La statistica, grazie anche allo sviluppo scientifico e ... · Web viewRoma, 2 aprile 2001 a....
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TURISMO & AMBIENTE
Analisi, strategie, strumenti, norme per un“TURISMO SOSTENIBILE”
Università degli studi di MessinaFacoltà di Economia
Corso di ECONOMIA E GESTIONE DEI SERVIZI TURISTICI
Indice pag. 2Mappa concettuale della tesi pag. 4Premessa pag. 5Cap. 1 Economia dell’ambiente generalea) L’ambientalismo pag. 10b) Boulding “la nave spaziale” pag. 10c) Le due scuole di pensiero pag. 10d) Il principio precauzionale pag. 11e) Il fallimento del mercato pag. 11f) Il fallimento dell’intervento pubblico pag. 12g) L’ambiente e il fisco pag. 12h) L’imposta ecologica pag. 13i) Il principio precauzionale pag. 13j) Principi di politica ambientale pag. 14m) Conclusioni pag. 14Cap. 2 Analisi dei fattori ambientali sul territorio2.1 Effetti dell’inquinamento atmosferico sul benessere e sulla salute dell’uomoa) Storia pag. 15b) Esposizione pag. 15c) Studi epidemiolocici pag. 16d) Studi tossicologici pag. 172.2 Monitoraggio della qualità dell’aria attraverso bioindicatori: licheni, epitefiti e funghi pag. 18a) Bioindicazione della qualità dell’aria pag. 19b) I licheni come bioindicatori pag. 21c) Area di studio pag. 24d) Rilevamento licheni pag. 24e) Misura dell’indice di purezza atmosf. pag. 26f) Proposta d’impiego de funghi come
Bioindicatori della qualità dell’aria pag. 26g) Protocollo oper. Sporobolomyces pag. 282.3 I fattori inquinanti (emissioni)a) I maggiori inquinanti dell’aria pag. 30 b) Periodo di campionamento pag. 31c) Alcuni valori della normativa vigente pag. 332.4 L’inquinamento da rifiuti solidi urabani (RSU)a) L’aumento incontrollato dei rifiuti pag. 40b) La questione rifiuti pag. 41c) La produzione dei rifiuti pag. 432.5 L’azione di Legambientea) Le iniziative di Legambiente pag. 45b) Assenza d’investimenti pag. 46c) Le proposte di Legambiente pag. 48d) Obiettivi del decreto Ronchi pag. 512.6 Le modifiche al decreto Ronchi pag. 54a) Decreti tecnici approvati pag. 56b) Decreti tecnici non approvati pag. 57c) Situazione leggi regionali pag. 58d) Situazione piani gestione rifiuti pag. 592.6Gli accordi di programma sul territorio pag. 622.7 Il CDR pag. 652.8 Il documento di Legambientea) Premessa pag. 68b) Campania pag. 72c) Calabria pag. 76d) Puglia pag. 82e) Sicilia pag. 85
5.7 Valutazione d’impatto ambientale pag. 155
Pag. 2
Cap. 3 Economia del turismo3.1 Sistema turistico in generale pag. 91a) Il turismo proprio pag. 92b) Il turismo improprio pag. 92c) L’escursionismo pag. 923.2 Articolazione dell’offerta turistica pag. 933.3 Riforma della legislazione nazionale sul turismo pag. 943.4 Il sistema turismo e ambiente nelle sue interazioni con i sistemi reali, concettuali e astrattia) Il sistema turistico pag. 127b) le evoluzioni del turismo negli ultimi decenni pag. 1283.5 Dati tendenziali della domanda turistica
pag. 1293.6 Evoluzione della domanda turistica pag. 130a) la domanda turistica pag. 131b) turismo, mostro o fattore di sviluppo? pag. 132c) Lo sviluppo dell’economia turistica pag. 132d) L’effetto macroeconomico ed equilibratore pag. 133e) L’effetto moltiplicatore
pag. 134 f) Il turismo Friendly pag. 134Cap.4 Analisi della domanda e dell’offerta turistica4.1 Lo sviluppo del turismo mondialea) Il turismo nell’economia globale
pag. 135b) La posizione dominante
pag. 1354.2 Il turismo in Italia pag. 136a) L’industria turistica italiana pag. 136b) l’offerta turistica italiana pag. 137c) L’evoluzione del turismo in Italia
pag. 138d) le dinamiche della domanda turistica pag. 139e) La distribuzione della domanda turistica pag. 1404.3 Il trend dei flussi turistici in Italia pag. 1414.4 Le valutazioni dell’OMT pag. 142a) La distribuzione dell’offerta turistica pag. 144b) La stagionalità pag. 144Cap 5 Il sistema turistico e ambientale nelle interazioni con i sistemi reali negativi e positivi5.1 Il sistema turistico ed il sistema ambientalea) Evoluzione positiva ambiente turismo pag. 145b) Alcuni effetti del turismo pag. 146c) Le prime conflittualità pag. 146d) il mercato turistico libero e le diseconomie pag. 147e) Il limite allo sviluppo turistico pag. 148f) Il declino turistico pag. 1495.2 Localizzazione di un’impresa turistica pag. 150a) fattori di attrazione pag. 150b) fattori di esclusione pag. 150c) fattori che determinano la scelta pag. 1505.3 L’antropizzazione, l’ambiente ed il turismo a) Attività turistica e ambiente pag. 151b) L’espansione spontanea degli abitanti pag. 151c) i possibili rimedi pag. 1525.4 I rapporti tra l’agricoltura e il turismoa) Binomio positivo pag. 153b) Binomio negativo pag. 1535.5 I rapporti tra turismo, industria e artigianato a) I conflitti pag. 154
5.8 Turismo ed ambiente Italiaa) Le esternalità negative e le diseconomiepag. 156b) Relazione tra turismo e ambiente pag. 158
c) I termini della pressione turistica e degli effetti ambientali in Italia pag. 159
d) La disponibilità idrica pro capite pag. 160e) Il divario nord sud positivo pag. 160f) la tutela del territorio pag. 161g) l’abusivismo edilizio pag. 161h) I mezzi di trasporto per il turismo pag. 162i) La depurazione delle acque reflue pag. 1625.8 Verso uno sviluppo equilibrato e sostenibilea) Limiti allo sviluppo pag. 163b) Concetto di sostenibilità turistica pag. 164c)Gli impegni internazionali e la carta
del turismo sostenibile pag. 164d) 1999 L’anno del turismo – l’agenda 21 pag. 165e) I codici di condotta e gli audit ambientali pag. 1665.9 La strategia dell’Unione Europea per
un turismo sostenibilea) Programma d’azione dell’UE pag. 166b) Le priorità pag. 167c) Le linee guida pag. 1685.10 Gli strumenti volontari di sostenibilità in Italia nel turismo per una politica di sviluppoa) La qualità ambientale e la certificazione
pag. 170b) Le certificazioni ambientali pag. 171c) La gestione ecocompatibile pag. 172d) Le regole pag. 173e) Verifica ambientale per i comuni pag. 173f) Il marchio di qualità pag. 1745.11 Jesolo per l’ambiente (caso pratico) pag. 1775.12 Gli accordi volontaria) Gli accordi volontari e agenda 21 locale
pag. 1815.13 La politica ambientale della catena Jolly Hotel pag. 1855.14 I consumi energetici nell’impresa turisticaa) indicatori di performance pag. 1875.15 La risorsa acqua nelle strutture ricettivea) Rinnovabilità della risorsa acqua pag. 193b) Il trattamento delle acque reflue pag. 1955.16 Risparmio energetico ed edilizia biologicaa) Il risparmio energetico e lo standard
dei servizi pag. 197b) la bioarchitettura pag. 1995.17 Energia e sviluppo sostenibile pag. 204a) esempi di consumi energetici nel
settore turistico pag. 205b) Opportunità pag. 210c) conclusioni pag. 2115.18 Gli strumenti di comunicazione ambientalea) L’impatto ambientale e le politiche
Aziendali pag. 212b) Scheda d’indagine statistica per
l’orientamento al turismo sostenibile pag. 2135.19 L’Italia e l’agenda 21 localea) Il quadro generale italiano pag. 2155.20 La comunità Europea, il Turismo e l’ambientea) la politica comunitaria
pag. 216
Pag. 3
5.21 Le deduzioni di legambiente per un turismo sostenibile e durevole pag. 217a) turismo e vacanza pag. 218b) L’industria del turismo oggi ed in prospettiva pag. 219c) Il turismo insostenibile pag. 220d) Strategie per un turismo sostenibile pag. 221e) codici etici di comportamento pag. 223f) Carta d’identità per i viaggi sostenibili pag. 223g) Codice globale di etica per il turismo pag. 224h) Un settore turismo – Legambiente pag. 225i) Un’esperienza già in corso: gli alberghi ecologici pag. 2265.22 Quale futuro per lo sviluppo sostenibile ?a) il Vertice di Johannesburg pag. 227Elenco allegati pag. 229Bibliografia pag. 230
Mappa concettuale dell’elaboratoMappa concettuale dell’elaborato
Pag. 4
P R E M E S S AP R E M E S S A
ECONOMIA DELL’AMBIENTE
Cap 1
ECONOMIA DEL TURISMO
Cap 3
ANALISI
FATTORI
AMBIENTALI
PRESENTI
SUL
TERRITORIO
Cap2
ANALISI
DELLA
DOMANDA
E DELLA
OFFERTA
TURISTICA
Cap. 4
IL SISTEMA
TURISMO E
AMBIENTALE
NELLE
INTERAZIONI
CON I
SISTEMI
REALI,
NEGATIVI
E
POSITIVI
Cap.5
PremessaL’Economia dell’ambiente è una scienza giovane legata alla complessità
dell’evoluzione storica, sociale, economica e culturale dell’ultimo secolo.
Non poche sono le difficoltà, che gli economisti hanno incontrato,
nell’analizzare i fenomeni economici-ambientali; dal punto di vista sociale
prevale il grande valore etico della difesa dell’ambiente, nel mentre il
contesto economico-produttivo, meno nobile ma altrettanto importante, fa
prevalere il rapporto costi benefici, legati anche all’uso dell’ambiente, che
si misura costantemente con il maggiore o minore benessere complessivo
della collettività.
I problemi maggiori sono rappresentati: - dall’analisi costo-benefici
dell’uso dell’ambiente, - dalla difficoltà dell’imputazione dei costi,
dall’attribuzione di un valore, certo o di mercato, all’ambiente, - dalla
difficoltà delle imprese di sostenere il totale del costo senza pregiudicare la
vita dell’impresa, - dal livello soggettivo di valutare il costo ed il beneficio
marginale, ecc...
Nell’economia tradizionale le aziende mirano a massimizzare i profitti,
considerando un “Beneficio Privato Marginale Netto (BPMN)” imputando
al prodotto il costo privato ed escludendo il costo sociale (ambientale); in
definitiva l’Ambiente, che pure ha una capacità d’assorbimento degli
“scarti o rifiuti” limitata nel tempo e nello spazio, come “bene limitato”
dovrebbe avere un costo ed un prezzo; in effetti, è considerato un bene
comune dove ognuno gode dei benefici e nessuno sopporta i costi
(“tragedia del bene comune” Hotelling), o meglio, in molti casi, si tende a
godere dei benefici presenti, demandando, la sopportazione dei costi, alle
generazioni future (sviluppo insostenibile). Di contro, già dal 1920,
l’economista Pigou enunciava “il principio del chi inquina paga PIP” ma
solo negli ultimi anni le direttive europee, e gli Stati facenti parte, hanno
mandato segnali in questa direzione.
Pag. 5
Secondo quanto riportato nel documento dal titolo "Progettiamo il futuro"
di Educazione Ambientale (supplemento a "Legambiente notizie), il
concetto di sviluppo sostenibile sintetizza un problema di grande
complessità. Le riflessioni intorno a questo nodo sono scaturite dalla
consapevolezza, emersa nel corso degli anni settanta, di una "sostanziale
contraddizione tra la crescita continua del prodotto lordo materiale dei
diversi paesi e la limitatezza delle risorse, nonché della capacità
dell'ambiente di assorbire i rifiuti e le emissioni inquinanti" (Bresso M.,
1995). In sede internazionale la prima sistematizzazione della materia risale
al rapporto redatto dall'UNEP nel 1987, conosciuto come "Rapporto
Brundtland" dal nome della sua coordinatrice (pubblicato in Italia con il
titolo "Il futuro di noi tutti"),
dove si afferma che per sviluppo sostenibile
si debba intendere quello sviluppo capace di
"assicurare il soddisfacimento dei bisogni
della generazione presente senza
compromettere la possibilità delle future
generazioni di soddisfare i propri bisogni”.
Il concetto di sviluppo sostenibile implica dei limiti, non limiti assoluti ma
quelli imposti dal presente stato dell'organizzazione tecnologica e sociale
nell'uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera di assorbire
gli effetti delle attività umane". Tale concetto presuppone la conservazione
dell'equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale, la ridefinizione
dei criteri e strumenti di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo
periodo in modo da rispecchiare le conseguenze ed il valore socio-
economico reale dei consumi e della conservazione del patrimonio naturale,
ed una distribuzione ed uso equi delle risorse tra tutti i paesi e le regioni del
mondo. A tale proposito la relazione Brundtland rileva che i paesi
sviluppati, che rappresentano solo il 26% della popolazione del pianeta,
sono responsabili dell'80% del totale dei consumi energetici, di acciaio, di
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CONCETTO DI
“SVILUPPO SOSTENIBILE”
altri metalli e di carta e di circa il 40% dei consumi alimentari.
Successivamente le definizioni di sviluppo sostenibile si sono moltiplicate:
nel 1991 se ne registravano ben 25. Un tentativo riportato da Andriola
nell'articolo "Il Nuovo Piano nazionale di Sviluppo Sostenibile" pubblicato
sul IX Rapporto sul Turismo Italiano di ridurre l'ambiguità che circonda
l'espressione di sviluppo sostenibile si è concretizzato attraverso
l'indicazione di principi e norme che definiscono la sostenibilità per
l'industria turistica. 1 concetti fondamentali della sostenibilità e
dell'impegno ambientale sono espressi già da alcuni anni in molti
documenti che delineano in maniera generale come il turismo possa essere
pianificato e svolto in modo tale da salvaguardare il patrimonio e le risorse
naturali per le generazioni future, come ad esempio: la Carta Etica dei
Turismo e dell'Ambiente approvata dall'AITR (Alliance Internationale de
Tourisme) presentata a Rio nel 1992, la Carta del Turismo Sostenibile
(Conferenza di Lanzarote, 1995), i documenti LTNEP di Manila e di Calvià
(1996), la Dichiarazione "Turismo durevole e sviluppo sostenibile" di
Berlino del 1997, ed infine l'Agenda 21, un ampio ed articolato
"Programma di Azione" per la Comunità internazionale, l'ONU, i Governi,
le ONG, redatto dalla Commissione Sviluppo Sostenibile delle Nazioni
Unite durante la conferenza di Rio (1999). A livello nazionale, vale la pena
di ricordare il documento "Turismo responsabile: Carta d'Identità per viaggi
sostenibili (AITR, Verona 1997), e La Carta di Rimini presentata alla
Conferenza Internazionale per il Turismo Sostenibile del 2001.
Il fenomeno turistico, per le sue peculiarità quantitative e qualitative, ha
bisogno di un approccio che si presenta complesso e non privo di difficoltà
sostanziali, le quali mettono in dubbio addirittura la sua stessa esistenza
come settore a se stante, problema recentemente affrontato anche dalla
legge n. 135 del 29.3.2001, poiché la pluralità e l’eterogeneità dei prodotti
turistici che lo compongono, prodotti che appartengono anche ad altri
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settori non turistici, rendono lo studio impegnativo e attento nell’analisi dei
fattori che lo determinano.
Rimane chiaro che un trattamento approfondito è necessario per essere
esaustivo, l’obiettivo che mi prefiggerò sarà di evidenziare il più possibile
spunti di riflessione su questo fenomeno tanto interessante quanto
affascinante, tanto complesso quanto utile allo sviluppo dei popoli,
soprattutto quelli in ritardo di sviluppo economico e sociale.
Il binomio turismo-ambiente sarà trattato, non solo nelle interrelazioni e
interdipendenze che lo caratterizzano, ma anche perché i consumatori
turistici sono per lo più consumatori di ambiente, il quale, in genere, è un
consumo sostenibile valorizzante dei beni ambientali; anche se spesso si è
rivelato il contrario, quando una politica di sviluppo non è stata
programmata o la programmazione non ha tenuto conto di tutte le variabili
endogene ed esogene di carattere economico, sociale ed ambientale.
L’impostazione della tesi è su una ricerca sull’economia dell’ambiente in
generale, degli effetti dell’inquinamento e degrado dell’ambiente
sull’economia, e quindi anche sul turismo, in particolare, attraverso
un’analisi degli strumenti di rilevazione, semplici e complessi, con esempi
pratici ed attuali di rilevazione; per passare ad una esposizione analitica
dell’economia del turismo con le sue interazioni con l’ambiente, reali,
concettuali, astratte.
Le ricerche sono arricchite da dati statistici attuali che sostanziano e
confortano le affermazioni.
Nell’analisi delle problematiche legate all’ambiente e trasversalmente al
turismo, particolare attenzione è data alla “questione rifiuti”, in
considerazione anche del fatto che le regioni in emergenza risultano proprio
quelle nel meridione che necessitano maggiormente di un ambiente
spendibile nel settore turismo.
Pag. 8
Infine, grande spazio è dedicato alla sostenibilità dell’economia turistica, in
tutti i suoi aspetti e contraddizioni, anche attraverso l’esposizione di tutta
una serie di norme, iniziative e documenti.
Particolare ringraziamento, per la mole di materiale di ricerca raccolto, va
fatto alla Legambiente, da sempre impegnata per un turismo sostenibile,
della quale il sottoscritto è esponente attivista da un decennio, ed al gruppo
di scuole, operanti nella Regione Calabria, nel progetto in rete
“Helianthus”, del quale il sottoscritto è un referente.
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Cap. 1
Le origini dell’Economia dell’Ambiente risalgono
agli anni sessanta attraverso una prima diffusione
di intuizioni politiche riunite sotto il nome di
ambientalismo nei paesi maggiormente sviluppati
o industrializzati.
Interessante, per avere una comprensione ed una visione complessiva della
problematica ambientale, è la tesi di Boulding (concetto della nave spaziale).
Boulding puntualizza l’importanza del “bilanciamento dei
materiali”, dove la terra va vista appunto come una nave
spaziale, quindi con dei limiti abbastanza circoscritti a:
- capacità assimilative dei rifiuti
- stock di risorse
costruendo così le basi per un passaggio da un’economia chiusa ad un’economia
aperta o estesa.
c) Le due scuole di pensiero:
1. TECNOCENTRICO: filosofia del libero mercato,
senza vincoli, con la convinzione che le tecnologie
rappresentano la migliore soluzione, tanto per la
produzione, che per la soluzione del problema ambientale;
2. ECOCENTRICO: salvaguardia delle risorse
finalizzato al non intaccamento del “capitale critico”.
Naturalmente vi sono le posizioni intermedie, ma appare
ovviamente chiaro che il problema va affrontato anche dal
punto di vista etico, e non solo economico;
il valore intrinseco dell’ambiente, il criterio della equità intragenerazionale ed
intergenerazionale per la quale va riconosciuto il diritto ad ereditare uno stock di
Pag. 10
a)
L’AMBIENTALISMO
b)BOULDING
LA NAVE SPAZIALE
TESI
ANTITESI
SINTESI
capitale naturale critico sufficiente ai bisogni delle generazioni future, il quale
rappresenta indiscutibilmente un dovere per le generazioni attuali.
A prescindere dal livello di sostenibilità ritenuto più o meno opportuno, va tenuta
in stretta considerazione la possibile irreversibilità
della ricostituzione del capitale naturale critico e
quindi deve valere il PRINCIPIO PRECAUZIONALE
al fine di assicurare il LIVELLO MINIMO DI
SICUREZZA.
Molti economisti sono convinti degli effetti equilibratori di un mercato libero senza
vincoli, ma se ciò può essere accettabile per alcuni casi, non lo è altrettanto quando
parliamo di ambiente,
che, come ho già citato non viene considerato un costo per
le imprese, le quali tendono a massimizzare i profitti
(beneficio privato marginale netto BPMN) raggiungendo un
equilibrio di mercato domanda-offerta-prezzo, sfruttando
senza limiti la risorsa ambiente, e senza considerare i costi
sociali (costo esterno marginale CEM) che ne derivano.
Mentre se tali costi fossero imputati alle imprese farebbero alzare il prezzo, con la
consequenziale diminuzione della domanda ed una riduzione della produzione a
livelli di miglior equilibrio a favore dell’ambiente.
0 Q a Qs Qm
Abbiamo visto come la mancanza di incentivi, per le singole aziende,
rappresenta un fallimento di un mercato, incapace di limitare il danno
ambientale e quindi la diminuzione di benessere della collettività.
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d)PRINCIPIO
PRECAUZIONALE
e)
IL FALLIMENTO
DEL MERCATO
BPMN CEM
COSTO
Quantità
Tuttavia pur se un intervento pubblico risulta
indispensabile per regolare il mercato, quando
quest’ultimo è consumatore di ambiente, non
sempre tale intervento risulta idoneo o nella giusta
direzione per la soluzione del problema; anzi in
alcuni casi è proprio l’intervento pubblico la causa
del problema.
Ciò risulta da politiche d’incentivazione d’infrastrutture turistiche e non, in aiuto
di economie in ritardo, senza una programmazione sostenibile degli interventi.
Un intervento pubblico con l’istituzione di imposte sull’ambiente è e può essere
un intervento valido e possibile in diversi modi, analizziamone alcuni:
Intervento diretto sul prezzo e sui costi:
mediante prelievo con imposte sui prodotti (tasse
di produzione), oppure sui processi che generano
la produzione (tassa di emissione);
Intervento indiretto sui prezzi e sui costi: con
incentivi creditizi e fiscali;
Con la commercializzazione dei diritti di emissione:
(permessi negoziabili) stabilita una quantità massima di inquinamento
possibile, vengono distribuite quote di permesso d’inquinamento, i quali
sono negoziabili secondo una serie di norme al fine di non creare devianze
sul mercato;
Obbligazioni di assicurazioni legate al risultato:
richiedono un versamento di un deposito di garanzia affinché le attività
svolte dall’impresa, al controllo risultino accettabili dal punto di vista
ambientale, in caso contrario i costi di bonifica vengono finanziati dal fondo
di deposito;
Lo sforzo dei governi è nella direzione di individuare imposte ecologiche, ed
hanno come obiettivo, non tanto quello di procurare introiti ma quello di
Pag. 12
f)IL FALLIMENTO
DELL’INTERVENTO
PUBBLICO
g)INTERVENTI
FISCALI E NON, PER L’USO
DELL’AMBIENT
scoraggiare l’inquinamento, comunque basate sulla stima del danno provocato
(imposta Pigouviana), in applicazione al PIP “principio del chi inquina paga”
(Pigou 1920).
Pigou mette in evidenza come un’imposta (o multa)
troppo bassa induce l’impresa a produrre un
quantitativo maggiore del limite stabilito, quindi
maggiore inquinamento, in quanto una maggiore
produzione copre i costi dell’imposta o multa e tende
a massimizzare dei profitti.
In ogni caso la maggiore difficoltà incontrata è quasi sempre la fissazione degli
standard ambientali alle quali fare riferimento per l’applicazione degli
interventi su indicati, che diano come risultato standard minimi di sicurezza.
Tali incertezze inducono i governi ad adottare
misure in riferimento al principio precauzionale,
in presenza delle seguenti situazioni:
Prova scientifica incompleta al fine di essere
approssimativamente nel giusto ma in tempo utile, piuttosto che esattamente
nel giusto ma troppo tardi;
Quando il danno all’ecosistema rischia di provocare
la perdita di funzioni e servizi di grande valore, cioè a sistemi di sostegno
alla vita.
L’onere di dimostrare il grado di tutela ed il
principio del “chi inquina paga” affinché gli oneri non cadano sulle vittime
potenziali.
Pag. 13
h)
L’IMPOSTA ECOLOGICAE LA TEORIA
DI PIGOU
i)PRINCIPIO
PRECAUZIONAL
Una politica ambientale credibile, oltre che al principio pigouviano del chi
inquina paga deve far propria tutta una serie di principi qui di seguito descritti:
PPP principio di prevenzione e precauzione che
riconosce l’esistenza dell’incertezza e quindi
prevede un margine di sicurezza (SMS standard
minimi di sicurezza);
PEC principio di efficienza economica/efficienza
dei costi attraverso una definizione di strumenti politici per raggiungerla;
PS principio di sussidiarietà : le decisioni
ambientali, a livello amministrativo, devono essere prese più in basso
possibile;
PEL principio dell’efficienza legale attraverso
norme di facile applicazione.
Dallo studio effettuato si sono evidenziati tutta una serie di strumenti ed
interventi per la riduzione dell’inquinamento che a prescindere dal pensiero
ecocentrico o tecnocentrico, deve essere considerato il costo sociale sopportato
dalla collettività mondiale e la messa in atto di tutte le forme di riduzioni di
inquinamento possibili:
Con tecnologie di riduzione alla fonte (a bassa
percentuale di scarto);
Con tecnologie di fine processo (oggi più in
uso, ma non molto efficienti)
La produzione e i consumi, nella quantità e nella qualità, vanno portati a livelli
sostenibili ed il Principio precauzionale deve essere una costante e non una
variabile, ogni attività che va in questa direzione va incentivata con tutti gli
strumenti e mezzi possibili.
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l)PRINCIPI DI POLITICA
AMBIENTALE
m)CONCLUSIONI
Cap. 2ANALISI FATTORI AMBIENTALI PRESENTI SUL TERRITORIO
2.1 EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO SUL
BENESSERE E SULLA SALUTE DELL’UOMO1
a) Storia
L’inquinamento dell’aria è un fenomeno antico quanto la storia dei combustibili.
La prima citazione risale al 361 a.C. da parte di Teofrasto. Ma la prima pena
documentata inflitta per la violazione di una legge contro l’inquinamento
atmosferico risale al 1306. A causa, infatti, della crescente preoccupazione della
popolazione, fu firmato in quell’anno un editto reale che proibiva l’uso del
carbone a Londra. Il proprietario di un’industria disobbedì a questo editto e fu
processato e condannato a morte per decapitazione. Da allora furono fatti
periodicamente dei tentativi per proibire l’uso del carbone a Londra, ma, tutto
sommato, la gente si rassegnò all’idea che l’aria inquinata fosse una componente
"normale" della vita urbana.Studi più approfonditi sugli effetti
dell’inquinamento dell’aria sulla salute umana sono stati fatti a partire dalla
prima metà di questo secolo in seguito ad incrementi della mortalità e delle
malattie respiratorie e cardio-circolatorie, conseguenti all’esposizione della
popolazione ad elevati livelli di inquinanti dell’aria.
b) Esposizione
L’esposizione si inserisce in un "continuum" di eventi: la diffusione e le
trasformazioni degli inquinanti, il loro accumulo nell’ambiente, l’esposizione, la
dose interna, la dose biologicamente efficace, i primi segnali di alterazione
biologica, l’effetto sanitario.Il tempo di esposizione e’ un parametro
estremamente importante nel determinare l’effetto, che può essere acuto o
cronico.
Note: 1 progetto Helianthus - M.I.U.R. Dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione per le relazioni
internazionali
Pag. 15
Gli effetti acuti sono spesso reversibili e risultano di meno immediata percezione
di uno stato conclamato di malattia: alterazioni dei parametri fisiologici,
alterazioni cellulari, alterazioni enzimatiche e genetiche. Altri invece sono dei
veri e propri effetti sanitari a carico di organi specifici (apparato respiratorio,
cardiovascolare, riproduttivo, nervoso).
Gli effetti cronici sono la bronchite cronica, l’enfisema, l’asma bronchiale, le
patologie cardiovascolari. Il cancro e’ una patologia correlata a fattori genetici e
al fumo di sigaretta oltre che all’inquinamento atmosferico, per questo gli autori
sono ancora in disaccordo nell’individuare decisamente una correlazione tra il
cancro polmonare e i livelli di inquinamento atmosferico. L’esposizione può
avvenire per inalazione o per ingestione dei composti tossici che, per
deposizione al suolo e assorbimento da parte delle piante e degli animali,
penetrano nella catena alimentare, della quale l’uomo si trova nella parte
terminale. La popolazione reagisce secondo una distribuzione gaussiana nei
riguardi degli inquinanti dell’aria. Per un certo livello di esposizione, si
osservano quindi delle sottopopolazioni a rischio maggiore, in quanto più
sensibili per una serie di fattori diversi quali le caratteristiche genetiche, l’età, lo
stato di gravidanza, malattie preesistenti, lo stile di vita, il livello di attività fisica
e lo stato nutrizionale; in altre non si osserva alcun effetto indesiderato, quindi a
rischio nullo, e, nel mezzo di questi due insiemi, si trovano sottopopolazioni che
manifestano tutte le varie gradazioni dell’effetto in questione.
c) Studi epidemiologici
1) Inquinamento atmosferico di tipo riducente: brusco e notevole incremento
della morbosità e mortalità per affezioni dell’apparato respiratorio e circolatorio,
soprattutto nei soggetti di età avanzata, dovuto alle esposizioni acute a livelli
insolitamente elevati d’inquinamento in occasione di avverse condizioni
meteorologiche durante le inversioni termiche della durata di parecchi giorni che
hanno impedito la dispersione degli inquinanti con aumento, in particolare, delle
concentrazioni della polvere sospesa e degli ossidi di zolfo.
Numerosi studi a Londra, Milano, Canada e Stati Uniti hanno dimostrato una
Pag. 16
correlazione fra bronchite cronica, enfisema ed entità dell’inquinamento, con un
aumento della mortalità e con l’aggravarsi della sintomatologia per pazienti di
età media o avanzata.Concentrazione media giornaliera di SO maggiore di 0,16
ppm e di polvere sospesa maggiore di 0,5 mg/m3 : aumento di mortalità nella
popolazione .Concentrazione media annuale di SO maggiore di 0,03 ppm e di
polvere sospesa di 0,1 mg/m3 : aumento della mortalità per bronchite cronica ed
enfisema e nei bambini un aumento delle affezioni a carico dell’apparato
respiratorio.
2) Inquinamento atmosferico di tipo ossidante: irritazione oculare e crisi
d’asma.Ad elevate concentrazioni di NO2 (maggiore di 0,1ppm) si e’ osservata
una maggiore frequenza di malattie acute dell’apparato respiratorio.
d) Studi tossicologici
1) Ossido di carbonio: compete con l’ossigeno nei confronti dell’emoglobina e
riduce la dissociabilità dell’ossiemoglobina.
Concentrazioni di carbossiemoglobina ematica superiori al 5% interferiscono
con certe funzioni integrative del sistema nervoso centrale e aumentano il
numero di errori in varie prove psicomotorie.
2) Piombo: i livelli di piombo trovati nelle urine e nel sangue degli abitanti delle
città sono notevolmente inferiori a quelli associati con il classico avvelenamento
da piombo, ciò può significare che il piombo viene preferibilmente ingerito con
il cibo o l’assunzione di acqua inquinata. I livelli di piombo inalati sono
piuttosto bassi. Ciò nonostante recenti indagini fanno ritenere che tali
concentrazioni possano ridurre la eritropoiesi. In conclusione si accenna
velocemente agli effetti sulle piante: SO e NO2 determinano un effetto acuto
caratterizzato da necrosi fogliare di colore avorio o bruno-rossastro, a seconda
delle specie, che compare tipicamente tra le nervature e ne riduce la crescita.
2.2 Monitoraggio della qualità dell’aria attraverso
bioindicatori: licheni epifiti e funghi
Pag. 17
L'inquinamento dell'aria è definito, correntemente, in termini di concentrazioni
atmosferiche di sostanze che possono determinare alterazioni all'ambiente ed
influire negativamente sulla salute degli esseri viventi.
Per alcune di queste sostanze sono stabiliti per legge livelli soglia, utilizzando
criteri che variano da paese a paese e normalmente il criterio più utilizzato è il
danno alla salute umana.
La quantificazione dei livelli di inquinamento si basa di solito sul numero di
sostanze inquinanti che in una data area superano i livelli soglia stabiliti per
legge.
Gli elevati costi delle centraline di rilevamento necessarie per effettuare il
monitoraggio diretto costituiscono, tuttavia, un limite importantissimo al numero
di misure effettuabili, e per questo motivo i dati delle reti di rilevamento
strumentale spesso hanno uno scarso significato statistico, nonostante la
precisione di ogni singola misura.
Infine bisogna ricordare che ci sono anche altri fattori, oltre alla "quantità"
d'inquinante, che giocano un ruolo fondamentale nel fenomeno polluttivo e che
non sono rilevabili dalle centraline, come i tempi di persistenza in atmosfera,
fenomeni di accumulo e di rimozione, la geomorfologia del territorio, le
componenti meteorologiche.
La qualità dell'aria è quindi ben definita nell'area di dislocazione della centralina,
che fornisce dati significativi per quel determinato periodo di campionamento;
poche informazioni sono invece disponibili sui fenomeni cronici d'inquinamento
e per ampie zone di territorio. Non si possono inoltre evidenziare gli effetti che i
gas hanno sulla salute dell'uomo e degli altri esseri viventi. Per tutti questi
motivi diventa indispensabile dotarsi di metodi di ricerca integrativi, quali le
tecniche di biomonitoraggio, che forniscano ulteriori indicazioni, utilizzando
specifici organismi viventi come gli indicatori biologici, o bioindicatori.
I licheni epifiti si sono dimostrati particolarmente adatti al ruolo di bioindicatori
e vengono utilizzati anche nel presente studio, per valutare la qualità dell’aria
con il sistema di rilevamento delle centraline.
Pag. 18
L'acquisizione di conoscenze ambientali integrate permette di avere un quadro
generale della situazione del territorio consentendo di sviluppare strategie di
sviluppo economico con un impatto ambientale prevedibile e compatibile con la
realtà territoriale. La presente ricerca ha lo scopo di fornire uno strumento
idoneo al perseguimento di queste finalità.
a) Bioindicazione della qualità dell’aria
La legislazione italiana nel D.P.R. n.322 del 15/4/71 definisce l'inquinamento
come "stato dell'aria atmosferica conseguente all'immissione nella stessa di
sostanze di qualsiasi natura, in misura e condizioni tali da alterare la salubrità
dell'aria e da costituire pregiudizio diretto o indiretto per la salute dei cittadini e
danno ai beni pubblici e privati". L'alterazione della salubrità è strettamente
legata alla conoscenza della composizione dell'aria pura o presunta tale, ed è
generalmente presa a riferimento la composizione dell'aria secca campionata
presso il mare (Howard e Hesket, 1972).
La normale composizione dell'aria può essere alterata da fenomeni naturali di
una certa rilevanza, come attività vulcaniche e geotermiche, incendi boschivi od
anche il metabolismo e la decomposizione vegetale ed animale (Grossman,
1972). A queste situazioni naturali si devono aggiungere le alterazioni create da
fonti antropiche. L'inquinamento da parte di sorgenti fisse è dovuto agli
insediamenti civili e produttivi (centrali termoelettriche, centrali termiche civili
e commerciali, raffinerie, impianti di riscaldamento, emissioni industriali, ecc.) e
spesso si concentra in aree ristrette, in cui talvolta, anche a causa di barriere
morfologiche o di origine antropica, si assiste a fenomeni d'accumulo favoriti da
particolari condizioni meteorologiche. Le sorgenti mobili di sostanze nocive
sono invece costituite dagli scarichi di automobili, autocarri, autobus, aerei, navi,
treni, che trasformano reti viarie e rotte in fonti lineari d'inquinamento.
II monitoraggio dell'inquinamento mediante l'uso di organismi viventi prende il
nome di biomonitoraggio e si basa sulle variazioni ecologiche indotte
dall'inquinamento sull'ambiente.
Tali variazioni si manifestano in modo più o meno evidente a tre diversi livelli:
- accumulo delle sostanze inquinanti negli organismi;
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- modificazioni morfologiche o strutturali degli organismi;
- modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali.
Di conseguenza un organismo può essere considerato un buon bioindicatore se
presenta reazioni identificabili a differenti concentrazioni di determinati
inquinanti.
Un buon bioindicatore dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
- sensibilità nota a determinati inquinanti;
- ampia distribuzione nell'area di indagine;
- scarsa mobilità;
- lungo ciclo vitale;
- uniformità genetica.
Un bioindicatore diventa ottimale quando è in grado di fornire una relazione
quantitativa, cioè misurabile, tra risposta biologica e concentrazioni di
inquinante. Un'informazione migliore della misura delle modificazioni
ambientali si può ottenere se, nell'ambito della stessa ricerca, sono studiati più
organismi bioindicatori, ciascuno con differenti soglie di sensibilità.
L'index of atmosferic purity (I.A.P.), proposto da De Sloover (1964), fornisce
una valutazione quantitativa del livello di inquinamento atmosferico basandosi
sul numero, la frequenza e la tolleranza delle specie licheniche presenti nell'area
considerata. Sono state studiate molte varianti di questa formula, le quali davano
un'importanza diversa alle variabili considerate. Sottoponendo a test di
regressione multipla lineare i dati diretti, ottenuti da centraline automatiche, e i
dati I .A. P. corrispondenti, è emerso che la formula I.A.P., che ha presentato la
correlazione massima con i dati diretti di inquinamento, è una delle formule più
semplici. Questa si limita a sommare semplicemente le frequenze di tutte le
specie presenti entro un reticolo di rilevamento composto di 10 unità. Questo
metodo permette di predire i tassi di inquinamento da determinate sostanze con
una certezza pari al 98% e risulta quindi molto interessante per l'alta
produttività, per la relativa facilità di esecuzione, per la bassa soggettività e l'alta
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riproducibilità dei dati.
Oltre ai licheni vi sono altri esempi già collaudati di organismi bioindicatori,
come i protozoi ciliati, per la valutazione dell'efficienza depurativa negli
impianti di depurazione (Chierici e Madoni, 1991 ); le api, il cui censimento
permette una correlazione con il grado di tossicità dei pesticidi (Celli e Porrini,
1991 ) e tra i vegetali la Nicotiana tabacum, che è un buon indicatore per l'ozono
(Lorenzini et al., 1988).
b) I licheni come bioindicatori
Nei licheni, le ife fungine e le alghe inferiori formano un'associazione che
costituisce un'unità morfologica e fisiologica. Le alghe che entrano a fare parte
dei licheni sono unicellulari o filamentose ed appartenenti alle classi delle
Cyanophyceae (per es. Chroococcus, Gloeocapsa, Scytonema, Nostoc) o delle
Chlorophyceae (per es. Coccomyxa, Cystococcus, Trebouxya, Chlorella). I
funghi delle simbiosi licheniche sono quasi tutti Ascomiceti (Helotiales o più
raramente Sphaeriales); in pochissimi casi si tratta di Basidiomiceti. Dal punto di
vista morfologico la forma dei licheni dipende in alcuni casi dalla struttura
dell'alga, ma per lo più da quella del fungo.
I licheni, in particolare gli epifiti, sono organismi molto sensibili alle variazioni
delle condizioni ambientali e per questo motivo possono fornire informazioni
utili sulla qualità dell'ambiente.
II decremento del tasso di umidità atmosferica, correlabile anche all'attingimento
intensivo delle acque sotterranee ed ai fenomeni di deforestazione, ha provocato
la diminuzione o la scomparsa di alcune specie licheniche in Europa. Ancora più
decisivo è stato l'aumento del fenomeno relativo all'inquinamento atmosferico,
in particolare quello a carico dell'anidride solforosa. Questa sostanza riduce
l'attività fotosintetica dell'alga, portandola a morte e determinando la
conseguente morte del lichene.
I primi studi sulla sensibilità dei licheni sono stati effettuati verso la metà del
secolo scorso in Gran Bretagna ed a Parigi (Nylander, 1 866), ma non si sono
successivamente sviluppati fino a quando, ai giorni nostri, le ricerche
sull'inquinamento atmosferico non hanno fornito dati diretti; solo a questo punto
Pag. 21
è stato possibile ipotizzare le correlazioni tra inquinamento e licheni.
Le peculiarità che fanno assurgere il lichene al ruolo di buon indicatore sono:
alta capacità di assorbimento di sostanze atmosferiche, dovuta alla caratteristica
di operare gli scambi gassosi giorno e notte, con tutta la superficie del suo
organismo. Si ha così un processo di continuo accumulo dei contaminanti
persistenti in atmosfera;
resistenza allo stress idrico e termico. La resistenza a basse temperature consente
il protrarsi dell'attività metabolica anche in inverno, allorquando I'inquinamento
raggiunge, di solito, valori più importanti. In condizioni di bassi livelli di
umidità atmosferica i licheni diminuiscono la loro attività metabolica
aumentando la resistenza agli inquinanti;
impossibilità di potersi liberare delle porzioni vecchie o intossicate del tallo
lichenico, come invece avviene nelle piante superiori;
sensibilità diversa agli inquinanti. Le varie specie rispondono in maniera diversa
ai vari inquinanti: si cita ad esempio la scomparsa dalla Gran Bretagna e dalla
Scandinavia di Lobaria pulmonaria in conseguenza delle precipitazioni acide. A
tale proposito l'utilizzo dei licheni quali bioindicatori ha trovato applicazione su
vastissime aree già nel 1970 in Gran Bretagna, quando fu eseguita la mappa della
qualità dell'aria per l'intera isola (Hawksworth e Rose, 1970).
Gli adeguamenti morfologici, strutturali e fisiologici del lichene nei confronti
delle alterazioni ambientali sono di vario tipo e gradualità in funzione del
presunto inquinante.
L'anidride solforosa (S02) è il principale inquinante che interessa i licheni su
larga scala, in quanto ne danneggia la clorofilla. Alcuni autori sostengono che
l'aumento della tossicità dell'SO2 a valori di pH compresi tra 3,2 e 4,4
(determinati per esempio dalle piogge acide) è associato con la distruzione della
clorofilla a causa di un processo irreversibile di ossidazione (Richardson e
Puckett, 1973). La stessa risposta si ha per effetto dei metalli: è il caso del
piombo per i licheni raccolti nelle vicinanze di reti viarie, in particolare in
Parmelia caperata (Dervelle e Petit, 1983). Si è dimostrata, infatti, un’alterazione
della permeabilità della membrana in licheni contaminati da piombo,
Pag. 22
sottolineando l'effetto sinergico di tale metallo con lo zinco, l'ozono, l'S02. Le
particelle dei metalli pesanti sono immobilizzate nel partner fungino e non
contaminano il simbionte algale, se non quando la concentrazione degli elementi
diventa molto alta; perciò la diminuzione dell'attività fotosintetica segnala un
livello di contaminazione molto elevato (Nieboer e al., 1979).Attualmente sono
disponibili delle "scale di tolleranza" delle specie licheniche nei confronti della
concentrazione media atmosferica di anidride solforosa, che permettono di
stimare il grado di inquinamento a partire dalla composizione della flora
lichenica.
Fenomeni di scolorimento del lichene e distacco dalla superficie della corteccia
denotano cattive condizioni del lichene. Queste sono situazioni che si ritrovano
nelle vicinanze delle fonti inquinanti. Un'altra risposta alle alterazioni ambientali
è data dalla riduzione di fertilità delI'organismo.
Vari autori hanno infatti dimostrato che la fertilità dei licheni diminuisce in
funzione del tempo di esposizione e della vicinanza alla fonte inquinante. Tale
diminuzione si esplica nella riduzione della larghezza degli apoteci e nella loro
rarefazione.
I mutamenti più importanti ai fini della valutazione effettiva della qualità
dell'aria, che hanno un riscontro facilmente visibile nell'analisi di campo, sono
quelli relativi alla riduzione del numero di specie licheniche nel tempo e nello
spazio e alle alterazioni delle comunità licheniche stesse. Coppins e Lambley
(1974), studiando la vegetazione lichenica del Suffolk, una contea inglese,
notarono che nel 1972 erano rimaste soltanto 67 delle129 specie segnalate nel
1912. Lavori simili sono stati condotti da altri autori in varie città ed hanno
confermato che il numero di specie diminuisce con I'incremento
dell'inquinamento e si assiste viceversa, nel tempo, ad eventuali recuperi nella
densità di licheni, laddove le condizioni di inquinamento atmosferico migliorino.
I licheni presentano quindi tutte le caratteristiche dí un buon bioindicatore,
poiché rispondono con variazioni identificabili del proprio stato a determinati
livelli di sostanze inquinanti.
Pag. 23
c) Area di studio e indicazione delle stazioni di rilevamento per la
bioindicazione
L’area interessata dalla ricerca deve comprendere un territorio di una certa
estensione.
Le stazioni devono essere individuate in modo da coprire adeguatamente l’intero
territorio, ad eccezione di zone in cui non sono presenti le specie arboree idonee
per i rilevamenti. Una rete di campionamento più fitta deve essere adottata in
prossimità delle più importanti fonti di inquinamento.
AI termine della fase di rilevamento biologico il numero totale di stazioni
campionate deve essere tale per cui si abbia una densità media di una stazione
per 0,1 Km.
d) Rilevamento dei licheni
II rilevamento deve essere effettuato registrando la presenza dei licheni sulla
corteccia di alcune specie arboree: Tiglio, Roverella, Cerro, Castagno, Leccio.
Gli alberi devono essere ulteriormente selezionati in base alla presenza dei
seguenti requisiti relativi al tronco:
- circonferenza superiore a 70 cm,
- inclinazione inferiore a 35° (come scostamento dalla verticale),
- corteccia con caratteristiche chimico-fisiche omogenee,
- assenza di fenomeni di disturbo (verniciature, crescite di rampicanti,
fessurazioni marcate della corteccia, abbondante sviluppo di muschi, ecc.),
- buona esposizione alla luce solare.
Di norma in ciascuna stazione saranno fatti i rilevamenti su tre alberi,
scegliendo, quando possibile, quelli con frequenza lichenica più elevata. Quando
si troveranno stazioni con almeno tre alberi, il rilevamento sarà ritenuto
comunque rappresentativo, nel caso in cui la composizione lichenica non si
discosti troppo da quella delle stazioni più vicine.
Pag. 24
La frequenza lichenica viene determinata utilizzando un opportuno reticolo di
campionamento, formato da dieci rettangoli uguali tra loro, di dimensioni 10x15
cm, disposti in due colonne parallele di 5 rettangoli per ciascuna. Tale reticolo è
appoggiato sul tronco dell'albero, ad una altezza da terra non inferiore a 120 cm,
nel punto in cui la densità lichenica è massima.
Durante il rilevamento sarà compilata una scheda per ciascun albero, in cui
saranno riportati i seguenti dati:
- data del prelievo,
- codice della stazione,
- sua ubicazione,
- caratteristiche del sito (esposizione, intensità del traffico autoveicolare,
presenza nelle vicinanze di possibili fonti di inquinamento);
- caratteristiche dell'albero: specie, circonferenza del tronco, altezza, distanza da
terra del bordo inferiore del reticolo e suo orientamento;
- elenco delle specie licheniche presenti all'interno del reticolo, ciascuna
abbinata ad una sigla (in cui compare anche il codice della stazione e dell'albero)
ed al numero corrispondente alla frequenza rilevata;
- nome di altre specie presenti sulla corteccia, ma esterne al reticolo;
annotazioni varie.
e) Misura dell'indice di purezza atmosferica
La frequenza di ciascuna specie lichenica presente all'interno del reticolo è
ricavata contando il numero totale di rettangoli in cui ciascuna specie è presente
ed il valore così ottenuto corrisponde all'Indice di Purezza Atmosferica (I.A.P.)
della specie, relativamente a quell'albero (De Sloover, 1964). Lo I.A.P. di una
specie può variare fino ad un valore massimo di 10 (presenza in tutti i quadranti
del reticolo). L'indice I.A.P. totale per un albero è la somma delle frequenze di
tutte le specie presenti nel reticolo di campionamento. L'indice I.A.P totale per
una stazione è il valore massimo trovato per i tre alberi considerati per quella
stazione; maggiore è questo valore, migliore è la qualità dell'aria in prossimità
dell’area di rilevamento. I valori di I.A.P. abbinati alle coordinate geografiche di
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ciascuna stazione saranno, successivamente, inserirli in un adeguato software di
cartografia computerizzata, che trasforma i singoli dati discreti in un modello
distribuzionale continuo.
f) Proposte di impiego dei funghi come bioindicatori della qualità dell'aria
Mentre le ricerche volte a dimostrare la sensibilità dei funghi a vari tipi di
inquinanti atmosferici sono ormai piuttosto numerose, ancora poche e timide
sono le proposte di impiego concreto di questi organismi nella biondicazione.
Nel nord Europa, molte indagini sulla qualità dell’aria sono state condotte
impiegando lieviti della famiglia delle Sporobolomycetaceae (Dowding &
Peacock, 1993). Essi sono infatti sensibili all’inquinamento dell’aria urbano e
industriale e, soprattutto, a SO2 ( Richardson et al., 1985; Dowding & Peacock,
1993 ). La loro risposta è rapida, inferiore a 6 ore, il metodo per contarli è
pratico ed economico e la loro presenza numerica sul filloplano sembra essere
negativamente correlata con la media delle concentrazioni di SO2 nei 2-5 giorni
precedenti, in un intervallo da 0 a 30 mg/m3 di aria.Infatti la foglia è una
superficie direttamente e continuamente esposta all’azione degli inquinanti
atmosferici e così i microrganismi residenti su di esse. Un buon numero di
ricerche ha messo in evidenza che i funghi filloplanici sono sensibili agli
inquinanti e in modo particolare i lieviti e tra questi, i più sensibili appartengono
alla famiglia delle Sporobolomycetaceae.Ricerche in campo dimostrano che la
carica di Sporobolomyces roseus su foglie di fraxinus excelsior prelevate in città
è notevolmente inferiore rispetto a quella riscontrata su foglie raccolte in aperta
campagna, soprattutto quando su foglie di città sono presenti elevate quantità di
piombo, come è stato dimostrato su piante di Acer pseudoplatanus.
Particolarmente adatto per essere usato come bioindicatore è lo Sporobolomyces
roseus, un fungo lievitiforme appartenente sempre alla famiglia delle
Sporobolomycetaceae.
Le Sporobolomycetaces presentano speciali balistospore vegetative che hanno
origine all’estremità degli sterigmi, in posizione obliqua; esse vengono lanciate
lontano per mezzo di uno speciale meccanismo; non vi sono basidi ma cellule
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omologhe e le cellule gemmanti ricordano le blastospore dei lieviti.Una ricerca
portata avanti da alcuni giapponesi, attraverso il metodo della caduta delle
ballistospore, una vecchia tecnica segnalata da Derx nel 1930 ed ancora
impiegata come un buon metodo per l’isolamento selettivo dei lieviti
ballistosporous, ha messo in evidenza come lo sviluppo delle colonie ben note di
Sporobolomyces roseus, Sporobolomyces salmonicor e altre avviene in
brevissimo tempo e a temperature di 25 °C a scapito dello sviluppo di altre
specie fungine presenti sul filloplano e che richiedono tempi di sviluppo più
lunghi, caratteristiche queste non compatibili con quanto richiesto ad un
bioindicatore a risposta rapida.Una classificazione moderna colloca le
Sporomycetales tra i funghi imperfetti meglio denominati Deuteromycota poiché
i membri di questo gruppo difettano di una fase sessuale.
La maggior parte dei Deuteromyceti ha un micelio ben sviluppato con i
conidiofori distinti alcuni però hanno un tallo unicellulare.
Al gruppo dei Deuteromyceti appartengono i Blastomiceti, i Criptococcali, i
Criptococcali ecc. e tra gli altri gli Sporobolomyces con tallo unicellulare e le
caratteristiche balistospore precedentemente citate.
g) Protocollo operativo per il monitoraggio tramite Sporobolomyces
Individuazione delle stazioni:
Gli ambienti in cui operare il prelievo devono essere scelti in stazioni adatte a
fornire indicazioni sulle varie tipologie ambientali. Cioè luoghi dalle
caratteristiche molto diverse tra loro.
Campionamento:
Prelevare alcune foglie di piante su cui si presume siano presenti le specie di
Sporobolomyces; per il prelievo sono necessari guanti, forbici, grandi buste
sterili in cui riporre le foglie e in cui è preferibile scrivere il luogo del prelievo.
È importante recarsi il più rapidamente possibile nel luogo in cui procedere alla
semina; in caso che ciò non fosse possibile, è necessario porre le buste in
frigorifero.
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Preparazione dei campioni:
In laboratorio si dovrebbe avere a portata di mano, possibilmente per ogni
gruppo impegnato nella preparazione dei campioni, un becco Bunsen, un becker
contenente paraffina, le capsule Petri contenenti malt agar, una fustellatrice.
Semina:
Si riscalda la paraffina sino al suo punto di fusione, con la fustellatrice si fanno
dischetti di foglie che devono essere prelevate con delle pinzette e posti sul lato
interno della capsula Petri;
l’ancoraggio del lembo fogliare alla superficie della capsula è assicurato da una
goccia di paraffina. La lamina superiore della foglia deve essere rivolta verso il
terreno di coltura, in modo che le spore eventualmente presenti possano cadere
sul terreno di coltura. È necessario lavorare a finestre chiuse, lasciando le
capsule aperte il minor tempo possibile.
Incubazione:
Le capsule devono essere incubate per 24 ore a 25 °C non capovolte. Il giorno
successivo bisogna capovolgerle per mantenere un sufficiente tasso di umidità
nel terreno di coltura.
Lettura:
Dopo 4 giorni si possono leggere i risultati, contando il numero di colonie col
contacolonie; è importante non superare i 4 giorni per la lettura in quanto
altrimenti le colonie tendono a convergere e i risultati divengono illeggibili.
È bene fare diversi prelievi in un mese facendo, per ogni mese, la media
aritmetica.
Conclusioni:
II problema principale posto dall'utilizzo di bioindicatori o bioaccumulatori
deriva dal fatto che gli organismi viventi sono influenzati da un grande numero
di parametri ambientali, e che l'inquinamento è soltanto uno di questi. Per questo
motivo, è spesso difficile standardizzare le procedure di campionamento. Un
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altro problema è che la maggior parte dei bioindicatori non può venire utilizzato
come "monitor": è infatti difficile trovare organismi che presentino una risposta
di tipo lineare a concentrazioni crescenti di un singolo inquinante. D'altro lato, il
fatto che gli organismi possono rivelare gli effetti sinergici di più inquinanti può
venire considerato come un vantaggio, dal momento che questo tipo di
informazione è preziosissimo per sviluppare degli standard di qualità dell'aria.
Uno dei vantaggi principali delle tecniche di biomonitoraggio è dato dai loro
costi relativamente bassi. Questo permette di adottare delle strategie di
campionamento basate su un'alta densità spaziale di misura, il che aumenta
notevolmente la qualità dei dati ottenuti. II grado di errore intrinseco al dato
biologico è allora ampiamente compensato dall'alta densità delle stazioni di
rilevamento, il che permette di redigere carte della qualità dell'aria o delle acque
di notevole dettaglio, che non sarebbe stato possibile ottenere sulla base di un
rilevamento strumentale con poche stazioni. L'uso di bioindicatori e
bioaccumulatori non deve comunque venire considerato come alternativo al
monitoraggio strumentale. Uno dei problemi principali del monitoraggio
strumentale è I'ottimizzazione della dislocazione spaziale dei pochi strumenti di
misura disponibili. Uno studio di biomonitoraggio preliminare sia tramite i
licheni attraverso i quali si è in grado di valutare gli effetti di una esposizione a
lungo termine, sia tramite alcuni funghi che forniscono informazioni riguardanti
il corso degli ultimi giorni, può permettere di individuare rapidamente e a costi
moderati delle "aree a rischio" in cui posizionare le centraline per il
monitoraggio diretto. Un approccio integrato, dove bioindicatori,
bioaccumulatori e centraline vengano usati congiuntamente, sembra essere la
soluzione più razionale al problema del monitoraggio dell'inquinamento dell'aria.
2.3 I fattori inquinanti (emissioni)
a) I maggiori inquinanti dell’aria
I parametri più importanti per valutare la qualità dell’aria sono:
il monossido di carbonio(CO);
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i composti organici volatili (idrocarburi);
gli ossidi di azoto (NOX);
gli ossidi di zolfo (SO2);
le particelle sospese nell’aria (particolato): tutti inquinanti dovuti ai processi di
combustione (autoveicoli, centrali termiche, industrie, ecc…).
La misura di ossidi di azoto e di idrocarburi consente anche di ricavare
informazioni sullo smog fotochimico che si forma in presenza di radiazioni
solari; la misura dell’ozono (O3), che è il prodotto quantitativamente più
abbondante di questo fenomeno, ci aiuta a valutare tale tipo d'inquinamento.
b) Periodo di campionamento e significatività dei dati
Lo scopo di un sistema di monitoraggio è quello di ricostruire in maniera
realistica lo stato dell’inquinamento in una certa area e per un certo periodo.
L’inquinamento atmosferico cambia nel tempo nello spazio sia a causa delle
diverse sorgenti di emissione sia per le diverse condizioni metereologiche. Un
elemento che spesso complica la confrontabilità dei dati rilevati è la disponibilità
dei risultati acquisiti in campagne di diversa durata. L’uso di differenti tempi di
campionamento è una necessità per “catturare” in maniera esauriente la qualità
dell’aria ( la normativa prescrive diversi tempi di campionamento per i diversi
inquinanti).
Il laboratorio mobile per il controllo della qualità dell’aria è uno strumento che
consente di effettuare misurazioni, in continuo, sia degli inquinanti presenti
nell’atmosfera (misura delle immissioni) che di quelli presenti nei fumi che
fuoriescono dagli scarichi derivanti da attività produttive in genere.
Le funzioni della stazione mobile sono controllate da un personal computer
installato a bordo della stessa che provvede a gestire il funzionamento dei vari
analizzatori, sia durante le normali operazioni di acquisizione dati sia durante le
operazioni di calibrazione e archiviazione dei dati su supporto magnetico.
Pag. 30
Il sistema è configurato per salvare un valore ogni minuto e per calcolare le
medie orarie. Tutti gli analizzatori funzionano quindi in automatico senza
interruzioni se non in caso di malfunzionamenti, od operazioni di calibrazione.
Il contenuto di polveri in atmosfera viene misurato utilizzando un sistema
indipendente, sempre installato all’interno della stazione mobile, costituito da
una testa di prelievo in grado di ospitare 8 filtri, una centralina di controllo e una
pompa.
Il sistema viene programmato in modo da fare depositare su ogni filtro il
particolato contenuto nell’aria aspirata per un periodo di 24 ore.
Per quanto riguarda il controllo della qualità dell’aria è possibile misurare in
continuo il contenuto di:
1. biossido di zolfo (D.P.R. 203/88, D.M.A. 12/11/92), prodotto
essenzialmente durante i processi di combustione nei quali vengono impiegati
combustibili che contengono zolfo (soprattutto gasolio per riscaldamento
domestico). Analizzatore assorbimento-UV;
2. ossidi di azoto (D.P.R. 203/88, D.M.A. 12/11/92), prodotti in tutti i processi
di combustione, soprattutto quando avvengono ad alta temperatura. Analizzatore
fotochemiluminescenza;
3. monossido di carbonio (D.P.C.M. 28/03/83, D.M.A. 12/11/92), prodotto nei
processi di combustione, soprattutto se questi avvengono in difetto di ossigeno.
Analizzatore assorbimento IR;
4. ozono (D.P.C.M. 28/03/83; D.M.A. 12/11/92), prodotto a seguito
dell’irradiazione dell’ossigeno con i raggi ultravioletti provenienti dal sole.
Analizzatore assorbimento UV;
5. idrocarburi (D.P.C.M. 28/03/83), la cui presenza è dovuta sia a fenomeni
naturali di decomposizione di materia organica che ad attività antropiche legate
soprattutto all’uso di veicoli con motori a scoppio;
6. particelle sospese (D.P.R. 203/88, D.P.C.M. 28/03/83, D.M.A. 12/11/92),
ovvero le polveri prodotte sia naturalmente che da attività antropiche.
Pag. 31
E’ inoltre in grado effettuare il monitoraggio in continuo di alcuni parametri
meteorologici necessari per una corretta interpretazione dei risultati forniti dagli
analizzatori. Per quanto riguarda il controllo delle emissioni, ovvero degli
scarichi in atmosfera di fumi prodotti a seguito di attività produttive varie, è
possibile effettuare il controllo di ossidi di azoto, monossido di carbonio, di
polveri, di biossido di zolfo, di ossigeno. La misura di questi inquinanti
all’interno dei fumi emessi in atmosfera è prevista dal D.P.R. 203/88 e dal D.M.
12/07/90.
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c) Alcuni valori della normativa vigente:
Riferimento legislativo Tipo di limite Intervallo di misura Valore (concentr. media)
D.M. 25/11/94 CO 1 1 ora 15 mg/m3 2 1 ora 30 mg/m3D.M. 25/11/94 NO2 1 1 ora 200 mg/m3 2 1 ora 400 mg/m3D.M. 25/11/94 O3 1 1 ora 180 mg/m3 2 1 ora 360 mg/m3D.M. 25/11/94 PTS 1 24 ore 150 mg/m3 2 24 ore 300 mg/m3D.M. 25/11/94 SO2 1 24 ore 125 mg/m3 2 24 ore 250 mg/m3
D.P.C.M. 28/03/83 NMHC 3 3 ore (*)*: consecutive in corrispondenza del superamento del limite di 200 mg/m3
Definizioni:
1 - Livello di attenzione: il livello che determina lo stato di attenzione, ovvero
una situazione di inquinamento atmosferico che, se persistente, determina il
rischio che si raggiunga lo stato di allarme.
2 - Livello di allarme: il livello che determina lo stato di allarme, ovvero una
condizione di potenziale pericolo per la salute e/o l’ambiente.
3 - Valore limite: limite massimo di accettabilità della concentrazione di un
inquinante.
Pag. 33
A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti
rilevamenti:
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA
Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate
in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 16/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 14,4 0,0 340,7 0,0 81,3 0,02 20,0 0,0 234,7 0,0 54,2 0,03 20,3 0,0 163,1 1,8 54,1 0,04 20,3 0,0 168,8 10,7 65,3 0,05 12,3 0,1 308,5 0,0 37,6 0,06 12,4 0,3 373,8 0,2 37,5 0,07 14,9 0,2 316,4 1,6 62,0 0,08 16,8 0,2 150,3 6,3 61,2 0,09 26,6 0,1 170,3 8,8 60,0 1,010 21,3 0,6 168,4 12,4 62,4 0,611 18,3 0,6 223,2 14,4 64,3 0,612 14,3 0,4 423,3 18,3 66,4 1,913 13,3 0,3 590,1 15,0 70,8 3,714 18,7 0,0 255,8 19,1 56,3 2,515 12,9 0,0 419,1 3,2 71,7 2,216 13,8 0,3 360,3 16,3 70,3 2,417 14,2 0,3 230,4 19,2 71,1 3,218 14,5 0,0 344,8 15,1 71,9 4,319 14,0 0,0 308,2 26,5 71,9 2,620 18,4 0,0 217,7 32,6 44,7 1,921 16,5 0,0 345,1 18,5 51,8 0,622 21,0 0,0 206,3 39,2 51,8 0,023 11,7 0,0 459,3 11,4 39,9 0,424 13,2 0,0 498,1 0,0 67,3 0,0
Medie 16,4 0,1 303,2 12,1 60,3 1,2
Pag. 34
A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti
rilevamenti:
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA
Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate
in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 17/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 14,0 0,0 325,3 19,4 49,3 0,02 14,4 0,0 269,0 29,6 47,5 0,03 13,9 0,0 273,1 30,4 63,2 0,04 10,2 0,0 297,6 27,6 63,2 0,05 7,1 0,0 251,9 34,2 50,2 0,56 4,6 0,7 406,4 19,2 63,9 2,17 8,1 2,9 342,3 11,7 63,9 6,78 13,2 1,9 143,4 44,9 58,2 4,99 14,4 1,9 151,3 44,9 59,3 2,610 15,1 0,6 166,7 56,0 77,5 0,311 18,1 0,9 113,5 57,1 46,4 0,612 10,7 1,8 386,3 27,3 52,9 1,613 8,9 2,1 423,1 33,4 52,8 4,214 11,7 1,1 260,1 67,1 48,3 1,815 18,7 0,6 167,7 76,3 63,6 1,016 17,7 0,6 144,6 99,8 63,6 0,017 23,5 0,1 69,8 106,1 41,7 0,018 19,2 0,6 193,8 79,6 48,8 0,019 15,3 0,7 171,4 82,9 48,8 1,520 9,6 0,5 264,6 64,0 41,9 0,421 7,8 0,4 417,5 40,3 53,8 0,022 10,8 0,2 271,4 55,6 53,8 0,023 13,2 0,2 262,7 54,4 47,4 0,024 11,6 0,0 444,5 8,8 49,3 0,0
Medie 13,0 0,7 259,1 48,8 54,6 1,2
Pag. 35
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ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA
Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate
in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 18/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 11,1 0,1 197,6 67,6 61,9 0,02 18,1 0,0 80,7 77,6 43,4 0,03 16,7 0,0 127,7 69,6 52,3 0,04 14,7 0,0 212,7 42,7 52,3 0,05 8,2 0,9 410,3 25,2 41,0 1,06 7,6 1,1 371,7 28,1 51,0 3,87 8,7 3,0 342,3 14,6 50,2 6,48 13,2 2,1 151,0 43,8 58,2 5,99 14,8 1,9 184,3 44,7 54,4 4,110 15,2 0,7 162,9 52,6 63,4 3,411 19,8 0,9 233,3 41,9 52,9 2,312 17,3 0,7 200,6 50,0 79,5 2,513 29,9 3,1 149,5 45,1 79,5 1,014 26,5 0,2 189,0 127,9 57,2 1,815 24,9 0,5 147,7 104,6 70,7 2,616 22,4 1,6 161,2 101,2 62,7 1,617 21,3 1,2 142,2 99,6 43,0 1,018 18,4 0,5 117,4 93,6 37,6 0,019 11,5 0,7 304,9 106,5 41,5 0,420 8,5 0,8 472,3 99,2 38,2 0,421 8,0 1,0 606,0 95,3 50,5 1,322 5,2 1,3 717,8 67,8 56,3 1,423 3,8 1,1 794,4 64,9 51,4 0,924 11,4 0,2 217,9 62,8 61,9 0,0
Medie 14,9 1,0 279,0 67,8 54,6 1,7
Pag. 36
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in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 19/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 11,6 0,9 332,9 69,6 78,2 1,02 12,9 0,1 111,2 90,7 68,9 0,03 14,1 0,0 66,9 92,7 52,8 0,04 16,8 0,0 45,1 90,3 58,9 0,05 18,2 0,4 47,3 86,0 52,5 0,06 10,6 1,5 177,1 99,1 45,5 0,47 10,7 3,1 329,4 94,5 50,6 4,78 16,9 3,4 251,1 83,9 46,3 6,49 20,4 2,5 184,3 105,2 65,3 3,910 22,1 1,2 153,9 99,9 74,9 2,011 21,3 1,1 188,3 88,2 66,4 1,612 19,2 1,9 280,8 84,5 58,2 1,913 20,3 1,9 335,2 80,4 65,1 2,714 21,7 1,7 192,6 94,8 57,8 2,215 21,7 2,1 165,7 97,9 48,1 1,616 17,7 1,6 246,3 112,7 53,5 1,517 16,2 2,5 248,3 101,2 53,1 2,318 15,1 3,3 249,7 95,8 54,0 3,219 10,2 3,6 413,8 77,3 58,7 6,020 10,3 2,7 399,4 68,5 52,2 5,421 13,4 1,5 264,7 68,7 43,7 2,522 13,1 1,3 272,7 65,0 48,6 1,023 11,8 1,3 286,3 67,7 44,1 1,324 5,8 0,9 641,5 80,3 69,7 1,1
Medie 15,5 1,7 245,2 87,3 57,0 2,2
Pag. 37
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rilevamenti:
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA
Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate
in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 20/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 14,5 0,8 201,1 64,6 60,2 0,62 9,8 0,3 185,2 74,5 53,5 0,43 10,7 0,2 75,1 78,6 44,2 0,04 9,5 0,4 97,1 79,8 49,1 0,05 7,7 1,0 145,1 88,2 44,3 0,06 6,0 2,3 126,4 91,6 46,2 1,67 6,2 2,8 213,8 86,0 51,3 3,48 16,1 2,5 128,4 74,1 46,4 2,79 18,8 4,0 142,7 69,2 52,2 3,610 19,6 2,9 150,4 68,6 58,2 4,711 21,4 2,4 129,4 70,5 52,4 3,912 22,4 2,4 132,3 69,1 56,2 3,613 24,5 2,2 136,1 71,1 67,4 3,614 25,0 1,7 109,3 63,9 60,1 1,315 23,4 1,9 122,3 71,3 58,3 1,616 22,0 2,4 150,2 74,4 56,4 2,017 20,7 2,5 181,7 78,2 54,4 1,218 14,5 2,5 326,0 78,0 51,5 2,419 12,8 2,5 121,6 69,5 57,4 3,220 7,3 3,4 530,0 71,6 51,4 3,721 7,6 2,8 486,1 66,3 47,7 4,422 8,2 1,8 374,0 70,8 53,1 2,923 8,4 1,7 384,8 70,6 47,6 1,524 14,8 1,1 162,7 75,1 53,8 0,7
Medie 14,7 2,0 200,5 74,0 53,0 2,2
Pag. 38
A titolo di esempio di monitoraggio sono riportati i seguenti recenti rilevamenti:
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE"A. PANELLA" - REGGIO CALABRIA
Laboratorio mobile di monitoraggio atmosfericoTabella medie orarie delle concentrazioni degli inquinanti registrate
in Villa S. Giovanni (RC) - Viale Italia
MEDIE GIORNALIERE 21/04/2002
ORE OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
1 11,0 1,4 361,0 59,2 50,1 0,02 7,9 1,5 371,9 64,0 45,2 0,03 10,1 1,1 398,0 50,6 50,2 0,04 11,4 0,9 270,5 57,0 55,9 0,05 13,7 1,0 265,1 49,4 50,0 0,06 13,1 1,3 198,6 57,1 43,1 0,47 14,3 1,3 118,6 63,7 47,8 0,98 14,7 1,4 167,4 61,2 43,3 1,39 17,1 1,2 87,1 72,7 55,5 1,5
10 24,3 0,5 33,4 66,4 62,0 0,011 29,1 0,4 25,7 61,0 55,3 0,012 38,6 0,6 22,5 41,5 45,7 0,013 42,4 0,6 15,4 35,9 50,9 0,014 41,5 0,9 8,3 37,6 45,7 0,015 38,8 0,8 16,6 43,5 40,9 0,016 38,0 0,9 14,5 48,3 45,3 0,017 29,7 1,2 31,7 63,5 41,0 0,018 24,3 1,9 38,7 76,2 46,1 1,419 18,9 2,5 49,4 84,7 52,4 1,320 15,5 2,2 98,3 75,8 47,0 2,721 10,1 2,0 137,0 84,1 43,8 1,422 13,4 2,1 121,9 75,9 48,6 0,923 19,4 1,8 106,7 62,0 43,8 0,324 11,1 1,2 386,0 58,2 45,0 0,8
Medie 21,2 1,3 139,3 60,4 48,1 0,5
MEDIE GIORNALIERE 16-21/04/2002
OZONO CO NO NO2 PTS BENZENE g/m3 mg/m3 g/m3 g/m3 g/m3 g/m3
16/04/2002 16,4 0,1 303,2 12,1 60,3 1,217/04/2002 13,0 0,7 259,1 48,8 54,6 1,218/04/2002 14,9 1,0 279,0 67,8 54,6 1,719/04/2002 15,5 1,7 245,2 87,3 57,0 2,220/04/2002 14,7 2,0 200,5 74,0 53,0 2,221/04/2002 21,2 1,3 139,3 60,4 48,1 0,5
Livelli di attenzione 180 15 200 150 10
Pag. 39
2.4 L’INQUINAMNETO DA RIFIUTI SOLIDI URBANI(rsu)
Questo argomento godrà di particolare attenzione, non solo perché rappresenta
una delle maggiori emergenze ambientali, ma anche perché l’industria turistica
è una delle maggiori fonti di produzione di RSU che contribuisce a mettere in
crisi il settore ambiente, il quale rappresenta una leva imprescindibile di
sviluppo turistico.
Negli ultimi decenni le tematiche legate alla gestione dei rifiuti solidi urbani
(RSU) hanno acquisito sempre maggiore rilevanza determinata dal costante
aumento della produzione di rifiuti con conseguente minaccia per l'ambiente.
Nei paesi industrializzati la produzione di rifiuti negli ultimi 20 anni è
pressoché triplicata.
I dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
segnalano, in Europa tra il 1990 ed il 1995, un
aumento di circa il 10%. Secondo l'ANPA,
l'aumento incontrollato della produzione di rifiuti
è non solo una minaccia per la salute dell'uomo e
dell'ambiente ma anche spia di un uso inefficiente
delle risorse.
Nel quadro generale di uno sviluppo socioeconomico sostenibile deve iscriversi
ogni azione attinente al ciclo dei rifiuti. Nel settore turistico il tema assume
grande rilevanza per le problematiche connesse alla gestione dei territorio in
termini di appetibilità della destinazione turistica, contesto paesaggistico,
capacità di carico, flora e fauna locale.
Nell'Italia Meridionale, il sistema di gestione dei rifiuti, risulta ancora
particolarmente arretrato. Una non corretta gestione dei rifiuti determina gravi
fenomeni di inquinamento dei comparsi ambientali (aria, acqua e suolo),
rendendoli non più fruibili se non a prezzo di interventi di ripristino molto
costosi.
Pag. 40
a)L’AUMENTO
INCONTROLLATO DEI
RIFIUTI
Una corretta gestione dei rifiuti, oltre a contribuire a ridurre le emissioni di gas
serra (responsabili dell'effetto serra), in particolare di metano, contribuisce al
recupero di energia e di materie prime preziose, sia attraverso l'utilizzo diretto
dei rifiuti stessi come combustibile, che attraverso il riuso dei materiali
derivanti dai processi di riciclaggio.
La grande produzione di rifiuti urbani e industriali, le difficoltà di un loro
corretto e sicuro smaltimento costituiscono uno dei grandi capitoli della crisi
ambientale contemporanea, legato a doppio filo con i modelli di produzione e
di consumo.
La crescita dei consumi non determina infatti solo un impoverimento delle
risorse disponibili sia rinnovabili che non rinnovabili, ma anche una crescente
quantità di rifiuti prodotti.
Nel nostro Paese la soluzione di questo problema risulta particolarmente
complessa, per il gravissimo ritardo con il quale ci si è decisi ad affrontarlo.
La questione dei rifiuti appare come uno dei
fronti d’impegno centrali per l’Italia, non
solo da un punto di vista strettamente
ambientale, ma anche rispetto agli obiettivi
di modernizzazione e riconversione
ecologica dell’economia e di lotta
all’illegalità e alla criminalità organizzata.
Nel documento rifiuti del V Congresso di Legambiente, del 1995, indicavamo
una scala di priorità e una gerarchia di interventi necessari per orientare
politiche concrete di gestione dei rifiuti ed abbiamo quindi accolto con
soddisfazione e fiducia l’emanazione del Decreto Ronchi che, facendo propri
questi criteri, ha di fatto fornito strumenti per dare avvio ad una riforma
complessiva del sistema.
Con questo testo normativo anche l’Italia si è uniformata alle norme europee
Pag. 41
b)LA
QUESTIONE RIFIUTI
sulla gestione dei rifiuti, incentrata sulla riduzione delle quantità e della
pericolosità dei rifiuti prodotti, sul riutilizzo per allungarne il ciclo di vita, sul
riciclo di materia e sul recupero di energia, marginalizzando il sistema finale di
smaltimento.
Particolarmente significativa nel nuovo testo è l’assunzione del principio di
responsabilità condivisa fra tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella
distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo dei beni da cui originano i rifiuti, che
ha portato alla creazione del CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, e dei
Consorzi di filiera per il recupero degli imballaggi e che ha imposto obiettivi di
recupero e di riciclo dei rifiuti provenienti dagli imballaggi, ponendo l’onere
economico a carico dei produttori e degli utilizzatori di questi beni.
Pur dando un giudizio complessivamente positivo della riforma, fin
dall’inizio ne abbiamo sottolineato anche i limiti: gli scarsi strumenti
previsti per ottenere una concreta riduzione della produzione dei rifiuti, i
timidi obiettivi di recupero per il sistema imballaggi, i possibili ritardi e le
distorsioni nella fase di definizione dei Decreti tecnici attuativi del Decreto,
indispensabili per dare concreta attuazione a molti passaggi che nel testo
vengono solo enunciati.
A questo va aggiunta la forte resistenza offerta dal sistema delle imprese e
delle pubbliche amministrazioni a farsi carico delle proprie responsabilità e
degli oneri necessari per avviare la trasformazione di un sistema artigianale in
un vero e proprio sistema industriale, che ha contribuito a ritardare il concreto
avvio della riforma.
Pag. 42
In Italia, secondo gli ultimi dati del Rapporto
ANPA - Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
riferiti al 1997, si producono circa 26 milioni di
tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani : oltre
70.000 tonnellate al giorno, più di un
chilogrammo al giorno per abitante.
Il 40% in peso e il 60% in volume dei rifiuti prodotti è costituito da imballaggi.
Vengono raccolte in maniera differenziata circa 2,5 milioni di tonnellate di
rifiuti pari al 9,4% della produzione totale, ma con una fortissima divaricazione
geografica: infatti, mentre la percentuale di raccolte differenziate al Nord è pari
al 17%, scende al Centro al 6,4% e al 1,4% al Sud.
Circa il 78% dei rifiuti urbani è avviato a smaltimento in discarica, il 9,4%
ad impianti di selezione per la produzione di frazione organica stabilizzata
e frazione secca, il 6,6% ad impianti di incenerimento con e senza
recupero energetico, il 6% ad altre tipologie di impianti di trattamento.
Il trend sembra comunque dimostrare che anche in Italia è possibile cambiare il
sistema di gestione dei rifiuti urbani. Nel corso degli ultimi cinque anni infatti
la raccolta differenziata è quasi raddoppiata, principalmente per effetto
dell’introduzione della raccolta della frazione verde e del rifiuto organico e per
la crescita della raccolta della carta.
Dall’ultima indagine realizzata da Legambiente con i Comuni Ricicloni,
emerge che circa 130 Comuni hanno superato il tasso di raccolta differenziata
del 50%, anche se in nessuna Regione la raccolta differenziata intercetta e
recupera più del 30% dei rifiuti prodotti.
Ai rifiuti solidi urbani si aggiungono i rifiuti industriali: in questo caso il
calcolo della effettiva produzione e dello smaltimento risulta più complicato,
per la difficoltà di disporre di dati certi e comparabili. La base disponibile per
la contabilità è data dalle dichiarazioni del Modello Unico di Dichiarazione
Pag. 43
c)
LA PRODUZIONE
DIRIFIUTI
(MUD), che forniscono di fatto solo una approssimazione per difetto.
L’indagine condotta da Legambiente e Fise-Assoambiente nel corso del 1998
sulla produzione e la destinazione dei rifiuti di origine industriale rappresenta il
primo contributo per colmare l’attuale carenza di informazioni in termini di
dati e di tendenze.
L’indagine ha di fatto anticipato quanto emerso dal rapporto ANPA -
Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, ovvero l’enorme difficoltà ad ottenere dati
certi, per inadeguatezza del sistema di contabilità fino ad oggi adottato, il forte
divario tra quantità prodotte e smaltite, uno scarso ed insufficiente ricorso a
tecnologie avanzate ed appropriate di smaltimento.
La produzione di rifiuti speciali prodotti nel nostro Paese ammonta a oltre
61 milioni di tonnellate, è localizzata per il 59,3% nelle Regioni del Nord
Italia dove si concentra la gran parte delle attività del settore produttivo.
L’industria chimica e farmaceutica e quella metallurgica determinano la
più alta produzione di rifiuti pericolosi, mentre per quanto riguarda gli
speciali non pericolosi la maggior produzione si rileva nell’industria delle
costruzioni, del trattamento dei rifiuti e delle acque, nell’industria ceramica, del
vetro e nell’agroalimentare.
La quantità gestita di rifiuti speciali, pericolosi e non, ammonta a circa
46,6 milioni di tonnellate di cui il 45% viene conferito in discarica, il 26%
è avviato a recupero, il 16% ad altri trattamenti, il 9% a selezione e
cernita ed il 2% viene incenerito, ed un altro 2% è avviato a compostaggio.
Pag. 44
2.5 L’AZIONE DI LEGAMBIENTE
Negli ormai quasi tre anni dalla data di emanazione del Decreto Ronchi,
l’azione di Legambiente è stata quella di sensibilizzare e stimolare tutti gli
attori della complessa partita dei rifiuti - dalle istituzioni centrali e locali,
alle imprese di settore, al settore industriale - affinché l’avvio della riforma
tanto auspicata divenisse un fatto reale.
Abbiamo, grazie all’efficace
strumento di Ecosportello,
promosso ed organizzato corsi per
amministratori, seminari e convegni;
abbiamo promosso e preso parte in
numerose città italiane ad occasioni
d’incontro e di discussione sui vari
aspetti della gestione dei rifiuti; seguiamo il tema in ambito europeo e
prendiamo parte alla discussione sulle modifiche alle Direttive; abbiamo
partecipato ai gruppi di lavoro per la preparazione della Conferenza Nazionale
Energia e Ambiente e - presso ANPA - per la predisposizione del Rapporto
annuale sulla gestione dei rifiuti solidi urbani ed abbiamo contribuito con la
nostra indagine condotta assieme a FISE-Assoambiente alla raccolta dei dati
per il Rapporto sugli speciali.
Abbiamo inoltre realizzato la campagna "Vuoto a vincere" per incentivare
il riuso ed il recupero degli imballaggi in vetro.
Con la rivista "Rifiuti Oggi" svolgiamo una puntuale opera d’informazione e
aggiornamento rivolta a tutti i Comuni italiani, agli operatori del settore ed ai
nostri circoli.
Questa continua opera di monitoraggio dello stato e della qualità di
applicazione del Decreto Ronchi ci fa dire, oggi, che la situazione è
tutt’altro che soddisfacente, anche se dobbiamo prendere atto, da quanto
Pag. 45
a)
LEINIZIATIVE
DILEGAMBIENTE
detto sopra in termini di numeri, che qualcosa si è mosso.
Purtroppo l’analisi in positivo è ancora sbilanciata verso il Centro - Nord,
mentre il Mezzogiorno del Paese sembra non emergere dal guado.
Sono quattro le Regioni commissariate per l’emergenza rifiuti a cui si è
aggiunta la Provincia di Roma.
Il bilancio dei commissariamenti non è certo positivo: ben poco si è fatto per
uscire dalla fase di emergenza e per creare condizioni che consentissero il
ritorno all’ordinaria amministrazione.
La gestione dei rifiuti nel Mezzogiorno è svolta ancora in larga parte in
economia (43%), con servizi inefficienti, di bassa qualità ambientale e
sanitaria; risulta marginale la presenza di aziende pubbliche e di società miste,
scarsi gli operatori privati qualificati. Ed il regime commissariale, anziché
snellire le procedure e stimolare moderne politiche di gestione, ha finito per
smorzare anche i faticosi tentativi di alcune amministrazioni di dotarsi di
strutture più efficienti.
L’assenza di investimenti volti a creare
un settore con caratteristiche industriali
e quindi di tecnologie innovative in
termini impiantistici è, tra l’altro, il
miglior terreno per il proliferare
dell’attività legata alla malavita
organizzata, il cui fattore competitivo è
stato da sempre caratterizzato
nell’offrire facili soluzioni a basso costo.
Il nostro Paese resta ancora fortemente dipendente dal sistema delle discariche,
gran parte delle quali prive dei minimi dispositivi di protezione ambientale, e
questa situazione è ancora più grave nelle Regioni del Sud.
Infatti, se nel corso degli ultimi anni si è avuto un parziale rinnovo delle
Pag. 46
b)
ASSENZA DI
INVESTIMENTI
strutture impiantistiche e l’avvio, anche se ancora non omogeneo, di raccolte
differenziate, del riciclaggio e del compostaggio, il sistema di smaltimento
finale è invece rimasto praticamente invariato.
Le discariche rappresentano oggi uno dei principali fattori d’impatto
ambientale ed il principale ostacolo allo sviluppo di politiche corrette di
gestione dei rifiuti, tese al loro recupero e alla valorizzazione
La marginalizzazione dell’uso della discarica è uno dei cardini fondamentali
della strategia delineata dal Decreto Ronchi, ma il divieto di smaltimento in
discarica a a partire dal 1° gennaio del 2000, di rifiuti non stabilizzati previo
trattamento sembra ad oggi fortemente a rischio.
Lo scenario che si pone è infatti abbastanza scontato, ovvero la proroga
all’utilizzo delle discariche per il prossimo futuro, con le modalità attuali. La
marginalizzazione dell’uso della discarica, avrebbe invece la grande valenza di
dare un effettivo sviluppo al sistema integrato di gestione dei rifiuti.
L’altro cardine su cui poggia la riforma della gestione rifiuti, ovvero la
trasformazione della TARSU in Tariffa, passaggio che avrebbe determinato
una svolta fondamentale per l’adozione di meccanismi trasparenti nella
determinazione dei costi a carico dei cittadini e delle imprese, già rinviata di un
anno rispetto a quanto previsto dal Dlgs.22, ha subito durante la discussione
della Legge Finanziaria di novembre un ulteriore rinvio di ben tre anni.
Ufficialmente il rinvio è stato motivato dal fatto di non penalizzare i primi 437
Comuni che dal primo gennaio avrebbero dovuto adottare il regime tariffario,
su cui veniva a gravare l’IVA del 10%, con un aumento della quota che i
cittadini avrebbero dovuto pagare per la gestione del servizio.
In realtà è piuttosto evidente ed anche riconosciuto da molte parti
(Federambiente in primis) che si è dato seguito alle richieste di quella parte
dell’amministrazione pubblica che, per incapacità o per mancanza di strumenti,
non era ancora in grado di adeguarsi al nuovo sistema. In pratica ha vinto
ancora una volta la parte più conservatrice e reticente alle situazioni di
Pag. 47
cambiamento.
E’ convinzione di Legambiente, che per affrontare correttamente e
realisticamente il problema dei rifiuti, occorra rispettare la gerarchia
d’interventi delineati per il raggiungimento di una concreta gestione integrata.
In ordine di priorità, gli obiettivi da perseguire sono :
1. Produrre meno rifiuti
2. Produrre rifiuti meno pericolosi
3. Promuovere il riutilizzo
4. Programmare su un’adeguata scala
territoriale la gestione integrata del ciclo
dei rifiuti a partire dalla raccolta
differenziata
5. Promuovere il recupero di materia dai
rifiuti
6. Prevedere un corretto recupero di
energia dai rifiuti
Per ottenere una riduzione della quantità di rifiuti prodotti bisogna
puntare innanzitutto sulla riduzione degli imballaggi, a partire da una
globale assunzione di responsabilità da parte del sistema industriale, che deve
impegnarsi per promuovere il riutilizzo e favorire il riciclo dei materiali da
imballaggio e dall’adozione di meccanismi fiscali e tariffari - come la cauzione
- che incentivino il riutilizzo degli imballaggi.
Ma decisivo per raggiungere lo scopo è la forza che dobbiamo mettere in
campo con i cittadini. Occorre incrementare le campagne di informazione e
sensibilizzazione, in particolare quelle rivolte al mondo della scuola, che hanno
già dato risultati positivi.
Pag. 48
c)
LE PROPOSTE
DI LEGAMBIENTE
Per questo motivo dopo aver organizzato la campagna Vuoto a Vincere, per il
riutilizzo ed il recupero dei contenitori in vetro, rivolta in particolare ai pubblici
esercizi, organizzeremo la giornata contro l’uso improprio degli
imballaggi.
"Disimballiamoci" sarà una giornata di mobilitazione nei supermercati e
nei grandi centri di distribuzione in cui, dopo aver riempito il carrello
della spesa ed aver pagato alla cassa, libereremo i prodotti acquistati di
tutti gli imballaggi inutili, per sensibilizzare i presenti sul "peso" che
hanno gli involucri sulla produzione dei rifiuti e su come la
responsabilizzazione del cittadino e la scelta consapevole al momento
dell’acquisto sia importante per orientare il settore verso la ricerca di
soluzioni a minor impatto sulla produzione dei rifiuti.
Sarà naturalmente anche l’occasione per richiedere con forza l’attivazione
di politiche concrete per la riduzione dei rifiuti.
L’azione di Legambiente per ottenere che vengano messe in atto politiche volte
alla riduzione dei rifiuti si è incentrata e continuerà nei prossimi mesi anche nel
settore degli inerti da scavo e da demolizione. La produzione di inerti nel
nostro Paese è stimata pari a circa 20 milioni di tonnellate l’anno, cifre
sicuramente sottostimate, dato che solo le attività di costruzione e demolizione
generano un tasso di circa 500 Kg per abitante.
Solo il 5% dei rifiuti inerti viene recuperato, il resto viene conferito in
discarica.
L’azione di Legambiente è volta a stimolare la definizione di un accordo di
programma nazionale sottoscritto dagli attori principali del settore, per operare
verso politiche concrete di recupero e riutilizzo di questi materiali, dopo che
hanno subito trattamenti idonei ad ottenere un prodotto con caratteristiche
analoghe a quello vergine.
Intervenire in tal senso nel settore degli inerti offre importanti vantaggi di
carattere ambientale, ed inoltre ha la grande valenza di contrastare in
Pag. 49
maniera concreta l’attività delle ecomafie, che proprio nel ciclo del
cemento (attività di cava, estrazione di inerti, appalti per opere pubbliche)
ha il suo principale punto di forza (sono 90 i clan dell’ecomafia che
svolgono attività in questo settore).
I vantaggi dal punto di vista della salvaguardia ambientale possono essere
schematicamente riassunti in:
riduzione della quantità di rifiuti speciali prodotti;
riduzione del ricorso alla discarica;
riduzione dell’uso di materiali vergini per attività edilizia e quindi
riduzione dell’attività estrattiva (cave di terra e fluviali);
maggior controllo sullo smaltimento, grazie alla necessità del passaggio in
impianti di trattamento;
riduzione dello smaltimento illegale e selvaggio, grazie al fatto che l’inerte
diviene un materiale con un valore economico, anziché un rifiuto da
smaltire.
Il secondo obiettivo che Legambiente da sempre si pone è quello di
promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti : la differenziazione a monte
dei rifiuti, in primo luogo tra frazione umida compostabile e frazione
secca, e poi la separazione in flussi omogenei all’interno di quest’ultima,
rappresentano un altro anello fondamentale del ciclo integrato di gestione
dei rifiuti.
Per promuovere la diffusione delle raccolte differenziate, che dovrebbero
raggiungere al 2003 l’obiettivo minimo del 35%, da anni organizziamo
Comuni Ricicloni, ovvero la premiazione dei Comuni che maggiormente si
sono impegnati nelle raccolte differenziate e che quindi hanno raggiunto
obiettivi significativi, che avviano a riciclaggio i materiali selezionati e, da
quest’anno, utilizzano prodotti ottenuti da riciclaggio per esempio nell’arredo
urbano.
Legambiente pone una particolare attenzione alle politiche di gestione dei
rifiuti in aree particolarmente sensibili del nostro territorio quali le Aree
Pag. 50
Protette dove è in particolar modo inaccettabile che non si riduca la produzione
dei rifiuti e non si mettano in atto programmi di raccolta differenziata e di
recupero.
Il sistema delle aree protette che già per molti versi svolge una funzione
fondamentale nella concreta attuazione di uno sviluppo sostenibile anche
in questo campo deve assumere un ruolo avanzato e da protagonista nella
attuazione della riforma.
In questa direzione va l’indagine che abbiamo avviato presso i Comuni di 4
Parchi Nazionali (Dolomiti Bellunesi, Arcipelago Toscano, Cilento,
Aspromonte) per verificare lo stato dell’arte e promuovere e sostenere i
Comuni nel processo di cambiamento.
In molte realtà gli obiettivi minimi previsti dal
Decreto Ronchi per la raccolta differenziata sono
ancora lontani. Molto spesso è proprio qui che si
continua a perseguire la vecchia logica dello
smaltimento, senza mettere in atto azioni concrete
per gestire in maniera corretta il problema dei rifiuti
e si propongono impianti di incenerimento dei rifiuti
tal quale come sistema risolutivo.
Il trattamento termico dei rifiuti è per Legambiente un’opzione praticabile
soltanto a valle di un’ampia selezione che consenta il riutilizzo o il riciclo di
tutti i materiali recuperabili, per smaltire quella parte della frazione secca dei
rifiuti non utilizzabile in altro modo, e in presenza di norme rigorose che
fissino la composizione merceologica e il potere calorifico del combustibile
derivato da rifiuti (CDR).
L’incenerimento dei rifiuti dovrà rappresentare un sistema di recupero di
energia solo di quella parte di rifiuti che, fatti tutti i passaggi, non è più
utilizzabile in altro modo e che è stata trattata per arrivare ad essere CDR.
Ovvero una frazione secca con caratteristiche di composizione merceologica e
potere calorifico noti, un combustibile da impiegare prevalentemente in
Pag. 51
d)
OBIETTIVIDEL
DECRETORONCHI
(Vedi allegato)
alternativa al carbone e al gasolio, o in combustione con essi, presso utenze
industriali e termoelettriche già esistenti, se adeguatamente dotate di sistemi
per l’abbattimento dei fumi, oppure in impianti dedicati (cioè costruiti ad hoc)
con recupero energetico che diano le massime garanzie sul piano ambientale e
della sicurezza.
Per la realizzazione degli impianti dedicati alla combustione di CDR,
dovranno inoltre essere verificate le effettive quantità di rifiuti prodotte sul
territorio in cui viene previsto l’impianto, in modo che la sua capacità
corrisponda alle effettive esigenze di smaltimento. Sarà questo il modo per
poter contrastare la realizzazione di quegli impianti che non hanno alcuna
giustificazione di essere realizzati sulla base di una corretta pianificazione.
Molti degli impianti termici esistenti bruciano rifiuti tal quale o si limitano
a trattamenti di deferrizzazione e triturazione prima dell’incenerimento e
oltretutto sono impianti obsoleti che portano a rese di processo
decisamente basse e ad alti problemi di emissioni.
In altre parole sono impianti che non forniscono alcuna garanzia :
andrebbero semplicemente chiusi e su questo indirizzeremo la nostra
azione.
Nei prossimi mesi Legambiente si impegnerà con forza nelle azioni per
promuovere la riduzione dei rifiuti a partire da "Disimballiamoci".
Inoltre le nostre azioni punteranno a:
promuovere a livello nazionale e locale accordi di programma volti a
massimizzare il recupero e il riutilizzo dei rifiuti (es. inerti)
verificare lo stato di attuazione sul territorio nazionale, del sistema degli
incentivi economici alla produzione di energia elettrica da rifiuti, previsti
dalla Legge 10 sulla base del CIP6 .
contrastare la concessione di incentivi economici (vedi il vecchio CIP6) alla
produzione energetica tramite combustione di CDR.
Pag. 52
controllare le realtà sottoposte al regime di commissariamento per
l’emergenza rifiuti, per raggiungere in tempi brevi il ripristino delle
situazioni ordinarie
richiedere l’introduzione della cauzione almeno sui contenitori per liquidi,
in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero
previsti per gli imballaggi;
richiedere l’introduzione della cauzione sui beni durevoli, qualora il
sistema non provveda ad organizzarsi in tal senso
che non vengano prorogati i termini di utilizzo per le discariche
autorizzate secondo procedura di emergenza.
Pag. 53
2.6 LE MODIFICHE
APPORTATE AL DECRETO RONCHI
Dlgs 8 novembre 1997, n. 389 (c.d. "Ronchi bis");
legge 9 dicembre 1998, n. 426 recante "Nuovi interventi in campo ambientale"
(nota come "Ronchi ter");
Dl 28 dicembre 1998, n. 452 (convertito nella legge 35/1999), che ha
prorogato il termine - previsto dall'articolo 4, comma 26 della legge 426/1998 -
per l'adesione al CONAI al 28 febbraio 1999;
articolo 49 della legge 448/1998 (collegato alla finanziaria 1999), che ha,
invece, prorogato al 30 giugno 1999 il termine - stabilito dall'articolo 57
comma 5 del "Decreto Ronchi" - entro il quale le attività e i rifiuti che in base
alle leggi statali e regionali vigenti risultavano esclusi dal regime dei rifiuti e i
materiali, e le sostanze individuate nell'allegato 1 al decreto del 5 settembre
1994 (cd. "mercuriali"), devono conformarsi alle disposizioni del Dlgs
22/1997. Sulla questione del "tutto rifiuto" è intervenuto il Min. Ambiente: con
la circolare 28 giugno 1999 il Ministero ha cercato di chiarire quando i
"mercuriali" sono soggetti al regime giuridico dei rifiuti e quando, invece, sono
sottoposti a quello delle materie prime;
articolo 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge Finanziaria 2000), che
ha ulteriormente prorogato (il primo rinvio è avvenuto ad opera della legge
426/1998) il termine per l'entrata in vigore del sistema tariffario per la gestione
dei rifiuti urbani, previsto dagli articoli 49 e seguenti del Dlgs 22/1997;
articolo 1, comma 1, del Dl 30 dicembre 1999, n. 500, che ha prorogato il
termine ultimo per il recapito in discarica di determinati rifiuti. Il Dl - come
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La normativa vigente
convertito in legge (25 febbraio 2000, n. 33) - modificando l'articolo 5, comma
6, del Dlgs 22/1997, ha infatti spostato "sino alla data di entrata in vigore del
provvedimento di recepimento della direttiva 1999/31/CE (...) e in ogni caso
non oltre il termine del 16 luglio 2001" la data a partire dalla quale è consentito
smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme
tecniche ed i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e
di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D11 di cui all'allegato B al
"Decreto Ronchi".
articolo 9 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ("Collegato" alla Finanziaria
2000) che ha aggiunto all'articolo 41 del Dlgs 22/1997, relativo al CONAI, il
seguente comma: "2-bis. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di
recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI
e dai consorzi di cui all'articolo 40 nelle riserve costituenti il loro patrimonio
netto non concorrono alla formazione del reddito a condizione che sia rispettato
il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e
riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi e del CONAI. I soggetti di
cui all'articolo 38, comma 3, lettera a) partecipano al finanziamento dell'attività
del CONAI".
legge 23 marzo 2001, n. 93 ("Disposizioni in campo ambientale"), che ha
introdotto rilevanti novità in tema di: bonifiche dei siti inquinati; terre di scavo
e materiali vegetali; raccolta differenziata; contributo per lo smaltimento;
sanzioni per il traffico illecito di rifiuti;
decreto legge 16 luglio 2001, n. 286 (convertito in Legge 335/2001), che ha
prorogato l'addio alla discarica previsto dall'articolo 5, comma 6 del "Decreto
Ronchi", stabilendo che i rifiuti diversi dagli inerti e da quelli pre-trattati
potranno continuare ad andare in discarica fino all'emanazione delle norme
tecniche (che stabiliranno a quali di loro sarà ancora concessa tale forma di
smaltimento) ma - comunque - non oltre un anno dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del Dl. Tale data è identificabile nel 22 agosto 2002.
Pag. 55
Il decreto legge ha inoltre prorogato al 31 ottobre 2001 il termine per l'adesione
obbligatoria al Consorzio per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene
(POLIECO).
a) DECRETI TECNICI APPROVATI
OGGETTO DECRETONorme tecniche sulle caratteristiche del CDR Dm 5 febbraio 1998Norme tecniche per il recupero energetico agevolato da rifiuti non pericolosi
Dm 5 febbraio 1998
Norme tecniche per il recupero di materia agevolato da rifiuti non pericolosi
Dm 5 febbraio 1998
Determinazione diritto annuale di iscrizione agli Albi provinciali Dm 21 luglio 1998, n.350Norme tecniche sul compost ottenuto da frazione organica dei rifiuti urbani
Dm 5 febbraio 1998
Rifiuti sanitari Dm 26 giugno 2000, n.219Conferimento ai centri di raccolta dei veicoli e rimorchi non reclamati dai proprietari
Dm 22 ottobre 1999, n.460
Approvazione statuto Consorzio obbligatorio oli vegetali e grassi animali esausti
Dm 15 luglio 1998
Approvazione statuto Consorzio riciclaggio polietilene (POLIECO)
Dm 15 luglio 1998
Elaborazione metodo normalizzato tariffa rifiuti urbani Dpr 158/99 (modificato dall’art.33 Legge finanziaria 2000)
Bonifiche Dm 25 ottobre 1999, n.471Riorganizzazione catasto rifiuti Dm 4 agosto 1998, n.372Modello uniforme di registro carico/scarico Dm 1 aprile 1998, n.148, Circ. 4
agosto 1998Modello uniforme di formulario di identificazione per il trasporto Dm 1 aprile 1998, n.148, Circ. 4
agosto 1998Criteri e norme per la spedizione transfrontaliera di rifiuti Dm 3 settembre 1998, n.370Valori limite emissioni e norme tecniche per coincerimento rifiuti pericolosi
Dm 25 febbraio 2000, n.124
Istituzione sezioni regionali dell’Albo e organizzazione Albo nazionale
…Dm 28 aprile 1998, n.406
Approvazione statuti consorzi filiera imballaggi Dm 15 luglio 1998Approvazione statuto CONAI Dm 29 ottobre 1997
Pag. 56
b) DECRETI TECNICI NON APPROVATI (ALCUNI FONDAMENTALI)
e
Pag. 57
OGGETTO TERMINE ULTIMONorme tecniche per il calcolo su base annua dell’energia utile ottenuta da rifiuti urbani
31/12/1998
Norme tecniche per l’autosmaltimento di rifiuti non pericolosi Non previstoDeterminazione modalità condizioni, misure, incentivi per utilizzo rifiuti come combustibile per produrre energia
01/05/1997
Norme tecniche per lo smaltimento in discarica (recepimento direttiva 1999/31/CE)
16/07/01
Introduzione cauzionamento obbligatorio sui beni durevoli in caso di necessità
02/03/2000
Norme tecniche su caratteristiche impianti autodemolizione 02/09/1997Disciplina recupero amianto e prodotti contenenti amianto Non previstoDeterminazione criteri quali-quantitativi per l’assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali
Non previsto
Garanzie finanziarie Albo gestori impianti 31/05/1997Adozione misure economiche sugli imballaggi a seguito mancato raggiungimento obiettivi recupero e riciclaggio
Non previsto
Le Regioni che hanno dato attuazione ai decreti legislativi 22/97 e 118/1998 sono
l’Abruzzo, l’Emilia Romagna e la Liguria, mentre il Lazio, le Marche, la Toscana e
il Veneto hanno emanato solamente norme regionali in materia di rifiuti; infine, la
Basilicata, il Piemonte e l’Umbria hanno provveduto ad emanare disposizioni di
legge unicamente in materia di decentramento amministrativo.
c) Situazione leggi regionali Tabella 1
REGIONE Legge regionale di attuazione D.Lgs. 22/97
Legge regionale di attuazione D.Lgs. 112/98
ABRUZZO 83/00 110/00 (11/99)BASILICATA 7/99EMILIA ROMAGNA 25/99 3/99LAZIO 27/98LIGURIA 17/97 18/99LOMBARDIA 1/00MARCHE 28/99 – 17/00MOLISE 34/99PIEMONTE 44/00TOSCANA 25/98 – 71/00UMBRIA 3/99VENETO 3/00
Fonte: leggi regionali
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La tabella di seguito riportata fornisce una visione complessiva dei Piani regionali e provinciali.
d) Situazione Piani gestione rifiuti al 30 giugno 2001 Tabella 2ENTE SITUAZIONE PIANO
Regione Piemonte Approvato con D.C.R.n. 436-11546 del 30/07/1997
Provincia di Alessandria Approvato con D.G.R. n. 16-308 del 29/06/2000
Provincia di Asti Adottato con D.C.P. n. 7974 del 18/03/1998 e approvato con presa d’atto della Regione
Provincia di Biella Adottato con D.C.P. n. 1 del 13/01/1998 in corso di approvazione regionale
Provincia di Cuneo Adottato con D.C.P. n. 142/5 del 21/12/1998 in corso di approvazione regionale
Provincia di Novara Adottato con D.C.P. n.188 del 03/12/1998 approvato con D.G.R. n. 21-471 del 17/07/2000
Provincia di Torino Adottato con D.C.P. n. 413-109805 del 08/09/1998 e n. 196353 dell’11/01/2000 approvato con D.G.R. n. 18-29780 del 03/04/2000
Provincia di Verbano C. O.
Adottato con DGP n. 10 del 27/01/2000 in fase di approvazione da parte del Consiglio provinciale
Provincia di Vercelli Approvato con D.G.R. n. 47-27062 del 12 aprile 1999
Regione Lombardia -
Provincia di Bergamo Adottato con D.C.P. n.118 del 23/07/1997 revisione del Piano previgente, trasmesso alla Giunta regionale per approvazione
Provincia di Brescia Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione
Provincia di Como Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione
Provincia di Cremona Piano approvato con D.G.R. n. V/1167 del 12/10/1994 attualmente in fase di revisione
Provincia di Lecco Piano approvato dalla Regione con Deliberazione n. VI/1532 del 29/02/2000
Provincia di Lodi Revisione del Piano previgente in corso, sarà completata entro il 2001
Provincia di Mantova Piano approvato con D.C.P. n. 31 del 29/07/1999 all’esame della Giunta regionale
Provincia di Milano Prevista revisione del Piano, approvato con D.C.R.del 15/11/1995 e aggiornato con D.C.P. n. 30059-9898-93 del 20/04/1999, entro il 2001
Provincia di Pavia Piano non predisposto poiché mancano criteri regionali per la redazione
Provincia di Sondrio In corso revisione del Piano adottato dal CP e approvato con D.G.R. n. VI/558 del 09/04/1997
Provincia di Varese In corso di revisione il Piano adottato dal Consiglio provinciale e approvato con D.G.R. n. VI/557 del 09/04/1997
Regione Veneto (*) Adottato con D.G.R. n. 451 del 15/02/2000 in corso di approvazione da parte del Consiglio regionale
Provincia di Belluno Adottato con D.C.P. n. 11 del 12/05/2000 in corso di approvazione regionale
Provincia di Padova Adottato dal Consiglio provinciale non ancora approvato dalla Regione
Provincia di Rovigo -
Provincia di Treviso -
Provincia di Venezia Adottato con D.C.P. n. 8538/99, in corso di aggiornamento
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Provincia di Verona In fase di elaborazione
Provincia di Vicenza Predisposto, non ancora adottato
Regione Liguria Approvato con D.C.R.n.17 del 29/02/2000
Provincia di Genova Prevista adozione da parte del Consiglio provinciale entro luglio 2001
Provincia di Imperia Consegnato alla Provincia dall’esecutore, sarà adottato entro settembre 2001
Provincia di Savona -
Provincia della Spezia Consegnato alla Provincia dall’esecutore, attualmente è all’esame del CP, si prevede l’approvazione entro il mese di luglio 2001
Regione Emilia Romagna -
Provincia di Bologna Prevista a breve la revisione e l’integrazione del Piano infraregionale
Provincia di Ferrara Prevista revisione e l’integrazione del Piano infraregionale a seguito emanazione Linee guida regionali previste dalla L.R. 03/99
Provincia di Forlì Approvato con Deliberazione della Regione n. 1705/99 del 21/09/1999
Provincia di Modena Adottato con D.C.P. n. 202 del 24/07/1996 e approvato con D.G.R. n. 1073 del 24/06/97
Provincia di Parma -
Provincia di Piacenza -
Provincia di Ravenna Adottato con D.C.P. n. 134 del 31/10/98 e n. 78 del 15/06/99. Approvato con D.G.R. n. 208 del 16/02/00
Provincia di Reggio Emilia
Prevista a breve revisione e integrazione del Piano infraregionale a seguito dell’emanazione delle Linee guida regionali previste dalla L.R. 03/99
Provincia di Rimini -
Regione Toscana Approvato con D.C.R.n. 88/1998
Provincia di Arezzo Adottato 1° stralcio relativo a RU e RUA con D.C.P. n. 44 del 14/04/1999 pubblicato su BURT n. 12 del 02/03/2000 suppl. straordinario
Provincia di Firenze Adottato con D.C.P. n. 35 del 28/02/2000 approvato con D.G.R. n. 728 del 04/07/2000
Provincia di Grosseto -
Provincia di Livorno Adottato con D.C.P. n. 168 del 14/09/2000 approvato con D.G.R. n. 1082 del 17/10/2000
Provincia di Lucca Adottato con D.C.P. n. 178 del 17/11/1999 in corso di approvazione regionale
Provincia di Massa Carrara
Adottato con D.C.P. n. 69 del 06/10/1998 richieste, integrazioni con D.G.R. n. 261 del 15/03/1999
Provincia di Pisa Adottato con D.C.P. n. 36 del 25/02/2000 approvato con D.G.R. n. 370 del 14/07/2000
Provincia di Pistoia -
Provincia di Prato -
Provincia di Siena Adottato con D.C.P. n. 2 del 01/03/1999 approvato con D.G.R. n. 537 del 10/05/1999
Regione Umbria In corso di approvazione
Provincia di Perugia -
Provincia di Terni -
Pag. 60
Regione Marche Approvato con D.C.R.n. 7 del 28/10/1999
Provincia di Ancona Adottato con D.C.P. n. 60 del 19/04/2001, attualmente all’esame della GR
Provincia di Ascoli Piceno -
Provincia di Macerata Adottato con D.C.P. n. 99 del 22/12/2000, in fase di pubblicazione sul BUR
Provincia di Pesaro -
Regione Lazio -
Provincia di Frosinone -
Provincia di Latina Adottato con D.C.P. n. 71 del 30/09/1998. Giudizio di conformità con D.G.R. n. 6523 del 24 novembre 1998, come rettificata con D.G.R. n. 201 del 26 gennaio 1999
Provincia di Rieti Adottato, trasmesso alla Regione per giudizio di conformità.
Provincia di Roma Approvato con deliberazioni provinciali n. 345 del 29/05/1998 e n. 368 del 6/08/1998. Giudizio di conformità con D.G.R. n. 6523 del 24/11/1998
Provincia di Viterbo Approvato dalla Provincia e in attesa di giudizio di conformità della Regione
Regione Abruzzo In fase di predisposizione
Provincia di Pescara Approvato come preliminare
Provincia di L’Aquila Avviate le procedure per l’affidamento dell’incarico per la redazione
Provincia di Pescara Affidato l’incarico per la redazione
Provincia di Teramo In fase di approvazione
Regione Molise Piano di emergenza sui rifiuti solidi urbani approvato con D.G.R. n. 1240 del 25/09/2000
Provincia di Campobasso -
Provincia di Isernia -
Regione Basilicata Approvato con L.R. n. 6 del 02/02/2001
Provincia di Matera -
Provincia di Potenza -
(*) La Regione Veneto intende pronunciare il parere di conformità sui Piani provinciali con un unico atto di imminente formulazione.Fonte: Regioni, Province
Pag. 61
2.6 GLI ACCORDI DI PROGRAMMA SUL TERRITORIO
Gli accordi di programma sono uno strumento utile ad agevolare le operazioni
di riduzione, riciclaggio e recupero dei rifiuti, in quanto possono permettere di
concordare con i diversi soggetti politici 1
Gli enti locali che svolgono funzioni di programmazione, quali le regioni e le
province, negli ultimi anni hanno iniziato a ricorrere ad accordi e contratti di
programma per ottimizzare la gestione di alcune tipologie di rifiuti. Le
iniziative condotte hanno riguardato alcuni rifiuti che presentano
caratteristiche tali da rendere necessarie azioni volte a semplificare la gestione
di alcuni procedimenti amministrativi. In particolare, gli enti pubblici,
attraverso la stipula di accordi di programma, hanno inteso favorire la
gestione integrata dei rifiuti con la partecipazione di tutti i soggetti pubblici e
privati a vario titolo coinvolti, con lo scopo di:
– migliorare l’efficacia dei controlli pubblici;
– semplificare gli oneri burocratici a carico delle imprese;
– agevolare l’adozione di sistemi di raccolta differenziata e il riciclaggio e
recupero;
– mettere a disposizione dell’utenza idonei servizi di smaltimento e
recupero dei rifiuti.
Il settore nel quale è stato concluso il maggior numero di accordi è quello
dei rifiuti agricoli, in considerazione della dispersione sul territorio delle aziende
del settore e della presenza di strutture consolidate di servizi territoriali a loro
disposizione (es. ex consorzi agrari, cooperative, ecc.), della presenza di diverse
tipologie di rifiuto (contenitori per fitofarmaci, oli per motore, batterie, teli di
polietilene, ecc.) che gli operatori si trovano a dover gestire.
Le Regioni Emilia Romagna, Toscana e Piemonte hanno adottato degli
“schemi tipo” di accordo, da utilizzare da parte delle province per la conclusione
di specifici accordi nel proprio territorio.1 ? Per approfondimenti vedi Appendice D su“Rapporto Rifiuti 2001” a cura di ANPA-ONR reperibile
sui seguenti siti: www.anpa.it; www.minambiente.it
Pag. 62
A seguito di tali interventi, risulta che hanno concluso accordi di
programma di settore le Province di Bologna, Modena, Forlì, Ferrara, Reggio
Emilia, Rimini, Pisa, Alessandria, Asti e Verbania. Risulta inoltre che altri
accordi per la gestione dei rifiuti agricoli sono stati conclusi nelle Province di
Padova, Pesaro e Rieti.
Per quanto riguarda i rifiuti inerti, è stato siglato il 1° febbraio 2001 tra la
Regione Marche, gli Enti locali e le Associazioni di categoria e i soggetti privati
interessati un Accordo di programma. Anche in Emilia Romagna si sta
procedendo in questa direzione: fra le diverse iniziative si segnala quella della
Provincia di Bologna, dove è in fase di definizione un Accordo di programma
relativo ai residui derivanti dall’attività di costruzione e demolizione e
sull’utilizzo dei rifiuti inerti da attività produttive.
Fra le altre iniziative si segnalano le seguenti:
– Accordo di Programma per la gestione integrata dei rifiuti nel territorio
siglato il 1° giugno 2001 dal CONAI, con il Ministero dell’ambiente, la
Regione Friuli-Venezia Giulia, la Provincia di Udine, la Provincia di
Trieste, il Comune di Trieste, il Comune di Udine, il Comune di
Tavagnacco ed il Comune di San Giovanni al Natisone, con la finalità
di incrementare i livelli di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e di
quelli assimilati prodotti dalla piccola e media industria;
– Regione Emilia Romagna: Accordo di programma con le Ferrovie dello
Stato SpA per il recupero dei rifiuti da traverse e altri manufatti in legno
provenienti dallo smantellamento di linee ferroviarie14;
– Provincia di Grosseto: Accordo di programma per il riutilizzo dei gessi
rossi provenienti dal ciclo di produzione del biossido di titanio, siglato
il 12 aprile 2000;
– Regione Veneto: sono state stabilite le condizioni generali per la
definizione di un Accordo di Programma con il Consorzio Nazionale
Compostatori e i vari gestori degli impianti di compostaggio per
l’ottimizzazione della gestione degli impianti di compostaggio sul
Pag. 63
territorio, la promozione delle attività sul territorio ed il monitoraggio
della qualità (attraverso la calmierazione dei prezzi di conferimento
della frazione organica agli impianti, la definizione di priorità di
accesso agli impianti per la FOS prodotta in Regione, il sostegno
tecnico e finanziario agli impianti, azioni per l’introduzione di
programmi di qualità nelle aziende);
– il Consorzio Italiano Compostatori ha concluso alcuni accordi di
programma con alcune regioni per lo sviluppo, la raccolta differenziata
delle frazioni organiche, il trattamento di compost e l’impiego del
prodotto (Regione Emilia Romagna, Agenzia Regionale Recupero
Risorse della Regione Toscana, Agenzia Laziale Ambiente).
Sono in fase di predisposizione gli accordi con le Regioni Marche,
Umbria e Veneto.
Attualmente l’attività relativa alla definizione degli accordi di
programma su scala locale sta subendo una battuta d’arresto in alcune
regioni, tra cui la Toscana e il Piemonte che stavano procedendo alla
definizione di accordi per il recupero dei rifiuti del settore tessile nelle
aree di Prato e Biella. Si registra la difficoltà di definire in modo
puntuale quali siano effettivamente le semplificazioni adottabili
nell’ambito di accordi di programma su scala locale, con i quali si
sostituiscono alcuni adempimenti amministrativi, quali ad esempio
l’obbligo alla tenuta dei Formulari di identificazione – di cui all’art. 15
del D.Lgs. 22/97 – e dei Registri di carico e scarico – di cui all’art. 12 –
con altre scritture e documenti contabili. Infatti, in base a quanto
disposto dall’art. 4 del D.Lgs. 22/97, è prevista la possibilità da parte
delle “autorità competenti” di stabilire agevolazioni in materia di
adempimenti amministrativi, nel rispetto delle norme comunitarie, per i
soggetti che si impegnano a favorire il riutilizzo e il recupero dei rifiuti.
La difficoltà operativa risiede nella necessità di stabilire dal punto di
vista giuridico quali sostituzioni siano prevedibili con atti regionali,
Pag. 64
ovvero se le regioni siano le autorità competenti a procedere in tal
senso, senza che i soggetti firmatari di eventuali accordi di programma
rischino di essere soggetti alle sanzioni previste per i mancati
adempimenti.
2.7 Il CDR
Il CDR, Combustibile Derivato dai Rifiuti, è un prodotto regolamentato
ottenuto dai rifiuti urbani o meglio dalla frazione secca residua dopo aver
raccolto le altre frazioni in maniera differenziata. Le caratteristiche tecniche
del CDR sono definite per legge tramite il D.M. del 5.2.1998.
E’ considerato a tutti gli effetti un Combustibile Secondario, diverso dagli
RDF (Refuse Derived Fuel), perché a differenza di questi risponde a
specifiche definite.
L’uso dei Combustibili Secondari ed in particolare del CDR, presenta
vantaggi ambientali e economici. I vantaggi ambientali rispetto
all’incenerimento della frazione residua degli RSU dopo raccolta
differenziata, riguarda due aspetti: innanzitutto la quantità di CO2 prodotta a
parità di energia utilizzabile; inoltre essendo il CDR un combustibile con
caratteristiche note e costanti permette di garantire stabilità di combustione e
di conseguenza di prevedere la tipologia delle emissioni al camino e quindi di
abbatterle.
Ma veniamo all’aspetto che riguarda la minor produzione di CO2 prodotta a
parità di energia utilizzabile.. Questo avviene perché la quantità di acqua
contenuta nel CDR, a parità di peso è inferiore rispetto al rifiuto tal quale.
L’energia liberata dalla combustione viene recuperata in caldaia dove i fumi
di combustione raffreddandosi riscaldano il vapore; ma se il combustibile
contiene acqua, questa durante il processo di combustione assorbe calore che
non può essere recuperato in caldaia.
Pag. 65
Nella tabella seguente si mettono a confronto le diverse quantità e la CO2
prodotta per ottenere la stessa quantità di energia - 1KWh - da due diversi tipi
di carbone, da CDR e da frazione residua dei RSU.
COMBU-
STIBILE
ENERGIA
RECUPERATA* CO2
g KWh G %
CARBONE
AFRICANO
184,8 1 440,2 -17,1
CARBONE
AMERICANO
166,5 1 426,5 -19,7
CDR 259,1 1 391,1 -26,4
RSU 458,4 1 531,1 100
*Energia termica recuperata=differenza di entalgia dei fumi rapportata a una
variazione di temperatura di 900-200=700°C
Fonte: ECODECO
E’ evidente dalla tabella che l’incenerimento di RSU è quello che
produce la maggior quantità di CO2, persino più del carbone, e che se il CDR
viene utilizzato in alternativa al carbone in impianti esistenti, si ottiene un
vantaggio aggiuntivo nella riduzione di CO2, che varia a seconda del tipo di
carbone sostituito.
Quindi a parità di energia recuperabile, la combustione di CDR produce
il 26,4% in meno rispetto all’incenerimento della frazione residua dei rifiuti
urbani e un risultato analogo si ottiene anche in confronto all’incenerimento
degli RSU tal quali.
Da uno studio condotto da FISE-Assoambiente, oltre a verificare il
vantaggio ambientale della combustione di CDR, si rileva anche un vantaggio
economico che diviene più evidente a seconda dell’ampiezza del bacino di
riferimento.2 Il vantaggio aumenta se si utilizzano impianti esistenti, dato che
non ci sono i costi di realizzo del nuovo impianto.2 ? Per approfondimenti chiedere il file: Pasini.pdf
Pag. 66
L’uso di CDR in una cementeria che usa carbone permette quindi una
riduzione totale di CO2 tra il 34 e il 36,6% in meno rispetto all’impiego
combinato dell’incenerimento e del carbone.
L’aspetto più interessante del CDR sta quindi nella possibilità di utilizzare
centrali esistenti per la sua combustione con recupero di energia, con
interventi relativamente semplici e quindi investimenti aggiuntivi modesti per
trasformare il combustibile secondario in modo da essere compatibile per
l’alimentazione degli impianti. Attualmente il processo veramente semplice e
ben collaudato riguarda la gassificazione ed alimentazione del fluido gassoso
ottenuto in centrali a carbone, ma i vantaggi interessanti che questa pratica
presenta dovrebbero indurre a sperimentare altre soluzioni. Per comprendere
l’importanza dell’uso di centrali esistenti in alternativa agli impianti di
incenerimento è utile ricordare che il CDR derivante dai rifiuti prodotti in un
bacino è sufficiente per produrre non più del 4% dell’energia elettrica
utilizzata dallo stesso bacino; senza dubbio una frazione piccola se paragonata
alla quantità di metano utilizzata, ma importante se vista come quantità in
sostituzione di combustibili fossili. Inoltre il 27 ottobre scorso è entrata in
vigore la direttiva sulle Fonti rinnovabili di energia3 che prevede una
sostanziale riduzione delle sovvenzioni rispetto alla situazione italiana dei
"certificati verdi" (che ha in pratica sostituito il meccanismo del CIP6). Con il
basso livello di sovvenzione previsto l’incenerimento dei rifiuti costerà molto
di più nell’immediato futuro rispetto alle 52 centesimi di euro/Kg, da molti
millantato in base alla direttiva sull’incenerimento.
3 ? Per saperne di più www.greenprices.com
Pag. 67
Rifiuti al Sud,
l'emergenza infinita
Roma, 2 aprile 2001
a. Premessa
Un effetto domino fondato sull'immondizia. E' questo lo scenario ipotizzabile
che, dopo la Campania, potrebbe interessare le altre regioni del Sud Italia in
emergenza rifiuti, ovvero Calabria, Puglia e Sicilia. In effetti dopo anni di
commissariamento poco, troppo poco si è fatto per uscire dal regime di
amministrazione straordinaria nel settore. Le raccolte differenziate viaggiano
ancora su percentuali pressoché pari allo zero percentuale. Molti degli
impianti necessari per il trattamento delle varie frazioni dei rifiuti (di
compostaggio, di produzione del combustibile derivato dai rifiuti, meglio noto
come "Cdr", di combustione del Cdr, etc.) previsti nei piani d'emergenza o in
quelli regionali sono ancora nella fase della scelta del sito di localizzazione o
del bando di gara. Altri impianti, in costruzione o in ristrutturazione da anni,
sono ancora lontani dalla messa in esercizio. Ergo, la discarica era e rimane
l'unica via di smaltimento; ma le vecchie discariche sono in gran parte
esaurite e per realizzarne di nuove non ci sono più territori disponibili e
popolazioni disposte ad accettarne. Di ridurre la quantità di rifiuti prodotti non
se ne parla neanche lontanamente. Situazione ottimale per i business
dell'ecomafia, che infatti continua a "gestire" i rifiuti riempiendo di discariche
abusive il Sud Italia e non solo.
La Campania e la Puglia sono commissariate per l'emergenza rifiuti con
ordinanza del Ministero dell'Interno dal 1994, a seguire dal 1997 la Calabria e
Pag. 68
2.8
Il Documento
di Legambiente
infine nel 1999 la Sicilia. Ma in queste regioni il problema della gestione dei
rifiuti è ancora più remoto e purtroppo il regime di commissariamento non ha
dato i risultati sperati. L'aver conferito pieni poteri a commissari che altri non
erano se non gli stessi amministratori che non erano stati in grado di gestire in
regime ordinario il problema, non si è rivelata la scelta corretta. Sono stati
allora affiancati dai prefetti a gestire le discariche pubbliche, sono state chiuse
quelle private, si sono inserite figure esterne agli apparati regionali, sono stati
incaricati tecnici di fondata esperienza: si è cominciato a vedere qualche
risultato, ma non è stato sufficiente. Le prescrizioni delle ordinanze, tranne
qualche rara eccezione, sono rimaste elenchi di cose da fare, gli obiettivi di
raccolta differenziata numeri sulla carta, gli impianti abbozzati a progetti.
La situazione generale in ciascuna regione è ad oggi a dir poco sconfortante.
Iniziamo dalla Campania, la regione pesantemente coinvolta negli ultimi mesi
dall'emergenza rifiuti. Il commissariamento della regione inizia nel 1994 e per
ora è prorogato fino al 31 dicembre 2002. Da una iniziale situazione in cui
l'unico sistema di smaltimento dei rifiuti era basato sulle discariche, tutte
gestite dai privati, si è arrivati nel 1997 all'elaborazione del piano regionale,
corretto nella versione attuale nel 1998. In questo piano è previsto l'esercizio
di diversi impianti (compostaggio, produzione di Cdr ed incenerimento) che
in piccola parte stanno per iniziare l'attività. Per quanto riguarda le raccolte
differenziate dall'autunno del 1999 i soldi impegnati per acquistare mezzi,
attrezzature ed impianti di compostaggio e riciclaggio degli inerti sono stati
oltre 400 miliardi di lire. La percentuale di raccolta differenziata a fine 2000
secondo i dati del Commissario è stata pari al 5% ed è destinata ad aumentare.
Potrà sembrare strano ma ci sono comuni in Campania con percentuali
"lombarde": in alcuni comuni dell'avellinese e del beneventano si è passati
dallo 0,8% all'8% in pochi mesi, Pomigliano d'Arco è arrivata al 16%. Ma in
parallelo permane ancora il ciclo illegale dei rifiuti: dal Rapporto Ecomafia
2001 di Legambiente emerge che le forze dell'ordine hanno riscontrato nello
scorso anno 229 infrazioni ed hanno operato 115 sequestri.
Pag. 69
In Calabria la situazione è diversa. Il commissariamento ha avuto inizio tre
anni più tardi - nel 1997- ed è stato prorogato per ora fino al 31 dicembre
2001. Se è vero che sono state chiuse oltre 400 discariche avviate con
procedura d'urgenza ed è stato finalmente presentato il nuovo piano regionale
(il precedente era stato bocciato dalla Commissione europea perché mancante
dei dati iniziali sulla produzione dei rifiuti!), molti sono ancora i problemi da
risolvere. Nonostante le elevate percentuali di raccolta differenziata previste
dalle ordinanze succedutesi negli anni, i numeri ufficiali forniscono un quadro
desolante: dallo 0,6% nel 1998 si è passati, secondo il Commissario, al 2,4%
nel 1999. Il piano presentato prevede due impianti di incenerimento da
120.000 tonnellate all'anno, impianti di produzione di Cdr, impianti per il
compost. Attualmente, oltre alle 59 discariche autorizzate, sono attivi solo due
impianti di selezione dei rifiuti. Nessuno dei nuovi impianti previsti dal piano
è stato realizzato. Nei 409 comuni calabresi l'Ufficio del Commissario ha
individuato 696 siti inquinati con volume superiore ai 250 metri cubi, la cui
bonifica ha un costo stimato in circa 1000 miliardi di lire. In Calabria,
secondo i dati riportati nel Rapporto Ecomafia 2001 di Legambiente, sono
stati accertati 149 reati nel ciclo dei rifiuti e 75 i sequestri compiuti.
In Puglia dal 1994, anno del commissariamento prorogato finora al 31
dicembre 2001, nulla è cambiato. Il piano regionale conforme a quanto
previsto nel decreto Ronchi è stato presentato il 7 marzo 2001, a quasi quattro
anni di distanza. Le discariche (tutte in attività grazie a proroghe date dal
Commissario) continuano ad essere essenzialmente l'unico metodo di
smaltimento dei rifiuti. Tre sono gli impianti di compostaggio presenti: un
solo impianto è effettivamente attivo, anche se è ampiamente sottoutilizzato,
dato che la raccolta dell'umido in Puglia non è sostanzialmente mai partita. Le
raccolte differenziate, nonostante il servizio sia esteso al 76% dei comuni
pugliesi, nel 1998 erano pari al 2,8 % (Ministero dell'Ambiente). Secondo il
Commissario al 30 giugno 1999 la percentuale era pari al 4%. Ma alla Puglia,
con 260 reati accertati e 95 sequestri compiuti, spetta sicuramente il primato
Pag. 70
per le illegalità nel ciclo dei rifiuti, così come riportato nel Rapporto Ecomafia
2001 di Legambiente.
Infine la Sicilia, dove il commissariamento è il più recente (è iniziato nel 1999
ed è stato prorogato fino al 31 dicembre 2001), ma lo scenario è più o meno lo
stesso delle altre regioni ed il problema di una pessima gestione dei rifiuti
altrettanto remoto. La discarica, in genere autorizzata con procedura di
emergenza, è da sempre l'unico siatema di smaltimento dei rifiuti. Nel 1997
Legambiente ne censì oltre 300 in tutta la regione e alla metà del 2000 nella
sola provincia di Messina ve ne erano circa 70. Emergenza nell'emergenza
viene segnalata dallo stesso ufficio del Commissariato per l'emergenza rifiuti,
riguardo alla discarica di Bellolampo di Palermo: se non si riuscirà ad
ampliarne la volumetria, entro pochi mesi i rifiuti della città e dell'intera
provincia non sapranno più dove smaltirli. Come dire dalla discarica alla
discarica. E la raccolta differenziata prescritta come rimedio dall'ordinanza?
Dal'1% si è passati secondo il Commissario all'1,9% alla fine del 1999. In
Sicilia secondo i numeri riportati nel Rapporto Ecomafia 2001, sono state
accertate 149 infrazioni e sono stati effettuati 75 sequestri.
Questo è lo scenario in cui vivono circa 17 milioni di persone, oltre un quarto
della popolazione del nostro paese, in un territorio ormai saturo di discariche
da bonificare, e con un sistema di gestione dei rifiuti che fatica ad uscire
dall'emergenza.
La situazione è allarmante. E' necessario individuare al più presto le carenze
del regime delle ordinanze e le sinergie politiche ed amministrative utili per
uscire definitivamente dall'emergenza, e mettere finalmente in piedi un
sistema ordinario per la gestione dei rifiuti. Un sistema basato sul ciclo
integrato, a partire dalle raccolte differenziate e dal riciclaggio dei materiali da
esse derivanti, l'unico in grado di porre le basi per la realizzazione di un
sistema di gestione industriale in grado di togliere definitivamente spazio
all'operato delle ecomafie, che sui rifiuti hanno fondato buona parte del loro
business.
Pag. 71
Certo i segnali che arrivano non sono molto incoraggianti; l'emendamento
inserito in extremis nel disegno di legge sugli interventi in campo ambientale
votato in senato il giorno prima della chiusura del Parlamento, che interviene
sulla definizione di raccolta differenziata, non aiuta certo in tal senso.
E' stato infatti "tagliato" dalla definizione di cosa è la raccolta differenziata il
destino finale dei materiali che da essa derivano, prima previsti in riutilizzo,
riciclaggio e recupero di materia prima. Che è come dire raccogliete in modo
da raggruppare in frazioni omogenee i rifiuti e poi decidete quale destino far
loro intraprendere, senza fastidiose gerarchie a limitare la possibilità di
recuperare energia da esse. Anzi se questo è il sistema ritenuto più efficiente
ed economico si lasci pure che tutte le frazioni derivanti dalla raccolta
differenziata dei rifiuti vengano recuperate in termini energetici. Se il decreto
che dovrà individuare i criteri per la contabilizzazione delle raccolte
differenziate, anch'esso previsto con altro emendamento in quel disegno di
legge, andrà in quella direzione, ecco create le condizioni e l'avallo per la
realizzazione di impianti per incenerire tutti i rifiuti che adesso prendono la
via della discarica, ovvero quasi l'80% di quelli prodotti.
Non era e non è questo il sistema industriale che Legambiente da sempre
propone e per il quale continuerà a battersi.
b. Campania
L'emergenza rifiuti in Campania esplode nel 1994. Da allora sono stati
prodotti circa 18 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, smaltiti per il 98% in
discarica, colmando oltre 25 milioni di metri cubi di invasi. Un'emergenza che
precipita in maniera definitiva il 16 ed il 20 gennaio scorso, quando
l'intervento della Asl determina la chiusura delle discariche di Tufino (Na) e
Parapoti (Sa), già esaurite e il cui esercizio era stato prorogato in assenza di
altri invasi disponibili. Motivo: elevato rischio ambientale. I due centri
raccoglievano i rifiuti di 152 comuni, pari ad un'area abitata da circa due
milioni di abitanti, per una produzione complessiva di 3.000 tonnellate al
giorno. In questi 70 giorni sono state prodotte in queste zone circa 200mila
Pag. 72
tonnellate di rifiuti: circa un terzo sono stati smaltiti in discariche della
Campania (in particolare sono state riaperte le discariche di Palma Campania,
Serre e Castelvolturno, quest'ultima sequestrata dalla magistratura ed in attesa
del dissequestro) e di altre regioni, un altro terzo è stato trattato negli impianti
di vagliatura (tre in funzione e altri in arrivo), triturazione ed imballaggio (4
attivi e altri in arrivo); la restante parte giace in siti di stoccaggio provvisorio
o deve ancora essere rimosso dalle strade. Al momento circa 1.000 tonnellate
al giorno vengono inviate fuori regione (Toscana, Umbria ed Emilia
Romagna). E' previsto l'invio in Germania di parte dei rifiuti derivanti dalla
triturazione ed imballaggio.
Nel febbraio 1994 il Prefetto di Napoli diventa commissario straordinario per
lo smaltimento dei rifiuti. Allora le discariche erano gestite tutte da imprese
private, molte delle quali "in odore di camorra". Nel 1996 al Prefetto si
affianca anche il presidente della Regione, con una funzione rivolta
prevalentemente all'elaborazione di un piano regionale ed alla localizzazione
di impianti di smaltimento. Fino a quel momento esisteva solo lo smaltimento
in discariche. Se ne contavano in Campania 115 autorizzate in via provvisoria
in attesa del piano regionale. La convenienza era soprattutto di natura
economica: 40 - 50 lire al chilo contro le 200 lire delle regioni del nord Italia.
Gli impianti previsti nel piano sono dimensionati partendo dalla produzione
complessiva dei rifiuti della Campania, senza tenere presente la raccolta
differenziata. Le ordinanze che si sono succedute negli anni hanno invece
imposto percentuali di raccolta differenziata sempre più alte, fino al 35%
attuale. Questo dovrebbe comportare comunque un ridimensionamento degli
impianti previsti.
Va comunque sottolineato che tutte le discariche attualmente in esercizio in
Campania sono prossime all'esaurimento e che non sono sufficienti a garantire
lo smaltimento dei rifiuti prodotti in attesa della realizzazione degli impianti
previsti e della messa a regime della raccolta differenziata. Questi rifiuti
Pag. 73
dovranno comunque essere trattati (mediante vagliatura, imballaggio e bio-
stabilizzazione) e dovranno essere individuati siti di stoccaggio definitivo.
La raccolta differenziata in Campania all'inizio dell'emergenza parte al
rallentatore. Sulle raccolte dal '96 al '99 vengono investiti solo 4 miliardi e la
percentuale regionale rimane su valori bassi. Nell'autunno del '99 comincia la
svolta. Da allora ad oggi i miliardi impegnati per acquistare mezzi ed
attrezzature per le raccolte e per costruire gli impianti di compostaggio e
riciclaggio degli inerti sono diventati oltre 400. Nell'ultimo periodo qualcosa
comincia a muoversi. Il commissariato ha previsto la realizzazione di 18
impianti di compostaggio. Ad Avellino è partito un interessante esperimento
sul compostaggio domestico che ha interessato 6 mila nuclei familiari,
raccogliendo in breve tempo il 5% di umido. Inoltre e' stato avviata la gara per
l'acquisto di 100 mila compostatori domestici da dislocare in tutta la regione,
che vedrà coinvolte successivamente altrettante famiglie. Inoltre se fino allo
scorso anno c'era un unico comune (Pomigliano d'Arco) che faceva la raccolta
differenziata con una percentuale quasi "lombarda" (16%), oggi sono oltre
una trentina i comuni che la praticano con buoni risultati. Tanto per fare
qualche esempio nel salernitano il comune di San Cipriano Picentino,
raggiunge la percentuale del 60%, mentre in molti comuni del nolano, in
provincia di Napoli, si raggiunge la quota del 40%. In alcune città della
provincia di Avellino e Benevento e nel Cilento, si è passati dalla ridicola
percentuale dello 0,8% a quella più accettabile dell'8%. Ma siamo ancora
lontani dal traguardo prefissato, da una raccolta differenziata degna di questo
nome. Basti pensare che una metropoli quale Napoli, abitata da oltre 1
milione di persone, raggiunge la misera percentuale del 2% smaltendo i suoi
rifiuti ancora nella discarica di Giugliano. Per la città di Napoli è previsto un
piano per portare in pochi mesi la raccolta differenziata al 20%. In ogni caso
secondo i dati del Commissario a fine 2000 la percentuale di raccolta
differenziata nella regione Campania è arrivata a circa il 5%.
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Mentre tutto questo accadeva la camorra continuava ad occuparsi nel business
dei rifiuti rendendo la Campania la regione italiana più investita da questo
tipo di fenomeno criminale. Solo lo scorso anno, secondo quanto riportato nel
Rapporto Ecomafia 2001 di Legambiente, le forze dell'ordine hanno accertato
229 infrazioni alla normativa sui rifiuti, operando 115 sequestri per un valore
complessivo di oltre 11 miliardi di lire.
Tornando alle cronache degli ultimi giorni, le considerazioni da fare sono
molte. Nel prossimo futuro mai più si deve ricorrere all'utilizzo di discariche
per uscire dall'emergenza, il peggior modo per smaltire i rifiuti che ha
permesso di alimentare il business dell'ecomafia. Per cambiare rotta, e uscire
in modo definitivo dall'emergenza, la struttura commissariale ed i sindaci
abbiano il coraggio di utilizzare la stessa determinazione, usata in questi
giorni rispettivamente per aprire le discariche provvisorie e per protestare
insieme ai cittadini, al fine di far decollare la raccolta differenziata e per
permettere la costruzione degli impianti a tecnologia complessa per il
trattamento dei rifiuti. Solo in questo modo si potrà dare una scossa definitiva
all'emergenza e parallelamente agli interessi della camorra. Infatti è proprio
questo che l'ecomafia non vuole: l'avvio definitivo del ciclo integrato di
smaltimento dei rifiuti.
In definitiva, oggi c'è il rischio che l'emergenza rifiuti diventi l'alibi per
bloccare l'avvio della raccolta differenziata in Campania. Deve essere chiaro a
tutti, in primis cittadini, amministratori, politici, istituzioni, che senza un
risultato positivo e soddisfacente di raccolta differenziata non esiste impianto
moderno e tecnologicamente avanzato che possa risolvere la partita rifiuti in
Campania. Cortei, manifestazioni, proteste, scontri fisici, lacrimogeni? Ecco il
conto che si paga per l'assenza in questi anni di una seria politica per
l'ambiente e per lo smaltimento dei rifiuti. Ed il futuro non è dei più rosei se si
pensa che per beghe politiche sono alcuni mesi che la Giunta Bassolino è
priva dell'Assessore all'Ambiente.
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c) Calabria
Oggi, a tre anni e mezzo dalla dichiarazione dello stato di emergenza,
cominciano a scorgersi i primi timidissimi segnali di cambiamento della
situazione che ha portato al commissariamento della Regione. Sicuramente un
fatto positivo è la chiusura delle circa 400 discariche aperte con procedura
d'urgenza negli anni scorsi e la presentazione del nuovo piano per le raccolte
differenziate e per la complessiva gestione dei rifiuti. Ma sono però ancora
molte purtroppo le note dolenti sul commissariamento della regione Calabria:
la produzione dei rifiuti continua ad aumentare di anno in anno, le raccolte
differenziate sono su percentuali ancora troppo basse, di impianti di
trattamento dei rifiuti a tecnologia complessa non se ne vede ancora traccia,
mentre le illegalità commesse nel ciclo dei rifiuti pongono la regione al quinto
posto nella classifica nazionale, con 149 infrazioni accertate nel 2000.
Entrando nel dettaglio dei dati, la produzione dei rifiuti urbani in Calabria era
pari a 697.210 tonnellate (t) nel 1997 ed è aumentata a 736.900 t nel 1998
(+5,7%), mentre la raccolta differenziata dei rifiuti urbani era allo 0,57% nel
1997 ed è "aumentata" allo 0,65% nel 1998 (fonte: Secondo rapporto sui
rifiuti urbani, Anpa e Osservatorio nazionale sui rifiuti, febbraio 1999, e
Relazione sullo stato dell'ambiente, Ministero dell'Ambiente, febbraio 2001).
Il commissario ha fornito il dato del 2,37% a fine del 1999. I dati sulle
illegalità nel ciclo dei rifiuti nel 2000 hanno registrato rispetto al 1999 una
diminuzione delle infrazioni accertate dalle forze dell'ordine (dalle 336 nel
1999 alle 149 nel 2000), a fronte di una crescita considerevole dei sequestri
effettuati, a testimonianza della maggiore gravità delle infrazioni commesse
(dai 43 del 1999 ai 75 dell'anno appena trascorso) (fonte: Rapporto Ecomafia
2001 di Legambiente, marzo 2001).
Ma veniamo alla cronistoria dell'emergenza rifiuti in Calabria.
Miriadi di discariche attivate sul territorio regionale con procedure d'urgenza
(ex art. 12 del Dpr. 915/82); drammatica carenza di impianti tecnologici di
trattamento dei rifiuti; incapacità della Regione nella programmazione di un
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piano idoneo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti; smaltimenti illeciti di
rifiuti provenienti da altre regioni ad opera della criminalità organizzata: sono
stati questi i motivi che hanno spinto il Governo a proclamare nel settembre
del 1997 lo stato di emergenza e di crisi socio - economico - ambientale nel
settore dello smaltimento dei rifiuti solidi - urbani (Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 12 settembre 1997).
Viene quindi nominato come Commissario delegato il Presidente della giunta
regionale della Calabria, affiancato dai cinque prefetti delle province, in
qualità di sub - commissari, e da una commissione tecnico scientifica. In
quest'ordinanza, a firma del Ministro degli Interni, il quadro fornito sulla
gestione dei rifiuti in regione è a dir poco inquietante. Vale la pena
richiamarne qualche frase:
"la gestione attuale dei rifiuti della regione Calabria si basa in larga misura su
discariche, molte delle quali attivate dai sindaci con procedure d'urgenza,
gestite in modo carente, tanto da aver fatto rilevare al Nucleo operativo
ecologico dei Carabinieri vasti spazi di illegalità che vanno dalla mancanza
dei requisiti tecnici, a gravi omissioni amministrative, a smaltimenti abusivi di
rifiuti provenienti da varie regioni";
"i pochi impianti a tecnologia complessa in esercizio non sono adeguati ai più
recenti requisiti tecnici, che garantiscono un corretto esercizio e che la
realizzazione di altri impianti si trascina nel tempo in modo da impedire il
formarsi di previsioni ragionate";
"la gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti va immediatamente
riportata sotto controllo, impedendo l'introduzione di rifiuti provenienti da
altre regioni, operando riforme strutturali nel settore della raccolta, del
trasporto, della valorizzazione, del recupero di materie e di energia";
"vanno immediatamente censiti e contrastati i casi di smaltimento abusivo,
come pure individuate, chiuse e bonificate le discariche esistenti, limitando lo
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smaltimento residuale in discarica e operandolo in un numero ridotto di
discariche pubbliche adeguatamente attrezzate, gestite e controllate";
"dalla attività svolta dalla magistratura e dalle forze dell'ordine risultano
infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dello smaltimento dei
rifiuti".
Sulla base dell'ordinanza il Commissario Delegato, doveva predisporre entro
la fine del 1997 un piano di interventi di emergenza e l'organizzazione, sulla
base di bacini provinciali, della raccolta differenziata di carta, vetro, metalli,
legno, frazione organica con l'obiettivo di raggiungere il 10% di raccolta entro
il 30 giugno 1998 ed il 35% nei successivi due anni.
Nel maggio del 1998 viene presentato il piano ed entro la fine di quell'anno
vengono chiuse oltre 400 discariche, provvedendo allo smaltimento dei rifiuti
in 59 discariche pubbliche, dislocate su tutto il territorio regionale ed
autorizzate dal Commissario.
Le scadenze temporali sulla raccolta differenziata riportate nell'ordinanza si
dimostrano un "bluff". Vengono emanate quindi diverse nuove ordinanze che
rinviano i termini per l'attivazione delle raccolte e che modificano gli obiettivi
percentuali delle stesse:
con l'Opcm n. 2856 del 1° ottobre 1998 i termini per l'organizzazione e
l'attivazione della raccolta differenziata sono prorogati al 31 dicembre 1998.
Mentre gli obiettivi per la raccolta differenziata prefissati nel 10% alla data
del giugno 1998, vengono rimodulati nella misura del 20% da raggiungere
entro il 30 giugno 1999, fermo restando la programmazione degli interventi
per realizzare l'obiettivo minimo del 35% nei successivi due anni;
con l'Opcm n. 2881 del 30 novembre 1998, (in cui vengono conferiti al
Commissario delegato anche i poteri per la gestione dei rifiuti speciali e
pericolosi, per la bonifica dei siti inquinati ed per la tutela delle acque), viene
previsto un meccanismo di penalità in cui si dispone che la tariffa per il
conferimento in discarica dei rifiuti urbani dei comuni che non hanno attivato
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la raccolta differenziata sia maggiorata del 4% per ogni punto percentuale in
meno rispetto all'obiettivo minimo del 25% previsto nella precedente
ordinanza;
con l'Opcm n.2984 del 31 maggio 1999, vengono dettate le nuove norme e
fissati i nuovi obiettivi che consistono nel conseguire, entro il 31 dicembre
1999, l'obiettivo del 15% di raccolta differenziata della carta, plastica, vetro,
metalli, legno e la programmazione degli interventi per realizzare l'obiettivo
del 25% nei due anni successivi. Inoltre, per quanto riguarda la frazione
umida, viene fissato l'obiettivo minimo del 10% al 31 dicembre 1999 e del
15% nei due anni successivi. Complessivamente quindi gli obiettivi per la
raccolta differenziata previsti nell'ordinanza risultano pari al 25% entro la fine
del '99 e al 40% entro il 2001;
nell'ultima ordinanza (n. 3062 del 6 luglio 2000), che proroga ed integra i
poteri conferiti al Commissario Delegato con le precedenti ordinanze fino alla
cessazione dello stato di emergenza, il Commissario Delegato, al fine di
ottenere la riduzione dei rifiuti da conferire in discarica, deve disporre anche
la riduzione e, successivamente, il divieto di conferimento di qualsiasi tipo di
imballaggio, della sostanza organica, dei rifiuti inerti, degli ingombranti, dei
beni durevoli nonché dei rifiuti assimilati ed assimilabili, in relazione allo
sviluppo della raccolta differenziata.
Il "Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti
solidi urbani ed assimilabili", presentato nel maggio 1998 - puntualmente
criticato da Legambiente in molte sue parti - è stato bocciato dalla Direzione
generale ambiente della Commissione europea nel giugno dello scorso anno.
Le motivazioni della bocciatura sono pesanti: nel Piano sono assenti dati di
partenza, essenziali per la definizione di un piano di gestione rifiuti, come la
tipologia, le quantità e l'origine dei rifiuti prodotti; degli impianti previsti
viene fornita una descrizione sommaria, senza nessuna indicazione sulle
tipologie di rifiuti da destinare ad essi; l'assenza dei dati di base sulla
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produzione dei rifiuti prodotti non dà modo di stabilire il necessario
dimensionamento degli impianti previsti nel Piano. Per dirla in breve il piano
presentato non poteva essere assolutamente definito un piano di gestione
rifiuti, così come previsto dalle direttive europee. Con la conseguenza non
trascurabile che la Calabria rischiava di perdere parte dei finanziamenti
previsti nei Fondi strutturali dell'Unione europea.
Successivamente alla bocciatura europea, all'inizio del 2001, è stato
finalmente presentato il nuovo piano di gestione dei rifiuti e per la bonifica
dei siti contaminati. Il piano suddivide il territorio regionale in cinque Ambiti
territoriali ottimali (Ato). Viene prevista la realizzazione di due impianti di
combustione della capacità di 120.000 t/anno cadauno: il primo da localizzarsi
nel territorio di Gioia Tauro (Rc); l'altro, inizialmente previsto nella provincia
di Cosenza, molto probabilmente verrà localizzato in quella di Crotone.
Considerando la prossima attivazione e messa a regime delle raccolte
differenziate, la costruzione di due impianti di quella taglia continua a
sembrare sovradimensionata. Sono previsti inoltre il completamento e/o il
potenziamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi impianti per
la valorizzazione del rifiuto a Crotone, Piano Lago (Cs), Gioia Tauro (Rc),
Siderno (Rc) e Castrovillari (Cs). Completano l'impiantistica prevista ben 14
stazioni di trasferimento dei rifiuti. Attualmente sono stati attivati gli impianti
di selezione dei rifiuti di Sambatello (Rc) e di Lamezia Terme (Cz), mentre è
stato chiuso, finalmente, l'inceneritore di Settimo di Rende (Cs). L'impianto di
selezione di Rossano (Cs) completato da anni, inspiegabilmente continua a
rimanere chiuso. Dei nuovi impianti previsti tranne le stazioni di trasferimento
non ne è stato realizzato nessuno. Il costo totale di tutti gli impianti previsti è
stimato in oltre 340 miliardi di lire.
Attualmente, se si escludono i rifiuti conferiti agli impianti di valorizzazione e
compostaggio di Lamezia, Sambatello e Alli, la stragrande maggioranza dei
rifiuti urbani è smaltita nelle 59 discariche autorizzate. Finalmente sono stati
attivati in tutti i sedici sottoambiti le società pubblico-private per l'attivazione
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della raccolta differenziata. Non esiste la raccolta dei rifiuti ingombranti, né
tanto meno quella dei rifiuti urbani pericolosi (pile, farmaci).
Particolarmente problematica si presenta anche la raccolta e lo smaltimento
dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, soprattutto per la carenza di
impianti. Infatti gli impianti esistenti riescono a coprire non oltre il 50% dei
rifiuti prodotti nelle regione.
Per quanto riguarda la bonifica dei siti contaminati, dall'indagine sui siti
potenzialmente inquinati da rifiuti nella Regione Calabria, effettuata
dall'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, nei 409 comuni
calabresi sono stati censiti 696 siti potenzialmente inquinati da rifiuti con un
volume superiore ai 250 mc. Il costo previsto per realizzare le bonifiche è
stimato in circa 1000 miliardi di lire. Anche se le discariche sono tutte
dismesse il problema dell'inquinamento del suolo e delle acque sotterranee
rimane comunque un pericolo attuale: la maggior parte non è dotata di
recinzione, né di impermeabilizzazione del sottofondo; oltre il 60% è ubicata
a meno di 150 m da corsi d'acqua. Esempi singolari da questo punto di vista
sono rappresentati dalle discariche di Locri e Siderno che insistono all'interno
dell'alveo del Fiume Novito in piena area di esondazione. Critica si presenta
la situazione nei comuni di Cassano allo Ionio e di Cerchiara di Calabria,
dove sono ammassate, senza precauzione alcuna, centinaia di tonnellate di
ferrite di zinco, rifiuto pericoloso contenente alte concentrazioni di metalli
pesanti, proveniente dalla Pertusola Sud di Crotone.
d) Puglia
Ad ormai 6 anni e mezzo dalla dichiarazione dello stato d'emergenza la
situazione pugliese non ha subito alcun cambiamento: gli unici impianti
continuano ad essere solo le discariche; le discariche esaurite sono stati
riaperte con ampliamenti d'ufficio decisi dal commissario - delegato; la
gestione è sempre in mano a pochi oligopoli, come sostenuto in più occasioni
dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e confermato
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dal Procuratore generale della Corte d'appello di Bari Dibitonto all'apertura
dell'anno giudiziario 2001; i piani di gestione sono ancora ben lontani
dall'essere concretizzati; lo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi è
ancora lungi dall'essere attuato. Nel frattempo la Puglia, secondo il Rapporto
Ecomafia 2001 di Legambiente, è diventata la prima regione d'Italia per le
illegalità riscontrate nel ciclo dei rifiuti nel 2000, con ben 260 reati accertati
dalle forze dell'ordine e 95 sequestri operati.
I dati sui rifiuti pugliesi parlano chiaro. Anche se nel corso degli anni 1998 e
1999 i servizi di raccolta differenziata si sono diffusi al 76% dei comuni, a
servizio di oltre l'80% della popolazione, la raccolta differenziata in Puglia nel
1998 era ancora pari al 2,8% (Fonte: Relazione sullo stato dell'ambiente,
Ministero dell'Ambiente, febbraio 2001). Il dato fornito dal Commissario ed
aggiornato a giugno 1999 è pari al 4%. Le raccolte differenziate non
decollano anche perché nessun impianto di raccolta, di prima lavorazione e
stoccaggio dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata è mai entrato
in funzione.
Nella regione Puglia l'emergenza rifiuti è iniziata nel novembre 1994, insieme
all'emergenza sanitaria per i casi di colera a Bari, dovuti all'inquinamento
delle acque. Da allora lo stato d'emergenza è stato prorogato annualmente,
come nelle altre regioni.
L'ultima delle ordinanze sul tema ("Ulteriori disposizioni per fronteggiare
l'emergenza in materia di gestione dei rifiuti urbani, speciali e speciali
pericolosi, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle
falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque
superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nel territorio della Regione
Puglia") è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 agosto 2000. Il
provvedimento prevede la nomina del Presidente della Regione Puglia nella
veste di Commissario delegato fino al 31 dicembre 2001, data entro la quale
dovrebbe rientrare l'emergenza. Gli stessi poteri erano stati attribuiti in
precedenza al Prefetto di Bari, al quale sono stati confermati i poteri di
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commissario delegato "per il completamento degli interventi, i cui lavori siano
in corso nonché quelli relativi a gara dallo stesso aggiudicati, ovvero i cui
bandi siano stati già pubblicati o in corso di pubblicazione ed i termini di
presentazione delle offerte siano scaduti alla data di pubblicazione della
presente ordinanza".
Per quanto riguarda la pianificazione la situazione è la seguente:
il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è stato approvato
dal Consiglio regionale nel 1993. Con legge regionale nel 1996 sono state
dettate le disposizioni per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei
rifiuti urbani e per l'attuazione del piano. Il 7 marzo scorso è stato presentato
il nuovo piano per l'emergenza rifiuti;
con deliberazione della Giunta regionale del 1989 è stato adottato il piano
regionale per lo smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi; questo piano
non e' mai stato approvato dal Consiglio regionale;
con delibera del Consiglio regionale del 1995 è stato approvato il piano
regionale per la bonifica delle aree inquinate.
Per quanto riguarda gli impianti lo smaltimento dei rifiuti urbani della Puglia
avviene quasi esclusivamente in discarica. La situazione attuale delle
discariche attive in regione è la seguente: 5 a Bari, 2 a Brindisi, 5 a Foggia, 4
a Lecce e 2 a Taranto. Tutte le discariche per rifiuti urbani autorizzate sono
attualmente in attività con proroghe date dal commissario delegato con
progetti di ampliamento per una volumetria pari a 300.000 mc ad impianto.
Oggi siamo all'esaurimento di dette volumetrie e nessun impianto nuovo e'
ancora partito. E' presumibile che siano prossimi altri ampliamenti d'ufficio
ordinati dal commissario delegato.
Tre sono gli impianti di compostaggio presenti in Puglia: il primo è
ampiamente sottoutilizzato (proprio perché la raccolta differenziata della
frazione umida dei rifiuti non è mai effettivamente partita) il secondo è in fase
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di avviamento, mentre il terzo è in fase di adeguamento. Allo stato attuale
nessun inceneritore per rifiuti urbani è attivo.
In attuazione del Programma varato dal Commissario Delegato, sono stati
previsti 4 centri di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali
provenienti dalla raccolta differenziata in provincia di Bari, 2 a Brindisi, 3 a
Foggia, 4 a Lecce e 3 a Taranto. Sono previsti anche impianti di
compostaggio per i vari ambiti territoriali, ma sono ancora sulla carta. Il piano
di emergenza prevede anche la realizzazione di due impianti per la produzione
di Cdr: uno da 130.000 t/a da localizzare nella provincia di Bari e uno da
190.000 t/a da localizzare nel Salento. Il Cdr prodotto da questi impianti
dovrebbe essere bruciato nella centrale ENEL di Brindisi sud - Cerano, ma
tuttora non esistono accordi siglati in tal senso.
Sono previsti infine tre impianti di combustione per le tre province di Bari,
Taranto e Foggia, ma al momento poco o nulla si è fatto circa le loro
localizzazioni.
Per quanto riguarda i rifiuti speciali e/o pericolosi, questi vengono destinati
alle discariche dell'Ilva di Taranto, dell'Enichem di Brindisi e di Monte
Sant'Angelo. Ovvero impianti realizzati ad uso esclusivo di questi stabilimenti
industriali. I rifiuti speciali prodotti da tutti gli altri stabilimenti industriali
vengono smaltiti molto probabilmente fuori regione, dato che non esistono
altre discariche di terza categoria.
Per quanto riguarda i rifiuti pericolosi non esiste infatti alcun piano né
regionale, né di ambito o bacino territoriale, anche se la loro gestione è
prevista dall'ordinanza. I rifiuti ospedalieri e altre tipologie compatibili sono
inceneriti, mentre il Consiglio regionale non ha ancora approvato il piano di
smaltimento dell'amianto
e) Sicilia
I rifiuti urbani prodotti vengono quasi totalmente smaltiti in discariche, molte
delle quali autorizzate con procedura d'urgenza. Oltre 300 i siti censiti da
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Legambiente nel 1997, utilizzati in tal senso e nella sola provincia di Messina
a metà del 2000 erano attive 75 discariche di questo tipo.
Gli impianti di trattamento dei rifiuti a tecnologia complessa sono inesistenti o
quasi. Le raccolte differenziate sono su percentuali che non arrivano al 2%.
Basta questa breve descrizione per capire come ancora oggi, a circa 22 mesi
dall'inizio del commissariamento della regione Sicilia per la gestione dei
rifiuti, non si colgono assolutamente segnali di cambiamento e di inversione
di rotta sull'emergenza.
Le discariche per antonomasia in Sicilia sono da sempre: Bellolampo (Pa),
Motta S. Anastasia (Ct), Catania, Lentini (Sr) e negli anni passati Portella
Arena a Messina (fino al disastro ambientale dell'ottobre 1998).
Gli altri impianti presenti in Sicilia sono costituiti dall'inceneritore di San
Raineri a Messina (inattivo da anni a causa di perenni lavori di adeguamento e
ristrutturazione); e l'inceneritore di Pace a Messina (recentemente è stata
attivata una linea con una capacità di trattamento pari a 80 tonnellate al
giorno), le cui condizioni di funzionalità complessive risultano scadenti. A
questi si aggiungono una piattaforma per il riciclaggio della plastica in
provincia di Palermo; alcune piattaforme Conai disseminate nelle varie
provincie senza concreta funzionalità; un impianto di stabilizzazione e
produzione di Cdr in provincia di Trapani, mai entrato in funzione anche se
attualmente si stanno operando degli interventi di adeguamento per renderlo
funzionante.
Industrie in grado di riciclare alcuni materiali provenienti dalle raccolte
differenziate sono una vetreria a Marsala con potenzialità di 42.000 tonn/anno
e tre cartiere: una a Palermo e due sul versante ionico della regione, in zona
Francavilla di Sicilia. Situazione non certo favorevole per rendere operativo in
tempi brevi un sistema efficiente.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'ambiente nella Relazione sullo
stato dell'ambiente dello scorso febbraio la raccolta differenziata in Sicilia nel
1998 era pari all'1%. Gli ultimi dati del Commissario danno una percentuale
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dell'1,9% a fine 1999. Sono completamente assenti i servizi di raccolta
differenziata della frazione organica dei rifiuti urbani e degli scarti verdi,
nonché l'organizzazione dei servizi su scala comprensoriale e/o di bacino. I
metodi di raccolta sono orientati verso il conferimento volontario in
contenitori stradali. Più raramente si assiste a servizi di raccolta "porta a
porta", attivati per un puro adempimento formale, con costi elevati e scarsa
redditività, troppo lontani da quei criteri di economicità ed efficienza previsti
dal Decreto Ronchi. Tutto questo si verifica anche perché mancano direttive
chiare su scala locale, preparazione professionale, impiantistica al servizio
delle raccolte differenziate, gestione dei servizi su scala comprensoriale ed
una politica di gestione dei rifiuti fatta di interventi programmati e pianificati.
La questione dei rifiuti ha da sempre rappresentato uno dei problemi
ambientali più rilevanti in questa Regione. Negli ultimi 10 anni si è
costantemente operato in regime di emergenza, senza alcuna pianificazione e
programmazione degli interventi. Il Piano regionale del 1989 (Dprs 35/89),
emanato in seguito al Dpr 915/82 e nato quindi con ben sette anni di ritardo,
mostrava già allora di essere superato sia dal punto di vista legislativo che
tecnologico.
Il Dpr 915/82 e poi il Decreto Ronchi sono stati applicati dalle
amministrazioni locali solamente nella parte che riguarda il ricorso alle
ordinanze contingibili ed urgenti al fine di individuare siti da adibire a
discariche. La dichiarazione dello stato di emergenza e la gestione
commissariale, potevano quindi giungere in Sicilia già molti anni fa.
Il commissariamento ha inizio con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio
dei ministri il 31 maggio 1999, ed il Presidente della Regione viene nominato
commissario straordinario per l'emergenza rifiuti. L'ordinanza dà inoltre il
potere d'intervento ai Prefetti delle varie province per l'individuazione e
l'attivazione di discariche d'emergenza.
Ma già a dicembre il Commissario delegato chiede la proroga del
commissariamento per un altro anno. La proroga viene concessa fino al 31
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dicembre 2001, estendendo i poteri del Commissario Delegato anche ai rifiuti
speciali e pericolosi.
Viene inoltre prevista la predisposizione del Piano di gestione rifiuti e delle
bonifiche delle aree inquinate e di un Piano degli interventi di emergenza per
la realizzazione degli interventi necessari a far fronte alla situazione di
emergenza. Una successiva ordinanza impone infine l'individuazione e la
localizzazione degli impianti a carattere prioritario nonché la definizione degli
ambiti e dei sub-ambiti territoriali ottimali.
Il "Documento delle priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti in Sicilia"
(il cosiddetto "Pier"), approvato con decreto commissariale del 25 luglio
2000, prevede un periodo transitorio dell'emergenza fissato in ventiquattro
mesi. Vengono previsti 9 ambiti territoriali ottimali (Ato), che corrispondono
alle province, e 25 sub - ambiti ottimali, sede di stazioni di trasferenza di
rifiuti, impianti selezione e valorizzazione dei rifiuti ed impianti di
compostaggio.
Le previsioni impiantistiche per la regione sono foriere di grandi scenari: 9
impianti di produzione di Cdr; 15 stazioni di trasferenza; 26 impianti di
selezione e valorizzazione dei rifiuti; 18 impianti di compostaggio e diverse
aree attrezzate per il compostaggio nelle isole minori (Ustica, Pantelleria,
Lipari, Favignana, Lampedusa); diversi centri di conferimento del Consorzio
nazionale imballaggi (Conai) ed impianti di compostaggio modulari di piccola
taglia.
Secondo le previsioni, tutti i comuni dovranno attuare la raccolta differenziata
preferibilmente monomateriale per le seguenti frazioni: frazione secca
riciclabile: carta, plastica, metalli e vetro; frazione organica per la produzione
di compost di qualità; pile e farmaci scaduti; conferimento presso isole
ecologiche delle altre tipologie di rifiuti riciclabili.
I fabbisogni finanziari necessari per mettere in atto questo piano di uscita
dall'emergenza sono stimati in circa 800 miliardi di lire così suddivisi: 230
miliardi di lire per mezzi, cassonetti e punti di raccolta, 204 miliardi di lire per
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i centri comunali di raccolta, 179 miliardi di lire per gli impianti di
compostaggio, 145 miliardi di lire per gli impianti comprensoriali di selezione
e di valorizzazione, 41 miliardi per le stazioni di trasferenza. Da questa stima
sono esclusi discariche ed impianti di produzione per il Cdr per il quale si
ipotizza il ricorso al "project financing".
Si prevede inoltre di realizzare tre impianti per la combustione di Cdr, che
dovrebbe essere usato come combustibile anche in impianti industriali già
esistenti quali cementifici e centrali termoelettriche.
Intanto dalla struttura commissariale per l'emergenza arriva l'allarme che se
non si riuscirà a portare a termine l'ampliamento della discarica di Bellolampo
in fase di progettazione, entro pochi mesi i rifiuti della città di Palermo e di
molti comuni della provincia esauriranno le residue volumetrie disponibili.
Con il rischio fondato di rivedere nel palermitano le stesse scene che stanno
caratterizzando in questi giorni diversi comuni delle province di Napoli e
Salerno.
Le conclusioni non possono essere che critiche riguardo da un lato l'operato
del Commissario delegato e dall'altro la valutazione tecnica del Piano.
L'operato del Commissario delegato è stato carente sotto tutti i punti di vista.
Innanzitutto per i ritardi con i quali ha affrontato l'emergenza. Sono gravi le
inadempienze ed i ritardi del Commissario: i 90 giorni di tempo per
approntare il Piano d'emergenza sono divenuti oltre un anno, e la prima bozza
di Piano dell'emergenza del febbraio 2000 non era altro che la continuazione
degli interventi mancanti e non attuati nel vecchio piano regionale del 1989,
tutto orientato verso la realizzazione di nuove discariche e inceneritori.
L'esame critico del Piano mostra delle anomalie nella fase di pianificazione ed
attuazione: si assiste ad un massiccio ricorso alla produzione di Cdr in
mancanza di idonei impianti dedicati e senza un accordo di programma con il
sistema industriale. La suddivisione in bacini prevista mostra evidenti lacune
rispetto al territorio in cui è calata, così come la distribuzione degli impianti:
le stazioni di trasferenza dimensionate per bacini di 100.000 abitanti faranno
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aumentare i costi di trasporto, soprattutto per i Comuni dell'entroterra e della
fascia pedemontana a scarsa densità abitativa.
Non sono previste forme di gestione su scala comprensoriale per ottimizzare
l'efficienza dei servizi e la loro economia di gestione.
Manca ancora il "Regolamento attuativo relativo ai criteri tecnico-economici
per l'organizzazione dei servizi di raccolta differenziata" che doveva essere
emanato entro 60 giorni dall'approvazione del P.R. Regolamento di
fondamentale importanza per dare direttive chiare ed immediate ai comuni per
l'attivazione dei servizi di raccolta differenziata secondo i criteri di efficienza,
economicità e compatibilità ambientale, nonché per puntare sulla qualità dei
prodotti recuperati.
Poche sono infine le garanzie affinché venga dato seguito alla convenzione
siglata fra la regione Sicilia ed il Conai, al fine di attivare sul territorio
regionale le piattaforme per il ricevimento dei materiali provenienti da
raccolta differenziata per avviarli quindi ad effettivo recupero.
Insomma c'è ancora molto, troppo da fare.
Le percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti nelle regioni in emergenza
Regione % all'inizio del
commissariamento
%
nel 1998
%
nel 1999
Campania 0,4 (1994) 1,6 5 (*)
Puglia 0,6 (1994) 2,8 4
Calabria 0,6 (1997) 0,65 2,4
Sicilia 1 (1999) - 1,9
Fonte: Ministero dell'ambiente e Uffici dei Commissari per l'emergenza rifiuti
(*) il dato è riferito all'anno 2000
Pag. 89
Uno dei problemi, legati alla raccolta e smaltimento dei rifiuti, riguarda il
turismo, quale settore formato da utenti consumatori di ambiente, i quali
spostandosi lontano dalla propria dimora abituale, spostano anche l’enorme
produzione di rifiuti. Capita spesso che, piccole cittadine turistiche di poche
migliaia di abitanti, vedano centuplicare la popolazione, in qualche periodo
dell’anno, e con essa anche la centuplicazione di rifiuti solidi urbani, con
enormi difficoltà di organizzazione, a discapito degli stessi turisti.
Pag. 90
Cap. 3
ECONOMIA DEL TURISMO
3.1
Pag. 91
DOMANDA OFFERTAFATTORI CONDIZIONANTI
FATTORI AMBIENTALIPolitico-legislativiSocio culturaliClimatico-ambientaliEconomiciTecnologiciDemograficiNaturaliinsediative
METE DEL TURISMO(condizioni originarie
di attrazione o di repulsione)
Naturali Paesaggistiche Antropiche
-Attrezzature ricettive
-Pararicettive-Complementari-Servizi pubblici
e vari
ORGANIZZAZIONE DELLA OFFERTA
AREA DI TRANSITO
TRASPORTI
Proprio
Improprio
Non turismo
FORME DI TURISMO
POPOLAZIONE TOTALE
Livello culturale (mentalità)
grado d’istruzione
Psicologiche accettazione
delle innovazioni
3.1 FORME DI TURISMO
Il fenomeno denominato Turismo ”proprio” fonda il proprio oggetto d’indagine sul
consumatore di ambiente, cioè sul turista tipo,
soggetto che per motivi non di lavoro, ma di
vacanza o divertimento, abbandona la propria
dimora abituale per recarsi in un luogo di
soggiorno, ambiente diverso dal proprio, attivando
così, una serie di effetti economici e sociali oggetto
d’indagine.
Pur se la distinzione tra turismo proprio e improprio non è sempre ritenuta valida, la
discriminante fondamentale sta nelle motivazioni
che fanno muovere il turista: nel primo caso motivi
di diporto (Leisure), nel secondo altri motivi quali:
di salute
di famiglia
di studio/scientifico
affari
diplomatico
ecc..
Accanto a queste forme di turismo è oggetto di studio anche l’escursionismo, detto
anche “forma di non turismo” poiché si tratta di
ricreazione nelle aree prossime al luogo di abituale
residenza, esaurendosi in un periodo di tempo
inferiore ad una giornata.
Pag. 92
a)Il TURISMO “PROPRIO”
b)
Il TURISMO “IMPROPRIO”
c)L’ESCURSIONISMO
3.2 ARTICOLAZIONE DELL’OFFERTA TURISTICA
3.3 Legge 29 marzo 2001, n. 135
Pag. 93
(Strutturale)
(creata)
(data)
ALLOGGIO E RISTORAZIONEStrutture ricettive (alberghiere ed extra alberghiere: Alberghi, Motel, Villaggio albergo, Residence, Villaggi turistici, Campeggi, Alloggi agrituristici, Case per ferie, Case e appartamenti per Vacanze, Ostelli per la gioventù, Rifugi alpiniStrutture pararicettive (complementari): ristoranti, trattorie, osterie, tavole calde, rosticcerie, pizzerie, bar, caffè, gelaterie, birrerie, spacci, ecc...
INFRASTRUTTURE PER ATTIVITA’:
ricreativeSpettacoliConvegniManifestazioniSportEventiEcc..
SHOPPINGsouvenirarticoli da regaloartigianatoartevestiariocuriosità
I BENI NATURALI, ARTISTICI E ANTROPICI
DELLAOFFERTA
TURISTICAPUBBLICA E
PRIVATA
ARTISTICI E ANTROPICI:monumenti, opere artistiche e architettoniche, musei, tradizioni gastronomiche, tradizioni culturali, archeologia, parchi naturali, parchi tematici, strade, autostrade, porti, aeroporti, ferrovie, ecc...
NATURALI: Mare, laghi, fiumi, isole, morfologia territoriale, acque termali, clima, flora, fauna, ecc...
"Riforma della legislazione nazionale del turismo"COMMENTI, RAPPORTO CON LA LEGGE PRECEDENTE
E VESTE GRAFICA DI Angelo Raso
Negli anni del dopoguerra, ai primi accenni del turismo di massa, tra la fine
degli anni 50 e l’inizio degli anni 60, l’azienda turistica Italia era considerata
nel mondo come un modello da imitare. Film come “la dolce vita”
additavano il nostro paese come ricco di storia, cultura e clima favorevole,
facendo si che turisti a migliaia si riversassero in cerca di emozioni, sapori,
sensazioni, impressioni popolari, affiancandosi al già consolidato turismo di
élite.
Poi, improvvisamente qualcosa si ruppe, e il momento magico si frantumò,
sopravvenne la crisi degli anni 70 e l’Italia, che non investì in questo settore
di vitale importanza per l’economia (da non dimenticare l’effetto
moltiplicatore del turismo “Keynes”e i benefici per la bilancia dei
pagamenti), non seppe trovare la strada che invece le altre nazioni percorsero
con costanza: i grandi parchi a tema, le grandi catene alberghiere e di
ristorazione, le organizzazioni turistiche di massa, i musei interattivi, ecc…
In definitiva mentre il turismo nel mondo diventava industria, in Italia
rimaneva piccola impresa artigianale, in una parola l’Italia è rimasta estranea
al processo d’industrializzazione dell’Impresa turistica.
Questa breve premessa a dimostrare come un settore, appunto quello
turistico, ha trovato in Italia, che pur detiene oltre il 50% delle risorse
artistiche e culturali del mondo, difficoltà a decollare nella giusta misura.
Naturalmente la legislazione in materia è stata anch’essa non all’altezza del
compito, si pensi soltanto che da una legge, per la classificazione
alberghiera, antecedente alla seconda guerra mondiale (legge 382 del
18.1.1939) si è dovuti attendere una legge quadro o cornice del 1983 (la
Pag. 94
217), per uniformarsi ai criteri con le stelle, ormai adottate in tutti i paesi del
mondo. Gli anni 80 possono essere ricordati come gli anni delle leggi
cornice (la 217/83, la 730/85, la 6/89), nate per stabilire, in modo esplicito
ed organico i principi fondamentali della materia in relazione all’esercizio
dei poteri legislativi delle Regioni.
Ma solo recentemente nel marzo 2001 abbiamo una legge (la 135) che
riconosce al turismo un ruolo strategico per lo sviluppo economico e
occupazionale, la quale verrà approfondita più avanti..
Anche la Comunità Europea, in un primo momento, non ha dato la giusta
importanza al settore turistico, infatti, il Trattato istitutivo del 1957, non
prevedeva alcun riferimento esplicito al turismo, il che avrebbe comportato
prima facie la negazione di una competenza diretta della Comunità in questa
materia.
Dobbiamo attendere il dicembre 86 (Decisione del Consiglio n. 86/664 CEE)
per avere un “Comitato Consultivo del turismo”, con mansioni meramente
consultive. Solo nel 1992 (Trattato di Maastricht sull’Unione Europea) si
pone il turismo nella giusta considerazione, nominandolo come strumento
per realizzare le finalità della Comunità stessa, emanando una serie di
direttive che hanno portato, gli Stati membri, alla legislazione attuale, o in
itinere.
Nelle seguenti pagine sarà analizzata la Legge 135, con delle comparazioni
con la 217/83, finalizzate proprio ad osservare i processi evolutivi della
normativa in materia di turismo ed i punti di forza della Legge verso uno
sviluppo equilibrato del settore e dell’economia in generale.
Pag. 95
1.La presente legge definisce i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione
Da notare come la 135 definisce, non solo i principi, come la 217/83, ma anche gli strumenti legislativi, economici e sociali.
2. La Repubblica:
a) riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese nel contesto internazionale e dell'Unione europea, per la crescita culturale e sociale della persona e della collettivita' e per favorire le relazioni tra popoli diversi;
Il ruolo strategico del turismo è riconosciuto dalla Repubblica in tutti i suoi aspetti.
b) favorisce la crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico nazionale, regionale e locale, anche ai fini dell'attuazione del riequilibrio territoriale delle aree depresse
Viene riconosciuto al turismo “l’effetto equilibratore” delle economie, a favore delle aree in ritardo economico
c) tutela e valorizza le risorse ambientali, i beni
culturali e le tradizioni locali anche ai fini di
uno sviluppo turistico sostenibile;
Viene tenuto conto del binomio turismo-ambiente e si parla di sviluppo turistico sostenibile
Pag. 96
Art. 1Capo 1
PRINCIPI
Non solo principi
Riconoscimento di ruolo
Effetto equilibratore
Sviluppo
c) sostiene il ruolo delle imprese operanti nel settore turistico con particolare riguardo alle piccole e medie imprese e al fine di migliorare la qualita' dell'organizzazione, delle strutture e dei servizi;
Si accentua l’attenzione sulla qualità ed il ruolo delle piccole e medie imprese
d) promuove azioni per il superamento degli
ostacoli che si frappongono alla fruizione
dei servizi turistici da parte dei cittadini,
con particolare riferimento ai giovani, agli
anziani percettori di redditi minimi ed ai
soggetti con ridotte capacita' motorie e
sensoriali;
Pone l’attenzione sull’incentivazione della fruizione del turismo da parte dei
giovani, anziani, e soggetti portatori di handicap percettori di redditi
minimi, creando seri presupposti per un aumento della domanda turistica.
f) tutela i singoli soggetti che accedono ai
servizi turistici anche attraverso
l'informazione e la formazione
professionale degli addetti;
Tutela dei turisti-consumatori e migliore formazione degli addetti al settore
turistico
g) valorizza il ruolo delle comunita' locali,
nelle loro diverse ed autonome espressioni
culturali ed associative, e delle
associazioni pro loco;
Pone attenzione al ruolo degli enti ed associazioni locali
Pag. 97
Qualità e ruoli delle imprese
Turismo per fasce sociali
deboli
Informazione e formazione
Principio sussidiatorio
h) sostiene l'uso strategico degli spazi rurali e
delle economie marginali e tipiche in chiave
turistica nel contesto di uno sviluppo rurale
integrato e della vocazione territoriale;
Da peso allo sviluppo possibile alle attività rurali e agrituristiche
i) promuove la ricerca, i sistemi informativi, la
documentazione e la conoscenza del fenomeno
turistico;
Riconosce nei sistemi informativi-statistici la giusta importanza ai fini del
marketing turistico
l) promuove l'immagine turistica nazionale sui mercati mondiali, valorizzando le risorse e le caratteristiche dei diversi ambiti territoriali.
Riconosce un ruolo importante alla promozione e pubblicità, ai fini
dell’immagine turistica
3. Sono fatti salvi poteri e prerogative delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di cui alla presente
legge nel rispetto degli statuti di autonomia e delle relative norme di
attuazione.
Pag. 98
Sviluppo economie marginali
Dati
Promozione dell’immagin
e turistica
1. Lo Stato e le regioni riconoscono, sulla
base del principio di sussidiarieta' di cui
all'articolo 4, comma 3, lettera a), della
legge 15 marzo 1997, n. 59, il ruolo dei
comuni e delle province nei corrispondenti
ambiti territoriali con particolare riguardo
all'attuazione delle politiche intersettoriali
ed infrastrutturali necessarie alla
qualificazione dell'offerta turistica;
riconoscono altresì l'apporto dei soggetti
privati per la promozione e lo sviluppo
dell'offerta turistica
2. Le regioni, in attuazione dell'articolo 117
della Costituzione, ai sensi della legge 15
marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, esercitano le
funzioni in materia di turismo e di industria
alberghiera sulla base dei principi di cui
all'articolo 1 della presente legge.
Le funzioni e i compiti conservati allo Stato
in materia di turismo, fino alla data di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui
all'articolo 11, comma 1, lettera a), della
legge 15 marzo 1997, n. 59, sono svolti dal
Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato. Per i fini di cui al presente
comma, il Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato cura in
Pag. 99
CompetenzeDel Ministero
dell’Industria, del commercio e
dell’artigianato
Competenze delle Regioni
La sussidiarietà
Art. 2Capo 1 COMPETENZE
particolare il coordinamento intersettoriale
degli interventi statali connessi al turismo,
nonché l'indirizzo e il coordinamento delle
attività promozionali svolte all'estero, aventi
esclusivo rilievo nazionale. Allo stesso
Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato spetta la rappresentanza
unitaria in sede di Consiglio dell'Unione
europea in materia di turismo.
4. Entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge il Presidente del
Consiglio dei ministri definisce, ai sensi
dell'articolo 44 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, con proprio decreto, i
principi e gli obiettivi per la valorizzazione
e lo sviluppo del sistema turistico. Il decreto
e' adottato d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, sentite le associazioni di
categoria degli operatori turistici e dei
consumatori. Lo schema di decreto e'
trasmesso alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica ai fini della
espressione del parere da parte delle
competenti Commissioni parlamentari
permanenti. Il decreto, al fine di assicurare
l'unitarietà del comparto turistico e la tutela
dei consumatori, delle imprese e delle
professioni turistiche, stabilisce:
Pag. 100
Decreto legislativo
entro 3 mesi
a) le terminologie omogenee e lo standard
minimo dei servizi di informazione e di
accoglienza ai turisti
b) l'individuazione delle tipologie di imprese
turistiche operanti nel settore e delle attività
di accoglienza non convenzionale;
c) i criteri e le modalità dell'esercizio su tutto il
territorio nazionale delle imprese turistiche
per le quali si ravvisa la necessità di
standard omogenei ed uniformi;
b) gli standard minimi di qualità delle camere di
albergo e delle unità abitative delle residenze
turistico-alberghiere e delle strutture ricettive
in generale;
e) gli standard minimi di qualità dei servizi
offerti dalle imprese turistiche cui riferire i
criteri relativi alla classificazione delle
strutture ricettive;
f) per le agenzie di viaggio, le organizzazioni e
le associazioni che svolgono attività similare,
il livello minimo e massimo da applicare ad
eventuali cauzioni, anche in relazione ad
Pag. 101
Standard dei servizi
omogenei
Standard dei criteri valutativi dello esercizio
Standard di qualità delle unità
abitative
Standard qualitativo per la classificazione
Agenzie di viaggio e livelli
di cauzione
analoghi standard utilizzati nei Paesi
dell'Unione europea;
g) i requisiti e le modalità di esercizio su tutto
il territorio nazionale delle professioni
turistiche per le quali si ravvisa la necessità
di profili omogenei ed uniformi, con
particolare riferimento alle nuove
professionalità emergenti nel settore;
h) i requisiti e gli standard minimi delle attività
ricettive gestite senza scopo di lucro;
i) i requisiti e gli standard minimi delle attività
di accoglienza non convenzionale;
l) i criteri direttivi di gestione dei beni
demaniali e delle loro pertinenze concessi
per attività turistico-ricreative, di
determinazione, riscossione e ripartizione dei
relativi canoni, nonché di durata delle
concessioni, al fine di garantire termini e
condizioni idonei per l'esercizio e lo sviluppo
delle attività imprenditoriali, assicurando
comunque l'invarianza di gettito per lo Stato;
m) gli standard minimi di qualità dei servizi
forniti dalle imprese che operano nel settore
del turismo nautico;
Pag. 102
Profili delle Professioni turistiche
Attività ricettive Onlus
Accoglienza non convenzionale
Beni demaniali
Turismo nautico
n) i criteri uniformi per l'espletamento degli
esami di abilitazione all'esercizio delle
professioni turistiche.
5. Il decreto di cui al comma 4 formula altresì principi ed obiettivi relativi:
a) allo sviluppo dell'attività economica in campo
turistico di cui deve tenere conto il Comitato
interministeriale per la programmazione
economica nello svolgimento dei compiti ad esso
assegnati, con particolare riferimento all'utilizzo
dei fondi comunitari;
b) agli indirizzi generali per la promozione turistica
dell'Italia all'estero;
c) alle azioni dirette allo sviluppo di sistemi turistici
locali, come definiti dall'articolo 5, nonché dei
sistemi o reti di servizi, di strutture e infrastrutture
integrate, anche di valenza interregionale, ivi
compresi piani di localizzazione dei porti turistici
e degli approdi turistici di concerto con gli enti
locali interessati;
I sistemi turistici locali sono una novità rispetto alle leggi precedenti e
vengono riconosciuti e incentivati
d) agli indirizzi e alle azioni diretti allo sviluppo di
circuiti qualificati a sostegno dell'attività turistica,
quali campi da golf, impianti a fune, sentieristica
Pag. 103
Abilitazione Professioni turistiche
Programmazione per l’utilizzo dei fondi
comunitari
Promozione turismo all’estero
Sviluppo dei sistemi turistici
Sviluppo circuiti turistici e
infrastrutture annesse
attrezzata e simili;
e) agli indirizzi per la integrazione e l'aggiornamento
della Carta dei diritti del turista di cui all'articolo
4;
f) alla realizzazione delle infrastrutture turistiche di
valenza nazionale e allo sviluppo delle attività
economiche, in campo turistico, attraverso
l'utilizzo dei fondi nazionali e comunitari.
6. Nel rispetto dei principi di completezza ed
integralità delle modalità attuative, di efficienza,
economicità e semplificazione dell'azione
amministrativa, di sussidiarietà nei rapporti con le
autonomie territoriali e funzionali, ciascuna regione,
entro nove mesi dalla data di emanazione del decreto
di cui al comma 4, da' attuazione ai principi e agli
obiettivi stabiliti dalla presente legge e contenuti nel
decreto di cui al medesimo comma 4.
Pag. 104
LA CARTA DEL TURISTA
Infrastrutture
Entro 9 mesi, ciascuna Regione deve legiferare in
base a detti principi
7. Allo scopo di tutelare e salvaguardare gli interessi unitari non frazionabili,
in materia di libertà di impresa e di tutela del consumatore, le disposizioni
contenute nel decreto di cui al comma 4 si applicano, decorsi inutilmente i
termini di cui al comma 6, alle regioni a statuto ordinario, fino alla data di
entrata in vigore di ciascuna disciplina regionale di attuazione delle linee
guida, adottata secondo le modalità di cui al medesimo comma 6.
8. Per le successive modifiche e integrazioni al decreto di cui al comma 4 si
applicano le medesime procedure previste dall'articolo 44 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge. I termini previsti
da tali disposizioni sono ridotti alla metà.
1. E' istituita la Conferenza nazionale del
turismo. La Presidenza del Consiglio dei
ministri indice almeno ogni due anni la
Conferenza, che e' organizzata dal
Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano.
Sono convocati per la Conferenza: i rappresentanti della Conferenza dei
Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i
rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI),
dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e dell'Unione nazionale comuni
comunità enti montani (UNCEM), del Consiglio nazionale dell'economia e
del lavoro (CNEL) e delle altre autonomie territoriali e funzionali, i
rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative degli
imprenditori turistici, dei consumatori, del turismo sociale, delle associazioni
pro loco, delle associazioni senza scopo di lucro operanti nel settore del
Pag. 105
Art. 3Capo 1
CONFERENZA NAZIONALE
SUL TURISMO
turismo, delle associazioni ambientaliste e delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori. La Conferenza esprime orientamenti per la definizione e gli
aggiornamenti del documento contenente le linee guida.
2. La Conferenza, inoltre, ha lo scopo di verificare l'attuazione delle linee
guida, con particolare riferimento alle politiche turistiche e a quelle
intersettoriali riferite al turismo, e di favorire il confronto tra le istituzioni e
le rappresentanze del settore. Gli atti conclusivi di ciascuna Conferenza sono
trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti.
3. Agli oneri derivanti dal funzionamento della
Conferenza, pari a lire 100 milioni annue a decorrere dall'anno 2000, si
provvede nell'ambito degli ordinari stanziamenti del Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato.
1. La Carta dei diritti del turista,
redatta dal Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, in
almeno quattro lingue, sentite le
organizzazioni imprenditoriali e
sindacali del settore turistico, nonché
le associazioni nazionali di tutela dei
consumatori contiene:
a) informazioni sui diritti del turista per
quanto riguarda la fruizione di servizi
turistico-ricettivi, ivi compresi quelli relativi
alla nautica da diporto, comunque effettuata,
sulle procedure di ricorso, sulle forme di
arbitrato e di conciliazione per i casi di
Pag. 106
Art. 4Capo 1
PROMOZIONE DEI DIRITTI
DEL TURISTA
Fruizione dei servizi e arbitrariato
inadempienza contrattuale dei fornitori
dell'offerta turistica;
b) informazioni sui contratti relativi
all'acquisizione di diritti di godimento a tempo
parziale dei beni immobili a destinazione
turistico-ricettiva, di cui all'articolo 1, comma
1, lettera d), del decreto legislativo 9
novembre 1998, n. 427, recante attuazione
della direttiva 94/47/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994;
c) notizie sui sistemi di classificazione
esistenti e sulla segnaletica;
d) informazioni sui diritti del turista quale
utente dei mezzi di trasporto aereo,
ferroviario, marittimo, delle autostrade e dei
servizi di trasporto su gomma;
e) informazioni sui diritti e sugli obblighi del
turista quale utente delle agenzie di viaggio e
turismo, dei viaggi organizzati e dei pacchetti
turistici;
f) informazioni sulle polizze assicurative,
sull'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie
e doganali;
Pag. 107
Termini dei contratti
Trasporti
Pacchetti turistici
Informazioni sui servizi accessori
g) informazioni sui sistemi di tutela dei diritti e
per contattare le relative competenti associazioni;
h) informazioni sulle norme vigenti in materia di
rispetto e tutela del sistema turistico ed artistico
nazionale e dei beni culturali;
i) informazioni concernenti gli usi e le
consuetudini praticati a livello locale e ogni altra
informazione che abbia attinenza con la
valorizzazione, la qualificazione e la
riconoscibilità del sistema turistico.
Da notare che quest’ultima informazione, nelle leggi precedenti, poteva
essere attinta esclusivamente dalle sedi locali delle Camere di Commercio
2. Ad integrazione di quanto stabilito alla lettera b) del comma 1 del presente
articolo, al decreto legislativo 9 novembre 1998, n. 427, di attuazione della
direttiva 94/47/CE, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 e' sostituita dalla seguente:
"d) "bene immobile": un immobile, anche con destinazione alberghiera, o
parte di esso, per uso abitazione e per uso alberghiero o per uso turistico-
ricettivo, su cui verte il diritto oggetto del contratto";
b) l'articolo 7 e' sostituito dal seguente:
"Art. 7. - (Obbligo di fidejussione). - 1. Il venditore non avente la forma
giuridica di società di capitali ovvero con un capitale sociale versato
inferiore a lire 10 miliardi e non avente sede legale e sedi secondarie nel
territorio dello Stato e' obbligato a prestare fidejussione bancaria o
assicurativa a garanzia della corretta esecuzione del contratto.
Pag. 108
Tutela del consumatore
Informazioni sui doveri del
Informazioni sugli usi e
2. Il venditore e' in ogni caso obbligato a prestare fidejussione bancaria o
assicurativa allorquando l'immobile oggetto del contratto sia in corso di
costruzione, a garanzia dell'ultimazione dei lavori.
3. Delle fidejussioni deve farsi espressa menzione nel contratto a pena di
nullità.
4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 non possono imporre all'acquirente la
preventiva escussione del venditore".
5. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
singolarmente o in forma associata ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera
a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, costituiscono le commissioni
arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra
imprese e consumatori ed utenti inerenti la fornitura di servizi turistici. E'
fatta salva la facoltà degli utenti, in caso di conciliazione per la risoluzione
di controversie con le imprese turistiche, di avvalersi delle associazioni dei
consumatori.
1. Si definiscono sistemi turistici locali i
contesti turistici omogenei o integrati,
comprendenti ambiti territoriali
appartenenti anche a regioni diverse,
caratterizzati dall'offerta integrata di beni
culturali, ambientali e di attrazioni
turistiche, compresi i prodotti tipici
dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o
dalla presenza diffusa di imprese turistiche
singole o associate
Pag. 109
Art. 5Capo 1
SISTEMI TURISTICI
LOCALI
2. Gli enti locali o soggetti privati, singoli o
associati, promuovono i sistemi turistici locali
attraverso forme di concertazione con gli enti
funzionali, con le associazioni di categoria che
concorrono alla formazione dell'offerta turistica,
nonché con i soggetti pubblici e privati interessati.
3. Nell'ambito delle proprie funzioni di
programmazione e per favorire l'integrazione tra
politiche del turismo e politiche di governo del
territorio e di sviluppo economico, le regioni
provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della
parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, approvato con decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a
riconoscere i sistemi turistici locali di cui al
presente articolo.
4. Fermi restando i limiti previsti dalla disciplina
comunitaria in materia di aiuti di Stato alle
imprese, le regioni, nei limiti delle risorse
rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 6 della
presente legge, definiscono le modalità e la misura
del finanziamento dei progetti di sviluppo dei
sistemi turistici locali, predisposti da soggetti
pubblici o privati, in forma singola o associata, che
perseguono, in particolare, le seguenti finalità:
Pag. 110
L’offerta turistica dei
sistemi turistici locali
Riconoscimento delle Regioni
Aiuto alle imprese nei
sistemi turistici
locali
a) sostenere attività e processi di aggregazione e di
integrazione tra le imprese turistiche, anche in
forma cooperativa, consortile e di affiliazione;
b) attuare interventi intersettoriali ed infrastrutturali
necessari alla qualificazione dell'offerta turistica e
alla riqualificazione urbana e territoriale delle
località ad alta intensità di insediamenti turistico-
ricettivi;
c) sostenere l'innovazione tecnologica degli uffici di
informazione e di accoglienza ai turisti, con
particolare riguardo alla promozione degli standard
dei servizi al turista, di cui all'articolo 2, comma 4,
lettera a);
d) sostenere la riqualificazione delle imprese
turistiche, con priorità per gli adeguamenti dovuti a
normative di sicurezza, per la classificazione e la
standardizzazione dei servizi turistici, con
particolare riferimento allo sviluppo di marchi di
qualità, di certificazione ecologica e di qualità, e di
club di prodotto, nonché alla tutela dell'immagine
del prodotto turistico locale;
e) promuovere il marketing telematico dei progetti
turistici tipici, per l'ottimizzazione della relativa
commercializzazione in Italia e all'estero. Da
notare il riconoscimento di un marketing impostato
sulle nuove tecnologie di commercializzazione.
Pag. 111
Finalità
Interventi infrastruttura
Informazione e accoglienza
Riqualificazion
New economy
5. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, a decorrere
dall'esercizio finanziario 2001, nell'ambito delle disponibilità assegnate dalla
legge finanziaria al Fondo unico per gli incentivi alle imprese, di cui
all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, provvede agli interventi
di cofinanziamento a favore dei sistemi turistici locali per i progetti di
sviluppo che prestino ambiti interregionali o sovraregionali. Con decreto del
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i criteri e le modalità per la
gestione dell'intervento del Fondo unico per gli incentivi alle imprese
6. Possono essere destinate ulteriori provvidenze ed agevolazioni allo
sviluppo dei sistemi turistici locali, con particolare riferimento a quelli di cui
fanno parte i comuni caratterizzati da un afflusso di turisti tale da alterare, in
un periodo dell'anno non inferiore a tre mesi, il parametro dei residenti.
Altro elemento di novità, rispetto alla Legge 217/83, i luoghi di grande
interesse turistico, che rispondono ai parametri sopra indicati, possono
accedere a finanziamenti speciali.
1.Al fine di migliorare la qualità
dell'offerta turistica, e' istituito,
presso il Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, un
apposito Fondo di cofinanziamento,
alimentato dalle risorse di cui
all'autorizzazione di spesa stabilita
dall'articolo 12 per gli interventi di
cui all'articolo 5.
Pag. 112
Art. 6Capo 1
FONDO DI COFINANZIAMENTO
DELL'OFFERTA TURISTICA
2. Le risorse di cui al comma 1 vengono ripartite per il
70 per cento tra le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano che erogano le somme per gli
interventi di cui al medesimo comma. I criteri e le
modalità di ripartizione delle disponibilità del Fondo
sono determinati con decreto del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previa
intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Il Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato ripartisce tra le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano il restante 30 per
cento delle risorse del Fondo di cui al comma 1,
attraverso bandi annuali di concorso predisposti sentita
la citata Conferenza unificata. A tale fine le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano
predispongono, sentiti gli enti locali promotori e le
associazioni di categoria interessate, piani di interventi
finalizzati al miglioramento della qualità dell'offerta
turistica, ivi compresa la promozione e lo sviluppo dei
sistemi turistici locali di cui all'articolo 5, con impegni
di spesa, coperti con fondi propri, non inferiori al 50
per cento della spesa prevista.
4. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro tre mesi
dalla pubblicazione del bando, predispone la graduatoria, ed eroga i
contributi entro sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa.
Pag. 113
70% delle Risorse
alle Regioni
30% delle Risorse
a concorso
1. Sono imprese turistiche quelle che
esercitano attività economiche,
organizzate per la produzione, la
commercializzazione, l'intermediazione e
la gestione di prodotti, di servizi, tra cui
gli stabilimenti balneari, di infrastrutture
e di esercizi, compresi quelli di
somministrazione facenti parte dei
sistemi turistici locali, concorrenti alla
formazione dell'offerta turistica.
2. L'individuazione delle tipologie di imprese turistiche di cui al comma 1 è
predisposta ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera b).
3. L'iscrizione al registro delle imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993,
n. 580, da effettuare nei termini e secondo le modalità di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, costituisce condizione
per l'esercizio dell'attività turistica.
4. Fermi restando i limiti previsti dalla disciplina comunitaria in materia di
aiuti di Stato alle imprese, alle imprese turistiche sono estesi le agevolazioni,
i contributi, le sovvenzioni, gli incentivi e i benefici di qualsiasi genere
previsti dalle norme vigenti per l'industria, così come definita dall'articolo 17
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nei limiti delle risorse
finanziarie a tale fine disponibili ed in conformità ai criteri definiti dalla
normativa vigente.
5. Sono professioni turistiche quelle che
organizzano e forniscono servizi di promozione
Pag. 114
Art. 7Capo
2
IMPRESE E PROFESSIONI TURISTICHE
Professioni turistiche
dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza,
accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti.
6. Le regioni autorizzano all'esercizio dell'attività di cui al comma 5.
L'autorizzazione, fatta eccezione per le guide, ha validità su tutto il territorio
nazionale, in conformità ai requisiti e alle modalità previsti ai sensi
dell'articolo 2, comma 4, lettera g).
7. Le imprese turistiche e gli esercenti professioni turistiche non appartenenti
ai Paesi membri dell'Unione europea possono essere autorizzati a stabilirsi e
ad esercitare le loro attività in Italia, secondo il principio di reciprocità,
previa iscrizione delle imprese nel registro di cui al comma 3, a condizione
che posseggano i requisiti richiesti, nonché, previo accertamento, per gli
esercenti le attività professionali del turismo, dei requisiti richiesti dalle leggi
regionali e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui
all'articolo 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
8. Sono fatte salve le abilitazioni già conseguite alla data di entrata in vigore
della presente legge.
9. Le associazioni senza scopo di lucro, che operano per
finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, sono
autorizzate ad esercitare le attività di cui al comma 1
esclusivamente per i propri aderenti ed associati anche se
appartenenti ad associazioni straniere aventi finalità analoghe
e legate fra di loro da accordi internazionali di
collaborazione. A tal fine le predette associazioni devono
uniformarsi a quanto previsto dalla Convenzione
internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), resa
esecutiva con legge 27 dicembre 1977, n. 1084, dal decreto
legislativo 23 novembre 1991, n. 392, di attuazione della
direttiva n. 82/470/CEE nella parte concernente gli agenti di
Pag. 115
Le
viaggio e turismo, e dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
111, di attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i
viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso".
10. Le associazioni senza scopo di lucro che operano per la promozione del
turismo giovanile, culturale, dei disabili e comunque delle fasce meno
abbienti della popolazione, nonché le associazioni pro loco, sono ammesse,
senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, ai benefici di cui alla
legge 11 luglio 1986, n. 390, e successive modificazioni, relativamente ai
propri fini istituzionali.
1. L'articolo 109 del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, e successive
modificazioni, e' sostituito dal
seguente:
"Art. 109. - 1. I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive,
comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i
proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere,
ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad
eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o
dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone
munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne
l'identità secondo le norme vigenti.
2. Per gli stranieri extracomunitari e' sufficiente l'esibizione del passaporto o
di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi
internazionali, purché munito della fotografia del titolare.
3. I soggetti di cui al comma 1, anche tramite i propri collaboratori, sono
Pag. 116
Art. 8Capo
3
Modifiche all’art. 109 del T.U.
approvato con Regio Decreto 18.6.31 n. 773
tenuti a consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità
conforme al modello approvato dal Ministero dell'interno. Tale scheda, anche
se compilata a cura del gestore, deve essere sottoscritta dal cliente. Per i
nuclei familiari e per i gruppi guidati la sottoscrizione può essere effettuata da
uno dei coniugi anche per gli altri familiari, e dal capogruppo anche per i
componenti del gruppo. I soggetti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a
comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone
alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore
successive al loro arrivo. In alternativa, il gestore può scegliere di effettuare
tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure
territorialmente competenti i dati nominativi delle predette schede con mezzi
informatici o telematici o mediante fax secondo le modalità stabilite con
decreto del Ministro dell'interno".
Notare che si autorizza, a livello nazionale, l’uso degli strumenti telematici
per la comunicazione dei dati anagrafici dei turisti, mentre prima il sistema
era utilizzato solo su convenzione con l’ufficio P.S. in alcune città.
1. L'apertura e il trasferimento di sede
degli esercizi ricettivi sono soggetti ad
autorizzazione, rilasciata dal sindaco del
comune nel cui territorio e' ubicato
l'esercizio.
Pag. 117
Art. 9Capo
3Semplificazioni
Il rilascio dell'autorizzazione abilita ad effettuare, unitamente alla prestazione
del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone
alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva
in occasione di manifestazioni e convegni organizzati. La medesima
autorizzazione abilita altresì alla fornitura di giornali, riviste, pellicole per uso
fotografico e di registrazione audiovisiva, cartoline e francobolli alle persone
alloggiate, nonché ad installare, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature
e strutture a carattere ricreativo, per le quali e' fatta salva la vigente disciplina
in materia di sicurezza e di igiene e sanità.
2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata anche ai fini di cui
all'articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le attività ricettive devono essere
esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in
materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza, nonché
di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.
3. Nel caso di chiusura dell'esercizio ricettivo per un periodo superiore agli
otto giorni, il titolare dell'autorizzazione e' tenuto a darne comunicazione al
sindaco.
2. L'autorizzazione di cui al comma 1 e' rilasciata anche ai fini di cui
all'articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le attività ricettive devono essere
esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in
materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza, nonché
di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.
3. Nel caso di chiusura dell'esercizio ricettivo per un periodo superiore agli
otto giorni, il titolare dell'autorizzazione e' tenuto a darne comunicazione al
sindaco.
Pag. 118
6. I procedimenti amministrativi per il rilascio di licenze, autorizzazioni e
nulla osta riguardanti le attività e le professioni turistiche si conformano ai
principi di speditezza, unicità e semplificazione, ivi compresa l'introduzione
degli sportelli unici, e si uniformano alle procedure previste in materia di
autorizzazione delle altre attività produttive, se più favorevoli. Le regioni
provvedono a dare attuazione al presente comma. I comuni esercitano le loro
funzioni in materia tenendo conto della necessità di ricondurre ad unità i
procedimenti autorizzatori per le attività e professioni turistiche, attribuendo
ad un'unica struttura organizzativa la responsabilità del procedimento, fatto
salvo quanto previsto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394. E' estesa alle
imprese turistiche la disciplina recata dagli articoli 23, 24 e 25 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dal relativo regolamento attuativo.
1. E' istituito presso il Ministero
dell'industria, del commercio e
dell'artigianato un Fondo di rotazione per
il prestito ed il risparmio turistico, di
Pag. 119
Art. 10Capo 3
FONDO DI ROTAZIONE PER IL PRESTITO E IL
RISPARMIO TURISTICO
seguito denominato "Fondo", al quale
affluiscono:
a) risparmi costituiti da individui, imprese, istituzioni o
associazioni private quali circoli aziendali, associazioni
non-profit, banche, società finanziarie;
b) risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e
liberalità, erogati da soggetti pubblici o privati.
2. Il Fondo eroga prestiti turistici a tassi agevolati e
favorisce il risparmio turistico delle famiglie e dei
singoli con reddito al di sotto di un limite fissato ogni
tre anni con decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, secondo i criteri di
valutazione individuati nel decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 109. Le agevolazioni sono prioritariamente
finalizzate al sostegno di pacchetti vacanza relativi al
territorio nazionale e preferibilmente localizzati in
periodi di bassa stagione, in modo da concretizzare
strategie per destagionalizzare i flussi turistici. Hanno
inoltre priorità nell'assegnazione delle agevolazioni le
istanze relative a pacchetti di vacanza localizzati
nell'ambito delle aree depresse.
Da notare le condizioni per l’accesso al credito agevolato, finalizzato
all’aumento della domande turistica:
Oltre al basso reddito, la vacanza deve essere spesa nel territorio nazionale,
nelle aree depresse e in bassa stagione.
Pag. 120
Fonti di finanziament
o
Le agevolazioni per i pacchetti
vacanza
E’ chiaro che tali condizioni, oltre alla già citata destagionalizzazione,
mettono in moto un incremento della domanda turistica, che si allarga a ceti
sociali finora impossibilitati finanziariamente, e crea i presupposti per un
miglioramento dei rapporti di sviluppo più equilibrato nord-sud.
Pag. 121
3. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, allo scopo di
collegare il Fondo con un sistema di buoni vacanza gestito a livello
nazionale dalle associazioni non-profit, dalle associazioni delle imprese
turistiche e dalle istituzioni bancarie e finanziarie, previa intesa nella
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge provvede con decreto a stabilire:
a) i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo;
b) la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati;
c) i soggetti che possono usufruire delle agevolazioni;
d) le modalità di utilizzo degli eventuali utili derivanti dalla gestione per
interventi di solidarietà a favore dei soggetti più bisognosi.
4. Al fine di consentire l'avvio della gestione del Fondo di cui al comma 1 e'
autorizzato un conferimento entro il limite di lire 7 miliardi annue nel
triennio 2000- 2002.
5. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, valutato in lire 7
miliardi annue nel triennio 2000-2002, si fa fronte mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-
2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto capitale "Fondo
speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica per l'anno finanziario 2000, allo scopo
parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Pag. 122
1. E' abrogato il regio decreto-legge
24 ottobre 1935, n. 2049,
convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 marzo 1936, n. 526,
e successive modificazioni.
2. Alle imprese ricettive non si applica l'articolo 99 del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.
773.
3. E' abrogato l'articolo 266 del regolamento di esecuzione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio
1940, n. 635. Le disposizioni degli articoli 152, 153, 154 e 180 del
medesimo regolamento non si applicano alle autorizzazioni di cui all'articolo
9 della presente legge.
4. La sezione speciale del registro degli esercenti il commercio, istituita
dall'articolo 5, comma 2, della legge 17 maggio 1983, n. 217, e' soppressa.
5. Sono abrogate le seguenti disposizioni del decreto-legge 29 marzo 1995,
n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 203:
a) l'articolo 1, commi 6, 7, 8 e 9;
b) l'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), per quanto di competenza del settore
del turismo;
c) l'articolo 10, comma 14;
d) l'articolo 11;
e) l'articolo 12.
6. La legge 17 maggio 1983, n. 217, e' abrogata a decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 2, comma 4, della presente
legge.
Pag. 123
Art. 11Capo 4
ABROGAZIONI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
7. Fino alla data di entrata in vigore della disciplina regionale di
adeguamento al documento contenente le linee guida di cui all'articolo 2,
comma 4, della presente legge si applica la disciplina riguardante le superfici
e i volumi minimi delle camere d'albergo prevista dall'articolo 4 del regio
decreto 24 maggio 1925, n. 1102, e successive modificazioni, e dalla lettera
a) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, come
modificata dal comma 7 dell'articolo 16 della legge 7 agosto 1997, n. 266.
8. A decorrere dalla stessa data di cui al comma 7 cessano di avere
applicazione le disposizioni, ad esclusione del comma 2 dell'articolo 01, del
decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 1993, n. 494, relative a concessioni demaniali marittime
con finalità turistico-ricreative, che risultino incompatibili con la nuova
disciplina recata dal documento contenente le linee guida di cui all'articolo 2,
comma 4, lettera l), della presente legge e con la disciplina regionale di
recepimento o di adeguamento alle stesse linee guida.
Pag. 124
1. Per il finanziamento del
Fondo di cui all'articolo 6,
e' autorizzata la spesa di
lire 270 miliardi per
l'anno 2000, di lire 80
miliardi per l'anno 2001,
di lire 55 miliardi per
l'anno 2002 e di lire 5
miliardi a decorrere
dall'anno 2003.
2. All'onere derivante dal comma 1 si provvede, per l'anno 2000, mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto
capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 2000,
allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
medesimo, e, per il triennio 2001-2003, mediante corrispondente riduzione
dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003,
nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo
parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e'
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
3. A decorrere dall'anno 2004 lo stanziamento complessivo del Fondo di cui
all'articolo 6 e' determinato dalla legge finanziaria con le modalità di cui
all'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni.
Pag. 125
Autorizzazione di spesa per 410 miliardi
Art. 12Capo 4
COPERTURA FINANZIARIA
3.4 IL SISTEMA TURISMO E AMBIENTE NELLE SUE INTERAZIONI CON I SISTEMI REALI, CONCETTUALE ED ASTRATTI
In realtà, l’attività turistica non è un’attività ben definita dal punto di vista
economico, come non è mai stata una scienza ben definita dal punto di vista
scientifico.
Se dal punto di vista economico si colloca
all’incrocio fra differenti settori produttivi,
nell’ottica scientifica si trova da sempre all’incrocio
fra differenti scienze sociali: la geografia,
l’economia, la sociologia, l’antropologia culturale,
la psicologia sociale,
e tutto questo non ne ha permesso la sua ricomposizione in unità. La
rivoluzione del pensiero sistemico potrebbe rappresentare l’occasione della
rivoluzione dell’approccio al fenomeno turistico e, per la prima volta, della sua
approssimazione globale, il che potrebbe, di conseguenza, determinare una
maggiore razionalizzazione delle decisioni e delle azioni che sono sempre
compiuti dai vari agenti ed elementi interessati.
Pag. 126
Sistema scientifico
Sistema politico
Sistema culturale
Sistema educativo Sistema economico
Sistema demografico
Sistema tecnologico
Sistema socio-
Sistema ecologico
a)
IL SISTEMA TURISTICO
La pratica stessa del turismo si è rapidamente evoluta. Il turista è divenuto infatti
sempre più esigente: oggi richiede
un'informazione chiara, completa e dettagliata
sulle opportunità offerte, valuta con estrema
attenzione le soluzioni che gli vengono proposte,
seleziona la destinazione ed i servizi che più lo
attraggono, e pretende un trattamento
personalizzato che soddisfi pienamente ogni sua
esigenza.
L'attenzione dei turista nel processo di scelta si è progressivamente spostata dal
"dove" al "perché" e al "come" viaggiare: non è più tanto la destinazione in sé a
costituire l'appeal per il cliente, ma la tipologia di vacanza proposta e la qualità
di aspetti ritenuti complementari. Sia in ambito leisure che business nascono
nuove motivazioni, e quindi nuove esigenze da soddisfare: cresce, per esempio,
l'importanza di variabili non prime (ecologia, valori culturali, tradizioni
locali ... ) e l'esigenza di risposte sempre più specifiche (dal segmento alla
nicchia). Mantenere competitività impone dunque un continuo sforzo di
aggiornamento e adeguamento: significa oggi conoscere, seguire e saper
assecondare le esigenze e le preferenze della domanda. Gli operatori turistici,
sebbene possano contare su un territorio ricco di grandi richiami di carattere
naturalistico e storico-artistico, per non rischiare di perdere quote di mercato, si
trovano pertanto a dover affrontare investimenti per innovare le proprie strutture
e adeguare i propri servizi alle nuove. molteplici, mutevoli richieste dei mercato.
Per mantenere competitivítà è oggi necessario evolvere l'offerta e adeguarsi alle
tendenze della domanda nazionale ed internazionale.
Pag. 127
b)LE EVOLUZIONI
DEL TURISMO NEGLI ULTIMI
DECENNI
3.5 Dati tendenziali della domanda turistica (fonte: indagine per Alpitour e TCI, 1998 “La
Sicilia in ascesa”) Tendenze della domanda val. %
VACANZE PIU’ FREQUENTI E PIU’ BREVI, ANCHE FUORI STAGIONE 21.6PRENOTAZIONI ALL’ULTIMO MINUTO E DECISIONI D’IMPULSO 14.2MAGGIORE ATTENZIONE AL PREZZO 11.5MIGLIORI INFORMAZIONI PRE-VACANZE, NUOVE TECNOLOGIE 8.8RICHIESTA DI COMFORT DEL VIAGGIO E DELL’ALLOGGIO 8.8DESTINAZIONI RAGGIUNGIBILI FACILMENTE E COMODAMENTE 7.4VIAGGI INDIVIDUALI PIUTTOSTO CHE TURISMO DI GRUPPO 4.7RITORNO ALLE DESTINAZIONI, DOVE L’ESPERIENZA E’ STATA MIGLIORE 4.1PIU’ SICUREZZA INDIVIDUALE (MENTALE, SOCIALE, FISICA) 4.1TURISMO ALTERNATIVO, AUTENTICITA’, RITORNO ALLE ORIGINI 3.4AUMENTO DELLA SENSIBILITA’ AMBIENTALE 2.7TURISMO ATTIVO, SPORT 2.0GARANZIE CLIMATICHE 1.3PIU’ MOBILITA’ DURANTE LA VACANZA 1.3
EVOLUZIONE DEL MERCATO TURISTICO3.6 EVOLUZIONE DELLA DOMANDA TURISTICA
Pag. 128
Anni Cinquanta Sessanta Settanta
Anni Ottanta Novanta
Unica vacanza Più vacanze e più turismiMito delle vacanze balneari Mare: vacanza fra le altrePochissimi italiani all’estero Sviluppo delle vacanze all’esteroScarso uso del mezzo aereo Abitudine all’uso dell’aereoConcetto di distanza chilometrica Prevalenza della distanza virtualeLimiti all’esportazione di valuta Liberalizzazione valutariaPrevalenza delle economie locali Internazionalizzazione dell’economia Scarsa considerazione dell’ambiente Strategie ambientali
Le indagini sulle tendenze della domanda turistica rilevano il progressivo
affermarsi di nuove motivazioni e nuove esigenze da soddisfare, quali le
variabili definite non price (ecologia, valori culturali, tradizioni locali ... ).
Parallelamente, si assiste, specialmente in Europa, ad una diversificazione delle
richieste dei visitatori, i quali, per esempio, hanno acquisito una maggiore
sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali, e tendono oggi a preferire
località e strutture eco-compatibili, considerando l'adozione di misure di
protezione e valorizzazione dell'ambiente come indice della qualità del servizio
offerto, tanto che destinazioni e strutture hanno già avviato processi di
adeguamento a tali nuove richieste. Come rileva Borzini, nel testo "Marketing
Turismo e ambiente", l'ecoturismo, indicato come l'unica alternativa
ecologicamente sostenibile allo sviluppo "fagocitatore ed irrispettoso", è
diventato nell'ultimo decennio non soltanto una realtà, ma un affare di
dimensioni mondiali ed il segmento specializzato con il maggior tasso di crescita
nel mercato del tempo libero. Anche in Italia, da qualche anno, anche in risposta
a tale tendenza generale, sta crescendo la sensibilità verso le tematiche
ambientali e del risparmio energetico.
Gli operatori cominciano ora a considerare la convenienza economica di prestare
l'adeguata attenzione ai nuovi flussi di turisti, per
Pag. 129
a)LA
DOMANDADI
ECOTURISMO
lo più provenienti dal nord Europa, i quali, oltre
ad essere attenti alle prestazioni cosiddette
"ambientali"(verde, riciclo, bioedilizia, prodotti
ecologici, ecc.), risultano particolarmente esigenti
anche dal punto di vista del comfort e del prezzo.
Secondo un'indagine effettuata dal Centro Studi e Formazione della Rete
mondiale per il turismo ecologico ATNA di Trento sono oltre 1300 le strutture
ecoturistiche in Italia, concentrate per lo più nelle regioni settentrionali e
centrali. La designazione dell'anno 2002 quale "anno dell'ecoturismo",
costituisce un'ulteriore conferma della rilevanza e dell'attualità delle tematiche
legate a questa forma di turismo. Per cogliere l'opportunità di seguire questa
emergente tendenza del mercato, salvaguardando contemporaneamente la
possibilità di soddisfare i consumatori anche nel futuro, risulta opportuno che gli
operatori italiani si attivino per operare interventi di adeguamento delle strutture
e delle tipologie di servizi attualmente proposti alla clientela. Attenzione, però:
come fa notare Borzini, nel testo "Marketing Turismo e ambiente", non è
sufficiente dare una “mano di verde" ai viaggi ed alle attività all'aria aperta;
emerge, al contrario, la necessità di dotare le strutture di accoglienza di
strumenti che permettano di coniugare il business con la qualità ambientale,
anche e soprattutto, attraverso il conseguimento di miglioramenti nell'efficienza
e nella professionalità della manodopera locale.
Nei vari convegni sul turismo, non difficile trovare relatori in netta dicotomia
sugli effetti del turismo sull’ambiente; da una parte si osserva un turista che
fruisce dell’ambiente, senza nulla asportare, anzi, la sua presenza invoglia le
autorità competenti a mantenere e valorizzare le risorse turistiche, inserendo
l’attività turistica a pieno titolo tra le risorse rinnovabili ed ecocompatibili per
uno sviluppo sostenibile.
Dall’altra il turismo è considerato, nel periodo della sua maturità, fattore di
degrado, come un mostro destinato a divorare le risorse
da cui ha avuto origine.
Pag. 130
b)TURISMOMOSTRO
OFATTORE DI SVILUPPO ?
Nella realtà l’esperienza maturata dalle diverse aree
dell’offerta offre innumerevoli esempi di entrambi i casi,
come è ampiamente prospettato, nelle opere del
“Lozato” (Prof. Università di Parigi, economista-
geografo).
Le teorie su esposte sono le due facce di una stessa medaglia e sono due realtà
dotate di verità parziale; vediamo di esaminarne una per volta ad iniziare da
quella positiva:
Un’economia regionale trae beneficio maggiore rispetto ad altri settori
commerciali, tale beneficio è maggiormente desumibile dalle seguenti fasi dello
sviluppo:
1. arrivo dei turisti in considerazione che il
bene turistico va consumato in loco;
2. consumo turistico: la regione diventa
area di consumo turistico, ciò influisce sul reddito dei
residenti che a loro volta aumentano la quota dei
consumi;
3. decollo turistico: la fase di consumo fa
seguire una fase d’investimenti che crea un apparato
produttivo permanente amplificando la spesa turistica
regionale;
4. la fase del distacco: lo sviluppo regionale
perde la caratteristica di “monocoltura” per effetto
della ricchezza di risorse finanziarie le quali creano
attività produttive al di fuori del mercato turistico.
E’ interessante considerare l’effetto macroeconomico della spesa turistica, sul
piano locale, regionale, nazionale ed internazionale: nei luoghi di maggior
Pag. 131
c)
LO
SVILUPPO
DELLA
ECONOMIA
TURISTICA
benessere, normalmente troviamo interesse turistico sia di incoming sia di
outgoing, ma soprattutto di outgoing, perché è proprio in questi luoghi che si
concentra la maggior parte della domanda turistica;
in questo caso vi è una parte di
compensazione tra i luoghi di benessere con
una prevalenza, in termine di spesa, in uscita.
Di contro nei luoghi (li chiamiamo luoghi per
includerli tutti, considerato il caso che questo
effetto vale tanto tra due località di una
stessa regione come per due località o paesi
da un capo all’altro del pianeta) non
sviluppati, o in via di sviluppo,
troviamo interesse particolarmente per l’incoming, perché la mancanza di
industrie, l’ambiente non ancora incontaminato, il costo della vita, mancanza di
benessere, fondamentale per la domanda turistica, ecc.., concentra solo l’offerta,
non vi è quindi particolare compensazione, con una assoluta prevalenza di spesa
in entrata. Questo è anche definito L’EFFETTO EQUILIBRATORE DEL
TURISMO.
Pag. 132
d)L’EFFETTO
MACROECONOMICO
E L’EFFETTOEQUILIBRATORE
DEL TURISMO
e) L’EFFETTO MOLTIPLICATORE (keynes): si intende una funzione tra
variabili per la quale, un incremento di una variabile (esogena) indipendente,
produce un effetto proporzionale sull’incremento di una variabile (endogena)
dipendente.
In altre parole, la spesa dei turisti è da considerare
come immissione di moneta (esogena) dal reddito
formato all’esterno che si aggiunge alla circolazione
di moneta (endogena) della regione che la riceve;
l’effetto moltiplicatore consiste nel fatto che la spesa
originaria circola più volte.
Ancora, è opportuno evidenziare gli effetti ambientali/strumentali positivi
quando parliamo della relazione turisti-residenti friendly, cioè quando per il
turista vi è un beneficio ma nello stesso tempo le località turistiche godono di
più campi da tennis,
più parcheggi, spiagge pulite, in generale, maggiori
attrezzature e benefici, che in un periodo dell’anno
sono a disposizione dei turisti, e per il resto a
disposizione dei residenti, aumentando il loro
benessere.
Pag. 133
f)IL TURISMOFRIENDLY
L’EFFETTO MOLTIPLI-CATOREDELLA SPESA
TURISTICA
Cap. 4
ANALISI DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA TURISTICA4.1 LO SVILUPPO DEL TURISMO MONDIALE
Dall'inizio degli anni '70 la domanda turistica ha registrato un processo di
crescita formidabile nel mondo e una notevole diffusione territoriale, ed il
numero di turisti continua ad aumentare ogni anno.
Si assisterà anche ad una forte crescita dei viaggi
sulla lunga distanza (24% in media mondiale, 15%
in Europa); pur restando prevalente il movimento
intraregionale, si assisterà anche ad una forte spinta
alla globalizzazione, pur nel mantenimento
dell'interesse per le caratteristiche e le peculiarità
locali.
Si prevede che il turismo diventerà la prima industria del XXI' secolo, e che sarà
uno dei primi 3 settori nell'economia globale, trovandosi sempre più al centro di
un sistema complesso collegato ad altre attività (es. trasporti, agro-industria,
energia, etc.).
Le entrate per turismo sono arrivate a 400 MD di US$ nel 1.995 e l'aumento
previsto è del 6,7% annuo. Il turismo impiega oltre 9 ML di persone (6% del
mercato del lavoro) e indirettamente molti ML, e rappresenta, in media, il 5,5%
del PIL e 1/3 delle esportazioni di servizi.
Questi dati rispecchiano una posizione dominante
sul mercato mondiale. L'Europa esercita una forte
attrattiva per la storia, la natura, la cultura e resterà
la principale regione di destinazione in termini
globali, anche se la crescita prevista è inferiore alla
media e la quota di mercato risulta in declino (- 9%
rispetto al 59% del 1995); in compenso, a crescere
sarà la regione Est-Asia e Pacifico (+7% annuo).
Pag. 134
a)IL TURISMO
NELL’ECONOMIA GLOBALE
b)LA POSIZIONE DOMINANTE
I paesi mediterranei in particolare cresceranno del 2,8%, riducendo la quota di
mercato dal 30% al 25% in proiezione al 2010. Gli incrementi minimi sono
previsti per il Sud e l'Ovest Europei. L'Italia seguirà questo trend (+2,2%) e
scenderà al 6' posto nella graduatoria delle principali destinazioni, dopo Cina,
USA, Francia, Spagna e Hong Kong.
4.2 IL TURISMO IN ITALIAIl nostro paese risulta una delle destinazioni preferite dal turismo internazionale
sia per fatturato che per numero di arrivi e presenze: nel 1998 era al 4' posto
come meta preferita dal turisti di tutto il mondo e al 2' per le entrate. Nel 1997 la
spesa turistica in Italia è stata di circa 130.000 miliardi di lire (80.000 MD spesi
dagli italiani e 50.000 MD dagli stranieri), pari al 10,7% dei consumi interni.
Il peso percentuale del settore turistico sul PIL
italiano (97) in termini di valore aggiunto turistico
è pari al 5,7%, più del doppio di quello prodotto sia
dal comparto alimentare che da quello agricolo;
l'industria turistica inoltre ha un ruolo rilevante nel finanziamento della bilancia
dei pagamenti, il saldo positivo è di circa 22.000 NM (97), così come nel
numero di unità di lavoro occupate che è di quasi 2 milioni pari al 9%
dell'occupazione totale.
Pag. 135
a)L’INDUSTRIA
TURISTICA ITALIANA
Il sistema delle imprese dell'ospitalità ha un carattere molto frammentato, è
costituito da molte Piccole e Medie Imprese, spesso a conduzione familiare.
Risulta estremamente difficile censire il numero
ufficiale degli esercizi ricettivi: nel '97 si contano ca
34.000 esercizi alberghieri, ca 2.400 campeggi e
villaggi turistici, 7.000 agenzie di viaggi, 4.600
aziende agrituristiche ufficiali. La distribuzione delle
strutture ricettive nel territorio italiano è
disomogenea; infatti 15.500 ca si trovano nel Nord-
Est, 7.000 nel Nord-Ovest, 6.000 ca al Centro e solo
5.000 ca nel Meridione (98). Le statistiche ufficiali
non rilevano il movimento negli alloggi in affitto,
ignorano i pernottamenti nelle abitazioni in proprietà
e sottostimano le altre componenti.
L"Italia dispone infatti di ca 3,5 milioni di posti letto censiti anche se una
valutazione più aderente alla realtà porta tale stima a 6,5 milioni considerando
l'offerta 44 sommersa". Alcune analisi indicano che il. movimento turistico reale
è pari ad almeno 3 volte quello ufficialmente rilevato. Per quanto riguarda la
domanda di turismo e l'articolazione regionale, dagli anni '50 il turismo in Italia
è diventato un fenomeno di massa, fino alla cosiddetta "esplosione" degli anni
Settanta e Ottanta, generata sia da fenomeni socio-culturali che economici e
demografici (maggiore reddito disponibile, urbanizzazione spinta ecc). Le
regioni che tradizionalmente presentano la maggiore percentuale di famiglie che
fanno vacanza sono quelle industrializzate e con grandi centri urbani
(Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna), mentre ben più distanziate
sono le aree meridionali. Il turismo italiano si è caratterizzato per una forte
prevalenza di domanda interna (circa il 70%), con rilevanti variazioni da regione
e regione, mentre l'apporto straniero risulta concentrato nelle città d'arte o in
alcune aree quali la riviera adriatica e alcune località del mezzogiorno di "prima
colonizzazione".
Pag. 136
b)L’OFFERTATURISTICA ITALIANA
In termini geografico-territoriali, il fenomeno ha seguito le linee principali dello
sviluppo con una concentrazione antropica lungo le coste, caratterizzandosi
quindi come turismo essenzialmente balneare; mentre il turismo alpino invernale
inizia a svilupparsi a partire dagli anni '60. Il turismo italiano si caratterizza per
la predominanza dei movimenti interregionali e quindi generalmente come
turismo di prossimità, con utilizzo del mezzo proprio per una mobilità di breve
raggio, spesso verso la seconda casa. Inoltre, il turismo si configura
generalmente come stanziale e concentrato nel periodo estivo, con una
attivazione limitata dell'economia in alcune aree.
Questo quadro, prevalente negli anni '70, si
modifica nel decennio successivo a fronte di una
maggior propensione degli italiani al turismo
internazionale che comincia a manifestarsi nella
seconda metà degli anni '80. Nella stessa epoca si
registra anche un forte incremento del turismo
straniero verso il nostro Paese.
L'evoluzione economico-sociale ha portato in evidenza una maggior diffusione
della propensione alla vacanza, alla quota di reddito destinata al turismo, alla
varietà di motivazioni e modi di vacanza e all'emergere del turismo d'affari e dei
convegni e meeting. I turisti italiani hanno confermato negli anni '90 la tendenza
ad effettuare turismo all'estero, anche con prodotti quali la crociera e il villaggio
turistico. Circa il 25% dei viaggi effettuati oggi da italiani sono diretti all'estero:
questo fenomeno sta progressivamente trasformando l'Italia da prevalente paese
di destinazione a importante mercato di origine della domanda internazionale.
La distribuzione territoriale nell'ultimo decennio evidenzia l'evoluzione verso le
aree interne, con particolare riferimento al turismo culturale o verde, guidato
anche da un'offerta diffusa (Toscana, Umbria) e da temi rilevanti (salute e
bellezza, enogastronomia, ecc.). Cresce anche la domanda e l'offerta di
ricreazione urbana, nelle sue varie forme, gestite sia dalle amministrazioni che
dai privati (palestre, parchi, mostre ed eventi, centri commerciali).
Pag. 137
c)
L’EVOLUZIONE DEL TURISMO
IN ITALIA
Le dinamiche della domanda, dunque, sono state
accompagnate anche da strategie nell'offerta: se
per esempio dagli anni '50 alla metà dei '70 si è
assistito ad una crescita continua dell'offerta
turistico-alberghiera (si pensi al litorale adriatico)
con un certo spontaneismo, dal periodo della crisi
petrolifera in poi si è assistito ad un processo di
"localizzazione, ridimensionamento e
miglioramento della qualità ricettiva" ben
individuabile, che oggi vede inoltre l'affermarsi di
forme di networking (franchising ecc.) e l'ingresso
delle catene internazionali.
Accanto a questo trend del comparto ricettivo si è anche arricchita la tipologia di
offerta: nuovi servizi e infrastrutture, parchi tematici e luoghi di intrattenimento,
attrazioni culturali "rivalorizzate", itinerari alternativi, centri per il turismo
d'affari. L'offerta si è quindi arricchita contribuendo a rendere sempre più ricco e
complesso il prodotto turistico e rendendo più numerose le alternative e le
opportunità per il consumatore, spesso con una maggior sinergia tra operatori,
privati e pubblici, tesi a mantenere la competitività. Per quanto riguarda le
seconde case e l'edilizia di vacanza privata, lo sviluppo è stato particolarmente
intenso negli anni 70' in particolare per alcune zone (si veda il caso delle regioni
meridionali con i fenomeni di turismo etnico) e pare rallentato negli ultimi anni,
che vedono piuttosto l'emergere di nuove forme (multipropietà, time-sharing)
che trovano ragion d'essere nel desiderio di diversificare la vacanza, e di
effettuare investimenti all'estero. Riassumendo in termini quantitativi le
dinamiche descritte, il quadro si presenta come segue.
Nel 1970 gli arrivi in Italia erano 37,4 ML e le presenze 244ML; nel 1980 si
registrano 51,5 ML di arrivi e 328,7 ML di pernottamenti; nel 1990 ben 64 ML
di arrivi e 354 ML di presenze. Con riferimento agli anni più recenti, il flusso
turistico ufficialmente rilevato (ISTAT 97) è costituito da ca 71 ML di arrivi (40
Pag. 138
d)LE
DINAMICHE DELLA
DOMANDA TURISTICA
ML italiani e 31 ML stranieri) e 292 milioni di presenze (174 ML di italiani e
118 ML di stranieri).
Dal 1970 al 1997 risulta così evidente una crescita degli arrivi, accompagnata da
una diminuzione della permanenza media e quindi da una dinamica più
moderata dei pernottamenti totali. Per quanto riguarda la domanda straniera, dai
12,7 ML del 1970 si è passati ai 18 ML del 1980 ai 21,8 del 1990 e ai 31 del
1997.
Le presenze alberghiere risultano distribuite per il
58,8% al Nord, il 21,9% al Centro, il 19,3% al
Sud. 1 visitatori stranieri trascurano il meridione
(13%) a favore delle regioni del Nord-Est (48%):
questa tendenza, per quanto meno marcata, è
valida anche per i turisti italiani (37% Nord-Est;
19% Nord-Ovest; 22% Centro; 22% Sud).
Le regioni meridionali, infatti, che rappresentano 1/3 del territorio nazionale e
possiedono il 60% del litorale italiano, presentano molteplici vantaggi dal punto
di vista turistico: bellezza del paesaggio, clima soleggiato, zone archeologiche di
grande rilevanza turistica, ricchezza dei patrimonio architettonico ed artistico,
ma raccolgono una quota non rilevante di presenze e dei consumi turistici totali
in Italia.
Pag. 139
e)
LA DISTRIBUZIONE
DELLA DOMANDA TURISTICA
4.3 IL TREND DEI FLUSSI TURISTICI IN ITALIAGli stranieri che visiteranno l’Italia nel 2002 raggiungeranno i 38 milioni, con un
tasso di crescita dello 0,9% rispetto al 2001, mentre nel 2003 l’aumento
dovrebbe attestarsi sul 2,7%, arrivando alla quota di 39 milioni. Prima dell’11
Settembre, nel 2002, ci si aspettava una crescita del 4% (fonte CISET Venezia)
QUADRO SINTETICO DEI FLUSSI TURISTICI
“INCOMING E OUTGOING” 2002 -2003
2002 2003
INCOMING Valori
*assoluti
Variazioni
%
Valori
*assoluti
Variazioni
%
Arrivi mondiali in Italia 38.032 0,9 39.060 2,7
Arrivi in Italia da 21 Paesi 32.892 0,6 33.654 2,3
Arrivi Area mediterranea 4.506 1,5 4.616 3,4
Arrivi Europa centrale 17.533 1,6 17.961 2,4
Arrivi Nord Europa 3.680 0,7 3.718 1,0
Arrivi Extra Europa 7.172 -2,5 7.359 2,6
2002 2003
OUTGOING Valori
*assoluti
Variazioni
%
Valori
*assoluti
Variazioni
%
Partenze degli italiani
verso l’estero 17.627 2,1 18.051 2,4
Partenze Area Mediterranea 10.607 2,9 10.891 2,7
Partenze Europa Centrale 3.192 1,8 3.251 1,9
Partenze Nord Europa 1.167 0,5 1.645 2,0
Partenze Extra Europa 2.215 0,0 2.263 2,2
* valori in migliaia
Pag. 140
4.4 Le valutazioni dell'OMTL'Organizzazione mondiale dei Turismo ha ulteriormente corretto, a fine
gennaio 2002, il dato relativo all'andamento degli arrivi del turismo
internazionale mondiale dell'anno 2001. Se prima dell'11 settembre dello scorso
anno ci si aspettava una crescita intorno al 4%, una prima stima a fine ottobre
aveva portato ad una riduzione dell'incremento all'1 %; a dicembre le stime
indicavano una situazione di stazionarietà. A febbraio 2002, si ipotizza che si
verifichi una diminuzione dell'1,3% (dai 697,5 mi di arrivi dei 2000 ai 688,5 dei
2001). Da notare che, secondo quanto dichiarato dalla stessa OMT, dal 1982 (-
0,4%) non si era più verificata una diminuzione negli arrivi internazionali e che
nel decennio 1990- 2000 il saggio medio annuo di crescita era stato dei 4,3%; la
congiuntura era molto positiva se è vero che nel 2000 si era verificata una
crescita record intorno al 7% rispetto all'anno precedente.
Le prospettive, dunque, erano improntate ad un grande ottimismo. Secondo
l'OMT, comunque, la crisi che si è verificata a fine anno si è innestata su di una
situazione che presentava già qualche segnale di preoccupazione;
per l'andamento difficoltoso delle economie di alcuni dei principali
bacini di origine, in particolare Germania, Giappone ed USA, con
conseguente diminuzione dei flussi outbond;
per la crisi economica Argentina;
per l'effetto dovuto alla mucca pazza per paesi britannici, con un calo
intorno al 5% degli arrivi;
per il sovrapprezzo dei dollaro con conseguente effetto sui flussi incoming
verso l'USA;
per il perdurare di guerre e di focolai di crisi in Medio Oriente.
Gli effetti dell'11 settembre non hanno avuto solo una dimensione quantitativa,
ma, almeno nell'immediato, hanno prodotto anche sostanziali cambiamenti
degli stili di vita delle popolazioni.
Pag. 141
E' da aspettarsi che alcuni di questi mutamenti di abitudine da fatto
congiunturale imposto da un evento esogeno diventino un fatto strutturale e di
lungo periodo.
In sintesi si può affermare che alla base dei nuovi atteggiamenti, vi è stata
l’esigenza di trovare soluzioni più sicure e forme di turismo più autentiche, con
maggiore attenzione ai localismi, alle componenti ambientali ed alle tradizioni.
L’intreccio di questi nuovi comportamenti porterà ad una figura di turista
sempre più consapevole delle proprie scelte, sempre più voglioso di
praticare forme di turismo autentico e sempre più attento alla componente
ambientale, sia come tipologia specifica e pratica di una nuova forma di
turismo, sia come componente essenziale e condizionante di tutti gli altri
turismi.
Da un punto di vista qualitativo per l'anno 2002 si prevede un ulteriore forte
sviluppo dei turismi cosiddetti ambientali, (montagna estiva compresa) e la
valorizzazione di tutte quelle forme che fanno riferimento alla tradizione ed alla
possibilità di provare esperienze dirette sul territorio. Si avrà, insomma, una
riscoperta del gusto e delle tradizioni. Il turismo della salute trarrà un ulteriore
impulso, sia come terme tradizionali che come benessere, per l'attenzione che
sempre più è data alla promozione della propria salute in chiave di
orientamento ambientale. Inoltre, per quanto riguarda gli italiani, si tenderà a
distinguere fra le vacanze in Italia per le quali si cercherà affidabilità e
tradizione e vacanze all'estero, che saranno sempre più riscoperte nel corso
dell'anno, concepite di più come trasgressione e ricerca di discontinuità.
Tuttavia la forza del turismo italiano in termini di grandi numeri continuerà a
poggiare solidamente sulle componenti tradizionali e sostanziali dell'arte e della
cultura e del turismo balneare.
Pag. 142
L'Emilia Romagna è la regione con il più consistente movimento turistico, per
quanto riguarda gli italiani: infatti è prima in graduatoria (97) per le presenze di
italiani (16,8%), seguita da Trentino (10,8%) e Lombardia (8,7%).
Considerando le presenze totali nel 1997, in
Veneto ne sono state registrate oltre 41 ML in
Emilia Romagna 32 ML, in Toscana 31 ML e in
Lombardia quasi 23 ML.
Considerando il movimento complessivo
(alberghiero e complementari) le località balneari
e lacuali incidono per il 40,2% (il periodo giugno-
settembre raccoglie quasi l'80% delle presenze e il periodo aprile-settembre il
90%); segue quindi il turismo d'arte (19%), il turismo d'affari (13.5%) e quello
montano (12,7%).
La stagionalità è uno degli elementi più tipici del
turismo italiano, più accentuata per gli italiani che
per gli stranieri; infatti il mese di agosto è il mese
preferito con ca il 23% delle presenze annue,
seguito da luglio, giugno e settembre (tutti con ca
il 18%), anche se sembra sia in atto un
allungamento della stagione a settembre- ottobre,
mentre novembre è il mese con minore
movimento complessivo.
Le località montane presentano una bistagionalità con concentrazione delle
presenze in luglio-agosto e nel periodo gennaio-marzo. Si stima che in periodo
di bassa stagione più della metà degli esercizi alberghieri chiuda ed almeno i 2/5
delle camere (in particolare negli esercizi di piccole dimensioni nelle località
balneari e montane) siano chiusi al pubblico.
Cap.5Pag. 143
a)
LA DISTRIBUZIONE DELL’OFFERTA
TURISTICA
b)
LA STAGIONALITA’
IL SISTEMA TURISTICO E AMBIENTALE
NELLE INTERAZIONI CON I SISTEMI REALI,
NEGATIVI E POSITIVI5.1 IL SISTEMA TURISTICO ED IL SISTEMA AMBIENTALE
Il sistema turistico è in scambio ed in relazione con il sistema ecologico. Questo
scambio determina la ragione stessa del sistema turistico che può causare, come
in alcuni casi ha causato, l’avvilimento ed il deterioramento dell’ambiente,
ma che a sua volta, per questo deterioramento e
avvilimento, perde la sua fondamentale motivazione
turistica. Appare evidente che il sistema turistico deve
realizzare un evoluzione positiva, sia strutturale sia
funzionale, e l’approccio al problema non può essere
disgiunto da sistema ecologico.
Il sistema turistico può produrre dei servizi e può soddisfare dei bisogni. Sono
questi due generi di risultati cui giunge il sistema regione turistica.
Il vertiginoso incremento degli spostamenti per turismo ha comportato l'esigenza
di affrontare una serie di nuove e complesse problematiche di natura ambientale.
L'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), nel documento
"Strategie e strumenti per lo sviluppo sostenibile del turismo" dei febbraio 2001,
fa rilevare come il turismo e l'ambiente, inteso come complesso dei beni naturali
e culturali, sono caratterizzati da una relazione biunivoca: il turismo ha nelle
risorse ambientali il patrimonio indispensabile per il proprio sviluppo; viceversa
l'ambiente trae beneficio dalle risorse mosse dalle attività turistiche quando con
esso compatibili. Tale relazione positiva, tuttavia, spesso non si verifica, ed il
turismo, in particolare quello di massa, comporta degli effetti negativi per
l'ambiente.
Pag. 144
a)
EVOLUZIONE POSITIVA
AMBIENTE-TURISMO
Tra gli effetti del turismo, infatti, secondo quanto riportato nel documento
"Turismo durevole e Sviluppo Sostenibile - il
quadro di riferimento italiano" di Andriola-
Manente, rientrano il degrado marino costiero e
montano, la cementifícazione, i rifiuti solidi, le
emissioni in atmosfera, gli scarichi, la
desertificazione, l'insalinamento delle falde di
pianura costiera, l'eccessiva infrastrutturazione.
Tra le esternalità collegate alle attività turistiche vanno ricordate quelle negative
che sono all'origine della possibile diminuzione della identità sociale e culturale
dell'area ospitante, dell'aumento della produzione dei rifiuti, dell'aumento dei
consumo di beni primari e risorse (acqua, energia ecc.), della modificazione e
distruzione degli ecosistemi montani, lacustri, costieri, marini, la perdita di
biodiversità, gli impatti estetici e visivi, l'inquinamento del suolo e dell'acqua, la
congestione e l'inquinamento acustico, la concentrazione dei benefici in poche
aziende di elevate dimensioni e/o estere, l'aumento della domanda di mobilità, il
lavoro nero e/o minorile e la prostituzione. Purtroppo, in Italia si rileva una
scarsa disponibilità informativa riguardo i termini della pressione turistica e
degli effetti ambientali, mancano dati organizzati "ad hoc" e riferiti tutti allo
stesso arco di
tempo, cosa che di fatto inibisce la
conoscenza e la valutazione sistematica dei
fenomeni legati al turismo. Negli anni 70' con
"I limiti dello sviluppo" dei Club di Roma si
iniziò a parlare dei conflitto tendenziale tra
crescita economica e demografica ed
ambiente.
Pag. 145
b)
ALCUNI EFFETTI
DEL TURISMO
c)LE PRIME
CONFLITTUALITA’
In particolare da una decina di anni a questa parte è stato riconosciuto il peso
che i modelli tradizionali di sviluppo dell'industria turistica hanno in termini di
impatto negativo sull'ambiente e sul tessuto sociale delle comunità ospitanti. A
fronte di questa consapevolezza, sta oggi crescendo la preoccupazione per gli
obblighi che le generazioni di oggi hanno nei confronti di quelle future, e
vengono ricercate le misure correttive secondo il concetto di sostenibilità.
Le recenti ricerche dei più accreditati Centri di Studi mostrano che il mercato dei
turismo è in continua crescita, e che il numero di turisti nel mondo continuerà ad
aumentare nel prossimo futuro a ritmi sostenuti.
Ma ciò che, in questi termini, può apparire come una naturale conseguente
opportunità di business, comporta in realtà la necessità per ogni località di
effettuare grossi sforzi per non restare esclusa dal trend di sviluppo.
Infatti, fenomeni quali la globalizzazione, la crescente sensibilità dei governi
verso il settore e la professionalità acquisita dagli operatori internazionali,
aumentano la competitività nel comparto.
Inoltre, le caratteristiche e le tendenze della domanda rendono il settore sempre
più complesso e dinamico.
Un mercato libero, di imprese turistiche e non,
senza vincoli, non è accettabile, soprattutto
quando parliamo del binomio
ambiente/turismo, dove l’ambiente non è
considerato un costo per le imprese,
le quali tendono a massimizzare i profitti, raggiungendo un equilibrio di mercato
domanda-offerta-prezzo, sfruttando senza limiti la risorsa ambiente, cioè senza
considerare i costi sociali (diseconomie o esternalità negative) che ne derivano.
Pag. 146
d)
IL MERCATO TURISTICO LIBERO E LE DISECONOMIE
Mentre sarebbe sufficiente che tali costi fossero
imputati alle imprese, i quali farebbero alzare il
prezzo, quindi creerebbero una diminuzione della
domanda e conseguenzialmente una riduzione della
produzione a livelli di miglior equilibrio a favore
dell’ambiente.
Quando ci soffermiamo sul settore turistico, inoltre, dobbiamo considerare che
l’ambiente non rappresenta soltanto un fattore di benessere/malessere dei
cittadini, ma anche prodotto turistico, per cui un inquinamento di una qualunque
impresa, rappresenta una diseconomia per il settore turistico (curiosa, a
proposito, la definizione dell’economista Candela: beni ambientali quando
distribuiscono benefici a tutta la collettività e mali ambientali, al contrario,
quando vi è inquinamento).
Anche la stessa attività turistica, in alcuni casi, rappresenta uno sviluppo
insostenibile, per esempio, quando in una località la massa di turisti va oltre la
capacità del territorio di sostenerli, creando così minor benessere tanto per i
residenti che per i turisti stessi (avviando la causa di declino dello sviluppo
turistico);
Pag. 147
e)IL LIMITE
ALLO SVILUPPO TURISTICO
A tal proposito, da alcuni studi dell’OECD (the impact of tourism on the
environment – general report, Paris 1980) sono determinati gli effetti negativi
principali sull’ambiente:
Effetti d’inquinamento (dell’aria, dell’acqua, da rumore,
dei siti)
Perdita di terreni agricoli e per la pastorizia
Danneggiamenti della flora e della fauna
Degradazione del paesaggio e dei siti artistici
monumentali
Effetti di congestione del traffico e delle spiagge
Effetti di conflitto tra turisti e residenti
Effetti di concorrenza di manodopera tra le diverse
attività
I danni più frequenti sono subiti, nella maggior parte dei Paesi, e sopratutto sulla
costa, dalla vegetazione, per la costruzione di infrastrutture turistiche stabili o
temporanee (campeggi, villaggi turistici, seconde case, e di strade carrozzabili a
servizio di queste strutture.
Pag. 148
f)
IL
DECLINO
TURISTICO
5.2 Il privato, naturalmente, non sceglie la localizzazione di
un’impresa turistica, in relazione all’impatto sull’ambiente in
particolare, ma valuta le proprie convenienze, in base a:
Reddito della popolazione
Presenza di tessuto industriale
Trend positivo delle aziende dell’area
Attrazioni naturali e artificiali
Stazione ferroviaria
Eventi
Traffico congestionato
Disoccupazione elevata
Distanza dai maggiori centri urbani
Costo elevato del viaggio ferroviario
Scarso tessuto commerciale
Assenza di attrazioni
Vincoli comunali all’uso del terreno
Vincoli urbanistici
Normativa antincendio
Normativa licenze
Burocrazia snella o farraginosa
Costi di acquisizione
Costo del lavoro
Tariffe affitti
Assicurazioni
Riscaldamento ed elettricità
Condizioni di leasing
Profitti e flussi di cassa attesi
Pag. 149
a)FATTORI
DI ATTRAZION
E
b)FATTORI
DI ESCLUSIONE
Selezione area geografica
c)FATTORI CHE DETERMINANO LA SCELTA
1. Accessibilità
2. Convenienze
3. Territorio
4. Aspetti legali
5. Costi di costruzione e di gestione Fonte F. Butle[1986]
5.3 L’ANTROPIZZAZIONE, L’AMBIENTE ED IL TURISMOUna eccessiva antropizzazione della costa (industrie
turistiche, insediamenti residenziali), con relativo
scarico a mare delle fogne, nella stragrande maggioranza
non depurate, porta inesorabilmente ad un inquinamento
da “superamento degli standard colimetrici” (100
colibatteri fecali per 100 ml d’acqua,
secondo le direttive UE), senza contare la presenza nelle acque di materie solide
di varia natura, che trasformano gli arenili in ricettacoli d’immondizia,
incompatibili per una spiaggia adatta alla balneazione turistica.
Nelle regioni montane, danni all’ambiente derivano dal diffondersi dei veicoli
fuoristrada, dalla moda di raccogliere tutto ciò che è raccoglibile: fiori (anche se
protetti), funghi (anche oltre il consentito), lamponi, mirtilli, e l’abbandono di
ogni sorta di rifiuto, quasi sempre non biodegradabile.
Ulteriori alterazioni nei riguardi dell’ambiente naturale, in particolare della
morfologia, sono determinate dagli sbancamenti o comunque dai movimenti di
terra dovuti alla realizzazione di strutture turistiche più o meno grandi, di
seconde case, di strade, di aree di parcheggio, di stabilimenti balneari, e in
ultima analisi, di porti turistici.
Nelle aree che sono meta di turismo, il progressivo affermarsi di questo
fenomeno provoca effetti tutt’altro che trascurabili, soprattutto quando mancano
vincoli edilizi pianificati (pianificazione occulta degli insediamenti turistici).
In alcuni casi le strutture, ricettive e pararicettive richieste
dal turismo, si sono incastonate nel preesistente tessuto
abitativo senza provocare particolari alterazioni. In altri,
invece, l’affermarsi del gigantismo edilizio, soprattutto
degli esercizi alberghieri-residenziali (a seguito anche
dell’aumento dei prezzi dei suoli edificabili),
Pag. 150
a)
ATTIVITA’ TURISTICA
E AMBIENTE
b)
L’ESPANSI-ONE
SPONTANEA DEGLI
ABITATI
e il diffondersi, in territori più o meno estesi di seconde case isolate, a schiera,
o in condomini di grande dimensioni, hanno determinato un largo consumo
del suolo e di alterazioni paesaggistiche.
Accanto agli interventi locali, vi sono una serie di interventi a carattere
nazionale, finalizzati a salvaguardare, difendere, valorizzare le risorse
ambientali:
Biòtopi, intesi come luoghi caratterizzati dalla
presenza di specie animali e vegetali di elevato
interesse scientifico (possono comprendere anche
fondali marini e scogliere);
Aree demaniali generalmente boscosi facenti parte
del patrimonio inalienabile dello Stato;
Parchi nazionali , aree di eccezionale importanza e
complessità naturalistica, di vasta estensione e di
interesse internazionale, famosi anche per la
presenza di alcune specie di animali e/o vegetali;
Riserve naturali statali: riserve biogenetiche, zone
umide di valore internazionale, zone marine di
tutela biologica;
Vincolo Paesaggistico: parchi regionali, riserve naturali regionali,
aree di tutela, parchi sperimentali marini, parchi minerari, parchi tematici;
Vincolo idrogeologico restrittivo per industria estrattiva e di
trasformazione;
Comprensori di bonifica;
Strumenti urbanistici (piano regolatore);
Rimane, quindi abbastanza chiaro, che le realtà politico amministrative locali
nazionali ed internazionali devono porsi in coordinato rapporto con tutti gli
altri settori produttivi, pianificando il territorio, in modo socialmente
sostenibile, e compatibilmente con la preservazione delle risorse.
5.4 I RAPPORTI TRA L’AGRICOLTURA E IL TURISMO
Pag. 151
c)
I
POSSIBILI
RIMEDI
L’agricoltura intrattiene col turismo rapporti multiformi e differenziati a
secondo delle aree e delle forme di turismo:
l’agricoltura quale fornitrice di beni di
consumo per i turisti ha concomitanza d’interessi col
turismo, attivando anche forme di vendita dirette
produttore/consumatore. Nelle forme di agriturismo
(coesistenza di agricoltura e turismo) nell’uso del
suolo, nei riguardi di quel tipo di turismo che, per
reazione all’urbanesimo, ha individuato nello spazio
agricolo, non urbanizzato, l’ultima frontiera,
ovvero il terzo spazio turistico (dopo la scoperta delle coste e della
montagna), addirittura (vedi Legge 915 sull’agriturismo) il turismo si prefigge
lo sviluppo del consumo di prodotti tipici, integrazione del reddito agricolo e
freno dall’esodo rurale.
In altri casi si assiste ad un antagonismo tra questi
due settori per l’uso del suolo e l’utilizzazione delle forze lavoro:
Nell’uso del suolo si sono verificati i danni ambientali più
rilevanti, derivati dalla trasformazione subita
dall’edilizia rurale, da diffondersi in campagna di
cottages e villette, dall’erosione di terreno agricolo da
parte del turismo, dalla lievitazione dei prezzi,
anche dei terreni dichiarati non edificabili e, conseguentemente, riduzione
dalla propensione agli investimenti agricoli, a medio e lungo termine.
Nei riguardi della forza lavoro agricola, l’affermarsi del turismo, crea spesso
situazioni di competizione con esodo dalla campagne, soprattutto nella
stagione estiva quando entrambi i settori necessitano di molta manodopera.
Un altro rischio è la perdita della campagna della sua identità (soprattutto in
certe aree agrituristiche) per effetto dell’introduzione di scenari turistico
folclorici artefatti, aventi scarse relazioni con la realtà locale.
Pag. 152
a)
BINOMIO POSITIVOAgricoltura
-turismo
b)
BINOMIO NEGATIV
OAgricoltura
5.5 I RAPPORTI TRA IL TURISMO L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATO
Il turismo, inteso come un complesso di attività di servizio, presenta
interdipendenze ora negative, ora positive, con l’industria l’attività
artigianale.
I contrasti si manifestano, ovviamente per l’uso del
territorio e per la presenza, in certe aree di
potenziale sviluppo turistico, di industrie inquinanti.
In altri casi, la presenza di industrie “pulite” (d’avanguardia come
l’elettronica) che sono andati ad insediarsi addirittura in aree già valorizzate
turisticamente, ha rappresentato, o rappresenta, un momento di grande
potenzialità turistica molto appetibile.
Gli aspetti più significativi, delle interdipendenze
turismo-industria e turismo–
artigianato, si hanno in sede di consumo dei beni
prodotti dalle aziende, da parte dei turisti, (il
cosiddetto shopping), e da parte delle aziende
ricettive, pararicettive, di trasporto e servizi turistici
vari, per la fornitura dei fattori produttivi dei servizi
erogati (business2business).
Pag. 153
a)I CONFLITTI
b)LE
INTERDIPEN-DENZE
5.6 I rapporti tra turismo e attività commercialiLe attività commerciali presentano legami diretti ed indiretti con il turismo; in
alcuni casi rappresentano l’indotto del turismo, in altri è il turismo un indotto
dell’attività commerciale.
Il turismo, in ogni caso influenza notevolmente le attività
commerciali, caratterizzando l’aspetto della regione
turistica, sia nella quantità di esercizi, superiori alla
domanda della popolazione indigena, sia nelle loro
dimensioni o forme (molto presenti anche gli ambulanti,
fiere, sagre, mercati periodici), sia nella qualità (forte
presenza di punti vendita extra alimentari), e nella
lievitazione dei prezzi nella stagione.
5.7 In definitiva anche il turismo va sottoposto ad una valutazione
d’impatto ambientale (VIA) con l’analisi costi-benefici:
Pag. 154
a)
L’INDOTTO
BENEFICI Incremento del reddito Incremento dell’impiego Miglioramento delle strutture
economiche Miglioramento delle capacità
imprenditoriali Modificazione della società
agricola in società urbana Apporto al commercio locale Apporto all’artigianato Apporto alla gastronomia Migliore conoscenza della
storia, della cultura e della religione
COSTI Pericolo della monoculturalità
economica del turismo Inflazione derivata da turismo e
speculazione sul territorio Modelli eccessivi di consumo Stagionalità del turismo Basso interesse tratto
dall’investimento turistico Determinazione di costi sociali
non compensati dalle imprese turistiche
Saturazione socioeconomica del turismo
Importazione dei quadri dirigenti dall’esterno della Regione
Erosione del linguaggio e della cultura regionale
5.8 TURISMO ED AMBIENTE IN ITALIANel nostro Paese si rileva una scarsa disponibilità informativa riguardo i termini
della pressione turistica e degli effetti ambientali, cosa che di fatto inibisce la
conoscenza e la valutazione sistematica dei fenomeni legati al turismo.
a) Le esternalità ambientali del settore turistico
Per definire in modo univoco le condizioni di criticità o stress ambientale
connesse al turismo, si deve partire dall'identificazione dei fattori sistemici
(l'Ambiente, i Turisti, i Residenti) e degli input-output tra turismo ed ambiente.
Gli input possono essere le risorse energetiche, le
risorse idriche, le risorse di territorio (suolo,
vegetazione, etc.), le risorse alimentari. Gli output
sono il degrado marino costiero e montano, la
cementificazione,
i rifiuti solidi, le emissioni in atmosfera, gli scarichi, la desertificazione,
l'insalinamento delle falde di pianura costiera, l'eccessiva infrastrutturazione.
Tra le esternalità collegate alle attività turistiche vanno ricordate quelle negative
che sono all'origine della possibile diminuzione dell’identità sociale e culturale
dell'area ospitante, dell'aumento della produzione dei rifiuti, dell'aumento del
consumo di beni primari e risorse (acqua, energia ecc.), della modificazione e
distruzione degli ecosistemi montani, lacustri, costieri, marini, la perdita di
Biodiversità, gli impatti estetici e visivi, l'inquinamento del suolo e dell'acqua, la
congestione ed l'inquinamento acustico, la concentrazione dei benefici in poche
aziende di elevate dimensioni e/o estere, l'aumento della domanda di mobilità, il
lavoro nero e/o minorile e la prostituzione.
Le esternalità positive dipendono dall'arca in esame e possono esprimersi nel
recupero e valorizzazione economica e sociale (moltiplicatore di reddito ed
occupazione) di aree altrimenti degradate. Un elemento fondamentale per
inquadrare il fenomeno turistico e le sue complesse relazioni è la "capacità di
Pag. 155
LE ESTERNALITA’
NEGATIVE(diseconomie)
carico" di cui si riporta la definizione: "il massimo utilizzo di un'area senza la
creazione di effetti negativi sulle risorse naturali, nonché sul contesto sociale e
culturale locale".
La capacità di carico può essere suddivisa a sua volta in:
capacità di carico fisica o ecologica
capacità di carico economica
capacità di carico sociale.
Quindi per ogni destinazione turistica si può definire una capacità di carico
fisica od ecologica come il limite (esprimibile concretamente con un numero di
visitatori) oltre il quale le risorse ambientali o culturali della destinazione
risultano danneggiati (degrado di un ecosistema o di un monumento); una
capacità di carico economica, cioè il limite oltre il quale la qualità della visita si
riduce drasticamente, al punto da determinare una contrazione della domanda (e
di conseguenza delle attività nate per soddisfarla).
Tali specificazioni esprimono il numero di visitatori oltre il quale l'impatto fisico
(prevalentemente negativo) diventa inaccettabile e l'impatto economico (in
partenza positivo) crolla.
A queste due specificazioni va aggiunta la capacità di carico sociale che
rappresenta il limite oltre il quale le altre funzioni (non-turistiche) dell'area
risultano danneggiate o ostacolate, con conseguente degrado nella qualità della
vita della popolazione ospitante o danno sulle altre attività produttive. In questo
caso il turismo tende a sostituire in una destinazione tutte le attività concorrenti,
arrivando a forme di specializzazione spinta o, all'estremo, di monocolture.
Pag. 156
Le relazioni fra turismo ed ambiente, espresse in
termini di "Carrying capacity” e/o di “foot print
ecologico", possono essere espresse dai seguenti
macroindicatori.
In termini di “foot print ecologico" (che
corrisponde alla "impronta ecologica" la cui
definizione è "l'area di terreno produttivo
necessaria per soddisfare le esigenze di consumo
di risorse ed assimilazione dei rifiuti di una data
popolazione, ovunque esso sia situato"
Wackemagel e Rces, 1996):
Il consumo di territorio (kmq impermeabilizzati da infrastrutture
turistiche), mare (Mare Tirreno, Adriatico e Jonico), monti (Alpi e
Appennini), ovvero spazio occupato da infrastrutture turistiche (=
desertificazione); spazio procapite (,spiaggia, verde e territorio)
disponibile nell'ambito delle aree turistiche;
spazio residuo disponibile pro-capite;
risorsa idrica pro-capite e sua provenienza (se da acque sotterranee o da
acque superficiali);
Input all'ambiente:
richiesta alimentare (in particolare per il pescato e le acque minerali) e
peso dei flussi alimentari da una regione ad un'altra;
richiesta energetica;
richiesta idrica;
Output all'ambiente:
peso dei turismo sullo smaltimento degli R.S.U.;
peso del turismo sulla depurazione delle acque reflue;
peso sulle infrastrutture a rete (viarie, ferroviarie, aeroportuali, fognarie e
acquedottiche);
Pag. 157
b)
RELAZIONE
TURISMO E
AMBIENTE
peso del turismo sulla qualità delle acque di balneazione;
peso del turismo sulla qualità dell'aria;
valutazione del peso dell'agriturismo (quando possibile).
Le relazioni fra indicatori in grado di esprimere condizioni di criticità possono
essere espressi da rapporti di indicatori dove valori positivi esprimono
condizioni sostenibili, come ad es.:
n° turisti-residenti/impianti di depurazione (abitanti equivalenti depurati)
su base nazionale, regionale e/o provinciale nei periodi di massimo
afflusso e di minimo afflusso;
n° turisti-residenti/smaltimento rifiuti solidi su base regionale e/o
provinciale nei periodi di massimo afflusso e di minimo afflusso;
n° turisti-residenti/richiesta e consumo idro-potabile nei periodi di
massimo afflusso e di minimo afflusso;
n° turisti-residenti/qualità delle acque di balneazione; espansione urbana
lungo la costa (dati dell'Emilia-Romagna, Toscana e Lazio);
n° di turisti-automobili/qualità dell'aria nei luoghi di concentrazione
balneare e nelle città d'arte; casistica degli incidenti stradali per turismo
(punte degli esodi pasquali, di Capodanno e di agosto) ed incidenza sulla
spesa sanitaria;
n° di turisti nelle aree protette; qualità delle acque fluviali e lacuali.
c) I termini della pressione turistica e degli effetti ambientali in Italia
In Italia si rileva una scarsa disponibilità informativa riguardo i termini della
pressione turistica e degli effetti ambientali, mancano dati organizzati "ad hoc"
e riferiti tutti allo stesso arco di tempo, cosa che di fatto inibisce la conoscenza
e la valutazione sistematica dei fenomeni legati al turismo.
Se si esamina la disponibilità idrica pro capite (turisti+residenti) per
ripartizioni geografiche si evidenzia una
disponibilità pro-capite che eccede il
Pag. 158
d)LA DISPONIBILITA’
IDRICA PRO-CAPITE
valore di 300 litri/giorno indicato come
disponibilità idrica pro capite ottimale.
La Relazione sullo Stato dell'Ambiente del 1997 del Ministero dell'Ambiente,
indica che esistono fasce di popolazione non servite in modo sufficiente, con un
forte squilibrio al Sud; ciò potrebbe anche significare che la necessità di
approvvigionamento dei centri turistici valga a discapito delle popolazioni
residenti.
Se si considera la superficie pro-capite disponibile riferita ai metri di spiaggia
ed agli ettari di bosco, si evidenze che, considerando soltanto il numero dei
turisti ed escludendo la popolazione residente che non va in ferie, il minore
quantitativo di spiaggia balneabile pro capite spetta alla Regione Emilia
Romagna con circa 33,6 turisti per metro lineare di costa, seguita dal Veneto.
Complessivamente a scala nazionale si denota un
forte divario fra Nord, Sud e Centro del paese
passando dai valori 11,8 - 33,6 dei Nord Est e
11,8 della Liguria ai 9,7 e 1,25 del Centro ai 4,3 e
0,46 del Sud.
Il Piemonte, la Liguria, la Calabria e la Sardegna offrono al turista uno spazio
verde in termini di superficie boscata davvero elevato.
Per una valutazione degli effetti del turismo nelle aree più fragili e sensibili
come le aree naturali integre, le aree marino costiere e montane, i centri storici,
non sembrano al momento disponibili dati affidabili. La qualità ambientale di
queste aree, sulla base di dati solo indirettamente riferibili alla pressione
turistica, mostra nel periodo successivo al 1993 un andamento contraddittorio. Il
livello di protezione formale del territorio nel corso degli anni '90 è cresciuto in
maniera rilevante:
secondo dati del Ministero dei Beni Culturali nel
97 il territorio sottoposto a regime di tutela
Pag. 159
e)IL DIVARIO NORD SUD POSITIVO
f)LA TUTELA
DEL TERRITORIO
derivante dalle Leggi n. 431185 e n. 1497/39
assommava al 46,1% della superficie nazionale.
Per quanto accresciuta, l'efficacia di questi vincoli è ancora precaria per la
perdurante assenza in alcune regioni dei necessari Piani Paesistici o dei Piani
Urbanistico-Territoriali e dell'assenza di Leggi Regionali.
Nell'ultimo decennio si è ampliata l'estensione delle aree protette, dei parchi e
delle riserve. Il 75% del territorio protetto, pari a ca. il 7% dei paese, è stato
istituito nell'ultimo decennio e dotato di effettivi strumenti operativi soprattutto
nella seconda metà degli anni novanta. Per contro, nel periodo tra il 1994 e il
1998 si è registrata una nuova ondata di abusivismo edilizio, determinata in
parte anche da motivi di tipo turistico in senso lato.
In questi ultimi cinque anni sono state realizzate,
secondo stime Cresme, ca 230.000 abitazioni
abusive, equivalenti al 19% di tutte le costruzioni
realizzate nello stesso periodo.
Per quanto non siano disponibili stime sull'evoluzione del fenomeno, si deve
registrare un livello particolarmente accentuato di cementificazione sulle aree
costiere, come rileva un recente censimento del costruito sulle aree del
demanio marittimo.
Pag. 160
g)
L’ABUSIVISMO EDILIZIO
Gli italiani mostrano una netta preferenza per l'uso della propria automobile
quando sono in vacanza (64%), in misura maggiore di quanto facciano i
cittadini di altri paesi europei ad eccezione della Francia, seguita dall'aereo
(14%), dal treno (9%), dal pullman (5% ca), dalla nave (5,0%) e dalla
motocicletta (1% ca).
Il trend evolutivo mostra che nel 1988 l'automobile era utilizzata dal 69% dei
turisti, il treno dal 13% e l'aereo dal 7%.
In 10 anni l'uso dell'aereo è più che raddoppiato, a
scapito degli altri due mezzi. Il turismo italiano
che, come si è detto, si caratterizza come turismo
di prossimità, utilizza l'automobile per una
mobilità di breve raggio, che vede spesso nella
seconda casa la destinazione.
Ne derivano tanto fenomeni di congestione e di degrado di alcune aree, quanto
una accresciuta domanda di infrastrutture stradali per alleviare il disagio che si
registra in questi periodi di picco.
Tra i fattori di pressione sulle coste (isole comprese), più direttamente
riconducibili al turismo, si deve ricordare lo sviluppo della portualità turistica.
Nel 1997, rispetto al 1996, è cresciuto di oltre il 10% il numero di orari e porti
turistici (da 304 a 343) e dei relativi posti barca (da 77.000 a 86.000).
In materia di depurazione il dato ufficiale ISTAT
(93) utilizzabile è riferito alle ripartizioni -
geografiche e agli abitanti equivalenti serviti
(AES), ed è relazionato al numero di turisti l’anno
(98) e agli abitanti residenti.
Se si considera il valore globale della capacità di depurazione delle acque reflue
in Italia, che corrisponde a 76.962.000 abitanti equivalenti (ISTAT, 98) si
evince che "globalmente" il paese può essere in grado di accogliere un flusso
turistico di tale portata; tuttavia, l'aggregazione dei dati statistici disponibili
(ISTAT), non consente calcoli precisi a scala regionale, provinciale e comunale.
Pag. 161
h)I MEZZI DI
TRASPORTO PER
IL TURISMO
i)LA
DEPURAZIONE DELLE ACQUE
REFLUE
L'andamento della qualità delle acque di balneazione, con i limiti di
rappresentatività che ha questo dato, testimonia un miglioramento della tutela
ambientale del mare: tra il 1993 e il 1998 la costa temporaneamente o
permanentemente vietata per inquinamento è diminuita del 16%, ma è ancora
pari a ca. il 20% della costa totale in Lazio e Campania.
5.8 VERSO UNO SVILUPPO EQUILIBRATO E
SOSTENIBILE DEL TURISMONegli anni 70' con "I limiti dello sviluppo" del Club di Roma si iniziò a parlare
del conflitto tendenziale tra crescita economica e
demografica ed ambiente. Negli stessi anni
aumenta la consapevolezza della dimensione
planetaria della questione ambientale che ha
portato allo sviluppo delle iniziative per la difesa
dell'ambiente globale e locale.
In particolare da una decina di anni a questa parte è stato riconosciuto il peso
che i modelli tradizionali di sviluppo dell'industria turistica (in cui le attrazioni
turistiche sono spesso concentrate in determinate zone e sono soggette ad una
intensa frequentazione stagionale) hanno in termini di impatto negativo
sull'ambiente e sul tessuto sociale delle comunità ospitanti.
A fronte di questa consapevolezza, sta oggi crescendo la preoccupazione per gli
obblighi che le generazioni di oggi hanno nei confronti di quelle future, secondo
il concetto di sostenibilità intesa come "soddisfazione dei bisogni del presente
senza compromettere la possibilità di soddisfare quelli delle generazioni future".
A questo concetto fanno riferimento peraltro le più recenti ed importanti "Carte
per un turismo sostenibile" ("Carta di Lanzarote"; "Turismo: Principi base per
uno sviluppo sostenibile" WTO 96; "Dichiarazione di Berlino" 97) che
contengono definizioni e principi generali.
Pag. 162
a)I LIMITI
ALLO SVILUPPO
Il concetto di sostenibilità associata alle attività turistiche si rifà comunque alla
definizione data dalla WCED nel Rapporto
Brundtland nel 1987: "Le attività turistiche sono
sostenibili quando si sviluppano in modo tale da
mantenersi vitali in un'area turistica per un
tempo illimitato, non alterano l'ambiente
(naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano
o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed
economiche".
Lo sviluppo sostenibile del turismo pone alla base del proprio sviluppo un piano
mirato a garantire la redditività del territorio di una località turistica in una
prospettiva di lungo periodo con obiettivi di compatibilità ecologica, socio-
culturale ed economica.
La sostenibilità ha anche un valore di immediato interesse economico, infatti le
località turistiche devono la loro popolarità all'integrità delle bellezze naturali,
se questa si degrada oltre una certa soglia, i flussi turistici sono destinati al
declino.
La consapevolezza della necessità di dover affrontare i problemi dell'ambiente
unicamente alla necessità di dover garantire un più equo sviluppo economico e
sociale, si è tradotta in impegno anche a livello internazionale.
Per delineare un quadro di riferimento
internazionale sull'impegno ambientale nel settore
turistico, la Carta del Turismo Sostenibile redatta
in occasione della Conferenza di Lanzarote nel
1995, è uno dei documenti fondamentali.
La carta raccoglie 18 principi che delineano in maniera generale in quale
modo il turismo possa essere pianificato e svolto in modo tale da
salvaguardare risorse naturali e patrimonio per le generazioni future. Altri
decaloghi di norme di comportamento (UNEP, 1996) sono quelli di Manila e
Pag. 163
b)
CONCETTO DI
SOSTENIBILITA’ TURISTICA
c)GLI IMPEGNI
INTERNAZIONALI E
LA CARTA DEL TURISMO
di Calvià che a differenza della Carta di Lanzarote suggeriscono delle misure
che mirano a ridurre il consumo di risorse idriche, risorse energetiche, dei
rifiuti solidi nonché a rispettare le tradizioni culturali e artistiche delle
comunità che ospitano le attività turistiche.
L'Agenda 21 è un ampio ed articolato "Programma di Azione" per la
Comunità internazionale, l'ONU, i Governi , le ONG ed i settori privati che
trattano gli aspetti economici e sociali dello sviluppo, i problemi della
conservazione e gestione delle risorse, il ruolo delle principali categorie
sociali ed indica i metodi da utilizzare per lo Sviluppo Sostenibile.
La Comunità Internazionale nel percorso dall'Agenda XXI di Rio ai lavori
della Commissione Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (il 1999 è stato
l'anno del Turismo), pone l'accento per il turismo sui seguenti temi:
gli impatti su ambiente e società, le aree costiere, le
acque potabili, il contributo per parchi e aree
protette, il sostegno alla crescita economica, la
droga, la prostituzione ed il lavoro minorile ed
identifica conseguentemente le seguenti sfide: la
preservazione dell'identità locale, il coinvolgimento
delle comunità locali, la concentrazione di servizi e
profitti, la mancanza di infrastrutture, l'accesso delle
piccole e medie imprese, l'aumento della
integrazione con gli altri settori economici.
L'Agenda 21 propone per il turismo sostenibile le seguenti "Azioni per i
Governi": strategie nazionali, proibizione in aree ecologicamente o
culturalmente sensibili, gestione integrata delle aree costiere, applicazione
del principio "chi inquina paga", considerazione di opzioni di finanziamento,
energia, acqua. il trasferimento dei benefici alle comunità locali,
monitoraggio della performance di settore, attenzione al lavoro minorile e al
turismo sessuale.
Pag. 164
d)
1999L’ANNO
DEL TURISMO
L’AGENDA 21
LOCALE
Propone altresì come "Azioni per il Privato" i
codici di condotta, gli accordi volontari, gli audit
ambientali e sociali. Per la comunità internazionale
vengono proposte le seguenti azioni: gli Accordi
multilaterali e la formulazione di linee guida, il
supporto finanziario e tecnico.
Obiettivo dei lavoro dell'ultima riunione dei febbraio 1999 a New York della
CSD è stato anche la definizione dell'anno 2002 come anno dell'Ecoturismo e/o
Anno delle Montagne.
5.9 LA STRATEGIA DELL'UNIONE EUROPEA PER UN
TURISMO SOSTENIBILE
Gli indirizzi di una strategia di interazione tra turismo ed ambiente proposti
nel V' Programma politico e d'azione della
Comunità europea a favore dell'ambiente e di
uno Sviluppo Sostenibile (in G.U.C.E. Serie
C 138 del 17.05.1993), che conservano
tuttora piena -validità di indirizzo, sono:
il controllo della pianificazione territoriale;
un migliore scaglionamento delle vacanze estive;
la gestione dei traffico privato da e verso le zone turistiche;
la diversificazione dell'offerta turistica;
l'attuazione e il controllo severo delle norme ambientali riguardanti il
rumore, l'acqua potabile e le acque di balneazione, le acque reflue e le
emissioni atmosferiche (comprese le emissioni nell'hinterland delle zone
turistiche);
Pag. 165
e)
I CODICI DI CONDOTTA E
GLI AUDIT AMBIENTALI
a)
PROGRAMMA D’AZIONE DELLA UNIONE EUROPEA
la creazione di zone tampone intorno alle aree più sensibili e fragili dal
punto di vista ambientale (lagune, dune, coste etc.);
regole rigide per le nuove costruzioni e lotta all'edilizia abusiva, la
sensibilizzazione e l'educazione della popolazione locale e dei turisti;
l'istruzione e la formazione professionale delle persone direttamente
coinvolte nell'amministrazione delle zone interessate.
Nella relazione intermedia della Unione europea (1996) sulla applicazione
del V' Programma veniva ammesso che "sono evidenti alcuni progressi
nell'integrazione del turismo e dell'ambiente, ma gli obiettivi del V'
Programma, le misure e gli strumenti non sono ancora applicati a fondo".
Nel documento è riportato che "è necessario avviare al più presto le
seguenti azioni: Integrazione; Protezione delle zone vulnerabili;
Informazione ai turisti; Gestione deflusso di turisti”.
Nel documento (1998) della Commissione riguardante il riesame del V'
Programma viene indicato che: "La Comunità svilupperà strategie migliori e
più coerenti per integrare le esigenze in materia di protezione dell'ambiente
nel settore dell’ intervento turistico, alfine di facilitare l'avanzamento verso
uno sviluppo sostenibile".
Per quanto riguarda il settore Turismo la Comunità si concentrerà a tale fine
sui seguenti problemi prioritari che possono
essere risolti in modo più efficiente agendo a
livello comunitario:
prevedere periodici scambi di informazioni sugli effetti del turismo
sull'ambiente;
sostenere campagne di sensibilizzazione intese a promuovere l'uso delle
risorse turistico-ambientali;
promuovere l'applicazione di buone pratiche innovative nel settore dello
sviluppo sostenibile del turismo, anche attraverso progetti pilota, nel
quadro degli strumenti finanziari esistenti rispettando il principio di "chi
inquina paga";
Pag. 166
b)
LE PRIORITA’
assicurare che i Fondi Strutturali contribuiscano a forme sostenibili di
turismo, sulla base dei requisiti fissati dai regolamenti, comprese le
disposizioni concernenti l'analisi dell'impatto ambientale delle operazioni
e delle altre disposizioni giuridiche comunitarie in materia, quali le misure
riguardanti la valutazione dell'impatto ambientale (VIA);
promuovere, ove opportuno, l'inserimento del tema "Ambiente e Turismo"
nel negoziato internazionale.
La Risoluzione dei Consiglio "sulla Cooperazione Euromediterranea nel
settore del Turismo" riporta che "in base al principio dello sviluppo
sostenibile, la promozione del turismo mediterraneo deve assicurare la
salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale, storico e
culturale.. omissis " In particolare la Commissione, nell'ambito della sua
proposta sul I' Programma pluriennale a favore del Turismo Europeo
denominato "Philoxenia" (97-2000), ha proposto un quadro di riferimento
che fornirà una valida base per iniziative volte ad incoraggiare una maggiore
competitività del settore ed a migliorare la qualità del turismo europeo.
La Commissione attribuisce grande importanza a tale programma a favore
del turismo nonostante il perdurante disaccordo degli stati membri all'interno
del Consiglio e si impegnerà affinché venga approvato.
Le "Linee Guida per la Valutazione Ambientale Strategica V.A.S. - Fondi
Strutturali 2000- 2006" del 1999 indicano i
seguenti obiettivi per il turismo:
ridurre la produzione e la pericolosità dei rifiuti, in particolare attraverso
l'adozione e lo sviluppo di tecnologie pulite;
aumentare il territorio sottoposto a protezione; tutelare le specie
minacciate e la diversità biologica;
adeguare le infrastrutture fognarie e depurative ai criteri della direttiva
911271 e del nuovo decreto legislativo sulle acque;
Pag. 167
c)LE LINEE GUIDA
garantire gli usi dei corpi idrici entro l'anno 2008, secondo quanto
disposto dal nuovo decreto legislativo;
proteggere la qualità dei suoli come risorsa limitata e non rinnovabile per
la produzione di cibo e di altri prodotti e come ecosistema per gli altri
organismi viventi;
difendere il suolo dai processi di erosione e di desertifícazione;
consolidare, estendere e qualificare il patrimonio archeologico,
architettonico, storico-artistico, paesaggistico delle aree depresse; dotare
le aree depresse di strutture e sistemi per la gestione degli interventi di
restauro e valorizzazione del patrimonio;
sviluppare l'imprenditorialità legata alla valorizzazione del patrimonio e
sostenere la crescita delle organizzazioni, anche del terzo settore, nel
settore culturale.
Pag. 168
5.10 GLI STRUMENTI VOLONTARI DI SOSTENIBILITA’ IN ITALIA
NEL TURISMO PER UNA POLITICA DI SVILUPPO
Per sostenere una politica di sviluppo sostenibile si possono individuare alcuni
strumenti attuativi come:
gli strumenti volontari di certificazione ambientale
accordi volontari
gli strumenti di comunicazione ambientale
La rilevanza del fattore "Qualità ambientale" per il settore turistico è
indubbia; esistono delle iniziative e
degli strumenti in merito attivati a
livello comunitario e internazionale. Si
segnalano in particolare: i Sistemi di
Gestione Ambientale
(EMAS,ISO14000) e la certificazione di
prodotto (Ecolabel, ISO14040).
Sul modello dei sistemi di gestione della qualità sono stati recentemente
introdotti, a livello puramente volontario o, come meglio precisato di seguito,
volontario-istituzionale, i Sistemi di Gestione Ambientale, strumenti
finalizzati al miglioramento continuo delle prestazioni ambientali di una
attività produttiva: le norme ISO 14000 e il Regolamento CE n.1 836/93
EMAS.
Si tratta di meccanismi che fanno leva sul ritorno d'immagine delle aziende:
tale ritorno si esplica principalmente attraverso il miglioramento dei rapporti
con le comunità locali e con le autorità di controllo, ma anche se in questo
senso gli strumenti più efficaci sono quelli relativi alla certificazione di
prodotto, si ripercuote sull'immagine complessiva dell'azienda e quindi sugli
aspetti commerciali.
Pag. 169
a)
LA QUALITA’ AMBIENTALE E GLI
STRUMENTI VOLONTARI DI CERTIFICAZIONE
AMBIENTALE
La necessità di garantire al massimo il sistema di attribuzione di tali
strumenti ha indotto, negli ultimi anni, la Comunità Europea ad affiancare
dei propri riconoscimenti ad altri marchi ambientali, "autocertificati" da
soggetti dello stesso mondo industriale o rilasciati da istituti di certificazione
privati.
Sono nati cosi l'EMAS e l'Ecolabel. Alla fine del 1996, l'ISO ha pubblicato
la norma 14001 (in Italia prontamente tradotta dall'LTNI - Ente Nazionale di
unificazione), sui sistemi di gestione ambientale. Essa fornisce i requisiti
standard per la certificazione di un sistema di gestione ambientale EMS
(Environmental Management Systems).
Nell'arco di tempo che va da settembre 1996 (pubblicazione delle ISO
14001) a giugno 1998, la certificazione
ambientale secondo questo standard
internazionale è stata rilasciata in tutto il
mondo a oltre 4.000 aziende (dato dicembre
1998). In Italia (settembre 1999) sono circa
150 le aziende certificate ISO 14001, e sono
recenti le prime certificazioni ambientali ISO
14001 nel settore turistico per strutture
alberghiere, campeggi e Amministrazioni
Locali.
Nel campo della gestione ambientale, alcuni Enti di certificazione hanno
predisposto uno specifico schema di certificazione ambientale per le
Amministrazioni Comunali e sono state maturate in Italia le prime
esperienze mediante la certificazione ISO 14001 dei Comuni di Capri e
Varese Ligure.
La certificazione 150 14001/EMAS per un albergo e, in generale, per una
struttura ricettiva, rappresenta una efficace forma di riconoscimento degli
Pag. 170
b)
LE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI
impegni e dei risultati in campo ambientale, ed è sinonimo di visibilità e
riconoscibilità a livello internazionale.
La flessibilità di tali schemi al tempo stesso consente la loro applicazione a
qualsiasi realtà indipendentemente dalle sue dimensioni e ubicazione; non
determina una caduta della qualità dei servizio e favorisce invece sensibili
risparmi già nel breve periodo.
D'altro canto tra alberghi gestiti in maniera "eco compatibile" e Comuni
"verdi" esistono evidenti sinergie: incontrano
infatti le aspettative del movimento turistico
che, sempre più, ricerca luoghi caratterizzati
da una buona qualità ambientale e, al tempo
stesso, servizi organizzati per preservarla e
migliorarla nel tempo.
Non a caso numerosi Comuni a vocazione turistica e strutture ricettive-
alberghiere sono interessati all'applicazione degli schemi di certificazione
ambientale.
Profonde analogie con la norma ISO 14001 presenta l'EMAS (Environmental
Managementand Audit Scheme), introdotto dalla CE con il Regolamento n.
1836/93 EMAS "sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale
a un sistema comunitario di ecogestione e audit", che si basa
sull'atteggiamento "proattivo" da parte delle imprese che puntano al
miglioramento continuo attraverso "l'applicazione economicamente
compatibile delle migliori tecnologie disponibili (EVABAT)".
La più significativa novità introdotta rispetto agli strumenti volontari
tradizionali è la formalizzazione, attraverso un Regolamento che è la forma
legislativa maggiormente vincolante della Comunità, di uno strumento
volontario.
Si tratta quindi di un ponte tra la normativa cogente e quella volontaria.
Allo stato attuale (fine '99) l'EMAS si sta diffondendo piuttosto rapidamente
in Europa (dove sono più di 2.000 i siti registrati) mentre in Italia,
Pag. 171
c)
LA GESTIONE
ECOCOMPATIBILE
principalmente per un ritardo nella fase di avvio, si contano (febbraio 2000)
26 siti registrati.
Un elemento di grossa novità riguarda la recente proposta di riforma della
procedura EMAS (denominata EMAS 2; probabile pubblicazione in GUCE
nel giugno 2000) che allarga a tutti i settori di attività economica, incluse
quindi tutte le attività del settore turistico, l'applicabilità delle procedure di
Certificazione Ambientale.
Le "regole" per le imprese del settore turistico .dovranno perciò sempre di
più conformarsi alle regole del settore
industriale in generale, sia a livello nazionale
che comunitario ed internazionale;
la prima azione pilota "il Progetto Hotel- EMAS" per l'introduzione del
Regolamento EMAS è di ENEA di concerto con Federturismo di
Confindustria.
Un'altra applicazione dei Sistemi di Gestione Ambientale (S.G.A.) è quello
della certifícazione della qualità ambientale dei Comuni (Amministrazioni
Locali).
La prima applicazione sperimentale (Dicembre 1999), del Regolamento
Comunitario n. 1836/93 (Emas) ad
un'Amministrazione Comunale (a vocazione
turistica), è avvenuta nel caso del progetto
pilota di Varese Ligure (Verificatore
Ambientale EMAS.- RINA). Per la messa in
pratica dei principi sanciti dalla Agenda XXI
locale, infatti il S.G.A. permette il
coordinamento di tutti gli interventi e inoltre
consente il monitoraggio e il controllo del
Programma Ambientale stabilito in attuazione
della Agenda XXI, in sostanza l'S.G.A. può
Pag. 172
d)LE REGOLE
e)
VERIFICA AMBIENTALE PER I COMUNI
assicurare che gli impegni del Comune siano
messi in pratica.
La U.E. attraverso il "UK Competent Body'' ha già sperimentato con
successo diverse applicazioni del Regolamento CE n.1836/93 EMAS in
Gran Bretagna (Emas in Local Authorities LA-EMAS), quasi il 50% degli
Enti locali del Regno Unito sta adottando l'EMAS. Un ulteriore elemento di
grande interesse è la promozione del marchio europeo di qualità ecologica
nel settore turistico: ECOLABEL europeo per il TURISMO.
Infatti il Regolamento n. 880192 CEE/UE concernente un Sistema
Comunitario di assegnazione del marchio di
qualità ecologica dei prodotti dopo la sua
recente revisione è stato ampliato come campo
di applicazione anche ai servizi. Il primo di
essi per il quale è stato deciso di avviare i
lavori per l'individuazione dei criteri ecolabel
è il settore del turismo; alcuni lavori
preliminari sono stati già svolti ed in autunno
1999 è stato avviato un feasibility study che
consentirà di individuare il gruppo di prodotto
di riferimento.
In Italia dal settembre 1999 si è riunito il "Tavolo di Lavoro Nazionale" per
l'Ecolabel europeo per il Turismo (rappresentante ENEA: L. Andriola) che si
pone l'obiettivo di capire le possibili applicazioni dell'ecolabel, al settore del
turismo italiano, e di definire una posizione mediata e coerente con la realtà
italiana da portare in sede comunitaria.
In parallelo allo studio di fattibilità europeo in corso di elaborazione e
attraverso il tavolo di lavoro nazionale, l'ANPA intenderebbe realizzare uno
studio di fattibilità nazionale, che consenta una definizione di un gruppo di
prodotto in linea con le esigenze nazionali di settore e la definizione di
criteri in grado di garantire la valorizzazione delle iniziative esistenti.
Pag. 173
f)
IL MARCHIO
DI QUALITA’
Riguardo i marchi di qualità ambientale esistenti in Italia si riportano i
risultati di una ricerca svolta dalla associazione ACTA commissionata dal
CTS (Centro Turistico Studentesco) presentata nell'ambito del Convegno:
"L'Albergo verde" organizzato dalla Provincia di Torino, a Torino il
16.10.99.
L'intervento dal seguente titolo: "I marchi di qualità ambientale nel settore
turistico-ricettivo: le esperienze in Italia" ha presentato la rassegna delle
iniziative italiane censite:
Pag. 174
Nome
iniziativa
Anno
avvio
Istituzioni
responsabili
Strutture
aderenti
Aree
interessate
Fase del
progetto
Albergo per l’ambiente
1994Ass.Jes.Alb.Ass. Comm.
APT,ComuneProv.VE
80alberghi JesoloAllargamento
a tutta l’offerta turistica
“Jesolo per l’ambiente)
Valigia blu 1996
“Promozione alberghiera “(soc.coop. di
Alberghi)
2 alberghi Rimini Verifica gradimento
della clientelaCavalluccio
marino 1995Comune di Igea
Marina e Bellaria15 alberghi, 1 pensione, 1 campeggio
Igea Marina e Bellaria
In fase di trasformazione
in “club prodotto”
Green Key Hotel 1997
Soc. Innova Hotel” , Confeserc., Banca
Popol.
15 alberghi1 campeggio
Da Cattolica a Ferrara
Diffusione a livello
regionaleMarchio di
qualità ecologica
1999Coop La lumaca, Camera Comm.
Modena
10 strutture (alberghi,
agriturismi, rifugi)
Provincia di Modena
Diffusione di un manuale di
“gestione ambientale
semplificato”Tartufo verde
1998
Diverse ass. di agricoltori,
LegambienteUmbria
Agriturismi, produttori
agroalimentari Val di norcia
Marchio per l’ospitalità
sostenibile e prodotti locali
biologiciMarchio di
qualità ambientale
1999Coop. La
montagna, Prov. Roma
Ancora nessuna
Parco dei castelli romani
Progetto life appena
finanziatoGli alberghi e
l’ambiente 1998Legambiente Ass.
Albergatori e Comune Riccione
30 alberghi Riccione Promozione
Bandiera arancione 1999
Regione Liguria, Touring club
Ancora nessuna Liguria
In fase di definizione
Sigillo ambientale Alto Adige
1995Prov. Di Bolzano,
Ass.albergatori Alto adige
120 alberghiAlto Adige,
AustriaAdozione del
marchio austriaco, 4°
anno di attività
Elbambiente 1996Ass. Alberg. Elba
e LegambienteAncora nessuna Elba
Stampa di un depliant
Cigno blu Garda 1997
Un. Gardesana Albergatori veronesi,
Legambiente
60 alberghi Sponda
veronese del Lago di Garda
Istituzione della
Commissione di controllo
Pag. 175
5.11 JESOLO PER L’AMBIENTE (caso pratico)Prendendo come riferimento i principi elencati nella «Carta sull'etica del
turismo e dell'ambiente» stilata dal Comitato Etico Internazionale per il
Turismo e l'ambiente, e facendo tesoro delle indicazioni emerse dall'indagine
condotta sui turisti che hanno frequentato la località di Jesolo, nonché delle
«Raccomandazioni sulla carta dell'ambiente» della Deutscher Reisebuero
Verband e.V. (DRV) l'associazione Jesolana Albergatori si è fatta promotrice,
di concerto con l'amministrazione Comunale di Jesolo, l'Azienda di
Promozione Turistica, l'Assessorato al Turismo della Provincia di Venezia,
l'Associazione Commercianti e la consulenza del Movimento dei Consumatori
del Veneto, di un progetto denominato «Jesolo per l'Ambiente.»
Lo Scopo del progetto è quello di adottare misure ed attivare interventi atti a
ridurre l'inquinamento nell'intento di salvaguardare il patrimonio ambientale
ed ecologico dell'intera località. La dichiarazione d'intenti è costituita da un
protocollo che raggruppa una serie di impegni, in forza dei quali
l'Associazione Jesolana Albergatori, l'Associazione
Commercianti, l'Amministrazione Comunale di Jesolo, L'Azienda di
Promozione Turistica n. 5 Jesolo-Eraclea, in primis, ed in seguito tutti gli
iscritti alle associazioni di categoria che aderiranno al progetto, assicurano di
rispettare 11 principi generali, soggetti a periodico aggiornamento.
I principi d'azione sono costituiti da una serie di impegni comuni in forza dei
quali l'associazione Jesolana Albergatori, l'associazione Commercianti,
l'amministrazione Comunale di Jesolo, l'Azienda di Promozione Turistica e
tutte le realtà che aderiscono al progetto, intendono:
1) Applicare una politica formale di protezione dell'Uomo e dell'Ambiente
definita al più alto livello e sostenuta da tutti i cittadini e collaboratori;
2) Perseguire la riduzione dell'impatto delle attività turistiche produttive e
di servizio sull'ambiente;
3) Perseguire lo sforzo di prevenzione e gestione dei rischi di ogni forma di
inquinamento;
Pag. 176
4) Fare in modo che il bilancio per l'uomo e l'ambiente, dell'attività turistica
nell'intero territorio del Comune di Jesolo, sia qualificato e positivo, e che gli
effetti negativi vengano progressivamente ridotti;
5) Tenere in conto il ciclo di vita dei prodotti utilizzati, nell'attività
economica e turistica, e promuoverne la corretta eliminazione, oltre a favorire
ed incentivare il loro riciclaggio.
6) Valutare periodicamente la situazione e quantificare i progressi compiuti
in materia di protezione dell'ambiente;
7) Partecipare alla definizione degli obiettivi futuri in materia d'ambiente e
di sicurezza, ed all'evoluzione delle norme e degli standard comunitari;
8) Assumere precise iniziative per favorire la cura del patrimonio
ambientale nelle sue varie espressioni e la creazione di aree da destinare a
parchi urbani;
9) Informare sulla situazione in materia d'ambiente, in uno spirito di
apertura al dialogo con chiunque e nel reciproco rispetto;
10) Esercitare una concreta azione di stimolo nei confronti delle pubbliche
amministrazioni e delle associazioni di categoria affinché adottino
atteggiamenti e misure adeguate per ridurre l'impatto ambientale.
Pag. 177
Per favorire la partecipazione diretta di tutti gli
alberghi, più in generale di tutte le attività
produttive all'iniziativa, e far in modo che la
dichiarazione d'intenti ed i principi d'azione
trovino pratica applicazione all'interno delle
singole aziende, verrà assegnato, a coloro che
aderiranno, un marchio (raffigurante un
gabbiano in volo sulla laguna) che consentirà al
turista di visualizzare immediatamente coloro
che partecipano al progetto.
Il documento "Il regolamento comunitario di ecogestione e audit:
un'opportunità per le imprese" del Dipartimento Ambiente dell'ENEA rileva
come i rapporti tra lo sviluppo delle attività produttive ed il rispetto
dell'ambiente costituiscano lo scenario entro il quale già si confrontano le
imprese, i consumatori, le associazioni ambientaliste e, più in generale, i vari
operatori a livello sia nazionale che comunitario.
Le aziende ormai operano in un mercato sempre più vasto e diversificato a
causa dei rapido evolversi dell'innovazione tecnologica, dell'incremento dei
flussi informativi, dell'ampliamento dei mercati. In quest'ottica, il vantaggio
competitivo può essere ricercato sia nel miglioramento intrinseco di prodotto
e di processo, sia nell'ottimizzazione dell'efficienza globale del «sistema
impresa»; un aspetto importante di tale ottimizzazione è appunto il
miglioramento dell'interazione sistema aziendale-ambiente.
Le principali motivazioni per un'azienda nel dare sempre maggiore
importanza alle proprie caratteristiche di interazione con l'ambiente possono
essere così indicate:
- la pressione delle leggi ed i relativi costi (man mano che leggi, normativa e
regolamenti in campo ambientale aumentano e diventano più stringenti,
Pag. 178
crescono le difficoltà ed i costi per l'adeguamento ad essi da parte delle
aziende);
- la responsabilità ambientale (la responsabilità risultante da eventuali
incidenti ambientali, quali per esempio le emissioni di sostanze nocive con
contaminazione di suoli e falde, può causare notevoli danni in termini
finanziari, di tempo e di immagine per l'azienda);
- l'attenzione ed il giudizio del pubblico (la gestione dei problemi ambientali
da parte di un'azienda è sempre più soggetta al giudizio e all'attenzione del
pubblico e dei mass media);
- le opportunità di mercato (le tematiche ambientali offrono alle aziende un
ventaglio di opportunità per migliorare la propria posizione di mercato in
termini di prodotti, servizi e immagine complessiva).
L'integrazione europea che si sta realizzando determina continue variazioni
delle dinamiche di mercato; le imprese italiane devono avere la capacità di
comprenderle e di anticiparne i tempi, per evitare di essere costrette a
rincorrerle con il rischio di venire relegate in posizioni di arretratezza da
«meridione d'Europa».
Gli effetti di questi cambiamenti si stanno già avvertendo e stanno mettendo
in luce le difficoltà del «sistema Italia», e soprattutto delle «piccole e medie
imprese» (PNU), nell'adeguarsi ai nuovi scenari.
In questo senso il rischio attuale è quello di non riuscire a cogliere le
opportunità favorevoli, ma di risentire, in prospettiva, solo degli effetti
negativi di tali cambiamenti. L'evoluzione della normativa tecnica, sempre
anticipata in termini volontari dai concorrenti più avanzati e poi subita come
cogente dagli altri paesi (vedi il caso della marmitta catalitica), rappresenta
un esempio concreto di come queste dinamiche incidano pesantemente, già
da ora, sulla competitività dei diversi sistemi industriali della Comunità.
L'ambiente rappresenta senza dubbio un terreno privilegiato per questa
competizione, anche perché costituisce una delle tematiche su cui l'Unione
europea punta ad intervenire maggiormente, mettendo a disposizione ingenti
Pag. 179
risorse economiche ed attivando strumenti capaci di orientare i consumi dei
cittadini verso i prodotti e i cicli produttivi più compatibili con l'ambiente.
In particolare, l'Unione europea ha emanato una serie di provvedimenti che
da un lato conservano un carattere di adesione volontaria da parte delle
aziende, dall'altro provvedono a regolamentare e standardizzare le varie
politiche ambientali europee.
5.12 GLI ACCORDI VOLONTARIGli accordi ambientali volontari sono in pratica dei contratti in cui ci si
impegna da un lato, quello turistico-imprenditoriale, a raggiungere
determinati obiettivi ambientali, e dall'altro quello della pubblica
amministrazione, a fornire adeguate contropartite.
In particolare per quanto riguarda il partenariato, il Comune (turistico) deve
facilitare il processo di Agenda XXI locale
attraverso uno sforzo congiunto tra le diverse
componenti della società, i residenti, le
imprese turistiche e loro associazioni, le
agenzie di viaggio, i tour operators, agenti
immobiliari, associazioni dei consumatori.
I principali accordi già stipulati e in via di definizione sono quelli di:
Jesolo per l'ambiente (fine 1997): promosso dall'Associazione degli
Albergatori e dei Commercianti, dal Comune di Jesolo, dall'Azienda di
Promozione Turistica, dall'Assessorato al turismo della Provincia di
Venezia, con la partecipazione del Movimento Consumatori ed il
contributo della Camera di Commercio (già stipulato).
Albergatori della Provincia di Modena (già stipulato).
Tourist Park (1999): in corso di definizione tra Federalberghi e Ministero
dell'Ambiente per il censimento della ricettività complessiva insistente
all'interno di tutti i parchi naturali italiani (in via di definizione).
Pag. 180
a)
GLI ACCORDI VOLONTARI E
AGENDA 21 LOCALE
Il Tour Operator è l'intermediario più frequente tra il turista e la vacanza,
ovvero è colui che organizza l'offerta turistica, agendo come "venditore", ma
anche come "cliente" delle località e delle strutture turistiche.
E’ quindi il Tour Operator che può essere promotore di una diversificazione
delle destinazioni, di un riequilibrio dei flussi, di un'ospitalità più varia,
integrata e rispettosa dell'ambiente, comprendendo i mutamenti degli stili di
vita dei consumatori ed individuandone le ripercussioni possibili nella scelta
della tipologia della vacanza. La sua attività economica lo rende idoneo a
ricoprire un ruolo di stimolo nei confronti della promozione di forme di
turismo non aggressive ed intelligenti, attraverso:
la struttura dell'Organizzazione aziendale, in sintonia con i principi di
un'economia compatibile con la tutela delle risorse naturali e sociali. 1
temi prioritari delle strategie ambientali da adottare riguardano
principalmente:
a) l'utilizzo di criteri ecologici nella definizione dei pacchetti turistici
b) l'utilizzo di criteri ecologici negli acquisti
c) Informazione del personale
la domanda di destinazione ad elevata qualità ambientale,
privilegiando una destinazione turistica e/o una struttura ricettiva che
abbia forme di gestione compatibili con lo sviluppo sostenibile e con i
programmi per la riduzione dell'impatto ambientale;
l'offerta nuova e diversificata di viaggi e vacanze, attraverso
la formulazione di offerte che scaturiscano da indagini che definiscono il
target potenziale cui ci si vuole rivolgere e da un'attenta conoscenza dei
luoghi, della loro storia, dei loro aspetti ambientali e territoriali.
una sapiente politica dei prezzi, poiché un servizio eco-
compatibile implica alcune spese aggiuntive a breve termine, ma anche
molte forme di risparmio a lungo termine: alcune inchieste di mercato
indicano che c'è la disponibilità dei consumatori a pagare fino al 10-15%
in più per viaggi che garantiscono una qualità ambientale.
Pag. 181
Tuttavia, poiché il turismo eco-compatibile non deve rappresentare un
prodotto d'elite, i prezzi vanno rapportati ai costi-benefici in termini
ambientali, alle risorse utilizzate, e al conseguente impatto sul contesto.
La maggior parte dei Tour Operators ha iniziato a riconoscere che un
ambiente, non compromesso, è un punto fondamentale per il loro successo,
ma pochi di questi possiedono gli strumenti di gestione e l'esperienza per
progettare e condurre viaggi che minimizzano gli impatti ambientali e sociali
negativi.
I Tour Operators riconoscono ormai il loro ruolo nel promuovere un turismo
sostenibile e l'importanza di condividere le informazioni e le esperienze, di
adottare buone pratiche di gestione ambientale, di minimizzare
l'inquinamento e la produzione di rifiuti e di gestire in maniera eco-
compatibile l'energia, l'acqua e le altre risorse.
I Tour Operators sono consapevoli che l'attuazione di questa politica a lungo
termine porta numerosi benefici, quali un ritorno d'immagine, un risparmio
nei costi, incrementi nei guadagni ed un miglior rapporto con le Autorità
Locali.
L'iniziativa fa parte degli "Strumenti volontari" adottati dalla politica
ambientale ed è quindi libera, non-profit e aperta a tutti gli operatori turistici
che vogliono aderirvi. Essa consiste nell'adottare buone "pratiche
ambientali" quali:
- uso responsabile delle risorse naturali (suolo, energia e acqua);
- riduzione e prevenzione dell'inquinamento e dei rifiuti incluse le
emissioni atmosferiche e gli scarichi idrici, preservazione della
biodiversità ovvero protezione di piante, animali ed ecosistemi
fragili;
- preservazione della diversità culturale tramite il rispetto delle culture
locali;
- cooperazione con le comunità locali;
- utilizzo dei prodotti locali;
Pag. 182
- lotta contro forme illegali di turismo.
I membri dell'iniziativa promuovono gli obiettivi del turismo sostenibile
anche accrescendo la cooperazione tra l'industria del turismo, le autorità e le
comunità locali.
Questo include lo sviluppo e la realizzazione di una gestione integrata delle
aree di destinazione per preservare la loro qualità e futura accessibilità.
Workshops e Conferenze saranno organizzati al fine di educare-formare tutti
i membri dell'iniziativa e realizzare guide e manuali sui argomenti specifici.
I principali Tour Operators internazionali, in occasione dei World Travel
Market di Londra (novembre 2000) hanno presentato esempi di buone
pratiche adottate per migliorare la loro performance ambientale e
promuovere una politica di sviluppo sostenibile nel settore turistico.
Verso i membri dell'Iniziativa (20 operatori) nel 1999 si sono rivolti più di
27 milioni di turisti da tutto il mondo.
I Tour Operators si sono impegnati ad adottare pratiche di "sviluppo
sostenibile", nella gestione della loro organizzazione interna, nei rapporti
con i loro fornitori e nelle aree di destinazione turistica, in quanto consci
della posizione cruciale che occupano nell'industria del turismo e
dell'influenza che hanno verso il livello ed il tipo di sviluppo delle
destinazioni turistiche.
I Tour Operators, grazie all'iniziativa, possono acquisire maggiore forza nel
promuovere pratiche eco-compatibili tra tutti gli attori coinvolti nel turismo.
Pag. 183
5.13 LA POLITICA AMBIENTALE
DELLA CATENA JOLLY HOTEL
Esistono altri esempi di azioni positive o casi di successo sia in Italia che in
Europa sul tema degli strumenti volontari: al momento è da citare
l'emissione ufficiale della "Politica Ambientale della catena Jolly Hotel"
(Politica di Corporate) cui ENEA ha contribuito per la messa a punto dei
contenuti (coerenti ai requisiti EMAS e anche ISO 14001) del 1 settembre
1999 a firma del Presidente della maggiore catena italiana a 4 stelle (la
Politica è stata emessa nell'ambito del Progetto ENEA: "Hotel-EMAS").
La gestione quotidiana di una struttura alberghiera, come riportato nel
documento ENEA di Andriola-Seminara "Indicatori di performance
ambientale nel settore dei servizi turistici", risulta piuttosto complessa, essa
implica:
la garanzia di servizi diversi dall’alloggio alla ristorazione;
l'accoglienza, dall'organizzazione di occasioni di divertimento e di visite,
alle informazioni su avvenimenti sportivi, artistici, culturali, ecc.;
il coinvolgimento di molte persone, dai clienti al personale, dai fornitori
alle popolazioni residenti, ecc.
Inserire elementi di attenzione all'ambiente nella gestione ordinaria di un
albergo significa quindi attuare azioni che investono vari aspetti. La strategia
complessiva di queste azioni è in sostanza di minimizzare l'impatto
sull'ambiente esterno e di garantire ai clienti e al personale dipendente, da un
lato, un ambiente interno gradevole e sano, dall'altra, quello di contribuire a
diffondere un senso di sensibilità e responsabilità nei confronti delle
tematiche ambientali e socio culturali. Come già detto, il mercato si sta
facendo sempre più attento alle questioni relative alla sicurezza, alla qualità
ambientale, alla trasparenza nei rapporti con i clienti.
Pag. 184
Per mantenere un alto livello di competitìvità in questo scenario dovrà essere
necessario rispondere alle nuove esigenze, attraverso la definizione di
obiettivi chiari, una pianificazione attenta degli interventi e quindi la
realizzazione puntuale delle azioni necessarie per raggiungerli.
Gli indicatori di prestazione ambientale rappresentano, in linea di principio,
lo strumento per rendere i dati ambientali nel settore turistico comprensibili.
Un riferimento potrebbe essere rappresentato dagli indicatori di pressione
discussi durante i lavori dei "Tavolo di lavoro nazionale: Ecolabel Europeo
per il Turismo (di cui ENEA fa parte), che riguardano i seguenti aspetti:
- indicatori generali di pressione ambientale
- indicatori di pressione ambientale per
tipologia di impatto:
inquinamento atmosferico,
perdita di biodiversità,
alterazione dell'ambiente marino e
costiero,
consumo di risorse,
produzione di rifiuti,
congestione da traffico,
inquinamento idrico.
Per descrivere macroscopicamente e oggettivare quanto più possibile il trend
di efficienza ambientale nel settore alberghiero possono essere utilizzati
indicatori di performance tecnico-economici.
Essi possono consentire di esprimere alcune valutazioni di carattere generale
sulle prestazioni ambientali di un'organizzazione. In particolare, per il
servizio di pernottamento su consumi idrici, consumi energetici (elettrici e
termici), consumi di biancheria per la stanza, consumi di materiale per
l'igiene personale del cliente e del personale dipendente, consumi di prodotti
di pulizia; per il servizio di ristorazione su consumi di biancheria per il
Pag. 185
ristorante, consumi di oli vegetali per la frittura, consumi di generi
alimentari.
5.14 I CONSUMI ENERGETICI
NELL’IMPRESA TURISTICA
A partire dalla Conferenza di Kyoto il risparmio energetico è diventato uno
degli obiettivi primari di quest'ultimo periodo. In Italia, a rendere ancora più
urgente la diffusione di una politica finalizzata al risparmio è il “caro prezzi”
dell'elettricità che preoccupa soprattutto le imprese che hanno conosciuto
rincari annui fino al 44%.
Il continuo aumento dei prezzi da un lato, l'impiego crescente di macchine
automatiche dall'altro, impongono urgenti
scelte strategiche riguardo l'ottimizzazione dei
consumi che diventeranno in futuro un fattore
determinante nel bilancio aziendale. Secondo
quanto riportato nel documento ENEA di
Andriola-Seminara "Indicatori di performance
ambientale nel settore dei servizi turistici", al
settore civile (residenziale e terziario) sono
imputabili oltre il 35% dei consumi energetici
dell'UE.
Una parte importante dell'energia viene, infatti, utilizzata per riscaldare e
raffreddare gli ambienti, per riscaldare l'acqua, per erogare l'elettricità.
Complessivamente il settore civile assorbe in Italia quasi la stessa quantità di
energia del settore industriale. Secondo uno studio dell'Energy Efficiency
Office britannico, gli alberghi consumano più energia degli edifici industriali
e di quelli scolastici.
Da indagini svolte dall'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione
dell'Ambiente) risulta che in Italia i consumi di energia elettrica nel settore
Pag. 186
a)
INDICATORI DI
PERFORMANCE
turistico-ricettivo, con particolare riferimento alle strutture alberghiere, sono
quattro volte superiori a quelli registrati in ambito civile residenziale.
Secondo dati forniti dall'ENEL relativamente al 1998, il consumo energetico
complessivo degli alberghi italiani è di 9.200 milioni di MJ/anno pari al
consumo energetico totale di un quarto della regione Sardegna e all'1% dei
consumo totale di energia in Italia (1.000.000 milioni MJ/a nel 1999).
Andriola-Seminara fanno rilevare che nel settore alberghiero, i consumi
dipendono da molti fattori, quali la localizzazione geografica, l'esposizione,
il tipo di struttura, le dimensioni, l'impiantistica, l'età dell'edifício, le
ristrutturazioni effettuate, la categoria, i servizi offerti, ecc.
Consumi medi del settore alberghiero nazionale
Categoria 4-5 stelle 3 stelle 1-2 stelle
KWh/anno 181.776 54.530 23.169
Per avere un'idea della prestazione energetica di un albergo si può prendere
in considerazione la seguente tabella, che comunque va usata con cautela
perché molti fattori, come detto, possono influenzare notevolmente i
Pag. 187
consumi, così come l'impianto di condizionamento può aumentare il
consumo di elettricità dei 50% e di combustibile del 10%.
Tipicità dei consumi in alberghi (KW/anno)
Numero camere 0-50 50-100 >150
Prestazione buona < 14.000 <19.000 <15.000
Prestazione sufficiente 14-19.000 19-25.000 15-21.500
Prestazione non buona >19.000 >25.000 >21.500L'Eco audit nelle strutture alberghiere, ACTA, 1995.
Pag. 188
Grafico di una buona prestazione
05.000
10.00015.00020.000
10-50 camere 50-100 camere oltre 150 camere
Tra i consumi di energia elettrica, quello per l'illuminazione ha un’incidenza
del 10% e un margine di risparmio superiore agli altri settori.
La costruzione di un impianto per l'illuminazione, in cui tutte le componenti
concorrano al risparmio energetico, è quindi uno dei punti di partenza per
una politica aziendale rivolta a ridurre i consumi, i costi e a tutelare
l'ambiente.
La scelta appropriata della lampada, dell'alimentatore, dell'apparecchio, la
corretta progettazione e l'attenzione all'integrazione tra luce elettrica e luce
naturale sono i criteri basilari da seguire. Per la efficace e corretta
illuminazione di un ambiente occorre sempre tener conto, prima dell'acquisto
delle lampade, della destinazione d'uso, ovvero del tipo di attività che
prevalentemente svolgeranno e della relativa durata media giornaliera. Per
esempio, non occorre aumentare la potenza delle lampadine, e di
conseguenza i consumi; basta scegliere il tipo di lampada appropriato e una
corretta posizione delle fonti luminose (ad es. una lampada da 100 watt
illumina quanto 6 lampadine da 25 watt, consumando il 50% in meno). Lo
scaldacqua è uno degli elettrodomestici che più incide sul bilancio dei
consumi energetici. Al momento dell'acquisto è, quindi, opportuno valutare
l'alternativa di un dispositivo a gas che, a fronte di una maggiore spesa
iniziale, garantisce costi di gestione significativamente inferiori. Scelto
Pag. 189
opportunamente il tipo di alimentazione, sarà importante considerare due
aspetti essenziali:
- la taglia ovvero il volume adatto alle proprie
esigenze in quanto un volume esageratamente superiore costituirebbe
un semplice spreco;
- la coibentazione del serbatoio dell'acqua
(boiler). Per riscaldare 80 litri di acqua a 60 'C, per esempio,
occorrono circa 4,4 kWh. Uno scaldacqua non ben coibentato può
disperdere da 2 a 3 kWh al giorno, anche se non viene utilizzato.
Nell'utilizzo dello scaldacqua è consigliabile seguire alcuni semplici
accorgimenti:
- regolare il termostato a 45' in estate e 60' in inverno: valori superiori
comportano solo la miscelazione di maggiori quantità di acqua calda con
acqua fredda prima dell'uso, facendo aumentare le dispersioni di calore e
i depositi di calcare;
- prevedere una programmazione delle accensioni con un timer (dispositivo
con orologio che regola automaticamente accensione e spegnimento) in
modo da far entrare in funzione lo scaldacqua solo alcune ore prima
dell'utilizzo e non anche quando non serve;
- installare lo scaldacqua per quanto possibile vicino al punto di utilizzo,
per evitare inutili dispersioni di calore lungo le tubazioni;
- installare lo scaldacqua a gas rivolgendosi ad installatori esperti e
pretendendo il rispetto delle norme di sicurezza: a tal proposito, lo
scaldacqua a gas deve essere collocato in ambiente ben aerato e avere lo
scarico dei fumi all'esterno;
- effettuare manutenzioni periodiche (ogni 2-3 anni) per eliminare calcio ed
incrostazioni. La soluzione ideale per la produzione di acqua calda
sanitaria è sfruttare una fonte rinnovabile ossia rivolgersi al "solare
termico": l'installazione di un sistema a pannelli solari consentirà, infatti,
di risparmiare energia inquinando meno.
Pag. 190
Una volta ammortizzato il costo dell'impianto, si disporrà di acqua calda
gratuita ed ecologica. Considerato che una persona consuma mediamente 50-
60 litri di acqua calda sanitaria al giorno, per un totale di 20-25 mila litri
all'anno, secondo la seguente tabella, risparmio annuo conseguibile con fonti
rinnovabili (sistema solare) può variare dai 64,55 euro rispetto al caso di
acqua riscaldata con gas ai 96,85 euro rispetto al caso di acqua riscaldata con
energia elettrica.
Spesa media annua per acqua calda sanitaria
Acqua riscaldata con energia elettrica € 130
Acqua riscaldata con gas metano € 97
Acqua riscaldata con sistema solare che fornisce il 70% di
energia
€ 32,3/38,8
Fonte ENEA
Riportando tale risparmio a un nucleo di più persone, ad esempio uno
standard di 4 persone, una maggiore spesa iniziale di 1.300-1.800 euro è
ammortizzabile in un periodo di 5 anni. Inoltre, esistono agevolazioni
finanziarie che consentono detrazioni dalle tasse o finanziamenti delle spese
di acquisto e di installazione.
Ripagato il costo dell'investimento si disporrà di acqua calda gratuita. Si
possono trovare molte soluzioni all'interno della propria azienda per ottenere
risultati significativi sul fronte del risparmio energetico, raggiungendo anche
valori di risparmio che variano dal 10% al 30% dei consumi. L'attivazione di
un efficace sistema di misurazione e di controllo in grado di fornire
un'analisi dettagliata dei consunti, divisi per reparto, consente di individuare
quale consuma di più e comprenderne le ragioni per intervenire
efficacemente nella riduzione dei costi. Introducendo semplici misure di
risparmio energetico basate maggiormente sull'uso di buone pratiche, è
ragionevole ipotizzare riduzioni dei consumi anche dell'ordine dei 10%,
Pag. 191
abbattendo così di circa 1.000 milioni di MJ/a le esigenze di
approvvigionamento energetico nel settore alberghiero ed evitando,
conseguentemente, le emissioni inquinanti che derivano dai processi di
conversione basati sull'utilizzo di fonti energetiche convenzionali
(combustibili fossili). Considerando, al solito, uno scenario di risparmio
energetico ove è plausibile ipotizzare riduzioni dei consumi del 10%,
corrispondenti a circa 120.000 MJ/a, saranno indiscutibili gli effetti benefici
sull'ambiente
5.15 LA RISORSA ACQUA NELLE STRUTTURE
RICETTIVESino a pochi anni fa, e forse ancora oggi,
l'importanza della risorsa acqua è stata
sottovalutata per via dei bassi costi di fornitura
idrica e della considerazione comune, o meglio
del luogo comune, circa la rinnovabilità di tale
risorsa.
Di fatto, però, la scarsa disponibilità di acqua, soprattutto di qualità idonea al
consumo umano, è un problema che assilla molti paesi del mondo ed una
razionalizzazione nelle sue modalità di impiego è destinata a diventare un
intervento di fondamentale importanza ed un'esigenza primaria. Non
bisogna, infatti, dimenticare che le riserve idriche non sono illimitate, in
particolar modo quando si parla di acqua potabile.
In fatto d'acqua l'Italia spicca in Europa per inefficienza, sprechi, ma anche
discutibili reticenze. Nonostante, secondo la relazione dei Ministero
dell'Ambiente del gennaio 2001, il 12% della popolazione a livello nazionale
soffra di discontinuità nell'erogazione (percentuale che sale al 24% se si
considerano solo le isole) l'Italia è anche il paese europeo più sprecone.
Preleva più acqua pro-capite di tutta la comunità, 980 metri cubi l'anno per
abitante, contro i 700 della Francia, e la impiega peggio: in Europa con un
Pag. 192
a)RINNOVABILITA’
DELLA RISORSAACQUA
metro cubo d'acqua l'industria produce beni per un valore di 96 euro, in Italia
per un valore di 41.
Gli Italiani sono i cittadini europei che consumano più acqua potabile per usi
domestici, in media oltre 250 litri a persona al giorno contro, per esempio, i
156 della Francia. Dei 250 litri che ognuno di noi consuma mediamente al
giorno, solo una parte viene utilizzata per scopi che richiedono la più alta
qualità, quali igiene personale e cucina.
La parte prevalente viene impiegata per scopi "meno nobili": sciacquoni,
macchine per lavare, lavaggio di pavimenti, giardinaggio e irrigazione, ecc..
Gli alberghi sono grandissimi consumatori di acqua. Da un'elaborazione
dell'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) su dati della
Federalberghi, risulta che alle strutture alberghiere sono attribuibili consumi
idrici pari a 120 milioni metri cubi l’anno, più che doppi rispetto a quelli
domestici.
In un albergo la quantità di acqua consumata all'anno per camera può variare
fra i 60 e i 220 metri cubi.
Le attività di una struttura alberghiera che si evidenziano come maggiori
responsabili dei consumi di acqua sono legate a cucina e bar, bagno,
lavanderia, cura di piante e giardini, piscine e operazioni ausiliarie.
Di tutta l'acqua consumata giornalmente nelle cucine di un albergo solo il
5% viene consumato dalla clientela sotto forma di cibi o bevande, il restante
95 % è destinato alla pulizia (alimenti ed igiene dei locali).
La tabella seguente illustra le principali tipologie di utilizzo di acqua in una
struttura turistico-ricettiva e le relative percentuali.
I consumi di acqua: tipologia e percentuale di utilizzo di una struttura alberghiera
Tipologia di utilizzo
Servizi igienici
Lavanderia Docce/bagni
Lavaggio stoviglie
Bere/cucinare
Giardino/auto
Quantità di utilizzo
35 - 40% 20 – 30% 5 –10% 8% 5% 2%Fonte: relazione presentata nel Convegno Internazionale " L'Agenda 21 locale e la certificazione della
qualità ambientale delle imprese e dei comuni nelle località turistiche" (Rimini, maggio 1998)
Pag. 193
Attraverso l'adozione di semplici misure tecniche e buone pratiche
quotidiane è possibile ottenere un risparmio variabile fra il 15 ed il 50% dei
consumi a seconda dei reparti, risparmio di considerevole entità, se si tiene
conto che, ogni giorno, l'industria turistica determina un consumo idrico pari
a 150 litri per cliente.
Esistono in commercio erogatori di acqua che riducono la portata dei flusso
tramite dispositivo miscelatori che arricchendo l'acqua di ossigeno ne
aumentano la pressione. L'acqua esce così in quantità minore, ma con getti
che, oltre ad avere maggiore potere lavante, danno una piacevole sensazione
di "morbidezza".
I consumi di acqua, dovuti ai punti di erogazione dotati di dispositivo come
quelli descritti, possono essere ridotti sino al 40% e oltre, con evidenti
risparmi sulle spese di approvvigionamento idrico e consumo energetico. Si
pensi al risparmio conseguibile tramite il riutilizzo delle acque reflue dopo
opportuni trattamenti: le moderne tecnologie oggi disponibili nel settore
della depurazione delle acque consentono di ottenere, anche con schemi
impiantistici relativamente semplici, livelli qualitativi delle acque trattate
rispettosi dei limiti di legge. Questi ultimi sono tali da garantire alle acque
stesse caratteristiche idonee per gli usi meno nobili di cui sopra, evitando
così sprechi di acqua di qualità superiore, da destinare a uso idropotabile.
Le acque in uscita dal trattamento, ormai depurate, possono essere immesse
in un impianto di subirrigazione ed essere
distribuite efficacemente nelle aree
piantumate: l'acqua potrà così bagnare
direttamente le radici delle piante, con effetti
positivi per la vegetazione specie nel periodo
estivo.
Non solo: l'acqua prima di uscire dal nostro rubinetto deve essere pompata,
depurata, canalizzata e, per alcuni usi, anche riscaldata.
Pag. 194
b)IL
TRATTAMENTO DELLE ACQUE
REFLUE
Quindi, sprecare acqua significa anche sprecare energia e risparmio idrico
significa anche risparmio energetico. La tabella seguente riporta in litri i
consumi di acqua individuali dovuti ad alcuni tipici utilizzi quotidiani e i
corrispondenti consumi energetici (espressi in termini equivalenti di litri di
petrolio consumati per la produzione dell'energia necessaria) legati ai
processi (pompaggio, riscaldamento, eventuali trattamenti) che si rendono
necessari affinché l'acqua pervenga ai punti di erogazione finali con le
caratteristiche e la qualità necessarie.
I costi energetici dell’acqua: consumi per persona per anno
Dispositivo risorsaQuantità
consumata con utilizzo di tecnologia
tradizionale
Quantità consumata con
utilizzo di tecnologie a basso
consumo
RisparmioIn litri In %
Rubinetto acqua 44.000 23.000 20.600 46,81petrolio 240 150 90 37,50
lavatrice acqua 4.700 2.600 2.100 44,68petrolio 55 40 15 27,7
lavastoviglie acqua 7.300 3.650 3.650 50,00petrolio 250 160 90 36,00
Fonte ENEA
Di seguito si riporta una tabella relativa ai risultati di una ricerca condotta
dall'ENEA, su circa trenta alberghi che hanno dotato i loro terminali di
aeratori. Dalla lettura risulta evidente come i risparmi ottenuti attraverso
l'adozione di questi semplici dispositivo siano considerevoli e tanto più
rilevanti quanto più elevata è la categoria di appartenenza dell'albergo. Ciò è
una diretta conseguenza dei fatto che sono, soprattutto, le strutture
alberghiere di livello qualitativo più elevato, quelle che offrono servizi come
piscine, vasche idromassaggio, palestre, giardini e così via, a contribuire
maggiormente agli elevati consumi di acqua.
Pag. 195
Risparmi sui consumi energeticiCategoria albergo Una stella Due stelle Tre stelle Quattro stelle Cinque stelle
Consumo medio/pers.-litri 150 150 250 600 600
Riasparmio acqua in % 30-35% 30-35% 35-40% 40-45% 40-45%Fonte: relazione presentata nel Convegno Internazionale "L'Agenda 21 locale e la certifícazione della
qualità ambientale delle imprese e dei comuni nelle località turistiche" - Rimini, maggio 1998
I dati presentati fanno supporre che attraverso un utilizzo razionale
dell'energia idrica in ambito alberghiero, è ragionevole ipotizzare livelli di
risparmio idrico almeno dei 10%, corrispondente a circa 12 milioni di mc/a.
Il corretto utilizzo dell'energia elettrica e dell'acqua, la corretta gestione dei
rifiuti e la bioedilizia sono semplici misure per preservare l'ambiente,
risparmiando e adeguando l'offerta alle tendenze della clientela.
5.16 RISPARMIO ENERGETICO ED EDILIZIA
BIOLOGICA
Ma risparmiare significa scontentare
la clientela abituata a certi standard
di servizi?
In generale, nell'immaginario collettivo il concetto di risparmio è correlato
con una diminuizione delle prestazioni, e quindi, nel caso dei servizi
turistici, con una diminuzione della qualità offerta e percepita dal cliente.
Purtroppo ancora oggi nel nostro paese, complice anche la scarsa sensibilità
ambientale di parte della popolazione, il luogo comune, risparmio =
sacrificio, oppure, risparmio = rinuncia, è diffuso anche in ambito
energetico.
Pag. 196
a)IL RISPARMIO ENERGETICO E
STANDARD DEI SERVIZI
Le considerazioni fatte precedentemente, inducono invece a pensare che la
riduzione dei costi energetici rappresenti una forma di risparmio che non
compromette la qualità del servizio e non incide negativamente sulle
aspettative e la soddisfazione dei turista.
Anzi, se si considera che l'adozione di una politica di rispetto per l'ambiente
e di risparmio energetico comporta:
lo stimolo all'adozione di semplici misure comportamentali, quali, ad
esempio:
- raccolta differenziata dei rifiuti (vetro,
alluminio, plastica, carta, olio alimentare...
- utilizzo dei mezzi di trasporto collettivi
- impiego di detersivi e detergenti a basso
impatto ambientale
- impiego di carta riciclata e carta ecologica
- il cambio giornaliero della sola biancheria
effettivamente utilizzata;
l'adozione di semplici dispositivi volti ad eliminare gli sprechi, quali, ad
esempio:
- lampade ad alta efficienza
- mezzi di trasporto elettrici
- miscelatori aria-acqua
- sistemi a scarico differenziato nei servizi igienici
la presenza di misure volte a rendere più piacevole il soggiorno, quali,
ad esempio:
- la riduzione dei rumori specie in prossimità delle aree destinate al riposo
- la preservazione di spazi verdi magari destinati ad attività ludico-ricreative
- acqua minerale e bevande in bottiglie di vetro
- la promozione dell'utilizzo di biciclette;
Pag. 197
ci si rende facilmente conto che, attraverso misure di risparmio energetico e
salvaguardia ambientale, è possibile addirittura alimentare il livello di
soddisfazione di diverse fasce di clientela turistica.
Il parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo nell'ottobre
1997, per affrontare il dilemma sullo sviluppo sostenibile nell'edilizia
abitativa, pone l'attenzione sulla necessità di cambiare i modelli di sviluppo
nel campo delle costruzioni.
Uno strumento, per intervenire conciliando sia le esigenze dei progresso e
della crescita economica che le esigenze
della sostenibilità, è rappresentato
dall'edilizia bioecologica. Oggi la
bioarchitettura, più che un nuovo modo
di costruire, è definita "un nuovo modo
di vivere".
L'obiettivo primario è creare abitazioni che sappiano rapportarsi in modo
equilibrato con l'ambiente. In realtà, si può considerare «bioecologica»
un'architettura che riesca a sfruttare tecnologie tradizionali e innovative, che
configurino degli edifici capaci di «vivere» senza eccessivi "costi" per
l'ambiente.
E' il caso, per esempio, degli edifici che sfruttano I"energia solare in modo
passivo o che ripropongono tecniche costruttive tradizionali capaci di
sfruttare caratteristiche proprie di alcuni materiali idonei a creare comfort
interno con ridotto consumo di materie prime ed energia non rinnovabili.
Il risultato finale deve essere la realizzazione di edifici che garantiscono un
maggiore comfort e benessere all'interno dei relativi ambienti chiusi e
riducono l'impatto sull'ambiente sia durante la fase esecutiva, sia durante il
successivo periodo di utilizzo. Tali obiettivi devono essere previsti e curati a
Pag. 198
b)
LA BIOARCHITETTURA
monte in fase di progettazione privilegiando criteri specifici riguardo sia alle
tecnologie e ai materiali da costruzione, che alla forma, l'orientamento e la
posizione dell'edificio rispetto a strutture limitrofe esistenti. Materiali
particolari, che siano in grado di mettere in condizione di benessere chi vive
in casa e al contempo in grado di far risparmiare energia perché isolanti sono
oggi preferiti ad altri magari più belli esteticamente ma di sicuro meno
efficaci a livello ambientale.
Secondo quanto riportato sul testo di Borzini "Marketing Turismo e
ambiente", design, materiali e modalità di costruzione e ristrutturazione sono
aspetti fondamentali per un albergo, sia che la struttura ricettiva sia in fase di
realizzazione sia nel caso in cui sia già stata costruita da tempo.
Attraverso gli interventi di ristrutturazione e, prima ancora, attraverso
un'attenta progettazione dell'albergo, è possibile ridurre in modo
significativo alcune importanti cause di inquinamento dell'ambiente interno,
nonché minimizzare l'impatto derivante dall'operatività della struttura.
Altrettanto interessante individuare e realizzare gli interventi di
progettazione o di ristrutturazione in grado di migliorare l’efficienza
dell'hotel da un punto di vista energetico.
Tra l'altro, la legge 488/92 concede agevolazioni finanziarie per
l'adeguamento strutturale di strutture alberghiere alle esigenze ambientali.
Malgrado la sensibilità verso le tematiche energetico-ambientali stia
crescendo, l'informazione sulle tecniche e tecnologie di edilizia bioecologica
- basate sul rispetto della salute dell'uomo e sul risparmio energetico -
permane ancora bassa,in Italia (specialmente al Sud) rispetto ad altri paesi
europei come l'Austria, la Svizzera, la Germania, la Danimarca, dove
l'orientamento bioecologico risulta sicuramente più diffuso agli svariati
livelli, sia tra i professionisti che tra i committenti e i produttori di materiali.
La Commissione Europea ha recentemente presentato una nuova direttiva
volta a garantire il potenziamento delle prestazioni energetiche degli edifici.
La direttiva rientra tra le iniziative per la tutela dell'ambiente e per il
Pag. 199
risparmio energetico: oltre il 40% dei consumi sono infatti imputabili
all'edilizia, che li genera essenzialmente per il riscaldamento di ambienti, la
produzione di acqua calda per usi sanitari, condizionamento e illuminazione.
E' stato calcolato che, con interventi efficaci e costi contenuti, sarebbe
possibile realizzare un risparmio energetico dei 22%. La nuova direttiva
definisce un quadro normativo atto a ridurre la crescita dei consumi
energetici nell'edilizia, e si basa sui seguenti elementi:
- una metodologia comune (che tenga conto
delle differenze climatiche e di altri fattori quali la coibentazione,
ventilazione, illuminazione, orientamento dell'edificio, recupero di calore e
utilizzo di fonti energetiche rinnovabili) per il calcolo del valore limite del
fabbisogno energetico e dell'efficienza energetica minima, da adottare poi
negli Stati membri per ciascuna tipologia di. edifici,
- applicazione dei valori limite calcolati con la
metodologia sopraccitata agli edifici di nuova costruzione e agli edifici
ristrutturati di metratura superiore ai 15.000 m2.
I miglioramenti economici e sociali ed il considerevole sviluppo turistico
degli ultimi dieci anni hanno come conseguenza l'incremento del fabbisogno
energetico.
Le variazioni nella domanda di energia sono stagionali e non è da escludere
che il fabbisogno energetico aumenti durante l'alta stagione turistica di
quattro o cinque volte.
Inoltre le condizioni climatiche nel Mediterraneo, insieme ad una richiesta di
maggiori conforts ed alla competizione tra organizzazioni turistiche
nell'offerta dei servizi, porta ad un maggiore fabbisogno di energia per
riscaldamento negli alberghi. L'industria turistica diventa la più "importante"
consumatrice di energia, con un considerevole impatto sull'ambiente.
Nelle isole, con basse precipitazioni atmosferiche nell'arco dell'anno, in
particolare, come le Cicladi e le Canarie, che non dispongono di acqua
potabile a sufficienza, la desalinizzazione dell'acqua di mare comporta un
Pag. 200
notevole consumo di energia e perciò aumenta il loro fabbisogno totale. La
domanda di energia deve essere esaminata seriamente a livello locale,
individuando potenziali forme di risparmio energetico.
Gli Stati Membri e le autorità locali devono ricercare misure per una
gestione efficiente dell'energia. A livello locale ci sono molte possibilità per
tali decisioni nel settore turistico essendo questo strettamente legato al
consumo energetico del settore trasporti, del settore edilizio, delle attività e
della gestione delle strutture alberghiere. Parallelamente grandi sforzi
devono essere effettuati nella ricerca e promozione di fonti di energia
rinnovabili. Queste fonti offrono soluzioni che si adattano perfettamente alle
necessità locali. In particolare le isole dispongono di un grande potenziale a
lungo termine, l'energia solare ed eolica. Secondo un recente esame in
Grecia, il consumo di elettricità (principalmente per il condizionamento
dell'aria) è allo stesso livello di quello necessario per il riscaldamento. Il
consumo medio di elettricità per posto letto è 4,87 MWh che equivale a circa
440 euro per posto letto per anno. Il consumo di elettricità HVAC (impianti
di riscaldamento,ventilazione e condizionamento) è dominante.
Le Agenzie per l'Energia hanno tra l'altro realizzato studi e progetti
sull'energia nel settore turistico.
ISLENET ha collaborato nella diffusione delle informazioni sulla
individuazione della migliore soluzione.
Esistono interessanti opportunità finanziarie per la gestione energetica nel
settore turistico quali:
Programmi nazionali sull'energia ed il turismo
Incentivi fiscali
Il programma SAVE relativo all'efficienza energetica
La nuova direttiva sul miglioramento dell'efficienza energetica negli
edifici COM(2001)226. Secondo la Commissione questa comporterà un
grande impatto sull'uso dell'energia nelle costruzioni in quanto:
- il 40% dell'energia viene utilizzata nel settore residenziale-terziario
Pag. 201
- risparmio energetico potenziale nel settore
costruzioni: 22% dal 2010
I certificati energetici per le nuove costruzioni e per quelle già esistenti
potrebbero essere disponibili appena predisposti.
Tali certificati avranno la durata di non più di cinque anni, inclusa la
comuni- cazione di come migliorare il rendimento energetico. In questo
campo le Agenzie per l'energia possono esercitare un ruolo molto
importante.
La commissione europea è interessata nel finanziare infrastrutture
turistiche (inclusi i trasporti) e progetti, onde contribuire alla competizione
tra le industrie turistiche europee.
Recentemente la Commissione per il turismo si è resa disponibile nel
sopportare piani di sviluppo delle attività turistiche, incluso l'uso di
indicatori per un turismo sostenibile e l'integrazione di criteri ambientali
nella gestione delle imprese turistiche.
In conclusione, il vasto campo di attività che insieme sono rivolte alla
soddisfazione dei consumi turistici sono parte integrante dell'economia,
dell'amministrazione e del sociale.
C'è un ruolo predominante e di responsabilità delle autorità locali, regionali
e delle Agenzie per l'Energia, con il supporto della Comunità Europea per un
uso efficiente dell'energia nel settore turistico e per la costituzione di
condizioni favorevoli allo sviluppo di un turismo sostenibile. Si ha bisogno
di migliori conoscenze, scambi di esperti nelle iniziative energetiche nel
settore turismo. Si ha bisogno di maggiori scambi di informazioni nello
sviluppo di iniziative e in campo legislativo di norme riguardanti il turismo,
l'efficienza energetica e l'ambiente. Sono necessarie integrazioni di tecniche
e principi per uno sviluppo sostenibile, incluso l'etichettatura (vedi anche
Certificati di efficienza energetica per alberghi-costruzioni) e sistemi
manageriali sull'ambiente.
Pag. 202
5.17 ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE
I miglioramenti economici e sociali della regioni insulari ed il considerevole
sviluppo turistico degli ultimi dieci anni hanno come conseguenza
l’incremento del fabbisogno energetico nelle isole in particolare. Queste
subiscono grandi variazioni nella domanda di energia, stagionalmente, e non
è da escludere che il loro fabbisogno energetico aumenti durante l’alta
stagione turistica di quattro o cinque volte.
Inoltre le condizioni climatiche nel Mediterraneo, insieme ad una richiesta di
maggiori conforts ed alla competizione tra organizzazioni turistiche
nell’offerta dei servizi, porta ad un maggiore fabbisogno di energia per
riscaldamento negli alberghi. L’industria turistica diventa la più “importante”
consumatrice di energia nell’isola con un considerevole impatto
sull’ambiente.
Nelle isole con basse precipitazioni atmosferiche nell’arco dell’anno, che non
dispongono di acqua potabile a sufficienza, la desalinizzazione dell’acqua di
mare comporta un notevole consumo di energia e perciò aumenta il loro
fabbisogno totale.
La domanda di energia deve essere esaminata seriamente a livello locale,
individuando potenziali forme di risparmio energetico. Gli Stati Membri e le
autorità locali devono ricercare misure per una gestione efficiente
dell’energia. A livello locale ci sono molte possibilità per tali decisioni nel
settore turistico essendo questo strettamente legato al consumo energetico del
settore trasporti, del settore edilizio, delle attività e della gestione delle
strutture alberghiere.
Parallelamente grandi sforzi devono essere effettuati nella ricerca e
promozione di fonti di energia rinnovabili. Queste fonti offrono soluzioni che
si adattano perfettamente alle necessità locali. In particolare le isole
dispongono di un grande potenziale a lungo termine, l’energia solare ed
eolica.
Pag. 203
Secondo un recente esame, il consumo
di elettricità (principalmente per il
condizionamento dell’aria) è allo stesso
livello di quello necessario per il
riscaldamento.
Il consumo medio di elettricità per posto letto è 4,87 MWh, che equivale a
circa 440 euro per posto letto per anno. Il consumo di elettricità HVAC
(impianti di riscaldamento,ventilazione e condizionamento) è dominante. La
figura 1 evidenzia la percentuale di consumo di energia elettrica per unità in
un albergo di 200 stanze nel 1992. La tabella 1 mostra il consumo di energia
di un tipico albergo. Nell’isola operano un gran numero di unità alberghiere. I
turisti sono concentrati nelle isole durante l’alta stagione, che dura da tre a
sette mesi l’anno. Questa irregolare operatività degli alberghi, insieme con i
problemi di offerta energetica, fa riflettere sulla necessità di un uso razionale
dell’energia nel settore turistico.
Pag. 204
a)
ESEMPI DI CONSUMI ENERGETICI NEL
SETTORE TURISTICO
Tabella 1 : Consumo energetico per il condizionamento dell’aria negli
alberghi
Uso A% B%
Riscaldamento 66 56
Raffreddamento 12 18
Illuminazione 8 26
Altro 14
A : Fonte (4), B : Fonte (3) Risultati di un questionario
Figura 1: Consumo Energetico per unità alberghiera operativa (2)
Le Agenzie per l’Energia hanno tra l’altro realizzato studi e progetti
sull’energia nel settore turistico. ISLENET ha collaborato nella diffusione
delle informazioni sulla individuazione della migliore soluzione. L’Agenzia
per l’Energia ha sviluppato il seguente piano:
Pag. 205
L’elettricità è una delle principali forme di energia utilizzata.
Il consumo energetico nelle tre forme, domestico, industriale ed altro dal
1990 al 1996 ( figura 2) evidenzia che la distribuzione del consumo elettrico
non si è di molto modificata negli anni. Gli altri usi si riferiscono al
commercio, alberghi, agricoltura, edifici pubblici e strade.
Il consumo di elettricità, d’altro canto, mostra un incremento stabile dal 1981
al 1996 (figura 2). Il maggiore incremento è dovuto all’aumento del turismo.
La distribuzione di elettricità nei diversi settori economici ( figura 3) indica
che il settore residenziale consuma la maggior parte di elettricità (36,2%) con
il settore alberghiero al secondo posto (22,7%). Se si considera il fatto che gli
alberghi lavorano solo metà anno è ovvio che una studio più dettagliato
dell’energia utilizzata negli alberghi e la creazione di alcune misure di
conservazione potrebbero ridurre la domanda di energia. Il fabbisogno
energetico degli alberghi è equivalente ad un impianto di 30MW.
Figura 2: Consumo di elettricità (GWh/anno)(3)
Pag. 206
Electricity Total: 1684 TJ/year
Commercial24.6%
Public9.5%Hotels
22.7%
Residential36.2%
Industry5.2%
Agriculture1.7%
Figura 3: Consumo di energia elettrica per settore (1992) (1)
L’Agenzia per l’Energia in collaborazione con l’Ente per il Turismo e
l’ICAEN ( Centro per l’energia spagnolo), ha realizzato lo studio “Uso
razionale dell’energia nell’industria turistica”. Questo studio include
un’analisi dell’esistente situazione energetica ed il grado di sviluppo delle
fonti rinnovabili nel settore turistico, ricerca un mercato di nuove tecnologie e
le modalità di abbattimento delle barriere esistenti per una loro penetrazione
nel mercato. Un programma operativo viene proposto a livello nazionale,
comunque applicabile alle altre isole del Mediterraneo.
“Gestione della domanda di elettricità nel settore turistico” è stato
realizzato dalla Divisione energetica del Governo delle Baleari insieme con
l’Agenzia per l’Energia di Madeira AREAM, con lo scopo di esaminare le
fonti rinnovabili e la gestione energetica nel settore alberghiero in modo da
ridurre la dipendenza energetica di queste due isole. E’ stata tratta una guida
per la riduzione del consumo di elettricità negli alberghi secondo le varie
categorie (classificate per spazio ed attività).
Pag. 207
Secondo uno studio realizzato per il Sud Europa, il massimo è stato raggiunto
dopo l’estate 1992. Da un’analisi della domanda ed offerta di elettricità negli
ultimi 20 anni, vi è stato un incremento con un picco del 6% ed un
incremento nei consumi di un altro 6%.
Nelle Cicladi, l’espansione del turismo ha provocato un considerevole
incremento nella domanda di energia, specialmente di quella elettrica nel
settore turistico ed attività collegate, calcolato al 39% del consumo totale.
L’uso dell’aria condizionata negli alberghi è un punto cruciale perché:
- il principale sistema di produzione di energia è una centrale
termoelettrica, alimentata con combustibile diesel, ad alto potere
inquinante e di costo elevato. Con l’aumento della domanda di aria
condizionata per unità alberghiera, risulta un serio incremento della
domanda di energia; che per le isole causa serie deficienze.
- L’elemento base per unità alberghiere è la stanza, tenuta chiusa per la
maggior parte del tempo, sia che sia in uso o non. Lo scopo principale di
tale studio è stato quello di ridurre il fabbisogno elettrico per il
condizionamento nelle unità alberghiere, assicurando il condizionamento
nelle stanze attraverso meccanismi naturali. Al tempo stesso, il carattere
particolare del paesaggio delle isole e l’identità architettonica impone
delle restrizioni nella scelta dei sistemi e delle tecniche alternative.
Pag. 208
Esistono interessanti opportunità finanziarie
per la gestione energetica nel settore
turistico. Tra queste:
° Programmi nazionali sull’energia ed il turismo
° Incentivi fiscali
° Il programma SAVE relativo all’efficienza energetica
° La nuova direttiva sul miglioramento dell’efficienza energetica negli
edifici COM(2001)226. Secondo la Commissione questa comporterà un
grande impatto sull’uso dell’energia nelle costruzioni in quanto:
- il 40% dell’energia viene utilizzata nel settore residenziale/terziario
- risparmio energetico potenziale nel settore costruzioni: 22% dal 2010
I certificati energetici per le nuove costruzioni e per quelle già esistenti
potrebbero essere disponibili appena predisposti. Tali certificati avranno la
durata di non più di cinque anni, inclusa la comunicazione di come migliorare
il rendimento energetico. In questo campo le Agenzie per l’energia possono
esercitare un ruolo molto importante.
° La commissione europea è interessata nel finanziare infrastrutture
turistiche (inclusi i trasporti) e progetti, onde contribuire alla competizione tra
le industrie turistiche europee.
° Recentemente la Commissione per il turismo si è resa disponibile nel
supportare piani di sviluppo delle attività turistiche, incluso l’uso di indicatori
per un turismo sostenibile e l’integrazione di criteri ambientali nella gestione
delle imprese turistiche.
Pag. 209
b)
OPPORTUNITA’
1. Il vasto campo di attività che insieme sono rivolte alla soddisfazione dei
consumi turistici sono parte integrante dell’economia, dell’amministrazione
e del sociale delle isole.
2. C’è un ruolo predominante e di responsabilità delle autorità locali,
regionali e delle Agenzie per l’Energia con il supporto della Comunità
Europea per un uso efficiente dell’energia nel settore turistico e per la
costituzione di condizioni favorevoli allo sviluppo di un turismo
sostenibile.
3. Si ha bisogno di migliori conoscenze, scambi di esperti nelle iniziative
energetiche nel settore turismo.
4. Maggiori scambi di informazioni nello sviluppo di iniziative e in campo
legislativo di norme riguardanti il turismo, l’efficienza energetica e
l’ambiente.
5. L’integrazione di tecniche e principi per uno sviluppo sostenibile, incluso
l’etichettatura (vedi anche Certificati di efficienza energetica per alberghi-
costruzioni) e sistemi manageriali sull’ambiente.
Pag. 210
c)CONCLUSIONI
5.18 Gli strumenti di comunicazione ambientale
Uno strumento a carattere volontario è costituito dalla comunicazione
ambientale.
Principali strumenti di comunicazione ambientale attualmente adottati sono i
seguenti: Rapporti Ambientali, (Bilanci Ambientali), e Dichiarazione
Ambientale (EMAS). Si tratta di strumenti molto diversi come tipologia e, per
quanto attiene ai primi due, anche estremamente disomogenei tra di loro, ma che
rappresentano comunque un primo mezzo di comunicazione in ordine alle
tematiche ambientali.
La redazione periodica di un Rapporto Ambientale per una località turistica
rappresenta sicuramente uno strumento che può aiutare a migliorare la
performance di sostenibilità.
Così come la Dichiarazione Ambientale EMAS sarebbe molto utile alle imprese
turistiche nel loro rapporto con la clientela.
L’obiettivo generale delle azioni mira a minimizzare l’impatto ambientale ed a
garantire agli ospiti, e al personale, un ambiente
interno gradevole e sano, ma nondimeno, è
importante per l’azienda, il contributo a
diffondere sensibilità e senso di responsabilità
nei confronti delle tematiche ambientali.
Pag. 211
a)L’IMPATTO
AMBIENTALE E LE POLITICHE
AZIENDALI
Di seguito viene proposta una scheda per verificare se una struttura alberghiera
ha o meno un livello di adeguamento ai parametri ambientali:
Università degli Studi di Messina FACOLTA’ DI ECONOMIA
Corso di Economia e Gestione dei Servizi TuristiciN. Rispondere alle domande con una crocetta nella colonna SI NO
Adozione di misure per il risparmio idrico1. La struttura utilizza un depuratore al fine di evitare scarichi diretti nell’ambiente ?2. Le acque reflue vengono riutilizzate (riciclo delle acque) ?3. Sono installati aereatori e riduttori di portata nella rubinetteria ?4. E’ prevista la sostituzione della biancheria su richiesta ?5. E’ installato il temporizzatore per l’impianto d’irrigazione del giardino ?6. Sono installati i contatori parziali per la verifica dei consumi localizzati?
Adozione di misure per il risparmio energetico7. La struttura utilizza lampade a basso consumo di energia ?8. L’illuminazione dei locali è gestita da interruttori a tempo ?9. Si adotta un sistema per limitare l’utilizzo della TV in stand by ?10. La struttura utilizza sistemi di energia alternativa ?11. La struttura promuove lo spegnimento dell’illuminazione quando non necessaria ?
Adozione di misure per la gestione dei rifiuti12. La struttura è dotata di contenitori per la raccolta differenziata ?13. La struttura è dotata di contenitori per rifiuti speciali (pile, medicinali, ecc.)?14. La struttura provvede a riciclare i contenitori tramite i propri fornitori ?15. La struttura provvede al recupero dei grassi e degli oli usati?16. La struttura persegue un piano di riduzione dei propri rifiuti solidi urbani ?17. La struttura partecipa ad un programma di riciclaggio dei rifiuti ?18. Nella struttura sono installati dispenser per bagnoschiuma e shampoo ?19. Nella struttura si adottano dosatori di detersivi per lavatrici e lavastoviglie ?20. Nella struttura si utilizza carta ecologica per cancelleria e stampati ?21. Nella struttura si utilizzano deodoranti naturali ?22. Nella struttura si utilizzano prodotti biodegradabili ?
Adozione di misure per il risparmio termico23. L’impianto di riscaldamento/ condizionamento è a risparmio energetico ?24. L’impianto di riscaldamento/ condizionamento è a regolazione centralizzata ?25. E’ previsto un regolatore dell’impianto di riscaldamento in relazione all’ambiente?26. La struttura è stata progettata con materiali isolanti ?
Foglio 1
Pag. 212
Indagine statistica sulle strutture turistiche per l’orientamento al
turismo sostenibile e di adeguamento ai parametri
ambientali
SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE
Attività di formazione, educazione e sensibilizzazione27. I clienti sono incoraggiati a partecipare al programma di sostenibilità ?28. Ai clienti viene fornita adeguata informazione ecologica locale ?29. Le informazioni date consentono la raccolta differenziata dei rifiuti solidi ?30. Nella struttura esistono locali riservati ai non fumatori ?31. L’azienda contribuisce ai programmi di sicurezza dei turisti ?32. I clienti sono incoraggiati ed orientati a visitare le aree protette locali ?33. Il personale dell’azienda è coinvolto nel programma di sostenibilità ?
Adozione di misure per la mobilità ed il relax34. La struttura è raggiungibile con i mezzi pubblici ?35. Esiste la possibilità di muoversi sul luogo senza l’autovettura ?36. L’azienda mette a disposizione gratuitamente, biciclette (Almeno 5) per i clienti ?37. Si prevede un sistema di bonus per i clienti che utilizzano i mezzi pubblici ?38. L’azienda utilizza mezzi di trasporto ecologici (elettrici, GPL, metano) ?39. Il livello del rumore consente la fruibilità della struttura ed il riposo ?
Adozione di misure per il rispetto del sistema locale (sociale, economico, ecc...)40. Un’elevata percentuale del personale dell’azienda è locale ?41. La struttura addestra il personale locale ad una attività sostenibile ?42. Le offerte di lavoro dell’azienda condizionano il mercato del lavoro locale ?43. L’azienda promuove il consumo di prodotti locali ?44. L’azienda mette in vendita prodotti dell’artigianato locale ?45. I prodotti dell’artigianato locale vengono usati per l’arredo della struttura ?46. L’azienda promuove attività culturali locali ?47. L’azienda utilizza prodotti alimentari biologici ?48. L’azienda fa una manutenzione programmata, interna ed esterna, della struttura ?49. L’azienda domanda servizi e prodotti rispettando le esigenze locali ?50. Nei giardini sono predominanti le piante autoctone ?51. L’azienda partecipa o sostiene attività di tutela dell’ambiente ?
Si N. __ No n.__
La presente scheda è completamente anonima, ogni riferimento all’azienda, alla sua tipologia, categoria, dimensione o ubicazione è inesistente,pertanto le risposte aderenti alla vera realtà dell’azienda non possono ledere la privacy ma nel contempo possono dare un vero aiuto al gestore dell’azienda a capire il proprio rapporto con l’ambiente che lo circonda ed agli studiosi del turismo sostenibile, ai quali affluiranno questi dati, di comprendere meglio il fenomeno.
Foglio 2
Pag. 213
a) Fino a 15 si = livello di adeguamento basso b) Da 16 a 25 si = livello di adeguamento medio
c) Da 26 a 35 si = livello di adeguamento alto d) Oltre 35 si = livello di adeguamento molto alto
5.19 L’ITALIA E L’AGENDA 21 LOCALE
L'Italia ha dato il via all'attuazione dell'Agenda 21 approvando il Piano
Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile
con la delibera CIPE (Comitato
Interministeriale per la Programmazione
Economica) del 28 dicembre 1993.
Questo ha comportato una evoluzione del quadro legislativo e normativo in
materia ambientale ed energetica, anche perché l'Italia, in quanto membro
dell'Unione europea, è vincolata a recepire le direttive comunitarie.
Attualmente è in preparazione un nuovo Piano per lo Sviluppo Sostenibile che
riguarda anche il "Turismo" cui l'ENEA sta dando il sostegno tecnico-
scientifico. L'analisi del quadro di riferimento internazionale ci consente di
affermare che esiste una politica turistica ambientale a livello comunitario, con
obiettivi, finalità e strumenti delineati.
Imprenditori pubblici e privati italiani devono quindi ora dimostrare disponibilità
e capacità innovativi nell'organizzazione e nella gestione del prodotto turistico
che è un prodotto delicato e complesso, composto da una pluralità di elementi, la
cui integrazione in un'ottica di Sviluppo Sostenibile non è impresa semplice; ma
da questa operazione dipenderà il successo di aree e località turistiche del futuro.
Pag. 214
a)
IL QUADRO GENERALE ITALIANO
5.20 LA COMUNITA’ EUROPEA, IL TURISMO E
L’AMBIENTELa politica comunitaria può aiutare l'Italia a definire il nuovo prodotto
turistico, pensato per promuovere maggiore
benessere e qualità della vita. Il quadro
conclusivo nazionale che emerge denota che il
settore del turismo ha avuto e continuerà ad
avere grande importanza per il nostro Paese,
che continua comunque a esercitare una
grande attrattiva per il suo patrimonio naturale
e culturale.
Il settore è destinato a crescere, fornisce un contributo rilevante in termini di
occupazione e benessere, contribuisce a realizzare la coesione economica e
sociale e può contribuire alla protezione e alla valorizzazione dell'ambiente
naturale e culturale.
Una programmazione strategica e integrata ai livelli opportuni, unicamente
all'impiego di strumenti tecnici per affrontare problemi particolari, può dare
un importante contributo ad uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del
turismo in Italia. La realizzazione di un turismo sostenibile, in grado di
conciliare sviluppo del turismo e protezione del patrimonio naturale e
culturale, risulta infatti di vitale importanza considerato che il nostro Paese è
interessato alla espansione dei turismo, soprattutto in termini di sviluppo
locale e creazione di posti di lavoro.
A livello locale, potranno essere applicate varie tecniche che contribuiscano
a risolvere il problema della concentrazione del turismo nello spazio e nel
tempo. Viste le prospettive del settore, la grande rilevanza economica e
sociale e l'esigenza di protezione e valorizzazione dell'ambiente naturale e
culturale, dovrà essere data priorità in futuro in Italia alla promozione di un
turismo realmente equilibrato e sostenibile.
5.21 LE DEDUZIONI DI LEGAMBIENTEPag. 215
a)
LA POLITICA COMUNITARIA
Per un turismo sostenibile e durevole
VI CONGRESSO NAZIONALEDocumenti tematici
Turismo e ambiente due termini ormai sistematicamente affiancati, che pero’
ancora raramente riescono a coniugarsi felicemente.
Il turismo nelle aree protette è una delle possibili strade da seguire, ma
non certamente l’unica. L’esperienza fornita da questo settore è
senz’altro interessante e aiuta a capire quanto di questa realtà possa
essere esportato in altri luoghi e come le modalità di turismo sostenibile
possano influenzare le dinamiche del turismo tradizionale.
In particolare negli ultimi anni si è creato un grande interesse nei confronti
delle aree protette marine. A differenza di quelle terrestri, generalmente
toccate dai flussi turistici di massa soltanto in modo marginale, le aree
protette marine sono per forza di cose contigue alle zone di balneazione e, di
conseguenza, ai luoghi del turismo di massa.
Questo elemento crea rischi, in molti casi gravi, a luoghi eccezionali per
qualità ambientale e paesaggistica. Turismo e ambiente in questo caso si
fronteggiano e sono condannati ad andare d’accordo.
Bisogna cominciare a interrogarsi sul futuro della politica turistica italiana e,
soprattutto, chiedersi se l’ambiente potrà rappresentare la strada maestra per
il turismo prossimo venturo oppure se ne costituirà semplicemente una
stampella.
Sarebbe del resto riduttivo limitarsi a ragionare di una politica di nicchia
oppure del solo turismo delle aree protette. Ma in un caso o nell’altro la
strada da fare è una sola ed è quella di muoversi nella direzione della
Pag. 216
sostenibilità.
a) Turismo e Vacanza
Osservato dal lato del processo produttivo (offerta turistica), il turismo
appare come un settore economico complesso, un sistema costituito
dall'integrazione di attività infrastrutturali, produttive e di servizio. Esso
rappresenta, ormai, la principale attività economica a livello globale. Sposta
5 miliardi di persone ogni anno (oltre 600 milioni verso l’estero), occupa
230 milioni di persone a livello mondiale (1 ogni 15 lavoratori in tutto il
mondo) ed è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi decenni,
favorito dallo sviluppo di trasporti e comunicazioni (stime dell’OMT
indicano una crescita del 5-6% degli arrivi internazionali fino al 2010).
Dell’intero movimento l’Europa copre il 60%, occupando oltre 22 milioni
di persone, con un’incidenza delle attività turistiche sul PIL europeo pari al
14%. L’Italia attira il 5,5% dell’intero flusso, con circa 33 milioni di
arrivi ogni anno.
Un fenomeno particolarmente rilevante, che emerge dai dati italiani relativi
all’ultimo decennio, concerne la dinamica della consistenza delle strutture
ricettive.
Al sensibile calo del loro numero (dell’ordine del 7%) si contrappone un
incremento dei posti letto complessivamente disponibili superiore al 2%.
Queste tendenze sottendono un orientamento dell’industria della
ricettività verso insediamenti di dimensioni sempre maggiori, funzionali
a garantire criteri di efficienza e di economicità di gestione. Questi stessi
principi, per converso, non sembrano conciliarsi perfettamente con le
esigenze di tutela del patrimonio ambientale. Nelle sue applicazioni di
massa e di lusso, il turismo ha spesso prodotto effetti molto negativi su
paesaggi, culture, società ed economie dei paesi di destinazione,
Pag. 217
soprattutto nel Sud del mondo.
A partire dalla prima metà degli anni ’90, la domanda turistica in Italia ha
registrato un aumento eccezionale. I visitatori italiani e stranieri mostrano
una netta preferenza per le aree del Nord-Centro del paese, mentre un
numero ancora piuttosto esiguo di visitatori (pari a circa il 18% del totale nel
1997) alloggia in strutture ricettive registrate del Sud. Anche la quota di
mercato turistico detenuta dal Mezzogiorno appare marginale: 19% contro
l'81% del resto del paese (che sale all'86,8% relativamente alle presenze
degli stranieri).
Dalla tipologia dei flussi (per nazionalità, struttura ricettiva utilizzata, ecc.) è
possibile trarre alcune indicazioni sul comportamento di spesa del
consumatore-turista. Il turismo straniero, ad esempio, si connota per un
uso predominante degli alberghi (un tipo di ricettività che produce più
valore aggiunto e più occupazione rispetto ad altre formule ricettive),
una forte preferenza per il turismo culturale e delle città d'arte, il più
adatto ad agire come moltiplicatore della domanda turistica e per un più
attenuato carattere stagionale.
b) L’industria del turismo oggi e in prospettiva
Per sua natura l’industria del turismo e dell’ospitalità è caratterizzata da una
forte trasversalità verso altri settori economici ed è quindi in grado, più di
ogni altra attività economica, di generare effetti moltiplicativi persistenti e
diffusi sul territorio.
Il processo di sviluppo dell'economia italiana, a partire dal dopoguerra, si è
accompagnato a una continua crescita del commercio, degli alberghi e di
tutto l'indotto che ruota attorno al business turistico. Per il nostro paese la
quota del settore all’interno del Pil è quantificata in circa 112.000
miliardi di valore aggiunto pari al 5,7% del Pil. In Italia si è generato un
Pag. 218
forte processo di terziarizzazione che ha coinvolto anche altri settori
strategici, quali i Trasporti e le Comunicazioni. In questo contesto, gli effetti
economici provenienti dal turismo internazionale sono molto significativi: il
valore aggiunto imputabile a questo tipo di turismo è di circa 43 mila
miliardi cui corrispondono circa 800 mila unità di lavoro.
In Italia, attualmente, ogni 100 lavoratori quattro operano nel turismo e,
secondo recenti stime per i prossimi anni, su 100 lavoratori gli addetti al
turismo dovrebbero arrivare ad essere ben 7. Numerose ricerche, inoltre,
indicano come la generazione di posti di lavoro nel turismo richieda un
investimento più basso rispetto all’industria e al terziario avanzato, con una
capacità di creare occupazione che beneficia anche della rilevante
occupazione indotta nei settori collegati. L’individuazione di numerosi
profili professionali per il futuro disegna l’immagine di un sistema
fortemente dinamico e con posti di lavoro ad elevata produttività.
Le scelte turistiche dei prossimi anni vedranno l'affermarsi dei pacchetti
oggi ancora emergenti, quali turismo d'avventura, le crociere, ma anche
l'ecoturismo, il turismo culturale e i parchi a tema, questi ultimi più
orientati ai principi della sostenibilità.
c) Il turismo insostenibile
La localizzazione su un territorio unico per risorse storiche ed
artistiche, conservate ed alimentate da un legame strettissimo tra
popolazione e territorio, ha fornito all’industria italiana della vacanza
un vantaggio competitivo eccezionale. Al punto che la scarsa cura del
paesaggio, che ha contraddistinto la recente storia del nostro paese, ha
soltanto marginalmente influito sulle dinamiche del prodotto lordo del
sistema.
La risorsa ambiente, che include anche tradizioni, costumi e usi locali, è
Pag. 219
uno straordinario valore aggiunto assolutamente gratuito per l’industria
turistica italiana che troppo spesso invece ha contribuito a degradarlo.
Se infatti é vero che la pressione imputabile alla domanda dipende, per un
parte, dalle modalità di consumo del servizio turistico (dal comportamento
del turista), dall’altra le strategie di intermediazione tra la domanda e
l’offerta turistica (ruolo delle agenzie di viaggio e dei tour operators)
influenzano enormemente la direzione, la dimensione e l’intensità degli
spostamenti sul territorio.
L’interazione tra processi di produzione e/o di consumo che si realizzano in
settori complementari (trasporti, ristorazione, ricettività, agricoltura) possono
generare fenomeni incompatibili con le regole dello sviluppo durevole, ad
esempio tassi d’uso del patrimonio naturale e ambientale che eccedano la
soglia limite della capacità di carico (si pensi ai fenomeni di congestione dei
centri urbani, all’intensità d’uso delle risorse idriche ed energetiche
derivante da un incremento non controllato dei flussi).
Questo sistema di utilizzazione delle risorse è fortemente iniquo.
d) Strategie per un turismo sostenibile
La caratteristica di una corretta gestione del turismo è che sia garantita
la sostenibilità delle risorse dalle quali esso dipende. La sostenibilità del
turismo richiede che esso integri l'ambiente naturale, culturale e umano di
riferimento; che assicuri una dinamica durevole dell'effetto delle attività che
ad esso fanno riferimento sulle risorse naturali, sulla biodiversità e sulla
capacità di assorbimento dell'impatto e dei rifiuti prodotti.
In particolare nel Sud del mondo il contributo attivo del turismo a uno
sviluppo sostenibile presuppone necessariamente solidarietà, rispetto
reciproco e partecipazione da parte di tutti gli attori coinvolti nel
processo, in particolare gli autoctoni dei Paesi di destinazione.
Solidarietà, rispetto reciproco e partecipazione devono basarsi su
meccanismi efficienti di cooperazione a ogni livello: locale, nazionale,
Pag. 220
regionale e internazionale. La conservazione, la protezione e la
consapevolezza del valore delle risorse naturali e culturali costituiscono
un'area privilegiata per la cooperazione.
La protezione della qualità della destinazione turistica e la capacità di
soddisfare i turisti devono essere determinate dalle comunità locali in
consultazione con gli enti coinvolti e le parti interessate e dovrebbero
rappresentare gli obiettivi prioritari nella formulazione delle strategie e dei
progetti turistici. Per essere compatibile con lo sviluppo sostenibile, il
turismo dovrebbe basarsi sulla diversità delle opportunità offerte dalle
economie locali. Dovrebbe quindi essere completamente integrato con lo
sviluppo economico locale e contribuire positivamente allo stesso.
La specificità che ciascun luogo è capace di esprimere - diversità
ambientale, coerenza architettonica, ricchezza culturale e sociale - è
l’elemento di base da cui partire per avviare forme di turismo intelligente. Il
modo in cui il luogo conserva il suo carattere originario o sviluppa in modo
innnovativo la sua offerta, il modo in cui gli spazi o i servizi sono pensati,
pianificati, costruiti e gestiti, costituisce un’attrattiva fondamentale per il
turismo.
Nel riconoscere l'obiettivo della coesione economica e sociale tra le
comunità come principio fondamentale per uno sviluppo sostenibile, è
urgente che si sviluppino misure per permettere una più equa distribuzione
dei benefici e dei danni prodotti dal turismo. Ad esempio, favorendo un
cambio dei modelli consumistici e l'introduzione di tariffe ecologicamente
corrette.
e) I Codici etici di comportamento
Perché il turismo diventi sostenibile è fondamentale che i principali
protagonisti del settore adottino, rispettino e diano attuazione a codici di
comportamento che indirizzino verso uno sviluppo sostenibile. Tali codici
Pag. 221
costituiscono strumenti efficaci per lo sviluppo di attività turistiche
responsabili. A questa esperienza le campagne e le iniziative di
Legambiente hanno contribuito notevolmente. In Italia essa si è
concretizzata anche con il documento sul Turismo Responsabile
dell’AITR. Sul piano internazionale l’ultimo contributo in questa direzione è
la Carta emanata dall’Organizzazione Mondiale del Turismo.
f) Carta d’Identità per viaggi sostenibili (AITR)
Il contenuto del documento "Turismo Responsabile: Carta d'Identità per
Viaggi Sostenibili" è frutto di un lavoro di condivisione nell'ambito del
Terzo Settore che, a partire dal 1994, ha portato alla nascita di un Forum
Nazionale sul Turismo Responsabile, alla firma della Carta stessa ed alla
costituzione dell'Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) per la
diffusione e la realizzazione dei principi contenuti nella Carta, che conta
l’adesione di Legambiente e di altre 22 associazioni del non profit italiano.
La Carta indica come obiettivi da realizzare: a) una maggior attenzione
all'interazione tra turisti, industria turistica e comunità ospitanti, per
favorire un vero rispetto delle diversità culturali, ed una disponibilità di
adattamento ad abitudini e modi diversi dai propri; b) che gli utenti
diventino coscienti del proprio ruolo di consumatori del prodotto-
viaggio, da cui dipendono la qualità dell'offerta e il destino di milioni di
altri individui nei luoghi di destinazione; c) la riduzione al minimo dei
danni dell'impatto socioculturale ed ambientale prodotto dai flussi
turistici; d) la tutela del diritto delle comunità locali a decidere sul
turismo nel proprio territorio, e con queste stabilire rapporti
continuativi di cooperazione solidale.
Lo stesso documento auspica che tutti gli attori del sistema turistico, l’utente
(viaggiatore individuale o di gruppo), l’organizzatore (tour operator, agenzia
di viaggio, associazione culturale), le comunità locali ospitanti (parte del
Pag. 222
sistema turistico, autorità/ istituzioni turistiche, governi locali, gruppi di
cittadini), adottino comportamenti eticamente responsabili sul piano
ambientale, sociale ed economico.
g) Codice globale di etica per il turismo (OMT)
Obiettivo del documento è delineare regole che consentano di proteggere
l’ambiente naturale della terra e l’eredità culturale dalla forte crescita del
turismo internazionale. Il codice si compone di 9 articoli, che dovranno
essere osservati da governi, tour operators, progettisti, agenti, turisti.
Nell’ultimo articolo, relativo alla effettiva applicabilità del codice, si propone
la costituzione di un Comitato Mondiale per il Turismo Etico.
I principi:
1) Contribuire alla mutua comprensione tra popoli e società
2) Essere motore della realizzazione individuale e collettiva
3) Essere un fattore di sviluppo sostenibile
4) Contribuire ad aumentare l’eredità culturale della specie umana
5) Essere un’attività benefica per ospiti, paesi, comunità
6) Riservare fondi cauzionali per lo sviluppo turistico
7) Attuare i diritti del turismo
8) Contribuire alla libertà di movimento turistico
9) Operare per i diritti dei lavoratori e degli imprenditori dell’industria
turistica
10) Mettere in opera i principi del Codice globale di etica per il turismo.
h) Un Settore Turismo - Legambiente
Muovendo dalla consapevolezza che il turismo è un settore complesso e
trasversale, la cui politica e gestione abbraccia questioni generali,
Legambiente intende elaborare e promuovere iniziative che rispondano
all'esigenza di governare lo sviluppo turistico, quale volano per una più
Pag. 223
ampia opera di rinnovamento e recupero del territorio.
Nella considerazione che soprattutto nel campo del turismo sia necessario
"Pensare Globalmente e Agire Localmente" per garantire e migliorare,
contestualmente, sia la vita dei cittadini residenti sia la qualità dell'offerta
turistica, Legambiente intende istituire un Settore Turismo e un Gruppo di
lavoro con rappresentanti delle realtà locali, ove gli stessi possano scambiare
esperienze con l'obiettivo di predisporre linee strategiche, campagne e
iniziative.
Ci proponiamo di:
promuovere comportamenti di consumo sostenibile;
monitorare i comportamenti di consumo e di produzione attraverso la
progettazione e la definizione di un sistema di indicatori di sostenibilità
settoriali;
raccogliere informazioni sulle risorse naturali e ambientali nel corso
dell'anno;
ideare modelli di sviluppo del sistema turistico funzionali alla
redistribuzione della pressione e delle risorse su base territoriale;
tracciare le linee guida per uno sviluppo appropriato del turismo e
avviare programmi per la implementazione di tali linee.
Come intendiamo muoverci:
costituire un gruppo di studio sul turismo sostenibile e di iniziativa su
progetti che favoriscano l'adozione di modelli di produzione e di consumo
durevoli. In particolare, questo gruppo da un lato si occuperà di valutare la
realizzazione di tali programmi attraverso la redazione di documenti,
impegnandosi nel reciproco scambio di esperienze; dall'altro utilizzerà il
patrimonio informativo territoriale per partecipare attivamente a progetti e
programmi sulla sostenibilità; attivare i circoli territoriali; stipulare
protocolli d'intesa con Regioni, Province, Comuni e Associazioni di
Pag. 224
Categoria sulle strategie di perseguimento degli obiettivi di sostenibilità nel
turismo; promuovere l'avvio di progetti turistici sperimentali nell'ambito
dello sviluppo sostenibile e l'introduzione di sistemi di gestione ambientale.
Avviare iniziative in varie località anche sulla base dell'esperienza maturata
a Riccione con l'Associazione degli Albergatori;
organizzare strategie di comunicazione per la promozione dell’attività
escursionistica dei circoli e dell'accoglienza dei Centri di Educazione
Ambientale;
partecipare attivamente (convegni, tavole rotonde, seminari, …) alle Borse
del Turismo come già avvenuto in precedenti manifestazioni (Borsa del
Turismo Sociale, Borsa del Turismo Nautico, Borsa del Turismo
Archeologico, ….).
i) Un’esperienza concreta già in corso: Gli Alberghi Ecologici
Legambiente Emilia Romagna, l’Associazione Albergatori e
l’Amministrazione Comunale di Riccione hanno realizzato un progetto per
gestire gli Alberghi raccomandati per l’impegno in difesa dell’ambiente.
Partecipano all’iniziativa 44 alberghi di Riccione (costituiti in circolo
Legambiente) che hanno deciso di dare il loro contributo per difendere
l’ambiente osservando un decalogo di impegni che sarà consegnato ai clienti
e contenente una cartolina da inviare a Legambiente che svolge la funzione
di garante dell’iniziativa.
5.20 QUALE FUTURO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE ?
Il turismo potrà avere una maggiore crescita se vi sarà minore divario tra il
nord ed il sud del mondo, se vi sarà sviluppo anche dei paesi poveri,
naturalmente bisogna pensare a forme di sviluppo sostenibile, altrimenti
potremo parlare solo catastrofi annunciate.
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La questione fondamentale riguarda la misura in cui il mondo può
modificare la propria rotta e conseguire un futuro sostenibile. Un simile
approccio comprende numerose altre questioni.
Il Segretario Generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan, ha identificato
cinque aree chiave in cui il Vertice di
Johannesburg poteva fare una vera
differenza: Acqua e igiene, Energia,
Salute, Produttività Agricola,
Biodiversità e gestione degli
ecosistemi. Egli ritiene che durante il
Vertice di Johannesburg potevano e
dovevano essere ottenuti risultati
concreti su queste tematiche cruciali,
per le quali ha inventato l’acronimo
"WEHAB".
Il vertice, che già alla vigilia era stato definito un summit fallito, di giorno in
giorno ha messo in evidenza le differenze e la totale divergenza di vedute di
paesi ricchi e paesi poveri, ma anche la distanza tra le posizioni dell’Unione
europea e degli Stati Uniti. Le questioni più importanti non sono ancora state
risolte e il timore è che, chiuso il Vertice, il 4 settembre, non si è riusciti a
raggiungere un accordo comune sui temi più scottanti.
L'acqua è una delle cinque «questioni chiave» del Vertice mondiale (insieme
a energia, biodiversità, salute, istituzioni globali per lo sviluppo sostenibile).
Il fatto è che il vero cuore del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile
è nel lavoro di mediazione condotto da un paio di gruppi ristretti di
diplomatici, i cosiddetti «gruppi di contatto», ed in particolare quello su
«commercio e finanze» - coordinato da John Ashe, delegato del governo
d’Antigua (una delle nazioni più minuscole al mondo). Ieri Ashe ha
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a)
IL VERTICE
DI JOHANNESBURG
annunciato che il 99% del testo che riguarda le finanze è stato
concordato (tutto sta a vedere qual è l'1% che manca).
Il percorso che doveva permettere di raggiungere lo sviluppo sostenibile è
stato adottato dieci anni fa in occasione del Vertice di Rio. Ciononostante,
rimane molta strada da fare. Si auspicava che il Vertice di Johannesburg
potesse superare il divario esistente in merito all’attuazione dell’Agenda 21,
mediante la presentazione di proposte per azioni concrete.
Il Vertice di Johannesburg, in Sud Africa, presso il Sandton Covention
Centre, dal 26 agosto al 4 settembre 2002 ha evidenziato solo di essere una
replica del Vertice sulla Terra.
Ci si domanda se il Vertice di Johannesburg ha rappresentato o meno un
passo avanti, passando dai concetti all’azione. L’Agenda 21, il piano
d’azione per lo sviluppo sostenibile adottato in occasione del Vertice della
Terra nel 1992, rimane uno straordinario quadro di lungo periodo e una
guida per migliorare la condizione del pianeta e le esistenze dei suoi abitanti.
Adottandola, i governi hanno riconosciuto che il perdurare delle attuali
politiche avrebbe aggravato il divario economico fra i Paesi ed all’interno di
essi, traducendosi in una accresciuta povertà e in un ulteriore deterioramento
degli ecosistemi. Ma i governi hanno concordato sul fatto che un’altra linea
di azione che potesse proteggere il pianeta e assicurare un futuro più
prospero, era possibile. "Nessun paese da solo può raggiungere questo
risultato," afferma nel suo preambolo l’Agenda 21, ma "tutti insieme
possiamo." L’Agenda 21 servirà come base per lo sviluppo di iniziative
concrete che producano risultati.
Il Vertice di Johannesburg ha cercato non soltanto un proseguimento del
Vertice della Terra di Rio; né, tantomeno, un seguito alla recente Conferenza
Internazionale sui Finanziamenti per lo Sviluppo di Monterrey. Il Vertice di
Johannesburg si è basato sui risultati raggiunti da entrambi, ma ha cercato al
tempo stesso di attuare gli obiettivi concordati in numerose conferenze —
inclusi quelli adottati dai leader mondiali in occasione del Vertice sul
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Millennio — nell’ambito dello sviluppo sostenibile, anche se le speranze
alimentate sono state tante ma i fatti concreti veramente pochi.
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1) Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (testo vigente)(Supplemento ordinario n. 33 alla Gazzetta ufficiale 15 febbraio 1997 n. 38)
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