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MORTI & FERITI – AGOSTO 2005 Montepulciano. Muore schiacciato da un trattore Un nuovo incidente mortale sul lavoro è accaduto ieri nelle campagne di Montepulciano. La vittima è un uomo di 66 anni che è deceduto per le gravi lesioni procurategli da un trattore che gli è caduto addosso. L'uomo, meccanico di professione, stava cercando di recuperare con un altro mezzo un trattore in avaria quando è stato travolto dal cingolato. Liberazione 2 agosto 2005 Incidenti sul lavoro: morte a Roma e Milano Un marmista di 66 anni è morto mentre stava lavorando in un appartamento privato a Milano, precipitando da un piano all'altro. A Roma un operaio di 60 anni è rimasto schiacciato dal crollo di una struttura di un cantiere in ferro e cemento. A Viareggio un operaio è in coma dopo essere rimasto folgorato, a Cesano un agricoltore di 77 anni è stato schiacciato dal suo trattore. Liberazione 3 agosto 2005 Sanremo, esplode cabina elettrica, grave un operaio Grave infortunio sul lavoro e tragedia sfiorata, ieri mattina, a Pontedassio (Imperia), dove un operaio reggiano di 42 anni è rimasto ustionato alla parte superiore del corpo dopo che la cabina elettrica sulla quale lavorava è improvvisamente esplosa a causa di un corto circuito. L'uomo, ricoverato al centro grandi ustionati di Genova, ha riportato ustioni di secondo e terzo grado Liberazione 4 agosto 2005 INFORTUNI . Operaio investito da un Eurostar Un operaio di 46 anni, originario dell'Aquila, è stato investito ieri da un Eurostar. L'uomo, a quanto si è appreso, lavorava in una ditta di armamenti ferroviari per conto della Rfi (Rete ferroviaria italiana, di Fs), ed è rimasto ferito al km 2.300 della linea ferroviaria Roma-Firenze alta velocità. Trasportato al Policlinico Umberto I, l'uomo ha riportato una ferita alla schiena e rischia, secondo quanto si è appreso, l'amputazione di una mano. Stava lavorando al rifacimento di un parapetto lungo la linea ferroviaria all'altezza del deposito locomotive di San Lorenzo quando, secondo una

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MORTI & FERITI – AGOSTO 2005

Montepulciano. Muore schiacciato da un trattore

Un nuovo incidente mortale sul lavoro è accaduto ieri nelle campagne di Montepulciano. La vittima è un uomo di 66 anni che è deceduto per le gravi lesioni procurategli da un trattore che gli è caduto addosso. L'uomo, meccanico di professione, stava cercando di recuperare con un altro mezzo un trattore in avaria quando è stato travolto dal cingolato.

Liberazione 2 agosto 2005

Incidenti sul lavoro: morte a Roma e Milano

Un marmista di 66 anni è morto mentre stava lavorando in un appartamento privato a Milano, precipitando da un piano all'altro. A Roma un operaio di 60 anni è rimasto schiacciato dal crollo di una struttura di un cantiere in ferro e cemento. A Viareggio un operaio è in coma dopo essere rimasto folgorato, a Cesano un agricoltore di 77 anni è stato schiacciato dal suo trattore.

Liberazione 3 agosto 2005

Sanremo, esplode cabina elettrica, grave un operaio

Grave infortunio sul lavoro e tragedia sfiorata, ieri mattina, a Pontedassio (Imperia), dove un operaio reggiano di 42 anni è rimasto ustionato alla parte superiore del corpo dopo che la cabina elettrica sulla quale lavorava è improvvisamente esplosa a causa di un corto circuito. L'uomo, ricoverato al centro grandi ustionati di Genova, ha riportato ustioni di secondo e terzo grado

Liberazione 4 agosto 2005

INFORTUNI . Operaio investito da un Eurostar

Un operaio di 46 anni, originario dell'Aquila, è stato investito ieri da un Eurostar. L'uomo, a quanto si è appreso, lavorava in una ditta di armamenti ferroviari per conto della Rfi (Rete ferroviaria italiana, di Fs), ed è rimasto ferito al km 2.300 della linea ferroviaria Roma-Firenze alta velocità. Trasportato al Policlinico Umberto I, l'uomo ha riportato una ferita alla schiena e rischia, secondo quanto si è appreso, l'amputazione di una mano. Stava lavorando al rifacimento di un parapetto lungo la linea ferroviaria all'altezza del deposito locomotive di San Lorenzo quando, secondo una prima ricostruzione dell'incidente, è stato colpito dall'ultima vettura del convoglio Eurostar. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Polfer e i vigili del fuoco. Erano ancora in corso ieri sera i rilievi della scientifica per verificare la dinamica dell'incidente. Rfi ha comunicato che, dai rilievi effettuati, tutte le procedure interne di sicurezza erano state attivate prima dell'incidente, sia con segnali sonori che visivi.

Il Manifesto 6 agosto 2005

INFORTUNIO 10 GIORNI FA A BORGOMANERO POI IL RICOVERO AL CTO DI TORINO Morto dopo ustioni sul lavoro . E’ un operaio di Borgosesia, aveva 43 anni

BORGOMANERO . E’ morto dopo dieci giorni di terribile agonia il muratore che era rimasto ustionato dal proprio saldatore mentre stava sistemando il tetto di un’abitazione alla periferia della città. La vittima è Milco Longo, 43 anni, artigiano edile di Plello, una frazione di Borgosesia. Il muratore, dieci giorni fa, si era recato a Borgomanero, in vicolo Siai, per completare il lavoro di sistemazione di un tetto. Longo doveva terminare di fissare alcune perline in legno ed alcune

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tegole presso una palazzina. L’incidente è accaduto poco prima delle dieci e mezza del mattino: l’operaio aveva terminato alcune operazioni e stava ormai per completare l’intero lavoro di coibentazione del tetto: per questo stava utilizzando anche un apparecchio per la saldatura. Probabilmente aveva inavvertitamente spento male il saldatore e dall’ugello fuoriusciva ancora del gas. Così, quando il muratore ha fatto per riaprire l’impianto, è stato investito da una fiammata tremenda che lo ha avvolto completamente. L’uomo è stato subito soccorso da alcuni abitanti della palazzina, che hanno chiamato immediatamente il 118: i sanitari, giunti con l’elicottero, viste le condizioni gravissime dell’artigiano, ne avevano disposto il trasferimento al Cto di Torino, presso il reparto grandi ustionati. La lotta di Milco Longo contro la morte è durata dieci giorni; alla fine le ustioni, che erano estese al novanta per cento del corpo, sono state così gravi da fare subentrare il decesso. La notizia ha suscitato grande cordoglio nella frazione di Plello ed a Borgosesia, dove Longo era molto conosciuto e stimato. Non è ancora stata resa nota la data dei funerali, che verranno svolti subito dopo che verrà effettuata l’autopsia, disposta dal magistrato che si occupa dell’incidente mortale. m.gio.

La Stampa - Sezione Novara - 6/08/05

Operaio muore in cantiere della Variante di Valico

Incidente mortale sul lavoro in un cantiere della Variante di Valico, il nuovo tratto autostradale in costruzione tra Bologna e Firenze. La vittima è un operaio di siciliano di 57 anni, rimasto schiacciato dal pannello di cemento del peso di diversi quintali che aveva da poco montato all'interno della galleria.

Liberazione 6 agosto 2005

Schiacciato dal trattore

CASALFIUMANESE - Ha cercato di mettersi in salvo buttandosi dal trattore in corsa. Un gesto d’istinto, una frazione di secondo. E’ bastato a salvargli la vita. Ma non a evitargli di restare schiacciato sotto i cingoli ferrati.E’ andata così ieri mattina, poco prima delle 11.30, in via Gesso, all’altezza del civico 46, nella piccola frazione del comune di Casalfiumanese. Un altro infortunio sul lavoro. E ancora una volta la vittima è un agricoltore, confermando i dati scritti sul libro nero delle statistiche. A restare ferito gravemente è stato un 67enne nato a Castel San Pietro ma residente a Castenaso. Lavorava in un appezzamento di terreno, nel fondo Calicò. Col trattore a rimorchio stava scendendo lungo via Gesso, in un punto abbastanza pendente. A un tratto il veicolo è diventato incontrollabile. L’agricoltore se n’è subito accorto e in pochi istanti ha pensato solo ad evitare il peggio, a sfuggire a quel trattore praticamente impazzito che continuava a correre ormai senza freno. Ha fatto la cosa più immediata e anche più logica. Si è alzato dal sedile e si è buttato verso terra.Probabilmente la forza nella spinta non è stata sufficiente. Il 67enne è infatti riuscito a saltare via, ma non abbastanza lontano. Una volta caduto a terra è stato così investito dal trattore. In pratica, uno dei cingoli gli è passato sulla gamba sinistra provocandogli una ferita grave.La richiesta d’aiuto è partita poco dopo. Vista la gravità delle lesioni e la distanza del luogo dell’incidente dall’ospedale di Imola, i soccorritori hanno preferito far atterrare l’elicottero di Bologna Soccorso. Dopo le prime veloci cure sul posto, il 67enne è stato quindi trasferito in volo all’ospedale Maggiore di Bologna dove è stato ricoverato in tarda mattinata. Per lui la prognosi resta riservata anche se non corre pericolo di vita.Sul posto dove è avvenuto l’infortunio sono intervenuti per i rilievi i carabinieri assieme al personale della Medicina del lavoro.Poco più di quattro mesi fa, in un altro podere di Casalfiumanese, i militari erano dovuti intervenire ancora per un infortunio simile a questo. Quella volta, era il 21 marzo, l’incidente finì in tragedia. A perdere la vita fu un agricoltore di 44 anni, Ivano Mantellini. Anche lui travolto e schiacciato dal suo trattore mentre era al lavoro.

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Il Corriere Romagna – Cronaca di Imola 6/08/05

Crescono gli infortuni A marzo la morte di un 44enne

IMOLA - Certo il ricorso alla tecnologia aiuta. Lo dimostrano alcuni comparti industriali dove gli infortuni sono in netto calo. Ma l’agricoltura, spesso ancora affidata al binomio trattore-contadino, è tutta un’altra cosa. Purtroppo qui le cose non vanno molto bene. Anzi è l’unico settore dove, in controtendenza con tutto il resto, il numero degli incidenti cresce e non poco anziché calare. Basta dare un’occhiata alle statistiche elaborate dall’Ausl per l’ultimo anno, il 2004. Pagine di numeri che testimoniano l’aumento della gravità dei traumi e anche delle morti. Complessivamente, nello scorso anno, a perdere la vita sono stati in quattro. Tra questi, anche due giovani agricoltori: il 35enne Silvano Nanni e il 36enne Valerio Neri che morì l’11 maggio, dopo essersi anche candidato per un posto di consigliere comunale a Fontanelice. Quest’anno non è certo iniziato meglio. Il 21 marzo, sempre a Casalfiumanese, è morto il 44enne Ivano Mantellini. Il 12 febbraio invece, nelle campagne di Zello, era rimasto ferito in modo grave un agricoltore di 63 anni. Anche lui fu trasportato in eliambulanza al Maggiore in gravi condizioni dopo aver perso un braccio mentre era intento a tagliare della legna con una sega circolare.

Il Corriere Romagna – Cronaca di Imola 6/08/05

Uccisi dal trattore, a Imola e nel vibonese

Due incidenti ieri sul lavoro. Il primo, a Maierato, nel vibonese, ha causato la morte di Francesco Cracolici, 30 anni, che stava lavorando un terreno quando il trattore si è ribaltato, schiacciandolo. Stessa dinamica per un agricoltore di 66 anni, residente a Castenaso (Bologna), che è stato sbalzato e investito dal mezzo agricolo. Soccorso, ha subito l'amputazione delle gambe

Liberazione 7/08/05

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Il Dragone divora carbone e minatori In Cina altri due «incidenti» nelle miniere di carbone: più di cento lavoratori morti. Oltre 6 mila vittime all'anno. E' il prezzo della fame energetica del paese

MANUELA CARTOSIO. Notizie di un giorno qualsiasi dalle «due» Cina. A luglio le vendite di automobili sono cresciute del 44%; l'incremento su base annua, secondo il ministero del commercio, sarà del 12%. Quattro compagnie aeree cinesi hanno acquistato per 5 miliardi di dollari 42 Boeing 787. Nel 2004 i passeggeri tasportati in Cina sono aumentati del 16%, il doppio della media mondiale. Nel prossimo ventennio il mercato cinese dell'aviazione civile assorbirà 1.600 aerei. A Fuzhou nella provincia del Fujian, un contadino malato di tumore ai polmoni si è fatto saltare come un kamikaze su un autobus, ferendo 31 passeggeri. La metà dei contadini - ha ammesso di recente il ministro della sanità - non può permettersi cure mediche e ricoveri ospedalieri. Nelle stesse ore, due «incidenti» in due diverse miniere di carbone aggiungevano più di cento vittime al rigoglioso bilancio dei morti sul lavoro. Qui ci occupiamo di quest'ultima particolarità del gigante Cina. E lo facciamo nel giorno in cui cade il quarantanovesimo anniversario della strage di Marcinelle, quando a morire nelle miniere erano gli emigranti italiani. Quattordici minatori sono morti e due sono dati per dispersi nella miniera di Wangzi, nella provincia del Guizhou (Sud Ovest). C'è stata un'esplosione di gas nella galleria dove si trovavano. La miniera, gestita dal governo municipale, aveva una regolare licenza ma non aveva ottenuto il certificato di sicurezza, sostiene l'agenzia Nuova Cina, segnalando che anche un impianto «pubblico» se ne infischia della sicurezza tanto quanto la miriade di impianti privati illegali in cui si estrae carbone in condizioni peggio che ottocentesche. Nella regione del Guandong (Cina meridionale) si sono perse le speranze di salvare 102 minatori intrappolati a 420 metri di profondità in una galleria invasa dall'acqua. Nonostante l'uso delle pompe, l'acqua continua a salire. L'ipotesi è che provenga da una falda urtata dalle scavatrici.

Il carbone copre per due terzi il fabbisogno energetico della Cina, povera di petrolio. E i morti nelle miniere di carbone sono il «prezzo» pagato dai lavoratori cinesi per alimentare le stratosferiche prestazioni del Dragone che incrementa ogni anno di 9 punti il pil. E' una delle poche cifre certe in un paese dove i numeri, compreso quello degli abitanti, sono piuttosto aleatori. Ufficialmente nei primi sei mesi dell'anno i morti nelle miniere di carbone cinese sarebbero circa 2.700. La stima per il 2004 ha superato i 6 mila morti. Una cifra «convenzionale», ottenuta sommando notizie di stampa o fornite dalle autorità locali. Molti «incidenti» non vengono neppure dichiarati, i proprietari mettono a tacere i familiari delle vittime con un pugno di yuan. Il governo cinese, periodicamente, lancia «campagne» per alzare gli standard di sicurezza nelle miniere. «Campagne» all'acqua di rose, perché l'obiettivo prioritario del governo non è la tutela della vita dei lavoratori, ma soddisfare la fame di carbone (che, una volta bruciato, con l'inquinamento atmosferico uccide altri milioni di persone e deforesta intere regioni). Finita la «campagna», le miniere riaprono tal quali.

Essendo ignoto il numero dei minatori cinesi, è impossibile calcolare l'effettiva incidenza dei decessi. L'agenzia indipendente China Labor Watch stima che i morti siano almeno 10 mila l'anno. Fossero anche «solo» 6 mila, ne consegue che la Cina estrae il 35% del carbone mondiale e produce l'80% dei morti sul lavoro nel settore. Un'incidenza che supera di 10 volte quella dell'India, di 30 quella del Sud Africa, di 100 quella degli Usa (dove il carbone, per la cronaca, copre ancora quasi metà del fabbisogno energetico).

«Fare il minatore di carbone in Cina», scrive il direttore di China Labor Watch Li Quang, «probabilmente è il mestiere più pericoloso del mondo». «Più pericoloso delle tigri! Più pericoloso del fuoco!», era scritto nella petizione indirizzata al governo da 300 cittadini cinesi, tra cui spiccava il nome di noti attivisti per i diritti civili. L'appello risale alla fine del 2004 e la sequela degli «incidenti» è proseguita indisturbata. L'appello calcolava che ogni milione di tonnellate di carbone estratto in Cina nel 2003 era «costato» la vita di 4,17 minatori.

Pechino sostiene che nel triennio 2000-2003 sono stati spesi 12 miliardi di yuan per elevare la sicurezza nelle miniere. L'anno scorso ha promesse che ne sarebbero stati investiti altri 51 (pari

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a 6 miliardi di dollari), provenienti sia dallo Stato che dalle imprese. Ma non ha precisato i tempi degli esborsi e le modalità delle migliorie. La solita «campagnetta» ha chiuso qualche piccola miniera che poi ha ripreso a funzionare. La previsione per quest'anno è che la domanda cinese di carbone crescerà del 6%. La Cina, che detiene il 12% delle riserve mondiali di carbone e che in passato era stata un esportatore netto, da qualche anno importa carbone, necessario per illuminare, riscaldare e produrre acciaio. Risultato: il prezzo del carbone è cresciuto sia sui mercati internazionali sia per i disgraziati che lavorano nelle miniere cinesi.

Anche Marcinelle, non solo la ricchezza, si è spostata ad Est.

Il Manifesto 9 agosto 2005

MINIERE . Quarantanove anni fa la tragedia Marcinelle

Ieri l'ennesimo disastro in Cina, ma quarantanove anni fa a morire nelle miniere erano ben 262 cittadini europei, la metà dei quali italiani, nella miniera belga di Marcinelle. Alle 8.10 dell' 8 agosto 1956 una nuvola di fumo nero si alza dalla miniera di carbone «Bois du Cazier» a Marcinelle, nella zona di Charleroi. Il pozzo Saint Charles è in fiamme a 975 metri di profondità. Il bilancio della tragedia sarà di 262 vittime, di cui ben 136 italiani, ai quali il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha conferito la medaglia d' oro al merito civile lo scorso 31 maggio. Il disastro, di cui oggi ricorre il quarantanovesimo anniversario, è stato provocato da un ascensore chiamato per errore dall'operaio addetto mentre ne stava uscendo un vagoncino. Un errore di comprensione sembra sia stato all'origine della manovra sbagliata. Il vagoncino, incastrato, ha tranciato i fili del telefono, due cavi elettrici e una condotta d' olio ad alta pressione provocando un corto circuito. Si è quindi sviluppato l'incendio. Sei minatori, che si trovavano più vicini all' ascensore, sono riusciti a salire e a farsi tirar su. Poi le fiamme hanno bloccato il meccanismo. Altri sette uomini sono stati tirati fuori vivi (ma uno morirà quasi subito) nelle prime ore dalle squadre di salvataggio. Le operazioni di soccorso sono state però rese quasi impossibili dall' elevata temperatura. Le ricerche di eventuali superstiti sono durate un paio di settimane, inutilmente. Quando le squadre di soccorso hanno raggiunto il luogo della tragedia vi hanno trovato solo cadaveri e una scritta con il gesso su un pezzo di legno: «Fuggiamo davanti al fumo, siamo una cinquantina». Tra gli italiani morti, provenienti da 13 diverse regioni, il gruppo più numeroso, una sessantina di persone, era abruzzese, oltre la metà dei quali provenivano da Manoppello e Lettomanoppello (Pescara). «Una delle più grandi tragedie della nostra emigrazione», l'ha definita ieri il presidente Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio inviato al ministro Tremaglia, in visita nella città belga per le commemorazioni. «Anche quest'anno - scrive Ciampi - desidero associarmi a tutti voi che rendete omaggio alla memoria dei cittadini italiani periti nell'agosto 1956».

Il Manifesto 9 agosto 2005

Cade da dodici metri: vivrà

RIMINI - E’ precipitato da un’altezza di dodici metri mentre era intento a rimuovere alcuni pannelli dal tetto dello stabilimento produttivo delle fonderie Scm, alle Celle.L’uomo, un 33enne originario di Trieste, è vivo per miracolo anche se le sue condizioni sono gravi: è ricoverato in rianimazione all’ospedale di Rimini in prognosi riservata.Nonostante la serietà del trauma, in particolare toracico, subito nell’impatto con il pavimento, l’operaio non ha mai perso conoscenza, ha dimostrato di poter muovere gli arti, e - dai primi accertamenti - non avrebbe riportato lesioni irreversibili alla colonna vertebrale.Nonostante le cautele (sono state prese le necessarie misure precauzionali nei confronti del paziente), lo sfortunato lavoratore non è da considerarsi in pericolo di vita e avrà la possibilità di riprendersi dal brutto incidente, l’ennesimo sul lavoro che si verifica in provincia di Rimini,L’operaio triestino lavora per una ditta della propria città specializzata nella rimozione di pannelli di eternit. Stava svolgendo il suo compito quando, all’improvviso poco prima delle 10.30, ha ceduto il controsoffitto del tetto.L’uomo è inevitabilmente caduto ed è stato subito soccorso.Un’ambulanza del 118 ha provveduto al

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trasporto in ospedale, mentre sul posto, per accertare la dinamica dell’episodio, sono arrivati gli agenti di una Volante della questura.Come è consuetudine in questi casi è scattata un’inchiesta da parte della Medicina del lavoro dell’ausl. Gli ispettori hanno effettuato un sopralluogo per accertare se erano state rispettate le misure di sicurezza previsti in casi del genere e sono adesso al lavoro per stilare una relazione sull’incidente.

Il Corriere Romagna – Cronaca di Rimini 9 agosto 2005

Cina, 14 morti e 100 dispersi in 24 ore:la miniera di carbone uccide ancora I lavoratori pagano il prezzo della corsa alla modernizzazione: 2700 minatori morti dall'inizio dell'anno

Veronic Algeri. Ancora due incidenti, nelle ultime 24 ore, nelle miniere cinesi, le più pericolose del mondo. Ieri mattina, in seguito ad una forte esplosione di grisù nella galleria di un giacimento di carbone, sono morti 14 operai e due sono ancora dispersi, nelle miniere   di Wangzi. Le alluvioni che si abbattono in questi giorni nella stessa provincia meridionale di Guangdong sono all'origine di un altro grave disastro: 103 minatori sono intrappolati da ieri in un giacimento di carbone nella vicina città di Xingning. «Ci sono tra i 15 e i 20 milioni di metri cubi d'acqua e il livello cresce di 50 centimetri ogni ora», ha annunciato il vicesindaco della vicina città di Meizhou all'agenzia Xihua. La crescita economica cinese - l'8% all'anno, come indicato negli obiettivi del governo - sta facendo aumentare vertiginosamente la domanda di energia. Il più grande produttore e consumatore di carbone al mondo, negli ultimi anni, ha intensificato lo sfruttamento dei suoi giacimenti per sostenere lo sviluppo e per accompagnare l'irruente entrata nel mercato globale. Il carbone soddisfa il 61 per cento del fabbisogno interno, ma non è abbastanza. I prezzi del petrolio sono saliti alle stelle. L'Organizzazione Internazionale del lavoro (Oil) afferma, in un recente documento, che «il fatto che in Cina gli incidenti minerari continuino a questo ritmo è preoccupante, dato che sono quasi tutti prevedibili». La sete energetica del Paese ha spinto imprenditori e governo a riattivare vecchie miniere dove le condizioni di sicurezza sono un optional. Le 14 ore al giorno di lavoro per scavare una tonnellata di carbone in cambio di uno stipendio di 800/1000 yuan al mese (72/90 euro) e un solo giorno di riposo sono condizioni che non hanno passato il filtro delle contrattazioni sindacali. In questo contesto di crescita frenetica, la sicurezza sul lavoro è un elemento secondario. Intanto cresce il numero delle vittime nelle 28 mila miniere di carbone della Cina del mercato globale: dall'inizio dell'anno sono 2700 i minatori morti. Ma gli incidenti del 2005 sono solo gli ultimi di una lunga serie. Nel 2004 il numero delle vittime è incerto: 6mila secondo le stime diffuse dal governo e 20mila secondo statistiche indipendenti. La pratica della falsificazione del numero delle vittime o del ricatto sui lavoratori che rilasciano dichiarazioni ai giornalisti è corrente. Molti incidenti non vengono denunciati per evitare la chiusura delle miniere e il pagamento delle multe. I minatori non possono rifiutarsi di lavorare anche quando sanno che qualcosa può non funzionare. Secondo Zhao Tiechui, vice del Ministro dell'amministrazione generale, Li Yizhong, «i disastri in miniera e la politica energetica cinese non sono direttamente legati», ma i gestori di miniere scavano sempre più in profondità e impongono ritmi di lavoro disumani. Il non rispetto delle norme di sicurezza e la mancanza di sistemi di ventilazione sono le cause più comuni di incendi ed esplosioni. La maggior parte degli incidenti negli ultimi anni è avvenuta in piccole miniere a gestione privata che forniscono il 28 per cento della produzione del carbone nazionale. Invece la miniera di Wangzi ha una produzione annuale di 30mila tonnellate di carbone ed è gestita dal governo municipale. Secondo quanto si può leggere sul sito Nuova Cina, Wangzi è una miniera con regolare licenza ma non aveva ottenuto il certificato di sicurezza. Le promesse che lo scorso aprile aveva fatto il ministro, Li Yizhong, non hanno avuto alcun riscontro: Li aveva dichiarato che sarebbero stati inviati ispettori per controllare le norme di sicurezza delle miniere di 20 province.

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Fra i "sette obiettivi di incremento" della Cina per il 2005, il premier Wen Jiabao nella relazione annuale sul lavoro, presentata il 5 marzo durante la sessione annuale del Congresso Nazione del Popolo, ha indicato la volontà di «investire di più per le attrezzature di sicurezza nelle miniere di carbone». Il Consiglio di Stato ha deciso di allocare 3 miliardi di yuan (360 milioni di dollari) per incrementare la sicurezza nelle miniere di carbone di proprietà statale. Le imprese e i gestori delle miniere sono pure chiamati ad investire di più nella sicurezza. Oltre a sfidare pesantemente i diritti umani sul terreno del lavoro, nella sua sfrenata corsa verso la modernità e nel suo ingresso sul mercato globale, la Repubblica popolare è anche in conflitto con le norme internazionali che tutelano l'ambiente. La Cina, che ha ratificato il protocollo di Kyoto, è compresa fra le nazioni in via di sviluppo. Per questo motivo non sarà obbligata a rispettarlo fino a quando non uscirà da questa condizione, cosa che è previsto accada fra una decina di anni. La sua seconda posizione tra i maggiori produttori mondiali di C02, dovuta all'uso del carbone come prima fonte di risorsa energetica, non è destinata a cambiare.

Liberazione 9/08/05

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Milano, meccanico muore schiacciato da un auto

A Gorgonzola, cittadina a nord-est di Milano, un uomo, meccanico titolare della carrozzeria Malancio di via Buonarroti, stava riparando un auto quando l'impianto che sosteneva il veicolo ha ceduto. L'uomo è morto schiacciato sotto il peso dell'auto.

Liberazione 9/08/05

Emilia Romagna, 40° per i macchinisti

«Nelle cabine di guida dei mezzi si possono riscontrare temperature superiori ai 40 gradi e esistono ancora mezzi non provvisti di climatizzazione e quelli attrezzati, molto spesso, hanno un apparato guasto o inefficiente»: lo denuncia con una lettera al responsabile dell'Uopsal di Bologna, Roberto De Paolis, rls dei macchinisti dell'Emilia Romagna, che chiede di accertare la conformità alle leggi.

Liberazione 9/08/05

Milano, 2 operai cadono dall'impalcatura: feriti

Ieri mattina, poco dopo le dieci, un operaio marocchino ed il suo capo-cantiere italiano sono rimasti feriti dopo una caduta dall'impalcatura che stavano montando in un cantiere a Milano, vicino corso Sempione. L'operaio è ricoverato al Fatebenefratelli in gravi condizioni.

Liberazione 10/08/05

LAVORO. Un ex operaio della Bassano Grimeca ha vinto la causa sedici anni dopo l’incidente alla pressa. Risarcito per il danno biologico L’azienda non ha ottemperato alle prescrizioni di legge in materia antinfortunistica

Rovigo . È una sentenza esemplare. A sedici anni dall'infortuni o il giudice del lavoro Rossella Materia ha riconosciuto ad un ex operaio della Bassano Grimeca sia il danno biologico che quello morale. L'azienda di Ceregnano non aveva ancora adottato all'epoca le più elementari precauzioni contemplate dalla normativa antinfortuni stica. Dovrà ora risarcire l'ex dipendente con 43.000 euro, oltre agli interessi legali. L'incidente risale al 27 aprile 1989. P.R., operaio di secondo livello, é addetto al reparto di smerigliatura. Lavora con un collega ad una pressa con cui vengono "sbavate" le ruote da scooter. Per far funzionare il macchinario é necessario premere contemporaneamente due pulsanti posti ad una certa distanza l'uno dall'altro. La ragione é facilmente intuibile. Si vuole evitare che la pressa venga azionata mentre le mani dell'operatore si trovano in posizione pericolosa. Probabilmente per sveltire la produzione la Bassano Grimeca utilizza due operai alla stessa macchina. P.R. sta collocando i pezzi sul pianale della pressa quando il collega inavvertitamente preme il pulsante per azionare la discesa del punzone. L'operaio riporta una grave frattura alla prima falange del pollice della mano destra. Ricoverato all'ospedale, deve subire ben tre interventi chirurgici. La mano non é più in grado di riprendere le abituali funzioni. L'Inail riconosce all'operaio un'invalidità permanente pari al 16\%. P.R. si affida all'ufficio legale della Cgil per ottenere il risarcimento del danno biologico e morale. La causa viene patrocinata dall'avvocato Giancarlo Moro. Il giudice riconosce la fondatezza delle pretese del lavoratore. La responsabilità dell'incidente va ascritta esclusivamente all'azienda. Alla pressa avrebbe dovuto essere dislocato un solo operaio. La macchina é dotata di un doppio pulsante proprio per evitare che possa essere azionata quando una mano si trova ancora nella zona dello stampo. Inutilmente la Bassano Grimeca, rappresentata dagli avvocati Francesco Zarbo, Luigi Montuschi e Cosimo Palisi, ha provato ad attribuire la responsabilità dell'accaduto alla scarsa attenzione dei due operai. Il giudice non ha avuto dubbi nell'attribuire alla Spa di Ceregnano una condotta negligente, poco rispettosa della normativa in materia di infortuni sul lavoro. «È principio consolidato in

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giurisprudenza - scrive la dottoressa Materia - che la responsabilità del datore di lavoro per la mancata adozione di misure idonee a tutelare l'integrità fisica del dipendente debba escludersi solo in caso di dolo del lavoratore». P.R. ha obbedito alle direttive del caporeparto coadiuvando il collega. Assieme dovevano velocizzare le operazioni di sbavatura delle ruote. All'operaio é stato riconosciuto un risarcimento di circa 30.000 di danno biologico e di ulteriori 10.000 euro di danno morale, rivalutati negli anni. Respinte invece le pretese risarcitorie relative ad un precedente infortuni o e ad un deficit uditivo che sarebbe stato provocato dall'alta rumorosità del reparto di smerigliatura, ubicato a ridosso della fonderia della Bassano Grimeca. Luca Ingegneri

Il Gazzettino– Cronaca di Rovigo 11/08/05

Operaio egiziano muore schiacciato da una lastra di ferro in via MagriniTragico infortunio sul lavoro nel pomeriggio a Bergamo: un giovane operaio egiziano, Mohamed Mahboub, 26 anni, residente ad Arcore, nel Milanese, è morto schiacciato da una lastra di ferro del peso di 25 quintali.La disgrazia è accaduta nel cantiere di via Magrini (foto di Yuri Colleoni), dove una ditta milanese per la quale lavorava, specializzata nella posa di reti per teleriscaldamento, sta eseguendo lavori per contro dell'Asm-Bas.Secondo i primi accertamenti compiuti da agenti della polizia locale, della squadra mobile e da tecnici dell'Asl, il giovane egiziano stava lavorando su alcune tubazioni con un flessibile, quando è stato travolto dal pesante lastrone, che era appoggiato ad uno dei plinti del ponte ferroviario, in attesa di tessere posato a copertura degli scavi, alla fine della giornata di lavoro.Ancora non si sa con certezza che cosa abbia provocato l'improvvisa caduta della lastra: se le vibrazioni dei macchinari in azione nel cantiere, oppure un urto accidentale con una macchina per movimento terra. Fatto è che per l'operaio non c'è stato scampo. Dopo i primi interventi da parte dei compagni di lavoro, l'egiziano è stato soccorso dal personale di un'ambulanza del 118 che ha cercato di rianimarlo. Purtroppo, però, è stato tutto inutile: il giovane operaio è morto per lo schiacciamento della cassa toracica.

L’Eco di Bergamo 11/08/2005

Due morti sul lavoro a Caserta e Bergamo

Un fabbro, Luigi Migliori, di 28 anni, è morto ieri nella frazione Cancello Scalo di San Felice a Cancello (Caserta), precipitando dal tetto di un capannone sul quale era salito per un sopralluogo. Sempre ieri a Bergamo a perdere la vita è stato un operaio egiziano di 26 anni, Mohamed Mohboud, schiacciato da una lastra d'acciaio mentre lavorava alla realizzazione del teleriscaldamento.

Liberazione 12/08/05Addetto al trasporto bagagli. Il sindacato: «L'abbattimento dei costi produce vittime» Fiumicino, lavoratore travolto e ucciso a pochi metri dal jumbo

"Vittima della velocità e del mancato rispetto della segnaletica". Non c'è voluto molto agli investigatori per risalire alle cause del tremendo incidente che due giorni fa è costato la vita a un giovane autista di "Adr Handling" a pochi metri dalle piste dell'aeroporto internazionale di Fiumicino. L'uomo, A. C. di 35 anni, stava guidando un trattorino adibito al trasporto dei bagagli quando è stato travolto da un'auto della Securitas. Secondo la ricostruzione della dinamica dell'incidente, l'addetto alla vigilanza procedeva a una velocità sostenuta, quasi il doppio di quella consentita. L'autista del trattorino, sposato da pochi mesi e residente a Ostia, una località a pochi chilometri dall'aeroporto, si è immesso nella corsia senza rispettare il segnale di senso vietato. Dopo l'impatto il trattorino si è ribaltato e l'uomo alla guida è rimasto quasi completamente schiacciato dal mezzo.

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Duro il comunicato del Sult, il sindacato del trasporto aereo da tempo impegnato in una lunga e difficile vertenza sulla sicurezza: «Ancora una volta la rincorsa all'abbattimento dei costi produce vittime. La mancanza di personale spinge le aziende a far accelerare i tempi di lavoro. E gli operai che lavorano in pista da un'aereo all'altro, dallo scarico bagagli alle pulizie in cabina, dal trasporto passeggeri a quello dei bagagli senza un'attimo di tregua», corrono un rischio continuo. «Se consideriamo che la maggioranza degli addetti è precaria, senza professionalità ed esperienza lavorativa aeroportuale, si capisce immediatamente - si legge ancora nel comunicato - quali siano i rischi che i lavoratori affrontano quotidianamente all'aeroporto di Fiumicino». A segnalare l'allarme sicurezza è anche la Fit-Cisl, il sindacato dei trasporti della Cisl. Il tragico incidente avvenuto nell'aeroporto di Fiumicino, nel quale ha perso la vita un operatore, ripropone con forza, scrive la Fit-Cisl, «la necessità di intervenire incisivamente a garanzia di tutti i lavoratori impegnati nel complesso sistema del traffico aereo». Il sindacato si unisce al cordoglio della famiglia, sottolinea il responsabile del trasporto aereo regionale del Lazio della Fit-Cisl Pierluigi Nanni, per il lutto causato dal drammatico incidente. «Questa vicenda ribadisce Nanni - dimostra che è necessario ripensare integralmente gli attuali sistemi di gestione, che hanno determinato una proliferazione di contratti, con il ricorso a personale non sempre professionalmente adeguato, soprattutto per ciò che concerne la scrupolosa osservanza delle norme e delle procedure di sicurezza. Le società di gestione troppe volte sembrano operare con una disinvoltura che dimostra come nel trasporto aereo la deregulation sia andata ormai fuori misura». La Fit Cisl chiede «l'adozione di misure che sappiano prevenire questi incidenti e garantiscano la sicurezza di tutti i lavoratori e di quanti utilizzano l'intero sistema del trasporto aereo, il cui sviluppo - conclude Nanni - va di pari passo con l'aumentata qualità dei servizi e standard di efficienza crescenti». Fa. Seba.

Liberazione 12/08/05

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Piombino: il corpo della vittima, 60 anni, trovato al turno successivo. Tre ore di sciopero per la sicurezza nelle acciaierie Ex Lucchini, ancora un morto sul lavoro. E' il secondo incidente dall'inizio dell'anno

Il suo corpo ormai senza vita è stato scoperto quasi per caso molte ore dopo l'incidente. I soccorritori, grazie alla segnalazione degli stessi lavoratori del turno successivo, lo hanno trovato riverso al suolo in cima a una torretta della cokeria e con indosso l'equipaggiamento. La morte di Orlando Simonetti, sessanta anni, di Campiglia Marittima, ieri alla Lucchini di Piombino somiglia in modo impressionante a quella di un giovane immigrato alla Servola di Trieste, un'altra acciaieria, lo scorso anno. Il suo corpo fu ritrovato addirittura dopo un paio di giorni. Simonetti era titolare, insieme con il figlio, di una ditta individuale che operava in subappalto e aveva il compito di svolgere lavoro di manutenzione agli impianti. E' il secondo incidente mortale sul lavoro, nel 2005, nello stabilimento siderurgico di Piombino. Oggi verrà effettuata l'autopsia. Tra le ipotesi al vaglio anche quella del malore improvviso. Secondo alcune testimonianze, però, la morte di Simonetti potrebbe essere stata provocata da un errore nel collegamento dello scafandro, usato per l'opera di manutenzione: anziché alla bocchetta di ossigeno, che gli consentiva di respirare, si sarebbe connesso a quella di azoto. Immediata la reazione dei sindacati che per oggi hanno proclamato due ore di sciopero per ogni turno a partire da quello pomeridian. «È un segnale drammatico degli scarsi controlli e delle condizioni in cui si lavora nello stabilimento - commenta il segretario della Cgil di Piombino Giuseppe Bartoletti -. Da parte dell'azienda si sta tra l'altro disattendendo il protocollo siglato con le organizzazioni sindacali che prevede la riduzione delle imprese di appalto, che oggi sono troppe e difficilmente comtrollabili, e la loro selezione qualitativa. Misure che anche la Asl aveva richiesto». Colpisce, nell'incidente avvenuto alla Lucchini - sottolinea il segretario della Cgil - «che il cadavere sia stato ritrovato con tanto ritardo». «Simonetti - spiega - avrebbe dovuto concludere il suo turno di lavoro ieri nel tardo pomeriggio. Ma nessuno ha dato l'allarme prima perché, probabilmente, si pensava che stesse facendo del lavoro straordinario». Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi. «Le misure sulla sicurezza del lavoro alla Lucchini come in gran parte della siderurgia italiana sono assolutamente precarie e gestite in modo inefficace», ha detto. «È un incidente che poteva essere evitato cosi come quello avvenuto solo poche settimane fa nello stesso stabilimento», ha aggiunto Cremaschi. La Fiom annuncia si costituirà parte civile nei procedimenti in corso e il 23 settembre radunerà i delegati delle aziende siderurgiche a Piombino in un'assemblea nazionale dove verrà decisa una linea di rigidità totale nella applicazione delle misure di sicurezza. Fa. Seba.

Liberazione 18/08/05

Morti al Roc, caccia alle cartelle cliniche Amianto, campi elettromagnetici e gas radioattivo causa di fatali tumori nel personale dell’ex base aeronautica

Le morti sospette sul Monte Venda. Adesso è caccia alle cartelle cliniche dei sottufficiali di carriera - tutti residenti in provincia di Padova - che hanno prestato servizio nella ex base dell'Aeronautica Militare e che sono deceduti per tumore. L'indice accusatore non è solo puntato contro il rivestimento di amianto del bunker scavato nel cuore del colle, ma anche contro i campi elettromagnetici provocati dagli impianti radar e contro un gas ionizzante radioattivo naturale: il radon. Sono una ventina finora le vittime accertate. E sono due le inchieste in corso: una avviata dalla procura ordinaria, affidata al pubblico ministero Orietta Canova, che ipotizza l'omicidio colposo plurimo; l'altra aperta dalla procura militare, e affidata al sostituto Sergio Dini, che procede per omessa esecuzione di incarico. E sono due anche i consulenti tecnici che si stanno occupando della vicenda: Vorne Gianelle, dell'Agenzia per la protezione ambientale della Lombardia, e Claudio Martinelli, funzionario dell'Arpav di Verona in forza al Centro regionale sull'amianto . Tra il 2001 e il 2004 sono stati cinque i decessi: l'ultima vittima è stato il maresciallo Gianmarco Passudetti, cinquantunenne, padre di due figli, diciotto anni passati al

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Venda, stroncato da una neoplasia al colon dopo due anni di atroci sofferenze. Era stato addetto al magazzino della base e poi al reparto contabilità. Cartelle cliniche. Ci vorrà almeno un mese - perchè all'ospedale sono in ferie - per recuperare quella del maresciallo Biagio Ferlito, trentacinque anni sei mesi e un giorno nell'Aeronautica, ventuno dei quali passati nella base del Primo Roc. Marconista. Gomito a gomito con tre enormi parabole radar: una puntata verso Trieste, la seconda in direzione di Bolzano, l'ultima a nordovest, verso Torino. «Mio padre mi diceva sempre di non passarci davanti, perchè facevano male. Erano di colore grigio opaco». Maresciallo con tre binari rossi, cavaliere della Repubblica, decorato con la Mauriziana, una sfilza di encomi, è morto di tumore il 21 settembre 2001. I polmoni devastati dal carcinoma. Aveva sessantotto anni. Il figlio Francesco la scorsa settimana è stato convocato dai carabinieri della stazione di Teolo che gli hanno chiesto informazioni sulla malattia del padre e l'acquisizione della documentazione medica. «Un giorno, recatosi con un amico a prelevare del materiale per una sagra, crollò all'improvviso per terra. Era il 1997. Cominciò così la sua agonia. I medici della Casa di Cura di Abano minimizzarono. "Suo padre è solo un po' vecchio", mi dissero, "non ha niente, un paio di pastiglie e passerà tutto". Si sbagliavano di grosso...». Il perchè dell'improvviso mancamento il maresciallo - che non aveva mai preso un'aspirina in vita sua - lo scoprirà poco dopo, all'ospedale di Padova. «Nell'autunno venne operato al cervello, per la rimozione di una cellula tumorale». Una cellula "impazzita", venuta chissà da dove. Era ormai troppo tardi quando gli diagnosticarono il carcinoma ai polmoni.

Il Gazzettino 19/08/05

Studio dell'università del Massachussets «Lavorare fa male»:lo dicono i bostoniani

Fabio Sebastiani. Lavorare stanca, scriveva Pavese. E la stanchezza fa male alla salute. Ci si stanca e ci si ammala non a causa di un lavoro nocivo o usurante, ma del lavoro in genere. Soprattutto quando è eccessivo. Lavorare troppo, infatti, alza il rischio di contrarre malattie o di incorrere in qualche incidente grave. A dirlo non sono i sindacati o i partiti di sinistra: sono i ricercatori dell'Università del Massachusetts, tempio del liberalismo. Lo studio, di tutto rispetto, è stato effettuato su una platea amplissima di casi e per un periodo prolungato, dal 1987 al 2000. Una settimana lavorativa di sessanta ore, all'incirca la soglia massima recentemente approvata dal parlamento dell'Unione europea, provoca un incremento del 23% del rischio morbigeno (cioè di ammalarsi). I "teorici della flessibilità" farebbero bene ad annotarsi queste cifre. Non solo una maggiore flessibilità fa male alle aziende, che ottenendo un vantaggio momentaneo non sono portate ad investire nel loro futuro, ma aggrava in modo esponenziale la spesa sanitaria del paese. Qual è l'anello di collegamento tra il troppo lavoro e la malattia? I ricercatori non hanno dubbi, lo stress. Una ricerca pubblicata due anni fa sulle pagine di una rivista delle Trade unions (Modern workers health check), e riportata da "Bbc News" on line, raccontava che chi soffre di stress per almeno metà della sua vita lavorativa ha il 25% di probabilità in più di rimanere vittima di un attacco di cuore e il 50% di rischio in più di morire. Questo ovviamente vale anche per le cause degli infortuni sul lavoro. Nel Regno unito, che rappresenta il paese europeo con la quota di ore lavorative più alta d'Europa, il 14% della popolazione lavorativa - circa 3 milioni e mezzo di persone - lavora più di 48 ore la settimana. Il 16% dei soli impiegati lavora per oltre 60 ore. Il problema dello stress è molto sentito perché un numero sempre più ampio di ricerche ne mettono in evidenza il nesso con l'insorgenza delle malattie e quindi della spesa sanitaria. Non solo, sono gli stessi sindacati di categoria a sottolinearlo nelle loro piattaforme e la stessa Tuc, il sindacato confederale britannico, ha lanciato una campagna specifica di sensibilizzazione. In Italia la soglia del cosiddetto "orario di lavoro di fatto" è ampiamente sopra le 52 ore a settimana. La Provincia di Torino, dove è nata la medicina del lavoro, soltanto un anno fa fece uno studio, basato su circa 4.000 questionari distribuiti in quattro diversi settori lavorativi (logistica, sanità, trasporti e commercio) da cui risultava che il 48% dei lavoratori riteneva compromesso il proprio stato di salute proprio a causa dei ritmi e dei carichi di lavoro eccessivi.

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Secondo un'altra e più recente indagine condotta dall'Università di Toronto (Canada) c'è un incremento esponenziale della disabilità come conseguenza della lombalgia. La lombalgia è una malattia tipica dei lavori pesanti. Ciò, fanno notare gli esperti, è avvenuto malgrado la meccanizzazione di molti lavori pesanti, l'applicazione de principi di ergonomia e una legislazione più protettiva.

Liberazione 19/08/05

Mentre alla ex-Lucchini si sciopera contro le morti bianche all'Ilva cinque ustionati Siderurgia, a Piombino e Taranto la sicurezza è un optional

Giulio Di Luzio. Mentre Piombino scende in piazza contro le morti sul lavoro, a Taranto, nel più grande polo siderurgico d'Europa, l'Ilva di patron Riva si conferma il posto più pericoloso in assoluto. Sul nodo della sicurezza, la proprietà continua a far orecchi da mercante. Solo venerdì sera una sequenza impressionante di incidenti nelle diverse acciaierie ha coinvolto ben cinque lavoratori. Tra questi, il trentacinquenne Vincenzo Di Maggio, di Fragagnano nel tarantino, colpito da un'enorme fiammata e da getti di vapore sprigionatisi dal contatto della ghisa bollente con l'acqua. Le sue condizioni cliniche restano gravi con ustioni di secondo grado alla testa e, più limitatamente, alle gambe. Questo ne ha reso necessario l'immediato ricovero nel reparto grandi ustionati dell'ospedale "Perrino" di Brindisi. Gli altri lavoratori hanno riportato lesioni più limitate. E tuttavia, nonostante questa volta non sia scappato il morto, il tema della sicurezza e della nocività nei reparti dell'Ilva resta l'argomento disatteso dal gruppo Riva, quel nervo sensibile capace di raccontare l'imbarazzante elenco delle decine di morti bianche a Taranto. Viceversa il nodo della salute in fabbrica è l'indicatore che consente di registrare lo strapotere di Riva nell'azienda e sull'intero territorio, che sulla scelta monoculturale della siderurgia ha puntato per il suo sviluppo economico, pagando costi altissimi in termini di inquinamento ambientale e sicurezza nei reparti. Riva sembra aver messo con le spalle al muro il sindacato, incapace di quello scatto di reni, e di lotta, di fronte allo stato delle relazioni industriali, gestite ad uso e consumo della direzione aziendale. I confederali hanno chiesto all'azienda l'ennesimo tavolo per discutere dell'argomento, ma a tutt'oggi non sembra che la direzione sia intenzionata all'incontro tra le parti, a quel rituale cioè che, come l'esperienza di questi anni dimostra, non ha portato a casa granchè in termini di tutela operaia in fabbrica. «Il problema vero - commenta con rammarico Ciccio Voccoli, segretario provinciale di Rifondazione, già operaio dell'Ilva- è che Riva ha firmato accordi con gli enti locali e il sindacato, assumendo impegni precisi sulla sicurezza, ma gli incidenti continuano a ripetizione. Riva in realtà detta la sua legge e utilizza i rapporti di forza a suo vantaggio ormai da anni». Sullo sfondo troviamo un clima di intimidazione, che riduce la forza contrattuale dei confederali, all'interno di un sistema di rapporti di lavoro segnati dalla precarietà e dalle diverse forme di flessibilità. «l ricatto occupazionale sulle nuove leve - precisa Voccoli - è molto forte. I nuovi quadri hanno una scarsa capacità politica e c'è molta improvvisazione». Poi un'amara riflessione: «Il sindacato sopravvive perché glielo consente Riva ed esiste a condizione di accettare un ruolo di subordinazione, anche se la Fiom cerca di farsi strada in questo scenario». Voccoli rievoca altri tempi, quello degli scioperi, le mobilitazioni, l'occupazione dei reparti, quando l'azienda attaccava i sindacalisti e i delegati. Ma oggi uno scatto di reni si delinea possibile a partire da un nuovo ruolo del sindacato e dai rapporti tra l'Ilva e gli enti locali. «Vendola può giocare un ruolo fortissimo, perché Riva non può governare da solo. Ha bisogno a livello regionale di rilanciare l'azienda sul piano del rinnovamento impiantistico per rispettare la normativa Bat, imposta dalla Comunità Europea sulle nuove tecnologie in materia di siderurgia per ridurre l'inquinamento». Argomento, questo, che è già costato al colosso siderurgico una condanna e alcuni procedimenti in corso. Intanto a Piombino si è concluso lo sciopero alla ex-Lucchini, l'acciaieria in cui ha perso la vita martedì scorso Orlando Simonetti, titolare di una ditta che operava in subappalto e aveva il compito di svolgere la manutenzione degli impianti. Da quel che trapela, secondo l'autopsia la morte sarebbe sopraggiunta per un errore di collegamento dello scafandro. Simonetti infatti, lavorando a contatto con gas tossici, era costretto a respirare attraverso una bombola. Il problema sarebbe stato che, invece di azionare il bocchettone dell'ossigeno, avrebbe azionato

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la fuoriscita dell'azoto. «Un dramma come questo - commenta Alessandro Favillli del Prc di Piombino - si ricollega strettamente all'annoso problema della riduzione del personale». Se nel 1980 i lavoratori della ex Lucchini erano 10mila, oggi sono appena 3mila. «Gli operai sono costretti a svolgere lavori pericolosi nel più completo abbandono». La morte di Simonetti ne è la conferma. La sua scomparsa sarebbe avvenuta intorno alle 16 di martedì, mentre il suo corpo è stato rinvenuto solo alle 8 del giorno successivo. Di fronte a questa seconda morte all'ex Lucchini dall'inizio dell'anno la protesta è stata compatta e il 98% dei lavoratori ha incrociato le braccia. «E' cambiata la proprietà dell'acciaieria - commenta il sindacalista della Cgil Massimo Lami - ora starà alla Severstal prendere impegni concreti sulla siurezza degli operai. Siamo stanchi dei grandi discorsi dei dirigenti. Per loro è solo la produzione quello che conta».

Liberazione 19/08/05

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Morti bianche, incidenti in edilizia e agricoltura

Quattro uomini sono precipitati da impalcature di tre cantieri in tre punti differenti della provincia di Bologna e uno di loro, di 47 anni, è morto, dopo un volo di circa 2 metri. In provincia di Chieti invece una donna di 41 anni è morta trasportando casse di polli con un carrello elevatore quando il mezzo si è capovolto precipitando da un ballatoio alto 3 metri.

Liberazione 20/08/05

In condizioni infernali lavorano 12 ore al giorno, prendono 30 centesimi l'ora, sono tartassati dagli infortuni . Così Disney fa soldi a palate schiavizzando i lavoratori cinesi

Andrea Milluzzi. Forse neanche Paperon de Paperoni, costantemente impegnato a lesinare su ogni cent, avrebbe sfruttato così i suoi dipendenti come fa in Cina la sua casa madre, la Walt Disney Corporation. Paghe misere, orari di lavoro massacranti e condizioni di sicurezza inesistenti; questo e altro accade negli stabilimenti della Disney nel Dongguan, nello Zhongshan e nello Shenzen, dove 700 lavoratori (1.000 nell'alta stagione) fabbricano prodotti di merchandising per il DisneyWorld di Hong Kong, libri per bambini, gadgets ecc. Lo denuncia, con tanto di filmati e di rapporto di 9 pagine, la Sacom (Students and Scholars Against Corporate Misbehavior), una ong, con base ad Hong Kong, fondata a giugno scorso da alcuni studenti, a cui poi si sono aggiunti attivisti del mondo culturale e del lavoro, che si è prefissata lo scopo di monitorare e denunciare qualsiasi forma di violazione dei diritti dei lavoratori in Cina. Messi davanti alle loro colpe da giovani studenti, ossia il target di riferimento per gli sceneggiatori di Topolino e Paperino - niente di peggiore per l'immagine dell'impero creato dalla penna di Walt Disney - li attuali vertici corrono puntualmente ai ripari promettendo indagini e relativi provvedimenti, ma le pentole sono state ormai scoperchiate, e non è la prima volta. Le accuse sono pesanti, anche se purtroppo non dissimili dai molti altri casi documentati nella Cina dei diritti negati. Fra le quattro fabbriche indagate dal gruppo dei giovani militanti c'è per esempio la Hung Hing Printing Group che fa lavorare i dipendenti anche 312 ore al mese, 100 in più del tetto stabilito per legge, e che, come se non bastasse, non riconosce gli straordinari nelle buste paga. Buste paga che, per inciso, contengono 2,7 yuan all'ora (poco meno di 30 centesimi di euro) ben al di sotto della paga minima cinese. Nel periodo di punta, cioè da luglio a dicembre questa è la scansione della giornata lavorativa: dalle 8 a mezzogiorno, pausa pranzo di un'ora, dalle 13 alle 17 ancora lavoro, poi un'ora suppletiva e straordinari fino anche alle 11 di sera. Per sette giorni alla settimana. La chiamata in fabbrica è un quarto d'ora prima dell'inizio del turno, chi non fa in tempo è costretto a rimanere mezzora in più per ogni minuto di ritardo. La legge cinese prevede invece le 40 ore settimanali con il weekend festivo. Ma non finisce qua perché la Disney ha pensato bene di aumentare la produzione del 30% e adesso i lavoratori devono produrre 520 libri completi all'ora. E ancora non vengono fornite le spiegazioni necessarie alla sicurezza, con il risultato che si va avanti alla media di 4 o 5 incidenti alla settimana, con vari casi di perdita delle dita. Niente di tutto questo però arriva alle compagnie di assicurazione, onde evitare fastidiose grane: «Invece di cambiare le macchine per migliorarle, la società preferisce cambiare gli operai» ha detto il coordinatore del Sacom, Billy Hung, alla platea di giornalisti che nella sede di New York del National Labor Commitee ha assistito alla presentazione del dossier. Non solo, i lavoratori non hanno diritto all'assistenza medica e così coloro che sono dovuti andare all'ospedale per la gravità dell'infortunio hanno dovuto pagarsi le spese di tasca propria (la degenza nell'ospedale più vicino può arrivare a costare 500 yuan al giorno). La previdente Disney provvede anche al vitto e alloggio dei suoi dipendenti: otto persone stipate in un locale di 3 metri per 4 con bagni e docce comuni e cibo definito «orribile» che devono pure essere pagati, 185 yuan detratto ogni mese dallo stipendio. Altri diritti negati: la maternità, tanto che le donne incinta vengono "convinte" a lasciare il lavoro, impianti di climatizzazione assenti, il che provoca numerosi svenimenti durante l'estate e persecuzione sistematica dei pochi lavoratori che provano ad organizzarsi per far valere i propri diritti. Messa con le spalle al muro, la Disney ha replicato: «Prendiamo queste denunce con molta serietà. Non siamo al corrente di queste violazioni, indagheremo e se necessario

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interromperemo i contratti con le ditte in appalto»; peccato però che Sacom denuncia anche la collusione fra la multinazionale e i dirigenti cinesi, avvertiti di ogni visita degli ispettori in tempo utile per indottrinare i dipendenti su cosa dire. Magari però la prossima volta ci manderanno Paperinik.

Liberazione 21/08/05

Cina, 16 minatori intrappolati vicino Shulan

Sedici operai sono intrappolati da venerdì all'interno del giacimento di carbone di Fengguang, situato vicino alla città di Shulan, in Cina, i cui cunicoli sono rimasti allagati in seguito a un'inondazione. Secondo l'agenzia di stampa locale al momento dell'incidente c'erano al lavoro un centinaio di minatori: i più sono riusciti a scappare. La miniera è di proprietà statale.

Liberazione 21/08/05

Catania, morto un trasportatore 28enne

Ha perso la vita a Catania mentre stava scaricando alcuni mobili. E' accaduto ieri a un giovane trasportatore di 28 anni che stava lavorando ad un trasloco. Sul suo decesso sono ancora in corso le indagini visto che la dinamica dell'incidente è tuttora incerta.

Liberazione 23/08/05

Le due inchieste avviate dalle Procure ordinaria e militare sui sottufficiali che prestavano servizio nel tunnel del 1. Roc deceduti per tumore Quaranta morti "sospette" sul Monte Venda Gas radioattivo nella galleria scavata nel colle. Gli americani sapevano, ma l’Aeronautica non prese precauzioni

ROC. Sigla di Regional Operations Centre. Negli anni della "guerra fredda" alla base del Monte Venda hanno assegnato il numero "1", perchè era considerata uno dei siti essenziali della difesa italiana e alleata contro l'ipotetico "nemico" che veniva da Est. Un nodo nevralgico delle comunicazioni. Lo è stato per decenni. La base era inserita nel sistema integrato Nadge, ovvero Nato Air Defence Ground Environment (ambiente terrestre per la difesa aerea della Nato), che collegava la Turchia alla Norvegia. Oggi è una cattedrale spogliata. Rimane la "galleria" rivestita di amianto . Restano le palazzine dove gli armadi "friggevano": trasferiti a Poggio Renatico come ferraglia da riciclare. Sono una quarantina i sottufficiali di carriera dell'aviazione militare stroncati da un tumore dopo aver prestato servizio nella base del Venda. Esposizione alle fibre di amianto , alle onde elettromagnetiche, ma anche al micidiale radon. Sulle morti "sospette" sono in corso due inchieste: una della magistratura ordinaria affidata al pubblico ministero Orietta Canova (omicidio colposo l'ipotesi di reato), l'altra avviata dalla procura militare e affidata al sostituto Sergio Dini (ipotesi di omessa esecuzione di incarico). Numero di massa 222, numero atomico 86, il radon è un gas raro presente in natura, derivato dall'uranio. È alfa-emittente, radioattivo, pericolosissimo. Se ne conosce l'esistenza fin dall'inizio del Novecento. In presenza di campi elettrici se a lungo inalato può procurare effetti disastrosi come il tumore ai polmoni. Si deposita nell'apparato respiratorio provocando l'irradiazione e danneggiando irreversibilmente le cellule. Presente nella crosta terrestre, passa attraverso i terreni, si accumula nelle sacche d'aria sotterranee, penetra nelle costruzioni e raggiunge livelli di concentrazione elevati in assenza o scarsa areazione. Negli Stati Uniti è stato valutato che per un valore medio di 40 Bq (Bequerel) per metro cubo d'aria sono previsti circa 9 mila casi di tumore polmonare tra i non fumatori. Chi fuma, in presenza del gas, ha fino a dieci volte più probabilità di contrarre il male. L'Organizzazione mondiale della sanità lo ha inserito nel gruppo 1 delle sostanze sicuramente cancerogene. Gli americani tutto questo lo sanno da un bel pezzo. Tant'è che nella metà degli anni Ottanta il governo Usa ha ordinato il ritiro di diversi contingenti dall'Italia (soprattutto dalle basi del Centro-

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Sud) proprio per il pericolo-radon. E nel 1988 sono stati avviati lavori di protezione alla base Usaf di Aviano per ridurre la concentrazione del gas presente al pianterreno di diversi fabbricati. Se lo sapevano gli americani lo sapevano anche i loro alleati della Nato, comprese le forze armate tricolori. Ma in Italia non s'è fatto niente. Solo nel 1998 - anno in cui la base del Venda viene abbandonata - il piano sanitario nazionale inserisce anche la riduzione del rischio da radon. E solo nel 2002 la Regione pubblica i primi parziali dati di monitoraggio del territorio, dai quali è emersa la conferma che i Colli Euganei costituiscono un punto nero, con concentrazioni assai prossime ai livelli di guardia. Ed è anche emerso che nel Veneto sarebbero circa 50 mila le abitazioni da mettere in sicurezza. Se l'aviazione Usa è corsa ai ripari ad Aviano vent'anni fa (il Friuli è una regione considerata ad Alto rischio), quali rimedi sono stati adottati nella base del 1.Roc? Nessuno, a quanto è dato conoscere. La presenza del radon in quantità notevoli nella base dismessa è stata rilevata dai due consulenti tecnici incaricati dalle procure ordinaria e militare: Vorne Gianelle, dell'Agenzia per la protezione ambientale della Lombardia, e Claudio Martinelli, funzionario dell'Arpav di Verona in servizio al centro regionale sull'amianto . La lunga galleria-bunker è stata scavata nel cuore di un insediamento di radon e il gas-killer per quarant'anni ha ristagnato nell'impianto dell'aeronautica con le stellette dove oltre a ufficiali e graduati di carriera sono transitati migliaia di giovani avieri in servizio di leva. Tra il 2001 e il 2004 sono stati cinque i decessi: Biagio Ferlito e Angelico Sanna, entrambi di Teolo, Andrea Cuazzo e Francesco Listo, residenti a Torreglia, ed infine Gianmarco Passudetti che ha preferito chiudere per sempre gli occhi nella sua casa di Voltabrusegana. A provocarne il decesso sono state patologie polmonari e respiratorie e neoplasie alla vescica e al colon. Gabriele Coltro

Il Gazzettino 23/08/05

Sapeva di essere giunto al capolinea.

Sapeva di essere giunto al capolinea. Al punto da chiedere ai medici di poter trascorrere le ultime ore di vita a casa. GIANMARCO PASSUDETTI, 51 anni, maresciallo maggiore dell'aeronautica militare, in forza alla base Nato sul Monte Venda, se n'è andato in punta di piedi il 21 dicembre scorso. Nella stessa maniera in cui aveva sopportato il suo lungo calvario. Neoplasia al colon. Aveva vestito la divisa per diciotto lunghissimi anni, dal 1973 al 1991, prima di congedarsi. Al 1° Roc di Abano aveva ricoperto varie mansioni. Fin dall'arruolamento era stato assegnato al magazzino, poi all'ufficio contabilità. Il magazzino dove trascorreva gran parte delle sue giornate era ricoperto di amianto . Aveva scoperto la malattia quasi per caso tre anni fa. Gli si era gonfiato il collo. Soffriva di improvvisi mal di pancia e aveva difficoltà di carattere intestinale. Ha lasciato la moglie Marina e i figli Stefania e Davide.

Il Gazzettino 23/08/05

Oscar Scantamburlo, 72 anni, originario di Zero Branco, vittima di una neoplasia ai polmoni Ammiraglio stroncato da tumore contratto con l'amianto dei cantieri

L'ha stroncato dopo due mesi di sofferenze un tumore ai polmoni, provocato dall'amianto dei cantieri dove aveva lavorato per una vita. L'ammiraglio della Marina militare Oscar Scantamburlo si è spento ieri mattina all'età di 72 anni. Il suo ricordo, sebbene risiedesse da anni a La Spezia, è ancora vivo a Zero Branco, suo paese d'origine. Oscar era infatti figlio della "Ciaretta", titolare dell'osteria vicina alla chiesa. A Treviso Scantamburlo aveva frequentato il liceo classico al Pio X, negli stessi anni in cui giocava nelle giovanili del Calcio Quinto. Dopo la laurea in ingegneria navale, era entrato in Marina a Livorno e quindi a La Spezia, dove ancora risiedeva e dove oggi alle 11 si svolgeranno le esequie. Sempre in Liguria si era sposato, con una signora tedesca, Jutta. Da lei aveva avuto la figlia Claudia. A Treviso restano le sorelle,

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Vilma e Maria Teresa. Scantamburlo era un uomo sportivo, ma il male l'ha stroncato in brevissimo tempo. Solo a giugno aveva avuto i primi sintomi della neoplasia. Fatale, secondo i medici che l'hanno assistito nell'evolversi del tumore ai polmoni, l'amianto respirato nei cantieri navali. Serena Masetto

Il Gazzettino 24/08/05

Bari, allarme amianto dopo il crollo alla Fibronit

Rischio amianto a Bari dopo che ieri un pezzo di copertura di un capannone dello stabilimento Fibronit, dismesso da anni, è crollato. L'azienda, che produceva amianto, è in gran parte sottoposta a sequestro da parte della magistratura proprio perché a rischio ambientale. A crollare sono stati almeno una quarantina di metri quadrati di solaio del capannone D, una delle strutture che era stata ritenuta maggiormente a rischio dai tecnici.

Liberazione 24/08/05

Cagliari, edile muore dopo un volo dal ponteggio

Incidente sul lavoro ieri mattina ad Assemini, centro dell'hinterland cagliaritano. Un muratore è morto mentre lavorava in un palazzo di via Marconi. Ignazio Palmas, 40 anni, è caduto da un ponteggio e si è schiantato al suolo dopo un volo di circa sette metri.

Liberazione 24/08/05

Amianto alla Fibronit, interviene il Comune di Bari

Saranno incapsulati con resine e vernici i resti della tettoia, crollata ieri, che copriva uno dei capannoni dell'ex fabbrica di cemento-amianto Fibronit di Bari, in disuso dal 1985 e confiscata dalla magistratura al termine di processi riguardanti l'inquinamento d'amianto dell'area dello stabilimento e la morte di 12 operai. Lo ha deciso il Comune.

Liberazione 25/08/05

EDILIZIA . Il primato delle morti

Il senatore salentino di Forza Italia, Francesco Chirilli, ha anticipato ieri i risultati della rilevazione della Commissione bicamerale di inchiest sugli infortuni sul lavoro dopo l'incidente a San Cassiano in provincia di Lecce dove due operai sono rimasti gravemente feriti nel crollo di un solaio. «I rilievi dei commissari della bicamerale - ha dichiarato ieri Chirilli - consegnano all'edilizia il triste primato delle morti bianche italiane, con particolare accentuazione del dato del Mezzogiorno». Sempre secondo il senatore, nel settore edili vengono ancora utilizzate persone poco formate, disoccupati e sempre più spesso lavoratori immigrati senza alcuna esperienza di cantiere.

Il Manifesto 26/08/05

La testimonianza di due marescialli dell’Aeronautica che per trent’anni hanno prestato servizio nella base del 1.Roc sul Venda 80 metri sotto terra respirando gas radioattivo «Dell’amianto si sapeva qualcosa, non del radon. Prima dell’ispezione sistemarono l’estetica,mettendo dei quadretti»

Quarant'anni fa la cronaca dedicava all'attività "misteriosa" del 1.Roc dell'Aeronautica titoli da leggenda. Della serie "guerre stellari". Erano gli anni della guerra fredda, epoca della preminenza aerea, bisognava scrutare i cieli giorno e notte, ventiquattr'ore su ventiquattro. Scavarono il tunnel nella metà degli anni cinquanta. Nel cuore del Monte Venda. Ottanta metri

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sotto terra. Con la tecnica di allora: tanti picconi e poche ruspe. Una galleria a esse, con due diramazioni. Coprirono la roccia con eternit. E dentro ci ricavarono le sale operative, pannellate, formato container. La "vasca", con i cinque monitor collegati alla rete radar, la sala computer, mantenuta ad una temperatura costante di venti gradi, la sala telescriventi... Niente finestre. L'aria arrivava dalla superficie, attraverso condotte, anche quelle rivestite di amianto , e veniva distribuita nei locali da una serie di griglie. Nel bunker ci lavoravano oltre cinquecento militari effettivi, in tre turni, altre agli avieri di leva, ai quali erano delegati compiti manuali, come disegnare le tracce degli aerei sul grande pannello di plexiglass, o lavorare di ramazza. Aldo Nencini oggi ha sessant'anni. Maresciallo a tre binari, ha prestato servizio al Venda dal 1965 al 1994. Riccardo Carniato, coetaneo, pari grado, al 1.Roc è arrivato due anni dopo e si è congedato pure lui nel '94. Entrambi erano addetti alla manutenzione degli apparati radar. Tre decenni nel ventre della montagna, con turni giornalieri di otto ore. «Ero nel Cocer - racconta Nencini - la rappresentanza sindacale. C'erano dei problemi di ordine ambientale. A cominciare dalla polvere... Ogni posto di lavoro era occupato da tre persone». Lì dentro fumavano come turchi e la "truppa" passava a malapena la scopa. «Un giorno - prosegue Carniato - ho appoggiato una pila sul pavimento per far vedere ai colleghi lo strato di polvere». C'è voluto un anno per ottenere una scopa elettrica, volgarmente "aspirapolvere". Questa era la mentalità. «Un altro problema evidenziato - è ancora Nencini a parlare - era la qualità dell'aria». Una diffusa sensazione di carenza di ossigeno. «Dietro nostra sollecitazione l'Amministrazione ha fatto venire una commissione interna ispettiva per un controllo: non ha riscontrato nulla di "rilevante"». Forse, ricorda Nencini, hanno detto che la "qualità dell'aria" era migliore che fuori. Erano anni in cui la rappresentanza sindacale non assumeva neppure lontanamente alle organizzazioni dei lavoratori. Il comitato era composto da nove membri eletti, e alla presidenza sedeva l'ufficiale di grado più elevato, solitamente un colonnello. La "controparte" era il comandante, vale a dire il generale. E nella gerarchia militare, si sa, non bisogna "rompere" il principio sferico del mondo maschile. «Per mentalità era necessario che i problemi non venissero posti formalmente, con documenti. La prassi era che in via "informale" si prospettasse il problema, soprattutto se di una certa gravità, affinchè fosse "recepito", altrimenti non si sarebbe fatto niente. Era l'unico modo per ottenere qualcosa». Arrivarono lettere anonime alla magistratura. Qualcuno prese contatto con l'allora pubblico ministero Vittorio Borraccetti. «In quell'occasione - rammenta Nencini - prima che venisse l'ispettore dell'Enpi sistemarono l'estetica del tunnel, affissero addirittura dei quadretti con scritto "voi siete qui". Dell'amianto si sapeva qualcosa. Del radon no. Di come andò a finire non se ne seppe nulla.. In alcuni ambienti di lavoro l'altezza del soffitto era di circa due metri. Quando abbiamo prospettato il problema ci hanno risposto: "E adesso facciamo i carri armati alti tre metri?". L'unica volta che al Venda hanno visto i contatori Geiger è stato in occasione di Cernobyl. Le ispezioni che venivano fatte al Venda erano di tipo operativo. Sul funzionamento del sistema Nadege (Nato Air Defence Ground Environment - ambiente terrestre per la difesa aerea della Nato). «Erano ispezioni fatte da un organo interno dell'Amministrazione». A metà degli anni '90 il problema ambientale nella base del 1.Roc approdò addirittura ai giudici amministrativi veneti. C'è il ricordo di una relazione redatta da un tenente medico di leva il giorno prima del congedo: riguarda il tunnel. Chissà dov'è finita. Il Venda ha un "gemello": è la base del 3.Roc di Martina Franca, in Puglia. Ne sanno qualcosa del radon, il gas radioativo che provoca neoplasie polmonari? Gabriele Coltro

Il gazzettino 25/08/05

Padova . Numero di massa 222, numero atomico 86.

Il radon, gas derivato dalla degenerazione dell'uranio, si studia nei manuali di chimica del liceo. Radioattivo, pericolosissimo. Presente nella crosta terrestre, passa attraverso i terreni, si accumula nelle sacche d'aria sotterranee, penetra nelle costruzioni e raggiunge livelli di concentrazione elevati in assenza o scarsa aerazione. Si deposita nell'apparato respiratorio

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provocando l'irradiazione e danneggiando irreversibilmente le cellule. L'Organizzazione mondiale della sanità lo ha inserito nel gruppo 1 delle sostanze sicuramente cancerogene. Le morti "sospette" nella base aeronautica del 1.Roc sul Monte Venda, nel cuore dei Colli Euganei. Un bunker scavato sotto ottanta metri di montagna, proprio nel mezzo di una concentrazione di radon. Ovvio che ce ne sia in abbondanza, visto che a un tiro di schioppo ci sono le terme. In passato si pubblicizzava il gas disciolto nell'acqua come fonte di eterna giovinezza: ma più che allungare la vita procura un eterno biglietto per l'aldilà. Quando i due consulenti tecnici nominati dalla magistratura - Vorne Gianelle, dell'Agenzia per la protezione ambientale della Lombardia, e Claudio Martinelli, funzionario dell'Arpav di Verona in servizio al centro regionale sull'amianto - si sono recati alcuni mesi fa ad ispezionare la base dismessa nel 1998 hanno riscontrato una anomalia sulle mascherine di protezione. Si sono praticamente ritrovati circondati dal micidiale gas. Sicuramente i nostri alleati americani si sono dimostrati più previdenti. Tant'è che nella metà degli anni Ottanta il governo Usa ha ordinato il ritiro di diversi contingenti dalle basi del Centro-Sud. E nel 1988 sono stati avviati lavori di protezione alla base Usaf di Aviano per ridurre la concentrazione di gas rilevata al pianterreno di alcuni fabbricati. Se ne occupò la ditta "Cimolai" di Fontanafredda (Pordenone), che utilizzò un tipo di resina impermeabile studiata in Svizzera. Gli americani sapevano, gli italiani finsero di non sapere. Così il bunker del 1.Roc ha continuato ad operare. Oltre al mezzo migliaio di militari effettivi, diviso in tre turni quotidiani, ci entravano pure gli avieri di leva ai quali erano delegate mansioni manuali, come disegnare le tracce dei velivoli captati dal radar sul grande pannello di plexiglass. Da un anno il pubblico ministero Orietta Canova ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. E il suo collega della procura militare Sergio Dini ne ha aperto uno gemello ipotizzando l'omessa esecuzione di incarico. Nel frattempo la lista dei morti si allunga. Siamo a quota sessantadue, tra deceduti e malati terminali. Aldo Nencini, oggi sessantenne, maresciallo a tre binari, ha prestato servizio al Venda dal 1965 al 1994. Faceva parte del Cocer, la rappresentanza sindacale. Più volte ha evidenziato il problema ambientale, lo scarso ricambio d'aria. La paura era concentrata sulla presenza di amianto, a nessuno venne mai prospettato il pericolo radon. Si ha memoria di una ispezione compiuta nel settembre 1992 dai tecnici del laboratorio aeronautico di Fiumicino. Tutto regolare. E l'ispezione non fu mai più ripetuta. L'unica volta che nel bunker entrò un contatore geiger per misurare il livello di radioattività fu in occasione di Chernobyl. Gabriele Coltro

Il Gazzettino – 27/08/05

Tre morti sul lavoro, schiacciati da trattori

Incidenti mortali sul lavoro. Tutti causati da trattori. Il primo ha coinvolto un cittadino 30enne di nazionalità moldava, nei boschi di Colonnetta di Prodo. Il secondo, un sedicenne che stava lavorando in una piccola frazione del Comune di Varese Ligure, nell'alta Valle del Vara. L'ultimo, il più giovane, a Meledo di Sarego (Vicenza), dove abitava con i genitori

Liberazione 27/08/05

Investite due braccianti, viaggiavano per lavorare

Si recavano da alcuni anni ogni mattina in Lucania per svolgere il lavoro di braccianti agricole Lucrezia Matarrese e Michelina Napoli, morte ieri dopo essere state investite a Scanzano Jonico. Erano di Albidona, un centro dell'alto jonio cosentino. Come ogni mattina erano state prelevate nel paese da un pullman, sul quale avevano preso posto con altre lavoratrici cosentine.

Liberazione 30/08/05

Incidenti sul lavoro: morto elettricista, ferito artigiano

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Tragico incidente sul lavoro ad Incisa Scapaccino, nell'astigiano. Valerio Rabacchino, 32 anni, elettricista di un'impresa elettrica di Mombaruzzo, è rimasto folgorato mentre eseguiva un intervento nel reparto verniciatura delle officine Biglia di Incisa per un guasto al sistema elettrico. Claudio Burato, invece, residente a Quattro Castella, è rimasto ferito nella sua azienda mentre stava smontando grossi pannelli.

Liberazione 30/08/05

IL GIOVANE LAVORAVA PER UNA DITTA DI CANELLI CHE FA MANUTENZIONE NELLO STABILIMENTO . Elettricista di 33 anni folgorato a Incisa Disgrazia ieri alle «Officine Biglia». La vittima è di Quaranti

INCISA SCAPACCINO . Doveva essere un intervento quasi di routine per lui che era ormai un elettricista esperto. Invece qualcosa è andato storto e Valerio Taglieri Rabacchino, 33 anni, sposato, una figlioletta di 3 anni, abitante a Quaranti, è morto folgorato da una scarica partita da una cabina di distribuzione dell’energia elettrica. E’ accaduto ieri mattina, verso le 8,30, all’interno delle «Officine Biglia» (un centinaio di addetti, azienda leader nella realizzazione di torni a controllo numerico) di via Martiri della Libertà. Rabacchino, dipendente della «Oddino» Srl di Canelli (ha l’appalto della manutenzione delle apparecchiature elettriche nello stabilimento di Incisa), era stato incaricato con un collega di fare un controllo, dopo che era stato segnalato un guasto all’interno del reparto verniciatura. «Abbiamo riaperto ieri dopo le ferie: mancava la luce nel reparto e abbiamo chiamato gli addetti della ditta che si occupa dell’elettricità - spiega l’industriale Carlo Biglia, amministratore delegato -: quella cabina, che alimenta tutta l’azienda era stata installata proprio nei giorni scorsi e collaudata venerdì. Sembrava tutto a posto». Sono arrivati i due tecnici. Hanno incominciato i controlli. Improvvisamente la tragedia: Rabacchino è stramazzato con un urlo, colpito da una scarica a 220 volt. Sono accorsi alcuni operai, tra cui gli addetti alla speciale squadra di soccorso interna formata da operai che sono anche volontari del soccorso (Lorenzo Barbero, Massimo Lazzarino, Gennaro Carnevale, Domenico Zito): si sono prodigati fino all’arrivo del «118» nel tentativo di rianimare l’elettricista. Ma tutto è stato inutile. Sgomento e dolore da parte di Carlo Biglia («E’ terribile, qui non era mai successo nulla e dire che siamo all’avanguardia anche in fatto di sicurezza e prevenzione infortuni) e del titolare della ditta per cui lavorava la vittima, Gianfranco Oddino: «Valerio era il ragazzo migliore del mondo, in tutti i sensi. Non so darmi pace». La salma è stata composta nella camera mortuaria dell’ospedale di Nizza. Indagano i carabinieri di Incisa, con i tecnici di Asl, Arpa e ispettorato del Lavoro. f. b.

La Stampa - Sezione Asti - 30/08/05

L’INTERVENTO

Il radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore, generato dal "decadimento" (processo per cui una sostanza radioattiva si trasforma spontaneamente in un'altra sostanza, emettendo radiazioni) del radio, a sua volta, prodotto dalla trasformazione dell'uranio. E' presente nelle rocce, nel suolo nelle acque e nei materiali da costruzione. Una volta formato anch'esso "decade" dando origine a tutta una serie di altri elementi chiamati prodotti di decadimento o "figli" del radon. In quanto gas, il radon viene trasportato dai flussi di aria presenti nei suoli, anche a distanze notevoli, fino anche ad alcune centinaia di metri e penetra attraverso l'aria respirata sulle superfici del polmone, dove decadendo emette radiazioni cancerogene. Mentre si disperde rapidamente in atmosfera, si accumula facilmente negli ambienti chiusi e può penetrare anche nelle abitazioni attraverso fessure, giunti di connessione, canalizzazioni degli impianti idraulici, elettrici e di scarico. L'unità di misura della concentrazione di radon, secondo il Sistema di Unità Internazionale (SI) è espressa in Becquerel per metro cubo (Bq/m3). La concentrazione minima (fondo ambientale), ovvero quella presente nell'atmosfera esterna è pari a 10-20 Becquerel per metro cubo. L'esposizione al radon sul luogo di lavoro è solitamente bassa, perché il tempo di permanenza in tali ambienti è più breve rispetto a quello trascorso all'interno delle abitazioni. Esistono però

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luoghi di lavoro in cui il livello di radon può essere molto elevato. È il caso delle miniere, delle grotte, dei locali seminterrati e interrati (vedi bunker del Monte Venda), degli ambienti posizionati in zone in cui le caratteristiche geologiche, climatiche e architettoniche determinano elevati livelli di radon. L'attuale normativa italiana (Decreto Legislativo 26/05/00, n. 241) ha stabilito una soglia per l'esposizione solo negli ambienti di lavoro, di 500 Becquerel per metro cubo. Per quanto riguarda le abitazioni, invece, non esiste in Italia una normativa specifica, ma una raccomandazione della Comunità Europea (Raccomandazione CEC 90/143) indica i valori di 400 e 200 Bequerel per metro cubo come livelli, rispettivamente per le abitazioni già esistenti e per quelle di nuova costruzione, oltre i quali si suggerisce di intraprendere azioni di rimedio.Gli studi epidemiologici compiuti negli ultimi decenni hanno dimostrato che l'esposizione a concentrazioni elevate di radon aumenta il rischio di tumori polmonari. Tanto che, dopo il fumo di sigaretta, che rimane di gran lunga la più importante causa di tumore al polmone, il radon è considerato la seconda causa della neoplasia polmonare, tanto da esser chiamato "silent killer". L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti inserito radon nell'elenco delle 75 sostanze ritenute cancerogene per l'uomo, assieme con benzene, amianto , fumo di tabacco, ecc. Pur se ipotizzati altri effetti cancerogeni (ad esempio sul sangue), i dati scientifici a disposizione fino ad oggi non dimostrano evidenze certe di altri effetti negativi sulla salute. Il rischio aumenta al crescere della concentrazione e del tempo che si trascorre in presenza di elevate concentrazioni di radon. Esiste, inoltre, una stretta relazione tra gli effetti di fumo e radon, tanto che un fumatore rischia circa 15 volte di più rispetto a un non fumatore esposto alla stessa concentrazione. Il rischio di sviluppare un tumore al polmone aumenta in modo lineare al crescere della concentrazione: se questa raddoppia, raddoppia anche il rischio.Gli studi epidemiologici condotti su categorie di persone particolarmente esposte, come i minatori, hanno consentito una stima del rischio in relazione all'esposizione. Applicando tali risultati alla situazione italiana si stima che circa il 10 per cento di tutti i tumori polmonari sono attribuibili al radon e secondo il Ministero della Salute i casi imputabili al radon ogni anno sarebbero in un numero compreso tra 1500 e 6000.Un vasto studio multicentrico americano, pubblicato nel marzo 2005 su una nota rivista scientifica (Epidemiology) ha fornito nuove prove dirette dell'associazione fra l'esposizione prolungata al radon in ambienti residenziali e il rischio di tumore dei polmoni, in accordo con un'analisi simile su larga scala effettuata in Europa e pubblicata alle fine del 2004 in una tra le più importanti riviste scientifiche mondiali (British Medical Journal). Lo studio dimostra che, in un periodo di esposizione da 5 a 30 anni e di fronte a concentrazioni medio-elevate di radon, ci sia un aumento dall'11 al 21 per cento del rischio di cancro ai polmoni. Massimo Montisci , medico legale e tossicologo forense - Università di Padova

Il Gazzettino 30/08/05

San Buono(CH), incidente sul lavoro, muore operaia

Una donna di 41 anni, Domenica Basilico, di Gissi, è morta la notte scorsa a seguito di un incidente sul lavoro verificatosi in un'azienda avicola di San Buono con una decina di dipendenti. Ieri, intorno alle 23, la donna era intenta a trasportare casse di polli attraverso un carrello elevatore quando, per cause ancora da accertare, il mezzo si è capovolto precipitando da un ballatoio alto 3 metri. Nell'impatto con il suolo, la donna è morta sul colpo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Gissi che, su disposizione della Procura della Repubblica di Vasto, hanno immediatamente operato il sequestro dell'azienda, che ha una decina di operai e che si occupa dell'ingrassamento dei polli. Il capannone è stato messo a disposizione dell'Ispettorato del Lavoro.

Forum sicurezzaonline 30/08/05

NIPOTE DEL PRODUTTORE DI MOSCATO ROMANO DOGLIOTTI LASCIA LA MOGLIE E UN FIGLIO . Cade dal trattore e muore (24 anni) nella vigna L’incidente a Castiglione Tinella: il giovane lavorava in una zona in forte pendenza

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CASTIGLIONE TINELLA . Mortale infortunio sul lavoro, ieri pomeriggio, nelle campagne di Castiglione Tinella. Ha perso la vita l'agricoltore Massimo Dogliotti, 24 anni, padre di un bimbo di tre. Il giovane era impegnato nel lavoro in una vigna in forte pendenza, alla guida del suo trattore cingolato, quando è caduto o è stato sbalzato dal mezzo per cause ancora in via di accertamento. Inutili i tentativi di soccorso: per l'uomo non c'è stato nulla da fare ed è deceduto per il gravissimo politrauma riportato. Secondo la prima ricostruzione dei fatti il giovane non è stato travolto e schiacciato dal mezzo, che dopo la caduta del conducente avrebbe continuato a muoversi. Saranno gli esami medico-legati, le ispezioni dei luoghi e del mezzo posto sotto sequestro, disposti dal sostituto procuratore Maria Vittoria Chiavazza, a chiarire le cause della caduta. Ad alcuni vicini che sono accorsi per primi Massimo Dogliotti avrebbe fatto in tempo a dire: «Chiamate un'ambulanza». Sul luogo dell’incidente sono giunti il «118», i carabinieri di Santo Stefano Belbo, gli ispettori dell'Azienda sanitaria locale, i vigili del fuoco di Alba e Santo Stefano. Massimo era figlio di Pier Franco Dogliotti e nipote del produttore Romano Dogliotti della nota azienda vitivinicola «La Caudrina». Ieri non lavorava nei poderi dell'azienda agricola di famiglia, bensì in una vigna per conto terzi in località San Giorgio, al confine tra Castiglione Tinella e Santo Stefano Belbo. Si tratta di una zona impervia, su una collina in forte pendenza. Massimo Dogliotti, oltre ai genitori, lascia la moglie Chiara, il figlio Erick e tre sorelle: Monica, Sonia e Jessica. Lo zio Romano Dogliotti, che è stato tra i primi ad accorrere sul luogo della disgrazia, ha detto, fra le lacrime: «Iniziare la vendemmia con la tragica immagine di mio nipote tra i filari di moscato, mi strazia il cuore». Per i Dogliotti agosto è un mese tragico. Tre anni fa, alla vigilia di Ferragosto, era morto in un incidente stradale il cugino di Massimo Dogliotti, Roberto Colla, 28 anni. Era figlio di Silvana Dogliotti, sorella del padre di Massimo, Pier Franco, e degli zii Romano e Claudio. L'incidente, che è avvenuto verso le 16, ha suscitato profonda emozione in tutta la zona essendo i Dogliotti una famiglia molto conosciuta. Il capostipite Redento, scomparso alcuni anni fa, era stato tra i primi e più conosciuti «moscatisti».

La Stampa - Sezione Cuneo - 31/08/05

Vicenza . Un infortunio mortale sul lavoro. La vittima è uno straniero clandestino, e si scopre ancora una volta il sottobosco del lavoro nero.

È accaduto nel Basso Vicentino, a Pojana Maggiore, ieri pomeriggio poco dopo le 14. Il tetto di un capannone è ceduto improvvisamente, facendo precipitare da un'altezza di oltre dodici metri Goran Tirnanic e per lui, nonostante i tempestivi soccorsi, non c'è stato nulla da fare. L'uomo, trentasettenne, di origine serba era in Italia senza regolare permesso di soggiorno. Stava effettuando con alcuni colleghi dei lavori di riparazione del tetto di un capannone della ditta "Agriberica", cooperativa di servizi agricoli, in viale Largo Europa 77. Improvvisamente una lastra in fibrocemento, che doveva rimuovere, è ceduta sotto il suo peso. Un salto nel vuoto di almeno dodici metri a cui hanno assistito, impotenti, altri due operai che al momento stavano lavorando con lui sul tetto. Sono stati loro i primi, alle 14.20, a dare l'allarme. Dopo qualche minuto soltanto l'intervento del Suem. Le condizioni dell'uomo sono apparse ai medici, che per oltre un quarto d'ora hanno cercato di rianimarlo, subito disperate. Poi, purtroppo, non c'è stato più nulla da fare e, quando è sopraggiunto anche l'elisoccorso da Padova, era ormai troppo tardi. L'elicottero ha solo sorvolato la zona; non è stato nemmeno necessario farlo atterrare. Goran, coniugato e di professione operaio, lavorava alle dipendenze di un altro connazionale, il trentasettenne V. G. che è stato denunciato per inosservanza delle norme antinfortunistiche, omicidio colposo ed impiego di manodopera clandestina. L'uomo, da tempo, avrebbe reclutato manodopera irregolare e sottopagata per la sua impresa. Oltre a Goran, infatti, altri due operai sono stati trovati, al momento dell'incidente, senza regolare permesso di soggiorno. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Lonigo, che per molte ore sono stati impegnati a rimuovere altre lastre instabili e ritenute pericolose; i carabinieri di Noventa Vicentina e lo Spisal che ora stanno ricostruendo la dinamica dell'accaduto e verificando le procedure di appalto dei lavori da parte dell'"Agriberica". Sopralluogo anche dei tecnici dell'Arpav, chiamati dai carabinieri, per prelevare alcuni campioni di fibrocemento che saranno poi analizzati per appurare l'eventuale presenza di amianto .

Page 24: illavorodebilita.files.wordpress.com  · Web viewMORTI & FERITI – AGOSTO 2005. Montepulciano. Muore schiacciato da un trattore . Un nuovo incidente mortale sul lavoro è accaduto

Claudia Milani

Il Gazzettino – Cronaca di Vicenza - 31/08/05

PIOMBINO . Grave infortunio alle Acciaierie

Nuovo gravissimo incidente sul lavoro alle Acciaierie di Piombino, ex Lucchini oggi di proprietà della russa Severstal, già segnate due settimane fa da un incidente mortale. Vittima questa volta un caporeparto del treno di laminazione Tve, Fulvio Pasquini, 57 anni, investito nel pomeriggio di ieri da una lastra d'acciaio mentre stava cercando di liberare un rullo fermo sul Tve. Nell'impatto Pasquini ha subito l'amputazione di una gamba sopra il ginocchio, ed è stato trasportato in gravissime condizioni all'ospedale. Subito le Rsu hanno proclamato due ore di sciopero con effetto immediato.

Il Manifesto 31/08/05