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Gli alunni delle classi III D, III A, III C e III B della Scuola Elementare “G. Leopardi” di Licata presentano …e le stelle andarono in cielo… 1

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Gli alunni delle classi III D, III A, III C e III B della Scuola Elementare

“G. Leopardi” di Licata

presentano

…e le stelle andarono in cielo…

Anno scolastico 2011/2012

Progetto di Scrittura Creativa coordinato dagli insegnanti di classeImpaginazione e realizzazione grafica dell’ins. Giuseppe Mistretta

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Dirigente scolastico: Dott. Maurizio Buccoleri

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Copyright Giuseppe Mistretta 2012Pubblicato da Lulu Press

ISBN: 978-1-4716-8429-6

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Prefazione

Leggendo i racconti che seguono, è emerso nella mia mente un ricordo legato agli studi scolastici: Giovanni Pascoli e, in particolare, la poetica del fanciullino. Il fanciullo piange o ride senza un perché, o per meglio dire, per ragioni che sfuggono alla razionalità dell’adulto, guarda il mondo con stupore e meraviglia e si lascia trasportare dall’intuito, crea relazioni ingegnose tra gli oggetti ed anche tra gli esseri viventi, utilizza la propria immaginazione e i propri ricordi per creare simboli sconosciuti. Secondo Pascoli, il poeta, pur mantenendo una razionalità di fondo, possiede una sensibilità speciale che gli consente di osservare gli oggetti più comuni caricandoli di significati nuovi e misteriosi, percepisce l’essenza delle cose e riesce a coniugare quel talento tipico della fanciullezza, ossia il “saper vedere”, con quello della grande età, ossia il “saper dire”.La lettura dei racconti di questa raccolta riesce, a mio parere, a trasformare ogni individuo adulto in un poeta, proprio perché induce a guardare con occhi diversi il mondo e la realtà. Un altro aspetto affascinante è l’originalità dei contenuti che, in qualche caso, sembrerebbe subire una lontana influenza di una fiaba conosciuta, invece stupisce sempre lo sviluppo della trama e l’epilogo finale.Senza conoscere il contenuto, ho provato, inizialmente, a leggere solo il titolo di alcuni racconti, come “Cappuccetto Giallo”, “Quando la triglia divenne rossa”, “Il Pino vanitoso e gli alberi invidiosi”, “Occhio di Lince, il Pellerossa dagli occhi potenti”. Il risultato è stato stupefacente, al punto di consigliare a tutti coloro che possiederanno questo delizioso libricino di fare altrettanto. Non rivelerò il risultato del mio approccio, perché potrebbe condizionare quel fanciullino che vive in ognuno di noi, ma posso rivelare la fase successiva: ho letto tutti i racconti, ne è valsa la pena, e li rileggerò ancora, magari

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in compagnia di un bambino desideroso di ascoltare racconti fantastici.

Maurizio BuccoleriDirigente scolastico

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C'era una volta......

C'era una volta una bella principessa siciliana di nome Alessandra, che viveva in una graziosa casetta in mezzo al bosco, proprio sotto le pendici dell'Etna. La sua villa sembrava molto piccola, ma, da una botola si poteva andare sottoterra, dove erano custoditi tutti i libri stampati nel mondo.Un giorno un mago passò da

lì e chiese ad Alessandra, giovane principessina, di ospitarlo per qualche giorno. La giovane accettò di cuore e gli fece visitare la villetta e la grandissima libreria sotterranea. Il mago si stupì della bellezza di quel luogo e, per ricompensa, le regalò un grande libro dorato. Poi disse ad Alessandra: - Questo è il libro più prezioso del mondo. Mi è stato regalato da un dio che ama la lettura e la scrittura. Ci sono scritti tutti i nomi dei libri che sono stati pubblicati. I libri che saranno pubblicati in futuro si scrivono automaticamente sul libro. Devi stare attenta, però, se qualche mago malvagio riuscirà a rubartelo, tutti i libri del mondo scompariranno e gli uomini torneranno ignoranti. La ragazza ringraziò del dono il mago, ma era preoccupata di questo incarico. Nascose il libro in una cassaforte della biblioteca sotterranea. Non si era accorta, però, che un topolino l'aveva seguita e aveva visto, dove aveva nascosto il libro. Quando Alessandra andò sopra, nella sua villetta, il topolino si trasformò e diventò un omone, anzi uno stregone con la coda di dinosauro. Il suo nome era Ignorantik e veniva da un mondo dove nessuno conosceva la scrittura. Il suo compito era proprio quello di distruggere tutti i libri del mondo. Mentre stava cercando di aprire la cassaforte,

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però, Ignorantik fu colpito proprio alla testa da un grosso volume di un'enciclopedia. Glielo aveva lanciato contro Alessandra, che era scesa in biblioteca per prendere il suo libro preferito: la storia di Cenerentola. Poi chiamò il mago che le aveva regalato il libro magico che arrivò in un attimo. Il mago prese Ignorantik e lo spedì nel suo pianeta. I libri del mondo erano salvi. Con essi anche l'umanità era salva.

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Come i pesci divennero muti

Cari amici, dovete sapere che tanti ma tanti secoli fa i pesci parlavano. Non so in quale lingua, ma parlavano, ma proprio tanto: erano dei gran chiacchieroni e non stavano mai zitti. Cantavano sempre in coro e facevano tanti schiamazzi. Fino gli déi si sentivano

disturbati dal loro parlottio. Il dio delle acque allora disse loro:- Se non la finite di parlare tanto e di disturbare tutti gli dèi, vi faccio diventare muti. I pesci, però, nemmeno gli diedero retta e continuare a parlare come prima e più di prima. Il dio delle acque tolse loro la parola e, finalmente, se ne andò a letto, a dormire tranquillamente. I pesci da allora non parlarono più. Ci provano, ma senza successo.

Quando gli uomini conobbero l'arcobaleno

Tanto tempo fa, ma proprio tanto, gli uomini non conoscevano l'arcobaleno. Era ancora per loro un fenomeno sconosciuto. Dovete sapere che gli uomini non conoscevano neanche tutti i colori. Un bel giorno, però, uno stregone andò sulla cima di una montagna a cercare delle erbe curative che gli servivano per curare gli abitanti

del suo villaggio, quello del popolo dei Migos.Tutto a un tratto vide sette strisce colorate che univano le cime di due montagne. Erano delle goccioline colorate che

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brillavano al sole. Abbagliato da quel meraviglioso spettacolo, lo stregone le afferrò e le portò con sé al villaggio. Chiamo tutti gli uomini e le donne e disse loro: - Guardate che meraviglia vi ho portato!Poi lanciò le strisce colorate che saettarono verso il cielo. Fu così che gli uomini conobbero l'arcobaleno.

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La pesciolina Alice

C'era una volta, ma proprio tanto tempo fa, una “pesciolina” molto chiacchierona di nome Alice. Abitava in fondo al mare, con tutta la sua bella famiglia. Era famosa tra tutti i pesci per la sua voce brillante e per il suo continuo chiacchierare: non la smetteva mai.Un giorno la “pesciolina” Alice andò a scuola e si mise a chiacchierare con i suoi

compagni. In classe c'era ormai tanta confusione, così il loro maestro, detto Mago Merlino, giacché era bravo a fare incantesimi, si stancò di tutta quella confusione. fece una magia e, all'improvviso, tutti i pesci divennero.Da allora, Alice e i suoi compagni furono molto attenti alle lezioni del maestro: stavano proprio zitti! L'incantesimo non poté più essere spezzato perché il loro maestro fu pescato e chissà in che modo cucinato. Da allora i pesci non parlano più!

Quando la luna scelse la notte

Tanto tempo fa la luna stava in cielo di giorno in compagnia del sole. Erano, infatti, fratello e sorella. Un bel giorno, però, successe che la luna si vantò con suo fratello, dicendogli: - Io sono la più bella e la più luminosa! Guarda quante poesie la gente mi dedica!Il sole allora le rispose: - Sorella Luna, non t'illudere, perché sono io

a farti brillare con i miei raggi, te lo garantisco!

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A queste parole la Luna si arrabbiò moltissimo e andò via lontano dal fratello. Da allora la luna scelse di apparire soltanto di notte.

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Il gufo solitario

Molto tempo fa, ma proprio tanto, viveva un corvo di nome Giovanni, che un giorno decise di aprire un negozio per uccelli. Avrebbe venduto penne colorate da lui. Furono molti i clienti e tutti erano soddisfatti della sua attività, tranne un gufo maligno, che, per invidia, disprezzava il suo lavoro.Tutti gli animali vantava delle penne bellissime, ma il gufo, che era stato allontanato da tutto per la sua invidia,

decise allora di colpire il povero corvo, che gli aveva detto: - Le tue penne non sono belle, poi sei invidioso e tutti non ti parlano più.Il gufo allora decise di vendicarsi. Fece una trappola al corvo: lo invitò a casa sua per cena, ma appena il corvo Giovanni arrivò, lui tese una corda e il corvo cadde a terra. Sbatté forte la testa e morì.Tutti disprezzarono il gufo, che da allora vola solo di notte per non farsi vedere dagli altri uccelli.

Perché il sole è giallo

Tanto tempo fa, ma proprio tanto tempo fa, all'inizio dei tempi, il sole era nero. Com'è possibile voi direte? Dovete sapere che in quei tempi c'era una fata cattiva. La chiamavano Fata Nerina. Tutto quel che toccava, diventava nero. Anche il sole, che prima era rosso fuoco, divenne nero a un suo sguardo.

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Un giorno, però, dalla schiuma del mare nacque la Fata della Felicità. Tutti gli uomini, quando la vedevano, diventavano felici. Così chiesero alla fata di mandare via la Fata Nerina e di far sparire il buio. La Fata della Felicità, con la sua bacchetta magica, tutta dorata, mandò i suoi incantesimi verso il sole, che, all'improvviso, divenne giallo, proprio come l'oro. Così nacque la luce e tutti gli uomini furono finalmente felici. Nerina sparì per sempre.

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Il sole che non brillava più

Tanto tempo fa il sole, a un tratto, smise di brillare. Tutti erano infelici e preoccupati perché non c'era più luce e il buio faceva paura. Per fortuna una fata disse a tutta la gente: - Non vi preoccupate. Adesso provvedo io!La fata allora disse: Sole, sole, di

colore giallo tu sarai e queste belle città illuminerai.Il sole diventò così più giallo e splendente che prima e brillò sempre di più. Da quel giorno tutti ringraziarono la fata per l'incantesimo che aveva fatto.

Cara Irma, ti racconto una fiaba

Carissima Irma, ti voglio raccontare una fiaba che ho sognato l'altra notte. Spero che ti piacerà come l'ho scritta. Ecco la fiaba sognata.C'era una volta Alice, una giovane e bella principessa, ma molto povera. Abitava in una casetta in mezzo alla campagna. Dopo un po' di tempo, passò da lì un

giovane principe di nome Filippo. I due s’innamorarono e si sposarono, andando a vivere nel castello del principe.Lì vicino, però, abitava una strega cattiva di nome Tenebra, che appena vide la giovane principessa, s'ingelosì a causa della sua bellezza. Così un giorno la strega andò al castello e gettò per terra una magica pozione trasparente. Alice camminò sopra questa pozione e, immediatamente, si bloccò come una statua. Tenebra la catturò e la portò lontana dal castello, in una grotta buia.Alice, per fortuna, aveva un cane magico di nome Filù, che, non vedendo la sua padroncina, seguì il suo odore e arrivò sino alla grotta. Il cane, con grande abilità, riuscì ad

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aprire la gabbia, dov'era rinchiusa la principessa, che, così, poté fuggire e ritornare al castello.Quando la strega tornò nel suo antro, non trovò Alice, ma il cane Filù, che la morse, facendola cadere in una buca che aveva scavato. Da lì la strega non poté più uscire. Alice e Filippo vissero per sempre felici e contenti.Ti è piaciuta questa fiaba? Spero di sì.

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….e le stelle andarono in cielo

Anticamente le stelle vivevano sulla terra, rinchiuse in un grande recinto. Di notte il cielo era buio e non brillava come adesso. Solo la luna mandava un po' di luce sulla terra. Le stelle si sentivano soffocare a vivere prigioniere in quel posto, schiave di un brutto stregone. Esse sentivano il bisogno di volare

lontano, su nel cielo. Per fortuna due bambini scoprirono il loro recinto e le fecero fuggire, mandandole nel cielo. Da allora il cielo brilla in modo incantevole.

La Luna…il Sole…e le stelle

Tanto ma tanto tempo fa il cielo, di notte, era vuoto e buio: era davvero triste. Un giorno, però, la Luna, dea della notte, disse al Sole, dio del giorno: - Che ne dici di andare in un orfanotrofio a cercare quei figli che ci mancano? - Certamente, con piacere - rispose il Sole.

Così andarono in una galassia, la Via Lattea per precisione, dove c'era un istituto molto particolare. Lì ci

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abitavano alcuni piccoli esseri senza genitori. Il Sole e la Luna li adottarono e li chiamarono Stelle.Da allora il Cielo ogni notte brilla intensamente, proprio perché è pieno di stelle.

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Le stelle e gli gnomi alieni

C'era una volta la terra, un pianeta, dove gli abitanti non avevano mai visto la notte illuminate dalle stelle, perché queste, anche se erano state create da secoli e secoli, se ne stavano serene e tranquillamente a dormire nella loro bella casetta che stava nascosto dietro la luna. Per questo motivo nessuno la vedeva. Nel cielo la luna se ne stava sempre sola in attesa di qualcuno che le facesse compagnia. In cuor suo sperava che qualcuno svegliasse quelle pigre sorelle dormiglione. Un bel giorno, da qualche pianeta lontano, arrivarono, nei pressi della luna, alcuni gnomi alieni. Erano piccoli come quelli della Terra, ma avevano le orecchie più lunghe e appuntiti, la barba gialla e nera, gli occhi verdeggiante e luminosi. La luna si lamentò con loro: - Cari amici gnomi, sono sempre sola, qui in cielo, mentre le stelle se ne stanno dormendo, senza pensare che gli uomini hanno bisogno di vedere, anche nella notte, il cielo più luminoso. Uno degli gnomi rispose: - Non preoccuparti, cara Luna, ci penseremo noi a risvegliarle. Nelle altre galassie, le stelle fanno il loro dovere, anche queste qui dovranno svolgere il

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loro lavoro. Così, tutti gli gnomi alieni cominciarono a bussare a più non posso alla porta delle stelle, finché queste si svegliarono di soprassalto e uscirono. Adesso anche il cielo era brillante, luminoso e, ovviamente, stellato.Gli abitanti della Terra adesso erano davvero tutti felici.

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La vecchietta nella bottiglia di vetro

C’era una volta una vecchietta, di nome Myramar, che viveva dentro in una casetta, che si trovava al centro del Bosco delle Mimose. C’erano alberi d’ogni tipo, ma le mimose prevalevano sulle altre piante, dipingendo così un paesaggio giallo oro. Era uno spettacolo davvero bello da ammirare.La vecchietta, però, aveva un sogno: voleva viaggiare, andare in giro per il mondo e navigare per tutti i mari. Un giorno, mentre camminava per un sentiero, incontrò una fata, che cercava di uscire dal bosco. La poverina, anche se era una fata, non riusciva a trovare la via per tornare nel suo paese: era un po’ imbranata.La fata chiese allora a Myramar la via per uscire. La vecchietta l’aiutò volentieri e l’accompagnò pian piano sino al sentiero dei papaveri rossi, da dove avrebbe preso la via per la sua casetta.La fata, volendosi sdebitare, le disse: - Cosa posso fare per te?Vorrei viaggiare tanto! – rispose Myramar – Non so, però, come fare. Ormai sono troppo vecchia.Non preoccuparti – le disse ancora la fata – grazie alla mia magia potrai viaggiare a lungo per i mari e questo sarà per sempre.Così la fata prese la bacchetta magica e, in un baleno, la vecchietta si ritrovò rinchiusa in una bottiglia di vetro. Con sua sorpresa vide che dondolava in mezzo al mare. Avrebbe viaggiato per mari e isole per sempre.

Il fiume incantato

Tanto tempo fa, in una valle situata ai piedi di una montagna maestosa, scorreva un fiume dalle acque limpide e cristalline. Era un fiume magico e le sue acque donavano l’immortalità e l’eterna giovinezza a chi vi si fosse bagnato. Pochi, però, ne conoscevano l’esistenza.

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Un giorno da quelle parti arrivò un giovane, che decise di fare un bagno nel fiume. Quando ne uscì, si sentiva strano, diverso, molto più forte di prima. Si mise a correre per il prato e il ragazzo notò che non correva, ma volava: era velocissimo. Lorenzo, questo il nome del giovane, capì che erano state le acque del fiume a renderlo così. Non solo era più forte adesso, ma era diventato anche più bello. Parti allora in cerca di avventure e di fortuna. Giunse in nel Regno dei Sogni, dove la principessa Alice stava andando in sposa a un perfido stregone.

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Quando i due giovani si guardarono, s’innamorarono immediatamente. Lorenzo, con un cenno del capo, le fece capire che l’avrebbe liberata dal suo triste destino.Non sapeva, però, ancora cosa fare. Si mise a pensare, ma, all’improvviso, gli apparve la Fata delle Stelle, che gli disse: - Prendi questa spada lucente. Con essa combatterai contro lo stregone e libererai Alice. Lei te ne sarà riconoscente e potrai così sposarla.Grazie, mia cara fatina. – rispose Lorenzo – Il tuo aiuto mi è stato molto prezioso.Lorenzo impugnò la spada e andò al castello dello stregone. Lo chiamò e lo sfidò a duello. Incubus, questo il nome del temibile mago, prese la sua spada costruita con l’acciaio e con il fuoco di un vulcano.I due si misero a combattere ferocemente, ma nessuno riusciva a prevalere. Lorenzo si sentiva via via sfiduciato. Incubus lo attaccava con sempre più forza, finché non lo colpì con l’impugnatura sulla testa. Lorenzo cadde a terra e si sentì perduto. Lo stregone avanzava verso di lui e si accingeva ad ucciderlo. Il giovane perse i sensi, proprio mentre Incubus stava per colpirlo. Dopo un po’ Lorenzo si svegliò, stiracchiandosi tutto. Si guardò intorno e capì che aveva solo sognato: Meni male – si disse – temevo proprio di star per morire. Per fortuna era solo un sogno. Non c’è nessuna principessa, nessun stregone e nessun fiume incantato! Queste cose accadono solo nelle fiabe!

Il rinoceronte e l’amico panda

C’era una volta un giovane rinoceronte che andava spesso a giocare con il suo amico panda. I panda, lo sappiamo tutti, sono a rischio di estinzione, così il rinoceronte un giorno si preoccupò quando non trovò il suo amichetto. Un terribile drago, che era pure mago, lo aveva trasformato in un pellicano! I panda così scompariranno – pensò tra sé e sé il rinoceronte. Non ci pensò un attimo; prese la rincorsa e dopo una lunga galoppata infilzò il drago, che iniziò a

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soffrire. Stava per fare una magia contro il giovane rinoceronte, ma questi lo colpì ancora, minacciandola di ucciderlo. Il drago-mago disse una formula magica e il pellicano ritornò ad essere il suo amico panda. Il rinoceronte adesso era contento. Il drago volò via e non tornò più. Tutti i panda era salvi! Non sarebbero mai più scomparsi.

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Il sole sorridente

Nella periferia di una bella e antica città viveva un bambino di nome Marco, che era sempre triste perché nel suo paese pioveva ogni giorno, da sempre. Non c’era mai il sole, ms sempre e solo nuvole e pioggia.Da quando era nato non aveva mai visto il sole. A scuola, in certi racconti, sentiva parlare un una bella palla gialla e splendente che

sorrideva e riscaldava tutti e che stella bella in mezzo al cielo. Marco proprio non riusciva ad immaginare come fosse. La sera, prima di addormentarsi, pregava di poter vedere un giorno questa bella palla sorridente, ma quando si faceva giorno il cielo era tutto grigio e scuro.Un giorno si svegliò e invece di piovere forte, vide che pioveva lentamente. L’indomani non pioveva proprio, ma c’erano ancora le nuvole e lui, in cuor suo, già era felice perché al pioggia era scomparsa. Passò ancora un altro giorno q, quando s’alzò dal letto, guardò in cielo e vide una grande palla gialla che sorrideva. Marco adesso divenne ancora più felice: non credeva ai suoi occhi e corse fuori insieme ai suoi genitori. Si mise a saltare di gioia perché anche lui, finalmente, adesso aveva conosciuto il sole.

La bambina che sognava le fate

C’era una volta una bambina di nome Erika, che era sempre distratta. Sapete perché? Perché credeva all’esistenza delle fate, voleva parlare con loro e vivere con loro. Sua mamma le diceva di non pensare a queste sciocchezze, ma di impegnarsi di più nello studio, invece di

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sognare e stare con il nasino all’insù, sperando di vedere una fata.Un bel giorno, però, la Fata Memorina le apparve davvero. Erika era adesso felice. La buona fatina le disse: - Cara Erika, sono qui per te! Noi viviamo nascoste perché il mondo non crede in noi. E’ così cattivo che non ci vede nemmeno anche se andassimo in giro. Tu hai il cuore buono e voglio farti un dono. Prendi questa bacchetta magica e farai cambiare colore alle stelle, così la mamma ti crederà.

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La bambina prese la bacchetta e, quando la mamma ritornò a casa dopo aver fatto la spesa, le disse: - Mamma, adesso farò una magia!La mamma le rispose: - Ancora con questa storia? Ma vaia studiare che è meglio.Erika allora prese la bacchetta e la puntò verso il cielo. Le stelle, immediatamente, divennero verdi, poi rosse, poi arancione e, infine tornarono a brillare come prima.La mamma, che si chiamava Laura, restò stupita e abbracciò la figlia, dicendole: - Figlia mia, ti chiedo scusa. Credo che una fata ti sia apparsa veramente. Adesso anch’io credo alla loro esistenza.

- Grazie mamma, ti prometto che adesso studierò di più senza distrazioni. La fata che mi è apparsa si chiama Memorina e mi ha donato una memoria più forte. Vedrai che successo avrò a scuola!

La mamma, adesso, era felice.

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Lo scoiattolo che si sentiva solo

In un bosco del Nord Italia c’era un albero con un tronco cavo, dove viveva, solo soletto, lo scoiattolo Tommy, un piccolo animale dal pelo color miele. Tommy era molto triste perché non aveva amici: i suoi genitori erano morti da un po’ di tempo e nella sua casetta avvertiva la solitudine.Stava per arrivare l’inverno e Tommy si mise a fare provviste, raccogliendo le

ghiande di cui era goloso.Mentre lavorava, un giorno trovò vicino ad un albero il Gufo Gufy, che si lamentava perché aveva una zampa rotta. Tommy, prese alcune bende e una stecca di legno e lo fasciò, poi lo porto vivino alla sua casetta e lo accudiva continuamente finché Gufy non guarì.Gufy lo ringraziò dell’aiuto e gli promise di diventare per sempre suo amico. Così si costruì un nido vicino alla casetta di Tommy, che non si sentì più solo. Entrambi vissero felici e contenti.

Ortensia

Una volta la mamma di Lucia comprò dei vasi di ortensie e li mise nella terrazza di casa sua. Lucia andava spesso in terrazza ad ammirare, tutta estasiata, questi bellissimi fiori dai colori così vivi e brillanti.

Un giorno Lucia, improvvisamente, vide muovere i petali di un vaso. Si avvicinò di più…e immaginate cosa vide? Vide una bambina grande quanto un pollice e con testa d’un fiore. La piccolina le sorrise. Lucia, con grande meraviglia, ma senza paura, le disse: - Chi sei?

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Mi chiamo Ortensia – le rispose la minuta bambina-fiore – e sono la principessa del Regno delle Ortensie. Ti prego di avere cura di tutte le mie piccole sorelline, fa’ sempre che abbiano l’acqua a sufficienza e noi saremo sempre tue amiche. Lucia le promise che le avrebbe curate sempre con tanto amore. Tutti dovremmo amare di più i fiori, perché rappresentano la bellezza della natura.

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I due bambini e le stelle

Tanto tempo fa nel cielo non spuntavano ancora le stelle e gli uomini non sapevano orientarsi bene durante le loro navigazioni e i loro viaggi sulla terra. Se si allontanavano troppo dal loro luogo di partenza, non riuscivano spesso a ritrovare la via di casa.In quel tempo vivevano due

bambini, i cui genitori erano andati a caccia in montagna, ma si erano smarriti, lasciandoli soli. I due piccoli non sapevano cosa fare. A loro apparve una fata che disse loro di salire sulla coda di un arcobaleno e di andare dalla luna.I due fecero così e chiesero alla luna di dare un po’ di luce in più al cielo. La Luna rispose che presto avrebbe mandato nel cielo le sue piccole figliole che stavano crescendo: erano le stelle. Dopo la loro apparizione, i genitori dei due bambini ritrovarono la strada e poterono tornare a casa. Adesso erano tutti felici…e le stelle brillano ancora oggi nel nostro cielo.

Perché gli alberi perdono le foglie

Un giorno una dolce fata, passeggiando lungo i viali della città, incontrò una tribù di formichine. I piccoli insetti erano tutte infreddolite e tremanti. Una delle formiche le disse: - Cara fatina, sono mesi che non vediamo il sole, le nostre casse sono ammuffite e umide, il nostro cibo è molle come una pappina e non è più buono da mangiare. Abbiamo bisogno del tuo aiuto.

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La fata allora decise di far cadere le foglie degli alberi, così le formichine, che avevano la tana sotto gli alberi, poterono rivedere il sole, riscaldarsi di più e ebbero anche cibo fresco e buono. Ecco perché gli alberi da allora perdono le foglie.

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La leggenda degli alberi piangenti

Tanto tempo gli alberi si sentivano tristi e molto soli. Piangevano lacrime di foglie. Un giorno un passerotto si posò ai piedi di un albero per beccare qualche chicco di grano. Ad un tratto una lacrima di foglia gli cadde addosso. Allora l'uccellino alzò gli occhi e vide l'albero che piangeva, così gli chiese: Perché sei così disperato?L'albero gli rispose: - Ci sentiamo

tutti tristi perché nessun uccellino si posa sui nostri rami, nessuno ci allieta con il dolce cinguettio. Ci sentiamo soli.Il passerotto s'intenerì e andò pertanto a chiamare tutti i suoi amici che corsero ad aiutarlo. Gli uccelli si posarono sui rami e iniziarono a cinguettare e a cantare melodie bellissime. Gli alberi erano adesso felici e da quel giorno non si sentirono più soli.

La foresta incantata e il mammut venuto dal passato

Tanto tempo fa, in una foresta molto grande, nel Nord dell’Europa, vivevano migliaia di animali selvatici: ce n’erano di tutti i tipi: alci, lupi, orsi, uccelli di vario tipo, volpi, linci, cinghiali, ecc. Un giorno, come non si sa, forse per magia, da un fascio luminoso

proveniente dalle stelle, spuntò fuori un gigantesco mammut! Era davvero impressionante da vedere. Tutti gli

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animali si spaventarono vedendo questo grosso bestione, così scapparono via e si rifugiarono nelle loro tane. Il mammut rimase da solo nelle foresta. Andava di qua e di là, ma non trovava nessuno. Con molta tristezza iniziò a barrire più forte dei nostri elefanti per richiamare qualcuno. Aveva voglia di fare amicizia con qualche animale, ma nessuno usciva dalla tana.

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Anzi, più barriva, più gli altri animali si spaventavano. Preso dalla disperazione e dalla rabbia, cominciò a soffiare così forte che tutte le foglie degli alberi caddero ( e da allora cadono ad ogni autunno), ci furono frane e piccoli tornado. Immaginatevi i poveri animali della foresta come si sentivano, Più che paura era terrore.All’improvviso la foresta fu colpita dalla luce di una cometa e il mammut solitario, com’era comparso, sparì, tornando forse da un passato lontano.

Come gli uomini conobbero la neve

C’erano una volta un fratello ed una sorella che erano due giganti, infatti la loro terra veniva chiamata la “Terra dei Giganti”. Erano sempre soli e non avevano nessuno con cui giocare. Un giorno i due fratelli si annoiavano, così iniziarono a correre per l’isola e a saltare sempre più in alto, sino a che arrivarono su in cielo.Qui videro delle cose bianche che assomigliavano a batuffoli di cotone: non avevano mai visto una cosa del genere. Capirono che con questa cosa potevano divertirsi tanto. Fratello e sorella allora cominciarono a raccogliereQuesti strani e soffici batuffoli e iniziarono a farne delle palle, che si lanciarono contro senza farsi male. Se ne gettarono in gran quantità, tale che questi batuffoli

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scesero sulla terra a fiocchi. Da allora gli uomini scoprirono e conobbero la neve.

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Il pino vanitoso e gli alberi invidiosi

Tanto tempo fa in un bosco lontano, che si trova in Alta Italia, gli alberi parlavano tra di loro. In mezzo a loro c'era, solitario, un pino, alto e imponente. Si sentiva il più bello di tutti. Ogni giorno il pino prendeva in giro gli altri alberi. dicendo loro: - Io sono alto,

bello, slanciato, maestoso; ho una chioma e una forma perfette. Nessuno è come me!Gli altri alberi, stanchi di vederlo pavoneggiare così, chiamarono il taglialegna Gino, con cui strinsero un accordo. Lui avrebbe dovuto accorciare i rami del pino, mentre loro gli avrebbero donato i loro frutti, ad ogni stagione. Gino agì di notte, quando tutti dormivano.Il mattino seguente gli alberi si svegliarono e udirono il pianto del pino che si lamentava: - Ahimè, chi mi ha fatto questo? Poveri i miei rami: erano così belli!Continuò a piangere per giorni e giorni, così gli altri alberi capirono avere fatto un'azione malvagia, si pentirono del loro gesto e confessarono tutto al pino. Uno albero di ciliegie disse: - Perdonaci, siamo stati invidiosi di te e della tua bellezza. Scusate voi. - rispose il pino - Sono stato sciocco a vantarmi e sminuire voi in questo modo. Lo facevo, però, perché voi siete in tanti della stessa specie, mentre io sono solo. Perdonatemi anche voi. Per la vergogna e il rimorso, gli alberi cominciarono a perdere le foglie, formando a terra un variopinto tappeto multicolore: c'era foglie gialle, violette, rossicce, marroni, arancioni.

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Gli alberi erano dispiaciuti e il pino li consolò: - Non preoccupatevi, d'ora in poi resteremo amici per sempre, anche se siete senza foglie.Da quell'autunno gli alberi persero le foglie perché avevano provato vergogna del loro gesto!

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La foglia superba!

Tanto tempo fa una foglia di nome Nina viveva felice su albero di pesco. Quando si accorse che le altre foglia cadevano sul prato, lei si rifiutò e si ostinò a rimanere attaccata al suo ramo. Io sono la foglia più bella - si disse - e non posso cadere giù come le altre.La sua amica Rosy, però, un giorno le disse: - Perché non scendi giù pure tu? Tanto prima o poi dovrai cadere, E' il destino delle foglie in autunno?Nina allora gridò: - No! Ti sbagli, io non cadrò

mai, perché sono forte e resistente. Rosy, a queste parole, esclamò: - Va beh, fai come ti pare, tanto....poi vedrai...Il giorno dopo arrivò un forte temporale e dopo un colpo di vento potente fece cadere tutte le foglie che ancora rimanevano attaccate al pesco. Anche Nina piombò giù e ritrovò le sue sorelle.Nina allora disse a Rosy: - perdonami, mi sono sbagliata. Sono stata superba. Pensava di essere la più forte, invece adesso sono gialla e rossa, come te. Ho capito che sono uguale alle alte foglie e che il nostro destino è uguale. Addio, dolce sorellina.

Sapete perché gli alberi perdono le foglie?

Tanto tempo fa gli alberi non perdevano le foglie, anzi esse crescevano sempre di più. Un giorno una strega malvagia di nome Nerina fece un incantesimo a tutti alberi del mondo e quest’ultimi, dopo un po’ , cominciarono a perdere tutte le foglie. Per fortuna arrivò Bianchina, sorella buona di Nerina, che vedendo il triste spettacolo

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degli alberi spogli, si mise a piangere. Dalle sue lacrime venne fuori un filtro magico, che aiutò gli alberi a recuperare le loro foglie. Ma non potendo battere l’incantesimo di Nerina, le foglie cadono solo in autunno. Da allora è sempre così.

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Quando le giraffe avevano il collo piccolo

Tanto tempo fa, all’inizio di tutto, tutte le giraffe avevano il collo piccolo. Lo so che è difficile immaginarlo, ma è così. Un giorno, però, una zebra, che di mestiere faceva la cuoca, vedendo che questi animali non riuscivano ad arrivare alle foglie degli alberi più alti, diede ad una giraffa un molla ricoperta di erba. La giraffa la mangiò voracemente, ma poi andò a sdraiarsi sotto un albero con il mal di pancia. L’indomani la zebra incontrò un’altra

giraffa e le diede un’altra molla sempre ricoperta di erbe. Alla seconda giraffa piacque molto il sapore, ma anche a lei venne il mal di pancia.Insomma, a poco a poco la zebra diede a tutte le giraffe della savana delle molle ricoperte di erbe e foglie. Le giraffe prima s’arrabbiarono con la loro amica cuoca, poi si videro allungare il collo e capirono che potevano adesso arrivare a mangiare anche le foglie degli alberi più alti.Da quel giorno le giraffe hanno il collo lungo.

Ho sognato il nulla

Qui a Licata, il mio paese, succedono cose strane. Ad esempio, una notte ho sognato il nulla ed io ero dentro il nulla. Come sarà questo nulla, vi state sicuramente chiedendo. Non lo so nemmeno io, forse era una specie di tunnel buio, da dove all’improvviso sono finita in mezzo al mare. Ero circondata da squali, balene e delfini. Mi sentivo davvero immersa in un altro mondo. All’improvviso vidi una corda lunghissima, s’allungava all’infinito: l’afferrai e l’attaccai intorno ad una roccia; dopo mi arrampicai su alcuni scogli molto alti e, quando arrivai in cima, scivolai

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all’indietro e caddi in un pozzo che s’aprì tra le acque e vi caddi dentro. Era un pozzo senza fine: forse di nuovo il nulla…Meno male che mia mamma mi svegliò da questo sogno: - Svegliati, sognatrice, è ora di andare a scuola!

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E Dio…creò il cammello.

Molto ma molto tempo fa il creatore di tutte le cose aveva già formato mari, montagne, fiumi e laghi, piante e animali di tutte le specie. Un giorno, però, s'accorse che mancavano ancora un animale dal collo lungo, che potesse camminare per molti giorni senza bere e stancarsi tanto. Allora prese un po' di sabbia del

deserto, un po' di terra e qualche pezzo di roccia e modellò il nuovo animale. Dopo qualche ora c'era in vita un animale bellissimo con due cuscini sul dorso: erano due gobbe. Quando l'animale prese vita e cominciò a respirare, il creatore disse: - Questo animale si chiamerà cammello. D'ora in poi sarà l'unico a avere un collo così lungo e due gobbe.

Quando la triglia divenne rossa

Il pellerossa Occhio di Bue era un abile pescatore, ma l'inverno era stato molto freddo e rigido e Occhio di Bue non riusciva a trovare pesci per la sua famiglia. Le acque del fiume erano gelate e per questo tutti i pesci se ne stavano sotto gli scogli del fiume oppure se n'erano andati più al sud. Il pellerossa decise così di

seguire il corso del fiume andando verso su, ma, ad un tratto, mentre, camminava lungo le rive, il ghiaccio si sciolse, lui scivolò e finì tra le acque gelide. Stava per

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morire di freddo, ma una grossa triglia lo aiutò a mettersi in salvo. Per ringraziarlo, Occhio di Bue le diede il suo berretto di piume tutto arancione..e da quel momento la triglia divenne rossa.

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Occhio di Lince, il pellerossa dagli occhi potenti

Occhio di Lince, un piccolo pellerossa, viveva in una tenda situata in riva ad un cristallino ruscello, insieme alla sua famiglia ed alla sua tribù. Era il più piccolo anche di statura e ci vedeva poco e gli altri giovani lo prendevano in giro. Un giorno, però, lui s'infuriò

delle continue prese in giro e scappò via nella foresta. Camminò così tanto che si smarrì. Nel frattempo si era fatto buio: Occhio di Lince era spaventato e si mise a piangere. Se lo avessero visto i guerrieri lo avrebbero preso in giro ancor di più. Per fortuna trovò una grotta dove ripararsi e dormire. In quella grotta viveva una lince, che gli diede un morso. Per magia, da allora i suoi occhi divennero luminosi e dotati di poteri straordinari: adesso aveva la vista acuta e vedeva pure lontano. Occhio di Lince ritornò al villaggio, dove diede esempio dei suoi nuovi poteri. Adesso tutti lo rispettavano.

Il Paese dove non conoscevano il Natale

Tanto tempo fa, in un piccolo paese smarrito in mezzo alle montagne e circondato da immense foreste, gli abitanti non conoscevano la festa di Natale. Non c’erano né alberi addobbati e nemmeno il presepe, nemmeno il panettone e il pandoro. Non sapevano proprio nulla di questa magnifica festa. Un giorno, in quel piccolo borgo, arrivò un uomo con la barba bianca e vestito tutto di rosso. Incontrò dei bambini e disse loro: - Non sapete cos’è il Natale? I bambini sorrisero ma non risposero. Allora il vecchietto con la bella barba bianca regalò loro tanti bei doni,

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dicendogli: - Questo è Natale, donare qualcosa, ma non soltanto giocattoli e roba da mangiare, ma soprattutto, è importante donare sé stessi, come ha fatto Gesù venendo al mondo. Da allora in quel paese arrivò la festa più bella dell’anno.

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Perché le lucciole hanno il lumicino

Tanto tempo fa le lucciole erano insetti neri, ma proprio neri, che uscivano dalla loro tana solo di giorno, quando c'era tanta luce.Una sera la luna era appena apparsa nel cielo, quando chiamò una lucciola: - Aiutami a far

addormentare tutti gli uomini perché faccio troppa luce!All'improvviso una nuvola coprì la luna e la piccola lucciola andò a sbattere sulla luna. Nel buio il piccolo insetto sentì un lamento: - Ahi!, mi ha fatto male - esclamò la luna - Mi hai rotto un pezzo di naso.La lucciola, temendo per la propria incolumità, scappò via, ma non le riusciva di trovare un nascondiglio. Era così buio che non vedeva ad un palmo del suo naso.Ad un tratto, spinte dal vento, le nuvole si spostarono, così la luna poté vedere un pezzo del suo naso attaccato al popò della lucciola, che adesso risplendeva di luce propria. La luna rise di gusto.Da allora la luna ha meno luce, mentre le lucciole hanno il lumicino.

La riunione degli animali

Ancora oggi si racconta di un episodio molto singolare accaduto milioni di anni fa. Si parla di una riunione di tutti gli animali del mondo, che dovevano decidere dove stabilirsi definitivamente. C'erano zebre, pantere, volpi, farfalle, cavalli, topo, orsi, tigri, cammelli e dromedari,

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uccelli di tutte le specie. Nessuno, però, si accorse che mancavano i pesci e tutti gli animali che vivono nell'acqua. I pesci, offesi dal mancato invito, decisero di non rivolgere più la parola più a nessuno. Ecco perché i pesci divennero muti e perché ancora oggi si dice "stare muto come un pesce".

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Gli alberi sempreverdi e il corvo senza nido

C'era un tempo un posto davvero splendido, quasi paradisiaco, pieno di fiori colorati e vivaci, di immensi prati verdi, ma, soprattutto, c'erano grandissimi alberi di ogni specie. Ogni albero aveva una chioma verde spettacolare: una cascata di verde brillante scendeva dai loro tronchi. Questi alberi avevano ricevuto un dono particolare dalla Regina dei Boschi: quello di non perdere mai nessuna foglia, nemmeno nella stagione autunnale. In cambio, però, essi avrebbero dovuto avere rispetto per tutti gli animali del bosco.Un giorno, però, ci fu un corvo che aveva affrontato un lungo viaggio ed era molto stanco. Vedendo quegli alberi così belli, decise di costruire un nido su uno di loro. Gli alberi, però, erano molto vanitosi e si rifiutarono di ospitare il povero corvo perché il suo nido avrebbe imbruttito la loro meravigliosa chioma. Il corvo, deluso e arrabbiato, volò dalla Regina del Bosco e le riferì l'accaduto. La regina decise allora di punire tutti gli alberi a causa della promessa non mantenuta e disse loro che ad ogni autunno i loro rami si sarebbero spogliati di tutte le foglie affinché si ricordassero della loro scortesia. Da allora, ad ogni autunno, a tutti gli alberi cadono le foglie.

Cappuccetto Rosa

In un paesino sperduto tra le montagne viveva una bambina di nome Anita. Aveva circa nove anni ed era molto allegra, simpatica e solare. Viveva con i nonni perché i suoi genitori erano lontani per via del lavoro. Come si sa molti emigrano per cercare fortuna altrove. Ogni tanto i suoi le mandavano dei soldi per farle comprare dei vestiti. Anita aveva, infatti, una passione sfrenata per gli abiti, ma soprattutto per i cappelli. Indossava sempre un giubbotto di colore rosa con un bel

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cappuccio, ovviamente dello stesso colore rosa, anche se era corredato da un morbido pellicciotto bianco. Nel suo paesino tutti la chiamavano Cappuccetto Rosa. Lei era contenta del suo soprannome e, quando passeggiava, tra le vie del paese era fiera di mostrare a tutti il suo bel giubbotto. La bambina amava anche i fiori, specialmente, le rose, quelle rose, mi sembra chiaro. Ogni tanto andava in campagna e parlava con loro, ma anche con la Fata delle Rose, di cui era diventata amica. Un giorno vi racconterò una loro avventura.

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Piccola storia di Natale

Era la vigilia di Natale, di un tranquillo pomeriggio d’inverno ormai. Luca e il suo cagnolino di nome Billy camminavano tranquillamente nel parco della loro città.Ad un tratto i due videro, in mezzo ad alto cespuglio, un uomo svenuto: era vestito tutto di rosso e aveva la barba bianca. Luca allora esclamò: - Oh!, guarda Billy, ma è Babbo Natale. Aiutiamolo. Diamogli del the caldo così si riprenderà! Dopo che il ragazzo gli fece bere un bel the molto caldo, Babbo Natale si risvegliò. Luca allora gli disse: - Che cosa ti è successo? Il vecchio gli rispose: - Ahimè!, alcuni ladri mi hanno dato una bella botta in testa e mi hanno rubato le mie dodici renne. Come farò adesso a portare i doni ai bambini della tua città?Luca guardò il suo cagnolino che capì al volo quello che gli voleva dire il suo padroncino. Così Billy andò di corsa a chiamare i suoi amici, che, tutti contenti, trainarono la slitta di Babbo Natale, che, in tal modo, poté distribuire i suoi doni a tutti i bimbi della città.

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Era davvero uno spasso per gli abitanti vedere la slitta di Babbo Natale trainata da dodici simpatici cagnolini.

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Fiaba di Natale

Era la vigilia di Natale ed io, dopo aver addobbato l’albero, aspettavo l’arrivo di Babbo Natale, ma lui non arrivava mai. Stanca di attendere inutilmente, decisi di andarlo a trovare. Arrivai fin lassù, dove abita lui, e vidi Babbo Natale tanto triste, così gli chiesi : - Che c’è Babbo? Ormai è quasi

Natale e tu non vieni giù sulla Terra? Lui rispose : No, non posso venire,sono troppo vecchio e stanco.. tanto giù sulla Terra ci sono bombe anche a Natale ed io dovrei faticare anche per loro? No, sono troppo vecchio! Gli risposi: Se vuoi ti aiuto io, ma non puoi lasciare i bambini della Terra tristi per non aver ricevuto il tuo dono! Babbo Natale accettò e io felice: - Andiamo! E così ci divertimmo a consegnare tutti i regali e quando finimmo Babbo mi accompagnò a casa e mi disse: - Domani fatti trovare davanti il cancello di casa tua alle dieci e mezza che ti devo dare una cosa fatta con le mie mani! L’indomani feci come mi aveva chiesto e Babbo Natale mi portò un grande regalo incartato, lo aprii e capii che si trattava di un bellissimo quadro, con una scritta cucita sopra che diceva “ ALE, SEI NOMINATA MIA AIUTANTE UFFICIALE” Io lo abbracciai e lui mi disse: - Sai, io ho avuto tanti bambini come aiutanti, ma nessuno come te! Io lo ringraziai dicendogli che gli volevo un gran bene ed il cuore mi batteva talmente forte da scoppiare.

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Il Mago Giocherellone

C’era una volta un mago che si chiamava SCHERZONE. Era davvero birichino, dispettoso e aveva sempre voglia di scherzare e ridere. Del resto, il suo nome dice tutto. Un giorno, stanco di vedere gli abitanti del villaggio sempre seri e musoni, fece un incantesimo. Tutti gli abitanti divennero all’improvviso tutti allegri e sorridenti, anzi ridevano proprio a crepapelle per un nonnulla.

I bambini ridevano quando ripetevano le lezioni ai maestri, che, a loro volta, ridevano mentre li ascoltavano. La gente faceva benzina e rideva, faceva la spesa al supermercato e ridevano, andava dal medico e rideva, anche se avevano al febbre. Insomma ridevano tutti! Gli abitanti dei paesi vicini chiamarono quel villaggio “Il paese dei Ridolini”.Le persone, però, a furia di ridere, si stancarono, ma non potevano farci niente. Allora Gaspare, un ragazzo del luogo, andò dalla Fata della Serietà, che gli diede un filtro magico. Il ragazzo si recò al castello del mago e, mentre questi dormiva, gli versò sul viso la pozione magica. Il mago divenne serio. E finalmente anche la gente ritornò seria, anche se, ogni tanto, sorridevano al pensiero di quello che avevano subito. Insomma, adesso non erano più “il paese dei ridolini”.

Cappuccetto Giallo

C’era una volta una bambina di nome Susy, ma tutti la chiamavano Cappuccetto Giallo perché indossava sempre un mantellina gialla.Cappuccetto Giallo aveva otto anni e possedeva un sorriso splendido e smagliante che la faceva amare da tutti. Aveva

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i capelli biondi come il grano che brilla d’estate alla luce del sole. I suoi occhi, verdi come diamanti, era furbetti e vivaci. La ragazza era l’amica di tutti gli animali del bosco. Giocava spesso con loro, rincorrendosi ora con gli scoiattoli, ora con i cervi, i conigli e i piccoli orsetti. Cappuccetto Giallo amava tanto le margherite del bosco, che erano gialle e dorate, proprio come lei.

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Un giorno, però, qualcosa disturbò l’armonia del bosco. Un cacciatore passò da lì, imbracciò il fucile e sparò, uccidendo uno dei coniglietti. Cappuccetto soffrì tanto per la morte del suo piccolo amico, ma sapeva anche che il cacciatore sarebbe tornato ad uccidere altri animali.Decise allora di andare a trovare Miki, il

Lupo della Montagna, che viveva non lontano dal bosco e che possedeva un

dono: il suo ululato faceva bloccare tutti come statue. Miki ascoltò con attenzione

la sua storia e decise di aiutare Cappuccetto Giallo. Insieme al lupo la

ragazza ritornò nel bosco. Si nascosero dietro un albero e aspettarono l’arrivo del cacciatore.

Quando questi giunse lì, Miki iniziò ad ululare: - Uhuuuuuuuuuuuuuu!

Il cacciatore si bloccò all’istante come una statua di sale. Dopo alcuni minuti, però, si riprese e fuggì via. Non tornò mai più.Cappuccetto Giallo, dopo aver ringraziato il lupo, ritornò felice a giocare con i suoi amici e a parlare con le allegre margherite.

Giada, giovane regina

Tanto tempo fa, in un paesino che si trovava nei pressi di Londra, c’era una vecchina che era rimasta vedova. Aveva tre figlie femmine: le due sorelle maggiori era belle, mentre la più piccola, di nome Giada, invece, era più bruttina. Alla morte della mamma le sorelle più grandi iniziarono a prendere in giro Giada, dicendole spesso: - Sembri proprio una papera spelacchiata.Un bambino che possedeva uno specchio magico vide la fanciulla piangere e le regalò così il suo specchio,

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dicendole:- Tieni, quest’oggetto è tuo, te lo regalo. Ti servirà a diventare la più bella.Un giorno un principe convocò a corte tutte le ragazze del paese. Chi avesse avuto gli occhi più brillanti, vivi e sinceri sarebbe stata sua sposa. A corte andarono tutte, comprese le due sorelle maggiori di Giada. Il principe, però, quando vide Giada disse: - Questa è al ragazza che voglio come sposa.La fece sedere al suo fianco e, qualche mese dopo, si celebrarono le nozze. Così Giada divenne regina.

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La storia di Cappuccetto Azzurro

C’era una volta Cappuccetto Azzurro che viveva in un piccolo borgo in mezzo al bosco. Era una bambina sveglia e intelligente, che indossava una mantellina azzurra sopra un vestito tutto azzurro; aveva gli occhi azzurri e aveva tinto i capelli di azzurro. Comunque, non era parenti né di Cappuccetto Rosso né di Cappuccetto Giallo.Un giorno la ragazza stava attraversando il bosco per andare dalla nonnina che viveva in un altro borgo non lontano dal suo. Due bambini amici suoi decisero di farle uno scherzo. Avevano letto la storia di Cappuccetto Rosso e così decisero di travestirsi da lupi per

farla spaventare. Mentre la loro amica camminava, le sbucarono davanti imitando il verso del lupo. Cappuccetto Azzurro, urlando, si mise a correre, arrivando in un baleno dalla nonna.- Nonna, nonna! – disse la ragazza – Chiudi tutto perché ci sono due lupi che m’inseguono.La nonna sprangò tutto e, quando arrivarono i due lupi/ragazzi trovarono tutto chiuso. Cappuccetto Azzurro, nel frattempo, era salita sopra il balcone al primo piano e da lì lanciò un secchio di acqua calda sui due, che cominciarono ad urlare: - Ahi!, Ahi, Cappuccetto Azzurro siamo noi. I tuoi amici Tom e Jerry. Volevamo solo farti uno scherzo.Cappuccetto Azzurro capì l’inganno: prima s’arrabbiò, ma poi perdonò i suoi amici, a patto, però, che l’aiutassero a salire in montagna per aiutarla a cercare la meravigliosa e misteriosa stella alpina tutta azzurra, che deva la felicità a chi la possedeva.

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Tom allora esclamò: - Sei fissata con tutto questo azzurro, ma ti aiuteremo.Così fecero: salirono sulla Montagna Azzurra, dove incontrarono la Fata Azzurra, che diede loro la stella azzurra. Era il trionfo dell’azzurro. E tutti vissero felici e….azzurrissimi.

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Macedonia di fiabe

C’era una volta Cappuccetto Rosso che andava per il bosco tutta sola, perché la mamma l’aveva incaricata di portare il pranzo alla vecchia nonna che viveva dall’altra parte del bosco.Mentre camminava, ad un tratto incontrò, con sua sorpresa, un giovane principe che sembrava disperato, così la ragazza gli disse: - Cosa cerchi giovane principe?Cerco una scarpetta di cristallo! – le rispose il giovane – Appartiene ad una meravigliosa e bellissima fanciulla con cui ho ballato una sera fa. L’ho smarrita qui, ma devo assolutamente ritrovarla se voglio riconoscere la splendida ragazza di cui mi sono innamorato.Ti aiuterò volentieri! – esclamò allora Cappuccetto Rosso. Così i due si misero alla ricerca e, cammina cammina, arrivarono nei pressi di un fiume dalle acque cristalline. Qui videro la Fata Turchina, che chiese loro: - Avete visto Pinocchio, il mio scapestrato ragazzo, che ogni tanto ritorna marionetta?Cappuccetto Rosso le rispose: - No, anche noi cerchiamo qualcosa, una scarpetta di cristallo. Unisciti pure a noi. Tutti e tre allora si misero nuovamente alla ricerca. Giunti in una radura. Videro un ragazzo che aveva in mano una lampada luccicante, forse era magica. Il principe lo interrogò: - Chi sei? Cosa tieni in mano? Mi chiamo Aladino, giovane principe e vengo dal deserto. – rispose il ragazzo – Questa è una lampada magica. Dentro c’è un genio che esaudisce tutti i desideri.Fallo uscire allora – lo supplicò il principe. Aladino, allora, toccò la lampada da cui uscì il genio. Ai vostri ordini signori! – disse lo strano personaggio. Aiutaci a ritrovare Pinoccio e la scarpetta di cristallo. – disse la Fata Turchina.E così avvenne. Il principe trovò la scarpetta e sposò poi la sua Cenerentola. La Fata rintracciò Pinocchio che era appena uscita dalla balena insieme a Mastro Geppetto, mentre Cappuccetto Rosso trovò la strada della casa della

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nonna senza incontrare lupi. Aladino ritornò a casa e prese come moglie la bella Jasmine…e tutti vissero felici e contenti per tutta la loro vita.

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Lo gnomo che faceva il sarto

C’era una volta uno gnomo di nome Karl che faceva il sarto. Era così piccolo che abitava dentro un fungo dai colori brillanti, anzi sgargianti. Il tetto era un ombrello rosso fuoco con dei pallini gialli, mentre il gambo era arancione. Lo gnomo aveva una sartoria, ma non riusciva a trovare tanti clienti perché quasi nessuno riusciva ad entrare nella sua minuscola casa.

Per sua fortuna, un giorno un topolino bussò alla sua porta e gli chiese: - Mi puoi confezionare un abito adatto a me? Devo andare ad un matrimonio e mi serve un vestito elegante!Lo gnomo gli rispose: - Ma certo, amico mio, sarò un piacere lavorare per te.Così si mise di buona lena a lavorare e gli fece davvero un bel vestito. Quando il topolino ritornò da Karl vide il suo abito, lo indossò e si vide elegantissimo. Era davvero contento. Il topolino diffuse la voce tra i suoi amici che Karl lo gnomo era un grande sarto. Tutti allora andarono da lui per farsi confezionare i vestiti.Dopo un anno Karl vinse una coppa d’ora per i suoi pregiati e splendidi vestiti.Chi lavora bene, alla fine avrà sempre successo!

Il rospo imprudente e il coniglio saggio

C’era una volta un rospo che viveva in piccolo stagno situato proprio in mezzo al Bosco delle Betulle. Il rospo era sempre irrequieto e impaziente, perché si era stancato di vivere in un posto desolato e dove non succedeva mai niente, perciò e desiderava andare via. A tutti gli altri animali aveva detto: - Un grosso uccello mi ha parlato di

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uno stagno grandissimo, dove le acque sono immense e profonde, dove accadono tanti fatti meravigliosi.Un vecchio e saggio coniglio, amico suo, gli aveva risposto: - Accontentati, amico mio. Questo stagno sarà piccolo, ma almeno è sicuro. Stai tranquillo, ascoltami!Un giorno, però, un pellicano passò dal bosco e si sentì chiamare dal rospo: - Ehi, amico. Sei tu che mi hai parlato di quel luogo meraviglioso.

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Portami lì, per favore.Il grande uccello lo preso nel suo becco e lo portò nell’oceano, dove lui viveva abitualmente. Adagiò il rospo nelle acque profonde e poi volò via. Il rospo, però, si trovò in difficoltà tra le onde e cominciò ad urlare – Aiuto! Aiuto! Salvatemi.Richiamato dalle sue grida, un grosso pesce arrivò lì, ma con un sol boccone divorò il povero rospo.Chi vive in uno stagno, non può capire com’è il mare. Questo vuol dire che vive in un piccolo posto, spesso si trova male in uno più grande.

Rapunzel, Pollicina e la sirenetta Ariel

C’erano una volta un re e una regina che aspettavano con ansia e trepidazione la nascita della loro bambina, che avevano deciso di chiamare Rapunzel. Un giorno, però, la regina s’ammalò e non c’era verso di farla guarire. Rischiava i morire lei con la sua bambina. Il re era disperato, così chiamò mago Merlino, che disse: - Per guarire la regina occorre trovare il fiore bianco della salute, ma si trova in fondo all’oceano. Occorre qualcuno che vada in fondo al mare. E’ un’impresa pericolosa! Il re allora mandò le guardie del regno in giro per vedere se c’era qualcuno disposto a cercare il fiore bianco. Alla reggia si presentò solo Pollicina, una piccola, anzi minuscola ragazzina. Il re sorrise, ma si fidò di lei e le affidò l’incarico. Pollicina partì immediatamente e arrivò in riva al mare. Iniziò a chiamare Ariel, la sua amica sirenetta, che, dopo un po’, si presento a lei. Pollicina le chiese se poteva ritrovarle il magico e miracoloso fiore bianco. Ariel s’immerse nelle acque e dopo un’ora ritornò con il fiore. Pollicina ringraziò l’amica e ritornò a corte. Mago Merlino posò il fiore sul petto della regina, che, immediatamente, guarì. Il re era felice e chiese a Pollicina quale ricompensa desiderasse. Pollicina allora rispose: -

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Regalami il fiore bianco, ormai non ti serve più. Il re glielo diede senza tentennamenti. All’improvviso, il fiore si trasformò in un piccolo ma bellissimo gnomo, che s’innamorò all’istante di Pollicina. Il re decise allora di far celebrare a corte le nozze dei due piccoli esseri…tutti vissero felici e contenti…Rapunzel nacque e crebbe bene, sposando, poi, a vent’anni il bel principe Eugene.

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La strega invidiosa

Tanto tempo fa c’era una strega malvagia, che era invidiosa della bellezza d’una giovane principessa, così le fece un tremendo incantesimo. Ogni volta che la principessa si trovava a parlare con un principe, le diventava brutta, con i capelli bianchi e spettinata, con brufoli dappertutto. Diventava così brutta che tutti i suoi cavalieri scappavano via lontano da lei. Un giorno, però, un cavaliere, pur vedendola brutta, si fermò a parlare con lei e così dell’incantesimo della strega. Volendo liberarla da questa brutta magia, il cavaliere andò dalla Fata Angela, che gli disse di andare nel Fiume della Bellezza, dove in uno scrigno sott’acqua era custodito un pettine magico. Il cavaliere trovò il pettine e lo regalò alla strega, dicendole che sarebbe diventata la più bella del regno. La strega quando iniziò a pettinarsi, invece, cominciò a rimpicciolire finché scomparve completamente. L’incantesimo così svanì. Il principe e la principessa, che era ritornata davvero più bella, si sposarono ed ebbero quattro gemelli: Angela, Antony, Luca e Gustav. E vissero tutti felici.

Greta e il leone

Tanto tempo fa c’era un leone con la criniera folta e svolazzante al vento. Era il terrore di tutti perché era un grande e crudele mangiatore di uomini. Nessuno riusciva a catturarlo: sembrava invincibile. Il leone, in realtà, era stato un mago temibile e cattivo. Si era trasformato in un leone perché voleva vendicarsi di Greta, una bella fanciulla che non

aveva voluto sposarlo. Così, un giorno, mentre la fanciulla si trovava fuori cercò di catturarla e di divorarla. Per

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fortuna di Greta, da lì passarono un giovane principe, che in era in compagnia di un folletto. Il piccolo essere aveva un arco con delle frecce magiche. Il giovane prese l’arco e una freccia e la lanciò contro il leone che stava per ghermire Greta. L’animale morì all’istante. Greta s’innamorò del suo eroe e lo sposò. Vissero per tutta la vita felici e contenti.

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Rafael e l’anello magico

Tanto tempo fa, in una fattoria posta in mezzo ad un bosco, vivevano una mamma e i suoi tre figli. La donna era rimasta sola perché il marito era morto in una battuta di caccia e la poverina faticava a coltivare la terra, finché un giorno morì, lasciando soli i suoi figli. Il più giovane, Rafael, andava ogni giorno a pregare sulla tomba della madre, mentre i

due fratelli più grandi non lo facevano mai. Un giorno costoro decisero di partire in cerca di fortuna e di avventure lontano da quel posto. Rafael voleva andare con loro, ma i due lo abbandonarono solo in quella casetta sperduta in mezzo al bosco. Il giovane era disperato e non sapeva cosa fare. Per sua fortuna passò di lì un vecchio e simpatico mago, che vedendolo, triste e solitario, decise di aiutarlo. Gli donò così un anello magico, che Rafael mise subito al dito e, immediatamente, si trovò a volare arrivando sino al Regno del Sole, dove viveva una splendida fanciulla dai capelli dorati. Appena la vide se ne innamorò e le donò il suo magico anello come segno del suo amore. I due si sposarono e vissero insieme felici e contenti.

Cappuccetto Bianco

C’era una volta una bambina di nome Cappuccetto Bianco, che viveva in un piccolo villaggio, dove c’era sempre tanto freddo e tanta neve. Un giorno la mamma le disse: - Vai da mia cugina Marta, che è ammalata e portale un po’ da mangiare.

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La fanciulla allora s’incamminò per vie innevate, anzi quasi ghiacciate, quando, all’improvviso, incontrò un orso polare, un animale davvero grande e imponente, con il pelo luccicante di bianco. L’orso le disse: - Dove vai piccola fanciulla?Cappuccetto Bianco gli rispose: - Vado dalla cugina Marta per farle un po’ di compagnia e portarle delle uova, il latte e la carne. Ha bisogno di mangiare bene, visto che è ammalata. L’orso, rivolgendosi alla ragazza, esclamò: - Vengo con te, così ti faccio compagnia.

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I due fecero un po’ di strada insieme e dopo mezzora arrivarono vicino alla casa di Marta. L’orso stava per salutare Cappuccetto Bianco quando un cacciatore che passava da lì vide il grande animale e, pensando che voleva divorarla, imbracciò il fucile e fece fuoco, colpendo l’orso al petto. Cappuccetto Bianco, tutta spaventata e preoccupata, si chinò sul suo amico e vide che era in gravi condizioni. Il povero animale stava per morire. Anche il cacciatore adesso era dispiaciuto perché aveva capito la situazione.Cappuccetto Bianco arrivò disperata alla casa di Marta. Lì, per fortuna. Trovò la Fatina Bianca, a cui chiese aiuto: - Fatina, il mio amico orso sta morendo. Puoi salvarlo?La Fata Bianca le rispose: - Il tuo amore per gli animali e la tua amicizia stanno già facendo il miracolo. Torna da lui e metti questa magica penna bianca sulla sua ferita, vedrai che guarirà.Cappuccetto Bianco fece come le aveva detto la fata. Mise la penna sul petto dell’orso, che, immediatamente, guarì. La ragazza adesso era contenta e, insieme al suo amico, andò da Marta e poi tornò a casa, dalla mamma che l’aspettava con ansia.Cappuccetto Bianco disse alla mamma: - D’ora in poi il mio amico orso starà sempre con me: è il miglior amico che io abbia mai avuto.

Io, piccola camuna

Mi chiamo Stella della Notte e sono una bambina di otto anni, che vive nel villaggio dei Camuni, sulle montagne dell’Alta Italia. Spesso sto con mia madre e con le altre donne a confezionare gli abiti che ricaviamo dalle pellicce degli animali che i nostri uomini cacciano nelle loro attività. Non

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è facile cucire continuamente. Ogni tanti, tutti insieme, grandi e bambini, femmine e maschi, ci divertiamo a dipingere le pareti delle nostre grotte con scene di caccia, della nostra vita quotidiana, dei nostri riti. Quando sarò più grande cercherò di disegnare dei graffiti più belli e originali.

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L’aquila e il cacciatore

Un giorno un uomo di nome Elio era impegnato in una battuta di caccia con Clara, la sua piccola cagnetta di razza setter. All’improvviso sentì un forte lamento, ma non si rendeva conto da dove provenisse. Finalmente, dopo vari tentativi, riuscì a capire da dove proveniva quel lamento. In una radura, in mezzo a delle rocce Elio vide, con stupore, una grande aquila, distesa sul terrena perché era ferita ad una zampa, probabilmente da un altro cacciatore. Elio le si avvicino con cautela, ma l’aquila gli si scagliò contro con il becco ferendolo ad una mano. L’uomo, però, non si arrese e con un balzo riuscì ad afferrarla e a bloccarla, poi l’accarezzò a lungo e riuscì a calmarla. La portò a casa sua e la fece curare da un veterinario. Quando l’aquila guarì, il cacciatore le fece volare, dicendo a se stesso che ogni essere ha diritto alla sua vita ed alla sua libertà.

L’aquila reale, regina del cielo

Si chiamava Melinda, ma tutti la conoscevano come l”Aquila d’oro”. Erano davvero belle le sue ali che spiegava al vento per volare nell’infinito cielo azzurro. Spesso si posava sulla cima delle montagne e guardava con stupore le nuvole camminare. Lei credeva di essere figlia di un dio, così almeno gli aveva detto una nuvola. Melinda ci credeva veramente e, quindi, diceva a tutti di

essere la regina degli uccelli e del cielo, per cui, qualche volta, s’insuperbiva. Un giorno, all’improvviso, tra le nuvole fece capolino un viso lucente e stupendo, che le disse: - Sì, Melinda io sono il re degli dei; sono anche tuo padre perché io ho creato tutto ciò che esiste. Tu sei la mia messaggera tra gli uomini. Non essere superba di

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questa tua origine. Rimani sempre umile. Essere regina degli uccelli significa amare tutta la tua specie, amare la natura, proteggerla. Ricorda: non essere vanitosa.Melinda ascoltò in silenzio le parole del re degli dèi e capì che non doveva più essere superba con i suoi simili. Il vero re sa essere buono e rispettoso di tutti, si disse.

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Baruk, piccolo artista dei Camuni

Ciao, io mi chiamo Baruk. Sono un ragazzo di dieci anni che vive sulla montagna, in uno dei tanti villaggi camuni che ci sono nella zona. Noi viviamo felici e tranquilli sulle nostre belle

montagne. Spesso vado con mio padre a gli altri adulti a fare una battuta di caccia per procurarci il cibo necessario alla nostra alimentazione e per ricavare abiti dalle pellicce degli animali uccisi. Mia mamma e le altre donne poi li confezionano per tutti gli abitanti del villaggio. Ogni tanto, insieme ad altri amici, mi diverto a pitturare scene di caccia e di vita quotidiana sulle pareti delle nostre caverne. Sono davvero belli. Credo che da grande farò l’artista!

I leoni che impararono a ruggire

Un’antica leggenda narra che tantissimi anni fa, alle pendici dell’Etna, in una foresta naturale che adesso non esiste più, viveva un branco di leoni. Erano degli animali davvero fieri e splendidi, dei veri e propri re degli animali. La loro criniera dava più sul rossastro che al giallo dorato, simile alla lava che

usciva ogni tanto dalla montagna brontolona. Questi leoni avevano, però, una particolarità: non sapevano ruggire. Diversamente dai leoni africani, questi non riuscivano proprio ad emettere che un vago miagolio, molto simile a quello dei gatti.

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Un giorno arrivò in quella foresta un leone dell’Africa Nera, portato lì, da alcuni cacciatori. Quando incontrò i suoi simili e vide che non ruggivano, disse loro: - Ma che razza di leoni siete! Non sapete che noi, nella savana, siamo i veri dominatori degli animali? Dovete imparare a ruggire, altrimenti tutti vi prenderanno in giro.I leoni dell’Etna, sentendo quelle dure parole, si mortificarono.

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Una notte, però, un terribile boato si udì in quella valle di foreste. Il vulcano, all’improvviso, si mise a parlare, anzi a gridare. Rooooooarr, rooooarrr. Dal cratere cominciò a venire fuori la lava insieme a tanti pietre. Il suono era davvero terrificante. Spaventati da quel rumore, i leoni fuggirono, ma, strada facendo, forse per la paura, incominciarono anche loro a ruggire, imitando, in questo la grande montagna. Adesso, però, avrebbero fatto paura a tutti. Di quei leoni, però, non si ebbe più notizia. Forse sono andati anche loro in Africa, perché in Sicilia non ne esistono più.

Gabriel, il principe che salvò Elisabeth

C’era una volta una principessa di nome Elisabeth che era molto triste perché la strega Crudelia l’aveva rinchiusa nel suo oscuro castello. Vi siete chiesti perché la malvagia donna l’avesse imprigionata? Perché Elisabeth era davvero bella, ma non solo, era un angelo. Molti avevano desiderato sposarla, ma ogni spasimante venivano trasformato da Crudelia in un brutto rospo.Un giorno il principe Gabriel passò da quelle parti. Guardò in alto e vide, da dietro le sbarre di una finestra del castello, la

giovane Elisabeth. La fanciulla piangeva a dirotto e non si fermava più. Incuriosito ma anche impietosito dalle lacrime di Elisabeth, si avvicinò al castello e chiese alla ragazza il motivo del suo pianto.

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Elisabeth raccontò tutto a Gabriel, che, subito dopo, andò dalla Fate delle Acque, che viveva in un grande lago posto sotto una montagna. Gabriel disse alla fata: - Oh, fatina bella, una principessa bella come tutto l’universo è tenuta prigioniera da Crudelia, una strega davvero cattiva. La fata gli rispose: - Tieni questa boccettina. Se riuscirai a far bere alla strega un po’ di questa acqua, lei dormirà per più di mille anni. Gabriel prese l’acqua fatata, s’incamminò verso il castello, ma prima di arrivare si travestì da povero contadino.

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Crudelia appena lo vide arrivare, gli chiese: - Cosa porti in mano, giovane contadino? Ho con me l’acqua dei miracoli. – rispose il principe – Regala a chi la beve l’eterna giovinezza e la bellezza! Ne porto un po’ a mio padre, che sta morendo. Spero di salvarlo e di regalargli l’immortalità.A queste parole, Crudelia esclamò: - Danne un po’ anche a me, sto invecchiando e voglio tornare giovane.Gabriel regalò allora mezza boccetta d’acqua alla strega. Crudelia bevve avidamente, ma, all’istante, s’addormentò. Il giovane liberò Elisabeth e si sposò con lei- Ebbero due figlie, Sissi e Paul…E vissero felici e contenti.

Cappuccetto Bianconero

C’era una volta e c’è ancora una bambina di nome Sara, ma tutti la chiamavano Cappuccetto Bianconero perché era una grandissima tifosa di calcio. Ovviamente, la sua squadra del cuore era la Juventus, che amava proprio tanto. Sognava sempre di andare a Torino per incontrare i suoi giocatori del cuore, come Del Piero, Marchisio, Buffon, Pirlo, Chiellini. Spesso a scuola andava vestita con la tuta con lo stemma della Juve e sotto indossava la mitica maglietta bianconera.I suoi compagni milanisti e interisti la prendevano un po’ in giro per questa sua passione, ma lei era fiera della sua squadra. Addirittura un giorno scrisse una bella lettera a Capitan Alex, dicendogli che voleva visitare lo Juventus Stadium e assistere ad una partita.Con sua grande sorpresa, dopo due settimane, da Torino arrivò la risposta. Nella lettera, firmata dal capitano, c’era scritto che lei e un suo amico erano invitati ad assistere all’allenamento della Juve e a vedere una partita del campionato.

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Cappuccetto Bianconero così partì per Torino, andò a vedere l’allenamento e si fece fotografare insieme a tutti i giocatori della sua squadra del cuore. Capitan Alex la riempì di regali: magliette, sciarpe, tute, gagliardetti tutte rigorosamente in bianconero. La domenica poté assistere alla partita e vedere vincere la Juve. Cappuccetto Bianconero era felice!

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Quando i leoni erano muti!

Tanto tempo fa i leoni abitavano nella savana africana, ma erano muti. Tutti gli altri animali avevano il loro verso: gli elefanti barrivano, i serpenti sibilavano, gli asini ragliavano, i buoi mugghiavano, i cavalli nitrivano, le oche starnazzavano, i merli fischiavano, i topi squittivano. Insomma ogni specie aveva un proprio verso che la

distingueva da tutti le altre. I leoni, no, non riuscivano proprio ad emettere un loro verso. Erano poi mansueti e buoni.Un giorno il dio della giungla chiamò attorno a sé tutti gli animali e disse loro: - Non vi sembra strano, che l’animale più forte come il leone, non sa parlare? Dobbiamo prendere provvedimenti perché lui deve fare il suo verso. L’ippopotamo, allora, esclamò: - Lancia i tuoi tuoni per giorni e giorni sulla giungla, forse a furia di sentirli, anche i leoni impareranno il loro verso.E così fu. Piovve per giorni e giorni e i tuoni rombavano continuamente nell’aria. I leoni, correndo di qua e di là per cercare un riparo, iniziarono a ruggire fortemente. E da allora tutti i leoni ruggiscono.

La fata della luce

C’erano una volta due bambini, Roberta e Salvo, che un bel giorno, mentre stavano facendo una bella passeggiata nel bosco, persero la strada e si ritrovarono, dopo un po’, davanti a un vecchio castello abbandonato.

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I due bambini, impauriti, ma anche molto curiosi, entrarono nel vecchio edificio. Senza rendersene conto, girando per le grandi e numerose stanze, si fece notte. Con il buio i due non riuscirono a trovare la strada del ritorno. Allora si misero a piangere per la paura, ma tutto ad un tratto, apparve loro una fatina che brillava di luce. La fatina diede ai bambini una matita, una gomma e una penna. Poi scomparve. Roberta e Salvo lanciarono in aria la matita e, all’istante, si accesero le luci: Camminarono per i lunghi corridoi e ritrovarono l’uscita.

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Dopo si ritrovarono in un labirinto. Salvo lanciò la gomma in aria e comparve la via giusta per l’uscita. Una volta fuori Roberta fece cadere la penna e, all’improvviso, videro spuntare un cavaliere in groppa ad un cavallo bianco. Il giovane afferrò i due bambini, li mise sopra al cavallo e li portò a casa loro.

La strega che aveva paura dei ragni

In un antico castello viveva, tanto tempo fa, una strega brutta, vecchia e storta, ma, soprattutto, era molto cattiva, invidiosa e gelosa di tutti. Lei si chiamava Nerilde e odiava tanto la bellissima Beatrice, principessa degli Elfi Bianchi.

Un giorno Nerilde fece rapire Beatrice dai suoi orchi e la fece portare al castello, dove la fece rinchiudere nella torre. Ogni tanto la faceva uscire e, scortata dagli orchi, le faceva pulire tutto il castello. Doveva togliere da ogni angolo anche la più piccola delle ragnatele, visto che lei aveva un terrore matto dei ragni.La principessa voleva scappare, ma non sapeva come fare. Aveva capito che Nerilde voleva sconfiggere i suoi Elfi e dominare tutto il mondo. Stava preparando un temibile esercito di rochi, che, pian piano, arrivavano da ogni parte. Molti cavalieri, chiamati dagli Elfi, avevano cercato di liberare Beatrice, ma le loro spade e le loro lance si spezzavano prima di toccare il bersaglio. Alcuni di loro furono uccisi dagli orchi, altri furono trasformati in statue di sale. Rimase solo un giovane a combattere. Si chiamava Manfred. Di nascosto, si avvicinò alla torre e riuscì a

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parlare con Beatrice, che gli disse che la strega aveva una paura matta dei ragni.Manfred, nascondendosi agli orchi, riuscì ad afferrare, per la campagna, quanto più ragni poteva. Li mise in un sacco e li portò dalla principessa, che lanciò le sue lunghe trecce per afferrare il sacco.Quando la strega entrò nella torre, Beatrice le tirò addosso il sacco, da cui uscirono tutti i ragni. A quella vista Nerilde, morì per la paura. Beatrice fuggì via con il suo cavaliere. Gli orchi, senza una guida, scapparono via e si nascosero per sempre.

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La principessa Dora e il principe Federico

C’era una volta una bella e buona principessa di nome Dora, che amava tanto i bambini. Ogni sera andava per la città e portava a quelli più poveri del cibo. A volte cantava per loro, intonando, con la sua celeste voce, meravigliose canzoni.Tutti la amavano, tranne la sorellastra Clelia, che era gelosa della sua simpatia e della sua popolarità. Un giorno Clelia, mentre Dora andava in giro per la città, approfittando della sera e del buio, la fece rapire da alcuni cattivi malfattori, che aveva pagato prima. I rapitori la portarono in una caverna segreta, dove Clelia li aspettava con ansia. La sorellastra, che era anche una strega, stava preparando un pozione magica per trasformare Dora in una bambola di porcellana, che avrebbe regalato poi alla figlia di un’amica lontana. Eccoti qui, finalmente! – esclamò con malignità Clelia – Appena avrò finito questo lavoro, mi libererò di te!Nel frattempo, però, la notizia del rapimento della principessa si era diffusa in tutto il regno. Un giovane principe, di nome Federico, che non era di quelle parti e non era nemmeno ricco, seppe della notizia e decise di aiutare la fanciulla. Federico andò dalla sua madrina, Viola, la Fata degli Specchi, e le disse: - Cara madrina, voglio aiutare la principessa Dora. E’ stata rapita e non si hanno sue notizie. La fata gli rispose: - Io so chi l’ha rapita. E’ stata la sorellastra, che ha un rifugio segreto nei pressi del Bosco delle Betulle. Tieni questo specchio magico. Se lei si guarderà, rimarrà intrappolata per sempre dentro lo specchio. Non perdere altro tempo, perché Dora corre un grave pericolo.Federico, senza perdere tempo, partì con il suo bel cavallo bianco e, in un baleno, arrivò nell’antro di Clelia, proprio

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mentre lei cercava di far bere a Dora la sua pozione magica.Il giovane cavaliere chiamò Clelia, che si girò e vide lo specchio. Le piacque così tanto che lo chiese al giovane. Senza pensarci Federico glielo donò. Mentre Clelia si specchiava, una luce verde la risucchiò all’interno dello specchi. Dora era libera. Tornò nel suo regno, si sposò con Federico…e vissero tutti felici e contenti. Dora aprì molte scuole per i bambini e donò ai loro padri le terre necessarie per lavorare e vivere bene.Nel suo regno nessuno doveva soffrire la fame e l’ignoranza.

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La piccola fanciulla

Tanto tempo fa, in una casa modesta ma confortevole, vivevano una donna con due giovani figlie. La figlia maggiore si chiamava Sheryl, mentre la minore Rosemary. Sheryl aveva gli occhi azzurri, i capelli biondi, il collo aggraziato, il naso a

punto e le labbra sottili. Era affascinante e molto bella, però era un po’ altezzosa e superba. Rosemary, invece, aveva capelli e occhi castani, il viso rotondo, le labbra carnose e le orecchie a sventola. Diciamolo pure: era bruttina. Possedeva, però, una grande dote: era gentile e affettuosa con tutti.Un giorno il principe Harold decise di organizzare una festa nel salone del suo castello. Voleva ballare con tutte le ragazze per scegliere la sua principessa. Sheryl era felice di andare, mentre Rosemary rinunciò perché sapeva che non sarebbe stata scelta. Sheryl la prendeva in giro e le diceva: - Sceglierà me, tu sei troppo brutta per diventare principessa! La piccola ragazza se ne andò in giardino da sola e iniziò a piangere, quando ad un tratto le apparve la Fata Sbrodolina, che le disse: - Io sono una fata, mia dolce fanciulla. So che tu sei buona e gentile con tutti. Meriteresti di essere tu la principessa.Come farò? – rispose Rosemary – Sono bruttina e non credo che il principe sceglierà me!Non preoccuparti! – esclamo la fata – Eccoti!

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All’improvviso la fanciulla si trasformò per sempre in una stupenda fanciulla con gli occhi del cielo e i capelli d’estate.La ragazza andò al ballo. Il principe Harold la vide e volle ballare solo con lei. Il giorno dopo si sposarono…e vissero felici e contenti.

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Vorrei essere una farfalla

Un giorno, mentre ero in giardino per giocare, mi fermai e dissi ai miei amici: - Vorrei essere una farfalla che vola nel cielo e vedere dall'alto le meraviglie del mondo: i prati, i fiumi, gli alberi, i fiori, i laghi. Tutte cose create da Dio. Gli amici mi guardarono un po' stupiti, ma io continuai: - L'uomo di dimentica

troppo spesso quali siano al mondo le cose importanti. La natura lo è di sicuro, ma noi la stiamo distruggendo con le nostre azioni, specialmente con l'inquinamento. Sì, ve lo ripeto, vorrei essere una farfalla per avvicinarmi ad ogni uomo, parlare ad ognuno e sussurrargli all'orecchio di amare, proteggere e rispettare tutta quanta la natura.

Il lago magico

C’era una volta un contadino che aveva un figlio da crescere. La moglie era morta dopo un po’ di tempo per qualche brutta malattia. Il contadino, che si chiamava Mikael, era preoccupato perché non voleva che il bambino, a cui aveva dato il nome di Rafael, crescesse solo, nel caso anche lui si ammalasse e morisse. Un giorno venne a sapere da una fata che vicino alla Montagna Incantata c’era un lago le cui acque avevano poteri magici e miracolosi. Nessuno, però, ne era a conoscenza, tranne lei che era la fata protettrice del lago. L’uomo prese il bambino e andò sulla montagna, poi l’afferrò per il tallone lo immerse per pochi secondi nelle acque. Il figlio adesso era diventato immortale e avrebbe avuto, per sempre, il dono dell’eterna giovinezza. Rafael crebbe e restò giovane. Tutte le fanciulle del regno volevano sposarlo, tranne una: la bella Helene. Il giovane, quando, la incontrò s’innamorò di lei, ma Helene gli disse

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che non poteva sposarlo, perché lui era ormai immortale. Rafael allora, per amore, andò dal Mago del Lago e si fece togliere l’immortalità. Poteva adesso sposare la sua Helene. Adesso Rafael era felice.

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Gli scoiattoli indiavolati

C'erano una volta due scoiattoli molti vivaci. Si rincorrevano spesso come diavoli, soffiando, stridendo, in uno sfrascare rabbioso di foglie, in un saltare pazzesco da ramo a ramo, in una serie di scivolate, di voli, di capriole, di finte

cadute.I due scoiattoli si chiamavano Cippi e Cioppi. Cippi disse a Cioppi: - Facciamo una gara: io corro e tu dovrai catturarmi. Sono sicuro, però, che non mi prenderai!Tu lo dici! - esclamò Cioppi - Credo proprio che t'acciufferò!Iniziarono allora a rincorrersi come due indemoniati, quando, all'improvviso, spuntò sull'albero una scimmia con lo sguardo feroce e con l'aria affamata. La scimmia urlò verso i due: - Correte! Correte! La vostra corsa è ormai finita, perché io vi mangerò!Cippi e Cioppi, impauriti, ma decisi a salvare la pelle, si guardarono negli occhi e, nello stesso tempo, tutti e due diedero due morsi ai piedi della scimmia, che cadde dall'albero e poi fuggì via. I due scoiattoli furono salvi. L'unione fa la forza.

L’alieno ecologista

C'era una volta un alieno che si chiamava Lunatik. Era un abitante della Luna, il nostro satellite, brullo e arido come i deserti africani, anzi peggio! Lunatik si era stancato di vivere in questo luogo così triste e isolato. Allora decise di partire e decise di prendere

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per la via lattea in cerca di un pianeta più bello e pieno di verde. Ad un tratto spuntò un drago volante con tre teste che sputavano fuoco. Il drago era un demone distruttore e voleva che tutto il mondo fosse un deserto, così con le sue lingue di fuoco bruciava tutto lo spazio.Lunatik ebbe paura perché così rischiava di non trovare nessun pianeta pieno di verde. Per fortuna arrivò il Cavaliere dello Spazio, che con la spada di luce tagliò le tre teste al drago.

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Così Lunatik poté continuare il suo viaggio. Dopo tanto viaggiare il nostro amico alieno arrivò su pianeta bellissimo, dove c'era tanto verde, alberi alti e bellissimi e tanti ma tanti ruscelli. Era davvero splendido. Questo pianeta era la Terra. Lunatik era felice, ma pensò: - Speriamo che nessuno rovini e inquini questo magnifico posto!

La fata del fiume

C'era una volta una bella principessa di nome Iris, che viveva in un bel castello che aveva tante torri. Iris era una giovane sempre allegra, sincera e buona. Alle sue feste invitava sempre tante persone: anche i più poveri del regno erano invitati al castello.Era una donna amata proprio da tutti.Un giorno decise di far venire nel suo castello tutti i bambini della zona, perché voleva creare una scuola per loro. Voleva che tutti imparassero

a leggere e a scrivere, a conoscere la storia, la geografia, le scienze e la matematica. Uno stregone cattivo, però, invidioso della bellezza e della bontà di Iris, fece un incantesimo e, in un baleno, fece finire il castello sotto il fiume che scorreva lì vicino. Erano tutti disperati perché ormai stavano diventando dei pesciolini. Per fortuna da lì passò il principe Axel, che vide il castello sotto il fiume. Era il figlio di e Artù, un re buono,

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coraggioso, ma soprattutto generoso. Axel decise di aiutare tutti gli abitanti del castello.Ricordandosi delle formule magiche del suo amico Mago Merlino, Axel disse: - Xarabas! Bel Castello torna su!Il castello tornò al suo posto e il mago cattivo fuggì via. Il principe vide la bella principessa e dopo la sposò. I bambini andarono a scuola e vissero tutti felici e contenti

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Il pettirosso e il pavone vanitoso

Una bella mattina di primavera, quando gli animali cominciano a svegliarsi, mentre il sole tiepido inizia a riscaldare tutta la campagna, un pettirosso affacciandosi dal proprio nido vide che alle radici di un grosso albero c’era un pavone che con la sua bellissima coda aperta si atteggiava molto vanitosamente liberamente

per la campagna.Subito il pettirosso con molta prudenza pensò di dover avvertire immediatamente il pavone che si trovava in un grosso pericolo.Volava, infatti, da qualche giorno in quella zona, una grossa e affamata Aquila reale che catturava le sue prede buttandosi velocemente in picchiata dall’alto senza dare scampo.Il pettirosso dunque con un agile balzo uscì dal nido e volò giù per raggiungendo il pavone. Cosi gli disse: - Caspita che bellissima coda che hai! Ti consiglio però di metterti subito al riparo perché nei dintorni da qualche giorno ho visto volare una grossa Aquila reale molto affamata.Rispose il pavone, con tono superbo continuando ad atteggiarsi e senza riflettere alle parole del pettirosso: - Tu stesso hai detto che ho una bella coda, a cosa serve dunque se non posso metterla in mostra liberamente? E continuò, vanitoso, a passeggiare con la sua coda aperta in mezzo alla campagna chiedendo al pettirosso:- Tu piuttosto cosa sai fare di bello?All’improvviso dal cielo, a una velocità impressionante venne giù la signora Aquila che come un fulmine si abbatté

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sul pavone indifeso e ignaro di quello che stava per capitargli. L’aquila afferrò con i suoi grossi artigli il collo del pavone che fortunatamente con un’abile mossa riuscì con la forza della disperazione a liberarsi da quella presa mortale, riparandosi velocemente dietro una roccia lì vicina.L’aveva scampata proprio bella. Se avesse riflettuto subito alle parole del pettirosso, non avrebbe vissuto mai quella brutta vicenda.

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Cappuccetto Grigio che divenne Cappuccetto d’Argento

C'era una volta una bambina di nome Grigina, che abitava in un paese lontano, sconosciuto alla maggior parte delle persone della terra. Il suo paese si chiamava Grigiolino. Grigina aveva i capelli rossi, gli occhi azzurri come il cielo, il naso raffinato e piccolino. Era una bella ragazzina, ma era sempre triste

perché i suoi genitori erano andati lontani in cerca di lavoro e a lei non bastava l'affetto dei suoi nonni, anche se questi faceva di tutto per renderla allegra e serena. Niente da fare il suo umore era proprio grigio. Un giorno aveva indossato una mantellina grigia e così tutti la denominarono cappuccetto Grigio. A lei questo nome non dispiaceva e diceva tra sé e sé: - Questo nome è quanto mai azzeccato, visto sono sempre così grigia di carattere. Me lo terrò per sempre.Un giorno si scatenò una tempesta infernale: c'era vento, pioggia e grandine. Il cielo era buio e grigio, proprio come il carattere della nostra Cappuccetto Grigio. Il suo paese fu devastato e distrutto. I nonni piangevano per la disperazione, poiché avevano perduto tutto. Anche la casa era crollata. Cappuccetto Grigio, però, non si disperò e andò dalla Fata delle Nevi, che abitava vicino ad un lago ghiacciato. La fata le disse: - Non disperatevi. Tutto tonerà come prima, anzi più bello di prima!Detto fatto. Dopo qualche giorno arrivò nel paese ormai quasi distrutto una slitta trainata da otto renne. La slitta brillava come l'argento, anzi a ben guardare era proprio

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fatta d'argento. Con sorpresa di Cappuccetto Grigio, sulla slitta c'erano i suoi genitori. Con loro avevano tanti sacchetti d'oro e d'argento, che avevano trovato in una miniera. Il paese così fu ricostruito più bello e più piacevole di prima. Tutti erano finalmente allegri e felice. Cappuccetto Grigio si disse: - D'ora in poi mi chiamerò Cappuccetto d'Argento!

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Cappuccetto Celeste e la Fata Turchina

C'era una volta una bambina che si chiamava Celestina, che abitava in un piccolo ma bel paese nei pressi di un lago, dalle acque celesti come il cielo. Tutti la chiamavano Cappuccetto Celeste perché indossava sempre un cappotto con un cappuccio celeste. Era alta per la sua età e

aveva i capelli lisci come la seta, mentre i suoi occhi erano azzurri come il mare d'agosto. I suoi genitori le volevano tanto bene ed erano fieri di lei, perché era molto simpatica, buona e intelligente. Tutti in paese l’amavano proprio per la sua simpatia e bontà. Cappuccetto Celeste aveva una amica del cuore: la Fata dai Capelli Turchini. Era la sua protettrice e, ogni tanto, l'andava a trovare per trascorrere un po’ di tempo con lei.La fata, però, viveva in fondo al mare, non lontano dal suo lago, in una piccola grotta dove tutto era celeste come uno smeraldo. La piccola s'immergeva con una bombola di’ossigeno e, via, in un poco tempo era dalla sua amica. Un giorno, però, prima di arrivare alla grotta, incontrò un enorme squalo bianco. Lo squalo non appena la vide cercò di divorarla in un sol boccone. Cappuccetto Celeste, allora, cercò di fuggire, ma lo squalo, spingendosi fortemente con le sue pinne, stava per raggiungerla. Cappuccetto Celeste si sentì perduto, ma, all'improvviso, la Fata Turchina, insieme, al suo amico l'Elfo Azzurro dell’Oceano dei cristalli, riuscì a fermarlo, uccidendolo con un perfetto colpo d'arpione. La ragazza era così salva. Dopo avere abbracciato l’elfo e la fata, poté tornare a casa sana e salva. Ma che brutta avventura aveva vissuto! Questa, però, non l’avrebbe

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raccontata a nessuno, per non fare preoccupare i suoi amatissimi genitori.Cappuccetto Celeste non avrebbe, però, mai rinunciato alle sue gite subacquee. Magari si sarebbe fatta accompagnare da un suo amico pescatore, famoso per la caccia agli squali.

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Billi, il pesciolino che non sapeva nuotare

C’era una volta nelle profondità del mare un piccolo e giovane pesciolino che si chiamava Billi. Strano a dirsi, Billi non sapeva nuotare! Se ne stava fermo sul fondale marino e non si muoveva mai. Tutti i suoi compagni lo prendeva in giro e gli dicevano: - Ma che bel pesce che sei!!!!

Dovevi nascere uovo, altro che pesciolino! Muoviti pigrone!!!Lui, però, non riusciva a muoversi, nonostante i suoi goffi tentativi. Un giorno dalle sue parti passò un delfino, che nuotava tutto spedito e con molta agilità. Billi lo chiamo e gli disse: - Ehi!, amico, fermati un attimo. Come ti chiami? Io Billi.Il delfino gli rispose: - Mi chiamo Tommy. Vivo nei pressi dell’Isola Azzurra e ogni tanto mi piace nuotare per il mare. Come mai te ne stai sempre fermo?Io non so nuotare! – esclamò timidamente Billi – Tutti mi prendono in giro per questo. Ma che posso farci? Non ci riesco proprio! Aiutami, per favore!Tommy, sorridendo, gli disse allora: - Non preoccuparti, sicuramente imparerai anche tu, come tutti gli altri. Ti manca un maestro. Eccolo qua, il tuo insegnante.Tommy prese allora il piccolo pesciolino sul suo muso e lo portò in alto. Billi, anche se aveva una paura matta, iniziò a muovere le pinne e a dare piccoli colpi di coda, riuscendo, finalmente, a nuotare. Era davvero felice.Tommy gli disse: - Era la tua paura a tenerti bloccato. Adesso potrai vivere felice. Ricorda che ogni ostacolo potrà essere superato solo con la forza di volontà.Grazie di cuore. – urlò Billi – Se ho superato questo problema è grazie a te, che ti sei dimostrato, seppur

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conoscendomi poco, un vero amico. E’ vero: chi trova un amico trova un tesoro. Tu sei il mio.Sicuramente verrò a trovarti spesso – gli disse allora Tommy – Queste tue parole sono davvero belle. Sarò per te un buon amico. Ciao, a presto, carissimo Billi.

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Il principe coraggioso

C’era una volta Philippe, un principe bello, forte e coraggioso, che era perdutamente innamorato della principessa Elena, detta La Bella. Era, come dice il suo nome, davvero splendida e bellissima. Aveva i capelli neri e lisci come la seta, gli occhi verdi come due smeraldi, la bocca minuta e aggraziata. Tutti

impazzivano per lei. Anche il Mago Nero aveva perso la testa per lei, ma la giovane principessa non voleva saperne di lui. Il Mago, mentre Elena passeggiava per il parco, la rapì e la portò nel suo scuro e triste maniero. La giovane era disperata. Molti cavalieri, che avevano assistito al suo rapimento, si erano messi all’inseguimento del mago, ma questi, grazie ai suoi malvagi incantesimi, li aveva trasformati in alberi della foresta.Philippe voleva liberare Elena, ma temeva di diventare anche lui un albero. Pian piano, però, si avvicinò al castello e nei suoi pressi incontrò un folletto vestito di rosso fuoco. Il piccolo folletto gli chiese: - Cosa cerchi, bel principe? Philippe rispose: - Cerco un po’ di fortuna, perché devo liberare Elena La Bella, principessa del regno vicino al mio. Il Mago Nero l’ha rapita e la tiene prigioniera nel suo buio castello. Il folletto, senza pensarci un attimo, gli diede una pozione magica, dicendogli: - Io ti aiuterò, perché il mago ha ucciso molti altri folletti, miei amici. Con questo filtro riuscirai ad entrare nel castello. Ricordati, però, di non usarlo tutto in una volta. Metà lancialo sulla porta, nessuno di vedrà entrare. L’altra metà lanciala ai piedi del mago. Hai capito?Sì! - esclamò Philippe. Il giovane fece proprio come gli aveva comandato il folletto. Entrò nel castello e, non

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appena vide il temibile mago, gli lanciò contro metà della pozione. Immediatamente, s’accese un fuoco e il mago sparì dentro un vortice di fumo. Elena era salva. Philippe la liberò e la riportò a casa. Philippe disse alla principessa se voleva sposarlo. Elena gli rispose: - Certamente. Sei un giovane bello e coraggioso. Insieme saremo felici. Il matrimonio fu celebrato dopo un mese e alla cerimonia parteciparono anche i folletti e i cavalieri che erano stati trasformati in alberi e che erano ritornati uomini. Ci fu una grande festa!

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Giuseppe che volle diventare cavaliere

Cera una volta un giovane di nome Giuseppe, che era molto povero, anche se era bravo ad usare la spada. Una volta, quando era più ragazzo, un cavaliere di passaggio dal suo villaggio, per ricompensarlo dell’ospitalità, gli aveva insegnato l’arte della spada. Col tempo Giuseppe era diventato un bravissimo spadaccino. Un giorno, però, qualcuno gli rubò la spada, dono del cavaliere, così egli rimase senza. Era molto povero

per comprarne un’altra. Sembrava che il sogno di diventare cavaliere fosse finito per sempre. Dopo un po’ di tempo, il giovane venne a sapere che il Mago della Notte aveva rapito la giovane e bella Cristina, principessa del Regno della Luce. La teneva prigioniera nella sua torre, alta cento metri! Giuseppe pensò di liberarla, avvertendo dentro di sé la forza e il coraggio del vero cavaliere. Non sapeva, però, cosa fare visto che non aveva più la spada. Pensò pertanto di vendere il suo unico asino al mercato e col ricavato comprare un’armatura con la spada. I soldi della vendita, però, non gli bastarono e riuscì a malapena a comprare solo l’armatura. Quando ormai aveva perso le speranza, mentre andava a piedi per la foresta, gli apparve all’improvviso una dolce e bella signora, che gli disse: - Salve bel giovane, sono la Fata del Giorno. Non sopporto che la mia figlioccia Cristina sia tenuta prigioniera dal quell’orribile mago. Vai nel Lago degli Elfi, lì troveri qualcosa. Giuseppe ringraziò la fata e, senza indugiare, si mise in cammino, arrivando molto presto al lago. Qui, proprio al centro delle acque, vide una forte luce: una mano uscì dal lago, un pugnando una spada. Il giovane

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prese una barca, andò proprio in direzione della luce e afferrò la spada. Si sentiva davvero forte e invincibile!Giuseppe si recò alla torre del mago. Il malvagio stregone gli si parò davanti con una spada magica, che metteva una grande luce abbagliante, ma il giovane non s’impaurì e, avanzando pian piano, riuscì a sconfiggere il terribile Mago Nero. Cristina era salva. La ragazza, tutta felice, condusse con sé Giuseppe e, dopo averlo fatto nominare vero cavaliere con il titolo di Sir, lo sposò. E tutti vissero ancora una volta felici e contenti.

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Quando la farfalla non aveva i colori

Tanto tempo fa la farfalla non aveva i colori. Volava di fiore in fiore, ma nessuno la vedeva: le sue ali erano trasparenti e tutte le margheritine, le rose, i tulipani, le campanule vedevano solo cielo o i rami e le foglie degli alberi. La farfalla era disperata perché non riusciva a fare amicizia con nessun fiore.Un giorno arrivò sul ramo d’un

albero e si mise a parlare con sé stessa: - Povera me, nessuno mi nota. Sono davvero così brutta?Ma no! – disse una voce proveniente dal centro dell’albero – Non sei per nulla brutta. Ti manca soltanto un po’ di colore! Tuffati nei fiori, non appoggiarti solo sui loro petali, vedrai che presto sari più bella dell’arcobaleno.Grazie del consiglio, amico albero! – rispose la farfalla – Mi farò il bagno nei fiori, stanne certo. Così la farfalla iniziò a tuffarsi nei fiori di melograno, di camomilla, nei petali delle margherite e delle rose. Ben presto divenne multicolore. Adesso sì che era bella. Tornò dal suo amico albero e si presentò nel suo splendore. L’albero le fece l’occhiolino ed esclamò: - Che ti avevo detto? Sei splendida!Da quel giorno la farfalla volò di fiore in fiore e tutti la notarono. Adesso era felice.

Sofia e le sorelle invidiose

Tanto tempo fa, in un povero paesino sperduto tra le montagne, c'era una famiglia molto ma molto povera. la famiglia era composta da mamma, papà e tre figlie. i genitori erano disperati perché non sapevano come mantenere le loro figliole. Azzurra e Bianca erano gemelle,

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mentre Sofia era la minore. Erano tutte e tre molto belle, ma Sofia, che aveva gli occhi azzurri come il mare e i capelli dorati e brillanti come il grano al sole, aveva qualcosa in più: un fascino tutto particolare, che gli veniva dalla sua semplicità e bontà d'animo.Le due gemelle erano invidiose di questo fatto e non perdevano l'occasione per litigare con lei, accusandola di tutto.

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Senza di lei - dicevano ai genitori - saremmo più tranquilli e con più possibilità di vivere meglio!Sofia non sopportava più la cattiveria delle sorelle e non voleva più essere un peso per i genitori, così un giorno decise di fuggire via. Attraversò a piedi boschi e foreste, fiumi e montagne, quando fu per essere aggredita da alcuni banditi, ma il principe David, figlio del re di quella zona, vide il pericolo che correva la ragazza e con la sua spada mise in fuga i tre malviventi.Sofia gli fu riconoscente. Davide, abbagliato dalla bellezza della fanciulla, la portò con sé a palazzo e le chiese di sposarlo. Sofia accettò, ma a condizione che anche la sua famiglia venisse a vivere nel castello. Il principe mandò i suoi soldati a prendere la famiglia della ragazza. I genitori erano felici, ma anche le sorelle le chiesero perdono della loro malvagità. Fu un matrimonio felice e splendido.

Una miracolosa trasformazione

C’erano una volta, in un lontano paese di montagna, due sorelle: una bella e l’altra brutta. Quella bella si chiamava Marta, la brutta si chiamava Aurora. Aurora era sempre triste perché nessuno la voleva in sposa. Tutti corteggiavano la sorella, che, spesso, la prendeva in giro: - Rimarrai zitella perché nessuno ti vorrà come moglie.Aurora era disperata. Un bel giorno, però, un bambino, bello come un dio, passò da lì e vide la fanciulla che piangeva, così le disse: - Perché piangi, bella fanciulla?Piango – rispose Aurora – perché nessuno mi vuole sposare e poi non sono bella come dici tu!Non è vero – esclamò il bambino – Vai al fiume, lava il tuo viso leggermente e poi specchiati nelle sue acque!Dette queste parole, il bambino se ne andò via. Aurora, senza crederci molto, fece come le aveva detto il bambino. Andò al fiume, lavò il suo viso e si specchiò nelle acque. Sorpresa delle sorprese, si vide bellissima, anzi splendida! Aurora era felice, seppure incredula.

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Dopo qualche tempo, passò dal suo paese un giovane principe, che la notò fra tutte. La chiese in sposa e la portò al suo castello. Si sposarono e vissero felici e contenti. Aurora un giorno sarebbe diventata una grande regina,m anzi sarebbe stata amata da tutti.

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Il bambino e il puffo (storiella andata e ritorno)

Un bambino voleva un gelato. Andò dal gelataio e disse: - Gelataio, mi daresti un gelato al limone? Sì – rispose il gelataio – Ma tu dammi un palloncino.Allora il bambino dal venditore di palloncini: - Ciao, dammi un palloncino, il palloncino lo porterò al gelataio, e il gelataio mi darà un bel gelato al limone. Sì – rispose il venditore di palloncini – Ma tu dammi un giornale.Allora il bambino andò dal giornalaio: - Giornalaio, dammi un giornale, il

giornale lo porterò al venditore di palloncini, che mi darà un palloncino, il palloncino lo porterò al gelataio che mi darà un gelato al limone.Sì – esclamò il giornalaio – Ma tu dammi un birra.Allora il bambino andò dal birraio e disse: - Dammi una birra, la birra la porterò al giornalaio, il giornalaio mi darà un giornale, il giornale lo porterò al venditore di palloncini che mi darà un palloncino, il palloncino lo porterò al gelataio, che mi darà un gustoso gelato al limone.Il birraio disse: Sì, ma tu dammi un ciuffo di pelo di puffo che mio figlio colleziona.Allora il bambino andò dal puffo: - Puffo, puffo caro, dammi un pelo di ciuffo, il pelo lo porterò al birraio, il birraio mi darà al birra, la birra la porterò al giornalaio, il giornalaio mi darà un giornale, il giornale lo porterò al venditore di palloncini che mi darà un palloncino, il palloncino lo porterò al gelataio, che mi darà un gustoso gelato al limone. Il puffo, che era molto buono, rispose: - Porterò io stesso il mio ciuffo al birraio.

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Il puffo portò il suo pelo al birraio, il birraio diede la birra al bambino, il bambino portò la birra al giornalaio, il giornalaio diede il giornale al bambino, il bambino portò il giornale al venditore di palloncini, che gli diede un palloncino, il bambino portò il palloncino al gelataio, il gelataio diede un meraviglioso gelato al limone al bambino, che se lo sbafò lentamente. Erano tutti felici e contenti.

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Un cane particolare

Era un cane particolare perché il suo pelo era speciale e lui cambiava colore a seconda dell’umore delle persone che lo guardavano.Se tu eri arrabbiato e lo guardavi, il cane diventava rosso.Se eri disperato, diventava viola.Se eri affamato, giallo.Se eri innamorato, azzurro.Se eri imbarazzato, marrone.Se eri agitato, arancio.Se eri pacifico, verde.Se eri timido, celeste.Se eri contento, rosaInsomma, il sua padrone era disperato perché non riusciva a nascondere i suoi sentimenti a nessuno perché il suo gatto svelava sempre quale era il suo vero umore! Un giorno, decise di portarlo lontano perché non ce la faceva più! Il cane multicolore fu abbandonato sulla strada.

Primo Finale

Passarono alcuni giorni e del povero cane non si seppe più niente. Il suo padroncino, però, si accorse che senza il suo cagnolino non riusciva più a provare emozioni. Non si sentiva più disperato, né agitato, nemmeno nervoso e tantomeno innamorato. Insomma, era diventato una persona strana, completamente senza passioni. Se ne stava sempre seduto su una poltrona oppure sdraiato sul letto, quasi senza volontà. I suoi familiari, preoccupati per il suo stato di salute, lo portarono da medico, ma senza esito. Dopo un po’ di tempo, davanti alla porta di casa, si sentì abbaiare con insistenza. Il giovane allora corse ad aprire, vide il suo cagnolino e lo abbracciò a lungo. Da quel momento ritornò normale, un ragazzo che provava forti emozioni e , soprattutto, voleva tanto al suo piccolo e fedele amico.

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Secondo finale

Il cane si sentiva triste e solo. Fortunatamente passò da lì una bambina in compagnia di suo padre. Appena vide il povero cagnolino dal pelo così speciale, se ne innamorò e deciso, col permesso di papà, di portarlo a casa sua.

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Il piccolo animale era adesso era felice di avere ritrovato una nuova famiglia. Si sentiva amato dalla bambina, che lo aveva ribattezzato, proprio per la particolarità del suo pelo, col nome di Arlecchino.

Terzo finale

Il cane vagò solo per tutta la notte. L’indomani mattina incontrò un gatto, che gli chiese: - …ma tu sei il cane multicolore! Ho sentito tanto parlare di te. Come mai sei qui?Sì, sono io! – rispose il cane – Il mio padrone mi ha abbandonato e adesso sono senza una casa e sono rimasto solo.Il gatto allora lo invitò ad andare con lui, nella casa dei suoi padroncini, che amavano molto tutti gli animali. Il cane così trovò una nuova famiglia. Il gatto, anche se sapeva della particolarità del cane, si meravigliava sempre ogni volta che lui cambiava colore. Un giorno uscirono per andare a fare una passeggiata in un parco della città, dove videro una bella cagnolina, col pelo morbido e un fiocco rosa al collo. Era molto graziosa. Il nostro amico cane divenne tutto azzurro, così il gatto comprese che si era innamorato della cagnolina. Da allora andarono sempre al parco.

Quarto finale

Il cane, triste e solo, s’incamminò lungo la strada. Dopo un po’ passò da lì la carovana del circo e il proprietario, vedendo quell’animale così particolare, decise di portarlo con sé. Il cagnolino fece uno spettacolo, dove cambiava colore del pelo, a seconda dell’umore degli spettatori. Tutti rimasero sbalorditi. Il circo divenne famoso e dovunque arrivasse la gente faceva la fila per vedere il cagnolino multicolore, come l’arcobaleno. Il cane visse felice nel circo con i suoi nuovi amici. Il vecchio

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padroncino, leggendo del successo del cane, si pentì amaramente d’averlo abbandonato.

Quinto finale

Il cane vagò per tutta la notte al freddo, avvertendo la mancanza di cibo. Da lì si ritrovò a passare un bambino, che aveva lo sguardo triste e malinconico. Era disperato perché i suoi genitori stavano per separarsi. Il cane diventò, immediatamente, tutto viola. Il ragazzo rimase sorpreso davanti a questo evento, così decise di portare l’animale con sé.

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Da quel giorno, quasi per caso, le cose iniziarono ad andare meglio per il ragazzo. I suoi genitori, vedendo com’era stato male il figlio, si riconciliarono e decisero di rimanere insieme. La famiglia adesso era unita, anzi aveva un componente in più: il cagnolino chiamato adesso col nome di Arlecchino, che era diventato un portafortuna per il ragazzo, che migliorò anche a scuola. Adesso prendeva pure voti più alti!

Sesto finale

Il povero cane si sentì smarrito, triste e solo. Si fece coraggio e si mise in cammino finché arrivò nei pressi di un’abitazione che si trovava in mezzo ad una campagna. Si avvicinò all’uscio della casa, emise un debole lamento e poi svenne a causa della fatica e della fame. La famiglia che abitava lì vide il cane e si presero immediatamente cura di lui: lo coprirono con delle coperte per riscaldarlo e gli diedero da bere e da mangiare. Il figlio della coppia, di nome Carletto, era stato ammalato per una settimana, a causa del dispiacere provato per la morte del suo amato cane. Non appena vide il cagnolino, notò che il suo pelo aveva cambiato colore: non era più viola, ma rosa. Questo voleva dire che Carletto era contento di avere trovato un nuovo amico. I due divennero inseparabili.

Settimo finale

Il nostro amico colorato come Arlecchino si sentì perduto. Era stato abbandonato dal suo padrone. Non se l’aspettava proprio un tradimento così! Da quella strada passavano molte automobili, sfrecciando veloce sull’asfalto. Era pericoloso continuare a camminare lì, così si spostò e prese una strada di campagna, arrivando ben presto in un piccolo villaggio abitato da cinesi. Erano arrivati in Italia da poco e stavano cercando lavoro. Uno di loro notò il

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cagnolino e vide che il suo pelo era verde, poi divenne celeste. Il giovane si meravigliò di questo fatto e chiamò tutti i suoi amici. Tutti si meravigliarono nel vedere questo cane cambiare continuamente colore, finché uno dei cinesi comprese che il cambiamento era dovuto al mutamento dell’umore degli uomini. Così decisero di aprire un tendone con cui fare uno spettacolo con il cane. Sarebbe stata una cosa bella.

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La strega e la bambola di porcellana

C’era una volta Tiziana, una giovane e bella principessa amata da tutti per la sua bontà. Aiutava tutti, ma proprio tutti. Insomma era benvoluta da tutti i suoi sudditi, tranne la strega Crudelia, che la fece rapire di suoi orchi e la fece portare nel suo triste castello, dove tutto era nero e buio come la notte più profonda. La strega voleva trasformare la fanciulla in una creatura davvero mostruosa.Tiziana disperava di poter fuggire dal castello, che era ben sorvegliato dagli orchi. Decise lo stesso di provare a scappare. Si spogliò e con i suoi abiti fece una specie di corda per scendere dalla torre. La strega Crudelia, però, se ne accorse e la trasformò in una bambola di porcellana. La povera Tiziana fu messa su un divano ad addobbare il salotto del castello.Un giorno Crudelia ospitò a pranzo un giovane e bel cavaliere di nome Michele. La strega voleva che diventasse suo marito, Michele non voleva saperne. Crudelia, allora, aveva pronto il filtro per farlo innamorare di lei, così lo portò in salotto e gli offrì un digestivo insieme alla pozione magica. Mentre erano seduti, Michele sentì una vocina provenire dalla bambola di porcellana. Era un suono debole, ma lui capì lo stesso le parole. Aiutami bel cavaliere! – disse la vocina – Sono la principessa Tiziana e Crudelia è una strega, che, per gelosia, mi ha condotto in quest’orribile posto e mi ha trasformato in una bambola di porcellana. Vai dalla mia madrina, la Fata dei Boschi. Lei ti dirà cosa fare per vincere quest’incantesimo. Aiutami, ti prego!Michele non disse nulla. Si alzò e disse a Crudelia che doveva andare a sbrigare una faccenda urgente, ma poi sarebbe tornato e l’avrebbe sposata. Crudelia, tutta contento, lo lasciò andare. Michele, però, andò dalla fata dei Boschi, che gli disse così: - Prendi questo pettine magico e pettina i capelli della bambola di porcellana, vedrai che libererai tiziana dall’incantesimo.

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Prendi pure questo specchio magico e regalalo a Crudelia. Vedrai quel che accadrà!Il giovane cavaliere ritornò al castello della strega, che lo accolse a braccia aperte. Michele gli regalò lo specchio magico che splendeva come l’argento. Crudelia lo prese e vi si specchiò immediatamente. All’improvviso, fu catturata dallo specchio e vi precipitò dentro, mentre Michele pettinava la bambola di porcellana, che in un baleno tornò a essere la bella Tiziana. I due fuggirono dal castello e dopo un po’ si sposarono, vivendo felici e contenti.

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Il libro casa

Un giorno uno scrittore un po’ matto e un po’ geniale inventò il libro casa. Si mise subito al lavoro e, dopo alcuni mesi, riuscì a scrivere un intero libro di storie su una casa in campagna. Sul tetto scrisse l’inizio, alle pareti le storie più belle, all’interno quelle più triste, insomma ogni angolo di casa era stato scritto.La gente fu presa dalla curiosità e, in breve

tempo, molti andarono a leggere questo strano libro. Era davvero divertente: c’era un via vai di persone per le scale, per la cucina, per il salotto, ma solo che per leggere l’inizio si doveva salire sul tetto. E non era comodo. Era sicuramente divertente, ma anche molto stancante. Che bella idea, però, aveva avuto!

Il libro fatto di caramelle

C’era una volta uno scrittore molto geniale, che si divertiva a creare libri particolari. Un giorno, riflettendo sul fatto che i bambini leggono poco, penò di costruire un libro fatto tutto di caramelle. Si mise al lavoro e cominciò a scrivere tante storie. Poi aggiunse le immagini formandole con caramelle di ogni tipo: era un mosaico davvero dolce!Il libro ebbe successo. Tutti lo comprarono: grandi e piccini. Le librerie erano affollate e, in breve tempo, di questo libro non ne restò nemmeno una copia. Lo scrittore era davvero soddisfatto:- Finalmente leggeranno tutti – disse tra sé. Non aveva fatto i conti, però, su quanto fossero golosi i bambini, ma anche certi adulti, che si

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misero a leccare il libro. E lecca oggi e lecca domani di questo libro fatto di caramelle non se trovava più una copia. La dolcezza non sempre va d’accordo con la conoscenza – esclamò il povero scrittore – D’ora in poi scriverò solamente libri normali, con le pagine fatte di carta, possibilmente riciclata.

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Il libro che nessuno aveva mai scritto

C’era una volta, nella nostra biblioteca scolastica, un libro bianco, perché nessuno l’aveva mai scritto. Un giorno noi alunni della classe III D della Scuola “Giacomo Leopardi” andammo in biblioteca per prendere in prestito dei libri. Il nostro sguardo si posò su questo libro bianco, che

giaceva abbandonato in un angolo, tutto triste e solitario. Era davvero strano vedere un libro con tutte le pagine bianche. Ad un tratto sentimmo una vocina. Era il libro che sospirava e si lamentava perché nessuno l’aveva mai letto. Che c’era da leggere in effetti? Lo scriviamo noi questo libri! – esclamò il maestro.Sì! – rispondemmo noi in cori – Scriviamoci le nostre poesie.Così iniziammo a comporle e a scriverle sulle pagine del libro, che pian piano si riempiva dei nostri testi.

Cielo e mare

Il cieloÈ un mare sospeso,le nuvole sono onde

bianche come spuma;gli uccelli sono pesci

d’oro e d’argento.Com’è belo navigare

tra cielo e mare!

La luna

La luna è una barca

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che naviga lenta lentasul mare delle stelletra le nuvole allegre.Io cammino con lei

nel cielo delle meraviglie.

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Piove

Piove sui tetti e sui muriSui pini e sui camini

piovesui nostri giardinisugli alberi dritti

piovesulla mia malinconia.

Rondini

Le rondini velociritagliano il cielocon ali di forbice,

in primaveraci regalano con gioia

tanti pezzetti d’azzurro.

M’hanno portato una margherita

M'hanno portato una margherita.dentro le canta un mondo di bianco

Il cuore mi si riempie di gioiae di gialla allegria di primavera.

M'hanno portato una margherita.

Mi piace l’estate

Mi piace l'estateperché è allegra e splendente,

mi piace l'estateperché è frizzante e bella,

mi piace l'estateperché è calda come il sole,

mi piace l'estateperché, per me, è felicità.

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M'hanno regalato una rosa

M'hanno regalato una rosa.Dentro le cantano i piccoli petali.

Il mio cuore si riempie di primavera,di rondini e profumi di fiori.M'hanno regalato una rosa.

Il vento e la natura

Il vento cantae va lontano,mi passa vicino

e m'accarezza il viso,mi lascia un tenero sorriso.

Gli uccelli danzanoe ritagliano il cielo.

Il mare sussurraparole azzurre.

Il cielo e i fiori: che meraviglia.

Ho visto l’estate

Ho visto l'estate.E' azzurra come il mare d'agosto;

è allegra come il sole;è scintillante come l'argento.

Ho visto l'estate.E mi rimane nel cuore.

Alla fine il libro, come potete vedere, non era più bianco, ma contenevano le nostre poesie, che avevamo scritto con tanta passione. Il libro era felice perché finalmente qualcuno lo avrebbe letto di sicuro. Noi guardammo felici la nostra opera e poi ritornammo in classe tutti allegri e soddisfatti. E’ bello leggere, ma sapere scrivere forse lo è di più.

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La fanciulla e la nonnina

In un incantevole bosco, tanto tempo fa, viveva una bellissima fanciulla di nome Vanessa. La sua era davvero incantevole: era circondata da alberi secolari e da tanti fiori di vario tipo. Lì vicino vi scorreva pure un grande ruscello dalle acque limpide e cristalline, dove nuotavano da tantissimi pesci colorati.

Vanessa viveva insieme alla vecchia nonnina, perché da piccola aveva perduto entrambi i genitori e da allora era stata cresciuta, con tanto amore, proprio dalla sua amatissima nonna, che, però, da qualche tempo, era gravemente ammalata. Era lei adesso a prendersi cura di lei: le preparava il cibo, la puliva, la aiutava in tutto. Una mattina, però, come il solito, Vanessa stava preparando la colazione per sé e la nonna. Il silenzio regnava nella casa. Dalla stanza della nonna non proveniva nessun rumore. La ragazza iniziò a preoccuparsi. Entrò nella stanza e vide la nonna col capo reclinato. Non respirava più. Vanessa cercò di rianimarla, fu tutto inutile, perché la nonna era morta.La giovane cominciò a piangere e a disperarsi. Era rimasta sola adesso. Il suo pianto fu udito da un giovane principe, che, in groppa al suo cavallo bianco, dava la caccia alla volpe. Il giovane principe, che di nome faceva Mark, si avvicinò lentamente alla casa della ragazza. Vide Vanessa che piangeva e la rincuorò, cercando di consolarla come poteva. Mentre asciugava le sue lacrime, se ne innamorò perdutamente. Mark, da ragazzo, era stato allievo di Mago Merlino, perciò conosceva le arti magiche. Prese un po’ di erba fatata e la mise sulla fronte della vecchia, che,

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all’improvviso, si risvegliò. Vanessa, pur impaurita dal fatto, ne fu tanto ma tanto felice. Il giovane principe decise allora di portare con sé, nel suo bel castello, sia Vanessa sia la sua cara nonnina. La vecchia fu affidata ai migliori medici di corte, mentre Mark chiese la mano a Vanessa. La ragazza accettò con entusiasmo. Le nozze, cui parteciparono tutti gli abitanti del regno, furono celebrate all’aperto. Tutti erano felici e contenti, ma più di tutti lo fu Vanessa, che, oltre a sposare un principe, aveva riavuto la sua nonnina.

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I due scoiattoli amici per sempre

C’era una volta uno scoiattolo che abitava dentro una grande quercia in un allegro e bellissimo bosco di montagna. Lui si divertiva tanto ad andare in giro, saltellando su abeti, larici e pini, però si sentiva solo. Non aveva un amico con cui giocare e andare in cerca di provviste.Un giorno, per fortuna, incontrò un altro scoiattolo che cercava nuovi amici.Insieme decisero di firmare un patto d’amicizia, così non si sarebbero

separati mai, qualunque cosa fosse accaduta. Un giorno, infatti, un grosso gufo si posò sull'albero e, all'improvviso, attaccò uno degli scoiattoli. Forse aveva fame e per questo aveva cominciato a beccarlo. L'altro scoiattolo, però, vide scena e, capendo il pericolo, attacco il gufo a morsi. Il grosso uccello fuggì via e il suo amico era salvo.Il patto aveva funzionato. Da allora i due diventarono amici inseparabili.

La strega e i due bambini

C’erano una volta due fratellini, che giocavano nei pressi di un fiume. Il rumore dei loro giochi disturbò una strega che abitava in un grotta lì vicino. Tutta furiosa, la vecchia strega rapì i due bambini e li portò nel suo antro, dove li fece lavorare come dei servi. I due lavoravano dalla mattina alla sera: erano diventai molto magri e ormai quasi senza forze. Un giorno, mentre i due fratellini prendevano l’acqua dal fiume per portarla alla strega, li vide un vecchio pescatore, che, impietositi per la loro condizione, decise di aiutarli e ideò un piano per farli scappare. Una mattina i due bambini uscirono per andare

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nel bosco a tagliare la legna. La strega li aveva seguiti per controllarli meglio. Il pescatore, che si era nascosto nei lì vicino, gettò una rete magica sulla strega, che, per magia, sparì. I due bambini erano liberi. Da quel giorno della strega non si ebbero più notizie e i bambini tornarono a giocare tranquilli vicino al fiume.

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Il lupo mannaro e l’alieno venuto dal futuro

Tanto tempo fa un essere mostruoso era arrivato dallo spazio, fermandosi nei pressi di un antico castello. L'alieno era alto e maestoso, ma sembrava un rettile venuto dalla preistoria. Si sentiva smarrito e triste, perché non capiva come fosse arrivato dal futuro sulla terra, in un'epoca tanto antica. Ad un tratto l'alieno vide spuntare un grosso lupo mannaro, che gli disse: - Che ci fai nel mio territorio! Questo è terreno di caccia riservato a me. Solo io posso attaccare le mie vittime. Vattene o ti uccido! A questo punto, però, spuntò fuori il Mago del Castello, che minacciò il lupo mannaro: - Sparisci tu, piuttosto, qui non c'è posto per un essere crudele come te. Lui è solo un essere che viene dal futuro. Non costituisce un pericolo per nessuno. Il Mago del Castello, allora, agitando la bacchetta pronunciò la sua formula magica: - Sprs lp mnnr! A questi suoni incomprensibili, il lupo mannaro sparì per sempre. Poi il mago si rivolse all'alieno, dicendogli: - Segui questa luce verde, vedrai che arriverai a casa tua, nel tuo tempo e nel tuo ambiente naturale. Grz - rispose l'alieno. Forse voleva dire "grazie".

Leggere con il cuore

Un giorno il maestro della nostra classe, precisamente la terza, prese due libri e li mise uno accanto all’altro. Poi ne prese uno e iniziò a leggerlo. Ogni parola – diceva – assaporata, gustata, capita; ogni pagina va letta e capita con la mente e con il cuore. Alla fine chiese

a ciascun alunno cosa aveva appreso e capito dalla lettura del libro. Ogni alunno diede il suo parere e comunicò agli atri tutto quello che aveva capito. Un'alunna,

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all’improvviso, si alzò dalla sedia e chiese al maestro cosa significasse tutto quello che avevamo fatto in classe. Il maestro fu molto contento da questa domanda e spiego a tutti la differenza fra un libro letto e un libro non letto. Quello non letto rimane solo un libro ancora senz’anima, quello letto, invece, è un libro che, attraverso la sua lettura, ci dona delle emozioni, una conoscenza e questo sapere ci serve per aiutarci a crescere. Infine, ci disse ancora che l'uomo non deve mai smettere di apprendere perché la vita e un continuo sapere.

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Nel regno di Re Pigrone

Tanto tempo fa, in un villaggio molto lontano da qui, viveva un re di nome Pigrone, insieme al suo amico Marcolillo: un bambino allegro, vivace e pieno di entusiasmo. Re Pigrone sonnecchiava sempre: di mattino, di pomeriggio, di sera; la notte, invece, russava della grossa. Il villaggio di Re Pigrone era tutto in rovina. Gli abitanti, svogliati e fannulloni, seguivano l’esempio del loro sovrano.

Primo finale

Re Pigrone, mentre dormiva, fece un brutto sogno. Sognò che Marcolillo lo uccideva e prendeva il suo posto. Il ragazzo era simpatico a tutta la popolazione e, scuramente, tutti lo avrebbero accolto volentieri come loro nuovo sovrano.Re Pigrone si svegliò e disse a tutti: - Adesso basta! Andiamo tutti a lavorare, perché il nostro villaggio è ridotto veramente male. Su, tutti al lavoro.Così tutti gli abitanti ricominciarono le loro attività: c’era chi coltivava i campi, chi alleva le pecore o le mucche, chi andava a caccia, chi fabbricava gli abiti e le coperte.Re Pigrone, ricordandosi del sogno, nominò il suo amico Marcolillo ambasciatore all’estero e lo mandò in un paese lontano. Forse era meglio così. Con la sua simpatia Marcolillo avrebbe trovato nuovi amici per il suo regno.Il villaggio tornò ricco e splendente. Re Pigrone si diede un nuovo nome: re Lavoratore!

Secondo finale

Una mattina Marcolillo decise che le cose non potevano continuare così. Vedere il villaggio così ridotto, gli metteva tristezza e gli suscitava molta preoccupazione. Decise così

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di andare nel Paese dei Maghi, dove cercò il Mago del Lavoro, a cui disse: - Carissimo Mago, il mio villaggio è tutto in rovina, poiché nessuno lavora più. Mi puoi preparare una pozione magica per fare ritrovare la voglia di lavorare a quei fannulloni dei miei concittadini?Il mago sorrise e gli rispose: - Te la preparo subito. Vedrai che si risveglieranno tutti e cominceranno a lavorare di buona lena. Mi raccomando, appena arrivi, butta in aria il mio filtro magico.

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Il giovane tornò al villaggio e lanciò in aria la pozione del mago. A poco a poco tutti gli abitanti, compreso il re, si risvegliarono dal torpore e ritornarono a lavorare e a far rifiorire il loro villaggio. Anche re Pigrone lavorò come tutti. Adesso il suo regno di nuovo bello e produttivo

Terzo finale

Marcolillo era diventato molto alto. Aveva i capelli bruni e gli occhi scuri come un pipistrello nella notte. Un giorno, giacché il villaggio andava in rovina, il giovane decise di occupare il posto di Re Pigrone. Marcolillo andò nel villaggio di Lavorolandia, dove incontrò il Mago del Lavoro, che gli diede una pozione magica. Quando tornò al villaggio, il giovane versò nell’acqua la pozione magica, così tutti furono costretti a berla. In poco tempo il villaggio tornò operoso e attivo. Ognuno riprese il proprio lavoro e il villaggio era pulito e luccicante come il sole. Re Pigrone capì che non poteva più governare il suo regno e diede in sposa a Marcolillo la propria figlia, la principessa Elisa, una bella ragazza con i capelli biondi come l’oro e gli occhi verdi come un prato fiorito di primavera. I due giovani si sposarono ed ebbero due figli, che chiamarono Pippa e Sky.

Quarto finale

Il giovane Marcolillo aveva compiuto vent’anni ed era diventato un vero guerriero. Non potendo sopportare la rovina in cui versava il suo villaggio, il giovane andò via, ma, dopo qualche mese, ritornò al villaggio con un suo piccolo esercito. Marcolillo fece arrestare Re Pigrone e ne occupò il posto sul trono. Poi ordinò a tutti di ritornare al lavoro e il villaggio divenne di nuovo attivo e laborioso. Dopo qualche mese, però, egli si pentì d’aver fatto arrestare Re Pigrone, che era sempre stato suo amico. Gli chiese perciò perdono

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e lo rimise sul trono. Il re comprese le gesta di Marcolillo, lo perdonò e lo nominò viceré e capo dell’esercito. I due furono nuovamente amici come prima. L’importante era che tutti fossero ritornati a lavorare per rendere il regno più bello, più ricco e più felice.

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Il bambino e la rondine

C’era un bambino di nome Luca, che amava tanto gli animali. Luca aveva dieci anni ed era allegro, simpatico e socievole con tutti. Ogni tanto andava in un albergo per cani, dove aiutava i proprietari a pulire e a dare da mangiare agli animali. Una notte il ragazzo sentì un rumore provenire dal suo giardino. Prese una torcia e si mise a camminare lungo il piccolo sentiero che portava al

cancello. All’improvviso notò a terra un uccello, anzi era rondine. Luca lo afferrò con delicatezza, perché era ferita, la portò a casa e la fece vedere alla mamma, che, senza pensarci un attimo, telefonò al veterinario. Il medico degli animali arrivò dopo un po’, visitò la rondine e le fasciò l’ala, dicendo che doveva rimanere a riposo.L’uccellino fu messo su un cuscino, sopra a un divano. Luca, ogni tanto, gli dava da mangiare e da bere, controllando se stesse guarendo. Finalmente la rondinella guarì. Luca, anche se a malincuore, insieme al suo amico Alberto andò sul prato e lo fece volare verso la sua libertà. La rondine volò verso l’alto, ma poi ritornò indietro, fece una capriola in aria, come a volere ringraziare il bambino. Poi tornò a volare felice nel cielo azzurro di primavera.

Chiara e il suo cagnolino

C’era una volta una bambina di nome Chiara, che portava a spasso ogni giorno il suo bel cagnolino. Un giorno, tutto a un tratto, l’animale scivolò dentro un tombino aperto. In poco tempo, tramite i tubi di scarico, il cagnolino si ritrovò in mezzo al fiume, i cui vortici lo trasportarono sino a una cascata, dove c’era uno stregone che si divertiva a far annegare gli animali. Per fortuna Chiara, avendo seguito il corso del fiume, si accorse del suo cagnolino, che cercava,

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disperatamente, di risalire dalla cascata. La giovane prese un pezzo di tronco d’albero, si sporse dalla riva e riuscì a far salire il suo adorato cagnolino. Lo abbracciò felice, bagnandosi tutta; poi ritornò a casa con lui. Che brutta avventura! Meno male che tutto era finito bene.

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Il libro ombrello

Una primavera, quando il cielo era a volte nuvoloso, a volte soleggiato, ho comprato un libro ombrello: un oggetto che avrebbe potuto ripararmi sia dal sole sia dalla pioggia, permettendomi ogni tanto di leggere qualcosa. Era un libro divertente con tante poesie,

piccole fiabe e favole tutte riccamente illustrate. Se tenevo, però, il libro ombrello aperto e volevo leggerlo mi toccava fare continuamente dei maldestri movimenti con la testa. Era stancante. Se pioveva forte, mi bagnavo tutto. Poi il sole e la pioggia, lentamente, fecero sparire parole e immagini. Così un giorno sono andato dal negoziante e ho comprato un libro e un ombrello. Sarebbe stato più comodo leggere rimanendo seduto in poltrona!

Il libro animato

Una volta uno scrittore un po’ matto e un po’ mago decise di scrivere un libro diverso dal solito. Voleva qualcosa di particolare, che affascinasse e colpisse il lettore. Decise allora di fare una magia: ogni volta che si sfogliava una pagina dal libro, sarebbero usciti i protagonisti delle storie.

Immaginatevi, la sorpresa dei lettori quando leggevano le loro fiabe preferite: Biancaneve, Cenerentola, la Bella addormentata, i sette nani, venivano fuori dal libro e cominciavano a recitare davanti allo sbigottito lettore. Un giorno, però, dal libro sbucarono pirati cattivi, tigri, vampiri, mostri, orchi, insomma tutti personaggi davvero

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pericolosi. I poveri lettori, veramente terrorizzati, iniziarono a fuggire a destra e a manca o a chiedere aiuto alla polizia. Lo scritto decise allora di prendere il libro e buttarlo nel fuoco. Era meglio così. Chi voleva vedere qualcosa di animato, poteva sedersi tranquillamente davanti al televisore a vedere i cartoni animati!

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L’albero dei sogni

C’era una volta, in un bosco lontano da qui, un albero davvero speciale: i suoi rami erano coperti di foglie di tutti i colori e ognuna di essa conteneva un sogno diverso per ogni persona che viveva attorno a lui.

Come continua la storia? Vediamo se vi piace così!

Un giorno all’albero cadde una foglia. Una bambina andò da lui e gli chiese: - Perché non sogno più?L’albero le rispose: - Perché m’è caduta la foglia dei tuoi sogni. Mi dispiace per te. So che è importante sognare per gli uomini, specialmente per voi bambini. Dopo qualche mese gli uomini della zona non sognarono più. Tutti si meravigliarono di questo fatto. Com’è possibile? - si dissero.L’albero, nudo e spoglio, era triste perché non poteva più regalare i sogni agli uomini. Dopo un po’ di tempo da lì passò la Fatina Primavera. Vide l’albero e gli disse: - Perché sei triste? Perché non posso più svolgere. – rispose l‘albero – Non posso più far sognare nessuno.All’improvviso la fata toccò l’albero, che riebbe, come d’incanto, tutte le sue foglie. Tutti ritornarono a sognare.

Oppure così

Ci fu un forte vento, fffffffffffiiiiiii fffffffffffiuuuuuuuuuuuuuu: tutte le foglie caddero dall’albero. Erano sparse sul terreno a formare un arcobaleno di colori, quando giunsero alcuni bambini che le raccolsero e le misero in alcune ceste, portandolo con sé in città. I ragazzi, dormendo vicino alle ceste, s’accorsero ben presto che durante la notte avevano sognato a lungo. Capirono allora che erano state le foglie a farli sognare così tanto. Allora decisero di regalare una foglia ad ogni

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bambino della città, affinché potessero sognare tutti e realizzare quelli più belli.

O ancora così

L’albero, ogni notte, donava i suoi sogni a tutte le persone e ai bambini, in

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particolare. Un giorno, però, l’albero si sentì male: aveva perso tutte le sue foglie e si sentiva debole. Il giorno seguente un bambino venne a visitarlo e lo vide giù di morale e gli chiese: - Cos’è che ti rende così triste, amico albero?Sono triste perché non posso più regalavi i miei sogni! – rispose l’albero. Il bambino allora andò dalla Fata Smemorina e le chiese una pozione magica per il suo amico albero. Senza farsi pregare, la fata gliela diede. Il bambino tornò dall’albero e gli gettò sopra la pozione. All’albero ricrebbero le foglie e di notte tornò a donare i sogni a tutti i bambini.

Provate a leggere quest’altro finale.

Un giorno due bambini, di nome Anna e Matteo, videro l’albero dei sogni. Ognuno dei due prese una foglia dall’albero e la portarono a casa. La sera, prima di coricarsi, Anna e Matteo misero le loro foglie sotto il rispettivo cuscino. Anna sognò di diventare una brava e famosa ballerina, mentre Matteo sognò di essere il calciatore più bravo del mondo. Forse magari i due un giorno sarebbero diventati davvero famosi! Chissà.

Speriamo vi sia piaciuta questa conclusione. Passiamo ad un’altra ancora

Un giorno Martina, una bambina sempre triste e solitaria, perché aveva perso i suoi genitori, scomparsi durante una crociera, si trovò a passare da lì. Si fermò e decise di sdraiarsi sotto l’albero. Si addormentò beatamente e, subito, iniziò a sognare i suoi genitori. Li vide che ritornavano da lei dopo tanto tempo. Martina si svegliò e, nello stesso tempo, una foglia azzurra le cadde in mano. La ragazza la conservò nella tasca e ritornò a casa in preda ad una strana eccitazione. Davanti della nonna, dove abitava da un bel po’, vide un uomo e una donna

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malvestiti. Quando si avvicinò, li guardò bene in viso e vide che erano i suoi genitori ritornati dopo che erano stati rapiti dai pirati. Martina era così felice: si attaccò al collo di mamma e papà e non voleva lasciarli più. A volte i sogni si realizzano!

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Cappuccetto Blu va in vacanza

Finalmente la scuola si era conclusa. Una bambina chiamata Cappuccetto Blu, perché indossava sempre una mantellina con il cappuccio blu, decise di trascorrere le vacanze estive dalla nonna che abitava a Venezia. Desiderava andarci da tempo e adesso c’era l’occasione per trascorrere una bella vacanza in questa splendida città.

Primo intreccio

Così la ragazza telefonò a Biancaneve e a Cenerentola, invitandole a trascorrere le vacanze con lei a Venezia, ospiti della sua nonna. Le due accettarono volentieri. Insieme alla nonna, le tre fanciulle stavano spesso sulla spiaggia a godersi il mare della laguna. Un giorno, però, suonarono alla porta della villa: erano Hansel e Gretel. Si erano persi (si perdono sempre, questi due!) per le vie di Venezia. Non trovavano più i loro genitori, così chiesero aiuto alle ragazze. Cappuccetto Blu, Cenerentola e Biancaneve chiamarono con i loro telefonini i loro ragazzi e, tutti insieme, andarono per le vie della città, un po’ camminando, un po’ andando in gondola. Finalmente, Cappuccetto Blu vide due signori che chiedevano aiuto ad un vigile, mostrandogli una foto con Hansel e Gretel. Cappuccetto Blu andò dai genitori dei ragazzi e li portò con sé alla villa. Hansel e Gretel poterono riabbracciare mamma e papà. Restarono ospiti alla villa, divertendosi come non mai. Fu una bella vacanza!

Secondo intreccio

L’indomani Cappuccetto Blu partì per Venezia, la magnifica città della laguna veneta. Fu accolta a braccia aperte dalla nonna, che, nel pomeriggio, la portò in giro per le vie della città. Quanti turisti c’erano! Venivano da tutte le parti del mondo. C’erano anche tanti personaggi

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conosciuti leggendo le fiabe. Durante la passeggiata la ragazza s’imbatté in un inseguimento: il lupo aveva rubato una mela, così i tre porcellini, divenuti poliziotti, lo inseguivano per tutto il mercato. Quante bancarelle caddero giù: la frutta correvano per tutte le parti. Nel corso dell’inseguimento i quattro urtarono Genoveffa, Anastasia e la matrigna, che, per vendetta, essendo ormai una strega malvagia, li trasformò in tre insetti. Cappuccetto Blu, allora,. Decise di ritornare nella sua tranquilla casa di campagna.

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Cenerentola in autostrada

Il famoso gatto con gli stivali correva, un giorno, con la sua potente motocicletta sull’Autostrada del Sole, quando vide Cenerentola ferma sotto il cartello che indicava la direzione per Reggio Emilia.

Primo finale

Il gatto con gli stivali chiese a Cenerentola cosa stesse facendo proprio lì a quell’ora. La ragazza gli rispose che doveva andare a Reggio Emilia per partecipare ad un ballo di gala, ma la sua automobile si era fermata. Il gatto allora la invitò a salire sulla sua motocicletta poiché anche lui stava andando a Reggio. Cenerentola rifiutò l’invito, perché non voleva sgualcire il suo abito. Così il gatto con gli stivali diede gas alla sua rombante moto e partì per la città emiliana, dove partecipò ad un concerto di Vasco Rossi, mentre Cenerentola rimase appiedata sull’autostrada, in attesa, magari, di qualche bel principe azzurro con la carrozza. Avrebbe aspettato a lungo, ormai di principi azzurri non se ne trovano più!

Secondo finale

Il gatto con gli stivali fermò la sua moto e chiese a Cenerentola: - Cosa fai lì?Mi si è fermata l’auto. – rispose la giovane.Vuoi un passeggiò? – la invitò il gatto.Grazie, sei molto gentile! – esclamò Cenerentola.Intanto a Reggio stava per iniziare il concerto, così Cenerentola disse al gatto: - Accelera, dai, siamo in ritardo!Ad un tratto, però, scoppiò una delle ruote e i due finirono fuori strada, rimanendo, per fortuna, illesi. L’automobile era ormai danneggiata e non potevano più proseguire. Arrivò il carro attrezzi e la portò via.

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Per fortuna dei due, passarono da lì i Musicanti di Brema. Anche loro andavano al concerto, così fecero salire il gatto e Cenerentola sul loro fiammeggiante autobus e arrivarono, dopo un po’, a Reggio, dove il concerto era già iniziato. Si erano esibiti in tanti- I Musicanti Brema suonarono anche loro le loro belle canzoni, mentre il gatto con gli stivali e Cenerentola decise di cantare anche loro. Si esibirono sul palco, cantando “Vado al Massimo”. Fu un successo!

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Terzo finale

Il gatto arrestò la sua corsa e chiese alla ragazza: - Ciao, chi sei? Dove devi andare? Vuoi un passaggio? Ciao, mi chiamo Cenerentola. – rispose la giovane - Devo andare ad un ballo con il mio principe azzurro, ma la mia automobile ha fatto i capricci e si è fermata. Ti ci porto io. – disse il gatto con gli stivali – Prima, però, devo andare ad un concerto. Forza, monta su, che ci divertiremo.Cenerentola accettò l’invito. Il gatto accelerò all’improvviso e partirono a razzo. Cenerentola era tutta agghindata per partecipare al ballo, così si spettinò e i suoi vestiti si sgualcirono. Arrivarono a Reggio, mentre il concerto era iniziato da poco. I due si divertirono ad ascoltare le canzoni dei vari cantanti, ballarono e urlarono a squarciagola. Poi, alla fine del concerto, ripartirono verso il palazzo del principe. Ormai, però, era tutto chiuso e buio. Il ballo era finito.Pazienza! – esclamò Cenerentola – Sarà per un’altra volta. Mi riporti a casa! Se ci saranno altri concerti, portami con te: mi sono proprio divertita tanto!

Quarto finale

Il gatto vide la ragazza, si fermò e le strizzò l’occhio. Cenerentola era davvero una bella ragazza e lui cercò di fare il galante. La invitò a salire sulla sua motocicletta, una splendida e rossa Ducati 2000. Vieni con me – disse il gatto – Ti porterò al concerto di Gigi D’Alessio. Ci divertiremo.Cenerentola rispose: - Veramente dovrei andare a Reggio Emilia, dove c’è il concerto di Michel Telò. Lo preferisco al tuo Gigi.La ragazza, però, decise di andare con lui: sempre meglio di stare ferma sull’autostrada. Il gatto con gli stivali partì a razzo, ma, ad un certo punto, la motocicletta si fermò. Era finita la benzina.

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E ‘ finita la benzina! – esclamò il gatto.Se proprio fuori di testa e maldestro! – disse Cenerentola – Ed io mi sono fidati di te.Fidati disse allora il gatto. Salì sulle mie spalle. Cenerentola fece così. Il gatto azionò i suoi stivali magici, che, come piccoli razzi, li fece volare in autostrada. La gente che li vedeva passare rimaneva sbigottita per la sorpresa. Il gatto portò Cenerentola a Reggio Emilia, dove la giovane poté assistere al concerto del suo cantante preferito.

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Pinocchio, Ariel e Peter Pan

Un giorno Pinocchio si gettò in mare alla ricerca del padre, il famoso falegname Mastro Geppetto, ma non riuscì a trovarlo. Dopo un po’ Ariel, la dolce e bella sirenetta, gli apparve e gli disse: - Cosa fai da solo in mezzo al mare? Non sai che è molto pericoloso nuotare da soli. Potevi prendere una barca, sarebbe stato più comodo e più sicuro.Sto cercando, mio padre, ma non lo trovo. – rispose Pinocchio – Non so cosa

fare.Ariel afferrò Pinocchio e lo portò nell’Isola Che Non C’è, affidandolo a Peter Pan. Peter portò il burattino in una grotta e gli disse di fare silenzio. In giro c’era il terribile Capitan Uncino, che, come al solito, gli dava la caccia per ucciderlo. Pinocchio promise di non far rumore, ma, ad un tratto, Capitan Uncino entrò nella caverna e iniziò a lottare contro Peter Pan, che iniziò a volare a destra e a manca per scansare i colpi del suo nemico. Finalmente, Peter Pan riuscì a fuggire, ma, nel frattempo, Pinocchio era corso sulla spiaggia, dove aveva visto un marinaio con una barca. Gli disse: - Dove vai, caro marinaio? Se vai sul mare, portami con te!Il marinaio si girò e, con sorpresa, vide che era suo padre, Mastro Geppetto. I due si abbracciarono felici e, prese la barca, presero la via di casa.

Mago Merlino e l’orco che divenne buono

Cappuccetto Rosso camminava per il bosco perché doveva andare dalla nonna. Durante il cammino incontrò Cenerentola che le disse che aveva perso la sua scarpina. Le due si misero a cercarla, ma era già ora di cena e avevano fame. Lì vicino c’era una casetta fatta di pane e

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zucchero, con il tetto di cioccolata. Stavano mangiando un pezzettino di tetto, quando videro arrivare un orco gigantesco. Era sceso dalla pianta del fagiolo magico e cercava la sua miracolosa arpa. Vide le due ragazze e decise di rapirle. Cenerentola si mise a gridare e a chiedere aiuto. Arrivò così mago Merlino, che, con la sua bacchetta magica, fece una magia e l’orco diventò buono. Liberò la ragazza e tutti si misero a cercare la scarpa di Cenerentola. La trovarono in mano al principe. Aspettava la sua Cenerentola.

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Cercare casa non è facile

C’erano una volta, in un paesino di montagna, tre porcellini che cercavano una nuova abitazione, che fosse calda ma soprattutto solida e stabile, dopo che il lupo cattivo, con un forte soffio, gliela aveva fatta volare via.

I tre porcellini si avvicinarono nel bosco sottostante per cercare casa, quando sulla via incontrarono Peter Pan, loro vecchio amico, che chiese loro cosa stessero cercando. I tre dissero in coro: - Cerchiamo casa, caro Peter.Il loro amico rispose: - Se volete, venite sull’Isola che non c’è. Vedrete, vi troverete bene.Ti ringraziamo! – rispose uno dei tre – Noi, però, vogliamo rimanere qui, nel nostro ambiente.I tre lasciarono Peter Pan e proseguirono per la loro strada, quando videro una bambina ben vestita e ben curata, con delle eleganti scarpine rosse. Si avvicinarono a lei e si presentarono. Sono Timmi – disse uno – E’ un vero piacere incontrarti.Mi chiamo Tommi! – esclamò il secondo – E’ un piacere vederti qui, in questo bosco.Io sono Gimmi! – gridò, infine, il terzo – Anch’io sono contento di averti incontrato. Che fai qui?La bambina rispose: - Mi chiamo Alice e conosco un posto bellissimo, dove le case diventano piccolissime o grandissime, dipende da come le volete. Questo posto si trova nel Paese delle Meraviglie. Volete venirci?Oh! – le disse Gimmi – Ti ringraziamo, dolce Alice. Noi, però, non vogliamo allontanarci dal nostro bosco.Così, lasciata la ragazza, i tre proseguirono per la loro strada, arrivando nei pressi di un cantiere, dove sette nani

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stavano tagliando della legna. Tommi salutò e chiese loro: - Carissimi amici, sapete se nelle vicinanze c’è una casetta sicura ed accogliente per noi? Uno dei sette, Dotto era il suo nome, rispose loro: - Se volete possiamo ospitarvi, ma solo per un paio di giorni, perché con noi abita una giovane che sa ben cucinare. Si chiama Biancaneve ed è un dolce ragazza, anche se qualcuna la perseguita.

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I tre porcellini capirono che la casa era già troppo affollata, così ringraziarono, ma rifiutarono l’invito. Stavano per riprendere il cammino, quando, ad un tratto, da dietro un cespuglio uscì una bambina con un cestino in mano e una bella mantella rossa addosso, che le serviva per proteggersi dal freddo. Chi sei ? – le chiese Gimmi.Mi chiamo Cappuccetto Rosso. – rispose la bambina – Sto andando dalla mia nonna per portarle la cena, ma si è fatto tardi ed ho paura ad attraversare il bosco da sola. Mi accompagnate?Certamente! – esclamarono i tre. Così i quattro proseguirono insieme e, dopo un po’, arrivarono a casa della nonna. Cappuccetto Rosso intuì, immediatamente, che c’era qualcosa che non andava, perché trovò la porta aperta. La nonna, poi, aveva un aspetto decisamente brutto: gli occhi erano grandi e fiammeggianti, sulle mani c’erano tanti peli, le orecchie erano così grandi da far paura. Uno dei tre porcellini allora le gridò: - Fermati, Cappuccetto Rosso! Non è tua nonna, ma il lupo cattivo! Noi lo conosciamo bene. Non avvicinarti o ti mangerà.Il lupo, infatti, aveva già mangiato la nonna. Adesso voleva divorare non solo Cappuccetto Rosso, ma anche i tre porcellini. I quattro si misero a gridare per la paura. Un cacciatore che era nei pressi si avvicinò, vide il lupo cattivo e gli sparò, uccidendolo all’istante. Poi con un coltello aprì la sua pancia da cui uscì la nonna della bambina. Cappuccetto Rosso e la nonna si abbracciarono felici. I tre porcellini, però, dissero: - E noi? Dove abiteremo?La nonna gli disse: - Se volete potete rimanere qui, mi farete compagnia. Il cacciatore allora esclamò: - Potete venire ad abitare qui vicino. Non è lontano. Sicuramente starete più comodi e potrete, ogni tanto, venire a trovare la nonna. I tre porcellini accettarono e decisero di andare con lui nella vecchia fattoria dello zio Tobia, dove trovarono tanti altri animali e tutti insieme cantavano: - Nella vecchia fattoria ia ia ia oh!!E vissero tutti felici e contenti!

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Mix di fiabe

Un giorno i tre porcellini, stanchi di subire le angherie del lupo Ezechiele, decisero di chiedere aiuto ai sette nani, che, come al solito, andavano a lavorare in miniera. Eolo, Brontolo, Pisolo, Mammolo, Dotto, Cucciolo e Gongolo vollero aiutare i tre porcellini, così li portarono dalla loro amica Biancaneve, ormai felicemente

sposata, che era amica di Mago Merlino. Il famoso mago mescolò alcuni misteriosi ingredienti e preparò una bella pozione magica che poteva trasformare chiunque l’avesse bevuta in un brutto rospo. I tre ringraziarono tutti i loro amici e ritornarono a casa, gettando tutta la pozione nel laghetto vicino casa loro, dove spesso si abbeverava il lupo Ezechiele. Il feroce animale arrivò nei pressi della casa, ma prima di scatenare il solito attacco contro i tre fratellini, bevve un sorso d’acqua, trasformandosi, immediatamente, in un rospo brutto e peloso. Il guaio fu che, nel frattempo, alcune principesse arrivarono sin lì e bevvero anche loro un po’ di acqua. Anche loro furono trasformate in rospi. I tre porcellini diedero l’allarme. Molti principi scesero in sciopero perché si erano stancati di baciare i rospi per farli diventare fanciulle. Così chiesero a Mago Merlino di baciare lui i rospi. Il mago fece così, pensando, nel frattempo, tra sé e sé: - Forse è meglio cambiare mestiere! Così se ne andò nell’Isola che non c’è, dove fece il gelataio per tutti i bambini.

Eros, principe coraggioso

C’era un principe molto bello, ricco e coraggioso di nome Eros. Un giorno il giovane decise di organizzare una caccia alla volpe. Chiamò i suoi amici e andarono per il

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bosco, finché non si fece buio. Tutti si accamparono nei pressi di una cascata dalle acque d’argento. Mentre tutti dormivano, il principe uscì dalla tenda per fare una breve passeggiata notturna, quando, all’improvvise, vide un bagliore. In quel bagliore, al centro, c’era un cervo che lo guardava intensamente. Sembrava che volesse parlare.Eros allora disse: - Chi sei, bel cervo?Sono la principessa Aurora. – le rispose l’animale – Vengo dal Regno dei Colori.

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Il principe rimase sbigottito perché, meraviglia delle meraviglie, il cervo parlava!Come mai sei ridotta così? – le domandò Eros.La principessa rispose: - Mi ah trasformato in un cervo il Mago Gil, che si era invaghito di me, ma io non l’ho voluto sposare, così mi ha trasformato in un animale. Un bell’animale, ma io voglio tornare ad essere una persona. Solo quando il mago morirà, io sarò libera da questo brutto incantesimo.Cosa possa fare per te? – le gridò il giovane.Devi andare nel Regno Oscuro. – disse Aurora – Qui troverai il mago, ma prima di raggiungerlo, dovrai superare tre prove molto dure: la prima è quella della montagna infuocata, la seconda quella del Lago Nero, la terza, la più difficile, è quella del drago dalle cento teste. Vai a trovare la Fata della Bontà. Vedrai che t’aiuterà. Vive vicino al Fiume della Tranquillità.Eros, senza pensarci due volte, prese il suo cavallo, lasciò gli amici, andò a trovare la fata, che promise di aiutarlo, poi partì per il regno oscuro. Prima di arrivarci si trovò davanti la montagna infuocata, che gli impediva di avanzare, ma, come per magia, al suo cavallo spuntarono le ali, così poté superare il difficile ostacolo. Eros era felice: la fata aveva mantenuto la sua promessa. Si ritrovò poi ad uno spettacolo davvero sconcertante: il Lago Nero gli impediva di vedere oltre. Sembrava sempre notte, ma all’improvviso un vento prima leggero, poi più forte, tramutò le acque del lago da nere in un azzurro intenso. La via era libera.Eros arrivò così nel regno del temibile mago, ma durante la salita per il castello, incontrò il mostruoso drago dalle cento teste. Il principe sguainò la spada, che cominciò a brillare come una stella. La luce della spada accecò completamente tutte le teste del drago, che, senza vederci fu ucciso dal giovane.Il mago si vide perduto, prese la sua spada magica e si mise a combattere contro Eros, che, dentro di sé sentiva una forza davvero gigantesca. Lottarono a lungo, finché il

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giovane riuscì a colpire al fianco il mago, che si bloccò immediatamente. Si adagio per le scale del castello e, sospirando, morì. L’incantesimo era finito.Eros tornò dov’era il luogo dell’accampamento, ma invece del cervo trovò una splendida fanciulla. Era Aurora. La portò con sé al castello e la sposò. Fu un matrimonio davvero bello, al quale partecipò tutta la popolazione del suo piccolo, ma bel regno. Aurora sarebbe stata un bravissima regina.

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La principessa che non trovava il vero amore

In un paesino del Nord Europa viveva, in una casa davvero brutta, una principessa molto povera, vittima di un incantesimo che non le permetteva di trovare il vero amore. Una perfida e malvagia strega l’aveva ridotta così per invidia della sua bellezza. Un bel giorno Elisa, questo era il nome della principessa, andò dalla Fata dei Boschi a chiedere che lei la aiutasse a risolvere il suo problema. La buona fatina le regalò un anello magico, che si sarebbe illuminato qualora Elisa avesse trovato il ragazzo adatto

per lei. Mentre lei ritornava a casa, incontrò un giovane molto bello che andava verso di lei. Così gli chiese: - Chi sei? Da dove vieni?Io mi chiamo Martin. – rispose il ragazzo – Sono un principe, ma alcuni mesi fa uno stregone malvagio mi ha rubato la corona e mi ha cacciato dal regno. Nessuno mi ha aiutato, perché lui è davvero molto crudele. Adesso sono solo e povero. Mi sposto da un posto all’altro, in cerca di fortuna.Anch’io sono una principessa! – esclamò Elisa – Anche a me una strega cattiva ha fatto un incantesimo.All’improvviso l’anello che le aveva donato al fata si illuminò, così Elisa capì che aveva trovato il vero amore. I due si sposarono anche se non avevano un soldo. Vissero nei pressi di un laghetto, vicino alla loro fata preferita, che, per premiarli del loro amore, gli donò un piccolo baule, con dei semi magici. Dopo averli seminati, le piante sarebbe cresciute tre volte all’anno e avrebbero avuto in tal modo del cibo per sempre.

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Marco, l’amico degli animali

C’era una volta una famiglia che viveva in mezzo ad un bosco. La famiglia era formata da tre persone: mamma, papà e Marco, un vivace e intelligente bambino di otto anni, che trascorreva tante parte del suo tempo nel bosco, insieme ai suoi amici animali. Li amava proprio tutti e da tutti era riamato.

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Suo papà, però, per guadagnarsi da vivere andava a caccia e uccideva ora delle lepri, ora qualche cervo o cinghiale. Poi andava a venderli in un villaggio vicino. Marco era addolorata di vedere morire tanti animali, perché lui li voleva liberi e felici in mezzo alla natura. Ogni qualvolta il padre tornava a casa con degli animali uccisi, lui si rifugiava nella sua stanza e piangeva per tutta la notte. Aveva cercato di convincere il padre a smettere di cacciare, ma non c’era stato niente da fare.Un giorno, però, Marco decise di andare al piccolo villaggio, dove il padre andava a vendere gli animali che aveva cacciato. Girò per tutte le case, cercando di convincere tutti gli abitanti a non comprare più gli animali cacciati dal padre, altrimenti tutti gli animali del bosco sarebbero scomparsi, con gravi conseguenze anche per gli uomini. Gli abitanti furono convinti dal bambino, così l’indomani non comprarono più nulla da suo padre. L’uomo non riusciva a capire perché, tutto a un tratto, non riusciva più a vendere nulla. I bambini del villaggio gli dissero che era stato suo figlio a non comprare più gli animali uccisi.Il papà, quando tornò a casa, era arrabbiatissimo con il figlio, pertanto lo mise in punizione, mandandolo a letto senza cena. Marco l’indomani parlò con il padre e gli fece capire che gli animali erano importanti nell’equilibrio della vita del bosco. Senza di loro, tutto sarebbe morto.Il padre capì le ragioni del figlio e decise di diventare un allevatore. Comprò tante pecore e capre e si misero a vendere latte e formaggi. Marco adesso era davvero felice.

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Postfazione

C’era una volta la fiaba. Adesso, per fortuna, c’è ancora. Sì, per fortuna c’è ancora, perché, come scrive la mia amica e scrittrice Rosa Tiziana Bruno, autrice di numerose storie per i bambini, “esiste un modo, un metodo, uno strumento per insegnare ed apprendere con facilità. Uno strumento valido per ogni livello scolastico, per ogni età: la fiaba. Essa è, con la sua particolare struttura, il punto da cui partire per ogni forma di narrazione. La narrazione assicura coinvolgimento, motivazione, stimoli per scrivere, perché sa scatenare stupore, condizione fondamentale per accettare di mettere in discussione il proprio mondo, sconosciuto e indecifrabile. Nell’infinito susseguirsi dei tanti possibili eventi del reale, il racconto ne sceglie alcuni e li organizza in una proposta che continua a restare “racconto”. Esistono, quindi, delle precise modalità per stimolare il bisogno ed il piacere di ascoltare e narrare, modalità che vanno particolarmente curate per fare creare il bambino in modo serio ed originale.Le narrazioni a cui siamo esposti a partire dall’infanzia contribuiscono, inoltre, alla costruzione della nostra identità personale e culturale. La fruizione della narrativa chiama infatti in causa non solo le conoscenze di base dell’individuo (relative al linguaggio, al mondo, alle azioni umane), ma anche le sue concezioni del mondo e del sé. Esse consistono nelle credenze, negli atteggiamenti, nei valori, nei modi di sentire, negli approcci alla realtà che sono propri di uno specifico individuo e contribuiscono a caratterizzarlo come tale. Questi aspetti entrano in gioco in maniera rilevante soprattutto nei fenomeni di proiezione nel racconto dei propri significati e di identificazione empatica con i personaggi. Di fatto “i personaggi della narrazione sono dei tipi esemplari di identità: lo sono Ulisse, Achille, ma anche Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Cenerentola e tutti gli altri personaggi delle fiabe. Ognuno

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di essi rappresenta un tipo di individuo, una soggettività particolare.Aver portato i bambini di terza a scrivere fiabe e storie varie, sempre mediante un preciso procedimento didattico, ha significato non solo creare motivazioni ed emozioni, ma anche procedure e tecniche scrittorie, che, partendo dalle motivazioni, sono arrivati via via alla consapevolezza di come si costruisce un testo, come lo si pianifica, lo si organizza e lo si trascrive, utilizzando anche il supporto della multimedialità, grazie al software didattico “Costruiamo una fiaba” . Non è poco per bambini di terza elementare.

Giuseppe Mistretta

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