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MORTI & FERITI - LUGLIO 2006 L’INCIDENTE L’ALTRA SERA IN UN CANTIERE A OLIVETO: L’EDILE È ORA RICOVERATO IN GRAVI CONDIZIONI AL SANTA CORONA Cade dal muletto: grave artigiano Nell’incidente sul lavoro a Oliveto è intervenuta la Croce rossa d’Imperia Maurizio Vezzaro IMPERIA . Ancora un incidente sul lavoro, l’ennesimo. L’altra sera ne è rimasto vittima l’artigiano edile Alberto Bianchino, 41 anni, residente in via Airenti. E’ caduto da una soletta mentre guidava un montacarichi. Ora è ricoverato con prognosi riservata nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove l’hanno portato d’urgenza a bordo di un’ambulanza della Croce rossa. L’incidente è accaduto in località Costarossa, vicino a Oliveto. Bianchino e una squadra di operai stava lavorando alla costruzione di una villetta. Non è ancora del tutto certa la dinamica, anche se pare fosse impegnato in un trasporto di mattoni con un muletto e stesse manovrando il mezzo in retromarcia. Cadendo da un’altezza di circa tre metri ha battuto la testa, oltre a essersi procurato altre ferite al petto. La delicatezza della parte interessata al trauma ha consigliato i medici del pronto soccorso di indirizzare il ferito al più attrezzato Santa Corona. Sul luogo dell’infortunio sono accorsi gli agenti della volante per il sopralluogo. I risultati dell’ispezione saranno inseriti nella relazione da mandare al procuratore Bernardo Di Mattei. L’apertura di un’inchiesta a questo punto è automatica. CI sono responsabilità? L’episodio ripropone il problema della mancanza di sicurezza negli ambienti di lavoro e in particolare nei cantieri. In genere sono più esposti i lavoratori stranieri, considerati appartenenti alla fascia più debole della categoria. Il motivo è spiegato bene da Lucio Roncarati, segretario organizzativo della Uil ligure, che ne ha dibattuto al congresso regionale a Genova, nel maggio scorso. Dice: «La prima parola che uso, riferendomi a questo problema è ricatto. Viene posta al lavoratore straniero questa domanda, da parte del datore di lavoro: "vuoi lavorare per mangiare? Allora accetta tutto quello che ti propongo". La seconda è: sfruttamento, perchè le paghe non sono corrispondenti a quanto previsto dai contratti. La terza parola è frode, in quanto non vengono previsti investimenti nel campo dell’infortunistica da queste aziende che usano questa tipologia...se così si può definire questo tipo di lavoro. La quarta parola è: evasione fiscale dei dovuti contributi

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MORTI & FERITI - LUGLIO 2006

L’INCIDENTE L’ALTRA SERA IN UN CANTIERE A OLIVETO: L’EDILE È ORA RICOVERATO IN GRAVI CONDIZIONI AL SANTA CORONA Cade dal muletto: grave artigiano Nell’incidente sul lavoro a Oliveto è intervenuta la Croce rossa d’Imperia Maurizio Vezzaro

IMPERIA . Ancora un incidente sul lavoro, l’ennesimo. L’altra sera ne è rimasto vittima l’artigiano edile Alberto Bianchino, 41 anni, residente in via Airenti. E’ caduto da una soletta mentre guidava un montacarichi. Ora è ricoverato con prognosi riservata nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove l’hanno portato d’urgenza a bordo di un’ambulanza della Croce rossa. L’incidente è accaduto in località Costarossa, vicino a Oliveto. Bianchino e una squadra di operai stava lavorando alla costruzione di una villetta. Non è ancora del tutto certa la dinamica, anche se pare fosse impegnato in un trasporto di mattoni con un muletto e stesse manovrando il mezzo in retromarcia. Cadendo da un’altezza di circa tre metri ha battuto la testa, oltre a essersi procurato altre ferite al petto. La delicatezza della parte interessata al trauma ha consigliato i medici del pronto soccorso di indirizzare il ferito al più attrezzato Santa Corona. Sul luogo dell’infortunio sono accorsi gli agenti della volante per il sopralluogo. I risultati dell’ispezione saranno inseriti nella relazione da mandare al procuratore Bernardo Di Mattei. L’apertura di un’inchiesta a questo punto è automatica. CI sono responsabilità? L’episodio ripropone il problema della mancanza di sicurezza negli ambienti di lavoro e in particolare nei cantieri. In genere sono più esposti i lavoratori stranieri, considerati appartenenti alla fascia più debole della categoria. Il motivo è spiegato bene da Lucio Roncarati, segretario organizzativo della Uil ligure, che ne ha dibattuto al congresso regionale a Genova, nel maggio scorso. Dice: «La prima parola che uso, riferendomi a questo problema è ricatto. Viene posta al lavoratore straniero questa domanda, da parte del datore di lavoro: "vuoi lavorare per mangiare? Allora accetta tutto quello che ti propongo". La seconda è: sfruttamento, perchè le paghe non sono corrispondenti a quanto previsto dai contratti. La terza parola è frode, in quanto non vengono previsti investimenti nel campo dell’infortunistica da queste aziende che usano questa tipologia...se così si può definire questo tipo di lavoro. La quarta parola è: evasione fiscale dei dovuti contributi sia assistenziali e previdenziali che assicurativi. Infine la quinta è: slealtà commerciale, in quanto in tale maniera i costi della mano d’opera si abbassano e raggiungono tariffe talmente basse che le imprese o aziende oneste che applicano il contratto di lavoro previsto, che pagano regolarmente i contributi dovuti per legge, non riescono a battere tale concorrenza». Conclude Roncarati: «L’altro dato che emerge è il maggior numero di infortuni occorsi ai lavoratori stranieri rispetto ad un dato in controtendenza a quello dei lavorati italiani e questo deve far pensare alla necessità di comunicare e sensibilizzare il lavoratore straniero alla prevenzione e alla sicurezza sul lavoro. Il diverso andamento infortunistico tra italiani ed immigrati è dovuto anche al fatto che questi ultimi sono spesso adibiti a mansioni classificate nella categoria delle cosiddette "tre D" (dirty, dangerous, demanding jobs), cioè ai lavori più sporchi, pericolosi e faticosi».

La Stampa - Sezione Imperia 1/07/06

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L'Ilva di Taranto lesina pure sull'acquaLa Fiom Cgil distribuisce bottigliette di minerale agli operai siderurgici. Una protesta simbolica nell'acciaieria pugliese dove morti e infortuni sono quasi una regola. E la salute un'eccezione

Manuela Cartosio. Colpo di fantasia dei sindacalisti della Fiom all'Ilva di Taranto. Ieri mattina alle 6, alla porta D, non hanno distribuito il solito volantino, ma 3 mila bottigliette d'acqua minerale. Esaurite in pochi minuti dagli operai del primo turno che hanno gradito la bella sorpresa. Massimo Battista, dell'esecutivo Fiom dell'Ilva, promette altre sorprese per la prossima settima ma non si sbottona: «Sarà un'estate calda e bagnata».E' partita la lotta «contro il biberon». Così i lavoratori dell'acciaieria hanno ironicamente ribattezzato la borraccia che da un paio di mesi sono costretti a usare per bere. Quel sant'uomo di padron Riva ha fatto sparire i frigoriferi pieni di bottigliette di minerale da tutti i reparti - compresi quelli dove la temperatura arriva anche a 70 gradi. «La plastica inquina», si è giustificato il sensibile ambientalista, che ha quantificato in 12 milioni le bottigliette ciucciate in un anno da quei beoni dei suoi operai. I camini dell'Ilva spandono fumi e polveri sottili su Taranto, ma volete mettere il danno provocato all'ambiente da 12 milioni di vuoti! E poi la minerale costa e costa riciclare la plastica. Per questo i frigoriferi sono stati rimpiazzati da «boccioni» con il rubinetto. Gli operai riempiono il «biberon» a inizio turno, se lo mettono in tasca e bevono mentre lavorano. Così si risparmia anche sugli spostamenti. C'è il piccolo particolare che un'acciaieria non è un lindo ufficio con l'aria condizionata. I «boccioni» all'Ilva sono piazzati vicino a impianti fumosi e polverosi. Non c'è sicurezza igienica e, in più, l'acqua esce calda.All'Ilva di Cornigliano, dove si fa la produzione a freddo, hanno lasciato frigoriferi e bottigliette di minerale. All'Ilva di Taranto, dove si fa la produzione a caldo, li hanno tolti. Un motivo in più per incavolarsi, dice Battista, e una conferma che boccioni e biberon sono stati introdotti per risparmiare. A Taranto lavorano quasi 18 mila persone (compresi i 4 mila degli appalti), a Cornigliano solo 2 mila.«Un padrone che risparmia sull'acqua la dice lunga su cosa sono oggi gli imprenditori italiani», commenta Giorgio Cremaschi, che alla Fiom nazionale segue il settore siderurgia. Il gruppo Ilva l'anno scorso ha fatto profitti per 1 miliardo di euro. In un paio d'anni l'impianto di Taranto ha aumentato da 6 a 10 milioni di tonnellate la produzione, +35% l'indice della produttività, perché il numero degli occupati è aumentato solo di un migliaio di unità. Si lesina sull'acqua in un'acciaieria dove infortuni e morti sul lavoro sono una tragica costante, sottolinea Cremaschi, dove vige «un regime da caserma».«Uno stato di polizia», rincara Battista, sono oltre 750 le contestazioni disciplinari comminate dall'azienda dall'inizio dell'anno. Vinta la battaglia dell'acqua, annuncia Cremaschi, a settembre all'Ilva di Taranto partirà una campagna «per la libertà, contro le punizioni immotivate, vere e proprie violazioni dei diritti umani».Il gruppo Riva usa le punizioni per ricattare, per mettere paura e «far chinare la testa». Due giorni fa i vertici dell'Ilva di Taranto hanno passato il segno. Hanno convocato una conferenza stampa per dire che il 30% degli infortuni che succedono sono «anomali». Anomali nel senso di «inventati», sostiene Battista. Finora l'Ilva si era «limitata» a imputare buona parte degli infortuni alla casualità o alla disattenzione dei lavoratori. «L'Ilva non chiama neppure il 118», ha denunciato l'Asl di Taranto lo scorso aprile, quando in una settimana due «incidenti» hanno causato un morto e 3 ustionati. I lavoratori risposero con uno sciopero di 32 ore, il più lungo nella storia dell'acciaieria di Taranto. Altro morto a settembre del 2005, provocato dallo scontro di due carri ponte. «Si è trattato di un evento assolutamente casuale, dovuto a comportamenti individuali scorretti, non in linea con le

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regole interne sulla sicurezza», sostenne l'azienda. «I lavoratori per l'Ilva sono carne da macello», replicò la Fiom.

Il Manifesto 1707/06

RE. INFORTUNIO ALLA «VIGEZZINA», GUARIRÀ IN 30 GIORNI Ferroviere colpito da scarica elettrica

E' ricoverato al Cto di Torino il ferroviere della società Ferrovia Vigezzina, che collega Domodossola a Locarno, rimasto ustionato l'altro ieri mentre stava eseguendo un intervento di manutenzione su un locomotore. Enzo Locatelli, 51 anni, residente a Re, in valle Vigezzo, ha infatti riportato delle ustioni su parte del corpo che hanno indotto i medici del pronto soccorso di Domodossola a consigliarne il ricovero in un centro più attrezzato come quello del capoluogo piemontese. Locatelli si è infortunato nel tardo pomeriggio di lunedì quando stava compiendo dei lavori di manutenzione su un locomotore che si era da poco fermato a Re, una delle ultime stazioni prima del confine italo-elvetico di Ponte Ribellasca. Che cosa sia effettivamente successo è al momento difficile a dirsi: sull'infortunio stanno indagando i carabinieri e i tecnici dello Spresal, il servizio di prevenzione dell'Asl 14. Di certo si sa soltanto che Locatelli è stato colpito da una scarica di corrente ed è stato scaraventato a terra; é stato soccorso dai compagni di lavoro che hanno subito fatto intervenire il «118» che lo ha trasportato all'ospedale San Biagio di Domodossola e quindi a Torino. Le condizioni del ferroviere non sono preccupanti: i medici del Cto lo hanno giudicato guaribile in trenta giorni. re. ba.

La Stampa - Sezione Verbania 5/07/06

Triplo infortunio due operai in prognosi riservata

RIMINI - Giornata “pesante” quella di ieri sul fronte infortuni sul lavoro: ben tre quelli registrati nel pomeriggio. Se a Marina centro il ferito ha addirittura rifiutato l’ambulanza, altrettanto non hanno potuto fare i due colleghi ora ricoverati all’Infermi. Alla Blu Gas di Cerasolo Ausa, è rimasto ferito in modo grave un operaio di 22 anni, schiacciato da un camion in retromarcia condotto da un collega.E’ invece precitato da una scala all’interno del cantiere del nuovo centro commerciale “La porta Malatestiana” di Villa Verucchio, un operaio 30enne finito in sala operatoria per un trauma renale-urinario con interessamento dei polmoni. Per entrambi la prognosi è riservata ma non versano in pericolo di vita. Sul posto per i soccorsi ambulanze e automedicalizzate del 118. Per rilievi e indagini carabinieri e Medicina del lavoro.

Il Corriere Romagna - cronaca di Rimini 5/07/06

VERBANIA. IERI LA REQUISITORIA DEL PM MEZZINA NEL PROCESSO AGLI EX DIRIGENTI ACCUSATI DI OMICIDIO COLPOSO . Amianto, chieste 17 condanne . «Montefibre è responsabile per quei tredici dipendenti morti»

VERBANIA . «I dirigenti di ‘Montefibre spa’ non hanno posto in essere gli accorgimenti idonei a tutelare la salute dei lavoratori». Il pubblico ministero Nicola Mezzina non ha avuto dubbi e nella sua requisitoria, poco meno di 4 ore, ha ripercorso ieri in tribunale le linee essenziali della sua meticolosa tesi accusatoria nel processo all'amianto killer. In aula erano presenti alcuni dei 17 ex dirigenti di «Montefibre spa» tutti chiamati a

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rispondere di omicidio colposo plurimo per la morte di 13 operai del polo chimico colpiti e uccisi in epoche diverse da mesotelioma maligno alla pleura. La patologia tumorale, riconosciuta dalla letterautura clinica internazionale, è causata dalla esposizione a polveri e fibre di amianto. Nella fabbrica chimica verbanese l'amianto veniva impiegato per la coibentazione di impianti, nella centrale termica e nella costruzione di capannoni. Da qui la certezza della pubblica accusa che i decessi siano stati diretta conseguenza della lunga esposizione all'amianto benchè i sintomi si siano manifestati a distanza di anni. Le richieste di condanna: Ugo Andres 20 mesi; 19 mesi ciascuno per Antonio Belloni, Carlo Massimiliano Bottacco Gritti, Giorgio Mazzanti e Rinaldo Mazzetti; 18 mesi ciasuno per Gian Luigi Poletti, Bruno Quaglieri, Mario Manera Valeri, Giovanni Monforte D'Arminio, Luigi Ceriani; 17 mesi ciascuno per Carlo Vannini e Alberto Grandi; 16 mesi ciascuno per Luciano Varalda e Giorgio Pisani; 15 mesi ciascuno per Santo Dell'Agnese, Luigi Pece e Antonio Pellegrini. Il pm Mezzina ha contrastato chiaramente le tesi già esposte nelle scorse udienze dal consulente tecnico della difesa, professor Marcello Lotti, specialista in Medicina del Lavoro. Secondo Lotti le risposte immunitarie all'amianto sono soggettive e non tutti gli esposti alle medesime concentrazioni contraggono obbligatoriamente il mesotelioma. «E' un problema bio genetico - aveva affermato Lotti - con reazioni diverse a concentrazioni di amianto tollerabili». Secondo il pm Mezzina fibre e polveri di amianto sarebbero in ogni caso nocive alla salute e anche dopo decenni porterebbero al manifestarsi della malattia. Tesi questa avvalorata dalle cartelle cliniche dei 13 dipendenti verbanesi di «Montefibre» e da diverse sentenze della Cassazione oltre che da trattati clinici nel settore della diagnosi dell'asbestosi. Sul versante della prevedibilità dell'evento, la pubblica accusa ha ribadito che «Montefibre spa» è nata nel 1918 e che nel corso degli anni avrebbe potuto impiegare materiali alternativi all'amianto quali lana di roccia e fibre di vetro. Non sono mancati i cenni storici nella requisitoria: «Il 12 aprile 1943, quando l'Italia viveva problemi gravi di fronte al disastro della guerra, i Deputati della Camera dei Fasci hanno avuto tempo per pensare alla salute dei lavoratori con un decreto che disponeva di evitare le esposizioni all'amianto». Ha aggiunto il pm:«Montefibre a Verbania ha dato da mangiare a migliaia di famiglie ma oggi almeno in 13 di quelle famiglie si piange la morte di un padre, un figlio, un fratello, uccisi dall'amianto». Nel pomeriggio il processo è proseguito con le richieste di «Cgil - Vco» e «Medicina Democratica» , parti civili con gli avvocati Francesco Maggi, Giovanni Bonalumi, Carlo Ruga Riva. Le parti civili hanno evidenziato il danno morale all'immagine di enti con interesse diffuso alla salvaguardia della salute dei lavoratori. I familiari di alcune delle vitime dell'amianto erano usciti dal procedimento penale dopo essere stati risarciti da «Montefibre spa» con 100 mila euro per ogni decesso. Il processo riprenderà domani con le arringhe del nutrito drappello di difensori. Altra udienza è prevista lunedì 10 luglio.

La Stampa - Sezione Verbania 5/07/06

Cade dalla scala, s’infilza su due bacchette di ferro

SOLONGHELLO . Grave infortunio sul lavoro ieri mattina a Solonghello. Un muratore, scivolato da una scala, è stramazzato al suolo conficcandosi tra le costole e sotto un'ascella due bacchette di ferro che spuntavano dal terreno. E' stato trasportato dall'elisoccorso all'ospedale di Alessandria. Non è in pericolo di vita. L'incidente è successo ieri poco dopo le 9 in un cantiere in cima alla salita che porta alla chiesa e al municipio, in via Stazione. Il muratore, Maurizio Iuculano, 25 anni, di Galliate, via Gambaro 6, della ditta edile Rapisarda con sede a Romentino, mentre scendeva da una scala ha perso l'equilibrio e dopo un volo di due-tre metri è finito a terra, finendo sulle bacchette di

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ferro lunghe circa 50 centimetri. Immediato l'intervento dei soccorsi. Sul posto sanitari del 118, vigili del fuoco, carabinieri di Cerrina e l'elisoccorso. Per poter spostare il muratore i vigili del fuoco, sotto il controllo dei sanitari, hanno dovuto tagliare con le cesoie le sbarre, lasciandole infilate nel corpo perché potessero essere estratte correttamente in sala operatoria in ospedale. La prognosi è di 15 giorni. Sul posto anche ispettori dell’Asl che si occupano della sicurezza negli ambienti di lavoro. r. sa.

La Stampa - Sezione Alessandria 6/07/06

Rimane tre ore sotto il trattore 73enne si libera e chiede aiuto

Dovadola - E’ rimasto per tre ore prigioniero sotto il suo trattore. Quando è riuscito a liberarsi, seppur gravemente ferito al braccio, è stato lui stesso a chiedere aiuto. Se l’è vista veramente brutta ed ora è ricoverato in gravi condizioni nel reparto di Traumatologia dell’ospedale “Morgagni-Pierantoni”. Vittorio Giammarchi, 73 anni, ha riportato un grave infortunio sul lavoro l’altro pomeriggio intorno alle 16. L’uomo stava lavorando in un podere poco distante dalla sua abitazione di via Roma, 14. All’improvviso il mezzo agricolo che stava conducendo, si è ribaltato e l’agricoltore è finito con il braccio schiacciato sotto il trattore. Una ferita profonda, ma che, nonostante il dolore, non ha scoraggiato il 73enne, che è riuscito, tra mille difficoltà e lentamente, a liberarsi e a portarsi fino alla casa per chiedere aiuto. E’ stato il figlio a ritrovarlo sanguinante e al limite delle forze. Immediatamente è scattata la richiesta di aiuto al 118 che è arrivato a Dovadola con un’ambulanza. Trasportato a Forlì, Vittorio Giammarchi è ricoverato in gravi condizioni nel reparto di Traumatologia.

Il Corriere Romagna 6/07/06

SALERNO: MORTE SUL LAVORO La tragedia in una fabbrica «ottocentesca», un'operaia quindicenne. Salari di due euro l'ora. E sicurezza zero

Francesca Pilla – Salerno. Aveva solo quindici anni Giovanna Curcio e da pochi mesi aveva trovato impiego alla Dimatex. Una fabbrica di materassi nel salernitano, fatta in casa, meglio in garage. Visto che la piccola azienda, meno di dieci dipendenti, costringeva le operaie a imbottire materassi e cuscini in uno scantinato di appena una cinquantina di metri quadrati per soli due euro l'ora. Per la ragazza di Casalbuono, che aveva lasciato la scuola, probabilmente era un lavoro come un altro per guadagnare qualcosa, per aiutare la famiglia e mantenersi. Ieri è morta asfissiata nello sgabuzzino dell'««azienda» assieme ad Annamaria Mercadante, lavoratrice di 49 anni, residente a Padula.In quel seminterrato di una palazzina di sette piani infatti non era prevista nessuna uscita di sicurezza, tanto meno venivano rispettate le norme antincendio che dovrebbero essere l'abc del regolamento per la sicurezza sul lavoro in un laboratorio colmo di materiali sintetici, stoffe e solventi, dove basta la più piccola fiammella per mandare tutto a fuoco.Così ieri mattina, probabilmente a causa di un corto circuito o di una qualche disattenzione, quando intorno alle undici le fiamme sono divampate nella fabbrica-garage per Giovanna Curcio e Annamaria Mercadante non c'è stata via di fuga, né possibilità di trovare un estintore per spegnere il fuoco. Le due lavoratrici sono state sorprese dall'incendio e con ogni probabilità nel tentativo di spegnere le fiamme hanno respirato troppi fumi velenosi. Quando i carabinieri di Agropoli e i vigili del fuoco sono riusciti a raggiungerle, le hanno trovate cadaveri in uno sgabuzzino. Altri due dipendenti e il proprietario della fabbrica, di cui si conoscono solo le iniziali M.B., sono invece riusciti a

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mettersi in salvo, mentre la palazzina è stata evacuata. Sette le famiglie coinvolte dall'incidente e che dovranno trovare una sistemazione temporanea: l'incedio è stato di una tale portata da rendere pericolante l'intera struttura. Sulla vicenda sta indagando il pubblico ministero Oliviero della procura della repubblica di Sala Consilina. Assieme a Oliviero gli investigatori dovranno accertare la posizione lavorativa delle due donne, che come si crede erano a nero, controllare i permessi della Dimatex, ma anche chiarire le cause dell'incidente. Dalla Fillea Cgil di Salerno ricordano che il 28 maggio altri due operai sono morti in un incendio in una fabbrica di fuochi d'artificio: in base ai dati Inail, nella provincia di Salerno si verificano 27 incidenti mortali ogni anno. Un morto sul lavoro ogni 15 giorni: una vera e propria strage. «Gli incidenti sul lavoro in provincia hanno ormai assunto una cadenza insopportabile - dice Franco Tavella, segretario Cgil Salerno - Molto spesso sono determinati da norme di sicurezza inesistenti, da orari di lavoro non adeguati, da impieghi in nero. Queste due donne lavoravano per appena due euro l'ora». Per oggi la Fillea Cgil di Salerno ha indetto 2 ore di stop nel settore legno ed arredamento: per ricordare le due vittime e tutti i lavoratori morti negli ultimi anni.

Il Manifesto 6/07/06

L'ennesimo ieri. Infortunio a Lonato. Muore in acciaieriaUn altro tragico incidente è avvenuto ieri in un'acciaieria a Firalpi di Lonato in provincia di Brescia. Un capoturno di 56 anni è stato trafitto alla testa da un tondino incandescentementre controllava una macchina che poco prima si era inceppata. L'uomo è morto sul colpo. Nello stesso stabilimento due anni fa aveva già perso la vita un operaio immigrato.

Il Manifesto7/07/06

In Italia 4 al giornoSecondo l'Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) la stima globale delle morti collegate al lavoro ammonta a 2,2milioni ogni anno. I lavoratori subiscono 250 milioni di incidenti, di cui almeno 335.000 sono di esito fatale,molti dovuti a sostanze tossiche e pericolose, oltre ai 160 milioni i casi d imalattie professionale o comunque legate all'attività svolta. In Italia, secondo l'Anmil, nel 2005 gli infortuni sul lavoro ammontavano a 1273 (circa 4 al giorno) di questi 1093 avvenuti dell'ambito dell'industria, del commercio e dei servizi, crescendo complessivamente del 14,17% rispetto al 2004. Inoltre è stata registrata la tendenza a denunciare solo gli infortuni più gravi, con esiti che danno diritto ad indennizzo in capitale o in rendita per il lavoratore, facendo passare gli altri con permessi o giorni di malattia.

Il Manifesto7/07/06

Al primo piano una scuola, nello scantinato il lavoro nero. A Montesano, il giorno dopo il rogo. Dove si muore per 2 euro all'ora

Ilaria Urbani. Montesano sulla Marcellana (Salerno)Montesano sulla Marcellana è immerso nel Vallo di Diano, ottomila anime e ottocentocinquanta metri sul livello del mare, poco più di cento chilometri da Salerno. Trasformati in quasi duecento se si considera lo stato del cantiere aperto chiamato autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. In questa distesa di verde che si estende per qualche decina di km, due morti di lavoro hanno sconvolto il paese. Il giorno dopo la

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tragedia non si parla d'altro. Per la morte di Giovanna Curcio, 15 anni, e Annamaria Mercadante, 49 anni il sindaco diessino Antonio Manilia chiederà di costituirsi parte civile. Anche per questo episodio, come per tutti misteri che avvolgono le centinaia di morti bianche che si registrano ogni anno in Italia, sono sott'accusa i soccorsi. Nello specifico, le autobotti dei vigili del fuoco, troppo pochi per i 70 mila abitanti della valle, arrivate in ritardo da Sala Consilina e semivuote. L'acqua è arrivata solo grazie alla cisterna adibita al trasporto del latte, casualmente giunta sul posto. Ma solo le indagini verificheranno cosa è realmente successo la mattina di mercoledì nel laboratorio di materassi Bimal.tex.L'odore acre delle fiamme che hanno avvolto i due edifici circostanti è ancora forte e le voci che si rincorrono in questo comune segnato dalla vita e dall'ingegno dell'imprenditore, Filippo Gagliardi, costruttore di qualunque angolo della cittadina, dalla cattedrale agli acquedotti, e il fratello Pasquale ideatore delle terme e dello stabilimento dell'acqua, sono già tante per tentare di ricostruire gli ultimi istanti di vita delle due operaie vittime dell'incendio. In quello scantinato, senza uscite di sicurezza, senza estintori, tutti i lavoratori, per lo più donne, non avevano contratto, lavoravano per più di dieci ore al giorno e venivano anche maltrattati. Due euro all'ora. Giovanna, la vittima quindicenne, aveva iniziato a lavorarci dal primo luglio. Il padre operaio forestale di Casalbuono, comune a pochi passi da qui, non voleva. Ma Giovanna cercava l'indipendenza, forse per andare in vacanza. L' ha avuta forse per quattro giorni, ma lavorando duro. Confezionare materassi di lattice e spugna non deve essere semplice in un deposito affossato tra edifici. C'è pure una scuola materna ed elementare al piano terra di una delle palazzine sovrastanti. E vista l'ora dell'incendio, poco dopo le 9 del mattino, se fosse accaduto qualche settimana fa ci sarebbero potuti essere anche bambini tra le vittime. Nel laboratorio spesso sono arrivati i carabinieri e, dicono nella piazza del paese, è strano che non abbiano rilevato nessuna irregolarità. Non una licenza, non una registrazione alla camera di commercio. E l'altro ieri potrebbe sarebbe stato proprio il mancato rispetto delle norme di sicurezza, il condizionale sembra superfluo, ad aver fatto divampare così velocemente l'incendio. Lattice, spugna e acetone, una miscela esplosiva che non ha dato tregua ai dieci lavoratori presenti al momento nel laboratorio. Giovanna e Annamaria non ce l'hanno fatta a scappare. Le ha unite un destino comune, ma erano lì per motivi diversi. La donna aveva venduto poco più di un anno fa una lavanderia. Figlia di persone del posto, emigrate in Svizzera, desiderava lavorare per occupare il suo tempo e per cominciare a guadagnare qualcosa. Non c'era molta scelta. Salerno è lontana. Soltanto un pullman al giorno porta nella città e le altre realtà lavorative sono poche. Le terme, fino agli anni '80, occupavano decine e decine di persone, ora sono meno di cinque. Tre i caseifici, che danno lavoro a una cinquantina di persone. L'azienda più grande, con 70 operai, è lo stabilimento dell'acqua Santo Stefano. Ma Salerno è comunque lontana, e i giovani decidono sempre più spesso di emigrare nei grandi centri. Il precariato unito al sommerso è l'unica via di scampo. E spesso anche le amministrazioni centrali sono assenti. Un comitato popolare del paese sta da tempo raccogliendo firme per annettere il comune alla vicina provincia di Potenza, da cui è divisa solo da un monte. Montesano è l'ultimo paese della Campania. Ad indagare sul caso Montesano sulla Marcellana, oltre alla procura di Sala Consilina, sarà la commissione speciale «Economia sommersa» della Regione Campania, che si recherà sui luoghi della tragedia e si riunirà per un incontro operativo alla Provincia di Salerno, con l'assessore regionale al lavoro Corrado Gabriele e quello provinciale Massimo Cariello, i sindacati e le associazioni datoriali. L'obiettivo è quello di accelerare l'esame della proposta di legge regionale sul lavoro predisposta dall'assessore Gabriele, che ha ribadito la richiesta di riapertura dei termini del concorso per ispettori del lavoro e l'aumento dei fondi a disposizione per intensificare i controlli. «Ancora una volta operai hanno perso la vita sul luogo di lavoro - dice il presidente della commissione Gerardo

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Rosania - ancora una volta i lavoratori meno fortunati, spinti dal bisogno, sono costretti a sopportare luoghi malsani, retribuzioni ingiuste, orari impossibili».

Il Manifesto 7/07/06

CROAZIA

Arsia . Il gasdotto che collegherà Pola con Karlovac per far giungere alla raffineria il gas estratto dalle piattaforme davanti alla punta estrema dell'Istria, non è nato sotto una buona stella. All'inizio il progetto è stato contrastato da diversi comuni costieri dell'Istria che hanno osteggiato al governo il tracciato, non volendo ospitare nel proprio territorio il passaggio delle grosse tubature. Ora, stabilito il tracciato, i lavori continuano a rilento a causa di infortuni talvolta mortali agli operai delle ditte appaltatrici. Dall'inizio dei lavori ad oggi sono morte tre persone e due sono rimaste gravemente ferite. L'ultimo grave incidente si è verificato nei pressi del villaggio di Kunj vicino alla cittadina d'Arsia. Un operaio italiano di 37 anni impiegato presso da ditta "Ghizzoni", ha riportato ferite gravi per le quali è ancora fermo in prognosi riservata all'ospedale di Pola. L'addetto stampa della polizia istriana, Robert Pavlekovic, ha reso note solamente le iniziali dell'uomo; G.D., chiarendo la dinamica dell'incidente mortale. L'operaio stava percorrendo un tratto in discesa del tracciato del gasdotto controllando che la posa delle tubature sia stata effettiata secondi le regole. Ad un certo momento e' stato investito da un masso rotolante che si era staccato dalla roccia. Tuto e' successo in un attimo tanto che l'operaio non ha potuto spostarsi di lato finendo investito dal masso. Trasportato d'urgenza all'ospedale regionale di Pola gli sono state riscontrate fratture gravi alla base del cranio e alla spina dorsale per le quali l'equipe medica non ha ancora sciolto la prognosi in quanto non e' ancora fuori pericolo di vita. Due mesi fa un altro italiano, della ditta Ghizzoni, il 56 enne V.G. di Montalbano era stato gravemente feritoIL Gazzettino - Cronaca di Trieste 6/07/06

AMIANTO KILLER IN TRIBUNALE A VERBANIA DOPO LA REQUISITORIA DEL PM CHE HA CHIESTO 17 CONDANNEVERBANIA

Parola alla difesa, ieri in tribunale, nel processo per l'amianto killer. Martedì scorso a conclusione della requisitoria il pm Nicoia Mezzina aveva richiesto la condanna - tra 15 e 20 mesi di reclusione - dei 17 imputati di omicidio colposo plurimo, tutti ex dirigenti, in epoche diverse, di «Montefibre spa». L'accusa era stata formalizzata dal magistrato al termome di due anni di indagini sulla morte di 13 ex dipendenti del polo chimico verbanese tutti uccisi da mesotelioma maligno alla pleura causato da esposizione ad amianto. La strategia difensiva è basata sulla capacità di stabilire la diretta correlazione tra compiti e responsabilità degli allora dirigenti e le cause della morte dei 13 lavoratori. Nella sua arringa l'avvocato Tullio Padovani ha sottolineato la necessità di distinguere il poteri gestionali all'interno di «Montefibre spa» riferiti all'effettivo ruolo di datore di lavoro secondo le normative dettate dal legislatore. «Il mio assistito - ha aggiunto - è ostaggio di un processo in cui viene chiamato a rispondere per conto di altre persone». Secondo il difensore è indispensabile tenere conto delle modalità di individuazione dell'effetto nocivo che viene calcolato in base ai tempi di esposizione, alla concentrazione ed alla dimensione delle fibre di amianto. «Dagli Anni Cinquanta fino alla seconda metà degli anni ‘70 l'amianto veniva impiegato in quantità considerevoli. Nel 1983 le norme che disciplinavano la costruzione di luoghi di pubblico spettacolo prevedevano obbligatoriamente l'impiego di amianto quale struttura di resitenza al fuoco. Quando il

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mondo era ricoperto di amianto non si capisce perchè 'Montefibre spa' avrebbe dovuto seguire indirizzi atipici». Nel 1991 il legislatore non obbligava la sostituzione dell'amianto con materiali alternativi così come invece disponeva per il piombo. «Le vittime del mesotelioma - ha aggiunto Padovani - sono incolpevoli allo stesso modo degli imputati. Due incolpevolezze non fanno giustizia». Avvocato Paolo Accini:«Non per cinismo dobbiamo lasciare fuori dal processo le emozioni e attenerci ai fatti, alle norme, alle conoscenze che nel corso degli anni abbiamo assunto rispetto all'amianto e alle patologie da esso provocate. Soltanto nei primi Anni Novanta il legislatore ha fissato norme di tutela dei lavoratori esposti a rischio di asbestosi». Il processo è proseguito fino alle 18 con arringhe di altri difensori. Prossima udienza il 10 luglio. L’ex stabilimento chimico della Montefibre a Pallanza

La Stampa - Sezione Verbania 7/07/06

L'Ilva di Taranto lesina pure sull'acqua

La Fiom Cgil distribuisce bottigliette di minerale agli operai siderurgici. Una protesta simbolica nell'acciaieria pugliese dove morti e infortuni sono quasi una regola. E la salute un'eccezioneManuela CartosioColpo di fantasia dei sindacalisti della Fiom all'Ilva di Taranto. Ieri mattina alle 6, alla porta D, non hanno distribuito il solito volantino, ma 3 mila bottigliette d'acqua minerale. Esaurite in pochi minuti dagli operai del primo turno che hanno gradito la bella sorpresa. Massimo Battista, dell'esecutivo Fiom dell'Ilva, promette altre sorprese per la prossima settima ma non si sbottona: «Sarà un'estate calda e bagnata».E' partita la lotta «contro il biberon». Così i lavoratori dell'acciaieria hanno ironicamente ribattezzato la borraccia che da un paio di mesi sono costretti a usare per bere. Quel sant'uomo di padron Riva ha fatto sparire i frigoriferi pieni di bottigliette di minerale da tutti i reparti - compresi quelli dove la temperatura arriva anche a 70 gradi. «La plastica inquina», si è giustificato il sensibile ambientalista, che ha quantificato in 12 milioni le bottigliette ciucciate in un anno da quei beoni dei suoi operai. I camini dell'Ilva spandono fumi e polveri sottili su Taranto, ma volete mettere il danno provocato all'ambiente da 12 milioni di vuoti! E poi la minerale costa e costa riciclare la plastica. Per questo i frigoriferi sono stati rimpiazzati da «boccioni» con il rubinetto. Gli operai riempiono il «biberon» a inizio turno, se lo mettono in tasca e bevono mentre lavorano. Così si risparmia anche sugli spostamenti. C'è il piccolo particolare che un'acciaieria non è un lindo ufficio con l'aria condizionata. I «boccioni» all'Ilva sono piazzati vicino a impianti fumosi e polverosi. Non c'è sicurezza igienica e, in più, l'acqua esce calda.All'Ilva di Cornigliano, dove si fa la produzione a freddo, hanno lasciato frigoriferi e bottigliette di minerale. All'Ilva di Taranto, dove si fa la produzione a caldo, li hanno tolti. Un motivo in più per incavolarsi, dice Battista, e una conferma che boccioni e biberon sono stati introdotti per risparmiare. A Taranto lavorano quasi 18 mila persone (compresi i 4 mila degli appalti), a Cornigliano solo 2 mila.«Un padrone che risparmia sull'acqua la dice lunga su cosa sono oggi gli imprenditori italiani», commenta Giorgio Cremaschi, che alla Fiom nazionale segue il settore siderurgia. Il gruppo Ilva l'anno scorso ha fatto profitti per 1 miliardo di euro. In un paio d'anni l'impianto di Taranto ha aumentato da 6 a 10 milioni di tonnellate la produzione, +35% l'indice della produttività, perché il numero degli occupati è aumentato solo di un migliaio di unità. Si lesina sull'acqua in un'acciaieria dove infortuni e morti sul lavoro sono una tragica costante, sottolinea Cremaschi, dove vige «un regime da caserma».«Uno stato di polizia», rincara Battista, sono oltre 750 le contestazioni disciplinari

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comminate dall'azienda dall'inizio dell'anno. Vinta la battaglia dell'acqua, annuncia Cremaschi, a settembre all'Ilva di Taranto partirà una campagna «per la libertà, contro le punizioni immotivate, vere e proprie violazioni dei diritti umani».Il gruppo Riva usa le punizioni per ricattare, per mettere paura e «far chinare la testa». Due giorni fa i vertici dell'Ilva di Taranto hanno passato il segno. Hanno convocato una conferenza stampa per dire che il 30% degli infortuni che succedono sono «anomali». Anomali nel senso di «inventati», sostiene Battista. Finora l'Ilva si era «limitata» a imputare buona parte degli infortuni alla casualità o alla disattenzione dei lavoratori. «L'Ilva non chiama neppure il 118», ha denunciato l'Asl di Taranto lo scorso aprile, quando in una settimana due «incidenti» hanno causato un morto e 3 ustionati. I lavoratori risposero con uno sciopero di 32 ore, il più lungo nella storia dell'acciaieria di Taranto. Altro morto a settembre del 2005, provocato dallo scontro di due carri ponte. «Si è trattato di un evento assolutamente casuale, dovuto a comportamenti individuali scorretti, non in linea con le regole interne sulla sicurezza», sostenne l'azienda. «I lavoratori per l'Ilva sono carne da macello», replicò la Fiom.

Il Manifesto 7/07/06

IL CASO NON È ANCORA STATO TROVATO IL CORPO DEL GIOVANE AFFOGATO MENTRE LAVORAVA A 10 METRI DI PROFONDITÀ SENZA MISURE DI SICUREZZA Vergogna per Dani, morto nelle fogne Clandestino e assunto in nero: come il giovane romeno centinaia di immigrati

Ieri il giorno delle lacrime. La consapevolezza che per Bogdan «Dani» Mihalcea non c’è più nulla da fare. Gli unici a non mollare sono i vigili del fuoco: continuano a cercare disperatamente il corpo del giovane romeno risucchiato ieri nel labirinto di condotte fognarie da un’ondata di acqua e fango, mentre stava lavorando alla manutenzione di un pozzo d’ispezione in via Nicomede Bianchi. La mattina di ieri si è iniziata con le nuove ricerche nella zona di corso Appio Claudio, nei pressi della Dora, dove l’acqua delle condotte finisce nel fiume. Per ora ancora nulla, di Dani nessuna traccia. Ormai la speranza dei famigliari e dei colleghi di lavoro inizia a trasformarsi in lutto, l’ansia e la paura in lacrime: ieri mattina, alla sede dell’impresa Siciliano (quella per cui lavorava il giovane) il cancello si è aperto su una donna piegata dal dolore, la madre di Dani, e sui volti sconvolti dei parenti. Appoggiato ad un muro il compagno scampato alla tragedia, Mehdi Annan, che piange come un bambino: «Ho perso un amico, lavoravamo là sotto sempre insieme. Io sono qui, sono vivo, Dani no...». La scomparsa di Dani è ora l’oggetto un’inchiesta aperta dalla procura di Torino e dalla Asl 1, che dovrà verificare le responsabilità dell’impresa di Tony Siciliano: oltre ai sette dipendenti - regolarmente assunti - faceva lavorare in nero un cittadino romeno senza permesso di soggiorno, ma soprattutto senza le più elementari precauzioni. Dani viveva con la madre in via Caselette (un fratello lavora in Spagna) ed era arrivato a Torino nel 2004. È del 27 novembre di quell’anno l’unica traccia del romeno in Italia: un decreto d’espulsione e una foto segnaletica scattata dall’ufficio stranieri della questura che l’aveva sorpreso senza permessi. Tutto qua, per il resto una vita irreprensibile, fatta di lavoro e fatica: «Lui non voleva tornare in Romania - ha spiegato la madre - qui si stava costruendo un futuro solido, in attesa della prossima sanatoria e della regolarizzazione». La sanatoria arriverà troppo tardi e il suo datore di lavoro dovrà dimostrare che i protocolli di sicurezza sono stati osservati. A rappresentarlo di fronte ai giudici saranno gli avvocati Andrea Bertano e Luciano Zagarrigo, che sostengono il rispetto delle norme di sicurezza di Siciliano anche sulla base di una dichiarazione del collega di Dani, Mehdi, che nel ricostruire i momenti della tragedia ha raccontato che era lo stesso romeno a non voler indossare l’imbragatura

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di sicurezza e la corda di sostegno perché le riteneva scomode per lavorare. Resta che la responsabilità dell’applicazione delle norme di sicurezza spetta al datore di lavoro e che l’incidenza di infortuni si spiega con le condizioni in cui gli operai sono spesso costretti a lavorare. Solo nel 2004, a Torino, sono stati 3286 gli infortuni gravi, 12 i morti. Per capirne la causa è sufficiente una prova empirica: da via Pietro Cossa - luogo dell’incidente di Dani - a corso Rosselli, si incontrano decine di cantieri aperti. Abbiamo chiesto agli operai al lavoro che tipo di contratti abbiano e che misure di sicurezza adottino: 8 su 15 sono in nero (e sono tutti extracomunitari), 10 su 15 non rispettano le più basilari norme anti-infortunio (caschi, scarpe rinforzate, mascherine). Molti non hanno in dotazione il materiale necessario, altri vengono «invitati» dai propri capi a non utilizzarlo perché «rallenta il lavoro». Sulla vicenda è intervenuta anche la Cgil e la Fillea, l’associazione di categoria che ha deciso di costituirsi parte civile al processo e di offrire qualunque forma di tutela, compresa quella legale, alla famiglia: «Bogdan Mihalcea è l’ennesima vittima dovuta alla mancanza di rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro, al fenomeno del lavoro nero, al meccanismo di appalti e subappalti che per risparmiare non tiene in nessun conto la vita delle persone. Proprio pochi giorni fa - sottolinea il sindacato - abbiamo denunciato l’aumento del lavoro nero, che interessa soprattutto i lavoratori stranieri, chiedendo anche agli enti pubblici di assumere piena responsabilità nel governo degli appalti e dei subappalti. Anche il Comune di Torino e la Smat devono assumere impegni precisi in tal senso». Oggi, in prefettura, il Ministro del lavoro Cesare Damiano, incontrerà i rappresentanti sindacali degli edili.

La Stampa - Torino Cronaca 8/07/06

MEL. Sembra che l’incidente all’operaio che ha avuto schiacciata una mano sia dipeso da una valvola scattata autonomamente «La macchina ha funzionato da sola». Ampia adesione all’ora di sciopero. I sindacati invitano ai lavoratori a segnalare ogni anomalia

Mel. All'indomani dello sciopero dell'Acc Elettromeccanica di Mel, per solidarietà nei confronti dell'operaio seriamente infortunatosi a un braccio e ancora ricoverato all'ospedale di Padova in condizioni stazionarie, le organizzazioni sindacali si pongono l'interrogativo di quale sia stata la causa dell'incidente. Sembra infatti che il macchinario utilizzato dall'uomo, classe 1968 e residente a Villapiana di Lentiai, fosse nello stato cosiddetto "manuale", cioè quello utilizzato mille altre volte in piena sicurezza. E che, non si sa per quale ragione, sia entrato in movimento senza che nessuna persona gli abbia dato il necessario impulso.

«Probabilmente - spiega Bruno Deola (Fim-Cisl) - è scattata una valvola che non avrebbe dovuto scattare. Saranno comunque fatte le verifiche del caso. E confrontate con l'azienda, nella riunione che avremo mercoledì pomeriggio, per trattare anche le questioni legate alla sicurezza degli ambienti di lavoro». «Infortuni gravi come quello accaduto l'altro giorno - afferma Luca Zuccolotto (Fiom-Cgil) - fa comprendere per l'ennesima volta quanto sia importante la garanzia della sicurezza. Invece, sempre più spesso, questa viene sacrificata da ritmi di produzione intensi e sempre più incalzanti. Una situazione che, ovviamente, non aiuta». «Rivolgo un invito - sottolinea Paolo Da Lan (Uilm-Uil) - ai lavoratori di tutte le aziende: segnalate alle Rsu tutti i problemi legati alla sicurezza che avete notato. E non calate mai l'attenzione, soprattutto alla fine dei turni e alla fine della settimana, quando si è più stanchi». «Lo sciopero - spiega Nadia De Bastiani delle Rsu - è andato molto bene, con grande adesione sia verso il nostro collega che, più in generale, rispetto a un ragionamento più ampio di sicurezza del lavoro. Un mito da sfatare è che

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sicurezza voglia dire necessariamente minor produzione. Siamo convinti invece che la sicurezza sia il bene primario da perseguire: tanto per i lavoratori che ci rimettono la propria salute quanto per le aziende».

Il Gazzettino 9/07/06

Gravi infortuni sul posto di lavoro nelle ultime settimane in provincia

(r.g.) Quello all'Acc è l'ultimo di una serie di infortuni nelle aziende bellunesi nelle ultime settimane. Il 23 maggio, alla Pandolfo Alluminio di Lentiai, un operaio ha perso un braccio mentre stava facendo manutenzione a una macchina; L'artoo gli è stato riattaccato all'ospedale di Pordenone. Di lì a pochi giorni, il 26 maggio, i sindacati metalmeccanici hanno proclamato uno sciopero. A fine mese è stata poi la volta di una caduta mortale, di un operaio, da un'impalcatura di un cantiere in comune di Sovramonte. La giornata del 23 giugno ha registrato invece due cadute da impalcature di altrettanti cantieri edili: una a Tomo, con ricovero al reparto di Neurologia e prognosi di 30 giorni, l'altra a Santa Giustina, con frattura della scapola sinistra e contusioni varie. L'indomani, il 24 giugno, un macellaio di Quero si è visto quasi amputare il pollice per un riflesso nervoso dell'animale che aveva appena macellato. Ancora, il 26 giugno, un giovane operaio della Meccanica Feltrina di Villapaiera si è visto scuoiare una mano da una pressa. Un ulteriore sciopero a favore della sicurezza è stato indetto dalla categoria edili per il 30 giugno

Il Gazzettino Cronaca di Belluno 8/07/06

Drammatico infortunio alla Riva Acciaio. La vittima stava per terminare il proprio turno. Muore schiacciato tra i carrelli

Aveva 31 anni, a scoprire il corpo straziato è stato il fratello La produzione è stata interrotta per tutta la giornata I sindacati: «I decessi sul lavoro non si contano più Servono maggiori controlli, e non solo nei cantieri» di Fabiana MarcoliniHa controllato per l'ultima volta che tutto fosse a posto. Venti minuti e avrebbe varcato il cancello della Riva Acciaio per tornare a casa. A trovarlo, agonizzante, tra i due carrelli nel reparto lamieratoio è stato il fratello poco prima dell'inizio del turno, alle 5.50. Avrebbe dovuto dargli il cambio ma non vedendolo arrivare è andato a cercarlo. Seydi Idriss aveva 31 anni, era ancora vivo quando l'allarme è stato lanciato ma il carrello che trasporta i pezzi lavorati lo aveva schiacciato. Il vagone, che si muove su una sorta di nastro trasportatore su cui vengono caricati i rotoli di acciaio, gli aveva provocato lesioni gravissime. Ed è stato tutto inutile, Idriss è morto durante il tragitto in ospedale.Una tragedia che in pochi minuti ha coinvolto l'intero stabilimento della Riva Acciaio di lungadige Galtarossa, tra la disperazione dei parenti e la celerità con cui i soccorritori hanno dovuto operare per cercare di salvare l'operaio. Per poterlo estrarre dal luogo in cui era rimasto schiacciato mentre probabilmente stava controllando lo scambio dei binari su cui transitano i carrelli, sono intervenuti i vigili del fuoco.Una lotta contro il tempo, l'uomo era stato dilaniato. I medici inviati da Verona Emergenza hanno potuto solamente cercare di contenere il forte trauma addominale ma in ospedale, in borgo Trento, è arrivato già cadavere. Idriss era originario del Senegal, a Verona viveva da anni, con un lavoro regolare e una famiglia, si era sposato da poco e tra alcuni mesi gli sarebbe nato un bimbo, il primo. Un operaio che da anni era alle dipendenze della Riva e come lui il fratello, quello che ieri lo trovato, oltre che il cugino. Lavorano tutti lì, e tutta la

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famiglia ieri mattina era fuori dal reparto di Rianimazione. Ma la notizia che avrebbe confortato tutti non è arrivata. In ospedale sono andati anche molti colleghi, quelli che avrebbero dovuto iniziare a lavorare e che invece il cancella della fabbrica non l'hanno varcato. Sono tornati a casa e man mano che terminavano i turni i capannoni sono rimasti vuoti. L'incidente è avvenuto poco prima dell'alba e alle 6.10 nell'azienda siderurgica che si affaccia sull'Adige è arrivato il proprietario accompagnato dai dirigenti. Sul posto i carabinieri di Verona e i tecnici dello Spisal oltre al magistrato di turno, il sostituto procuratore PierUmberto Vallerin. Il capannone che accoglie il lamieratoio è stato posto sotto sequestro per permettere ai tecnici del servizio di prevenzione infortuni e sicurezza sul lavoro di eseguire i rilievi e cercare di ricostruire esattamente la dinamica. Mentre all'esterno dell'azienda c'erano gli operai che avrebbero dovuto iniziare a lavorare, ma un reparto dopo l'altro ieri si è fermato, la produzione è stata interrotta fino alle 6 di questa mattina e sempre oggi i rappresentanti sindacali del settore meccanico hanno in programma un incontro allargato per discutere sul tema della sicurezza.«Se contiamo i decessi avvenuti dall'inizio dell'anno in tutti i settori produttivi il numero è spaventoso», interviene Stefano Facci, segretario provinciale della Fiomm Cgil che insieme ai colleghi di Cisl e Uil ieri, poco dopo l'incidente alla Riva, era fuori dalla fabbrica per concordare iniziative comuni.«Abbiamo partecipato all'incontro organizzato in Gran guardia con i colleghi che si occupano di edilizia ma non è solo nei cantieri che servono controlli e rigore. I processi produttivi impongono ritmi e hanno particolari necessità che però rischiano di compromettere la sicurezza. E il prezzo in vite umane è altissimo. Comunque oggi (ieri per chi legge, ndr) tutto si è fermato».

Il Manifesto 10/07/06

SAONARA Infortunio alla "Viteria Euganea" Gamba schiacciata da una pressa

Grave infortuni o sul lavoro ieri alla "Viteria Euganea" di Villatora di Saonara. Un operaio ha avuto la gamba destra schiacciata da una pressa. Gli è stato amputato l'arto. Si trova ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Padova. L'infortuni o si è verificato poco dopo mezzogiorno nello stabilimento di via Romagna 44 dell'azienda che opera nel settore della viteria e bulloneria. L'operaio, S.V., residente a Piove di Sacco in via Valerio, stava lavorando alla pressa quando l'ingranaggio gli ha imprigionato la gamba. Un terrificante urlo di dolore ha fatto accorrere i colleghi. Il dipendente, immediatamente soccorso, è stato trasportato all'ospedale con l'ambulanza del Suem. Ai medici del pronto soccorso le sue condizioni sono apparse subito gravissime. Trasferito in sala operatoria, i chirurghi hanno dovuto amputargli la gamba rimasta schiacciata dal macchinario. Sul posto oltre ai carabinieri di Legnaro sono intervenuti i tecnici dello Spisal, il servizio di prevenzione per gli infortuni sul lavoro, che hanno acquisito le testimonianze dei colleghi dell'operaio allo scopo di ricostruire la dinamica dell'incidente.

Il Gazzettino - Cronaca di Rovigo 11/07/06

Damiano lancia il «pacchetto sicurezza»Appalti: nuove regole e interventi sul massimo ribasso. Il funerale delle due operaie morte a Salerno

Ilaria Urbani. C'erano anche i fiori inviati dal presidente del Consiglio Romano Prodi, ieri,

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ai funerali delle due operaie morte per asfissia mercoledì mattina durante l'incendio nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno, in quello che doveva essere un deposito, trasformato invece in un materassificio abusivo. Le due vittime, Giovanna Curcio, appena 15 anni e Annamaria Marcadante, 49. Sempre ieri, il ministero del lavoro Cesare Damiano ha annunciato un emendamento al decreto Bersani sulle liberalizzazioni, proprio in materia di sicurezza, in particolare per il settore dell'edilizia. La misura prevederà la piena realizzazione del documento unico di regolarità contributiva, la piena attuazione della dichiarazione preventiva di instaurazione del giorno del lavoro - il giorno prima dell'assunzione stessa - il monitoraggio giornaliero del personale presente nei cantieri, anche attraverso l'adozione di un tesserino elettronico di riconoscimento. Tra le proposte ci sarebbe anche il potenziamento del sistema sanzionatorio, introducendo l'inasprimento delle sanzioni e la revisione del processo di riscossione.Al vaglio del ministero c'è anche la possibilità di procedere al sequestro immediato del cantiere se si dovesse riscontrare l'impiego di un determinato numero di lavoratori in nero. «Il segnale deve essere politico - spiega il ministro Damiano - cioè deve andare nella direzione di una nuova cultura della regolarità e delle stabilità del lavoro». Nel pacchetto sicurezza saranno inserite inoltre forme di scambio dati tra enti e società, su luce, gas e telefono, per una verifica di congruità nel rapporto fra manodopera impiegata. Il titolare del dicastero di via Veneto ha già stabilito il calendario degli appuntamenti per la discussione del «pacchetto sicurezza». Martedì con il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino e giovedì con il ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro per elaborare una nuova normativa sugli appalti entro fine anno in grado di trovare soluzioni per quelli al massimo ribasso, definiti da Damiano «una vera e propria distorsione del mercato». «Ogni anno - commenta il ministro - si verificano 1.200 infortuni mortali, di cui 250 soltanto nell'edilizia. Di questi, il 12% risulta avvenuto nel primo giorno di lavoro della vittima, il che significa che si procede a una regolarizzazione postuma. Il governo si propone di intervenire con azioni di coordinamento tra tutti i soggetti competenti per aiutare il decollo di una nuova cultura della sicurezza». Il ministro ha anche fissato la data per il passaggio dalla fase di «accompagnamento» e informazione (15 settembre-30 novembre) alle ispezioni vere e proprie nei call center (a partire dall'1 dicembre prossimo), in base alla recente circolare, come era stato chiesto dalla Cgil.Tra i primi punti dell'emendamento figurerà il sistema dei controlli nei luoghi di lavoro. Gli ispettori a livello nazionale sono 5.518: 40% al nord, il 30% al centro e altrettanti al sud. «Gli ispettori non sono pochi - ha concluso Damiano - a mancare sono gli strumenti per consentire i controlli». Il territorio campano resta il più segnato dalla mancanza di verifiche sul rispetto delle norme di sicurezza come ha dimostrato mercoledì la tragica morte delle due lavoratrici nel salernitano. Ai funerali delle due vittime ieri hanno preso parte anche il ministro delle pari opportunità Barbara Pollastrini che ha consegnato al marito di Annamaria Mercadante una lettera del presidente Prodi. Presenti anche il sottosegretario al lavoro, Rosa Rinaldi, l'assessore regionale alle politiche sociali, Rosa D'Amelio e quello al lavoro, Corrado Gabriele.

Il Manifesto 11/07/06

Infortuni. La morte di Bogdan rumeno a Torino

Orsola Casagrande. TorinoE' stato recuperato ieri mattina il corpo del giovane operaio rumeno Bogdan Mihalcea, 24 anni, che giovedì scorso era stato travolto da una piena di fango e acqua mentre stava effettuando alcuni lavori di manutenzione alla rete fognaria. Mentre i vigili del fuoco

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recuperavano il corpo, dal fiume Dora, il responsabile della ditta per cui lavorava il giovane, veniva formalmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Giovedì Torino è stata paralizzata da un violento acquazzone che ha per ore bloccato la viabilità e costretto le ferrovie a sopprimere numerosi treni. Sotto quell'acqua Bogdan, assunto in nero e senza permesso di soggiorno, stava comunque lavorando in un tombino. Per tre giorni la speranza di ritrovarlo vivo è rimasta appesa a un esile filo, anche se, dopo aver sentito il racconto di un altro operaio scampato per miracolo alla piena, quel filo si era praticamente spezzato. Il lavoro nero è stato purtroppo assai diffuso nel periodo di costruzione delle opere olimpiche, e continua a rimanere tale nell'edilizia, anche a Torino: il giovane Bogdan lavorava in nero e non in condizioni di sicurezza. La procura di Torino ha subito aperto un'inchiesta ipotizzando sia il reato di omicidio colposo che quello di omissione di cautele antinfortunistiche. E ora vuole anche capire se i rapporti tra le tre ditte coinvolte nell'incidente fossero regolari. Al centro della vicenda la Smat, l'azienda che gestisce il servizio idrico, che aveva appaltato i lavori alla Fedet, società di Settimo Torinese. Quindi i lavori erano stati subappaltati alla «Geometra Siciliano» per la quale il giovane lavorava. Di fronte alla tragedia le tre società coinvolte hanno cercato di sostenere la loro estraneità non solo ai fatti ma anche eventuali responsabilità nei confronti della morte di Bogdan. La Fillea Cgil, con il suo vecchio segretario dei tempi dei cantieri olimpici, Alberto Tomasso, aveva denunciato un imbarbarimento delle condizioni di lavoro nel settore edile. Parole al vento. Da solo Tomasso aveva denunciato gli abusi e la nuova schiavitù. Nessuno, né le ditte, né l'amministrazione pubblica l'aveva ascoltato. «Dopati di olimpiadi» li aveva definiti il dirigente Cgil. Gli infortuni a Torino nel 2004 sono stati 3298, di cui 12 mortali. Ma il 40% degli incidenti non viene denunciato, specie se le vittime sono migranti. La piaga del lavoro nero poi è estesissima anche in Piemonte. La stima della Fillea è che ormai almeno il 50% dei lavoratori non è in regola. Il lavoro grigio, cioè le ore di lavoro non dichiarate, è il 40%. Ad ogni numero corrisponde la storia di un uomo costretto a condizioni di schiavitù. Senza sicurezza né formazione adeguata, per salari da fame. La Fillea si costituirà parte civile al processo per la morte di Bogdan e darà assistenza legale gratuita alla famiglia. La madre di Bogdan si era recata presso la «Siciliano» per avere notizie, non vedendolo rientrare. La Fillea sottolinea che molto spesso in casi come questi «qualcuno offre alla famiglia delle cifre di risarcimento irrisorie per evitare cifre alte al processo». Misere le paghe di questi operai: 2 euro e mezzo all'ora, 3 o 4 a essere «fortunati». Hanno responsabilità anche le ditte appaltatrici, che nonostante proclamino il contrario, non effettuano rigidi controlli. Eppure, dicono alla Fillea, proprio controlli puntuali e ispettori con occhi aperti servirebbero a contrastare in maniera decisa il lavoro nero.

Il Manifesto 11/07/06

Un muratore di 26 anni muore vicino Varese

Ennesima morte bianca nel varesotto: ieri mattina a perdere la vita è stato un muratore di 26 anni rimasto schiacciato da una gru che stava smontando. L'infortunio sul lavoro in un cantiere edile a Ferno (Va). Il giovane ha riportato un gravissimo trauma toracico-addominale e inutile è stato il tempestivo ricovero all'ospedale di Gallarate dove è deceduto un paio di ore dopo, poco prima delle 13. Secondo una prima ricostruzione sarebbe rimasto schiacciato dalla gru mentre con alcuni colleghi la stava caricando su un autocarro. Sulle cause dell'incidente, sono in corso accertamenti da parte dell'Unità operativa dell'Asl di Cardano al Campo per determinarne cause e responsabilità.

Il Manifesto 11/07/06

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Operaio senegalese muore alla Riva Acciaio di Verona

Seydi Idriss, operaio senegalese della Riva Acciaio di Veronsa, è deceduto domenica rimanendo schiacciato dai macchinari del laminatoio 3. Lo sciopero dei colleghi è scattato immediatamente. Un comunicato della Fiom ricorda che altri 3 operai - edili - hanno perso la vita la scorsa settimana a Verona in due distinti incidenti.

Il Manifesto 11/07/06

WELFARE IMPENNATA QUEST’ANNO DOPO IL CALO DEL 2005 Più incidenti sul lavoro A rischio il vertice Inail

ROMA . Gli infortuni sul lavoro sono diminuiti nel 2005, ma sono costati comunque 41 miliardi di euro. I primi tre mesi di quest’anno, inoltre, non promettono nulla di buono. E ora, da più parti, si chiede la testa del presidente dell’Inail, Vincenzo Mungari, già destinatario di una mozione di sfiducia da parte di tre dei cinque consiglieri di amministrazione dell’istituto. Il rapporto 2005, presentato ieri a Roma, parla chiaro. Nel corso dello scorso anno si sono verificati 939.566 incidenti sul lavoro. Un calo del 2,8% rispetto al 2004 a fronte di un aumento dell’occupazione dello 0,7% (secondo i dati Istat). I più fortunati sono stati gli uomini (-4%) mentre gli incidenti alle donne sono aumentati in linea con l’incremento dell’occupazione femminile (+0,5%). Calano gli infortuni che vedono coinvolti cittadini extracomunitari (-2,8%), che restano però i più colpiti (il 50% in più dei lavoratori italiani e comunitari). Buone notizie, funestate però dalle previsioni del 2006. Fra gennaio e marzo l’Inail ha registrato un incremento degli infortuni sul lavoro del 3-4%. La crescita - ipotizza l’Inail - potrebbe essere correlata alla ripresa produttiva in atto nel Paese e allacrescita dell’1,7% (374.000 unità) dell’occupazione in generale. Ma ciò porta a una stima di incremento, nel 2006, compreso fra il 2 e il 3% degli infortuni. Un’inversione di tendenza che ha fatto saltare sulla sedia i sindacati e l’Anmil, l’associazione dei mutilati e invalidi del lavoro, critici nei confronti dell’impostazione del presidente Mungari «colpevole» di non aver mai prospettato soluzioni per i problemi della tutela dei lavoratori. D’altra parte non è un segreto che negli ultimi cinque anni si è assistito a una diminuzione graduale degli infortuni (nel quinquennio 2001-2005 il calo reale è stato del 12,1%) e l’incremento dei primi tre mesi di quest’anno non è un buon segnale, tanto che la Cgil, ritenendo i dati insoddisfacenti, ieri ha chiesto al governo una convocazione per discutere delle contromisure più urgenti da apportare. Tra queste anche il ricambio al vertice dell’istituto. Una partita ancora tutta da giocare, soprattutto dopo la «sfiducia» (non ancora votata) al presidente da parte della maggioranza del Cda. Per ora restano i dati che parlano di un calo sensibile degli infortuni soprattutto in agricoltura (-4,3%), nell’industria e servizi (-2,8%) e nei cantieri edili (-5%). In crescita quelli tra i dipendenti statali (1,4%). Salgono anche gli infortuni che si verificano nel percorso casa-lavoro e viceversa (dai circa 84.500 del 2004 ai quasi 87.000 del 2005). Al 30 aprile 2006 erano state denunciate 1.206 morti bianche: 1.065 nell’industria e servizi, 127 nell’agricoltura e 12 tra i dipendenti statali. Tra gli infortuni, gli incidenti stradali fanno la parte del leone tra i mortali (il 53%) mentre rappresentano il 13% degli infortuni complessivi. r. e. s.

La Stampa - Sezione Economia 13/07/06

Omicidi bianchi. Oggi sciopero di due ore a Bergamo

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Oggi i 100 mila addetti del comparto industria di Bergamo e provincia fanno due ore di sciopero contro gli infortuni sul lavoro. Cinque morti nel solo mese di giugno (e tre delle vittime erano immigrati). Ieri in un cantiere a Pontida un operaio ventunenne è stato sepolto da terra e detriti. L'hanno tirato fuori i compagni di lavoro e i pompieri. E' ricoverato all'ospedale di Bergamo in gravi condizioni. «E' ora che le aziende smettano di risparmiare sulla pelle dei precari e investano di più in sicurezza», dice Martino Signori, segretario della Cgil di Bergamo. Lo sciopero sarà accompagnato da un presidio dalle 16 alle 18 davanti alla sede dell'Asl,in via Galliccioli.

Il Manifesto 13/07/06

IL CASO LA VITTIMA, 21 ANNI, PRECIPITÒ DAL TETTO SUL QUALE LAVORAVA Le misure di sicurezza, inesistenti al momento del fatto, comparvero il giorno dopo

Dopo nove mesi di coma profondo il suo cuore ha smesso di battere: Thomas Schito, 21 anni, è morto giovedì pomeriggio. Ora toccherà alla magistratura verificare le responsabilità di quell’infortunio sul lavoro che lo aveva costretto immobile in un letto d’ospedale. Il pubblico ministero Marina Nuccio all’indomani dell’incidente ha iscritto nel registro degli indagati, per lesioni personali colpose, il titolare dell’azienda per cui il giovane lavorava, Luca Poli. Il referto dell’autopsia, che sarà effettuata lunedì prossimo dal medico legale Roberto Testi, potrebbe però trasformare l’accusa formulata a carico dell’imprenditore in quella di omicidio colposo. Intanto i genitori del giovane si sono affidati agli avvocati Giorgio Merlone e Matteo Bonatti per sapere perché Thomas ha fatto una così brutta fine. L’incidente risale alle prime ore del pomeriggio dello scorso 4 novembre. Per Thomas, dopo mille occupazioni malpagate in nero, quello è il primo giorno da dipendente per una ditta specializzata nella rimozione di coperture in Eternit, la «Luca Poli», dal nome del suo proprietario, che in quel periodo si sta occupando della ristrutturazione del capannone della «Overcar Srl» di Moncalieri, al 34 di via Alba. Al giovane viene chiesto di salire sul tetto del capannone e provvedere alla coibentazione. Sono le 14,30 del pomeriggio quando nel cantiere si sente un grido, poi un tonfo. Il giovane cade all’interno del magazzino passando attraverso l’apertura del lucernario e si schianta sul pavimento di cemento, tra cataste di materiali: un volo di circa 8 metri. Le sue condizioni appaiono da subito gravissime. Immediatamente scatta l’allarme, intervengono l’elisoccorso del 118, un’ambulanza della croce rossa di Nichelino e due pattuglie della polizia municipale. Il ragazzo, trasportato d’urgenza al Cto, viene sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per la riduzione del trauma cranico. La prognosi, però, rimane riservata. Alcuni giorni più tardi il trasferimento all’ospedale Santa Croce di Cuneo, ma Thomas è ormai in coma profondo. Una condizione dalla quale non si riprenderà più. Giovedì pomeriggio, poco prima delle 17, il decesso. Già all’indomani dell’infortunio la Procura ha aperto un’inchiesta sull’episodio, affidando ai funzionari dell’Asl 8 l’incarico di procedere a tutti i rilievi necessari per le indagini. E’ proprio l’Asl a segnalare al pm Nuccio che, pche ore prima dell’incidente, aveva imposto lo stop ai lavori: da un controllo di routine effettuato la mattina stessa era emerso che il cantiere non era a norma nè sotto il profilo delle misure di sicurezza e prevenzione degli infortuni, e neppure dal punto di vista del rispetto delle norme igieniche. Durante il sopralluogo, inoltre, i tecnici dell’Azienda sanitaria avevano scattato alcune fotografie al cantiere, dalle quali risultava evidente l’assenza delle tesate di protezione imposte dalla legge. Erano inoltre stati ripresi operai al lavoro senza le necessarie cinture di sicurezza. L’indomani, però, quando i funzionari dell’Asl sono tornati nel cantiere su mandato della magistratura, la situazione appariva

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completamente diversa: erano spuntate le paratie di protezione e le condizioni igieniche apparivano ottimali.

La Stampa - Sezione Aosta 15/07/06

Operaio ferito in un macello

Ravenna - Un 22enne, residente a Lido Adriano ma originario di Messina, è rimasto ferito venerdì pomeriggio in un infortunio sul lavoro avvenuto al Macello Martini di Castiglione di Ravenna.Il ragazzo è rimasto impigliato con un polso nell’accetto, un attrezzo utilizzato per appendere gli animali abbattuti in modo da far defluire il sangue.Si tratta di un gancio che scorre lungo un binario posizionato al soffitto e da un cappio che si stringe attorno alla zampa per sollevare l’animale. Per cause ancora in corso di accertamento da parte dei carabinieri di Milano Marittima, nel cappio è finito il polso dell’addetto all’operazione. Il tempestivo intervento di un collega, che si trovava nelle immediate vicinanze, ha permesso di bloccare il sistema operativo, evitando conseguenze più gravi al giovane, il quale ha comunque riportato la rottura del polso e lo schiacciamento di alcune vene. Ricoverato all’ospedale di Ravenna è stato giudicato guaribile in 40 giorni. Dura la reazione dei sindacati : “L’incidente si sarebbe potuto evitare se l’azienda avesse dato ascolto alle segnalazioni dei lavoratori che più volta avevano rimarcato la pericolosità dell’impianto. Solo la prontezza di riflessi di un suo collega, che ha fermato il nastro trasportatore, ha impedito il distacco della mano dal polso”.Affidandosi a un comunicato stampa la Rls del Macello Martini e i rappresentanti di Flai Cgil, Fai Cisl, Uila Uil sostengono che “l’azienda era stata avvertita dal caporeparto all’atto della costruzione: quel nastro presentava un pericolo. Da anni - si legge in una nota - chiediamo invano una maggiore attenzione alla sicurezza sul lavoro e una puntuale revisione del documento di valutazione dei rischi. Proprio due giorni addietro avevamo chiesto all’azienda un incontro urgente per verificare lo stato della sicurezza a nostro avviso molto carente sotto tutti i punti di vista sia documentali che in campo”.

Il Corriere Romagna - Cronaca di Ravenna 15/07/06

OCCHIEPPO INFERIORE

Grave incidente sul lavoro ieri mattina: un operaio di 40 anni è caduto da un altezza di circa 4 metri mentre eseguiva alcuni lavori sul tetto di uno stabile. E’ stato trasportato dal 118 all’ospedale e ricoverato con traumi e ferite. Meno preoccupanti le conseguenze riportate da Carla B., 44 anni, di Biella, vittima di un infortunio in un'azienda tessile di Tollegno: ha avuto la mano destra ghermita dalla macchina sulla quale stava eseguendo alcuni lavori di manutenzione. Infine, ha riportato lo schiacciamento di alcune falangi della mano sinistra Paolo T., 39 anni, di Graglia, anche lui ferito sul lavoro, in una filatura di Pollone. f. p.

La Stampa - Sezione Biella 16/07/06

ACTV Il giudice del lavoro Paola Ferretti ha accolto la richiesta presentata da 25 dipendenti dell’Azienda veneziana di trasporto costretti a lavorare in ambienti pericolosi Esposizione all'amianto, Inps condannato Dovrà aumentare loro la pensione, rivalutandola sulla base di quanto previsto dalla legge per ogni anno di attività a rischio

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Per lunghi periodi hanno lavorato a contatto con l'amianto, in ambienti pericolosi per la salute, e dunque hanno diritto ad una pensione maggiorata.

Il Tribunale del lavoro di Venezia ha dato ragione a 25 dipendenti dell'Actv, condannando l'Inps ad aumentare il loro assegno, calcolandolo sulla base di un più favorevole coefficiente di rivalutazione, così come previsto dall'articolo 13 della legge 257 del 1992.

L'importante sentenza è stata emessa dal giudice Paola Ferretti a conclusione di una causa avviata dall'avvocato Cosimo Damiano Cisternino di Padova.

I 25 dipendenti dell'azienda veneziana di trasporti hanno tutti lavorato a bordo di motonavi o nei cantieri dell'Atcv, dove fino alla fine degli anni Ottanta l'amianto era ampiamente utilizzato come materiale isolante. Soltanto da metà degli anni Novanta, si è provveduto ad una bonifica che ha reso più salubri gli ambienti di lavoro.

I lavoratori che si sono rivolti al Tribunale hanno prestato servizio come meccanici, addetti agli scali, muratori, falegnami, caprentieri, elettricisti, impiegati tecnici, manovali o addetti a macchine utensili: il loro legale ha dimostrato che sono rimasti esposti all'amianto per periodi superiori ai dieci anni, e per questo motivo ha chiesto all'Inps il riconoscimento per loro di una pensione maggiorata.

L'Istituto di previdenza sociale, assistito dall'avvocato Saveria Attardi, si è costituito a giudizio chiedendo il rigetto dell'istanza, sostenendo innanzitutto che non era provato che avessero maturato l'anzianità prevista alla data del 1 gennaio 2003. Il giudice Ferretti ha nominato un consulente tecnico, il quale ha accertato che tutti e 25 i dipendenti hanno lavorato almeno dieci anni a contatto con l'amianto; per alcuni di loro il periodo lavorativo è stato addirittura di poco meno di vent'anni.

Il Tribunale ha quindi condannato l'Inps ad effettuare l'aggiornamento delle loro pensioni sulla base del coefficiente di rivalutazione di 1,5 per ciascun anno di esposizione accertata all'amianto. L'Istituto di previdenza dovrà anche pagare le spese legali sostenute dai 25 dipendenti dell'Actv nel corso della causa, calcolati a 7mila euro.

La sentenza potrà essere impugnata in Appello, ma nel frattempo è provvisoriamente esecutiva. Ovvero, le pensioni dovranno essere aumentate.

Gianluca Amadori

Il Gazzettino - Cronaca di Venezia 18/07/06

La società dovrà risarcire con 300mila euro la vedova e il figlio di un elettricista morto di tumore Amianto, Fincantieri condannata Per vent’anni l’operaio ha lavorato senza protezioni in un ambiente pericoloso

Quel tumore fu provocato dalla lunga esposizione all'amianto, e la società ne deve rispondere in quanto non ha dato prova di aver predisposto le misure minime di sicurezza sul luogo di lavoro.

Fincantieri è stata condannata per questo motivo a risarcire gli eredi di Ivone S., un elettricista deceduto nel 2002, all'età di 56 anni, a seguito di un mesotelioma pleurico che

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l'uomo scoprì di avere appena un anno prima. La sezione lavoro del Tribunale di Venezia ha stabilito che i cantieri navali di Porto Marghera devono versare poco meno di 300mila euro alla vedova e al figlio dell'operaio, a titolo di indennizzo per il danno patrimoniale subito dalla perdita prematura del loro caro, nonché per il danno morale patito: il giudice Margherita Bortolaso, infatti, ha ritenuto che si tratti di un'ipotesi di omicidio colposo conseguente a violazione delle norme antiinfortunistiche.

La causa è stata avviata dall'avvocato Enrico Cornelio. Il legale ha dimostrato che l'elettricista era stato costretto a lavorare dal 1971 al 1989 in costante esposizione a fibre di amianto, presenti nella pavimentazioni delle navi e nei materassini utilizzati come isolante termico, ma anche come giaciglio per i momenti di riposo.

Fincantieri, assistita dagli avvocati Fabio Fabbrani e Luciano Spagnolo Vigorito, si è costituita a giudizio respingendo ogni addebito, sostenendo che nel cantiere, un tempo di proprietà della Breda, non vi era stato mai alcun rischio per la salute dei lavoratori, e che le misure di sicurezza erano sempre state rispettate.

Il giudice, però, dopo aver ascoltato numerosi testimoni, è giunto ad una conclusione ben diversa: ovvero che per vent'anni, dal 1969 al 1989, l'ambiente di lavoro non era salubre e che, operando all'interno della Fincantieri, Ivone S. ha subito una lesione alla salute che lo ha portato al decesso. Di questa morte deve rispondere il datore di lavoro ai sensi dell'articolo 2087 del codice civile. «Fincantieri non ha dimostrato di aver fatto il possibile per evitare il danno così da interrompere il nesso di causalità tra malattia e comportamento omissivo», si legge nella sentenza. La normativa specifica sull'amianto è entrata in vigore soltanto nel 1991 ma, secondo il Tribunale, nel periodo precedente i cantieri navali non hanno adottato neppure le misure minime di sicurezza richieste dalle leggi in vigore, come le mascherine protettive o gli aspiratori. La sentenza potrà essere impugnata in Appello, ma nel frattempo è provvisoriamente esecutiva. Gianluca Amadori+

Il Gazzettino - Cronaca di Venezia 18/07/06

Ferrovie condannate a pagare 15mila euro ad una dipendente infortunata si sul cavo telefonico. Inciampa in ufficio, Trenitalia paga

Costerà caro a Trenitalia il filo di un apparecchio telefonico lasciato correre sul pavimento senza alcuna protezione. La società che gestisce il servizio ferroviario è stata condannata, infatti, a risarcire una dipendente che, cinque anni fa, inciampò e cadde a terra, procurandosi fastidiose lesioni ad un ginocchio: dovrà versarle poco meno di 15mila euro per il danno biologico e morale patiti.

Il singolare incidente risale al settembre del 2001: mentre si trovava al lavoro nella sede di Venezia di Trenitalia, la dipendente resta impigliata con il piede sul cavo telefonico abbandonato sul pavimento e cade pesantemente al suolo. Le conseguenze sono piuttosto serie, tanto che l'Inail le riconosce un'invalidità pari all'8 per cento, pari ad oltre 5500 euro. Per trenta giorni la donna subisce un'invalidità temporanea al cento per cento, e prima di riprendersi trascorrono quasi quattro mesi di convalescenza.

È per questo motivo che il suo legale, l'avvocato Sandro Ferrieri, si rivolge alla sezione del lavoro del Tribunale, chiedendo che la sua cliente venga risarcita per i profili di danno non

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coperti dall'assicurazione Inail: ovvero il danno biologico temporaneo e il danno estetico subito per le lesioni al ginocchio.

Trenitalia, assistita dall'avvocato Marco Cappelletto, si è costituita a giudizio sostenendo che la colpa di quanto accaduto era da addebitarsi alla dipendente stessa, la quale aveva spostato l'apparecchio telefonico, collocandolo sulla scrivania in una posizione diversa da quella originaria.

Il giudice Paola Ferretti, però, non ha accolto la tesi della difesa, ritenendo che la responsabilità dell'accaduto vada addebitata all'azienda. Il danno da risarcire è stato quantificato in circa 15mila euro per quanto riguarda il danno biologico patito, e il 4500 euro a titolo di danno morale: complessivamente quasi 20mila euro, ai quali va detratto l'indennizzo già liquidato dall'Inail. Trenitalia dovrà anche pagare alla dipendente le spese di causa, calcolate in altri 3mila euro

Il Gazzettino - Cronaca di Venezia 18/07/06

Appalti ferroviari, 2 morti in 2 mesi: stesso luogo, stessa azienda Modena, la Cisl contro Rfi e Alstom. Infortuni a Roma e Brescia

Un infortunio mortale non accade mai per fatalità. «Ma quando l’evento si ripete nel giro di due mesi nello stesso luogo e a un lavoratore della stessa azienda, per giunta somministrato (quindi precario), allora significa che ci sono responsabilità precise che devono essere individuate e sanzionate con la massima severità». A puntare il dito è Pasquale Coscia, della segreteria provinciale della Cisl di Modena, dopo la morte di un operaio di 43 anni di Latina, D. L., folgorato la notte scorsa da una scarica di 3mila volt nei pressi della stazione di Castelfranco Emilia, sulla linea ferroviaria Bologna-Milano, mentre stava lavorando con alcuni colleghi alla manutenzione della linea aerea di alimentazione. La Cisl chiede alla Rete ferroviaria italiana di sospendere immediatamente tutti gli appalti assegnati ad Alstom e di procedere a una verifica delle condizioni di sicurezza, ricordando che proprio due mesi fa, il 17 maggio, sulla stessa linea morì Mario Cairone, un operaio della Alstom travolto da un treno in corsa. Coscia chiede «per quale motivo» Rfi «non abbia preteso il pieno rispetto delle norme di sicurezza o addirittura sospeso l’appalto» alla Alstom «dopo l’infortunio del 17 maggio». Anche quella di ieri è stata una giornata tragica. Un operaio rumeno di 38 anni è in prognosi riservata all’ospedale Sant’Andrea di Roma per essere stato colpito dal braccio di un escavatore che lo ha sbattuto contro dei tubi in cemento mentre lavorava all’interno di una cava nella zona di Saxa Rubra. Rischia invece di perdere una mano un trentenne di origini marocchine a causa di un incidente avvenuto a Paderno Franciacorta (Bs), in una ditta specializzata in guarnizioni. Il giovane stava sistemando del silicone su un macchinario quando dallo stesso è partito un pistone che gli ha tranciato di netto l’arto.

Liberazione 18/07/06

ACTV Nuova vittoria davanti al giudice del lavoro per i dipendenti del cantiere navale di Sant’Elena. Amianto, pensione anticipata per altri 15

Nuova vittoria nei confronti dell'Inps dei lavoratori Actv del cantiere di Sant'Elena, esposti per almeno 10 anni ai rischi dell'amianto , il materiale "killer" che ha già provocato almeno sette decessi accertati per mesotelioma, il tumore che colpisce le membrane che rivestono

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torace e addome.Il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia Margherita Bortolaso, infatti, l'altro ieri ha sentenziato che altri 15 dipendenti potranno godere dello "scivolo" pensionistico che consentirà loro (ma cinque o sei di loro già l'hanno fatto) di lasciare l'impiego prima del raggiungimento dell'età pensionabile.Si tratta di un gruppo di persone impiegate con la qualifica di carpentiere, elettricista, motorista, picchettino e manovale pulitore che hanno prestato servizio nei vani motore dei mezzi Actv, in un ambiente molto ristretto della grandezza di meno di tre metri per tre (e per questo ancora più rischioso).Un'amara consolazione rispetto al pericolo a cui sono stati sottoposti, ma pur sempre una soddisfazione. Il ricorso contro l'Istituto nazionale di previdenza sociale (che a questo punto quasi certamente impugnerà la sentenza) è stato portato avanti dalla Faisa, Federazione autonoma italiana sindacale autoferrotramvieri e dall'avvocato Paolo Mel, legale dell'Ital di Mestre, l'Istituto tutela assistenza lavoratori.Il giudice Bortolaso, si legge nel dispositivo della sentenza, ha riconosciuto ai ricorrenti il diritto al beneficio di cui all'articolo 13 comma 8 della legge 257/1992 vale a dire un abbuono di sei mesi per ogni anno di esposizione all'amianto .«E' un bel risultato, perseguito dopo ben quattro anni di contenzioso - ha commentato soddisfatto Claudio Mennella, segretario provinciale della Faisa di Veenzia - ma il nostro impegno non si ferma qui. Continueremo la nostra battaglia con altri colleghi che, forse per mancanza di fiducia, hanno preferito aspettare». Pronti sul tavolo dell'avvocato Mel, infatti, ci sono già altri 30 ricorsi.Ro.Be.

Il Gazzettino - Cronaca di Venezia 22/07/06

EDILIZIA

VENEZIA - Otto ore di sciopero a Verona, con presidi e volantinaggi: è la risposta di Cgil Cisl e Uil all'incidente sul lavoro in cui sabato scorso sono morti nel veronese due operai romeni. «La sequela di incidenti morali - osserva il segretario regionale della Fllea Cgil, Michele Carpinetti - non accenna fermarsi. In Veneto a metà anno abbiamo eguagliato il numero di morti sul lavoro avvenute nell'intero 2005, con l'ulteriore aggravante che le vittime sono più giovani: gli ultimi tre operai deceduti erano appena trentenni, tutti e tre stranieri, da soli in Italia, con la speranza di potersi unire con le proprie famiglie».

Sul problema sicurezza, il sindacato regionale avvierà «una serie di azioni per contrastare l'insopportabile fenomeno delle morti e degli infortuni in edilizia attraverso iniziative sia nei confronti delle controparti che delle istituzioni, a partire da un incontro organizzato per il 29 giugno a Mestre».

Il settore edile, sottolinea il sindacato, è sempre più frammentato e più di altri esposto al rischio incidenti: come ha rilevato la specifica commissione parlamentare di inchiesta, nelle micro imprese il rischio di infortuni o mortale è 10 volte superiore che in quelle medie. «Il sistema di appalti e sub appalti - spiega Cgil - rende più difficili i controlli e l'affacciarsi, anche nel nord, del nuovo caporalato tra lavoratori stranieri irregolari fa emergere fenomeni davvero inquietanti. La ricattabilità è totale ed i rischi aumentano a dismisura».

«Quando avvengono gli incidenti - prosegue - può anche succedere che i lavoratori infortunati vengano abbandonati anziché essere soccorsi, pregiudicando gravemente il loro stato, e, se muoiono, magari si tenta anche di simulare l'incidente stradale, come è accaduto il 9 febbraio a Venezia». Il titolo dell'incontro del 29 giugno è «Il rischio non è il mio mestiere» e vuole affermare, spiega Carpinetti, che non c'è un'ineluttabilità negli incidenti sul lavoro: «occorre invece

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lavorare sul versante della prevenzione e noi proporremo la costruzione di un vero e proprio sistema per rendere sicuro il lavoro nei cantieri veneti».

Il Gazzettino 27/07/06

Assemblea dei rappresentanti sindacali della Cgil per garantire maggiori tutele, che vanno estese anche all’ambiente. Necessaria una maggiore formazione«Riscrivere le regole sulla sicurezza e la salute». Gli infortuni sul lavoro nel Padovano tra il 2004 e il 2005 sono diminuiti del 7,8\%. Ma alcune categorie restano a rischio

Gli infortuni sul lavoro a Padova nel 2004 sono stati 21.134 nel 2005 sono passati a 19.480, con una variazione percentuale del -7,8. Sono questi i dati emersi nel corso dell'assemblea provinciale dei rappresentanti della sicurezza (RLST) e delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) della Cgil riunitisi, ieri, all'hotel Ceffri di Monselice per discutere sul tema Obiettivo sicurezza.

«Il punto di partenza dell'incontro è quello della ripresa della contrattazione in materia di salute e sicurezza dei posti di lavoro. Se si pensa - ha detto Salvatore Livorno, della segreteria provinciale della Cgil - che si giunge a monetizzare anche il periodo di astensione dal lavoro dopo una gravidanza, siamo giunti ad un punto dove è necessario riscrivere alcune regole soprattutto in materia di tutela della salute».

A pagare dazio maggiormente, in questa situazione sono i soggetti più deboli. «I lavoratori precari, giovani compresi tra i 18 e 32 anni, unitamente ai lavoratori migranti, sono i soggetti più fragili del mondo del lavoro - aggiunge Livorno - Sono quelli che riguardo ai problemi di salute rischiano di più. Anche per costoro il sindacato della Cgil si è impegnato a garantire maggiori tutele».

Il problema della sicurezza del posto di lavoro è stata un altro dei caposaldi dell'incontro.

«Il lavoratore che aveva subito un infortunio sul lavoro un tempo veniva ricompensato economicamente - afferma il segretario provinciale della Cgil, Ilario Simonaggio - oggi prevale invece il concetto di prevenzione. Nell'ultimo periodo si è fatto un ulteriore passo in avanti. Ora si parla di un modello di sicurezza partecipata, in cui viene riconosciuto ai lavoratori, oltre al diritto di essere informati sui mezzi per fronteggiare i rischi sul lavoro, anche quello di ricevere un'adeguata formazione in materia di salute e sicurezza. Modello sul quale sta spendendo molto l'organizzazione sindacale attraverso i suoi rappresentanti delle RLST».

La maggiore organizzazione sindacale italiana ha deciso di guardare ai diritti del lavoratore anche fuori del posto di lavoro.

«Noi stiamo promuovendo la garanzia dei diritti ambientali del lavoratore - commenta ancora Simonaggio - perché non si deve tutelare la persona solo fino al cancello del posto di lavoro, ma oltre. Pertanto l'estensione della tutela della salute e della sicurezza pertanto va estesa anche all'ambiente». Orfeo Meneghetti

Il Gazzettino 27/07/06

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CANEVA. Dramma alla ditta Allegranzi: un azionista patteggia l’altro è assolto Infortunio mortale, 8 mesi

Caneva Un azionista di riferimento assolto per non aver commesso il fatto, mentre l'altro ha concordato la pena con il pm Annita Sorti (davanti al giudice Rodolfo Piccin): questa la conclusione del procedimento penale nel quale i fratelli Gabriele e Claudio Allegranzi, di Caneva, titolari dell'Azienda "Allegranzi marmi", con sede nell'immediata periferia del centro del paese della Pedemontana, erano chiamati a rispondere dell'ipotesi d'accusa di omicidio colposo. I due imprenditori (noti negli ambienti sportivi per la passione per i rally), assistiti e consigliati dall'avvocato Marco Zucchiatti, erano chiamati a rispondere dell'ipotesi d'accusa di omicidio colposo perché - secondo quanto sostenuto dal pm Annita Sorti, sulla base delle conclusioni del collega Federico Facchin e dei carabinieri di Caneva e dell'Ispettorato del lavoro - il 13 marzo 2003, per imprudenza, negligenza e inosservanza delle leggi sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, non avrebbero adottato gli accorgimenti necessari a impedire il verificarsi dell'incidente nel quale perse la vita l'operaio Michel Hasomaj, 23 anni, originario dell'Albania. L'operaio - da quanto emerso nella discussione in aula - stava scaricando una lastra di marmo del peso di svariate centinaia di quintali. Improvvisamente - ha ricostruito l'accusa - il pezzo di marmo si sganciò dal gru che lo movimentava, investì e schiaccio l'operaio, che riportò ferite al bacino e alle gambe, ma soprattutto lesioni interne gravissime. Il personale del "118", accorso velocemente, riuscì a sottoporre Hasomaj a cure intensive e a intubarlo, tanto da stabilizzarne le condizioni e a trasferirlo in fin di vita all'ospedale di Udine con un mezzo dell'elisoccorso. L'operaio resto per alcuni giorni sospeso tra la vita e la morte, ma poi il suo cuore di fermò nonostante il prodigarsi dei medici udinesi. Ieri l'avvocato Zucchiatti, viste le prove in possesso degli inquirenti, è riuscito a dimostrare l'innocenza di Gabriele Allegranzi, mentre per il fratello Claudio ha chiesto e ottenuto di concordare 8 mesi di reclusione, sospesa. Roberto Ortolan

Il Gazzettino Cronaca di Pordenone 27/07/06

BASSANO . La gru sfonda il soffitto, operaio in fin di vita

Bassano del Grappa . Il carico si stacca dalla gru, sfonda il soffitto del capannone e un'intera "capriata" di cemento precipita al suolo, schiacciandolo.Un incredibile incidente ha ridotto, ieri, in fin di vita, Bruno Furlan, 42 anni, di Castelminio di Resana (Tv), e per un pelo non ha coinvolto anche il fratello Maurizio. La disgrazia è avvenuta in un fabbricato industriale in costruzione a Marostica, nei pressi di Bassano. Alle 14.30 alcuni operai dell'impresa edile si sono messi a spostare dei fasci di reti metalliche usando la gru. I fratelli Furlan si sono dedicati invece a trattare il pavimento del capannone con una macchina che liscia e smeriglia il cemento. Improvvisamente un "pacco" di maglie metalliche che era stato sollevato dalla gru si è sganciato, si è abbattuto sulla copertura del capannone e un'intera sezione di questa - circa 100 mq. di pannelli a volta - è piombata in basso.«Ho udito un gran botto - ha raccontato Maurizio Furlan, 38 anni, di Castelminio di Resana - e ho intravvisto piovere pezzi di laterizio. 'Bruno, cade tutto! Scappa!' - ho gridato a mio fratello, che però è stato sommerso dai detriti. Io mi sono buttato in un angolo e miracolosamente non sono stato colpito. Quando il polverone si è dissolto ho trovato mio fratello sotto a delle lastre, con una vasta ferita in testa e una gamba squarciata. Sembrava morto ; poi mi sono accorto che respirava e sono corso fuori in cerca di aiuto».

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Alle urla disperate di Maurizio Furlan sono accorsi degli operai e tutti hanno cercato di liberare la vittima dell'incidente. Ma è stato solo con l'intervento dei sanitari e dei vigili del fuoco di Bassano che è stato possibile alzare i pannelli e recuperare il ferito. Bruno Furlan è stato portato al S. Bassiano. Le sue condizioni sono gravissime. B.C.

Il Gazzettino - Cronaca del Nord Est 27/07/06

Preoccupante impennata degli incidenti nelle fabbriche e nei cantieri del Bellunese. Venerdì pomeriggio sciopero di un’ora proclamato dai sindacati dell’edilizia e del legno Gli infortuni sul lavoro in un anno da 330 a 403Alla Eliwell Controls di Pieve d’Alpago sciopero per "eccesso di sicurezza": l’azienda ordina di portare ovunque gli occhiali protettivi

Belluno . Nel giro di un anno gli infortuni sul lavoro avvenuti in provincia di Belluno sono passati da 330 a 403. Un salto in avanti che, anche alla luce degli ultimi numerosi episodi sia locali che nazionali (ad esempio Siracusa e Verona), ha indotto i sindacati del settore edilizia a proclamare uno sciopero (venerdì all'ultima ora di lavoro). I segretari provinciali Giacomo Chiesura (Fillea-Cgil), Edi Toigo (Filca-Cisl) e Valerio Zannin (Feneal-Uil) hanno previsto lo stop nell'ultima ora di venerdì. «I dati di cui disponiamo - spiega Edi Toigo - evidenziano che il periodo ottobre 2003-settembre 2004 ha registrato 330 casi di infortuni o. Cifra che sale a 403 se si prendono in considerazione i mesi tra ottobre 2004 e settembre 2005. Su 403 episodi, 86 sono accaduti in aziende artigiane (per un totale di 2.387 giorni di malattia) e 317 in aziende industriali (per un totale di 7.285 giorni). Dei 330 casi del periodo precedente, sono stati 88 gli infortuni in aziende artigiane (per un totale di 1.816 giorni) e 242 quelli avvenuti in aziende industriali (per un totale di 8.019 giorni)». E mentre il settore edilizia si accinge a scioperare per sensibilizzare gli imprenditori a favore di maggior tutela verso i lavoratori, alla Eliwell Controls di Pieve d'Alpago i dipendenti scioperano per eccesso di sicurezza.

Il Gazzettino 28/07/06

Lavoro mortale. Edilizia: tre uccisi in un giornoUna mattanza inarrestabile. Sono gli edili che muoiono lavorando. Stamattina si terranno i funerali di Antonio Veneziano, caduto sabato nell'incidente nel cantiere della Catania-Siracusa, dove erano rimasti feriti altri 14 operai. In tutta Italia i lavoratori del settore si fermeranno per un'ora. Ma proprio ieri ben altri tre incidenti mortali. Il primo a Gairo, in Ogliastra (Sardegna), dove Ugo Scattu è rimasto schiacciato dall'escavatore che stava guidando. Il secondo a Frosinone, nel quartiere Cavoni, dove Angelo Boccadamo, 45 anni, è stato travolto dal crollo del ponteggio su cui si trovava, insieme a un collega rimasto gravemente ferito, per lavori di rifacimento della facciata di una palazzine. L'ultimo, nel pomeriggio, sull'autostrada del Brennero, all'altezza di Trento. Un operaio che stava segnalando con la bandiera i lavori in corso è stato investito da un camioncino.

Il Manifesto 28/07/06

MEL Lo ha affermato ieri l’azienda durante l’incontro sulla sicurezza organizzato dalle rappresentanze sindacali in seguito all’infortunio accaduto a un operaio di Lentiai Incidente all'Acc, «tutta colpa della macchina» Nessuna imperizia del giovane lavoratore che ha avuto una mano schiacciata, ma difetto elettrico della postazione

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Mel . L'infortuni o accaduto la scorsa settimana all'Acc Elettromeccanica di Mel è derivato da un difetto elettrico della postazione che stava utilizzando l'operaio di Lentiai e non da eventuali imperizie del giovane. Ad affermarlo è stata l'azienda stessa, ieri pomeriggio, nel corso della riunione avuta con le Rsu e con i segretari provinciali di categoria Luca Zuccolotto (Fiom-Cgil), Bruno Deola (Fim-Cisl) e Paolo Da Lan (Uilm-Uil). A rappresentare la prima sono stati il responsabile del personale Andrea Peressutti, Paolo Callegari dell'Ufficio Personale e il responsabile della sicurezza Antonio De Bridda.

«L'incidente dell'altra sera - hanno spiegato i tre sindacalisti - è dovuto a un malfunzionamento elettrico che, in una situazione cosiddetta manuale, ha fatto scattare l'abbassamento della pressa senza che nessuno avesse dato il necessario impulso. Ad appurarlo direttamente sono stati i tecnici dell'azienda che, ripetendo le azioni compiute dal lavoratore, hanno registrato anch'essi l'abbassamento della parte sotto accusa senza aver dato ordini precisi. Immediata, da parte dell'Acc, la richiesta di una supervisione sia del macchinario che dell'impianto elettrico dai rispettivi produttori».

«Prima della chiusura per ferie - afferma Zuccolotto - convocheremo un'assemblea con i lavoratori per illustrare loro la situazione generale: della sicurezza, degli orari di lavoro, del volume di produzione prevista sino a fine anno». «Particolare attenzione - evidenzia Deola - è stata posta sulla questione sicurezza. Dall'inizio dell'anno ad oggi sono stati 12 gli infortuni registrati: ad esclusione di quello grave dell'altro giorno sono stati, fortunatamente, di limitato rilievo. Il numero di 12 è leggermente più alto della media degli anni scorsi, così come più elevato è il numero di ore di infortuni o».

«Una notizia particolarmente positiva - sottolinea Da Lan - fa riferimento al "miglioramento" del piano di cassa integrazione straordinaria previsto inizialmente per l'attuale mese di luglio: dai previsti 118 casi si è passati a circa 30. Una riduziona sostanziale».

All'ordine del giorno della riunione di ieri, inoltre, la presentazione di un sistema informatico per la gestione della logistica e l'avvio del confronto per un possibile cambiamento degli orari di lavoro. E' stato rinviato invece il punto relativo al premio di produzione. Raffaella Gabrieli

Il Gazzettino - Cronaca di Belluno 13/07/06

Grave infortunio sul lavoro, ieri, alla Ispadue spa di Marignana di Sesto al Reghena. Un operaio di 43 anni, Alvessio Musso residente nel comune dell'Abbazia, ha riportato la subamputazione del braccio sinistro e ora rischia l'infermità dell'arto.

Erano le 18 quando l'esperto operaio (lavora nell'industria da 21 anni), per una disattenzione nel prelevare un nastro di acciaio da un macchinario, è incappato con il braccio tra alcune lame che dividono in parti uguali il materiale lavorato. Dalle prime testimonianze, sarebbe una ferita molto profonda, tale da poter causare a Musso la perdita della mobilità dell'arto. Chi lo conosce, lo descrive come una persona molto attenta nell'attività in cui da diversi anni è impiegato. C'è chi dice addirittura che Musso, prima di prelevare il nastro d'acciaio, abbia disattivato tutti i dispositivi di sicurezza. Un gesto sconsiderato che è costato molto caro. Sul posto è intervenuto l'elisoccorso assieme al personale sanitario del 118 e ai carabinieri del nucleo operativo di Pordenone. Musso è stato trasportato d'urgenza, non senza alcune difficoltà, all'ospedale di Pordenone dove è stato ricoverato d'urgenza al reparto di microchirurgia della mano. Le sue condizioni sono preoccupanti Grande lo sgomento ieri alla Ispadue spa di Marignana. I responsabili

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dell'industria, che si pone all'avanguardia per tecnologia impiantistica nel settore della produzione di tubi saldati, hanno dichiarato che lo sventurato Musso è sempre stato d'esempio nel suo lavoro, per attenzione e qualità.

«Non ricordo sinceramente un infortuni o così grave, occorso di recente, all'interno della nostra realtà imprenditoriale- ha affermato sconsolato il capo del personale -. Succede spesso che accadano alcuni infortuni di rilievo ma quello che ha leso il braccio di Musso è stato davvero molto grave». Sulla dinamica dell'incidente stanno indagando i carabinieri del Comando provinciale. Alberto Comisso

Il Gazzettino - Cronaca di Pordenone 18/07/06

Sicurezza, lo Spisal indaga nell'officina cinese

BADIA - (A.G.)Saranno le verifiche effettuate dagli ispettori dello Spisal a chiarire le cause dell'incidente sul lavoro costato la vita a Hegen Ye, il cinese morto giovedì scorso nell'officina di via Ca' Mignola Nuova. Il 34enne carpentiere era morto sul colpo dopo che la gru a bandiera, che utilizzava per sollevare grosse lamiere, si era staccata dal terreno schiacciandogli la parte superiore del cranio. Gli approfondimenti dello Spisal dell'Ulss 18 dovranno verificare se l'attrezzo era stato installato con tutti gli accorgimenti previsti e se sono state rispettate tutte le disposizioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel mirino degli ispettori sembrano essere finiti due aspetti relativi alla gru dello stabilimento posto sotto sequestro dopo l'incidente mortale di giovedì scorso. Il primo punto da verificare è quello relativo alla corretta installazione dello strumento. Occorrerà accertare se la gru era stata ancorata al terreno in modo sicuro. Ad un primo esame, infatti, pare che il fissaggio non fosse quello previsto dalla ditta costruttrice dell'arnese. Dubbi anche sul tipo di cemento presente all'interno dell'officina, forse non del tutto idoneo a sopportare il carico e l'ancoraggio della gru. Un secondo ordine di verifiche andrà fatto sulla messa in uso della gru, si dovranno cioè appurare eventuali omissioni da parte del titolare dell'azienda, la Trading company srl, sui collaudi e sulle verifiche che dovevano essere effettuate sull'attrezzo prima di essere utilizzato. Saranno poi le varie perizie e l'opera della magistratura a fare piena luce sul caso. Hegen Ye, era l'unico dipendente, a part-time, dell'azienda a conduzione famigliare.

In materia di sicurezza i sindacati tornano a porre l'accento sulla necessità di un più netto rispetto della normativa sul lavoro. «È inammissibile - dichiarano Fim, Fiom e Uilm - che nonostante i vari appelli per la sicurezza si continuino a registrare incidenti sul lavoro. Occorre un pieno rispetto della normativa. I sindacati sono disposti anche a future forme di sensibilizzazione su queste tematiche». Nicola Atalmi, consigliere regionale dei Comunisti Italiani afferma: «Poiché è tempo che la Regione Veneto si doti di una politica sulla sicurezza sul lavoro presenteremo una proposta di legge ad hoc e un emendamento alla prossima manovra finanziaria per chiedere un aumento delle risorse disponibili nei territori per la prevenzione degli infortuni e per potenziare il ruolo ispettivo degli Spisal

Il Gazzettino - Cronaca di Rovigo 22/07/06

Lavoro pericoloso. Arezzo: quattro operai feriti da un'esplosioneNon erano ancora le otto della mattina quando alla periferia di Arezzo, nella zona industriale di San Zeno, in un'azienda orafa, quattro operai sono rimasti ustionati a causa di una fiammata fuoriuscita da una bombola di gas difettosa. Le vittime dell'incidente sono tre uomini e una donna; quest'ultima ha riportato l'ustione più grave tanto da essere

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trasferita, dopo le prime medicazioni, a bordo di un elicottero della Regione Toscana al centro grandi ustioni di Pisa. Gli altri tre operai, di cui solo due sono attualmente ricoverati all'ospale San Donato di Arezzo, hanno a loro volta riportato ustioni in volto e sulle braccia. Sono in corso indagini per ricostruire quanto accaduto ieri mattina e valutare se vi siano responsabilità e inadempienze da accertare.

Il Manifesto 25/07/06

Precipita dal tetto del cantiere Ferito l’addetto alla sicurezza

FORLI’ - Ennesimo infortunio in un cantiere. Ieri alle 14.30 un operaio è precipitato dal tetto di un fienile in via di ristrutturazione. L’uomo, che è anche l’addetto alla sicurezza del cantiere, è caduto mentre insieme altri operai stava sistemando delle tegole. Forse un piede è finito in un punto critico che non ha retto al peso del corpo. L’allarme è scattato subito e sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che sono stati costretti a chiedere l’ausilio dei Vigili del Fuoco perchè il ferito era bloccato dalla impalcatura. L’operaio è stato trasportato all’ospedale in gravi condizioni. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri

Il Corriere Romagna - Cronaca di Forlì 25/07/06

Lavoro mortale. Cuneo: Davide Galliano, 15 anni, precipita dentro un cantiereUn ragazzo di 15 anni è morto in provincia di Cuneo sabato scorso, cadendo da un muro di contenimento di un cantiere stradale. Davide Galliano lavorava insieme al fratello. «Questa morte silenziosa Davide ci preoccupa più delle altre - dice Pietro Mercandelli (Anmil) - perché sapevamo già che sul lavoro continuano a morire molti minorenni, ma non eravamo pronti a pensare che si può anche cadere sul lavoro a 15 anni anni senza fare notizia, nell'indifferenza generale».

Il Manifesto 25/07/06

Frosinone. Operaio estratto da una voragineNuova giornata negativa, ieri, sul fronte della sicurezza sul lavoro. A Frosinone, il crollo in un cantiere ha travolto due operai di Monte San Giovanni Campano che stavano lavorando vicino a un collettore fognario in via Vetiche, facendoli cadere in una buca profonda 3 metri. Il primo operaio è stato estratto subito dopo l'infortunio ed è stato trasportato in ospedale praticamente illeso. Per diverse ore, invece, i Vigili del fuoco hanno cercato di far uscire Rocco Cellupica dalla voragine, riuscendoci solo in serata. All'operaio 34enne i vigili del fuoco erano riusciti a passare una maschera per l'ossigeno e avevano cercato di imbracarlo per tirarlo fuori dalla buca. L'operaio però si è detto subito dolorante, probabilmente a causa delle numerose ferite procurategli dal crollo del ponteggio e del terreno che per tutto il pomeriggio ha continuato a cedere. Cellupica è stato estratto solo quattro ore dopo il crollo (era finito nella voragine alle 15, i vigili del fuoco sono riusciti a tirarlo fuori alle 19). Per il giovane le operazioni di soccorso sono state più lunghe e difficili, perché ha continuato a cedere fino all'estrazione. Uscito dalla buca, l'operaio è stato trasportato all'ospedale Umberto I di Frosinone, per gli accertamenti. E' apparso dolorante ma le sue condizioni non sono sembrate gravi.

Il Manifesto 26/07/06

Lavoro mortale. Folgorato un edile a Loano: aveva 34 anni

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Un operaio di 34 anni è morto folgorato questo pomeriggio in un cantiere edile a Loano, nel savonese. Secondo una prima ricostruzione l'uomo, che stava lavorando in un cantiere per la costruzione di una casa, avrebbe urtato incidentalmente un cavo dell'alta tensione rimanendo folgorato dalla scarica elettrica. Inutili i soccorsi. Sulla dinamica dell'infortunio è stata avviata un'inchiesta da parte della Procura di Savona.

Il Manifesto 27/07/06

Fs: la manutenzione si paga con la vitaSciopero in Campania dopo la morte di Domenico Iodice, operaio 51enne di una ditta che faceva lavori in subappaltoIlaria UrbaniNapoliUn'ora di sciopero in tutte le stazioni della Campania per l'ennesima morte bianca. Dalle 10 alle 11 la rete ferroviaria locale ieri si è fermata per ricordare Domenico Iodice, operaio 51enne rimasto folgorato martedì mentre lavorava alla manutenzione della stazione ferroviaria di Caserta. Durante il presidio indetto dalla Filt Cgil, cui hanno aderito tutte le organizzazione sincadali del settore trasporti insieme con edili, chimici e metalmeccanici, sono stati distribuiti volantini per spiegare le ragioni della mobilitazione e la rivendicazione di una task force in tema di prevenzione e controlli sui temi di lavoro. Della dinamica dell'incidente in cui ha perso la vita Domenico, padre di tre figli, originario di Casapulla, in provincia di Caserta, si conosce poco o niente. Quello che si sa è che l'operaio stava lavorando alla manutenzione del perimetro che delimita l'area dei binari; molto probabilmente stava tosando l'erba o potando le piante che ostruiscono il passaggio dei treni, a bordo di un carrello che ha poi urtato contro la linea ad alta tensione. A colpirlo, una scarica elettrica da 3000 volt. La ditta appaltatrice ha sede in Abruzzo, a Balsorano (L'Aquila). Non è ancora chiaro se Iodice lavorasse in nero e se durante i lavori fossero state rispettate le misura minime di sicurezza. Sono tre, intanto, le inchieste aperte sul caso, quella della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere cui nei prossimi giorni saranno forniti i risultati dell'esame autoptico effettuato ieri mattina, quella dell'Ispettorato provinciale al Lavoro e quella tecnico-amministrativa aperta dalla Rfi (Rete ferroviaria italiana), società del gruppo Fs che controlla la rete. Mentre si attendono i risultati delle prime indagini per chiarire le cause di una disgrazia che va ad accrescere il già lungo bollettino di morti bianche in Terra di Lavoro, arriva il duro j'accuse del segretario regionale della Cgil, Michele Gravano, che ha chiesto di «stanare le responsabilità e di colpire duro chi sbaglia». Gravano ha chiamato in causa il Governo e il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, denunciando la grave situazione che vede la Campania tra le ultime regioni per numero di ispettori del lavoro. «Non possiamo tacere su un fatto così grave - ha spiegato Gravano - i concorsi sono stati portati a termine dovunque, tranne che da noi, questo scandalo non può restare impunito». Denunciate carenze anche nel servizio di prevenzione delle Asl, della Regione e dell'assessorato alla Sanità. La Cgil e, in particolare la Filt, non hanno risparmiato parole forti contro le Ferrovie dello Stato. «Occorrono fatti, non parole - ha detto Angelo Lustro segretario della Filt Cgil Caserta - da mesi nel mondo del lavoro dei trasporti denunciamo i bassi livelli di sicurezza, ma nonostante le nostre denunce, scarsi sono gli interventi adottati su questo annoso problema. La morte di Domenico Iodice è la prova che quanto denunciamo in materia di sicurezza sul lavoro, finora, non ha trovato orecchie sensibili e soluzioni a tali tragedie umane. E' inammissibile - conclude Lustro - dimenticare che possono esistere anche gli

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errori umani, sono gli investimenti sulla tecnologia a ridurre questi rischi. Negli ultimi anni invece si è puntato poco sulla sicurezza, esternalizzando quasi tutti i servizi di manutenzione, con il risultato di un forte calo della qualità sopratutto del lavoro. Un mercato di appalti a ribasso in cui a farne le spese è sempre l'anello più debole della catena: il lavoratore».

Il Manifesto 27/07/06

Amianto , un problema ancora aperto

Amianto , un problema ancora aperto, dal punto di vista ambientale, della salute e dei risarcimenti ai lavoratori che in questi anni sono stati esposti alla sostanza tossica.

"I giudici del lavoro di Padova - dice Anna Bilato, direttore dell'Inca della Cgil - hanno emesso numerose sentenze nell'ultimo periodo a favore di singoli o di collettività di lavoratori esposti a suo tempo all'amianto e ai quali sono stati riconosciuti i benefici previdenziali previsti dalla legge. Tutti i processi sono accomunati dall'assoluto rigore degli accertamenti condotti circa l'esistenza e l'entità dell'esposizione".

"Ciò che stupisce - continua Anna Bilato - è l'atteggiamento dell'Inps che, nonostante i rigorosissimi controlli continua ad appellare tutte le sentenze di primo grado, con il solo effetto di differire di qualche anno sentenze già definite. Il tutto comporta solo uno stanco rituale nel quale vengono dilapidate energie e risorse".

In Italia, ancora oggi, sono almeno 32 milioni le tonnellate di amianto e di prodotti che lo contengono, sia in aree ed edifici industriali che in strutture pubbliche. Nelle regioni non sono ancora stati realizzati dei registri degli esposti all'amianto e le ricerche finanziate per la diagnosi e le cure delle più gravi malattie correlate alla sostanza tossica sono rare e poco finanziate. Intanto i decessi per tumori provocati dall'amianto crescono e sono oltre 800 mila le domande presentate dai lavoratori ex-esposti. Per fronteggiare queste lacune la Cgil di Padova ha deciso di promuovere una petizione per una proposta di legge da presentare al Parlamento, in autunno, che vada a modificare la vecchia normativa del 1992.

"L'amianto - ricorda Salvatore Livorno della segreteria provinciale della Cgil - è ancora un problema attuale e lo sarà anche nei prossimi decenni. Noi continueremo a raccogliere le firme per la petizione, sino alla fine di settembre, affinché essa divenga uno strumento di pressione per il Parlamento". Matteo Bernardini

Il Gazzettino - Cronaca di Padova 27/07/06

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Muore dopo un volo di quindici metri

Muore dopo un volo di quindici metri da un'impalcatura: è successo nella giornata di ieri in un cantiere sulla Strada Ovest. La vittima è un giovane operaio residente a Sacile, Salvatore Anastasio, dipendente della ditta Treviso Maggiore.

L'uomo è deceduto nella tarda serata di ieri nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Treviso: le sue condizioni, dopo essere stato trasportato al pronto soccorso, immediatamente dopo l'incidente, erano state definite dai medici disperate.E' ancora una volta un bilancio tragico, quello dell'ennesimo incidente sul lavoro a Treviso. Salvatore Anastasio è l'ennesima vittima del lavoro a Treviso, dove il bilancio degli infortuni continua ad essere allarmante. La vittima, un operaio di 35 anni, era stato trasportato d'urgenza all'ospedale di Treviso dopo aver compiuto un volo di quindici metri mentre stava eseguendo una serie di operazioni su un'impalcatura.

Il fatto si è verificato poco dopo mezzogiorno, in poche terribili frazioni di secondo: l'operaio, stando alle testimonianze raccolte, avrebbe perso l'equilibrio, finendo a terra da un'altezza che lascia poche vie di scampo. Teatro dell'incidente il cantiere in Strada Ovest sito di fronte all'imbocco di viale Europa, aperto per la costruzione del cosiddetto complesso "Treviso 2".

La vittima che era residente a Sacile (Pordenone), ma originario di Termini Imerese (Palermo), lavorava già da diversi mesi per la Treviso Maggiore, nel cantiere di Viale della Repubblica.Sulla dinamica dell'incidente sono in corso i rilievi da parte delle autorità competenti. Nel cantiere, dopo l'accaduto, si sono portati gli ispettori dello Spisal, il Servizio prevenzione igiene e sicurezza ambienti di lavoro dell'Azienda unità locale.L'attività era stata temporaneamente sospesa, in attesa che le autorità avessero terminato i rilievi del caso. Ma dopo la morte del giovane, come di norma, il cantiere dovrebbe essere posto sotto sequestro. Restano da chiarire le cause che possono aver determinato la caduta: in primis, infatti, la verifica delle condizioni di lavoro, ovvero del rispetto delle leggi sulla sicurezza sul posto di lavoro.

L'ultimo infortunio, non più tardi di qualche giorno fa si era verificato a Conegliano, per fortuna senza gravi conseguenze, dove in viale Venezia, un operaio della ditta Bortoluzzi di Belluno, A.B. residente a Ponte nella Alpi, è caduto da una scale mentre stava effettuando dei lavori in un'abitazione. Elena Fabiani

Il Gazzettino - Cronaca di Treviso 28/07/06

Lavori pericolosi. Due incidenti sul lavoro, in provincia di ImperiaIl primo è accaduto nei pressi della Statale 28 a un manovale che stava lavorando alla variante di Pieve di Teco del Col di Nava. L'uomo è rimasto colpito sulla testa da un pezzo di cemento. Il secondo episodio riguarda un operaio portoghese di 50 anni, rimasto ferito, ad Andora, dopo essere caduto da un'escavatrice, mentre lavorava in galleria nel cantiere per il raddoppio della ferrovia. Secondo la Cgil di Imperia i due episodi confermano una tendenza in atto, dovuta alla generalizzazione dei subappalti, «che tolgono responsabilità al soggetto contraente», al lavoro nero, clandestino e precario e alla mancata applicazione «da parte di troppe piccole aziende» del decreto 626 che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione della sicurezza attraverso i rappresentanti territoriali della

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sicurezza. Nella provincia, in relazione al numero dei lavoratori, il numero di incidenti risulta «spropositato», spiega la Cgil.

Il Manifesto 29/07/06

L’INFORTUNIO ieri mattina in via Maiera, a Costalunga

Cade dal ponteggio, grave un 44enne di Trenzano

Ancora un infortunio sul lavoro dalle gravi conseguenze in un cantiere edile. Nella tarda mattina di ieri in via Maiera - zona Costalunga - un muratore è caduto da un ponteggio mentre stava lavorando ed è ricoverato in terapia intensiva nel reparto di seconda rianimazione del Civile. Ha riportato un forte trauma alla testa oltre a contusioni alla schiena.I medici del pronto soccorso, dopo aver effettuato accertamenti e una tac, si sono riservati la prognosi. Vittima dell’infortunio Valerio Saleri, 44 anni di Trenzano.Il suo nome allunga la lista di quanti, nei primi sette mesi del 2006, si sono feriti mentre erano al lavoro. Un forte tributo in tal senso lo sta pagando il settore dell’edilizia, dove non sempre le norme antifortunistica vengono rispettate e i rischi di infortunio sono elevati.Compito degli agenti della squadra Volante della questura e dei tecnici dell’Asl di Brescia accertare la dinamica dell’infortunio ed eventuali responsabilità. Il muratore stava muovendo un prefabbricato in cemento quando una delle pinze che lo teneva bloccato si è staccata colpendo Saleri al ventre. L’uomo ha perso l’equilibrio ed è caduto da circa 4 metri d’altezza.Il manufatto è caduto senza colpirlo. È stato il «118» a soccorrere Valerio Saleri inviando nel cantiere di via Maiera un’ambulanza.Le condizioni del ferito sono apparse subito gravi con trasporto in «codice rosso» al Civile.Attorno alle 10 infortunio anche in via Scassano, in una ditta di trasporti. Andrea Geratti, 32 anni di Brescia è stato colpito a un piede da un carrello elevatore in movimento. Ne avrà per una quarantina di giorni.f.mo.

Brescia Oggi- 29/07/06

Incornato da un toro, è gravissimo

Forlì - Un altro incornato nel Forlivese: questa volta è gravissimo. L’incidente è avvenuto nella serata di domenica scorsa, intorno alle 21, in via Fusina a Modigliana. La vittima dell’aggressione si chiama Elvio Dotti ed è un contadino, classe 1939, proprietario di una piccola azienda agricola nella cittadina della val Tramazzo. Dotti, coltivatore diretto, possiede qualche mucca ed un toro. E l’altra sera, proprio mentre si apprestava a dare da mangiare all’animale, è stato vittima del brutto incidente: il toro si dev’essere innervosito ed ha reagito attaccando l’uomo, assestandogli alcune cornate con grande violenza. Dopo un po’ di tempo il figlio del contadino si è accorto di ciò che era accaduto al padre e, comprensibilmente preoccupato, ha chiamato immediatamente i soccorsi che sono intervenuti sul posto. Il ferito è stato in seguito portato d’urgenza all’ospedale di Ravenna, dove si trova ancora ricoverato nel reparto di Rianimazione.Non è certo il primo caso di tori che incornano i padroni: solo qualche giorno fa un episodio simile si era verificato a Civitella, ma per fortuna il ferito non era grave. Sempre a Civitella, invece, qualche settimana prima, la vittima incornata era stata ricoverata all’ospedale in gravi condizioni, con una prognosi di 60 giorni. Inoltre è da citare il caso avvenuto a Forlì nella primavera del 2002: un toro di nome Anton aveva ferito gravemente due persone nel giro di un mese.

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Era accaduto nell’allevamento di via Grigioni, di proprietà dell’azienda “Mengozzi” ma gestita da un famiglia di allevatori. Il 21 aprile di quell’anno era finito sotto le corna anche un bidello: Massimo Casali di 45 anni, che ne era uscito malconcio.Il toro era fuggito dal recinto insieme ad una mandria di mucche e Casali se lo era trovato davanti a casa tentando di allontanarlo ma con un esito negativo. Sempre Anton, 25 giorni dopo, aveva caricato il 62enne Nello Casadei, un operaio intento a sistemare il recinto: la bestia, infuriata,lo aveva gettato a terra e aveva infierito più volte. Il toro, di 14 quintali, aveva poi tentato d’attaccare i poliziotti di una pattuglia giunta sul posto per gli accertamenti dell’infortunio. A seguito di questi episodi era stato deciso di abbattere l’animale. Ma a sua difesa scese in campo il maggiore responsabile del dipartimento di veterinaria dell’Ausl. Rodingo Usberti, infatti, dopo la visita all’animale lo aveva difeso sostenendo che nel suo comportamento non vi era cattiveria ma solo l’istintiva difesa della mandria effettuata con le proprie corna e la forza fisica, ovvero gli strumenti che la natura gli ha donato. Poco tempo dopo, in quell’allevamento ci fu un’altra aggressione: il figlio di Anton, un bel vitello, non esitò a colpire un operaio magrebino.

Il Corriere Romagna - Cronaca di Forlì 31/07/06