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Giuseppe Mazzini “dimenticato” nel bicentenario della nascita di Giuseppe Benelli

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Giuseppe Mazzini “dimenticato”nel bicentenario della nascita

di Giuseppe Benelli

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La provocatoria mostra «Il Risorgimento italiano. Un tempo da riscrivere» del

meeting di Rimini e la santificazione di Pio IX hanno dato vita a una vasta po-

lemica sulla stampa italiana culminata con l’intervento di firme prestigiose

come quelle di Saverio Vertone, Pietro Craveri, Eugenio Scalfari e riproposto la que-

stione del Risorgimento.

Nell’ambito di questo clima culturale, il «revisionismo storico», di cui spesso si parla

con superficialità e pregiudizio, si inserisce come premessa essenziale e ineliminabile

di una seria indagine storica. La validità di tale indirizzo storiografico dipende dal con-

tributo di nuove conoscenze che si offrono agli studiosi, quando si riconosce che la co-

scienza dello storico ha come linea guida il massimo possibile di obiettività. Che non si-

gnifica assolutamente sovrapporre una lettura ideologica che impedisca di cogliere le

varie tessere del mosaico del nostro Risorgimento.

Anche la figura di Giuseppe Mazzini e le celebrazioni per il bicentenario della nascita

sembrano risentire del particolare momento culturale. Il 22 giugno 2005, infatti, ricor-

re il bicentenario della nascita di Mazzini e la figura del patriota, grande per lo straor-

dinario contributo dato all’unificazione italiana, all’integrazione europea e alla fratel-

lanza tra i popoli, è oggi messa in discussione. Sembra che, come hanno sostenuto al-

cuni intellettuali, Mazzini abbia esaurito per noi la sua funzione di testimone e che,

pur facendo parte della «schiera dei profeti disarmati» (per usare una espressione cara

ad Alfredo Oriani) non sia più in grado di fornire una lezione utile all’uomo contempo-

raneo1. Mazzini, inteso come «l’uomo senza macchia», rischia di trasformarsi in un apo-

stolo irraggiungibile, in un eroe posto su un piedistallo che lo allontana e lo relega in

un limbo agiografico.

Nel supplemento del «Corriere della Sera», «Io donna», del 21 maggio 2005, lo scritto-

re Giovanni Mariotti scrive la lettera al direttore Duecento anni dopo Mazzini riesce a

sorprenderci. «Prendiamo Mazzini di cui ricorre il bicentenario dalla nascita. La sua ve-

ra grandezza, scrisse Croce, fu “grandezza morale”: mediocre come pensatore, visse da

“apostolo”, ma apostolo di idee accattate qua e là. Da questa ambigua canonizzazione

laica, così come dal pensoso e striminzito pallore del fisico, non è difficile trarre l’im-

pressione che si trattasse di un personaggio sommamente noioso, tanto da prestarsi al-

la pratica della mummificazione, in effetti tentata sul suo cadavere». Tuttavia, ricono-

sce Mariotti che «la cosiddetta “realtà” fu certamente più complessa». «Per esempio, il

“noioso” Mazzini aveva saputo, in esilio, incantare l’Europa, compresi salotti e relative

padrone. Morì, lui repubblicano, in un’Italia monarchica, clandestino e sotto falso no-

me, ma nel giro di pochi anni entrò nel pantheon dei Padri della Patria. Era un vinto e

fu promosso a vittorioso. Il suo I doveri dell’uomo entrò nelle scuole come testo di edu-

cazione civica, ma purgato di ogni riferimento alla Repubblica»2.

Il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi in più occasioni ha ribadito che il

A fronteChiavari. Monumento in bronzo a GiuseppeMazzini nella piazza a lui dedicata.

Eppure il personaggio continua a sorprenderci!Sembra che l’intento della storiografia contemporanea sia di riscrivere la storia italiana dell’Ottocento,per rivedere i giudizi sul Risorgimento e sui suoi protagonisti, per celebrare i fasti dell’Italia degli antichi stati regionali, insomma per rifare la storia contro i luoghi comuni agiografici che hanno impedito una visione obiettiva degli avvenimenti.

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Il trattato più noto fragli scritti di Mazzini.

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Risorgimento «non è qualcosa di lontano, è il nostro recente passato sul quale si è co-

struita l’unità d’Italia, si è conquistata la libertà dei cittadini italiani»3. Uno dei perso-

naggi della memoria cui Ciampi fa più di frequente riferimento è proprio Giuseppe Maz-

zini, un genovese che, scrive Giuseppe Marcenaro, «nella propria città è guardato con

affettuosa ironia»4. A Genova nel 2000 Ciampi ha reso omaggio alla tomba di Mazzini,

all’uomo «che ebbe l’intuizione straordinaria dell’unità d’Italia, della libertà del suo po-

polo, da perseguire insieme con la libertà dei popoli d’Europa». Concetti che ritrovia-

mo nel discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica a Torino, il 20 novembre

2001, in occasione del 140° anniversario dell’unità d’Italia. Per Mazzini «la Patria è una

comunione di liberi e d’uguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. La

Patria non è un aggregato, è un’associazione. Non vi è Patria dove l’uniformità di quel

diritto è violata dall’esistenza di caste, di privilegi, d’ineguaglianze»5.

Nato nel 1805, quando gli ideali di indipendenza e di unità sono condivisi da pochi ita-

liani, Mazzini ha un ruolo fondamentale nel diffondere l’ideale di unità nazionale e con-

tribuire alla sua realizzazione. Riesce a vedere Roma capitale d’Italia nel 1870, un even-

to che conclude il periodo risorgimentale e la stessa missione politica di Mazzini. Muo-

re diciotto mesi più tardi a Pisa, nel marzo del 1872. La sua delusione per il fatto che

l’Italia si sia unificata come monarchia, invece che come la repubblica dei suoi sogni,

non modifica il dato oggettivo che lo vede tra i «padri della Patria».

Ma qual è il legame tra il Mazzini patriota e il Mazzini rivoluzionario, tra l’educatore e

il cospiratore? La sua rivoluzione non ha confini, si rivolge agli operai, alle donne, ai

Genova, la tomba nelCimitero di Staglieno.

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ITAcontadini, ai servi e agli schiavi, ma non esclude neppure i benestanti. Fiero di essere

definito patriota, rifiuta l’etichetta di nazionalista perché il nazionalismo implica la

cura esclusiva degli interessi della propria nazione. Quando perde fiducia nella capaci-

tà dell’Italia di prendere l’iniziativa, si rivolge altrove, agli Slavi dell’Europa orientale e,

dopo la guerra civile, agli Stati Uniti d’America6.

I biografi spesso ignorano o prestano poca attenzione agli anni di formazione della vi-

ta di Mazzini, forse perché sono gli anni meno documentati e più oscuri. Attorno lui

c’è una congiura del silenzio, per celare o tralasciare avvenimenti e caratteristiche che

potrebbero danneggiare la sua «leggenda». Di fatto, la sua reputazione politica richiede

un’immagine priva della maggior parte delle caratteristiche umane, a esclusione di quel-

le del martire e del profeta. Tuttavia, le sue imprese sono talmente legate al suo caratte-

re che non possono essere comprese pienamente senza considerare l’uomo Mazzini7.

A Genova, più che altrove, la presenza di Mazzini si percepisce non solo nei luoghi do-

ve ha abitato ed è vissuto, ma in quella particolare visione del mondo che continua a

percorrere lo spirito più autentico della città. La si coglie nel tratto di tanti genovesi, i

cui lineamenti richiamano il monumento al Mazzini in piedi sulla colonna che sovra-

sta piazza Corvetto. La si ritrova in tante case della borghesia che hanno conservato in-

tatta l’austera aura ottocentesca. La s’incontra nel rigore morale di tante persone che

rivendicano i propri ideali e l’assoluta dedizione ai principi. Mazzini è simbolo di pu-

rezza di idee, di nobiltà d’animo, di esaltazione patriottica.

La tradizione genovese rappresenta Mazzini come un giovane precocissimo, tanto da far

dire a Giuseppe Patrone, colonnello d’artiglieria e cugino della madre: «Questo caro

fanciullo, creda a me signora cugina, è una stella di prima grandezza, che sorge scintil-

lante di vera luce per essere ammirata un giorno da tutta l’Europa». Un presagio che si

alimenta di dati precisi: Mazzini piccolissimo impara a leggere e a scrivere, a 15 anni è

ammesso all’Università e a 21 scrive il suo primo saggio letterario sull’amor patrio di

Angelo Costa, Il portodi Genova. Collezionid’Arte di Banca Carige.

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Dante. Nell’università di Genova, lo troviamo nella clas-

se tumultuosa degli studenti di legge, che invece delle pan-

dette studiano La divina commedia, imparano a memo-

ria i cori del Manzoni, si dichiarano romantici.

In città s’accende la battaglia tra classici e romantici. Il neo-

nato Indicatore ligure attacca il compassato Giornale ligu-

stico di Padre Spotorno, massimo erudito delle patrie let-

tere. Anima dell’Indicatore è il poco più che ventenne Giu-

seppe Mazzini, protagonista di una battaglia letteraria

che nel giro di pochi anni diviene politica, riprendendo

non poco dello spirito giansenista di Degola. Sul giornale

Mazzini e suoi amici cominciano a pubblicare brevi re-

censioni delle opere di Guizot e di Cousin, allora molto po-

polari per la loro opposizione alla restaurazione, qualche

cosa di Berchet che allora comincia a scrivere, i romanzi e

le poesie di Manzoni e della sua scuola. Animati dal suc-

cesso, ingrandiscono gli articoli e suscitano i sospetti del-

la polizia: il giornale viene soppresso. La letteratura, per

Mazzini, è uno strumento di propaganda delle nuove idee,

per preparare la costituzione della «patria una e libera»8.

Quando Mazzini prende la via dell’esilio, già si parla mol-

to in Italia dei libri di Guizot, di Cousin, di Thiers, di

Lamennais e di altri scrittori francesi. Le poesie di Ber-

chet circolano segretamente ed accendono gli animi. In

un suo scritto intitolato Cause che impedirono finora lo

sviluppo della libertà in Italia, Mazzini sostiene che le due

rivoluzioni del 1821 e del '31 sono vergognosamente fal-

lite perché sono state promosse dai liberali della vecchia

generazione. Costoro sono i figli della rivoluzione fran-

cese, atei, materialisti, passati per tutti i regimi, di volta

in volta repubblicani, imperialisti, borbonici, abituati ai

compromessi, a navigare secondo il vento, a mutare

se0condo le occasioni. Per questo Mazzini si rivolge ai

giovani e proclama la Giovane Italia, per un’Italia «gio-

vane» rifatta dalla nuova generazione.

Fino al '48 egli ha la parte del profeta, fervente, pieno d’en-

tusiasmo, che infiamma tutti, spinge al martirio, ma da

quella data comincia la sua discesa. Salito al trono Vitto-

rio Emanuele e divenuto imperatore Luigi Napoleone,

in Italia ci si persuade che solo un esercito bene ordina-

to e l’intervento di uno stato forte possono fare l’unità

della nazione. L’Italia è costituita proprio dai due uomi-

ni che Mazzini non vuole: da Napoleone, cui ha giurato

odio dopo che ha abbandonato nel '31 la causa italiana,

e da Cavour, geniale tessitore.

Mazzini crede alla necessità che ad ogni diritto corrispon-

da un dovere e che nessuno può pretendere alcunché sen-

za prima aver dato generosamente. In questo equilibrio

fra diritti e doveri vede risolte le tensioni sociali, i contra-

sti delle classi, le divergenze fra le nazioni. Le sue battaglie

contro il socialismo scientifico a Londra, le sue polemiche

con Marx, Engels e Bakunin, sono in larga misura dimen-

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ITAA fronte

Il giovane Mazzini inun’incisione conservatapresso il Civico Museodel Risorgimento eLaura Di Negro,fervente mazziniana, inuna litografia del 1834.

In questa paginaGenova, il monumentomarmoreo a Mazziniche sovrasta piazzaCorvetto a Genova e un tipico ambienteottocentesco in unapiccola tela di anonimodel XIX secolo (Collezioni d’Arte di Banca Carige).

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ITA Lettera autografa

di Giuseppe Mazzini(Collezione Carige).

A fronte

Maria Drago, madre di Giuseppe Mazzini, in una miniaturaconservata presso ilMuseo del Risorgimento(Istituto Mazziniano).

Chiavari: monumento a Mazzini.

Obbligazione emessadalla RepubblicaRomana nel 1860(collezione privata).

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ticate e la sua grande visione spirituale e volontaristica trova oggi scarsa eco. Ma la sua in-

fluenza è stata grande e due aspetti del suo insegnamento hanno lasciato tracce durature

sul temperamento politico italiano: l’idea di Roma come motivo ispiratore della storia ita-

liana e l’insurrezione popolare come mezzo necessario per realizzare l’unità d’Italia9.

Repubblicano, scettico nei confronti della stessa Carboneria come strumento di riscat-

to del popolo, antimarxista, Mazzini vive perennemente in quella che egli stesso ha de-

finito «la tempesta del dubbio». Costretto a spostarsi continuamente dalla Svizzera al-

la Francia, a Londra, per sfuggire alle persecuzioni poliziesche, Mazzini è molto attivo

politicamente, ma perseguitato da continui insuccessi. Dopo l’unificazione italiana ha

sempre meno rilievo. La sua idea di nazione non trova il giusto riscontro né tra la mag-

gioranza della popolazione italiana, né tra la nascente borghesia, illusa che solo i Sa-

voia possano garantire progresso e stabilità.

Resta però la grande valenza propositiva del mazzinianesimo come un classico della cul-

tura politica, trasmessoci da un uomo che le biografie non smaccatamente agiografi-

che ci fanno conoscere. In questo modo possiamo riscoprire l’educatore dei democra-

tici, il costruttore della repubblica basata sui valori, il liberale che guarda alla società, il

socialista che rivolge il fulcro della sua attenzione all’uomo. Certo si tratta di non com-

mettere ancora una volta l’errore di lasciarlo isolato, ritenendo che la vastità del suo pen-

siero lo renda autosufficiente. Occorre invece metterlo in relazioni con gli altri pensa-

tori europei e, in particolare, con coloro che sono stati capaci di proporre una visione

politica che non ha bisogno di eroi, né di santi, ma di persone che, pur coi loro pregi e

difetti, sanno compiere il loro dovere fuori da ogni logica di sudditanza10.

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Note

1 S. Matterelli, Postfazione, in R.Sarti, Giuseppe Mazzini. La poli-tica come religione civile, Laterza,Roma-Bari 2000, p.333.2 G. Mariotti, Duecento anni dopoMazzini riesce a sorprenderci, «Iodonna», 21 maggio 2005, p.21.3 C.A.Ciampi,Premessa, in AA.VV.,Finestra sul Risorgimento, a cura diA. Casazza, il Melangolo, Genova2004, p. 9.4 G. Marcenaro, Ciampi: siamo fi-nalmente una patria, in AA.VV.,Fi-nestra sul Risorgimento, cit., p. 235.5 C.A. Ciampi, Viaggio in Italia, acura dell’Ufficio Stampa della Pre-sidenza della Repubblica, Roma2003.6 Cfr. R. Sarti, Giuseppe Mazzini. Lapolitica come religione civile, Later-za, Bari-Roma 2000 op. cit., p. 3.7 Ibidem, p. 9.8 S.Verdino, Genova fra letteraturae rivoluzione, in AA.VV, Finestrasul Risorgimento, cit., pp. 48-49.9 S. Romano, Storia d’Italia dal Ri-sorgimento ai nostri giorni, Mila-no 2001, pp. 20-21.10 S. Mattarelli, op.cit., pp. 334-335.