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Classe 4 D COMPITI PER LE VACANZE Letture ed esercitazioni per le vacanze ITALIANO 1.Letture obbligatorie A.Manzoni, I promessi Sposi (rilettura dei capp. 1, 12-17, 20-21, 23, 33) G.Verga, I Malavoglia (almeno primi 8 capitoli) Pirandello, Il fu Mattia Pascal I. Svevo, La coscienza di Zeno almeno capp. 1, 2,3 (Il fumo),4 (La morte di mio padre,5 ( La storia del mio matrimonio) ,8 (Psico-analisi ) 2. Esercitazioni di scrittura Svolgere almeno due saggi scegliendo tra le seguenti tracce (Scrivere al computer; non superare le due cartelle; dare un titolo all'elaborato; portare gli elaborati stampati il primo giorno di scuola CONSIGLI OPERATIVI: Operazioni preliminari: leggi con attenzione il dossier, cercando di comprendere pienamente il contenuto dei testi, anche con l'aiuto di un vocabolario per le parole che non si conosci aggiungi qualche altro argomento attinente all'argomento, qualche esempio, qualche riferimento a letture , film, fatti di attualità ecc., scrivi un riassunto di quello che intendi dire stendi una scaletta degli argomenti

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Classe 4 D COMPITI PER LE VACANZE

Letture ed esercitazioni per le vacanze

ITALIANO

1.Letture obbligatorie

A.Manzoni, I promessi Sposi (rilettura dei capp. 1, 12-17, 20-21, 23, 33)

G.Verga, I Malavoglia (almeno primi 8 capitoli)

Pirandello, Il fu Mattia Pascal

I. Svevo, La coscienza di Zeno almeno capp. 1, 2,3 (Il fumo),4 (La morte di mio padre,5 ( La storia del mio matrimonio) ,8 (Psico-analisi )

2. Esercitazioni di scrittura

Svolgere almeno due saggi scegliendo tra le seguenti tracce(Scrivere al computer; non superare le due cartelle; dare un titolo all'elaborato; portare gli elaborati stampati il primo giorno di scuola

CONSIGLI OPERATIVI: Operazioni preliminari:

leggi con attenzione il dossier, cercando di comprendere pienamente il contenuto dei testi, anche con l'aiuto di un vocabolario per le parole che non si conosci

aggiungi qualche altro argomento attinente all'argomento, qualche esempio, qualche riferimento a letture , film, fatti di attualità ecc.,

scrivi un riassunto di quello che intendi dire stendi una scaletta degli argomenti

Stesura :

scrivi prima la parte centrale del testo, nel quale sviluppare i punti della scaletta . Ogni paragrafo (non ogni periodo) dovrebbe contenere un punto della scaletta .

vai a capo una volta concluso ogni paragrafo collega i punti della scaletta con nessi argomentativi ( causali, temporali ecc.) usa espressioni di tipo impersonale ( è opinione diffusa, è opportuno affermare che,

giudizio da molti condiviso).. non ysare interrogative retoriche non ripetere gli stessi argomenti

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Controlla molto lessico e sintassi, cercando di usare un lessico adatto all'argomento ed evitando espressioni generiche e colloquiali. E' meglio fare frasi brevi che lunghe e contorte. Fai molta attenzione all'uso del gerundio.

Introduzione e conclusione

Scrivi alla fine l'introduzione . puoi cominciare con una domanda, una citazione, un fatto storico.Puoi anche entrare direttamente nell'argomento evitando introduzioni.

La conclusione può essere un brevissimo riassunto dell'argomentazione, una domanda , una citazione, nessuna conclusione

Tracce: (tutte le tracce sono state assegnate all'esame di stato o nelle simulazioni del Liceo)

1. ARGOMENTO: IL PAESAGGIO Documento 1)"Infinite volte il cammino ci porta attraverso la libera natura e percepiamo, con i più diversi gradi d'attenzione, alberi e acque, prati e e campi di grano, colline e case, e tutti i mille cambiamenti della luce e delle nuvole- ma, il fatto che osserviamo o anche vediamo insieme questi singoli particolari o anche vediamo questo e quello di loro, non siamo ancora convinti di vedere un "paesaggio". Anzi, un tale singolo contenuto del campo visivo non può continuare ad avvincere i nostri sensi. La nostra coscienza ha bisogno di una nuova totalità, che superi gli elementi, senza essere legata ai loro significati particolari ed essere meccanicamente composta da essi- questo soltanto è il paesaggio. [...] L'atto spirituale con il quale l'uomo forma una cerchia di fenomeni nella categoria "paesaggio" mi sembra il seguente: una visione in sè compiuta, sentita come unità autosufficiente, ma intrecciata tuttavia con qualcosa di infinitamente più esteso, fluttuante, compreso nei limiti che non esistono per il sentimento, proprio di uno strato più profondo- dell'unità divina, della totalità naturale."

G. Simmel, Filosofia del Paesaggio, Brema 1913.Trad it in G.Simmel, Saggi sul Paesaggio, 2006

Documento 2)Quanti alberi occorrono per fare un bosco? Quante case per fare una città?Secondo quanto cantava il contadino di Poitiers, "L'altezza delle case ci impedisce di vedere la città" e un detto tedesco afferma che "gli alberi impediscono di vedere il bosco". Foresta e città sono due cose essenzialmente profonde e la profondità è fatalmente condannata a convertirsi in superficie se vuole manifestarsi. Ho qui attorno a me una dozzina di querce maestose e di frassini gentili. E' questo un bosco? Certamente no! Ciò che vedo sono gli alberi di un bosco. Il bosco vero e proprio è composto dagli alberi che non vedo. Il bosco è una natura invisibile. Per questa ragione il termine con cui è definito conserva in ogni lingua un alone di mistero. [...] Ora io posso alzarmi e prendere uno di questi sentieri indefiniti che vedo attraversare dai merli. Gli alberi che prima vedevo, saranno sostituiti da altri alberi. Il bosco si andrà scomponendo e sgranando in una serie di parti visibili in successione. Tuttavia, non lo raggiungerò mai nel punto in cui mi trovo. Il bosco fugge dagli occhi. Il bosco starà sempre un po' più in là del luogo in cui ci troviamo. Dal luogo in cui ci troviamo se ne è appena andato e resta soltanto la sua orma fresca. […] Quando si ripete la frase" gli alberi non lasciano vedere il bosco", probabilmente, non si capisce il suo significato autentico. Forse, la battuta scherzosa che si vuole pronunciare si ritorce contro chi la dice: Gli alberi non lasciano vedere il bosco e, grazie al fatto che le cose stanno in questi termini, il bosco esiste. La funzione degli alberi che si vedono, consiste nel rendere nascosto il resto di essi e soltanto quando ci rendiamo conto del fatto che il paesaggio visibile sta nascondendo altri

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paesaggi invisibili ci sentiamo dentro ad un bosco. Il suo essere invisibile, il suo rendersi oscuro non è un carattere puramente negativo, ma una qualità positiva che, quando si riversa su una cosa, la trasforma, fa di questa una cosa nuova.

José Ortega y Gasset, Meditazioni sul Chisciotte, Madrid 1914

Documento 3) "Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati da fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre. Un giorno, sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore, e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram.Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti per studiati che fossero a colpire l'attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c'era tafano sul dorso d'un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo e le miserie della sua esistenza".

Italo Calvino, Marcovaldo, Torino 1963

Documento 4) Il paesaggio è il riflesso degli stati d'animo dell'osservatore che lo modifica nell'immaginario psicologico. Giuliana Andreotti, Paesaggi culturali, 1996, p. 51

2. ARGOMENTO: LE BIOTECNOLOGIE IN AGRICOLTURA

Documento 1) Ricordiamo che soltanto due sono i caratteri alterati nell'oltre 95% delle piante geneticamente modificate: resistenza ai diserbanti e resistenza agli insetti, e che in entrambi i casi i geni inseriti sono di origine batterica e contengono l'informazione o per un enzima che distrugge il diserbante o per una tossina insetticida non pericolosa per l'uomo. Esistono anche in questo caso diverse varianti del gene in questione, ognuna delle quali è tossica per diversi gruppi di insetti. L'unico pericolo per l'uomo proveniente da queste proteine è l'induzione di reazioni allergiche in chi le mangia. […] Qualche problema potrebbe esserci inoltre per gli insetti innocui, ma affini a quello dannoso, che secondo alcuni verrebbero danneggiati dalla proteina tossica. […]. Un altro potenziale pericolo più indiretto per la salute dell'uomo deriva dall'obiettivo per il quale sono state “costruite” le piante resistenti ai diserbanti, cioè quello di usare i diserbanti stessi anche durante la vita della pianta stessa, cosa impossibile naturalmente se anche questa fosse uccisa da un erbicida.[…] Il principio (europeo) di coesistenza stabilisce che in ogni paese devono coesistere filiere transgeniche con prodotti non transgenici (che contengono meno dello 0,9% di OGM). Questo principio che è stato emesso per dare ai cittadini la libertà di scegliere quale prodotto acquistare è, in quanto tale, quasi unanimemente accettato ma si pongono forti dubbi sulla sua applicabilità. […] Il dubbio del resto è stato confermato recentemente da ricerche eseguite dal Joint Research Center di Ispra e del governo danese. I dati […] concordano nell'affermare che, in presenza di un 5-10% di area coltivata, è praticamente impossibile, se non a costi non sostenibili, tenere separate le due filiere, almeno nelle condizioni dell'agricoltura europea. Negli Stati Uniti, che hanno aziende molto grandi e aree immense coltivate con la stessa pianta, la fecondazione di piante non OGM con polline transgenico può essere evitata mantenendo ampie fasce di protezione

Marcello Buiatti, Le biotecnologie, Il Mulino, 2004

Documento 2) Normativa europea (alcuni aspetti significativi): Gli alimenti devono recare un'etichetta che si riferisce alla presenza di OGM se contengono, sono costituito o ottenuti da OGM in una proporzione superiore allo 0,9% degli ingredienti degli alimenti considerati singolarmente. Prodotti costituiti o contenenti OGM e alimenti e mangimi ottenuti da OGM sono anche soggetti a requisiti di rintracciabilità in tutte le fasi della filiera […] per monitorare da vicino i potenziali effetti sull'ambiente e sulla salute.

http://ec.europa.eu/food/food/biotechnology/

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Documento 3) Il filosofo greco Aristotele, sviluppando le idee di Platone, sosteneva che ogni cosa, e in particolare ogni essere vivente, ha due tipi di proprietà: ci sono le proprietà essenziali, senza cui un organismo non potrebbe essere quello che è, e proprietà accidentali, che possono invece variare senza cambiare la sua natura. Il pelo del gatto per esempio può essere bianco, nero o di altri colori: si tratta di una proprietà accidentale. Ma l’ ‘essenza del gatto’ è la stessa in tutti i gatti. […] Per chi ragiona come Aristotele dunque le proprietà essenziali sono del tipo “o tutto o niente”: o si è un gatto, oppure no. Non si può essere quindi contemporaneamente un gatto e un cane, o una pianta di frumento e una di segale. […] Questo essenzialismo, che postula l'esistenza di compartimenti stagni tra i diversi esseri viventi, è molto intuitivo e condiziona inconsciamente anche oggi il nostro modo di pensare. Altrettanto intuitiva sembra essere la conclusione che gli OGM sono pericolosi, perché mescolano quelle ipotetiche “proprietà essenziali” che la natura, immaginata come dotata di coscienza, vorrebbe invece tenere ben distinte.[…] Da centocinquant'anni ormai, dopo il lavoro di Charles Darwin, la scienza infatti ha scoperto che il pregiudizio di Aristotele è infondato. Le specie non sono immutabili: l'animale che chiamiamo gatto non è sempre esistito, e lo stesso dicasi per il grano con cui facciamo il pane. […]Durante l'evoluzione la natura non si è certo fatta scrupolo di tenere separato il materiale genetico dei diversi organismi. […] Spesso si sente parlare del gene della fragola, come se ciascun gene possedesse un certificato d'identità che lo associa ad una specie e non a un'altra. Dal punto di vista scientifico la cosa non ha molto senso: ogni specie condivide gran parte del suo DNA con altre specie. Inoltre ciascun gene specifica soltanto la struttura e la funzione di una particolare proteina, non l' ”essenza” della fragola.[…] Una scoperta sorprendente degli anni Novanta è che anche il comune grano coltivato da millenni è il risultato di un incrocio tra due o tre specie diverse. Se si desidera una pianta con una caratteristica particolare, con la tecnica del DNA ricombinante si può tentare di introdurre il gene responsabile prendendolo dove il caso ha voluto che finisse: in un animale, in un altro vegetale o magari in un batterio. Grazie a questa tecnica non dipendiamo più dalle mutazioni casuali per introdurre nei vegetali le caratteristiche che desideriamo. Chi sviluppa nuove varietà di vegetali continua a fare quello che ha sempre fatto: cercare di trasferire geni interessanti da un vegetale all’altro.[…] Inoltre si dovrebbe sempre ricordare che il “rischio zero” non esiste in alcuna attività umana, tanto meno in agricoltura. Nessuno scienziato potrà mai garantire la “sicurezza totale” di alcunché: le certezze granitiche non fanno parte del modo di procedere della scienza (o del progresso umano in genere) e questo vale per gli OGM come per qualsiasi altro vegetale.

Dario Bressanini, OGM tra leggende e realtà, Zanichelli 2013

Documento 4) Le colture sviluppate da Monsanto che sono resistenti al glifosfato (il diserbante più diffuso, protetto fino al 2000 da un brevetto della Monsanto N.d.R.) hanno il nome commerciale di Roundup Ready. Il gene della resistenza deriva da un batterio del suolo che codifica una proteina in grado di “detossificare” la pianta spruzzata di diserbante. La strategia delle aziende è dunque quella di sviluppare OGM resistenti a particolari erbicidi per poi produrre e vendere agli agricoltori anche l’erbicida stesso (in regime di monopolio, almeno fino a quando scade il brevetto). Questi OGM non portano alcun vantaggio immediato al consumatore finale. Dario Bressanini, OGM tra leggende e realtà, Zanichelli 2013

Documento 5) Da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti, con una sentenza del 1980 riguardante il settore petrolifero, ha stabilito che un microrganismo che “mangiava il petrolio” poteva essere brevettato […] come se fosse stato un ritrovato tecnologico “frutto dell’ingegno umano” e non un essere vivente, tutte le aziende sementiere, e poi agrochimiche, hanno cominciato a rivendicare diritti sulle piante ottenute in laboratorio, come se fossero semplici manufatti.Fino all'arrivo degli OGM, ogni contadino poteva conservare una parte del raccolto per riseminare alla stagione successiva senza dover niente a nessuno.

http://www.eniscuola.net/it/la-vita/contenuti/piante/left/ogm/brevettare-un-organismo-vivente/

Documento 6) In Italia, la coltivazione di OGM è destinata ai soli scopi di ricerca. Tuttavia, la crescente domanda alimentare e il mancato investimento dell’Italia in ricerca e sviluppo di varietà di mais più produttive e più adatte alle esigenze italiane fanno sì che l’Italia diventi sempre meno

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autosufficiente per l’approvvigionamento di mais e soia, alimenti che vengono, quindi, importati da paesi produttori di OGM, con conseguente rincaro dei costi per il consumatore.

http://www.eniscuola.net/it/la-vita/contenuti/piante/left/ogm/brevettare-un-organismo-vivente/

Documento 7) Come mai, dopo oltre quindici anni di applicazione commerciale (e trenta di ricerca) questa tecnologia ha trovato un numero di applicazioni così limitato in termini di specie e di caratteri? […] La risposta non ha motivazioni scientifiche. Vi è sicuramente una ragione economica: i grandi costi di approvazione di un singolo evento transgenico (milioni se non decine di milioni di dollari) spingono le multinazionali a sviluppare prodotti che possono essere utilizzati su grandi distese in modo da garantire un profitto. Per lo stesso motivo […] gli istituti di ricerca pubblica non sono quasi mai riusciti a lanciare sul mercato (o distribuire gratuitamente) nemmeno una coltura transgenica. Questa situazione è però frutto di una grande stortura normativa che contempla un iter lungo e costoso per l’autorizzazione alla commercializzazione e coltivazione di una coltura transgenica. […] Un’altra ragione – che è in parte la causa delle regolamentazioni di cui sopra – è la pervasiva disinformazione scientifica sul tema e le numerose campagne, basate su emotività e luoghi comuni, che hanno diffuso un sentimento di paura e pregiudizio. […] Nel nostro Paese, in particolare, da 10 anni vige una moratoria sulle ricerche di campo. Quanti ricercatori sono invogliati a sviluppare piante transgeniche utili per la nostra agricoltura sapendo che non potranno neanche valutarne l’efficacia in condizioni di vita reale? Risulta emblematico, fra i tanti, il caso del melo resistente a Venturia, sviluppato dalla ricerca pubblica e mai andato in campo, nonostante potesse portare benefici tangibili alla nostra agricoltura.Ma i ricercatori non sono gli unici a essere danneggiati dalla disinformazione e dalla normativa. [...]Un esempio su tutti è il golden rice, riso realizzato più di dieci anni fa e ancora in attesa di autorizzazione: questo riso, grazie a un maggiore contenuto di provitamina A, è stato dimostrato essere efficace nell’elevare l’apporto di vitamina A, la cui carenza significa cecità e spesso morte per centinaia di migliaia di bambini, soprattutto tra le popolazioni povere del sud-est asiatico che basano la propria dieta sul riso.

http://www.intersezioni.eu/?objselected=486&scheda=view_articolo

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3. ARGOMENTO: Crescita, sviluppo e progresso sociale. E’ il PIL misura di tutto?

DOCUMENTI

Prodotto Interno Lordo - La produzione come ricchezza

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Il prodotto interno lordo è il valore di tutto quello che produce un paese e rappresenta una grandezza molto importante per valutare lo stato di salute di un’economia, sebbene non comprenda alcuni elementi fondamentali per valutare il livello di benessere. […] Il PIL è una misura senz’altro grossolana del benessere economico di un paese. Tuttavia, anche molti dei fattori di benessere che non rientrano nel calcolo del PIL, quali la qualità dell’ambiente, la tutela della salute, la garanzia di accesso all’istruzione, dipendono in ultima analisi anche dalla ricchezza di un paese e quindi dal suo PIL.

Enciclopedia dei ragazzi -2006- Treccani on-line di Giulia Nunziante (http://www.treccani.it/enciclopedia/prodotto-interno-lordo_(Enciclopedia-dei-ragazzi))

«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».

Dal discorso di Robert KENNEDY, ex-senatore statunitense, tenuto il 18 marzo del 1968; riportato su “Il Sole 24 Ore” di Vito LOPS del 13 marzo 2013; (http://24o.it/Eqdv8)

Prodotto Interno Lordo - La produzione come ricchezzaIl prodotto interno lordo è il valore di tutto quello che produce un paese e rappresenta una grandezza molto importante per valutare lo stato di salute di un’economia, sebbene non comprenda alcuni elementi fondamentali per valutare il livello di benessere. […] Il PIL è una misura senz’altro grossolana del benessere economico di un paese. Tuttavia, anche molti dei fattori di benessere che non rientrano nel calcolo del PIL, quali la qualità dell’ambiente, la tutela della salute, la garanzia di accesso all’istruzione, dipendono in ultima analisi anche dalla ricchezza di un paese e quindi dal suo PIL.

Enciclopedia dei ragazzi -2006- Treccani on-line di Giulia Nunziante (http://www.treccani.it/enciclopedia/prodotto-interno-lordo_(Enciclopedia-dei-ragazzi))

«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per

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fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».

Dal discorso di Robert KENNEDY, ex-senatore statunitense, tenuto il 18 marzo del 1968; riportato su “Il Sole 24 Ore” di Vito LOPS del 13 marzo 2013; (http://24o.it/Eqdv8)

4, ARGOMENTO: L’uomo e l’avventura dello spazio.

DOCUMENTI

«L’acqua che scorre su Marte è la prima grande conferma dopo anni intensi di ricerche, che hanno visto moltiplicarsi gli “occhi” puntati sul Pianeta Rosso, tra sensori, radar e telecamere a bordo di satelliti e rover. Ma il bello deve probabilmente ancora venire perché la prossima scommessa è riuscire a trovare forme di vita, microrganismi vissuti in passato o forse ancora attivi e capaci di sopravvivere in un ambiente così estremo.È con questo spirito che nel 2016 si prepara a raggiungere l’orbita marziana la prima fase di una nuova missione da 1,2 miliardi di euro. Si chiama ExoMars, è organizzata dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e l’Italia è in prima fila con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e con la sua industria. “Sicuramente Marte continuerà a darci sorprese”, ha detto il presidente dell’Asi, Roberto Battiston. Quella annunciata ieri dalla Nasa “è l’ultima di una lunga serie e sostanzialmente ci dice che Marte è un luogo in cui c’è dell’acqua, anche se con modalità diverse rispetto a quelle cui siamo abituati sulla Terra.»

Enrica BATTIFOGLIA, Sempre più “occhi” su Marte, nuova missione nel 2016, “La Repubblica”, 29 settembre 2015

«Con uno speciale strumento del telescopio spaziale Hubble (la Wide Field Camera, una camera fotografica a largo campo), gli astronomi sono riusciti a misurare la presenza di acqua su cinque di questi mondi grazie all’analisi spettroscopica della loro atmosfera mentre essi transitavano davanti alla loro stella. Durante il transito, la luce stellare passa attraverso l’atmosfera che avvolge il pianeta, raccogliendo la “firma” dei composti gassosi che incontra sul suo cammino.I pianeti con tracce di acqua finora individuati sono tutti giganti gassosi inadatti alla vita. Il risultato però è ugualmente importante perché dimostra che la scoperta di acqua su pianeti alieni è possibile con i mezzi già oggi disponibili.La sfida ora è quella di trovare pianeti di tipo terrestre, cioè corpi celesti rocciosi di dimensioni comprese tra metà e due volte le dimensioni della Terra, in particolare quelli che si trovano a orbitare nella zona abitabile della loro stella, dove potrebbe esistere acqua allo stato liquido e forse la vita.»

Umberto GUIDONI, Viaggiando oltre il cielo, BUR, Rizzoli, Milano 2014

«Per prima cosa, Samantha ha parlato dell’importanza scientifica della missione Futura. I risultati dei tanti esperimenti svolti sulla Stazione Spaziale Internazionale, i cui dati sono ora in mano agli scienziati, si vedranno solo tra qualche tempo, perché come ha ricordato l’astronauta richiedono mesi di lavoro per essere analizzati correttamente.Svolgere ricerche nello spazio, ha ricordato Sam, è fondamentale comunque in moltissimi campi, come la scienza dei materiali, perché permette di isolare determinati fenomeni che si vuole studiare, eliminando una variabile onnipresente sulla Terra: la gravità.Ancor più importante forse è studiare il comportamento delle forme di vita in ambiente spaziale, perché permetterà di prepararci a trascorrere periodi sempre più lunghi lontano dal pianeta (fondamentali ad esempio per raggiungere destinazioni distanti come Marte), ma ha

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ricadute dirette anche per la salute qui sulla Terra, perché scoprire i meccanismi che controllano questo adattamento (come i geni) aiuta ad approfondire le conoscenze che abbiamo sul funzionamento degli organismi viventi, e in un ultima analisi, a comprendere il funzionamento del corpo a livello delle cellule. Si tratta di esperimenti in cui gli astronauti sono allo stesso tempo sperimentatori e cavie, perché i loro organismi vengono monitorati costantemente nel corso della missione, e gli esami continuano anche a Terra, visto che servono dati pre e post missione.»

Simone VALESINI, Samantha Cristoforetti si racconta al ritorno dallo Spazio, Wired (www.wired.it/scienza/spazio/2015/06/15/samantha-cristoforetti-conferenza-ritorno)

5. Argomento : il labirinto

«[…] Correndo, usciro in un gran prato, e quello / avea nel mezzo un grande e ricco ostello. // Di vari marmi con suttil lavoro / edificato era il palazzo altiero. / Corse dentro alla porta messa d’oro / con la donzella in braccio il cavalliero. / Dopo non molto giunse Brigliadoro, / che porta Orlando disdegnoso e fiero. / Orlando, come è dentro, gli occhi gira; / né più il guerrier, né la donzella mira. // Subito smonta, e fulminando passa / dove più dentro il bel tetto s’alloggia: / corre di qua, corre di là, né lassa / che non vegga ogni camera, ogni loggia. / Poi che i segreti d’ogni stanza bassa / ha cerco invan, su per le scale poggia; / e non men perde anco a cercar di sopra, / che perdessi di sotto, il tempo e l’opra. // D’oro e di seta i letti ornati vede: / nulla de muri appar né de pareti; / che quelle, e il suolo ove si mette il piede, / son da cortine ascose e da tapeti. / Di su di giù va il conte Orlando e riede, / né per questo può far gli occhi mai lieti / che riveggiano Angelica, o quel ladro / che n’ha portato il bel viso leggiadro. // E mentre or quinci or quindi invano il passo / movea, pien di travaglio e di pensieri, / Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso, / re Sacripante ed altri cavallieri / vi ritrovò ch’andavano alto e basso, / né men facean di lui vani sentieri; / e si ramaricavan del malvagio / invisibil signor di quel palagio. // Tutti cercando il van, tutti gli dànno / colpa di furto alcun che lor fatt’abbia: / del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno; / ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia; / altri d’altro l’accusa: e così stanno, / che non si san partir di quella gabbia; / e vi son molti, a questo inganno presi, / stati le settimane intiere e i mesi.»

Ludovico ARIOSTO, Orlando furioso, ed. 1532, Canto dodicesimo, Ottave 7-12

«Avevo percorso un labirinto, ma la nitida Città degl’Immortali m’impaurì e ripugnò. Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine. Nel palazzo che imperfettamente esplorai, l’architettura mancava di ogni fine. Abbondavano il corridoio senza sbocco, l’alta finestra irraggiungibile, la vistosa porta che s’apriva su una cella o su un pozzo, le incredibili scale rovesciate, coi gradini e la balaustra all’ingiù. Altre aereamente aderenti al fianco d’un muro monumentale, morivano senza giungere ad alcun luogo, dopo due o tre giri, nelle tenebre superiori delle cupole. Ignoro se tutti gli esempi che ho enumerati siano letterali; so che per molti anni infestarono i miei incubi; non posso sapere ormai se un certo particolare è una trascrizione della realtà o delle forme che turbarono le mie notti.»

Jorge Luis BORGES, L’immortale, in “L’Aleph”, Feltrinelli, Milano 1959 (ed. Orig. “El Aleph”, 1949)

«La gente che s’incontra, se gli chiedi: – Per Pentesilea? – fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire: “Qui”, oppure: “Più in là”, o: “Tutt’in giro”, o ancora: “Dalla parte opposta”.

– La città, – insisti a chiedere.

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– Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, – ti rispondono alcuni, e altri: – Noi torniamo qui a dormire.

– Ma la città dove si vive? – chiedi.

– Dev’essere, – dicono, – per lí, - e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi, all’orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi.

– Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene?

– No, prova a andare ancora avanti.

Così prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s’illuminano le finestre ora più rade ora più dense.

Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c’è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?»

Italo CALVINO, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972

«“Ragioniamo,” disse Guglielmo, “Cinque stanze quadrangolari o vagamente trapezoidali, con una finestra ciascuna, che girano intorno a una stanza eptagonale senza finestre a cui sale la scala. Mi pare elementare. Siamo nel torrione orientale, ogni torrione dall’esterno presenta cinque finestre e cinque lati. Il conto torna. La stanza vuota è proprio quella che guarda a oriente, nella stessa direzione del coro della chiesa, la luce del sole all’alba illumina l’altare, il che mi sembra giusto e pio. L’unica idea astuta mi pare quella delle lastre di alabastro. Di giorno filtrano una bella luce, di notte non lasciano trasparire neppure i raggi lunari. Non è poi un gran labirinto. Ora vediamo dove portano le altre due porte della stanza eptagonale. Credo che ci orienteremo facilmente.” Il mio maestro si sbagliava e i costruttori della biblioteca erano stati più abili di quanto credessimo. Non so bene spiegare cosa avvenne, ma come abbandonammo il torrione, l’ordine delle stanze si fece più confuso. Alcune avevano due, altre tre porte. Tutte avevano una finestra, anche quelle che imboccavamo partendo da una stanza con finestra e pensando di andare verso l’interno dell’Edificio. Ciascuna aveva sempre lo stesso tipo di armadi e di tavoli, i volumi in bell’ordine ammassati sembravano tutti uguali e non ci aiutavano certo a riconoscere il luogo con un colpo d’occhio.»

Umberto ECO, Il nome della rosa, Prima ed. Riveduta e corretta, Bompiani, Milano 2012 (Prima ed. 1980)

6 ARGOMENTO: Le responsabilità della scienza e della tecnologia. «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra.» Hans JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990 (ed. originale 1979)

«Mi piacerebbe (e non mi pare impossibile né assurdo) che in tutte le facoltà scientifiche si insistesse a oltranza su un punto: ciò che farai quando eserciterai la professione può essere utile per il genere umano, o neutro, o nocivo. Non innamorarti di problemi sospetti. Nei limiti che ti saranno concessi, cerca di conoscere il fine a cui il tuo lavoro è diretto. Lo sappiamo, il mondo non è fatto solo di bianco e di nero e la tua decisione può essere probabilistica e difficile: ma accetterai

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di studiare un nuovo medicamento, rifiuterai di formulare un gas nervino. Che tu sia o non sia un credente, che tu sia o no un “patriota”, se ti è concessa una scelta non lasciarti sedurre dall’interesse materiale e intellettuale, ma scegli entro il campo che può rendere meno doloroso e meno pericoloso l’itinerario dei tuoi compagni e dei tuoi posteri. Non nasconderti dietro l’ipocrisia della scienza neutrale: sei abbastanza dotto da saper valutare se dall’uovo che stai covando sguscerà una colomba o un cobra o una chimera o magari nulla.» Primo LEVI, Covare il cobra, 11 settembre 1986, in Opere II, Einaudi, Torino 1997 «È storia ormai a tutti nota che Fermi e i suoi collaboratori ottennero senza accorgersene la fissione (allora scissione) del nucleo di uranio nel 1934. Ne ebbe il sospetto Ida Noddack: ma né Fermi né altri fisici presero sul serio le sue affermazioni se non quattro anni dopo, alla fine del 1938. Poteva benissimo averle prese sul serio Ettore Majorana, aver visto quello che i fisici dell’Istituto romano non riuscivano a vedere. E tanto più che Segrè parla di «cecità». La ragione della nostra cecità non è chiara nemmeno oggi, dice. Ed è forse disposto a considerarla come provvidenziale, se quella loro cecità impedì a Hitler e Mussolini di avere l’atomica. Non altrettanto – ed è sempre così per le cose provvidenziali – sarebbero stati disposti a considerarla gli abitanti di Hiroshima e di Nagasaki.»

Leonardo SCIASCIA, La scomparsa di Majorana, Einaudi, Torino 1975

7. ARGOMENTO: Siamo quel che mangiamo?

«“Le evidenze scientifiche pubblicate nell’ultimo anno non lasciano dubbi - dice Massimo Volpe, presidente della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) - la vita sedentaria è un rischio per il cuore. Se a questo si aggiunge che spesso si mangia male, il quadro generale peggiora. Commettiamo troppi peccati di gola, trascuriamo la dieta mediterranea e gli alimenti cardine di una sana alimentazione. Pochissimi sanno davvero giudicare la salubrità di un alimento, molti si nutrono in modo disorganizzato”. Il 95 per cento, continua l’esperto, dichiara che il pranzo è il pasto più importante, ma poi l’80 per cento sceglie una pasta molto condita accompagnata dal pane. Un italiano su due mangia carne magra, ma c’è un buon 20 per cento che sceglie carni grasse più volte alla settimana; il 45 per cento consuma formaggi come minimo tre volte alla settimana. Uno su tre, poi, mangia pesce appena una volta alla settimana, mentre andrebbe consumato almeno due, tre volte. “Dobbiamo modificare le nostre abitudini - dice il cardiologo - e renderci conto che la salute del cuore si costruisce mattone dopo mattone, proprio come una casa. Sia il medico che il paziente possono imparare a fare prevenzione”.» Adele SARNO, Otto ore seduti? Il cuore rischia doppio. Arriva l’auto-test per la prevenzione, “la Repubblica” – 1 aprile 2011 «Mercoledì 17 novembre 2010. La quinta sessione del Comitato Intergovernativo dell’UNESCO [...] ha iscritto la Dieta Mediterranea nella prestigiosa lista (sc. del patrimonio culturale immateriale dell’umanità). [...] La Dieta Mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La Dieta Mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Tuttavia, la Dieta Mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) è molto più che un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo.» CNI-UNESCO, La Dieta Mediterranea è patrimonio immateriale dell’Umanità, www.unesco.it

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«La politica alimentare [...] si deve basare sul concetto che l’energia primaria della vita è il cibo. Se il cibo è energia allora dobbiamo prendere atto che l’attuale sistema di produzione alimentare è fallimentare. […] Il vero problema è che da un lato c’è una visione centralizzata dell’agricoltura, fatta di monoculture e allevamenti intensivi altamente insostenibili, e dall’altro è stata completamente rifiutata la logica olistica, che dovrebbe essere innata in agricoltura, per sposare logiche meccaniciste e riduzioniste. Una visione meccanicista finisce con il ridurre il valore del cibo a una mera commodity, una semplice merce. È per questo che per quanto riguarda il cibo abbiamo ormai perso la percezione della differenza tra valore e prezzo: facciamo tutti molta attenzione a quanto costa, ma non più al suo profondo significato. […] Scambiare il prezzo del cibo con il suo valore ci ha distrutto l’anima. Se il cibo è una merce non importa se lo sprechiamo. In una società consumistica tutto si butta e tutto si può sostituire, anzi, si deve sostituire. Ma il cibo non funziona così.» Carlo PETRINI in Petrini-Rifkin. Il nuovo patto per la natura, “la Repubblica” - 9 giugno 2010 «Mangiare mentre si legge la posta, si gioca o si lavora al pc può avere serie conseguenze sulla nostra forma fisica. [...] Secondo quanto riportato dalla rivista American Journal of Clinical Nutrition, chi mangia svolgendo altre attività, sia questa navigare in internet o sui profili degli amici su Facebook, è più propenso ad esagerare con le quantità in quanto non ha il senso delle calorie che sta realmente introducendo e inoltre ha più voglia di dolci. [...] Quindi nonostante sia costume sempre più diffuso quello di mangiare rimanendo “connessi” col mondo intorno a noi, per chi ci tiene a non mettere su chili di troppo, meglio evitare le distrazioni durante i pasti e focalizzare l’attenzione su quello che si sta consumando.»

Silvia MAGLIONI, Mangiare davanti al computer fa male alla linea, www.leonardo.

8. ARGOMENTO: Enrico Fermi, fisico. «Due dati ci permettono di valutare l’importanza del campo di ricerca aperto da Enrico Fermi con il suo lavoro. Il primo riguarda i premi Nobel, una misura rozza ma efficace dell’importanza di un determinato settore della ricerca scientifica e dei progressi in esso conseguiti: più di dieci Nobel per la fisica sono stati attribuiti a scoperte relative alle interazioni deboli. Se Fermi non avesse ottenuto il Nobel per le sue ricerche sui neutroni ne avrebbe ben meritato uno per la scoperta delle interazioni deboli. Una seconda valutazione dell’importanza della scoperta di Enrico Fermi si può dedurre dal fatto che oltre la metà degli esperimenti attualmente in corso o in preparazione con acceleratori di particelle — al CERN di Ginevra, al Fermilab di Chicago, a Stanford come a Frascati come a Tsukuba in Giappone o a Novosibirsk in Russia — sono dedicati a studiare vari aspetti delle interazioni deboli. La stessa prevalenza degli studi sulle interazioni deboli si riscontra nei programmi sperimentali dei grandi laboratori sotterranei, come quello italiano del Gran Sasso, quello giapponese di Kamioka, ed altri ancora nel Canada e negli Stati Uniti. La teoria di Fermi delle interazioni deboli è ormai confluita nella più generale teoria delle particelle elementari che va sotto il nome di “Modello Standard”. […] È però importante ricordare che la teoria di Fermi mantiene ancora oggi il suo valore, sia per la validità delle soluzioni proposte sia come stimolo per una serie di ricerche che hanno impegnato i fisici per quasi settant’anni, e che ancora li impegneranno nei decenni a venire. In questa teoria si riflette la grandezza di Fermi, la firma di un grande maestro.»

Nicola CABIBBO, Le interazioni deboli, in Carlo BERNARDINI - Luisa BONOLIS (a cura di), Conoscere Fermi

nel centenario della nascita 29 settembre 1901 - 2001, Editrice Compositori, Bologna 2001

«Enrico Fermi nasce a Roma nel 1901. La sua produzione scientifica inizia nel 1921 e termina con la sua morte nel 1954. All’inizio della sua attività, la fisica conosce due sole forze fondamentali della natura, la gravitazione e l’elettromagnetismo, e due sole particelle elementari costituenti la materia, i nuclei di idrogeno (protoni) e gli elettroni. A metà degli anni Cinquanta le forze fondamentali sono diventate quattro, con l’aggiunta delle interazioni nucleari forte e debole, e le particelle elementari note sono ormai una trentina. In poco meno di trent’anni la concezione della materia subisce un mutamento così

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radicale e inusitato da rendere tale periodo, per la rapidità e la quantità delle conoscenze acquisite, forse unico nella storia del pensiero scientifico occidentale. Le ricerche di Fermi segnarono profondamente questo trentennio, non solo per la quantità e l’importanza dei risultati ottenuti ma soprattutto per il loro ruolo storico. Esistono infatti traguardi scientifici di enorme valore che giungono al termine di lunghe e pazienti ricerche e che coronano un ben definito progetto iniziale, ma ci sono anche scoperte apparentemente meno straordinarie che obbligano a inattese risistemazioni del sapere acquisito, scardinano principî metodologici e conoscenze unanimemente accettate e imprimono alla ricerca direzioni nuove e del tutto impreviste. Nel suo itinerario di scienziato […] Fermi raggiunse entrambi gli obiettivi.»

Giuseppe BRUZZANITI, Enrico Fermi. Il genio obbediente, Einaudi, Torino

«Dalla lettura dei giornali di qualche settimana fa avrai probabilmente capito a quale genere di lavoro ci siamo dedicati in questi ultimi anni. È stato un lavoro di notevole interesse scientifico e l’aver contribuito a troncare una guerra che minacciava di tirar avanti per mesi o per anni è stato indubbiamente motivo di una certa soddisfazione. Noi tutti speriamo che l’uso futuro di queste nuove invenzioni sia su base ragionevole e serva a qualche cosa di meglio che a rendere le relazioni internazionali ancora più difficili di quello che sono state fino ad ora. I giornali hanno pubblicato un certo numero di dettagli sul lavoro di questi ultimi anni e tali dettagli, naturalmente, non sono più segreti. Ti interesserà sapere, se non lo sai già dai giornali italiani, che verso la fine del 1942 abbiamo costruito a Chicago la prima macchina per produrre una reazione a catena con uranio e grafite. È diventato d’uso comune chiamare queste macchine «pile». Dopo la prima pila sperimentale molte altre ne sono state costruite di grande potenza. Dal punto di vista della fisica, come ti puoi immaginare, queste pile rappresentano una ideale sorgente di neutroni che abbiamo usato tra l’altro per molte esperienze di fisica nucleare e che probabilmente verranno usate ancora di più per questo scopo ora che la guerra è finita.»

Lettera di Enrico Fermi a Edoardo Amaldi del 28 agosto 1945 (in Edoardo AMALDI, Da via Panisperna all’America, Editori Riuniti, Roma 1997)

«Vorrei discutere con voi la crisi che la scienza attraversa da due anni a questa parte. In larga misura questa crisi è dovuta all’improvvisa consapevolezza, di parte dell’opinione pubblica e del Governo, del tremendo ruolo che la Scienza può avere nelle cose umane. L’importanza di questo ruolo era già nota. Ma il drammatico impatto portato dalla costruzione della bomba atomica lo ha portato nella pubblica consapevolezza in maniera così vivida che gli scienziati si sono trovati, inaspettatamente e talora contro la propria volontà, ad essere sotto i riflettori […] C’è una grande penuria di uomini di scienza ben preparati […] Ora le iscrizioni di studenti nei dipartimenti scientifici sono tornate a essere abbondanti. Spero che ben pochi di questi studenti siano attratti dal nuovo fascino che la scienza ha acquistato. La professione del ricercatore deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l’amore di scoprire nuove verità. Poiché in tutte le direzioni siamo circondati dall’ignoto e la vocazione dell’uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della nostra conoscenza in tutte le direzioni, non solo in quelle che promettono più immediati compensi o applausi.» Discorso tenuto da Enrico Fermi nel 1947 (in Giulio MALTESE, Ritorno a Chicago: Enrico Fermi e la nascita della fisica

delle alte energie nel secondo dopoguerra (1946-1954), in Atti del XXI Congresso Nazionale di Storia della Fisica e dell’Astronomia, Dipartimento di Fisica, Università della Calabria, Arcavacata di Rende (CS), 6, 7 e 8 giugno 2001

9 ARGOMENTO: I colori

Secondo un aneddoto, qualche anno fa, durante un’indagine di mercato in un ufficio americano, vennero proposte agli impiegati delle matite, alcune gialle e altre verdi. Dopo una settimana di utilizzo delle matite, venne chiesto agli stessi impiegati quale delle due preferissero e gran parte di loro si lamentò di quelle verdi dicendo che la mina si spezzava di continuo, che erano difficili da temperare e che il legno si scheggiava con troppa facilità. In verità le due matite erano identiche, cambiava solo la vernice esterna. Cosa significa questo

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breve aneddoto? Il racconto ci indica che il colore non è solo una sensazione, o un semplice attributo, ma è un’idea e la matita classica per eccellenza rimane la “matita gialla”. (www.artinside.it, 25/01/2018) La tavolozza non è composta di tinte paritetiche ma sempre di gerarchie, e la differenza di quotazione continua a parlare anche negli artefatti finiti, come dipinti, vesti e vasellame. Prezzo e provenienza qualificano in sostanza i colori come accade oggi con i cibi di cui sappiamo riconoscere l’origine e il valore di mercato ogni colta che facciamo la spesa: il radicchio che viene da Treviso, le nocciole dal Piemonte e il mango da qualche Paese esotico. La disponibilità di colori sintetici ha annullato questa educazione economica. […] Oggi nelle colorerie un tubetto di tempera nerofumo e uno di blu oltremare hanno più o meno lo stesso prezzo; nel rinascimento invece tra nerofumo e oltremare c’è la differenza che passa tra una

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patata e un tartufo bianco. Cioè per lo sguardo antico il blu vale più del nero immediatamente, a colpo d’occhio, senza ragionarci su. (R. Falcinelli, Cromorama, 2017) Il primo colorante artificiale fu scoperto quasi per caso nel 1856 dall'inglese William Henry Perkin. A soli 18 anni, Perkin, durante le vacanze pasquali del Collegio reale di Chimica, cercava di produrre artificialmente la chinina, sostanza utilizzata per combattere la malaria. Invece, si accorse che la sua reazione aveva prodotto un precipitato nero dal quale si poteva estrarre per mezzo di alcool un colore malva, capace di fissarsi ai tessuti e tingerli. Perkin intuì le possibilità commerciali della sua scoperta e fondò un'azienda per la produzione industriale dei coloranti sintetici. Il suo colorante, chiamato mauveina, fu così il primo di una lunga serie di composti chimici cromatici, ossia colorati, che hanno la proprietà di impregnare in modo irreversibile le sostanze con cui entrano in contatto, tingendole. […] La differenza tra colori naturali e colori sintetici è legata soltanto al fatto che nel secondo caso la materia prima, che è comunque naturale, è chimicamente trasformata. Dal punto di vista chimico, tuttavia, si possono ottenere coloranti sintetici le cui molecole sono assolutamente identiche a quelle dei corrispondenti coloranti naturali. (Enc. Treccani, s.v. “coloranti”) Si tratta di un nero terragno [sc., il “nero di mummia”], quasi terra d’ombra, ricavato dalla triturazione e dalla riduzione in polvere di mummie egiziane, prelevate dalle rive del Nilo e contrabbandate in gran quantità nell’occidente. Già dall’epoca delle crociate si commerciava in mummie, ma soltanto tra il XVII e il XVIII secolo se ne segnala gran commercio in tutta Europa: nelle farmacie si preparava questa polvere ad un altissimo prezzo vendendola come rara medicina. Ciò durò fino alla fine del Settecento, quando in tutte le città del vecchio continente la polvere di mummia veniva prescritta per curare molte malattie dello spirito e dell’anima. Alcuni pittori, come Tintoretto, impegnando le loro fortune, mescolavano e macinavano più sottilmente questa polvere, “più preziosa dell’oro e dei lapislazzuli, per dipingere le loro ultime opere e fare delle opere e di loro stessi un’arte e un nome eterni”. (M. Brusatin, Il nero nell’arte, 2017)

10 Argomento :La società liquida

.“Nella nostra epoca il mondo intorno a noi è tagliuzzato in frammenti scarsamente coordinati, mentre le nostre vite individuali sono frammentate in una successione di episodi mal collegati fra di loro”.

“Essere moderni venne a significare, così come significa oggi, essere incapaci di fermarsi e ancor meno di stare fermi”.

“Nel mondo liquido-moderno la solidità delle cose, così come la solidità dei rapporti umani, tende a essere considerata male, come una minaccia: dopotutto, qualsiasi giuramento di fedeltà e ogni impegno a lungo termine sembrano annunciare un futuro gravato da obblighi che limitano la libertà di movimento e riducono la capacità di accettare le opportunità nuove e ancora sconosciute che si presenteranno. La prospettiva di trovarsi invischiati per l’intera durata della vita in qualcosa o in un rapporto non rinegoziabile ci appare decisamente ripugnante e spaventosa”.

"La complessità spesso non e un’esperienza piacevole e costringe a uno sforzo. Internet è il contrario: ti permette di non vedere e non incontrare chiunque sia diverso da te. Ecco perché la Rete è allo stesso tempo una medicina contro la solitudine – ci si sente connessi con il mondo – e un luogo di confortevole solitudine, dove ciascuno è chiuso nel suo network da cui può escludere chi è diverso ed eliminare tutto ciò che è meno piacevole".

“In una cultura consumistica come la nostra, che predilige prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, risultati senza troppa fatica, ricette infallibili, assicurazione contro tutti i rischi e garanzie del tipo “soddisfatto o rimborsato”, quella di imparare ad amare è la promessa (falsa, ingannevole, ma che si spera ardentemente essere vera) di rendere l’esperienza dell’amore simile ad altre merci, che attira e seduce sbandierando tutte queste qualità e promettendo soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi”.“L’amore consiste nella sopravvivenza dell’io attraverso l’alterità dell’io. E dunque amore significa prepotente desiderio di proteggere, nutrire, riparare, coccolare, accudire, oppure difendere gelosamente. Insomma, anche l’amore, come il desiderio, è una minaccia per il proprio oggetto. Il desiderio distrugge il proprio oggetto, distruggendo nel processo se stesso; la rete protettiva che l’amore tesse amorevolemente intorno al proprio oggetto amato schiavizza l’oggetto stesso”.

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ZYGMUNT BAUMAN è stato uno dei filosofi più interessanti del XX secolo la sua riflessione sul mondo contemporaneo ha portato alla nascita del concetto di – liquidità – per definire come nella società in cui viviamo siamo sottoposti e indotti a considerare che tutto sia transitorio e precario. La logica dell’usa e getta che fa parte del consumismo contemporaneo si è pertanto imposto come nostra logica esistenziale

LATINO

Traduzione de “Il nemico in casa”, Livio, Ab Urbe condita, V, 41 pag 390 – 391;

Studiare l’approfondimento “Il ritratto del nemico” pag. 432 – 451;

Ripassare la Grammatica Latina

Memorizzare il Lessico Latino di base, riportato nel file relativo su infoprof (facoltativo)