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Spedizione franca di porto

D irigere : C ooperativa del CJleroP alaizo Arcivescovile — S A L E R N O

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MODERIAMO LE FESTEOpuscolo di formazione

:: e di propaganda "

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A che serve q u est’opuscoletto ?

« A bbiam o d o v u to c o n s ta ta r e sp e s s o u n a v e r a i g n o ­ra n z a d i e l em en ta r i p r i n c i p i i c i r c a i l cu lto d o v u to a D io e a i S u o i S a n ti, la S . M essa , la p r a t i c a d e i S a c ra m en t i , v e n e in e s a u r ib i l i d i o r o s p ir i t u a le p e r

l e a n im e n o s tr e .E c o s ì è c h e v i e n f a t t o d i v e d e r e in c e r t e c h i e s e

i l T a b e rn a co lo E u ca r is t i c o d e s e r to d i o r n a m en t i e d i lu c e , e l e s ta tu e d e i S a n t i i l lu m in a t e co n s fa r z o , r i c c h e d i o r n a m en t i , sp e s so , p e r f in o g r o t t e s c h i ! E m en t r e i l f e d e l e p a s s a q u a lch e v o lta in n a n z i a l S a n ­t is s im o , sen z a n em m en o in ch in a r e la f r o n t e , s i p r o ­s t r a in d op p ia g e n u f l e s s i o n e d in a n z i a l l ' im m a g in e d e l P r o t e t t o r e ! ... M olto h a v v i a c o r r e g g e r e n e l l e m a ­n i fe s t a z io n i d e l C u lto ; co m e u r g e m o d e r a r e c e r t e f e s t e c h e o g g i , p e r m a n ca n z a d i d i s c ip l in a , r i e s c o n o

p o c o ed if i ca n t i .C he s e d a l ca m p o d e lla f e d e p a s s ia m o a q u e l lo

d e l la m o ra le , c o m e g i à d i s o p ra a bb iam o a c c en n a to , q u e lla m an can z a d i co s c ie n z a ch e d e v e r e g o l a r e l e n o s t r e a z ion i, i n fo rm a n d o le a lla g iu s t iz ia d i s t r ib u t iv a ,

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£ q u a n t i a l t r i m a l i la m en t ia m o n e l l ’in d iv id u o <■ ". Ha f a m i g l i a , n on d e v o n o e s s i p u r e a t t r ib u ir s i , f>n !» m a ss im a p a r t e , a l la m a n ca n z a d i c o g n iz io n e d e llaS . L e g g e d i D io e d e i p r e c e t t i d e l la C h iesa f

C on tro ta le d ep lo ra ta d e fi c i en z a g i o v a r i c o r d a r e c h e i l cu lto e V a tto c h e e s p r im e la n o s tr a f e d e . Q uesta f e d e e v en u ta d a c h i ebbe la m is s io n e d i p r e d i c a r la « F id e s ex a u d itu ». L 'e sp r e s s io n e , d u n q u e , d i n o s tr a f e d e d ob b iam o im p a ra r la da c h i n e e i l b a n d ito r e . L a s t e s sa r a g io n e , p e r ta n to , è d i c r e d e r e e d i o p e r a r e , d i g u i s a c h è p e r p i a c e r e v e r a m en t e a i S a n t i e d o t t e n e r n e l' in t e r c e s s io n e , b i s o g n a s tr e t ta - m en t e a t t e n e r s i a l cu lto q u a le e d a lla C h iesa p r e ­s c r i t t o ; n è è l e c i to a i s em p l i c i f e d e l i in tr o m e t t e r s i i n c i ò ch e lo r o n on com p e te . L a s t e s s a le g i s la z io n e c i v i l e r i c o n o s c e e s c lu s iv a m en t e a lla C h iesa i l d i r i t t o

d i d i s c ip l in a r e i l cu lto e l e f e s t e r e l i g i o s e .D obb iam o n o i e n u m e r a r e tu tt i g l i a b u s i ch e a b ­

b ia m o co n sta ta to a l r i g u a r d o d e l l e f e s t e r e l i g i o s e ? . . . S o r g o n o co m ita t i a u ton om i, n on s e m p r e com p o s t i d e g l i e l em en t i m i g l i o r i d e l p a e s e ; f o r m a n o a ta len to i l p r o g r a m m a , v ' in c lu d o n o a n c o r a la s c e l ta d e l p r e ­d i ca to r e , e p o i n e p r e t e n d o n o d a l p a r r o c o o d a l c l e r o V o s s e r v a n z a . S e s i o sa a f fa c c ia r e e c c e z io n e , s e n t i t e

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rispondere : « I p re ti » (e qualche volta anche « i l

Vescovo ») « fanno perdere la fe d e !! » S i può dare

ignoranza p iù crassa? S i può tollerare che l'incom ­

petenza di pochi p ro fa n i le feste religiose e, conse­

guentem ente, impedisca tutte quelle g ra zie che i l

Sig n ore è disposto a concedere p er l'intercessione dei

S a n ti P atron i nei g io r n i delle loro solennità ? P u ò

p iù a lungo durare un sim ile stato d i cose, quando

i fe d e li hanno i l dritto d i celebrare santamente ta li

feste , dando la dovuta importanza a ciò che è vera­

mente religioso e non g ià a ll' accessorio, che — r i­

manendo nei p rop ri lim iti — va p u re incoraggiato?

L e sacre fu n z io n i passano spesso in seconda linea

m entre per i festeg gia m en ti esterni s i sperpera in u­

tilm en te tanto danaro, senza tener co?ito che le chiese

reclam ano dei restauri, che tanti p overi hanno bi­

sogno d ' essere soccorsi........ ».Questo tratto altamente paterno V abbiamo accolto

dalla Pastorale d i M ons. Carlo G regorio M . Grasso,

Arcivescovo P rim ate d i Salerno, scritta p er la Q ua­

resim a del 1923. E sso illum ina lo scopo del nostro

opuscoletto. Esso v ’ incoraggi, 0 lettori, a seguirci

con cortese attenzione.

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Nel maggio del 1919 il periodico regionale -« il Piccolo Corriere » iniziava una campagna contro la deturpazione delle feste religiose, e invocava il ritorno ad una pura^ espressione de culto che negli ultimi anni dell anteguerra, un po’ per debolezza del clero, ma molto più per inframmettenza di procuratori e di commissioni, era degenerato in una chiassosa e alle volteirriverente festomama.

L a campagna del giornale si apriva a breve distanza da un opportuno e prezioso documento Episcopale, la Lettera collettiva di pochi mesi prima degli Arcivescovi, Vescovi e Ordinarli della nostra Regione Salernitano Lucana

In quella lettera agli zelanti Presuli, dando uno sguardo ampio ed accorato alla vita religiosa delle nostre popolazioni ed alle sue manifesta­zioni, dettavano, con paterna sollecitudine, tra vari moniti e consigli, anche delle norme precise

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sulla sistemazione delle Feste e delle Processione e, con l’autorità del Codice di Diritto Canonico e ’ della loro sapienza ed esperienza, le riassu­mevano in appositi decreti.

L a campagna del giornale, poggiata su cosi valide fondamenta, incoraggiata dall’Autorità Ec­clesiastica, acquistava tutta la sua importanza e si cominciò ad ottenere larghe adesioni en­tusiastici consensi non iscompagnati da effetti pratici.

Se nonché a ribattere sempre sullo stesso tono con la speranza che lo scopo sia completamente raggiunto, si è pensato di raccogliere in quest o- puscoletto quanto sull’argomento fu allora scritto e divulgato.

Moderiamo le feste

11 primo articolo del « Piccolo Corriere » così metteva avanti i buoni propositi, facendo un quadro delle lamentate condizioni in cui siriducevano le feste:

Cessata la guerra e diminuita la tristizia epi­demica, è terminato il penoso stato d animo che ci teneva raccolti ed ansiosi, pur nella fiducia e nella sicurezza della causa nazionale.

Ben presto però abbiamo dimenticati i quattro anni di cristiano raccoglimento e di civile serietà,.

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<e ritorniamo, quasiché la guerra e i malanni nulla c i avessero insegnato e nessuna riforma avessero impresso nel nostro spirito, nei costumi e nel tenore di vita del nostro popolo, ritorniamo ad essere gli allegri bnontemponi, gli indocili festaiuoli d ’una volta. Le solennità dei patroni, dei santi protettori, per il cui patrocinio e la intercessione ci è stata da Dio largita la pace, ci chiamano oggi alla manifestazione della nostra gratitudine e del nostro giubilo, ci porgono l ’ occasione di sollevare nella gioia gli animi, di ritemprare alla fede gli spiriti, di gustare le antiche bellezze e le dolci consuetudini delle feste. A nzi, per la forzata privazione di quattro anni ci accresconolo slancio e quasi ci sentiamo spinti a celebrarle con una pompa maggiore che valga a supplire quello che non abbiamo potuto fare negli anni passati a causa della guerra.

Luminarie, fuochi d ’ artificio, addobbi, senza gusto, senz’arte, spillano di nuovo dalle tasche dei cristiani migliaia e migliaia di lire, senza che la fede se ne avvantaggi e in senso opposto agli insegnamenti della Chiesa che, se nell’anno litur­gico ci invita alla contemplazione dei misteri divini, alla glorificazione dei santi del Signore,lo fa esclusivamente per il bene delle anime, per attirarci a ll’ imitazione della virtù e della santità. Noi, invece, facciamo baccano. Leggete

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un programma qualunque, della più piccola festa,, del più ristretto paese: esso è un richiamo alla gioia infeconda, alla esteriorità pazzesca: il culto- diventa nna cosa secondaria, la solennità del santo è un pretesto, il più delle volte.

Ebbene noi che teniamo tracciata dai pastori delle anime la missione di proclamare la perfe­zione della vita cristiana, di richiamare i catto­lici a ll’osservanza delle leggi, dei precetti, dei consigli della Chiesa per impregnare ogni atto, ogni manifestazione del profumo di Gesù Cristo,, lanciamo un grido:

Ritorniamo alla purezza del culto!

Che cosa sono questi strilli incomposti di mu­siche rumoreggienti, dentro e fuori del tempio, questo sciupio inconsulto di polvere e di dina­mite, questo imbastardire di panneggi sguaiati, queste processioni clamorose che distraggono, che traviano, che allontanano dalle bellezze della liturgia ?

S i spendono migliaia di lire — un paese di nostra conoscenza ha sorpassate quest’ anno le ventimila. — Sono paesi, sono popolazioni che hanno le loro chiese in tristi condizioni di sta­tica e di rivestimento; sono paesi che non hanno un ospedale ed un ricovero per gli am-

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malati ed i vecchi poveri, che non hanno un corso elementare completo, non acqua potabile, non fognature, paesi ove si abita in casupole, ammonticchiati contro la morale e l ’igiene, paesi che non hanno una strada lastricata, popolazioni che fanno svociare i parroci per persuadersi della necessità della profilassi. S i dice che i loro co­muni sono poveri e s’aggrappano ad un misero bilancio, ma per le feste sanno trovare danaro quanto basti e superi. Cominciamo, col mode­rare le feste.

Cominciamo dall’abolire i fuochi di artificio, le bombe carte, le granate, i mortaretti. Questo possiamo farlo. Per carità, le orecchie sono an­cora assordate dal cannone che ha tuonato in­cessantemente per quattro anni, dalle innumere­voli bombe che hanno squarciata la terra ed i corpi. Contentiamoci d ’un po’ di musica buona che allegri, conforti ed educhi gli animi, d ’una funzione religiosa che si svolga con tutta la maestà del rito, d* una parola sacra che rinfranchi lo spirito. Tutto il resto è vanità.

E facciam o del vero bene.

Quello che dovremmo spendere per la vanità, mettiamolo da parte. Un anno, due tre, quattro potremmo accumulare somme adeguate per un o­

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pera buona, cristiana, civile. M ille, due mila lire di meno, una festa senza bombecarte ed un asilo per i nostri bimbi, un soccorso per i figli di quelli che morirono per la Patria. O h ! li ab­biamo dimenticati i nostri morti. Ravviviamone la memoria col beneficare 1 loro figli, col far crescere migliori 1 figli nostri, degni del sacrificio da essi compiuti. Aboliamo certi divertimenti, aboliamo 1 fuochi, le bombe che ci suscitano il ricordo delle loro torture!

La nuova crociata.

Chi si sente a bandire questa novella ero- c ia ta? Sono le autorità, i maestri, i parroci, i sacerdoti, quelli che ancora esercitano una certa influenza sull animo delle nostre popolazioni, che possono e debbono farsi propagatori della buona idea, accogliere la salutare proposta, inculcare la modesta riforma.

V ia il paganesimo !

Onoriamo 1 santi, celebriamo le feste, ma non dimentichiamo d essere cristiani. I pagani davano panem et circences, ma noi siamo e vogliamo essere cristiani. Dei governanti, destinati a scomparire, davano feste, farina e forca. M a

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noi dobbiamo dare e praticare l ’esempio dei santi, il pane della dottrina e della vita, il giogo soave del cristianesimo, che è spirito di bontà, di fortezza e di libertà : libertà dal fallo e dal peccato, dal pregiudizio e dalla caducità, dallo sfarzo e dall’esteriorità. Le feste ce le concede il Signore perchè esse siano un segno tra noi e Lui, perchè Egli è il Signore che ci santifica ed un giorno potrà rimproverarci d ’aver profanato il santuario e d ’ aver contraffatte le solennità.

Facciamo, adunque, in modo che sia lontano da noi il Suo rimprovero.

Domande, proposte e risposte.

C i si domanda subito degli schiarimenti e ci si fanno pure delle obbiezioni sulla proposta di una opportuna riforma allo svolgimento delle feste religiose, pur essendo molti d ’accordo di dare a tali feste un significato ed una esplica­zione meno pagana e più cristiana, un valore più sostanziale che esteriore, un influsso morale anzicchè un pomposo appagamento di gioia piazzaiuola. Alcuni dicono che non è giusto li­mitare le legittime ed opportune manifestazioni religiose che il popolo ha diritto di godere, po­tendosi sposare alla celebrazione delle feste un

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diletto esterno, specie in quei paesi eminente­mente agricoli ed operai, dove per fortuna non sono ancora penetrati i veicoli della immoralità attraverso il teatro ed il cinematografo, e si sente il bisogno, dopo mesi continui di lavoro, di sollevare alquanto lo spirito con un pò di chiasso, di musica, di luminarie e di fuoco d ’artifìcio. C i si dice che a lastricare le vie, ad istituire scuole, a fondare ospedali e ricoveri ci debbono pensare le amministrazioni comunali, quelle provinciali ed il governo, e non il popolo.

A ltri ci fanno queste domande : Pariate di tante cose riguardanti il bene ed il progresso civile dei nostri paesi a proposito delle poche migliaia di lire che si sogliono spendere per le solennità religiose e non pensate piuttosto ad inculcare che buona parte di questo denaro venga adibita per opere più attinenti alla fede ed alla religione, come ricreatorii festivi, scuole catechistiche, opere educative, belle e sante cui la Chiesa nella sua materna missione dà incre­mento e benedizioni. V i occupate di dire sem­plicemente : moderiamo le feste colla diminuzione dei fuochi d’artificio, ma non avete una parola di rimprovero per tanti festaiuoli che lasciano le chiese, tempii del Dio vivente, squallide e deturpate, mentre sfoggiano in addobbi prov­visori! per pochi giorni, rimossi 1 quali, tornano

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.a comparire muri e pilastri scoloriti, sgretolati, umidi e polverosi, senza pensare che con quel da­naro, o almeno con una parte di esso, che si spreca per gli addobbi si potrebbe ottenere dal­l ’opera, sia pure modesta d ’un intelligente mu­ratore e d ’un accorto dipintore, un pò di ripa­razione e di restauro.

M astri di festa e comitati.

Sta bene ; voi fate invito di accogliere ed attuare la vostra proposta ai parroci, ai sacer­doti, alle persone, come voi dite, che ancora esercitano per la loro posizione e per il loro ufficio una certa influenza sul popolo, ma igno­rate e non riflettete che oggi, anche in un pae­sello, i rapporti sociali si sono mutati e s è venuta formando a poco a poco la convinzione in certi mastri di festa e relativi comitati che i parroci ed i sacerdoti debbano interessarsi sola­mente delle funzioni di chiesa, aggiungete che questa convinzione si riesce a far valere nella pratica, fino al punto da intrufolarsi anche in quello che concerne le cerimonie liturgiche, col- l ’arrogarsi il diritto d’invitare sguaiati cantori e d ’imporre ai predicatori di occasione di recitare conferenze che, se appagano la curiosità, riescono inadeguate ad alimentare lo spirito religioso.

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Un pò di buon volere.

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Che cosa dovremmo rispondere a queste do­m ande? Additare noi i mezzi che la prudenza consiglia ? S ’ incominci da chi può, e tutti i ben pensanti lo possono. S i spenda meno e bene, si spenda il necessario e per feste utili e non si pensi semplicemente a soddisfare le esigenze della nostra popolazione, ma a correggerle se esorbitano, a disciplinarle, a renderle estetiche davvero, come degna manifestazione del senti­mento di fede. Basta essere animati da buon volere e si riuscirà nell’ intento. Le commissioni di feste hanno bisogno di essere illuminate e guidate ; quando fossero ostili e negate ad ac­cogliere lumi e consigli, ci sono i mezzi come poterle infrenare.

Qualche esempio.

Noi sappiamo che già si è dato qualche e- sempio del come sapere iniziare e condurre a- vanti la nobile riforma che caldeggiamo. C i è noto un sacerdote rettore d ’ una importante chiesa, che ha saputo sottrarre per alcuni anni qualche cosa dalla spese della commissione delle feste ed è riuscito a dotare la sua chiesa d ’un magnifico pavimento ; qualche altro, usando lo

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stesso modo, ad una vecchia fabbrica ha sosti­tuito un elegante altare marmoreo ; un altro, li­mitando per alcuni anni la spesa di addobbo ha potuto iniziare e compire un modesto restauro della chiesa. In un paese c’era l’abito di chia­mare un predicatore di grido, dotto e facondo ed imporgli di trattare temi da conferenze, ma finalmente i consigli dell’ Ordinario sono stati accolti e lo stesso predicatore vi è ritornato, predicando le glorie del santo, le bellezze della fede, e le sue prediche sono piaciute più di quelle che trattavano di religione e patria, di scienza e fede ed altri temi di simil genere. Il popolo è ben altra cosa di quei dieci o quindici festaiuoli che fanno raccolta di denaro e cre­dono d ’ imporre i loro gusti ed i loro programmi. Il popolo bisogna educarlo, persuaderlo, indiriz­zare, condurlo, ha in se la semplicità e la fede, e ciò non è poco. Semplicità e fede, ecco la norma, ecco il programma!

Un mezzo pratico.

Venendo alla pratica, accade spesso di os­servare come anche quelli che meglio rispondono ai nobili appelli, si trovano come smarriti d i­nanzi a problemi che sono i più semplici. R i­guardo alla festomania, il male, lo ripetiamo

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ancora una volta, deve essere combattuto core mezzi adatti a ciascun paese, a ciascun am­biente. I Vescovi hanno dato delle norme pre­cise circa la sistemazione delle feste nell ultima lettera pastorale collettiva.

Quindi noi della Regione salernitano-lucano- abbiamo subito il consiglio, il comando e i mezzi come poter riuscire nella nobile impresa: eseguiamo e facciamo eseguire le norme dateci dai nostri Vescovi!

Fra queste ve n’è una che di già si va at­tuando: dalle somme raccolte si detragga un'equa percentuale a favore del culto e per opere di beneficenza.

Il Primate di Salerno fin dai primi mesi dal suo possesso episcopale fissò tale percentuale;: seguirono subito 1 esempio le diocesi di Cava e Sarno; in alcuni paesi col tanto per cento si son salvate dall’ inutile sparo di bombe carte m igliaia di lire. A Salerno il Comitato per le feste del Patrono, presieduto nel 1 921 dal Can. Mons. D. Arturo Capone, prelevava una per­centuale ed imbandiva una mensa ad oltre cento poveri, meritandosi una lusinghiera lettera del- ì ’Arcivescovo e il plauso di tutti. Imitiamo que­sti esempii pratici ; sono mezzi di facile attua­zione che già hanno dato buoni risultati senza suscitare opposizioni e difficoltà. Chi è che non

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può introdurli nel proprio paese ? Diciamolo francamente: chi non è animato da buona volontà !

11 procuratore.

Da Muro Lucano una penna brillante, a firma g. cat. ribadisce i nostri concetti con una let­tera aperta.

E scrive fra l ’altro:L a festomania — è inutile negarlo — si è

ridestata, dopo quasi cinque anni di forzato dormiveglia, e tenta di affogare nelle solite tu­multuose chiassate, in impulsive manifestazioni esteriori di fede tutto il pianto fecondo di pa­recchi anni di guerra, tutto quel po’ di senso di responsabilità, che si era andato formando nei giorni grigi della trepidazione e del dolore. L a festomania, ora, in alcuni ambienti, rappre­senta un acuto stato morboso dello spirito, una colossale ubriacatura dell anima, contro cui biso­gna insorgere. E ’ molto caratteristica la figura del così detto procuratore o maestro di festa, e non posso trattenermi dal lumeggiarla.

Questo signore nel pigliarsi il non facile in­carico di festeggiare, con la cooperazione fattiva del popolo, un santo o una santa, non sempre è mosso da pure idealità religiose ; ma spesso, per non dir sempre, non fa che servirsi della

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ricorrenza di una data memorabile nella storia della Chiesa per far sbizzarrire tutto un popolo in una pazza gioia di poche ore, in cui la festa cristiana trova molti punti di contatto con 1

baccanali pagani....Il procuratore di feste, novanta volte su cento,

è un falegname che ha lasciato la pialla o un pastore che ha posto un po a dormire la sua gerla per godersi la gioia di comandare: spesso è un signorotto — avanzo insignificante di tempi che furono — che ha così l’occasione di entrare in Chiesa, almeno una volta all’anno.

Il procuratore sa ben preparare il suo piano: dinanzi agli occhi dei fratelli emigrati in A m e­rica — attaccati ancora, e forse più di prima, a lle tradizioni della madre patria — fa balenare la grande festa che si farà al santo patrono o alla santa protettrice, ed i dollari verranno a tempo opportuno, con l’aggiunta del cambio. Il procuratore è il re della festa ; gli esercenti la cantina, il caffè, gli albergatori, i tavernai gli fanno salem elecchi, gli prodigano larghi sorrisi, ed egli, impettito, distribuisce promesse ed oc­chiate di protezione a destra ed a manca, e tutto dispone, e gironzola di qua e di là ; passa un ordine al capobanda, un altro al pirotecnico, un altro al sagrestano e magari al Parroco o Rettore di Chiesa.

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Non andate ad indagare i suoi sentimenti religiosi: se fosse capace di sostenere un esame meriterebbe questa classifica: dieci m supersti* zione, zero in catechismo. Non esagero asserendo che molte volte la sua morale non è ..., in buoni rapporti con quella evangelica, e se crede, crede sino ad un certo punto.... Ciò non pertanto tutto dispone in Chiesa, perchè la bisogna vada bene; nè manca di raccomandare allo scaccino il tenere sempre accesi i numerosi ceri, che affumigano il santo o la santa. Delle volte una geniale idea, invita per la circostanza un predicatore di car­tello, e come vanta questa trovata !

Un aneddoto sintomatico.

Ed a questo punto, io ho bisogno di aprire una parentesi, anche a costo di tediare. Confesso di non aver alcuna simpatia per certa predi­cazione di cartello, quale si vorrebbe dai fe­staiuoli che di tutto amerebbero sentir parlare fuorché della vita soprannaturale del Santo. Il popolo, uscendo di Chiesa non solo, a dir del Poeta, è così pasciuto di mente, ma resta pure col gusto falsato. Sicché tanti buoni sacerdoti per parlare di Gesù Crocifisso, e della vita umile e feconda di lumi del santo che si fe­steggia, corrono il pericolo di passare per spinti

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gretti, non aperti alle correnti delle grandi qui- stioni moderne.... Chiudo la parentesi, e cito un aneddoto sintomatico. Non è molto un giovane dei nostri circoli, reduce da una gita di piacere da un vicino p aese , descriveva agli attenti compagni una festa ivi tenuta — « Figurarsi !I procuratori avevano speso e speso migliaia di lire in fuochi pirotecnici, in bande, in lumi­narie....

— E la Chiesa — interruppi io, senza ma­lizia — l ’hai veduta? come era?

— A h ! la Chiesa era SCagMllata! — rispose il giovine in pretto dialetto, e concluse: « Dal- l ’ incasso risultò un supero di qualche migliaio di lire, che serviranno di fondo di cassa per l ’ anno venturo ».

In queste poche frasi è fotografata 1 opera miope, meschina, deletaria nei riguardi della fede, di tanti procuratori di feste.

Se davvero vogliamo moderare le feste, se desideriamo che queste corrispondano alle finalità della Chiesa, la triste genìa dei procuratori di cui mi sono occupato deve scomparire, nel senso che dev’ essere sostituita da gente responsabile, d ’ineccepibile moralità: che sappia bene spendere le offerte e le collette fatte tra fedeli.

L ’ episcopato Salernitano-Lucano, in questo campo, è intervenuto con opportune ed ìllumi-

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^nate disposizioni; ma ancora c’ è molto, molto ■da fare, per vedere eseguiti i suoi consigli.

Un pò di giurisprudenza.

M a facciamo noi pure una parentesi, a pro­posito dello sconfinamento dei procuratori e mastri di festa.

L a fonte principale del disordine delle feste sono proprio essi.

Non rare volte avviene che le commissioni si formino da se, all insaputa del parroco, del rettore di chiesa e deH’autorità ecclesiastica in genere e non sempre quelli che la compongano son fior di cristiani.

Peggio poi accade che essi siano nominati da qualche amministrazione comunale, giacche non manca tra gli altri inconvenienti anche questo, e i festaiuoli allora si sentono, baldan­zosi, come rivestiti d ’ una veste legale.

A chi spetta la nomina delle commissioni di feste ?

Rispondiamo subito : la nomina delle com­missioni di feste « è di esclusiva competenza .dell’autorità ecclesiastica ».

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II Consiglio di Stato, a Sezioni unite, il 2 7 Febbraio 1908 decise:

« Le feste in onore del patrono di un Comune hanno un carattere puramente reli­gioso, e per conseguenza il Consiglio comu­nale non può valersi dell'art. 126 della Legge comun. per avocarne a sè l'organizzazione.

« Le attribuzioni che l ’ art. 126 affida al Consiglio comunale devono sempre ri­guardare un oggetto che sia proprio del- iAmministrazione comunale, che si riferisca alla vita amministrativa ed economica del Comune ed abbia intenti di utilità pubblica.

« Deve perciò essere annullata la deli­berazione di un Comune che stabilisce la municipalizzazione delle feste in onore del Santo Patrono del Comune e nomina una commissione per dette feste ».

(Il Diritto Eccl. Ital. armo I pag. 230 — Roma 1908).

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L a Corte di Appello di Napoli nella causa tra il parroco Domenicantonio Sabella ed il Sindaco di Pescolamazza (Benevento) ha ra­gionato così :

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« Osserva (la Corte) che pel vigente di­ritto pubblico del regno le rappresentanze degli enti civili non hanno attribuzione qualsiasi d'indole ecclesiastica e di conse­guenza non possono ingerirsi in tutto ciò che si riferisce a feste religiose, le quali invece sono di esclusiva competenza del­l'autorità ecclesiastica.

« Che nella specie trattasi di festa ve­ramente religiosa, come quella che ha per obbietto il culto del santo patrono di Pe­scolamazza e va solennizzata con le obla­zioni dei devoti; e se a maggior pompa vi concorrono le processioni, le luminarie e i fuochi pirotecnici, non viene perciò la festa a tramutarsi da religiosa a civile, dacché son dessi accessori che si riuniscono e dipendono dalla festa religiosa. Un av­viso contrario non farebbe che contraddire non pure al fatto permanente, ma eziandio alle costante e secolare consuetudine, mas­sime delle meridionali provincie, la cui mercè nella principale festa religiosa del santo patrono della città, e spesse volte e- ziandio nelle altre secondarie, vi hanno le luminarie, i fuochi artificiali e la proces­sione, che ne costituiscono gli accessori.

« Nè è dato distinguere tutto ciò, che si

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compie nello chiesa do quanto altro si e- splica fuori del tempio, e ritener l'uno come festa religiosa e l ’altro qual festa civile, dappoicchè in tal modo si verrebbe a scin­dere l ’unica festa religiosa, mentre, giova ripeterlo, non trattasi se non di accessori che fan seguito alla festa che va celebrata nella chiesa e che al culto esterno si rife­riscono. Del resto, se le oblazioni van fatte

. dai devoti per la festa, senza distinzione tra la spesa occorrente entro il tempio, dalle altre accessorie fuori del tempio, e se unica è la finalità delle oblazioni, il culto, cioè, al Santo Patrono della Città, non può non ritenersi religiosa la festa.

« D'altra parte non è il luogo dove si raccolgono le oblazioni per la festa, ma è soltanto lo scopo di esse, che determina l'indole della festa. »

(R ivista di Diritto Eccl. ann. IX. 1899 pag. 323).

Ingerenze illecite.

« Come si vede, commenta un pio e dotto vescovo del meridionale, le Amministrazioni Comunali non hanno diritto alcuno d ingerirsi nella nomina delle commissioni di festa; e dove un tal uso ancor vige, i parroci si adoperino

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fortiter et suaviter, perchè sia eliminato, in vista principalmente dei gravi disordini che ne seguono. Son sicuro per altro, che le autorità municipali, cariche come sono di responsabilità specie in tempi così difficili, volentieri si senti­ranno alleggerite da un peso non consentaneo alla natura del loro ufficio. Che se poi qualcuno (contro il mio sincero augurio) si ostinasse a mantenere un’ingerenza illegittima, non manchino i parroci di informare la Curia, affinché si pos­sano provocare dalle competenti Autorità gli opportuni provvedimenti.

Quanto si è detto per le autorità municipali, a più forte ragione va applicato per i privati; € pertanto procurino i parroci e rettori di chiesa di persuadere, con tutta carità e dolcezza mista a fermezza, a rimuovere i laici dal proposito d i comandare in chiesa e d’ ingerirsi comunque nelle materie del culto : che se non riuscissero a ll’ intento con le vie concilianti e bonarie, de­feriscano la cosa alla locale autorità di pubblica sicurezza, e chiedano formalmente, che sia vie­tato di far questue a scopo di culto a chi non è stato regolarmente incaricato dall’Autorità Ec­clesiastica. E ’ bene che siffatta denunzia diano per iscritto a scanso di equivoci, e non omet­tano nei casi più gravi di tener informata la C uria » .

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Repetita iuvant.

Ancora sullo stesso metro ? S ì : continuazione e fine, per ora. Se il quadro... nosologico di certi promotori di feste apparisce lungo non si accusi la mia fantasia : io non faccio che ag­gruppare tutti quegli elementi, che posssono esser discussi domani nei nostri convegni e nelle giunte diocesane, o per lo meno attirare l ’ at­tenzione della competente autorità ecclesiastica. Col primo articolo su lo stesso argomento — debbo confessarlo candidamente — mi pare che abbia pestato acqua nel mortaio. Costretto a leggere, per lo sciopero dei tipografi romani, i giornali liberali della bella Partenope vedevo descritta ogni giorno una sfuriata di feste e fe­sticciole... Certi giornali liberali — e non mi sembra superflua la parentesi — sono deliziosa­mente eclettici : parlano con ostentata indifferenza di religione, con malcelata ironia di preti e di clericali, mantengono a dispetto della lega per la pubblica moralità la galeotta corrispondenza privata, (a tanti centesimi la parola) che si tra­duce poi in una ignobile agenzia di adulteri e d i corruzioni ; conservano un cantuccio a monsignor Luange che scrive la cronaca sacra per i fedeli babbei, che non vogliono spendere il becco di un centestmo per sostenere la buona stampa.

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Le descrizioni delle feste erano quanto mai suggestive : si parlava di magnifici fuochi di ef­fetto fantasmagorico, che lanciavano verso il cielo silenzioso, nella notte scura, miriadi di punti di oro, evanescenti ; di spari di numerosi pedardi, di sfarzo, di dovizia di suoni, di colon, di luce.

E mentre che i procuratori con questa paz­zesca scenografia si esibivano sui giornali, all am­mirazione dei lettori, sui nostri periodici si po­teva a pena leggere che il supero di una festa modesta tenuta in un paesello della diocesi di Sarno era stato destinato alla beneficenza.

R ara avis, davvero.

Occhio al cinem atografo !

M a non volevo solo parlar di questo. Ci e un altro fatto su cui richiamo l’attenzione. Nei paeselli i procuratori di festa, per espletare il loro programma di divertimenti, si servono anche del cinematografo. In un piccolo centro il ci­nematografo è quanto di più chic e ghiotto si possa immaginare. Non c’è luce elettrica in paese ? e che perciò ? L ’operatore cinematografico possiede sempre tre o quattro bombole di os­sigeno ; fa presto a caricare su di uno di quei

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pesanti ed antidiluviani traini che battono le nostre rotabili, e crepi la melanconia.

Però devo esser giusto. S i è molto discusso sull’efficacia pedagogica del cinematografo, il quale con rapidità di trapassi inverosimili ripro­duce scene, che molte volte, nella vita non si presentano, però resta sempre che esso desta profonda impressione su le nostre popolazioni, che non hanno, come quelle dei grandi centri, i nervi intorbiditi per le emozioni quotidiane.

Ora se il procuratore di festa si servisse del cinematografo per far conoscere la vita del santo patrono o della santa che il popolo fe­steggia, sarebbe degno di encomio. O almeno — se non questo che è l ’ottimo — se presentasse un programma passabile... A che si son formate a Roma, a Torino ed in altri centri delle Case per la moralizzazione del cinematografo che concedono fìlms di eccezionale importanza e scrupolosamente rivedute, ad un prezzo relati- vamento modico ? 11 procuratore di feste non ha delicatezze di sentimenti : a ll’ora del con­tratto mormora qualche parolina a ll’orecchio del­l ’operatore cinematografico, e questi che conosce bene i suoi polli, per ottenere successo com­pleto, fa sfilare sullo schermo quei quadri che, solleticando i più bassi istinti, sovvertono radi-

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calmente ogni educazione civile e morale. A llora si assiste a qualche cosa di ributtante.

Serata nera....

La mattina, in Chiesa, col grave apparato suggerito dalla liturgia, si è festeggiato un forte— un confessore della fede — un eroe che ha scelto la morte, impavido, per non rinnegare Cristo; un’angelica creatura, una verginella pudica,o il prototipo di ogni bellezza, M aria, umile ed alta più che creatura....

. .. . La sera, dinanzi agli occhi attoniti di un pubblico che si agglomera, contro ogni regola di igiene e di morale, in un’ angusta piazza e sui balconi adiacenti, il cinematografo lavora inuna oscurità necessaria__ Sono apaches, dallafaccia patibolare, che rubano, scassinano con rara abilità, sparano sui custodi dell’ordine pubblico, e volano, incolumi, lontano con agili automobili; sono delinquenti, veri pentagli di forca, ben ve­stiti e ben pasciuti, commendatori, cavalieri o conti che ne commettono di cotte e di crude, e passano con un sottile sorriso ironico per i poveri di spirito che ancora credono alle leggi inviolabili della coscienza; sono psicopatici che insozzano il talamo o lo innocenza altrui, lasciando sempre, come 1 lumaconi, un lubrico strascico

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«del loro cammino; sono donne deboli col cuore e coi nervi, che non conoscono la santita di esser madri, spose, sorelle, che hanno sempre una bellezza fatale e il sangue arso da turpi desideri.... In una parola è la fotografica ripro­duzione della vita dei bassifondi, dove dovreb­bero penetrare solo gli studiosi ed 1 questurini per trovar ampia materia di indagini. E proprio quelle scene, che si dovrebbero per delicatezza logica sottintendere sullo schermo, sono spezzet­tate, rilevate, amplificate, crudamente commen­tate. Che commenti fa poi il popolo! Come sottolinea certe brusche posizioni!... bisogna as­sistere per crederci. Nè manca poi — incredibile, ma vero — preti e frati fedifraghi; suore alle quali pesa la solitudine del chiostro.... in una parola i soliti clichès di pura marca anticlericale.

E uno scandalo e un pericolo. Chi ci può dire che le lontane scaturiggini di certi delitti che di tanto in tanto si perpetuano nei nostri lobonosi paeselli non si debbano rintracciare in un quadro luminoso, contemplato la sera della festa patronale, prima che fosse apparsa la luna, nelle tenebre, amiche e consigliere di delitti?

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Le cifre di Charles Mazade.

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Concludo. La campagna contro la degenera- zione delle festività cristiane è un atto di fede e di coraggio; insorgere contro il folle sperpero di denaro fatto col pretesto di feste religiose è una opera civile e patriottica.

Charles M azade ha scritto che in questo modo si spendono oltre sei milioni.... Non credo che queste cifre siano soverchiamente esagerate. Questi sei milioni — conclude il M azade — sono suf­ficienti a costruire un cimitero monumentale pei neofiti, e con dovizioso famedio ai dirigenti le baldorie clericali.

Giusto. Un posticino nel famedio può conce­dersi ai più geniali organizzatori di feste: non ha forse detto la scienza che tra genio e pazzia ci è un forte addentellato? Non credo però il signor Mazade vorrà fare il torto di negare che io, clericale neH’anima e .... nell abito, sia il più irriducibile stigmatizzatore di baldorie, organizzate da certi laici senza fede, contro i dettami più elementari della religione, a dispetto delle più severe disposizioni dell’autorità ecclesiastica, per fomentare l’allegra spensieratezza del popolo, che, eterno fanciullo, vuol baloccarsi, e divertirsi an­che se la madre sua — la Chiesa — ne piange.

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A ltre voci.

Il confratello « L ’Ordine » di Lecce, uno dei nostri migliori settimanali, opportunamente scri­veva :

« Credevamo che quattro anni di guerra, vissuti tra sacrifizi innumeri e immense priva­zioni, a ll’ ombra di un dolorante calvario e d i un più straziante vivaio di mutilati e di orfani, ancora monito solenne di amore di sacrifizio, avesse sopito ogni bisogno di superfluo materiale godimento, ogni stupida illusione festaiola, ogni travolgente marasma di vanità e d ’ orgoglio, di vizi e di peccati. Invece ?...

L a guerra è appena finita, appena firmato il trattato di pace, mera fiducia di un domani di pace e di lavoro, che si ridesta quel cumulo dii tradizioni, che si agitano quei soliti uomini a farle rivivere nella pompa e nello splendore antico. E dappertutto si fondano danari nel crogiolo dell’ epicureismo moderno, in folle ri­cerca di godimento e di svago ; si spendono somme favolose per l'esteriorità delle feste, che finiscono in fumose coreografie, in illuminazioni sfarzose e sopratutto in mirabili saggi d i.... ga­stronomia !

A Roma, miracoloso esempio di fede e di correttezza civile, colla guerra è finito tutto :

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nel suo tradizionale prontuario festaiolo vantava particolari notevoli ed unici : il sentimento odierno ha inabissato le debolezze voluttuarie del passato e le somme che si raccolgono sono devolute al bene del prossimo.

Il Corriere d’Italia, XEpoca ed altri gior­nali della Capitale hanno sostenuto con validis­simi argomenti le ragioni dell insussistenza odierna delle feste; e la loro nobile voce ha avuto una efficacissima ripercussione nella cittadinanza, la quale quando i soliti.., procuratori il 24 giugno u. s. cercarono di far rivivere la festa esterna di S . Giovanni, li frustò col suo assenteismo e col mancato concorso pecuniario. Naturalmente la festa d i... gozzoviglie mori sul nascere!

Questa a Roma ! ma fuori ?Fortunatamente anche fuori s è iniziata una

confortante e promettente campagna, che tende a smontare tutti 1 furori e i propositi insani di quei soliti : anzi nel Piccolo Corriere di S a­lerno, vi è un’audace e crescente attività pole­mica, a tal uopo iniziata, e piacerebbe che tutta la stampa italiana, con lo stesso entusiasmo e lo stesso nobile fine combattesse questa folle festomania, per la quale avviene un inutile e capriccioso spreco di danaro che infine e parte della provatissima economia nazionale » .

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Una lettera.

Fra le tante giungeva una lettera da Cosenza,, che proponeva la compilazione d’ un opuscolo- popolare da poter diffondere a migliaia e mi­gliaia di copie per propagare la nuova crociata. L a lettera è la seguente :

Ill.mo Sig. Direttore,

Ho letto con vera soddisfazione l ’articolo d i g . cat. da Muro Lucano : « Moderiamo, e presto, le feste ».

Congratulazioni vivissime a g. cat., che da vero chirurgo ha saputo mettere assai bene il dito sulla piaga; un plauso sentito a Lei, Signor Direttore, che ha dato posto nel Suo settima­nale ad un articolo così bello e così opportuno.

Perbacco non se ne può più con questi M a­stri di festa, con le Commissioni e con i Co­mitati, che hanno addirittura sfigurata la festa cristiana, nella quale i Santi e le Madonne fi­gurano da veri prestanomi. E sì, perchè la vera festa è il godimento sfrenato di poche ore, è la baldoria, è la immancabile sbornia....

Spesso, anzi spessissimo, è il signorotto, che s’impone, ovvero un pescivendolo o un ciabat­tino qualsiasi, che suda sette camicie per dire al popolo citrullo ed ai gonzi: « Dobbiamo fare

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una festa bella al tale Santo o alla tale M a­donna !... » . Nè contenti di questa o di quella musica, vanno in cerca come cani segugi della musica del Paradiso ....; come non soddisfatti di questo o di quel pirotecnico vanno in cerca del fuochista di Casa del Diavolo, il quale ha fuochi e sparatorii, che più dilettano ed assordano ! ! !

Ed il povero popolo corbellato da questi messeri paga e piega la testa... mentre la chiesa è cadente, gli altari in sfabbricina, e, quel che è peggio, i festaiuoli fan baldoria sulla piazza, e , forse, non ascoltano neppure la M essa!!

M a che importa!... Bazzecole!... Importa solo che Don Procopio e Mastro Triburzio si di- vertino....; importa solo che i negozianti chiu­dano la sera i loro sportelli, o raccolgano le loro baracche con favolosi incassi !! E così vien voglia di esclamare : Son tornati i bei tempi del festa farina e forca ! ! !

Non mi si dia dell’ esagerato, no, per amor d i Dio, perchè anni or sono, nella festa del Santo Protettore, in un paese vicino al mio, si osò perfino chiamare alla festa un gruppo di ballerine per divertire il pubblico sul palco mu­sicale al termine della festa ! nonostante giuste e autorevoli proteste.

« E se non piangi, di che pianger suoli » esclamerebbe la buon’ anima di Dante ? !

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S ia benedetto quindi g. cat. che ha ristorata e sollevato il mio spirito oppresso da tanto scon­cio; sia benedetta la Redazione del benemerito settimanale, che propugna idee così nobili e sante!

M a non bisogna arrestarsi tra i limiti di una colonna di giornale. Se il chiodo si vuol ribadire bene, se si vuole illuminare il povero popolo illuso e gabbato da tutti i festaiuoli di questo mondo, se si vuole concorrere efficacemente al lustro ed al decoro di nostra santa Religione, che prescrive il godimento e l ’elevazione dello spirito, mentre proscrive il godimento dei sensi, si deve assolutamente fare opera di vera propa­ganda togliendo dal « Piccolo Corriere » i belli articoli intorno alle Feste ed incastonati in un opuscoletto, questo si deve far correre nelle mani di tutti, nei catechismi, ne le premiazioni, nei regali di circostanza ed in qualsiasi altro modo possibile.

Son sicuro poi che i Vescovi nei loro B o i' lettini diocesani raccomanderanno 1’ opuscoletto, che potrebbe intitolarsi: « Festomania » ed i Parroci specialmente, i poveri Sacerdoti che trovansi fra 1’ incudine ed il martello, tra gli ordini cioè ed i decreti vescovili e le esigenze smodate e dissennate del pubblico, l ’ avranno come una manna celeste, come buon coadiutore

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quest’opuscoletto, che aiuti a raddrizzare i cer- velli storti ed a far capire che i Santi e la Madonna feste ne hanno in abbondanza nel P a­radiso..., mentre le nostre così dette feste suonano insulto ed oltraggio alla loro beatitudine !

Chi è con Dio, ci segua...; chi intende ed ama la Religione Cattolica, faccia del suo me­glio per salvare la società, che in tanti modi s i vuol far ritornare al paganesimo !

Iddio benedica queste povere idee, che mi sfuggono come un sospiro dell’anima !

Minimus

Questue abusive.

Mons. Luigi Lavitrano, Vescovo di Cava e Sarno in una notificazione circa le questue abu­sive, richiamava l ’attenzione di tutti i fedeli su quanto prescrivono in proposito i Sacri Canoni. A scanso di qualunque responsabilità, notificava che in conformità del C . J . C . Can. 691 e Can. 1 503 non è lecito nè alle associazioni, nè ad alcun privato, sia laico che sacerdote racco­gliere offerte neppure a scopo pio o religioso senza uno speciale permesso scritto della Sede Apostolica o dell’ Ordinario. Coloro che non osserveranno tali disposizioni, se Sacerdoti incor­reranno nelle pene canoniche, se laici saranno

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-denunziati a ll’autorità giudiziasia. I fedeli, prima di versare qualunque offerta, faranno bene ad accertarsi che i questuanti siano forniti delle de­bite facoltà e diano garenzie che le pie inten­zioni degli offerenti nell’onorare convenientemente la Vergine Santissima e i Santi siano fedelmente soddisfatte (diano conto alle competenti autorità delle somme raccolte).

Purifichiamo le nostre coscienze.

11 zelante Vescovo continuava così nella sua notificazione:

Sempre gradite tornano le festività della V er­gine e dei Santi, che a noi offrono l ’occasione di manifestare pubblicamente e solennemente tutta la pietà e la gratitudine di cui i nostri animi sono ripieni. Ricordiamo però che la maniera più bella di onorare la Vergine e i Santi, è quella che ci addita la Chiesa custode gelosa della purezza dei nostri riti cattolici. A l popolo d ’israello Iddio moveva forte rimprovero, quando quel popolo preoccupato delle manifestazioni esteriori trascurava di osservare la legge Santa.

A Dio più .gradito di qualunque incenso, salga umile e pura la nostra preghiera. Celebriamo le nostre feste purificando le nostre coscienze, ac­costandoci con maggior frequenza ai santi Sacra­

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menti, intensificando l ’esercizio della vita cristiana,, e praticando in modo speciale quella che giu­stamente è chiamata la regina di tutte le virtù, cioè la carità di Gesù Cristo. E può un’anima veramente cristiana aprirsi a letizia, mentre vi sono dei fratelli che gemono fra le strettezze della più crudele miseria ? Spezzate nei giorni di festa il pane col fratello che ne è privo, e più saporito ^oi troverete il vostro.

A lla festa dello spirito sorrida pure la natura, poiché tutto il creato deve rendere omaggio al Signore e tutte le creature animate devono can­tare ls lodi al Creatore, ma poiché il nemico di ogni bene trova facile la via per profanare le nostre pubbliche manifestazioni di fede con­vertendo in offesa del Signore l ’ omaggio che noi, nell’ impeto di un mal guidato entusiasmo intendiamo tributargli, è necessario non perdere di vista le sagge disposizioni della chiesa, che noi, fin dai primi anni del nostro Episcopato, non abbiamo mai cessato di rammentarvi. L ’in­dulgenza con cui finora abbiamo tollerato certi abusi, dopo la pubblicazione delle costituzioni sinodali diverrebbe colpevole debolezza se te­nessimo più oltre chiusi gli occhi sui gravissimi inconvenienti che la parte migliore e più intel­ligente della diocesi ha sempre lamentato.

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Alcune disposizioni.

Prima di chiudere queste brevi pagine vo­gliamo riprodurre alcune disposizioni ordinate per l ’Archidiocesi di Salerno, che nel complesso rispecchiano il pensiero e la volontà dell’ intiero Episcopato Salernitano-Lucano :

In conformità del Dritto Ecclesiastico, con cui concordano le disposizioni del Dritto Civile, le Feste religiose, anche nel loro svolgimento fuori del tempio, sono di esclusiva competenza dell’ Ecclesiastica Autorità.

In coerenza di che, rinnovando disposizioni g ià date, ordiniamo :

1.° — Le Commissioni delle Feste siano sempre nominate dal Parroco o di piena intesa con lui, il quale deve farne parte per se o per mezzo di un sacerdote che lo rappresenti.I componenti tali comitati siano scelti fra le persone più ragguardevoli del paese, di specchiata fede e moralità.

2.° — Il programma delle feste deve essere preventivamente approvato dalla Superiore A u­torità Diocesana, e nei riguardi della sacra predicazione si osservino le norme del D. C .; senza di che non verrà approvato l’ Oratore.

3.° — Sono proibite in Chiesa le musiche rumorose a norma del Motuproprio di Papa

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Pio X di s. m., come pure è vietata la im­postazione dell’orchestra al centro della stessa ad evitare che la Chiesa dia l ’ impressione piuttosto di teatro che di luogo sacro.

4 .° — Le processioni abbiano sempre un iti­nerario relativamente limitato, nè sia lecito di­slocarne le sacre statue per portarle in questo o in quel punto, dinanzi a questa o a quell’altra casa, dove si aspetta una considerevole offerta. Questo metodo di operare è al tutto da ripro­varsi e, se non superstizioso, è per lo meno ridicolo e di conseguenza criticato seriamente dalle persone che hanno una qualche coltura e buon senso.

5.° — Si procuri che con un corso di prediche precedenti le feste, i fedeli si dispongano a ce­lebrarle santamente, accostandosi ai S S . S a ­cramenti.

6.° — Dalle somme ricavate dalle feste sia prelevata una percentuale del 1 5 % , se il totale delle offerte non raggiunga le L . 1000 , e del 2 0 % per le somme superiori, e venga impie­gata per i restauri delle chiese e in opere di beneficenza. L ’ importo di questa percentuale sia depositata in Curia che la terrà a disposizione del Comitato perchè la eroghi nel modo sopra indicato.

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Concludendo.

Che te ne pare, o lettore? Sei persuaso an­che tu che le feste bisogna celebrarle con vero sentimento di cattolici e non già per mero sollazzo e per fare baldoria? Ebbene, a ll’opera.

Non ti diciamo di stroncare tutto una volta, no.Un po’ alla volta. Contentiamoci per ora di

ascoltare ed eseguire le disposizioni dei nostri Vescovi, i consigli dei nostri Sacerdoti; avremo già fatto molti passi avanti con una saggia mo­derazione delle feste ed avremo apportato anche grande bene alle nostre anime, che sentiranno meglio e più presto quella rinascenza cristiana cotanto auspicata e che da vari segni non pare lontana.

Con approvazione ecclesiastica.

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INDICE

A che serve quest’opuscoletto?..........................pag. 3Moderiamo le feste ! ............................................ » 8Ritorniamo alla purezza del culto! . . . . » 10Facciamo del vero b e n e ...................................... » HLa nuova c r o c ia t a ...................................................» 12"Via il paganesim o!...................................................» 12Domande, proposte e r is p o s t e ..........................» 13Mastri di festa e c o m i t a t i ................................» 15Un po’ di buon v o l e r e ...................................... » 16-Qualche esempio......................................................... » 16Un mezzo p r a t ic o ................................................... » 17Il p r o c u r a to r e ......................................................... » 19Un aneddoto sintom atico...................................... » 21Un po’ di giurisprudenza...................................... » 23Ingerenze i l l e c i t e ...................................................» 26Repetita iu v a n t ......................................................... » 28Occhio al cinematografo ! ...................................... » 29Serata n e r a ............................................................... .......» 31Le cifre di Charles M azad e ................................ » 33Altre v o c i...................................................................... » 34Una l e t t e r a ............................................................... » 36Questue abusive......................................................... » 39Purifichiamo le nostre coscienze . . . . » 40Alcune disposizioni................................................... » 42Concludendo................................ ...............................» 44

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