che le riserve idriche non sono illimitate, in

particolar modo quando si parla di acqua potabile.

In fatto d'acqua l'Italia spicca in Europa per inefficienza, sprechi, ma anche

discutibili reticenze. Nonostante, secondo la relazione dei Ministero

dell'Ambiente del gennaio 2001, il 12% della popolazione a livello nazionale

soffra di discontinuità nell'erogazione (percentuale che sale al 24% se si

considerano solo le isole) l'Italia è anche il paese europeo più sprecone.

Preleva più acqua pro-capite di tutta la comunità, 980 metri cubi l'anno per

abitante, contro i 700 della Francia, e la impiega peggio: in Europa con un

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a)RINNOVABILITA’

DELLA RISORSAACQUA

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metro cubo d'acqua l'industria produce beni per un valore di 96 euro, in Italia

per un valore di 41.

Gli Italiani sono i cittadini europei che consumano più acqua potabile per usi

domestici, in media oltre 250 litri a persona al giorno contro, per esempio, i

156 della Francia. Dei 250 litri che ognuno di noi consuma mediamente al

giorno, solo una parte viene utilizzata per scopi che richiedono la più alta

qualità, quali igiene personale e cucina.

La parte prevalente viene impiegata per scopi "meno nobili": sciacquoni,

macchine per lavare, lavaggio di pavimenti, giardinaggio e irrigazione, ecc..

Gli alberghi sono grandissimi consumatori di acqua. Da un'elaborazione

dell'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) su dati della

Federalberghi, risulta che alle strutture alberghiere sono attribuibili consumi

idrici pari a 120 milioni metri cubi l’anno, più che doppi rispetto a quelli

domestici.

In un albergo la quantità di acqua consumata all'anno per camera può variare

fra i 60 e i 220 metri cubi.

Le attività di una struttura alberghiera che si evidenziano come maggiori

responsabili dei consumi di acqua sono legate a cucina e bar, bagno,

lavanderia, cura di piante e giardini, piscine e operazioni ausiliarie.

Di tutta l'acqua consumata giornalmente nelle cucine di un albergo solo il

5% viene consumato dalla clientela sotto forma di cibi o bevande, il restante

95 % è destinato alla pulizia (alimenti ed igiene dei locali).

La tabella seguente illustra le principali tipologie di utilizzo di acqua in una

struttura turistico-ricettiva e le relative percentuali.

I consumi di acqua: tipologia e percentuale di utilizzo di una struttura alberghiera

Tipologia di utilizzo

Servizi igienici

Lavanderia Docce/bagni

Lavaggio stoviglie

Bere/cucinare

Giardino/auto

Quantità di utilizzo

35 - 40% 20 – 30% 5 –10% 8% 5% 2%Fonte: relazione presentata nel Convegno Internazionale " L'Agenda 21 locale e la certificazione della

qualità ambientale delle imprese e dei comuni nelle località turistiche" (Rimini, maggio 1998)

Pag. 193

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Attraverso l'adozione di semplici misure tecniche e buone pratiche

quotidiane è possibile ottenere un risparmio variabile fra il 15 ed il 50% dei

consumi a seconda dei reparti, risparmio di considerevole entità, se si tiene

conto che, ogni giorno, l'industria turistica determina un consumo idrico pari

a 150 litri per cliente.

Esistono in commercio erogatori di acqua che riducono la portata dei flusso

tramite dispositivo miscelatori che arricchendo l'acqua di ossigeno ne

aumentano la pressione. L'acqua esce così in quantità minore, ma con getti

che, oltre ad avere maggiore potere lavante, danno una piacevole sensazione

di "morbidezza".

I consumi di acqua, dovuti ai punti di erogazione dotati di dispositivo come

quelli descritti, possono essere ridotti sino al 40% e oltre, con evidenti

risparmi sulle spese di approvvigionamento idrico e consumo energetico. Si

pensi al risparmio conseguibile tramite il riutilizzo delle acque reflue dopo

opportuni trattamenti: le moderne tecnologie oggi disponibili nel settore

della depurazione delle acque consentono di ottenere, anche con schemi

impiantistici relativamente semplici, livelli qualitativi delle acque trattate

rispettosi dei limiti di legge. Questi ultimi sono tali da garantire alle acque

stesse caratteristiche idonee per gli usi meno nobili di cui sopra, evitando

così sprechi di acqua di qualità superiore, da destinare a uso idropotabile.

Le acque in uscita dal trattamento, ormai depurate, possono essere immesse

in un impianto di subirrigazione ed essere

distribuite efficacemente nelle aree

piantumate: l'acqua potrà così bagnare

direttamente le radici delle piante, con effetti

positivi per la vegetazione specie nel periodo

estivo.

Non solo: l'acqua prima di uscire dal nostro rubinetto deve essere pompata,

depurata, canalizzata e, per alcuni usi, anche riscaldata.

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b)IL

TRATTAMENTO DELLE ACQUE

REFLUE

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Quindi, sprecare acqua significa anche sprecare energia e risparmio idrico

significa anche risparmio energetico. La tabella seguente riporta in litri i

consumi di acqua individuali dovuti ad alcuni tipici utilizzi quotidiani e i

corrispondenti consumi energetici (espressi in termini equivalenti di litri di

petrolio consumati per la produzione dell'energia necessaria) legati ai

processi (pompaggio, riscaldamento, eventuali trattamenti) che si rendono

necessari affinché l'acqua pervenga ai punti di erogazione finali con le

caratteristiche e la qualità necessarie.

I costi energetici dell’acqua: consumi per persona per anno

Dispositivo risorsaQuantità

consumata con utilizzo di tecnologia

tradizionale

Quantità consumata con

utilizzo di tecnologie a basso

consumo

RisparmioIn litri In %

Rubinetto acqua 44.000 23.000 20.600 46,81petrolio 240 150 90 37,50

lavatrice acqua 4.700 2.600 2.100 44,68petrolio 55 40 15 27,7

lavastoviglie acqua 7.300 3.650 3.650 50,00petrolio 250 160 90 36,00

Fonte ENEA

Di seguito si riporta una tabella relativa ai risultati di una ricerca condotta

dall'ENEA, su circa trenta alberghi che hanno dotato i loro terminali di

aeratori. Dalla lettura risulta evidente come i risparmi ottenuti attraverso

l'adozione di questi semplici dispositivo siano considerevoli e tanto più

rilevanti quanto più elevata è la categoria di appartenenza dell'albergo. Ciò è

una diretta conseguenza dei fatto che sono, soprattutto, le strutture

alberghiere di livello qualitativo più elevato, quelle che offrono servizi come

piscine, vasche idromassaggio, palestre, giardini e così via, a contribuire

maggiormente agli elevati consumi di acqua.

Pag. 195

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Risparmi sui consumi energeticiCategoria albergo Una stella Due stelle Tre stelle Quattro stelle Cinque stelle

Consumo medio/pers.-litri 150 150 250 600 600

Riasparmio acqua in % 30-35% 30-35% 35-40% 40-45% 40-45%Fonte: relazione presentata nel Convegno Internazionale "L'Agenda 21 locale e la certifícazione della

qualità ambientale delle imprese e dei comuni nelle località turistiche" - Rimini, maggio 1998

I dati presentati fanno supporre che attraverso un utilizzo razionale

dell'energia idrica in ambito alberghiero, è ragionevole ipotizzare livelli di

risparmio idrico almeno dei 10%, corrispondente a circa 12 milioni di mc/a.

Il corretto utilizzo dell'energia elettrica e dell'acqua, la corretta gestione dei

rifiuti e la bioedilizia sono semplici misure per preservare l'ambiente,

risparmiando e adeguando l'offerta alle tendenze della clientela.

5.16 RISPARMIO ENERGETICO ED EDILIZIA

BIOLOGICA

Ma risparmiare significa scontentare

la clientela abituata a certi standard

di servizi?

In generale, nell'immaginario collettivo il concetto di risparmio è correlato

con una diminuizione delle prestazioni, e quindi, nel caso dei servizi

turistici, con una diminuzione della qualità offerta e percepita dal cliente.

Purtroppo ancora oggi nel nostro paese, complice anche la scarsa sensibilità

ambientale di parte della popolazione, il luogo comune, risparmio =

sacrificio, oppure, risparmio = rinuncia, è diffuso anche in ambito

energetico.

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a)IL RISPARMIO ENERGETICO E

STANDARD DEI SERVIZI

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Le considerazioni fatte precedentemente, inducono invece a pensare che la

riduzione dei costi energetici rappresenti una forma di risparmio che non

compromette la qualità del servizio e non incide negativamente sulle

aspettative e la soddisfazione dei turista.

Anzi, se si considera che l'adozione di una politica di rispetto per l'ambiente

e di risparmio energetico comporta:

lo stimolo all'adozione di semplici misure comportamentali, quali, ad

esempio:

- raccolta differenziata dei rifiuti (vetro,

alluminio, plastica, carta, olio alimentare...

- utilizzo dei mezzi di trasporto collettivi

- impiego di detersivi e detergenti a basso

impatto ambientale

- impiego di carta riciclata e carta ecologica

- il cambio giornaliero della sola biancheria

effettivamente utilizzata;

l'adozione di semplici dispositivi volti ad eliminare gli sprechi, quali, ad

esempio:

- lampade ad alta efficienza

- mezzi di trasporto elettrici

- miscelatori aria-acqua

- sistemi a scarico differenziato nei servizi igienici

la presenza di misure volte a rendere più piacevole il soggiorno, quali,

ad esempio:

- la riduzione dei rumori specie in prossimità delle aree destinate al riposo

- la preservazione di spazi verdi magari destinati ad attività ludico-ricreative

- acqua minerale e bevande in bottiglie di vetro

- la promozione dell'utilizzo di biciclette;

Pag. 197

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ci si rende facilmente conto che, attraverso misure di risparmio energetico e

salvaguardia ambientale, è possibile addirittura alimentare il livello di

soddisfazione di diverse fasce di clientela turistica.

Il parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo nell'ottobre

1997, per affrontare il dilemma sullo sviluppo sostenibile nell'edilizia

abitativa, pone l'attenzione sulla necessità di cambiare i modelli di sviluppo

nel campo delle costruzioni.

Uno strumento, per intervenire conciliando sia le esigenze dei progresso e

della crescita economica che le esigenze

della sostenibilità, è rappresentato

dall'edilizia bioecologica. Oggi la

bioarchitettura, più che un nuovo modo

di costruire, è definita "un nuovo modo

di vivere".

L'obiettivo primario è creare abitazioni che sappiano rapportarsi in modo

equilibrato con l'ambiente. In realtà, si può considerare «bioecologica»

un'architettura che riesca a sfruttare tecnologie tradizionali e innovative, che

configurino degli edifici capaci di «vivere» senza eccessivi "costi" per

l'ambiente.

E' il caso, per esempio, degli edifici che sfruttano I"energia solare in modo

passivo o che ripropongono tecniche costruttive tradizionali capaci di

sfruttare caratteristiche proprie di alcuni materiali idonei a creare comfort

interno con ridotto consumo di materie prime ed energia non rinnovabili.

Il risultato finale deve essere la realizzazione di edifici che garantiscono un

maggiore comfort e benessere all'interno dei relativi ambienti chiusi e

riducono l'impatto sull'ambiente sia durante la fase esecutiva, sia durante il

successivo periodo di utilizzo. Tali obiettivi devono essere previsti e curati a

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b)

LA BIOARCHITETTURA

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monte in fase di progettazione privilegiando criteri specifici riguardo sia alle

tecnologie e ai materiali da costruzione, che alla forma, l'orientamento e la

posizione dell'edificio rispetto a strutture limitrofe esistenti. Materiali

particolari, che siano in grado di mettere in condizione di benessere chi vive

in casa e al contempo in grado di far risparmiare energia perché isolanti sono

oggi preferiti ad altri magari più belli esteticamente ma di sicuro meno

efficaci a livello ambientale.

Secondo quanto riportato sul testo di Borzini "Marketing Turismo e

ambiente", design, materiali e modalità di costruzione e ristrutturazione sono

aspetti fondamentali per un albergo, sia che la struttura ricettiva sia in fase di

realizzazione sia nel caso in cui sia già stata costruita da tempo.

Attraverso gli interventi di ristrutturazione e, prima ancora, attraverso

un'attenta progettazione dell'albergo, è possibile ridurre in modo

significativo alcune importanti cause di inquinamento dell'ambiente interno,

nonché minimizzare l'impatto derivante dall'operatività della struttura.

Altrettanto interessante individuare e realizzare gli interventi di

progettazione o di ristrutturazione in grado di migliorare l’efficienza

dell'hotel da un punto di vista energetico.

Tra l'altro, la legge 488/92 concede agevolazioni finanziarie per

l'adeguamento strutturale di strutture alberghiere alle esigenze ambientali.

Malgrado la sensibilità verso le tematiche energetico-ambientali stia

crescendo, l'informazione sulle tecniche e tecnologie di edilizia bioecologica

- basate sul rispetto della salute dell'uomo e sul risparmio energetico -

permane ancora bassa,in Italia (specialmente al Sud) rispetto ad altri paesi

europei come l'Austria, la Svizzera, la Germania, la Danimarca, dove

l'orientamento bioecologico risulta sicuramente più diffuso agli svariati

livelli, sia tra i professionisti che tra i committenti e i produttori di materiali.

La Commissione Europea ha recentemente presentato una nuova direttiva

volta a garantire il potenziamento delle prestazioni energetiche degli edifici.

La direttiva rientra tra le iniziative per la tutela dell'ambiente e per il

Pag. 199

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risparmio energetico: oltre il 40% dei consumi sono infatti imputabili

all'edilizia, che li genera essenzialmente per il riscaldamento di ambienti, la

produzione di acqua calda per usi sanitari, condizionamento e illuminazione.

E' stato calcolato che, con interventi efficaci e costi contenuti, sarebbe

possibile realizzare un risparmio energetico dei 22%. La nuova direttiva

definisce un quadro normativo atto a ridurre la crescita dei consumi

energetici nell'edilizia, e si basa sui seguenti elementi:

- una metodologia comune (che tenga conto

delle differenze climatiche e di altri fattori quali la coibentazione,

ventilazione, illuminazione, orientamento dell'edificio, recupero di calore e

utilizzo di fonti energetiche rinnovabili) per il calcolo del valore limite del

fabbisogno energetico e dell'efficienza energetica minima, da adottare poi

negli Stati membri per ciascuna tipologia di. edifici,

- applicazione dei valori limite calcolati con la

metodologia sopraccitata agli edifici di nuova costruzione e agli edifici

ristrutturati di metratura superiore ai 15.000 m2.

I miglioramenti economici e sociali ed il considerevole sviluppo turistico

degli ultimi dieci anni hanno come conseguenza l'incremento del fabbisogno

energetico.

Le variazioni nella domanda di energia sono stagionali e non è da escludere

che il fabbisogno energetico aumenti durante l'alta stagione turistica di

quattro o cinque volte.

Inoltre le condizioni climatiche nel Mediterraneo, insieme ad una richiesta di

maggiori conforts ed alla competizione tra organizzazioni turistiche

nell'offerta dei servizi, porta ad un maggiore fabbisogno di energia per

riscaldamento negli alberghi. L'industria turistica diventa la più "importante"

consumatrice di energia, con un considerevole impatto sull'ambiente.

Nelle isole, con basse precipitazioni atmosferiche nell'arco dell'anno, in

particolare, come le Cicladi e le Canarie, che non dispongono di acqua

potabile a sufficienza, la desalinizzazione dell'acqua di mare comporta un

Pag. 200

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notevole consumo di energia e perciò aumenta il loro fabbisogno totale. La

domanda di energia deve essere esaminata seriamente a livello locale,

individuando potenziali forme di risparmio energetico.

Gli Stati Membri e le autorità locali devono ricercare misure per una

gestione efficiente dell'energia. A livello locale ci sono molte possibilità per

tali decisioni nel settore turistico essendo questo strettamente legato al

consumo energetico del settore trasporti, del settore edilizio, delle attività e

della gestione delle strutture alberghiere. Parallelamente grandi sforzi

devono essere effettuati nella ricerca e promozione di fonti di energia

rinnovabili. Queste fonti offrono soluzioni che si adattano perfettamente alle

necessità locali. In particolare le isole dispongono di un grande potenziale a

lungo termine, l'energia solare ed eolica. Secondo un recente esame in

Grecia, il consumo di elettricità (principalmente per il condizionamento

dell'aria) è allo stesso livello di quello necessario per il riscaldamento. Il

consumo medio di elettricità per posto letto è 4,87 MWh che equivale a circa

440 euro per posto letto per anno. Il consumo di elettricità HVAC (impianti

di riscaldamento,ventilazione e condizionamento) è dominante.

Le Agenzie per l'Energia hanno tra l'altro realizzato studi e progetti

sull'energia nel settore turistico.

ISLENET ha collaborato nella diffusione delle informazioni sulla

individuazione della migliore soluzione.

Esistono interessanti opportunità finanziarie per la gestione energetica nel

settore turistico quali:

Programmi nazionali sull'energia ed il turismo

Incentivi fiscali

Il programma SAVE relativo all'efficienza energetica

La nuova direttiva sul miglioramento dell'efficienza energetica negli

edifici COM(2001)226. Secondo la Commissione questa comporterà un

grande impatto sull'uso dell'energia nelle costruzioni in quanto:

- il 40% dell'energia viene utilizzata nel settore residenziale-terziario

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- risparmio energetico potenziale nel settore

costruzioni: 22% dal 2010

I certificati energetici per le nuove costruzioni e per quelle già esistenti

potrebbero essere disponibili appena predisposti.

Tali certificati avranno la durata di non più di cinque anni, inclusa la

comuni- cazione di come migliorare il rendimento energetico. In questo

campo le Agenzie per l'energia possono esercitare un ruolo molto

importante.

La commissione europea è interessata nel finanziare infrastrutture

turistiche (inclusi i trasporti) e progetti, onde contribuire alla competizione

tra le industrie turistiche europee.

Recentemente la Commissione per il turismo si è resa disponibile nel

sopportare piani di sviluppo delle attività turistiche, incluso l'uso di

indicatori per un turismo sostenibile e l'integrazione di criteri ambientali

nella gestione delle imprese turistiche.

In conclusione, il vasto campo di attività che insieme sono rivolte alla

soddisfazione dei consumi turistici sono parte integrante dell'economia,

dell'amministrazione e del sociale.

C'è un ruolo predominante e di responsabilità delle autorità locali, regionali

e delle Agenzie per l'Energia, con il supporto della Comunità Europea per un

uso efficiente dell'energia nel settore turistico e per la costituzione di

condizioni favorevoli allo sviluppo di un turismo sostenibile. Si ha bisogno

di migliori conoscenze, scambi di esperti nelle iniziative energetiche nel

settore turismo. Si ha bisogno di maggiori scambi di informazioni nello

sviluppo di iniziative e in campo legislativo di norme riguardanti il turismo,

l'efficienza energetica e l'ambiente. Sono necessarie integrazioni di tecniche

e principi per uno sviluppo sostenibile, incluso l'etichettatura (vedi anche

Certificati di efficienza energetica per alberghi-costruzioni) e sistemi

manageriali sull'ambiente.

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5.17 ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE

I miglioramenti economici e sociali della regioni insulari ed il considerevole

sviluppo turistico degli ultimi dieci anni hanno come conseguenza

l’incremento del fabbisogno energetico nelle isole in particolare. Queste

subiscono grandi variazioni nella domanda di energia, stagionalmente, e non

è da escludere che il loro fabbisogno energetico aumenti durante l’alta

stagione turistica di quattro o cinque volte.

Inoltre le condizioni climatiche nel Mediterraneo, insieme ad una richiesta di

maggiori conforts ed alla competizione tra organizzazioni turistiche

nell’offerta dei servizi, porta ad un maggiore fabbisogno di energia per

riscaldamento negli alberghi. L’industria turistica diventa la più “importante”

consumatrice di energia nell’isola con un considerevole impatto

sull’ambiente.

Nelle isole con basse precipitazioni atmosferiche nell’arco dell’anno, che non

dispongono di acqua potabile a sufficienza, la desalinizzazione dell’acqua di

mare comporta un notevole consumo di energia e perciò aumenta il loro

fabbisogno totale.

La domanda di energia deve essere esaminata seriamente a livello locale,

individuando potenziali forme di risparmio energetico. Gli Stati Membri e le

autorità locali devono ricercare misure per una gestione efficiente

dell’energia. A livello locale ci sono molte possibilità per tali decisioni nel

settore turistico essendo questo strettamente legato al consumo energetico del

settore trasporti, del settore edilizio, delle attività e della gestione delle

strutture alberghiere.

Parallelamente grandi sforzi devono essere effettuati nella ricerca e

promozione di fonti di energia rinnovabili. Queste fonti offrono soluzioni che

si adattano perfettamente alle necessità locali. In particolare le isole

dispongono di un grande potenziale a lungo termine, l’energia solare ed

eolica.

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Secondo un recente esame, il consumo

di elettricità (principalmente per il

condizionamento dell’aria) è allo stesso

livello di quello necessario per il

riscaldamento.

Il consumo medio di elettricità per posto letto è 4,87 MWh, che equivale a

circa 440 euro per posto letto per anno. Il consumo di elettricità HVAC

(impianti di riscaldamento,ventilazione e condizionamento) è dominante. La

figura 1 evidenzia la percentuale di consumo di energia elettrica per unità in

un albergo di 200 stanze nel 1992. La tabella 1 mostra il consumo di energia

di un tipico albergo. Nell’isola operano un gran numero di unità alberghiere. I

turisti sono concentrati nelle isole durante l’alta stagione, che dura da tre a

sette mesi l’anno. Questa irregolare operatività degli alberghi, insieme con i

problemi di offerta energetica, fa riflettere sulla necessità di un uso razionale

dell’energia nel settore turistico.

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a)

ESEMPI DI CONSUMI ENERGETICI NEL

SETTORE TURISTICO

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Tabella 1 : Consumo energetico per il condizionamento dell’aria negli

alberghi

Uso A% B%

Riscaldamento 66 56

Raffreddamento 12 18

Illuminazione 8 26

Altro 14

A : Fonte (4), B : Fonte (3) Risultati di un questionario

Figura 1: Consumo Energetico per unità alberghiera operativa (2)

Le Agenzie per l’Energia hanno tra l’altro realizzato studi e progetti

sull’energia nel settore turistico. ISLENET ha collaborato nella diffusione

delle informazioni sulla individuazione della migliore soluzione. L’Agenzia

per l’Energia ha sviluppato il seguente piano:

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L’elettricità è una delle principali forme di energia utilizzata.

Il consumo energetico nelle tre forme, domestico, industriale ed altro dal

1990 al 1996 ( figura 2) evidenzia che la distribuzione del consumo elettrico

non si è di molto modificata negli anni. Gli altri usi si riferiscono al

commercio, alberghi, agricoltura, edifici pubblici e strade.

Il consumo di elettricità, d’altro canto, mostra un incremento stabile dal 1981

al 1996 (figura 2). Il maggiore incremento è dovuto all’aumento del turismo.

La distribuzione di elettricità nei diversi settori economici ( figura 3) indica

che il settore residenziale consuma la maggior parte di elettricità (36,2%) con

il settore alberghiero al secondo posto (22,7%). Se si considera il fatto che gli

alberghi lavorano solo metà anno è ovvio che una studio più dettagliato

dell’energia utilizzata negli alberghi e la creazione di alcune misure di

conservazione potrebbero ridurre la domanda di energia. Il fabbisogno

energetico degli alberghi è equivalente ad un impianto di 30MW.

Figura 2: Consumo di elettricità (GWh/anno)(3)

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Electricity Total: 1684 TJ/year

Commercial24.6%

Public9.5%Hotels

22.7%

Residential36.2%

Industry5.2%

Agriculture1.7%

Figura 3: Consumo di energia elettrica per settore (1992) (1)

L’Agenzia per l’Energia in collaborazione con l’Ente per il Turismo e

l’ICAEN ( Centro per l’energia spagnolo), ha realizzato lo studio “Uso

razionale dell’energia nell’industria turistica”. Questo studio include

un’analisi dell’esistente situazione energetica ed il grado di sviluppo delle

fonti rinnovabili nel settore turistico, ricerca un mercato di nuove tecnologie e

le modalità di abbattimento delle barriere esistenti per una loro penetrazione

nel mercato. Un programma operativo viene proposto a livello nazionale,

comunque applicabile alle altre isole del Mediterraneo.

“Gestione della domanda di elettricità nel settore turistico” è stato

realizzato dalla Divisione energetica del Governo delle Baleari insieme con

l’Agenzia per l’Energia di Madeira AREAM, con lo scopo di esaminare le

fonti rinnovabili e la gestione energetica nel settore alberghiero in modo da

ridurre la dipendenza energetica di queste due isole. E’ stata tratta una guida

per la riduzione del consumo di elettricità negli alberghi secondo le varie

categorie (classificate per spazio ed attività).

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Secondo uno studio realizzato per il Sud Europa, il massimo è stato raggiunto

dopo l’estate 1992. Da un’analisi della domanda ed offerta di elettricità negli

ultimi 20 anni, vi è stato un incremento con un picco del 6% ed un

incremento nei consumi di un altro 6%.

Nelle Cicladi, l’espansione del turismo ha provocato un considerevole

incremento nella domanda di energia, specialmente di quella elettrica nel

settore turistico ed attività collegate, calcolato al 39% del consumo totale.

L’uso dell’aria condizionata negli alberghi è un punto cruciale perché:

- il principale sistema di produzione di energia è una centrale

termoelettrica, alimentata con combustibile diesel, ad alto potere

inquinante e di costo elevato. Con l’aumento della domanda di aria

condizionata per unità alberghiera, risulta un serio incremento della

domanda di energia; che per le isole causa serie deficienze.

- L’elemento base per unità alberghiere è la stanza, tenuta chiusa per la

maggior parte del tempo, sia che sia in uso o non. Lo scopo principale di

tale studio è stato quello di ridurre il fabbisogno elettrico per il

condizionamento nelle unità alberghiere, assicurando il condizionamento

nelle stanze attraverso meccanismi naturali. Al tempo stesso, il carattere

particolare del paesaggio delle isole e l’identità architettonica impone

delle restrizioni nella scelta dei sistemi e delle tecniche alternative.

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Esistono interessanti opportunità finanziarie

per la gestione energetica nel settore

turistico. Tra queste:

° Programmi nazionali sull’energia ed il turismo

° Incentivi fiscali

° Il programma SAVE relativo all’efficienza energetica

° La nuova direttiva sul miglioramento dell’efficienza energetica negli

edifici COM(2001)226. Secondo la Commissione questa comporterà un

grande impatto sull’uso dell’energia nelle costruzioni in quanto:

- il 40% dell’energia viene utilizzata nel settore residenziale/terziario

- risparmio energetico potenziale nel settore costruzioni: 22% dal 2010

I certificati energetici per le nuove costruzioni e per quelle già esistenti

potrebbero essere disponibili appena predisposti. Tali certificati avranno la

durata di non più di cinque anni, inclusa la comunicazione di come migliorare

il rendimento energetico. In questo campo le Agenzie per l’energia possono

esercitare un ruolo molto importante.

° La commissione europea è interessata nel finanziare infrastrutture

turistiche (inclusi i trasporti) e progetti, onde contribuire alla competizione tra

le industrie turistiche europee.

° Recentemente la Commissione per il turismo si è resa disponibile nel

supportare piani di sviluppo delle attività turistiche, incluso l’uso di indicatori

per un turismo sostenibile e l’integrazione di criteri ambientali nella gestione

delle imprese turistiche.

Pag. 209

b)

OPPORTUNITA’

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1. Il vasto campo di attività che insieme sono rivolte alla soddisfazione dei

consumi turistici sono parte integrante dell’economia, dell’amministrazione

e del sociale delle isole.

2. C’è un ruolo predominante e di responsabilità delle autorità locali,

regionali e delle Agenzie per l’Energia con il supporto della Comunità

Europea per un uso efficiente dell’energia nel settore turistico e per la

costituzione di condizioni favorevoli allo sviluppo di un turismo

sostenibile.

3. Si ha bisogno di migliori conoscenze, scambi di esperti nelle iniziative

energetiche nel settore turismo.

4. Maggiori scambi di informazioni nello sviluppo di iniziative e in campo

legislativo di norme riguardanti il turismo, l’efficienza energetica e

l’ambiente.

5. L’integrazione di tecniche e principi per uno sviluppo sostenibile, incluso

l’etichettatura (vedi anche Certificati di efficienza energetica per alberghi-

costruzioni) e sistemi manageriali sull’ambiente.

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c)CONCLUSIONI

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5.18 Gli strumenti di comunicazione ambientale

Uno strumento a carattere volontario è costituito dalla comunicazione

ambientale.

Principali strumenti di comunicazione ambientale attualmente adottati sono i

seguenti: Rapporti Ambientali, (Bilanci Ambientali), e Dichiarazione

Ambientale (EMAS). Si tratta di strumenti molto diversi come tipologia e, per

quanto attiene ai primi due, anche estremamente disomogenei tra di loro, ma che

rappresentano comunque un primo mezzo di comunicazione in ordine alle

tematiche ambientali.

La redazione periodica di un Rapporto Ambientale per una località turistica

rappresenta sicuramente uno strumento che può aiutare a migliorare la

performance di sostenibilità.

Così come la Dichiarazione Ambientale EMAS sarebbe molto utile alle imprese

turistiche nel loro rapporto con la clientela.

L’obiettivo generale delle azioni mira a minimizzare l’impatto ambientale ed a

garantire agli ospiti, e al personale, un ambiente

interno gradevole e sano, ma nondimeno, è

importante per l’azienda, il contributo a

diffondere sensibilità e senso di responsabilità

nei confronti delle tematiche ambientali.

Pag. 211

a)L’IMPATTO

AMBIENTALE E LE POLITICHE

AZIENDALI

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Di seguito viene proposta una scheda per verificare se una struttura alberghiera

ha o meno un livello di adeguamento ai parametri ambientali:

Università degli Studi di Messina FACOLTA’ DI ECONOMIA

Corso di Economia e Gestione dei Servizi TuristiciN. Rispondere alle domande con una crocetta nella colonna SI NO

Adozione di misure per il risparmio idrico1. La struttura utilizza un depuratore al fine di evitare scarichi diretti nell’ambiente ?2. Le acque reflue vengono riutilizzate (riciclo delle acque) ?3. Sono installati aereatori e riduttori di portata nella rubinetteria ?4. E’ prevista la sostituzione della biancheria su richiesta ?5. E’ installato il temporizzatore per l’impianto d’irrigazione del giardino ?6. Sono installati i contatori parziali per la verifica dei consumi localizzati?

Adozione di misure per il risparmio energetico7. La struttura utilizza lampade a basso consumo di energia ?8. L’illuminazione dei locali è gestita da interruttori a tempo ?9. Si adotta un sistema per limitare l’utilizzo della TV in stand by ?10. La struttura utilizza sistemi di energia alternativa ?11. La struttura promuove lo spegnimento dell’illuminazione quando non necessaria ?

Adozione di misure per la gestione dei rifiuti12. La struttura è dotata di contenitori per la raccolta differenziata ?13. La struttura è dotata di contenitori per rifiuti speciali (pile, medicinali, ecc.)?14. La struttura provvede a riciclare i contenitori tramite i propri fornitori ?15. La struttura provvede al recupero dei grassi e degli oli usati?16. La struttura persegue un piano di riduzione dei propri rifiuti solidi urbani ?17. La struttura partecipa ad un programma di riciclaggio dei rifiuti ?18. Nella struttura sono installati dispenser per bagnoschiuma e shampoo ?19. Nella struttura si adottano dosatori di detersivi per lavatrici e lavastoviglie ?20. Nella struttura si utilizza carta ecologica per cancelleria e stampati ?21. Nella struttura si utilizzano deodoranti naturali ?22. Nella struttura si utilizzano prodotti biodegradabili ?

Adozione di misure per il risparmio termico23. L’impianto di riscaldamento/ condizionamento è a risparmio energetico ?24. L’impianto di riscaldamento/ condizionamento è a regolazione centralizzata ?25. E’ previsto un regolatore dell’impianto di riscaldamento in relazione all’ambiente?26. La struttura è stata progettata con materiali isolanti ?

Foglio 1

Pag. 212

Indagine statistica sulle strutture turistiche per l’orientamento al

turismo sostenibile e di adeguamento ai parametri

ambientali

SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE

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Attività di formazione, educazione e sensibilizzazione27. I clienti sono incoraggiati a partecipare al programma di sostenibilità ?28. Ai clienti viene fornita adeguata informazione ecologica locale ?29. Le informazioni date consentono la raccolta differenziata dei rifiuti solidi ?30. Nella struttura esistono locali riservati ai non fumatori ?31. L’azienda contribuisce ai programmi di sicurezza dei turisti ?32. I clienti sono incoraggiati ed orientati a visitare le aree protette locali ?33. Il personale dell’azienda è coinvolto nel programma di sostenibilità ?

Adozione di misure per la mobilità ed il relax34. La struttura è raggiungibile con i mezzi pubblici ?35. Esiste la possibilità di muoversi sul luogo senza l’autovettura ?36. L’azienda mette a disposizione gratuitamente, biciclette (Almeno 5) per i clienti ?37. Si prevede un sistema di bonus per i clienti che utilizzano i mezzi pubblici ?38. L’azienda utilizza mezzi di trasporto ecologici (elettrici, GPL, metano) ?39. Il livello del rumore consente la fruibilità della struttura ed il riposo ?

Adozione di misure per il rispetto del sistema locale (sociale, economico, ecc...)40. Un’elevata percentuale del personale dell’azienda è locale ?41. La struttura addestra il personale locale ad una attività sostenibile ?42. Le offerte di lavoro dell’azienda condizionano il mercato del lavoro locale ?43. L’azienda promuove il consumo di prodotti locali ?44. L’azienda mette in vendita prodotti dell’artigianato locale ?45. I prodotti dell’artigianato locale vengono usati per l’arredo della struttura ?46. L’azienda promuove attività culturali locali ?47. L’azienda utilizza prodotti alimentari biologici ?48. L’azienda fa una manutenzione programmata, interna ed esterna, della struttura ?49. L’azienda domanda servizi e prodotti rispettando le esigenze locali ?50. Nei giardini sono predominanti le piante autoctone ?51. L’azienda partecipa o sostiene attività di tutela dell’ambiente ?

Si N. __ No n.__

La presente scheda è completamente anonima, ogni riferimento all’azienda, alla sua tipologia, categoria, dimensione o ubicazione è inesistente,pertanto le risposte aderenti alla vera realtà dell’azienda non possono ledere la privacy ma nel contempo possono dare un vero aiuto al gestore dell’azienda a capire il proprio rapporto con l’ambiente che lo circonda ed agli studiosi del turismo sostenibile, ai quali affluiranno questi dati, di comprendere meglio il fenomeno.

Foglio 2

Pag. 213

a) Fino a 15 si = livello di adeguamento basso b) Da 16 a 25 si = livello di adeguamento medio

c) Da 26 a 35 si = livello di adeguamento alto d) Oltre 35 si = livello di adeguamento molto alto

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5.19 L’ITALIA E L’AGENDA 21 LOCALE

L'Italia ha dato il via all'attuazione dell'Agenda 21 approvando il Piano

Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

con la delibera CIPE (Comitato

Interministeriale per la Programmazione

Economica) del 28 dicembre 1993.

Questo ha comportato una evoluzione del quadro legislativo e normativo in

materia ambientale ed energetica, anche perché l'Italia, in quanto membro

dell'Unione europea, è vincolata a recepire le direttive comunitarie.

Attualmente è in preparazione un nuovo Piano per lo Sviluppo Sostenibile che

riguarda anche il "Turismo" cui l'ENEA sta dando il sostegno tecnico-

scientifico. L'analisi del quadro di riferimento internazionale ci consente di

affermare che esiste una politica turistica ambientale a livello comunitario, con

obiettivi, finalità e strumenti delineati.

Imprenditori pubblici e privati italiani devono quindi ora dimostrare disponibilità

e capacità innovativi nell'organizzazione e nella gestione del prodotto turistico

che è un prodotto delicato e complesso, composto da una pluralità di elementi, la

cui integrazione in un'ottica di Sviluppo Sostenibile non è impresa semplice; ma

da questa operazione dipenderà il successo di aree e località turistiche del futuro.

Pag. 214

a)

IL QUADRO GENERALE ITALIANO

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5.20 LA COMUNITA’ EUROPEA, IL TURISMO E

L’AMBIENTELa politica comunitaria può aiutare l'Italia a definire il nuovo prodotto

turistico, pensato per promuovere maggiore

benessere e qualità della vita. Il quadro

conclusivo nazionale che emerge denota che il

settore del turismo ha avuto e continuerà ad

avere grande importanza per il nostro Paese,

che continua comunque a esercitare una

grande attrattiva per il suo patrimonio naturale

e culturale.

Il settore è destinato a crescere, fornisce un contributo rilevante in termini di

occupazione e benessere, contribuisce a realizzare la coesione economica e

sociale e può contribuire alla protezione e alla valorizzazione dell'ambiente

naturale e culturale.

Una programmazione strategica e integrata ai livelli opportuni, unicamente

all'impiego di strumenti tecnici per affrontare problemi particolari, può dare

un importante contributo ad uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del

turismo in Italia. La realizzazione di un turismo sostenibile, in grado di

conciliare sviluppo del turismo e protezione del patrimonio naturale e

culturale, risulta infatti di vitale importanza considerato che il nostro Paese è

interessato alla espansione dei turismo, soprattutto in termini di sviluppo

locale e creazione di posti di lavoro.

A livello locale, potranno essere applicate varie tecniche che contribuiscano

a risolvere il problema della concentrazione del turismo nello spazio e nel

tempo. Viste le prospettive del settore, la grande rilevanza economica e

sociale e l'esigenza di protezione e valorizzazione dell'ambiente naturale e

culturale, dovrà essere data priorità in futuro in Italia alla promozione di un

turismo realmente equilibrato e sostenibile.

5.21 LE DEDUZIONI DI LEGAMBIENTEPag. 215

a)

LA POLITICA COMUNITARIA

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Per un turismo sostenibile e durevole

VI CONGRESSO NAZIONALEDocumenti tematici

 

Turismo e ambiente due termini ormai sistematicamente affiancati, che pero’

ancora raramente riescono a coniugarsi felicemente.

Il turismo nelle aree protette è una delle possibili strade da seguire, ma

non certamente l’unica. L’esperienza fornita da questo settore è

senz’altro interessante e aiuta a capire quanto di questa realtà possa

essere esportato in altri luoghi e come le modalità di turismo sostenibile

possano influenzare le dinamiche del turismo tradizionale.

In particolare negli ultimi anni si è creato un grande interesse nei confronti

delle aree protette marine. A differenza di quelle terrestri, generalmente

toccate dai flussi turistici di massa soltanto in modo marginale, le aree

protette marine sono per forza di cose contigue alle zone di balneazione e, di

conseguenza, ai luoghi del turismo di massa.

Questo elemento crea rischi, in molti casi gravi, a luoghi eccezionali per

qualità ambientale e paesaggistica. Turismo e ambiente in questo caso si

fronteggiano e sono condannati ad andare d’accordo.

Bisogna cominciare a interrogarsi sul futuro della politica turistica italiana e,

soprattutto, chiedersi se l’ambiente potrà rappresentare la strada maestra per

il turismo prossimo venturo oppure se ne costituirà semplicemente una

stampella.

Sarebbe del resto riduttivo limitarsi a ragionare di una politica di nicchia

oppure del solo turismo delle aree protette. Ma in un caso o nell’altro la

strada da fare è una sola ed è quella di muoversi nella direzione della

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sostenibilità.

a) Turismo e Vacanza

Osservato dal lato del processo produttivo (offerta turistica), il turismo

appare come un settore economico complesso, un sistema costituito

dall'integrazione di attività infrastrutturali, produttive e di servizio. Esso

rappresenta, ormai, la principale attività economica a livello globale. Sposta

5 miliardi di persone ogni anno (oltre 600 milioni verso l’estero), occupa

230 milioni di persone a livello mondiale (1 ogni 15 lavoratori in tutto il

mondo) ed è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi decenni,

favorito dallo sviluppo di trasporti e comunicazioni (stime dell’OMT

indicano una crescita del 5-6% degli arrivi internazionali fino al 2010).

Dell’intero movimento l’Europa copre il 60%, occupando oltre 22 milioni

di persone, con un’incidenza delle attività turistiche sul PIL europeo pari al

14%. L’Italia attira il 5,5% dell’intero flusso, con circa 33 milioni di

arrivi ogni anno.

Un fenomeno particolarmente rilevante, che emerge dai dati italiani relativi

all’ultimo decennio, concerne la dinamica della consistenza delle strutture

ricettive.

Al sensibile calo del loro numero (dell’ordine del 7%) si contrappone un

incremento dei posti letto complessivamente disponibili superiore al 2%.

Queste tendenze sottendono un orientamento dell’industria della

ricettività verso insediamenti di dimensioni sempre maggiori, funzionali

a garantire criteri di efficienza e di economicità di gestione. Questi stessi

principi, per converso, non sembrano conciliarsi perfettamente con le

esigenze di tutela del patrimonio ambientale. Nelle sue applicazioni di

massa e di lusso, il turismo ha spesso prodotto effetti molto negativi su

paesaggi, culture, società ed economie dei paesi di destinazione,

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soprattutto nel Sud del mondo.

A partire dalla prima metà degli anni ’90, la domanda turistica in Italia ha

registrato un aumento eccezionale. I visitatori italiani e stranieri mostrano

una netta preferenza per le aree del Nord-Centro del paese, mentre un

numero ancora piuttosto esiguo di visitatori (pari a circa il 18% del totale nel

1997) alloggia in strutture ricettive registrate del Sud. Anche la quota di

mercato turistico detenuta dal Mezzogiorno appare marginale: 19% contro

l'81% del resto del paese (che sale all'86,8% relativamente alle presenze

degli stranieri).

Dalla tipologia dei flussi (per nazionalità, struttura ricettiva utilizzata, ecc.) è

possibile trarre alcune indicazioni sul comportamento di spesa del

consumatore-turista. Il turismo straniero, ad esempio, si connota per un

uso predominante degli alberghi (un tipo di ricettività che produce più

valore aggiunto e più occupazione rispetto ad altre formule ricettive),

una forte preferenza per il turismo culturale e delle città d'arte, il più

adatto ad agire come moltiplicatore della domanda turistica e per un più

attenuato carattere stagionale.

b) L’industria del turismo oggi e in prospettiva

Per sua natura l’industria del turismo e dell’ospitalità è caratterizzata da una

forte trasversalità verso altri settori economici ed è quindi in grado, più di

ogni altra attività economica, di generare effetti moltiplicativi persistenti e

diffusi sul territorio.

Il processo di sviluppo dell'economia italiana, a partire dal dopoguerra, si è

accompagnato a una continua crescita del commercio, degli alberghi e di

tutto l'indotto che ruota attorno al business turistico. Per il nostro paese la

quota del settore all’interno del Pil è quantificata in circa 112.000

miliardi di valore aggiunto pari al 5,7% del Pil. In Italia si è generato un

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forte processo di terziarizzazione che ha coinvolto anche altri settori

strategici, quali i Trasporti e le Comunicazioni. In questo contesto, gli effetti

economici provenienti dal turismo internazionale sono molto significativi: il

valore aggiunto imputabile a questo tipo di turismo è di circa 43 mila

miliardi cui corrispondono circa 800 mila unità di lavoro.

In Italia, attualmente, ogni 100 lavoratori quattro operano nel turismo e,

secondo recenti stime per i prossimi anni, su 100 lavoratori gli addetti al

turismo dovrebbero arrivare ad essere ben 7. Numerose ricerche, inoltre,

indicano come la generazione di posti di lavoro nel turismo richieda un

investimento più basso rispetto all’industria e al terziario avanzato, con una

capacità di creare occupazione che beneficia anche della rilevante

occupazione indotta nei settori collegati. L’individuazione di numerosi

profili professionali per il futuro disegna l’immagine di un sistema

fortemente dinamico e con posti di lavoro ad elevata produttività.

Le scelte turistiche dei prossimi anni vedranno l'affermarsi dei pacchetti

oggi ancora emergenti, quali turismo d'avventura, le crociere, ma anche

l'ecoturismo, il turismo culturale e i parchi a tema, questi ultimi più

orientati ai principi della sostenibilità.

c) Il turismo insostenibile

La localizzazione su un territorio unico per risorse storiche ed

artistiche, conservate ed alimentate da un legame strettissimo tra

popolazione e territorio, ha fornito all’industria italiana della vacanza

un vantaggio competitivo eccezionale. Al punto che la scarsa cura del

paesaggio, che ha contraddistinto la recente storia del nostro paese, ha

soltanto marginalmente influito sulle dinamiche del prodotto lordo del

sistema.

La risorsa ambiente, che include anche tradizioni, costumi e usi locali, è

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uno straordinario valore aggiunto assolutamente gratuito per l’industria

turistica italiana che troppo spesso invece ha contribuito a degradarlo.

Se infatti é vero che la pressione imputabile alla domanda dipende, per un

parte, dalle modalità di consumo del servizio turistico (dal comportamento

del turista), dall’altra le strategie di intermediazione tra la domanda e

l’offerta turistica (ruolo delle agenzie di viaggio e dei tour operators)

influenzano enormemente la direzione, la dimensione e l’intensità degli

spostamenti sul territorio.

L’interazione tra processi di produzione e/o di consumo che si realizzano in

settori complementari (trasporti, ristorazione, ricettività, agricoltura) possono

generare fenomeni incompatibili con le regole dello sviluppo durevole, ad

esempio tassi d’uso del patrimonio naturale e ambientale che eccedano la

soglia limite della capacità di carico (si pensi ai fenomeni di congestione dei

centri urbani, all’intensità d’uso delle risorse idriche ed energetiche

derivante da un incremento non controllato dei flussi).

Questo sistema di utilizzazione delle risorse è fortemente iniquo.

d) Strategie per un turismo sostenibile

La caratteristica di una corretta gestione del turismo è che sia garantita

la sostenibilità delle risorse dalle quali esso dipende. La sostenibilità del

turismo richiede che esso integri l'ambiente naturale, culturale e umano di

riferimento; che assicuri una dinamica durevole dell'effetto delle attività che

ad esso fanno riferimento sulle risorse naturali, sulla biodiversità e sulla

capacità di assorbimento dell'impatto e dei rifiuti prodotti.

In particolare nel Sud del mondo il contributo attivo del turismo a uno

sviluppo sostenibile presuppone necessariamente solidarietà, rispetto

reciproco e partecipazione da parte di tutti gli attori coinvolti nel

processo, in particolare gli autoctoni dei Paesi di destinazione.

Solidarietà, rispetto reciproco e partecipazione devono basarsi su

meccanismi efficienti di cooperazione a ogni livello: locale, nazionale,

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regionale e internazionale. La conservazione, la protezione e la

consapevolezza del valore delle risorse naturali e culturali costituiscono

un'area privilegiata per la cooperazione.

La protezione della qualità della destinazione turistica e la capacità di

soddisfare i turisti devono essere determinate dalle comunità locali in

consultazione con gli enti coinvolti e le parti interessate e dovrebbero

rappresentare gli obiettivi prioritari nella formulazione delle strategie e dei

progetti turistici. Per essere compatibile con lo sviluppo sostenibile, il

turismo dovrebbe basarsi sulla diversità delle opportunità offerte dalle

economie locali. Dovrebbe quindi essere completamente integrato con lo

sviluppo economico locale e contribuire positivamente allo stesso.

La specificità che ciascun luogo è capace di esprimere - diversità

ambientale, coerenza architettonica, ricchezza culturale e sociale - è

l’elemento di base da cui partire per avviare forme di turismo intelligente. Il

modo in cui il luogo conserva il suo carattere originario o sviluppa in modo

innnovativo la sua offerta, il modo in cui gli spazi o i servizi sono pensati,

pianificati, costruiti e gestiti, costituisce un’attrattiva fondamentale per il

turismo.

Nel riconoscere l'obiettivo della coesione economica e sociale tra le

comunità come principio fondamentale per uno sviluppo sostenibile, è

urgente che si sviluppino misure per permettere una più equa distribuzione

dei benefici e dei danni prodotti dal turismo. Ad esempio, favorendo un

cambio dei modelli consumistici e l'introduzione di tariffe ecologicamente

corrette.

e) I Codici etici di comportamento

Perché il turismo diventi sostenibile è fondamentale che i principali

protagonisti del settore adottino, rispettino e diano attuazione a codici di

comportamento che indirizzino verso uno sviluppo sostenibile. Tali codici

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costituiscono strumenti efficaci per lo sviluppo di attività turistiche

responsabili. A questa esperienza le campagne e le iniziative di

Legambiente hanno contribuito notevolmente. In Italia essa si è

concretizzata anche con il documento sul Turismo Responsabile

dell’AITR. Sul piano internazionale l’ultimo contributo in questa direzione è

la Carta emanata dall’Organizzazione Mondiale del Turismo.

f) Carta d’Identità per viaggi sostenibili (AITR)

Il contenuto del documento "Turismo Responsabile: Carta d'Identità per

Viaggi Sostenibili" è frutto di un lavoro di condivisione nell'ambito del

Terzo Settore che, a partire dal 1994, ha portato alla nascita di un Forum

Nazionale sul Turismo Responsabile, alla firma della Carta stessa ed alla

costituzione dell'Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) per la

diffusione e la realizzazione dei principi contenuti nella Carta, che conta

l’adesione di Legambiente e di altre 22 associazioni del non profit italiano.

La Carta indica come obiettivi da realizzare: a) una maggior attenzione

all'interazione tra turisti, industria turistica e comunità ospitanti, per

favorire un vero rispetto delle diversità culturali, ed una disponibilità di

adattamento ad abitudini e modi diversi dai propri; b) che gli utenti

diventino coscienti del proprio ruolo di consumatori del prodotto-

viaggio, da cui dipendono la qualità dell'offerta e il destino di milioni di

altri individui nei luoghi di destinazione; c) la riduzione al minimo dei

danni dell'impatto socioculturale ed ambientale prodotto dai flussi

turistici; d) la tutela del diritto delle comunità locali a decidere sul

turismo nel proprio territorio, e con queste stabilire rapporti

continuativi di cooperazione solidale.

Lo stesso documento auspica che tutti gli attori del sistema turistico, l’utente

(viaggiatore individuale o di gruppo), l’organizzatore (tour operator, agenzia

di viaggio, associazione culturale), le comunità locali ospitanti (parte del

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sistema turistico, autorità/ istituzioni turistiche, governi locali, gruppi di

cittadini), adottino comportamenti eticamente responsabili sul piano

ambientale, sociale ed economico.

g) Codice globale di etica per il turismo (OMT)

Obiettivo del documento è delineare regole che consentano di proteggere

l’ambiente naturale della terra e l’eredità culturale dalla forte crescita del

turismo internazionale. Il codice si compone di 9 articoli, che dovranno

essere osservati da governi, tour operators, progettisti, agenti, turisti.

Nell’ultimo articolo, relativo alla effettiva applicabilità del codice, si propone

la costituzione di un Comitato Mondiale per il Turismo Etico.

I principi:

1) Contribuire alla mutua comprensione tra popoli e società

2) Essere motore della realizzazione individuale e collettiva

3) Essere un fattore di sviluppo sostenibile

4) Contribuire ad aumentare l’eredità culturale della specie umana

5) Essere un’attività benefica per ospiti, paesi, comunità

6) Riservare fondi cauzionali per lo sviluppo turistico

7) Attuare i diritti del turismo

8) Contribuire alla libertà di movimento turistico

9) Operare per i diritti dei lavoratori e degli imprenditori dell’industria

turistica

10) Mettere in opera i principi del Codice globale di etica per il turismo.

h) Un Settore Turismo - Legambiente

Muovendo dalla consapevolezza che il turismo è un settore complesso e

trasversale, la cui politica e gestione abbraccia questioni generali,

Legambiente intende elaborare e promuovere iniziative che rispondano

all'esigenza di governare lo sviluppo turistico, quale volano per una più

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ampia opera di rinnovamento e recupero del territorio.

Nella considerazione che soprattutto nel campo del turismo sia necessario

"Pensare Globalmente e Agire Localmente" per garantire e migliorare,

contestualmente, sia la vita dei cittadini residenti sia la qualità dell'offerta

turistica, Legambiente intende istituire un Settore Turismo e un Gruppo di

lavoro con rappresentanti delle realtà locali, ove gli stessi possano scambiare

esperienze con l'obiettivo di predisporre linee strategiche, campagne e

iniziative.

Ci proponiamo di:

promuovere comportamenti di consumo sostenibile;

monitorare i comportamenti di consumo e di produzione attraverso la

progettazione e la definizione di un sistema di indicatori di sostenibilità

settoriali;

raccogliere informazioni sulle risorse naturali e ambientali nel corso

dell'anno;

ideare modelli di sviluppo del sistema turistico funzionali alla

redistribuzione della pressione e delle risorse su base territoriale;

tracciare le linee guida per uno sviluppo appropriato del turismo e

avviare programmi per la implementazione di tali linee.

Come intendiamo muoverci:

costituire un gruppo di studio sul turismo sostenibile e di iniziativa su

progetti che favoriscano l'adozione di modelli di produzione e di consumo

durevoli. In particolare, questo gruppo da un lato si occuperà di valutare la

realizzazione di tali programmi attraverso la redazione di documenti,

impegnandosi nel reciproco scambio di esperienze; dall'altro utilizzerà il

patrimonio informativo territoriale per partecipare attivamente a progetti e

programmi sulla sostenibilità; attivare i circoli territoriali; stipulare

protocolli d'intesa con Regioni, Province, Comuni e Associazioni di

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Categoria sulle strategie di perseguimento degli obiettivi di sostenibilità nel

turismo; promuovere l'avvio di progetti turistici sperimentali nell'ambito

dello sviluppo sostenibile e l'introduzione di sistemi di gestione ambientale.

Avviare iniziative in varie località anche sulla base dell'esperienza maturata

a Riccione con l'Associazione degli Albergatori;

organizzare strategie di comunicazione per la promozione dell’attività

escursionistica dei circoli e dell'accoglienza dei Centri di Educazione

Ambientale;

partecipare attivamente (convegni, tavole rotonde, seminari, …) alle Borse

del Turismo come già avvenuto in precedenti manifestazioni (Borsa del

Turismo Sociale, Borsa del Turismo Nautico, Borsa del Turismo

Archeologico, ….).

i) Un’esperienza concreta già in corso: Gli Alberghi Ecologici

Legambiente Emilia Romagna, l’Associazione Albergatori e

l’Amministrazione Comunale di Riccione hanno realizzato un progetto per

gestire gli Alberghi raccomandati per l’impegno in difesa dell’ambiente.

Partecipano all’iniziativa 44 alberghi di Riccione (costituiti in circolo

Legambiente) che hanno deciso di dare il loro contributo per difendere

l’ambiente osservando un decalogo di impegni che sarà consegnato ai clienti

e contenente una cartolina da inviare a Legambiente che svolge la funzione

di garante dell’iniziativa.

5.20 QUALE FUTURO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE ?

Il turismo potrà avere una maggiore crescita se vi sarà minore divario tra il

nord ed il sud del mondo, se vi sarà sviluppo anche dei paesi poveri,

naturalmente bisogna pensare a forme di sviluppo sostenibile, altrimenti

potremo parlare solo catastrofi annunciate.

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La questione fondamentale riguarda la misura in cui il mondo può

modificare la propria rotta e conseguire un futuro sostenibile. Un simile

approccio comprende numerose altre questioni.

Il Segretario Generale delle Nazioni

Unite, Kofi Annan, ha identificato

cinque aree chiave in cui il Vertice di

Johannesburg poteva fare una vera

differenza: Acqua e igiene, Energia,

Salute, Produttività Agricola,

Biodiversità e gestione degli

ecosistemi. Egli ritiene che durante il

Vertice di Johannesburg potevano e

dovevano essere ottenuti risultati

concreti su queste tematiche cruciali,

per le quali ha inventato l’acronimo

"WEHAB".

Il vertice, che già alla vigilia era stato definito un summit fallito, di giorno in

giorno ha messo in evidenza le differenze e la totale divergenza di vedute di

paesi ricchi e paesi poveri, ma anche la distanza tra le posizioni dell’Unione

europea e degli Stati Uniti. Le questioni più importanti non sono ancora state

risolte e il timore è che, chiuso il Vertice, il 4 settembre, non si è riusciti a

raggiungere un accordo comune sui temi più scottanti. 

L'acqua è una delle cinque «questioni chiave» del Vertice mondiale (insieme

a energia, biodiversità, salute, istituzioni globali per lo sviluppo sostenibile).

Il fatto è che il vero cuore del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile

è nel lavoro di mediazione condotto da un paio di gruppi ristretti di

diplomatici, i cosiddetti «gruppi di contatto», ed in particolare quello su

«commercio e finanze» - coordinato da John Ashe, delegato del governo

d’Antigua (una delle nazioni più minuscole al mondo). Ieri Ashe ha

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a)

IL VERTICE

DI JOHANNESBURG

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annunciato che il 99% del testo che riguarda le finanze è stato

concordato (tutto sta a vedere qual è l'1% che manca).

Il percorso che doveva permettere di raggiungere lo sviluppo sostenibile è

stato adottato dieci anni fa in occasione del Vertice di Rio. Ciononostante,

rimane molta strada da fare. Si auspicava che il Vertice di Johannesburg

potesse superare il divario esistente in merito all’attuazione dell’Agenda 21,

mediante la presentazione di proposte per azioni concrete.

Il Vertice di Johannesburg, in Sud Africa, presso il Sandton Covention

Centre, dal 26 agosto al 4 settembre 2002 ha evidenziato solo di essere una

replica del Vertice sulla Terra.

Ci si domanda se il Vertice di Johannesburg ha rappresentato o meno un

passo avanti, passando dai concetti all’azione. L’Agenda 21, il piano

d’azione per lo sviluppo sostenibile adottato in occasione del Vertice della

Terra nel 1992, rimane uno straordinario quadro di lungo periodo e una

guida per migliorare la condizione del pianeta e le esistenze dei suoi abitanti.

Adottandola, i governi hanno riconosciuto che il perdurare delle attuali

politiche avrebbe aggravato il divario economico fra i Paesi ed all’interno di

essi, traducendosi in una accresciuta povertà e in un ulteriore deterioramento

degli ecosistemi. Ma i governi hanno concordato sul fatto che un’altra linea

di azione che potesse proteggere il pianeta e assicurare un futuro più

prospero, era possibile. "Nessun paese da solo può raggiungere questo

risultato," afferma nel suo preambolo l’Agenda 21, ma "tutti insieme

possiamo." L’Agenda 21 servirà come base per lo sviluppo di iniziative

concrete che producano risultati.

Il Vertice di Johannesburg ha cercato non soltanto un proseguimento del

Vertice della Terra di Rio; né, tantomeno, un seguito alla recente Conferenza

Internazionale sui Finanziamenti per lo Sviluppo di Monterrey. Il Vertice di

Johannesburg si è basato sui risultati raggiunti da entrambi, ma ha cercato al

tempo stesso di attuare gli obiettivi concordati in numerose conferenze —

inclusi quelli adottati dai leader mondiali in occasione del Vertice sul

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Millennio — nell’ambito dello sviluppo sostenibile, anche se le speranze

alimentate sono state tante ma i fatti concreti veramente pochi.

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Andriola L., Brunetti N., Caropresso G., Luciani R., Merelli A.:Il regolamento comunitario di ecogestione e audit: un’opportunità per le imprese – alcune azioni promozionali ENEA.

Collana “Rapporti Tecnici” del Dipartimento Ambiente dell’ENEA RT/AMB/1999/9

Andriola L., Manente M.: Turismo durevole e Sviluppo Sostenibile: il quadro di riferimento italiano Collana “Rapporti Tecnici” del Dipartimento Ambiente dell’ENEA RT/AMB/2000/5

Andriola L., Maida V.:Applicazione del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) alle strutture alberghiere – il caso studio del Jolly hotel delle Palme di Salerno. Collana “Rapporti Tecnici” del Dipartimento Ambiente dell’ENEA RT/AMB/2000/15

Andriola L., Seminara M.V.: Indicatori di prestazione ambientale nel settore dei servizi turistici – il caso studio di una catena internazionale.Collana “Rapporti Tecnici” del Dipartimento Ambiente dell’ENEA RT/AMB/2000/17

Andriola L.: Il nuovo Piano Nazionale di Sviluppo Sostenibile, IX Rapporto sul Turismo Italiano, Mercury s.r.l. Editore, 2000

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