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MORTI & FERITI- OTTOBRE 2004 Eseguita ieri l’autopsia sul corpo di un ex dipendente della Fincantieri recentemente scomparso e che era affetto da mesotelioma contratto sul posto di lavoro Amianto, gli ex operai continuano a morire Il prossimo 23 novembre è prevista l’udienza preliminare sull’indagine sugli «omicidi bianchi» a Porto Marghera Anche di amianto si continua a morire. Ieri il dottor Bruno Murer, primario di anatomia patologica dell'ospedale Umberto I di Mestre, ha svolto l'autopsia su Alfonso Vianello, 76 anni, abitante a Marghera, ex lavoratore della Fincantieri. Vianello era affetto da mesotelioma - il tipico tumore da esposizione a fibre di amianto - ed era già nella lista di casi oggetto dell'indagine svolta dal pubblico ministero Felice Casson. I casi al centro dell'inchiesta giudiziaria comprendono dodici mesoteliomi della pleure e due carcinomi del polmone verificatisi tra dipendenti del cantiere navale Breda, ora Fincantieri. Con il decesso di Vianello i casi di morte salgono a undici: tra questi vanno ricordati anche quelli di due mogli di operai che avrebbero contratto il mesotelioma per aver lavato per anni le tute dei mariti intrise delle pericolose fibre cancerogene.L'indagine è stata chiusa di recente dal Pm Casson con la richiesta di rinvio a giudizio per sette dirigenti dei cantieri navali Breda, passati poi, dal giugno dell'84, alla società Fincantieri.Il 23 novembre, davanti al giudice Carla Maiolino, è già previsto l'avvio dell'udienza preliminare, al termine della quale si saprà se prenderà il via un processo penale. Ai dirigenti dei cantieri navali sono contestati i reati di omicidio colposo (art. 589 codice penale) per le undici morti e di lesioni colpose (art.590 codice penale) per la malattia di altri tre operai, nonché di omissione dolosa di cautela (art.437 codice penale). Tra le accuse, il Pm Casson evidenzia il fatto che, malgrado fosse confermata a partire dai primi anni Sessanta l'associazione tra esposizione ad amianto e mesotelioma della pleure o carcinoma del polmone, i dirigenti dei cantieri navali non informarono i lavoratori dei rischi e non fecero loro adottare opportuni mezzi di protezione. Tra le contestazioni si rileva anche che nello stabilimento non fu predisposto un adeguato e specifico servizio sanitario, né i lavoratori furono sottoposti ad adeguati

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MORTI & FERITI- OTTOBRE 2004

Eseguita ieri l’autopsia sul corpo di un ex dipendente della Fincantieri recentemente scomparso e che era affetto da mesotelioma contratto sul posto di lavoro Amianto, gli ex operai continuano a morire Il prossimo 23 novembre è prevista l’udienza preliminare sull’indagine sugli «omicidi bianchi» a Porto Marghera

Anche di amianto si continua a morire. Ieri il dottor Bruno Murer, primario di anatomia patologica dell'ospedale Umberto I di Mestre, ha svolto l'autopsia su Alfonso Vianello, 76 anni, abitante a Marghera, ex lavoratore della Fincantieri. Vianello era affetto da mesotelioma - il tipico tumore da esposizione a fibre di amianto - ed era già nella lista di casi oggetto dell'indagine svolta dal pubblico ministero Felice Casson. I casi al centro dell'inchiesta giudiziaria comprendono dodici mesoteliomi della pleure e due carcinomi del polmone verificatisi tra dipendenti del cantiere navale Breda, ora Fincantieri. Con il decesso di Vianello i casi di morte salgono a undici: tra questi vanno ricordati anche quelli di due mogli di operai che avrebbero contratto il mesotelioma per aver lavato per anni le tute dei mariti intrise delle pericolose fibre cancerogene.L'indagine è stata chiusa di recente dal Pm Casson con la richiesta di rinvio a giudizio per sette dirigenti dei cantieri navali Breda, passati poi, dal giugno dell'84, alla società Fincantieri.Il 23 novembre, davanti al giudice Carla Maiolino, è già previsto l'avvio dell'udienza preliminare, al termine della quale si saprà se prenderà il via un processo penale. Ai dirigenti dei cantieri navali sono contestati i reati di omicidio colposo (art. 589 codice penale) per le undici morti e di lesioni colpose (art.590 codice penale) per la malattia di altri tre operai, nonché di omissione dolosa di cautela (art.437 codice penale). Tra le accuse, il Pm Casson evidenzia il fatto che, malgrado fosse confermata a partire dai primi anni Sessanta l'associazione tra esposizione ad amianto e mesotelioma della pleure o carcinoma del polmone, i dirigenti dei cantieri navali non informarono i lavoratori dei rischi e non fecero loro adottare opportuni mezzi di protezione. Tra le contestazioni si rileva anche che nello stabilimento non fu predisposto un adeguato e specifico servizio sanitario, né i lavoratori furono sottoposti ad adeguati controlli in relazione ai rischi da amianto , non fu nemmeno fatta alcuna denuncia all'Inail, né furono promossi provvedimenti tecnici ed organizzativi per impedire la diffusione delle polveri della sostanza cancerogena.Nicoletta Benatelli

Il Gazzettino 1/10/04

DA SAN DAMIANO LA GRAVE ACCUSA DI UN GIOVANE MURATORE RUMENO «Disoccupato ma per punizione» Aveva denunciato il suo datore di lavoro dopo l’infortunio del fratello

SAN DAMIANO . Certo, si usino tutti i condizionali del caso. Ma se Marius Ion, 26 anni, da Buzâu (Romania), racconta il vero, di cose di cui vergognarsi ce ne sono e parecchie. E un po’ per tutti: da certi suoi connazionali a qualche sandamianese ed affine. Quel che Marius Ion dice è grave, molto grave: «Da quando ho denunciato il mio ex datore di lavoro a seguito del grave infortunio di mio fratello Emilian, sono disoccupato, ogni porta mi viene sbattuta in faccia». Il tutto prende inizio ad agosto: il fratello, assunto in «nero» dal suo stesso datore di lavoro, un impresario edile di San Martino Alfieri, si ferisce gravemente in cantiere. Prima di essere accompagnato in ospedale il giovane viene fatto lavare dall’impresario e costretto a raccontare ai medici

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di essersi fatto male scivolando per le scale. L’episodio viene denunciato a Ispettorato e procura. Qualche giorno dopo anche Marius, dovendo assistere il fratello e visti i rapporti deteriorati, lascia il lavoro più o meno consensualmente. Dimesso il fratello, che trascorre la convalescenza nella sua abitazione a San Damiano (due stanze più cucina a 380 euro al mese), Marius Ion si mette nuovamente alla ricerca di un lavoro. «Ma gli stessi miei connazionali (in paese vivono circa 400 rumeni ndr) mi dicono che appena gli impresari sanno chi sono non mi vogliono. La mia colpa è di essere “quello che ha fatto denuncia”. E anche molti rumeni mi criticano per questo». Il caso è seguito da Piero Coltella e Viviana Peña, della Cgil. Ieri hanno incontrato il sindaco Valter Valle e presto vedranno il prefetto Giuseppe Urbano. «Nell’Astigiano ci sarà un impresario, uno solo, che ha bisogno di un dipendente» Intanto senza un euro in tasca, Marius prova a tirare avanti con moglie, figlio e fratello che domenica è diventato papà di una bimba. A casa, vicino a Bucarest, nessuno sa di questa storia: quando erano partiti avevano tanti sogni: «Tranquilli, gli italiani sono brava gente» avevano detto. r. gon.

La Stampa – Sezione Asti – 2/10/04

Incidente sul lavoro alla Tenaris. Muore giovane operaio di 21 anni

Tragico incidente sul lavoro alla Tenaris Dalmine. Paolo Testa, 21 anni di Brembo di Dalmine, è morto travolto da un camion all'interno dei cortili della ditta. L'incidente è avvenuto alle 6.10: il giovane operaio stava iniziando il turno del mattino nel reparto «Tubi piccoli e parco barre» quando si è accorto di aver dimenticato l'elmetto di protezione negli spogliatoi. Da qui la tragedia: mentre si stava dirigendo in bicicletta a recuperare il copricapo, è stato investito da un camion che stava uscendo dal magazzino tubi. Paolo Testa è morto sul colpo è inutili sono stati i tentativi del 118 di rianimarlo. Sul posto sono intervenuti i tecnici dell'Asl e i carabinieri di Dalmine.

In merito alla morte del giovane operaio, l'ufficio relazioni esterne della Tenaris Dalmine ha espresso il cordoglio dell'azienda alla famiglia e ha poi tenuto a precisare che «per quanto si sia trattato di un incidente all'interno dell'azienda», non è stato propriamente un incidente sul lavoro. L'amministratore delegato, Vincenzo Crapanzano, recatosi sul luogo della disgrazia, ha comunque dichiarato la volontà di «chiarire fino in fondo la dinamica dei fatti», per verificare se tutte le procedure di sicurezza siano state seguite.

Un camunicato dei sindacati rileva invece come l'incidente sollevi ancora una volta il problema delle aziende esterne che lavorano all'interno del complesso della Dalmine e del rispetto di tutte le precauzioni in uso nell'azienda. Il camion che ha travolto il giovane operaio è della ditta Gap - F.lli Piantoni di Sovere, che si occupa del trasporto interno dei tubi.

L’Eco di Bergamo 2/10/04

Cade da sei metri, salvato dal prato

Stava smontando un ponteggio all'altezza di circa 6 metri dal suolo, all'interno di un cantiere edile di Grumello del Monte, quando a un certo punto ha perso l'equilibrio ed è precipitato ma si è salvato grazie al prato. Ore 12 di ieri, via Medaglie d'Argento: è qui che M. A. A., un operaio tunisino di 30 anni, dipendente della Edilsar srl di Milano, è

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precipitato nel vuoto nel tentativo di togliere l'impalcatura collocata sul retro della palazzina in costruzione. I lavori - avviati un anno fa - sono stati affidati alla Geas costruzioni srl di Bergamo (l'impresa titolare), la quale ha concesso il subappalto ad altre ditte, tra cui la Edilsar. Secondo la prima ricostruzione, il tunisino ha perso l'equilibrio dal ponteggio ed è caduto nel prato sottostante. Sull'impalcatura stava lavorando anche un altro dipendente che, ieri mattina, ha preferito non rilasciare alcuna testimonianza sull'accaduto. M. A. A. nella caduta ha battuto la testa ma non ha mai perso i sensi: l'erba ha attutito l'urto. Sul luogo dell'incidente è intervenuta dopo pochi istanti l'ambulanza del 118. L'operaio è stato portato agli Ospedali Riuniti di Bergamo: i medici gli hanno diagnosticato un trauma cranico, ma fin dall'inizio non è stato considerato in pericolo di vita. Si riprenderà nell'arco di sette giorni.Sono intervenuti i carabinieri, la polizia locale di Grumello del Monte e i tecnici del servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Asl di Trescore, i quali hanno effettuato un sopralluogo.«Quest'altro incidente sul lavoro è l'ennesimo esempio di una caduta dall'alto causata, in gran parte, dalle mancate condizioni di sicurezza nei cantieri edili», ha commentato ieri Giorgio Luzzana, il medico responsabile del dipartimento infortuni sul lavoro dell'Asl di Bergamo.

L’Eco di Bergamo 03/09/2004

Napoli, l'uomo aveva 33 anni e un figlio. Forse lavorava in neroSi cercano il cantiere e le persone che lo hanno portato viaOperaio cade da un'impalcatura muore abbandonato in strada

NAPOLI - Stava morendo dopo essere precipitato da un impalcatura in cantiere. Lo hanno portato via e abbandonato sulla strada. E' morto da solo con le caviglie spezzate forse in seguito alla caduta. I passanti che lo hano visto hanno chiamato l'ambulanza, ma era troppo tardi. Ora si cercano i responsabili del cantiere dove l'operaio probabilmente lavorava in nero. E' accaduto a Ercolano, nel napoletano. L'operaio si chiamava Francesco Iacomino, aveva 33 anni. Quando l'hanno trovato, l'uomo, che indossava una tuta da lavoro, era riverso sul selciato all'incrocio tra via Quattro Orologi e via Gabriele D'Annunzio. Alle 7,30 due passanti lo hanno notato e soccorso. Iacomino è però arrivato all'ospedale Maresca già morto. Il dirigente del commissariato di Portici Pasquale Errico ha presentato un rapporto alla procura della Repubblica per omicidio colposo, omissione di soccorso, alterazione dei luoghi e violazione delle norme sull'infortunisti ca. Iacomino era sposato, aveva un figlio, viveva ad Ercolano e veniva da una famiglia di operai, suo padre è un operaio saldatore in pensione. L'ipotesi che sia morto a causa di un incidente sul lavoro è confortata dalle dichiarazioni dei familiari che hanno riferito che Iacomino da dieci giorni si alzava molto presto per andare al lavoro ma che non sapevano esattamente dove si trovasse il cantiere. Inoltre le caviglie fratturate fanno ritenere che l'uomo possa essere caduto in piedi da un'altezza di almeno tre metri, elemento che spiegherebbe anche eventuali lesioni interne che avrebbero potuto causarne la morte. In attesa dei risultati dell'autopsia disposta sul cadavere di Iacomino, la polizia sta cercando di individuare il cantiere dove sarebbe avvenuta la disgrazia. Gli investigatori cercano di far luce anche su ciò che è avvenuto dopo l'incidente e cioè

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come Iacomino sia arrivato a quell'incrocio, chi lo abbia trasportato lì e poi se ne sia liberato, come si fa con un sacco di rifiuti, pensando forse che fosse già morto. D'altronde con le caviglie in quelle condizioni Iacomino avrebbe potuto solo strisciare per spostarsi da un posto all'altro. La polizia sta ascoltando parenti e amici della vittima.

La Repubblica 4/10/04

Otto mesi al legale rappresentante. Nove i dipendenti per i quali le patologie erano cominciate prima degli anni ’80, tre per colpa delle polveri respirate Morti da amianto alla Fervet, una condanna Già annunciato il ricorso in Appello. L’imputato: «Sono vittima di un evento imprevedibile a livello mondiale

Castelfranco . Il Pm Iuri De Biasi aveva chiesto la condanna a un anno e due mesi, la giudice dell'udienza preliminare Elena Rossi ha condannato con rito abbreviato a 8 mesi l'amministratore delegato della Fervet negli anni '80 '90, quando si verificarono nove morti attribuibili a "mesoteliomi", malattia tipica derivata dalla respirazione di polveri di amianto . Per tre di queste venne imputato di omicidio colposo l'ing. Mario De Beni, che ha detto: «Non mi sento colpevole, ma vittima di un evento imprevedibile a livello mondiale». Ancor oggi il rimedio non è stato scoperto, anche se l'amianto è stato bandito dalle lavorazioni. Eppure risulta che, solo nella città di Treviso, i fabbricati in cui è presente siano oltre mille. L'amianto ha ucciso nove operai della Fervet e ne ha fatti ammalare due; tre morti sono sicuramente attribuibili alle polveri respirate nell'azienda di Castelfranco, negli altri casi si è trattato di concausa tra fumo e amianto , e questo era quello che avevano riferito ai magistrati, a conclusione della loro perizia, il prof. Erminio Clomfero dell'Università di Padova, il dottor Luciano Romeo di Verona e la dottoressa Gabriella Guarnieri di Padova. Ma la risposta era complicatissima da dare: andavano stabilite la causa dei decessi o dei processi patologici tipici da amianto di ciascuna delle parti lese; l'epoca di insorgenza e di manifestazione della patologia; se il protrarsi della contaminazione con amianto avesse accelerato o aggravato la situazione di patologia; com'era l'ambiente di lavoro. Andava stabilita l'epoca in cui la malattia fosse divenuta irreversibile in chi è sopravvissuto; l'epoca in cui cominciò a diffondersi "in letteratura la pericolosità delle lavorazioni causa del decesso o della malattia" e l'epoca in cui vennero impartite alla Fervet le prime disposizioni per scongiurare la tremenda patologia causata dalla respirazione di polveri di amianto . Ma il punto più complicato, su cui si gioca il processo (e con cui ora farà i conti l'Appello, cui gli avvocati della difesa faranno ricorso) è il nesso causale tra l'ambiente e le morti. Nel processo non c'erano parti civili: la Fervet non solo ha risarcito il danno alle famiglie ma appena si è avuta conoscenza dei problemi dell'amianto , lo ha bandito dalle proprie lavorazioni e ha innovato la lavorazione. Malattie e morti vennero registrate tra il 1990 ed il 1997 tra manovali, falegnami e tappezzieri, persone che lavoravano su carrozze ferroviarie con una tonnellata di amianto ciascuna e da qui intervennero i casi di "asbestosi", le morti e le malattie invalidanti. Il Pm Iuri De Biasi aveva nominato anche un oncologo per stabilire quanto è stato determinante nelle morti il fumo delle sigarette e quanto invece le polveri di amianto . Antonella Federici

Il Gazzettino 5/10/04

LE REAZIONI

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L'avvocato Roberto Magri è di Bergamo, come il suo cliente Mario De Beni. Ieri in udienza ha sostenuto come non esista nesso causale dimostrabile tra la nocività delle polveri di amianto e la possibilità che aveva il legale rappresentante della Fervet di evitare l'evento. Una tesi che è l'esatto contrario di quanto detto dal Pm Iuri De Biasi. I fatti - incredibilmente - in qualche modo rendono plausibili entrambe le versioni. Dice l'avvocato Magri che le consulenze non gli sono sembrate chiare e univoche rispetto alle prescrizioni della Cassazione sui cosiddetti eventi omissivi. «Ma cosa avrebbe dovuto fare De Beni, si chiede il legale - negli anni '80 non c'erano nemmeno gli strumenti per opporsi all'amianto e non si sapeva che causasse neoplasie. Siamo nel 2004 e ancora non c'è modo di preservarsi. L'amianto è ancora il miglior materiale possibile nel suo genere ed è impossibile evitare le sue finissime polveri. L'ingegner De Beni, appena ha saputo, ha adeguato l'azienda e anche recentemente le famiglie sono state risercite. «Comunque l'ingegner De Beni si fosse comportato in quel momento, avrebbe evitato quelle morti? No. Negli stessi anni - dice il difensore - non ci furono nè osservazioni dello Spisal nè altre forme di prevenzione». Ma, aveva detto il Pm, De Beni avrebbe potuto avvisare i dipendenti. L'altro difensore, Rizzardo Del Giudice: «Ricorreremo in Appello, del resto il giudice Rossi ha applicato tutte le attenuanti possibili; aspettiamo la motivazione della sentenza. Sul fatto che ci siano state tre morti dipendenti dal'amianto , non possiamo discutere». I legali fanno presente che sono migliaia in ogni città, i fabbricati nella cui costruzione è stato presente l'amianto ; a New York, per esempio, la struttura portante delle torri gemelle crollate era di amianto , e la massa di macerie è stata portata via. Dall'altra parte, ogni richiesta di risarcimento del danno - negli Usa- contro aziende quotate in Borsa, ha significato il crollo, con tutto quello che ne deriva per l'economia e per i posti di lavoro.

Il Gazzettino 5/10/04

I DIPENDENTI Alcuni hanno accettato la liquidazione Preoccupazione per il futuro dell'azienda

Castelfranco . Sette morti e almeno una ventina di malati. Fra quelli in vita, alcuni sono ancora dipendenti della Fervet di Borgo Padova. Per tanti altri, invece, morti o ammalati negli anni '70 e '80, nemmeno la dignità di rientrare nelle statistiche. Sono questi i "numeri" del caso Fervet, la fabbrica più vecchia della città, che ancora oggi dà lavoro a duecento dipendenti. Molte famiglie, che hanno dovuto imparare a loro spese quale terribile malattia sia il mesotelioma pleurico legato all'asbesto, hanno ricevuto un indennizzo dall'azienda. Altre hanno rifiutato ogni contrattazione e hanno preferito proseguire le vie giudiziarie. Altre ancora non hanno ricevuto nemmeno una proposta di risarcimento. "Abbiamo trattato direttamente una decina di vertenze - spiega Antonio Bianchin della Fim-Cisl - per invalidità, ma nemmeno una si è conclusa. In alcuni casi le famiglie non hanno accettato, per gli altri la stessa azienda ha deciso di cambiare rotta. Considerato che alcune ricerche mediche non imputano esclusivamente all'amianto la responsabilità dei tumori ai polmoni, i legali dell'azienda hanno preferito non transare più e attendere la conclusione dei processi". Ma il tempo, per chi è gravemente malato, è prezioso. Diverse le posizioni seguite da Fiom e Uilm. Una ventina di casi in tutto, per i quali le vertenze giudiziarie si sono tutte concluse con una transazione. Un risarcimento da circa un miliardo di vecchie lire per ogni decesso, 200 mila euro per ogni punto di invalidità accertato dall'Inail. "Certo non è giusto che a pagare, e con la vita, siano solo i lavoratori - commenta Elio Boldo della Fiom - anche il datore di lavoro deve subire le

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conseguenze. Eppure ci si chiede se solo lui deve pagare, o forse se le responsabilità non sono anche a livelli più alti. La Fram per decenni ha sempre lavorato per lo Stato: erano le Ferrovie a stabilire le commesse, a chiedere la coibentazione in amianto delle carrozze negli appalti. Eppure già si sapeva delle conseguenze cancerogene dell'amianto ". Ma la sentenza di ieri desta anche preoccupazione per il futuro della Fervet, alla cui testa c'è un uomo, l'ingegner De Beni, sulla soglia degli 80 anni che potrebbe anche decidere di chiudere lo stabilimento, come ha già fatto a Bergamo, a Firenze a Napoli. "Fervet ha appena fatto investimenti consistenti, ma certo l'arrivo di condanne e i diversi miliardi di risarcimenti da pagare rappresentano una preoccupazione per il futuro dell'azienda - fa notare Fabio Benvenuti, Uilm - l'area in cui sorge l'azienda è destinata a residenziale nel Prg e l'azienda potrebbe sempre preferire la conversione, come del resto hanno fatto altri, vedi il caso Fram". Lara Santi

Il Gazzettino 5/10/04

MONTRESOR, 53 ANNI, AVEVA GIOCATO IN PROVINCIA Ex «star» del tamburello muore per un infortunio

OVADA . E’ morto per un nfortunio sul lavoro, accaduto a Verona, Paolo Montresor, 53 anni, noto giocatore di tamburello negli Anni '70. Abitava a Villafranca di Verona e faceva il camionista trasportando carta da macero destinata alle cartiere. La disgrazia è avvenuta l’altro giorno, sul piazzale della cartiera di Ca' di David di Verona. Aveva finito di scaricare il camion, quando è stato investito in pieno da una grossa balla di carta, che, posizionata alla sommità di una pila è caduta travolgendolo in pieno. Per estrarlo da sotto il peso di quella montagna di carta pressata (ogni balla pesa dagli 8 ai 15 quintali), sono intervenuti i vigili del fuoco, poi con l'elisoccorso è stato portato all'ospedale di Verona. Le sue condizioni sono apparse subito gravi: presentava la frattura della colonna vertebrale e due emorragie interne. E' stato sottoposto ad intervento chirurgico ma è deceduto. «Pippo», come era conosciuto Montresor quando gareggiava sui campi piemontesi, viene ricordato come un giocatore potente nella battuta e nella rimessa, un bravo agonista che nel gioco ci metteva anche il cuore. Cresciuto nella scuola del Belladelli di Verona, nel 1972 era venuto ad Ovada, per poi passare al Castelletto d'Orba, al Basaluzzo e al Casale: in ogni formazione il suo apporto è stato determinante. Ad Ovada ha incontrato anche la compagna della sua vita, Luciana Camera, che ha lasciato nella disperazione, assieme ai figli Erika ed Alessio. r. bo.

La Stampa – Sezione Alessandria 5/10/04

Un operaio di Celleno, colpito di striscio, ricoverato a Belcolle con trauma cranico e al bacino. Sfiorato dal cestello della gru Incidente sul lavoro in strada Roncone: il sesto in tre settimane

di MASSIMO LUZIATELLI . Il traliccio della gru ha ceduto e il suo braccio è piombato sul tetto. Un operaio che stava effettuando la posa in opera del calcestruzzo è stato colpito, fortunatamente di striscio, dal carico della gru. Ercole Taschini, 60 anni, di Celleno - questo il nome dell’operaio ferito - si trova adesso ricoverato presso l’ospedale di Belcolle per la frattura del bacino e un forte trauma cranico. L’infortunio sul lavoro si è verificato ieri mattina verso le 10 in un cantiere che si trova in un appezzamento di terreno compreso tra la strada Roncone e via Soriano, in una zona

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in espansione alla periferia di Viterbo. Al momento dell’incidente gli operai stavano facendo la gettata in cemento sul solaio del tetto. All’improvviso, per cause al vaglio dei carabinieri, il traliccio della gru, sembra appena revisionata, si è spezzato e il braccio con il pesante carico è crollato sul tetto. Ercole Taschini si è accorto in tempo che il cestello con diversi quintali di calcestruzzo gli stava cadendo addosso. Si è buttato di lato evitando così il peggio. L’operaio, immediatamente soccorso, è stato adagiato su una barella e portato a terra con l’autogru dei vigili del fuoco dove c’era il personale del 118 che l’ha caricato sull’ambulanza e trasportato all’ospedale di Belcolle. Il cantiere è stato posto sotto sequestro per effettuare i rilievi e per permettere le operazioni di smontaggio della gru che pende pericolosamente con il rischio di un cedimento totale. Sull’accaduto c’è la presa di posizione di Francesco Palese (Feneal-Uil), Fabio Turco (Folca-Cisl) e Mauro Portone (Fillea Cgil). «Con questo incidente - si legge in una nota - salgono a sei, due dei quali mortali, gli incidenti sul lavoro avvenuti nelle ultime tre settimane a Viterbo e provincia. Tali episodi testimoniano che ancora molto c’è da fare nel settore edile specilamente per quel che concerne la prevenzione degli infortuni e la protezione dei lavoratori». «È ora - si legge - che le istituzioni si interessino al problema. Occorre un forte impegno congiunto per arginare tale fenomeno. Su questa linea le organizzazioni sindacali delle costruzioni hanno lanciato una politica di prevenzione con la ricerca di un tavolo istituzionale peraltro già avviato con il Prefetto di Viterbo». E Cgil, Cisl e Uil, per dare maggiore slancio alla vertenza sicurezza hanno messo in atto lo stato di agitazione del settore programmando anche uno sciopero del settore delle costruzioni.

Il Messaggero – Viterbo 5/10/04

Napoli, stava lavorando alla ristrutturazione di un negozio. Era al nero, per questo i colleghi sarebbero scappati. Operaio muore folgorato in fuga i compagni di lavoro

Un episodio analogo due giorni fa in un cantiere di Ercolano. Gli inquirenti individuano l'impresa responsabile del cantiere

NAPOLI - Folgorato in un negozio, nel quale erano in corso lavori di ristrutturazione, e abbandonato dai compagni di lavoro, fuggiti. La polizia non ha potuto che constatarne il decesso. E' finita così, oggi a Napoli, per un operaio di 26 anni. Una vicenda che segue di soli due giorni un episodio analogo ad Ercolano, nell'area vesuviana, un manovale di 33 anni, precipitato da un'impalcatura, è stato abbandonato agonizzante, a 400 metri dal cantiere nel quale stava lavorando. E i sindacati annunciano battaglia "contro lo stillicidio degli incidenti sul lavoro": per domani le organizzazioni degli edili aderenti a Cgil, Cisl e Uil hanno indetto uno sciopero in tutta la provincia di Napoli con un presidio davanti alla prefettura. L'operaio morto questo pomeriggio si chiamava Nicola Tricarico e abitava nel quartiere periferico di Piscinola. L'identificazione è stata possibile soltanto in serata, perché il giovane non aveva documenti indosso, e all'arrivo degli agenti nel cantiere non c'era nessuno. Stava lavorando, insieme ad altri, alla ristrutturazione di un esercizio commerciale in via Brindisi, una delle strade a ridosso della stazione ferroviaria centrale. Tricarico, secondo i primi elementi raccolti dalla polizia, sarebbe stato impiegato al nero: proprio la posizione irregolare sarebbe all'origine della fuga dei colleghi, nessuno dei

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quali è stato finora rintracciato. Irreperibile anche il geometra che aveva la responsabilità del cantiere.

La Repubblica 6/10/04

Guerra del lavoro, altri 3 morti

La guerra del lavoro fa altre due vittime. Damiano Querusio, 44 anni, stava lavorando nel piazzale della "Panapesca" - ditta di trasformazione e congelamento di prodotti ittici i cui impianti si trovano a ridosso del porto commerciale di Gaeta -, quando è stato travolto da un "muletto". L'operaio è deceduto durante il trasporto in ambulanza. Stessa tragica sorte è toccata a un giovane rumeno, schiacciato dal trattore con il quale stava eseguendo alcuni lavori agricoli nel territorio di Pollutri (Chieti) e che si è all'improvviso ribaltato. Profonda tristezza è stata espressa dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per la morte del Sovrintendente della Polstrada Mario Palombi, investito ieri a Roma da una autovettura mentre con un collega eseguiva rilevamenti della velocità delle auto sulla via Pontina.

Liberazione 6/10/04

Gaeta/L’operaio, che lascia la moglie e due figli, era alla guida del mezzo che trasportava casse di pesce Infortunio al porto, muore a 44 anni Damiano Eugenio Querusio è stato schiacciato da un muletto

di SANDRA CERVONE . Tragico pomeriggio al porto di Gaeta. Intorno alle 15 di ieri un operaio della Panapesca è rimasto vittima di un incidente sul lavoro. Damiano Eugenio Querusio, 44 anni, è morto al Pronto Soccorso dell’ospedale “Dono Svizzero” di Formia dove era stato trasportato d’urgenza. Inutile ogni tentativo di salvargli la vita. L’uomo, alla guida di un muletto che trasportava casse di pesce e prodotti ittici, per cause ancora da chiarire, ha perso letteralmente il controllo del mezzo che, abbattendosi sul fianco sinistro, ha finito per travolgere l’autista. La parte alta del coprisedile si è piegata, provocando lo schiacciamento del collo. L’incidente è avvenuto all’interno del piazzale del porto commerciale, a poca distanza dai cancelli della ditta di lavorazione e conservazione del pesce e dei surgelati. Sul posto sono intervenuti sia i Vigili del Fuoco sia i Carabinieri della locale Compagnia. Damiano Eugenio Querusio, che abitava sul Lungomare Caboto, all’altezza di Villa delle Sirene, lascia la moglie e due figli. Sconcerto e dolore fra gli operai della Panapesca che, come tutti i giorni, l’avevano visto e avevano parlato con lui fino a pochi minuti prima del terribile incidente. Nel corso degli accertamenti i carabinieri hanno potuto ascoltare numerosi testimoni, presenti nel momento in cui il carrello guidato dall’operaio si è ribaltato provocando la tragedia. Il mezzo è stato sequestrato e così l’area demaniale circostante lo stabilimento della Pia. L’indagine avviata dall’Ispettorato del Lavoro della Asl chiarirà l’esatta dinamica dei fatti, valutando eventuali responsabilità. Già quest’oggi sarà effettuata l’autopsia sul corpo dell’operaio trasportato, dopo il decesso, presso la sala mortuaria dell’ospedale “Di Liegro” di Gaeta. Resta lo strazio per i familiari e per i colleghi. Testimonianze “minuziose” su quanto accaduto sono state rilasciate dai presenti ai carabinieri del Capitano Santi Valentino Vasta e del tenente Vincenzo Campochiaro con l’obiettivo di ricostruire l’esatta dinamica dell’infortunio mortale. La notizia di questa ennesima vita spezzata in pochi minuti ha fatto il giro della città già scossa per i terribili fatti di cronaca dei giorni scorsi.

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A proposito di infortuni sul lavoro, anche se riferiti ad un settore specifico, che è quello edile, è proprio dell’altro giorno il dato fornito dai sindacati a livello regionale. Il Lazio è al quarto posto, dopo Lombardia, Toscana e Veneto, nella classifica degli infortuni sul lavoro, anche se si tratta di una stima riferita ai cantieri edili. Il segretario regionale della Fillea-Cgil, Sandro Grugnetti, ha sottolineato che fra le cause degli incidenti vi sono la mancata applicazione delle norme di sicurezza, ed il lavoro nero. Il segretario della Fillea ha ricordato che il sindacato ha chiesto la creazione di un Osservatorio regionale e comunale del settore edile che monitorizzi le imprese, gli appalti pubblici e privati, le condizioni di lavoro, la regolarizzazione delle imprese e degli addetti, e garantisca la sorveglianza sull’applicazione delle norme di sicurezza.

Il Messaggero – Latina 6/10/04

Civitanova/Assunto dal Comune Pensionato socialmente utile cade potando un pioppo: adesso è in prognosi riservata

di LORENA CELLINI . CIVITANOVA Si arrampica su un pioppo per sfrondarne la chioma e precipita un giardiniere comunale. Ha battuto la testa, che non era protetta da caschetto, e perso molto sangue Silvano Panichelli, 60 anni, residente a Civitanova Alta in via del Sole e ora in prognosi riservata. Ieri mattina stava curando il verde pubblico della ex Casa Balilla e, mentre potava un albero all’incrocio tra via Montello e viale Vittorio Veneto, ha perso l’equilibrio ed è piombato sul cemento, dentro la recinzione. La botta gli ha fatto perdere i sensi, ma poi è rinvenuto e ha pure scambiato qualche parola coi soccorritori prima di essere portato all’ospedale, dove è ricoverato con un trauma cranico. Nessuno s’è accorto della caduta, alle 10,30 di ieri. La titolare di un laboratorio di estetica di fronte ha sentito il tonfo, si è affacciata oltre il recinto e ha dato l’allarme assieme ai titolari del vicino bar “La Tedesca”. Sul posto i carabinieri hanno trovato una scala piegata in due appoggiata al tronco e un coltello con la lama seghettata immerso in una pozza di sangue, uscito dalla ferita alla testa. Uno scenario fotografato dal funzionario dell’aria infortunistica Asl. Informazioni che finiranno nel fascicolo che verrà aperto da Procura e Asl per questo infortunio sul lavoro. Silvano Panichelli, pensionato della Cecchetti, lavora da tre anni per il Comune (attività socialmente utili) con un contratto rinnovabile anno per anno e che lo porta a occuparsi della manutenzione del verde pubblico della ex Casa Balilla, di Villa Eugenia e delle Casermette. Tra le mansioni previste nella delibera comunale non c’è la potatura delle piante, ma di arbusti alti al massima 2,50 metri. Materiale per l’inchiesta che dovrà stabilire la dinamica dell’infortunio e se il Comune garantisce la dotazione obbligatoria per legge ai giardinieri-pensionati assunti per curare il verde pubblico. L’assessore Sergio Marzetti parla di Panichelli «come di una persona molto brava e prudente nel suo lavoro. Spero si rimetta presto».

Il Messaggero – Marche 6/10/04

MONCALIERI, INFORTUNIO.

Un operaio è rimasto ferito, ieri poco prima di mezzogiorno, ad un piede mentre stava lavorando ad un macchinario all'interno degli stabilimenti Ilte di Moncalieri. Un infortunio di poco conto, ma per precauzione sono intervenuti ugualmente i vigili del fuoco di

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Torino e l'equipe medica dell'elisoccorso.

La Stampa – Sezione Torino 6/10/04

Infortunio a Marina E’morto l’operaio

RAVENNA - Valentino Pieri non ce l’ha fatta. L’operaio forlivese di 35 anni, rimasto gravemente ferito mercoledì mattina in seguito ad un incidente sul lavoro avvenuto nel cantiere Piomboni della Rosetti a Marina di Ravenna, ha cessato di vivere nella tarda serata di ieri.L’uomo era ricoverato da poco più di 24 ore nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Bufalini di Cesena, le sue condizioni erano giudicate disperate dai medici.Pieri era stato colpito alla testa da una grande lastra di metallo durante le operazioni d’imbarco di un modulo di piattaforma per l’estrazione del gas che, dai cantieri di Marina di Ravenna, era destinato alla Libia.Della delicata operazione la Rosetti aveva dato incarico alla Fagioli, una ditta specializzata di Reggio Emilia per la quale il giovane operaio lavorava. Le cause dell’infortunio sono ancora al vaglio degli ispettori della Medicina del lavoro dell’Ausl di Ravenna. Il pm di turno, Silvia Ziniti, ha aperto un fascicolo. La famiglia ha autorizzato l’espianto degli organi.

Corriere Romagna – Cronaca di Ravenna – 7/10/04

Verso 4 rinvii a giudizio per la morte della sub

RAVENNA - C’è anche il padre tra gli indagati per la morte di Elga Leoni, la giovane sub che perse la vita, in seguito ad un tragico infortunio sul lavoro, il 19 giugno del 2002. Un delicato risvolto umano che rende ancora più dolorosa la tragedia. Sono partiti dalla Procura gli avvisi agli indagati della conclusione delle indagini preliminari. Si è conclusa, a circa un anno e mezzo di distanza, l’inchiesta ereditata e portata a termine dal pm Stefano Stargiotti. Un lavoro lungo e laborioso che ha richiesto un’accurata ricostruzione dei rapporti esistenti tra le diverse società coinvolte. Un caso singolare, vista anche la particolare attività svolta dai sub: manutenzione dei piloni delle piattaforme. Il magistrato, con i collaboratori della polizia giudiziaria, ha valutato la posizione dei vari indagati (originariamente erano sette) individuando specifiche responsabilità per quattro di essi. Si tratta di Walter Leoni, presidente di Adrimar srl e armatore della motonave Palinuro II (nella foto Fiorentini); Luigi Leoni (il padre di Elga), amministratore delegato della Marine Consulting srl, azienda specializzata in lavori subacquei e marittimi con sede a Mezzano; Enrico Cingolani, responsabile delle commesse per conto di Eni e, anche se in maniera più defilata, Alessandro Bosco, responsabile del servizio protezione e prevenzione della Marine consulting. Nei loro confronti, in base alla ricostruzione dell’incidente e visti i ruoli ricoperti all’interno delle diverse società, la Procura ritiene di aver raccolto fonti di prova tali da poter sostenere adeguatamente l’accusa al dibattimento. Pertanto, qualora non dovessero subentrare nuovi aspetti, il pm chiederà il rinvio a giudizio. L’ipotesi di reato è omicidio colposo. Mentre si prospetta l’archiviazione per altre quattro persone che erano state originariamente indagate: l’addetto alla sala macchine, quello alle immersioni, il responsabile della sicurezza di Agip e un altro dipendente della Marine Consulting. Era il 19 giugno del 2002, la nave Palinuro II era attraccata alla piattaforma metanifera “Agostino B” dell’Agip (Gruppo Eni), al largo di Marina di Ravenna, per l’attività di controllo e manutenzione dei piloni. Quel giorno i sub avevano effettuato immersioni per tutta la mattina. Poi nel pomeriggio, il “turno” di Elga Leoni e il tragico incidente. La ragazza, che doveva effettuare delle fotografie, urtò violentemente contro la chiglia della

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motonave dopo essere stata “risucchiata” dal “cordone ombelicale” avvolto intorno all’elica di sinistra che era in movimento. Due la cause principali del tragico incidente: la retromarcia inserita che azionava l’elica e il recupero, effettuato proprio durante le operazioni di immersione della sub (che devono avvenire coi motori in folle), del Rov Tiger (il robot subacqueo utilizzato per filmare i lavori). Recupero effettuato azionando un braccio meccanico che utilizzava la stessa forza motrice della nave appoggio. Dalla somma di queste due circostanze l’esito letale per la giovane donna. Più che una “tragedia imprevedibile”, è emerso che a causarne la morte siano state, quantomeno, una “serie di negligenze”. Inoltre l’inchiesta e i periti incaricati di effettuare tutti gli accertamenti del caso - gli ingegneri Mauro Marchini e Giorgio Chimenti coadiuvati da Ivo Burbassi - hanno messo in evidenza le gravi carenze in termini di sicurezza sulla Palinuro. I comandi erano “usurati”, la stessa lampadina che indica la retromarcia era fulminata e dai riscontri a bordo della motonave è risultato come il personale addetto alle manovre non fosse a conoscenza di fondamentali aspetti tecnici relativi al trasferimento dei comandi dalla plancia alla controplancia (da dove erano seguite le operazioni dei sub).L’Eni era la società committente dei lavori appaltati alla Marine Consulting. Questa si avvalse della motonave appoggio Palinuro II, “costruita appositamente per l’assistenza ai lavori subacquei”, sulla scorta di un contratto firmato con la società armatrice Adrimar. Gli altri mezzi e il personale tecnico operativo e commerciale vennero forniti da un altro contratto con la Dnt Offshore, che gestiva anche le operazioni del Rov, mentre i lavori subacquei venivano svolti dal personale della stessa “Marine”, di cui la stessa Elga Leoni era dipendente. Se ci fosse stato “un maggior raccordo e una miglior collaborazione tra le varie società, la morte della giovane sub si sarebbe potuta evitare”. E’ questo in sintesi il rilievo mosso dal magistrato inquirente nei confronti dei responsabili delle varie società coinvolte. Più grave appare la posizione di Walter Leoni che non avrebbe garantito le condizioni di efficienza della motonave, risultata in precarie condizioni, e che avrebbe omesso di valutare i rischi che il cattivo funzionamento comportava per la sicurezza dei lavoratori. l.p.

Corriere Romagna – Cronaca di Ravenna – 7/10/04

Nord e Sud uniti. Nell'illegalità in edilizia

A Napoli ci su disfa degli infortunati sul lavoro gettandoli agonizzanti per strada, a debita distanza dal cantiere. Ma è Napoli, si dirà. E invece l'identica cosa è successa qualche settimana fa nella «civilissima» Assisi. Stesso copione, eccetto il finale meno tragico: il lavoratore «buttato» è sopravvissuto. Al Nord si usano metodi più raffinati. Gli omicidi bianchi sono spacciati come incidenti in moto, oscuri regolamenti di conti avvenuti per caso in un cantiere e, quando un fiume trascina via il corpo dell'operaio precipitato da un ponte, persino come abbandoni del tetto coniugale o suicidi. Cambiano i modi, ma la sostanza è la stessa dalle Alpi alla Sicilia. La novità di rilievo nell'edilizia è la mappa uniforme dell'illegalità. Le stime del nero e delle irregolarità viaggiano sul 40% degli addetti, tanto a Milano che a Palermo. E il caporalato è un metodo di reclutamento «normale», non solo per raccogliere pomodori ma per costruire il Polo esterno della Fiera, il cantiere più grande d'Europa. Lì, l'arresto di un caporale, beccato con la mazzetta in mano grazie alla denuncia di un immigrato, non ha interrotto il solito tran tran. Per questo, lascia piuttosto scettici il Protocollo d'intesa contro il lavoro nero e il caporalato sottoscritto qualche giorno fa alla Prefettura di Milano da imprese, sindacati e enti di controllo. I firmatari si impegnano a denuciare le illegalità «qualora ne vengano a conoscenza». Per le imprese, il «qualora» è di troppo. Le imprese, dai general

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contractor in giù, sanno tutto della filiera dei subappalti. L'hanno inventata e la utilizzano. Più che denunciare, dovrebbero autodenunciarsi.

Secondo una denuncia avanzata dai segretari generali della Cgil e della Fillea di Napoli, Giuseppe Errico e Giovanni Sannino, dopo la morte di Francesco Iacomino, sarebbero 170 gli infortuni mortali registrati nel nostro paese all'interno dei cantieri edili dall'inizio dell'anno, «soltanto» 7 nella provincia di Napoli. Almeno quelli di cui si è avuta notizia. (manuela cartosio)

Il Manifesto 9/10/04

Morti di amianto, alla ricerca della verità perduta

Monfalcone . Oltre 2000 vittime in vent'anni su un territorio che conta 60 mila abitanti? Un crimine di pace che ora chiede di trovare giustizia con un processo penale. Un processo atteso da anni dai familiari delle vittime. Ora il problema amianto a Monfalcone è a una svolta storica e decisiva: il prossimo 21 ottobre il giudice dell'udienza preliminare di Gorizia deciderà se si farà il primo processo contro l'amianto , fibra - killer usata fino ai primi anni '90 nei cantieri delle costruzioni delle navi. Dopo l'udienza preliminare nei giorni scorsi per la richiesta di rinvio a giudizio di alcuni dirigenti dell'azienda navale è dubbia per la difesa la relazione tra la fibra e il tumore che uccise un operaio. È una storia lunga e complessa quella conosciuta come la "strage di amianto ". A tracciarla Davide Bottegaro, vice presidente dell'Associazione esposti amianto di Monfalcone, (che denuncia le duemila possibili morti ed è nata per salvaguardare i diritti delle persone ammalate e di chi ha perso i familiari a causa della malattia). Ezio Bottegaro, padre di 10 figli, consigliere e assessore della Democrazia Cristiana nel comune di Monfalcone e consigliere provinciale, andò in quiescenza dopo 40 anni di lavoro presso l'azienda navale e morì di mesotelioma pleurico, a 67 anni nel 1998. «Quando ci furono i primi decessi a metà degli anni '80 racconta il figlio Davide Bottegaro la Procura di Gorizia a ogni morte di mesotelioma pleurico apriva un fascicolo d'inchiesta. Fino al 1999 non ci fu nessun sviluppo importante finché tre vedove Rita Nardi, Vanda Ballansin e una terza che ha chiesto l'anonimato, assieme al Partito di Rifondazione Comunista, presentarono un esposto denuncia per casi di morte da amianto . Successivamente la nostra associazione, nel gennaio 2000, ha cominciato a tutelare, seguiti da un pool di avvocati, ventiquattro vedove e familiari di deceduti per la stessa causa e attualmente le famiglie sono una cinquantina». «Le indagini sono andate a rilento. Abbiamo sollecitato l'opinione pubblica con sitin sotto il tribunale di Gorizia, manifestazioni a cui hanno dato la loro partecipazione solidale Paolo Rossi, Gioele Dix, Claudio Lolli, Tinin Mantegazza, Ricky Gianco, Loris Contarini, Stefano Tassinari, Elisa, Andrea Brambilla (Zuzzurro) e tanti altri. Poi - prosegue il racconto - l 25 giugno di quest'anno il procuratore della repubblica Carmine Laudisio ha fatto la richiesta per il rinvio a giudizio di tre dirigenti, ora in quiescenza, del cantiere navale». Il 5 ottobre scorso l'esame delle posizioni di due alti dirigenti (slittato al 21 ottobre), il 19 novembre il successivo per il terzo caso. In questi vent'anni oltre duemila persone sarebbero decedute per cancro polmonare, in un territorio che va dalla Bassa Friulana, all'Isontino arrivando a tutta la fascia costiera triestina. Uno studio del professor Claudio Bianchi, ex primario di anatomia patologica di Monfalcone, ha evidenziato che i morti per mesotelioma pleurico sono stati 600. Il mesotelioma pleurico è una malattia patognomonica quindi considerata in epidemiologia un evento sentinella

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dell'esposizione all'amianto . Ciò significa che il mesotelioma è un tumore causato dall'inalazione di fibre d'amianto . Lino Nonis

Il Gazzettino – Cronaca di Udine 9/10/04

Il diritto a un lavoro sicuro . Oggi la giornata nazionale dell'Anmil sugli infortuni. In Italia un quarto dei morti Ue

ANTONIO SCIOTTO. Costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere, li tradì il profitto». La frase, dello scrittore Massimo Carlotto, è incisa sul monumento scolpito da Alberto Tonet e dedicato ai morti di Monfalcone. Uccisi dall'amianto, la «polvere», mentre costruivano le navi, le «stelle del mare». E «Polvere» è anche il titolo di un'opera teatrale di Carlotto, che ha partecipato quest'anno al concorso bandito dall'Anmil sui temi della sicurezza sul lavoro. Sono stati 1.394 i morti sul lavoro nel 2003, ben un quarto rispetto ai numeri europei (le ultime cifre disponibili, quelle relative al 2001, quantificano in 4.930 i morti sul lavoro in Europa). Stesso rapporto per gli infortuni, 977 mila in Italia a fronte dei 4 milioni 692 mila europei. Nel nostro paese, insomma, l'emergenza è molto grave: infortuni avvengono con cadenza quotidiana, purtroppo anche i decessi (d'altra parte, la media parla di quasi 4 morti al giorno l'anno scorso). Agli ultimi casi di Napoli - che hanno fatto tanto scalpore perché il problema della sicurezza si incrocia con il lavoro nero, la precarietà, l'omertà - è dedicata la Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, organizzata dall'Anmil, quest'anno giunta alla sua cinquantaquattresima edizione. La manifestazione più importante si svolge a Genova, ma la giornata si celebra in tutte le province italiane: ebbene, mentre molti nostri concittadini faranno campagna per avere più sicurezza, il governo tace. Il ministro del lavoro Maroni, per il secondo anno di seguito, «snobba» la manifestazione a cui parteciperanno sindaci e altri rappresentanti istituzionali, non inviando nemmeno un sostituto di circostanza. Cattiva preparazione degli operai, che spesso non ricevono la formazione adeguata, strumentazione e indumenti di sicurezza carenti o assolutamente inesistenti, ritmi di lavoro pesanti, l'esposizione a sostanze tossiche, poche ispezioni. E, ormai sempre di più, il lavoro nero e la precarietà, che rendono più difficile la protezione dei lavoratori rispetto ad abusi e pericoli. L'Anmil (associazione mutilati e invalidi sul lavoro) batte soprattutto sul tasto dell'informazione: «Da anni - ci spiega il presidente Pietro Mercandelli - portiamo l'argomento della sicurezza nelle scuole, in certi casi cercando di superare la diffidenza o l'indifferenza di molti presidi, che spesso non colgono le ragioni dell'iniziativa. Abbiamo proposto al ministero della pubblica istruzione di istituire delle ore di lezione, e con i passati governi si era dimostrata una certa disponibilità. Con l'attuale, risposte negative su tutti i fronti».

I 470 mila associati dell'Anmil, infortunati, orfani e vedove di lavoratori morti sul lavoro, chiedono anche l'approvazione di un progetto di legge di iniziativa popolare che tende a unificare le prestazioni Inail e rendere migliori le prestazioni per gli invalidi e le famiglie colpite. «Chiediamo - spiega Mercandelli - l'estensione a tutti delle tutele Inail, compresi lavoratori pubblici e i militari. E' anche importante che l'Inail abbia tutte le materie, dalla cura alle funzioni socio-assistenziali, dalla riabilitazione alla riqualificazione professionale. E bisognerebbe dare maggiori garanzie di continuità assistenziale e sostegno economico per il riaccompagnamento al lavoro». Dopo che l'infortunato è clinicamente guarito, infatti, viene di fatto abbandonato a sé stesso: riceve una rendita mensile, proporzionata alla propria retribuzione, ma solo se ha un'invalidità sopra il 16% ed è difficilissimo che si reinserisca nel mondo del lavoro. «Sia le aziende pubbliche che quelle private hanno una pessima attenzione verso i disabili e gli infortunati da lavoro -

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spiega Mercandelli - E certo la vita non è facile, seppure si disponga della rendita: se facciamo l'esempio di un infortunato a 19 anni, con contratto da apprendista, riesce ad avere soltanto 400 euro al mese».

Sono messe male anche le vedove e gli orfani dei morti per lavoro, che cominciano a percepire la rendita solo dopo un anno e mezzo, mentre nel caso di morte di una persona che non ha famiglia a carico, la famiglia di origine riceve solo un'«indennità funeraria» una tantum di circa 700 euro. Per sensibilizzare i cittadini su tutti questi temi, l'Anmil organizza anche concorsi e spettacoli: l'anno scorso «Corto sicuro», per registi di cortometraggi, quest'anno il concorso teatrale «Tracce di Eva in percorsi operosi» (vedi articolo a piè di pagina). Anche per queste attività, collaborazione dagli enti locali, zero fondi dal governo. Sono già previsti spettacoli gratuiti in una ventina di città, chi fosse interessato può rivolgersi ai numeri 06.54196205/36/08.

Il Manifesto 10/10/04

Operai bruciati da una sola scintilla. Due immigrati ustionati a Brugherio. E' l'ennesimo infortunio da lavoro nero

MANUELA CARTOSIO. MILANONessuno aveva avvertito i due giovani immigrati, un albanese e un rumeno, che il solvente che usavano per scrostare i muri era infiammabile. Venerdì una scintilla, forse provocata dal raschietto di metallo, ha fatto divampare le fiamme nel locale al terzo piano di una palazzina in ristrutturazione a Brugherio. L'albanese è ricoverato in gravi condizioni a Torino con ustioni di secondo e terzo grado sul 90% del corpo. Il rumeno, a Niguarda, ha ustioni «solo» sul 20% del corpo. Entrambi senza permesso di soggiorno, lavoravano non si sa da quanti giorni per una ditta che ha un subappalto di un subappalto. Diverso il contesto dell'infortunio mortale avvenuto all'inizio della settima in una cava in Valtellina. Un operaio specializzato italiano, dipendende in regola di un'azienda «normale», è morto schiacciato da una lastra di marmo. I due infortuni sono avvenuti proprio mentre i sindacati moltiplicavano l'impegno contro infortuni, lavoro nero e caporalato nei cantieri. Mercoledì alla prefettura di Milano hanno sottoscritto con le imprese, gli enti locali e gli istituti di vigilanza un protocollo d'intesa che, sulla carta, dichiara una guerra senza quartiere a ogni forma di illegalità nei cantieri. E la settimana scorsa la Fillea Cgil, che quest'anno partecipa alla Carovana antimafie, aveva messo in campo diverse iniziative contro il caporalato che accompagna come una visibilissima ombra le grandi opere.

I due «incidenti» fanno aumentare frustrazione e senso di impotenza. Franco De Alessandri, segretario della Fillea lombarda, lo ammette: «Non c'è rapporto tra gli sforzi che stiamo facendo, anche con le istituzioni, e la drammatica situazione nei cantieri». Il sindacato non si rassegna, e però da solo non può farcela, aveva detto il segretario nazionale della Fillea Franco Martini venuto a Milano per dare il via alla «Carovana». Le condizioni di lavoro nei cantieri devono diventare una questione «sociale» che interessa tutti. Altrimenti le sacrosante richieste d'aumentare il numero degli ispettori e la quantità di risorse destinate alla prevenzione degli infortuni e al contrasto del lavoro nero restano rituali ripetizioni.

«Ci sono troppo silenzi», afferma De Alessandri, «il centro sinistra non si scalda per questo tipo di argomenti». Ma se il modo in cui si è costretti a lavorare nei cantieri nel terzo millennio non interessa al centro sinistra, a chi mai dovrebbe interessare?

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«Questa non è una faccenduola che riguarda una categoria disgraziata e pre-moderna. Il modello del cantiere ormai è stato esteso a tutto l'universo del lavoro». Frammentazione, precarietà, flessibilità, compressione dei costi a scapito dei diritti, immigrati costretti a pagare il pizzo per farsi sfruttare: «E' così in tutti i settori, solo che i muratori si fanno male e muoiono di più».

L'analisi non fa una grinza. Ma, e lo diciamo senza maramaldeggiare, omette di citare l'attore principale: le imprese edili. A sporcarsi le mani con caporali e illegalità sono gli ultimi anelli delle catena dei subappalti, a trarre vantaggio da questo sistema sono le grosse aziende con cui il sindacato firma contratti e protocolli. Andrebbero messe con le spalle al muro, ma il sindacato non ne ha la forza o la voglia. La voglia, stando a De Alessandri, c'è. Quanto alla forza, andrebbe concentrata «in azioni mirate di lotta» come il blocco delle «grandi opere». «Solo così riusciremo a inchiodare le associazioni padronali alle loro responsabilità».

Il Manifesto 10/10/04

Piano difensivo in Solvay

Ma davvero lo stato di salute della Solvay è nei termini idilliaci, anzi trionfali, presentati all'opinione pubblica dal potenziato staff di «pubbliche relazioni» e quindi dalla stampa che non lesina di esaltarne le «magnifiche sorti e progressive»? Siamo andati ad esaminare gli accordi che sui giornali i sindacati hanno decantato «positivi», anzi «ottimi». Scopriamo che Solvay Solexis non sarà più il maggiore gruppo della chimica fine italiana, tagliando via gli stabilimenti di Pescara e Venezia e riducendosi alle sole produzioni di Spinetta Marengo che scenderà sotto i 500 dipendenti. Scopriamo che nello stesso stabilimento di Spinetta ci sarà un nuovo «licenziamento collettivo e conseguente collocazione in mobilità di 70 lavoratori», un'ulteriore riduzione di personale. Scopriamo una promessa di sostituzione (30 unità con contratti di precariato) del personale licenziato limitata ai soli reparti di produzione e tecnologia (273 gli addetti attuali), mentre per «servizi e attività di supporto (servizi generali, sanitari, tecnici e manutentivi, vigilanza, amministrazione e controllo, laboratori, logistica e distribuzione)» si prevedono «affidamenti e gestioni diverse». Cioè si intende dare i servizi in decentramento, appalto, affitto e flessibilità varie. Mentre resta massiccio il ricorso a straordinari e non godimento delle ferie, nonché al lavoro già in appalto e oggetto di roventi polemiche del sindacato metalmeccanici per l'incidenza degli infortuni. Il tutto per «perseguire il continuo miglioramento della produttività». Dunque scopriamo che scompare il «gruppo Ausimont» e lo stabilimento Solvay di Spinetta si riduce ai minimi storici (dai 1.700 occupati del tempo che fu). Dunque come si giustifica il trionfalismo sindacal-padronale che abbiamo letto nelle scorse settimane? Forse per il piano industriale, per gli investimenti programmati? Ma anche in questo caso l'esame dei documenti non entusiasma: 77 milioni di euro in un arco pluriennale e volti a razionalizzazioni e potenziamenti dell'esistente ma non a nuove produzioni e alla ricerca. Dunque non un piano di «sviluppo e crescita» bensì difensivo, di contenimento della crisi, in attesa di tempi migliori. E due milioni destinati alla sicurezza sono davvero pochini. Il pensiero va ai rischi di catastrofe industriale, verso i quali noi non siamo «sereni» come si dichiarano i sindacalisti, proprio dopo aver letto gli accordi da loro fatti sottoscrivere. Lino Balza, Medicina democraticamovimento di lotta per la salute

Il Manifesto 10/10/04

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Operaio cade da 5 metri. È grave . Il ferito ha 45 anni ed è di Comun Nuovo. L'incidente nella Giornata per le vittime degli infortuni sul lavoro

Un altro grave infortunio sul lavoro è accaduto domenica, proprio nella giornata dedicata alla sensibilizzazione e alla promozione di una cultura della sicurezza in cantieri e fabbriche. È rimasto gravemente ferito un operaio 45enne di Comun Nuovo, precipitato da cinque metri: con un collega stava riparando una gru. Nella caduta ha riportato un forte trauma cranico e un trauma toracico. L'operaio è ora ricoverato in condizioni critiche all'ospedale Civile di Brescia. L'infortunio è avvenuto alle 9.30 in un cantiere di Pontevico (Brescia). Pietro Majestic, operaio della ditta Oldoni di Mozzanica, per cause in corso di accertamento ha perso l'equilibrio ed è precipitato da circa cinque metri. Le condizioni sono apparse subito molto gravi. Il collega ha chiamato il 118, intervenuto con l'elisoccorso. Il ferito, dopo le prime cure, è stato trasportato all'ospedale Civile di Brescia dove è ricoverato. I medici si sono riservati la prognosi. Nel cantiere sono intervenuti i carabinieri e i tecnici dell'Asl di Brescia.

L’Eco di Bergamo 11/10/04

PIOBESI, INFORTUNIO.

Un operaio di 46 anni, Giancarlo Gariglio, di Piobesi, è stato trasportato in elisoccorso al Cto a seguito dello schiacciamento di un'arto superiore. L'infortunio si è verificato ieri intorno alle 17,30, nello stabilimento Inco di Piobesi, anzienda produttrice di pannelli di legno pressato: per liberare l'uomo sono intervenuti anche i vigili del fuoco.

La Stampa – Torino cronaca 12/10/04

CUNEO-FOSSANO . Tre incidenti in dodici anni

Un mese fa, alle 7,19 del 13 settembre, poco distante dalla Stazione di Cuneo, due donne morivano nel deragliamento del treno «4441», proveniente da Torino: la capotreno, Anna Maria Matarese di Caraglio e Duilia Logli di Collegno, impiegata in questura. Quello di Madonna dell'Olmo è il terzo incidente in dodici anni sulla linea Cuneo-Fossano: il 10 gennaio ‘92, lo scontro tra convogli provenienti da Mondovì e da Cuneo causò una ventina di feriti. Sette anni dopo (16 aprile ‘99), il regionale delle 17,35 da Cuneo, diretto a Torino, uscì dai binari dopo aver superato lo scambio con la linea per Saluzzo. m. ma.

La Stampa – Sezione Cuneo 13/10/04

«Cvm, Casson inganna i giudici» Il difensore di Enichem all’attacco del pubblico ministero e di alcune sentenze della Cassazione

Un'arringa durata quasi cinque ore e che a tratti ha assunto i toni di una vera e propria lezione di diritto penale. Così il professor Federico Stella, difensore di Enichem - vincitore in pectore del processo di primo grado - ha dato il via alle arringhe dei legali dei dirigenti del Petrolchimico al processo d'appello per le morti da cvm. Stella, che parlerà anche oggi e nelle prossime udienze, è tornato a trattare il nesso di causa tra esposizione a cvm e malattie correlate, tema che egli ha approfondito anche nel suo

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testo "Giustizia e modernità" (Giuffré editore). E Stella ha attaccato duro il Pm Felice Casson che avrebbe tentato di «ingannare i giudici d'appello nascondendo la sconfitta dei propri consulenti tecnici». Un giudizio lapidario quello del difensore di Enichem per il quale, questioni come quelle dei danni alla salute da sostanze chimiche, non si dovrebbero trattare in ambito penale, ma piuttosto in ambito civile. Ma ad essere fuori dal "recinto del diritto penale", non sarebbe solo il Pm, ma anche alcune sentenze della Cassazione penale sui danni da amianto citate da Casson, nonché altre sentenze emesse da giudici che avrebbero «travisato il concetto di probabilità logica». «Il concetto di probabilità logica non era conosciuto prima che uscisse un mio testo che tratta la questione - ha sottolineato il professore - Dato per scontato che non esiste una legge scientifica certa che spiega come il cvm possa provocare il cancro, anche qualora si faccia valere il principio della probabilità logica, occorre che questa raggiunga un livello del 99, 9 per cento. Questi sono i principi che sono stati fraintesi da molte sentenze e dal Pm Casson».Uno degli assiomi di Stella è che «le massime del comune buon senso non hanno alcun valore, se non sono confermate da una legge scientifica». «L'Epa afferma che la percentuale di tumori imputabile all'esposizione a sostanze chimiche sintetiche si aggira tra l'1 ed il 3 per cento - ha ribadito il difensore di Enichem - E il Pm non ha dimostrato che una diagnosi anticipata avrebbe potuto allungare o salvare la vita agli operai. Anche dopo un eventuale intervento chirurgico, infatti, il paziente può vivere un anno ancora, ma la stessa cosa potrebbe accadere anche senza l'intervento e talvolta addirittura la morte può avvenire proprio come conseguenza dell'intervento. Inoltre non è stato dimostrato che il mancato allontanamento dei lavoratori dal cvm abbia peggiorato le loro condizioni di salute». Stella si è lungamente soffermato sulla giurisprudenza statunitense: «In America non c'è un solo processo penale avviato per esposizione a sostanze tossiche - ha concluso il difensore di Enichem - Come mai, visto che i giudici ed i rappresentanti della pubblica accusa escono tutti da celebri università come Harvard e Yale? Perché queste questioni negli Stati Uniti sono trattate nell'ambito di processi civili e non penali. In Italia la speranza che si trovi il giusto cammino per trattare queste questi temi viene da una recente sentenza della nostra Cassazione civile».Nicoletta Benatelli

Il Gazzettino 14/10/04

Orsa e Sult: adesioni all'80% Treni, riuscito lo sciopero

Un altissimo numero di treni soppressi, contrariamente a quanto avevano assicurato le Fs, che ha provocato notevoli disagi e il disorientamento dei viaggiatori, soprattutto nelle grandi stazioni. Sono gli effetti della massiccia partecipazione dei lavoratori allo sciopero di 8 ore indetto per la giornata di ieri dall'Orsa e dal Sult. I sindacati parlano di «adesioni superiori all'80% con punte, in molti impianti, del 100 %». Orsa e Sult rivendicano più sicurezza e contestano l'introduzione del sistema Vacma, una apparecchiatura di controllo del livello di attenzione di chi guida i treni. Secondo i sindacati, «le Fs non tengono conto dei numerosi studi internazionali che definiscono il sistema Vacma invasivo, stressante e pericolosi per la salute e perseguono questo progetto con il solo obiettivo di ridurre l'equipaggio macchina, affidando la guida dei treni a un solo macchinista, ponendo in secondo piano l'aspetto sicurezza». Ro. Fa.

Liberazione 14/10/04

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Edili, due morti a Roma e Milano

E' morto per un infarto ieri a Milano in un cantiere nel quale lavorava in nero. La denuncia viene dalla Fillea-Cgil cittadina. La vittima si chiamava Raffaele Meola, 39 anni. Lascia una moglie disoccupata e una figlia di pochi mesi. I colleghi del lavoratore hanno bloccato il cantiere per protesta. Intanto, dopo cinque giorni di ricovero nell'ospedale Gemelli di Roma, è morto Pierino Temperini, l'operaio che si era gravemente ferito cadendo da una scala in un infortunio sul lavoro nella capitale. I sindacati delle costruzioni - si legge in un nota - hanno deciso di tenere ieri un'ora di sciopero nei cantieri che stanno realizzando la terza corsia del Grande raccordo anulare, luogo dell'infortunio. Dieci morti in dieci mesi: la triste classifica della mortalità nei cantieri edili del Lazio.

Liberazione 14/10/04

PALAZZO. NO AL PATTEGGIAMENTO Il proprietario della cava è rinviato a giudizio per i cingalesi asfissiati

E' stato rinviato a giudizio Walter Stipari, 74 anni, di Novara, amministratore unico della ditta «Nuova Cave Dogana» di Palazzo Canavese. Deve rispondere di omicidio colposo plurimo: la prima udienza è stata fissata davanti al giudice Alessandra Pfiffner il 25 gennaio 2005 in Tribunale a Ivrea. La vicenda risale al 31 dicembre di due anni fa quando un'intera famiglia di cingalesi, padre, madre e figlia (l'uomo era il custode della cava di Stipari) morirono stroncati dal monossido di carbonio sprigionato da una caldaia. La stufetta si trovava nella loro camera da letto, nell'appartamento al primo piano di una palazzina a Palazzo Canavese. Era qui che viveva la famiglia Silva: Yude Silva Karunanayake, 36 anni, la moglie Marian Iruna Fenando, 29 anni e la piccola Juliana, 6 anni. I famigliari (una dozzina di persone tra sorelle e fratelli) hanno deciso di costituirsi parte civile e chiedere un risarcimento danni di svariati miliardi di vecchie lire per la scomparsa dei loro cari. Il legale della famiglia, Virginia De Marco, del Foro di Napoli, aveva chiesto al giudice Guido Bufardeci che venissero inserite nella causa anche la compagnia di assicurazione e l'Inail che avrebbero dovuto coprire da eventuali infortuni i Silva. Intanto il pm, Antonio Bartolozzi, ieri ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali di Stipari.

La Stampa – Torino Cronaca 15/10/04

EDILIZIA Indagine nell’Alto Friuli Infortuni più gravi agli immigrati In campo le Ass della provincia

Seppure con una partecipazione, per la prima iniziativa, ancora inferiore a quella che l'importanza del tema meritava di avere, al Palazzo delle professioni di Udine, le Aziende sanitarie dell'Alto, Medio e Basso Friuli hanno messo in pista un progetto originale e articolato sulla tutela del lavoro e la prevenzione degli infortuni riguardo a extracomunitari e lavoratori iterinali. Il settore preso in considerazione in prima battuta è quello edile. La sanità pubblica ha cominciato a rivolgersi a rappresentanti delle associazioni di categoria, imprese e sindacali, ma, con la collaborazione di tutti coloro che si occupano di volontariato, si estenderà sempre di più il dibattito e l'azione di informazione, raggiungendo datori di lavoro del settore edile anche stranieri, fino ad arrivare agli incontri con gli stessi lavoratori (il primo a dicembre, ha annunciato Claudia Zuliani, dell'Ass 4).

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Uno dei relatori, Sandro Venturini, dell'Azienda sanitaria dell'Alto Friuli, ieri ha cercato di tracciare un quadro del fenomeno infortuni stico in provincia di Udine con particolare attenzione ai lavoratori stranieri. Purtroppo, anche se è già in corso una raccolta a campione, al momento i dati, come ha riferito, si presentano incerti e sottostimati. L'Inail ad esempio utilizza una codifica unica per nati all'estero e quindi bisogna sempre tener conto dell'incidenza nel gruppo considerato degli immigrati di ritorno che nell'Alto Friuli è prevalente. Venturini ha presentato un'indagine condotta quest'anno su un campione di 40 aziende (di comparti diversi con oltre 50 addetti, delle costruzioni e servizi di pulizia con più di 10 o nelle quali nel 2001 erano accaduti infortuni a lavoratori stranieri), per un totale di circa 4200 addetti. Nel triennio 2001-2003 si nota un incremento del rapporto tra italiani e stranieri: nel 2003 erano rispettivamente 3728 e 391, uno a 10 in media. Ma mettendo a fuoco il numero degli infortuni tra italiani e stranieri salta fuori una media di 17 a 1: nel 2003 412 infortuni hanno interessato italiani e 18 stranieri. E allora il quesito: i lavoratori stranieri si infortunano meno degli italiani? Per trovare una risposta sono stati considerati gli infortuni definiti dalla banca dati dell'Inail nel 2001, sempre in Carnia. Dei 173 infortuni occorsi ai nati all'estero sono stati scorporati qualli riguardanti soggetti con tutta probabilità immigrati di ritorno, 105 (circa il 60 per cento) e sono stati mantenuti in evidenza i 68 toccati a stranieri. Ebbene, sui 1758 infortuni verificatisi nel 2001 sul territorio dell'Ass 3, per un totale di 40 mila 296 giornate di infortuni o, e una media di 23 giorni, i 68 capitati a lavoratori stranieri hanno comportato 2456 giornate di infortuni o, con 36 giorni quindi di media. «I lavoratori stranieri mediamente subiscono infortuni che comportano maggiore durata e quindi maggiore gravità» era la scritta che campeggiava su una delle schermate proiettate in sala nel corso della relazione di Venturini. E dunque altre domande: svolgono lavori più gravosi? hanno meno professionalità? sono meno informati? vengono denunciati solo gli infortuni più gravi? E una conclusione amara: «C'è troppa distanza tra quanto giustamente pretendono le leggi in materia di sicurezza del lavoro e l'albanese che lavora sul tetto, con un contratto a termine...». P.D.

Il Gazzettino – Cronaca di Udine 15/10/04Raffineria Api, nuovo incendio e aria tossica

Nuovo incendio nella raffineria Api di Falconara Marittima, anche se questa volta di dimensioni ridotte. Dato però il precedente dell'8 settembre (morì un autotrasportatore e rimasero ferite tre persone), si sono sviluppate nuove polemiche. Le associazioni ambientaliste chiedono che l'impianto venga riconvertito o chiuso. L'allarme è scattato poco prima delle 21 dell'altra sera per un incendio provocato dalla fuoriuscita di gasolio da una giuntura dell'impianto di distillazione. Ciò ha fatto scattare il pronto intervento che ha contemplato anche il blocco della linea ferroviaria adriatica che transita vicino allo stabilimento.

Liberazione 16/10/04

VIVARO Chiuso un reparto dopo l’infortunio mortale Trend, lavoratori fermi paura per le commesse

Vivaro . C'è preoccupazione tra i dipendenti della Trend Group e le rappresentanze sindacali dello stabilimento vivarese in merito alla chiusura prolungata del reparto di piastrelle, al quale sono stati posti i sigilli tre settimane fa, dopo l'incidente notturno nel quale perse la vita un giovane operaio ghanese. Al momento i 25 addetti alla

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produzione sono stati posti in ferie forzate e non sanno quando potranno riprendere il loro posto in fabbrica. Lo stop si è reso necessario per consentire ai tecnici del servizio prevenzione infortuni dell'Azienda sanitaria numero 6 e ai carabinieri di Maniago di portare a termine tutti i controlli per stabilire con certezza l'esatta dinamica dell'infortuni o mortale. Sul decesso indaga il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Pordenone, Daniela Bartolucci. Il timore per la prolungata chiusura nasce dal fatto che ci sono in piedi grosse commesse con gli Stati Uniti e, a lungo andare, anche gli altri reparti della Trend risentiranno della mancanza di rifornimenti di piastrelle. Nel tragico infortuni o era morto l'operaio trentanovenne ghanese Benjamin Hemeng, residente assieme ai fratelli a Pordenone, in via Montereale 39.Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il ghanese era stato travolto da un potente macchinario che lo aveva spinto a terra schiacciandogli la cassa toracica e colpendolo violentemente alla nuca. Il decesso, pressoché immediato, sarebbe stato causato da soffocamento, proprio per l'enorme peso del macchinario, che i colleghi della vittima, subito accorsi, avevano spostato con grandi difficoltà.L.P.

Il Gazzettino – Cronaca di Pordenone 17/10/04

CHIMICA A MARGHERA PERCHÉ SERVE IL REFERENDUM appello del COMITATO PROMOTORE

Ci rivolgiamo a tutti i cittadini, gli operai, gli studenti, le famiglie, i giovani, gli anziani. È in gioco il futuro di ognuno di noi, degli altri dopo di noi, dell'intera comunità. Un futuro che, a Porto Marghera, è in mano ai "signori della chimica" e noi vogliamo riprendercelo, con il referendum. In questi ultimi mesi, il dibattito sul futuro di Porto Marghera ha subìto un'accelerazione, in forza di due progetti in discussione alla commissione Via (Valutazione Impatto Ambientale) regionale. Il primo riguarda il potenziarnento del impianto Cvm-Pvc, approvato dalla commissione con una serie di modifiche, rispetto al progetto iniziale, l'altro in dirittura d'arrivo riguarda la sostituzione delle cene a mercurio nell'impianto cloro soda. A questo, va aggiunto il progetto dell'Hidrogen Park di utilizzare l'idrogeno prodotto di scarto dei cicli chimici. Le multinazionali della chimica, l'unione degli industriali, il sindacato, alcuni partiti, condividono e sostengono questi progetti in quanto, a loro dire, capaci di essere la "strategia industriale giusta" per garantire un "futuro" a Porto Marghera. È opportuno a questo punto cercare di chiarirci su cosa intendiamo per "futuro", analizzando il tipo di ricaduta di questi progetti sui soggetti che ne verranno coinvolti. Il modello di sviluppo che le aziende propongono per i prossimi 20/30 anni non contiene novità. La formula è quella intrapresa da qualche anno, liberarsi degli impianti produttivi, a fronte. del disimpegno dello stato sulla chimica nazionale, puntare sulla filiera del cloro, assistita dagli impianti di petrolio e carbone. In questo scenario i profitti, che sempre meno nella chimica dipendono dal prezzo di vendita del prodotto, saranno legati all'abbattimento dei costi e perciò all'abbassamento del costo della forza lavoro, alla diminuzione delle spese per ammodernamento e manutenzione degli impianti. Se pur con dinamiche diverse le varie Evc, Sindyal, seguono e seguiranno le Orme delle più vecchie Montedison, Enichem, cioè sfrutteranno al massimo gli impianti, ridurranno il numero di addetti, aboliranno la ricerca e la manutenzione. La strada è già ben tracciata dalle attuali politiche aziendali. Il risultato finale sarà che qualche decina di persone più i loro portaborse avranno un futuro assicurato, anzi un dolce futuro, fatto di guadagni

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enormi da dividere in pochi.Per tutti gli altri? Per quelle decina di migliaia di persone che vivono a ridosso delle fabbriche, per i lavoratori, per l'ambiente, ci può essere un "futuro" con questo modello di sviluppo? Non è forse ora che, anche nel dibattito politico di queste settimane su Porto Marghera, si introduca come elemento prioritario le necessità, i diritti di tutti quei soggetti che, da decenni, subiscono tutti gli effetti negativi della presenza del polo chimico. Se il fosgene, il Cvm, il cloro rimangono a Marghera, i cittadini quale vantaggio ne avrebbero? Nessuno! Anzi, vedrebbero péggiorare sensibilmente la propria qualità del1a vita già ampiamente compressa. La cronaca lunghissima degli incidenti al Petrolchimico, oltre 40 negli ultimi anni, dimostrano l'inaffidabilità di impianti vecchi e obsoleti, la compattezza di scelte aziendali impostate per mettere all'ultimo posto la tutela delta salute, rispetto ai loro profitti. Con questa "filosofia e pratica", la sicurezza è un optional che nessuno vuole adottare perché costa, come costa l'innovazione tecnologica, parola tabù da queste parli. Trovano spiegazione in questo contesto le continue fughe, incidenti in impianti datati 1971/72 se non antecedenti. Strutture complesse ad alto impatto ambientale per le sostanze cancerogene prodotte, con un livello di manutenzione bassissimo, con un investimento ambientale da parte delle aziende che è calato dal 1999 al 2001 del 42\% (dati Arpav) e con una conseguente ricaduta immediata sui lavoratori, in termini di aumento della frequenza degli infortuni del 14\% nel suddetto periodo di tempo, con un indice di gravità aumentato, negli ultimi due anni, del 38\%. In questa situazione, il nuovo impianto del cloro soda che nuovo non sarà, visto che la Sindyal, per non bonificare il terreno dal mercurio, sostituirà solamente la parte delle celle, e il sempre verde, si fa per dire, impianto bilanciato di Cvm/Pvc, sarà compatibile con i nostri polmoni, con la laguna, con questo nostro territorio. Certo che no! Il fosgene rimarrà a perseguitarci, in eterno, visto che la produzione verrebbe potenziata mantenendo l'attuale situazione di stoccaggio, no bunker, ci sono atterraggi aerei. Il dimetil carbonato, sostitutivo innocuo del fosgene, rimarrà una favola a uso e consumo della Dow Chemical. Il Cvm tristemente noto in quanto cancerogeno e responsabile di molti decessi tra i lavoratori continuerà ad essere emesso dai camini. Le bonifiche di 2mila ettari di un territorio tra i più inquinati d'Italia rimarranno sogni nei cassetti o, per piccole porzioni, si avvieranno messe in sicurezza per speculazioni immobiliari. I sistemi di allertamento e informazione per i cittadini in caso di incidente chimico resteranno semplici progetti sulla carta come sta avvenendo in questi due anni.Insomma una riconferma totale di questo sistema produttivo basato sul peggioramento della qualità della vita dei lavoratori e della popolazione. In questa situazione, non è possibile lasciare la nostra vita e salute, in mano ai "signori della chimica" e ai loro progetti, che la condizioneranno per i prossimi vent'anni.Questa comunità, in tutte le sue componenti, deve decidere del futuro di Porto Marghera, a fronte anche dei limiti e vuoti dell'azione politica istituzionale che tentenna sul cosa fare della chimica. Che siano i cittadini di questo comune, attraverso la trasparenza della consultazione popolare, a dare un indirizzo di prospettiva su alcuni cicli di Porto Marghera. Che il rifiuto di convivere con sostanze tossico-nocive, a poche centinaia di metri, venga ratificato attraverso un referendum.

Il Gazzettino 17/10/04

TRAVOLTO DA PIANTA . Infortunio in cava a Candoglia Operaio ferito

MERGOZZO . Incidente sul lavoro, ieri, a Candoglia: un giovane è stato ricoverato all'ospedale San Biagio di Domodossola con un forte trauma addominale ed una gamba fratturata. L'episodio è accaduto alla Fabbrica del Duomo, dove si estrae il marmo rosa.

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L'infortunato è Fulvio Marta, 30 anni, di Vogogna. Stava lavorando alla rimozione di alcuni massi vicino ad una pianta. Improvvisamente l'albero è ceduto rovinandogli addosso. Il giovane è stato colpito soltanto parzialmente ma ha dovuto aspettare i soccorsi per essere liberato dall'enorme peso. Sul posto è arrivato prontamente un elicottero del 118 con la squadra medica. Dopo l'immobilizzazione dell'arto il giovane è stato trasportato all'ospedale San Biagio di Domodossola. Secondo una prima valutazione dei medici dovrebbe guarire in una trentina di giorni. Da definire la dinamica dell'incidente che è al vaglio dei carabinieri di Verbania. I militari hanno raccolto tutti gli elementi necessari all'indagine. Sul posto gli ispettori dello Spresal, il servizio che si occupa di medicina del lavoro. f. ru.

La Stampa – Sezione Novara 19/10/04

SCHIACCIATO DAL TRATTORE

VACRI - Ennesimo mortale infortunio agricolo. E’ avvenuto ieri sera nel territorio comunale di Vacri. A perdere la vita è stato Nardino Raffaele D’Alessandro, nato a Vacri 72 anni fa, che è rimasto schiacciato sotto il trattore mentre stava percorrendo la strada rurale Porcareccia. Sul posto si sono recati i cigili del fuoco e un’ambulanza del 118. Il personale del 118, quando è arrivato sul posto, non ha potuto far altro che constatare l’avvenuto decesso, mentre i vigili del fuoco non hanno potuto far altro che estrarre da sotto il pesante veicolo agricolo l’uomo. I vigili del fuoco hanno illuminato con potenti torce tutta la zona, per consentire al medico legale l’esperimento di tutte le procedure per la rimozione del cadavere. I carabinieri, intervenuti per i rilievi, stanno cercando ora di chiarire la dinamica dell’incidente, causata forse dalla forte pendenza della strada interpoderale e che il il trattore trainava un rimorchio.

Il Messaggero – Abruzzo 19/10/04

MONASTERO. DIPENDENTE COMUNALE RISCHIO’ LA VITA Infortunio sul lavoro L’ex sindaco nei guai

Riprenderà il prossimo 10 gennaio il processo che vede imputato l'ex sindaco di Monastero di Lanzo Piero Machetta. Per quella data il pubblico ministero ha chiesto di ascoltare i testimoni della vicenda che poteva costare la vita a Giovanni Bergagna Tepas, un ex dipendente del Comune di Monastero. Quest'ultimo, mentre era impegnato a spianare del pietrisco lungo la strada interpoderale Mecca-Marsaglia-Salvin, si ribaltò con la pala meccanica che stava manovrando precipitando in una scarpata. L'incidente avvenne il 30 luglio del 2001. Ieri mattina nel Tribunale di Ciriè l'avvocato di parte civile Fabrizio Mastro ha presentato la richiesta per il danno biologico patito dal suo assistito. Il risarcimento, tenuto conto che il Bergagna Tepas, ha dovuto subire una serie di interventi chirurgici al volto, è stato quantificato in 190 mila euro. Anche l'Inail ha riconosciuto l'incidente come infortunio sul lavoro e ha avanzato una richiesta di risarcimento di 134 mila euro. Secondo il pm Gianfranco Colace, che ha condotto le indagini, Piero Machetta, difeso dai legali Obert e Rossa, avrebbe violato le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro non provvedendo a selezionare per l'esecuzione di quelle opere un'impresa o lavoratori autonomi con adeguate capacità

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tecniche sull'uso di quelle attrezzature.

La Stampa – Torino Cronaca 20/10/04

Uranio, Osservatorio militare: nel 2003 morti 109 soldati

Sono 109 i soldati morti nel 2003. E' quanto denuncia l'Osservatorio militare che rileva come nel 41% del totale dei decessi tra militari, la morte per malattia rappresenta la prima causa di decesso. «Con 109 decessi - osserva Domenico Leggiero del comparto Difesa dell'Osservatorio - si superano addirittura i morti per incidenti stradali. Solo quelli in mala fede non riescono a riscontrare che in questi drammatici numeri si nasconde la tremenda verità che sta uccidendo i nostri soldati: non esistono precauzioni adeguate nelle zone di operazione contro l'uranio impoverito». Leggiero rileva inoltre che il Senato non ha ancora calendarizzato la costituzione della commissione d'inchiesta. Da questo atteggiamento, denuncia, «emerge una preoccupante indifferenza al dramma che si sta consumando».

Liberazione 20/10/04

Infortuni lavoro: un morto, due gravi

E' salito sul tetto del capannone da ristrutturare ma avrebbe inavvertitamente poggiato i piedi su un lucernaio di plexiglass che non avrebbe retto al peso. La caduta è stata fatale a Carlo Adamo, di 60 anni, titolare di una piccola impresa edile di Crotone. Sono in prognosi riservata un operaio napoletano di 42 anni, caduto anche lui, e un altro operaio, Francesco Santoro, 64 anni, travolto da un grosso pezzo di marmo. Intanto l'Ispesl rende noto che nel settore delle costruzioni il rischio mortalità supera di 4 volte quello registrato in tutti gli altri settori produttivi.

Liberazione 20/10/04

Lavorava in nero, muore fulminato

E' morto fulminato da una scarica elettrica sprigionata dal montacarichi sul quale stava lavorando mentre era intento nella manutenzione di una cisterna industriale per acqua a Ostuni. A quanto si è appreso Donato Convertino, operaio di 43 anni, lavorava per conto di una ditta dalla quale però non era stato assunto.

Liberazione 21/10/04

Palermo, sciopero per la sicurezza

Mentre muove i primi passi l'inchiesta sull'incidente del treno metropolitano che collega Palermo all'aeroporto di Punta Raisi, in seguito al quale sono rimaste ferite una ventina di persone, tra cui il macchinista, i sindacati annunciano uno sciopero sul tema della sicurezza di 8 ore per il 5 novembre. Secondo il sindacato, l'incidente si sarebbe evitato se la stazione d'Orleans fosse stata dotata di un capostazione e se il "tronchetto", cioé il binario morto sul quale il treno in attesa della coincidenza viene indirizzato per motivi di sicurezza, fosse stato opportunamente più lungo come avviene altrove.

Liberazione 21/10/04

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SECONDO GLI ESPERTI DELL’ISTITUTO NON E’ ANCORA STATO RAGGIUNTO IL PICCO NEL NUMERO DEI MALATI . Inail: in attesa dell’amianto killer «Solo in futuro si conosceranno i danni alla salute»

AOSTA . Gli effetti dell’esposizione all’amianto sono in Valle una «malattia perduta». Guardando i dati del periodo 1994-2003, c’è da aspettarsi che l’iceberg debba ancora emergere dal mare dei lavoratori che per decenni sono stati esposti a questo materiale. L’Inail ha puntato l’attenzione su questo problema, curando un approfondimento di 30 pagine, 12 anni dopo che una legge ha messo al bando l’amianto, un tempo molto utilizzato anche per le sue proprietà isolanti. Le fibre di questa sostanza provocano l’asbestosi, una malattia cronica che causa la cicatrizzazione dei tessuti polmonari, e il mesotelioma, un tumore maligno della pleura, che può richiedere da 10 a 40 anni prima di manifestarsi. Tra marzo 2001 e marzo 2004 all’ospedale di Aosta sono stati diagnosticati 19 mesoteliomi della pleura. Un dato che, secondo l’Inail, deve far riflettere: c’è troppa differenza tra il numero di casi rilevati dall’Usl e quelli denunciati all’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. «L’insorgenza di forme tumorali, sempre più prevalenti sulle asbestosi - ipotizza l’Inail - induce a ritenere che non sia ancora stato raggiunto il picco». Se è vero che i progressi della medicina consentono di diagnosticare la malattia in modo più preciso rispetto al passato, con l’effetto di aumentare i casi che finiscono nelle statistiche, è altrettanto evidente che la situazione deve essere tenuta sotto controllo. Le malattie professionali collegate all’amianto denunciate alla sede regionale dell’Inail si riferiscono, nell’80 per cento dei casi, a lavoratori della produzione e prima lavorazione dell’acciaio, mentre la restante parte è divisa in parti uguali tra i riparatori auto e chi si occupa di manutenzione stradale. Il problema delle malattie provocate dall’amianto non riguarda solo i luoghi di lavoro, ma è anche chi ha frequentato ambienti contaminati da fibre di questo minerale. «Non va sottovalutata - scrive l’Inail - la presenza nella dimensione domestica (ad esempio feltri coibentanti negli asciugacapelli, mollettoni per assi da stiro) e nelle strutture lavorative e abitative (stucchi pareti, tubazioni per la distribuzione idrica, pavimenti in vinile-amianto, elementi di coibentazione per controsiffitti, coperture)». Dopo che questo minerale è stato messo fuori legge, in Valle d’Aosta gli interventi di bonifica sono stati 354, l’8 per cento dei quali avviati nei condomini. Per studiare il fenomeno bisogna tenere conto anche della realtà geologica della Valle, come ad esempio «Emarèse - sostiene l’Inail - dove fino al 1939 è stata coltivata una miniera di amianto. Solo recentemente sono dettate le norme per la sua perimetrazione ai fini della bonifica».

La Stampa – Sezione Aosta 21/10/04

LAURIANO. Operaio precipita mentre lavora in un capannone

Infortunio sul lavoro nella tarda mattinata di ieri presso la nuova zona industriale di Lauriano. Domenico Bonaffini, 53 anni, residente a Borgaro, in via Berlinguer 53, operaio della ditta Climaria di Caselle, intorno alle 11,30 mentre stava collocando una tubazione di aerazione all'interno di un nuovo capannonne in fase di allestimento, dell'ampliamento del Caseificio Conrado, in via Ettore Elia 10, è scivolato da una scala da un'altrezza di un metro e mezzo. In seguito alla caduta, l'operaio ha battuto violentemente sul pavimento. Domenico Bonaffini è stato prontamente soccorso da alcuni colleghi di lavoro e contemporaneamente è scattato l'allarme per il 118. L'infortunato è stato sottoposto alle prime cure da parte dell'equipe medica, poi con

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un'ambulanza medicalizzata della Croce Rossa è stato trasportato all'Ospedale di Chivasso. Qui i medici del pronto soccorso gli hanno diagnosticato un politrauma agli arti inferiori.

La Stampa – Torino Cronaca 21/10/04

A CRESCENTINO Infortunio sul lavoro alla Teksid

CRESCENTINO . Un operaio della Teskid di Crescentino, Giuseppe Besso, 35 anni, residente a Saluggia, è rimasto ferito in un infortunio sul lavoro avvenuto nella tarda serata di mercoledì nello stabilimento di strada Ghiaro. Urtato da un carrello elevatore, ha riportato la frattura di un femore per cui è ora ricoverato all’ospedale di Chivasso con una prognosi di novanta giorni. L’incidente è avvenuto poco dopo che l’operaio, addetto al settore manutenzione della fabbrica metalmeccanica, aveva iniziato il turno di notte. Per cause ancora in corso di accertamnto da parte dei carabinieri incaricati dell’indagine, il Besso è stato «investito» dal carrello elevatore manovrato da un altro operaio. Il pesante mezzo meccanico gli ha schiacciato una gamba. L’allarme è scattato immediatamente. Sul posto sono accorsi un’autoambulanza del 118 e una pattuglia di carabinieri. Dopo un primo intervento compiuto dai medici direttamente in azienda, l’operaio è stato trasportato all’ospedale di Chivasso dove è stata diagnosticata la brutta frattura. Gli accertamenti dei carabinieri e del servizio antifortunistico dell’Asl dovranno dovranno accertare se l’infortunio è stato causato da un incidente meccanico o da un errore umano e se sono state rispettate tutte le norme di sicurezza.

La Stampa – Sezione Vercelli 22/10/04

IN ASSISE IERI HANNO PARLATO I LAVORATORI E L’EX TITOLARE «PULIMETAL» «Un’azienda senza tensioni» Operaio ucciso, i colleghi testimoniano

NOVARA . Sfilano i colleghi di lavoro e l’ex titolare della ditta in cui lavorava Mohammed Sow al processo per l’operaio senegalese che secondo l’accusa sarebbe stato ucciso all’interno della «Pulimetal» di Paruzzaro dal suo datore di lavoro, Domenico Rettura, e dal collaboratore di questi, Rocco Fedele. I due imputati di omicidio volontario sono latitanti. Ieri in Corte d’Assise è stato rievocato l’ambiente in cui è maturata la scomparsa dell’operaio di 28 anni. Davanti alla corte sono comparsi i primi testimoni, i colleghi di lavoro di Sow. «Il 16 maggio del 2001 - ha dichiarato Giulia Principato - me ne sono andata via alle 15, quindi non so nulla di quanto possa essere accaduto dopo. Quanto al signor Rettura, aiutava i dipendenti, era puntuale nei pagamenti e questo atteggiamento lo teneva con tutti». Un altro operaio del reparto di lucidatura, lo stesso dove lavorava l’operaio senegalese, è Emanuele Cortellaro, genero dell’ex titolare del’azienda, Giovanni Alaimo, che poi aveva ceduto la ditta. Uno degli indizi su cui ha puntato il pubblico ministero Fabrizio Argentieri, sono le tracce di sangue trovate vicino alla macchina in cui lavorava Sow: ieri il pm, come gli avvocati di parte civile, Alliata e Celano, e quelli della difesa, Gamberini e Napoli, hanno cercato di chiarire questo punto. «Alla ‘’Pulimetal’’ si è verificato solo un incidente grave nell’estate del ‘99, quando un operaio ghanese ha avuto un dito tagliato - ha testimoniato Cortellaro -. Però potevano capitare piccoli infortuni, come è normale e quando si lavora con l’ottone. Io stesso ho le mani piene di cicatrici. Di Sow non ricordo che si sia ferito alla macchina da lavoro. Quanto al 16 maggio del 2001, anch’io ho lasciato la fabbrica verso le 16, insieme a mia moglie, che lavora nell’azienda, perchè stavamo per sposarci

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e dovevamo distribuire gli inviti. Ricordo che quando siamo usciti, Sow era ancora lì a lavorare». Nel dibattimento è stata ricostruita l’organizzazione del lavoro alla «Pulimetal»: la giornata degli operai iniziava alle sei del mattino con parecchie ore di straordinario e cottimo diffuso. Nell’azienda c’era inoltre un turn over molto elevato di operai extracomunitari. Domenico Ferri, titolare di una rubinetteria adiacente alla «Pulimetal», è stato datore di lavoro di Sow per due mesi: «Lo ricordo come un bravo lavoratore, puntuale. Qualche volta mi aveva chiesto di anticipargli lo stipendio perchè aveva bisogno di aiutare qualche amico del Senegal. Nient’altro. Personalmente ho saputo della sua scomparsa solo il giorno in cui è stata fatta una manifestazione davanti all’azienda da parte della comunità senegalese».

La Stampa – Sezione Novara 22/10/04

SUSA, LESIONI.

Processo per lesioni colpose ieri pomeriggio in Tribunale a Susa. Sono comparsi davanti al giudice Maria Cristina Pagano i titolari di una falegnameria di Avigliana: Piero Rolfo e Gianfranco Morelli. L'accusa è di lesioni colpose in seguito all'infortunio riportato da un dipendente. Il 25 maggio del 1998 Raffaele Astore di Condove mentre lavorava con una sega circolare rimase mutilato alla falange di un dito della mano sinistra. Il pm Faggio vuole accertare se quella macchina aveva le protezioni contro gli infortuni. Il processo è stato rinviato al febbraio 2005.

La Stampa – Torino Cronaca 22/10/04

Muore schiacciato dal proprio tir

Miroslav Petranovic, 49 anni, camionista di Zagabria, è morto in una piazzola della Padova-Bologna, schiacciato dal proprio tir mentre stava controllando il motore.

Liberazione 23/10/04

RIVAROLO, INFORTUNIO.

Si sono aggravate le condizioni di Ottavio Dartano, 50 anni, l'operaio torinese che venerdì mattina era caduto da un ponteggio durante i lavori di ristrutturazione di una villa in corso Indipendenza. L'uomo è stato trasferito dall'ospedale di Cuorgnè al Maria Vittoria di Torino. E' ricoverato in prognosi riservata.

La Stampa – Torino Cronaca 24/10/04

Cede tetto, muore artigiano

Stava riparando il tetto di un capannone coperto di eternit, in località Ganzanigo di Medicina, che improvvisamente ha ceduto, facendolo precipitare su alcuni attrezzi agricoli dopo un volo di oltre 5 metri. O. I., artigiano di 40 anni, è morto all'ospedale Maggiore di Bologna, dove era stato trasportato in eliambulanza.

Liberazione 24/10/04

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Infortunio sulla Salaria, investito un operaio

ACQUASANTA TERME Incidente sul lavoro nel pomeriggio di ieri lungo la Salaria nei pressi del ristorante «La Casaccia» nel centro abitato di Acquasanta Terme. Un giovane di 25 anni, F.G. originario di Ortona, è stato travolto da una Volvo in transito che, con tutta probabilità, non ha visto l’operaio che stava sistemando l’asfalto e indossava i pantaloni catarifrangenti. In quel punto della Salaria, proprio a causa dei lavori, si viaggia a senso unico alternato. L’operaio è stato immediatamente soccorso dai compagni di lavoro e dallo stesso automobilista incredulo per l’accaduto. Trasportato con un’ambulanza del 118 al pronto soccorso del «Mazzoni», F.G. è stato ricoverato ma le sue condizioni non destano grandi preoccupazioni. Un incidente sicuramente singolare, soprattutto perché il tratto di strada a senso unico alternato viene transitato dagli automobilisti a velocità molto moderata. Nonostante ciò il colpo ricevuto da F.G. è stato notevole ma, tutto sommato, si può dire che gli è andata bene.

Il Messaggero – Marche 27/10/04

Immigrati, un “popolo” raddoppiato in 4 anniLa Caritas: è straniero un nuovo assunto ogni 6, però a Bologna nessuno li vuole come inquilini

di CORRADO GIUSTINIANI. ROMA - Dietro i numeri, stavolta più che mai, preme una domanda: come sta reagendo la società italiana rispetto all’esplosione della popolazione immigrata? Che si tratti di esplosione, il quattordicesimo Dossier Statistico della Caritas presentato ieri a Roma e in altre città d’Italia, lo dimostra con una straordinaria ricchezza di dati. Gli stranieri sono ormai 2 milioni e 600 mila, con un raddoppio di presenze in appena quattro anni. Un’assunzione su 6 li coinvolge, mentre soltanto nel 2000 eravamo a una su dieci. Le rimesse che gli immigrati spediscono alle loro famiglie in patria ammontano ormai a 2,6 miliardi di euro, e quasi certamente il dato è sottostimato. In 73 mila fanno addirittura l’imprenditore, e 334 mila sono iscritti a Cgil Cisl Uil. Sono venuti per restare, tanto che il 60 per cento è con noi da più di cinque anni, e un terzo addirittura da più di dieci. E’ un’immigrazione sempre più femminile (i maschi sono ormai una maggioranza risicata, il 51,6 per cento) e la metà esatta degli stranieri è coniugata. Sbocciano le nuove generazioni, e gli studenti stranieri sfiorano quota 300 mila: saranno almeno mezzo milione fra quattro anni. Tutto, insomma, parla di un inserimento stabile, di un’immigrazione duratura, strutturale. Ecco perché lascia l’amaro in bocca una delle tante indagini citate nel Rapporto: quasi il 50 per cento di un campione di giovani fra i 14 e i 18 anni, ritiene che gli immigrati debbano ”tornarsene a casa loro”: parola del Dipartimento di ricerca sociale Statera, dell’Università La Sapienza, che ha condotto il sondaggio. Sono adolescenti, d’accordo, con tutti i conflitti, le pulsioni della loro età. Ma chiediamoci: cosa insegniamo loro? Che razza di stimoli ricevono dalla televisione?Un altro dato deve farci riflettere, e riguarda la propensione ad affittare un alloggio a cittadini stranieri: il 57 per cento dei proprietari di 12 città italiane, del Nord e del Centro del paese, è assolutamente contrario. L’indagine, condotta dall’Associazione piccoli proprietari di case, rivela che il record della discriminazione spetta proprio a Bologna, città proverbialmente democratica e accogliente: a dire di ”no” all’inquilino straniero è il 95 per cento dei proprietari. Seguono Perugia e Milano con il 70 per cento dei rifiuti, Firenze con il 62, Bari con il 54, e Genova con il 52. La più aperta è Roma, con il 51 per cento dei no. Un terzo dato allarmante viene dai comuni, il 60 per cento dei quali non ha ancora aperto un ”ufficio immigrazione”, che è l’abc di un processo teso a un

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inserimento ottimale di questi nuovi cittadini. «L’integrazione è a metà del guado» ha perciò commentato ieri in un teatro Orione stracolmo come sempre, Franco Pittau, coordinatore del Dossier. I segnali negativi vengono però controbilanciati dalla tradizionale tolleranza degli italiani verso le altre religioni. Ben il 70 per cento, secondo un’indagine della Fondazione Nord-Est, è contrario a una legge come quella approvata in Francia che vieta di indossare simboli o indumenti religiosi nelle scuole, come il velo musulmano, la kippà ebraica o il crocifisso cristiano. E ancora: da un sondaggio Cirm in cinque città (Roma, Milano, Napoli, Bologna e Palermo) risulta che il 63 per cento è favorevole alle coppie miste e il 55 al mantenimento delle proprie usanze da parte degli immigrati. C’è infine un dato che lascia perplessi, e riguarda gli infortuni sul lavoro, più frequenti per gli stranieri che per gli autoctoni: da 73 mila 778 del 2001 si è passati a 107 mila circa nel 2003, con 129 casi mortali. E Antonio Parlato, presidente dell’Ipsema, l’Istituto di previdenza dei marittimi, ha invocato ieri una maggiore tutela per i lavoratori stranieri imbarcati, che sono ben 10 mila. ”Programmare, accogliere, integrare” è la triplice parola d’ordine di questo Rapporto della Caritas. E mantenere le promesse. Come quella di concedere il voto amministrativo agli immigrati, fatta esattamente un anno fa da Gianfranco Fini, e quella di migliorare la feudale legge sulla cittadinanza, che impone 10 anni di attesa prima di poter presentare la domanda.

Il Messaggero 28/10/04

S.Martino in campo . Operaio tunisino muore travolto da travi che stava scaricando

Un operaio tunisino di 34 anni è morto ieri pomeriggio travolto da due travi in legno che stava scaricando da un autocarro nella zona di San Martino in Campo. Lo straniero - secondo quanto accertato dai carabinieri - era in regola con il permesso di soggiorno e lavorava per un'azienda di tendaggi. L’azienda sta eseguendo alcuni lavori in un albergo della zona. L'incidente è avvenuto mentre erano in corso le operazioni di scarico delle travi. Sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri per stabilire con esattezza la dinamica dei fatti e se l’uomo fosse solo al momento dell’incidente oppure con altre persone. E per verificare anche se ci sia stato il rispetto per le norme di sicurezza. Gli incidenti sul lavoro, come si sa, hanno avuto una flessione nell’ultimo anno, ma restano una delle piaghe del lavoro in Umbria. In particolare nel settore agricolo, dove la regione mantiene un livello record nell’infortunistica. Anche in questo comparto c’è stato un importante arretramento dei numeri assoluti: sono molti di meno soprattutto i morti sul lavoro rispetto a tre-quattro anni fa. Ma come la cronaca ricorda spesso, la battaglia per avere migliori condizioni di sicurezza è ancora tutta da vincere.

Il Messaggero – Umbria 29/10/04

PER UN INCIDENTE SUL LAVORO A CAMPOROSSO Omicidio colposo, condannato

Un capo cantiere ventimigliese di 59 anni, Luciano Olivieri, è stato condannato questa mattina dal gup Maria Grazia Leopardi di Sanremo a 8 mesi di reclusione (con la sospensione condizionale della pena) per concorso in omicidio colposo e violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. La condanna si riferisce ad una

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disgrazia che si era verificata un cantiere edile di Camporosso nella mattinata del 12 dicembre 2002, quando un giovane, all'epoca ventunenne, Vincenzo Surace, investì a morte con il camion il fratello Paolo di 18 anni. Quest’ultimo era rimasto schiacchiato tra l’automezzo e un muro. Tempestivamente soccorso era stato trasferito a Sanremo e sottoposto ad un lungo intervento chirurgico. Il decesso era avvenuto durante il decorso post operatorio. g. ga.

La Stampa – Torino Cronaca 30/10/04

Piancavallo, muore operaio

Incidente mortale ieri mattina sulle piste da sci di Piancavallo (Pordenone). Un operaio, Roberto Casella, 57 anni, residente a Musile di Piave in provincia di Treviso, è rimasto schiacciato da un pesante automezzo che si è rovesciato mentre trasportava materiale per un cantiere nella zona di Busa del Sauc. Stava operando in quota a bordo di un veicolo con grosse ruote, quando ha perso il controllo del mezzo che e' andato a sbattere contro una parete rocciosa. Fatale l'impatto: l'uomo è rimasto schiacciato ed è morto all'istante.

Liberazione 31/10/04