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Seconda parte delle dispense del Corso sinottici 2012 – 2013 - prof. d. Davide Arcangeli. 3. VANGELO DI MARCO 3. 1 ALCUNE INFORMAZIONI IMPORTANTI PER L’ANALISI NARRATIVA 1 3.1.1 AUTORE E LETTORE IMPLICITO Anche se conosciamo molto bene l’autore reale di un’opera letteraria, non è detto che questa conoscenza sia significativa al fine di una buona interpretazione dell’opera stessa. Ciò che è necessario invece conoscere è l’autore implicito, ossia quella figura di autore che nasce dalle scelte narrative che egli ha messo in campo nella sua opera. Nella messa in atto della strategia narrativa l’autore implicito sceglie di incarnarsi in un narratore che racconta la storia (telling), oppure di far progredire l’azione attraverso il dialogo e l’interazione tra personaggi (showing) scaturisce dalla somma delle scelte di scrittura identificate nel testo. Insomma l’autore implicito è colui che di un insieme di eventi disposti in sequenza cronologica (lògos, secondo Aristotele) costruisce un racconto, ossia una concatenazione precisa di eventi (mythos). Inoltre il lettore ideale che ha in mente l’autore implicito nelle sue scelte narrative e letterarie si definisce lettore implicito. Una buona esegesi tende ad accorciare la distanza tra lettore reale e lettore implicito. 3.1.2 NARRATORE Il narratore, poi, può essere esterno al suo racconto, (racconto descrittivo, sempre in terza persona, dove il narratore è extradiegetico) oppure essere interno alla storia narrata (racconto autobiografico, in prima persona dove il narratore è intradiegetico), o ancora fare qualche comparsa (intrusione) in un racconto in terza persona. Poi ancora un narratore che interviene con un’intrusione può essere presente nella storia narrata (omodiegetico) o assente da essa (eterodiegetico). Per esempio si confronti Atti 16, 1 – 24. Al v. 10 il narratore passa da 1 Cfr. D. D. MARGUERAT – Y. BOURQUIN, Per leggere i racconti biblici. La Bibbia si racconta. Iniziazione all’analisi narrativa (Borla; Roma 2001). La Bible se raconte. Initiation à l’analyse narrative (Paris 1998). 1

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Seconda parte delle dispense del Corso sinottici 2012 – 2013 - prof. d. Davide Arcangeli.

3. VANGELO DI MARCO

3. 1 ALCUNE INFORMAZIONI IMPORTANTI PER L’ANALISI NARRATIVA1

3.1.1 AUTORE E LETTORE IMPLICITOAnche se conosciamo molto bene l’autore reale di un’opera letteraria, non è detto che questa conoscenza sia significativa al fine di una buona interpretazione dell’opera stessa. Ciò che è necessario invece conoscere è l’autore implicito, ossia quella figura di autore che nasce dalle scelte narrative che egli ha messo in campo nella sua opera. Nella messa in atto della strategia narrativa l’autore implicito sceglie di incarnarsi in un narratore che racconta la storia (telling), oppure di far progredire l’azione attraverso il dialogo e l’interazione tra personaggi (showing) scaturisce dalla somma delle scelte di scrittura identificate nel testo. Insomma l’autore implicito è colui che di un insieme di eventi disposti in sequenza cronologica (lògos, secondo Aristotele) costruisce un racconto, ossia una concatenazione precisa di eventi (mythos). Inoltre il lettore ideale che ha in mente l’autore implicito nelle sue scelte narrative e letterarie si definisce lettore implicito. Una buona esegesi tende ad accorciare la distanza tra lettore reale e lettore implicito.

3.1.2 NARRATOREIl narratore, poi, può essere esterno al suo racconto, (racconto descrittivo, sempre in terza persona, dove il narratore è extradiegetico) oppure essere interno alla storia narrata (racconto autobiografico, in prima persona dove il narratore è intradiegetico), o ancora fare qualche comparsa (intrusione) in un racconto in terza persona. Poi ancora un narratore che interviene con un’intrusione può essere presente nella storia narrata (omodiegetico) o assente da essa (eterodiegetico). Per esempio si confronti Atti 16, 1 – 24. Al v. 10 il narratore passa da extradiegetico ad intradiegetico (compare improvvisamente la prima persona plurale, fino al v. 17.). In questo caso il narratore intradiegetico è anche omodiegetico ossia presente negli eventi che racconta. In Lc 1, 1 – 4 il narratore è intradiegetico, ma eterodiegetico, perché non presente negli eventi del suo vangelo.In Mt 13, 4 - 49, la sezione delle parabole del regno, così come in tutti i grandi discorsi del vangelo di Matteo, il narratore intradiegetico si identifica con Gesù.

3.1.3 I CONFINI DEL RACCONTODal punto di vista narrativo, come si identificano i confini di un testo? Ci sono almeno 4 criteri: tempo, luogo, personaggi, trama e tema unificatore In questo modo si identificano diversi microracconti, articolati l’uno all’altro in una medesima unità narrativa per mezzo di un tema o di una trama o di un personaggio principale. Ad esempio dopo l’intestazione e la genealogia, che fungono da introduzione per l’intero macro – racconto evangelico (Mt 1, 1 – 17), a partire da 1, 18 fino a 2, 23 la sequenza narrativa è unificata da una trama che mostra la nascita e la salvezza originaria del re messia secondo le Scritture. In questa trama sono incastonate due azioni episodiche, quelle che hanno per protagonista Giuseppe e quelle che hanno per protagonista Erode e i magi. Ciò che li accomuna è la regia divina degli eventi

1 Cfr. D. D. MARGUERAT – Y. BOURQUIN, Per leggere i racconti biblici. La Bibbia si racconta. Iniziazione all’analisi narrativa (Borla; Roma 2001). La Bible se raconte. Initiation à l’analyse narrative (Paris 1998).

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e le connessioni temporali / causali (cfr. v. 13. 16. 19) nonché il tema del compimento delle Scritture, che conclude ogni scena. Il discorso della montagna (cfr. Mt 5, 1 – 7, 29) è chiaramente delimitato dalla sua cornice spaziale (il monte, cfr. 5, 1. 8, 1) e dall’azione di insegnamento di Gesù ( cfr. 5, 1. 7, 29 ).

3.1.4 LA TRAMAMa che cos’è esattamente una trama? La trama si distingue dalla cronaca perché non si limita ad elencare i fatti, ma il pone in rapporto di causalità. La trama è dunque l’insieme delle combinazioni mediante le quali certi eventi vengono trasformai in storia, o, correlativamente, una storia è ricavatada eventi. Per Aristotele la trama è costituita da un inizio una complicazione e una soluzione. Ci sono allora due confini narrativi, uno stato iniziale ed uno finale e una trasformazione, come passaggio che deve essere innescato (complicazione) e risolto (soluzione). Lo schema è quinario: situazione iniziale, complicazione, azione trasformatrice, soluzione, situazione finale.In ogni trama è possibile trovare il picco della tensione drammatica, o apice, che non si trova necessariamente nel centro geometrico del racconto. Nella parabola del padre misericordioso (Lc 15, 11 – 31) la situazioni iniziale è descritta nel v. 11: un uomo aveva due figli. Poi c’è la complicazione dovuta alla partenza del figlio minore. Infine l’azione trasformatrice, attraverso la carestia, che costringe il figlio minore a trovarsi nel bisogno, porta ad una rivoluzione nel racconto, ossia il ritorno del figlio minore dal padre come servo salariato. Il picco drammatico della tensione si trova al v. 20b dove il narratore, cioè Gesù, descrive l’abbraccio inaspettato del padre. A questo punto l’azione sembra incamminata in una definitiva soluzione con la festa (v. 24) senonchè una nuova complicazione, ossia la protesa del figlio maggiore, introduce un’azione trasformatrice che ha il suo punto culminante al v. 31 dove termina il racconto. Il racconto termina sospeso, senza una soluzione. Non sappiamo infatti la risposta del figlio maggiore, perché? La trama inoltre si può suddividere in risoluzione e rivelazione. La trama di risoluzione è quella in cui progredisce l’azione attraverso la concatenazione degli eventi per arrivare ad uno stato finale. La trama di rivelazione è quella in cui la risoluzione degli eventi è finalizzata a scoprire una verità nascosta. Per esempio, in un giallo in cui si parte dall’omicidio, la risoluzione degli eventi è già nota. Tutta la trama è finalizzata a rivelare il colpevole, dunque è una trama di rivelazione. In Lc 7 i due episodi della guarigione del figlio del centurione e di Gesù e la donna peccatrice in casa di Simone sono raccolti in una sequenza che guida il lettore da 7, 1 – 50, che tematizza il riconoscimento dell’autorità profetica di Gesù (cfr 16. 26. 28. 39). La trama di rivelazione dunque è finalizzata al riconoscimento di Gesù come profeta.

3.1.5 PERSONAGGIL’ identificazione del lettore con i personaggi è pilotata dal narratore, attraverso la valutazione dei personaggi, per suscitare empatia, simpatia, antipatia. Il punto di vista valutativo è molto importante. Per esempio in Lc 19,1-10 il narratore fa di tutto per suscitare la simpatia del lettore nei confronti di Zaccheo, nonostante la chiara immoralità della sua vita.

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3.1.6 LE POSIZIONI DEL LETTORE E IL PUNTO DI VISTA DEL NARRATORE E DEI PERSONAGGIIl narratore offre al lettore tre posizioni in rapporto ai personaggi: o ne sa di più rispetto al personaggio,o altrettanto o di meno. In Lc 24 il lettore sa che lo straniero è Gesù ma i discepoli in cammino verso Emmaus no.Secondo il narratologo Rabatel, il punto di vista può essere raccontato, rappresentato o asserito. Nel primo caso attraverso il racconto il narratore crea empatia con un personaggio e con il suo punto di vista (cf. Es 14,10). Nel secondo caso il punto di vista è descritto attraverso verbi di percezione (Mc 1,16). Nel terzo caso il punto di vista è esplicitato attraverso delle affermazioni (cf. Mc 2,27). Attraverso la sintesi dei diversi punti di vista nel racconto si coglie il punto di vista «valutativo» del narratore, la visione ideologica sottesa al suo racconto. Anche l’analisi della trama è fortemente connessa al punto di vista del narratore.

3. 2 IL VANGELO SECONDO MARCO

3.2.1 Autore / lettore implicitoSecondo Atti 15, 37-39 un certo Giovanni, il cui soprannome era Marco, è associato alla missione di Paolo e Barnaba (cfr. At 13, 5). Precedentemente in At 12, 12 si era già parlato di un Giovanni, detto Marco, la cui madre, Maria, accoglieva la comunità di Gerusalemme in preghiera nella sua casa. Questa persona, collaboratore di Paolo e Barnaba (e forse suo cugino cfr. Col 4, 10) era dunque un giudeo cristiano proveniente da Gerusalemme. Un certo Marco (forse la stessa persona) è poi citato da Paolo nella lettera a Fm (v. 24), come un collaboratore (cfr. anche 2 Tm 4, 11) che si trova nel luogo dove sta Paolo (Roma o forse Efeso). In 1 Pt 5, 13 Marco è definito “figlio” di Pietro e si trova accanto a lui, a Roma. In effetti il vescovo Papia di Gerapoli (120 - 130) 2 in una tradizione riportata da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesastica afferma che Marco fu l’interprete e il traduttore di Pietro e che non aveva conosciuto Gesù di persona. Il Marco di cui testimonia Papia di Gerapoli nell’opera di Eusebio è lo stessa persona di cui si parla negli Atti degli Apostoli, come collaboratore di Paolo e Barnaba? Alcune difficoltà ci sono in questa identificazione. Infatti il nome latino Marcus era frequentissimo nell’antichità. Inoltre il Giovanni detto Marco degli Atti è un giudeo cristiano di Gerusalemme e ciò contrasta col fatto che l’autore del Vangelo di Marco mostra di conoscere ben poco la geografia palestinese. Certamente non si tratta di difficoltà insuperabili e l’ipotesi rimane aperta. Sembra comunque plausibile che Marco nel suo scritto su Gesù organizzò i contenuti di una predicazione ormai tradizionale, di provenienza apostolica, forse petrina. Anche per Ireneo di Lione (II sec. d.C.), infatti, Marco è colui che ha messo per iscritto la predicazione di Pietro3.

2 Il vescovo Papia cita il presbitero Giovanni, che è vissuto nell’ambiente efesino tra il 90 e il 120 d.C. e afferma: “Il presbitero diceva questo: Marco, interprete di Pietro, scrisse con esattezza ma senza ordine, tutto ciò che ricordava delle parole e delle azioni del Signore; non aveva udito e seguito il Signore, ma più tardi, come già dissi, Pietro. Orbene, poiché Pietro insegnava adattandosi ai vari biosgni degli ascoltatori, senza curarsi affatto di offrire loro una composizione ordinata delle sentenze del Signore, Marco non ci ingannò scrivendo secondo ciò che si ricordava; ebbe solo questa preoccupazione: di nulla tralasciare di quanto aveva udito e di non dire alcuna menzogna.”cfr. Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 3,39,15 (a cura di S. Borzì – F. Migliori, 3 voll., Città Nuova, Roma 2001). 3 Cfr. Ireneo di Lione, Contro le eresie 3,1,1 (a cusa di E. Bellini, Jaca Book, Milano 1981).

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Per quanto riguarda il lettore implicito, diversi elementi confermano che si tratta di una persona di lingua e cultura latina. Abbiamo già parlato dell’imprecisione dei dettagli geografici riguardati la Palestina. Inoltre la presenza di prestiti greci derivati dal latino e di calchi della grammatica latina suggeriscono che il lettore implicito di Marco provenisse da un ambiente in cui si parlava latino (cfr. leghiòn in 5, 9. 15; kentoùrion in 15, 39; hodòn poièin ossia iter facere in 2, 23). Vi sono poi dei termini aramaici tradotti per persone che non conoscono l’aramaico, (cfr. Mc 3, 17 “Boanerghes, cioè figli del tuono”). L’evangelista deve spiegare le pratiche di purificazione giudaica (cfr. 7, 3 – 4) rivelando che il suo scritto è destinato a persone che non le praticano. Infine anche l’invito a non divorziare rivolto non solo agli uomini, ma anche alle donne, consuetudine presente nel mondo romano e non in quello giudaico, è un ulteriore conferma dell’identità romana del lettore di Marco (cfr. Mc 10, 1 – 12). Alla fine del II sec. Clemente di Alessandria4 cita Roma come il luogo in cui Marco scrisse il Vangelo, una tesi sostenuta da un ampio numero di studiosi. Assieme a lui anche Ireneo, Origene, Eusebio di Cesarea, Efrem il Siro appoggiano questa notizia. Data la forte critica contro il governo dei gentili in Mc 10, 42, si ammette un’importante persecuzione da parte dei gentili nei confronti degli ebrei prima del 70 d.C.. Solo a Roma essa è testimoniata da Tacito negli Annales (15, 44) e nella prima lettera di Clemente romano (1 Clemente 5, 2 – 7). Tuttavia la notizia di questi disordini (cfr. Mc 13, 7) arriva in tutto l’impero e può essere registrata anche al di fuori di Roma, dalla comunità dove risiede Marco. Altri studiosi infatti affermano l’origine del Vangelo di Marco nella Siria, ad Antiochia, a Efeso, ad Alessandria. Non ci sono elementi probanti per sostenere una di queste ipotesi.

3.2.2 DATAZIONESiccome Marco mostra di non conoscere dettagli sulla caduta di Gerusalemme, avvenuta nel 70 d.C., si può ipotizzare che sia stato scritto prima o a cavallo di tale data. Infatti anche le diverse affermazioni sul tempio di Mc 13 (cfr. Mc 13, 2 sono troppo generiche e rientrano facilmente nei discorsi stereotipici dell’apocalittica giudaica. Si potrebbe retrodatare Marco fino al 50 – 40 d.C., ma la maggioranza degli studiosi pensa che il livello di elaborazione teologica della tradizione implichi il passaggio di diversi decenni dopo la morte di Gesù.

3.2.3 COMPOSIZIONE NARRATIVALe indicazioni geografiche possiedono una certa forza strutturante per il vangelo di Marco. In 1, 14b l’indicazione del ministero di Gesù in Galilea è di fondamentale importanza. Gesù, pur con diversi spostamenti interni, rimane in Galilea fino a 7, 24, quando si sposterà in terra pagana, a Tiro e Sidone e nei monti della Decapoli, in territorio pagano. In 8, 27 dopo essere passato a Betsaida di Galilea si trova a Cesarea di Filippo, nell’estremo nord della palestina, sotto le pendici del monte Ermon. Dunque il suo ministero riceve un inaspettato allargamento in territori fondamentalmente pagani. In 9, 30 il narratore chiarisce che Gesù sta attraversando la Galilea per uscirne e in 10, 1 si trova in Giudea al di la del fiume Giordano. Dopo il passaggio a Gerico (10, 46 – 52) Gesù giunge a Gerusalemme in 11, 11 e entra nel tempio per rimanervi fino a 13, 1. Da qui in poi Gesù rimane a Gerusalemme / Betania ruotando intorno al tempio di Gerusalemme. Riassumendo, si può dire che il ministero di Gesù, iniziato in Galilea, si allarghi in territori pagani a partire da 7, 24, e si diriga a Gerusalemme con gli annunci della passione da 8, 31/9, 30 in poi, per arrivare al tempio di Gerusalemme in 11, 11. Il criterio geografico è dunque importante per un quadro complessivo del ministero di Gesù, ma non consente di determinare troppo nei dettagli la composizione narrativa del Vangelo.

4 Clemente di Alessandria, Stromata 6, 14, 6. 4

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Una certa funzione strutturante è svolta anche dai sommari, ossia interventi del narratore nella diegesi per riassumere un certo periodo di tempo e una serie di azioni ripetute con verbi all’imperfetto. 1, 14 – 15 introduce la predicazione di Gesù in Galilea. Poi troviamo, ad esempio, 3, 7 – 12; 4, 1 – 2; 4, 33 – 34; 5, 21; 6, 6b; 6, 12; 6, 53 – 56; 9, 30 – 32; 10, 32. Il problema di questi sommari è non sempre gli autori sono concordi nell’individuarli e soprattutto c’è una certa arbitrarietà nel dare ad alcuni di loro più importanza rispetto ad altri. Infine a partire dal c. 11 questi sommari spariscono completamente. Un ulteriore criterio è quello di seguire le domande, specie quelle che rimangono senza risposta e che sollecitano il lettore a proseguire la storia per trovare una risposta. Una serie di domande (cfr. 1, 27; 2, 7. 16. 24; 4, 41; 6, 2; 7, 5; 8, 14 - 21) riguardano l’identità di Gesù e il comportamento suo e dei suoi discepoli. Da quando, in 8, 27 – 30, si arriva alla risposta fondamentale sull’identità di Gesù come messia, queste domande non si trovano più. Iniziano invece gli annunci della passione (8, 31; 9, 31; 10, 32 – 34) che descrivono la modalità con cui dovrà manifestarsi l’identità messianica di Gesù. Da quest’ultima osservazione emerge la centralità di 8, 27 – 31. Infatti appena Gesù è riconosciuto come Cristo, egli stesso si preoccupa di chiarire la modalità con cui intende realizzare la sua identità messianica, ossia come messia sofferente, rifiutato dai capi del suo popolo. Da questo momento aumenterà l’incomprensione dei discepoli e il conflitto con le autorità. In questo punto del vangelo fanno un passo in avanti le due trame che percorrono interamente il Vangelo, ossia la trama di rivelazione di Gesù come il Cristo e il Figlio di Dio, che inizia in 1, 1 e culmina in 15, 39 con il riconoscimento definitivo del centurione sotto la croce, e la trama di risoluzione, innescata dal conflitto con le autorità (3, 6; 3, 21 – 30; 11, 18; 14, 1 – 2. 10 – 11) e dall’incomprensione dei discepoli (8, 33; 9, 10. 32; 14, 50. 51 – 52. 66 - 72) che culmina con la crocefissione e la morte di Gesù. Dunque l’identità messianica di Gesù, che progressivamente si rivela e che ha un punto culminante in 8, 29 con la confessione di Pietro a Cesarea di Filippi, da qui in poi non potrà essere adeguatamente compresa se non in relazione al rifiuto del suo popolo e alla sconfitta del messia che culmina nella croce. Qui, nella crocefissione, le due trame di rivelazione e di risoluzione si incrociano e saldano definitivamente quando il centurione afferma l’identità di Gesù proprio da come lo vede morire (cfr. 15, 29).Da quanto detto si può individuare una composizione narrativa fondamentalmente bipartita, con un’introduzione in 1, 1 – 13 e un primo versante da 1, 14 a 8, 30 e un secondo versante da 8, 31 a 16, 8 con al centro la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo e un culmine narrativo in 15, 39. Al loro interno sommari e spostamenti geografici consentono di individuare le sequenze minori1, 14 – 3, 6: avvio dell’attività messianica (cfr. sommario di 1, 14 -15), chiamata dei discepoli e primi contrasti con le autorità.3, 7 – 6, 6a: attività terapeutica di Gesù (cfr. sommario di 3, 7 – 12) convocazione dei dodici, insegnamento e guarigioni.6, 6b – 8, 30: Gesù dona il pane a Israele e ai pagani e educa i discepoli a riconoscerlo come messia.8, 31 – 10, 52: Gesù in viaggio verso Gerusalemme educa i discepoli a comprendere la modalità della sua manifestazione messianica. 11, 1 – 13, 37: Attività di Gesù a Gerusalemme, scontro definitivo con le autorità.14, 1 – 15, 41: Passione e morte di Gesù e definitiva manifestazione messianica15, 42 – 16, 8: epilogo di resurrezione.

3.2 Composizione narrativa di Mc 1,14-3,6

3.2.1. 1,14-3,6 Indicazioni spaziali:

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1,14: in Galilea; 1,16: sul mar di Galilea; 1,19:un poco oltre vide; 1,21: arriva a cafarnao, entra in Sinagoga;1,29: usciti dalla sinagoga di Cafarnao, va a casa di Simone; 1, 33: Cafarnao, porta della casa di Simone; 1,35: in un luogo deserto; 1,39:sinagoghe di tutta la Galilea;1,45: luoghi deserti.

2,1: entra di nuovo a Cafarnao; 2,13 esce di nuovo sul mare ; 2,14 un poco oltre vide Levi; 2,15: casa di Levi; 3,1: entra di nuovo in Sinagoga

Da questo poche indicazioni spaziali si può notare una chiara intenzione del narratore di porre 2,1-3,6 come “ripetizione” di 1,16-38. Sono gli stessi luoghi (Cafarnao, Sinagoga) dove Gesù entra o da dove esce e il narratore li mette in relazione con un avverbio: di nuovo (cf. 2,1.13 e 3,1). Inoltre mentre Gesù passa un poco oltre, chiama per due volte, in 1,16 e in 2,14, sempre sul mare di Galilea.

3.2.2 Indicazioni temporali:

v. 14 Dopo che fu consegnato Giovanni il Battista1,14-15: sommariov. 21 di sabatov. 32 venuta la sera, v. 34: breve sommario. v. 35: molto presto al mattino. Da 1,16 a 1,38 è una giornata “tipo” di Gesù.1,39 sommario1,45: sommario2,13:cornice2,23: di sabato

Sommari più lunghi (per il tempo narrato) sono 1,14-15 e 1,45. Sommari più brevi sono 1,34.39. 1,21-22 e 2,13 sono due cornici, che introducono la narrazione rispettivamente dell’esorcismo e della chiamata di Levi.

3.2.3 Comparsa e scomparsa di personaggi1,14-15: viene meno Giovanni il Battista, folle sullo sfondo v.16-18: Simone e Andrea; v. 19-20 Giacomo e Giovanni.v. 21-22 folle sullo sfondo v. 23-26 indemoniato; v. 27-28: stupore degli astanti.vv. 29-31 Gesù con i quattro discepoli e la suocera di Simone.vv. 32-34 follevv.35-38 Simone e quelli con lui.v. 40-45 lebbroso

v. 2,2 molti v. 3 i quattro che portano il paraliticovv. 6-12 scribi (discepoli di Gesù sullo sfondo)v. 14 Levi figlio di Alfeovv. 15-17 pubblicani e peccatori a casa di Levi (discepoli di Gesù sullo sfondo)vv. 16-17:scribi dei farisei vv. 18-22: discepoli di Giovanni e farisei (discepoli di Gesù sullo sfondo)vv. 23-28 discepoli di Gesù e fariseivv. 3,1-6 uomo dalla mano inaridita, farisei ed erodiani.

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3.2.4. Alcune osservazioni su una possibile composizione:

Dopo un primo sommario ai vv. 14-15, che riassume tutta l’attività ministeriale di Gesù, troviamo tre episodi: chiamata dei quattro discepoli (16-20); attività ministeriali di Gesù a Cafarnao nel quadro temporale di una giornata (21-38); nuovo sommario sulla Galilea + guarigione del lebbroso (39-45) e sommario finale (v.45).La guarigione del lebbroso si trova come sospesa spazio-temporalmente perché non è specificato un luogo preciso in cui è accaduta ed essa avviene in un tempo imprecisato all’interno dell’ampio contesto temporale indicato dal sommario del v. 39. Questo contribuisce a mostrare il punto di vista del narratore che ci mostra questo miracolo come in certo modo riassuntivo e dunque esemplificativo di tutta l’attività ministeriale di Gesù in Galilea.

L’attività ministeriale di Gesù a Cafarnao è invece ben inquadrata nell’arco temporale di un giorno e divisa in quattro scene: insegnamento di Gesù di sabato in sinagoga (cornice ai vv. 21-22) e guarigione dell’indemoniato (21-28); guarigione della suocera di Pietro (29-31); miracoli la sera (32-34); preghiera e ricerca di Gesù al mattino (35-38).

Al c. 2 inizia la seconda parte della sequenza narrativa, contrassegnata da un nuovo ingresso in Cafarnao 2,1. Chi si tratti di una seconda parte della sequenza è chiaro, oltre che per il richiamo avverbiale “di nuovo” che segna una sorta di ripetizione degli spostamenti di Gesù, e delle sue chiamate ai discepoli (1,16-20; 2,14-17) anche perché mentre nella prima parte Gesù è in relazione con personaggi a lui favorevoli, nella seconda parte compaiono i personaggi ostili. L’ostilità di questi personaggi (scribi, farisei, scribi dei farisei, discepoli di Giovanni, erodiani) si manifesta in cinque episodi successivi: 2,1-12: guarigione del paralitico;2,13-17: chiamata di Levi e banchetto con i peccatori;2,18-22 discussione sul digiuno;2,23-27: discussione sul sabato;3,1-6: guarigione dell’uomo dalla mano inaridita in giorno di sabato.

Guardando all’intera sequenza narrativa di 1,14-3,6 si può dunque notare una certa composizione che si articola con cinque scene a monte e cinque scene a valle dell’episodio della guarigione del lebbroso (39-45) che, isolato temporalmente, sembra porsi a cavallo dei i due versanti della sequenza, il primo con personaggi favorevoli (1,14-38) e il secondo con la presenza di personaggi ostili (2,1-3,6). Due scene di chiamata dei discepoli e i medesimi spostamenti geografici nei due versanti sono ulteriori indizi che comprovano questa composizione.

3.2.5.Trama di risoluzioneScomparso Giovanni, ora si compiono le promesse. Gesù annuncia il Regno di Dio e la pienezza del tempo, che si manifesta nella vittoria definitiva contro il male, rappresentato dalle forze demoniache e dalle malattie e dal peccato. Si uniscono così le due caratteristiche fondamentali del suo ministero: annunciare e guarire scacciando i demoni (cf.1,39).Infatti la sua è una parola con exusìa (=autorità), in grado di sconfiggere il male (v.22) e di produrre un cambiamento radicale nelle persone (cf.1,16-20; 2,14). Egli raduna una piccola comunità di discepoli intorno a sé, primo piccolo seme di questo Regno, chiamando a sé da pescatori e pubblicani impuri. La vittoria contro il male si manifesta dunque nella potenza di una parola in grado di purificare l’uomo dal peccato e di renderlo capace di una sequela prima impensabile. Inoltre il primo miracolo che Gesù compie è un esorcismo e al v. 34 tale guarigione è associata alle guarigioni fisiche effettuate da Gesù nei confronti dei tanti ammalati. Anche il miracolo della

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guarigione del lebbroso è in realtà anch’esso una purificazione, una liberazione dal male (cf. v. 41). Questa radicale alterità di Gesù dal male e la potenza del Regno viene a scontrarsi con i potenti in Israele, i nemici del Regno, coloro che, nonostante i segni di guarigione operati da Gesù si mantengono duri di cuore (cf. v. 5). Essi, al termine della sequenza, decidono di mettere a morte Gesù (3,6). La risoluzione di tutto il racconto evangelico culminerà proprio con tale morte al c. 15,37-39.

3.2.6. Punto di vista 1,15: punto di vista asserito di Gesù.16-20 vide: punto di vista rappresentato è quello di Gesù. Il narratore sceglie gli occhi e le parole di Gesù per raccontare. v. 22 punto di vista asserito della folla sull’autorità di Gesù. Così anche nei vv. 27-28; vv.32-34: insistenza sui superlativi, punto di vista raccontato dei discepoli. v. 38 punto di vista di Gesù, asserito.v. 39 punto di vista di Gesù, raccontato. v. 41. 43 punto di vista di Gesù, rappresentato. La narrazione si focalizza su Gesù per indicare la prospettiva missionaria e universale del suo annuncio, le sue caratteristiche di liberazione e di vittoria sul male, e i sentimenti di misericordia di Gesù. La focalizzazione si sposta sulla folla per sollevare domande sull’identità di Gesù. Similmente nel c. 2:v. 2 punto di vista raccontato della follav.4 punto di vista raccontato dei 4v. 5 cambio di punto di vista rappresentato su Gesù, per far risaltare la fede dei 4. v. 6 nuovo cambio di punto di vista per entrare nella prospettiva degli avversari di Gesù che pongono domande su di lui. Così anche in 2,16; 3, 2v. 8 nuovo cambio di punto di vista che focalizza su Gesù, con punto di vista rappresentato, così anche in 2,17; 3, 5 2,10 punto di vista asserito di Gesù. v. 12 punto di vista raccontato e asserito della folla.2, 18-28 punto di vista asserito di Gesù.

La narrazione si focalizza su Gesù, sulla consapevolezza del disegno universale di Dio su di lui, sui suoi sentimenti di misericordia per gli ammalati, sulla sua conoscenza dei cuori e sul suo insegnamento potente. Quella di Gesù è un’identità messianica in cammino, in grado di riferirsi continuamente ad una missione per la quale egli è venuto nel mondo (cf. 1,38). Si focalizza poi sugli avversari per far emergere la loro incomprensione e non accettazione dell’identità di Gesù e sullo stupore della folla e la sua lode per ciò che ha visto, come segno della presenza del Regno di Dio nella persona stessa di Gesù.

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3.2.6. Trama di rivelazioneEssa riguarda l’identità di Gesù e viene innescata dalle domande che la folla radunata in sinagoga si pone a suo riguardo, a partire dall’autorità (exusìa) della sua parola (1,27). Un ulteriore verifica del carattere messianico del suo ministero viene dal linguaggio con cui i demoni si esprimono a suo riguardo (“il santo di Dio” v.26) e che Gesù mette prontamente a tacere (cf. v.25 e v. 34). Anche il perdono dei peccati, riservato a Dio solo nella tradizione ebraica, Gesù lo esercita liberamente e questo pone un’ulteriore domanda su di lui, da parte dei suoi nemici (cf. 2,7). Ulteriori domande degli avversari di Gesù (cf. 2,16.18. 24) sono indicazione di una rivelazione in atto. Gesù è un maestro del tutto singolare e il suo insegnamento con autorità ha la forza di compiere una reinterpretazione radicale e liberante di tutta la Legge. Due affermazioni che Gesù fa di sé stesso sono indicazioni rivelatrici della sua identità (2,10;2,28): egli è il figlio dell’uomo, che ha l’autorità di perdonare i peccati ed è signore anche del Sabato. Egli agisce con sentimenti di misericordia (cf. 1,41), che guidano tutta la sua prassi di incontro e accoglienza dei peccatori e il suo insegnamento radicalmente nuovo rispetto a quello degli scribi. I discepoli, che accompagnano Gesù in tutti questi episodi, sono sullo sfondo. Essi camminano con lui, per poter entrare dentro il mistero della sua persona e della sua missione.

3.3. Mc 1,40-45

3.3.1. Cornice in 1,39 Gesù se ne è fuggito in gran segreto da Cafarnao per evitare un messianismo trionfalista, possibile deriva dei suoi miracoli di guarigione e per mostrare la volontà di obbedire ad un progetto aperto ad un’itineranza universale, frutto più dell’obbedienza ad una missione donatagli da Dio che di una ricerca di consenso nei villaggi della Galilea (cf. come emerge il punto di vista di Gesù al v. 38: “per questo sono venuto”). Il sommario al v. 39 assolve due funzioni. La prima è che esso serve a ricapitolare tutta l’attività ministeriale di Gesù attraverso le due azioni di annunciare e scacciare i demoni. Nel primo sommario infatti (1,14-15) si chiariva il contenuto dell’annuncio del Vangelo, come una globale esortazione alla conversione, per il compiersi del tempo e la presenza del Regno di Dio. Ora però, dopo la serie dei primi miracoli di esorcismo e guarigione compiuti da Gesù, questo annuncio del Vangelo non può che declinarsi entro la categoria della vittoria definitiva contro il male, simbolicamente rappresentata dall’attività esorcistica di Gesù. L’annuncio e la cacciata dei demoni sono quindi due polarità inseparabili del ministero di Gesù, perché se gli esorcismi confermano con i fatti l’autorità della parola annunciata, a sua volta l’annuncio del Vangelo mostra la qualità unica e del tutto particolare di questi esorcismi, che divengono il segno della presenza del Regno di Dio, per la fede degli interlocutori di Gesù.Si spiega così quel che è dichiarato in modo estremamente sintetica in 1,14-15: il contenuto del Vangelo è nient’altro che l’imperativo “credete al Vangelo”. L’essenza del messaggio evangelico è il suo compiersi nel cuore di chi ascolta, perché è giunto il “compimento del tempo”. Il lettore, seguendo i personaggi della storia narrata e la loro fede, sarà dunque condotto a fare anche lui l’esperienza di tale compimento. Si giunge qui a comprendere la seconda funzione del sommario al v. 39, ossia quella di introdurre un’episodio singolo, capace di esemplificare, dal punto di vista rivelativo, la portata dell’annuncio evangelico di Gesù, per il lettore.

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3.3.2. Composizione del racconto di guarigioneIl racconto di guarigione del lebbroso è suddivisibile in due parti, più un’introduzione e una conclusione.

-Introduzione: “elthen”: “venne da lui un lebbroso” (v.39a)-Conclusione: “exelthen”: “andandosene cominciò ad annunciare…” v. 45

- La prima parte è costituita dal dialogo tra il lebbroso e Gesù, con una supplica del lebbroso e una risposta di Gesù, costruite in parallelo. Infatti si corrispondono verbi indicanti gestualità (inginocchiato-stesa la mano lo toccò) e verbi indicanti parola (gli diceva-gli disse). Inoltre si corrispondono anche letteralmente le parole pronunciate: v. 41: se vuoi, puoi guarirmiv.42: lo voglio, sii guarito Ciò che fuoriesce da questo parallelismo è il sentimento di Gesù: “ebbe compassione”, che inaugura l’azione di Gesù e le sue parole dunque cattura l’attenzione del lettore. A conclusione di questa prima parte il narratore constata, con le medesime parole l’avvenuta guarigione del lebbroso (v.42).

- La seconda parte è caratterizzata da un’azione di Gesù (v.43) seguita da un comando (v.44), puntualmente disatteso nella conclusione (v.45). Anche in questa seconda parte l’azione è inaugurata da un verbo di “sentimento”, il cui soggetto è Gesù, che ci fa entrare nel punto di vista rappresentato dal protagonista (“adirato” v.43).

3.3.3. Breve commentoEd ecco allora che un lebbroso si avvicina a Gesù manifestandogli la sua fede nei suoi confronti: “basta che lo voglia e Gesù lo può guarire”. Di quest’uomo non sono forniti tanti dettagli biografici, ma solo l’informazione che è ammalato di lebbra e che manifesta un atteggiamento di fiducia incondizionata verso Gesù. Ciò si può comprendere dal fatto che la lebbra nell’AT è una malattia che esclude l’uomo da tutti i suoi legami sociali ed è assimilata alla morte (Nm 12,12), così che soltanto Dio può guarirla (2 Re 5,7). Attraverso due participi verbali (parakalòn kai lègon: supplicava e diceva, cf. 6,56;7,32;8,22) si esprime una richiesta ripetuta, che mostra in atto la fede dell’uomo nella possibilità di Gesù di guarirlo. Con un terzo participio (gonypetòn: inginocchiato, cf. Mc 10,17) -che tuttavia è assente in molti manoscritti- si evince il suo atteggiamento di radicale riverenza e dipendenza da Gesù, assimilato alla figura stessa di Dio.

Con una compassione che Gesù prova spesso nei confronti dei malati e delle folle (cf. 6,34; 8,2; 9,22) e che è segno dell’amore stesso di Dio per il suo popolo nell’AT, Gesù tende la mano e lo tocca, con un gesto che rievoca l’opera potente del braccio di Dio nell’AT (cfr. Es 6, 6; 7, 5).L’azione di guarigione è motivata dunque, secondo il narratore, dal sentimento di compassione di Gesù, che si caratterizza come il vero e proprio “motore” dell’azione e insieme una rivelazione dell’identità del protagonista. Infatti questo verbo che esprime compassione (splancnistheis v. 41) si trova come sostantivo anche nel libro della Sapienza per indicare la tenerezza del padre Abramo verso il figlio Isacco (cf. Sap 10,5) e in certo modo si ricollega alle viscere “paterne” di Gesù, il messia rivelatore del padre.

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Gesù poi tende la mano e tocca il lebbroso e in tal modo supera la legge, che vietava di toccare un lebbroso perché impuro (Lv 5, 3). Egli vince l’impurità non arginandola con il muro della legge, ma con la potenza di quell’amore compassionevole che lo spinge a infrangere il muro e toccare la pelle ammalata dell’uomo. In questo segno vi è già una rottura e quindi un compimento rispetto alla prassi legale di Israele. Il compimento della legge si rivela proprio nella deroga ad essa, rivelando all’opera un amore in grado non solo di segnalare il male, ma molto più di guarirlo. Da qui in poi una serie di miracoli ottenuti tramite la fede dei presenti e la misericordia di Gesù metteranno Gesù in contrapposizione con le autorità legali del tempo. Il racconto del lebbroso anticipa dunque tutto il successivo versante della sequenza (2,1-3,6). Le parole di Gesù ripetono quelle del lebbroso, indicando la volontà precisa di Gesù e al contempo esprimendo con un verbo in forma passiva: “sii purificato” un’azione che avviene certo per volontà di Gesù ma grazia ad una potenza nascosta e liberante. Infatti il verbo “sii purificato (kataristheti) è un aoristo passivo di katharizo senza complemento d’agente espresso. In casi come questo (cf. 7,34) il soggetto dell’azione, nel complemento sottinteso, è Dio stesso (passivo divino). L’azione di Gesù conferma lo sfondo veterotestamentario dell’Esodo, per cui Dio è dipinto come colui che agisce col braccio disteso (cf. Es 6,6): infatti nelle azioni e nelle parole di Gesù è presente l’azione stessa di Dio, che libera e guarisce l’uomo. Non a caso subito dopo il narratore constata l’efficacia del miracolo (v. 42), con il medesimo verbo alla voce passiva (fu guarito).

Che nello sfondo di questo racconto vi sia la questione della Legge di Israele, donata da Dio sul monte Sinai, al culmine dell’itinerario di liberazione e rivelazione da parte di JHWH nei confronti del suo popolo, lo conferma Gesù stesso, con un tono piuttosto severo. Gesù infatti sgrida il lebbroso, intimandogli di non dire niente a nessuno, per non fargli pubblicità impropria e di andare dai sacerdoti ad attestare la guarigione, secondo la legge di Mosè (Lv 14,3-30). Se la compassione di Gesù ha oltrepassato le barriere della legge, con un atto senza precedenti, allo stesso modo il lebbroso guarito rende nota una parola (o logos), annunciandola (kerysson). L’ex lebbroso infatti non rinuncia ad andare per tutti i luoghi ad annunciare e rendere noto il fatto. La potenza del Vangelo comincia a diffondersi, malgrado questa sia solo una fase iniziale e prolettica di un futuro annuncio, che seguirà la resurrezione di Gesù. L’ordine trasgredito è un’indicazione narrativa per il lettore, che deve qui vedere un anticipo di una gloria futura, che potrà comprendere alla luce della morte in croce di Gesù, dove si compie la rivelazione dell’intero racconto evangelico. Si tratta qui dell’anticipo di ciò che si troverà pienamente solo alla luce della croce, dove si esprime in pienezza la misericordia del Figlio di Dio per ogni uomo.L’ira di Gesù verso il lebbroso guarito e il gesto deciso con cui lo caccia via da sé sono indicazioni forti per il lettore, perché capisca che c’è ancora del cammino da fare dietro a Gesù, prima che si riveli totalmente la sua identità messianica e si comprenda il compimento/superamento della Legge in Lui e nella Sua misericordia. Intanto il discepolo e, con lui, il lettore, sa che la testimonianza del lebbroso guarito attraverso i “sacerdoti” è rivolta “a loro”, ossia agli ebrei che Gesù incontra nelle “loro” sinagoghe. È chiaro qui il punto di vista ideologico del narratore, che fa riferimento alle leggi di purità rituale, e alla pratica sinagogale, come a ciò che non riguarda più il suo lettore, chiamato a camminare dietro a Gesù fino al compimento della croce.

4. IL VANGELO DI MATTEOIl vangelo di Matteo si trova per primo nei codici antichi, perché era considerato il primo vangelo, nell’ipotesi Agostiniana, e perché era una specie di documento di fondazione della Chiesa. Esso

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infatti intende costruire la casa della Chiesa sulla roccia dell’insegnamento di Gesù (cfr. Mt 7, 24 – 29). Tale insegnamento si articola in cinque grandi discorsi e costituisce la motivazione principale della maggiore lunghezza di questo Vangelo rispetto a Marco. Il discorso della montagna, le otto beatitudini e il Padre Nostro sono tra i tesori più largamente conosciuti nella forma in cui si trovano in Matteo.

4. 1 INFORMAZIONI INTRODUTTIVE

4.1.1 AUTORELa prima testimonianza storica che troviamo su Matteo risale a Papia di Gerapoli, che nel 125ca scrisse: “Matteo ordinò in lingua ebraica i detti e li interpretò/tradusse come ne fu capace”. Con l’espressione “detti” (loghia) è probabile che Papia intendesse non solamente i discorsi di Gesù ma le “parole” di rivelazione, ossia parole e fatti riguardanti Gesù. Secondo Papia Matteo riordina del materiale riguardante Gesù scritto in ebraico/aramaico e crea la forma letteraria del suo “vangelo”. Inoltre Papia sostiene che questo vangelo era stato scritto da Matteo in ebraico/aramaico, ma noi lo possediamo oggi in greco. Forse noi possediamo una traduzione greca di un originale semitico che non ci è pervenuto dalla tradizione?Certamente ci fu un vangelo dei giudeocristiani scritto in aramaico e testimoniato da Girolamo (Vangelo dei Nazareni) ma non siamo affatto sicuri che esso sia l’originale di Matteo, perché i pochi passi che abbiamo, presenti in citazioni dei padri della Chiesa, sembrano essere interpolazioni o espansioni secondarie del Vangelo di Matteo. Inoltre il problema più grave è costituito dalla convinzione prevalente degli studiosi, che Matteo abbia attinto da Marco. Come è possibile che Matteo, un testimone oculare e membro dei dodici, usi come fonte Marco che è un vangelo scritto per i pagani da uno che non era testimone oculare? Inoltre avrebbe dovuto usare una fonte greca scrivendo in ebraico.Se si vuole salvare Papia, allora bisogna ipotizzare una prima opera scritta in ebraico da Matteo e una redazione finale in greco, diversa non solo per la lingua ma anche per la composizione perché influenzata profondamente da Marco. In ultima analisi chi ha scritto il Vangelo di Matteo in greco probabilmente non era l’apostolo Levi, ex pubblicano e discepolo di Gesù, ma si potè basare su documenti che potrebbero risalire alla testimonianza oculare di quest’ultimo, anche se ciò non è dimostrabile.Ma chi potrebbe essere quest’autore del Vangelo greco di Matteo? Era un giudeo–cristiano o un cristiano proveniente dal paganesimo? In questo Vangelo ci sono molti aspetti che riflettono uno sfondo giudaico: per esempio la genealogia di Gesù (Mt 1,1-17), il discorso della montagna con continui parallelismi con le antitesi della legge mosaica (Mt 5,17-48) e con l’affermazione iniziale riguardante l’osservanza globale della legge (5,18-19), il discepolo di Gesù descritto come uno scriba (13, 52) l’obbedienza a coloro che siedono sulla cattedra di Mosè (23,2-3). Inoltre l’evangelista cita molto spesso la Scrittura con citazioni di compimento che sottolineano una teologia profondamente radicata nell’Antico Testamento (Gesù come l’Emmanuele in 1,23; il figlio in 2,15; il servo sofferente in 8,17 e 12,18-21; il messia/ re di pace in 21,5.) La sintesi di questi elementi di natura letteraria, storica e teologica conducono ad ipotizzare un autore giudeo – cristiano.

4.1.2 LETTORE IMPLICITO5

Alcuni scrittori antichi situavano la composizione del vangelo di Matteo in Palestina, forse anche basandosi su alcune immagini fortemente evocative delle abitudini e della cultura del giudaismo palestinese (cfr. 23, 5 sulla descrizione dettagliata del comportamento dei farisei). Oggi gli studiosi sono abbastanza concordi nel ritenere che questo vangelo sia stato scritto in Siria e, specificamente

5 Per approfondire le seguenti affermazioni si veda R. BROWN, Introduzione al Nuovo Testamento, (Brescia 2006) 304 – 308. An Introduction to the new Testament (Doubleday, New York 1997).

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ad Antiochia di Siria. Ad esempio in 4,24 l’evangelista corregge la fonte marciana aggiungendo l’indicazione sulla Siria a riguardo della diffusione della fama di Gesù e dei suoi miracoli. Ma la prova più importante riguarda l’oscillazione tra una notevole conformità al pensiero del giudaismo e un altrettanto notevole libertà nell’interpretarlo. Ritornando, in via di esempio a 5,17-48 si deve prestare attenzione all’ordine di osservare “integralmente” la legge (vv. 17-20), cui fanno seguito le antitesi, che mostrano una libertà senza precedenti nei confronti della legge stessa. L’autore sembra avere in mente un lettore che conosce la legge giudaica e la osserva ma che al contempo è in grado di re-interpretarla in modo radicale. Inoltre in 28,15 si parla dei “giudei” come se fossero stranieri e anche le sinagoghe della giudea sono considerate esterne alla comunità (cfr. 10,17; 23,34). Quella che ha in mente l’evangelista è una comunità che ha compiuto un lungo percorso a partire da una radice originariamente giudaica e che ora può guardare al giudaismo farisaico e nazionalistico come una realtà esterna a se. La comunità di Antiochia di Siria, originariamente giudeo-cristiana e poi diventata sempre più gentile nella sua composizione, sembrerebbe rispondere bene a questa descrizione (cfr. At 8,1; 11,19–20; 13,1). Essa fu il teatro della prima evangelizzazione dei pagani, da parte di anonimi giudeo – cristiani provenienti da Gerusalemme dopo la persecuzione scoppiata l’indomani del martirio di Stefano. Essa fu la base delle missioni paoline e il laboratorio in cui si sviluppò una complessa riformulazione dell’identità della Chiesa nel rapporto tra cristiani provenienti dal giudaismo e cristiani provenienti dal paganesimo. Ad Antiochia Pietro e Paolo ebbero tensioni dovute alla questione della comunione di mensa (Gal 2,11-14) e Pietro rimase, nella sua posizione moderata, il punto di riferimento unitario, almeno fino agli anni 60. Il ruolo preminente di Pietro nel vangelo di Matteo (14,28-31; 16,17-19; 17,24-27) sembra collimare con questa funzione di garante della comunione che egli ha avuto ad Antiochia. Dopo la morte di Pietro e la diaspora del ’70 è probabile che gli etnico – cristiani abbiamo gradualmente preso la leadership della comunità e ciò può ulteriormente spiegare alcune affermazioni che considerano il giudaismo sinagogale come una realtà ormai esterna (cfr. 10,17; 23,34).Infine ancora Antiochia era una grande città greca e nel vangelo di Matteo c’è un continuo richiamo all’ambiente urbano, con ben 26 ricorrenze del termine “città”, contro le quattro di “villaggio”. Sembra che il Vangelo di Matteo sia stato fruito da una Chiesa presente in un’importante città pagana, come Antiochia. A sua volta l’importanza della città e della Chiesa nel cristianesimo primitivo può motivare la diffusione universale di questo Vangelo fin dal secondo secolo d.C..

4.1.3 DATAZIONE Il Vangelo di Matteo, citato da Ignazio Vescovo di Antiochia (110ca), deve essere scritto prima di questa data. Esso inoltre sembra conoscere la distruzione del tempio ad opera di Tito (cfr. 22,7) e dunque la sua redazione deve essere posteriore al 70 d.C. Plausibilmente è stato scritto nel periodo 80 – 90 d.C..

4.1.4 COMPOSIZIONE NARRATIVAPrologo: 1-4,22 Il prologo del vangelo si trova nei capitoli 1-4,22, dove si narra la nascita di Gesù a Betlemme e la predicazione e il battesimo del Battista fino ad arrivare alla prima predicazione di Gesù in Galilea e alla chiamata dei primi discepoli. Da Betlemme alla Galilea delle genti: questo è il percorso della salvezza che viene qui anticipato e che caratterizzerà l’itinerario dell’intero vangelo, che si conclude con l’invio dei discepoli da parte di Gesù a tutte le genti (28,19).II Sezione: 4,23-11,28In 4,23-9,35 Gesù insegna (cc. 5-7: discorso della montagna) e guarisce ( 8-9,35). Poi vedendo le folle invia i discepoli che aveva precedentemente chiamati (9,36-10,4) e li istruisce con un lungo discorso sulla missione (10,5-42). Al capitolo 11 il confronto con Giovanni il Battista introduce il tema del compimento delle promesse messianiche e del giudizio nei confronti dell’Israele che non

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ha compreso Gesù (vv. 16-24) in contrapposizione ai piccoli, identificati con i discepoli di Gesù (vv. 25-30). Si introduce qui il tema del conflitto coi capi, che viene portato avanti nella sezione seguente.

III Sezione 12,1-16,20 Il conflitto con i farisei viene a manifestarsi in tutta la sua forza, così da mostrare la qualità messianica della missione di Gesù come servo sofferente di Isaia (12,15-21). Gesù parla in parabole alle folle e le spiega ai discepoli (cfr. 13,36). Egli infatti si ritira con i suoi discepoli dallo scontro con i farisei (cfr. 14,13; 15,21) e punta a costituire la comunità dei suoi discepoli intorno a sé (cfr. 16,13-28). IV Sezione 16, 21 – 20, 34 Da questo punto in poi l’evangelista trae le conseguenze per la sequela di un simile messia e incomincia a disegnare il volto di una Chiesa secondo la volontà di Cristo attraverso un ampio discorso (c. 18). Infatti gli annunci della passione martellano questa ampia sequenza (cfr. 16,21 ; 17, 22-23; 20,17-19), scatenano reazioni opposte dei discepoli (cfr. 16,22-23; 18,1-4; 20,20-23). Tutto lo sviluppo narrativo che intreccia discorsi ed eventi di cui Gesù è protagonista sembra obbedire ad una pedagogia paziente di Gesù che invita i discepoli a comprendere il mistero della sua persona con gli annunci della passione e conseguentemente traccia l’identikit della comunità ideale. V Sezione 21 – 25 Con l’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme continua e s’inasprisce lo scontro di Gesù con i capi giudaici (21-22) per concludersi con un’ampia e terribile reprimenda di Gesù nei loro confronti (23), che fornisce lo sfondo teologico del rigetto definitivo di Gesù da parte dei capi di Israele. Infine l’ultimo discorso di Gesù al monte degli Ulivi presenta un carattere di congedo di Gesù dai suoi ed è rivolto solo ai discepoli (24-25).VI Sezione 26-28. È il racconto della passione, morte e resurrezione di Gesù, che termina con l’invio dei discepoli nella Galilea a fare discepole tutte le genti (28, 19).

Si può notare come in questa composizione abbiano uno sviluppo del tutto particolare i cinque grandi discorsi di Gesù. Si tratta del discorso della montagna (5 – 7), del discorso missionario ai discepoli (10, 5 – 42), delle parabole del Regno (13), del discorso sulla vita della Chiesa (18), e del discorso escatologico (24-25). Questi discorsi si distinguono da tutti gli altri presenti nel vangelo (cfr. 11,7 -25; 12,25-37.39-45; 21,28-22,14; 23,2-39) perché si presentano come delle parentesi all’interno dello sviluppo narrativo del Vangelo, a differenza degli altri che invece contribuiscono a portare avanti la trama di risoluzione degli eventi e perchè sono rivolti direttamente al lettore attraverso i discepoli (cfr. 10,1; 13,36; 18,1; 24,3). Si tratta dunque di finestre che costituiscono allocuzioni dirette ai lettori.6 Perché i grandi discorsi sono proprio cinque? Probabilmente si deve pensare al Pentateuco, la storia biblica che fa da fondamento ai profeti e alla sapienza. Ad essa Matteo si richiama anche all’inizio del suo Vangelo (1,1), nelle allusioni alla storia di Mosè (c.2) o nella nuova Torà di Gesù sulla montagna (cfr. 7,28). All’interno della storia dei discepoli con Gesù vengono inserite istruzioni valide per il presente della comunità cristiana, esattamente come i diversi codici legali (codice dell’Alleanza, codice sacerdotale e codice Deuteronomistico) del Pentateuco sono strettamente legati all’evento salvifico fondamentale per Israele. Tutto il Vangelo di Matteo si concentra sulle vicende e parole di Gesù, il protagonista assoluto del Vangelo e forniscono al lettore il punto di vista ultimo con cui giudicare gli altri personaggi, i discepoli e gli avversari. I discepoli hanno una caratterizzazione più positiva in Matteo che non in Marco e pongono domande a cui Gesù risponde. Tuttavia un certo scarto tra il comportamento reale dei discepoli e il punto di vista di Gesù induce il lettore a comprendere il “discepolato” come un’opera mai definitivamente compiuta. Il narratore intende portare il lettore all’interno della storia

6 U. LUZ Matteo I (Brescia 2006), 56 tit. or. Das Evanglium nach Mattaeus (Neukirchen- Vluyn 2002).14

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di Gesù signore e maestro, Emmanuele, che porta Dio in mezzo a loro (cfr. 1,23; 28,20), un Dio affidabile in cui pagani ed ebrei possono legittimamente sperare, riuniti insieme nella Chiesa missionaria dei piccoli (cfr. 11,25).

4. 2 INTRODUZIONE ALL’ANALISI RETORICAAnalizzando la composizione dei testi si può notare che il discorso si articola in vari livelli. Nella poesia ad esempio, si distingue tra verso e strofa. Ogni verso è composto da due o tre stichi (distico/tristico), ogni strofa può essere composta da più versi. Ogni membro (stico) nella poesia biblica può essere posto in parallelismo sinonimico o antitetico a seconda del significato . Ad esempio il Sal 118, 2 – 4 è una strofa composta da tra distici posti in parallelismo sinonimico.Sal 118, 2 – 42 Dica Israele:»Il suo amore è per sempre».3 Dica la casa di Aronne:»Il suo amore è per sempre».4 Dicano quelli che temono il Signore:»Il suo amore è per sempre».

Nella prosa una classificazione di questo tipo è più recente. L’Analisi Retorica Biblica e Semitica7 opera una complessa elaborazione di un sistema di più livelli, raggruppabili in due insiemi. Il primo livello è inferiore (unità di citazione):

- Il membro è formato da uno o più termini (cfr. Sal 112 dove ogni lettera è un membro).- Il segmento è formato da uno, da due o da tre membri (cfr. Lc 6, 29 – 30 con due segmenti

bimembri).- Il brano è formato da uno, da due o da tre segmenti (cfr. Lam 3, 7 – 9, l’unità è assicurata

dalla simmetria dei segmenti estremi, che parlano entrambi di chiusure).- la parte è formata da uno, da due o da tre brani.

Il secondo livello è superiore (unità di recitazione):- il passo è formato da una o più parti.(cfr. Mt 5, 1 – 13)- la sequenza è formata da uno o più passi. (cfr. Mt 5, 1 – 7, 29)- La sezione è formata da una o più sequenze. (cfr. Mt 1 – 4)- Il libro è formato da una o più sezioni.

L’analisi retorica biblica e semitica ha sviluppato anche la trattazione riguardante le figure di composizione che ciascun livello forma, attraverso le simmetrie.

SIMMETRIE PARZIALITERMINI INIZIALIA

7 Cfr. R. MEYNET Trattato di retorica biblica (Bologna 2008). Traité de rhétorique biblique, (RhSem 4; Paris 2007). Per ulteriori informazioni si veda: www.retoricabiblicaesemitica.org

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A’

TERMINI FINALI

C

C’

TERMINI MEDI

C

C’

TERMINI CENTRALI

B

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B’

TERMINI ESTREMI

A

A’

SIMMETRIE TOTALIParallela: abc a’b’c’ (cfr. Lc 11, 31 – 32)Speculare: abcc’b’a’Concentrica: abcdc’b’a’

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4.3. IL DICORSO MISSIONARIO (9,35-11,1)

5Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

16Ecco: io vi invio come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.

17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti A CAUSA DEL MIO NOME. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

23Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un'altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo.

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24Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua casa!

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26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. 35Sono infatti venuto a separare l'uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; 36e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita PER CAUSA MIA, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

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4.3.1. IntroduzioneIn questo discorso di Gesù si parla appena della missione dei Dodici (10,5) che riaffiora solo alla fine nei vv. 10,40-42 e non vi è un ritorno dei Dodici da Gesù, come in Marco e in Luca. La scena è infatti dominata dalla missione di Gesù all’inizio in 9,35 e nella conclusione in 11,1. Il discorso che viene costruito, come vedremo, proietta la missione dei discepoli su uno sfondo molto più ampio, quello di tutti i discepoli che nella comunità cristiana sono chiamati a vivere la testimonianza di Gesù con fedeltà e perseveranza.

4.3.2. Cornice A-A’ 9, 35-10,4 e 11, 1A: 35Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».A’: Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

CommentoQuesto piccolo brano di cornice ha una prima parte in cui si dà notizia dell’attività di Gesù (v. 35) e una seconda parte in cui si descrive la sua reazione emotiva nei confronti della gente da cui scaturisce una sentenza rivolta ai discepoli (vv.36-38). L’attività di Gesù è descritta secondo la tipica tripartizione matteana, che troviamo anche in 4,23: insegnamento, predicazione, guarigioni. Gesù è infatti il messia della parola, il rabbì che compie la legge di Mosè (cf. cc. 5-7) con il suo insegnamento (cf. 11,1) , ma anche il messia dell’azione e dei miracoli, il cui annuncio del Regno si concretizza in segni di liberazione e vittoria contro il male (cf. c. 8-9). Alla totalità delle città e villaggi corrisponde la totalità dei mali e delle infermità guarite da Gesù: l’universalità del ministero di Gesù non implica solo la tensione a giungere a tutti i destinatari, ma anche a sradicare il male in ogni sua forma. Da dove scaturisce l’attività missionaria di Gesù? Dalla sua consapevolezza che il popolo è come “un gregge senza pastore”. Vi è qui un riferimento all’AT, in particolare a Nm 27,17, in cui Mosè chiede a Dio che dopo la sua morte vi sia un pastore che li preceda nell’uscire e nel tornare. Ma possiamo vedervi anche un discreto riferimento alla tradizione profetica di Ez 34,5 in cui la storia di Israele viene globalmente riassunta come una diserzione dei capi religiosi e un abbandono del popolo a se stesso. La lettura della Scrittura da parte di Gesù diviene simultaneamente una lettura del popolo e della sua situazione spirituale, accompagnata da un profondo sentimento di misericordia. Il discepolo, con la sua preghiera, potrà sintonizzarsi con questi sentimenti del Signore, e unirsi alla missione della mietitura, immagine con cui si evoca il tempo finale della conversione delle genti al Vangelo (cf. 3,12; Mt13,30.39).

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4.3.3. Passo B: 10,1-23 (sottopasso 1-15 + sottopasso 16-23)1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

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5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.

12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

16Ecco: io vi invio come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.

17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re PER CAUSA MIA, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti A CAUSA DEL MIO NOME. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

23Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un'altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo.

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4.3.4. B’: 10, 26-4226Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. 35Sono infatti venuto a separare l'uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; 36e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita PER CAUSA MIA, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

1Chiamati a sé i suoi dodici DISCEPOLI, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni

26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla

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Seconda parte delle dispense del Corso sinottici 2012 – 2013 - prof. d. Davide Arcangeli.

malattia e ogni infermità.2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.

12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

16Ecco: io vi invio come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re PER CAUSA MIA, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti A CAUSA DEL MIO NOME. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.23Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un'altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo.

vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. 35Sono infatti venuto a separare l'uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; 36e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita PER CAUSA MIA, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un DISCEPOLO, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

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CommentoI dodici sono discepoli e il loro invio comporta un potere che sconfigge il male, a partire dall’accoglienza che le persone faranno loro (v.10,1). Infatti in questa logica dell’invio, il potere appartiene a colui che invia, che si rende presente in coloro che ha inviato. Come il Padre ha inviato Gesù, così Gesù invia i dodici discepoli e questo fa si che chi accoglie i dodici come discepoli (v. 40-42) accoglie il Figlio e, in ultima analisi, accoglie anche il Padre.La povertà dei dodici discepoli (vv.7-10) è funzionale all’accoglienza che essi dovranno ricevere da parte della gente a cui sono inviati (vv.11-15 e 40-42). La loro mancanza di autonomia sarà infatti funzionale a trovare città e case nelle quali essere accolti e così portare la presenza del Figlio e del Padre. Essi fanno dono del Vangelo in uno stile di gratuità, che procede che essi stessi hanno ricevuto gratuitamente (v.8) e che, quando suscita una risposta di accoglienza, porta a compimento il Vangelo stesso, che è annuncio e insieme anche ricompensa a cui l’operaio ha diritto (v.10). L’annuncio di pace che il discepolo porta diviene efficace per mezzo dell’accoglienza del destinatario, nella sua casa. Emerge qui con forza il termine casa. Si tratta della casa d’Israele (v.5) alle cui pecore perdute Gesù è inviato, delle case alle quali i discepoli sono inviati (vv.12-15) ma anche della casa in cui avvengono divisioni, a causa dell’annuncio evangelico (v.34-39). Così come Gesù, inviato alla casa d’Israele, ha prodotto una divisione all’interno del popolo, una parte del quale lo ha rifiutato (solo dopo questo rifiuto il risorto invierà i suoi discepoli a tutti i popoli pagani), allo stesso modo anche i discepoli andando nelle case porterannno divisioni tra alcuni che accolgono e altri che non accolgono e purtroppo all’interno della stessa famiglia si produrranno contrasti. Ciò che appartiene alle relazioni parentali, non può essere definitivo, ma è in funzione di un’appartenenza più radicale, una familiarità più definitiva che Gesù è venuto a portare e instaurare. In nome di quest’appartenenza il discepolo è in grado di sopportare le persecuzioni. Infatti solo a causa del nome di Gesù (vv.17.21.39) si può vincere l’odio dei propri genitori o dei propri figli e insieme si può trovare la vita vera e la si può salvare. Non la vita carnale si chi si sottomette alle logiche familistiche, ma la vita nello Spirito di chi ha la libertà di seguire la sua più vera appartenenza, quella a Cristo e al Padre. Anche chi viene consegnato a re e governatori non si deve preoccupare di cosa dire, perché lo Spirito gli susciterà cosa deve dire (v.17). Lo Spirito manifesta nell’ora della prova la concreta presenza del Padre nella vita del discepolo, un Padre che ha nelle mani tutto e al quale non sfuggirà nemmeno un capello del capo (v. 29). Attraverso questa consegna ai re e governatori la testimonianza dei discepoli oltrepasserà i confini della missione storica di Gesù, per giungere fino ai re e ai pagani (v. 18). Il rifiuto e l’ostilità dei Giudei paradossalmente dilatano la missione dei discepoli fino ai confini del mondo, rappresentati dai pagani. eppure tutto avverrà anche all’interno di Israele. I discepoli infatti non termineranno di attraversare tutte le città di Israele finchè arriverà il figlio dell’uomo, che, come giudice escatologico, porterà in modo definitivo il Regno di Dio (v.23). L’instaurazione del Regno universale di Dio avverrà infatti attraverso la restaurazione delle dodici tribù di Israele, nella persona dei Dodici discepoli del Messia, figlio dell’uomo. Egli ha edificato la casa sulla roccia, che non può cadere e che è definitiva.

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Seconda parte delle dispense del Corso sinottici 2012 – 2013 - prof. d. Davide Arcangeli.

4.3.5. Centro C: 24Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua casa!

CommentoAl cuore di tutto il discorso si trova questo mashal (proverbio) di Gesù, che mostra la chiave per comprendere adeguatamente la missione a cui Gesù invia il discepolo. In gioco è l’appartenenza del discepolo al suo maestro, in una relazione di familiarità che supera quella carnale. Ormai Gesù ha costituito il seme del Regno di Dio, la comunità messianica fondata sui Dodici, che deve rendere attuale e portare agli estremi confini la missione stessa di Gesù. Questa comunità messianica si caratterizza per un’intensità e intimità di rapporti assai più definitiva di quella carnale. Essa infatti è determinata dalla presenza dei discepoli nella stessa casa. La casa diviene l’ambito e il luogo dell’evangelizzazione, della formazione di una comunità attraverso l’invio e l’accoglienza, attraverso il generarsi di relazioni di misericordia e amore, e su uno stile di gratuità. Tutto questo perché Gesù ha inteso e voluto fondare una comunità missionaria, in modo tale che attraverso il suo invio dei discepoli permanessero e si diffondessero quelle stesse relazioni d’amore che hanno costituito la comunità dei discepoli attorno a Gesù. Questo significa che il discepolo deve seguire lo stesso stile di povertà, semplicità, astuzia ma anche capacità di affidarsi al padre nella prova, che caratterizza il maestro. Se il maestro ha subito la persecuzione dei suoi contemporanei, che si sono spinti perfino a nominarlo principe dei demoni, Beelzebul, perché scacciava i demoni (cf. 12,24), allora anche i discepoli si devono aspettare una simile persecuzione! E questo darà loro l’occasione di assomigliare sempre più al loro maestro.

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