Violenza assistita come trauma infantile Riferimenti teorici · assumere competenze intellettuali...

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PERCORSI DISTINTI E PARALLELI NEI PROCEDIMENTI CIVILI E PENALI 30.09..2017 GdL Violenza nelle Relazioni Intime GdL Psicologia Forense Violenza assistita come trauma infantile Riferimenti teorici

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PERCORSI DISTINTI E PARALLELI NEI

PROCEDIMENTI CIVILI E PENALI

30.09..2017 – GdL Violenza nelle Relazioni Intime – GdL Psicologia Forense

Violenza assistita come trauma infantile

Riferimenti teorici

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« Sono un bambino da battaglia senza scudo e senza armi »

Matteo, 5 anni

Riferimenti teorici

Il trauma per un bambino è come un’aggressione

in piena notte: la persona che dorme tranquilla è

del tutto impreparata e non può difendersi dal

pericolo (S. Ferenczi, Diario Clinico, 1932)

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Nel conflitto Lo scontro è alla pari;

Non ci sono ruoli rigidi che perdurano nel tempo;

La violenza può essere presente ed elevata tanto da condurre a reati criminosi ma

circoscritta ed episodica (fatti di cronaca).

Nella IPV Lo scontro NON è alla pari, uno dei due partner esercita il potere sull’altro;

I due attori della scena sono la vittima ed il maltrattante. I ruoli sono rigidi e non

vengono mai invertiti;

Nella coppia si alternano periodi di quiete a periodi in cui esplode la violenza;

La violenza può condurre a reati criminosi;

Il maltrattante ha – nella maggior parte dei casi - una psicopatologia

diagnosticabile.

La relazione intima in cui si esprime la violenza NON è paragonabile ad un conflitto di coppia

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Come può “sopravvivere” un

bambino che cresce in un contesto

relazionale connotato da IPV?

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Lo sviluppo del bambino

L’uomo è un mammifero.

Per sopravvivere dopo la nascita e diventare un individuo autonomo, ha bisogno di uno profondo legame con il suo caregiver.

Altri mammiferi nascono sprovvisti dei requisiti necessari per la sopravvivenza ma nell’arco di un anno compiono il processo di maturazione e sono in grado di procreare.

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Nell’essere umano, a prescindere dalle culture, il processo

maturativo si conclude intorno ai 10 anni.

Per tutti questi anni il bambino crea un legame di dipendenza

con coloro che lo allevano e lo accudiscono (inizialmente la

madre); da loro si dovrebbe sentire protetto e rassicurato e

loro, dovrebbero tutelarlo dai pericoli del mondo esterno.

E’ la famiglia che “deve adattarsi al bambino e non viceversa” Ferenczi (1927)

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S. Ferenczi (1932) spiega cosa sia per il bambino “la tenerezza”. La descrive come una

specifica attività di accudimento primario della madre, rappresentata da quei momenti in

cui il bambino viene ascoltato e riconosciuto.

D. Winnicott (1974): durante tutto il periodo successivo alla nascita, una madre

“sufficientemente buona” sarà in grado di fungere da contenitore delle angosce del

bambino. Attraverso questa condizione, la madre permetterà al figlio di interpretare il

mondo esterno evitando di esporlo a stimolazioni ambientali eccessive che il piccolo non

sarebbe in grado di gestire.

J. Bowlby (1988): Il bambino, nei primi mesi di vita, non riceve solo il nutrimento

dalla madre, riceve anche protezione, calore, affetto. La madre diventa per lui

“una base sicura”.

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CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DELLA VIOLENZA ASSISTITA

Più il bambino sarà piccolo e bisognoso di cure e di attenzioni

da parte delle figure di riferimento, più saranno gravi le

conseguenze psichiche che subirà nel caso in cui dovesse

assistere alla violenza perché non sarà in grado di

comprendere i diversi sentimenti e stati d’animo che

affollano la sua mente. Da un lato infatti noterà un genitore

amato che diviene fragile e oggetto di aggressione, mentre

l’altro genitore altrettanto amato, sarà sentito come

maltrattante e persecutore.

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Per S. Ferenczi, l’ambiente che accoglie il bambino “segna e

forma in modo prioritario e fondamentale” (Borgogno, 1999) la

nascita psicologica dell’individuo.

Se il bambino assiste alla violenza quando non ha ancora

imparato a distinguere il Sé dall’altro, si sentirà lui stesso

oggetto della violenza confondendo ciò che capita al

genitore/vittima e ciò capita a se stesso.

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Quando successivamente imparerà a discriminare,

l’altra contraddizione intollerabile sarà quella legata

alla confusione di avere un legame affettivo con

entrambi i genitori sìa con la vittima che con il

maltrattante.

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In che modo quindi il bambino potrà salvarsi dal

trauma subito?

- Meccanismi di difesa necessari a controllare l’angoscia:

- Identificazione con l’aggressore.

- Scissione: Da un lato il bambino regredisce e permane ad

uno stadio infantile. Attraverso il diniego allontana da sè il ricordo

traumatico e salva la relazione affettiva con il genitore maltrattante.

Dall’altro lato il bambino tende ad una adultizzazione attraverso il

meccanismo che S. Ferenzi definisce progressione traumatica.

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Identificazione con l’aggressore Il bambino non sarà capace di reagire ma tenderà a sottomettersi alla volontà dell’aggressore. Potrà arrivare così ad anticiparne le mosse, per minimizzare il danno ed avere maggiori possibilità di sopravvivenza. Nel tentativo di mantenere buono l'oggetto d’amore, sia l’evento traumatico che i suoi attori, verranno introiettati, scompariranno come realtà esterna diventando elementi intrapsichici e inconsci.

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In questo modo si assiste ad un processo di

dissociazione, caratterizzato da uno

svuotamento della mente della vittima per far

posto alle percezioni dell’aggressore.

L’evento traumatico a quel punto, viene

percepito dall’esterno e questa condizione può

portare fino a negare completamente la realtà.

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Progressione traumatica

“Vien fatto di pensare ai frutti beccati dagli uccelli, che maturano più rapidamente o diventano più dolci, e così pure al precoce maturare dei frutti bacati” S. Ferenczi (1932). In seguito a uno shock, un bambino potrà maturare improvvisamente in una sua parte non solo a livello emozionale, ma anche intellettuale. In questo caso il bambino si sentirà dunque costretto ad assumere competenze intellettuali ed emotive dell’adulto come auto-protezione.

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Quanto sarà difficile distinguere il vissuto della vittima

che subisce direttamente la violenza del partner dal

vissuto del figlio che assiste alla violenza?

Che tipo di relazione si strutturerà fra i due?

CHI difende CHI?

LA MADRE difende il figlio ma anche IL FIGLIO è portato

a difendere la madre

Atteggiamento del bambino nei

confronti del genitore vittima

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CTU: Rischio di seguire stereotipi nel valutare le capacità genitoriali di due

partner che hanno vissuto una IPV

“E’ STATO VIOLENTO CON IL PARTNER MA

NON HA MAI TOCCATO IL BAMBINO…”

“E’ PUR SEMPRE IL GENITORE…”

“LA VITTIMA MANTIENE VALIDE CAPACITA’ GENITORIALI SE SI ALLONTANA IL

MALTRATTANTE”